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Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

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Page 1: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi:

dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione

Manuel Boucher

Page 2: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

Una relazione in tre parti

1 – Ritorno sugli scontri del novembre 2005 : le ragioni della rabbia

2 – L’esperienza del ghetto

3 – verso una ricomposizione delle politiche urbane ?

Page 3: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

1 – Ritorno sugli scontri del novembre 2005 :

Elementi descrittivi

-Dal 27 ottobre al 17 novembre, la Francia conosce i più importanti scontri urbani della sua storia contemporanea.

- morte di due giovani di Clichy-sous-Bois elettrizzati dopo un inseguimento con la polizia

- 21 notti di scontri

-Un fenomeno di propagazione: all’inizio nella regione parigina poi in tutta la Francia, incidenti segnalati in circa 300 comuni

- Mobilitazione di 11500 poliziotti e gendarmi al giorno; 7 elicotteri impiegati

- 30 000 bidoni della spazzatura bruciati ; 10000 auto incendiate;

- Centinaia di edifici pubblici, negozi, bus devastati o bruciati ;

- Più di 5000 interpellanze ; 600 incarcerazioni, per la maggior parte con rito abbreviato ;

- Panico mediatico e politico; « coprifuoco » decretato l’8 novembre 2005 e prolungato fino al 4 gennaio 2006.

- Gli scontri sono scoppiati nelle « zone urbane sensibili » (751 nel 2005 rappresentanti circa 4,7 milioni di persone).

Page 4: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

Ritorno sugli scontri del 2005 : La propagazione degli scontri :

la mediatizzazione di false idee Il profilo dei rivoltosi secondo il Ministero dell’Interno

Il profilo dei rivoltosi secondo le inchieste sociologiche sulle persone arrestate

Dei comuni delinquenti Giovani in maggioranza sconosciuti alle forze dell’ordine per non aver subito altre condanne in passato

Giovani non scolarizzati Giovani in maggioranza scolarizzati ma fragili sul piano scolastico e nell’inserimento professionale

Persone molto giovani I due terzi dei ragazzi delle rivolte hanno tra 16 e 18 anni

Persone per la maggior parte straniere Il 90% di essi è francese ma la maggior parte (84%) è di origine straniera, principalmente magrebina

Giovani con famiglie d’origine poligame La maggior parte dei ragazzi fa parte di famiglie stabili e non divorziate, ma precarie sul piano socio-economico (una sola famiglia poligama)

Giovani manipolati da gruppi islamisti I gruppi islamici sono stati attivi a ristabilire l’ordine

Persone influenzate da gruppi rap violenti I rapper raccontano la realtà dei quartieri (speranza e disperazione)

Gruppi organizzati di delinquenti Anche il Rensegnemeint Generaux (RG) ha confermato l’origine spontanea degli scontri

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Gli « approcci marxisti » : le cause della rivolta sono strutturali, la rivolta è l’espressione radicalizzata della lotta di classe in un contesto di privatizzazione e destrutturazione dello Stato Sociale. I rivoltosi rappresentano il ritorno delle “classi pericolose” (alienazione, frustazione, marginalizzazione politica e sociiale). Le violenze sono considerate come un mezzo legittimo di protesta per ottenere una parte delle risorse e del potere.

Gli approcci dell’ « ingiustizia sociale e del razzismo » : la rivoltà è legata all’aumento dell’ingiustizia sociale aggravata dal razzismo e dalle discriminazioni, in un contesto di de-industrializzazione, di disoccupazione di massa (più intensa tra le minoranze etniche), di razzsimo endemico della polizia.

Gli approcci « funzionalisti »  : le rivolte sono considerate anzitutto come dei fenomeni di delinquenza. E’ una spiegazione che si fonda sul concetto di “marmaglia” (estremisti, trafficanti di droga, istigatori, trublions). Gli scontri corrispondo ad una strategia orchestrata dalla sub-cultura malavitosa che domina nei quartieri cosiddetti “sensibili”. Le sommosse non sono in alcun caso considerate come una richiesta di aiuto ma piuttosto un appello al saccheggio e alla distruzione. Lo scoppiare degli scontri è legato al deficit di socializzazione familiare e alla distrutturazione delle agenzie di socializzazione tradizionali (scuola e famiglia). In questa prospettiva la polizia è considerata l’ultimo baluardo contro i disordini.

1 – Il modello esplicativo delle rivolte giovaniliLe interpretazioni britanniche (Danièle Joly, 2007)

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2 Il modello esplicativo delle rivolte giovaniliLe interpretazioni francesi (Frédéric Ocqueteau, 2007)

Quattro approcci principali

Le sommosse sono delle « rivolte protopolitiche» : si tratta di analisi di ispirazione marxista.

Le sommosse sono delle « rivolte di protesta » da parte delle vittime del processo di ghettizzazione avviato da circa 20 anni nelle banlieues popolari francesi : si tratta di spiegazioni basate sui temi dell’« ingiustizia sociale e del razzismo ».

Le sommosse sono l’espressione di « razionalità collettive » di due tipi :

- In un caso, la sommossa è considerata come un’azione collettiva per fronteggiare l’umiliazione e le discriminazioni: la violenza delle rivolte dei “giovani di quartiere” incalzate quotidianamente dalla polizia costituisce una rivolta contro « le forze di oppressione».

- nell’altro caso, le rivolte sono confuse con le « violenze urbane » gratuite prodotte da “casseurs” delinquenti (rioteux) pronti a distruggere per puro piacere. Essi cercano delle sensazioni forti, del « frisson » (Roché, 2006) ma allo stesso tempo calcolano il rapporto di forze che ingaggiano con la polizia.

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1 – I modelli esplicativi delle rivolte giovaniliLe interpretazioni francesi

I primi tre approcci sottolineano che gli scontri devono essere

pensati:

-politicamente : si tratta di un rapporto tra la società dominante

e le classi popolari, di solito quelle derivanti dall’immigrazione,

disprezzate

-razionalmente: si tratta di un’azione collettiva razionale, una

sorta di reazione di fronte ad ingiustizie diventate insopportabili,

-L’ultimo approccio (ricerca di sensazioni forti a carattere ludico

per la co-produzione della violenza, dei giovani e della polizia) si

inscrive in maniera più diretta nella prospettiva “criminologica” e

funzionalista.

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2 – L’esperienza del ghetto

Le immagini del disordine

Giovani “ribelli”« bande » di quartiere - estetica della violenza

Predominanza del rapporto di forza – esacerbazione del rapporto noi/loro

Page 9: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

• una dimensione quotidiana dominata dalla « galère » :inedia, delusione, disincanto, attesa, sentimento di inutilità,

sentimento di ingiustizia, fatalismo

• interiorizzazione della relegazione, della stigmatizzazione e dell’etnicizzazione del quartiere

• un’esperienza sopportabile perchè vissuta in gruppo

•  l’esterno è uno « spazio freddo » ed escludente

• il quartiere è uno « spazio caldo »:rassicurante, socievole, conviviale, « le mura parlano »

« Le fait d’être dans un même endroit, de côtoyer les mêmes gens à force cela crée des liens. Que ce soit positif ou négatif cela crée toujours des liens. A force d’être dans le même lieu, même si des gars vont décider de faire des trucs dans le vice, ils vont être unis quand même, il y a un certain type de solidarité même si c’est dans la connerie. » Un jeune “rebelle” rappeur

2 – L’esperienza del ghetto

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• I gruppi nel quotidiano :

Condividono l’esperienza individuale e collettiva,

il sentimento di appartenenza, « communauté de quartier »,

• l’importanza della temporalità :

Attività notturna, territorio occupato/militarizzato,

Terra di missione per i “promotori della moralità”

• alcuni giovani percepiscono il quartiere come uno spazio di reclusione:« Je ne critique pas les gens du quartier mais je trouve qu’ils ne sont pas assez ouverts. La plupart des gens du quartier ne sont pas assez curieux, ils sont dans un engrenage. Depuis que je suis parti d’ici (la Cité), je me suis dit : plus jamais les quartiers ! Au quartier, ils laissent pourrir les gens ! Même si par rapport à moi, il y a beaucoup de jalousie, j’ai saisi l’opportunité de quitter le quartier. » Un jeune « débrouillard »

2 – l’esperienza del ghetto

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• l’interiorizzazione di codici singolari :

Inadattamento rispetto a nuove situazioni, conformismo delle condizioni,

Conformismo deviante, strategie di contro-stigmatizzazione

« Quand je suis sorti du quartier j’ai dû faire un effort pour apprendre un certain langage pour passer des diplômes. J’ai dû apprendre un langage que je n’avais jamais entendu. Quand je suis arrivé à Paris on me parlait, je disais : quoi ? quoi ? Tu peux répéter ? Les mecs ils me disaient, quoi tu comprends pas… Par contre, quand je leur parlais, ils ne me comprenaient pas non plus parce que moi je leur parlais mode ghetto et eux ils ne parlaient pas mode ghetto ! Quand ils me parlaient d’un truc que je ne comprenais pas, j’allais chercher la définition et je la gardais pour moi. Maintenant, lorsque j’utilise ces mots dans certaines de mes phrases, des personnes qui ne comprennent pas me disent : arrête de faire ton baratin, de te prendre pour un professeur, un scientifique. »

« A certains entretiens d’embauche, des mecs de quartier ne savent pas s’adapter. Certains se pointent avec une casquette alors que c’est considéré comme une manque de respect. »

Un jeune « débrouillard »

2 – L’esperienza del ghetto

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• giovani che non si vedono come degli esclusi ma come dei “furbi”

« Nous on est des jeunes débrouillards. Même si on a pas de boulot on saura toujours se démerder pour trouver de l’argent. Mais il n’y a pas que le deal. Il y en a qui sortent des lignes de vêtement, d’autres qui vendent des albums de musique. C’est vrai certains vendent des plaquettes de shit mais c’est dans l’espoir de mettre de l’argent de côté pour partir sur un bon projet honnête. » Un jeune « rebelle »

• in un contesto di marginalizzazione, i giovani cercano di superare in modo autonomo le loro difficoltà di inserimento: la maggior parte degli operatori sociali sono percepiti come degli impostori, ipocriti, incapaci di aiutarli ad inserirsi

•« Les papys c’est des vendus. Ils ne sont pas là pour nous aider, ils sont juste là pour gratter de l’argent ou pour devenir maires. Ils se sont même fait poursuivre par la justice parce qu’ils grattaient l’argent des maisons de quartier.  » Un jeune « rebelle » d'origine africaine

« Ils (les papys) essaient de bien se faire voir. Quand ils font un truc, il y a toujours quelque chose derrière, ce n’est pas pour nous. Pour être honnête, personne fait quelque chose pour nous : c’est toi et ta galère. C’est la débrouille. » Un jeune « rebelle » d'origine africaine

2 – L ’esperienza del ghetto

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3- Verso una ricomposizione del policing urbano ?

Una domanda centrale :

Dopo gli scontri dell’autunno del 2005,

esistono delle forme originali di policing

che permettono agli attori sociali

in interazione con i “ giovani ribelli”

di sviluppare delle pratiche di intervento

che favoriscano la regolazione sociale?

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3- Verso una ricomposizione del policing urbano ?

Gli attori della regolazione

Attori e organizzazioni Logiche di azioneOrganizzazioni caritative (soccorso cattolico,…)Servizi sanitari e sociali(CCAS,CMS,CAF,…)Istruzione Pubblica (Education National)Strutture socio-culaturali(MJC, Maisons de quartiers, CLSH,…)Inserzione, formazione ed impiego(ANPE, Mission Local)

AssistenzaIstruzione

Socializzazione-integrazioneAutonomizzazione

InserzioneMediazione

Organizzazioni neo-comunitaristeOrganizzazioni religioseOrganizzazioni etnoculturaliStrutture di mediazione etnoculturale

EtnicizzazioneComunitarizzazione (Communalisation)

CompetizioneMediazione

Aiuto reciprocoSocializzazione-integrazione

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Assenza di relazioni tra i giovani « ribelli» e gli attori sociali « istituzionali »

• gli operatori sociali «dell’esterno » :Distanza, paura dei giovani « chauds », priorità dell’assistenza agli adulti

• gli operatori sociali « dell’ interno » :Vivono nei quartieri e/o hanno un forte ancoraggio relazionale nella città

• punti in comune con gli operatori sociali <<dell’interno » :

– evolvono in strutture associative precarizzate;

– in concorrenza gli uni con gli altri;

– incapacità di regolare e/o capacità di ridestare le violenze giovanili;

– etnicizzati e strumentalizzati politicamente;

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Il campo dell’internvento sociale è particolarmente

influenzato dalla logica etnica della pacificazione sociale

- La professionalizzazione del lavoro sociale è coincisa con un periodo di sviluppo dello stato sociale e di conflittualizzazione dei rapporti sociali;

-In un contesto di diluizione dello stato sociale solidale e di ricomposizione del controllo sociale, si assiste ad un processo di complessificazione,

precarizzazione, deprofessionalizzazione,ed etnicizzazione dell’azione sociale;

- Sviluppo dell’etnicizzazione, della razzizzazione degli operatori sociali di « origine straniera » in parallelo ad un processo di dualizzazione

dell’intervento sociale

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Attori sociali “traumatizzati” dalle rivolte

Gli attori sociali (operatori sociali, membri delle associazioni, forze dell’ordine) svolgono delle funzioni « latenti » e « manifeste »

orientate alla gestione dei disordini urbani

In tale contesto non si pone la questione dell’inserimento

e dell’inclusione dei giovani « ribelli» ma quella del processo di contenimento delle rivolte giovanili

Nei quartieri popolari, lo “spettro delle rivolte” diviene la principale preoccupazione dell’azione pubblica.

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Verso una ricomposizione del policing urbano?

Gli attori della sicurezza

Attori e organizzazioni

Logiche di azione

Polizia

Imprese di sicurezza

Strutture di mediazione-sicurezza

Bailleurs sociaux

Trasporti pubblici

Gruppi di vigilanza

repressione

dissuasione

sorveglianza-autosorveglianza

sicurizzazione

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Nel filone delle analisi funzionaliste delle violenze urbane,

il dibattito attuale sul policing urbano e sullo sviluppo della « polizia delle città » « police des

villes », contribuisce a ripensare dei modi di intervento nuovi, più complessi e maggiormente

capaci di produrre controllo sociale.

Si tratta di adattare gli interventi alle situazioni

locali e integrare gli abitanti nella “co-

produzione”

della sicurezza

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

Page 20: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

In un contesto “ossessionato” dalle rivolte, gli

attori sociali si mobilitano, innazitutto,

per contenere i disordini urbani

L’organizzazione dell’azione pubblica in un

quadro politico sociale/sicuritario si traduce

nella incorporazione degli attori sociali

nella « police des villes » (polizia delle città).

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

Page 21: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

I dibattiti sul policing urbano

Rinnovamento e complessificazione delle modalità di intervento per produrre controllo sociale

- Integrazione degli abitanti nella co-produzione della sicurezza

Due principali strategie di gestione del rischio :

-Territorializzazione delle politiche di sicurezza urbana (agire sulle persone)

- Sviluppo della « prevenzione situazionale » (trattare i luoghi)

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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L’azione « sulle persone » :

-Ricomposizione del controllo sociale

« comunitario>>

-(Famiglie disgregate, istruzione deficitaria,…)

- Evitare la costituzione di gangs

Coivolgere gli abitanti per ristabilire il controllo sociale

contributo alla sicurezza nelle strade

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

Page 23: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

Costruire una «nuova prevenzione »

Combinare la dissuasione e l’istruzione

per lottare contro l’ insicurezza civileCooperazione di partners tradizionali della « politique de la ville »

(organismi dell’edilizia residenziale pubblica e popolare, polizia, magistratura, municipalità, servizi sociali, associazioni, abitanti)

Gli « abitanti» collaborano con i poteri pubblici e gli attori sociali

para-pubblici contribuendo alla co-produzione della sicurezza

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Sviluppare il capitale sociale

Il capitale sociale come « risorsa » :

- Dare speranza ai giovani dei quartieri popolari e farli partecipare alla ricchezza della vita urbana come fattore di pacificazione nelle città

Il capitale sociale come « fattore di sviluppo » :

- Favorire la costruzione di « relazioni orizzontali » orientati verso l’auto-controllo e l’auto-sorveglianza

- Costituzione di « comunità locali » che si mobilitano contro l’anonimato,

l’inciviltà e l’insicurezza

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Il precetto della partecipazione

La nostalgia del modello « comunitario classico »:

- Si valorizza la creazione di « gruppi di vigilanza »

- Si incentiva la denuncia di persone presumibilmente devianti

- Ogni sconosciuto o individuo « non-conforme » è percepito come una potenziale minaccia

Esempio nel quartiere della Madeleine :

Delle madri di famiglia di origine sub-sahariana sono sistematicamente sollecitate dai mediatori sociali che collaborano con la polizia e il potere politico locale a “sorvegliare” i giovani « un pò troppo numerosi» che si riuniscono nella strada

Regolarmente considerate come delle figure esemplari per la restaurazione dell’autorità genitoriale, queste madri sono spinte a denunciare i presunti

“delinquenti” al fine di evitare la contaminazione degli altri giovani.

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Il precetto della partecipazione

L’emergere delle « comunità di responsabilità » depoliticizza gli attori sociali rispetto alla produzione

strutturale dell’insicurezza :

«l’internallizzazione» sposta le spiegazioni e le cause generali (politica, economica, sociale) dei fenomeni di violenza e di insicurezza verso gli

individui

La « partecipazione » degli abitanti dei quartieri di edilizia popolare

nella gestione dei rischio delle rivolte giovanili :

- « conscience malheureuse », nuova forma di dominazione

- Subordinazione dell’individualità alla collettività normativa

- Auto-pacificazione

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Co-produzione della sicurezza o de-costruzione della solidarietà ?

L’ideologia della «polizia delle città » :

- Depoliticizza il dibattito sulla regolazione sociale

- s’inscrive nell’ambito dell’ideologia liberale-sicuritaria

- Contribuisce ad una classificazione dei « buoni» et dei « cattivi » abitanti

-Complessificaizone delle tecniche del controllo -delle classi popolari « pericolose », dei « nemici dall’interno »

-Le rivendicazioni degli abitanti, solitamente dei giovani, sono considerate come sediziose e non sono affrontate istituzionalmente

o politicamente

-- l’importante è militarizzare lo spazio e pacificare gli abitanti

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Co-produzione della sicurezza o de-costruzione della solidarietà ?

L’ideologia della « polizia delle città » :

Gli abitanti « partecipativi» sono considerati come dei supplenti per viglilare e mantenere « l’ordine nella strada »

Si tratta di pacificare l’insieme delle turbolenze amalgamatead inciviltà, violenza e delinquenza.

Gli abitanti sono considerati come dei rappresentanti delle « comunità »

e di alcune categorie (età, genere, etnia, religione,…). Essi sono sorvegliati e/o strumentalizzati nella produzione del controllo

sociale locale (appelli alla denuncia, alla prevenzione dei rischi,…)

Delegittimazione dell’idea cheè possibile combattere in profondità le logiche dell’esclusione, della stigmatizzazione e della

discriminazione

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

Page 29: Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

Co-produzione della sicurezza o de-costruzione della solidarietà ?

La co-produzione della sicurezzanon è la co-produzione della solidarietà

•La prima considera gli individui definiti « per défaut »come dei potenziali criminali da controllare e sorvegliare

•La seconda considera gli individuicome degli attori-soggetti solidali e interdipendenti che si autonomizzano attraverso

la conflittualizzazione dei rapporti sociali

La « polizia delle città » mira a “contenere” i nuovi esclusidella mondializzazione

La «polizia delle città » si avvantaggia della decomposizione di una organizzaizone sociale basata sulla solidarietà collettiva.

Essa mira alla gestione del rischio rappresentato dalle popolazioni « anomaliques »

3- Verso una ricomposizione del policing urbano?

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Rompere con il ritorno dell’ideologia struttural-funzionalista

Necessità di ripensare il rapporto con gli abitanti dei quartieri popolari

- Riconoscimento degli individui liberi e autonomi, capaci di conflittualizzare e politicizzare la loro mobilitazione

La spiegazione della violenza attraverso il “vuoto sociale” non è più soddisfacente

La violenza di alcuni giovani è innaznitutto la conseguenza del loro « conformismo deviante »

- Prigionieri di un’immagine svalorizzante (vittime) e stigmatizzante (violenti)

- il problema è l’iper-integrazione in uno spazio ghettizzato

Gli attori sociali devono rompere con le logiche normative e di stigmatizzazione

- “Fabbricare” il conflitto, privilegiare gli spazi di “conflittualizzazione”- Soggettivazione e riconoscimento

3-Verso una ricomposizione del policing urbano?

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La « polizia delle città », una soluzione per favore la mobilità sociale dei giovani che vivono l’ esperienza del ghetto?

Dal lato del sistema :

- Intensificazione ecomplessificazione del controllo sociale nei quartieri popolari

Una molteplicità di attori sociali cerca di co-produrre la pacificaizone sociale

-(Stato, comuni, dipartimenti, associazioni, organismi degli alloggi popolari, -polizia, organismi parapubblici, abitanti , ecc.)

- Una molteplicità di logiche di azione(assistenza, socializzazione, repressione, mediazione, etnicizzazione, ecc.)

- Una pluralità di spazi di intervento(Sociale, culturale, urbano)

Si tratta di neutralizzare le capacità di creare disordine di persone e di determinati gruppi sociali e culturali

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La « polizia delle citta », una soluzione per favorire la mobilità sociale dei giovani che

vivono l’esperienza del ghetto?

Nella riorganizzazione dello Stato sociale/sicuritario, i quartieri popolari giocano un ruolo ben preciso

- Produrre il sentimento di insicurezza, il razzismo e la violenza

- Legittimare lo sviluppo di una società di tipo liberale/sicuritaria

Nei giovani dei quartieri popolari urbani, questa dinamaica produce degli effetti:

- Sentimento di ingiustizia, dominazione, riproduzione sociale

- Produzione di violenza simbolica, fisica, morale, psicologica,…

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Mentre i quartieri popolari costituiscono l’oggetto dellepolitiche « correttrici » da circa un trentennio,

i processi di stigmatizzazione sono diventati routinari

Gli abitanti dei quartieri popolari, in particolare i giovani, non sono solo trumentalizzati,

ma rischiano di essere reificati e disumanizzati.

Essi possono diventare l’oggetto del processo di reificazione :

l’oblio del riconscimento degli individui reificati consente c he questi subiscano la violenza.

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E’ possibile cancellare la reificazione dei giovani dei quartieri popolari urbani ?

Dal lato degli attori:

Interventi sociali che stabiliscono una intereazione/relazione specifica

- rispetto, riconoscimento reciproco, contro-stigmatizzazione, soggettivazione - sviluppo dello spirito critico, emancipazione

- rifiuto dell’imposizizone di un rapporto sociale di dominazione

Essi sono costretti a produrre una formadi « sur-engagement » per « salvare la pelle »

- esaurimento, alienazione, assoggettamento

Gli attori sociali che intervengono devono sollevare delle sfide

- Combattere il processi di « reificazione reciproca »

-Ricosruire un progetto politico in materia di solidarietà collettiva

- Sviluppare gli spazi di costruzione di rapporti di riconoscimetno reciproco e soggettivazione

- Sprigionare ambiti di « creatività » personale

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La complessificazione del controllo sociale

Sociale socializzazione

Culturaleetnicità

Urbanosicurezza, tranquillità pubblica

Organizzazioni

Organizzazioni caritativeServizi sociali e sanitariIstruzione pubblicaStrutture socioculturaliInserimento, formazione ed impiegoImprese pubbliche e parapubbliche

Organizzazioni neocomunitarie, religiose, etno-culturaliStrutture di mediazione interculturale

Logiche di azione

AssistenzaIstruzioneSocializzazione/integrazioneEmancipazioneInserimentoMediazione

EtnicizzazioneComunitarizzazioneMediazioneAiuto reciproco e mutua assistenzaSocializzazione integrazione

Effetti sulle persone Dipendenza (-)Stigmatizzazione (-)Violenza simbolica (-)Patologia sociale, culturale e familiare (-)Competizione (-)Fiducia in se (+)Solidarietà organica (+)Autonomizzazione(+)Contro stigmatizzazione(+)Riconoscimento(+)Regolazione e coesione sociale(+)

Essenzializzazione (-)Razzizazione (-)Ripiegamento comunitarista (-)Controllo morale (-)Solidarietà meccanica (+)Adattamento (+)Contro stigmatizzazione (+)Riconoscimento (+)Partecipazione sociale e culturale (+)Negoziazione (+)Organizzazione sociale (+)Conflittualizzazione (+)

PoliziaImprese di sicurezzaStrutture di mnediazione-sicurezzaEnti per l’alloggio socialeTrasporto pubblico Gruppi di abitanti

RepressioneSorveglianzaAutosorveglianzaSecurizzazioneinsercurizzazione

Violenze (-)Tensioni (-)Sospetto (-)Hetnification (-)Umiliazione (-)Discriminazione (-)Disorganizzaizone sociale (-)Inserimento (+)Regolazione (+)Reificazione (-)

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Legittimazione del rafforzamento delle pratiche securitarie negli spazi di ghettizzazione e non solo

“Dérapage” capovolgimento dello stato di diritto (Castel, 2003)

Ghettizzazione e stigmatizzazione dei quartieri popolari urbani

Sviluppo del conformismo deviante e delle pratiche

delinquenziali giovanili

Legittimazione dellerisposte repressive edell’auto-controllo

Rafforzamento delle logiche di reificazione reciproca

e co-produzione della violenza(auto-profezia che si avvera)

La ghettizzazione urbana :sintomo o alibi di un trattamento securitario

della “questione sociale” ?