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Le scuole popolari di italiano per migranti a Roma e nel Lazio Il contributo del volontariato e del privato sociale all’integrazione socio-culturale dei migranti Rapporto di Ricerca 3.0 25 Marzo 2009

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Le scuole popolari di italiano per migranti

a Roma e nel Lazio

Il contributo del volontariato e del privato sociale all’integrazione socio-culturale dei migranti

Rapporto di Ricerca 3.0

25 Marzo 2009

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INDICE

1. INTRODUZIONE ................................................................................................... 2

2. ROMA CITTÀ MULTIETNICA E MULTICULTURALE ............................................... 5

3. L’APPRENDIMENTO DELL’ITALIANO, PRIMO PASSO DELL’INCLUSIONE ......... 18

4. L’OFFERTA FORMATIVA DI CORSI DI ITALIANO A ROMA ................................ 33

5. LE SCUOLE POPOLARI DI ITALIANO PER MIGRANTI A ROMA .......................... 61

6. MIGRANTI E SCUOLE POPOLARI DI ITALIANO NELLE PROVINCE LAZIALI ..... 88

6.1. PROVINCIA DI ROMA ....................................................................................... 90 6.2. PROVINCIA DI LATINA .................................................................................... 100 6.3. PROVINCIA DI FROSINONE .............................................................................. 124 6.4. PROVINCIA DI VITERBO .................................................................................. 129 6.5. PROVINCIA DI RIETI ...................................................................................... 137

7. LAVORO DI RETE E POTENZIAMENTO DELL’OFFERTA FORMATIVA ................ 149

PROTOCOLLO D’INTESA PER L’ISTITUZIONE DI "SCUOLEMIGRANTI" .............. 157

TESTIMONI PRIVILEGIATI .................................................................................. 162

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1. Introduzione

Uno dei primi, se non il primo fattore di integrazione è la lingua, è il possedere lo stesso strumento di comunicazione usato nell‟ambiente nel quale si vive: la conoscenza della lingua della società di accoglienza è una conditio sine qua non per realizzare un percorso di interazione culturale e di integrazione sociale. In altre parole la lingua è una grande barriera all‟inclusione sociale e culturale dei migranti, e le politiche pubbliche dovrebbero fare dell‟insegnamento dell‟italiano come lingua seconda (L2) uno degli interventi prioritari per favorire l‟accoglienza delle persone immigrate e prevenire l‟insorgere di possibili manifestazioni di disagio. Purtroppo, l‟offerta di corsi di italiano gratuiti per stranieri è caratterizzata – anche in contesti interessati da un rilevantissimo incremento annuo di immigrati soggiornanti come quello romano e laziale - da una notevole carenza strutturale. Il sistema pubblico di educazione per adulti svolge un lavoro qualitativamente e quantitativamente importante attraverso i Centri Territoriali Permanenti (CTP) disseminati nei vari territori, ma riesce a soddisfare solo una parte minoritaria della domanda di corsi di italiano L2. Numerosi enti di volontariato e del terzo settore romano e laziale si sono organizzati per rispondere alla crescente domanda di corsi di lingua italiana e per integrare l‟offerta formativa pubblica, mettendo in campo interventi di formazione non formali che si pongono nel solco della tradizione delle Scuole Popolari. Va rilevato che complessivamente questi interventi messi in campo dall‟associazionismo non rappresentano una offerta di tipo residuale, ma al contrario danno un apporto strutturale e quantitativamente significativo, dato che permettono la presa in carico di un numero di studenti uguale o superiore a quello delle scuole pubbliche.1 Resta il fatto che CTP e associazionismo insieme coprono solo una parte dell‟incremento annuo di migranti, e che una porzione consistente della domanda rimane comunque insoddisfatta. Al di là degli aspetti meramente quantitativi, le esperienze realizzate in questi ultimi anni hanno evidenziato come l‟accessibilità dell‟offerta formativa sia un elemento decisivo e non scontato, soprattutto quando si rivolge a segmenti socialmente ed economicamente vulnerabili della popolazione immigrata; in altre parole, se non si prevedono adeguate procedure di informazione, accoglienza e orientamento, anche in presenza di una offerta formativa quantitativamente sufficiente si rischia di lasciare fuori una parte consistente della domanda potenziale. Da questo punto di vista, è importante sottolineare come numerose associazioni romane e laziali che realizzano interventi di educazione non formale abbiano impostato le proprie metodologie didattiche e i propri modelli organizzativi proprio sulla base di pratiche in grado di abbassare la soglia di accesso e favorire la

1 Si vedano i paragrafi successivi per una stima quantitativa dell‟offerta espressa da CTP e Scuole

Popolari a Roma.

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partecipazione ai corsi anche di quegli stranieri che rischiano di rimanere esclusi dai circuiti formali di insegnamento.2 Caratteristiche di queste scuole popolari per migranti sono: la gratuità dei corsi, la riproduzione a cicli ricorrenti o continuati durante l‟anno, la finalizzazione all‟integrazione sociale, all‟utilizzo dei servizi di base, all‟esercizio dei diritti fondamentali. Ma altri elementi che ne distinguono l‟azione sono: la cura nell‟accoglienza, l‟approccio olistico ai problemi del singolo, la bassa soglia per consentire l‟accesso alle persone con particolari carenze di istruzione o deboli e svantaggiate, la predisposizione all‟indirizzo e accompagnamento verso strutture di sostegno. La bassa soglia di accesso e l‟attenzione ad aspetti come l‟accoglienza, la socializzazione, l‟orientamento e l'accompagnamento ai servizi, non vanno peraltro necessariamente a scapito della qualità della didattica. Pur facendo i conti con una drammatica carenza di mezzi economici e spazi per la formazione, le Scuole Popolari mettono anzi spesso in campo una offerta formativa di ottimo livello in quanto ad organizzazione, rigorosità dei metodi, innovatività dei modelli. Ovviamente, l‟offerta di educazione non formale delle scuole popolari non deve essere intesa in contrapposizione con quella delle scuole pubbliche. E‟ al contrario necessaria una forte integrazione tra queste risorse. Un efficace coordinamento operativo tra associazioni e agenzie educative pubbliche potrebbe ad esempio favorire il passaggio a percorsi formativi formali di quei soggetti svantaggiati entrati nel circuito formativo grazie ai corsi di bassa soglia o rendere possibile un proficuo scambio di buone prassi. Con il sostegno del CESV, nel corso del 2008 si è sviluppata una rete di Scuole Popolari che realizzano corsi gratuiti di italiano per migranti, composta da Associazione Comboniana Servizio Emigranti, Asinitas Onlus, Caritas Diocesana di Roma, Casa dei Diritti Sociali-FOCUS, Associazione Centro Astalli, Comunità di S. Egidio, Didattica Teatro Cotrad, Di 28 ce n‟è uno, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Forum delle Comunità Straniere in Italia, INsensINverso, IoNoi, Progetto Mediazione Sociale. La rete è stata formalizzata con un protocollo d‟intesa (allegato al presente testo) e sta portando avanti un percorso di riflessione e confronto rispetto al tema dell'educazione per gli adulti immigrati, sia al proprio interno (con gruppi di lavoro per temi specifici) che con rappresentanti istituzionali, delle agenzie educative, delle parti sociali. Il convegno del 28 novembre 2008, “Integrazione sociale a Roma e scuole di italiano per migranti” (Sala Unicef di Roma), ha rappresentato un momento qualificante di questa esperienza di rete, fornendo una prima opportunità per le scuole e gli insegnanti di conoscersi e confrontarsi su metodologie, approcci,

2 L‟apprendimento formale si realizza nei sistemi dell‟istruzione e della formazione e porta, di norma, ad

una certificazione formale; l‟apprendimento non formale si realizza in contesti organizzativi al di fuori dei sistemi di istruzione/formazione e normalmente non produce una certificazione; l‟apprendimento informale si realizza, in genere, non intenzionalmente quando individui acquisiscono conoscenze, abilità o atteggiamenti attraverso l‟interazione sociale (CE 2001).

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materiali didattici, modelli organizzativi e lavoro in rete. Inoltre, con il Convegno, la rete delle scuole popolari ha attirato l‟attenzione sul problema, ha dato connotati al fenomeno della carenza di offerta formativa, ha sensibilizzato istituzioni, scuole e circuito pubblico. La rete delle scuole popolari è molto interessante perché al suo interno ci sono delle grandi organizzazioni come la Comunità di Sant‟ Egidio e la Casa dei Diritti Sociali–Focus che fanno grandi numeri, e anche delle realtà piccole come INsensoINverso, Di 28 ce n‟è uno, Didattica Teatro Cotrad o Asinitas che fanno numeri più contenuti, ma che sviluppano azioni di sperimentazione didattica anche di frontiera e che quindi realizzano un‟azione potenzialmente importante dal punto di vista dell‟innovazione dei metodi e degli approcci di cui tutti i soggetti della rete possono beneficiare per arricchirsi e rinnovarsi nel tempo. Per approfondire ulteriormente la riflessione su questi temi, il CESV ha promosso il presente lavoro. Si tratta di una ricerca sociale che si pone l'obiettivo di indagare sui corsi gratuiti di lingua italiana promossi e gestiti da associazioni di volontariato e da altri enti del terzo settore a Roma e nel Lazio. Particolare attenzione è posta sull'approfondimento delle soluzioni organizzative e delle scelte metodologiche adottate dalle Scuole Popolari per garantire una bassa soglia di accesso ai percorsi formativi. Il nostro obiettivo è di riuscire a valorizzare queste esperienze, conoscerle, farle conoscere, mettendole in rete, in modo che ci sia una condivisione di queste culture e pratiche, con un loro eventuale passaggio da una dimensione di sperimentazione ad una dimensione di applicazione più ampia, anche nel mondo della scuola pubblica. In fondo questa è anche la funzione corretta del volontariato, essere un incubatore di innovazione di interventi rispetto a bisogni sociali via, via emergenti, pungolando e stimolando il servizio pubblico ad aprirsi a nuove frontiere e a nuovi approcci. Il lavoro è stato svolto da Alessandro Scassellati e Massimiliano Trulli attraverso la realizzazione di interviste a testimoni privilegiati (vedi elenco) – prevalentemente volontari e operatori dell'associazionismo, ma anche rappresentanti del sistema scolastico pubblico – e la partecipazione alle riunioni della rete.

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2. Roma città multietnica e multiculturale

Roma è una grande città a vocazione internazionale, erede della storia romana e cristiana, capitale d‟Italia e capitale della Santa Sede (e quindi centro mondiale del cattolicesimo), terza città al mondo per numero di organismi internazionali (a cominciare dalla FAO), dotata di un ricchissimo patrimonio di tesori culturali ed artistici che la rendono un grande attrattore per i turisti di tutto il mondo. Anche a Roma, come in tutte le grandi città che esercitano funzioni globali, l‟immigrazione presenta una grande vivacità per l‟eterogeneità/molteplicità delle presenze, per le offerte culturali che vengono promosse, per la varietà dei progetti e dei programmi d‟azione, per le iniziative congiunte di italiani e immigrati, per la complessità delle relazioni che scaturiscono dalla presenza e dall‟incrocio di tante culture, religioni e tradizioni differenti. La presenza di circa 300 mila immigrati regolarmente soggiornanti a Roma (circa 404 mila nella provincia di Roma e circa 480 mila nella regione Lazio),3 provenienti da oltre 180 differenti Paesi e con una incidenza sulla popolazione complessiva che supera il 10%, è un fenomeno sociale dinamico ed in espansione ormai da diversi anni (con una crescita media di circa 20 mila unità all‟anno negli ultimi 10 anni), che evidenzia sia la capacità attrattiva che la città esercita verso i flussi di immigrazione sia la necessità che le istituzioni e la società vi prestino una grande attenzione, promuovendo e sostenendo adeguati programmi e percorsi di integrazione e inclusione sociale.

Tante volte noi italiani, specie se viviamo nelle grandi città, ci lamentiamo che ci sono gli immigrati. Invece, loro sono il termometro per misurare se riusciamo ad essere una città del futuro. Roma è una grande città anticipatrice. Una città del futuro cosa è ? E‟ una città internazionale e a Roma ci sono più di 180 nazionalità diverse di tutto il mondo. Più internazionale di così!. L‟Italia è diversa da altri paesi di accoglienza, perchè ha immigrati che vengono da molte più nazioni. Roma è anche una città interculturale. Infine, Roma è una città interreligiosa. Dovremmo essere grati di essere un laboratorio. Possiamo portare Roma ad essere un esempio per il mondo, da cui altri possono imparare (Franco Pittau, Dossier Statistico Immigrazione Caritas/ Migrantes).

I migranti presenti a Roma sono lavoratrici e lavoratori adulti, in primo luogo, a cui si aggiungono a ritmo crescente i componenti del nucleo familiare.4 Il 51,3% è

3 Questi dati si riferiscono a coloro che hanno deciso di stabilire la propria residenza in un Comune

della Regione Lazio (conteggiati negli archivi Istat) incrementati della stima del numero di immigrati che, pur autorizzato l soggiorno, non è ancora riuscito ad ottenere l‟iscrizione anagrafica Cfr. Caritas di Roma, Osservatorio romano sulle migrazioni. Quinto rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2009; Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2008. XVIII rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2008; Caritas di Roma, Osservatorio romano sulle migrazioni. Quarto rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2008. 4 Il 58,2% ha un permesso per motivi di lavoro, il 24,2% per ricongiungimento familiare, il 12,3% per

motivi religiosi ed il 3% per motivi di studio. Il valore assoluto degli stranieri iscritti a scuola in provincia di Roma è secondo alla sola provincia di Milano, con 45.684 (due terzi dei quali nella capitale) rispetto a 53.387, con una incidenza percentuale degli studenti stranieri rispetto al totale pari al 7,7%, superiore alla media nazionale (6,4%).

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originario di paesi europei, il 22,7% del continente asiatico, il 13% dell‟America e il 12,8% dell‟Africa. Prevale l‟area dell‟Europa centro-orientale (36,7%), seguita dai paesi dell‟Unione Europea (14,2%) e dall‟Asia orientale (13,4%). Tra le nazionalità presenti spiccano per numero i rumeni (22,3% del totale), i filippini (9,1%) e i polacchi (6%). Oltre la metà dei residenti stranieri ha meno di 40 anni (56%) e in particolare si registra un 39,6% di residenti tra i 20 e i 39 anni, seguito da un 36,6% tra i 40 e i 64 anni, mentre i minori incidono per il 15,1% e gli ultra 65enni per il 7,3%. L‟immigrazione straniera a Roma e nel Lazio ha ormai una storia di oltre 25 anni ed è caratterizzata da molti elementi di stabilizzazione (vedi box sulle caratteristiche degli immigrati a Roma): numero rilevante, ritmo d‟aumento sostenuto, provenienza da una molteplicità di paesi, normalizzazione demografica (equivalenza numerica dei generi, progressivo aumento dei coniugati, elevata incidenza dei minori), persistente fabbisogno di forza lavoro aggiuntiva, crescente tendenza alla stabilità e crescente esigenza di spazi adeguati di partecipazione. L‟immigrazione, insomma, si intreccia sempre più con lo sviluppo della città di Roma e tende a diventare sempre più una risorsa demografica, sociale, culturale ed economica fondamentale.

Alcune caratteristiche della popolazione migrante a Roma I redattori Caritas/Migrantes del Dossier statistico immigrazione 2008 hanno costruito e

studiato un campione rappresentativo composto da circa un migliaio di persone (900 persone di 69 nazionalità) che permette di approfondire la fisionomia dell‟immigrato

“romano”.5 Da questo studio emerge che gli “immigrati romani” risultano essere persone istruite, laboriose, sobrie, poco inclini al consumo, non ricche, ma autosufficienti, aperte alla

solidarietà, sempre più attaccate all‟Italia: un‟immagine lontana dal clichè basato sui toni

allarmistici e dell‟emergenza, un quadro di sofferta e dignitosa “normalità”. Roma è un approdo attraente: 9 intervistati su 10 ci sono arrivati direttamente, non

passando da altre regioni. La metà ha acquisito il permesso di soggiorno solo a seguito di un provvedimento di regolarizzazione (un 25% fino al 1998 e un 25% nel 2002) e un sesto

(18%) è alle prese con le pratiche di rilascio o di rinnovo.

E‟ elevata la percentuale di coloro che hanno un livello di istruzione superiore (80% del campione è diplomato o laureato), come anche degli occupati (80%), anche se il 15% dei

lavoratori dipendenti è occupato in nero. Spesso lavorano presso le famiglie (44%), ma anche in diversi altri settori, dall‟edilizia al turismo. Le mansioni umili sono più ricorrenti, ma

aumentano anche gli inserimenti qualificati, come operai specializzati, impiegati, imprenditori, medici, interpreti. Sei su 10 hanno conosciuto periodi di disoccupazione, anche

prolungati. Il lavoro non è stato trovato grazie agli uffici pubblici (solo 1 caso su 70), ma

autonomamente o attraverso le reti amicali-parentali, perlopiù interne alla collettività d‟appartenenza e alle comunità che al suo interno si strutturano (51,3%).

Gli intervistati dichiarano un reddito medio mensile di 916 €. Sei su 10 sono titolari di un conto corrente bancario o postale e inviano, mediamente ogni mese e mezzo, del denaro nel

paese d‟origine (in un anno in media 2.244 € testa) per sostenere le persone della famiglia lì

rimaste (mediamente 3): 3 su 5 provvedono al sostentamento dei genitori, in un terzo dei casi si deve provvedere ai figli, ai fratelli e le sorelle e più raramente al coniuge o ad altri

familiari.

5 Centro Studi e Ricerche IDOS, Le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nell‟area romana. Indagine campionaria e approfondimenti tematici, Edizioni IDOS, Roma, 2008.

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Dopo l‟arrivo in Italia, metà degli intervistati ha avuto bisogno di farsi aiutare economicamente da familiari in Italia o nel paese d‟origine o da amici italiani o connazionali

(ciascuna delle ipotesi copre più di 4 casi su 10). Possiedono quei beni di consumo ormai diventati indispensabili come il cellulare (99%), il

televisore (70%) e il computer (40%). L‟automobile, a portata solo di un terzo del campione,

costituisce il secondo bene più desiderato dopo la casa, ambita da metà degli intervistati. Sette su 10 leggono i giornali italiani.

* * * Tra gli aspetti più interessanti della presenza degli immigrati richiama sempre maggiore

attenzione la loro vocazione imprenditoriale. A Roma ci sono circa 15.500 aziende con titolari immigrati, pari a circa il 10% delle 165 mila esistenti a livello nazionale. Le imprese degli

immigrati incidono per il 3,8% sul totale delle aziende operanti in provincia (412 mila), ma ci

sono notevoli margini di crescita considerando che tra gli italiani vi è un‟impresa ogni 9 residenti e tra gli immigrati solo 1 ogni 20. Le collettività con maggior numero di imprenditori

sono la Romania (3.249), seguita da Bangladesh (2.204), Cina (1.635) e Marocco (1.441). A superare la quota di 500 imprenditori sono poche altre collettività: Egitto con 890 imprese,

Nigeria con 717, Polonia con 556 e Senegal con 533 (l‟Abania si ferma a 425 imprese).

Poche sono le collettività con 200 imprese (Pakistan, Perù, Tunisia) e un po‟ più numerose quelle con 100 (Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Ecuador, India, Iran, Serbia, Macedonia,

Moldova, Somalia, Ucraina). I settori prevalenti di intervento sono il commercio (46,4%), le costruzioni (26,7%), i servizi

professionali (9,3%), l‟industria manifatturiera (6,9%)e i trasporti (4,4%). Le varie collettività rivelano spesso tendenze monosettoriali, privilegiando o l‟edilizia (Romania

78,8%, Polonia 71,6%, Albania 67,8%) o il commercio (Marocco 86,1%, Bangladesh 71,8%,

Nigeria 67,8%, Cina e Senegal 62,5%)

La presenza di immigrati stranieri nel Lazio e a Roma, oltre che numericamente consistente, appare ormai radicata nelle sue diverse forme sul territorio. E‟ una presenza “viva” che non vuole essere solo ospite, ma anche parte integrante di una società che cambia e, nelle sue variegate sfumature, deve saper crescere politicamente, economicamente e soprattutto socialmente. Un segnale tendenziale di questo processo, non sempre semplice e spesso irto di ostacoli, pregiudizi e stereotipi, viene in primo luogo proprio dagli immigrati che cercano di organizzarsi, allo scopo di rendersi “positivamente” visibili, facendo emergere la propria voce, i propri interessi e la propria richiesta di partecipazione. L‟associazionismo “straniero”, rappresenta, dunque, nelle sue diverse forme, l‟emblema di una chiara volontà integrazionista. Attualmente, le organizzazioni di volontariato (OdV) che fanno capo alle diverse comunità immigrate e che sono iscritte al registro regionale sono circa 70 (ma si stima che ve ne siano almeno altre 100 che non sono iscritte), e il loro numero sta crescendo rapidamente, anche grazie all‟attività di sensibilizzazione e sostegno dei Centri di Servizio del Volontariato. Nel corso del 2008 è nata, con il supporto attivo del Cesv, la rete della Diaspora Africana alla quale aderiscono tutte le associazioni di immigrati provenienti dall‟Africa e che raccoglie 16 OdV e almeno 36 gruppi informali (una buona parte dei quali in procinto di strutturarsi in OdV). Inoltre, è importante sottolineare che da oltre venti anni a Roma e nel Lazio sono di particolare rilievo, anche qualitativo, le attività di numerose realtà di volontariato sul campo dell‟intercultura (circa 90 sono quelle iscritte al registro regionale e circa 300 quelle non iscritte). Esse si esprimono nel sostegno alla scolarizzazione dei minori

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stranieri, nella promozione del diritto alla salute, in interventi di valorizzazione delle culture di origine (realizzati prevalentemente da associazioni di immigrati), nella realizzazione di corsi di lingua italiana. L‟innovatività strategica dell‟esperienza si concretizza non solo nella risposta ad una domanda che resterebbe altrimenti inevasa, operando al fine di compensare l‟insufficienza dell‟intervento pubblico, ma anche e soprattutto nella produzione di episodi di sincretismo culturale particolarmente significativi. Anche la rete Diritti Umani (promossa e supportata dal Cesv) è stata particolarmente attiva nel corso degli ultimi anni. I lavori di rete, portati avanti dalle 11 OdV che programmano le attività, hanno dato origine a progettualità ed interventi specifici nei campi dell‟accoglienza, del sostegno e del tutoraggio degli immigrati che arrivano a Roma e nel Lazio, e che hanno visto il coinvolgimento di altre circa 40 organizzazioni, compresi anche soggetti del terzo settore, ecclesiastici e organizzazioni internazionali quali la Caritas, la Comunità di Sant‟Egidio, il Centro Astalli, l‟ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).6

Per molti anni, al problema dell‟integrazione degli immigrati si è prestata scarsa attenzione (almeno rispetto a quello relativo al contenimento dei nuovi flussi di entrata) in quasi tutti i paesi europei, mentre ora sembra essere diventato un tema politico di alto livello soprattutto nell‟Europa nord-occidentale. Pertanto, se ne discute di più anche a livello di Unione Europea. A livello dei singoli stati membri, l‟attenzione maggiore, fino a questo momento, è stata dedicata ai programmi introduttivi di orientamento dei nuovi venuti per collocarli su un percorso di apprendimento della lingua. In generale, la buona conoscenza della lingua del paese ricevente è un fattore influente nei processi di inclusione nella società di accoglienza ed in particolare nel mercato del lavoro, perché consente di occupare posti di lavoro qualificati, al di fuori delle ristrette opportunità dei networks etnici.7 Alcuni dei programmi di istruzione linguistica introdotti di recente in diversi paesi prevedono lo svolgimento di esami e persino penalizzazioni qualora non siano portati a termine; altri sono di natura volontaria. Un crescente numero di paesi (ad esempio, Austria, Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Svezia), per i nuovi immigrati che desiderano ricevere il permesso di residenza hanno previsto, oltre a programmi volti ad agevolare il loro inserimento nel mercato del lavoro, anche “programmi di iniziazione alla società” di accoglienza obbligatori (comprensivi di corsi di lingua, educazione civica e orientamento culturale). In Italia, come in altri paesi, pertanto servirebbero misure che incoraggino un‟integrazione positiva come, ad esempio, un piano massiccio di alfabetizzazione in lingua italiana, sul modello delle 150 ore che hanno consentito in passato alle classi popolari italiane di accedere all‟istruzione di

6 Il lavoro della rete ha portato, ad esempio, alla realizzazione e pubblicazione della ricerca “Presenze Trasparenti” sulle problematiche giuridiche, amministrative e sociali dei richiedenti asilo, edita in 4.000 mila copie. Il lavoro della rete e la pubblicazione sono stati presentati in un convegno in occasione della giornata ONU del rifugiato il 20 giugno 2008. 7 Non sempre, tuttavia, la socializzazione linguistica e culturale alla società ricevente viene accolta

positivamente. Ad esempio, in Italia l‟immigrazione albanese è forse quella giunta con maggiore livello medio di competenza linguistica, acquisita soprattutto grazie alla ricezione di programmi televisivi italiani. Eppure per anni è stata quella più stigmatizzata e temuta, considerata pericolosa, violenta, incline a sviluppare attività devianti e criminali.

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base.8 L‟accertamento della conoscenza dell‟italiano dovrebbe produrre qualche beneficio, come un accorciamento dei tempi per l‟accesso alla carta di soggiorno e alla cittadinanza. Così si istituirebbe un incentivo a impegnarsi su questo aspetto saliente dell‟acculturazione nel nuovo contesto di vita.

Sarebbe auspicabile un impegno finanziario o comunque programmatico, da parte delle istituzioni, perché l‟Italia brilla per il fatto che è uno dei pochi paesi in Europa che non prevede in automatico un corso di lingua seconda, ma lo lascia un po‟ alla libera iniziativa sia del singolo migrante sia del territorio che lo offre. E‟ tutto un po‟ sfilacciato, per cui ci sono sia delle sovrapposizioni che dei buchi immensi (Chiara Peri, Associazione di Volontariato Centro Astalli per l‟Assistenza agli Immigrati).

In Italia quando arrivano degli stranieri restano un pò abbandonati a se stessi, è come se non li vedesse nessuno. So che in molti paesi europei c'è invece una grossa attenzione ai percorsi di apprendimento della lingua e della cultura del luogo. Qui invece succede che ci siano stranieri che vivono nel paese da 4 o 5 anni e non parlano per niente la lingua, nè sanno molto della cultura del paese che li accoglie. Invece sarebbe importante sapere subito diritti e doveri che si hanno in un paese, essere incanalati verso l'integrazione. E' una cosa sbagliata che questo non accada, ma anche molto pericolosa. Se si perpetuano questi meccanismi di esclusione delle persone straniere, qualcuno di loro di certo prenderà una strada sbagliata. In altri paesi già vige la regola che ora vogliono introdurre in Italia secondo cui per avere la cittadinanza bisogna dimostrare di conoscere la lingua. In quei paesi c'è però una maggiore possibilità di imparare la lingua, tempi più veloci per prendere la cittadinanza e regole certe. Io, ad esempio, sono in Italia da 35 anni eppure la cittadinanza non la ho ancora presa. Conoscendo la situazione degli eritrei in tutta Europa devo dire che ci troviamo meglio in altri paesi (Johannes Waldu, Comunità Eritrea – Roma).

L‟integrazione dei migranti nella società è da sempre l‟opzione enunciata nel dibattito pubblico in Italia ed è variamente associata alle opportunità di una società multiculturale e in crescita socio-economica o ai pericoli di un allentamento dei legami sociali e delle coordinate della sicurezza. L‟integrazione è una sfida difficile e complessa ed essa non è solo riconducibile alle condizioni materiali di vita, pur molto importanti, ma esige anche confronto e dialogo tra culture diverse, in un complesso di negoziazione, adattamento e conflitto, tendendo ad un progressivo e reciproco arricchimento e aprendo così la prospettiva di una società nuova, basata sui comuni principi di convivenza e coesione, la cui costruzione è già iniziata,9 ma richiede di essere adeguatamente gestita. Ciò dovrebbe prefigurare un sistema di misure, di interventi e di normative conseguenti ad una strategia di integrazione rispetto ad una immigrazione strutturale per motivi economici, demografici,

8 Nel 1973 il movimento sindacale italiano ha conquistato l‟istituto delle 150 ore che, nel giro di 20

anni, hanno portato alla licenza elementare e media quasi un milione di persone. 9 Le acquisizioni di cittadinanza rappresentano un indicatore chiave per l‟integrazione socio-culturale

dei diversi gruppi immigrati. Si consideri che nel Lazio 1.807 persone hanno acquisito la cittadinanza per matrimonio e mentre solo 501 per residenza continuativa da 10 anni nel nostro paese (dati 2006). Anche se dal quadro regionale emerge un valore considerevole di acquisizioni per matrimonio, in provincia di Roma il dato del 24,6% di acquisizioni per residenza rende merito al percorso integrativo di 422 stranieri. Si tratta, tuttavia, di numeri molto ridotti, specie se rapportati alla popolazione straniera residente.

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geopolitici,10 e caratterizzata da una forte stabilizzazione, mentre l‟attuale legge nazionale sull‟immigrazione (legge "Bossi-Fini" n° 189/2002) è imperniata sulla permanenza momentanea e legata al lavoro e, quindi, nega sostanzialmente i percorsi di integrazione socio-lavorativa. Questa concezione di una “immigrazione corta”, "a termine" o "stagionale" è in pieno contrasto con la realtà degli orientamenti soggettivi di alcuni milioni di stranieri a sviluppare in Italia i propri progetti migratori in una prospettiva di lunga durata, con la conseguenza di provocare una condizione diffusa di precarietà e spesso di irregolarità.11 D‟altra parte, troppo spesso l‟ottica con cui anche le amministrazioni locali vedono il fenomeno è quella della sola emergenza, per cui si continua a considerare gli immigrati come una popolazione che principalmente ha bisogno di un pasto caldo, di vestiti, di un rifugio notturno e questo non aiuta a fare passi avanti sostanziali sul terreno dell‟integrazione. In futuro, converrebbe evitare di continuare a considerare gli immigrati esclusivamente come oggetto di politiche di mera assistenza o di semplice controllo (superando al contempo ostacoli procedurali e pregiudizi squisitamente culturali), riconoscendoli al contrario come soggetti sociali attivi. Nel nostro paese, il discorso pubblico spesso è ancora sospeso tra il rilievo dell‟invisibilità sociale degli immigrati – il cui contraltare discorsivo è l‟immagine di un flusso inarrestabile e socialmente insopportabile – e il timore circa le componenti devianti dell‟immigrazione (gli immigrati considerati come un “problema” legato alla sicurezza, all‟ordine pubblico e alla convivenza civile). Fino ad oggi, il processo di integrazione è stato ad un tempo vischioso e invisibile, e le frizioni si sono concentrate ai margini (del mercato del lavoro, delle città, degli spazi pubblici e politici), alimentando disagio e diffidenza, fino a fenomeni di aperta xenofobia e razzismo. Vischioso, in quanto lasciato principalmente alle forze del mercato, a politiche locali disomogenee e all‟iniziativa della società civile e delle comunità straniere. Invisibile, perché nonostante la recente forte accelerazione degli ingressi la struttura del mercato del lavoro italiano tende a confinare il lavoro degli stranieri nei comparti e nelle posizioni a bassa qualificazione, sia dei servizi sia dell‟industria

10 Oggi, secondo il Dossier Statistico Caritas/Migrantes, gli immigrati regolari in Italia sono 3,9 milioni

(un quarto dei quali rumeni). Se nel 2008 in Italia è stata superata la soglia dei 60 milioni di residenti questo è stato possibile proprio grazie all‟arrivo degli immigrati. Oltre due milioni i lavorano in Italia. Le imprese costituite da stranieri sono 165 mila e il gettito fiscale assicurato allo Stato dagli immigrati nel 2007 è stimato i 3,74 miliardi di euro. In Italia, come nella maggior parte dei paesi sviluppati, il fenomeno migratorio può essere considerato ormai come un dato strutturale, intimamente connesso con la crescente integrazione ed interdipendenza dei mercati globali nonché con altri macro-aspetti squisitamente politici, sociali e culturali. Le aree industriali (o "post-industriali", secondo la vulgata corrente) appaiono infatti connotate da alcuni specifici trend: cresce progressivamente il segmento della popolazione anziana; si assiste ad un lento, ma costante, declino demografico; decresce il numero di giovani autoctoni; i sistemi produttivi si configurano sempre più come "assetti di piccole-medie imprese" che fondano il loro vantaggio competitivo sulla flessibilizzazione spinta del fattore lavoro, la compressione dei costi, l'esternalizzazione delle attività a minor valore aggiunto; i mestieri maggiormente ripetitivi e a basso contenuto professionale (che a dispetto delle previsioni formulate da diversi studiosi alla fine degli anni Ottanta non sono affatto scomparsi) vengono spesso rifiutati dalla popolazione autoctona, maggiormente acculturata, professionalizzata e, quindi, esigente. Le tendenze appena descritte, difficilmente confutabili, conducono ad una rilevante conseguenza "sociale": nell'immediato futuro le nazioni industrializzate (Italia compresa) si presenteranno sempre più come paesi multietnici. 11 Secondo l‟ultima relazione diffusa dal Ministero dell‟Interno l‟estate scorsa, gli stranieri irregolari che

vivono in Italia sono oltre 650.000.

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(generalmente, agli immigrati si riservano le attività lavorative delle 3D: “dirty, dangerous, demanding”, che gli italiani non vogliono più). Tuttavia, anche fattori istituzionali e di politica sociale che storicamente segnano il welfare italiano, contribuiscono ad organizzare l‟immigrazione in Italia, andando ad incidere sulla quantità e qualità dell‟immigrazione straniera, nonché sulle opportunità di integrazione. Anzitutto, l‟invecchiamento della popolazione italiana, unito ai caratteri di un welfare state costruito intorno alla figura del lavoratore fordista, ha attratto il lavoro degli stranieri nel campo dei servizi alla persona, sviluppando un vasto submercato del lavoro, che potrebbe a sua volta subire radicali cambiamenti nella prospettiva di una trasformazione inclusiva e diversificata del welfare. D‟altra parte, il dualismo del mercato del lavoro italiano, con la presenza di un‟economia sommersa senza pari nell‟Unione Europea, è un fattore determinante di distorsione dell‟insediamento straniero sul territorio, del suo radicamento nella società locale e della stessa distribuzione di opportunità di integrazione tra le varie componenti – di genere, nazionali, generazionali – dell‟immigrazione in Italia. A tutto questo, va sommato l‟effetto istituzionale indotto dalle ambivalenze delle leggi italiane sul particolare punto del soggiorno degli stranieri, specie per gli aspetti legati alle modalità legali di ingresso, al rinnovo dei permessi di soggiorno e quindi alle garanzie di lunga permanenza sul territorio italiano. Il nostro è un sistema che da 23 anni costringe gli immigrati ad arrivare per vie irregolari, per via della pretesa che il datore di lavoro assuma il lavoratore prima del suo ingresso legale. I dati dicono con chiarezza che circa i due terzi degli stranieri oggi residenti legalmente in Italia sono entrati nel paese irregolarmente (o quantomeno con un permesso provvisorio non rinnovato alla scadenza: i cosiddetti overstayers); e la tendenza non sembra poter essere smentita per il presente, se si osserva che l‟entità di domande presentate per il decreto flussi del 2007 è giunta ad oltre 650.000. Questi dati permettono di accostarci, in controluce, alle distorsioni alle quali una popolazione migrante irregolare è costretta a sottoporsi, in termini di squilibrio di età, di genere, di possibilità di ricostituire in tempi brevi un nucleo familiare, avviare o integrare un percorso formativo, inserirsi con pieni diritti nel mercato del lavoro regolare e soprattutto avere chance diversificate e non predeterminate per il proprio progetto migratorio. In questa prospettiva, e cioè sottolineando il nesso tra una efficace stabilizzazione della popolazione e il successo dell‟integrazione – con indubbi vantaggi anche per la società di accoglienza – è possibile leggere diversamente le tendenze agli insuccessi dell‟insediamento straniero, o anche le marginali quote di criminalità associate spesso all‟entità e alla qualità stessa dei flussi di immigrazione. Questi effetti, difatti, potrebbero essere letti come il risultato di una mancata tempestiva ricostituzione degli elementi di base della vita sociale e della residenza di una popolazione migrante. In quanto polo di maggiore aggregazione di popolazione straniera, Roma vive le tante contraddizioni che caratterizzano la regolazione del fenomeno migratorio in Italia. Secondo il Cnel, nel punteggio complessivo dell‟indice finale, che sintetizza 21 indicatori statistici di base dell‟integrazione, il Lazio si trova al tredicesimo posto in termini di offerta assoluta e ultimo in termini comparativi, ovvero rispetto alle condizioni dei cittadini italiani nello stesso territorio. Risultati poco lusinghieri anche per la provincia di Roma, 73° in termini assoluti (su 103 province) e ultima in

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termini comparativi.12 Questo vuol dire che a Roma e nel Lazio, mentre è in corso una complessiva stabilizzazione delle popolazioni straniere, i percorsi e le opportunità di integrazione di queste stesse popolazioni rimangono ancora molto incerti. D‟altra parte, i processi di stabilizzazione e quelli di integrazione non sono sovrapponibili; sebbene stabilizzazione ed integrazione siano legate, l‟una non implica necessariamente l‟altra. La prima mostra una forte dipendenza dalle politiche di soggiorno, in senso stretto, che consentono o meno un rapido ed equilibrato insediamento delle popolazioni straniere e, quindi, la ricostituzione dei loro caratteri socio-demografici fondamentali. La seconda, invece, è determinata dalle più ampie politiche sociali rivolte al governo dei processi di immigrazione e dall‟azione della società civile. La stabilizzazione, ovvero il processo di articolazione di alcune variabili socio-demografiche di base in relazione alle dinamiche della società ospitante (equivalenza numerica dei generi, progressivo aumento dei coniugati, elevata incidenza dei minori, stabilità dei nuclei abitativi, presenza di nuclei familiari complessi, etc.) è favorita fondamentalmente dall‟emersione delle popolazioni migranti irregolari, come dimostra il forte disequilibrio socio-demografico dei gruppi di nuova immigrazione e forte componente di presenza non regolare, il cui mutamento qualitativo è spesso immediato al momento della regolarizzazione. Di conseguenza, sul processo di stabilizzazione è forte l‟incidenza dei provvedimenti di sanatoria della posizione di soggiorno dei migranti, come è stato nel 1996-1997 per i cittadini albanesi e nordafricani, e dopo il 2002-2003 per i cittadini rumeni. Negli ambiti dell‟abitazione, del lavoro, della salute, dell‟istruzione e della partecipazione alla vita pubblica, gli immigrati incontrano molte barriere innalzate dalla legge, dalle procedure amministrative o semplicemente da ostacoli di natura pratica ed economica (vedi il box relativo alle criticità relative all‟inserimento). Quella del migrante è una situazione che già di per sé risulta svantaggiosa e che viene poi ad essere aggravata ulteriormente da diffusi atteggiamenti discriminatori che possono costringere i migranti all‟emarginazione sociale o addirittura a cadere vittima di sfruttamento. Le difficoltà legate alla casa, al lavoro, alla salute e ai

12 Esplodendo i dati, si rileva che sebbene il Lazio sia la settima regione italiana in termini di attrattività

per i flussi migratori, in realtà le condizioni che offre agli immigrati sono tra le più penalizzanti sia a livello sociale che occupazionale. L‟indice di inserimento sociale, ad esempio, rivela che il Lazio è al penultimo posto della graduatoria sia in termini assoluti che comparativi. Tra gli indicatori di maggiore incidenza vi sono i costi dell‟affitto ed una bassa naturalizzazione degli immigrati, ovvero coloro che hanno acquisito la cittadinanza a seguito di un periodo di residenza continuativa superiore ai 10 anni. Poco incoraggiante anche il dato sulla dispersione scolastica (calcolato in base al numero di alunni ammessi all‟esame di terza media) che vede il Lazio 15° in termini assoluti e 12° in termini comparativi. Tremendamente attuale ed interessante, invece, è il dato relativo al tasso di devianza, calcolato in base alle denunce penali a carico di immigrati regolari. La provincia di Roma, con un 4,7%, è poco al di sopra della media nazionale (4,3%). Spalmando il dato a livello nazionale, si apprende che gli immigrati delinquono il 3,4% in più rispetto alla media complessiva. Sia a livello locale che nazionale, però, si tratta di un dato gonfiato poiché include le denunce a carico degli irregolari (i due terzi dei denunciati), ma non li conteggia nel calcolo statistico visto che non se ne conosce il numero. Il tasso di devianza reale, dunque, risulta essere sensibilmente inferiore. Riguardo gli indicatori di natura occupazionale, il dato che spicca con maggiore stridore è quello relativo alle differenze salariali tra lavoratori immigrati e italiani. Un immigrato regolare nel Lazio guadagna circa 10.700 euro all‟anno (poco al di sotto della media nazionale), ma confrontando il dato con i rispettivi stipendi dei lavoratori italiani si scopre che a Roma gli stranieri guadagnano 11.000 euro annui in meno, ovvero più del 100% delle entrate annue totali. Cfr. Cnel, Indici di integrazione degli immigrati in Italia. VI Rapporto, Roma, 2009.

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ricongiungimenti familiari non si presentano solo in una iniziale fase di insediamento, subito dopo l‟arrivo, ma possono proseguire anche per molti anni e la realtà dimostra che si tratta di problematiche strettamente interconnesse tra loro e che si alimentano a vicenda dando vita ad un pericoloso circolo vizioso. I migranti spesso si rivolgono al mercato informale per trovare un lavoro o una casa. In questo modo cresce l‟economia sommersa, aumentando il rischio di trascinare nell‟emarginazione coloro che vi rimangono invischiati. Lo stress accumulato da molti migranti, specialmente se combinato con altri fattori di rischio quali l‟aver subito in passato eventi traumatici, può condizionare fortemente la loro salute fisica e mentale. Da questo punto di vista, i rifugiati e i richiedenti asilo risultano soggetti particolarmente vulnerabili. I gruppi più a rischio di povertà e di disagio psico-fisico sono i migranti irregolari e i richiedenti asilo, nei confronti dei quali si adottano politiche finalizzate a scoraggiare la loro permanenza sul territorio, frapponendo diversi ostacoli lungo il faticoso percorso verso l‟inserimento.

… L‟integrazione non è solo maggiore o minore capacità di adattamento reciproco. Essa dipende anche dalle risorse che sono in campo per facilitare tale adattamento e per far superare così il peso delle diversità in nome di qualcosa che si ha in comune. … Lo stiamo offrendo noi un futuro comune agli immigrati, quando addirittura stiamo qui a centellinare la loro assistenza sanitaria, la scuola, il diritto ad avere qui le loro famiglie, il diritto a diventare cittadini quando il tempo è più che maturo? E alla fin fine, lo stiamo offrendo un futuro a noi stessi, in modo da trovarci anche con altri a perseguirlo? (Giuliano Amato).13

Per integrare i nuovi cittadini ci vogliono dei mezzi e, qui, siamo al disastro. Il fondo nazionale per le politiche sociali l‟hanno portato da 100 a 5 milioni, mentre i fondi per i Centri di Identificazione e Accoglienza (ex CPT) sono saliti a 178 milioni l'anno. In questi Centri ci potranno andare al massimo 10.000 persone. Per ogni migrante che entra in questi Centri si spendono circa 20 mila euro, mentre per un immigrato “normale” – i quasi 4 milioni - si spende 1,25 euro. Voi capite che non è che si possa andare avanti così ancora per molto… (Franco Pittau, Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes ).

Le criticità di inserimento socio-economico della popolazione migrante a Roma Roma, se per un verso si propone come un importante polo di riferimento per la popolazione

migrante che arriva in Italia (sia per la centralità che essa possiede come capitale d‟Italia e centro mondiale del cattolicesimo, sia per la ricchezza di iniziative e opportunità proprie di

una metropoli), per altro verso presenta, per i migranti che intendano fermarvisi stabilmente a vivere, difficoltà piuttosto significative, soprattutto sotto il profilo dell‟inserimento socio-

abitativo e occupazionale.

La questione della casa è senza dubbio uno dei grandi problemi per i migranti. La sottovalutazione di questo problema, ha consentito il proliferare di forme di sfruttamento,

esclusione e segregazione. In assenza di politiche pubbliche relative all‟emergenza abitazione (che comunque nell‟area metropolitana romana ormai coinvolge l‟insieme della popolazione),

i migranti hanno risposto come hanno potuto:

13 Amato G., “Quando al Quirinale avremo un nero, non come ospite”, Il Sole 24 Ore, 16 novembre,

2008, pp. 1, 6.

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sovraffollamento delle abitazioni (la soluzione più facile in caso di comunità con

prevalenza di genere), con alcuni migranti che hanno a disposizione un letto solo per alcune ore, costretti ad alternarsi con altri;

progressivo spostamento in periferia, soprattutto nel quadrante est, ed insediamento con

contratti di affitto significativamente superiori agli autoctoni nelle seconde case di romani sul litorale sud e sul versante nord fino a Civitavecchia, ma in generale tutti i paesi della

provincia di Roma (1° e 2° fascia) sono fortemente interessati dal fenomeno e la presenza in comunità piccole, come quelle dei quartieri periferici e dei paesi, di forti

concentrazioni di immigrati tende a creare tensioni e incomprensioni sociali e culturali;

occupazione di abitazioni e insediamento in stabili e ricoveri fatiscenti che diventano la

base per la creazione di vere baraccopoli e bidonville spesso del tutto prive dei servizi più elementari (a cominciare da quelli igienici). In certi casi il disagio abitativo diventa

estremo e si trasforma in barbonismo. I migranti incontrano forti elementi di criticità anche per quanto riguarda il loro inserimento

nel mercato del lavoro. Il primo riguarda la dimensione del lavoro nero ed irregolare, che

spesso prende nuove forme come nel caso delle lavoratrici domestiche dove spesso sono gli stessi lavoratori a pagarsi i contributi. La presenza degli immigrati è notevole soprattutto in

alcuni particolari settori come il turismo, i pubblici servizi, l‟edilizia e i servizi alla famiglia o alla persona, dove la polverizzazione e la stagionalità dei posti di lavoro pone problemi di

forte precarietà occupazionale e di lavoro nero, alimentando così un‟economia parallela che

sfugge alle rilevazioni ufficiali e ne falsa in qualche modo la portata. Un secondo elemento riguarda la sostanziale impossibilità della progressione in ambito lavorativo. Nonostante la

preparazione professionale e le capacità acquisite, i lavoratori immigrati stentano ad essere assunti per lavori qualificati ed ancora di più hanno difficoltà ad avere una carriera

professionale. Si registra una forte difficoltà ad accedere a percorsi di formazione professionale continua. Nel complesso, molti immigrati che vivono a Roma, anche se

occupati, spesso percepiscono salari insufficienti per aiutare le loro famiglie di origine. Coloro

che lavorano nel mercato del lavoro informale hanno un potere contrattuale pressoché nullo nei confronti del datore di lavoro e si trovano di frequente a lavorare un numero di ore

superiore al lecito, per guadagni scarsi e senza poter godere delle tutele e dei benefici previsti, quali la malattia e le ferie. I migranti altamente qualificati devono affrontare

l‟ulteriore problema del riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nel paese di origine,

incontrando di conseguenza molte difficoltà a trovare un lavoro adeguato alle loro competenze.

Altro problema è senza dubbio il permesso di soggiorno. Le procedure sono complesse e macchinose, i ritardi dei rinnovi inaccettabili (500 mila domande giacciono da mesi al

Viminale), mettendo in evidenza l‟inadeguatezza, il sottodimensionamento e l‟impreparazione culturale del sistema burocratico-amministrativo nella gestione/regolazione del fenomeno

migratorio.

In generale, il sistema di welfare non si è adattato alla presenza degli immigrati, anche se questa fa emergere nuovi bisogni e la necessità di una ottica diversa di erogazione dei

servizi esistenti. Si registrano situazioni caratterizzate da una carenza di informazioni sulle normative e sulle disposizioni che in parte sono la causa di irrigidimenti degli operatori

(troppo spesso poco formati, specializzati e motivati) nei confronti dei migranti che

richiedono i servizi. Vi è in sostanza la sensazione dell‟affermarsi di una cultura respingente che tende ad applicare le norme, spesso già discriminanti, in modo restrittivo, anche se non

mancano buone pratiche realizzate utilizzando il sostegno della mediazione linguistico-culturale.

In particolare, per quanto riguarda l‟accesso al servizio sanitario, la situazione per i migranti,

pur essendo in teoria uguale agli italiani, presenta alcune particolarità dovute alle differenze culturali. Senza entrare nel merito, si segnalano problematiche reali dovute al ricorso ai

consultori da parte delle donne immigrate. L‟educazione alla prevenzione delle nascite, unitamente alla divulgazione di una informazione corretta sulle malattie a trasmissione

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sessuale, diventano attività prioritarie, unitamente al rispetto delle diverse culture di

provenienza che può essere assicurata solo con una adeguata presenza di mediazione culturale. La stessa mediazione culturale diventa indispensabile per la compilazione di una

corretta anamnesi dei pazienti. La modalità di rilascio della tessera di iscrizione al SSN con validità contestuale alla durata del permesso di soggiorno e l‟impossibilità di usufruire del

SSN in mancanza del permesso crea situazioni di difficoltà che in alcuni casi assumono anche

carattere di gravità. Il rischio di cadere vittima di infortuni sul lavoro è molto elevato, anche perché ai migranti vengono riservati i lavori più faticosi, pericolosi e meno ambiti dalla

maggioranza della popolazione. A causa delle loro difficili condizioni di vita i migranti presentano una maggiore vulnerabilità e predisposizione a contrarre malattie come la

tubercolosi e l‟HIV.

Opportunità lavorative migliori e più regolari, la predisposizione di un adeguato set di servizi territoriali da parte delle organizzazioni con competenze in materia di politiche attive del

lavoro (consulenza, formazione professionale di base e continua, accompagnamento al primo lavoro, intermediazione culturale, accesso al credito e così via), la messa in opera di efficaci

politiche sociali a livello locale e la loro reale accessibilità da parte dei cittadini immigrati, possono essere importanti pre-requisiti (nonché azioni concrete) finalizzati a ridurre

significativamente i rischi e le probabilità di inserimento degli immigrati in percorsi di

esclusione e di devianza sociale.

E‟ auspicabile che nel prossimo futuro Roma, tenendo fede al suo ruolo di importante polo di attrazione, migliori i meccanismi strutturali di inserimento dei migranti nel proprio tessuto socio-economico e culturale, rendendo la sua storica vocazione al cosmopolitismo e le sua tradizionale ospitalità qualcosa di più estesamente tangibile ed effettivo nella realtà quotidiana. E‟ fondamentale che le istituzioni e la società romana prendano coscienza del fatto che l‟immigrazione rappresenta una risorsa e che, per poter sfruttare le sue potenzialità, è necessario un maggior coordinamento tra le varie istituzioni, associazioni e agenzie sociali coinvolte nella sua gestione. Ad esempio, occorre fare sì che le tante esperienze positive esistenti portate avanti dal privato sociale non restino circoscritte nelle singole realtà e che attraverso la loro valorizzazione, compartecipazione e messa in rete si incrementino le possibilità di incidere nella vita sociale. A tale fine, si rende necessario che le associazioni di volontariato, a cominciare dalle scuole popolari di italiano, siano riconosciute come interlocutori validi, rafforzate e tenute maggiormente in considerazione perché possano avere una proiezione nel futuro e contribuire in modo più efficace alla risoluzione delle diverse problematiche che i migranti si trovano a fronteggiare. La composizione multiculturale della popolazione di Roma e la varietà di provenienza dei suoi componenti devono spingere a superare l‟idea che esistano “una” cultura e “una” identità con cui identificare la città. Oggi, infatti, l‟identità di Roma è quella di una città interculturale, composita e in continua trasformazione.

Ogni persona si compone di varie e variabili appartenenze, alcune ereditate, altre scelte: identità sociale, identità economica, identità legata alla nazionalità, identità politica, identità religiosa, identità di genere, persino identità sportiva. Roma si presenta come un crocevia di appartenenze, lingue, tradizioni, religioni, sub-culture e generazioni non risolvibile in una sintesi onnicomprensiva, piuttosto nell‟idea e nella pratica di un metissage in cui, tanto i cittadini che i nuovi venuti, sono

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necessariamente coinvolti. La dimensione globale, di cui Roma è portatrice, non sembra tuttavia interiorizzata dalle strutture e dalla popolazione tanto da farne l‟anima della città e ciò rischia di pregiudicare le possibilità di uno sviluppo armonioso (IDOS, 2008:20-21).

Questo richiede l‟implementazione di una strategia di convivenza basata sull‟allargamento del concetto di cittadinanza (ad esempio, attraverso il riconoscimento del diritto di voto amministrativo), sulle politiche di coesione sociale ed inclusione interculturale, sulla responsabilità individuale e collettiva e sul rispetto dei diritti umani e civili. Occorre passare a politiche organiche che includano i problemi dei nuovi cittadini immigrati nelle politiche generali, senza escludere ovviamente la pur necessaria messa in campo di politiche mirate (ad esempio, per quanto riguarda l‟apprendimento della lingua italiana, nonché tutte le esigenze che chiamano in causa un ruolo forte della mediazione culturale per migliorare l‟accesso alla pubblica amministrazione e ai servizi, per esercitare i diritti riconosciuti). Serve una visione del futuro, un progetto di integrazione sorretto da un adeguato impegno delle istituzioni e dal supporto di azioni interculturali in grado di coinvolgere tutte le componenti della società.14 I romani si devono convincere che non solo sarebbe ingiusto, ma anche impossibile, che un immigrato lavori nelle loro case, nei ristoranti, negli ospedali, nelle aziende o nei campi e poi, finito l‟orario di lavoro, scompaia. Gli immigrati di Roma non sono e non devono essere 300.000 fantasmi, bensì compagni di strada nella costruzione della città reale.

Il passaggio a politiche organiche è facilitato quando vi è un forte coinvolgimento di tutti i cittadini, perché in esso si compiono le scelte concrete e impegnative dei processi d‟integrazione, e cresce la consapevolezza che le pratiche di integrazione non sono solo il modo giusto di misurarsi con l‟immigrazione che risponde ad una necessità economica del nostro Paese ed evoca per la grande maggioranza anche valori di civiltà e solidarietà, ma sono una opportunità, “un cambiamento buono per tutti”, pur tra tante difficoltà e contraddizioni. “Lo sono” quando le politiche per l‟integrazione diventano una esperienza della politica nel territorio come progettualità e partecipazione. “lo è”, con riferimento alle politiche di accesso dei cittadini immigrati, l‟impegno per una riorganizzazione, in termini di efficienza, di efficacia, di umanizzazione, dei servizi amministrativi e sociali, pubblici e privati, la cui autoreferenzialità burocratica è una piaga per tutti. Per non parlare della urgenza di affrontare la questione abitativa (soprattutto disponibilità di alloggi ad affitti calmierati), che è emergenza sociale per ampie fasce di famiglie italiane e ancora più di quelle immigrate. Anche altre criticità delle politiche di integrazione, come l‟inserimento scolastico e quello lavorativo, vanno affrontate con interventi sui nostri assetti sociali, che interessano tutti e che chiamano in causa anche responsabilità delle politiche nazionali. La scuola deve aprirsi ad una educazione interculturale che riguardi ed integri la formazione di tutti gli allievi, nuovi cittadini della globalizzazione, oltre che ovviamente risolvere le esigenze specifiche, linguistiche e di mediazione culturale soprattutto con la famiglia, per un proficuo inserimento dei giovani

14 E‟ alla Regione e agli Enti Locali che spetta un ruolo decisivo per l‟attuazione delle politiche di

integrazione, attraverso decisioni mirate che riguardano un ampio ventaglio di obiettivi: la promozione dei sistemi di osservazione territoriale; la programmazione e la progettazione delle politiche locali; la collaborazione interistituzionale; la concertazione e la sussidiarietà sociale; la partecipazione democratica dei cittadini immigrati (dai forum, alle consulte, all‟inserimento come consiglieri aggiunti e, in prospettiva, al voto amministrativo).

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immigrati. I servizi per l‟impiego devono finalmente essere in grado di liberare i lavoratori italiani e immigrati dai processi informali dell‟inserimento lavorativo, che soprattutto per questi ultimi, particolarmente per le donne, comportano gravi rischi di lavoro irregolare, di sfruttamento al limite della schiavitù, di caduta nella clandestinità, della “gabbia” della stratificazione etnica del lavoro e della impossibilità di qualsiasi mobilità professionale, con gravi conseguenze anche sulle seconde generazioni e sull‟irrigidimento del mercato del lavoro nella valutazione degli stessi lavoratori italiani. L‟integrazione è una sfida difficile e complessa, è importante riconoscerla come una opportunità oggettivamente positiva per tutti. Essa non è solo riconducibile alle condizioni materiali di vita, pur molto importanti e prioritarie; essa esige anche confronto e dialogo tra culture diverse, tende ad un progressivo e reciproco arricchimento, nel rispetto, ovviamente, dell‟ordinamento costituzionale e delle leggi di una società nuova che sta già costruendo condizioni nuove di convivenza e coesione (Giorgio Alessandrini, presidente vicario ONC-CNEL).15

15 Cnel, Indici di integrazione degli immigrati in Italia. V Rapporto, Roma, 2008, pp. 4-5.

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3. L’apprendimento dell’italiano, primo passo dell’inclusione

I migranti sono portatori di culture e costumi differenti ed in genere sono in possesso di percorsi scolastici (anche di livello elevato) nei paesi di origine, ma nella maggioranza dei casi arrivano nel nostro paese senza conoscenze della lingua italiana e della costruzione del linguaggio in italiano. Pertanto, l‟apprendimento della lingua italiana come seconda lingua, per i migranti, è il primo essenziale elemento di inclusione. Intervenire sui processi comunicativi e, quindi, sul linguaggio e sui linguaggi, è parte ineliminabile del processo di democratizzazione di una società, poiché favorisce la sua capacità di integrare in maniera armoniosa le diversità, volgendole ad arricchimento e non a detrimento della convivenza civile. La conoscenza della lingua italiana è indispensabile come fattore di interazione tra le culture e di integrazione sociale. Fare scuola, insegnare la lingua, favorire la comunicazione, significa contrastare l‟esclusione sociale, fornire gli strumenti dell‟interazione, mentre la deprivazione linguistica è uno dei primi indicatori di povertà che si manifesta in una realtà di emarginazione.

Si potrebbe dire, senza timore di esagerare, che il bisogno di comunicare e di essere compresi sia da equiparare ai bisogni primari della vita umana, come quello di nutrirsi, di coprirsi, di dormire. Una civiltà che si consideri tale e che sia quindi in grado di assicurare a tutti i suoi componenti la soddisfazione dei bisogni primari, non può trascurare l‟aspetto della comunicazione e dovrà quindi preoccuparsi di permettere a tutti il raggiungimento di un soddisfacente livello di adeguatezza nella competenza linguistica. Inoltre, bisogna considerare che avere una lingua comune favorisce una cultura della convivenza, rappresenta una risposta per uscire dall‟idea dell‟immigrazione come un‟emergenza, favorendo l‟integrazione, la solidarietà, nel rispetto delle differenti tradizioni culturali e religiose (Rete romana delle scuole popolari di italiano, Relazione Introduttiva, Convegno del 28/11/2008).

L‟esperienza migratoria degli ultimi tre decenni ci consente di cogliere situazioni diverse di avvicinamento e di appropriazione dell‟italiano da parte degli immigrati. Ci sono modi differenti di appropriarsi di una lingua. Per molti immigrati, la fase iniziale di arrivo (e per alcuni anche in seguito) è spesso caratterizzata dall‟afasia, dall‟impossibilità di capire e farsi capire, dall‟incapacità di attribuire senso a parole e discorsi. Il periodo di silenzio può durare un tempo più o meno lungo, ma evolve in genere verso una fase successiva, quella in cui l‟italiano diventa la lingua/strumento funzionale al lavoro, alla burocrazia, alla sopravvivenza. Per alcuni, tuttavia, quando la migrazione rappresenta un trauma e una separazione dolorosa, l‟afasia può protrarsi ed essere strettamente legata al rifiuto di dare senso e rilevanza al “qui e ora”, al presente e allo spazio in cui si vive. Ma, nella maggior parte dei casi, dalla fase di silenzio si passa alla fase dell‟italiano usato per esprimere bisogni, richieste, comprendere ordini e indicazioni, gestire la vita quotidiana nella sua essenzialità. Per molti altri ancora, l‟italiano diventa con il tempo lingua di adozione, veicolo attraverso il quale esprimere, oltre a fatti ed eventi, anche emozioni, pensieri, attese, punti di vista. Lingua nella quale trasportare, attraverso un denso lavorio di transfert e di riflessione metalinguistica, immagini, metafore ed espressioni della propria lingua madre.

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Utilizziamo la metafora della casa per rappresentare il nuovo codice (la lingua costituisce per ciascun parlante sempre la propria dimora) e osserviamo fra i migranti passaggi e modi differenti di approssimazione a esso. ”Il nuovo spazio linguistico è un‟architettura, una casa che non si finisce di costruire e che può prendere le forme del castello, della capanna, della reggia lo della tenda del nomate (Celli, 2006)”. C‟è dunque chi usa l‟italiano come una tenda e un rifugio da montare e ripiegare in fretta, utile solo a garantire un riparo essenziale; chi ne fa una capanna meno precaria, ma pur sempre spoglia e disadorna; chi invece ne fa la propria abitazione stabile, più confortevole e “arredata”; e c‟è, infine, chi riesce a fare della nuova lingua un castello e una reggia. Questi ultimi si sono avvicinati così tanto all‟idioma della terra ospite da potersene poi allontanare per scrivere e per narrare attraverso di esso, erigendo con suoni e parole della seconda lingua una costruzione inedita e singolare. Essi sono dunque entrati a far parte della comunità linguistica di adozione, arricchendola. Imparare un lingua in situazione migratoria significa infatti molto di più e di diverso rispetto al saper parlare e usare correttamente alcune regole della sintassi: significa imparare ad abitarla, entrare a far parte di un gruppo linguistico (Graziella Favaro).16

Sono un testimone della lingua italiana che ho imparato nel 1995 alla scuola della Casa dei Diritti Sociali. La mia prima insegnante era Paola, una toscana, e quindi ho imparato l‟italiano vero, la lingua di Dante. Sono diventato cittadino italiano da 3 mesi e per 13 anni sono stato cittadino della lingua italiana. Avevo capito sin dall'inizio l'importanza di impararlo per avere uno strumento potentissimo di sopravvivenza. Ho investito sulla lingua italiana, mentre altri amici immigrati hanno investito, ad esempio, nel commercio. In questo periodo di cittadinanza linguistica ho avuto la possibilità di fare valere i miei diritti, perché avevo capito la grande fragilità di essere emigrato in un paese come l‟Italia. Ecco perché dico ai miei amici immigrati: imparate l‟italiano perché è il vostro primo alleato, insieme alle associazioni di volontariato. L‟investimento linguistico è stato per me quello giusto. Sono passato da una prima fase, in cui l‟italiano era per me uno strumento funzionale per farmi valere, ad un altro livello, quello della scrittura. Ho scritto un romanzo – “Scontro di civiltà per un

ascensore a piazza Vittorio” - che ha avuto un discreto successo. Sono stato da poco in Canada a rappresentare l'Italia come unico scrittore italiano. Il mio lavoro letterario non entra nella lingua italiana vergine, ma con un bagaglio linguistico. Alla fine il mio lavoro consiste nell‟arabizzare l‟italiano e nell‟italianizzare l‟arabo. Per questo romanzo scritto originariamente in arabo nel 2003 e poi riscritto in italiano, sono stato ad Algeri due settimane fa, perchè ho vinto il più grande premio letterario algerino. Il romanzo ha fatto il giro del mondo per 5 anni, è stato tradotto in inglese e in francese, e poi è arrivato in Algeria di nuovo tradotto in arabo. Alla premiazione ho detto che sono uno scrittore arabo italofono. Il mio caso non è unico. Ci sono tanti amici emigrati che scrivono in italiano e ciascuno porta un contributo a questa letteratura, non solo sul piano dello sguardo, perché racconta la società in un modo nuovo. Io arabizzo l‟italiano, altri scrittori ad esempio albanizzano l‟italiano (Amara Lakhous, scrittore – Roma).

L‟apprendimento della lingua italiana è una delle principali difficoltà, sia per i migranti appena arrivati sia per quelli che risiedono nel nostro paese da più anni. Questi ultimi, molte volte, non hanno tempo da investire per imparare bene la lingua e rimangono con un livello di italiano basico (la cosiddetta interlingua di

16 Favaro G., ”Amo in una lingua che non imparai da mia madre”, Animazione Sociale, n. 228, (12)

2008, pp. 75-76.

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base17) che non agevola la loro piena integrazione nella società e nel mercato del lavoro.

L‟attività di formazione che eroghiamo è rivolta a dipendenti di aziende del settore turismo che, quindi, sono già avanti rispetto ad un migrante appena arrivato in Italia, perché sono persone che hanno già trovato un lavoro e che quindi sono in regola con il permesso di soggiorno e la contribuzione all‟Ente Bilaterale. La cosa che stupisce di più è lo scarso interesse da parte di molte aziende a formare lavoratori stranieri nella lingua italiana. Quelle meno interessate sono le piccole aziende che utilizzano i lavoratori immigrati soprattutto per i lavori di basso profilo come i lavapiatti o i pizzaioli che lavorano dietro il banco, oppure gli addetti alla pulizia ai piani nel settore alberghiero, anche se in questo settore, soprattutto nei grandi alberghi, è richiesta una maggiore conoscenza della lingua italiana. E‟ soprattutto tra i lavoratori stranieri dei pubblici esercizi della ristorazione che i livelli di conoscenza della lingua italiana sono molto elementari, per cui incontrano notevoli difficoltà a riuscire a seguire i nostri corsi di formazione obbligatoria per HACCP. Formare nell‟HACCP un lavoratore del Bangladesh che in italiano sa dire solo buongiorno e buonasera è un‟impresa veramente difficile. Purtroppo, da parte degli imprenditori c‟è una scarsa predisposizione a far crescere il lavoratore. Considerano la formazione come un costo e non come un investimento finalizzato alla crescita dell‟azienda. Questo avviene anche se i nostri corsi per i lavoratori sono gratuiti e se li facciamo fuori dagli orari di lavoro. A questo poi, però, si aggiungono le difficoltà da parte dei lavoratori legate alle turnazioni di lavoro. Tre anni fa abbiamo fatto una prima esperienza con un corso di italiano per stranieri in cui hanno cominciato in una decina e hanno terminato in sei per il problema delle turnazioni aziendali. Per un lavoratore che lavora su turni, anche la frequentazione di un corso per una volta a settimana è difficile, spesso non può rispettare gli orari di lezione. All‟inizio del corso, consultando direttamente gli allievi, si era deciso di svolgere il corso in orario pomeridiano proprio per venire incontro alle esigenze dei lavoratori, ma poi le difficoltà dei turni e di poter usufruire di permessi si sono fatte sentire. C‟è anche un problema legato alla bassa consapevolezza dei propri diritti per chi, straniero, lavora nelle piccole e medie aziende: troppo spesso non si chiedono i permessi per paura anche di perdere il posto di lavoro. Questo ha fatto sì che il corso andasse in un abbandono continuo. Gli anni successivi non abbiamo raggiunto il numero minimo di iscritti per poter fare il corso di lingua italiana (Francesca Sofia, Ente Bilaterale del Turismo di Roma e del Lazio).

17 Dagli anni ‟70, ad opera principalmente di Corder e Selinker, si è sviluppata un‟interessante teoria

sull‟apprendimento linguistico che sostiene che il progressivo apprendimento di una lingua non procede per somma casuale di nozioni, ma per sistemi strutturati: infatti, i processi mentali che mette in atto uno studente che affronta una lingua straniera generano un sistema linguistico intermedio tra la sua lingua materna e la lingua da imparare, sistema detto interlingua. L‟interlingua è composta da ipotesi sul funzionamento della nuova lingua da verificare: è quindi un sistema in continua evoluzione, che procede allontanandosi sempre più dalle regole della lingua materna dello studente, che nei primi stadi dell‟apprendimento vengono generalizzate, verso quelle proprie della lingua seconda. La formazione delle interlingue non procede a caso, ma secondo una gradualità guidata da quello che Krashen chiama “ordine naturale”, basato su una grammatica universale di acquisizione. I processi che generano l‟interlingua e i meccanismi che la caratterizzano sono un settore di studio abbastanza nuovo: non è ancora chiaro se tutte le caratteristiche formali di una lingua vengono acquisite con un ordine uguale per tutti, né esistono molti studi sperimentali sulle diverse lingue che si possono acquisire. Sono stati però fatti parecchi studi sulla cosiddetta “interlingua di base”, cioè sulle prime forme di interlingua che un soggetto sviluppa nei primi stadi di acquisizione; da questi studi possiamo ricavare almeno due importanti indicazioni per l‟insegnamento di una lingua seconda: la necessità di una gradualità di presentazione della lingua da apprendere, e la necessità di una grande chiarezza sul curricolo e sul sillabo di italiano come lingua seconda da insegnare.

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Una certa incidenza sull‟apprendimento dell‟italiano come seconda lingua ha la provenienza: è noto che il processo di acquisizione linguistica è mediamente più rapido per i migranti provenienti dal Sud America e dall‟Europa dell‟Est, e mediamente più lungo per coloro che, appartenendo a gruppi linguistici con forme di scrittura diverse dall‟alfabeto latino (orientali, arabi, eritrei, somali), incontrano difficoltà nel leggere e nello scrivere, perché devono cimentarsi non solo con diversità fonologiche e sintattiche, bensì anche con problemi di spazialità e manualità che all‟apparenza sembrano banali, ma che possono inibire o frenare la motivazione all‟apprendimento.18 Inoltre, ci sono migranti che manifestano qualche reticenza ad imparare l‟italiano, perché pensano che l‟impratichirsi con la nuova lingua possa incrementare il rischio di perdere la propria e, quindi, anche parte dell‟identità culturale. Di conseguenza, si verifica una tendenza da parte di alcuni a sostare in uno stato di ripiegamento nostalgico e a chiudersi nel gruppo parentale/etnico/nazionale di appartenenza.19

L‟uso della lingua resta per loro predominante e riguarda in misura massiccia domini quali: la famiglia, l‟amicizia, i sentimenti, la religione, il passato. Si tratta di persone la cui identità rischia di restare sospesa tra il desiderio di integrazione nella società italiana e la fedeltà al proprio gruppo etnico.

Che sia in fuga dal proprio paese o che abbia stabilito un accurato progetto migratorio per migliorare la propria condizione di vita e sostenere la propria famiglia, la persona migrante vive una “spezzatura di vita” e uno spaesamento culturale. Imparare la lingua del paese ospitante è il primo atto fondamentale: senza la lingua non si può che sostare in uno stato di ripiegamento nostalgico, di regressiva dipendenza da strutture di accoglienza, da un marito residente in Italia già da tempo, dai connazionali. Ma, imparare la lingua è anche “ammettere” definitivamente di essere altrove, di iniziare ad acquisire “nuova identità”, a livello simbolico può sancire il distacco dai propri affetti, ogni passo successivo verso “l‟integrazione” porta tutti questi elementi di carattere emotivo e profondo. Tutte queste specifiche fragilità vivono nella relazione educativa. L‟insegnante è un tramite, un traghettatore, un ponte tra un mondo e un altro, tra un passato vivissimo e sentito con amore, dolore e

18 Si devono considerare, ad esempio, alcune difficoltà specifiche come quella degli arabofoni a

discriminare le vocali dell‟italiano, in particolare a distinguere la e dalla i, o la difficoltà dei cinesi con gli articoli, assenti nella loro lingua. Inoltre, occorre considerare anche lo stile di insegnamento del vissuto dei migranti: è esemplificativa, ad esempio, la tipologia di apprendimento degli studenti orientali. Generalmente, nel sistema scolastico orientale uno studente abbina il termine “apprendere” a “memorizzare” e questo semplicemente perché le lingue orientali presentano migliaia di forme diverse di ideogrammi che vanno memorizzati nel corso degli anni. Pertanto, insegnare una lingua straniera a uno studente orientale utilizzando una metodologia di tipo induttivo, in particolare durante il primo approccio alla nuova lingua, significa porlo in seria difficoltà e spesso rendere inefficace l‟insegnamento, poiché generalmente non è abituato a fare ipotesi e confrontarsi con i compagni per ricercare le regole della lingua, bensì richiede tabelle da memorizzare, frasi da copiare e ricordare. 19 Alcune categorie di immigrati riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro (ad esempio, domestico),

grazie anche alle catene etniche e parentali utilizzate, senza l‟impellenza della conoscenza dell‟italiano; altre restano all‟interno del circuito commerciale della propria comunità. Si verifica così che finiscano per ricercare corsi di italiano anche 4 o 5 anni dopo il loro arrivo in Italia, per meglio esercitare i diritti di cittadinanza o fruire più efficacemente dei servizi di base. Nel quadro della domanda inespressa occorre considerare anche altri casi, che evidenziano problematiche di tipo culturale a rifluire nei piani di educazione degli adulti.

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nostalgia e un presente complesso, spaventoso, entusiasmante, avventuroso (Rete romana delle scuole popolari di italiano, Relazione Introduttiva, Convegno del 28/11/2008).

Apprendere una lingua significa imparare ad usarla per agire adeguatamente nei diversi contesti della vita quotidiana, oltre che impararne il lessico, la grammatica e la pronuncia. L‟apprendimento della lingua italiana, per il migrante, è il primo elemento di inclusione e partecipazione sociale, indispensabile per la fruizione dei servizi di base, per l‟esercizio dei diritti fondamentali, per favorire la creazione di nuove identità e l‟incontro con la società e la cultura italiana. I migranti hanno la necessità di conoscere i diversi codici della cultura italiana: da quello linguistico a quello comportamentale, a quello sociale, a quello socio-culturale, etc., per poter conoscere le diverse regole di vita.20 Pertanto, l‟apprendimento dell‟italiano come seconda lingua (L2) è un contesto particolarmente favorevole per aiutare il migrante a meglio inserirsi nella vita in Italia. L‟insegnante, soprattutto nei livelli elementari, può fornire l‟input linguistico iniziale presentando quelle situazioni in cui gli studenti si trovano più frequentemente a contatto, cioè dando campioni di lingua significativi e avvalendosi di una lingua semplificata e graduata, avendo come obiettivo di interagire il meglio possibile nella vita quotidiana italiana, proprio per una reale necessità di sopravvivenza. Bisogna ricordare che gli studenti-migranti non solo acquisiscono uno strumento linguistico che li aiuta ad interagire nella realtà in cui si vengono a trovare, ma, attraverso l‟insegnamento, si viene a realizzare una delle mete dell‟educazione linguistica, l‟educazione interculturale, che nel caso degli studenti adulti non si sviluppa solo come un interesse per il diverso, ma dà delle indicazioni su quali siano i modelli identitari essenziali a cui non si può rinunciare, quali possano essere cambiati, come gli italiani vedano le altre culture, etc..

Apprendere la lingua appena arrivati in un paese straniero significa prima di tutto andare alla ricerca di un lessico familiare, di quelle parole stentate, ma sentite indispensabili per raccontarsi agli altri, parole che l‟educatore deve inizialmente seguire con gradualità, restando più fedele possibile alla lingua del migrante. Soprattutto all‟inizio, nelle prime fasi dei percorsi di apprendimento di L2 è importante seguire le tracce degli studenti raccogliendo e soffermandosi su ciascuna parola che, più o meno stentatamente e imprevedibilmente, loro pronunciano. Sebbene le espressioni degli studenti possono essere senza sintassi, più che altro intenzioni di discorso, abbozzi di frasi o pensieri incompleti, esse evocano però interi discorsi e producono nuovi linguaggi. Bettelheim sostiene che apprendere a leggere e scrivere equivale ad aprire una porta, ma “che qualcuno apra effettivamente la porta dipende da quello che egli si aspetta di trovare dietro di essa. Quando una persona ha ricevuto l‟impressione che dietro alla porta ci sono più o meno le stesse cose sgradevoli da lei sperimentate mentre acquisiva la capacità di aprirla, manca la motivazione ad oltrepassarla” (Rete romana delle scuole popolari di italiano, Relazione Introduttiva, Convegno del 28/11/2008).

20 “Un vero emigrante soffre, tradizionalmente, di una triplice dislocazione: perde il suo luogo, entra in una lingua straniera e si trova circondato da esseri i cui codici di comportamento sociale sono molto diversi, e a volte persino offensivi, rispetto ai suoi. E questo è ciò che rende gli emigranti figure tanto importanti perché le radici, la lingua e le norme sociali sono fra le più importanti componenti nella definizione dell‟essere umano. L‟emigrante, cui sono negate tutte e tre, è obbligato a trovare nuovi modi di descrivere se stesso, nuovi modi di essere umano” (Salman Rushdie, “Patrie Immaginarie”).

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Pertanto, i percorsi di apprendimento di italiano L2, attraverso la loro funzione di scoperta della lingua del paese ospite e facilitazione della comunicazione, dovrebbero:

facilitare l‟espressione del sé; sostenere affettivamente le persone, favorendone la fuoriuscita da dimensioni di

isolamento;

aumentare la capacità degli individui ad affrontare situazioni problematiche e stressanti dal punto di vista psicologico, offrendo loro la possibilità di vivere dimensioni distensive;

creare un “ritmo strutturante”, nelle lunghe attese destrutturanti necessarie ai processi di integrazione (attese per la regolarizzazione, per l‟inserimento professionale, per il ricongiungimento familiare, etc.);

aumentare l‟autostima dei partecipanti; offrire nuove possibilità identitarie e nuove appartenenze relazionali, oltre a

quelle direttamente riferibili all‟appartenenza alla propria comunità d‟origine. contribuire a qualificare e rafforzare l‟identità (e l‟offerta formativa) romana

(italiana) come società che è capace di accogliere i migranti, di intraprendere la strada del dialogo interculturale e di costruire un grande e moderno paese.

I migranti adulti che oggi cercano di imparare la lingua italiana sono donne e uomini diversissimi tra loro per l'età, la lingua o le lingue parlate, le culture in cui si riconoscono, i livelli di scolarizzazione, il periodo di permanenza in Italia, la collocazione lavorativa e sociale nel paese di origine e in Italia. Alcuni di loro, circa un terzo, secondo i dati ministeriali, hanno terminato la scuola superiore (31%) o l'università (10%) e, quindi, hanno buone capacità di studio, ma un altro terzo ha solo la licenza elementare o non ha studiato affatto. Alcuni vivono e lavorano a stretto contatto con italiani, altri frequentano quasi esclusivamente dei connazionali e hanno limitatissime occasioni di usare l'italiano; alcuni hanno figli inseriti nelle scuole italiane, altri intendono essi stessi intraprendere percorsi di educazione o di formazione professionale. E le diversità non si fermano qui. Diversi sono anche i motivi per cui studiano l'italiano, l'atteggiamento che hanno verso l'italiano e gli italiani che lo parlano, gli obiettivi che si pongono nel momento in cui si avvicinano allo studio sistematico della lingua. Sono motivazioni e bisogni linguistici che a loro volta cambiano nel tempo, con le esperienze e le esigenze legate alle varie biografie. Le ricerche realizzate negli ultimi anni finalizzate a comprendere quali siano i bisogni linguistici, comunicativi e culturali delle popolazioni immigrate segnalano che, oltre a fini relazionali, diverse sono le motivazioni che spingono tali popolazioni a cercare di acquisire una adeguata competenza nella lingua italiana. Il lavoro è certamente la motivazione principale che spinge i migranti a venire in Italia, per cui l‟esigenza di acquisire competenze linguistiche nell‟italiano è fortemente connessa alla ricerca del lavoro, all‟ambientazione nel contesto lavorativo, all‟acquisizione di termini/processi che facilitino le abilità professionali, all‟adattamento/comprensione dell‟organizzazione del lavoro, al sistema relazionale con i datori e i colleghi di lavoro, alla conoscenza delle normative relative alla sicurezza, antinfortunistica e contrattualistica. Inoltre, c‟è la necessità di intrattenere rapporti con il sistema burocratico-amministrativo, con l‟esigenza di comprendere le procedure amministrative di regolarizzazione e

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qualunque altro meccanismo di interazione con le istituzioni italiane (modulistica in generale, iter burocratici per rinnovo permessi, documenti anagrafici, etc.). Ci sono poi altri temi di impellente necessità, come le difficoltà legate al reperimento di una abitazione adeguata e certificata “a norma” dai parametri regionali (per consentire i ricongiungimenti familiari); adeguata anche al costo dell‟affitto. Di fondo, resta la necessità di acquisire capacità relazionali nel nuovo “ambiente”, il bisogno di socializzare in varie direzioni, dall‟interazione nel quartiere alla comunicazione con la scuola italiana per inserire e seguire i propri figli. Altri bisogni sono più direttamente connessi con il miglioramento della propria condizione, come una più ampia conoscenza di aspetti della cultura italiana o l‟inserimento in corsi professionali che possano migliorare la condizione lavorativa. Infine, c‟è la possibilità di poter esercitare i propri diritti fondamentali universalmente riconosciuti, non solo sul piano generale, ma soprattutto nelle contingenze: tutti gli uffici legali che offrono sostegno alle comunità immigrate, rilevano la forte incidenza di forzature procedurali nei confronti dei migranti da parte di organismi giudiziari, dovuti proprio all‟incomprensione della lingua italiana. Secondo le più recenti ricerche in campo pedagogico, l‟adulto non è disposto a mettere in discussione la propria situazione di adulto e le proprie conoscenze perciò l‟insegnamento può essere efficace solo se è lo stesso studente a decidere di voler cambiare la sua realtà conoscitiva e sociale, cioè se sceglie di studiare. Inoltre, l‟adulto ha bisogno di essere continuamente supportato nella fase di riappropriazione dell‟apprendimento, perché nei propri errori percepisce un giudizio sulla propria persona e su ciò che è diventato. Ma, lo studente adulto non è disposto a farsi guidare dall‟insegnante senza porsi dei problemi: prima di tutto vuole essere coinvolto nelle decisioni che lo riguardano, vuole che sia chiaro il percorso che sta facendo, vuole avere la possibilità di misurare continuamente il percorso effettuato, vuole anche essere autonomo nell‟apprendimento e in questo caso l‟insegnante deve diventare un facilitatore che dà gli strumenti perché lo studente riesca a continuare il suo cammino in modo autonomo. I migranti hanno delle forti motivazioni personali ad imparare la lingua, non sono obbligati da altre persone e quindi il capire i loro bisogni e il farli partecipi del percorso formativo è importante perché ci sia un vero apprendimento/ acquisizione.21 Insegnare la lingua italiana ad un gruppo di migranti adulti, pertanto, pone l‟insegnante di fronte alla necessità di avviare insieme agli studenti un processo di ricerca soprattutto sulle metodologie didattiche, nonché sulle modalità di approccio alla persona in quanto: non c‟è una lingua parlata comune e questo comporta una ricerca in se stessi e

nelle proprie possibilità comunicative;

non c‟è una cultura comune e questo comporta una ricerca con l‟altro dei “punti di contatto” culturali condivisibili, in genere sono le cose più elementarmente umane;

il gruppo è esso stesso eterogeneo al suo interno, per età provenienze geografiche e culturali, storie di migrazione in Italia e questo pone l‟insegnante nella ricerca di come facilitare le relazioni e lo scambio all‟interno del gruppo, che

21 Cfr. Serragiotto G., Insegnamento dell‟italiano lingua seconda agli adulti, http://venus.unive.it/

aliasve/index.php?name=EZCMS&page_id=750

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pure non ha una lingua comune, di come gettare ponti di conoscenza interculturale.

Scrive Carl Rogers in Libertà nell‟apprendimento (Giunti, Firenze, 1973): “ogni apprendimento non può che essere automotivato e basato sull‟esperienza”. La motivazione ad apprendere la lingua può essere molto forte per una persona straniera, si tratta di sopravvivenza, ma anche incontrare intime resistenze che parlano di un rifiuto dell‟esperienza migratoria vissuta come doloroso distacco, che parla di paura di nuove acquisizioni di identità. Il viaggio di migrazione stesso a volte, per il rischio a cui espone, si costituisce come un esperienza “iniziatica”, in cui si sta conquistando una nuova vita e una nuova identità. Nei contesti educativi per l‟apprendimento di L2 gli studenti-migranti devono poter sentire che stanno facendo esperienza della loro “nuova vita”, che questo non è un tempo sospeso, di attesa, ma un tempo che ci porta già dentro, è il qui ed ora di una nuova presenza, dove non occorre difendersi, uno spazio di scoperta, dove può iniziare un nuovo confronto, e concedersi ritorni indietro, e salti in avanti, dove prima di tutto ci si concede la libertà di rinarrarsi insieme agli altri per capire cosa è successo, dove siamo e cosa vorremmo. Per queste ragioni è importante fare in modo che il lì del paese di provenienza e il qui ed ora della nuova situazione possano dialogare. È importante che gli ambienti educativi siano intesi come spazi aperti dove aprirsi in mezzo agli altri, dove riannodare i fili, riordinare le tracce, esplorare i contorni e le radici della propria esperienza migratoria. L‟apprendimento di una lingua straniera in questo caso è uno straordinario strumento conviviale (Illich, 1993) attraverso cui incontrare l‟altro in una situazione aperta e stimolante. La motivazione all‟apprendimento della lingua trova piano, piano un campo libero e comincia a scorrere veloce se: cammina parallelamente alla scoperta di nuove possibilità del sé e queste vengono

sostenute dall‟insegnante e dal gruppo; è un tempo di costruzione di legami significativi; è un tempo che consente l‟espressività individuale: è il tempo della “resilienza”

intesa come la possibilità di ritrovare “la propria forma originaria” dopo un forte stress;

se è un tempo di vita, un tempo conviviale; se è un tempo che riesce a strutturarsi nell‟intimo delle persone come una “base

sicura”, dove l‟esperienza è protetta, dalla quale si parte verso esperienze meno protette, anche perché vi si può tornare (Rete romana delle scuole popolari di italiano, Relazione Introduttiva, Convegno del 28/11/2008).

Lingua straniera e lingua seconda (L2) L‟insegnamento di una lingua seconda ha delle precise specificità, e può essere avvicinato, ma non identificato con un insegnamento di una lingua straniera: una lingua infatti è detta

straniera se viene studiata in un ambiente nel quale non viene parlata ed usata, se non a

scuola; una lingua è invece definita seconda se è presente nell‟ambiente che circonda gli studenti. Pertanto, se molte delle indicazioni glottodidattiche per l‟insegnamento di una

lingua straniera possono essere utilizzate anche in un insegnamento di lingua seconda, ci sono delle importanti differenze tra i due tipi di insegnamento dei quali bisogna tenere

conto: nel caso di insegnamento di una lingua straniera, ci si trova di fronte ad una motivazione

che deve essere continuamente creata e stimolata, in quanto non è, come per una

lingua seconda, immediata e basata su bisogni strumentali;

l‟input linguistico in un insegnamento di lingua straniera è totalmente controllato e

fornito dall‟insegnante, che programma quale e quanta lingua fornire agli studenti e in

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quale progressione; nel caso di una lingua seconda invece l‟input linguistico è

estremamente vario e difficilmente controllabile dall‟insegnante, in quanto buona parte di esso proviene dall‟esterno del contesto di apprendimento in senso stretto

(dall‟ambiente sociale che l‟allievo frequenta, dagli amici, dai compagni lavoro, etc.), portato direttamente dagli allievi;

le attività proposte nelle lezioni di lingua straniera non sono autentiche da un punto di

vista pragmatico, in quanto si usa una lingua diversa tra parlanti che ne hanno già una in

comune: è l‟insegnante che propone situazioni fittizie e scopi fittizi per esercitare la lingua straniera; una lingua seconda invece, anche in una situazione di apprendimento,

serve allo studente per perseguire scopi reali, per integrarsi in un ambiente nel quale tutti parlano la lingua che lui sta imparando;

quando si impara una lingua straniera, i riferimenti culturali relativi al paese o ai paesi nei quali la si parla sono mediati dall‟insegnante o di materiali didattici, e si riferiscono

per lo più ad un mondo lontano; nel caso invece di una lingua seconda, gli allievi

incontrano gli aspetti culturali legati alla nuova lingua in modo diretto, senza mediazioni, con un effetto che può causare scontri e conflitti con la cultura di origine.

Il percorso programmato per portare il migrante ad esprimersi e a comunicare in italiano deve necessariamente tenere conto dell‟input e delle occasioni che egli ha per usare la

lingua fuori dal contesto didattico: ci sono situazioni nelle quali l‟allievo ha numerose e

diversificate occasioni per comunicare in italiano, in altre l‟allievo vive principalmente in un ambiente familiare, o in un ristretto ambiente sociale, dove non viene usata la lingua

italiana, ma solo la sua lingua materna: in questo caso l‟italiano viene incontrato solo in un contesto didattico, e, paradossalmente, il percorso di apprendimento linguistico è più

facilmente programmabile e controllabile, in quanto più vicino ad una situazione di insegnamento di una lingua straniera piuttosto che di una lingua seconda.

Laddove l‟italiano è lingua seconda chi insegna deve assumersi un ruolo preciso, sia sul

piano didattico che su quello organizzativo, accogliendo la lingua appresa in contesti extrascolastici e favorendo le occasioni comunicative spontanee. Dal punto di vista linguistico

chi insegna dovrà progettare percorsi didattici che tengano conto del processo naturale di acquisizione dell‟italiano che l‟allievo sta sviluppando. Un simile compito si può portare

avanti:

registrando spesso e attentamente la lingua che ogni allievo porta dall‟esterno, per

sapere quello che egli sa e quello che invece ancora non ha acquisito; favorendo il processo naturale e spontaneo di acquisizione linguistica;

soffermandosi sulle strutture linguistiche che sono state già apprese, per rinforzarle ed

eventualmente correggere gli errori;

controllando, guidando, migliorando le abilità linguistiche di comprensione e di

produzione, sia attraverso l‟esercitazione orale, sia introducendo e sviluppando il codice scritto;

sviluppando i campi lessicali, le strutture linguistiche, gli atti comunicativi collegati alla

lingua che lo studente sta apprendendo naturalmente; proponendo una riflessione consapevole sulla lingua acquisita naturalmente e

inconsciamente.

Cosa significa “conoscere una lingua”? Cosa deve sapere un migrante che vuole imparare l‟italiano? Lo scopo, l‟obiettivo principale dell‟insegnamento di qualsiasi lingua è il raggiungimento della competenza comunicativa, intesa come la capacità di esprimersi usando una lingua in modo corretto, appropriato al contesto di situazione, coerente con i significati culturali veicolati dalla lingua, efficace, e quindi in grado di raggiungere gli scopi che il parlante si prefigge di raggiungere; accanto a

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questa competenza comunicativa va perseguita anche la competenza metacomunicativa, intesa come la capacità di riflettere sulla lingua e su come la si apprende. Essere competenti dal punto di vista comunicativo, quindi, significa:

saper fare lingua, cioè padroneggiare le abilità linguistiche primarie e integrate, comprendere, produrre e manipolare testi;

saper fare con la lingua, considerata come uno strumento per agire in un contesto comunicativo, quindi agire con la lingua dal punto di vista sociale e pragmatico; si tratta di realizzare le funzioni della lingua. La dimensione funzionale è particolarmente importante in un insegnamento di italiano lingua seconda per migranti;

sapere la lingua, cioè conoscere ed usare le grammatiche: fonemica, grafemica, lessicale, morfosintattica, testuale.

Questo modello di competenza comunicativa e metacomunicativa è il cuore di un qualsiasi curricolo di lingua, quindi anche di un curricolo di italiano lingua seconda per migranti. In particolare, nel caso di migranti adulti occorre tenere presente che, proprio per la capacità astrattiva e sistematizzante, l‟adulto richiede che venga sviluppata in modo esplicito soprattutto una riflessione metalinguistica e metacomunicativa della lingua italiana e che vengano evidenziate delle regole precise e solide su cui fare affidamento. I migranti hanno bisogno di apprendere una lingua di una società di cui sono consapevoli di non essere parte, anzi talvolta ne sentono il rifiuto e l'ostilità. La loro esigenza nasce, quindi, dalla quotidianità: hanno bisogno di capire e farsi capire nel luogo di lavoro, negli uffici, nei negozi, nella scuola dei loro figli. Hanno quindi bisogno di conoscere la lingua nelle forme colloquiali e nei registri formali, immediatamente devono imparare a leggere comunicazioni, avvisi, devono saper compilare bollettini postali, leggere le voci delle buste paga e degli estratti-conto bancari. Il Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue,22 individua 6 livelli di progressione nell‟apprendimento di qualsiasi lingua seconda (vedi tabella), descrivendone le rispettive competenze. Pertanto, è molto utile per: definire gli obiettivi; individuare contenuti e materiali;

valutare i livelli di apprendimento; avere un aggancio con parametri riconosciuti a livello europeo e uscire

dall‟autoreferenzialità. I 6 livelli di progressione nell’apprendimento di una lingua L2 (Quadro Comune Europeo) La lingua della comunicazione: per interagire nella

Utente “base”

A1 – livello di contatto: comprende e usa espressioni di uso quotidiano e frasi indispensabili per soddisfare bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/a e gli altri ed è in grado di fare domande e rispondere su informazioni personali (dove abita, le persone che conosce e le cose che possiede……..). Interagisce in modo semplice purché l‟altra persona parli lentamente e chiaramente e sia disposta a collaborare.

22 Cfr. http://www.coe.int; Modern Languages: Learning, Teaching, Assessment. A common European Framework of Reference, Modern Languages Division, Consiglio d‟Europa, Strasbourg, 1997; Cambrige University Press, Cambridge, 2001.

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vita quotidiana: legata al contesto; poco esigente dal

punto di vista cognitivo;

richiede tempi brevi (da 6 mesi a 2 anni)i

A2 – livello di sopravvivenza: comprende frasi ed espressioni di uso frequente relative ad ambiti di immediata rilevanza (es. informazioni personali e familiari di base, fare la spesa, la geografia locale, l‟occupazione). Comunica in attività semplici e di routine che richiedono un semplice scambio di informazioni su argomenti familiari e comuni. Sa descrivere in termini semplici aspetti del suo background, dell‟ambiente circostante e sa esprimere bisogni immediati.

La lingua dello studio: per raggiungere il

successo scolastico; indipendente dal

contesto; esigente dal punto di

vista cognitivo; richiede tempi lunghi

(fino a 5 anni)

Utente “indipendente”

B1 – livello soglia: capacità linguistico - comunicative necessarie per usare la lingua italiana con autonomia23 e in modo adeguato nelle situazioni più frequenti della vita quotidiana; comprensione di testi parlati e scritti legati ad argomenti familiari.

B2 – livello prospettiva autonomia indipendenza: è il livello intermedio della competenza linguistico-comunicativa; prevede una maggiore capacità di uso di elementi dell'area fondamentale della lingua e permette di gestire una maggiore varietà di situazioni, sempre tipiche della vita quotidiana. Chi possiede questo livello è in grado di comunicare efficacemente durante un soggiorno in Italia per motivi di studio e in un contatto con la lingua e la cultura italiana anche per motivi di lavoro. Il possesso di un certificato consente ad uno straniero extra-comunitario di iscriversi nelle università italiane senza dover sostenere la prova di conoscenza della lingua italiana.

Utente “competente”

C1 – livello dell‟efficacia: è il livello superiore della competenza linguistico-comunicativa e prevede un ampliamento dell'area degli usi linguistici e dei contesti di comunicazione. Permette di comunicare non solo in situazioni tipiche della vita quotidiana, ma anche nei rapporti formali di tipo pubblico e nei rapporti di lavoro; comprensione e produzione di testi complessi, individuandone anche i significati aggiunti, come per esempio quelli che caratterizzano i testi letterari.

C2 – livello della padronanza: è il livello avanzato della competenza linguistico-comunicativa e prevede un ulteriore ampliamento degli usi linguistici e la reale capacità di dominare una vasta gamma di situazioni comunicative. Permette di interagire non solo in tutte le situazioni informali e formali di comunicazione, ma anche in quelle professionali. È il livello previsto per insegnare l‟italiano come L2 e per assumere incarichi professionali di alta qualificazione.

Il Quadro Comune Europeo, prevede che possa essere fatta una valutazione dei livelli di apprendimento attraverso un‟attività di certificazione delle competenze linguistiche. Tale attività viene realizzata mediante dei test di competenza (proficiency tests), che sono finalizzati a verificare se un soggetto sa usare la lingua L2 in una determinata situazione comunicativa. Le certificazioni hanno una validità generale che ne garantisce la spendibilità sociale. Gli enti certificatori debbono pertanto adottare livelli standard e trasparenti di competenza e sulla base degli stessi misurare le prestazioni degli apprendenti. In Italia, gli enti certificatori riconosciuti dai Ministeri degli Affari Esteri, dell'Istruzione e dell‟Università e Ricerca sono:

il Centro CILS dell‟Università per Stranieri di Siena che rilascia la certificazione CILS - Certificazione di Italiano come Lingua Straniera;

23 Per autonomia comunicativa si deve intendere la capacità di un apprendente straniero di interagire

con i nativi ponendosi con una propria identità e progettualità, cioè la capacità di interagire alla pari con i nativi. Un esempio di autonomia comunicativa è la capacità di farsi capire, usando le parole e non i gesti, attraverso perifrasi, sinonimi, etc., anche se ad un certo punto manca la parola precisa per esprimere un determinato concetto.

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il Centro di Valutazione e Certificazione Linguistica (CVCL) dell‟Università per Stranieri di Perugia che rilascia la certificazione CELI - Certificati di Lingua Italiana;

l‟Ufficio della Certificazione del Dipartimento di Linguistica dell‟Università degli Studi Roma Tre che rilascia la certificazione IT - Certificato di competenza generale in italiano come lingua straniera;

il PLIDA - Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri della Società Dante Alighieri che rilascia il Certificato PLIDA.

Tutte e quattro le certificazioni sono certamente strumenti validi per la valutazione della competenza linguistica di parlanti stranieri: in parte si completano, coprendo tutta la gamma dei livelli di apprendimento della lingua (vedi box certificazioni italiano L2). I metodi utilizzati si differenziano in parte (in alcune c'è la predominanza dell'aspetto dell'oralità, in altre quello della recezione e produzione scritta), ma tutte presentano uno spettro ampio di valutazione di abilità. Si potrebbe forse chiedersi perché non si è arrivati, nel corso degli anni, ad un'unica certificazione per l'italiano come lingua straniera/seconda, pensando magari ad una collaborazione fra le diverse istituzioni che si occupano dell'insegnamento di questa lingua in Italia e le moltissime agenzie educative che lo fanno all'estero. Si deve anche tener conto che, oltre a queste certificazioni, esistono esami paragonabili presso ogni università degli studi, a cui si devono sottoporre gli studenti per poter frequentare una facoltà italiana e che presumono un alta competenza linguistica.

Le certificazioni di italiano L2 La CILS viene istituita nel 1992 a seguito della legge 204/1992 che riordina gli atenei per stranieri di Siena e Perugia

24 e che fa rientrare nelle loro prerogative anche l‟elaborazione e

la diffusione di certificati testanti la competenza linguistica in italiano di cittadini stranieri.25

La struttura alla base della CILS è finalizzata a testare una competenza linguistica in

sviluppo, inserita in un continuum linguistico flessibile, modulare e ricorsivo; era articolata, nella sua versione originaria, su quattro livelli, a cui a partire dal 2001 se ne sono aggiunti

altri due, denominati CILS A1 e A2, testanti una competenza linguistica iniziale non ancora

autonoma comunicativamente.26 La struttura della CILS si articola in un continuum che va

24

Grazie a questa legge la Scuola di lingua e cultura italiana per stranieri di Siena assume il nome di

Università per Stranieri di Siena, così come la Scuola di Perugia che assume il nome di Università per Stranieri di Perugia. 25

Un altro passaggio cruciale per le certificazioni di italiano come L2 è rappresentato dalla definizione,

nel 1998, di un Sistema Coordinato delle Certificazioni dell‟Italiano per Stranieri. Tale sistema, definito dal Ministero degli Affari Esteri con le Università per Stranieri di Siena per il certificato CILS, con l‟Università per Stranieri di Perugia per il CELI e con la Terza Università di Roma per il certificato IT, fa interagire una serie di figure professionali o di studio, con i profili linguistici che sono necessari per svolgerli e il livello di competenza che ogni ente certificatorio indica necessario possedere per poter svolgere tali compiti. In tale maniera i certificati esistenti per l‟italiano L2 divengono immediatamente comparabili in base a criteri trasparenti. 26 I livelli A1 e A2, a differenza degli altri livelli CILS, non garantiscono una autonomia comunicativa;

proprio per questo motivo tali moduli mirano a rafforzare il sistema di motivazioni a proseguire l‟apprendimento. Infatti, l‟apprendente, soprattutto nelle fasi iniziali dell‟apprendimento, caratterizzate da una progressione lenta e da forti difficoltà, ha bisogno di una forte motivazione per poter procedere nel proprio percorso. Sostenere un esame che definisca a quale punto del cammino verso l‟autonomia comunicativa si pone l‟apprendente e, nel contempo, consenta l‟ottenimento di un certificato che attesti la pur limitata competenza linguistico comunicativa rappresenta uno stimolo per continuare nel

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dal Livello A1, corrispondente al livello Breakthrough del Framework, al Livello Quattro,

corrispondente al livello C2 Mastery del Framework e che testa una competenza linguistica richiesta ad uno straniero che voglia insegnare italiano. La CILS intende la competenza

linguistica come un continuum evolutivo di sistemi provvisori di varietà interlinguistiche e fa riferimento, in tale operazione, agli studi di linguistica acquisizionale.

27 Riferirsi ad un

modello di competenza interlinguistica significa tenere presenti gli stadi acquisizionali per

poter definire i luoghi del continuum dove operare le partizioni e definire le articolazioni

interne a ciascun livello.28

Scopo di ogni livello CILS è quello di misurare e valutare la

conoscenza e la capacità di azione linguistica dei candidati. A tale fine, sono state individuate cinque macroaree che definiscono le abilità da testare (ascolto, comprensione della lettura,

analisi delle strutture di comunicazione, produzione scritta e produzione orale) suddivise nelle relative microabilità. Per ottenere il certificato, il candidato deve raggiungere la

sufficienza, la cui soglia è stata fissata per le singole abilità in 11/20, in ciascuna delle 5

abilità testate. Il punteggio minimo per poter ottenere il certificato CILS, fatto salvo che sia stata raggiunta la sufficienza in ogni abilità testata, è quindi di 55 punti su 100.

29 A coloro

che abbiano superato solo alcune delle 5 abilità, di cui è composto ogni livello, il Centro CILS

fornisce un attestato di capitalizzazione, per poter ripetere solamente le abilità insufficienti nella sessione successiva. A coloro che non abbiano ottenuto la sufficienza in nessuna delle

abilità affrontate, il Centro CILS fornisce un giudizio.

Gli esami di certificazione dell'italiano CELI dell'Università per Stranieri di Perugia valutano

l‟abilità dei candidati nell‟italiano generale, vale a dire l‟italiano in uso nell‟interazione sociale anche in ambienti di studio e/o di lavoro. Gli esami CELI prevedono 6 livelli progressivi:

dall‟introduttivo-elementare (CELI – Impatto per il livello A1) all‟avanzato, dove per avanzato si intende il parlante eccellente del CELI 5.30 La definizione dei livelli degli esami CELI si basa

processo di apprendimento verso l‟autonomia linguistica. I moduli relativi ai livelli CILS A1 e A2 svolgono anche due ulteriori funzioni: da un lato sono utili a descrivere le caratteristiche strutturali dell‟interlingua dell‟apprendente e dall‟altro sono un utile strumento per gli insegnanti che guidano la formazione dell‟apprendente, perché permettono di evidenziare gli aspetti da rafforzare con interventi didattici mirati. I livelli A1 e A2, hanno una struttura modulare, differenziata per tipo di pubblico, per

garantire la spendibilità della competenza in determinati contesti d'uso della lingua. Sono stati attivati i moduli per il pubblico degli stranieri adulti residenti in Italia, per gli stranieri adulti con lingue tipologicamente diverse dall'italiano (giapponese, cinese, etc.), per bambini e adolescenti figli di emigrati italiani all'estero. 27

Cfr. Barni M. e Villarini A., a cura di, La questione della lingua per gli immigrati, Franco Angeli,

Milano, 2001; Vedovelli M., Guida all‟italiano per stranieri, Carocci, Roma, 2002. 28

In tale senso, l‟elaborazione certificatoria diventa un luogo dove si scontrano e trovano una sintesi le

ragioni dell‟essere (lo sviluppo della competenza linguistica secondo gli stadi individuati dalle ricerche di linguistica acquisizionale) e quelle del dover essere (lo stato che la competenza deve avere se vuol essere funzionale alle ragioni della comunicazione e dell‟interazione sociale). Ciò significa che una certificazione non esaurisce la propria funzione semplicemente indicando gli stadi che la competenza assume naturalmente nel processo di evoluzione, ma deve anche essere in grado di esplicitare le caratteristiche che la competenza deve avere se vuole essere funzionale in determinati contesti sociali. Nel produrre i tagli definitori dei singoli livelli è pertanto necessario tenere presente, da un lato le sequenze acquisizionali della competenza linguistica, così come sono definite dagli studi di linguistica acquisizionale, e, dall‟altro, un modello di azione sociale comunicativa, che definisce il dover essere, cioè i tratti che la competenza deve avere per essere ottimale in rapporto a determinati contesti linguistici. È nello scontro–sintesi tra queste due istanze che viene definita la spendibilità sociale di una

certificazione. 29

È bene notare che il candidato può raggiungere il punteggio di 55/100, ma non superare il livello

CILS per il quale si era presentato, perché condizione necessaria, per ogni livello CILS, per poter ottenere il certificato è quella di raggiungere la sufficienza in ogni abilità testata. Se anche solo una delle 5 abilità testate è insufficiente non è possibile ottenere il certificato. 30 Inoltre, il Centro per la Valutazione e la Certificazione Linguistica dell'Università per Stranieri di

Perugia elabora e rilascia, in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della

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sulle capacità di saper fare definite dai livelli del Common European Framework del Consiglio

d'Europa. Gli esami CELI coprono le quattro principali abilità linguistiche - leggere, scrivere, ascoltare, parlare (a partire dal CELI 3 viene inserita una prova specifica per valutare la

padronanza di strutture grammaticali e del lessico) -, e simulano situazioni di vita reale per valutare la capacità del candidato di comunicare al loro interno. Le certificazioni CELI sono

comparabili per livelli e metodi di verifica e valutazione ai certificati linguistici europei

all‟interno dell‟associazione professionale ALTE (Association of Language Testers in Europe), di cui l‟Università per Stranieri di Perugia è uno dei soci fondatori e membro sin dal 1990.31

Tutte le abilità vengono verificate in modo integrato tramite prove di tipo oggettivo (scelte multiple su testi, completamenti, completamenti con scelta multipla, abbinamenti, correzione

di errori, trasferimento di informazioni, riformulazione di frasi) o di tipo soggettivo

(composizioni, compiti scritti guidati, riassunti su traccia, domande aperte). La parte scritta degli esami viene corretta e valutata centralmente. Per l‟orale è prevista una

intervista/conversazione guidata, valutata in loco, articolata in una serie di compiti, sulla base di materiale appositamente predisposto (in quantità congrua con il numero di

candidati) e inviato dal Centro per la Valutazione e la Certificazione Linguistica dell‟Università per Stranieri di Perugia ai propri Centri d‟esame nel mondo. La valutazione avviene sulla

base di criteri e scale di punteggi predisposti dal Centro per la Valutazione e la Certificazione

Linguistica ed inviati ai Centri d‟esame. Il Centro si fa carico della preparazione degli esaminatori della prova orale attraverso seminari e corsi di formazioni sia a Perugia sia

presso gli stessi Centri d‟esame. Le prove d‟esame CELI vengono somministrate due volte all‟anno nei mesi di giugno e novembre, in Italia e nel mondo, presso i centri d‟esame

convenzionati, nonché all‟Università per Stranieri di Perugia. Il sistema di verifica e

valutazione alla base degli esami di certificazione CELI fa riferimento ad un modello pluridimensionale di abilità linguistico comunicativa, proposto nel 1990 da uno studioso

americano, L. Bachman, e comunemente noto in letteratura con l‟acronimo di CLA (communicative language ability). Il modello, articolato e complesso, nel definire e

descrivere, per le esigenze della verifica e valutazione, il concetto di competenza linguistica, individua tre macro aspetti:

competenza grammaticale (grammatica e vocabolario);

competenza testuale (coesione e organizzazione retorica del discorso);

competenza pragmatica, a sua volta suddivisa in: sociolinguistica, e funzionale.

Compiti e test di vario genere, appropriati ai livelli di “proficiency” richiesti, si propongono di

elicitare, all‟interno degli esami CELI, esempi di performance relativi a tali competenze, consentendo di effettuare le operazioni di inferenza sulla competenza, proprie di qualsiasi

procedura di verifica e valutazione, con l‟obiettivo ultimo di prevedere la potenziale capacità d‟uso della lingua in situazioni reali.

L'Ufficio della Certificazione del Dipartimento di Linguistica dell'Università Roma Tre è la struttura che si occupa dell'elaborazione (progettazione, realizzazione, somministrazione e

valutazione) delle prove di certificazione dell'italiano come lingua straniera (L2). L'Ufficio elabora due sistemi di esame, denominati:

ele.IT per il grado di conoscenza che, nel Quadro Europeo di Riferimento, il Consiglio

d'Europa identifica con la sigla B1 (livello soglia); IT per il grado di conoscenza che, nel Quadro Europeo di Riferimento, il Consiglio

d'Europa identifica con la sigla C2 (livello della padronanza).

Ricerca, il CELI 5 DOC destinato a coloro che intendano ottenere il riconoscimento dei titoli di formazione professionale ai fini dell'esercizio della professione docente in scuole italiane con lingua di insegnamento italiana. 31 Gli altri soci fondatori sono: l‟Università di Salamanca, l‟Istituto Cervantes, l‟Università di Cambridge,

la Generalità della Catalogna, l‟Istituto Goëthe e l‟Università di Lisbona. Dell‟ALTE fanno oggi parte 28 istituzioni europee.

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Infine, il PLIDA - Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri della Società Dante Alighieri rilascia

il Certificato PLIDA che si articola sui 6 livelli progressivi: dall‟introduttivo-elementare (A1)

all‟avanzato (C2.).

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4. L’offerta formativa di corsi di italiano a Roma

Il primo importante riferimento per la costruzione di percorsi gratuiti di alfabetizzazione linguistica e di apprendimento dell‟italiano come seconda lingua (L2) rivolti agli immigrati adulti (oltre i 16 anni e in regola con il permesso di soggiorno) nell‟area romana è rappresentato dai Centri Territoriali Permanenti – CTP (vedi box). Dalla loro istituzione nel 1997, i CTP hanno dato nuovo impulso all‟insieme delle tematiche che attengono all‟educazione degli adulti, abbracciando il concetto di apprendimento lungo tutto l‟arco della vita, e in particolare hanno assunto un ruolo strategico per quanto riguarda le azioni rivolte a favore dei cittadini immigrati, avendo nell‟orizzonte dei loro obiettivi generali di sistema, elementi come la costruzione di percorsi di sviluppo di una società multietnica e multiculturale, il riconoscimento della diversità come stimolo al confronto e la riflessione, lo sviluppo dell‟interesse e della conoscenza della propria e delle altrui culture.

Una parte importantissima del nostro lavoro riguarda l‟alfabetizzazione – ovvero insegnare a leggere e scrivere a coloro che non hanno mai imparato, ma soprattutto i “livelli zero”, ovvero il livello iniziale di apprendimento della lingua italiana. Questo lavoro viene fatto in primo luogo attraverso l‟accoglienza. Noi abbiamo una modalità di rapporto con gli alunni che riguarda non solo l‟accoglienza fisica degli alunni, ma anche delle loro problematiche e della loro realtà, della realtà che queste persone vivono. Si tratta di persone disorientate, che spesso non hanno punti di riferimento nella nostra società. Dopo l‟accoglienza, la seconda fase è l‟orientamento. Molte persone arrivano, si inseriscono nei livelli zero e dopo gli insegnanti cercano di capire che percorsi consigliargli: se guidarli verso un corso di licenza media o verso corsi di livello più alto. Questo a seconda dei paesi di provenienza, del livello di studi che hanno seguito in patria (è importantissimo: una cosa è avere delle persone che hanno frequentato 2 o 3 anni di scuola, un‟altra è avere delle persone diplomate, laureate o che fanno dei master qui in Italia). Abbiamo anche tutti i livelli di lingua italiana fino al B2. Succede questo: i livelli più richiesti, dopo il livello zero, sono proprio i B2 del Framework europeo. In generale li richiedono persone che hanno già un lavoro in Italia, altrimenti non sarebbero arrivati a questo punto di conoscenza della lingua. Sono tutte persone che vivono qui in Italia già da qualche anno. Sono, quindi, abbastanza inseriti: hanno una casa, una sistemazione lavorativa. Vengono a cercare alla nostra scuola cultura e grammatica. Mi sono sentita fare varie richieste del tipo “noi vogliamo la grammatica”. Una grammatica che li aiuti ad inquadrare quello che già sanno. Per riassumere succede questo: le persone vengono da noi quando non sanno proprio l‟italiano e si iscrivono ai corsi di livello A1. Successivamente, trovano un lavoro, e imparare l‟italiano diventa una cosa secondaria, perché emergono altri problemi di vita più pressanti. Ritroviamo poi queste persone al livello B2. Si tratta di persone già qualificate e con un buon livello di italiano, che hanno già assorbito la lingua per conto proprio dalla televisione e nel parlare con gli altri. Chiedono lingua, cultura e grammatica. E‟ una esigenza di migliorare, e di dare all‟italiano una veste “da italiani” (Lucia Caioli, docente del I° CTP Nelson Mandela – Roma).

I dati raccolti mostrano che nel periodo giugno 2007–giugno 2008, gli iscritti ai corsi di italiano L2 effettuati dai CTP dell‟area romana sono stati 6.997. I corsi sono stati ricorrenti e distribuiti sul ventaglio dei vari livelli di apprendimento, secondo il Quadro Comune Europeo (base, autonomia, padronanza).

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Per volume di attività, in particolare per l‟offerta gratuita di corsi di italiano come seconda lingua, subito dopo i CTP ci sono certamente le scuole delle associazioni di volontariato e degli altri enti che operano a sostegno dei migranti, sviluppatesi a partire dalla metà degli anni ‟80, in parallelo con il delinearsi più marcato del fenomeno migratorio. Queste scuole popolari di italiano per migranti sono sorrette dalla società civile, cioè dal volontariato di insegnanti (in attività e in quiescenza), laureandi e tirocinanti, abilitati DITALS,32 professionisti e semplici cittadini. Alcune di queste scuole – come nel caso di quelle che fanno capo ai componenti della rete romana33 - svolgono da anni corsi di italiano L2 in modo sistematico e a ciclo continuo. A queste se ne aggiungono altre che producono iniziative più saltuarie, magari connesse a specifici eventi o a fenomeni sociali contingenti di particolari realtà territoriali dell‟area romana. Generalmente, le azioni formative sono realizzate nelle sedi delle associazioni, ma in alcuni casi anche negli stabili occupati dai migranti o in insediamenti transitori: esperienze che poi grazie alle disponibilità del volontariato espresso dalla società civile, si consolidano in fasi successive e portano alla costituzione di scuole stabili sul territorio. Nel complesso, il circuito del volontariato contribuisce all‟offerta in una misura certamente non marginale. I dati relativi alle scuole delle associazioni e degli enti facenti parte della rete romana, fanno registrare – nel periodo giugno 2007–giugno 2008 – una partecipazione ai corsi di 6.411 studenti. Nel numero è compresa una percentuale variabile di studenti che non hanno ancora regolarizzato la propria situazione,34 stimabile mediamente

32 La Certificazione DITALS di II livello è un titolo rilasciato dall‟Università per Stranieri di Siena a

partire dal 1994 che valuta la preparazione teorico-pratica nel campo dell‟insegnamento dell‟italiano a stranieri e garantisce un certo grado di omologazione anche al di fuori di un percorso formativo specifico. Questa certificazione, infatti, non è legata alla frequenza di un corso e non è un esame di profitto finale relativo ad un programma svolto (ma è comunque riservata a persone con laurea in materie umanistiche, con una buona esperienza di insegnamento e/o tirocinio e, se stranieri, con ottime conoscenze di italiano): ogni candidato, sulla base dei tipi di prove scritte e orali di cui è composto l‟esame, è spinto a misurarsi con le proprie competenze professionali maturate sul campo e con le proprie competenze professionali maturate sul campo e con le proprie conoscenze teoriche nei settori scientifico-disciplinari che abbiano delle ricadute sull‟insegnamento dell‟italiano a stranieri. Oggetto di valutazione è, infatti, la capacità di analizzare materiali didattici, di costruire un percorso di apprendimento, di creare una prova o una attività su un testo dato. Si testano inoltre le conoscenze su discipline fondamentali quali la linguistica italiana, la sociolinguistica, la glottodidattica, la docimologia, la pedagogia, le metodologie didattiche legate all‟uso delle tecnologie. Nel corso degli anni, la DITALS si è rivelata uno strumento particolarmente flessibile, capace di stimolare i docenti all‟auto aggiornamento, al miglioramento della qualità dell‟insegnamento, alla crescita professionale, alla sperimentazione didattica. Dal 2005 è partita anche una certificazione DITALS di I livello (Pre-DITALS), destinata a persone con diploma di scuola superiore, con una limitata esperienza di insegnamento e/o tirocinio e (se stranieri) con buone conoscenze di italiano, che intendono misurarsi con delle prove scritte, specifiche per la didattica dell‟italiano L2 ad un determinato profilo di utenti. 33 ACSE, Asinitas, Caritas, Casa dei Diritti Sociali, Centro Astalli, Comunità S. Egidio, Didattica Teatro-

Cotrad, Di28cen‟è1, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Forum delle Comunità Straniere, INsensINverso, IoNoi, Progetto Mediazione Sociale. 34 In questo senso, l‟approccio delle scuole popolari di italiano è ovviamente diverso rispetto al circuito

dei CTP che in materia ha vincoli rigidi fissati dalle disposizioni ministeriali. Il volontariato non opera distinzioni affrontando il problema sociale per come si presenta realmente nel tessuto cittadino, coerentemente con quanto previsto dalle Nazioni Unite che riconoscono a tutti gli individui il diritto universale all‟istruzione, anche se non si è in regola con le leggi sull‟immigrazione e non si è forniti di permesso di soggiorno.

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tra il 12 e il 15%. Per il raffronto con i CTP si può pertanto assumere, fermandosi ai soggiornanti regolari, un valore di 5.400 studenti. Ci sono poi altri agenti, come l‟Università Popolare di Roma - UPTER, che svolge in modo ricorrente corsi dal livello A1 al B2 e che nel periodo giugno 2007–giugno 2008 ha registrato 230 studenti iscritti.35 Ma, il quadro dei soggetti in campo è certamente più vasto, e nella saltuarietà dell‟azione, difficilmente quantificabile: dall‟azione di enti come le biblioteche comunali (anche se il loro impegno risale ormai a qualche anno fa), alle iniziative di alcune parrocchie della capitale, soprattutto quelle che fanno da riferimento ad alcune comunità straniere, all‟impegno di alcuni centri sociali giovanili, di alcune sezioni di partito e sedi sindacali particolarmente radicate nei diversi quartieri e territori dell‟area metropolitana. Inoltre, nel quadro generale – per configurare tutti gli aspetti del fenomeno – c‟è tutta la gamma delle iniziative che sorgono autonomamente all‟interno di talune comunità straniere organizzate (anche utilizzando i Poli Intermundia, istituiti a partire dal 2004 dal Comune di Roma), nonché quelle di enti che stanno “sperimentando” iniziative di scuola di italiano (come nel caso della Croce Rossa nel Centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto). C‟è poi da considerare la realizzazione di corsi da parte del circuito aziendale: non si tratta in realtà di veri corsi di italiano L2, ma di sostegni brevi di conoscenza della lingua per lo più finalizzati a competenze linguistiche utili nel segmento produttivo nel quale i migranti sono impiegati (in taluni casi si fanno corsi per le aziende anche di sole 8 ore). In questo senso, un‟esperienza certamente interessante è quella che è stata realizzata a partire dal 2004 dalla scuola di italiano della Caritas Diocesana di Roma e Formatemp, l‟ente bilaterale per la formazione dei lavoratori a somministrazione (ex-interinali).

Loro avevano dei fondi per la formazione generica di lavoratori temporanei o anche solo di aspiranti lavoratori temporanei, però non trovavano le persone, per cui ci hanno chiesto di collaborare. Abbiamo approfittato di questa opportunità, per cui loro organizzavano i corsi e noi mettevamo a disposizione le stanze e poi trovavamo anche le persone. Era un‟esperienza interessante, perché erano corsi brevi. I corsisti venivano poi iscritti nelle liste delle agenzie di somministrazione come aspiranti lavoratori temporanei, anche se non è che da questo punto di vista si riuscisse a

35 L‟UPTER - Università popolare di Roma (www.upter.it) è un‟Associazione di Promozione Sociale (L.

383/2000) costituitasi in Roma nel 1987, attiva nel settore della formazione permanente e nella promozione della cittadinanza attiva. È membro fondatore dell‟UNIEDA (Unione Italiana di Educazione degli Adulti), associazione nazionale di promozione sociale leader in Italia nell‟ambito del lifelong learning, con 70 enti associati, 18 Regioni italiane, associata all‟EAEA (Associazione Europea di Educazione degli Adulti) e al Forum del Terzo Settore Regione Lazio. L‟UPTER dal 2001 è iscritta al Registro delle Associazioni e degli Enti che svolgono attività a favore degli immigrati, come previsto dal Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ed è riconosciuta dall‟Università per Stranieri di Siena, in quanto sede per lo svolgimento degli esami CILS e per la preparazione degli insegnanti (DITALS). Nel 2005 all‟UPTER è stato assegnato il premio europeo EAEA Grundtvig Award 2005 “Cittadinanza attiva per una società democratica” mentre, nel 2006, è stata tra le 100 realtà istituzionali, associative ed imprenditoriali inserite nel Rapporto "Nostra Eccellenza" dell'Eurispes e presa ad esempio per qualità di attività, organizzazione e divulgazione della cultura e della formazione aperta a tutti, come reale opportunità per la crescita personale e professionale degli individui.

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concludere un granché. Per noi era interessante perché si apriva un‟altra finestra, inoltre questi erano corsi intensivi che si facevano tutti i pomeriggi per un mese e mezzo. Le persone erano molto assidue perché si rendevano conto di essere molto seguite, per cui facevano molti porgessi nell‟apprendimento della lingua. Veniva rilasciato un attestato di partecipazione, che naturalmente non aveva alcun valore, ma era pur sempre un attestato. Abbiamo fatto più di una decina di edizioni di corsi. Nel 2006, addirittura 10 e a ciascun corso partecipavano circa 20 persone. I corsi erano da 60-80 ore. Alcuni dei corsi erano di italiano base, ma altri erano di italiano tecnico nell‟ambito della ristorazione. Per cui in alcuni casi lo stesso gruppo ha fatto prima il corso di base e poi il corso più specialistico. Sempre con Ebitemp abbiamo fatto dei corsi di formazione per addetti ai piani del settore alberghiero. Questo anche perché noi abbiamo qui un settore che si occupa dell‟orientamento al lavoro, per cui in questo modo riuscivamo ad offrire alle persone un percorso che partiva dal corso di italiano di base per poi passare a quello specialistico e a quello professionale, con infine la possibilità di un reale inserimento lavorativo attraverso le agenzie di somministrazione. Il rapporto con Ebitemp non si è interrotto, ma hanno detto che ultimamente i fondi sono molto diminuiti e l‟ente non sta andando più sui corsi di italiano tout court aperti a tutti, ma punta su un qualcosa di molto più personale, un po‟ tipo gli altri enti bilaterali (per i quali per poter accedere ai corsi di formazione bisogna essere dipendenti di aziende del settore), per cui la cosa attualmente è un po‟ scemata (Lorenzo Chiarastri, Centro di ascolto e accoglienza della Caritas Diocesana di Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà – Roma).

Nel quadro complessivo, occorre poi considerare una fascia di migranti - certo estremamente marginale - che ricorre a corsi di formazione a pagamento. Una quantificazione puntuale e precisa è praticamente impossibile, ma tutto questo sta a denotare che il fenomeno della domanda di corsi di italiano è estremamente diffusa e certamente elevata, e si manifesta come un problema primario – da affrontare e risolvere – per tutti i soggetti che in qualche misura si trovano ad operare a sostegno degli immigrati. L‟insieme delle proposte formative – dagli enti scolastici preposti alle scuole popolari del volontariato, fino al proliferare delle iniziative nella società civile – sta di per sé a dimostrare, al di là delle cifre, che l‟offerta non sembra riuscire a stare al passo con le effettive esigenze, con una domanda sempre più pressante, articolata e diffusa territorio. Resta poi la difficoltà di quantificare le altre esperienze (parrocchie, sindacati, partiti, aziende, etc.), che come già detto hanno carattere saltuario, e generalmente sono dirette a gruppi molto ristretti di migranti. Si potrebbe azzardare la cifra annuale di un migliaio, anche questa comprensiva di una quota in attesa di regolarizzazione. L‟insieme delle cifre costituisce un valore stimabile intorno ai 13-14.000 studenti soggiornanti regolari intercettati complessivamente nei corsi di italiano come seconda lingua nell‟area della capitale nel periodo giugno 2007–giugno 2008. Questi dati portano ad alcune considerazioni. Innanzitutto, che l‟apporto delle scuole popolari di italiano del volontariato rappresenta il 40% dell‟offerta rivolta ai soggiornanti, e oltre il 44% dell‟offerta globale. Si tratta – con l‟evidenza delle cifre - di un apporto non marginale, ricorrente, stabilizzato negli anni e quindi da ritenersi strutturale nel complesso del piano di offerta formativa di corsi di italiano come

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seconda lingua. La seconda considerazione è che l‟offerta globale è certo notevolmente al di sotto della domanda.

Il problema principale che si è dovuto affrontare negli ultimi mesi riguarda l‟inserimento degli studenti: il numero di persone che chiedono di imparare l‟italiano è di molto superiore a quello che la struttura può sopportare. La lista d‟attesa per essere inseriti in una classe è molto lunga. Oltre alle nove classi già esistenti, si è attivato un nuovo corso intensivo che prevede due lezioni settimanali, nel tentativo di estendere l‟offerta formativa a quanti più utenti possibile. Ma, è chiaro che ci troviamo nella condizione di non poter soddisfare le richieste di tutti coloro che vogliono imparare l‟italiano per sentirsi un po‟ meno stranieri. Le iscrizioni sono sempre aperte e gli ingressi nelle classi avvengono quasi quotidianamente (Chiara Peri, Associazione di Volontariato Centro Astalli per l‟Assistenza agli Immigrati).

Con un incremento di soggiornanti stimabile oltre le 20 mila unità all‟anno, e considerando l‟effetto accumulo degli anni precedenti, la disparità tra domanda e offerta formativa di corsi di italiano come seconda lingua appare certamente vistosa. La domanda potenziale abbraccia, infatti, numerose categorie di migranti, anche coloro che ormai hanno un lavoro stabile e consolidato nel tempo, e ingloba quella che possiamo chiamare la domanda “inespressa”, costituitasi con l‟effetto accumulo degli anni precedenti, e rimasta tale evidentemente perché non debitamente indirizzata, agevolata e canalizzata. Una domanda insoddisfatta, su un tema quale quello della conoscenza della lingua che è di vitale importanza per i processi di inclusione sociale, peraltro in una città dove si evidenziano stati di disagio, di precarietà, anche di preoccupanti situazioni di intolleranza e xenofobia, di rischio di chiusura in ghetti di autodifesa, rappresenta una contraddizione evidente, e non può non richiamare l‟attenzione delle istituzioni, delle rappresentanze della società civile, degli organismi ed enti preposti ai sistemi e ai piani formativi. Tutto questo richiama l‟esigenza di un‟offerta formativa più estesa, capillare e diffusa sul territorio, e in parallelo debitamente pubblicizzata in modo da raggiungere tutte le realtà sociali che oggi caratterizzano il mondo dei migranti nella capitale, ovviamente garantendo le necessarie ricettività logistiche, e le opportune risorse.

I Centri Territoriali Permanenti e i Comitati Locali per l’EdA I CTP sono stati istituiti dal Ministero della Pubblica Istruzione (O.M. 455/97) come centri di

servizio del sistema dell‟istruzione deputati all‟attuazione dell‟offerta formativa integrata a livello distrettuale (con la possibilità di estendere le attività anche agli istituti penitenziari),

attraverso raccordi di scuole di diverso ordine e grado, ma anche attraverso la costruzione di rapporti di collaborazione con una molteplicità di soggetti pubblici e privati del territorio, a

cominciare dalle organizzazioni del volontariato e del terzo settore. I CTP si configurano

come luoghi di lettura dei bisogni, di progettazione, di concertazione, di attivazione e di governo delle iniziative di istruzione e formazione in età adulta (EDA), nonché di raccolta e

diffusione della documentazione. Nel tentativo di garantire a tutti i cittadini un livello di competenze e conoscenze di base, essi realizzano interventi mirati all‟educazione degli adulti

nel sistema dell‟istruzione, quali:

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corsi per adulti finalizzati all‟alfabetizzazione culturale (istruzione elementare);

corsi di scuola media per adulti (ex-150 ore);

corsi per adulti negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado;

percorsi di alfabetizzazione funzionale degli adulti riferiti a 4 aree: linguaggi, socio-

economica, scientifica e tecnologica; per l‟area dei linguaggi vengono realizzati corsi di lingua straniera e di lingua italiana L2;

percorsi integrati di istruzione/formazione e progetti pilota per l‟integrazione dei sistemi

formativi. Tra le varie attività che svolgono c‟è l‟alfabetizzazione primaria, apprendimento della lingua,

sviluppo e consolidamento di competenze di base e di saperi specifici, rientro nei percorsi di istruzione e formazione di soggetti in condizioni di marginalità. In questi centri confluiscono

molti migranti adulti che molto spesso non hanno alcuna conoscenza della lingua italiana, o

sanno alcune semplici frasi, per acquisire una competenza almeno a livello soglia che permetta loro di poter inserirsi nella nuova realtà in cui si trovano a vivere. Poiché non c‟era

mai stata una tradizione a riguardo in Italia, in questi anni si è realizzato un grande lavoro di formazione degli insegnanti per queste nuove realtà, creando anche figure professionali di

supporto come i mediatori linguistici. Il trend sui tipi di corsi attivati segnala una continua

maggior presenza di corsi brevi e modulari per l‟alfabetizzazione funzionale e per l‟integrazione linguistica e sociale dei migranti.

Oggi, i CTP sono investiti da un processo di riorganizzazione di una certa complessità. In base al Decreto Ministeriale 25.10.2007 (emanato ai sensi dell‟art. 1, comma 632, della

legge 296/2006 - Finanziaria 2007), dovranno trasformarsi nei Centri Provinciali per

l‟Istruzione agli Adulti (CPIA). Le nuove strutture, dotate di autonomia scolastica, riorganizzeranno al proprio interno, non solo gli attuali Centri Territoriali Permanenti, ma

anche i corsi serali degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, nonché l'istruzione carceraria. Un processo di riaggregazione territoriale che comporterà riassetti degli organici e

la revisione dei percorsi didattici. L‟auspicio è che la costituzione dei 16 CPIA dl Lazio (8 in provincia di Roma e 8 nelle restanti province laziali), a partire dall‟anno 2009/2010, connessa

con gli atti di revisione organica stabilita dalle recenti disposizioni governative che

riguardano la scuola, non si traduca in una riduzione complessiva dell‟offerta formativa, quanto piuttosto – così come previsto – in una ristrutturazione volta a renderla più

sostenibile e fruibile da parte della popolazione adulta. Inoltre, occorre considerare che a Roma, a partire dal 2005, a distanza di molti anni

dall‟Accordo tra lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali del marzo 2000, è stata realizzata una

sperimentazione tesa a costruire strutture di sistema per l‟educazione permanente degli adulti secondo il modello dei Comitati Locali previsti in quell‟accordo.36 Si è sperimentato un

modello di rapporto tra Comune e Municipi che affidasse ai Municipi stessi, attraverso i Comitati Locali, i compiti di costruire le reti, di stabilire i rapporti tra i servizi, di informare

sensibilizzare, di predisporre interventi mirati a particolari target di popolazione adulta ed affidasse al Comune il coordinamento cittadino, i rapporti con le istituzioni (cittadine,

provinciali, regionali), la promozione di ricerche per l‟analisi della domanda e dell‟offerta,

l‟indicazione di indirizzo e di piani di intervento. Sono stati sperimentati due modelli di ambito territoriale riferiti rispettivamente l‟uno ad un singolo Municipio e l‟altro ad un ambito

36 Il contesto in cui è maturata questa iniziativa è stato il Bando FSE (Ob. 3 Mis. C4) della Regione

Lazio del 2002, unico bando emanato dalla Regione Lazio su quella misura, che si proponeva di dare attuazione alle linee indicate nel documento del marzo 2000. A distanza di tre anni sono stati approvati 5 progetti di sistema presentati dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche educative, in collaborazione con l‟Assessorato alla Formazione professionale, finalizzati a sperimentare i Comitati Locali per l‟EdA. La realizzazione di questi 5 progetti ha fatto da volano per far riprendere l‟iniziativa da parte del Comune di Roma e dei Municipi intorno all‟EdA e per sollecitare una normativa regionale di sistema.

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intermunicipale.37 A livello territoriale il processo di costruzione dei Comitati Locali è stato

affidato ai partner strutturali dei progetti: i Municipi (Presidente, Assessore, Ufficio amministrativo), le Istituzioni formative del territorio come CTP, Istituti superiori con corsi

serali, Centri di Formazione Professionale (CFP) dell‟area pubblica, Scuole serali del Comune di Roma (nei Municipi I e IX) e Associazioni del terzo settore partner dei Municipi. Nel

processo di costruzione delle reti territoriali sono stati associati nei Comitati Locali altri

organismi come i Centri per l‟Orientamento al Lavoro (COL) e i Centri per l‟Impiego (CPI), le ASL, le Biblioteche Comunali, le istituzioni culturali, i Centri Informagiovani, le associazioni di

volontariato e del terzo settore, i rappresentanti del delle organizzazioni sindacali e delle organizzazioni datoriali. La costruzione della rete è avvenuta attraverso l‟elaborazione di un

documento di intenti condiviso da tutti i partner e attraverso un percorso di

formazione/autoformazione, che ha avuto una funzione decisiva nella condivisione di analisi sui bisogni della popolazione adulta, di conoscenze riguardanti i diversi servizi territoriali, di

un piano comune di lavoro. Dal consolidamento delle reti si è passati alla formalizzazione dei Comitati Locali, che hanno sperimentato un piano di azioni centrato su:

la conoscenza e la documentazione riguardo a:

- domanda latente di apprendimento e di educazione presente nel territorio; - risorse educative presenti sul territorio;

- esperienze innovative in atto;

- possibilità di integrazione; l‟utilizzo condiviso e integrato delle risorse disponibili;

lo sviluppo di reti e accordi di reti per la gestione concertata e condivisa di servizi al

cittadino (formazione, orientamento, accoglienza, riconoscimento di crediti), facendo

leva sui CTP come unico elemento di sistema EdA già costituito e territorialmente definito, in associazione con il CFP, il COL, il CPI;

l‟informazione e la diffusione per facilitare l‟accesso da parte del cittadino.

Da questa sperimentazione è emersa la necessità di programmare e governare l‟offerta di

formazione, a cominciare da quella che fa riferimento all‟area pubblica. Un ruolo importante per leggere i bisogni e analizzare l‟offerta potrà essere svolto dai Comitati Locali, ma la loro

azione non potrà essere efficace se non sarà sostenuta da pratiche di programmazione e cooperazione tra le istituzioni che hanno responsabilità in questa materia (il Comune, la

Provincia, la Regione, l‟Ufficio Scolastico Regionale). Questa esigenza è stata raccolta dalla Regione Lazio che nell‟ottobre 2007 ha emanato una delibera per la “Definizione delle linee di indirizzo per l‟apprendimento permanente degli adulti su tutto il territorio regionale” (DGR

845 del 30.10.07), che definisce il quadro normativo di riferimento regionale, indica gli obiettivi generali e prioritari per l‟educazione permanente degli adulti e assume impegni a

breve termine. Tra gli impegni va sottolineato quello di costruire il sistema regionale per l‟EdA a partire dalla diffusione dei Comitati Locali su tutto il territorio regionale. A tal fine è

stata emanata la delibera regionale (DGR 854 del 30.10.07) che indica le linee guida per

l‟istituzione dei Comitati Locali per l‟EdA e i criteri per la individuazione degli ambiti di riferimento territoriale per la loro costituzione come indicato dalla Conferenza Unificata del

Marzo 2000. A tal fine destina 3 milioni euro alle Province e al Comune di Roma dietro presentazione progetti che individuino gli ambiti territoriali per l‟EdA, definiscano i percorsi

per la costituzione dei Comitati Locali e le azioni su cui impegnare i Comitati stessi. Il Comune di Roma ha approvato il progetto (Del. di Giunta n. 36 del 13.02.08) che, sulla base

degli esiti della sperimentazione condotta, individua otto ambiti territoriali intermunicipali per

la costituzione dei Comitati Locali EdA, che assumono il ruolo di sedi della programmazione concertata e della sua attuazione attraverso attività di promozione e costruzione delle reti

integrate tra i diversi soggetti che erogano educazione degli adulti (tra cui è espressamente

37 I Municipi coinvolti nella sperimentazione sono stati sette: nei Municipi VII, XII e XV è stato costituito

un Comitato Locale per ciascun Municipio, nei Municipi I e IX, V e VI sono stati costituiti Comitati Locali intermunicipali (vedi www.educazionepermanenteroma.it).

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prevista anche la lingua italiana L2 per migranti) nell‟ambito sia dell‟offerta istituzionale

pubblica sia del privato sociale.38 Il progetto affida ai Municipi la responsabilità politica e amministrativa per la realizzazione delle azioni e indica nelle linee guida i compiti, la

composizione e la struttura dei Comitati Locali insieme alle azioni prioritarie che vanno intraprese. Viene anche previsto, per garantire unitarietà di indirizzo e di attuazione alle

politiche per l‟EdA, un Coordinamento cittadino con funzione di indirizzo e raccordo.

Elenco dei CTP attivi nella città di Roma:

RM1 distr. 9°/10° - Istituto Comprensivo Via dell‟Esquilino - Via dell‟Esquilino 31 00185

Roma tel. 064814647 fax 0648916049 RM2 dist. 11° - Istituto Comprensivo Via Tiburtina Antica - Via Tiburtina Antica 25 00185

Roma tel. 0649385392 fax 06491777

RM3 distr. 12° - SMS Via Perrazzi - Via C. Perrazzi 30 00139 Roma tel. 0687136912 fax

0687136912

RM4 distr. 13°/14° - SMS Via Cortina - Via Cortina 70 00159 Roma tel. 0643598619 fax

064393423 RM5 distr. 15° - SMS Via Tor de‟ Schiavi - Via Tor de‟ Schiavi 00172 Roma tel.

062449529 fax 062410748

RM6 distr. 16° - SMS Via del Rugantino - Via del Rugantino 91 00169 Roma tel.

06261801 fax 0623279322 RM7 distr. 19°/20° - SMS Viale Camillo Sabatini - Viale C. Sabatini 111 00144 Roma tel.

065298344 fax 0652244545

RM 8 distr. 21° - Istituto Comprensivo Via delle Azzorre - Via delle Azzorre 314 00121

Roma tel. 0656339756 fax 065639756 RM9 distr. 22° - SMS Via Giuseppe Bignami - Via G. Bignami 26 00054 Fiumicino tel.

066522406 fax 066522406

RM10 distr. 25°/26° - Istituto Comprensivo Via Ennio Bonifazi - Via E. Bonifazi 64 00176

Roma 066630905 fax 0666040749

RM11 distr. 27°/29° - 1° Circolo Didattico Pietro Maffi - Via Pietro Maffi 45 00168 Roma

tel. 063070579 fax 063070613 RM20 distr. 17°/18° - Circolo Didattico Cagliero - Largo Volumnia 11 00181 Roma tel.

067803254

RM21 distr. 23°/24° - SMS Via Affogalasino - Via Affogalasino 120 00148 Roma tel.

066530601 fax 066530601

La Regione Lazio e l’apprendimento della lingua italiana da parte dei migranti L‟art. 11 della legge regionale n. 10/2008 sull‟immigrazione - “Disposizioni per la promozione e la tutela dell‟esercizio dei diritti civili e sociali e la piena uguaglianza dei cittadini stranieri

immigrati” -, approvata dal Consiglio Regionale del Lazio nel giugno 2008 (B.U.R. Lazio – n. 27 del 21/07/2008), prevede le seguenti disposizioni in materia di diritto allo studio,

all‟integrazione scolastica e culturale dei minori e degli adulti:

1. La Regione, nell‟ambito delle proprie competenze in materia, assicura il diritto allo studio dei cittadini stranieri immigrati e la loro integrazione nel sistema educativo e scolastico. 2. Per le finalità di cui al comma 1, la Regione, in collaborazione con le competenti amministrazioni statali e locali, nel rispetto dell‟autonomia delle istituzioni scolastiche, promuove iniziative nell‟ambito del sistema scolastico che favoriscano: a) la conoscenza dell‟ordinamento italiano e delle sue istituzioni nazionali e regionali;

38 Gli 8 ambiti territoriali intermunicipali individuati per la costituzione dei Comitati Locali sul territorio

comunale romano sono: i Municipi I, II, III e XVII; i Municipi IX e X; i Municipi IV, V e VI; i Municipi XVIII, XIX e XX; i Municipi XV e XVI; il Municipio XIII; i Municipi VII e VIII; i Municipi XI e XII.

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b) l‟apprendimento ed il perfezionamento della lingua italiana per minori ed adulti; c) l‟educazione interculturale, con particolare riferimento ai giovani immigrati di seconda generazione fino al ventiseiesimo anno d‟età; d) l‟apprendimento dell‟educazione civica, con particolare riferimento all‟informazione sulla legislazione in materia di cittadinanza nonché al significato connesso all‟acquisizione della cittadinanza medesima e) la costruzione di reti di scuole che promuovano l‟integrazione culturale e formativa; f) la partecipazione dei genitori alla vita scolastica dei minori; g) la creazione e l‟ampliamento di biblioteche scolastiche interculturali, comprendenti testi plurilingue, favorendo il rapporto con i sistemi bibliotecari pubblici già presenti sul territorio regionale; h) la conoscenza del fenomeno migratorio. 3. La Regione sostiene, altresì, d‟intesa con l‟Ufficio scolastico regionale, interventi riguardanti la formazione interculturale di dirigenti, docenti e personale non docente, nonché corsi di aggiornamento rivolti a docenti per l‟acquisizione di competenze metodologico-didattiche per l‟insegnamento della lingua italiana. 4. La Regione sostiene interventi di formazione degli adulti volti a favorire l‟apprendimento ed il perfezionamento della lingua italiana, nonché iniziative volte a favorire il conseguimento di titoli di studio anche mediante percorsi integrativi degli studi sostenuti nei Paesi di provenienza in collaborazione con i competenti consolati.

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Elaborazioni della Rete romana delle scuole popolari sui dati delle singole scuole e dei CTP (anno scolastico 2007-2008)

Rispetto al dato numerico degli iscritti, su un Totale di 6997, emergono tre tipologie di CTP: di grandi, medie e piccole dimensioni. Alla prima categoria appartengono due CTP (I e IV) dove si concentra il 53% dei corsisti. Alla seconda categoria appartengono sei CTP a cui afferisce il 38,5% degli iscritti. Gli ultimi quattro CTP appartengono alla terza categoria e ad essi si iscrive l‟8,5%.

Iscritti presso i Centri Territoriali Permanenti di Roma

Iscritti Frequentanti

I CTP "Mandela" Via dell'Esquilino, 31 2469 2469

II CTP "Borsi" Via Tiburtina Antica, 25 555 n.p

III CTP "Verri" Via Perazzi, 30 187 67

IV CTP "Di Liegro" Via Cortina, 70 1230 921

V CTP "Massaia" Via Tor de' Schiavi, 75 425 147

VI CTP "Capuana" Via del Rugantino, 91 154 n.p

VII CTP "Ricci" Viale C. Sabatini, 111 209 n.p

VIII CTP "Parini" Via delle Azzorre, 314 450 371

X CTP "Leopardi" Via E. Bonifazi, 64 517 450

XI CTP "Maffi" Via P. Maffi, 45 380 367

XX CTP "Cagliero" Largo Volumnia, 11 366 n.p

XXI CTP "Gramsci" Via Affogalasino, 120 55 55

Totale 6997 4847

Iscritti presso i Centri Territoriali Permanenti di Roma

2469

555

1871230

425

154

209

450

517

380366 55

I CTP "Mandela" Via dell'Esquilino, 31

II CTP "Borsi" Via Tiburtina Antica 25

III CTP "Verri" Via Perazzi, 30

IV CTP "Di Liegro" Via Cortina, 70

V CTP "Massaia" Via Tor de' Schiavi, 75

VI CTP "Capuana" Via del Rugantino, 91

VII CTP "Ricci" Viale C. Sabatini, 111

VIII CTP "Parini" Via delle Azzorre, 314

X CTP "Leopardi" Via E. Bonifazi, 64

XI CTP "Maffi" Via P. Maffi, 45

XX CTP "Cagliero" Largo Volumnia 11

XXI CTP "Gramsci" Via Affogalasino, 120

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E‟ interessante il dato sui frequentanti che la maggior parte dei CTP rileva. Il 73% degli iscritti porta a termine il percorso di studi.

CTP che riportano il dato Frequentanti

Iscritti Frequentanti

III CTP "Verri" Via Perazzi, 30 187 67

IV CTP "Di Liegro" Via Cortina, 70 1230 921

V CTP "Massaia" Via Tor de' Schiavi, 75 425 147

VIII CTP "Parini" Via delle Azzorre, 314 450 371

X CTP "Leopardi" Via E. Bonifazi, 64 517 450

XI CTP "Maffi" Via P. Maffi, 45 380 367

XXI CTP "Gramsci" Via Affogalasino, 120 55 55

Totale 3244 2378

3244 2378

0

1000

2000

3000

4000

Iscrit t i Frequent ant i

Iscritti e frequentanti - CTP

Iscritti e frequentanti - CTP

0

500

1000

1500

III CTP IV CTP V CTP VIII CTP X CTP XI CTP XXI CTP

Iscritti

Frequentanti

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Anche in questo caso, rispetto al dato numerico degli iscritti, su un totale di 6411, emergono tre tipologie di scuole: di grandi, medie e piccole dimensioni. Alla prima categoria appartengono due scuole (S. Egidio e CDS Focus) dove si concentra il 65,6% dei corsisti. Alla seconda categoria appartengono quattro scuole a cui afferisce il 25% degli iscritti. Le restanti cinque scuole appartengono alla terza categoria e ad esse si iscrive il 9,4%.

Iscritti presso le Scuole di italiano del volontariato e del privato sociale

332454

283

509

134

306

1480

2728

132

40

13

Associazione Comboniana Servizi Emigranti Associazione Centro Astalli

Asinitas Onlus Caritas Diocesana di Roma

Didattica Teatro Cotrad Federazione Chiese Evangeliche in Italia

Casa dei Diritti Sociali Focus Comunità S. Egidio

Insensinverso Forum Comunità Straniere

Di 28 ce n'è uno

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Distribuzione degli iscritti per sesso – CTP

Maschi Femmine Non specificato

I CTP "Mandela" Via dell'Esquilino, 31 1048 1421 0

II CTP "Borsi" Via Tiburtina Antica, 25 0 0 555

III CTP "Verri" Via Perazzi, 30 51 16 120

IV CTP "Di Liegro" Via Cortina, 70 604 317 309

V CTP "Massaia" Via Tor de' Schiavi, 75 142 67 216

VI CTP "Capuana" Via del Rugantino, 91 0 0 154

VII CTP "Ricci" Viale C. Sabatini, 111 75 134 0

VIII CTP "Parini" Via delle Azzorre, 314 124 247 79

X CTP "Leopardi" Via E. Bonifazi, 64 166 284 67

XI CTP "Maffi" Via P. Maffi, 45 161 206 13

XX CTP "Cagliero" Largo Volumnia, 11 0 0 366

XXI CTP "Gramsci" Via Affogalasino, 120 15 40 0

Totale 2386 2732 1879

E‟ interessante notare una leggera prevalenza di femmine, pur nell‟incertezza del dato rappresentato, per circa un terzo, da iscritti di cui non viene rilevato il sesso.

Distribuzione degli iscritti per sesso - CTP

2386; 34%

2732; 39%

1879; 27%

Maschi

Femmine

Non specificato

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Distribuzione degli iscritti per sesso - Scuole del volontariato

e del privato sociale

3056; 47%

1269; 20%

2086; 33%

Maschi

Femmine

Non specif icato

Pur permanendo una percentuale – pari ad un terzo – di dato non specificato, si rileva una consistente prevalenza di maschi nella misura di più del doppio rispetto alle presenze femminili.

Scuole di italiano del volontariato e del privato sociale Totale iscritti Maschi Femmine Non specificato

Associazione Comboniana Servizi Emigranti 332 237 95 0

Associazione Centro Astalli 454 403 51 0

Asinitas Onlus 283 134 149 0

Caritas Diocesana di Roma 509 400 109 0

Didattica Teatro Cotrad 134 94 40 0

Federazione Chiese Evangeliche in Italia 306 130 62 114

Casa dei Diritti Sociali Focus 1480 1235 245 0

Comunità S. Egidio 2728 300 456 1972

Insensinverso 132 77 55 0

Forum Comunità Straniere 40 35 5 0

Di 28 ce n'è uno 13 11 2 0

Totale 6411 3056 1269 2086

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Distribuzione degli iscritti per fasce di età - CTP

779

1559

985

2526

601547

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

< 18 18-29 30-39 40-49 50 e > 50 Non

specificato

Anche in questo caso il dato non rilevato – pari al 36% - è cospicuo. Prevalgono gli iscritti nella fascia di età tra i 18 ed i 29 anni.

Distribuzione degli iscritti per fasce di età – CTP

< 18 18-29 30-39 40-49 50 e > 50 Non specificato

I CTP "Mandela" Via dell'Esquilino, 31 327 736 526 358 522 0

II CTP "Borsi" Via Tiburtina Antica, 25 0 0 0 0 0 555

III CTP "Verri" Via Perazzi, 30 0 0 0 0 0 187

IV CTP "Di Liegro" Via Cortina, 70 185 432 232 59 13 309

V CTP "Massaia" Via Tor de' Schiavi, 75 83 76 34 9 7 216

VI CTP "Capuana" Via del Rugantino, 91 0 0 0 0 0 154

VII CTP "Ricci" Viale C. Sabatini, 111 0 0 0 0 0 209

VIII CTP "Parini" Via delle Azzorre, 314 0 0 0 0 0 450

X CTP "Leopardi" Via E. Bonifazi, 64 78 147 122 70 33 67

XI CTP "Maffi" Via P. Maffi, 45 104 144 55 44 20 13

XX CTP "Cagliero" Largo Volumnia, 11 0 0 0 0 0 366

XXI CTP "Gramsci" Via Affogalasino, 120 2 24 16 7 6 0

Totale 779 1559 985 547 601 2526

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Distribuzione degli iscritti per fasce di età - Scuole del volontariato e del

privato sociale

1106

147

326

1843

159

2830

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

< 18 18-29 30-39 40-49 50 e > 50 Non

specificato

Ancora una volta il dato non specificato – 44% – è rilevante. Emerge, comunque, una prevalenza di iscritti nelle due fasce d‟età 18-29 anni e 30-39 anni.

Distribuzione degli iscritti per fasce di età

Scuole di italiano del volontariato e del privato sociale < 18 18-29 30-39 40-49 50 e > 50 Non specificato

Associazione Comboniana Servizi Emigranti 0 172 102 25 6 27

Associazione Centro Astalli 10 269 91 28 7 49

Asinitas Onlus 4 162 61 10 0 46

Caritas Diocesana di Roma 1 48 31 15 7 407

Didattica Teatro Cotrad 61 40 25 7 1 0

Federazione Chiese Evangeliche in Italia 19 93 35 22 15 122

Casa dei Diritti Sociali Focus 37 763 572 87 0 21

Comunità S. Egidio 14 296 189 132 111 1986

Insensinverso 0 0 0 0 0 132

Forum Comunità Straniere 0 0 0 0 0 40

Di 28 ce n'è uno 13 0 0 0 0 13

Totale 159 1843 1106 326 147 2830

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Nel grafico sono riportate solo le prime dieci nazionalità di provenienza degli iscritti. Nei CTP prevalgono – con il 64% – quattro nazionalità: bengalese, cinese, filippina e rumena.

Nazionalità degli iscritti - CTP

541; 24%

414; 17%

280; 12%274; 11%

173; 7%

164; 7%

143; 6%

142; 6%

129; 5%

128; 5%Bangladesh

Cina

Filippine

Romania

Polonia

Egitto

India

Ucraina

Afghanistan

Perù

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Nazionalità degli iscritti – CTP

Bangladesh 541 Albania 50 Bolivia 13 Kazakistan 3

Cina 414 Nigeria 45 Repubblica Dominicana 13 Palestina 3

Filippine 280 Nepal 42 Bosnia 12 Grecia 2

Romania 274 Turchia 41 Libia 12 Lituania 2

Polonia 173 Ghana 38 Svezia 12 Montenegro 2

Egitto 164 Indonesia 37 Nicaragua 11 Slovenia 2

India 143 Somalia 37 Austria 10 Burkina Faso 1

Ucraina 142 Colombia 36 Israele 10 Capo Verde 1

Afghanistan 129 Germania 33 Zambia 10 Cile 1

Perù 128 Serbia 33 Malaysia 7 Croazia 1

Moldavia 119 Francia 30 Venezuela 7 Danimarca 1

Argentina 116 Tunisia 28 Honduras 6 Estonia 1

Sri Lanka 96 Siria 27 Australia 5 Gabon 1

Etiopia 95 El Salvador 25 Giamaica 5 Gambia 1

Marocco 93 Camerun 24 Mozambico 5 Georgia 1

Iraq 80 Congo Repubblica Democratica (Zaire) 24 Sierra Leone 5 Haiti 1

Bulgaria 79 Ungheria 24 Togo 5 Lettonia 1

Ecuador 77 Yemen 23 Burundi 4 Libano 1

Eritrea 72 Kenya 22 Guatemala 4 Liberia 1

Pakistan 72 Slovacchia 22 Macedonia 4 Malawi 1

Sudan 63 Cuba 21 Paesi Bassi 4 Mali 1

Brasile 62 Messico 21 Usa 4 Oman 1

Iran 59 Corea Del Sud 19 Angola 3 Portogallo 1

Algeria 58 Corea Del Nord 17 Apolidi 3 Ruanda 1

Spagna 58 Repubblica Ceca 17 Belgio 3 Singapore 1

Senegal 56 Vietnam 16 Canada 3 Zimbabwe 1

Giappone 54 Regno Unito 15 Guinea 3 non specificato 2207

Russia 54 Bielorussia 14 Irlanda 3 Totale 6997

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I CTP "Mandela" Via dell'Esquilino, 31

Cina 214 Marocco 44 Yemen 21 Indonesia 10

Filippine 143 Nepal 42 Congo Repubblica Democratica (Zaire) 20 Israele 10

Argentina 99 Spagna 40 Serbia 20 Libia 10

Romania 97 Turchia 40 Siria 20 Madagascar 10

Bangladesh 90 Iran 36 Slovacchia 20 Nicaragua 10

Polonia 84 Russia 36 Tunisia 19 Austria 9

Perù 79 Afghanistan 35 Camerun 16 Bosnia Erzegovina 8

Moldavia 74 Algeria 35 Repubblica Ceca 15 Messico 8

Bulgaria 72 Ghana 35 Corea del Sud 14 Honduras 6

Ucraina 72 Somalia 34 Francia 14 Thailandia 6

Etiopia 69 Sudan 34 Kenya 14 Guatemala 4

Iraq 68 Egitto 33 Colombia 13 Malaysia 4

Eritrea 58 Brasile 32 Bielorussia 12 Mozambico 4

Pakistan 56 India 31 Corea Del Nord 12 Paesi Bassi 3

Sri Lanka 54 Nigeria 30 Regno Unito 12 Palestina 3

Giappone 51 Albania 29 Svezia 12

Senegal 50 Germania 26 Bolivia 10

Ecuador 46 Ungheria 22 El Salvador 10 Totale 2469

IV CTP "Di Liegro" Via Cortina, 70

Bangladesh 382 Moldavia 14 Messico 5 Iran 2

Cina 127 Serbia 13 Nigeria 4 Lituania 2

Egitto 60 Perù 12 Repubblica Dominicana 4 Argentina 1

Romania 45 Albania 9 Sri Lanka 4 Bosnia Erzegovina 1

India 43 Brasile 8 Tunisia 4 Corea del Nord 1

Marocco 25 Pakistan 7 Bulgaria 3 Ecuador 1

Ucraina 25 Russia 7 Etiopia 3 Nicaragua 1

Filippine 22 Spagna 6 Regno Unito 3 Sudan 1

Afghanistan 21 Costa d‟Avorio 5 Senegal 3 non specificato 309

Algeria 17 Cuba 5 Siria 3

Polonia 15 Giamaica 5 Colombia 2 Totale 1230

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X CTP "Leopardi" Via E. Bonifazi, 64

Filippine 76 Brasile 5 Kenya 2 Ghana 1

India 56 Colombia 5 Messico 2 Giappone 1

Bangladesh 26 Iraq 5 Repubblica Dominicana 2 Haiti 1

Romania 23 Spagna 5 Sierra Leone 2 Iran 1

Perù 20 Togo 5 Somalia 2 Lettonia 1

Moldavia 17 Corea del Sud 4 Tanzania 2 Libano 1

Polonia 16 Albania 3 Barbados 1 Libia 1

Cina 16 Belgio 3 Capo Verde 1 Malaysia 1

Vietnam 16 Canada 3 Madagascar 1 Mali 1

Ucraina 12 Congo 3 Yemen 1 Paesi Bassi 1

Marocco 11 Cuba 3 El Salvador 1 Russia 1

Etiopia 10 Eritrea 3 Montenegro 1 Singapore 1

Egitto 10 Francia 3 Austria 1 Slovenia 1

Nigeria 10 Indonesia 3 Bolivia 1 Tunisia 1

Sri Lanka 9 Macedonia 2 Bulgaria 1 Venezuela 1

Ecuador 8 Angola 2 Burkina Faso 1 Zambia 1

Argentina 6 Costa d'Avorio 2 Burundi 1 Zimbabwe 1

Pakistan 6 Germania 2 Gambia 1 non specificato 67

Totale 517

VIII CTP "Parini" Via delle Azzorre, 314

Romania 76 India 7 Colombia 3 Afghanistan 1

Polonia 45 Camerun 6 Iran 3 Benin 1

Cina 37 Repubblica Domenicana 6 Irlanda 3 Bielorussia 1

Ucraina 20 Australia 5 Kazakistan 3 Bulgaria 1

Filippine 14 Bangladesh 5 Marocco 3 Cile 1

Francia 13 Eritrea 5 Moldavia 3 Corea del Sud 1

Ecuador 10 Germania 5 Usa 3 Costa d‟Avorio 1

Russia 10 Spagna 5 Argentina 2 Libia 1

Cuba 9 Indonesia 4 Ghana 2 Somalia 1

Sri Lanka 9 Perù 4 Giappone 2 Tunisia 1

Brasile 8 Venezuela 4 Repubblica Ceca 2 non specificato 79

Egitto 8 Algeria 3 Slovacchia 2

Etiopia 7 Apolidi 3 Ungheria 2 Totale 450

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V CTP "Massaia" Via Tor de' Schiavi, 75

Afghanistan 58 Etiopia 5 Iran 2 Portogallo 1

Bangladesh 32 Filippine 5 Pakistan 2 Tunisia 1

Sudan 28 Albania 3 Perù 2 U.S.A. 1

Cina 13 Bosnia Erzegovina 3 Siria 2 Costa d‟Avorio 1

Egitto 12 Marocco 3 Bulgaria 1 Iraq 1

Romania 11 Moldavia 3 Camerun 1 non specificato 216

Eritrea 6 Argentina 2 Georgia 1

Ucraina 6 India 2 Polonia 1 Totale 425

XI CTP "Maffi" Via P. Maffi, 45

Egitto 41 Marocco 7 Sierra Leone 3 Estonia 1

Romania 22 Albania 6 Bolivia 2 Etiopia 1

Filippine 20 Argentina 6 Costa d'Avorio 2 Gabon 1

Indonesia 20 Bangladesh 6 Grecia 2 Liberia 1

Sri Lanka 20 Iraq 6 Macedonia 2 Malawi 1

Iran 15 Kenya 6 Malaysia 2 Montenegro 1

Afghanistan 14 Messico 6 Siria 2 Mozambico 1

El Salvador 14 Thailandia 6 Spagna 2 Nigeria 1

Colombia 13 Ucraina 6 Tunisia 2 Oman 1

Ecuador 12 Cuba 4 Venezuela 2 Pakistan 1

Polonia 12 India 4 Angola 1 Repubblica Dominicana 1

Perù 11 Algeria 3 Bielorussia 1 Ruanda 1

Brasile 9 Burundi 3 Camerun 1 Slovenia 1

Zambia 9 Corea del Nord 3 Congo 1 Turchia 1

Moldavia 8 Guinea 3 Croazia 1 Yemen 1

Cina 7 Senegal 3 Danimarca 1 non specificato 13

Totale 380

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Nazionalità degli iscritti - Scuole del volontariato

e del privato sociale

765; 29%

490; 19%

414; 16%

202; 8%

191; 7%

160; 6%

116; 4%

112; 4%

95; 4%

90; 3%

Bangladesh

Afghanistan

Eritrea

Cina

India

Romania

Etiopia

Egitto

Perù

Brasile

Anche in questo grafico sono riportate le prime dieci nazionalità di provenienza dei corsisti. Nelle scuole di italiano del volontariato e del privato sociale prevalgono – sempre con il 64% – tre nazionalità: bengalese, afgana ed eritrea.

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Nazionalità degli iscritti – Scuole del volontariato e del privato sociale

Bangladesh 765 Colombia 19 El Salvador 4 Lesotho 1

Afghanistan 490 Senegal 19 Giordania 4 Lituania 1

Eritrea 414 Camerun 15 Guatemala 4 Malaysia 1

Cina 202 Burkina Faso 12 Libia 4 Mauritania 1

India 191 Iran 12 Siria 4 Nepal 1

Romania 160 Iraq 12 Repubblica Domenicana 4 Nepal 1

Etiopia 116 Algeria 10 Burundi 3 Nicaragua 1

Egitto 112 Argentina 10 Cecenia 3 Nuova Guinea 1

Perù 95 Pakistan 10 Bielorussia 3 Palestina 1

Brasile 90 Bolivia 9 Benin 2 Sierra Leone 1

Filippine 89 Corea 9 Ciad 2 Spagna 1

Ucraina 88 Kenya 9 Israele 2 Spagna 1

Sudan 85 Cuba 8 Lettonia 2 Stati Uniti 1

Polonia 80 Somalia 8 Liberia 2 Sud Africa 1

Nigeria 68 Albania 7 Messico 2 Tanzania 1

Costa d'Avorio 62 Ghana 7 Paraguay 2 Tibet 1

Togo 51 Venezuela 7 Rwanda 2 Uganda 1

Georgia 49 Birmania 6 Sudafrica 2 Yemen 1

Marocco 35 Honduras 6 Zimbabwe 2 Zambia 1

Bulgaria 32 Madagascar 6 Angola 1 Repubblica Ceca 1

Congo 32 Thailandia 6 Armenia 1 Croazia 1

Russia 32 Turchia 6 Capoverde 1 Germania 1

Sri Lanka 31 Cile 5 Giappone 1 Gran Bretagna 1

Guinea 27 Gambia 5 Indonesia 1 Montenegro 1

Moldavia 22 Mali 5 Kazakistan 1 USA 1

Ecuador 20 Tunisia 5 Kossovo 1 non specificato 2655

Totale 6411

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Comunità S. Egidio

Romania 117 Moldavia 18 Nigeria 3 Croazia 1

Egitto 80 Sri Lanka 14 Senegal 3 El Salvador 1

Polonia 71 Ecuador 9 Siria 2 Gran Bretagna 1

Ucraina 62 Marocco 8 Pakistan 2 Guatemala 1

Filippine 55 Albania 5 Libia 2 Iran 1

Cina 51 Colombia 5 Iraq 2 Kurdistan 1

Perù 42 Myanmar 4 Kenya 2 Lettonia 1

Georgia 39 Repubblica Domenicana 4 Germania 2 Montenegro 1

Bulgaria 30 Algeria 4 Eritrea 2 Paraguay 1

Bangladesh 27 Afghanistan 3 Etiopia 2 Tunisia 1

Brasile 26 Bielorussia 3 Argentina 1 Turchia 1

India 18 Cile 3 Repubblica Ceca 1 U.S.A. 1

Russia 18 Honduras 3 Costa d'Avorio 1 non specificato 1972

Totale 2728

Casa dei Diritti Sociali Focus

Bangladesh

603

Eritrea

262

Cina

135

Afghanistan

81

India

53

Sudan

43

Nigeria

31

non specificato

272

Totale

1480

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Caritas Diocesana di Roma

India 14 Bangladesh 2 Egitto 1 Marocco 1

Perù 11 Birmania 2 El Salvador 1 Nicaragua 1

Sudan 10 Etiopia 2 Filippine 1 Pakistan 1

Costa d'Avorio 8 Giordania 2 Ghana 1 Congo 1

Eritrea 7 Guinea 2 Giappone 1 Togo 1

Afghanistan 6 Sri-Lanka 2 Indonesia 1 Europa dell'Est 53

Brasile 4 Ucraina 2 Iran 1 Africa 180

Romania 4 Benin 1 Lesotho 1 Asia 123

Gambia 3 Ciad 1 Libia 1 America Centro Meridionale 50

Nigeria 3 Cina 1 Mali 1 non specificato 1

Totale 509

Associazione Centro Astalli

Afghanistan 263 Nigeria 7 Guinea 2 El Salvador 1

India 69 Togo 6 Marocco 2 Filippine 1

Eritrea 27 Senegal 5 Algeria 1 Lettonia 1

Etiopia 26 Iran 3 Armenia 1 Moldavia 1

Costa d'Avorio 9 Iraq 3 Burkina Faso 1 Russia 1

Sudan 8 Romania 3 Cina 1 Somalia 1

Sri Lanka 7 Burundi 2 Ecuador 1 Congo 1

Totale 454

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Associazione Comboniana Servizio Emigranti

Togo 36 Kenya 6 Liberia 2 Malaysia 1

Costa d'Avorio 29 Bolivia 5 Rwanda 2 Mauritania 1

Congo 22 Burkina Faso 5 Senegal 2 Messico 1

Etiopia 21 Cuba 5 Tunisia 2 Moldavia 1

Afghanistan 18 Bangladesh 4 Ucraina 2 Nepal 1

Guinea 15 Iraq 4 Zimbabwe 2 Nuova Guinea 1

Nigeria 14 Mali 4 Albania 1 Polonia 1

Perù 13 Marocco 4 Angola 1 Pakistan 1

Sudan 13 Romania 4 Argentina 1 Spagna 1

Georgia 10 Thailandia 4 Benin 1 Sri Lanka 1

Brasile 9 Colombia 3 Ciad 1 Sud Africa 1

Eritrea 8 Russia 3 Cile 1 Tanzania 1

Camerun 6 Somalia 3 Cina 1 Uganda 1

Filippine 6 Algeria 2 Gambia 1 Venezuela 1

Ghana 6 Egitto 2 Guatemala 1 Yemen 1

India 6 Ecuador 2 Iran 1 Zambia 1

non specificato 2

Totale 332

Federazione Chiese Evangeliche in Italia

Afghanistan 59 Congo 7 Bulgaria 2 Bolivia 1

Filippine 26 Iran 6 Cuba 2 Nepal 1

Ucraina 19 Colombia 5 Burkina Faso 2 Paraguay 1

Romania 17 Sri Lanka 5 Senegal 2 Corea 1

Eritrea 16 Guinea 4 Moldavia 2 Libia 1

India 11 Polonia 4 Sudafrica 2 Capo Verde 1

Bangladesh 9 Marocco 4 Tunisia 2 Kenya 1

Brasile 9 Venezuela 4 Argentina 1 Cile 1

Camerun 9 Cecenia 3 Burundi 1 Gambia 1

Nigeria 9 Ecuador 3 Israele 1 Siria 1

Cina 8 Etiopia 3 Pakistan 1 non specificato 2

Perù 8 Madagascar 3 Sierra Leone 1

Russia 8 Somalia 3 Togo 1 Totale 306

Korea 8 Turchia 3 Tibet 1

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Asinitas Onlus

Eritrea 63 Pakistan 5 Ucraina 2 Siria 1

Etiopia 62 Togo 4 Colombia 2 Sri Lanka 1

Bangladesh 60 Cina 4 Guatemala 2 Kossovo 1

Costa d'Avorio 15 Marocco 3 Giordania 2 Salvador 1

Egitto 12 India 3 Romania 2 Ecuador 1

Afghanistan 11 Algeria 3 Somalia 1

Sudan 11 Iraq 2 Messico 1 Totale 283

Guinea 5 Polonia 2 Congo 1

Didattica Teatro Cotrad

Afghanistan 48 Senegal 3 Cina 1

Brasile 34 Togo 3 Cuba 1

Perù 12 Argentina 2 Marocco 1

Bangladesh 6 Romania 2 Nigeria 1

Egitto 5 Venezuela 2 Polonia 1

Colombia 4 Albania 1 Somalia 1

Ecuador 4 Bolivia 1 Turchia 1

Totale 134

Insensinverso

Bangladesh 47 Romania 5 Stati Uniti 1

India 17 Senegal 4 Spagna 1

Marocco 10 Burkina Faso 4 Lituania 1

Egitto 9 Honduras 3 Palestina 1

Brasile 8 Madagascar 3 Israele 1

Perù 8 Russia 2 Iraq 1

Argentina 5 Kazakistan 1 Totale 132

Forum Comunità Straniere

Eritrea 29

Bangladesh 5

Egitto 3

Sri Lanka 1

Perù 1

Ucraina 1

Totale 40

Di 28 ce n'è uno

Romania 6

Bolivia 2

Marocco 2

Thailandia 2

Polonia 1

Totale 13

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Scuola Ore e lezioni settimanali

Numero di volontari

Qualifiche dei volontari

Associazione Comboniana Servizio

Emigranti Via del Buon Consiglio, 19

15 lezioni

16 volontari

Insegnanti di scuole elementari e medie in pensione ed ancora in attività

Abilitati e tirocinanti Ditals, Laureati Ex-funzionari laureati in pensione

Asinitas Onlus

Via Ostiense, 252

14 volontari Psicologa psicoterapeuta, formatrice Cemea

Abilitati e tirocinanti Ditals Laureati e laureandi (lingue e letterature straniere, civiltà orientali,

antropologia)

Mediatori e mediatrici culturali ed Educatori Volontari del servizio civile nazionale

Caritas Diocesana di Roma Lungotevere dei Vallati

Via delle Zoccolette

15 lezioni

2 coordinatori

20 volontari

Ex insegnanti di liceo e medie Abilitati e tirocinanti Ditals (senza convenzioni)

Pensionati ex professionisti, funzionari, impiegati, in massima parte laureati

Giovani laureandi e laureati

Casa Diritti Sociali Focus

Via Giolitti, 241/g

50 lezioni

48 volontari

Ex insegnanti di liceo e medie

Abilitati e tirocinanti Ditals (in base a convenzioni)

Tirocinanti mediatori linguistici (in base a convenzioni) Pensionati ex professionisti, funzionari, impiegati, in massima parte laureati

Giovani laureandi e laureati, di cui tre stranieri.

Comunità di S. Egidio

Trastevere - Via Dandolo, 10

Ostia - Via Baffigo, 7 Centocelle - c/o Chiesa Piazza delle Gardenie

Esquilino - c/o Chiesa di S. Vito

103 ore su corsi di 5 livelli

(A1-C1)

28 volontari

Professionisti di diverse discipline (insegnanti di ruolo, medici, terapisti di

riabilitazione, docenti universitari, impiegati, assistenti sociali)

Studenti universitari. Negli anni hanno collaborato insegnanti stranieri provenienti da Ucraina,

Somalia, Romania, Polonia.

Federazione Chiese Evangeliche in Italia Via del Banco di Santo Spirito, 3

Via Firenze, 38

9 lezioni

14 volontari

Insegnanti di scuole elementari, medie e superiori Pensionati ex professionisti, funzionari, impiegati

Lavoratori in vari settori Studenti universitari

Insensinverso

Viale Vicopisano, 83

10 volontari Insegnanti abilitati nell‟insegnamento di italiano L2

Laureati Mediatori linguistici stranieri

Forum Comunità Straniere

Via S. Croce in Gerusalemme, 106

1 volontario Insegnante abilitato nell‟insegnamento di italiano L2

Associazione Centro Astalli

Via del Collegio Romano, 1

33 volontari Insegnanti ed ex insegnanti

Ex funzionari nei settori pubblico e privato – Casalinghe

Abilitati Ditals – Laureati

Didattica Teatro Cotrad

Via Urbana, 20 Via della Lungaretta, 22

10 lezioni

5 volontari

Abilitati Ditals

Esperti in tecniche teatrali Operatrici sociali

Di 28 ce n’è uno

I corsi si tengono presso le scuole pubbliche di Poggio Mirteto, Passo Corese, Castelnuovo di

Farfa, Gavignano, Forano, Sezze e Nettuno

7 lezioni

8 volontari

Abilitati Ditals

Laureati Mediatori culturali

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5. Le scuole popolari di italiano per migranti a Roma

Le scuole popolari di italiano L2 delle associazioni di volontariato e di altri enti che operano a sostegno dei migranti nell‟area romana si sono sviluppate a partire dalla metà degli anni ‟80,39 in parallelo con il delinearsi più marcato del fenomeno migratorio. Il loro approccio all‟insegnamento della lingua ha come elemento centrale l‟attenzione all‟insieme delle problematiche degli utenti-migranti: l‟apprendimento dell‟italiano viene sviluppato quale elemento essenziale del processo di integrazione e insieme strumento di sostegno a fini di orientamento, di accesso ai servizi di base, di informazione su uffici e istituzioni, di conoscenza e agevolazione circa le procedure di regolarizzazione e di ottenimento dell‟asilo, ma anche di supporto alla più generale socializzazione dei singoli, alla ricerca delle opportunità di lavoro e delle soluzioni abitative. Le scuole popolari sono espressione di una cittadinanza attiva che ritiene che occorra cercare di “mettersi in mezzo”, di essere coscienza critica della società per promuovere la partecipazione, i diritti di cittadinanza e l‟intercultura e per lavorare concretamente alla costruzione di nuove forme di convivenza, inclusione e coesione sociale, in modo da aprire strade che permettano ai migranti di “recuperare una identità”, di avere una vita autonoma e dignitosa, di vedere rispettati i propri diritti, di dare il proprio contributo alla società italiana, senza per questo dover perdere la propria dignità e identità culturale.40 I principi dell‟accoglienza, della bassa soglia, dell‟attenzione al singolo e alla sua condizione di disagio e vulnerabilità, sono pertanto elementi base dell‟azione di alfabetizzazione linguistica delle scuole popolari. Un tipo di approccio che tiene conto che gli immigrati adulti hanno caratteristiche e bisogni talmente specifici e variegati che richiedono un intervento didattico particolarmente flessibile e individualizzato. E‟ noto, infatti, che gli immigrati adulti hanno primariamente un bisogno strumentale della lingua che assolva in prima istanza le loro esigenze lavorative e integrative. Al tempo stesso, questi studenti si caratterizzano anche, per ovvii motivi esistenziali, per una frequenza scolastica altamente di continua, che non permette loro uno studio sistematico della lingua, il che è spesso aggravato da una scarsa o nulla scolarizzazione nel paese di origine. I gruppi-classe composti da immigrati adulti sono quindi estremamente fluttuanti sia per numero che per competenze: insieme ad analfabeti e semianalfabeti si possono trovare diplomati e laureati, che prendono parte al corso di lingua quando sono liberi da impegni lavorativi ed emergenze quotidiane.

39 La scuola di italiano per stranieri immigrati Louis Massignon della Comunità di S. Egidio è nata nel

1982 e quindi nel 2007 ha celebrato il venticinquesimo anno di attività (dal 1999 è riconosciuta come scuola di lingua dal Ministero della Pubblica Istruzione). In tutti questi anni solo a Roma hanno studiato oltre 35 mila stranieri, oltre i circa 10 mila che hanno frequentato la scuola Massignon in altre città d‟Italia, da Genova a Napoli, da Novara a Firenze. La scuola di italiano del Servizio Rifugiati e Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche è nata nel 1984, quella della Casa dei Diritti Sociali – FOCUS nel 1985 e quella della Caritas Diocesana di Roma nel 1987. 40 A Roma c‟è una lunga storia di una società civile che anticipa, sperimenta e realizza: nelle borgate

degli anni „60, tra gli sfollati dell‟immediato dopoguerra e, risalendo sino agli inizi del XX secolo, quando su ispirazione di Sibilla Aleramo e Giovanni Cena, si svilupparono le prime scuole per i migranti stagionali nell‟agro romano.

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La nostra scuola ha fatto la scelta fondamentale di adattarsi alle scelte dei migranti, per cui non costruiamo delle classi fisse e operiamo con orari molto flessibili, la mattina alle 10.30 e tre lezioni il pomeriggio, alle 16.00, 17.30 e 19.00, eccetto il lunedì che c‟è solo la lezione delle 17.30, perchè il lunedì c‟è una riunione – tutti i lunedì dell‟anno – del gruppo di volontari. Questo disorienta inizialmente quei volontari che vengono da noi, arrivando da altre esperienze. Il nostro metodo funziona e parte dall‟assunto di base che i migranti fanno parte di una domanda di formazione che è complessa, articolata, difficile e variegata. Mentre la scuola pubblica si è strutturata dal punto di vista didattico per i suoi corsi di italiano L2 pensando allo straniero, e per straniero si intende anche lo studente di Erasmus, il comunitario, invece il migrante ha una caratteristica diversa, perché non c‟è nessuna famiglia che lo mantiene o sostiene, anzi è uno che deve sopravvivere con le sue forze e che generalmente ha come obiettivo quasi immediato, quello di mandare delle risorse alla famiglia che è rimasta nel paese di origine. Pertanto, il migrante è una persona che deve trovare quello che può per vivere, lavorando. Inizia a fare il corso da noi, perché l‟apprendimento della lingua è fondamentale per lavorare, per la regolarizzazione, per tutte le pratiche sociali, e poi magari dopo qualche giorno trova un lavoretto che lo costringe, ad esempio, ad andare fuori Roma. Giustamente, abbandona la scuola e torna quando può tornare. Se torna dopo una settimana o anche un mese, se avesse fatto parte di una classe tradizionale, in quel corso avrebbe perso la battuta. Da noi, no. Con questo sistema, quando arriva, se stava facendo le lezioni cosiddette di base – alfabeto, pronuncia e fonetica – e poi ha abbandonato, lo rimettiamo esattamente nel punto dove stava proprio perché ogni volta articoliamo il gruppo degli studenti che frequenta la scuola in tre gruppi, con tre insegnanti diversi: una lezione di base, una lezione cosiddetta intermedia e una lezione più avanzata. Queste tre lezioni avvengono contemporaneamente nei tre vani che sono nella sede di via Giolitti. In tutto i posti per le tre lezioni sono 56-60 (con qualcuno che addirittura sta in piedi). Noi abbiamo una richiesta pressante. Nel 2007 abbiamo avuto 1.518 studenti e tanti non sono potuti fisicamente entrare. A volte, siamo costretti a mettere la lista fuori e farli firmare, perché purtroppo fisicamente non c‟entrano. Abbiamo avuto anche qualche problema, con risse, spinte al momento di accedere alle lezioni... (Augusto Venanzetti, Scuola di Italiano della Casa dei Diritti Sociali-Focus).

D‟altra parte, queste scuole sono promosse da organizzazioni del volontariato e del privato sociale che operano per la salvaguardia e il riconoscimento dei diritti umani fondamentali di richiedenti asilo, rifugiati, profughi, vittime di tortura, donne vittime di tratta e immigrati, svolgendo attività nel territorio metropolitano, nelle scuole pubbliche, nei centri di accoglienza, nei servizi socio-sanitari e legali, nei luoghi di accoglienza informali dove abitano e vivono gli stranieri. Inoltre, in molti casi queste organizzazioni gestiscono direttamente dei centri/sportelli/servizi dove si effettua accoglienza, orientamento, prima assistenza per bisogni primari di sopravvivenza, assistenza legale e ambulatorio medico (medicina generale, ginecologia, odontoiatria, etc., nonché interventi di riabilitazione di vittime di tortura).41

41 Si pensi, ad esempio, ad una organizzazione come la Caritas diocesana di Roma (fondata nel 1971)

che oggi – attraverso il suo braccio operativo, il Consorzio Roma Solidarietà - opera nel territorio della capitale con una rete di 40 centri, con circa 200 operatori professionali e 2.200 volontari. Due volte l‟anno la Caritas romana organizza corsi di formazione per volontari con l‟obiettivo di far conoscere la struttura dell‟organizzazione ed orientare i volontari stessi verso il settore che più sentono consono: l‟amministrazione, la mensa, l‟assistenza sanitaria o legale, l‟insegnamento. Dal 1995, da quando cominciò a farsi sentire l‟impatto dei flussi migratori nel nostro paese, la Caritas ha attivato un Ufficio Immigrazione, dotato di tre coordinamenti: Asilo, Immigrazione/Integrazione, Tratta esseri umani. Alla

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Chi viene da noi per iscriversi alla scuola, passa attraverso un colloquio/incontro che serve per conoscere la sua situazione. Quindi, il volontario del Centro di Ascolto si prende un tempo, in genere 45 minuti-1 ora, in cui ascolta la persona e la si orienta rispetto a quello che lei chiede, perché dietro la richiesta della scuola ci può essere anche un altro bisogno oppure qualche cosa che lei non sa. Questo colloquio, che viene fatto prima dell‟iscrizione alla scuola, lo facciamo con tutti e serve per fare il quadro della persona. Siamo arrivati a circa 205mila persone che sono passate dal 1985 (ovviamente, non tutte hanno frequentato la scuola di italiano) per chiedere le cose più svariate, dal mangiare e dal dormire alla scuola. La scuola è uno dei primi passi quando diciamo alle persone che non possono chiedere un lavoro se non conoscono prima un po‟ di italiano. Si spinge molto verso la scuola. Orientiamo le persone verso la nostra scuola, ma non solo, perché se poi la persona dice che la mattina lavora, allora diamo indicazioni rispetto ad altre scuole. Se viene una persona che magari è un po‟ più stabile, ha il permesso di soggiorno e può anche permettersi di pagare quei 10-20 euro del CTP, l‟orientiamo ad andare lì. L‟orientamento viene fatto in base alle esigenze e alle possibilità di ciascuna persona. L‟orientamento viene fatto per la scuola di italiano, ma anche per tutti gli altri servizi che Roma offre, sia il privato sociale, ma anche il comune. Informiamo i migranti dei vari diritti che hanno. Questa è la funzione che ha il Centro di Ascolto. Generalmente, facciamo 50-60 colloqui al giorno, tra quelli che tornano e quelli che sono nuovi, tra quelli che vengono per il sociale e quelli per il lavoro. In media, la scuola viaggia tra le 70 e le 100 persone ogni giorno (su tre giorni – lunedì, mercoledì e il venerdì) (Lorenzo Chiarastri, Centro di ascolto e accoglienza della Caritas Diocesana di Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà – Roma).

C‟è, quindi, un patrimonio di esperienze nel campo dell‟accoglienza dei migranti e dei soggetti deboli che le scuole popolari hanno fatto proprio e tale aspetto viene curato in tutte le sue implicazioni nella fase di formazione dei volontari/operatori che si dedicano all‟attività didattica. In alcuni casi, la stessa equipe insegnante è responsabile di un intervento a tutto tondo con l‟utenza.

La scuola non è solo una scuola di italiano, ma è anche una scuola di rapporto personale, di amicizia, di approfondimento di rapporti, di promozione umana, e gli studenti tra di loro e con l‟insegnante sviluppano dei rapporti intensi. L‟insegnante si prende cura un po‟ di tutti gli aspetti della vita della persona. Per cui, in classe si affrontano anche temi importanti e concreti, si danno consigli per la salute, per i documenti, per l‟inserimento dei figli a scuola, entrando nel merito delle questioni e poi seguendo personalmente, indirizzando ad altri servizi. C‟è veramente un‟attenzione complessiva alla persona. Questa attenzione viene rafforzata attraverso l‟attività di formazione quindicinale dei volontari (Cecilia Pani, Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio).

Per questi motivi, per i migranti le scuole popolari hanno una grandissima rilevanza, oltre che per l‟apprendimento della lingua italiana, anche dal punto di vista relazionale ed emotivo. E‟ all‟interno di queste realtà, infatti, che gli immigrati ricevono ospitalità, sostegno morale, appoggio e solidarietà. Sono queste realtà che

Caritas gli immigrati trovano prima di tutto “ascolto”, la disponibilità dei volontari a comprendere ed interpretare le richieste ed i bisogni, ad orientare le persone nella rete dei servizi pubblici e privati (mense, ostelli, ambulatori, centri sanitari, scuole di lingua) per accompagnarli nei primi passi nella società italiana.

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promuovono delle occasioni di incontro che nella vita dei migranti, specie se appena arrivati, assumono un grande valore, perché ricreano un ambiente relazionale dove si trovano a loro agio in quanto compresi e sostenuti nel loro percorso di interazione culturale e di integrazione sociale.

Per me la metodologia principale è quella di sapere entrare in relazione con queste persone. Questo in considerazione del tipo di persone che ci troviamo davanti, che sono di cultura diversa, di permanenza in Italia diversa, anche di capacità di apprendere ed intelligenza diversa. Mi rendo conto che non è una metodologia, si tratta però della cosa essenziale. Cioè, mentre l'insegnante di una scuola “normale” è in qualche modo quella che sa tutto, noi siamo lì per comunicare le nostre idee, la nostra cultura e quello che sappiamo, ma anche e soprattutto per ricevere ed entrare in relazione. Io noto che quando si crea con i nostri studenti e le nostre studentesse un rapporto non dico di amicizia – esagererei a definirla così –, ma di ascolto reciproco, i metodi poi vengono da soli. Non si può parlare di una metodologia B1, B2, C1, ma dobbiamo inventare di volta in volta metodi diversi a seconda della classe che ci troviamo davanti. Non sono solo classi diverse da un corso all‟altro, ma a volte di giorno in giorno, perché qualcuno non viene qualcun altro si aggiunge. Quindi, si cerca di inventare delle cose che possano interessare. Non c‟è nulla di peggio che vedere delle persone annoiate che stanno lì ad aspettare che finisca la lezione. E allora io uso di tutto, anche raccontare fatti della mia vita, perché mi sono accorta che sono molto interessati, e poi magari a loro volta raccontano di sé. E poi uso strumenti vari: ho comprato libri vari, uso delle canzoni che spieghiamo e poi cantiamo tutti insieme, leggiamo dei brani di letteratura abbastanza semplici che però fanno conoscere autori interessanti. E poi chiaramente facciamo dei giochi; a volte abbiamo preparato qualcosa per la festa che si fa prima di Natale. A volte ci andiamo a prendere tutti quanti insieme il caffé (Gabriella Natta, Scuola di italiano del Servizio Rifugiati e Migranti della Federazione Chiese Evangeliche in Italia – Roma).

L‟incontro e la condivisione riescono ad alleviare in parte la sensazione di solitudine e il disorientamento davanti ad una realtà che può risultare drammaticamente estranea e finanche ostile. Questi spazi di accoglienza e di educazione attiva suppliscono in parte a carenze relazionali e affettive, difficoltà, scoraggiamenti dei migranti, favorendo processi individuali e collettivi di autonomia della persona attraverso l‟empowerment linguistico-culturale e, al contempo, stimolando la capacità di ridefinire il proprio inserimento sociale nella società di accoglienza.

Nei principi dell‟educazione attiva si trova che “un contesto reso educante, educa tutti nello stesso momento”. Il contesto educativo è luogo di ospitalità e cura se garantisce continuità nella relazione e utilizza il gruppo, valorizzandolo, sia come strumento di apprendimento che di cura dei singoli. All‟interno di un contesto educativo, affettivamente significativo, i percorsi di apprendimento di L2 si sviluppano a partire dal lavoro sulla memoria della storia individuale del migrante (inclusi i traumi, i viaggi, le identità perdute) e contemporaneamente mirano alla creazione di un nuovo contesto di appartenenza, di creazione di nuove identità e di testimonianza al presente. L‟apprendimento della lingua italiana non può avvenire per gli stranieri se non attraverso l‟acquisizione di una nuova identità “di residenza” (Rete romana delle scuole popolari di italiano, Relazione Introduttiva, Convegno del 28/11/2008).

Le scuole popolari, in quanto contesti educanti centrati sull‟accoglienza, la testimonianza, e la cura della persona, in forma più o meno sistematica, offrono ai

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migranti la possibilità di momenti di esternazione e socializzazione che sono di grande aiuto anche per il loro benessere psicologico. Non di rado si riesce così a dare una risposta ai tanti casi di difficoltà depressione e instabilità.

I migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo, come qualsiasi persona strappata, volontariamente o meno, alla propria cultura pagano un alto prezzo e soffrono di un disagio causato dal disorientamento nostalgico, dalla perdita della casa, dalla crisi della presenza, dai traumi subiti, dal mancato riconoscimento dei propri diritti, dal faticoso e lento adattamento al nuovo contesto di vita. La migrazione rappresenta una frattura profonda nelle reti di significati e di rapporti che fondano la vita individuale, culturale e sociale di ciascuno. Nel caso di migranti e rifugiati le conseguenze delle migrazioni non hanno un effetto solamente sul singolo, ma si estendono alla rete più ampia di relazione che la persona abita. Il sé diventa uno snodo relazionale. Nello stesso tempo l‟arrivo in un paese straniero è anche denso di vitalità, di desideri, di nuove opportunità che si aprono. Per queste ragioni una scuola di italiano per migranti non affronta unicamente la questione tecnica dell‟apprendimento della lingua, ma si trova inevitabilmente di fronte l‟interrogativo più ampio di come incontrare l‟altro, di come mantenere un dialogo, di come costruire un piano di eguaglianza. L‟incontro con l‟altro ci pone davanti a delle responsabilità nei sui confronti. In questo senso definiamo gli studenti come ospiti. Secondo l‟etimologia della parola, l‟ospite è colui che è in relazione di compenso, a cui promettere un servizio come merita. Le scuole di italiano sono dei contesti di incontro e conoscenza, di relazione e familiarizzazione, di creazione di legami con lo studente-ospite. Per i migranti la scuola può essere un ambiente ideale di incontro interculturale perché garantisce continuità nella relazione e utilizza il gruppo, valorizzandolo, sia come strumento di apprendimento e di conoscenza che di cura dei singoli. La scuola è un ambiente dove attraverso la manifestazione della parola su un piano affettivo e di apprendimento si può creare quella base di rassicurazione sociale e culturale che favorisce l‟emergere della personalità e sostiene la capacità di autorealizzazione della persona (Rete romana delle scuole popolari di italiano, Relazione Introduttiva,

Convegno del 28/11/2008).

I migranti che accedono per la prima volta alle scuole popolari vi arrivano soprattutto grazie al passaparola (segnalazione di amici, parenti connazionali)42 e vengono introdotti senza particolari formalità. Le scuole popolari accolgono tutti i migranti che chiedono l‟iscrizione, indipendentemente dalla lingua, dal livello di scolarizzazione, dalla religione, dal sesso, dal paese di provenienza, dalla situazione familiare. Il rispetto delle diversità, la conoscenza dei contesti di vita, l‟aiuto a chi è in difficoltà, lo sviluppo delle potenzialità delle persone sono i principi ispiratori che stanno alla base di queste scuole. A chi chiede se deve produrre documenti o se i corsi sono a pagamento, viene subito spiegato che è tutto gratuito e che non è richiesta alcuna certificazione. Alcune scuole prevedono un test di ingresso semistrutturato (in alcuni casi ispirato alle certificazioni CILS, CELI o ele.IT) per valutare il livello di conoscenza della lingua italiana da parte del migrante, ma generalmente c‟è soltanto da compilare una scheda conoscitiva – tramite un‟intervista effettuata dagli insegnanti – utile a definire un quadro di informazioni: nazionalità, permanenza in Italia, ultimi paesi visitati, stato civile, status

42 Il passaparola comporta che alcune scuole popolari siano diventate dei veri e propri punti di

riferimento per specifiche comunità nazionali come, ad esempio, la Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali-Focus per i bangladesi, gli eritrei e gli afgani.

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amministrativo, situazione abitativa, occupazione, titolo di studio, iscrizione al SSN e ai Centri per l‟impiego, lingua madre, altre lingue conosciute. Eventuali note aggiuntive permettono di indicare particolari utili a configurare specifiche problematiche individuali o situazioni di precarietà e bisogno. L‟intervista si avvale di moduli tradotti in varie lingue per facilitare la comprensione, altrimenti si utilizza la collaborazione di mediatori linguistici o di altri studenti connazionali in possesso di una maggiore conoscenza della lingua italiana. Questo sistema consente in qualche misura di capire già al primo impatto le esigenze dell‟utente, non soltanto rispetto all‟apprendimento dell‟italiano, ma anche per questioni primarie di sopravvivenza. Se necessario l‟utente viene indirizzato agli sportelli di orientamento delle stesse, dove – se ha bisogno di mangiare, lavarsi, dormire, o di forme di assistenza sanitaria o legale – gli vengono fornite tutte le indicazioni del caso e il sostegno possibile. Ma, gli utenti sono avviati anche verso altri enti/associazioni che prestano determinati servizi e, se ne hanno la possibilità, sono invitati a frequentare anche i corsi di italiano offerti gratuitamente dalle scuole pubbliche. Obiettivo delle scuole popolari, infatti, non è quello di sostituirsi ad un servizio pubblico già esistente, ma di affiancarlo per abbassare la soglia di accesso tra i possibili fruitori e stimolare il miglioramento dell‟offerta.

Le persone che hanno possibilità di frequentare un corso per stranieri, nel senso che già hanno delle strutture in mente per imparare una lingua straniera, cerchiamo di indirizzarle ad un CTP o ad altre scuole pubbliche dove possono trovare qualcosa da apprendere. Pensiamo, invece, che non sia corretto mandare una persona che non è mai stata a scuola nella sua vita o che ha un bassissimo livello di scolarizzazione in una struttura pubblica impostata sulle rigidità del modello scolastico, perché sappiamo che la possibilità di una sua fruizione è uguale a zero. … Per quanto riguarda i nostri rapporti con il sistema scolastico pubblico, ne abbiamo sia con la Manin che con la Gramsci di via Affogalasino. Abbiamo due protocolli d‟intesa. Un esperimento che stiamo cercando di mettere a sistema, anche se riguarda una percentuale molto piccola delle persone che transitano per la nostra scuola, è un ragionamento con gli istituti che fanno corsi serali. Stiamo firmando un protocollo con un istituto commerciale per geometri, su cui puntiamo molto per creare degli sbocchi di formazione professionale soprattutto per le ragazze. Abbiamo iniziato con l‟istituto professionale Cattaneo di Testaccio che è molto sensibile al tema degli stranieri, ma soprattutto una delle insegnanti dell‟istituto è anche nostra volontaria, per cui sfruttando questo tramite fortuito siamo riusciti a favorire e sostenere l‟inserimento di un certo numero di ragazzi che aveva acquisito un certo livello di conoscenza della lingua nei loro corsi professionali (meccanico, termo-idraulico,…). Loro hanno un protocollo con la Manin, per cui uno può contemporaneamente frequentare per la terza media e iniziare ad avvantaggiarsi con i loro corsi professionali, risparmiando tempo. Fanno una valutazione informale dei crediti in modo molto strutturato. Il primo gruppetto che inserimmo tre anni fa ha fatto la maturità l‟anno scorso e ci sono stati diversi casi di persone che nell‟ambito dell‟attività della scuola hanno fatto tirocini che poi si sono tradotti in esperienze lavorative. Questo è un settore decisamente da incoraggiare e qui chiaramente quello che può dare il pubblico - un titolo spendibile sul territorio nazionale - non lo possiamo dare noi (Chiara Peri, Associazione di Volontariato Centro Astalli per l‟Assistenza agli Immigrati).

L‟insegnamento dell‟italiano è dunque trattato dalle scuole popolari innanzitutto come uno strumento essenziale dell‟accoglienza e dell‟orientamento del migrante, vale a dire come il veicolo che consente al migrante per relazionarsi con la

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burocrazia italiana a tutti i livelli, di far valere i propri diritti universalmente riconosciuti, di attuare i percorsi di regolarizzazione, di comprendere ed adeguarsi alle regole della società italiana, nonché di attuare tutte le azioni finalizzate all‟integrazione (lavoro, situazione abitativa, formazione professionale, etc.).

Usiamo una didattica comunicativa strettamente legata ai bisogni dell‟immigrato. Si privilegia la capacità di espressione alla correttezza formale ed al rispetto delle regole grammaticali. Lavoriamo anche sulle differenze dialettali. Le lezioni stesse sono un modo di conoscere le loro esigenze: gli chiediamo di parlare di cosa gli è successo nella settimana. Anche gli argomenti delle unità didattiche sono ispirati a questioni basilari per la vita degli immigrati. Ad esempio, l‟unità didattica più lunga riguarda la ricerca di lavoro (1 mese e ½,), altre unità riguardano i contratti di lavoro (1 mese), la sanità, la richiesta di informazioni, come uscire con una ragazza… Spesso negli ultimi minuti della lezione si guardano insieme le proposte di lavoro e in questo modo alcuni studenti hanno trovato lavoro (Emanuela Pilati, Forum delle Comunità Straniere).

In un quadro in cui l‟accoglienza è la fase prioritaria del processo, le scuole popolari privilegiano una metodologia comunicativa rispetto agli approcci della glottodidattica frontale. Cercano di fornire una lingua utile, spendibile immediatamente, pratica. Nell‟insegnamento si cerca di privilegiare la comprensione della lingua parlata e scritta e la produzione orale piuttosto che quella scritta, per evitare il rischio che la scrittura sia semplice riproduzione, imitazione non sostenuta da una reale comprensione. Per cui, il percorso didattico generalmente segue lo schema tipico dei corsi di livello basico - A1 e A2 – contemplati dal Quadro Comune Europeo, tendente a fornire una competenza comunicativa elementare rispetto ai contesti di maggiore rilevanza e interesse per gli studenti, sia sul piano interpersonale che su quello dei linguaggi burocratici per l‟accesso ai servizi di base, per la sopravvivenza, per l‟esercizio dei diritti di cittadinanza. Questo approccio è coerente con la convinzione che la conoscenza del contesto culturale debba costituire uno degli elementi portanti di ogni corso linguistico. L‟obiettivo primario dei corsi di lingua delle scuole popolari è, quindi, quello di fornire ai migranti strumenti e competenze atte a garantire l‟autonomia nella comunicazione (sviluppo del lessico e della strumentalità di base), promuovendo contemporaneamente un "dialogo interculturale" che rafforzi la capacità di convivenza e valorizzi le diverse identità.

Finché l‟offerta formativa a Roma ha le attuali carenti caratteristiche per noi non ha molto senso cercare di lavorare su nicchie particolari di utenza. Il giorno in cui l‟offerta formativa fosse esaustiva ed in grado di intercettare tutti i migranti che hanno bisogno di imparare l‟italiano, sarebbe possibile fare un lavoro di nicchia mirato per fare dell‟altro. Fino a quando l‟offerta formativa rimane così bassa e la domanda espressa ed inespressa è così pressante, noi pensiamo che sia prioritario lavorare per dare la possibilità al numero più grande possibile di migranti di apprendere l‟italiano, seppure nelle sue forme di base. Ci sono i filippini che dopo 5 anni che stanno in Italia non parlano ancora l‟italiano, perché stanno reclusi dentro le case. Lo stesso succede per i cinesi che stanno chiusi dentro le loro comunità. Finché l‟offerta formativa rimane così inadeguata rispetto alla domanda, credo che un ruolo come il nostro, che macina l‟esigenza primaria, di base, ha ragione di esistere e quindi non mi preoccupo della finalizzazione di una certificazione. Altri possono fare questo. Noi copriamo invece lo spazio delle persone che proprio non sanno come fare e li aiutiamo. Una

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volta passati attraverso la nostra scuola li dirottiamo verso le scuole pubbliche, qualora ritengano di aver bisogno della certificazione o di un corso di perfezionamento (Augusto Venanzetti, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus).

Sebbene l‟insegnamento sia fondamentalmente orientato alla pratica, si cerca di fornire anche la conoscenza delle regole grammaticali, soprattutto quando vengono espressamente richieste dagli studenti, sempre nella misura dell‟utilità pratica. L‟insegnamento è articolato in unità didattiche attraverso le quali si forniscono gli elementi grammaticali, lessicali e le strutture linguistiche al fine di sviluppare le competenze comunicative dei corsisti, sia in situazioni informali che in quelle formali. Attraverso l‟uso di un manuale e/o di materiale fornito dal docente, l‟uso dei mezzi audiovisivi e la lettura di giornali e riviste, vengono sviluppate le quattro abilità di base: parlare, ascoltare, leggere, scrivere. I corsi, a seconda dei livelli, permettono di comunicare sia in situazioni tipiche della vita quotidiana che in rapporti formali di tipo pubblico o di lavoro, facendo acquisire familiarità con i vari aspetti della cultura italiana.

L‟insegnamento della lingua italiana è mirato a fornire una competenza comunicativa elementare rispetto ai contesti di maggiore rilevanza per gli studenti, sia sul piano interpersonale che su quello dei linguaggi burocratici per l‟accesso ai servizi di base. Per il programma didattico ci si avvale di dispense elaborate e affinate dai volontari che si sono succeduti nel tempo nel gruppo Alfabetizzazione che gestisce la scuola; una prima dispensa è composta da 24 Unità didattiche (secondo lo schema classico di un corso di 1° livello di competenza Framework A1) con annessa esercitazione; una seconda è articolata in esercizi, dettati e sezioni lessicali; la terza raccoglie una serie di argomenti di interesse utilizzati a supporto della didattica (sistema scolastico italiano, lavoro, sanità, sistema amministrativo, etc.). Il materiale viene fornito agli studenti in fotocopia. E‟ stata preparata anche una dispensa con 15 sezioni lessicali tradotte in più lingue: inglese, francese, spagnolo, arabo, cinese (Augusto Venanzetti, Scuola di Italiano della Casa dei Diritti Sociali-Focus)

La maggior parte delle scuole suddivide i propri corsi su 3-4 principali livelli, a seconda delle competenze linguistiche già acquisite o da acquisire: accoglienza o prima alfabetizzazione, come primo approccio alla lingua per le

persone che arrivano da poco e non parlano l‟italiano e, quindi, è un luogo di passaggio verso livelli più avanzati;

base (A1), con un percorso didattico elementare: le parti grammaticali, il lessico e la fraseologia vengono enucleati dalla conversazione; l'obiettivo è di mettere in grado lo studente di comunicare verbalmente e in tempi brevi e in situazioni concrete;

medio (A1-A2), basato su comprensione e dialogo; avanzato (A2-B1-B2), con elementi di sintassi, attualità, nozioni storico-

geografiche, di costume, brani letterari, articoli di giornale. All‟atto dell‟iscrizione si valuta il grado di conoscenza della lingua e si cerca di inserire lo studente in una delle classi del corrispondente livello, in modo da avere classi quanto più possibile omogenee. Il principio della bassa soglia dell‟accoglienza implica che generalmente per i migranti c‟è una possibilità pressoché continua di

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accesso ai corsi delle scuole popolari, in particolare a quelli di prima alfabetizzazione e di base.

Da quest‟anno siamo riusciti a fare una bella distinzione, osservando gli studenti che avevamo, in particolare da quando ci sono tantissimi afghani che inizialmente, essendo molti di loro analfabeti totali o con scarsa scolarizzazione, inserivamo nella classe degli analfabeti, per aiutarli un po‟ nella scrittura, nell‟apprendimento dell‟alfabeto. Ci siamo accorti che questo è un target particolare: non sono analfabeti totali. Per questo abbiamo formato due classi distinte: una di pre-alfabetizzazione per gli analfabeti totali (con classi formate d 7-8 persone con uno o al massimo due insegnanti per settimana) e una di alfabetizzazione per coloro che sono semi-analfabeti o comunque di persone con scarsa scolarità (classi da 15-20 persone con due o tre insegnanti che si coordinano tra di loro attraverso un diario di classe e delle riunioni lo comunicazioni telefoniche; questi fanno dettati ed esercizi molto semplici di grammatica). Un bassa soglia che però va via, via stratificandosi con bisogni diversi. Poi, ci sono due corsi di base che partono o scaglionati o in parallelo perché cerchiamo di tenere un po‟ più basso il numero degli studenti, perché in classi di 40 non si riesce a seguirli. In questo modo riusciamo a coprire l‟offerta formativa. C‟è flessibilità, per cui i corsi iniziano, avendo una finestra di 15 giorni per le iscrizioni e quindi per l‟inserimento delle persone nelle diverse classi. Mentre nelle due classi di alfabetizzazione le classi sono sempre aperte. In qualsiasi momento dell‟anno chi arriva viene inserito in qualche modo. C‟è comunque un grosso turnover e c‟è anche la possibilità di passare ad un corso di un livello più elevato nel caso l‟insegnante giudichi che l‟allievo ha fatto dei progressi notevoli (Antonella Nicoletti, Scuola di italiano del Centro di ascolto e accoglienza della Caritas Diocesana di Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà – Roma).

A causa del turnover degli studenti e delle richieste d‟iscrizione continue durante l‟anno, si riscontra sempre un certo grado di disomogeneità, al quale gli insegnanti cercano di ovviare seguendo più da vicino gi ultimi arrivati (se possibile durante la lezione, altrimenti con lezioni personali o in gruppi più piccoli per non rallentare troppo il cammino degli altri), stimolando chi è più avanti nella conoscenza della lingua ad aiutare chi è più indietro, spostando gli studenti in altre classi di livello più adeguato.

I nostri tre corsi – di base, medio e avanzato - li chiamiamo con dei colori, quindi il verde, il giallo e il rosso, associati un po‟ ai colori della maturazione della frutta. Di verde abbiamo due classi, una che parte subito all‟apertura regolare dei corsi, mentre l‟altra è una classe di appoggio che chiamiamo verde bis che parte in ritardo per dare la possibilità alle persone di iscriversi anche fuori dai termini regolari. La verde bis è una classe cuscinetto, dove le persone possono comunque entrare in qualsiasi momento ed è caratterizzata da un insegnamento per unità modulari, per cui ogni lezione si conclude nella giornata. Non ci sono argomenti che vengono ripresi o che continuano per più di una lezione. Questo per fare in modo che lo studente che entra anche se fa una, due o tre lezioni quei capitoli li ha chiusi. L‟alunno che completa il corso verde bis si può iscrivere al corso verde (Zerbinati Silvia, Servizio Rifugiati e Migranti - SRM della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia).

Ad ogni modo, ci sono anche scuole popolari, come la Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio (ma anche le scuole dell‟ACSE e dell‟associazione Madonna di Loreto di Acilia che ad essa si “appoggiano” per gli esami), che cercando di

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assecondare i bisogni di apprendimento più ampi e sempre più qualificati, svolgono anche corsi di livelli più alti, coprendo tutti i 6 livelli del Quadro Comune Europeo, fino ad arrivare anche ai livelli C1 e C2, garantendo all‟utenza la possibilità di ottenere le relative le certificazioni (CELI, CILS,…). Se nei primi anni la domanda di apprendimento della lingua italiana come L2 riguardava quasi esclusivamente i corsi per principianti, oggi si assiste ad un graduale processo di rovesciamento della piramide, con una percentuale sempre più alta di studenti che chiedono di perfezionare le abilità linguistiche già acquisite e di conoscere, quanto più è possibile, la cultura e l‟arte italiana. Molte carriere scolastiche proseguono fino a 6 o 7 anni di studio perchè la Scuola Louis Massignon è percepita sia come un luogo alto di cultura sia come ambiente di socialità e di amicizia. Per questi allievi la certificazione è un‟opportunità, un riconoscimento del cammino di apprendimento percorso nel quale i migranti investono molta parte dello scarso tempo libero che gli rimane dal lavoro, che può essere speso anche per l‟iscrizione ad un corso professionale o all‟università.

Con il cambiare della presenza degli stranieri in Italia è cambiata anche la scuola: provenienti da oltre 120 paesi, negli ultimi tempi sono non meno di 1.500 gli stranieri che ogni anno si iscrivono alla scuola per la prima volta. Si tratta di una presenza in crescita, che testimonia il desiderio di molti immigrati di un inserimento sociale maturo e consapevole, in cui la conoscenza della lingua diviene uno strumento essenziale per comprendere il paese di inserimento, ma anche per esprimere e comunicare la storia personale che ha condotto ognuno all‟emigrazione. Cresce dunque il bisogno di conoscere la lingua italiana assieme alla crescita dell‟aspettativa di un inserimento stabile e cambia anche l‟interesse e la qualità della domanda rivolta alla scuola. Nei primi anni per centinaia di stranieri è stato indispensabile apprendere bene, e velocemente l‟”italiano della vita quotidiana”, quella lingua con cui capire e comunicare l‟essenziale, per vincere il disorientamento iniziale, per superare l‟isolamento. Questa domanda è rimasta costante e la scuola continua ad essere per molti stranieri la porta di accesso nella società in cui all‟inizio lavorano solo, senza capire e farsi capire: ogni anno i livelli iniziali di insegnamento della lingua sono frequentati da centinaia di persone che in questo modo, nello spazio di alcuni mesi, allargano la propria capacità di comunicazione e cominciano ad orientarsi nella società italiana. Ma è anche cresciuta negli anni una domanda diversa, espressa da immigrati che vivono in Italia da non meno di quattro o cinque anni, provenienti in larga misura da paesi dell‟Europa dell‟est e dall‟America Latina, in misura molto più ridotta anche dall‟Africa e dall‟Asia. Sono soprattutto donne, impiegate nei lavori domestici e si assistenza alle persone, molte di queste con un buon livello di scolarizzazione, diverse laureate, e con alcuni anni di esperienza lavorativa nel proprio paese, emigrate inizialmente sole, che inviano a casa gran parte dei soldi che guadagnano per mantenere l‟intera famiglia rimasta in patria. Per loro la scuola di lingua diviene il luogo della conoscenza della storia e della cultura italiana ed europea ed al tempo stesso la condizione in cui si sperimenta la possibilità, e le opportunità, dell‟incontro e della convivenza tra persone diverse per lingua, cultura, religione. Un luogo in cui, da adulti, si approfondisce anche la storia e la memoria dell‟Italia e dell‟Europa (Daniela Pompei, Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio – Roma).

I metodi utilizzati dalle scuole popolari si sono consolidati e via, via arricchiti con la pluriennale esperienza sul campo. Proprio per fare sì che l‟apprendimento possa essere esperienziale, si invita il migrante ad essere soggetto attivo e a sentirsi libero di esserlo attraverso il coinvolgimento della sua intera personalità. Questo vuol dire

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che i percorsi formativi e le classi tendono a diventare dei veri e propri laboratori, molto orientati alla creazione di comunità di apprendimento e allo sviluppo di un senso di appartenenza ad un gruppo, nei quali, con diversi approcci e metodologie, si cerca di:

rendere presenti e attivi i corpi, attraverso: giochi, canti, laboratori manuali, materiali grammaticali manipolabili utilizzabili anche individualmente o in piccoli gruppi;

accogliere e stimolare le narrazioni personali-biografiche dell‟esperienza presente: se si dà valore alla lingua nel suo aspetto comunicativo, anche con pochissime parole le persone tendono a “raccontare qualcosa di sé”;

accogliere e stimolare la memoria, attraversando quei temi antropologici universali che tendono ad accomunare le persone in condivisione di esperienze;

non scindere l‟analisi grammaticale dal senso del discorso, dal linguaggio vivo e comunicativo degli studenti presenti qui e ora, non utilizzare quindi situazioni artefatte estrapolate dai libri di testo;

stimolare l‟immaginazione e l‟identificazione attraverso storie, miti, immagini e oggetti.

In questo modo, nonostante le motivazioni degli studenti possano essere le più varie, si viene ad attuare un processo di crescita dove, accanto all‟apprendimento linguistico, c‟è un arricchimento per l‟intera personalità sia da parte degli studenti sia da parte dell‟insegnante che favorisce gli scambi tra le persone. Lo studente, oltre al codice linguistico, viene a conoscere i modelli culturali necessari per socializzare nella società italiana, cioè viene acculturato e allo stesso tempo viene a conoscere le varie soluzioni date da altre culture attraverso i suoi compagni di classe. In questo contesto, l‟insegnante ha il compito di stimolare l‟interesse degli studenti e di fare in modo che tutti si sentano accolti, accettati nella loro totalità e complessità, in modo da poter senza problemi poter esprimere i propri sentimenti ed emozioni con una certa libertà senza paura del giudizio degli altri. Si fanno comunque molti esercizi e conversazione, arrivando in modo induttivo alla regola generale. Non si fanno quasi mai lunghe spiegazioni di tipo formale. Nei corsi vengono utilizzati alcuni testi specifici per l‟insegnamento dell‟italiano ad adulti stranieri, ma l‟uso dei testi non è sistematico, nel senso che essi vengono impiegati solo per le parti più utili a supportare la lezione e mai a scapito del carattere comunicativo della didattica.

Per quanto riguarda eventuali libri di testo facciamo riferimento a quelli di italiano per stranieri. Ce ne sono ormai molti, ma ancora non abbiamo trovato quello che proprio va bene. Per uno che scrive un libro, straniero può essere una definizione molto precisa, mentre per noi straniero è dire niente, perché straniero è anche il turista tedesco che fa la Dante Alighieri. Ora un po‟ meno rispetto a quando ho cominciato quando c‟erano queste unità assolutamente improponibili del tipo: “dove vai a fare la settimana bianca?”… Nel nostro caso anche l‟unità tre: “la famiglia, è scarsamente consigliabile all‟inizio, perché mi ricorderò sempre una delle prime volte che insegnavo ai ragazzi affrontai con il mio libretto il tema della famiglia e venne fuori che in alcuni casi tutti i membri della famiglia delle persone erano morti. Si ha spesso a che fare con persone che hanno avuto vite molto complicate, per cui bisogna avere la sensibilità di scegliere cose che da un lato servono e dall‟altro siano da loro recepibili

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(Chiara Peri, Associazione di Volontariato Centro Astalli per l‟Assistenza agli Immigrati).

Alcune scuole, più strutturate nella gestione della didattica e del sillabo, si caratterizzano come un “laboratorio sperimentale” di comunicazione scritta e orale, non in senso immediatamente accademico, ma esperienziale e diretto tanto che negli anni, proprio il know-how pedagogico e didattico ha in alcuni casi prodotto una metodologia originale e sistematica di insegnamento dell‟italiano come L2, con la pubblicazione di manuali – con ampia diffusione nazionale – e altro materiale specifico. Nel caso della Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio, ad esempio, l'esperienza della scuola ha permesso la pubblicazione di due testi di insegnamento della lingua, dal titolo significativo "L'italiano per amico". Livello base (1989) e Livello intermedio (2001), La Scuola, Brescia, corredati di sussidi multimediali.43 Il Corso di lingua italiana per stranieri L‟italiano per amico parte dalla convinzione che la conoscenza del contesto culturale debba costituire uno degli elementi portanti di ogni corso linguistico. L‟italiano per amico, a tal fine, riproduce materiale preso dalla realtà e fornisce spunti per ampliamenti ed approfondimenti individuali e collettivi. Nel volume di livello intermedio le aree tematiche prescelte, riguardanti sia temi di costume sia temi culturali di più ampio respiro, intendono porsi come invito e introduzione ad una maggiore conoscenza della cultura italiana ed anche come occasione di riflessione su alcuni argomenti di sicuro spessore culturale. Ad ogni area tematica corrisponde, secondo una progressione ordinata per unità didattiche, uno o più contenuti grammaticali. Il presupposto metodologico de L‟italiano per amico è la necessità di cogliere, nella lingua, non solo l‟elemento tecnico-funzionale, ma anche il valore comunicazionale, valorizzando il portato culturale e il fattore identitario che l‟appartenenza linguistica comporta.

L‟obiettivo è quello di fornire agli alunni stranieri strumenti e competenze atte a garantire autonomia nella comunicazione (sviluppo del lessico e della strumentalità di base), promuovendo anche un “dialogo interculturale” che rafforzi la capacità di convivenza e valorizzi le diverse identità. Il dibattito sull‟insegnamento dell‟italiano come L2 ha talvolta insistito sulla contrapposizione tra metodo nozionale-sintetico e nozionale-analitico. Il primo, imperniato su una conoscenza approfondita degli elementi lessicali e grammaticali, si propone il conseguimento di una elevata competenza linguistica. Il secondo, basato più sulla conoscenza di elementi a più alta frequenza, sarà in grado di soddisfare esigenze di una maggiore competenza comunicativa.

43 Dal 1989, in cui fu pubblicato per la prima volta, del testo di livello base ne sono state prodotte circa

50 mila copie. In questi anni, il metodo è stato utilizzato, oltre che dalla Scuola Massignon, anche da molte scuole di italiano per immigrati realizzate da altre associazioni in tutta Italia. E non sono poche le scuole elementari pubbliche che lo utilizzano per l‟inserimento dei bambini stranieri. Inoltre, a partire dal 2000 sono stati pubblicati dei Quaderni attivi per l‟accoglienza degli alunni stranieri (pubblicati sia nella rivista “Scuola Italiana Moderna” dell‟Editrice La Scuola di Brescia sia in volumi ad hoc) che raccolgono dei materiali che hanno l‟obiettivo di facilitare non solo l‟accoglienza dei bambini stranieri nelle classi della scuola italiana dell‟obbligo, ma di mettere anche gli insegnanti in condizione di operare quella mediazione culturale tanto necessaria e tanto utile anche per lo sviluppo dei processi di apprendimento dei bambini sia stranieri che italiani. I Quaderni offrono dei glossari/dizionari di vocaboli di base e dei mini dialoghi, tradotti in 20 lingue europee ed extraeuropee, scelte in base alla rilevanza numerica delle comunità straniere presenti in Italia.

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Più che di una dicotomia teorica, si può parlare di una diversità di obiettivi, che probabilmente vanno riferiti a diversi destinatari dell‟impianto educativo. Posto che per favorire una competenza linguistica di buon livello vanno utilizzate e armonizzate entrambe le metodiche, la preferenza per una o l‟altra delle due “scuole” va piuttosto cercata nella richiesta linguistica dei destinatari. In altre parole, occorre partire sempre dall‟individuazione dei bisogni dell‟apprendente e far aderire l‟offerta educativa alla sua domanda. Allo stesso tempo, il fatto che l‟insegnamento della lingua sia legato all‟obiettivo dell‟integrazione piena dell‟immigrato nella società ci impone un livello di obiettivi linguistici “alto”. E‟ importante, cioè, non accentrare che l‟apprendimento dell‟italiano si fermi a un primo livello di comunicazione orale, quello che viene definito come interlingua. Questo non consente una piena integrazione, sia sotto il profilo sociale, sia perché impedirà sempre la piena espressione del suo portato culturale. Non si può infatti parlare di vera integrazione linguistica, sociale e culturale, senza la possibilità di un suo uso completo della lingua, che scaturisce solo dalla conoscenza approfondita dei processi linguistici. In altre parole, se la conoscenza approfondita dei processi di formazione grammaticale e sintattica non consentono da soli un‟integrazione linguistica, rappresentano tuttavia una componente importante dell‟educazione dell‟italiano come L2. Per questo, L‟italiano per amico utilizza le esperienze concrete di vita di un pubblico adulto per introdurre all‟apprendimento dell‟italiano. Tuttavia questo approccio eminentemente comunicazionale non esaurisce i contenuti dell‟insegnamento, che si sviluppano nel senso di un approfondimento della grammatica e della sintassi della lingua italiana sì da consentire il raggiungimento di un alto livello di competenza linguistica (Valeria Martano e Cecilia Pani, Introduzione, in Comunità di Sant‟Egidio, a

cura di, Dialoghi; Quaderni attivi per l‟accoglienza degli alunni stranieri 2, Editrice La Scuola, Brescia, 2007, pp. 12-13).

Tutte le scuole popolari devono continuamente confrontarsi con il problema degli spazi per lo svolgimento delle lezioni che sono decisamente insufficienti e inadeguati. Questo provoca affollamenti (le classi dei livelli di base arrivano ad avere anche 30-50 studenti), con la necessità della compresenza di più docenti.

Se avessimo la disponibilità di spazi maggiori potremmo fare più corsi. Soprattutto potremmo spalmarli durante tutto l‟arco della settimana. Siamo continuamente alla ricerca di spazi (Cecilia Pani, Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio).

Se avessimo degli spazi maggiori potremmo fare di più. Purtroppo noi abbiamo solo due sale nelle quali, oltre alla scuola, dobbiamo svolgere anche gli altri servizi che il nostro centro offre (in altri giorni e durante altri orari). Abbiamo provato a chiedere spazi a scuole, a parrocchie e ad altre associazioni, ma non abbiamo avuto risposte positive. Se avessimo la disponibilità di altri locali potremmo fare contemporaneamente più corsi differenziati (Lina Fazzolari, ACSE - Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi).

Per quanto riguarda la frequenza, le scuole adottano modelli differenziati: c‟è chi prevede la possibilità di frequenza anche tutti i giorni (a seconda della disponibilità dello studente), ma di regola i corsi si articolano su uno, due o tre giorni la settimana. Ci sono scuole che fanno lezioni anche il sabato o la domenica per venire incontro alle esigenze dei migranti che lavorano. Anche gli orari sono estremamente variati e flessibili (mattina, pomeriggio e sera). La durata della lezione varia da un

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minimo di 1 ora e mezza a tre ore. La durata minima di un corso completo è di 60 ore distribuite su un periodo di tre/quattro mesi, ma molti corsi iniziano a settembre/ottobre e terminano a maggio/giugno. Nella maggioranza dei casi i corsi durano tutto l‟anno senza significative interruzioni (a parte la pausa del mese di agosto), e il numero delle lezioni settimanali viene fissato in relazione alle disponibilità dei volontari. I volontari sono generalmente insegnanti di ruolo, ex insegnanti, professionisti, pensionati, studenti, neolaureati e specializzandi, operatori in servizio civile. La loro formazione avviene essenzialmente per affiancamento e autoformazione con incontri periodici guidati da ciascuna equipe. Per insegnare nelle scuole popolari di italiano non è indispensabile avere specifiche conoscenze tecniche ed esperienze di insegnamento (sebbene sia auspicabile), ma è più importante l‟essere disposti ad imparare da chi ha già esperienza, sapersi mettere in gioco; saper motivare la classe e renderla unita nella sfida dell‟apprendimento della lingua; essere creativi nelle lezioni, saper ascoltare l‟altro per dargli ciò di cui ha bisogno, mettendo in secondo piano la propria gratificazione personale, che per i volontari delle scuole popolari consiste nel rendere le persone indipendenti e capaci di vivere dignitosamente nel nostro Paese,

Grande problema di questo tipo di scuola sono le diverse provenienze e scolarizzazioni. Un africano francofono conosce non solo il nostro alfabeto, ma ha anche nozioni di strutture grammaticali, mentre un asiatico, indiano o altro ha molta più difficoltà. Allora le lezioni devono camminare su più binari e ciò rende l‟insegnamento molto più difficile, ma anche interessante dal punto di vista didattico. Per me la cosa più importante è di portare gli studenti ad esprimersi, ad avere il coraggio di parlare anche facendo errori grammaticali. Correggo poco per non bloccarli e invento dialoghi tra di loro su temi che li interessano. Un altro esempio: studiamo le lettere dell‟alfabeto e chiedo a tutti di elencare parole che iniziano con le lettere a, b, c, etc.. Poi, con il solito metodo (mimica, gesti, etc.) spiego a chi non conosce queste parole il significato delle stesse. Così mi rendo conto di quante parole italiane conoscono già. Allora li incoraggio, dimostrando loro che non è vero che non conoscono l‟italiano e li incito ad avere il coraggio di parlare anche sbagliando, cosa che io ho fatto tanti anni fa quando sono arrivata in Italia e ho cominciato a parlare l‟italiano italianizzando le parole francesi che conoscevo molto bene (Anke Hohenstein de Bernardinis, Scuola di italiano del Servizio Rifugiati e Migranti della Federazione Chiese Evangeliche in Italia – Roma).

I volontari insegnanti sono eterogenei e per loro è previsto un periodo di formazione e di tirocinio con affiancamento. Generalmente, sono persone pensionate relativamente giovani, non necessariamente della scuola, anzi alle volte è complicato se si tratta di persone che vengono dal mondo della scuola. Il tratto fondamentale che devono possedere è l‟interesse alla comunicazione e all‟italiano, e non ad un generico “voglio rendermi utile”. La scuola di italiano cerca di strutturarsi come una comunità in cui alcuni si rendono disponibili a venire incontro alle necessità degli altri, facendosi loro prossimi secondo lo spirito del Vangelo: “… ero straniero e mi avete ospitato” (Matteo 25,35). Ciò significa che agli insegnanti volontari è richiesta innanzitutto la volontà e la capacità di avere attenzione ai singoli studenti, stabilendo relazioni di fiducia e di empatia, nella consapevolezza che lo stesso insegnamento risulta più efficace si provvede a scaldare il cuore e l‟intelligenza e che l‟azione coordinata di più persone incide di più sulla realtà che la buona volontà del singolo. Per la maggior parte i

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volontari sono persone che si autoformano, nel senso che sono persone curiose di questa esperienza, che cercano di scambiarsi le esperienze che fanno, che a volte vanno a frequentare realtà diverse per vedere che succede… Per anni ho fatto il coordinatore dei volontari e credo che debbano essere persone molto precisamente motivate, da un lato, a tutte le tematiche dell‟immigrazione, dell‟asilo e dei rifugiati e, dall‟altro, all‟insegnamento dell‟italiano, per cui cercano continuamente di documentarsi su entrambi questi campi. Noi cerchiamo di facilitare questo. La scuola dispone di una piccola biblioteca con i libri di testo, dove un po‟ li abbiamo forniti noi, un po‟ ci vengono segnalati via, via dai vari volontari, acquistati e messi a disposizione. Ai volontari viene richiesto un impegno di tempo abbastanza significativo, perché ci sono le lezioni, c‟è il prepararsele, c‟è tutto l‟intorno di incontrasi, vedersi, riunioni, anche informali con altri insegnanti. Noi offriamo dei momenti di formazione, organizziamo degli incontri, dei convegni o delle giornate di studio, però non è tanto semplice chiedere a persone a cui già è richiesto un grosso impegno di impegnarsi in ulteriori attività (Chiara Peri, Associazione di Volontariato Centro Astalli per l‟Assistenza agli Immigrati).

La formazione dei volontari avviene essenzialmente per autoformazione. Noi abbiamo un metodo ormai consolidato dall‟esperienza. Facciamo un corso base con qualche accorgimento. Ad esempio, prendendo un‟unità didattica tipo i verbi, facciamo soltanto l‟indicativo presente e il passato prossimo, mentre non facciamo l‟imperfetto, il futuro e i congiuntivi. Facciamo il condizionale di cortesia perché serve loro per presentarsi e interagire con gli estranei. Degli avverbi ne abbiamo scelti una quindicina, quelli che servono di più... E così via. I nuovi volontari, quindi, prima si studiano il nostro materiale didattico e poi fanno affiancamento, per cui ascoltano e danno un mano all‟insegnante nell‟affrontare i singoli casi più difficili (alunni analfabeti o semianalfabeti) (Augusto Venanzetti, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus).

Una caratteristica importante di alcune scuole è l‟inserimento di alcuni stranieri tra i volontari insegnanti che lavorano o studiano a Roma, o già laureati in varie discipline, provenienti da alcuni dei paesi di maggiore provenienza dei migranti, che danno un apporto significativo ad un insegnamento basato su un contesto di esperienze personali. Le organizzazioni più strutturate hanno anche un calendario annuale di incontri con formatori esterni e assumono personale con contratti di collaborazione a tempo determinato. In molte scuole partecipano anche dei tirocinanti a seguito di accordi e convenzioni con le Facoltà di Lettere, di Antropologia e di Studi Orientali dell‟Università La Sapienza, con la Facoltà di Lingua e letteratura straniera dell‟Università Roma Tre e con l‟UPTER.

I tirocinanti trovano nella nostra scuola alcune condizioni favorevoli, come la libertà di frequenza per orari e continuità, e l‟assoluta gratuità del tirocinio; parecchi di loro restano poi nel gruppo come semplici volontari, attirati dalle esperienze che la scuola consente e dal contatto con l‟universo immigrazione (Augusto Venanzetti, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus). La Caritas ha le sue convenzioni per i tirocinanti. E‟ chiaro che la persona una volta che arriva qui fa un percorso di inserimento. Per questo non prendiamo dei tirocinanti per periodi molto brevi, minimo per tre mesi. Vogliamo che la persona capisca il

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contesto in cui si muove, che sia sensibilizzata. Ci sono dei tirocinanti che sono rimasti a fare i volontari. Il tirocinante, comunque, fa un periodo di affiancamento. C‟è una supervisione da parte del coordinatore, per cui il tirocinante non viene lasciato a stesso (Antonella Nicoletti, Scuola di italiano del Centro di ascolto e accoglienza della Caritas Diocesana di Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà – Roma).

Il fatto che questo imponente lavoro sia per massima parte frutto dell‟impegno volontario e gratuito di centinaia di persone (mediamente ogni scuola può contare su 15-20 volontari), non toglie nulla alla professionalità dell‟approccio didattico. Al contrario, si potrebbe parlare di un “surplus” motivazionale che ha permesso di tenere vivo l‟aspetto della ricerca didattica e metodologica. L‟attività degli operatori delle scuole popolari viene costantemente monitorata ed è oggetto di discussione. I gruppi di alfabetizzazione si riuniscono a cadenze fisse (incontri settimanali, mensili o trimestrali) e in tale sede si portano resoconti, si affinano le motivazioni, si “formano i formatori”, si scambiano esperienze, si fanno programmi, si varano azioni, progetti, sperimentazioni. Soprattutto, si commentano casi personali di studenti che evidenziano particolarità e si individua l‟azione più efficace. Si cerca, insomma, di intervenire anche sul singolo, esaminandone la situazione (analfabetismo, scrittura non con alfabeto latino, stati di precarietà, etc.). Le classi, in quasi tutte le esperienze di insegnamento, non sono monoetniche, se non in casi particolari che richiedono un intervento ad hoc.44 Questa scelta è

44 Tra le esperienze più significative si segnala la sperimentazione di corsi riservati a 200 migranti cinesi

organizzati dal Comitato Locale EdA dei Municipi I e IX in seguito ad un protocollo di intesa tra il Comune di Roma e la comunità cinese, firmato l‟11/05/2007. “Attraverso questi corsi di apprendimento queste 200 persone sono riuscite ad ottenere risultati straordinari perché hanno avuto la possibilità di comunicare ed esprimersi al meglio con i cittadini italiani, favorendo l‟integrazione sociale e culturale. Noi ci auguriamo e speriamo che questa iniziativa continui nel tempo, contribuendo a cambiare lo stereotipo di una comunità chiusa e asociale, migliorando la comunicazione con gli abitanti del posto, aumentando il livello di vita” (Lin Jan Hua, Associazione Donne Cinesi d‟Oltremare - Roma). Oltre che dal I° CPT, questi corsi sono stati realizzati dalla scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali-Focus. L‟esperienza ha rappresentato una novità rispetto al tradizionale metodo della scuola, costruito sull‟impossibilità degli studenti – per via dei lavori saltuari che svolgono – di garantire una frequenza regolare. In questa occasione sono state invece formate classi regolari, formate da studenti di medesima nazionalità, di durata prestabilita e con un percorso didattico strutturato. L‟esito è stato sicuramente positivo e non sono state riscontrate particolari difficoltà nell‟approccio alla lingua italiana e in particolare all‟alfabeto latino. Il fattore discriminante per l‟apprendimento si è rivelato il periodo del soggiorno in Italia. Il programma svolto è stato finalizzato a sviluppare le quattro abilità linguistiche fondamentali, a facilitare le situazioni di più comune comunicazione, all‟acquisizione dei primi rudimenti grammaticali, di un lessico di base. Per i corsi, tenuti da insegnanti volontari della CDS, ci si è avvalsi del supporto di mediatori linguistici. Un‟altra esperienza interessante è quella avviata di recente dalla Associazione Culturale Italia Bangladesh Villaggio Esquilino onlus con un corso dedicato esclusivamente a migranti della comunità bengalese che è stato realizzato in parte presso la moschea di Centocelle e in parte presso la scuola Di Donato all‟Esquilino. Per la metodologia didattica l‟associazione si è ispirata all‟esperienza della CDS, della quale sono stati adottati anche i materiali didattici. “I nostri come i loro sono corsi di lingua utile, che privilegiano l‟aspetto della comunicazione. Questo non significa che non ci soffermiamo sulla grammatica. A volte, baso gli esempi che faccio a lezione sul Corano, dato che si tratta di un testo che conosco abbastanza. Questo crea interesse da parte loro. Ho imposto che in aula si parli italiano; usiamo anche un po‟ di inglese, ma cerchiamo di evitare anche questo: lo facciamo solo per rafforzare la comprensione di certi passaggi” (Angelo De Florio, Associazione Culturale Italia Bangladesh Villaggio Esquilino onlus – Roma).

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determinata da due principali fattori: la lingua veicolare deve essere l‟italiano, e ciò favorisce l‟uso della stessa lingua target dell‟insegnamento per la comunicazione durante tutta la durata delle lezioni. Un altro aspetto, non secondario, è quello della creazione di un gruppo interetnico e interculturale che, opportunamente sostenuto, amplifichi in quanto gruppo la motivazione all‟apprendimento, favorendo dinamiche relazionali.

Le scuole di italiano sono dei luoghi dove si costruisce la convivenza, abituandosi a rapportarsi con persone diverse, non solo italiani con gli stranieri, ma una indovinata macedonia di nazionalità, col gusto di essere insieme. Nelle nostre varie scuole, le classi sono miste e mai monoetniche. Così frequentare la scuola costituisce l‟occasione per costruire relazioni di amicizia tra persone originariamente distanti che probabilmente non si sarebbero mai incontrate. Classi miste possono divenire in maniera stabile e riproponibile un modello concreto, una buona pratica per costruire l‟integrazione e la convivenza basata sull‟incontro quotidiano e, si potrebbe aggiungere, sulla conversazione. Jonathan Sachs in un breve saggio significativo nella sua riflessione – nel libro “La dignità della differenza” – sostiene che: “Il vero antidoto alla violenza è la conversazione. Parlare delle nostre paure, ascoltare quelle degli altri, condividendo le nostre vulnerabilità si scopre una genesi di speranza”. Noi diciamo a tutti i nostri studenti che offriamo loro la chiave per entrare in una società. La lingua è questa chiave preziosa che ci accomuna e ci permette di comprenderci. Auspichiamo vivamente e fortemente una diffusione maggiore e strutturata di luoghi di distribuzione di queste chiavi (Daniela Pompei, Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio – Roma).

Nelle nostre lezioni, le spiegazioni non sono strutturate in modo formale. Alla regola ci si arriva attraverso molti esercizi e conversazione. Si lavora molto con i testi delle canzoni. Nell‟ultimo corso, ad esempio, abbiamo visto pezzi di film e alcune frasi di Ecce Bombo o di Alberto Sordi sono diventate un tormentone in classe. Abbiamo fatto lezioni fuori dall‟aula, partecipando ad esempio ad un convegno su uno scrittore arabo e facendo poi una passeggiata per il centro. Soprattutto il venerdì c‟era conversazione libera, in cui loro parlavano di cosa facevano nelle loro giornate. In questo modo, mentre all‟inizio ci sono stati piccoli scontri tra egiziani ed eritrei, via, via si sono affiatati e alla fine del corso si erano così sciolti e compattati come gruppo che si parlava tranquillamente anche di argomenti sensibili come politica, sesso (anche in presenza di due donne di cultura araba!), omosessualità, etc... Insieme abbiamo fatto anche alcune feste, uscite collettive, cantato canzoni e visto film (Emanuela Pilati, Forum delle Comunità Straniere).

Gli spazi dovrebbero essere curati, sufficientemente accoglienti da rendere l‟atmosfera non asettica, ma quella propria di un ambiente di vita, ma al tempo stesso sufficientemente semplici e neutri perché il gruppo possa “riempirli”, costruirseli a propria immagine e somiglianza, modificabili, perché le persone possano manipolarli con autonomia e padronanza, curarli, contribuire a renderli vivibili. L‟ambiente, i muri, gli oggetti che vengono costruiti, sono la testimonianza visibile del dipanarsi di un processo di crescita: dell‟apprendimento linguistico, delle esperienze condivise, delle relazioni. Ma, il contesto è anche il clima relazionale, continuamente curato attraverso la convivialità: celebrare le feste, preparare e consumare insieme il cibo, condividere musica, canti, danza, giochi. Sancire dei momenti di passaggio nel percorso. Offrire uscite per immergersi insieme in una “didattica” che scaturisca direttamente dall‟ambiente, urbano o naturale (Rete romana delle scuole popolari di italiano, Relazione Introduttiva, Convegno del 28/11/2008).

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Una distinzione che in alcuni casi viene fatta riguarda il sesso degli studenti, soprattutto in riferimento a quelle culture/comunità straniere dove non c‟è un rapporto paritario e dove il rapporto tra i generi viene visto in modo molto diverso dal nostro. In questo modo si capisce come possano sorgere dei problemi nel gestire la classe dove le donne si sentono imbarazzate alla presenza di uomini, o immigrati uomini che per motivi culturali non accettano un rapporto paritario con l‟altro sesso e, quindi, troverebbero difficoltà a stare in una classe dove c‟è una donna come insegnante.

Nell‟ultimo corso abbiamo avuto solo due donne, libiche. La storia del loro inserimento in aula è interessante. Erano da livello elementare, ma non volevano stare con i bengalesi perché sentivano la loro cultura molto lontana. Pur di farle frequentare si è deciso di inserirle in un corso intermedio, in classe con egiziani ed eritrei. Erano molto religiose e sempre velate, eppure si sono integrate bene nel gruppo. Gli uomini hanno avuto molto rispetto. Sono venute anche alla cena finale. Una delle due lavorava in ambasciata. Erano adulte, ma non erano sposate e vivevano con i genitori, che - sapendo che l‟insegnante era una donna – hanno acconsentito a farle venire (Emanuela Pilati, Forum delle Comunità Straniere).

Le donne islamiche, in particolare, costituiscono un problema su cui è necessario porre un‟attenzione specifica, perché spesso sono molto timide, analfabete, isolate all‟interno del gruppo familiare (con mariti che non consentono la loro partecipazione a scuole miste e con un impegnativo lavoro di cura dei figli piccoli) e non hanno occasione per parlare italiano. Per favorire l'accesso di studentesse di sesso femminile alcune associazioni hanno sviluppato dei corsi per sole donne, prevedendo anche la possibilità che alle lezioni possano portare anche i loro figli più piccoli (in alcuni casi è previsto un servizio di baby sitting). In questi casi, la scuola di italiano è un punto di partenza per realizzare un intervento a tutto tondo sul nucleo famigliare rispetto a temi come la genitorialità, il supporto psicologico e l‟accesso a servizi come il consultorio e l‟istruzione scolastica.

I nostri corsi L2 per sole donne sono solo una azione di un progetto ben più ampio, perché con loro facciamo attività come archivio della memoria, laboratorio di narrazione, spazio di ascolto per famiglie, laboratorio artigianale, laboratori per bambini, educazione alla genitorialità, etc.. La scuola è insomma un contesto di partenza per altre azioni. Ti permette di incontrare i destinatari del progetto in modalità conviviale ed aperta per poi proporre anche altro. Vogliamo offrire percorsi che restituiscano alle persone la loro “interezza” e siano il più possibile onnicomprensivi rispetto ai loro bisogni di assistenza legale, orientamento sociale, assistenza sanitaria, recupero di una progettualità formativa e lavorativa e supporto psicologico e psicoterapico (Marco Carsetti, Asinitas Onlus).

La nostra scuola è attiva da 9 anni ed è nata come attività spontanea su iniziativa dei giovani del Centro di Formazione Giovanile della Madonna di Loreto, presso la parrocchia San Carlo da Sezze di Acilia. E‟ diventata punto di riferimento per le

comunità del Sri Lanka e del Bangladesh, che sono, infatti, due tra le comunità più numerose della scuola. Da quest‟anno abbiamo attivato anche una classe per sole donne, abbinata ad una classe per i loro bambini prevalentemente della fascia della scuola elementare (fanno i compiti e giocano). Negli anni, ci siamo accorti che le

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mamme portavano con sé anche i loro bambini perché hanno difficoltà ad affidarli ad altri. Questo non andava bene per cui abbiamo trovato questa soluzione (Arianna Droghei, Scuola di italiano dell‟associazione Madonna di Loreto di Acilia – Roma).

Il Centro di Cultura Islamica organizza un corso di italiano per le mamme di bambini immigrati provenienti da paesi di lingua araba, ma che in Italia non hanno modo di praticare la lingua scritta e che, quindi, frequentano presso il Centro corsi di arabo per minori. Le mamme accompagnano i figli ai corsi di arabo e poi, nell'attesa, frequentano la lezione di italiano.

Il corso è iniziato per caso. Mio marito è egiziano e venivo qui a portare i miei figli al corso di arabo e poi mi toccava aspettare per tre ore. Non sono una persona a cui piace stare con le mani in mano, ho pensato a come impegnare il tempo e così ho avuto l'idea del corso. … La composizione della classe è eterogenea. Al suo interno ci sono più livelli di conoscenza della lingua italiana. Inoltre, ci sono donne che nel loro paese hanno preso il diploma e che hanno una maggiore vivacità intellettuale e facilità di apprendimento. Altre hanno invece una cultura modesta, spesso sono qui da decenni. ma non parlano la lingua perchè a casa si parla arabo e loro hanno scarsi contatti con la società italiana. Spesso guardano anche la TV via satellite in arabo. Infine, ci sono le analfabete, che non conoscono i caratteri latini o addirittura l'alfabeto arabo. Per lo meno per queste ultime si tenta di fare un gruppo separato di alfabetizzazione. L'anno scorso è intervenuta una ragazza immigrata di seconda generazione che teneva lezione al gruppetto delle donne analfabete. Quest'anno c‟è una volontaria italiana che fa un lavoro analogo. Il successo del corso dipende dal fatto che facciamo cose collegate alla realtà: per esempio ci esercitiamo sui prodotti da comprare. Molte non acquistano i prodotti perchè non sanno riconoscere gli ingredienti ed hanno paura che ci sia del maiale. L'argomento teorico è sempre applicato alla realtà. Ad esempio riempiamo insieme la modulistica per la scuola e per le ASL. Si parte sempre da una spiegazione grammaticale, ma in maniera deduttiva; dall'esempio, non dalla regola. E' la metodologia che serve a far ricordare loro più facilmente la regola. Poi si fanno esercizi su quella regola. Cerchiamo anche di fare un lavoro di ampliamento lessicale utilizzando nuove parole e utilizzandole per formare le frasi. Hanno un lessico molto povero (Antonella Primerano, Centro di Cultura Islamica).

Un‟altra distinzione di target che in alcuni casi viene fatta riguarda i rifugiati e i richiedenti asilo. Il deficit di politiche pubbliche ascrivibile sia al ritardo nella comprensione del fenomeno, sia a quello che la letteratura internazionale definisce razzismo istituzionale, pur essendo una realtà numericamente modesta e quindi in teoria non difficile da gestire, rendono il loro inserimento nella società di accoglienza particolarmente problematico.45 L‟italiano è soprattutto un indispensabile strumento

45 “E‟ grave che lo Stato italiano conceda lo status di protezione internazionale a delle persone e poi non sia in grado di offrire loro un sostegno a trovare una casa, un lavoro e ad imparare la lingua italiana. E‟ garantito solo l‟accesso all‟assistenza sanitaria, perché lo prevede la costituzione e c‟è la legge. Un diritto implica una responsabilità, un impegno pubblico, perché altrimenti non è un diritto. Purtroppo, le risorse, poche o tante che siano, vengono utilizzate in modo ideologico, non in base a delle priorità razionali che un paese si dovrebbe dare, per cui si decide che un richiedente asilo è un potenziale criminale e, quindi, lo si chiude in una struttura militarizzata – i Centri per Richiedenti Asilo, i Centri di Accoglienza (CDA) e i Centri di Identificazione e Espulsione (CIE) - che costa anche 150 euro al giorno a persona” (Chiara Peri, Associazione Centro Astalli). Attualmente, i principali paesi di

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di sopravvivenza per loro che arrivano nel nostro paese all‟improvviso, senza averlo scelto né voluto.

La tipologia del nostro insegnamento dell‟italiano è quella di essere anche una forma di accompagnamento. Noi abbiamo a che fare molto con persone vulnerabili, quindi si deve sempre cercare di trovare una mediazione tra l‟efficacia del corso e la consapevolezza che a volte per le persone la classe è il momento di socializzazione e quindi anche un cercare, da parte dell‟insegnante, di rendere l‟insegnamento della lingua un momento di accoglienza in senso più ampio, di introduzione al contesto culturale, cercando di organizzare alcune attività di socializzazione esterne, andando a fare delle visite in giro per la città o delle passeggiate, per classi o in gruppi. Si cerca, cioè, di affiancare queste due esigenze. … Lo spirito del nostro servizio è un po‟ quello di cercare di incoraggiare le persone a transitare e andare, piuttosto che a restare. Questo si spiega con il fatto che il nostro non è tanto un servizio di formazione formale, quanto un servizio di prima emergenza. Al contrario di una scuola tradizionale, il successo si misura anche dal numero di studenti che lasciano i corsi: spesso significa che sono in grado di farsi capire a sufficienza per trovare un lavoro e iniziare il lungo percorso verso una vera integrazione. L‟esperienza ci racconta che come una persona spiccica quel minimo di italiano indispensabile per trovare un lavoro, se ne va, perché la motivazione primaria è quella. Poi, lavorando, forse impara l‟italiano molto meglio di quanto lo possa imparare da noi. Chi segue un corso frequenta tutti i giorni. La frequenza è obbligatoria e chi non frequenta con continuità perde il posto. Si frequenta dal lunedì al venerdì per un‟ora e mezza al giorno con continuità, per un totale di 7 ore e mezzo settimanali. … Si cerca di dire: questo è un servizio importante, se tu ne hai necessità, sei benvenuto, se ad un certo punto smetti di frequentarlo perché hai di meglio da fare siamo felici per te, però nel momento in cui decidi che lo vuoi frequentare non ci possiamo permettere di lasciare la sedia vuota quando fuori c‟è la fila delle persone che lo vogliono frequentare (Chiara Peri, Associazione di Volontariato Centro Astalli per l‟Assistenza agli Immigrati).

Per cercare di venire incontro all‟esigenza di imparare l‟italiano in tempi molto più brevi da parte del crescente numero di richiedenti asilo e protezione sussidiaria e umanitaria e di rifugiati che vivono nei centri di accoglienza, alcune scuole cercano di reperire risorse addizionali per poter organizzare corsi intensivi. I richiedenti asilo e i rifugiati hanno solo sei mesi di tempo per trovarsi un lavoro, per cui non hanno molto tempo per investire nell‟apprendimento della lingua e nella formazione.

Con Ebitemp (l‟Ente bilaterale delle agenzie di somministrazione lavoro) abbiamo realizzato dei corsi intensivi che sembravano ottimali perché in poche settimane si riusciva a fare quello che normalmente richiedeva dei mesi. Per questo abbiamo cercato di reperire altri fondi, partecipando a bandi. La Caritas ha un polo formativo che è accreditato presso la Regione Lazio e quindi abbiamo partecipato all‟ultimo bando EDA regionale e nel 2008 abbiamo organizzato 4 corsi di italiano di 120 ore – due corsi di base e due corsi intermedi - e uno di informatica di 120 ore. All‟interno di tutti i corsi c‟era un modulo di 20 ore sulla società e la cultura italiana, con anche un orientamento al lavoro. Quelli che hanno frequentato il corso di base sono stati indirizzati, in maniera libera, anche al corso intermedio per cercare di dare una continuità all‟apprendimento. Occorre sensibilizzare bene e molto i richiedenti asilo e i rifugiati sul fatto che è meglio che per quel periodo di sei mesi in cui sono ospitati nei

provenienza dei richiedenti asilo sono: Etiopia Guinea, Costa d'Avorio, Nigeria, Togo, Afghanistan, Kurdistan turco, Somalia, Eritrea e Sudan.

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centri di accoglienza sfruttino al massimo le opportunità che hanno per formarsi sia nella lingua che dal punto di vista professionale. Altrimenti, c‟è il rischio che terminati i sei mesi si ritrovino nelle stesse condizioni in cui si trovavano al momento dell‟arrivo in Italia, senza un lavoro e quindi a rischio di espulsione. Più imparano la lingua e maggiori sono le possibilità di trovare un lavoro più stabile e duraturo. Per questo abbiamo pensato che per questo tipo di migranti funzionano meglio i corsi intensivi nel pomeriggio. Per chi vive nei centri di accoglienza i corsi di italiano sono anche un momento di scambio e di crescita nella conoscenza della lingua italiana, perché altrimenti si trovano un po‟ ghettizzati all‟interno dei centri stessi, spesso in gruppi monoetnici che non parlano italiano. Attraverso il settore lavoro che fa orientamento e accompagnamento al lavoro si cerca di trovare delle risorse anche per sostenere le persone con dei progetti individualizzati, perché l‟ideale è di fare dei corsi che prevedano un rimborso spese in modo da evitare la dispersione ed incentivare la frequenza. Purtroppo, nei corsi finanziati dalla Regione non si poteva utilizzare tale misura, perché non era consentito dal bando. Però, abbiamo pagato le spese di viaggio che già è una cosa fondamentale per loro. Quindi, c‟è questa progettualità proprio perché la richiesta è fortissima di corsi di formazione sia di italiano che professionali. Adesso, stiamo partecipando ad un altro progetto con il Ministero del Welfare a valere sul Fondo nazionale per l‟inclusone sociale (che è stato recentemente eliminato) organizzando due corsi, uno di base e uno intermedio, sempre con questa formula dei corsi intensivi di 20 persone (Antonella Nicoletti, Scuola di italiano del Centro di ascolto e accoglienza della Caritas Diocesana di Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà – Roma).

È vitale per i richiedenti asilo e i rifugiati, che spesso hanno vissuto esperienze drammatiche, essere in grado di comunicare i propri bisogni, orientarsi in una grande città, capire ciò che avviene intorno a loro e che li riguarda da vicino: tutti elementi difficilmente rinvenibili su un testo di grammatica italiana. Soprattutto per questi migranti che spesso vivono confinati nei centri di accoglienza o nelle occupazioni, la scuola popolare di italiano ha una funzione importante sul piano sociale, perchè spesso è l‟unico contesto di base di appartenenza e di normalità in grado di ridare loro un senso sociale. Quindi, un aspetto importante da sottolineare riguarda il lavoro sociale che si fa in queste scuole anche per favorire la ricerca e lo sviluppo della nuova identità personale e culturale da parte di questi segmenti particolarmente vulnerabili delle popolazioni migranti. Andare alla scuola popolare di italiano vuol dire poter socializzare con altre persone italiane e straniere di altre nazionalità, uscire dal centro di accoglienza che può anche essere una gabbia.

Per i rifugiati/richiedenti asilo la nostra scuola è luogo ideale di accoglienza e cura perché garantisce continuità nella relazione e utilizza il gruppo, valorizzandolo, sia come strumento di apprendimento che di cura dei singoli. La scuola mira da una parte al lavoro sulla memoria della propria storia individuale (inclusi i traumi, i viaggi, le identità perdute) e contemporaneamente alla creazione di un nuovo contesto di appartenenza, di creazione di nuove identità e di testimonianza al presente psicoterapico (Marco Carsetti, Asinitas Onlus).

Nelle scuole popolari il gruppo stesso, la classe, è lo strumento di apprendimento e le tecniche didattiche e comunicative che vengono sviluppate hanno proprio questa funzione. La ricchezza di una scuola è anche lo scambio interculturale che è anche uno stimolo per l‟apprendimento. Rispetto a questo occorre riconoscere il valore di una didattica comunicativa che fa interagire le persone, in modo che le relazioni tra

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gli allievi diventano cooperative. Inoltre, insieme alle lezioni in classe, molte scuole popolari organizzano delle attività esterne a scopo didattico, aggregativi, culturale e ricreativo, come la visita di musei e mostre, di luoghi storici o paesaggistici della città, feste in particolari momenti dell‟anno, visione di film.

La classe diventa un gruppo di riferimento, una sorta di comunità di socializzazione, per le persone che frequentano i corsi. Alla fine del primo corso, sotto Natale, organizziamo una festa e nelle ultime lezioni del mese di dicembre raccogliamo le tradizioni di ciascun paese per festeggiare il natale o l‟anno nuovo e l‟ultimo giorno di lezione si fa una sorta di assemblea comune con tutte le classi e ogni classe porta un canto, una poesia o un racconto speciale, mettendo in comune le culture delle singole persone che frequentano la scuola. Questo è un momento di incontro che rende familiare la scuola, permette alle persone di conoscersi tra di loro. Per il secondo corso (che finisce a Pasqua) la parte finale è una sorta di piccolo saggio, per cui ogni classe prepara delle cose, dei testi, delle poesie, delle musiche. In chiusura dell‟ultimo corso, invece, organizziamo una visita guidata gratuita a Castel Sant‟Angelo. In tutti e tre i corsi sono inserite delle lezioni di educazione civica e sugli aspetti culturali della città di Roma (Zerbinati Silvia, Servizio Rifugiati e Migranti - SRM della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia).

Proprio per favorire l‟apprendimento attraverso le dinamiche di gruppo sono state avviate alcune interessanti sperimentazioni come quella della scuola di italiano Didattica Teatro Cotrad, nata dal teatro di strada applicato all‟insegnamento dell‟italiano, e che quindi in classe unisce le lezioni di lingua italiana alle pratiche teatrali. Una sperimentazione di un metodo di insegnamento dell‟italiano attraverso il teatro. Una didattica che cerca di far penetrare più nel profondo l‟italiano, di relazionarsi direttamente con la persona. Attraverso il movimento del corpo, la gestualità, l‟impostazione della voce, la fluenza, il ritmo, le performance teatrali si abituano gli allievi a fare una esperienza di vita in italiano, ad esprimere le loro sensazioni e i loro sentimenti attraverso l‟italiano come prima lingua di codifica. Le classi di Didattica Teatro prevedono più livelli di produzione e fruizione della lingua italiana e sono state immaginate come una porta aperta ed accessibile al sapere per tutti gli studenti. Non esiste uno standard di accesso, non sono contemplati i test d‟ingresso tra un livello ed un altro, tutto mira e sprona all‟autonomia dell‟individuo ed alla cooperazione nell‟apprendimento.

Si è ritenuto necessario far nascere un percorso didattico che coinvolgesse il non-detto, che desse spazio ai lunghi silenzi delle navigazioni, agli innumerevoli arabeschi che sbiaditi si nascondono dietro le esistenze dei migranti. La lettura come la scrittura, prima d‟essere un processo produttivo è un gesto del corpo, voce e movimento. Ivan

Illich46 parla di come la parola sia incorporata al gesto, un testo prima di essere letto viene ingerito e digerito attraverso il movimento. Come la parola anche il silenzio attraversa la corrente del movimento gestuale. Sempre Illich sottolinea il fatto che esistano studi che dimostrano come il ricordo corrisponda all‟attivazione di sequenze ben precise di comportamenti muscolari, con i quali le espressioni verbali sono collegate, la musica dei mietitori ne è un esempio. Così i segni non verbali traducono per primi le intenzioni di ogni essere umano, come la parola nata dal movimento stimola il ricordo. Nella nostra ricerca didattica abbiamo quindi puntato non sulle

46 Illich I. Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1994,

pp. 56-57.

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diversità culturali di studenti migranti, ma sui fattori propri dell‟essere umano sia esso nato in Asia che in Africa. L‟essere umano, prima ancora di comunicare attraverso le combinazioni alfabetiche, esprime problematiche e necessità attraverso il movimento, all‟interno di un qualsivoglia spazio di relazione. … Il teatro dà attenzione all‟essere umano, al respiro, alla voce. Si è voluto portare quest‟esperienza in classe. C‟è molta attenzione alla relazione, diretta, tra persone che sono diverse solo per cultura. Il teatro permette un riconoscimento reciproco. Tra i corsi ci sono quelli con donne vittime di tratta e con richiedenti asilo che vengono dall‟Afghanistan. E‟ importante parlare di diritti e sono importanti i percorsi di autoformazione. Il nostro metodo, chiamato “didattica teatro” è incentrato sulla partecipazione diretta degli studenti. Le lezioni sono divise in due parti, una più grammaticale e una basata sulla recitazione e più in generale sul teatro. La stessa concezione della classe viene messa da parte e il contatto si fa diretto. Gli alunni hanno l'opportunità di studiare la lingua italiana, attraverso un percorso coerente ed attento alle esigenze d'apprendimento e le lezioni di lingua italiana sono seguite da piccoli laboratori teatrali, in cui insegnanti ed alunni mettono in scena i contenuti appresi durante la lezione. Utilizzare la lingua italiana unita alla libertà d'azione del contesto teatrale significa imparare ad affrontare tutte quelle difficili situazioni comunicative che quotidianamente lo studente migrante affronta. Noi ci poniamo il problema di valorizzare la cultura e l‟esperienza della persona. Attraverso il teatro, il cinema, la radio e lo sport si creano dei contesti quotidiani dove si possono esprimere le necessità. Su queste necessità noi lavoriamo. Chiaramente, il veicolo è la lingua italiana e il laboratorio di teatro è un momento in più per imparare in classe. L‟anno scorso abbiamo studiato l‟Antigone riscritta da Jean Anouilh e i ragazzi si sono divertiti come dei pazzi e insieme abbiamo riflettuto molto. Noi creiamo delle strutture di lezione nelle quali però sono i ragazzi che sono spinti a prendere parola e diventare parte attiva della classe. Noi cerchiamo di fare sì che gli allievi possano imparare la grammatica attraverso la conversazione, il teatro, la messa in scena, il gioco, l‟attività creativa. Questo richiede che sia l‟allievo a mettersi in gioco e a saper superare lo scoglio di non saper parlare. Noi cerchiamo di eliminare tutta la fase della didattica tradizionale in cui prima si deve apprendere la nozione e poi parlare. L‟insegnante incita l‟allievo a buttarsi, a mettersi alla prova, a scambiare le proprie competenze con gli altri (Gaia Mormina, Didattica Teatro Cotrad - Roma).

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Alcune scuole popolari di italiano per i migranti attive nell’area metropolitana romana

scuola popolare e zona coperta

caratteristiche dell'ente che promuove la scuola

caratteristiche dei corsi di italiano L2

contatti

Abaco cooperativa sociale (Ostiense e Flaminio)

Si tratta di una cooperativa sociale integrata e di un ente di formazione accreditato che lavora sin dalla metà degli anni '80 nel settore della formazione all'informatica, con una particolare attenzione ai bisogni formativi ed all'inserimento al lavoro protetto dei soggetti svantaggiati.

Da ormai 4 anni la cooperativa porta avanti come sede UPTER corsi di formazione gratuiti per stranieri, che integrano lingua italiana, informatica di base e intercultura. La modalità formativa "e-blended" permette agli studenti lavoratori di alternare formazione in presenza (nei fine settimana) ed a distanza. I corsi danno accesso ad un esame gratuito per l'attestazione CILS.

Abaco, via Manlio Gelsomini 32, Roma 065783468 [email protected] Referente: Mauro Mancini

Area Ingovernabile (Salario)

Area Ingovernabile è uno stabile sulla via Salaria recentemente occupato da un collettivo politico che in lotta per il diritto alla casa, ed all'interno del quale hanno oggi trovato alloggio alcune decine di nuclei famigliari senza casa, tra i quali numerosi immigrati.

Il corso di lingua italiana è partito molto di recente (ottobre 2008) a cura di: Comitato di Lotta Quadraro, gruppo Non Tacere, ass. Rami. Le lezioni si svolgono direttamente all'interno dello stabile occupato, anche in considerazione della situazione di isolamento territoriale dei residenti. Gli studenti sono stati attivamente coinvolti anche nella fase di organizzazione e attrezzamento degli spazi.

Non Tacere [email protected] Referente: Alessandra Bozzoli

Asinitas (San Paolo e Tor Piganttara/ Maranella)

Associazione di promozione sociale attiva dal 2003 (ma costituitasi formalmente nel 2005). Porta avanti progetti per l'integrazione sociale delle persone immigrate e rifugiate, con una particolare attenzione alla promozione dei diritti e delle pari opportunità di rifugiati e donne straniere.

I corsi di lingua italiana sono strettamente integrati ad attività quali: laboratori espressivi, servizio legale, orientamento. L'insegnamento della lingua è quindi occasione di conoscenza e presupposto per lo sviluppo di un percorso di accompagnamento più ampio e strutturato. Il corso di Tor Pignattara è rivolto a sole donne, le mamme degli alunni della scuola all'interno della quale si tiene il corso.

Asinitas, c/o Comunità di San Paolo, Via Ostiense 152/B. Roma [email protected] Referente: Marco Carsetti

Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi (Monti)

L’ACSE è stata fondata nel 1975 con l’obiettivo di farsi carico delle “nuove povertà” di Roma legate al crescente flusso di immigrazione. Tra i servizi offerti citiamo: orientamento sociale, servizio legale, ambulatorio odontoiatrico, orientamento al lavoro, borse di studio, corsi di informatica ed inglese.

La scuola di italiano di ACSE funziona da 10 anni. I corsi sono divisi in due livelli: accoglienza ed elementare. Viene coperto anche il periodo estivo grazie ad un apposito corso. La composizione degli studenti rispecchia un notevole equilibrio tra i generi. Vi è una collaborazione con la scuola di Sant'Egidio per la didattica e l'accesso alle certificazioni CILS.

ACSE, Via del Bonconsiglio 19, Roma 066791669 [email protected] Referente: Suor Lina Fazzolari

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Associazione Culturale Islamica in Italia (Centocelle)

L'associazione opera a Roma dal 1994 ed è diventata un punto di riferimento importante per la comunità musulmana della Capitale. Tra le attività svolte nella sede di Centocelle vi sono corsi di lingua araba molto frequentati dai minori di seconda generazione provenienti da paesi di cultura araba, e corsi di arabo L2 per adulti.

Dall'anno scolastico 2007-2008, all'interno della scuola che ospita i corsi di arabo per minori di seconda generazione, è stato attivato un corso di lingua italiana rivolto a sole donne. Il corso è frequentato dalle mamme in attesa dell'uscita dei loro figli da scuola, donne spesso in Italia da molti anni ma che non hanno avuto altre possibilità di imparare la lingua.

Ass. Culturale Islamici in Italia, via dei Frassini 4, Roma 0645434078 [email protected] Referente: Antonella Primerano

Associazione Genitori Scuola Di Donato (Esquilino)

L'associazione opera all'interno di una delle scuole romane con una maggiore incidenza di alunni stranieri (60% circa) gestendo una serie di laboratori interculturali,sportivi, di sostegno didattico rivolti ad alunni e adulti. Il gruppo di volontari è composto da genitori provenienti da diversi paesi..

Il corso è rivolto alle mamme straniere della scuola, ed ha rappresentato un fondamentale "ponte" di dialogo tra i genitori italiani e stranieri. Molti di questi ultimi sono diventati volontari o simpatizzanti dell'associazione dopo avere frequentato le lezioni. Il corso è stato attivo per sei anni, e nell’anno scolastico in corso è sospeso.

Ass. Genitori Scuola Di Donato, via N. Bixio 83, Roma 0670453402 [email protected] Referente: Anna Onorati

Caritas Diocesana (Centro Storico)

All'interno della estesa e ben nota rete di attività della Caritas di Roma, il Centro di Ascolto di via delle Zoccolette rappresenta un punto di riferimento storico per le persone immigrate, profughe e rifugiate, che ricevono servizi di ascolto, segretariato sociale, orientamento all'alloggio ed al lavoro.

I corsi sono integrati strettamente alle attività del Centro di Ascolto, sono divisi in vari livelli di apprendimento e coinvolgono centinaia di persone ogni anno. In qualità di ente formativo accreditato, Caritas svolge anche alcuni corsi di formazione formale sia rispetto all'L2 che a corsi professionali.

Centro di Ascolto Caritas Diocesana di Roma, via delle Zoccolette 19 0666875228 [email protected] Referente: Antonella Nicoletti

Casa dei Diritti Sociali FOCUS (Esquilino)

Associazione di volontariato impegnata nella tutela, promozione, sperimentazione dei diritti delle persone socialmente vulnerabili. La sede di Roma Esquilino è ormai un punto di riferimento "storico" per le persone straniere e senza fissa dimora di Roma e non solo. Il centro di orientamento e sostegno sociale di via Giolitti agisce in stretta integrazione con la scuola di italiano.

Quella di via Giolitti è una delle scuole di L2 più frequentate di Roma, con i suoi 1.500 studenti all'anno e oltre 50 volontari. Un sistema fatto di lezioni modulari cicliche permette di seguire il corso in tempi e orari molto flessibili e personalizzati. In un ottica di promozione dell'accesso all'istruzione delle fasce più svantaggiate è attivo anche un corso per sole donne e si sono realizzate sperimentazioni quali: corsi per la Comunità Cinese, per donne rom dei campi, negli stabili occupati.

Casa dei Diritti Sociali FOCUS, Via Giolitti 225 Roma [email protected] 064464613 Referente: Augusto Venanzetti

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Centro Astalli (di recente trasferitasi da Flaminio a Portuense)

Il Centro Astalli è la sezione italiana del Jesuit Refgee Service, rete internazionale di organismi promossi dall'Ordine dei Gesuiti per l'assistenza alle persone rifugiate e richiedenti asilo. A Roma, Centro Astalli gestisce servizi di accoglienza residenziale, mensa, orientamento socio-legale, ambulatorio, servizio docce. Come ente di formazione accreditato ha realizzato interventi di formazione professionale.

I corsi sono rivolti prevalentemente a rifugiati. Si tratta di corsi sempre aperti, in modo da assecondare il naturale ricambio tra studenti appena giunti a Roma e quelli che dopo avere imparato gli strumenti linguistici di base trovano lavoro. Viene coperto anche il periodo estivo con corsi appositi. Trattando con studenti spesso vittime di traumi e violenze, si pone una grande attenzione all'aspetto della socializzazione e dell'accompagnamento sociale.

Centro Astalli – JRS, Via Virginia Agnelli 21, Roma 0669925099 [email protected] Referente: Giuseppe Trotta

Comunità di Sant'Egidio (Trastevere, Centocelle, Ostia, Esquilino, Monteverde)

La Comunità di Sant'Egidio nasce 50 anni fa ed è oggi presente in 67 paesi del mondo. La scuola di italiano L. Massignon è nata 25 anni fa, ed ha avuto in questi anni 40.000 studenti in tutta Italia. Nel campo della formazione, accanto ai corsi di italiano L2 vengono portati avanti percorsi formativi che rilasciano attestati regionali, come quelli di informatica e per mediatori.

A Roma i corsi sono realizzati in numerose sedi. La bassa soglia di accesso - assicurata da accorgimenti come lezioni nel fine settimana ed interventi per analfabeti - convive con una attenzione alla qualità ed alla formalizzazione dei percorsi – con 6 livelli, test di verifica, accesso a esami CILS, aggiornamento formatori. Da notare la presenza del 60-70% di studentesse donne. E' stato realizzato un testo per l’L2 e si affiancano altre associazioni nella creazione e gestione di nuove scuole.

Comunità di S. Egidio, Piazza di S. Egidio 3/A, Roma 068992234 [email protected] Referente: Cecilia Pani

Didattica Teatro - Cooperativa COTRAD (Monti)

Con più di 25 anni di esperienza in ambito socio-educativo, si ti tratta di una delle cooperative storiche del settore sociale romano. Oggi svolge progetti nei settori: anziani, disabilità, formazione, minori e famiglie, inclusione sociale, dipendenze.

Il corso utilizza la metodologia della "didattica-teatro", che unisce le lezioni di lingua italiana alle pratiche teatrali. Particolare attenzione è posta a categorie svantaggiate quali minori stranieri non accompagnati o ospitati nei CPiM.. L'intervento dell'L2 è strettamente integrato con quello dello sportello di orientamento Penelope.

COTRAD, Via Cavour 325, Roma 066976001 [email protected] Referente: Gaia Mormina

Di 28 ce n'è 1 (Garbatella)

E' una piccola associazione di volontariato che agisce a cavallo tra i Municipio XI° e alcuni piccoli centri della Bassa Sabina. Realizza interventi nel campo della promozione dei diritti degli stranieri e dei disabili.

Il modello è quello dell'insegnamento dell'italiano individuale o a piccolissimi gruppi. A causa della mancanza di una sede sociale, le lezioni vengono svolte direttamente a casa dei volontari. Orari, frequenza e metodologie sono ovviamente molto personalizzati.

Associazione Di 28 Ce n’è 1 065138071 [email protected] Referenti: Martina Manola e Sara Manola

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Federazione Chiese Evangeliche (Centro Storico)

Si tratta di una struttura federativa che riunisce le diverse comunità evangeliche. Al suo interno nasce agli inizi degli anni ’80 il Servizio Rifugiati e Migranti (SRM) per coordinare gli interventi di solidarietà verso il nuovo fenomeno di una immigrazione di massa. Il Servizio porta avanti interventi di orientamento, servizio legale, contributi per studio ed alloggio.

I corsi di italiano L2 sono stati tra le prime iniziative del SRM. Si lavora su 3 livelli di apprendimento, e sono previsti anche corsi estivi e - nei periodi in cui c'è una forte presenza di stranieri "di passaggio" - corsi brevi. Si organizzano periodicamente momenti di aggiornamento per insegnanti e si utilizzano anche insegnanti "alla pari" immigrati. La partecipazione di studenti donne è paritaria rispetto alle presenze maschili.

FCEI – SRM Via Firenze, 38, Roma 0648905101 [email protected] Referente: Dafne Marzoli

Forum delle Comunità Straniere in Italia (Esquilino)

Il Forum nasce nel 1990 come federazione di associazioni delle comunità straniere, e sperimenta interventi di sostegno ai diritti delle persone straniere non solo di tipo individuale, ma con una attenzione agli aspetti "comunitari". Porta avanti attività di mediazione culturale, orientamento ai servizi ed al lavoro, servizio legale, residenze anagrafiche.

L'associazione svolge corsi di lingua italiana sin dalla sua nascita. I corsi sono divisi in due livelli di apprendimento. La metodologia dei corsi mette insieme da una parte bassa soglia di accesso e cura degli aspetti di accoglienza e relazionali, dall’altra una notevole attenzione agli aspetti organizzativi ed alla didattica (insegnanti qualificati, test di ingresso e finali, materiali didattici curati, ecc).

Forum delle Comunità Straniere in Italia Via di S. Croce in Gelusalemme 106, Roma 067001745 forum@forumcomunitàstraniere.it Referente: Emanuela Pilati

Nido di Vespe (Quadraro)

Nido di Vespe è uno spazio sociale che fa riferimento al Comitato di Lotta del Quadraro, collettivo politico che promuove nel quartiere l'auto-organizzazione per i diritti di cittadinanza, alla casa, al lavoro, ad un reddito dignitoso.

Il gruppo Non Tacere, in collaborazione con il Comitato del Quadraro gestisce da un paio di anni un corso L2, al momento frequentato prevalentemente da senegalesi. Il corso si pone in continuità ideale con gli interventi di alfabetizzazione realizzati fino agli anni'70 per i baraccati del Quadraro.

Nido di Vespe, via degli Arvali 13/A, Roma [email protected]

Virtus Ponte Mammolo (Torraccia)

Dal 1993, l’associazione promuove progetti educativi per minori, con una particolare attenzione al fenomeno in costante crescita dei minori stranieri non accompagnati. In particolare l'associazione gestisce una serie di strutture residenziali che seguono i minori dalla prima accoglienza fino all'autonomia socio economica.

Virtus organizza un corso rivolto ai minori ospiti delle varie strutture di accoglienza gestite dall'associazione. Ovviamente il corso lavora in stretta integrazione funzionale con i percorsi di educazione formale per minori (scuola, formazione professionale), ponendosi come punto di riferimento anche nei periodi di vacanza di questi ultimi servizi (festività, periodo precedente all'iscrizione a scuola, ecc).

Virtus Ponte Mammolo, via D. Menichella 146, Roma 0641200952 [email protected]

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6. Migranti e scuole popolari di italiano nelle province laziali

Secondo i dati Istat, la popolazione di cittadinanza straniera nella Regione Lazio ha raggiunto il 1° gennaio 2008, le 390.993 unità, mentre il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes (sulla base della consultazione di diversi archivi) stima la popolazione straniera regolarmente soggiornante nel Lazio all‟interno di una forchetta compresa tra le 436.577 e le 480.740 persone, distribuite nelle varie province nel modo seguente:

Provincia di Roma: 404.400; Provincia di Latina: 26.100; Provincia di Viterbo: 22.600; Provincia di Frosinone: 18.200; Provincia di Rieti: 9.300.

Stranieri residenti e regolarmente presenti, incidenza e ripartizione per genere nel Lazio

(2007)

Residenti Istat 31.12.2007 Stima Dossier Caritas/Migrantes 2007

Province Popolazione di cui stranieri

Incidenza %

% donne

Totale Incidenza %

Variaz. % su residenti

Frosinone 491.548 16.643 3,4 52,3 18.206 3,7 9,4

Latina 528.663 23.732 4,5 51,4 26.106 4,9 10,0

Rieti 154.949 8.338 5,4 54,7 9.328 6,0 11,9

Roma 4.013.057 321.887 8,0 54,1 404.457 10,1 25,7

Viterbo 305.091 20.393 6,7 52,4 22.642 7,4 11,0

Lazio 5.493.308 390.993 7,1 53,8 480.740 8,8 23,0

Fonte: Caritas/Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Elaborazioni su dati Istat e altre fonti

Nel Lazio i principali settori di occupazione della popolazione migrante sono l‟edilizia, i servizi alle imprese, l‟alberghiero e la ristorazione, i servizi di cura alle persone. A livello provinciale prevale il settore delle costruzioni che da solo conta il 20,1% degli stranieri registrati negli elenchi Inail, pari a 51.531 lavoratori stranieri. Fa eccezione la sola provincia di Latina, che si conferma il polo agricolo regionale, con il 26,1% degli occupati stranieri che lavorano in agricoltura (5.700). L‟agricoltura rappresenta per gli stranieri un importante settore di inserimento anche a Viterbo (17,8% degli occupati) e a Rieti (16,2%). A Frosinone settori importanti per l‟occupazione straniera sono l‟industria metalmeccanica e quella del tessile/abbigliamento, mentre Roma si distingue per i servizi alle imprese (18,8%) e l‟alberghiero e la ristorazione (12,0%).

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A fronte di un peso demografico crescente della popolazione straniera immigrata in tutte le province laziali, come vedremo nelle pagine seguenti, nonostante l‟azione delle scuole pubbliche (CTP) e delle scuole popolari, scarsa è l‟offerta di corsi di italiano L2 e, in generale, di servizi per l‟integrazione socio-culturale dei migranti. i corsi sono pochi e troppo discontinui. Sarebbe invece importante che ci fosse una maggiore offerta e una maggiore continuità nella realizzazione dei corsi. I corsi di italiano per migranti rappresentano l‟ineludibile primo passo del processo di integrazione e, quindi, nel prossimo futuro occorrerà una maggiore attenzione al problema, adeguando l‟offerta formativa di corsi gratuiti di italiano L2 e potenziando gli interventi locali per l‟integrazione dei migranti e il loro inserimento sociale e culturale nella società italiana. Obiettivo dei Centri di Servizio per il Volontariato è che la rete delle scuole popolari si allarghi e che da una rete romana diventi una rete laziale, capace di aggregare tutte le associazioni che nella regione fanno scuola di italiano L2 per migranti. Nelle pagine seguenti si propone una prima mappatura delle associazioni attive fuori dall‟area romana, in modo che sia possibile allargare questo percorso di costruzione della rete anche a quelle realtà che operano nei comuni delle province laziali, dove ormai la presenza di migranti comincia ad essere consistente e dove quindi vanno rafforzate e promosse le scuole popolari di italiano L2. A Roma, tra le associazioni, si è ormai consolidato un patrimonio considerevole di esperienze e competenze metodologiche ed organizzative nelle scuole popolari di italiano L2, che va messo a fattor comune anche per favorire il rafforzamento del tessuto associativo e delle scuole che operano nel resto del territorio regionale. Ci sono anche molte associazioni che vorrebbero avviare un‟attività di questo tipo e che se messe in relazione con la rete romana potrebbero beneficiare da scambi di esperienze, formazione dei volontari, condivisione di approcci e di metodologie.

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6.1. Provincia di Roma

Secondo l‟Istat, i cittadini stranieri che al 1° gennaio 2008 risultano risiedere nella Provincia di Roma sono 321.887, ma i residenti nel solo Comune di Roma sono 218.426, ossia il 68%.47 La Provincia di Roma catalizza l‟82,3% del totale regionale e il 9,4% di quello nazionale, essendo tra i principali poli di attrazione dell‟immigrazione italiana (la seconda provincia dopo quella di Milano). Sono 180.246 nella Provincia di Roma le famiglie con almeno un componente straniero, 128.000 delle quali nel Comune di Roma (il 71%)48 e le rimanenti nei restanti Comuni, tra i quali si distinguono:

Fiumicino e Ladispoli, con più di 3.000 famiglie con un componente straniero; Guidonia e Pomezia, con circa 2.900 ciascuno; Tvoli e Anzio, con poco più di 2.000; Fonte Nuova, Ardea, Velletri, Matino, Nettuno, Albano e Cerveteri, con più di

mille. Negli ultimi anni è di molto cresciuta la capacità attrattiva dei piccoli comuni della provincia rispetto alla città di Roma, sia per le caratteristiche del mercato del lavoro sia, e soprattutto, per le difficoltà di accesso economico alle abitazioni e, non da ultimo, per un più alto livello della qualità della vita. L‟incidenza percentuale dei residenti stranieri sul totale della popolazione ha raggiunto nella Provincia il 7,9%, percentuale superata in diversi Comuni, spesso anche in misura consistente (vedi tabella). L‟immigrazione coinvolge ormai l‟intero territorio provinciale (composto da 121 comuni), arrivando ad avere un‟alta incidenza anche in comuni di piccole dimensioni caratterizzati spesso da una popolazione autoctona in diminuzione e sempre più anziana. L‟arrivo di nuovi migranti nei piccoli centri ha e può avere un rilevante impatto in termini sociali, con conseguenze immediate sul clima sociale di queste comunità. Si avverte, infatti, un effetto diretto sulle ricettività dei servizi, purtroppo spesso già insufficiente per i residenti, sul funzionamento dei servizi locali, sulle scuole, sul modello dell‟economia locale, costringendo gli amministratori trovare rapidamente delle soluzioni che garantiscano il soddisfacimento intanto dei diritti di base.

I centri più piccoli rappresentano un grande laboratorio di cittadinanza, di convivenza e di integrazione, di sperimentazione e di ricerca di nuove forme organizzative dei servizi, di nascita di nuove forme di associazionismo, di partecipazione e condivisione, laddove proprio la dimensione di piccola comunità può rendere più visibile e possibile un ruolo attivo degli stranieri nella costruzione dell‟organizzazione sociale ed, in quanto più visibile, anche più osservabile e studiabile, per analizzare buone pratiche e soluzioni che spontaneamente i vari territori possono avere implementato, oppure per

47 Tuttavia, il numero rilevato dall‟Ufficio di Statistica del Comune di Roma risulta ancora più alto:

269.649 (Cfr. Caritas di Roma, Osservatorio romano sulle migrazioni. Quinto rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2009, pp. 153-163). 48 Un po‟ più basso è, invece, il numero delle famiglie in cui è il capofamiglia ad essere straniero:

157.046, delle quali 115mila resistenti nel solo Comune di Roma.

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osservare le problematicità delle varie forme di convivenza ed integrazione nel tessuto sociale.49

Provincia di Roma. Primi 20 Comuni per residenti stranieri (v.a.) e primi 20 per incidenza (31.12.2007)

Comune v.a. Comune Incid. Comune v.a. Comune Incid.

Roma 218.426 Trevignano R. 16,1 Monterotondo 2.506 Morlupo 12,7

Guidonia M. 6.244 Marcellina 15,6 Marino 2.331 Poli 12,6

Fiumicino 5.813 Ponzano R. 15,2 Nettuno 2.286 Fonte Nuova 12,5

Ladispoli 5.642 Filacciano 14,9 Albano 2.245 Rignano F. 12,4

Pomezia 4.898 Ladispoli 14,9 Cerveteri 2.244 Civitella S.P: 12,3

Tivoli 4.617 S. Angelo R. 14,4 Mentana 1.989 Riano 11,2

Anzio 4.113 Magliano R. 14,0 Bracciano 1.881 Casape 11,1

Fonte Nuova 3.307 Sacrofano 13,9 Civitavecchia 1.799 Percile 10,8

Ardea 3.238 Pisoniano 13,6 Campino 1.675 Bracciano 10,8

Velletri 2.938 Campagnano 13,4 Grottaferrata 1.506 Castelnuovo 10,3

Prov. Roma 321.887 Prov. Roma 7,9 Fonte: Caritas/Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Elaborazioni su dati Istat

In provincia di Roma, negli insediamenti territoriali della popolazione immigrata c‟è un effetto di attrazione del capoluogo: i migranti stranieri sono più consistenti nei centri limitrofi alla capitale, che funge da riferimento socio-economico. Pertanto, dopo la capitale, il primo comune per numero di residenti stranieri è Guidonia Montecelio, dove i 6.244 immigrati incidono sul totale della popolazione per l‟8%, percentuale in linea con la media provinciale. Una situazione analoga si ha per Pomezia, Tivoli e Anzio, che in valori assoluti registrano ciascuno più di 4mila resistenti non italiani, numeri che li pongono nei posti più altri della graduatoria, ma dal punto di vista dell‟incidenza percentuale non rappresentano delle eccezionalità territoriali. Lo sono, invece, i comuni di Fiumicino, dove gli stranieri incidono per il 9,1%, Fonte Nuova con un‟incidenza del 12,5% e Ladispoli. Quest‟ultimo comune, con un valore del 14,9% risulta essere, tra i primi 10 comuni per numero assoluto di stranieri, quello che registra anche il più alto peso statistico di questi sulla popolazione complessiva. Ciascun comune mostra poi delle specificità per quanto riguarda l‟origine dei flussi migratori e la cittadinanza dei propri residenti stranieri:

Guidonia si caratterizza per la forte presenza di peruviani (che sono il 4% degli stranieri), secondo gruppo dopo quello dei rumeni (69%), come anche per una quota significativa di marocchini (2,1%);

a Fiumicino, oltre ai rumeni (52,5%), registrano una quota percentuale superiore alla media provinciale i polacchi (8,3%), ma anche gli egiziani (5%), gli indiani, i bulgari e i marocchini (tutti al di sopra del 3%);

Ladispoli si distingue per un 13,7% di residenti polacchi, come anche Pomezia (dove i polacchi sono il 14,9% degli stranieri), Ardea (10%) e Monterotondo (9,7%);

Tivoli, oltre a una quota del 67% di rumeni, ospita una consistente comunità albanese (5,4%), così come Fonte Nuova (8,6%);

49 Massimi A., I progetti della provincia per l‟immigrazione, in Caritas di Roma, Osservatorio romano sulle migrazioni. Quinto rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2009, p. 61.

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Anzio ha una quota di rumeni in linea con la media provinciale (24,7%) e quote di rilievo di bulgari (13,3%), indiani (8,4%), marocchini (6,4%), pakistani (5,3%) e tunisini (4,1%);

si registrano quote percentuali superiori alla media provinciale ad Ardea per i bulgari (7,4%), a Velletri per gli albanesi (10,9%) e i marocchini (7%), e a Monterotondo per albanesi (6,3%) e moldavi (3,2%).

* * *

Da ormai 4 anni, l‟UPTER realizza corsi gratuiti integrati di italiano L2 (livelli A1, A2, B1, B2), informatica e intercultura per 300 immigrati regolari residenti nei comuni di Roma (10 corsi, realizzati con la collaborazione della cooperativa sociale integrata Abaco) e della provincia (5 corsi tenuti a Monte Compatri, Fiano Romano, Guidonia, Nettuno). Ciascun corso accoglie 20 persone ed è distribuito su 11 settimane. I corsi sono finanziati dalla Provincia di Roma e dalla Filas e prevedono un‟alternanza di formazione in presenza e a distanza (modalità e-blended). In particolare, le ore di formazione in presenza sono tenute nel fine settimana (sabato o domenica) per venire incontro alle esigenze degli immigrati e sono 24 di italiano, 26 di informatica e 4 di intercultura. Poi, ci sono 100 ore a distanza con l‟utilizzo di un software. E‟ possibile realizzare queste ore di lavoro da casa, ma anche utilizzare l‟aula di informatica secondo un calendario di giorni ed ore nelle quali l‟aula è a disposizione degli studenti. Per l‟uso dell‟aula ci sono 3 modalità possibili: no tutor (c'è solo il PC), tutor (una persona di sostegno per l‟informatica), la codocenza (anche con una persona che fornisce un sostegno linguistico).

La modalità e-blended è un moltiplicatore importante di risorse: permette di razionalizzare le risorse sia della sede (con poche ore in presenza si ottiene un risultato migliore) sia dello studente immigrato (che può studiare da casa o da un‟altra città negli orari che preferisce). Con le stesse risorse si possono quindi raggiungere e formare più persone (Mauro Mancini, Abaco).

La proposta formativa di L2 è basata su programmi CILS e quella di informatica sul programma del Syllabus dell‟ECDL (ma semplificato). Per quanto riguarda l‟intercultura si veicolano contenuti relativi alla cultura italiana ed all‟educazione civica in modo molto discorsivo. Per completare il corso la frequenza deve essere dell‟80% delle lezioni in presenza e bisogna realizzare tutti gli esercizi a distanza. L‟85% degli iscritti arriva alla fine del corso (una percentuale molto alta per un corso di formazione formale). Molti studenti proseguono nei vari livelli, tornando tutti gli anni.

Oggi, l‟immigrazione è cambiata. Molti di loro usano il PC, lavorano durante la giornata e non hanno tempo di frequentare in presenza. Ogni anno organizziamo 10 corsi, dal livello A1 al livello B2. I corsi più richiesti sono di livello B2. Questo vuol dire che mano, mano ci seguono fino ai livelli medio-alti. Utilizziamo una modalità e-blended con aule informatiche a disposizione tutti i pomeriggi. Le lezioni in presenza sono il sabato pomeriggio e la domenica. I corsi sono gratuiti e sono finanziati dalla Filas. Sono tutti finalizzati alla certificazione CILS. Anche l‟esame è gratuito. La maggioranza degli studenti sono rumeni, filippini, magrebini, ovvero sono appartenenti alle comunità più forti dell‟area romana. C‟è un tutor sempre presente

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nelle aule di informatica che può sostenerli sia dal punto di vista tecnico-informatico che dal unto di vista linguistico. Gli incontri in presenza dovevano sviluppare soprattutto parlato, ma ci siamo resi conto che gli studenti chiedono molto la preparazione all‟esame CILS e quindi abbiamo modificato la didattica (Carla Barozzi,

Direttore del Dipartimento Linguistico dell‟italiano per stranieri dell‟UPTER)50

* * *

Il litorale romano ha assunto una particolare rilevanza nel processo di progressiva metropolizzazione del territorio dell‟hinterland della capitale. Sono proprio i comuni costieri a registrare tassi di urbanizzazione e crescita della popolazione tra le più significative d‟Italia e va rilevato che la componente immigrata ha assunto una crescente rilevanza in questo processo. Tra i primi 10 comuni della provincia di Roma con maggiore presenza di cittadini immigrati, 5 sono localizzati sul litorale romano: Fiumicino (5.813), Ladispoli (5.642), Pomezia (4.898), Anzio (4.113) e Ardea (3.238). Nonostante l‟aumento della popolazione, tanto per l‟immigrazione interna quanto per quella estera, molti di questi comuni sembrano caratterizzarsi come delle città dormitorio con un‟offerta inadeguata di servizi sia per i residenti nativi che per quelli immigrati. Insufficienti la rete di trasporto locale e i collegamenti per la capitale. Non ci sono particolari spazi aggregativi o ricreativi importanti (spesso non ci sono cinema, teatri, biblioteche e centri sportivi) e permane poca comunicazione tra popolazione residente e immigrata. Questi ultimi si radunano nei bar e nei giardini. Laura Nanni, presidente dell‟associazione Art‟Incantiere APS che opera su un territorio che comprende i Comuni di Pomezia e di Ardea,51 fornisce una descrizione dei mutamenti sociali in atto con cui l‟associazione cerca di confrontarsi in modo costruttivo, mettendo in campo iniziative e progetti di formazione che riguardano l'integrazione interculturale e l'accoglienza degli stranieri:

Si tratta di comuni che hanno visto nel corso di pochi anni un raddoppio della popolazione, con tutto ciò che questo comporta in termini di impatto urbanistico, sociale, educativo. Il territorio sta vivendo un forte impatto migratorio che è fatto di stranieri, ma anche di italiani. C‟è una realtà spezzettata nel campo dei servizi e dell'accoglienza offerti dal territorio riguardo la popolazione migrante e si cerca di creare uno scambio ed un dialogo per potenziare le azioni. Le comunità straniere più presenti sono quelle est europee: sono tantissimi i rumeni, i polacchi, i bulgari e gli ex jugoslavi. Poi, ovviamente, sono rappresentate, seppure in misura minore, anche

50 Intervento al Convegno “Integrazione sociale a Roma e scuole di italiano per migranti”, Roma

28/11/2008. 51 La popolazione di Pomezia è passata dai 43.919 abitanti del 31.12.2002 ai 56.105 del 31.12.2007,

con una rapida crescita anche della popolazione straniera che è passata da 1.324 a 4.898 e della sua incidenza rispetto a quella totale, passata dal 3% all‟8,7%. La popolazione di Ardea è passata dai 29.012 abitanti del 31.12.2002 ai 39.170 del 31.12.2007, con una rapida crescita anche della popolazione straniera che è passata da 1.016 a 3.238 e della sua incidenza rispetto a quella totale, passata dal 3,5% all‟8,3%. Le prime ondate migratorie degli anni ‟80 erano composte in maggioranza da uomini del Nord Africa, di origine araba, che si sono insediati lasciando nel Paese di origine la famiglia. Dall‟Asia sono arrivati prima i capifamiglia e poi i familiari. Le più recenti migrazioni dall‟Est Europa coinvolgono in maggior misura il nucleo familiare. Particolarmente radicata nel territorio è la comunità polacca che ha anche creato una scuola primaria di religione cattolica a Torvaianica.

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comunità provenienti da altre aree del mondo. Il territorio urbano si è molto trasformato come conseguenza dell'arrivo dei nuovi cittadini stranieri: basti pensare alla nascita di una serie di call centre, money transfer, negozietti e bazar gestiti da stranieri. Spesso si tratta di una immigrazione di tipo pendolare, nel senso che sono persone che al di fuori della stagione balneare lavorano a Roma, ma che qui trovano affitti a prezzi convenienti. La situazione cambia a luglio ed agosto, visto che in quei mesi i proprietari affittano gli appartamenti a prezzi molto più alti, ed infatti in quei mesi molte famiglie sono costrette a trovarsi un posto da qualche altra parte. Sempre nei mesi estivi i flussi di pendolarismo si invertono, nel senso che molti stranieri vengono qui sul litorale per lavorare nei servizi per la ricezione turistica o come venditori ambulanti. Durante l‟anno gli affitti si aggirano attorno a 700-800 euro mensili, fino a superare i 1.100 euro nei mesi estivi, in molti casi per un‟edilizia non idonea nei mesi invernali (Laura Nanni, Art‟Incantiere APS).

Nella scuola questa situazione sociale si traduce in un fortissimo bisogno di attività di integrazione sociale, insegnamento dell'italiano L2, sostegno didattico, di educazione interculturale. C'è anche un forte bisogno di attività per il post scuola. Molto spesso i genitori hanno orari di lavoro molto lunghi, e laddove la scuola non può accoglierli anche di pomeriggio, i bambini passano moltissimo tempo da soli, per strada o nella migliore delle ipotesi a casa davanti alla televisione.

Sarebbe necessario affiancare le scuole e potenziare le attività di L2 anche per adulti, spesso completamente assenti nelle diverse frazioni. Le famiglie italiane spesso sono portatrici di un disagio sociale che non è meno marcato di quello degli stranieri. Anzi: nella scuola riscontriamo molto spesso che da parte degli stranieri vi è una attenzione molto maggiore nei confronti dell'educazione dei figli. La scuola è vista come occasione di riscatto e integrazione per i propri figli e quindi c'è una grossa attenzione da parte dei genitori, attenzione che è invece assente nel caso dei nuclei familiari di italiani disagiati. Questo avviene nonostante che le donne straniere abbiano difficoltà di relazione con la scuola e nel seguire i figli per la mancata conoscenza della lingua e per carenza della stessa organizzazione scolastica che spesso manca dei necessari componenti interni per un'adeguata accoglienza (Laura Nanni, Art‟Incantiere APS).

Art'Incantiere è stata fondata nel 2005 ed è specializzata in attività di tipo educativo ed interculturale. Lavora nelle scuole e fa anche interventi a favore di adulti stranieri. Nelle scuole (Pestalozzi di Torvaianica e Don Milani di Pomezia, tra le altre) organizza dei laboratori per l‟insegnamento della lingua italiana L2, ma anche laboratori di tipo teatrale, musicale, di ballo, manipolazione, movimento creativo, ricostruzione del viaggio. Anche quando non si tratta di corsi di L2 classici, ma di laboratori espressivi, la lingua italiana, rappresenta comunque un elemento fondamentale di queste attività laboratoriali: recitando, cantando, danzando e muovendosi i bambini si sbloccano sia dal punto di vista dell'interazione di gruppo che da quello linguistico, superando barriere e timidezze. Di norma, i laboratori sono diretti a gruppi misti di italiani e stranieri ed hanno la finalità di favorire una educazione di tipo interculturale. In alcuni casi viene fatto un lavoro differenziato su alunni stranieri ed italiani: ad esempio, la realizzazione di un intervento di educazione teatrale riservato ai soli studenti stranieri - in cui si fa un lavoro mirato sulla dizione e sulla pronuncia – integrato con una attività diretta a tutta la classe con la sperimentazione di giochi e giocattoli del mondo. Lavorando con le scuole le attività dell‟associazione sono solitamente legate ai tempi del calendario scolastico,

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ma in alcuni casi si riesce a far continuare i progetti anche a luglio. “Si tratta di una opportunità importante, dato che chiusa la scuola. qui non ci sono possibilità di aggregazione ed i bambini stanno spesso da soli”. Attraverso il lavoro con i minori Art‟Incantiere cerca sempre di arrivare alle famiglie, ad esempio, invitando i genitori alle rappresentazioni teatrali dei bambini. Inoltre, l‟associazione realizza attività specificatamente rivolte agli adulti attraverso la gestione di sportelli di assistenza legale (esperimento realizzato a Torvaianica) o mediazione culturale e di corsi di italiano L2. In particolare, nel 20007-2008 all'interno di un progetto finanziato dalla Provincia di Roma con fondi legge 17/1990 (presentato in collaborazione con i Servizi Sociali dei Comuni di Pomezia e di Ardea) e denominato “Incontro Donna”, sono stati realizzati due corsi di lingua italiana della durata di 40 ore rivolti alle donne straniere. I corsi sono stati realizzati con un approccio comunicativo/interattivo e si sono svolti presso la scuola Pestalozzi di Torvaianica (Pomezia) e a Nuova Florida di Ardea – località con una incidenza di stranieri superiore a quelle di Pomezia e Ardea centro.52 Accanto a questi corsi è stata avviata una attività di mediazione linguistico-culturale e di assistenza legale gratuita.

I corsi di lingua erano teoricamente riservati alle donne, ma abbiamo usato una certa flessibilità, ammettendo anche alcuni uomini ed addirittura un intero nucleo familiare indiano con una minore che non veniva accettato dalla scuola, dato che eravamo ad anno scolastico inoltrato. I livelli di partenza di conoscenza della lingua erano molto diversi, così come i livelli culturali. Riuscivamo a far fronte ad una lezione plurilivello (A1 e B1) grazie alla compresenza di due insegnanti, al numero limitato dei corsisti e alla loro suddivisione in sottogruppi che lavoravano separatamente su testi ed esercizi. Obiettivo di questi corsi era anche quella di informare sulla vita sociale italiana e le sue istituzioni. E' stato piuttosto difficile motivare le donne a frequentare il corso. Eravamo facilitati dal fatto che io sono insegnante, e per raggiungerle abbiamo utilizzato il canale scolastico, proponendo il corso alle mamme degli alunni. Si trattava spesso di donne immigrate in Italia da 5 anni e che facendo un lavoro di casalinga o donna delle pulizie sono convinte che non serve più di tanto migliorare la loro conoscenza della lingua. Ovviamente, il lavoro e la cura dei figli sono fattori di complicazione per una donna e limitano le iscrizioni e la frequenza ad un corso di lingue. In comuni come il nostro anche le distanze e i collegamenti non sempre efficienti impediscono di fatto di frequentare un corso. Se non hai macchina e non hai la fortuna di trovarti sul percorso dell'autobus non riesci a muoverti facilmente. C'è una forte frammentazione abitativa, e lo stesso scuolabus fa dei bei giri per portare i ragazzini a scuola! Nel complesso, i corsi di L2 hanno dato buoni risultati. 10-12 studenti per ciascuno dei due comuni hanno frequentato le lezioni, anche se non sempre con costanza (Laura Nanni, Art‟Incantiere APS).

* * *

52 Nel solo territorio di Torvaianica, che ha 15mila abitanti, si concentra il 60% degli immigrati stranieri

dell‟area pometina. Nel territorio di Ardea i cittadini stranieri sono concentrati nella zona di Nuova Florida, un agglomerato isolato di case costruite in forma abusiva o semi abusiva, scollegate dal centro. Un territorio che presenta diversi problemi sociali ed igienici legati alla carenza di infrastrutture, ed infine sono scarsi gli accessi ai servizi e ai trasporti locali. Altra zona di forte affluenza di immigrati – in particolare quelli irregolari – è Tor San Lorenzo, considerata una “terra di nessuno” per la presenza di organizzazioni della criminalità lorganizzata.

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Anche l‟Associazione IoNoi di Fiumicino si trova adoperare in un contesto territoriale che negli ultimi anni sta avendo un tasso di crescita della popolazione residente molto elevato (66.000 abitanti, con una crescita di circa 2.000 nuovi residenti all‟anno), alimentato dall‟afflusso sia di migranti stranieri che di famiglie romane, campane o siciliane. I nuclei familiari che si insediano sul territorio sono nella maggior parte dei casi relativamente giovani e con minori che frequentano le scuole del territorio. Inoltre, bisogna tenere presente che a Fiumicino, come negli altri comuni del litorale, oltre a quella residente, è particolarmente significativa la presenza di popolazione fluttuante, ovvero di cittadini italiani ed immigrati che pur non essendo ufficialmente residenti in quest‟area vi lavorano e/o hanno qui il loro domicilio. Questo fenomeno è particolarmente significativo durante l‟estate, quando moltissimi immigrati si spostano sul litorale per svolgere le loro attività nel commercio e nel settore turistico.

Le ragioni di questa tendenza alla crescita della popolazione del litorale accomunano famiglie immigrate a famiglie italiane, sopratutto quelle a reddito medio e basso. Senza dubbio gioca un ruolo fondamentale il mercato immobiliare, che è un po‟ più accessibile. Più in generale c‟è un migliore rapporto tra prezzi dei beni e qualità della vita. Per fare spazio a questi nuovi cittadini si sta costruendo tantissimo, sia abitazioni che centri commerciali. Ma, questo sviluppo demografico e urbanistico non sta avvenendo senza traumi. E‟ disordinato, contraddistinto da gravi problemi di infrastrutture, dotazione stradale inadeguata, poca cura degli spazi urbani e pubblici. I soli spazi di aggregazione sociale diventano i centri commerciali. Ci sono interi quartieri privi di servizi, mal collegati dal punto di vista dei mezzi pubblici e senza un‟identità socio-culturale. Sono zone dove rischia di crescere un forte malessere sociale senza trovare nessuno a prevenirlo o ad arginarlo (Cristina Coralini, Associazione IoNoi).

Nel territorio del comune di Fiumicino, uno degli insediamenti con maggiori problematiche sociali è la frazione Passoscuro,53 dove nel 2008 l‟Associazione IoNoi ha scelto di svolgere il primo corso gratuito di italiano L2 per migranti. Il corso è stato realizzato all‟interno del Progetto “Scuole Aperte”, finanziato dal Ministero dell‟Istruzione. Fondamentale è stata la collaborazione con l‟associazione Casa dei Diritti Sociali - Focus di Roma e con la Rete delle Scuole di Fiumicino, che hanno

53 Il comune di Fiumicino è formato da 12 località: Aranova, Isola Sacra, Fiumicino, Focene, Fregene,

Maccarese, Palidoro, Passoscuro, Testa di Lepre, Torrimpietra, Tragliata e Tagliatella. Alcune di queste località hanno ormai assunto uno specifico connotato etnico, in particolare nella zona Nord, nelle frazioni di Passoscuro, Isola Sacra e Maccarese. Le prime comunità straniere ad arrivare sono state quelle nordafricane – tunisini e marocchini – che, attratte dalle attività portuali e della pesca, si sono insediate al centro del comune. La comunità polacca risale a 25 anni fa ed è maggiormente concentrata su Passoscuro e Focene. A Passoscuro sono i rumeni la prima comunità straniera presente, seguiti da polacchi, egiziani, marocchini, ucraini e bulgari. E‟ particolarmente elevata la presenza di minori stranieri nelle scuole e molti di loro, figli di lavoratori pendolari, rimangono incustoditi gran arte della giornata. I rumeni sono la maggioranza anche a Fregane. Presenti da oltre 15 anni sul territorio di Maccarese sono le comunità indiana, srilankese, bangalese e kurda, che lavorano nell‟agricoltura, nel settore zootecnico e come stagionali. Spesso abitano in condizioni precarie nel posto in cui lavorano. Nella zona si trova un tempio sikh nei pressi di Malagrotta e un altro sulla via Aurelia. A Passo Sentinella c‟è una presenza importante di cittadini provenienti dal Marocco: molti sono i venditori ambulanti e vivono in baracche che frequentemente si allagano e non hanno praticamente accesso ai servizi e alla luce elettrica.

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fornito metodologie, strutture e risorse volontarie. Una collaborazione è stata fornita anche da altre associazioni e servizi del territorio (ad esempio, la casa famiglia per minori stranieri non accompagnati Petronio di Pasoscuro), che hanno inviato studenti. Data la novità e l‟importanza dell‟iniziativa per un territorio come Fiumicino, l‟associazione ha condiviso l‟intervento anche a livello istituzionale, con il Comune e con il tavolo del Piano di Zona distrettuale sull‟immigrazione. Il corso si è tenuto in un‟aula messa a disposizione dalla scuola di Passoscuro per due volte a settimana in orario serale (dalle 18:00 alle 20:00) per venire incontro alle esigenze degli stranieri lavoratori. La durata complessiva del corso è stata di 44 ore, delle quali 40 ore di didattica e 4 ore di incontri extradidattici e vi hanno partecipato 22 persone di provenienze diverse (Romania, Afganistan, Polonia, Iraq, Somalia, Egitto ed Eritrea).

Il corso, fin dalle prime lezioni, si è posto l‟obiettivo di fornire agli studenti migranti le competenze comunicazionali di base per vivere e muoversi autonomamente nella realtà di tutti i giorni. Da questo punto di vista ci siamo rifatti molto alla metodologia della scuola di italiano L2 della Casa dei Diritti Sociali - Focus ad Esquilino. Quindi, oltre all‟insegnamento dei rudimenti grammaticali, si è posta particolare attenzione al far acquisire alla classe le espressioni di maggior uso nella conversazione quotidiana. La metodologia utilizzata ha visto un pieno coinvolgimento degli studenti nelle attività e nelle esercitazioni didattiche loro proposte. Gli strumenti didattici utilizzati sono stati: fotocopie con spiegazioni ed esercizi, brani di ascolto audio, role play in aula, letture e dettati. Tutte le lezioni si articolavano in due parti: la prima dedicata alla spiegazione dell‟unità grammaticale ed allo svolgimento degli esercizi di rinforzo; la seconda era dedicata ad esercitazioni volte all‟acquisizione di un vocabolario più ricco e funzionale alle varie situazioni comunicazionali della vita quotidiana. Per fare questo utilizzavamo situazioni concrete e vicine agli interessi degli studenti: compilazione del curriculum vitae, lettura di annunci di lavoro, trasporti cittadini, servizio sanitario, richiesta/rinnovo permesso di soggiorno, etc. Sono state utilizzate alcune dispense prodotte in fotocopia e distribuite agli studenti in modo da essere impiegate sia per esercitazioni in classe sia per esercitazioni extrascuola da correggere poi insieme. Il corso era inizialmente strutturato in un unico livello, ma in seguito abbiamo dovuto strutturarlo in sottogruppi per seguire anche individualmente, le persone più indietro nell‟apprendimento. Questo è avvenuto anche perché il gruppo di studenti è cresciuto strada facendo durante il corso. Era spesso necessario accogliere nuovi studenti, magari con un livello di conoscenza della lingua inferiore a quello medio del gruppo. A quel punto uno dei volontari cercava di fare un lavoro di tipo intensivo con i nuovi arrivati, provando a recuperare le lezioni passate e a ristabilire una base di conoscenza comune con gli altri. Il corso è stato tenuto da 4 volontari: due insegnanti con la collaborazione di due giovani del Servizio Civile Nazionale. Due o tre volontari erano presenti ad ogni lezione, in modo da rendere possibile il lavoro per sottogruppi ed il sostegno personalizzato agli studenti più in difficoltà. Lezione per lezione è stato poi svolto un monitoraggio capillare, tramite la stesura di una breve relazione di ogni incontro, la registrazione delle presenze di studenti e insegnanti, e così via. Alla fine questi dati sono serviti per realizzare una relazione finale completa di grafici. Un obiettivo al quale abbiamo dato quasi altrettanta importanza che alla didattica è stato quello della socializzazione. E proprio qui abbiamo visto i migliori risultati: si è creato un forte legame di solidarietà ed amicizia tra gli studenti. Le ore di lezione non erano solo dei momenti d‟apprendimento linguistico per gli studenti, ma anche delle occasioni di incontro in cui potersi raccontare, sentirsi ascoltati, conoscere altre persone, stare insieme serenamente; in una parola, sentirsi accolti. L‟atmosfera conviviale delle lezioni ha permesso a tutti di emergere con le proprie personalità, le

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proprie storie, i propri sogni e le proprie malinconie; ha permesso loro di iniziare ad orientarsi nella rete sociale del nostro Paese. Una cosa molto bella è stata vedere come tra gli studenti si creasse un legame di solidarietà e mutuo aiuto. Ad esempio, gli studenti più avanti si sono offerti spontaneamente di affiancare ed aiutare gli altri durante le lezioni. Nelle ultime lezioni del corso abbiamo fatto una sperimentazione che andava oltre il mero insegnamento dell‟italiano e si è trattato di una scommessa vinta. Sono stati, infatti, organizzati due incontri extradidattici in forme laboratoriali, condotti da esperti. Nel primo di questi laboratori, il Professore Giuseppe Cursio ha proposto alla classe un “Laboratorio sul viaggio”, metafora attraverso la quale gli studenti hanno potuto ripercorrere le tappe della propria vita. Attraverso un approccio ludico, il Professor Cursio ha fatto vivere in prima persona agli studenti il significato della socializzazione, del riporre fiducia nell‟altro, della condivisione con l‟altro, del divertirsi insieme. Nel secondo, il Professor Carlos Miguel Salazar ha svolto una lezione sui temi dell‟identità e dell‟alterità, offrendo agli studenti migranti degli spunti per riflettere sulla loro costruzione del proprio sé da cui partire per progettare il proprio futuro. Sono stati entrambi momenti altamente formativi per tutti, compresi noi insegnanti (Cristina Coralini, Associazione IoNoi).

La valutazione complessiva del corso è stata positiva, sia da parte delle insegnanti che degli studenti stessi. Dal punto di vista didattico, tutti gli studenti hanno raggiunto l‟obiettivo minimo di iniziare ad orientarsi nella lingua italiana. Tutti hanno cominciato a padroneggiare le espressioni comunicazionali d‟uso quotidiano. Alcuni studenti hanno raggiunto una buona padronanza della lingua, iniziando anche a riflettere sul significato etimologico delle parole e richiedendo spiegazioni grammaticali più avanzate. Nel 2009, l‟associazione IoNoi, insieme con la Casa dei Diritti Sociali, sta proseguendo l‟esperienza della scuola di italiano con due corsi, uno a Passoscuro (presso il 157° Circolo Didattico) e uno a Fiumicino centro (presso la sede della Casa dei Diritti Sociali) che saranno articolati in più livelli, creando appositi moduli per gli studenti che conoscono solo la loro lingua madre.

La scuola di italiano si propone di divenire il mezzo attraverso il quale fornire agli immigrati che vivono e lavorano nel nostro territorio gli strumenti per poter accedere pienamente ai loro diritti. Una scuola, quindi, che si riappropria della sua funzione sociale e che, nel fornire le basi grammaticali e logiche per comunicare e vivere autonomamente nella vita di tutti i giorni, si fa anche veicolo di integrazione e promozione sociale. Accogliendo e dando la voce a chi troppo spesso è solo una presenza trasparente, ai margini non solo fisici ma anche affettivi, relazionali e sociali, ci si vuole muovere proprio verso una vera integrazione sociale. Il corso si articola in modo molto flessibile, attraverso dei moduli, ognuno dei quali rappresenta una lezione ed un contenuto d‟apprendimento in se concluso. In questo modo gli studenti possono iscriversi e seguire con facilità le lezioni anche a corso iniziato. Come pure, interrompere e riprendere la frequenza, senza rimanere indietro all‟andamento del gruppo. Per quanto riguarda il contenuto didattico, ampio spazio è dedicato alla fonetica, agli elementi grammaticali fondamentali, agli elementi minimi di composizione della frase. Sono previsti anche interventi di esperti che affrontano con gli studenti i temi legati: all‟educazione civica, la Costituzione italiana, i diritti di cittadinanza, l‟ordinamento politico amministrativo, il sistema scolastico, il servizio sanitario nazionale, il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, i centri per l‟impiego ed i centri per l‟orientamento al lavoro. La metodologia di insegnamento si basa su una partecipazione attiva degli studenti alla lezione (Vincenzo Taurino, Associazione IoNoi di Fiumicino).

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Alcune scuole popolari di italiano per i migranti attive nella provincia di Roma

box

Centri Territoriali Permanenti in provincia di Roma C.T.P. 09 C/O Sms Via G. Bignami, 26 54 Fiumicino Via G. Bignami, 26

C.T.P. 12 C/O Sms Via Barbaranelli, 3 53 Civitavecchia Via Barbaranelli 3 - 3/A

C.T.P. 13 C/O I.C.Via Todini 11 Guidonia/Setteville Via Todini 56

C.T.P. 14 C/O Sms Via Risorgimento, 3 44 Frascati Via Risorgimento, 3

C.T.P. 15 C/O Sms Via Fontana Della Rosa 49 Velletri Via Fontana Dalla Rosa

C.T.P. 16 C/O Sms Viale Manzoni 40 Pomezia Viale Manzoni Snc

C.T.P. 17 C/O Sms Via Enea 41 Albano Laziale Via Enea

C.T.P. 18 C/O Sms Via Olmata, 86 48 Nettuno Via Olmata, 86

C.T.P. 19 C/O I.C.Via Xx Settembre, 42 15 Monterotondo Via Xx Settembre, 42

C.T.P. 22 C/O I.C. Via B.Lesen 2 63 Campagnano Via B. Lesen, 2

C.T.P. 23 C/O I.I.S. Di Vittorio 55 Ladispoli Via I. De Begnac, 6

C.T.P. 24 C/O Sms Via A. Fogazzaro, 10 28 Subiaco Via A. Fogazzaro, 10

C.T.P. 25 C/O I.C.Via Don Bosco,2 34 Colleferro Via Don Bosco, 2

C.T.P. 26 C/O Sms Via Mura Dei Francesi 43 Ciampino Via Mura Dei Francesi

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6.2. Provincia di Latina

Secondo l‟Istat, i cittadini stranieri che al 1° gennaio 2008 risultano risiedere nei 33 comuni della Provincia di Latina sono 23.732, con un‟incidenza del 4,5% sul totale della popolazione residente. Il Dossier Caritas/Migrantes, invece, stima tale presenza in 26.106 unità, con un‟incidenza del 4,9% sul totale della popolazione residente. La radice storica di molti dei comuni della provincia di Latina, - il comune capoluogo (originariamente denominato Littoria), centri oggi importanti come Sabaudia e Aprilia e anche numerosi centri rurali minori (denominati borghi) -, è strettamente legata alle opere di bonifica integrale dell‟Agro Pontino realizzate durante il Fascismo. Originariamente, borghi agricoli accoglievano ondate migratorie di famiglie contadine di diversa provenienza – soprattutto veneti, friulani e romagnoli - a cui l‟Opera Nazionale Combattenti assegnava poderi (un casolare e un appezzamento di terreno). Nel secondo dopoguerra, in seguito all‟inclusione del suo territorio tra le zone beneficiarie delle politiche di sviluppo economico della Cassa per il Mezzogiorno, alla tradizionale e fiorente vocazione agricola, si ne aggiunge anche una di tipo industriale con la localizzazione di stabilimenti per produzioni meccaniche, alimentari e chimico-farmaceutiche. I flussi migratori in questo periodo riguardavano gli italiani provenienti dai centri montani del Lazio e dell‟Abruzzo e dalle regioni meridionali (napoletani, calabresi e siciliani) che trovavano occupazione nelle fabbriche e nel settore edile del territorio. A cavallo degli anni ‟80 comincia a diventare consistente l‟immigrazione nord africana magrebina: i lavoratori marocchini, tunisini e algerini erano inizialmente impiegati nelle zone agricole o sul litorale. Nel frattempo, nella parte più settentrionale della provincia sono cominciate ad arrivare dalla capitale molte giovani famiglie alla ricerca di case a minor costo. A partire dagli anni ‟90 l‟immigrazione straniera ha assunto maggiore consistenza: inizialmente dalla Polonia, poi dall‟Albania e dall‟India e più di recente dalla Romania, Ucraina e Moldavia. Oggi, una parte consistente dei cittadini stranieri che vivono nei comuni più settentrionali della provincia lavora a Roma o a Pomezia come pendolare, utilizzando il trasporto ferroviario. Prime 30 collettività di residenti stranieri in provincia di Latina (31.12.2007)

Paese v.a. %

Romania 10.745 45,3

India 1.790 7,5

Albania 1.514 6,4

Ucraina 1.238 5,2

Polonia 1.101 4,6

Tunisia 947 4,0

Marocco 792 3,3

Moldavia 391 1,6

Cina 340 1,4

Germania 298 1,3

Bulgaria 272 1,1

Filippine 240 1,0

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Regno Unito 195 0,8

Francia 185 0,8

Nigeria 183 0,8

Egitto 180 0,8

Macedonia 179 0,8

Algeria 166 0,7

Brasile 166 0,7

Stati Uniti 157 0,7

Altri Paesi 2.653 11,2 TOTALE 23.732 100,0 Fonte: Caritas/Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Elaborazioni su dati Istat

Nel tempo, a fronte di una iniziale presenza di stranieri maschi giovani, la composizione della popolazione immigrata si è gradatamente modificata con l‟arrivo di altrettante donne. Ciò, in buona parte, in virtù dei ricongiungimenti familiari, ma anche della notevole richiesta di lavoro come “badante” e/o domestica. Questo fenomeno si è registrato in particolare nei gruppi provenienti dall‟Europa dell‟Est, mentre è meno significativo in altre etnie (soprattutto indiani, magrebini ed egiziani). In passato, e per diversi anni, le amministrazioni locali hanno dimostrato una certa attenzione ai temi sociali e culturali dell‟immigrazione, ma nell‟ultimo periodo questa attenzione si è molto appannata. Dopo l‟iniziale arrivo dei magrebini e la loro successiva stabilizzazione, sono arrivati i consistenti flussi di migranti dall‟Europa dell‟Est e le amministrazioni locali hanno forse pensato che il problema dei migranti fosse sotto controllo, per cui se ne sono più occupate (in termini di accoglienza, di erogazione di servizi, di messa in campo di progetti per l‟integrazione, etc.) sempre meno e con minori risorse. Nonostante che la presenza di popolazione immigrata sia relativamente contenuta, anche in Provincia di Latina si assiste al fenomeno dell‟‟etnicizzazione di determinati mestieri che generalmente avviene con la riduzione del costo del lavoro, delle retribuzioni, delle tutele e delle sicurezze. In alcuni comparti produttivi quali il settore domestico, l‟agricoltura e l‟edilizia risulta predominante la componente straniera. In questi tre settori c‟è un mercato parallelo del lavoro, non ufficiale, non sempre visibile, ma pur sempre indispensabile per il mercato locale. L‟accesso al mercato del lavoro avviene soprattutto tramite il passaparola e le reti informali, oppure attraverso le chiese. I canali ufficiali delle agenzie pubbliche e private di collocamento sono molto limitati. Nel settore domestico e di assistenza alle famiglie sono impiegate la maggior parte delle donne straniere, a prescindere dal livello di istruzione e del Paese di provenienza (anche se sono soprattutto le donne dell‟Europa dell‟Est – ucraine, modale e rumene - a svolgere questo tipo di lavoro). Frequenti sono le pratiche discriminatorie: prevale ancora molta confusione tra vita privata e lavoro, fra condizioni contrattuali e trattamento reale della lavoratrice, spesso obbligata a rimanere a disposizione 24 ore al giorno.

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Nel settore agricolo, uno dei principali motori dell‟economia provinciale, i lavoratori stranieri sono ormai indispensabili per portare avanti la produzione. Si tratta di un settore particolarmente soggetto a dinamiche sommerse, e che in alcuni casi assume i tratti di una forma moderna di schiavitù legalizzata. L‟agricoltura intensiva viene praticata un po‟ ovunque in tutta la provincia e soprattutto nelle aree pianeggianti e costiere dell‟Agro Pontino, da Aprilia a Fondi. In queste zone c‟è una particolare concentrazione d lavoratori stranieri, soprattutto uomini, e in alcuni casi ci sono situazioni gravi: persone che vivono in baracche messe a disposizione delle aziende agricole dove lavorano per un salario saltuario e assolutamente non rispondente alle ore lavorate, situazioni di confine tra lo sfruttamento estremo e la schiavitù vera e propria. I lavoratori, impiegati nel lavoro dei campi e nella zootecnia, sono soprattutto membri della comunità indiana (la più numerosa comunità straniera presente nella provincia, dopo quella rumena), pakistana e, in parte minore, della comunità kurda. In particolare, la zona compresa tra Aprilia, Cori, Cisterna di Latina, Latina, San Felice Circeo, Terracina e Sabaudia, è una delle aree a maggiore presenza di indiani di fede religiosa sikh.54 Sono presenti fin dagli anni ‟80 e ora costituiscono un nucleo, tra i più numerosi d‟Italia, con oltre 2mila persone dedite all‟agricoltura (come trattoristi, braccianti e lavoratori stagionali), in

particolar modo a quella specializzata delle serre (ortaggi, fiori, etc.), all‟allevamento del bestiame bovino e bufalino, alla produzione lattiero-casearia e al lavoro nei forni (di Cori, ma anche dei limitrofi comuni di Genzano e Ardea), in cui si produce molto pane che viene consumato anche a Roma. Due anni fa, in seguito ad una forte azione sindacale della Coldiretti di Latina, i cittadini extra-comunitari di nazionalità indiana sono stati ricompresi nelle quote del Decreto Flussi lavoratori agricoli extra-comunitari stagionali che viene emanato dal Governo entro la fine di ogni anno. Prima ne erano esclusi provocando sul territorio provinciale il fenomeno della presenza di un gran numero di clandestini di tale nazionalità.

Nel corso degli anni il fenomeno immigratorio è molto cambiato nella zona di Aprilia. Da un‟immigrazione essenzialmente magrebina si è passati ad un‟immigrazione consistente di russi in transito verso il Nord America che venivano appoggiati ad

54 Il Sikhismo è la religione monoteista dei discepoli (questo significa la parola “sikh”, derivata dal

sanscrito) di Guru (maestro spirituale) Baba Nanak Dew (1469-1539), i cui insegnamenti sono contenuti nel Adi Granth (libro sacro). Si viene battezzati con un apposito rito che si chiama Amrit. Si tratta di una religione monoteista che implica la devozione a un solo Dio supremo, assoluto, presente in tutte le cose, eterno e creatore, incontrastato, senza odio. Non esiste proselitismo, non c‟è un‟istituzione religiosa ufficiale che rappresenti tutti i sikh o che in qualche modo detti le norme per la pratica del culto, neppure in India. Per i sikh è necessario ricordare il nome di Dio, condurre vita morale, evitare i vizi (vige il divieto di bere, fumare e fare uso di stupefacenti), rendere servizio alla comunità e ai poveri, lavorare onestamente, combattere quando è necessario con coraggio, astenersi dalle pratiche superstiziose. Sono vegetariani, monogami, credono nell'uguaglianza degli uomini di fronte a Dio e praticano l‟assoluta parità tra gli uomini e le donne. I sikh sono concentrati nel Punjab (Terra dei cinque fiumi), regione geografica tra il Pakistan e l‟India, teatro di secolari scontri tra induisti e musulmani, dove attualmente sono circa 19 milioni. Fuori dall‟India vivono quasi un milione di sikh, di cui oltre 400mila in Gran Bretagna, 300mila in Canada e 100mila negli USA. In Italia la loro comunità ammonta a circa 30mila persone (secondo fonti della stessa comunità), molte delle quali impegnate nell‟allevamento dei bovini. Sono molto apprezzati per l‟impegno posto nello svolgimento del lavoro. A Sabaudia, dove è ubicato un tempio sikh risiede l‟Associazione Nazionale dei sikh (Dhillon Karamjit). I sikh, sembrano avere una importante vita comunitaria e vivono in famiglie numerose. Non sembrano, invece, avere molti rapporti con le istituzioni, per molte delle quali rimangono una comunità nascosta e chiusa.

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Aprilia dove c‟erano delle palazzine (senza abitabilità), dove poi sono stati ospitati anche dei profughi somali. Successivamente, sono arrivati i polacchi, gli indiani e i rumeni. Oggi, c‟è una forte presenza di indiani sikh del Punjab che vivono molto isolati soprattutto in ambito rurale, nelle fattorie sparse. Non possiedono un‟auto privata e devono muoversi in bicicletta o con il trasporto pubblico che spesso è carente. Noi abbiamo iniziato a lavorare con gli indiani nel 1988 nella borgata di Campoverde. Mostravano un grandissimo interesse iniziale e altrettanto rapidamente poi sparivano. Questo ci ha fatto pensare che il nostro tipo di approccio non fosse funzionale. In parte, era effettivamente così perché, mentre con i magrebini potevamo contare sulla loro conoscenza del francese, con gli indiani solo pochi avevano una conoscenza dell‟inglese, per cui ci siamo trovati in difficoltà. Comunque, ciò che contraddistingue questo gruppo è di essere molto isolato. Mentre i magrebini si trovano tranquillamente in piazza, girano, fanno cose, gli indiani vivono isolati nelle fattorie e difficilmente si vedono in giro in città, in piazza. Per un certo periodo c‟è stato anche il fatto che chi interagiva con la comunità italiana veniva visto male all‟interno della sua comunità. Non è stato semplice. Questi gruppi che vivevano e vivono distanti dai centri abitati, nelle piccole frazioni, alloggiando presso le varie aziende agricole, sono solitamente gestiti da un caporale che non vede certo di buon occhio la loro frequentazione con italiani. Sono un po‟ il loro gruppo di galline da spennare. Questo è il motivo principale del loro isolamento. Noi abbiamo avuto un caso di una persona che viveva in Italia da 12 anni, parte dei quali anche da regolare, che non diceva una parola di italiano. Ci siamo occupati anche di suo figlio e per parlare con il padre abbiamo dovuto utilizzare un interprete. Questa è una realtà impressionante, con persone che vivono qua da deportati. Negli anni, la situazione è un po‟ migliorata, perché soprattutto i giovani si sono un po‟ autonomizzati dai caporali. Ora, con i ricongiungimenti familiari e la regolarizzazione delle posizioni, anche la comunità indiana comincia ad essere più visibile ed integrata. La presenza degli indiani è molto consistente. Lavorano in agricoltura e questa è una zona a vocazione essenzialmente agricola (Mimmo Catasta, Senza Confine – Aprilia).

Nei lavori agricoli stagionali vengono impiegati anche lavoratori provenienti dall‟Africa e dai Paesi dell‟Est Europa. Le condizioni di vita e di lavoro sono precarie per tutti i migranti: sparpagliati per i campi spesso vivono nelle stalle, anche perché nel settore zootecnico è considerata una prassi vivere sul posto di lavoro. Altri vivono in baracche senza servizi igienici o dormono nei fienili o semplicemente nei campi. I contratti eventualmente stipulati, non corrispondono mai alle reali condizioni di lavoro. La paga giornaliera può oscillare dai 3 ai 6 euro l‟ora e frequenti sono le condizioni irregolari dei lavoratori e il ricorso a buste paga fittizie. Il caporalato nell‟ambito agricolo è un fenomeno diffuso. Nel settore edile sono soprattutto impegnati lavoratori rumeni, polacchi, albanesi e di altri paesi dell‟Europa dell‟Est, con anche una consistente presenza magrebina ed indiana. Crescono anche le imprese edili individuali con titolare straniero (per lo più rumeni) che però spesso costitutiscono l‟ultimo anello della catena dei processi di subappalto. L‟edilizia, però, è uno dei settori economici dove più diffuso è il sommerso, il lavoro irregolare e grigio. I lavoratori stranieri sono maggiormente esposti a una serie di violazioni contrattuali che dilagano nel settore. Ad esempio, vengono frequentemente regolarizzati con contratti part-time quando invece lavorano a tempo pieno. Tra le altre violazioni contrattuali frequenti figura il sottoinquadramento e il mancato versamento dei contributi alla Cassa Edile. Talvolta il lavoratore viene costretto a ridare all‟impresa la somma versata. La sicurezza sul

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lavoro viene spesso trascurata con conseguenze rilevanti in termini di infortuni e mortalità sul lavoro.

* * * Per quanto riguarda le scuole popolari che offrono corsi di italiano gratuiti per stranieri, dalla ricerca sul campo emerge che in provincia di Latina c‟è una presenza territorialmente articolata, seppure complessivamente limitata: nel comune di Aprilia operano l‟associazione Senza Confine, l‟associazione

Dialogo Onlus e l‟associazione Palmyra (che opera anche su Latina);

nel comune di Cisterna di Latina opera l‟associazione Welcome; nel comune di Sezze opera la cooperativa Karibù; nel comune di Latina operano l‟Associazione Nazionale Oltre le Frontiere –

ANOLF (che ha sportelli anche nei comuni di Sezze, Terracina ed Aprilia), l‟ANFE e Miche (germogli);

nel comune di Fondi opera l‟ARCI; nei comuni di Gaeta, Formia e Minturno opera l‟associazione Insieme Immigrati. L‟associazione di volontariato Senza Confine di Aprilia è stata costituta come sezione locale di Senza Confine, associazione nazionale che si occupa di problemi legati all'immigrazione straniera in Italia. E‟ nata dalla necessità di coordinare una serie di iniziative attuate dal 1988 in maniera più o meno spontanea. In quell'anno una quindicina di persone (in grande maggioranza insegnanti o ex insegnanti), sensibilizzate dal numero notevole di immigrati che giungevano con flusso costante nel territorio comunale, si resero disponibili all'organizzazione di corsi di prima alfabetizzazione realizzati prioritariamente nelle zone dove più alta era la presenza di immigrati (nelle frazioni di Campoverde, Campo di Carne e Campoleone55).

Abbiamo cominciato la nostra attività nel 1988. Inizialmente, l‟attività di alfabetizzazione all‟italiano era pensata più come una modalità per avvicinare le persone migranti, delle quali allora non si sapeva quasi nulla. L‟insegnamento dell‟italiano è sempre stata per noi un‟attività molto importante. Abbiamo sempre ritenuto che una necessità fondamentale per i migranti fosse quella di imparare la lingua. Abbiamo cominciato la nostra attività nelle borgate di Aprilia, non al centro. Abbiamo lavorato a Campoverde, a Campodicarne, a Campoleone, nel comune di Lanuvio, in locali messi a disposizione a volte dal Comune, come a Campoleone, o dalla scuola, fino a quando i genitori italiani non si sono accorti delle nostre attività. Nelle scuole abbiamo avuto delle difficoltà, perché i genitori italiani non volevano che noi usassimo la sera le strutture che la mattina usavano i bambini. Poi, c‟era il problema di trovare qualcuno che tenesse aperta la scuola. Ad Aprilia, c‟è stata la disponibilità dei dirigenti scolastici, fino a quando non c‟è stata una sollevazione popolare, perché i genitori sostenevano che gli immigrati portavano malattie. Siamo andati nelle scuole con il medico per spiegare… Abbiamo avuto una reazione negativa

55 Il Comune di Aprilia ha una superficie 17.774 ettari, abitanti 66.624 all‟1.1.2008, di cui 4.683

stranieri, comprende il centro urbano e le seguenti frazioni: Agip, Bellavista, Buon Riposo, Caffarelli, Campo del Fico, Campo di Carne, Campoleone, Campoverde, Carano-Garibaldi, Carroceto, Casalazzara, Fossignano, Gattone, Genio Civile, Giannottola, Guardapasso, Isole, La Gogna, Montarelli, Pantanelle, Pian di Frasso, Rosatelli, Spaccasassi, Torre Bruna, Toscanini, Torre del Padiglione, Tufello, Vallelata, Valli.

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in particolare a Campoverde, dove abbiamo fatto corsi per due stagioni e poi abbiamo dovuto interrompere per motivi politici. L‟accusa era quella che noi facevamo servizi di supporto agli immigrati, per cui incitavamo i clandestini a venire. Alla fine degli anni ‟80, l‟immigrazione prevalente in questa zona era di clandestini magrebini/nord africani che lavoravano in campagna alla raccolta dei cocomeri, kiwi, uva e di altri prodotti agricoli stagionali. Noi abbiamo cercato di accoglierli con partecipazione ed amicizia, fornendo loro un servizio di alfabetizzazione di italiano di base, attività che veniva facilitata dal fatto che quasi tutti parlavano un corretto francese, salvo rari casi di analfabeti totali, cioè che non conoscevano né l‟alfabeto arabo né quello latino. A questo tipo di servizio, nel tempo, se ne sono aggiunti anche altri, come l‟attività di

sostegno extrascolastico ai minori, l‟organizzazione di eventi, manifestazioni e feste con musica e cibi in modo che potessero essere condivisi anche da persone di culture diverse, favorendo la conoscenza interculturale, ma la scuola d‟italiano rimane ancora oggi la nostra attività principale (Adriana Rotili, Senza Confine).

Ai corsi di italiano L2 (tenuti per diversi anni in locali messi a disposizione dal Comune, dalle scuole o dalle parrocchie) si sono aggiunte, con il tempo, iniziative diversificate: assistenza agli immigrati per problemi legati alla lingua, ai complessi iter burocratici per ottenere i permessi di soggiorno o altri documenti, interventi in casi di intolleranza e discriminazione verso i cittadini stranieri, primo intervento in situazioni di emergenza legate ai bisogni primari. Ben presto si aggiunsero anche iniziative culturali e di socializzazione. Dal 1995 l'associazione ha una propria sede (seppure inadeguata, perché troppo piccola) nel centro di Aprilia (in via Costantino 57), dove vengono svolte in maniera continuativa le seguenti attività: sportello informa immigrati;

corsi di lingua italiana per alfabetizzazione e perfezionamento; supporto scolastico per minori inseriti nella scuola pubblica; corsi di lingua inglese, francese, spagnola e araba per italiani e stranieri. Inoltre, nel corso di questi anni l'associazione ha avviato e sta portando avanti una serie di iniziative sul territorio:

incontri formativi, tesi a promuovere la conoscenza dei Paesi di provenienza e delle problematiche legate all'immigrazione, a far incontrare le tradizioni ed i riti legati alle tematiche della nascita nelle varie culture; a conoscere il patrimonio favolistico e mitologico caratteristico delle varie culture. Gli incontri finora svolti si sono tenuti presso alcune scuole del territorio: Scuola elementare Montegrappa, Scuola elementare di Campodicarne, Scuola media Menotti Garibaldi di Aprilia, Scuola elementare Grazia Deledda di Aprilia, Liceo Meucci di Aprilia;

incontri con esperti sulle tematiche dei rapporti nord-sud, debito estero, confronto interreligioso;

incontri, dibattiti, conferenze, organizzati anche in collaborazione con altre associazioni del territorio, su: immigrazione, rapporti Nord-Sud, gestione non violenta dei conflitti, solidarietà. Nel triennio 2000-2002 l'Associazione ha aderito e partecipato agli incontri sull'antirazzismo organizzati da UNITED for intercultural action - European network against nationalism, racism, fascism and in support of migrants and refugees, tenutisi a Strasburgo, Amsterdam, San Pietroburgo e Bucarest;

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iniziative mediatiche per promuovere lo scambio e la conoscenza delle culture degli immigrati presenti nel territorio, quali: - rassegne cinematografiche; - spettacoli teatrali e musicali; - stand gastronomici; - mostre fotografiche.

L‟anno scorso abbiamo fatto un progetto in rete con l‟associazione La Freccia, che lavora soprattutto in ambito giovanile, per cercare di intrecciare le culture degli immigrati con le culture del territorio. Abbiamo organizzato delle cene con dei menù regionali italiani (con la partecipazioni delle associazioni delle comunità regionali italiane di Aprilia) e dei menù delle diverse comunità dei migranti stranieri. Abbiamo abbinato delle serate in cui si parlava di una regione italiana e di un paese straniero. C‟erano delle testimonianze e poi c‟erano delle degustazioni di cibi tipici. Inoltre, abbiamo fatto delle serate di musica etnica e anche dei corsi di computer/informatica e di formazione di personale domestico, in cui abbiamo trattato sia gli aspetti della cura della persona, con un intervento di operatori domiciliari che hanno illustrato varie tecniche, sia l‟aspetto della cura della casa all‟italiana, compreso un corso di cucina. I corsi li facevamo presso la Caritas che aveva un centro di accoglienza con una cucina, per cui gli sopiti mangiavano poi il cibo che veniva preparato (Mimmo Catasta, Senza Confine).

Ad ogni modo, la scuola di italiano per migranti rimane ancora oggi la principale attività di Senza Confine. La scuola di italiano funziona con il passaparola e accoglie tutti i migranti, anche quelli sono privi del permesso di soggiorno e che quindi non possono rivolgersi al locale CTP. Come presenza costante ci sono mediamente circa 30 allievi, ma durante l‟anno scolastico c‟è un giro di studenti che va dalle 50 alle 60 persone. Le lezioni sono spesso realizzate da più di un insegnante volontario, soprattutto nel caso in cui ci siano delle persone analfabete, con le quali il rapporto deve essere necessariamente di uno a uno. Mediamente, ad una lezione partecipano 5-6 studenti.

Cerchiamo di avere dei gruppi molto ridotti e possibilmente omogenei dal punto di vista del livello di conoscenza della lingua, con un insegnamento molto personalizzato. Abbiamo anche lavorato con dei grandi gruppi, però non abbiamo uno spazio (il locale è unico) che consenta di fare questo in modo adeguato e funzionale, data la presenza di livelli diversi di conoscenza della lingua tra gli utenti: chi non riesce a seguire perché parte da una base nulla, va via e il rischio è che se ne vadano anche quelli che sono più avanti. Al momento dell‟iscrizione si cerca di valutare quale è il livello, in modo da poter inserire la persona in un gruppo che sia il più possibile omogeneo alla sua conoscenza della lingua. E‟ però il più delle volte un pio tentativo, sia perché il colloquio è comunque molto breve, sia perché non sempre siamo consapevoli del livello dei diversi gruppi che nel frattempo si sono formati e sono andati avanti nel programma di studio. Noi accogliamo tutti anche nel corso dell‟anno e quindi ci troviamo sempre in questa difficoltà di inserimento di persone nuove nei gruppi già strutturati. Noi le lezioni le facciamo nel periodo scolastico – da ottobre a giugno, ma anche a luglio, e per il sostegno scolastico dei minori si lavora anche durante tutta l‟estate - tutti i giorni, compreso il sabato, durante tutto il giorno, ma soprattutto il pomeriggio-sera. L‟afflusso da noi è soprattutto dalle 18 in avanti, fino alle 20.30 e chi frequenta viene diviso in tre gruppi ridotti, perché così si riesce a lavorare meglio, anche sui testi scritti. Utilizziamo parti di diversi libri di testo e nel corso del tempo

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abbiamo sviluppato anche dei nostri materiali nella forma di appunti. Distribuiamo fotocopie, con esercizi, letture e regole grammaticali. Inizialmente, siamo partiti più da libri situazionali, poi siamo un po‟ ritornati anche ai libri di grammatica con esercitazioni. Ci si basa molto sui bisogni e le condizioni dell‟utenza. Ci sono certi gruppi che hanno bisogno di un approccio prettamente scolastico, strutturato, metodologicamente schematico e probabilmente sono anche persone che vengono da quegli stessi paesi dai quali, quando vengono i ragazzini a scuola gli insegnanti sono tutti contenti perché dicono che questi ancora capiscono cosa è la scuola. Poi, ci sono quelli che vogliono solo imparare conversare in italiano e che quindi hanno altre necessità. Quindi, in sostanza, si può dire che la nostra caratteristica principale è quella della flessibilità, di una capacità di adeguarci ai bisogni concreti dell‟utenza. Da noi vengono anche persone che non possono frequentare un corso con regolarità a causa dei turni e degli orari di lavoro. Noi in passato abbiamo fatto dei tentativi di darci un‟organizzazione dei corsi più rigida, ma abbiamo visto che non funziona, perché dipende molto dalla stagionalità del lavoro in cui le persone sono impegnate. In molti casi le persone si spostano altrove, spariscono per dei periodi e poi ritornano. E‟ un po‟ faticoso, perché non sappiamo mai se alla lezione arriva una sola persona o 20. Nell‟ultimo periodo, comunque, l‟utenza è un po‟ più stabile. Noi abbiamo tentato di fare dei corsi di base, intermedi ed avanzati, però all‟interno di un nostro corso base ci sono almeno quattro tipologie diverse di utenti: c‟è la persona rumena che già parla, mentre quella indiana non è in grado di dire un parola. Il fatto di avere spesso dei livelli così diversi è una cosa che ci penalizza abbastanza. Data la nostra carenza di spazio non possiamo suddividerli a gruppi per livelli (Adriana Rotili, Senza Confine).

Una particolare attenzione è stata data all‟apprendimento dell‟italiano da parte di donne migranti. Negli anni sono stati fatti dei corsi anche la mattina per donne sposate ad italiani che venivano nelle ore di scuola dei loro figli. E‟ stato realizzato anche un progetto “Donne madri” che prevedeva incontri il sabato pomeriggio, con un servizio di baby-sitting.

Le madri si attivano per imparare l‟italiano quando i bambini si scolarizzano. In quel momento sentono l‟esigenza. La cosa di cui le donne, soprattutto quelle di cultura araba e islamica, sentono maggiormente la mancanza è la rete di amicizie, nel senso che nel caso della società di cultura araba, la realtà delle donne è quella di una società parallela: c‟è il gruppo delle donne e il gruppo degli uomini. Trovarsi ad affrontare completamente da sole, prive del sostegno della rete amicale e parentale, gravidanze, parti, cura e allevamento dei figli, etc. crea un forte disagio sia pratico che psicologico. Non hanno possibilità di scambiare idee ed emozioni. Questo è un aspetto preoccupante e pesante da affrontare. L‟isolamento di queste donne le porta anche a vivere in condizioni di nevrosi. E‟ una realtà molto pesante soprattutto per le donne magrebine, perchè le donne centro-africane hanno una maggiore libertà ed autonomia e anche le donne indiane hanno un maggiore riconoscimento e più libertà di movimento (Adriana Rotili, Senza Confine).

Per quanto riguarda il sostegno extrascolastico ai minori, al momento l‟associazione ne segue una decina. Sono le loro famiglie che, attraverso il passaparola, vengono a chiedere di sostenerli. Molti sono i genitori ex-allievi della scuola di italiano che vengono a chiedere un sostegno per i compiti dei loro figli. Questa attività viene realizzata in collaborazione con il gruppo Scout di Aprilia e con gli insegnanti delle scuole.

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Oggi, il problema del sostegno scolastico dei minori è ancora del tutto ignorato. Abbiamo una grossa collaborazione da parte del gruppo scoutistico di Aprilia e abbiamo realizzato molti incontri positivi in cui il ragazzo italiano fa un po‟ da tutor al ragazzo straniero. E‟ un sistema che sta funzionando molto bene: il ragazzo italiano può toccare con mano quanto diversa può essere l‟adolescenza per i ragazzi di origine straniera. E‟, quindi, un‟esperienza profondamente educativa per tutti loro. Bisogna, inoltre, costruire anche una relazione significativa con la scuola, per cui per i ragazzi che seguiamo noi andiamo anche a parlare con gli insegnanti. Mi sono resa conto che, nel momento in cui l‟insegnante realizza che c‟è una controparte italiana che sa di che cosa si tratta, manifesta una sensazione di sollievo ed è generalmente molto disponibile a collaborare. Gli insegnanti non si sentono più soli e c‟è anche una maggiore attenzione per i bambini/ragazzi che noi seguiamo. La scuola, nei suoi programmi, non ha fatto sostanziali passi verso forme di educazione/istruzione interculturale, per cui spesso le situazioni che si creano possono essere molto frustranti per tutti i soggetti coinvolti (insegnanti, allievi e noi). E‟ un lavoro difficile che purtroppo richiede un sacco di tempo. Si lavora in un rapporto uno a uno o uno a due e, nonostante questo, non sempre si riesce a coprire tutto il programma, per cui è molto importante andare a parlare con gli insegnanti per concordare che cosa privilegiare e che cosa tralasciare, perché tutto non si può fare. In futuro, credo che questo settore di attività sarà predominante. Iniziative di scuola di italiano L2 comunque ci sono, mentre per quanto riguarda il sostegno scolastico no. La presenza dei genitori è molto carente. Le famiglie non sono in grado di seguire il rapporto con la scuola. Nella scuola elementare c‟è una maggiore difficoltà ad accettare il bambino straniero, anche se le situazioni possono variare da insegnante a insegnante (Adriana Rotili, Senza Confine).

Negli anni Senza Confine ha avuto dei finanziamenti della legge 286 dalla Provincia per l‟attività di sportello informa immigrati e questo ha consentito all‟associazione di far fronte alle spese dell‟affitto e del telefono. Da quest‟anno l‟associazione opera, nell‟ambito di un progetto del Comune di Aprilia finanziato dalla legge 286, in stretto coordinamento con le altre realtà associative che a livello locale si occupano di immigrazione - Dialogo Onlus, Anolf, Croce Rossa e Caritas -, in modo che ognuna possa dare il proprio contributo in relazione alle proprie specifiche competenze e attività.

Ho fiducia che in questo caso un coordinamento tra le associazioni possa avere un futuro. Noi cerchiamo di collaborare con gli altri anche se ci teniamo a mantenere la

nostra autonomia di associazione laica, non legata a gruppi di potere particolari. Noi siamo un‟associazione che ha avuto sovvenzioni e finanziamenti per sostenere le spese, però da parte nostra nessuno ha mai lavorato qui a tempo pieno. Ognuno ha una sua attività lavorativa al di fuori dell‟associazione e non abbiamo mai avuto nessun vantaggio economico da questa attività. Le nostre sono attività totalmente gratuite per l‟utenza. Credo che questa impostazione ci abbia agevolato ed aiutato ad andare avanti nel tempo (Mimmo Catasta, Senza Confine).

Uno dei soggetti forti di questa rete territoriale di associazioni è l‟associazione culturale di volontariato “Dialogo Onlus per l‟integrazione socio culturale degli stranieri”, presieduta da Marie Antoniette Rwabuhungu Akayezu, psicologa di origini ruandesi (arrivata in Italia come rifugiata politica). L‟associazione è nata nel gennaio 2008 come continuazione di un progetto denominato CDS – Centro di

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Documentazione per Stranieri (finanziato dalla Provincia di Latina per tre anni di seguito) che aveva l‟obiettivo di fornire orientamento e informazioni ai cittadini stranieri. L‟associazione ha sede nel Palazzo dell‟Immigrazione (Via Cattaneo 4, ex Mattatoio), in locali concessi in comodato d‟uso gratuito dal Comune di Aprilia. L‟associazione svolge un‟attività di accoglienza, orientamento e sostegno degli immigrati (anche assistenza legale), operando come centro di ascolto per stranieri e come centro interculturale per il dialogo fra le culture (biblioteca interculturale, spazio giochi per bambini, laboratori educativi, distribuzione di vestiti e cibo per chi ne ha bisogno). Inoltre, l‟associazione svolge un‟attività editoriale - con la rivista bimestrale Dialogo. La città multiculturale - finalizzata alla diffusione di un‟immagine positiva del mondo interetnico e più in generale delle persone straniere. Fino a poco tempo fa, tra le diverse attività svolte da Dialogo Onlus c‟era anche l‟insegnamento dell‟italiano per migranti.

Fino alla fine di dicembre 2008 ad Aprilia non c‟era alcun coordinamento tra le associazioni e gli enti che operano nel campo del sostegno ai migranti. C‟era un certa dispersione. Noi come associazione Dialogo abbiamo cercato di formare una rete, valorizzando ciò che ciascun soggetto sa fare meglio. Ad esempio, l‟associazione Senza Confine da anni si occupa soprattutto di fare corsi gratuiti di italiano per migranti, dal lunedì al sabato, con un approccio di bassa soglia e con orari pomeridiani e serali. Noi abbiamo deciso di non fare più corsi di italiano L2 e di valorizzare Senza Confine, oltre che il CTP. D‟altra parte, i nostri erano dei corsi per modo di dire. Si seguivano poche persone per volta, a secondo delle necessità. Non c‟era un‟organizzazione e un metodo precisi. Chi insegnava non aveva un‟esperienza né formazione particolare: insegnavano l‟italiano persone italiane o che conoscevano bene l‟italiano. Si insegnava l‟italiano per la sopravvivenza, cercando di simulare le situazioni reali più comuni o di interesse per gli stranieri. Più che dei corsi erano delle lezioni di italiano. Quella della rete è stata una idea nostra in modo da evitare che noi ci troviamo a fare il lavoro di Senza Confine, della Caritas, della Croce Rossa, della Questura, della Prefettura. La Caritas può pensare al cibo e alla prima accoglienza, mentre per questioni di lavoro o di integrazione ci sono altri soggetti a cominciare da noi. Ci siamo divisi i compiti tra enti ed associazioni. Abbiamo firmato un protocollo di intesa e c‟è il progetto finanziato dalla legge 286 presentato dal Comune di Aprilia (Marie Antoniette Rwabuhungu Akayezu, Dialogo Onlus).

Corsi di italiano per stranieri vengono realizzati, seppure senza una continuità, ad Aprilia (ma anche a Cisterna di Latina e a Latina) da “Palmyra - Associazione culturale per l‟amicizia Euro-Araba”. L‟associazione realizza anche corsi di lingua e cultura araba. L‟associazione è stata costituita da 3 anni e ambisce a dimostrare che il concetto di cultura unisce e non divide i popoli, se è continua ricerca di incontro e di scambio.

Al momento il clima non è sereno qui in Italia per i cittadini arabi e musulmani. C‟è molta strumentalizzazione e incomprensione. La nostra associazione vuole rendere visibile sul territorio e disponibile al confronto con la società di accoglienza la comunità arabo-islamica di Aprilia e della provincia di Latina. L‟associazione è nata anche a seguito di una richiesta da parte della mia comunità per dare un primo respiro culturale sulla piazza sia di Latina che di Aprilia. Per quanto riguarda i corsi di lingua siamo penalizzati dal fatto di non avere una sedei corsi di italiano. Abbiamo fatto un corso di italiano ad Aprilia presso una parrocchia della durata di 4 mesi (2 ore al pomeriggio una sola volta a settimana) e un corso a Latina, presso una ex scuola,

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che è durato solo due mesi, perché chi aveva messo a disposizione gli spazi ha detto che c‟erano dei problemi amministrativi. La gran parte degli allievi erano arabofoni. Per quanto riguarda i corsi di lingua e cultura araba ne abbiamo fatto uno a Latina (presso la sede del Cesv) e uno ad Aprilia (presso la sede dell‟Avis). Abbiamo fatto anche un corso di arabo per italiani nella piccola moschea di Pomezia. Queste sono tutte attività che vengono realizzate gratuitamente (Hassan Reda Raad, Palmyra).

Palmyra, oltre a promuovere la conoscenza delle lingue e delle culture italiana e araba, si propone di sviluppare le seguenti attività:

organizzare seminari, conferenze, convegni e dibattiti sulle problematiche connesse alle diversità culturali e religiose dei popoli;

progettare percorsi di mediazione interculturale e dialogo interreligioso nelle scuole di ogni ordine e grado;

offrire servizi a sostegno dell‟integrazione ed inserimento degli immigrati; favorire l‟arte letteraria e poetica degli immigrati; presentare opere letterarie tradotte da/in lingua italiana; offrire consulenze e ricerche bibliografiche aggiornate, complete e strutturate

utili per tesi di laurea, monografia e conferenze;

organizzare visite guidate didattico culturali a mostre d‟arte, musei e luoghi di culto;

organizzare vacanze di studio all‟estero.

* * * Cisterna di Latina è una cittadina che alla tradizionale vocazione produttiva agricola, negli ultimi decenni ne ha sovrapposta una industriale (agroalimentre, chimica, metalmeccanica). Vive da anni una fase di espansione demografica (34mila abitanti) grazie ad una piccola, ma significativa comunità straniera che a fine 2007 aveva superato le 1.200 unità. In prevalenza i migranti sono rumeni, ma ci sono consistenti gruppi del Magreb, India, Moldova, Polonia, Filippine, Niger, Ucraina, Nigeria e Bangladesh. Cresce il numero dei nati a Cisterna da genitori stranieri e nelle scuole dell‟obbligo l‟incidenza dei minori stranieri sul totale degli alunni è arrivata al 6,5%. Quello di Cisterna sembra essere un interessante caso di integrazione, una città aperta ed ospitale, essa stessa frutto di ripetute ondate migratorie, dal nord e sud d‟Italia, dalla Tunisia, e oggi dai vari continenti. L‟assessorato ai Servizi Sociali ha fatto nascere lo sportello “Maison du Monde” che dal 2001 offre orientamento e servizi agli immigrati. Il Comune organizza in maggio la Festa dei Popoli (quest‟anno alla terza edizione) che vede la partecipazione attiva delle associazioni di volontariato e delle comunità straniere locali, con una settimana di attività di sensibilizzazione sui temi dell‟intercultura nelle scuole, convegni, spettacoli musicali e degustazioni di cibi etnici. E‟ in questo contesto positivo che opera l‟associazione di volontariato Welcome, nata nell‟anno 2000 su iniziativa di alcuni immigrati di nazionalità (in prevalenza nigeriani,

bengalesi e tunisini) e professioni diverse, per assistere e migliorare la loro condizione di vita e per promuovere il loro inserimento nella società locale. All‟associazione hanno via, via aderito anche molti volontari d‟origine italiana. L‟associazione non ha fini di lucro ed opera esclusivamente per fini di solidarietà

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sociale. Offre i servizi di segretariato, di assistenza agli immigrati nella procedure per la regolarizzazione, orientamento socio-educativo, mediazione sociale e culturale, informazione sulle opportunità di lavoro e corsi professionali, scambi culturali. Inoltre, l‟associazione realizza corsi gratuiti di lingue, sia di italiano per stranieri che di inglese (tenuti da un docente di madre lingua inglese) per italiani e stranieri. Il primo corso di italiano (livello base-intermedio) è stato fatto nel 2006 e vi hanno partecipato 16 persone di nazionalità prevalentemente tunisina e bengalese. Le lezioni (di due ore ciascuna) sono state tenute 3 volte a settimana per 3 mesi. L‟ultimo corso di italiano L2 è stato tenuto nel 2008 e vi hanno partecipato 21 persone, prevalentemente di nazionalità bengalese e nigeriana. E‟ durato 5 mesi con lezioni 3 volte a settimana (17,30 -19,30). Nel 2009, da fine febbraio fino a giugno verrà realizzato un nuovo corso di italiano L2 per coreani, nigeriani e bengalesi. Il metodo di insegnamento è comunicativo, con nozioni di grammatica di base, esercitazioni, conversazione e racconti tra i corsisti e simulazioni di vita quotidiana. E‟ previsto anche l‟accompagnamento ai servizi (servizi sociali, anagrafe, Asl, etc.). Le tre insegnanti dei corsi sono delle ex insegnanti di scuola media inferiore che hanno frequentato un corso per l'insegnamento dell'italiano per stranieri presso l'Università Roma Tre.

* * *

Storicamente, Sezze è stato un paese di emigrazione e oggi i setini nel mondo (con passaporto italiano) sono poco più di 2mila. Negli ultimi 15 anni si è registrata una crescita generale della popolazione residente, dovuta all‟arrivo dei migranti stranieri, in prevalenza rumeni, albanesi e ucraini. Sezze ha 23.804 abitanti (Istat al 31.12.2007), di cui 2.120 stranieri. Ma, il dato è parziale a causa di un enorme sommerso residenziale e si stima che quello reale sia intorno alle 4-5 mila unità. Negli ultimi 15-20 anni i setini hanno abbandonato il centro storico per spostarsi in campagna, dove hanno costruito nuove abitazioni, trasformando piccoli e isolati insediamenti rurali in veri e propri quartieri residenziali. Allo stesso tempo, i migranti si sono concentrati nelle vecchie abitazioni (spesso fatiscenti e in condizioni igienico-sanitarie precarie) del centro storico.

Migranti di diverse nazionalità abitano, lavorano e si muovono nel nostro Comune, partecipano alla vita sociale, frequentano le scuole, i negozi; assistiamo anche alla nascita della loro “seconda generazione”, bambini figli di migranti che giocano nei parchi e parlano il dialetto setino. La loro presenza nel centro storico del paese si spiega con: una grande richiesta di badanti, da parte delle famiglie residenti, per poter

accudire gli anziani non più autosufficienti; una richiesta di mano d‟opera a basso costo, da parte di piccole imprese agricole

ed edili locali e non; una possibilità di spostarsi in modo adeguato e veloce nella pianura pontina e sul

territorio della Provincia di Roma;56

56 Sezze è un comune cerniera dotato di una buona rete di collegamenti che alimenta un rilevante

fenomeno di pendolarismo soprattutto verso Roma. E‟ attraversato dalla linea ferroviaria Roma-Napoli e la stazione di Sezze Romano funge da raccordo anche per diversi comuni dei Monti Lepini. Verso Roma (e Frosinone) ci sono poi la strada statale Appia e SS 156 dei Monti Lepini.

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una grande disponibilità di vecchie case vuote, da poter prendere in affitto ad un costo ragionevole.57

L‟arrivo di giovani stranieri inizialmente è stato accolto positivamente dai setini perché la loro manodopera era necessaria nei settori lavorativi più faticosi, più pericolosi e nocivi per la salute o che prevedevano turni di lavoro più lunghi, a volte anche notturni. Negli ultimi tempi, la forte concentrazione di migranti stranieri nel centro storico è guardata con timore dalla minoranza autoctona e si è determinato un clima di reciproca diffidenza, con crescenti problemi di convivenza e di integrazione.

Col passare del tempo, gli effetti sociali del fenomeno dell‟immigrazione nel territorio stino sono stati molteplici, e a volte più negativi che positivi, perché la comunità si è trovata impreparata ad affrontare un così vasto e variegato fenomeno che ha fatto prevalere un atteggiamento di chiusura e di difesa nei confronti dei “diversi”. … La stampa locale ha seguito il cammino di collegare alla massiccia presenza di romeni nel centro storico di Sezze una pericolosa minaccia per la sicurezza e la serenità della comunità setina. Per convenienza editoriale e politica, si è deciso di infettare i cittadini autoctoni con il virus della paura, senza preoccuparsi minimamente dell‟effetto devastante che questa campagna mediatica, denigratoria e belligerante avrebbe prodotto sulla comunità. La microcriminalità, il traffico di droga, l‟ordine pubblico e il controllo dell‟immigrazione sono stati i temi principali dei media e delle forze politiche.58

Gli effetti provocati dal virus della paura dei “diversi” hanno contribuito a provocare alcuni episodi incresciosi: un gruppo di 5 giovani setini sono stati arrestati per aver picchiato, intimidito e rapinato degli immigrati abitanti nel centro del paese; il 5 dicembre 2008 (giornata internazionale del volontariato) è stato dato fuoco con delle molotov al locale dell‟Istituto comprensivo Pacifici e De Magistris, dove hanno una sede il Cesv, l‟associazione di promozione sociale Aglio, l‟associazione culturale Le Colonne e la Cooperativa IACS per l‟inserimento al lavoro di giovani e dove vengono realizzati i corsi di italiano L2 per i migranti ospitati in un centro di accoglienza; infine, ai primi di gennaio è stata incendiata la palestra dell‟associazione sportiva dilettantistica Energym Fitness Village (collegata all‟associazione Aglio) utilizzata per attività sportive, rieducative e ludico-ricreative da parte di minori diversamente abili. E‟ all‟interno di questo difficile contesto sociale che opera la Cooperativa Karibù di Sezze, diretta da Marie Terese Mukamitsindo, un‟assistente sociale (diplomata in Belgio) di origini ruandesi, che dal 2001 gestisce un centro di accoglienza per donne richiedenti asilo e rifugiate a Sezze e Roccagorga. All‟inizio il centro ospitava 15 persone e in un anno ce ne passavano circa 40. Adesso, di persone ne passano 120 all‟anno. Le difficoltà sono tante, perché mancano i fondi (per ciascun rifugiato il centro riceve 22 euro al giorno), ma la cooperativa ha deciso di organizzare dei corsi gratuiti di italiano L2 in locali messi a disposizione dal Comune e dall‟Istituto comprensivo di Sezze. Questo perché si ritiene fondamentale che le persone

57 Di Prospero V., La vita da immigrato in un paese: il caso di Sezze, in Caritas di Roma, Osservatorio romano sulle migrazioni. Quinto rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2009, p. 114. 58 Di Prospero V., ibidem, pp. 116-117.

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ospitate approfittino del periodo relativamente breve di permanenza presso il centro per imparare l‟italiano, in modo da potersi poi rapidamente inserire nella società italiana. Queste persone non potrebbero seguire i corsi del CTP di Latina, perché questi finiscono troppo tardi la sera e, quindi, non riuscirebbero a ritornare a Sezze e a Roccagorga con il servizio di trasporto pubblico.

Le persone ospitate presso il centro hanno pochissimo tempo a disposizione per imparare l‟italiano per cui dobbiamo insegnargli almeno gli elementi di base per potersi trovare un lavoro, andare dal dottore, fare degli acquisti… La legge dice che un richiedente asilo dopo 6 mesi deve avere un lavoro e per questo certamente deve possedere una conoscenza dell‟italiano almeno elementare per poter comunicare. Pertanto, abbiamo cominciato con un corso di italiano di base, due volte alla settimana, per le persone ospitate nel centro. Adesso abbiamo un corso di base due ore la mattina per tre giorni alla settimana che si tiene in locali messi a disposizione dalla scuola, mentre facciamo un corso più avanzato due volte a settimana presso l‟Informagiovani del Comune di Sezze. Il corso tenuto presso l‟Informagiovani è aperto a tutti i migranti e gli esterni che partecipano sono soprattutto marocchini e più in generale uomini e donne di cultura araba, mentre il corso di base per ora è destinato solo alle persone ospitate nel centro. Infine, abbiamo creato anche un altro corso di italiano incentrato sul teatro per fare stare insieme le persone. Per cui le persone ospitate nel centro possono seguire il corso di base e poi passare al corso più avanza e/o al corso di italiano-teatro che viene gestito dalla Compagnia Matutateatro di Sezze. Abbiamo già fatto due edizioni del corso di italiano-teatro, con i relativi spettacoli finali (Marie Terese Mukamitsindo, cooperativa Karibù).

I corsi di italiano sono tenuti da una giovane operatrice del centro di accoglienza laureata in lettere. L‟approccio metodologico è essenzialmente di tipo comunicazionale e vengono usati i volumi della Comunità di S. Egidio come testi di riferimento per letture ed esercizi. La cooperativa Karibù ha messo in piedi anche un doposcuola per aiutare nei compiti i bambini stranieri che vanno a scuola a Sezze. Sempre con i minori, la cooperativa realizza il progetto L‟Isola che non c‟è, un progetto per il gioco e l‟attività interculturale che mette insieme bambini stranieri e italiani per 4 settimane durante le vacanze estive.

* * * La città di Latina ha 115.490 abitanti (Istat al 1.01.2008), di cui quasi 6.000 stranieri. Le comunità immigrate più numerose sono quelle rumena, ucraina e polacca. Latina ha una lunga esperienza nel campo dell‟accoglienza di cittadini stranieri in quanto sede del Centro di Accoglienza profughi Stranieri (CAPS) “Rossi Longhi” di Latina che fino al 1989 è stato un punto di riferimento essenziale nella Regione Lazio per l‟arrivo e la permanenza di profughi e richiedenti asilo.59 Ancora

59 Attraverso il centro sono passati profughi intenzionati a rimanere in Italia o, più spesso, a

raggiungere altre mete di insediamento (nella gran parte dei casi, il Canada, gli USA o l‟Australia). Il Centro ha accolto rifugiati provenienti soprattutto dall‟Est Europa (Ungheria, Bulgaria, Romania, Cecoslovacchia, Polonia, Albania) e da alcuni paesi dell‟area asiatica (Vietnam e Indocina). Nato nel 1947 come campo per profughi di guerra, fino al 1952 ha accolto per la gran parte famiglie giuliane e dalmate costrette a partire a seguito dell‟annessione delle rispettive terre alla Jugoslavia. Solo in una

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oggi Latina è un luogo di passaggio per molti migranti stranieri che arrivano in Italia. Il Movimento di Volontariato “Famiglia Migrante” (affiliato all‟Associazione Nazionale Famiglie Emigrati – ANFE) è un‟associazione nata nel giugno 1998 che si occupa di migrazione, svolgendo attività gratuite a favore delle persone migranti:60

sportello di segretariato sociale per immigrati (tutti i giorni, eccetto la domenica);

centro di prima accoglienza per la distribuzione di aiuti (cibo, vestiario,…) agli immigrati (aperto tutto l‟anno); in particolare: assistenza all‟infanzia, alle puerpere e alle madri in stato di bisogno mediante aiuti in corredini, pannolini, lettini, latte, alimenti per lo svezzamento, etc.;

assistenza sanitaria e legale; orientamento linguistico (corsi di italiano L2). Dal 1992, l‟associazione realizza corsi di alfabetizzazione di lingua italiana da ottobre a maggio (lunedì e giovedì dalle 17.00 alle 19.00). Dall‟anno scolastico 2006/2007 è aumentata notevolmente la richiesta tanto che è stata chiesta ospitalità all‟Istituto Tecnico Statale “V. Veneto” di Latina (prima i corsi si tenevano presso una scuola elementare sempre di Latina).

I corsi di italiano sono essenziali perché se i migranti non capiscono l‟italiano non si inseriscono e non possono neppure conoscere e rispettare le regole e le leggi, se non sanno leggere e scrivere l‟italiano. Noi forniamo anche un servizio di mediazione linguistica a diverse istituzioni e vediamo le difficoltà che ci sono (Benito Forte, Movimento di volontariato “Famiglia Migrante”).

Gli allievi sostengono un test iniziale, in modo da poterli suddividere per livelli. I livelli sono stati identificati sulla base del Framework Europeo, anche se si tratta essenzialmente di livelli base, A1 e A2. Dipende molto dai livelli degli alunni, per cui in alcuni casi le due classi possono essere anche di livelli quasi analoghi (A1/A1+). Per ora non si punta a portare gli studenti a sostenere l‟esame di certificazione. Quaderni, penne e fotocopie di esercizi e di parti di libri di testo vengono messe a disposizione gratuitamente agli allievi dalla associazione. Gli insegnanti volontari

seconda fase le funzioni e la struttura del Centro sono state ampliate per accogliere i profughi stranieri. La loro permanenza nel campo poteva durare da 1 a 5 anni. Fino al 1990 (con l‟approvazione della legge n. 39) l‟Italia, che aveva ratificato nel 1951 solo parzialmente la Convenzione di Ginevra del 1950 per i rifugiati (facendo valere una “clausola di riserva geografica”), ha accolto come richiedenti asilo solo coloro che giungevano dall‟Est Europa, mentre i richiedenti non protetti dalla Convenzione venivano posti sotto il protettorato dell‟ACNUR. 60 Il Movimento assiste anche immigrati detenuti attraverso l‟attività e l‟impegno di un‟assistente sociale

volontaria. Inoltre, il Movimento ha: eseguito progetti e organizzato convegni, seminari, attività culturali e giornate di incontro sui temi

dell‟immigrazione, affrontando le varie tematiche annesse a questo fenomeno; prodotto la prima guida ai servizi per gli immigrati (con il supporto dei CSV); pubblicato indagini sulla presenza degli immigrati nella provincia di Latina, autonomamente o con

la collaborazione di altri enti; collaborato alla realizzazione di inchieste per il Dossier statistico della Caritas; siglato un protocollo di collaborazione con l‟UTG Latina, con la Questura (Ufficio Immigrazione), la

ASL (ambulatori immigrati) e il Comune di Priverno.

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sono tre (una delle quali, di recente, ha completato un Master per l‟insegnamento dell‟italiano L2 presso l‟Università di Siena), più una quarta insegnante che fa un lavoro specifico con coloro che incontrano maggiori difficoltà. Sono tutti ex-insegnanti della scuola pubblica con una lunga esperienza di insegnamento. Tra loro c‟è un coordinamento sulle metodologie e gli strumenti da utilizzare nelle classi.

Le classi sono strutturate su tre livelli – base, intermedio e avanzato -, anche se di fatto gli alunni sono un po‟ fluttuanti, perché se trovano lavoro la loro frequenza dipende dagli orari che hanno a disposizione. Noi facciamo scuola dalle 17.00 alle 19.00 due giorni alla settimana, il lunedì e il giovedì. C‟è sempre qualcuno che viene e che va. Di fatto le classi sono sempre aperte per chi arriva durante l‟anno, che può essere inserito. Il nostro non è un corso intensivo, ci si vede solo due giorni a settimana, per cui il programma di studio si affronta nel tempo. Per i nuovi arrivati durante l‟anno, che hanno dei deficit particolari rispetto ad un determinato livello, facciamo un breve periodo di insegnamento individualizzato, per portarli rapidamente allo stesso livello degli altri. Io utilizzo molto la metodologia comunicativa, con un approccio socio-affettivo, per cui gli allievi sono molto coinvolti, si sentono protagonisti e parlano. Fra loro si crea un rapporto tale per cui chi arriva viene subito accolto e inserito. Attualmente, nella mia classe ci sono 8 persone (6 donne e 2 uomini) di tutte le nazionalità (tunisina, cubana, venzuelana, moldava, russa, domenicana, ucraina). L‟anno scorso complessivamente abbiamo avuto 80 alunni. Il problema è la continuità di frequenza (Maria Centra, Movimento di volontariato “Famiglia Migrante).

Utilizzare un approccio socio-affettivo significa porre attenzione agli aspetti psicologici nella relazione con i migranti.

All‟inizio dei corsi, si presentano in tantissimi, poi nel corso del tempo vanno via, un po‟ perché lavorano e hanno orari diversi, un po‟ perché si spaventano, non ritenendosi all‟altezza. Io uso molto la conversazione come metodo, realizzando anche le tecniche di drammatizzazione. Si riportano all‟interno del gruppo delle situazioni di vita che si possono trovare fuori, al bar o all‟ufficio postale. Si fanno delle simulazioni, perché i migranti hanno bisogno di conoscere subito quelle parole chiave che servono per inserirsi. Quindi, come si saluta, come si risponde, come si chiedono informazioni, queste sono le prime cose che devono imparare e sapere. In questo modo cominciano a parlare e acquisiscono anche una certa sicurezza, per cui gli viene sempre di più voglia di imparare. Bisogna anche capire e sapere che retroterra hanno, che tipo di studi hanno fatto. A volte ci sono alcuni che non sono mai andati a scuola o ci sono andati poco, per cui incontrano maggiori difficoltà nell‟apprendimento rispetto ad altri. Quelli di cultura arabofona, a volte hanno difficoltà nel riconoscere le lettere dell‟alfabeto latino. In classe ho una signora tunisina che vive in Italia ormai da molti anni, parla e comprende abbastanza bene l‟italiano, ma non sa né leggere né scrivere, e la sua difficoltà è riuscire a capire come si mettono insieme le lettere per poter leggere. Con questa signora sto facendo un lavoro iniziale completamente diverso per quanto riguarda la scrittura e la lettura, mentre per il resto partecipa all‟insegnamento di gruppo, soprattutto per gli esercizi di conversazione. Per quanto riguarda i migranti del mondo arabo è piuttosto difficile che vengano donne, sono più gli uomini. Io ho questa signora perchè lei adesso lavora e sente che se non migliora il suo italiano ha dei problemi sul lavoro. Purtroppo, può fare solo un‟ora di lezione alla volta perché alle 18.00-18.30 deve cominciare a lavorare in un ristorante (Maria Centra, Movimento di volontariato “Famiglia Migrante).

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* * * A Latina è attiva anche una sezione dell‟ANOLF (l‟Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere, promossa nel 1989 dal sindacato Cisl), associazione di volontariato che si propone di favorire l‟integrazione dei lavoratori stranieri.

Il primo impatto che i migranti hanno è quello della lingua. In molti vengono a chiederci se possono avere un percorso breve di apprendimento della lingua italiana. Di questo noi ci siamo occupati e ci occupiamo tuttora, ma solo sulla base di progetti che vengono finanziati dalla Regione Lazio. Noi siamo un‟associazione di volontariato dentro la quale operano degli stranieri di varie nazionalità. Io vengo dalla Romania, ma ci sono polacchi, marocchini, ucraini. Ma, i nostri servizi li diamo sulla base di progetti che vengono finanziati dalla Regione Lazio nell‟ambito della legge 286 o della legge 17. Si lavora quando ci sono dei finanziamenti e poi si chiude tutto e si riparte con un po‟ di fatica (Katia Didi Boboc, ANOLF Latina).

I primi tempi, dal 1995-96, l‟ANOLF faceva solo un corso di base A1, per la comunicazione elementare in italiano. Negli anni successivi ha organizzato anche corsi di livello A2. Questo per rispondere alla richiesta di un crescente numero di stranieri di un maggiore perfezionamento della loro conoscenza dell‟italiano, al di là del livello base. Gli insegnanti dei corsi sono docenti delle scuole pubbliche. L‟ultimo corso di L2 è stato fatto nei mesi di marzo-aprile del 2008, con una frequenza di due volte a settimana con orari pomeridiani dalle 17.30-18.00 alle 20.00-20.30. Si è trattato di un corso da 20 persone, uomini e donne. Secondo i responsabili locali dell‟associazione, c‟è una forte domanda di italiano L2 e l‟offerta di corsi è insufficiente, nonostante il ruolo svolto dalle associazioni e dal locale CTP. Di conseguenza, molti migranti adulti imparano l‟italiano essenzialmente sul posto di lavoro o attraverso i figli. Oltre all‟insegnamento di italiano L2, l‟associazione svolge altri servizi: informazione, orientamento ai servizi, consulenza legale e fiscale (con l‟appoggio del CAF CISL). Organizza colonie estive per bambini stranieri, da luglio a settembre. Inoltre, ha aperto (insieme a Caritas, Famiglia Migrante e UIL) una rete di collaborazione formalizzata con protocolli di intesa, per attività che vengono realizzate in forma di volontariato, con la Questura e i commissariati per fornire, attraverso dei mediatori linguistici e culturali, un sostegno agli stranieri per poter sbrigare le procedure relative ai permessi di soggiorno. L‟ANOLF fornisce mediatori culturali anche alle scuole locali. L‟associazione è iscritta all‟albo provinciale delle associazioni. Fa parte del consiglio territoriale per l‟immigrazione per la parte delle associazioni. Dà un supporto alle istituzioni sulle tematiche dell‟immigrazione, seguendo le procedure relative ai flussi di lavoratori. L‟ANOLF ha siglato un protocollo con il Ministero per fornire il servizio gratuito ai datori di lavoro per l‟inserimento di richieste per le quote flussi. E‟ anche abilitata a fare la richiesta del rinnovo del permesso di soggiorno e del ricongiungimento familiare.

* * *

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Infine, si segnala l‟esperienza realizzata dall‟associazione Miche (germogli) APS di Latina. L‟anno scorso, l‟Associazione ha realizzato un primo corso di italiano L2 durato 4 mesi, promuovendolo solo tra gli amici e conoscenti dell‟associazione. Non si è cercata troppa visibilità proprio perché era il loro primo corso e non si era sicuri di riuscire a realizzarlo con successo. Al corso ha partecipato un gruppo di 7-10 persone che frequentavano due volte a settimana, alla sera (dalle 19.00 alle 20.30). Si è trattato di un corsi di prima alfabetizzazione.

Noi ci siamo divertiti. Per noi è stato un esperimento per verificare se eravamo in grado o no di realizzare un corso di italiano L2. Siamo insegnanti, ma di altre materie. Io ho insegnato chimica, però sono sempre stata interessata alle lingue, sia ad impararle che ad insegnarle. Ho seguito anche dei corsi di insegnamento della lingua. Abbiamo visto che il nostro corso ha funzionato: loro si sono molto divertiti, noi anche. Eravamo in due insegnanti volontari. Il nostro scopo era quello di spingerli a parlare, perché inizialmente erano molto timidi, molto chiusi. Non abbiamo seguito un metodo tradizionale, ma ricreavamo delle scenette, simulazioni, giocando con le immagini. Il nostro scopo era di fare sì che si “buttassero”, che perdessero la loro paura di parlare, di fare errori. In questo credo che siamo riusciti, anche se i risultati, con due ore a settimana per alcuni mesi, non sono stati certo risolutivi. Sicuramente siamo intenzionati a rifare un corso nel prossimo futuro, magari insieme a qualche altra associazione che già lavora con i migranti. La scuola di italiano deve essere anche una scuola di solidarietà, di crescita insieme (Patrizia Dell‟Orbo, Miche – Germogli).

Miche è un‟associazione di promozione sociale costituita nel 1999 che raccoglie fondi e sviluppa progetti di cooperazione in Tanzania. Il campo prioritario di intervento è quello dell‟educazione. I membri dell‟associazione si recano in Tanzania due volte l‟anno a loro spese. Due sono i progetti che l‟associazione sta attuando: Kilwa e Tumbatu (2006-2009): a Kilwa, sostegno ad una scuola primaria e

secondaria e ristrutturazione di un convitto per i bambini disabili di tutto il distretto; a Tumbatu, contributo al completamento di una scuola primaria e secondaria;

Ifakara (2007-2010): realizzazione del centro culturale “El Taller de Pilar” - corsi di pittura per bambini e ragazzi, formazione per artisti, mostre, spettacoli, manifestazioni, musica e artigianato artistico.

Attraverso il progetto Ifakara, l‟associazione Miche ha:61

adottato (a distanza) 6 scuole primarie: contributo per le aule, servizi igienici, cucine, banchi, materiale didattico, alimentazione e sostegno agli orfani;

sostenuto l‟iscrizione di 10 orfani alla scuola secondaria; realizzato un corso di pittura per bambini delle scuole primarie. L‟associazione ha realizzato e realizza anche dei progetti di microcredito (50 euro) e microfinanza:

61 Nel 2003 l‟associazione Miche, insieme con l‟ARCI Servizio Civile e la Uisp di Latina, ha ottenuto

l‟assegnazione di 4 volontarie di Servizio Civile, nell‟ambito del progetto scuole. Le volontarie, dopo un periodo di formazione, sono state per 8 mesi a Ifakara dove hanno svolto, insieme con i maestri locali, attività sportive e didattiche per i bambini di sei scuole cittadine e organizzato una marcia per la pace e il diritto all‟istruzione.

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Ifakara: programma di microcredito secondo il modello Grameen di M. Yunus in Bangladesh (prestiti individuali concessi ad un gruppo di 5 persone che garantisce per i singoli membri): più di mille famiglie povere hanno avuto la possibilità di realizzare piccole attività di sussistenza, migliorare le condizioni di vita, garantire una efficace educazioni dei bambini e conquistare autonomia dall‟assistenza;

Kilwa e Tumbatu (2006-2009): programma di microfinanza rurale: costituzione di alcune banche di villaggio (associazioni gestite dai membri stessi, circa 200 persone ciascuna), piccoli prestiti per circa mille beneficiari e corsi di formazione tecnica e gestionale per 500 donne. Secondo il progetto, le banche di villaggio dovrebbero raggiungere in 3 anni l‟autonomia sia dai donatori sia dall‟istituzione locale promotrice, Yosefo (Youth Self Employment Foundation, una ONG registrata nel 1996 presso il Ministero degli Interni della Tanzania e riconosciuta come istituzione di microfinanza), e quindi la totale sostenibilità del programma.

Per quanto riguarda l‟educazione interculturale, l‟associazione realizza attività di gemellaggio tra classi Italia/Tanzania per diffondere il valore della solidarietà e lo scambio fra culture. Questo lavoro viene fatto attraverso un‟attività di sensibilizzazione/animazione nelle scuole elementari e medie italiane.

* * * Il comune di Fondi - 36.257 residenti, di cui 1.443 stranieri (Istat all‟1.1.2008) – è il punto di riferimento di un comprensorio produttivo a forte vocazione agricola che comprende i comuni di Terracina, Monte San Biagio, Itri, Campodimele, Sperlonga, Lenola e San Felice Circeo. Attualmente, la realtà fondana è caratterizzata da una presenza mista di attività occupazionali anche se tra i vari impieghi quello del commerciante resta in assoluto il più diffuso, data la presenza sul territorio del Mercato Ortofrutticolo di Fondi (MOF), il secondo mercato ortofrutticolo nel panorama europeo. Da sempre il MOF costituisce il fulcro dell'economia fondana e dei paesi limitrofi. Circa 130 aziende di distribuzione e 3 mila persone lavorano nell'enorme mercato ortofrutticolo. Poche decine sono i migranti stranieri che lavorano al MOF, ma molte centinaia sono quelli che lavorano la terra nei campi e nelle serre (dove d'estate la temperatura raggiunge facilmente i 50 gradi e anche di più) del comprensorio pontino, con fenomeni di grave sfruttamento lavorativo, per produrre i prodotti (zucchine, pomodori da tavola, cetrioli, rape, etc.) che vengono commercializzati al MOF.62 L‟altra grande ricchezza del comprensorio sono gli allevamenti bufalini, dove lavorano prevalentemente immigrati indiani sikh, il cui latte alimenta numerose aziende lattiero-casearie che producono la mozzarella di bufala Dop. Da anni, l‟associazione “Murales” – Arci di Fondi è impegnata in favore delle cittadine e dei cittadini stranieri residenti nel comprensorio. Nel 2008-2009, per la prima volta, dopo cinque anni di lavoro, l‟associazione è sostenuta dal Consiglio

62 Oggi, però, il grosso della frutta e verdura commercializzata dal MOF proviene dal Sud, dalla Sicilia e

Calabria, e dalla Spagna. Transitano qui e poi viaggiano verso il nord d‟Italia e, ancora più su, verso la Germania e oltre.

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della Regione Lazio nella realizzazione di un corso di lingua italiana per migranti adulti, serale e gratuito. L‟iniziativa della scuola di italiano, che viene portata avanti da cinque anni, rientra nell‟impegno civile di “Murales” in favore delle ragazze e dei ragazzi, delle donne e degli uomini migranti, in un‟ottica di solidarietà e di giustizia, di difesa dei diritti umani e di conoscenza e cooperazione tra i popoli, contro ogni forma di violenza, razzismo o discriminazione. Quest‟anno – dicevamo - è la prima volta che “Murales” riceve un contributo pubblico per questo tipo di attività, svolta da sempre grazie all‟impegno dei volontari dell‟associazione. Il sostegno del Consiglio Regionale dovrebbe permettere una migliore realizzazione del corso. Le lezioni, che vengono svolte da tre soci, sono rivolte a tutte le persone immigrate nel comprensorio, per motivi di lavoro e/o ricongiungimento familiare, ma che non hanno una conoscenza sufficiente della lingua italiana. Il corso si articola, in base alle conoscenze dei partecipanti, in due moduli diversi:

livello di base, destinato a coloro che non conoscono l‟italiano o lo parlano pochissimo;

livello avanzato, per tutti quelli che già comprendono e parlano abbastanza la nostra lingua.

Mentre il primo modulo fornisce competenze minime ed elementari per farsi capire e interpretare correttamente messaggi linguistici italiani di bassa difficoltà, il secondo modulo sviluppa capacità comunicative maggiori e più complesse. Entrambi gli obiettivi si rifanno al Quadro comune europeo di riferimento. Durante il corso, oltre ad uno specifico testo per l‟insegnamento dell‟italiano agli immigrati, vengono usati materiali didattici il più possibile vicini a contesti comunicativi reali (sonori di telegiornali, conversazioni, discorsi, copie di quotidiani e riviste). Ciò in sintonia con una impostazione che intende offrire più un orientamento linguistico di immediata utilità e spendibilità che non uno studio tradizionale e di lunga frequenza dell‟italiano. Le lezioni, con cadenza di due ogni settimana, durano un‟ora e mezza ciascuna. L‟orario di svolgimento serale delle lezioni permette la partecipazione di persone impegnate durante il giorno in attività lavorative. Il corso si tiene nei locali dell‟Associazione “Murales”-Arci a Fondi (Via Ponte Gagliardo 33).

* * * “Insieme – immigrati in Italia Onlus” è un‟associazione di volontariato, interetnica, laica, indipendente, nata nel 2004 e operante sul territorio del Sud Pontino (Gaeta, Formia e Minturno), con sede a Gaeta. I soci sono 24 (di cui 11 operativi) di varie nazionalità: albanese, algerina, bielorussa, colombiana, messicana, moldava, rumena, italiana, ucraina, russa venezuelana. L‟associazione si occupa delle tematiche dell‟immigrazione e dell‟intercultura. Le attività specifiche che Insieme sviluppa sono:

informazione sui diritti e doveri degli stranieri in Italia, anche attraverso Insieme, giornale trimestrale di, su e per gli immigrati, con quaderni monografici su tematiche diverse, realizzato raccogliendo gli scritti e le riflessioni che degli allievi dei corsi di italiano L2 tenuti dall‟associazione. La pubblicazione del giornale si è interrotta per due anni per carenza di fondi, ma è stata ripresa nel

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2009 grazie a fondi (1.700 euro) della legge 286: si faranno 4 numeri trimestrali del giornale e saranno realizzate anche delle newsletter mensili;

promozione di esperienze di integrazione e di intercultura, a cominciare dai corsi di italiano L2 e dal doposcuola per minori stranieri;

mediazione linguistica e culturale (gratuita con i Servizi Sociali del Comune di Gaeta, il Tribunale, il Commissariato e le scuole del territorio);

iniziative di mutuo sostegno, collaborazione e assistenza volontaria, con particolare attenzione ai problemi dell‟infanzia e della maternità.

L‟associazione è nata proprio con i corsi di italiano L2 per adulti immigrati organizzati nel 2004 dal Liceo Scientifico Fermi di Gaeta, in collaborazione con i Servizi Sociali del Comune di Gaeta. Da subito l‟associazione ha puntato sul rilascio di una certificazione finale spendibile dei corsi, entrando in rete con l‟Università di Cassino, che ha un centro interdipartimentale ed è sede accreditata per gli esami CILS. Inoltre, l‟Università di Cassino ha fornito il tutoraggio, il materiale didattico standard e il monitoraggio generale. Successivamente, l‟associazione è entrata in collegamento con la Prof.ssa Anna De Meo del centro interdipartimentale dell‟Università Orientale di Napoli che vive a Formia ed è diventata il tutor, il punto di riferimento metodologico e didattico della scuola di italiano dell‟associazione. Oggi, gli allievi vanno a fare l‟esame CILS all‟Orientale a Napoli.

Io ero insegnante di lettere – da settembre 2008 sono in pensione – e nel 2001 avevo presentato un progetto solidarietà come scuola per il POF, anche se all‟epoca non sapevo nulla di immigrati, per realizzare un corso pomeridiano di italiano per stranieri. Con il primo progetto cercammo i fondi della LR 17/90 e facemmo il progetto in rete, il Fermi, la Caritas e i Servizi Sociali del Comune di Gaeta, dove lavora l‟assistente sociale Simona Tagliatatela con la quale abbiamo sempre avuto un rapporto stretto ed efficace. Nel 2004 siamo riusciti a fare il primo corso. Eravamo tre docenti del liceo che all‟inizio non sapevano nulla dell‟insegnamento di italiano L2 a non italofoni. Io ero insegnante di italiano e mi sono resa conto delle difficoltà. Chi ha insegnato a noi è stata la nostra collega di inglese, almeno per il primo approccio. Poi, quando abbiamo scoperto la certificazione CILS, per la metodologia ci siamo rifatti alle metodologie elaborate dall‟Università degli Stranieri di Siena, lavorando sulle cinque abilità. All‟inizio della lezione facciamo sempre un dettato, perché secondo noi è lo strumento migliore per lavorare sugli errori di ortografia che sono quelli più pertinaci. In genere, il dettato e l‟autocorrezione offrono lo spunto sia per lavori di lessico che per un‟analisi dei contenuti che diventa dibattito e libera espressione. A questo ci pensano gli allievi, nel senso che ogni volta c‟è un argomento che prende e su cui si lavora. Se l‟argomento straborda, allora prende il canale dello scritto per casa o dell‟articolo per il giornale. C‟è un bel clima a scuola, per cui la gente parla. Credo che questo dipenda anche dal fatto che il livello iniziale è affidato ad una insegnante non di madrelingua italiana e quindi, anche con la possibilità di parlare con una persona che ha fatto la loro stessa esperienza e che pertanto conosce bene le problematiche legate all‟apprendimento dell‟italiano come seconda lingua. Questo permette una identificazione immediata (Maria Grossi, Insieme – Immigrati in Italia Onlus).

I partecipanti ai corsi (tra i 40 e i 60 ogni anno) sono soprattutto donne che rispecchiano la fisionomia di presenza immigrata nel territorio, caratterizzata soprattutto da donne (sole, in seguito con figli, che lavorano come colf e badanti) dell‟Est Europa, albanesi (a Gaeta c‟è una consistente comunità di famiglie albanesi

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già alla seconda generazione) e sudamericane (spesso sposate con italiani e isolate). Nel Sud Pontino, relativamente scarse sono le opportunità di lavoro per gli uomini immigrati, a parte l‟edilizia (nella quale sono attive le catene dei rumeni, in genere uomini soli). Negli anni ‟90 c‟era una presenza abbastanza rilevante di nordafricani che lavoravano nel settori della pesca e della ristorazione. I corsi sono diventati un punto di aggregazione, e soprattutto, per chi fa il lavoro domestico, sono “il momento per alzare la testa, per fare discorsi altri e per ritrovarsi”. La scelta di puntare sulla certificazione dell‟apprendimento era stata fatta perché si pensava che potesse essere utile per migliorare le opportunità di lavoro, ma si è visto che a breve termine questo è poco riscontrabile. Per i migranti, la certificazione ha soprattutto un valore dal punto di vista psicologico.

Nella classe di primo livello, in cui ci sono sempre gli iscritti della “sopravvivenza”, c‟è un flusso di persone che hanno l‟esigenza di cominciare a comunicare. Alcuni, non appena imparano a comunicare, spariscono. Però, ci sono quelle che vogliono continuare per perfezionarsi e per loro la certificazione diventa fondamentale. Ad ogni modo, la certificazione dà una soddisfazione psicologica alle persone: “ho fatto un corso e me lo hanno riconosciuto”. Il problema del riconoscimento dei titoli studio è uno dei drammi fondamentali dei migranti e la certificazione è un titolo che, anche se non viene speso o utilizzato subito, psicologicamente funziona parecchio. Le problematiche di tipo psicologico di un immigrato sono parecchie e rilevanti. Fin dal primo anno di attività, la cosa che mi aveva colpito era che mi trovavo davanti delle persone di qualità, donne laureate e professioniste nei loro paesi di origine, che qui facevano le colf o le badanti. Persone che si trovavano a fare lavori dequalificati, con un azzeramento del loro percorso di vita, dovendo vivere separate dalle famiglie in un paese straniero, spesso subendo quotidiane umiliazioni. Per loro, la certificazione è una piccola tappa in un percorso di ricostruzione della stima di se stessi. La mia soddisfazione è che le persone che hanno preso il CILS per il livello C1, oggi tengono i tengono i corsi dell‟associazione dei livelli A1-A2. Questa è stata una prima utilizzazione concreta della certificazione e ne siamo molto fieri (Maria Grossi, Insieme – Immigrati in Italia Onlus).

Proprio sulla condivisione di questo tipo di problematiche è nata l‟associazione che all‟inizio era formata dai tre docenti e un piccolo gruppo di donne che avevano partecipato ai corsi e che avevano un po‟ di tempo libero. In questi anni, l‟associazione ha partecipato, in rete con il comune di Gaeta, la Caritas diocesana, la scuola Fermi (ora uscita dalla partnership) e la Fondazione Fronzuto, a progetti finanziati dalle leggi 17/90 e 286. Da due anni i corsi vengono realizzati presso una scuola elementare e, attualmente i corsi - che sono tenuti, volontariamente e gratuitamente da soci dell‟associazione - sono: i corsi di alfabetizzazione primaria e secondaria (livelli A1 e A2), tenuti da

formatori specializzati, in possesso di certificazione CILS di livello B2 o C1 e di attestato di un corso di formazione per l‟insegnamento;

i corsi di livello intermedio (livelli B1 e B2) e/o elevato (livello C1), tenuti da docenti di italiano abilitati e con specifica esperienza in merito.

Obiettivo dei corsi è guidare ad un apprendimento funzionale, corretto e verificabile della lingua italiana. I corsisti hanno modo di: accertare tramite un test di ingresso le loro effettive competenze di partenza;

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inserirsi nel gruppo di livello a loro più adatto; imparare le abilità fondamentali della comunicazione (ascolto, comprensione

della lettura, strutture grammaticali, produzione scritta, produzione orale);

verificare ed esercitare le competenze acquisite; alla fine del corso affrontare un esame che, se superato, darà diritto alla relativa

certificazione CILS. In linea con gli indirizzi più diffusi per l‟insegnamento di italiano L2, i metodi e i contenuti dei corsi si rifanno in particolare ai criteri stabiliti dell‟Università degli Stranieri di Siena per rilasciare le certificazioni CILS e DITALS. Ai metodi tradizionali (lezione frontale/interazione di gruppo/esercizi/verifiche) i soci dell‟associazione Insieme aggiungono la cura particolare dedicata all‟ascolto rispettoso della persona straniera, delle sue esigenze, dei suoi problemi, al suo coinvolgimento e alla promozione e valorizzazione delle sue risorse. L‟apprendimento della lingua si intreccia con la guida alla conoscenza degli aspetti più significativi della cultura e della società italiana, con particolare attenzione alla conoscenza dei diritti, delle possibilità, dei doveri degli stranieri in Italia. Il testo consigliato è “Progetto Italiano” di Tullio Marin, Edizioni Edilingua (Libro dello studente, 3 Voll.; Quaderno di esercizi, 3 Voll.), ma di fatto viene considerato utile ed efficace solo il primo volume. L‟associazione fornisce in alternativa del materiale fotocopiato - con un contributo di 10 euro. Le lezioni vanno da ottobre a fine maggio, un giorno a settimana, il giovedì di pomeriggio (17.00-19.00 o 15.30-17.45 e di recente dalle 15.30 alle 18.30), dato che questo è l‟unico giorno libero per le colf e le badanti. A giugno viene fatto l‟esame finale. Le persone straniere che hanno più tempo, che si sono più emancipate dal punto di vista lavorativo e che hanno maggiori possibilità di auto-organizzarsi il proprio tempo di vita e lavoro, entrano nell‟associazione e a loro volta vengono coinvolte nelle varie attività. Due hanno fatto anche un corso di 600 ore per la mediazione linguistica e culturale a Latina (a 70 km di distanza). Oggi, l‟associazione lavora con tutte le scuole di Gaeta e dal 2007 ha organizzato un‟attività pomeridiana gratuita di sostegno scolastico ai minori stranieri (tre ore al giorno dal lunedì al venerdì). Quest‟ultima è diventata l‟attività più rilevante per l‟associazione e viene realizzata in stretto contatto con una delle scuole elementari di Gaeta.

Il problema dei minori iscritti a scuola è grossissimo. La scuola oggettivamente non ce la fa, non ha gli strumenti per confrontarsi con efficacia con questa problematica. Le radici del problema sono già alle elementari. Il problema di base è che quando si parla di italiano L2, in realtà si parla di tre cose diverse: l‟italiano come lingua di comunicazione: in un certo senso la scuola si pone

oggettivamente e consapevolmente il problema solo su questo primo livello, perché quando il bambino comincia a parlare italiano e a capire quello che dice la maestra, si ritiene che il problema sia ufficialmente risolto. Invece, il problema non è risolto affatto, perchè non si tiene conto degli altri due livelli;

l‟italiano come lingua di studio: una persona che ha imparato la lingua per comunicare non è assolutamente in grado di studiare in poche ore 4 pagine di storia, di cui non conosce tre quarti del lessico. Inoltre, ci sono difficoltà anche per i problemi e gli esercizi matematica: un bambino straniero difficilmente sa cosa vuol dire multiplo o complementare, e la scuola non è assolutamente, neanche a

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livello di consapevolezza, in grado di capire i problemi di questi bambini. Per il disabile, c‟è la possibilità di un piano individuale, per l‟immigrato no;

già dalla seconda media in poi c‟è il problema dell‟apprendimento delle lingue straniere – inglese, francese, latino – su cui cadono tutti i bambini stranieri, perché queste per loro sono terze lingue: lingua madre-italiano-latino; lingua madre-italiano-inglese, etc. C‟è una difficoltà in più su cui la scuola non ha neanche consapevolezza. Per cui è veramente un problema enorme.

Dall‟anno scorso stiamo lavorando a tempo pieno con una scuola elementare con: la mediazione linguistica in classe, tutti i momenti dell‟anno: appena arriva un

bambino viene affiancato in classe da uno dei nostri soci, insieme alla maestra; il doposcuola, dove adesso stiamo portando docenti in pensione per il tutoraggio

nei compiti, un laboratorio linguistico in italiano e del lavoro collettivo anche in forma di gioco, e un gruppo di ascolto e counselling con i bambini (Maria Grossi, Insieme – Immigrati in Italia Onlus).

Per sensibilizzare il territorio locale, l‟associazione organizza ogni anno un seminario/convegno sul tema dell‟insegnamento dell‟italiano per minori e adulti stranieri, al quale partecipano gli insegnanti delle scuole del territorio.

* * *

Alcune scuole popolari di italiano per i migranti attive nella provincia di Latina

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Centri Territoriali Permanenti in provincia di Latina Centro Territoriale Permanente Educazione Adulti N.32 4100 Latina Via Botticelli 33

Centro Territoriale Per L'educazione Degli Adulti 4011 Aprilia Via Enrico Fermi 24

Centro Territoriale Permanente Educazione Adulti N. 35 4019 Terracina Via Dei Volsci 12

Lt/049 4023 Formia Via Divisione Julia, 62

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6.3. Provincia di Frosinone

Secondo l‟Istat, i cittadini stranieri che al 1° gennaio 2008 risultano risiedere nei comuni della Provincia di Frosinone sono 16.643, con un‟incidenza del 3,4% sul totale della popolazione residente. Il Dossier Caritas/Migrantes, invece, stima tale presenza in 18.206 unità, con un‟incidenza del 3,7% sul totale della popolazione residente. In entrambi i casi, l‟incidenza percentuale dei cittadini stranieri sul totale della popolazione è la più bassa tra quelle registrate nelle province del laziali. Prime 30 collettività di residenti stranieri in provincia di Frosinone (31.12.2007)

Paese v.a. %

Romania 5.775 34,7

Albania 3.743 22,5

Marocco 1.416 8,5

Ucraina 858 5,2

Polonia 564 3,4

Bulgaria 374 2,2

Francia 302 1,8

Cina 235 1,4

Moldavia 222 1,3

Macedonia 206 1,2

Tunisia 192 1,2

Regno Unito 180 1,1

Nigeria 171 1,0

India 164 1,0

Pakistan 157 0,9

Brasile 129 0,8

Filippine 107 0,6

Stati Uniti 105 0,6

Russia 87 0,5

Argentina 86 0,5

Altri Paesi 1.570 9,4 TOTALE 16.643 100,0 Fonte: Caritas/Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Elaborazioni su dati Istat

La condizione lavorativa degli immigrati vede la schiacciante presenza di operai (32,7%), seguiti da casalinghe (21,2%) e addetti ai servizi di assistenza alla persona (13,4%) che superano di netto le altre professioni e lasciano ipotizzare sacche di irregolarità nell‟inserimento lavorativo delle donne.

Posso dire che qui a Frosinone la situazione per gli stranieri sta cambiando in peggio. Gli immigrati che conosciamo da anni sono sempre più precari; magari lavorano ma solo perché accettano di essere pagati poco e non protestano. C‟è una grossa situazione di sfruttamento. Molti sono impiegati in edilizia o come badanti. Di recente una signora che lavorava in una casa ci ha raccontato di come è stata licenziata per avere chiesto un giorno libero a settimana e un aumento (Sabrina Capocci, Oltre l‟Occidente).

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Gli inserimenti scolastici si sono quasi triplicati negli ultimi 5 anni e la maggioranza delle scuole ha attivato almeno un progetto legato all‟intercultura seppure molte di esse ancora non utilizzino il mediatore culturale, figura strategica nell‟inserimento, nell‟accoglienza e nelle attività di insegnamento con gli alunni stranieri. Per quanto riguarda le scuole popolari di italiano per migranti, dalla ricerca sul campo emerge che poche sono le iniziative realizzate negli ultimi anni in provincia di Frosinone, per cui l‟offerta di corsi di italiano per stranieri in provincia di Frosinone è caratterizzata da una notevole carenza strutturale a fronte di una domanda in continua crescita. Ad Alatri, c‟è il Centro di accoglienza per stranieri e rifugiati politici di Mole Bisleti - Comunità In Dialogo di Padre Matteo Tagliaferri (di Trivigliano, vicino a Fiuggi) - che ha anche operatori stranieri che lavorano in uno Sportello informativo per immigrati (presso l'assessorato ai servizi sociali di Alatri). La Comunità realizza corsi di alfabetizzazione per migranti. I corsi non si limitano ad elargire semplici nozioni di grammatica e fonetica italiana. Nella scuola vengono realizzate iniziative e attività molto concrete che aiutano gli immigrati a capire meglio il paese dove ora vivono. A parte visite ai musei, mostre, centri, etc. durante le lezioni gli alunni hanno modo di esprimere i propri pensieri e i propri problemi. Le insegnanti dei corsi applicano, nei limiti possibili, lo spirito della Comunità durante le lezioni. Ciò crea una certa solidarietà tra i corsisti che anche fuori dalla scuola mantengono rapporti di solidarietà e amicizia. La Comunità è nata nel 1991 per intervenire sulla tossicodipendenza. L'attenzione verso la "persona" considerata in tutte le sue manifestazioni, l'accoglienza, la disponibilità, la capacità di ascolto e di comprensione: sono in principi fondamentali a cui si ispira lo stile di vita della Comunità In Dialogo. E' con questo stesso spirito che da alcuni anni Padre Matteo Tagliaferri ha iniziato un programma di reinserimento per immigrati in difficoltà. Nella Comunità sono tanti i ragazzi stranieri che grazie al programma intrapreso si sono inseriti nella società italiana. L'aiuto offerto dalla Comunità va dal supporto nella regolarizzazione degli immigrati e nell‟ottenimento di permessi di soggiorno, alla ricerca di lavoro, fino all‟inserimento in un centro di accoglienza per extracomunitari e rifugiati politici nella zona di Mole Bisleti ad Alatri. Il centro Uguaglianza e Amicizia è stato inaugurato il 14 dicembre del 2001. Tramite finanziamenti provinciali il Comune di Alatri ne ha affidato la gestione alla Comunità In Dialogo. Ultimamente la sede di Mole Bisleti ha il ruolo di prima accoglienza e di smistamento, oltre che di ufficio. Gli ospiti (che possono restare nel centro per circa tre mesi in attesa di una sistemazione migliore) hanno una residenzialità temporanea (alloggio e vitto gratuito) presso Il Centro Multietnico di reinserimento lavorativo in Castelliri. Qui risiedono anche ragazzi italiani che hanno finito il programma della Comunità e che stanno sperimentando se stessi per un graduale reinserimento nel mondo lavorativo e sociale.

* * * A Frosinone, dal 1994 è attiva l‟associazione politico-culturale Oltre l‟Occidente - per una alternativa allo sviluppo, che dal 1998 al 2003 ha gestito una piccola bottega

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del commercio equo e solidale, una sala da 50 posti per attività di cineforum, teatro e musica, un piccolo atelier dove si svolgevano corsi di pittura e mostre pittoriche o fotografiche. La associazione è nata con l‟incontro tra diversi soggetti collettivi (Gruppo per la pace, Progetto Continenti, Amnesty International che operavano da anni sul territorio) e individuali che sentivano l‟esigenza di avere un luogo fisico di discussione e di rappresentazione delle proprie attività. Gli iscritti sono decine anche se il numero di soci attivi all‟interno dell‟associazione varia da progetto a progetto, con un nucleo centrale di circa 15 persone. L‟associazione tenta di operare socialmente, culturalmente e politicamente su uno dei più grandi temi della fine del XX secolo: il divario tra Nord e Sud del mondo, tra la sempre più assottigliata schiera dei ricchi e quella sempre più numerosa dei poveri. Presso l‟associazione è stato attivato un centro di documentazione, studi e ricerche sui temi dello sviluppo, dell‟economia, della globalizzazione, dei diritti umani, dell‟ambiente. Sono stati inoltre promossi nel corso degli anni dibattiti e seminari su questi temi e progetti come la scuola d‟italiano per stranieri, raccolte di materiale per emergenze umanitarie, la vendita dei prodotti del commercio equo e solidale, la realizzazione - insieme ad ASL di Frosinone e ANOLF - di una guida multilingue (italiano, russo, arabo, inglese, francese e albanese) per gli stranieri per rispondere alla forte esigenza di informazione/formazione che proviene dagli operatori sociali e dagli stranieri stessi, fornendo ad entrambi in modo chiaro e diretto, le informazioni essenziali relative ai diritti, ai servizi per la tutela della salute, all'alloggio, all'istruzione, all‟inserimento formativo e lavorativo, agli adempimenti legali relativi all'ingresso e permanenza in Italia, all‟asilo politico e al ricongiungimento familiare (la guida è on line al sito www.oltreloccidente.org/ guida/it/index.htm). Negli ultimi anni si è inoltre intensificata la collaborazione con le scuole della provincia, che sono state coinvolte dall‟associazione sia in corsi di aggiornamento per insegnanti che in progetti educativi rivolti ai ragazzi. Fin dai primi anni di attività, l‟associazione ha realizzato delle lezioni di italiano a Frosinone, presso la propria sede. Successivamente, a partire dal 2000-2001, l‟associazione ha strutturato maggiormente i corsi L2, anche grazie ad un piccolissimo finanziamento del Comune di Frosinone. Le lezioni si sono spostate all‟interno delle aule di una scuola media, diretta da un preside sensibile al problema dell‟integrazione. I corsi erano tenuti da 3 associate e gli studenti venivano divisi in tre livelli: alfabetizzazione, di base e intermedio.

Ci sforzavamo di fare delle classi più omogenee possibile per poter fare un lavoro davvero mirato alle loro esigenze. Le lezioni si tenevano 2 o 3 volte a settimana, in orario pomeridiano. L‟orario ed i giorni erano abbastanza flessibili anche in base alla tipologia di studenti ed alle loro richieste Gli studenti erano in parte anche adolescenti; si trattava di alcune ragazze e ragazzi stranieri invitatici dalle scuole del territorio perché in difficoltà con l‟apprendimento della lingua. In altri casi si trattava di adulti, a volte anche delle mamme degli alunni stranieri della scuola o di intere famiglie. Gli studenti erano molto misti come sesso e fascia di età. Tra gli adulti c‟era un tasso di abbandono notevole, spesso per problemi di lavoro. Con il finanziamento del Comune davamo un rimborso simbolico alle insegnanti volontarie. Inoltre pagavamo agli studenti l‟abbonamento per la circolare. Alcuni di loro venivano anche da fuori Frosinone e avere questo rimborso era un incentivo. Nessuna di noi volontarie aveva esperienza precedente nell‟insegnamento. Per la didattica abbiamo

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acquistato dei libri e seguivamo in linea di massima i moduli. Allo stesso tempo cercavamo di adattare i testi alle esigenze della classe, integrandoli con altro materiale (Sabrina Capocci, Oltre l‟Occidente).

I corsi sono andati avanti per alcuni anni, fino a che l‟associazione li ha dovuti interrompere per mancanza di risorse. Ora, l‟associazione è concentrata sul potenziamento del Centro di documentazione, che nelle intenzioni dovrebbe entrare a far parte del sistema delle biblioteche della Valle del Sacco. Contemporaneamente, si coltiva l‟intenzione di riprendere i corsi nel prossimo futuro.

* * * A Sora è attiva dal 2005 l‟associazione L‟Arca che negli ultimi anni ha lavorato con i minori immigrati e Rom e le loro famiglie. L‟associazione è nata su iniziativa di un gruppo di (circa 30) giovani locali che avevano fatto esperienze di mediazione culturale, servizio civile o di lavoro volontario. L‟attività è stata finora mirata soprattutto sui minori con attività pomeridiane educative, di insegnamento dell‟italiano, di supporto extrascolastico e ludico-ricreativo. Nelle diverse attività sono stati coinvolti anche i genitori dei minori e bambini italiani.

In questi anni abbiamo fatto lezioni di italiano, dando anche la possibilità di far stare insieme i bambini stranieri e i loro coetanei italiani. Per un bambino è molto facile imparare l‟italiano, l‟importante è che abbia una possibilità di dialogo con persone italiane. Abbiamo organizzato grandi riunioni di pomeriggio, con la scusa di fare ripetizione, e sotto forma di gioco, abbiamo fatto dialogare questi ragazzi. Abbiamo organizzato delle feste anche presso la ludoteca che ha anche una cucina, per cui abbiamo realizzato anche delle cene serali con i bambini e le loro famiglie. Il motivo principale per cui siamo nati è per promuovere l‟integrazione socio-culturale degli immigrati. Un bambino è facile da integrare, un adulto no. A Sora ci sono casi molto seri di non integrazione. Attraverso l‟azione con i bambini cerchiamo di entrare nelle case delle famiglie, organizzando delle attività pomeridiane nelle sale da pranzo delle famiglie. Noi ci divertivamo tantissimo. Abbiamo conosciuto molte famiglie che sono state molto disponibili con noi e che ci hanno accolto nelle loro case, offrendoci cibo etnico e ospitalità (Teresa Venditti, L‟Arca di Frosinone).

L‟associazione non ha mai ottenuto dalle scuole e dalle istituzioni locali un sostegno finanziario o logistico e le attività educative vengono realizzate in un appartamento dove l‟associazione ha sede. Gli unici finanziamenti pubblici che l‟associazione è riuscita ad avere sono stati per l‟organizzazione di una giornata multietnica, con musica e degustazione di cibi, nell‟ambito dell‟Estate Sorana (organizzata per due anni di seguito, con il sostegno del Comune). Negli ultimi mesi l‟associazione ha deciso di intensificare la propria attività a partire dalle attività pomeridiane per i bambini, ma anche per le mamme.

Ci sono molte delle donne pakistane che non sanno una parola di italiano e magari sono 10 anni che sono in Italia. Sono i loro figli che fanno da traduttori per loro. Sappiamo, però, che hanno voglia di confrontarsi e di comunicare. A Sora c‟è una grande comunità di pakistani. Qualcuno lavora come giardiniere, ma la maggior parte fa il sarto e lavora per le piccole aziende del distretto del tessile e abbigliamento. Loro hanno utilizzato noi per conoscersi e cominciare a frequentarsi. Vivono un po‟ dispersi

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nelle frazioni e nei paesi del circondario. Adesso, festeggiano insieme tutte le feste del loro calendario. Inoltre, ci sono parecchi rumeni e marocchini. C‟è anche una consistente comunità di cinesi che è molto chiusa in se stessa. Io sono riuscita ad entrare solo in una famiglia che ha un ristorante cinese a Sora. I figli e i nipoti di questa famiglia partecipavano alle nostre attività pomeridiane. La maggior parte dei cinesi lavora nel settore dell‟abbigliamento (Teresa Venditti, L‟Arca di Frosinone).

* * *

Alcune scuole popolari di italiano per i migranti attive nella provincia di Frosinone

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Centri Territoriali Permanenti in provincia di Frosinone

Centro Territoriale E.D.A. Frosinone 3100 Frosinone Via Puccini Frosinone

Centro Territoriale E.D.A. Cassino 3043 Cassino Via Bellini

Centro Territoriale E.D.A. Pontecorvo 3037 Pontecorvo Via Aldo Moro

Centro Territoriale E.D.A. Anagni 3012 Anagni Via Sant'angelo

Centro Territoriale E.D.A. Sora 3039 Sora Via Giuseppe Della Monica, Snc

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6.4. Provincia di Viterbo

Secondo l‟Istat, i cittadini stranieri che al 1° gennaio 2008 risultano risiedere nei comuni della Provincia di Viterbo sono 20.393, con un‟incidenza del 6,7% sul totale della popolazione residente. Il Dossier Caritas/Migrantes, invece, stima tale presenza in 22.642 unità, con un‟incidenza del 7,4% sul totale della popolazione residente. Prime 30 collettività di residenti stranieri in provincia di Viterbo (31.12.2007)

Paese v.a. %

Romania 8.408 41,2

Albania 1.450 7,1

Marocco 929 4,6

Macedonia 831 4,1

Ucraina 786 3,9

Polonia 711 3,5

Moldavia 465 2,3

Sri Lanka 441 2,2

Tunisia 381 1,9

Bulgaria 346 1,7

Bangladesh 311 1,5

Perù 290 1,4

Germania 285 1,4

Filippine 256 1,3

Regno Unito 247 1,2

Brasile 207 1,0

Cina 203 1,0

Colombia 181 0,9

Nigeria 164 0,8

India 164 0,8

Altri Paesi 3.337 16,4 TOTALE 20.393 100,0 Fonte: Caritas/Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Elaborazioni su dati Istat

A Viterbo vive il maggior numero di immigrati, anche se la proporzione sul paese di provenienza non rispetta quella del resto della provincia. Nella città dei Papi, infatti, dopo quella rumena, la comunità più numerosa è quella dei cingalesi. Ma, se il gruppo più consistente di migranti è a Viterbo, in percentuale rispetto alla popolazione è a Civita Castellana dove si concentra il numero più importante, seguita da Orte e Vetralla. Si viene nella Tuscia per motivi di lavoro (42.9% dei casi) o per ricongiungersi con i propri familiari (21%). Un lavoro che non è solo quello di semplice operaio o di badante, perché un numero sempre crescente di cittadini immigrati, a Viterbo riesce a ricoprire ruoli importanti, come proprietario d‟azienda o socio oppure amministratore.

* * *

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A Viterbo città e in provincia sui temi dell‟immigrazione opera il CIF - Centro Italiano Femminile, una associazione di promozione sociale di ispirazione religiosa fondata nel 1944 da un gruppo di donne e che oggi è una rete strutturata su tutto il territorio nazionale, con una presenza di sedi e attività in tutte le regioni e in ben 500 comuni italiani. Per quanto riguarda i destinatari degli interventi, il CIF si rivolge prevalentemente alle donne. Tra le attività del CIF la formazione ha un ruolo di rilievo, in quanto risponde ad un'esigenza diffusa di formazione da parte delle donne, che vogliono essere presenti in maniera qualificata nel mondo del lavoro. In primo luogo, l‟associazione lavora nella formazione dei formatori: il CIF nazionale è accreditata come agenzia di formazione per il personale della scuola di ogni ordine e grado e ha anche la funzione di svolgere attività di studio e di coordinamento delle sedi periferiche nel campo della formazione professionale. Ogni singolo CIF può organizzare iniziative di formazione, promuovendo corsi per il personale della scuola, ma anche per genitori e allievi. C‟è poi l'attività di formazione professionale rivolta alle donne lavoratrici o alle donne disoccupate che vorrebbero entrare nel mondo del lavoro. Le diverse sedi lavorano molto a corsi per badanti, ma anche a corsi di ricamo, sartoria e informatica. In questo caso, una grossa fetta dell‟utenza è rappresentata da straniere. Infine, il CIF di Viterbo realizza anche corsi di italiano L2, che a volte sono combinati nell‟ambito dello stesso percorso di formazione con i corsi professionali. I corsi di italiano sono l‟attività più importante e continuativa svolta dalla sede CIF di Viterbo, insieme con i corsi per badanti, i laboratori di ricamo, i corsi di sartoria, gli interventi per l‟inserimento lavorativo dei disabili, l‟assistenza all'infanzia, l‟assistenza alle neo mamme prima e dopo il parto, il sostegno psicologico, le iniziative culturali come mostre di pittura di artiste anche straniere. L‟associazione ha una consistente rete di volontari che comprende avvocati, psicologi, ginecologi e tante altre professionalità. Il CIF ha rapporti di collaborazione con tutte le istituzioni, le scuole, le parrocchie e con alcune associazioni. Una caratteristica dell‟associazione è di essere radicata in molti centri della provincia e di lavorare in numerosi paesi del territorio. C‟è una sezione CIF in 12 paesi del viterbese, senza contare il fatto che spesso l‟associazione lavora anche in altri centri dove non è costituita la sede. Ad esempio, oltre a Viterbo, in questi anni ha fatto corsi di italiano L2 a Caprarola, Bolsena, Carbognano, Marta e a Civitella d‟Agliano. Sono 11 anni che il CIF fa corsi di italiano L2. L‟associazione iniziato nella città di Viterbo e pian piano ha allargato l‟attività agli altri centri minori. A Viterbo non è l‟unico soggetto a fare i corsi, ma in provincia spesso non ci sono altre alternative per gli stranieri che vogliono imparare l‟italiano.

Abbiamo iniziato in maniera completamente autofinanziata, contando solo sull‟aiuto delle insegnanti volontarie. Alla lunga, però, ci siamo resi conto che non ce la facevamo a garantire questo lavoro senza risorse esterne, e abbiamo iniziato a cercare i bandi e a progettare. Per sfruttare queste opportunità abbiamo dovuto fare l‟iscrizione al registro nazionale per le associazioni che si occupano di immigrazione. Le risorse che utilizziamo di solito sono quelle dei fondi per l‟integrazione degli immigrati: i bandi della legge regionale 17, i bandi provinciali della legge 286, i finanziamenti comunali. Ora, ad esempio, stiamo aspettando dei finanziamenti del Comune di Viterbo per ricominciare le attività. Abbiamo già parecchie richieste da

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parte di studenti che vorrebbero iniziare il corso, ma siamo in attesa delle risorse (Maria Teresa Pulcinelli, CIF - Centro Italiano Femminile).

Bisogna precisare che gli interventi di L2 del CIF seguono due strade diverse: da una parte sono rivolti ad adulti e dall‟altra a minori in età scolare che non parlano italiano. Per quanto riguarda i minori il CIF lavora sempre in coordinamento con le scuole, anche se in alcuni centri come Bolsena vengono fatti interventi di doposcuola pomeridiano, mentre in altri direttamente in classe per affiancare l‟insegnate. In realtà, in entrambi i casi non si tratta solo di interventi di L2, ma di interventi di accoglienza ed inserimento sociale. Il corso è l‟attività principale, ma collateralmente vengono fatti altri interventi culturali, di orientamento e di sostegno psicologico. Le insegnanti sono tutte donne, e prima di essere inserite nei progetti frequentano il corso per i formatori organizzato dall‟associazione. Si tratta di solito di ragazze giovani, laureate, e a volte anche con la certificazione per l‟insegnamento dell‟italiano L2.

Negli anni siamo passati da un modello in cui utilizzavamo le volontarie ad operatrici che ricevono un compenso tramite i progetti. C‟è comunque un notevole turnover perché si tratta di lavoretti discontinui e spesso le insegnanti trovano altre occupazioni. Ci piacerebbe potere usare il servizio civile per rafforzare l‟intervento, ma ancora non siamo riusciti ad accreditarci. Il corso di formazione per le insegnanti lo tengo io. Non si fa tutti gli anni, ma a seconda delle esigenze, ogni volta che ci sono nuovi ingressi. Dura alcune lezioni, durante le quali cerco di passare loro la metodologia che ho costruito negli anni, e mostro loro il materiale didattico che utilizziamo. Sono lezioni incentrate sulla didattica pratica; c‟è anche della teoria, ma è poca. La metodologia di insegnamento del CIF l‟ho un po‟ costruita io. Sono una insegnante in pensione e, quindi, ho una certa familiarità con la didattica. Si tratta di una metodologia molto pragmatica, che mira ad arricchire il vocabolario e la capacità di esprimersi, Utilizziamo delle unità didattiche illustrate che abbiamo costruito noi in maniera artigianale, ma che troviamo molto efficaci. Ancora non si tratta di un testo organizzato, ma nei prossimi anni mi piacerebbe dedicarmi a mettere a punto questo materiale e magari pubblicarlo (Maria Teresa Pulcinelli, CIF - Centro Italiano Femminile).

I destinatari dei corsi, almeno per quanto riguarda quelli rivolti agli adulti, sono prevalentemente donne, e in particolare badanti. Quella di organizzare corsi per le donne è una scelta cha è stata fatta data la natura associativa del CIF ed anche per dare una maggiore caratterizzazione rispetto ad altri interventi. Ad ogni modo non è una scelta rigida, nel senso che spesso viene deciso di accogliere mariti e parenti maschi nei corsi.

Negli ultimi 10 anni, a Viterbo il fenomeno immigratorio ha subito una trasformazione. Fino ad 8 anni fa le nostre utenti erano per lo più badanti ucraine, spesso laureate, con una età dai 40 anni in su. Poi la beneficiaria-tipo dei progetti CIF ha iniziato a cambiare: si è abbassata l‟età media, che ora è di 30-50 anni; i rumeni sono molto aumentati; inoltre le badanti sono diminuite negli ultimi 2 anni, e sono aumentate le donne che arrivano qui per ricongiungersi con i parenti che erano già immigrati nel territorio: le compagne, le mogli o le figlie; queste ultime non sono necessariamente

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minori: arrivano anche in età adulta. In seguito a questi cambiamenti abbiamo dovuto anche rivedere i nostri interventi: ad esempio abbiamo dovuto cambiare gli orari dei corsi, dal primo pomeriggio del giovedì – orario che andava bene alle badanti – alla sera (Maria Teresa Pulcinelli, CIF - Centro Italiano Femminile).

La durata dei corsi va da un minimo di 80 a 120 ore, con lezioni 2 o al massimo 3 volte a settimana. La giornata più frequente di svolgimento delle lezioni è il giovedì di primo pomeriggio (e questo proprio perché il CIF si rivolge molto alle badanti) e poi il martedì o il venerdì. I gruppi sono divisi in 2 livelli, utilizzando 2 insegnanti che lavorano contemporaneamente, una per il gruppo di livello intermedio e una per i principianti. Come spazi, a seconda dei casi, vengono utilizzate le sedi sociali di CIF, le scuole, le parrocchie. A Viterbo c‟è una sala parrocchiale ben attrezzata. E‟ nel centro storico ed è facilmente raggiungibile.

* * * La Caritas Diocesana di Viterbo realizza un corso di italiano per migranti che inizia ad ottobre e termina a giugno. Il corso si tiene due volte a settimana (lunedì e venerdì), dalle ore 15.00 alle 16.30 (un orario certamente scomodo per chi lavora, ma che non è stato possibile modificare a causa di problemi legati alle risorse umane e agli spazi a disposizione). Per le lezioni viene utilizzata una stanza abbastanza grande, ma un po‟ umida, nei locali sottostanti al Centro d'Ascolto. Quest'anno c‟è una sola insegnante volontaria, mentre l'anno scorso si alternavamo in due. Poi, ci sono 4 volontari del servizio civile che si alternano in modo che ce ne siano sempre 2 presenti insieme all‟insegnante, fornendo un sostegno a chi è più indietro. Gli studenti provengono prevalentemente da Sri Lanka, Ucraina, Filippine, Russia, Bulgaria e India. I livelli di conoscenza della lingua sono molto diversi tra i vari studenti: qualcuno di loro è analfabeta nella sua lingua, altri parlano italiano abbastanza bene. Ci vorrebbero per lo meno due corsi distinti, ma la carenza di volontari non lo consente e si cerca di ovviare al fatto che gli studenti di livelli diversi stanno tutti nella stessa classe cercando di proporre spiegazioni ed esercitazioni di difficoltà differenziata. Uno dei maggiori problemi è quello della continuità di frequenza da parte degli allievi.

Di solito iniziamo con una classe molto numerosa, quest'anno erano 35 persone circa, ma molti poi vanno via. Ora abbiamo una decina di studenti. Ho notato che iniziano con entusiasmo ma all'aumento delle difficoltà molti di loro rinunciano. Alla fine rimangono solo le persone più volenterose e determinate ad imparare. Altre persone smettono di venire perchè trovano un lavoro. In effetti, avevo anche proposto di fare un corso più tardi nel pomeriggio, ma non ci siamo riusciti, perchè lo spazio viene utilizzato anche per altre attività e perchè non ci sono abbastanza volontari. Altri studenti ancora non riescono proprio a stare al passo. Ad esempio, veniva all'inizio una donna indiana che mentre spiegavo mi guardava con occhi sgranati come se non

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riuscisse a seguire. Infatti, dopo un po‟ non è più venuta (Marilù Cianchi, Caritas Diocesana di Viterbo).

In queste condizioni, per quanto riguarda l'organizzazione didattica, si preferisce non fare un piano di lavoro rigido e strutturato: si segue un canovaccio, ma ci si adatta poi alle esigenze reali che si vedono giornalmente in aula, anche a seconda delle presenze del giorno.

Uso molto le immagini, ad esempio un alfabeto che associa le lettere a delle figure, o altro materiale. Naturalmente la grammatica viene espletata, ma senza imbarcarsi in spiegazioni troppo complicate. Il problema principale che hanno nell'imparare la lingua queste persone è che non la praticano mai nel quotidiano. Questo avviene sopratutto per le donne che fanno le casalinghe. Più in generale molti stranieri tendono a chiudersi nella loro comunità; anche qui in classe sono sempre divisi in gruppetti in base alle nazionalità. Sempre rispetto alle difficoltà di apprendimento c'è da distinguere tra i popoli dell'oriente (come cingalesi, indiani e bengalesi) che hanno più difficoltà, da quelli dell'occidente, che sono più intuitivi e hanno una facilità maggiore di apprendimento. Gioca un ruolo anche la conoscenza di lingue veicolari che quando c'è facilita la comunicazione e quindi le spiegazioni (Marilù Cianchi, Caritas Diocesana di Viterbo).

All'inizio del corso viene fatta una valutazione del livello di conoscenze con un piccolo test orale in cui vengono rivolte a ciascuno studente alcune semplici domande. Alla fine del corso viene fatto un test riassuntivo dei vari argomenti che sono stati trattati. Viene dato un attestato di frequenza, anche se non ha nessuna validità ai fini di legge. C'è un foglio presenze che viene aggiornato ad ogni lezione.

* * * L‟ARCI di Viterbo fa corsi di italiano L2 (alfabetizzazione e livello intermedio) prevalentemente per richiedenti asilo e rifugiati inseriti nei progetti di accoglienza dello SPRAR. Il lavoro dell‟associazione sul territorio non si limita al tema dell‟asilo: ad esempio ARCI gestisce uno sportello per i migranti che incontra tutte le tipologie di stranieri. Dato che sul territorio di Viterbo ci sono pochi corsi di lingua italiana L2, l‟associazione si rende spesso disponibile ad accogliere nei corsi per rifugiati anche altri stranieri con e senza permesso di soggiorno.

Ovviamente, non riusciamo a soddisfare tutte le richieste, ma tutte le volte che è possibile inseriamo alcune di queste persone. Inoltre, nella nuova sede che stiamo per prendere in affitto a Viterbo programmiamo di fare una serie di attività, compreso un rafforzamento della scuola di italiano. Il modello che abbiamo in mente è un po‟ quello della scuola di CDS ad Esquilino (Silvia Agostini, ARCI di Viterbo).

I corsi L2 per rifugiati sono parte integrante del progetto di accoglienza ed inserimento per famiglie dello SPRAR. L‟ARCI gestisce questi progetti in vari comuni del viterbese: oltre a Viterbo, ad Acquapendente, Celleno, Orte, Bomarzo, Bassano Romano e Oriolo Romano. Si tratta di progetti di accoglienza rivolti esclusivamente a nuclei famigliari con figli e l‟associazione non gestisce centri di accoglienza classici, ma accoglie le famiglie esclusivamente in appartamenti e case private.

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Il percorso di apprendimento dell‟italiano è inserito nel contratto di accoglienza che le famiglie firmano al loro arrivo. Per questa ragione, i corsi non sono una opportunità facoltativa, ma tendenzialmente un impegno obbligatorio. Infatti, teniamo un registro delle presenze e delle assenze. Queste ultime, almeno in via teorica, vanno giustificate almeno un giorno prima. Questa scelta di rendere obbligatorio il corso ovviamente ha dei limiti, ma è una scelta meditata che abbiamo fatto per spingere le famiglie a compiere un percorso di integrazione con gli usi, i costumi, i ritmi di vita che ci sono in Italia. I tempi di vita mediamente sono più veloci qui che nella maggior parte dei paesi di provenienza di queste persone. Ovviamente, non si può generalizzare e tutto dipende dalle singole situazioni concrete, ma a volte è utile un lavoro di rafforzamento della consapevolezza rispetto all‟importanza della puntualità e degli impegni. Sono requisiti che gli verranno richiesti nel mondo del lavoro italiano, dove sarà ben più difficile tollerare una assenza non giustificata o un ritardo. Peraltro, per questi percorsi di accoglienza ed inserimento, abbiamo a disposizione 6 mesi. Sono pochissimi, e vanno sfruttati al meglio per raggiungere in tempi rapidi un grado accettabile di consapevolezza ed autonomia. Ci sono obiettivamente delle difficoltà per queste famiglie nel seguire il corso. Intanto, la scuola è qui a Viterbo ma le famiglie vengono da vari paesi della provincia. Spesso si tratta di paesi lontani e mal collegati e la situazione dei trasporti pubblici è disperante qui nella Tuscia. A volte gli ci vogliono alcune ore di viaggio tra andata e ritorno, e per loro seguire il corso è insomma un impegno serio. E‟ anche vero che sono nei primi mesi di permanenza in Italia, e il resto del giorno non hanno niente da fare. Crediamo dunque di non chiedergli troppo, e come ho già detto fa parte di un allenamento alla vita lavorativa. (Silvia Agostini, ARCI di Viterbo).

L‟obbligatorietà del corso rende l‟intervento più facile da un certo punto di vista, ma anche complesso dall‟altra, anche perché si riconosce che nel caso dei rifugiati c‟è un problema importante di motivazione.

I rifugiati, a differenza di molti stranieri immigrati per ragioni economiche, hanno un andamento tipico della loro motivazione, che è molto alta all'inizio, ma poi scema con la scoperta delle difficoltà di integrazione. Il fatto è che queste persone non lavorano, quindi il corso non è un semplice complemento della loro giornata, ma l‟unica attività. Hanno una vita meno attiva di molti immigrati. Hanno anche una famiglia e dei figli da mantenere, e vivono con frustrazione il dover dedicare del tempo allo studio invece che al lavoro (Tiziana Serafini, ARCI di Viterbo).

Un elemento di criticità dei percorsi di L2 riguarda le donne con figli piccoli non ancora in età scolare. Accade che alcune mamme non riescono a partecipare al corso. Le operatrici di ARCI fanno notare che si tratta solo in parte di un problema pratico: se è vero una mamma con un neonato non può viaggiare tutti i giorni portandosi dietro il bambino, è anche vero che i mariti non si rendono disponibili ad accudire i figli per parte della giornata per permettere alle mogli di partecipare ad un corso. Spesso questo diventa inconcepibile a causa di una cultura patriarcale che le famiglie si portano dietro. Tutte le volte che è possibile le mamme vengono fatte venire in aula con i bambini piccoli. In passato i corsi si facevano negli uffici di ARCI, ma non c'era uno spazio adeguato. Ora c‟è l‟ospitalità di un circolo del PRC. Si tratta comunque di uno spazio non completamente adeguato, per cui a breve l‟associazione prenderà in affitto una nuova sede dove spostare corso di italiano e poter organizzare anche un servizio di

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baby sitting per i figli piccoli delle donne che frequentano i corsi. La scuola si svolge tutti i giorni dal lunedì al venerdì, con l‟esclusione del mercoledì.

Fino ad un anno fa questo impegno era più blando, ma ci siamo resi conto che serviva un lavoro intensivo sulla lingua. Le lezioni durano 1 ora e ½ e si tengono la mattina. Abbiamo 2 insegnanti e si tratta di operatrici retribuite. I livelli sono 2; il corso base lo facciamo partire quando c‟è un numero consistente di nuovi arrivi; ad esempio tra dicembre e gennaio sono arrivate 5 famiglie, e infatti ora siamo partiti con un nuovo corso. Si tratta quindi non di un modello di scuola lineare - con corsi che hanno un inizio ed una fine, ma circolare, che non finisce mai. Anche in questo siamo simili alla scuola CDS di Roma Esquilino. In alcuni casi arrivano persone analfabete che dovrebbero fare un corso a parte, ma si tende a tenerli comunque in classe con gli altri, anche se in questo modo gli insegnanti fanno molta fatica. Poi cerchiamo di fare interventi di supporto ad hoc per queste persone, con un lavoro a domicilio fatto da volontari o da operatori (Silvia Agostini, ARCI di Viterbo).

Lavorare con rifugiati significa avere spesso a che fare con gente proveniente da paesi – come Afghanistan, Congo o Sierra Leone – dove le persone sono cresciute in situazioni di guerra e non ha mai conosciuto la scuola. E‟ difficile insegnare l‟italiano a degli adulti analfabeti e le operatrici di ARCI notano che su questo tema sarebbe utile un confronto con altre scuole popolari. Scarso è il materiale didattico pubblicato che sia adatto alle esigenze di persone fortemente svantaggiate, magari provenienti da zone di guerra e con poca alfabetizzazione.

Un analfabeta straniero è come se fosse cieco e sordo, e ha una grande difficoltà a cogliere gli stimoli esterni e quindi ad integrarsi. Questo tipo di persone ti chiede di imparare in maniera informale, non con una metodologia scolastica, perchè hanno avuto una vita molto pratica. Vogliono usare una metodologia “da strada”, desiderano imparare la lingua vivendo. E‟ una cosa che in parte si può fare, in parte no, perché studiando la lingua in classe si passa inevitabilmente per il libro e per gli esercizi. Abbiamo cercato molto delle metodologie di insegnamento specifiche per questo tipo di studenti, ma senza trovare esperienze significative. Nonostante la nostra buona volontà non abbiamo ancora raggiunto una efficacia sufficiente con queste persone. Come responsabile del progetto io faccio con le famiglie un percorso sul bilancio di competenze, utilizzando una serie di schede e colloqui per aiutarli a capire che l‟obiettivo del nostro intervento è sostenerli nel raggiungimento di una maggiore autonomia e indipendenza, e che la lingua è parte integrante di questo percorso (Silvia Agostini, ARCI di Viterbo).

La velocità di apprendimento di questi adulti è limitata da un contesto di socializzazione non abbastanza ricco. Manca un contesto d'uso della lingua e questo depotenzia l‟efficacia del corso. Le operatrici di ARCI ritengono che ci vorrebbe una famiglia italiana di volontari con cui poter interagire ed esercitare la comunicazione, ma non è facile trovare questo tipo di risorse nei paesi. Il 90% dei nuclei familiari ha figli piccoli. Prima ancora di inserire i genitori nei corsi L2 si iscrivono i figli a scuola. Inoltre, con loro viene svolta anche una attività di doposcuola e di sostegno extrascolastico.

Ormai abbiamo rapporti con le scuole elementari e medie del territorio e la cosa riesce abbastanza facilmente; ci sono legami personali con maestre e professori che rendono

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più agevole il lavoro. Qualche problema in più si verifica quando ci si trova nella seconda parte dell'anno scolastico, ma soprattutto con ragazzi 17enni e 18enni, dato che gli istituti superiori non sono costretti a prendere persone non più in obbligo scolastico. A volte, le scuole superiori obiettano che a questi ragazzi manca il diploma di scuola media. Noi proviamo sempre ad inserirli a scuola, magari con l‟aiuto dei Comuni, che sono i titolari dei progetti e che possono fare pressione sulle scuole. Nei casi in cui non ci riusciamo, mandiamo i ragazzi più grandi ai corsi di recupero della licenza di scuola media dei CTP. Purtroppo, in questo modo perdono anni di scuola che sono preziosi per la loro formazione e per le prospettive di integrazione, ma almeno alla fine prendono un diploma. Sempre per i minori, svolgiamo una attività di doposcuola sia grazie a volontari studenti universitari che con gli operatori. D'altronde, i ragazzi fanno impressione: imparano la lingua in pochi giorni, ma il problema principale è che spesso si portano dietro una carenza grammaticale. Se i figli sono grandicelli, nel periodo che precede l‟iscrizione a scuola (ci vuole un minimo di 15 giorni prima che vengano inseriti in aula) iniziamo a far frequentare loro il corso dei genitori. E‟ chiaro che non è facile gestire una aula mista con adulti e minori, ma contiamo sul fatto che sono insieme ai loro genitori che possono avere una funzione di tutoraggio (Silvia Agostini, ARCI di Viterbo).

* * *

Alcune scuole popolari di italiano per i migranti attive nella provincia di Viterbo

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Centri Territoriali Permanenti in provincia di Viterbo

Centro Territoriale 1100 Viterbo C/O Sc. Media Vanni Viterbo

Centro Territoriale 40 CD Tarquinia 1016 Tarquinia Viale Bruschi Falgari 6

Centro Territoriale 39 1033 Civita Castellana Via Enrico Berlinguer, S.N.C.

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6.5. Provincia di Rieti

Secondo l‟Istat, i cittadini stranieri che al 1° gennaio 2008 risultano risiedere nei comuni della Provincia di Rieti sono 8.338, con un‟incidenza del 5,4% sul totale della popolazione residente. Il Dossier Caritas/Migrantes, invece, stima tale presenza in 9.328 unità, con un‟incidenza del 6,0% sul totale della popolazione residente. Prime 30 collettività di residenti stranieri in provincia di Rieti (31.12.2007)

Paese v.a. %

Romania 2.844 34,1

Albania 877 10,5

Macedonia 807 9,7

Polonia 550 6,6

Ucraina 500 6,0

Marocco 310 3,7

Moldavia 254 3,0

Filippine 148 1,8

Perù 146 1,8

Regno Unito 132 1,6

Bulgaria 114 1,4

India 110 1,3

Ecuador 96 1,2

Brasile 71 0,9

Germania 64 0,8

Sri Lanka 64 0,8

Colombia 63 0,8

Rep. Dem. Congo 60 0,7

Francia 54 0,6

Russia 48 0,6

Altri Paesi 1.026 12,3 TOTALE 8.338 100,0 Fonte: Caritas/Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Elaborazioni su dati Istat

L‟offerta di corsi di italiano per stranieri in provincia di Rieti è caratterizzata da una notevole carenza strutturale a fronte di una domanda in continua crescita. Tale carenza è particolarmente sentita nel territorio della Bassa Sabina dove la presenza di cittadini stranieri rappresenta ormai un fenomeno significativo e strutturale, con una presenza di ben 1.497 residenti stranieri e una incidenza sul totale della popolazione distrettuale del 7,6% al 31 dicembre 2007. Se consideriamo anche solo i recenti arrivi – che sono poi quelli con un bisogno più urgente di integrazione linguistica - dal 2005 al 2007 vi è stato un incremento di 824 presenze, pari in termini percentuali ad un aumento di quasi il 50% in due anni. Passando ad analizzare l‟offerta di corsi, bisogna evidenziare che alcuni enti locali si sono resi conto dell‟importanza cruciale dell‟insegnamento dell‟italiano e si sono mossi di conseguenza con iniziative sperimentali. Ad esempio i comuni del Distretto Rieti 2 portano avanti da anni progetti con finanziamenti provinciali della legge 286

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che prevedono sostegno linguistico per gli alunni delle scuole e che in passato comprendevano anche interventi di L2 per adulti (ora sospesi per insufficienza di risorse). Va anche citata l‟esistenza di corsi a pagamento, come quelli di UPTER. Si tratta tuttavia di iniziative che proprio per questa loro caratteristica di corsi a pagamento non sono accessibili alle fasce di stranieri socialmente ed economicamente svantaggiati. Vi sono poi alcuni enti di volontariato e del terzo settore – ARCI, ANOLF e, più di recente, CDS-Focus, in collaborazione con alcune associazioni locali - che si sono organizzati per integrare l‟offerta istituzionale di corsi di italiano, mettendo in campo interventi di formazione non formali. Resta il fatto che complessivamente tutti questi corsi realizzati da istituzioni e associazionismo coprono solo una piccola parte dell‟incremento annuo di migranti, e che una parte consistente della domanda rimane dunque insoddisfatta.

* * * Il Comitato provinciale ARCI di Rieti è relativamente giovane e non ha alle spalle una lunga storia popolo politica e sociale come in altri territori. Il Comitato è nato 8 anni fa e da subito ha iniziato ad occuparsi dell'integrazione degli stranieri con uno sportello di orientamento e la realizzazione di corsi di italiano L2 (utilizzando i fondi provinciali della legge 286). Inoltre, l‟Arci lavora all'interno dello SPRAR, il sistema nazionale di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, per il quale gestisce, in convenzione con il Ministero dell'Interno, centri di accoglienza e sportello di consulenza.

Abbiamo iniziato gli interventi di L2 a Rieti, che come capoluogo provinciale è la città con una presenza più consistente di stranieri. Negli anni ci siamo resi conto sempre più di come il bisogno di corsi L2 fosse diffuso su tutti i centri della provincia. La Sabina assorbe sempre più anche quelle persone che gravitano per lavoro attorno a Roma ma avendo un tenore di vita medio-basso non riescono a mantenersi nella capitale: parliamo di stranieri ma anche di italiani. Per questa ragione abbiamo realizzato in questi anni corsi a Fara Sabina (in località Passo Corese), Poggio Mirteto, Contigliano; abbiamo realizzato anche una brevissima esperienza ad Antrodoco. Come aule, a Rieti utilizziamo la sede di ARCI che è nel centro storico e vicino alla stazione. Si tratta di uno spazio che può contenere 20-25 persone al massimo. L'arredo è molto spartano: utilizziamo i tavolini dei muratori, quelli che si chiudono e si smontano con più facilità. Li abbiamo dipinti di giallo, ed alla fine oltre ad essere funzionali sono persino gradevoli. Negli altri comuni della provincia dove si fanno i corsi chiediamo all'amministrazione di mettere a disposizione lo spazio e noi portiamo lavagna e materiali didattici. Spesso si tratta delle biblioteche, il che non ci dispiace affatto: la biblioteca è un ambiente molto gradevole dove fare lezione. Oltre alle lavagne abbiamo dei PC portatili e dei proiettori video che utilizziamo per mostrare in classe dei filmati. Abbiamo anche utilizzato delle connessioni internet, mostrando loro alcuni siti (ad esempio quelli di ricerca lavoro) ed il funzionamento della posta elettronica (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

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Per quanto riguarda la metodologia utilizzata nei corsi, c‟è molta attenzione ad una didattica interattiva e coinvolgente. La grammatica e la sintassi non sono le protagoniste dei corsi, ma viene privilegiata la creazione di uno spazio comunicativo intenso, basato sulla conoscenza e fiducia reciproca degli studenti. L‟attenzione è quindi centrata su un percorso didattico in cui gli studenti possono partecipare con proprie riflessioni e narrazioni. Costruire uno spazio sociale, in cui il racconto di chi proviene da un sistema linguistico e culturale “altro” possa trovare degli ascoltatori, possa destare interesse, arricchendo i partecipanti con esperienze inedite e stimolando la discussione. Definire uno spazio di espressione in cui gli immigrati possono fare agire liberamente la loro propensione all‟interculturalità.

Giorni fa abbiamo fatto una lezione su come si prepara la pizza. Abbiamo portato gli ingredienti in classe e l'insegnante ha fatto una dimostrazione, spiegando contemporaneamente con parole comprensibili cosa stava facendo. Durante la lezione successiva ha ripercorso i passaggi della preparazione: estrapolava delle parole chiave da questa spiegazione e le utilizzava in funzione didattica. Abbiamo organizzato anche gite nel centro storico di Rieti ed al museo d'arte. Quando usciamo dalla classe abbiamo grandi riscontri da parte degli studenti. Inoltre, per stimolare il dialogo nel gruppo utilizziamo molto materiali come la proiezione di corti, fotografie, elaborati scritti. Una insegnante utilizza dei filmati senza sonoro per poi chiedere agli studenti di cercare di ricostruire cosa è accaduto nel video. Con un piccolo incoraggiamento gli studenti raccontano molto di sé, e la lezione ha anche questo scopo. Abbiamo una piccola biblioteca di testi tecnici. Parti di questi testi ed esercizi vengono distribuiti volta per volta agli studenti. Spendiamo tantissimo in fotocopie ed ogni volta che inizia un nuovo corso l'Amazzonia trema per la quantità di carta che verrà impiegata! (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

Lavorando con fondi pubblici, un grosso problema dei corsi ARCI è la loro discontinuità. Accade che ci siano consistenti periodi di vuoto tra un finanziamento e l'altro. Altre volte i fondi vengono stanziati con una tempistica non aderente alla realtà dei bisogni del territorio (ad esempio in agosto, periodo in cui non è certo possibile fare partire un corso).

Se la nostra offerta è discontinua, sul piano della domanda c'è invece una pressione continua e crescente da parte di immigrati che hanno necessità di seguire un corso. Si è sparsa la voce che facciamo L2 e che i nostri interventi funzionano abbastanza bene, e quindi chiede di iscriversi tantissima gente, alla quale spesso dobbiamo dire che non sappiamo quando inizierà il prossimo corso. La richiesta degli insegnanti di poter lavorare con una classe di 15 persone per dare una attenzione maggiore alle esigenze dei singoli si scontra con queste richieste ben superiori alla nostra capacità di assorbimento. Negli anni i numeri stanno aumentando tendenzialmente sempre più (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

Nella città di Reti i corsi sono più strutturati e di durata maggiore. Durano in genere almeno 6 o 7 mesi, con una frequenza di 2 volte a settimana ed una durata di 2 ore a lezione. Questa maggiore strutturazione dei corsi di Rieti si traduce anche nella possibilità di dividere i corsi in un doppio livello linguistico: un primo livello di base (che comprende al suo interno anche chi deve fare alfabetizzazione) e un secondo di perfezionamento. In linea generale possiamo dire che si tratta di livelli un po‟ più bassi di quelli A1 ed A2 del Quadro comune europeo di insegnamento delle lingue.

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Soprattutto nel corso di secondo livello viene utilizzato con efficacia l‟approccio induttivo nell‟insegnamento dell‟italiano L2. Durante le lezioni l‟insegnante per comunicare utilizza soltanto l‟italiano; le lezioni iniziano con dialoghi ed aneddoti in stile conversativo; azioni, mimica e figure sono usate per chiarire i significati; la grammatica viene appresa induttivamente; i testi letterari vengono letti per ,il piacere di farlo e non vengono analizzati grammaticalmente; la cultura straniera è insegnata induttivamente: ogni lezione si basa su questi principi e include l‟esercizio delle 4 abilità (ascoltare, parlare, leggere e scrivere).

Trovarsi davanti ad una classe di adulti che vogliono imparare l‟italiano è sempre, allo stesso tempo, una sfida e uno stimolo. Le classi che si formano nei corsi organizzati dall‟ARCI di Rieti sono sempre gruppi di studenti molto eterogenei: l‟età varia dai sedici agli ottanta anni, il livello di istruzione è diversissimo, ci sono persone laureate e persone che non hanno mai avuto un‟educazione formale, le motivazioni che spingono ad imparare l‟italiano sono diverse così come i percorsi di vita delle persone. Pertanto, la sfida che ogni anno ci ritroviamo il primo giorno in classe è: “Come possiamo strutturare una lezione unica, che sia utile a tutti, per persone con istruzione così diversa?” In primo luogo bisogna tenere in considerazione che ciò che accomuna tutti gli alunni, nonostante i loro percorsi diversi, sono le esperienze quotidiane legate alla vita pratica di ogni giorno. E quindi è proprio questa base esperienziale comune che permette di avviare un lavoro utile a tutti. Pertanto, ogni lezione parte da una situazione reale, probabilmente già vissuta dalla maggior parte degli studenti, come per esempio “Presentarsi a qualcuno”, “Andare dal medico”, “Andare al cinema”, Il mercato” ed altre. A partire da questa situazione reale si costruisce un dialogo tra alcuni personaggi che viene letto in classe dagli studenti che a loro volta interpretano i vari ruoli. Il dialogo è letto più volte da “attori” diversi e solo dopo qualche lettura si evidenziano le parole non conosciute e si analizza il significato che spesso viene già dedotto dal contesto. E‟ solo in seguito alla lettura e ad esercizi che si cerca di comprendere la regola grammaticale che, a questo punto, è sempre piuttosto esplicita, e diventando una “scoperta” fatta da soli, assume un fascino e una familiarità particolare (Anna Matteucci, ARCI di Rieti).

Riguardo ai corsi che l‟ARCI organizza negli altri comuni reatini, data la scarsezza di fondi, spesso c'è solo un unico livello. In questi casi, sta alla bravura dell'insegnante fare in modo di coinvolgere tutti in una lezione che sia adeguata alle diverse esigenze. Inoltre, nel gestire corsi multilivello si sfruttano al massimo le potenzialità offerte dalla figura del tutor. Ovviamente, i tutor si occupano in primo luogo della logistica ed organizzazione del corso: la tenuta del registro, la predisposizione e distribuzione delle fotocopie, etc. Tuttavia, oltre a garantire questi aspetti, di fatto il tutor interviene con sapienza sulla persona singola o sul piccolo gruppo che fatica a seguire la lezione. In alcuni casi questo avviene direttamente in aula, in altri - in accordo con l'insegnante - si fa uscire fuori dall'aula uno studente o un gruppetto e si realizzano lezioni individuali. Lo scopo è quello di avere una attenzione mirata alle loro lacune specifiche, e cercare di rimetterli al pari con il resto della classe.

L‟attività di tutoraggio durante le lezioni consiste nel seguire gli alunni con maggiori difficoltà nell‟apprendimento della lingua e coloro che provengono da paesi in cui si parlano lingue molto diverse dall‟italiano e perciò hanno bisogno di più tempo per comprendere ed assimilare le strutture e il vocabolario della lingua italiana. Insistiamo molto sul fatto che in tutti i casi in cui il tutor interviene con funzioni didattiche, questo avvenga su istruzioni precise dell'insegnante. L'insegnante ha infatti una

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competenza diversa dal tutor, e deve monitorare questi interventi individualizzati (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

L'orario dei corsi è sempre serale, tra le 18.00 e le 20.00. Anche se si tratta dell'orario migliore per la maggioranza degli studenti, è anche vero che molte donne non possono frequentare in questa fascia oraria perchè hanno dei figli piccoli, ed avrebbero invece piacere di frequentare la mattina. Ad ogni modo, tra gli studenti c'è una leggera prevalenza di donne, che diventa netta nei percorsi L2 di livello più avanzato.

Credo che questo avvenga perchè da parte delle donne c'è una maggiore consapevolezza rispetto all'importanza di una buona padronanza della lingua: le donne sono determinate, vogliono raggiungere una emancipazione dal lavoro di cura al quale sono relegate in via quasi esclusiva, ed hanno capito che la strada è il perfezionamento della lingua e la qualificazione professionale. Insomma, hanno una maggiore aspirazione alla mobilità sociale. C'è anche da dire che a Rieti le donne prevalgono tra la popolazione immigrata perchè siamo una provincia anziana, e che esprime una alta domanda di lavoratrici disposte a fare le badanti (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

La composizione delle classi per provenienze geografiche varia a seconda dei comuni dove si svolge l'intervento. In generale, i rumeni sono molto consistenti, seguiti da albanesi e marocchini. A Poggio Mirteto prevalgono gli studenti est europei, a Fara Sabina ci sono anche dei sud americani, a Rieti prevalgono i rumeni ma la situazione è più mista che altrove. Si è notato negli ultimi 2 anni l'aumento dei marocchini. Non si tratta di una comunità appena insediatasi sul territorio, anzi i primi sono arrivati ben 20 anni fa, ma ARCI attribuisce questo incremento di studenti al fatto che gli immigrati storici erano prevalentemente uomini di una certa età, spesso restii a frequentare un corso. Ora arrivano più donne e giovani di questa comunità. C'è un rinnovamento generazionale e questo favorisce la partecipazione ai corsi di lingua. Quella marocchina è anche la comunità più organizzata sul territorio. La frequenza ai corsi è assolutamente costante, con qualche discontinuità nei livelli più avanzati.

L'anno scorso eravamo partiti con una classe troppo numerosa per non dover escludere nessuno. Pensavamo che il gruppo si sarebbe scremato con il tempo, eppure il corso andava avanti e il gruppo rimaneva costante. Se la continuità nella frequenza può essere presa come indizio di gradimento mi sposso quindi ritenere molto soddisfatta dei nostri corsi. E poi credo che i nostri studenti avranno anche capito che poter frequentare un corso da queste parti è una occasione rara; evidentemente sanno come funziona il territorio (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

Rispetto alla valutazione dei livelli di entrata ed uscita, al momento dell‟iscrizione viene compilata una scheda che serve già per valutare in linea generale il livello. Poi, all'inizio del corso, viene fatto un test più approfondito di valutazione del livello delle conoscenze in entrata; a quel punto gli allievi vengono divisi - se c'è la possibilità di fare più classi - o comunque le informazioni emerse vengono utilizzate per programmare gli interventi. A metà e a fine corso gli allievi compilano dei

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questionari di gradimento che riguardano tutti i principali aspetti dell'intervento: dalla logistica ai contenuti, agli insegnanti. C'è poi un test intermedio e uno finale per valutare il percorso. A fine corso viene rilasciato un attestato di frequenza, con una cerimonia e una festa finale che servono anche a gratificare chi si è impegnato a portare a termine il corso. In rari casi, se ci sono un po‟ di risorse in più a disposizione, si riesce ad organizzare anche una classe per studenti stranieri di scuole superiori alla quale viene fatto supporto didattico.

L'idea iniziale era quella di sostenere in questo modo ragazzi che già parlavano un po‟ di italiano e aiutarli a perfezionarsi dal punto di vista sintattico e lessicale. Ad esempio, molti adolescenti stranieri hanno difficoltà con le doppie, e questo tipo di deficit formativi influiscono negativamente con il profitto scolastico e sull'integrazione. Se questo era l'obiettivo, di fatto sono stati inseriti nei corsi anche beneficiari di tipo diverso, come i minori stranieri non accompagnati di un centro di accoglienza, provenienti prevalentemente dal Corno d''Africa, Nigeria e Afghanistan. Nonostante l'età analoga si tratta di ragazzini con un livello molto più basso di conoscenza dell'italiano. Date le risorse limitate non possiamo però permetterci di fare un altro livello apposta per loro, e gli insegnanti si sono impegnati nel difficile compito di tenere insieme questi gruppi così diversi. Nonostante il fatto che si tratta di alunni di scuole superiori, il contatto con gli istituti scolastici non è sempre stretto: ci segnalano i ragazzi, ma a volte poi non c'è un vero coordinamento sulla didattica. Ovviamente, si tratta di un intervento diverso da quello dei corsi per gli adulti, con obiettivi diversi ed un approccio diverso. Si usa molto di più il gioco, o meccanismi che tendono a premiarli per la frequenza. Gli adolescenti necessitano di una didattica separata da quella degli adulti che permetta non solo di trovare gli argomenti e i metodi giusti per coinvolgerli, ma che sia calibrata su una velocità di apprendimento e assorbimento vero e proprio della lingua, diversa da quella degli adulti. I giovani hanno innegabilmente una maggiore facilità di apprendimento e sono soprattutto inseriti in un contesto che gli fornisce stimoli quotidiani (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

Un grosso problema è rappresentato dai nuovi inserimenti a corso iniziato. Si tratta sempre di un momento critico, difficile da gestire per l'insegnante e che aggiunge un altro ruolo ai tutor, ai quali spesso viene richiesto di farsi carico di aiutare questi studenti a raggiungere un livello omogeneo al resto del gruppo.

D'altronde, è faticosissimo dire di no agli studenti che chiedono di essere inseriti, perchè non sai mai quando potrà ri-iniziare un altro corso. Non sei in grado di dirgli che non è possibile seguire ora ma che tra uno o due mesi partirà il successivo corso, quindi finisci per inserirli nel gruppo anche se questo creerà qualche difficoltà (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

I tutor sono giovani del servizio civile o anche operatori, se nel budget ci sono i fondi per pagarli. Gli insegnanti devono avere curriculum ed esperienze adeguate all'insegnamento dell'italiano agli stranieri. Hanno sempre un contratto.

Per noi il volontariato può essere un aspetto che rafforza l'intervento ma la strutturazione di un corso impostato come i nostri non può essere delegata al solo volontariato. Servono competenze solide. A volte ci sono degli insegnanti in pensione che vogliono dare una mano, e per noi costituiscono una risorsa in più. C'è anche da

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dire che il tessuto sociale di Rieti è diverso da quello di altre città. Ci sono meno volontari che a Roma, e quelli che ci sono normalmente si orientano verso altre strutture. Noi fatichiamo quindi a individuare un gruppo in grado di gestire i corsi con una certa continuità. Sotto certi punti di vista vorrei creare un gruppo di volontari più stabile ed in grado di supportare i corsi, ma d'altra parte mi rendo conto che questo creerebbe una disparità difficile da gestire con gli insegnanti retribuiti (Donatella Terni, ARCI di Rieti).

Una esperienza considerata molto interessante è quella dei seminari di aggiornamento per insegnanti di L2. All‟ultima edizione, realizzata di recente, strutturata su tre incontri, hanno partecipato 20 persone, sopratutto operatori dei corsi locali, ma anche 2 insegnanti in pensione volontarie. Le docenze sono state tenute da una docente esperta di Monterotondo.

* * * Il Distretto sociale Bassa Sabina – ambito territoriale mirtense - Rieti 2 (capofila Poggio Mirteto63), si estende dai Monti Sabini fino alla valle del Tevere, presenta al suo interno caratteri socio-demografici difformi. Alle pendici dei monti Tancia e Fontecerro si trovano comuni come Cottanello Montasola, Roccantica, Casperia, Poggio Catino ad economia prevalentemente agricola; in queste zone è possibile registrare un basso numero di immigrati provenienti principalmente da Albania e Macedonia, paesi che offrono manodopera legata alla pastorizia e all‟industria boschiva. I Comuni che si sviluppano invece lungo il corso del Tevere ai confini con la provincia romana riflettono dal punto di vista della mobilità territoriale i caratteri tipici dell‟urbanizzazione in Italia a partire dagli anni ‟80, quando si è assistito ad una crescente fuga di abitanti dalle grandi città verso i piccoli centri. Tale esodo è stato spiegato principalmente con motivazioni riconducibili ai problemi dell‟alto costo del mercato della casa nelle grandi aree urbane e a quello della ricerca di una maggiore qualità della vita da parte di sempre più cittadini. Questo fenomeno ha permesso negli ultimi trenta anni a comuni come Poggio Mirteto, Montopoli, Stimigliano, Forano, Magliano Sabina un sempre graduale aumento della loro popolazione generale e quindi di sviluppo di attività legate ai settori dell‟edilizia e del terziario. I resoconti forniti dagli uffici anagrafici, aggiornati al gennaio 2007 confermano la tendenza della popolazione immigrata ad uniformarsi ai flussi sopra indicati. L‟incidenza della popolazione straniera sul totale della popolazione distrettuale al 31 dicembre 2007 è del 7,60%. Troviamo quindi, nella zona tiberina del Distretto, una maggiore presenza di immigrati, pendolari o impiegati nei settori dell‟edilizia e dei lavori domestici e dell‟agricoltura. Tra queste due zone descritte del Distretto si estende un‟area di comuni cerniera che contiene entrambi i caratteri socio-economici descritti. E‟ questa la realtà di comuni come Montebuono, Cantalupo, Tarano, Selci, Torri in Sabina, Collevecchio. In questa zona tra l‟altro, visto il progressivo esaurimento del mercato immobiliare nelle zone lungo il Tevere si assiste ad un graduale aumento della popolazione residente e quindi anche ad

63 I Comuni costituent del Distretto sociale della Bassa Sabina – ambito territoriale mirtense - Rieti 2

sono: Cantalupo in Sabina, Casperia, Configni, Collevecchio, Cottanello, Forano, Magliano Sabina, Mompeo, Montasola, Montebuono, Montopoli di Sabina, Poggio Catino, Poggio Mirteto, Roccantica, Salisano, Selci Sabino, Stimigliano, Tarano, Torri in Sabina, Vacone.

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uno spostamento di stranieri in cerca di condizioni sempre più favorevoli. C‟è una forte presenza di cittadini provenienti da paesi neocomunitari e una rilevante componente giovane e giovanissima.

Nel Distretto Rieti 2 c'è un fortissimo bisogno di corsi di L2 per stranieri e di servizi per l'integrazione della popolazione immigrata in generale. I comuni in cui questo bisogno è più forte sono: Magliano, che ha una forte presenza di marocchini che fanno i commercianti

pendolari, ma anche arabi, indiani, albanesi e macedoni;

Forano, dove il 14% degli studenti nell'Istituto Comprensivo è di origine straniera, la percentuale più alta dell'intera provincia di Rieti;

Poggio Mirteto, che è l'unico comune dove sono stati realizzati corsi di italiano L2.

Una rilevante priorità concerne l‟integrazione sociale e linguistica, in particolare dei minori. Alcune degli istituti scolastici del territorio sono stati indicati dal Ministero della pubblica istruzione e dal Ministero dell‟Interno come scuole a rischio per l‟integrazione socioculturale a causa di una incidenza di bambini e ragazzi stranieri ben oltre il livello medio nazionale. In assenza di interventi efficaci che rispondano ai vari bisogni espressi si corre il rischio non solo di un insuccesso nel processo di integrazione dei bambini stranieri, con ricadute negative importanti per il loro sviluppo, ma anche di un generalizzato indebolimento dell‟efficacia dell‟offerta formativa in ambito scolastico. In questo territorio, la situazione più critica è soprattutto quella degli adolescenti (in maggior parte di nazionalità rumena) che avrebbero bisogno di corsi di italiano L2 per lo studio da realizzare in orario extrascolastico, subito dopo la fine delle lezioni. In particolare, nei comuni più grandi, e dove è più forte la presenza di gruppi omogenei, si cominciano a registrare i primi segnali di attrito tra gruppi culturali (stranieri/italiani o stranieri/stranieri) se non di scontro aperto. La fascia maggiormente a rischio è rappresentata dai ragazzi che si sono trasferiti al seguito delle loro famiglie in età adolescenziale o preadolescenziale. Costoro infatti hanno in genere svolto il percorso della scuola primaria nel loro paese d‟origine e, anche se si iscrivono alla scuola media, incontrano difficoltà a volte insormontabili sul percorso della piena integrazione e rischiano di non avere, in un momento della loro vita già problematico, riferimenti stabili e contesti di regole significativi e condivisi.

I ragazzi che superano i 16 anni non hanno nessun tipo di intervento a loro dedicato. Nella scuola non riescono a stare al passo con il corso di studi perchè trovano ostacoli linguistici e spesso anche di relazione con i compagni. Non c'è alcun progetto didattico per accogliere e seguire gli stranieri di questa età, e in molti abbandonano prima di finire gli studi. Ovviamente, questi giovani faticano a trovare lavoro perché non hanno qualifiche; allo stesso tempo non frequentano più la scuola e quindi finiscono per passare le loro giornate a bighellonare in paese o bere nei bar. Ho segnalato questa situazione alle istituzioni, ed in teoria hanno capito; purtroppo poi la risposta è stata un bando per l'integrazione degli stranieri da appena 9.000 euro. L‟ARCI di Rieti ha scritto una lettera di protesta al Distretto RI2, decidendo di non partecipare al bando (Ana Covaciu, ANOLF di Rieti).

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A livello di servizi, nel distretto vanno avanti da alcuni anni alcuni progetti di integrazione gestiti dai comuni nell‟ambito del Piano sociale di zona e finanziati dalla Provincia tramite fondi della legge 286. Problemi nell‟erogazione dei finanziamenti, però, creano molta discontinuità nel funzionamento dei servizi messi in piedi dai comuni. Gli interventi portati avanti in questi anni sono stati: attività di integrazione scolastica, ovvero laboratori di educazione interculturale.

Spesso tra studenti stranieri e italiani (ma anche fra studenti stranieri di diverse provenienze) non c'è un buon rapporto e questi laboratori servono a creare un buon clima nella classe;

sostegno didattico per i minori stranieri da poco iscritti a scuola. E' un sostegno sopratutto linguistico, che si fa di solito a livello individuale o per piccoli gruppi. Purtroppo le risorse a disposizione sono scarse, quindi si tratta di pochissime ore per plesso. Secondo gli operatori questo è l‟intervento più efficace: il rapporto uno ad uno permette di conoscere profondamente i ragazzi e arrivare ad individuare la radice del disagio. Durante il sostegno didattico è possibile instaurare un rapporto di fiducia tra alunno e operatore, ed emergono le problematiche e i bisogni, anche di tipo extradidattico, di questi minori;

sportelli di mediazione ed orientamento aperti in vari comuni: Poggio Mirteto, Montopoli, Magliano Sabina, etc..

In passato con i fondi 286 sono stati fatti anche corsi di italiano L2. A Poggio Mirteto è stato anche sperimentato un corso aperto a mamme e bambini insieme, in modo da facilitare la frequenza di queste donne straniere con figli. Dopo pochi mesi queste donne hanno acquisito una conoscenza base dell‟italiano, hanno trovato lavoro e la frequenza al corso è molto calata. In ogni caso, questa viene considerata dagli operatori locali una esperienza positiva. Negli ultimi anni, l‟ANOLF ha realizzato corsi di italiano nel comune di Poggio Mirteto, in continuità con i corsi realizzati in precedenza con i fondi della legge 286. I corsi erano autofinanziati, con il coinvolgimento di insegnanti volontari. Nell‟ambito di questa esperienza sono stati organizzati tre corsi, due dei quali destinati agli adulti ed uno ad adolescenti. Questi interventi sono stati realizzati nel corso di 4 anni, e l‟ultimo corso è terminato 3 anni fa.

Per quanto riguarda i cosi rivolti agli adulti, il Comune ci ha dato spazi della sala conferenze del Museo, in via Cairoli. Per il primo corso avevamo già gli studenti. Infatti il corso non era nato come idea astratta, ma come risposta ad una esigenza espressa dagli stranieri che si rivolgevano allo sportello. Abbiamo quindi preparato dei moduli di iscrizione ed in breve tempo avevamo un gruppo di 20 studenti. Durante il corso c‟è stata ovviamente una certa dispersione per motivi di lavoro. C‟era una presenza massiccia sopratutto di moldavi e rumeni, ma anche di polacchi e africani. C‟era anche qualche olandese, inglese e tedesco. Erano molte le donne, in netta maggioranza; gli uomini erano due o tre. Gli studenti non erano solo del Comune di Poggio Mirteto, ma arrivavano anche da Cantalupo, Forano, Castel Nuovo di Farfa, anche da fuori del distretto, quindi. Facevamo 2 incontri a settimana, e le lezioni avevano una durata di 2 ore ciascuna. Iniziavamo nel pomeriggio verso le 17, anche se in periodo estivo si iniziava un pò più tardi. I corsi sono durati 6-8 mesi circa. Io sono specializzata come insegnante di italiano L2. Ho preso una doppia specializzazione all'Università in Romania: in lingua e letteratura rumena ed in lingua

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e letteratura italiana. Ho usato pochissimo il metodo frontale, ma sempre un metodo integrato a metà tra classico e moderno. Avevano bisogno di una riflessione metalinguistica, anche perché il gruppo aveva un livello educativo medio, con la presenza di 2 o 3 studenti con un livello alto. Volevano quindi saper dire una cosa, ma anche capire il perché si dice in quel modo. Io di solito non do al corso una struttura aprioristicamente: cerco prima di comprendere di che gruppo si tratta, chi ho di fronte. Per quanto riguarda quel gruppo specifico ho capito che volevano chiarezza, sicurezza e imparare delle regole. Il lavoro è stato quindi composto da un misto di grammatica innestato su un lavoro di lessico e di costruzione di contesti linguistici utili ed appropriati. E‟ sempre molto importante farli parlare e usare nella conversazione le nozioni imparate. Era anche la parte più simpatica e piacevole del corso, si divertivano parecchio. Sono convinta che venissero per imparare, ma anche per stare bene, perchè sono poche le occasioni di socializzazione sul territorio (Ana Covaciu, ANOLF di Rieti).

Il corso per adolescenti serviva come corso di lingua, ma anche come doposcuola. L‟intervento era iniziato come parte del progetto 286, ma a metà anno scolastico le ore coperte dal budget non bastavano più per andare avanti. Così, invece di chiuderlo, da dicembre a giugno una volontaria di ANOLF ha continuato a seguire l‟intervento.

Ci vedevamo 1 volta a settimana e il corso si svolgeva nei locali del CILO messi a disposizione del Comune, attrezzati con alcuni computer. Quel tipo di aula era importante per la riuscita del corso, perché i ragazzi venivano anche per poter giocare sul PC. Per alcuni di loro si trattava dell‟unico modo di agganciarli. I 3 ragazzini socialmente più vulnerabili avevano abbandonato la scuola o non erano mai stati scolarizzati in Italia; passavano la giornata gironzolando senza meta, e 2 di loro avevano problemi comportamentali. Il corso diventava per loro un punto di riferimento e una occasione per recuperare un titolo di studio, dato che per 3 di loro abbiamo fatto una preparazione agli esami di terza media. Al di là dell‟aspetto didattico, si trattava di un intervento di sostegno sociale. L‟aula informatica era diventata anche punto di incontro, ed alcuni ragazzi venivano solo per incontrare gli altri o usare i PC. Non aspettavo che venissero loro al corso, li andavo a raccogliere per strada. Sono convinta che la mediazione non si può fermare ad un lavoro di ufficio o in classe. La classe comprendeva rumeni ed albanesi, precisamente ragazze albanesi (o albanesi macedoni) e ragazzi rumeni. I ragazzi erano in leggera prevalenza, anche perché di solito le femmine sono più inserite a scuola ed hanno meno problemi di profitto scolastico e di comportamento. All‟inizio c‟erano conflitti tra i due gruppi, poi pian piano siamo riusciti a farli conoscere e a stabilire rapporti positivi. Alla fine, alcuni si sono persino fidanzati. L‟età era abbastanza variabile, e compresa tra i 12 e i 23 anni. A differenza del corso per adulti – che comprendeva studenti provenienti da un‟area più vasta – i ragazzini erano più o meno tutti di Poggio Mirteto. La metodologia utilizzata era in parte simile a quella degli adulti, ma con un maggiore spazio al gioco. Inoltre, con i ragazzini la possibilità di usare materiale multimediale è importante per catturare la loro attenzione. In questo modo ti seguono con più attenzione e si annoiano meno. Facevo scrivere con il PC e il segnalatore di errori li aiutava a imparare. Inoltre, i ragazzini sono più pigri, vogliono scrivere poco e preferiscono degli esercizi già predisposti da completare. Così avevo trovato dei corsi on line gratuiti da utilizzare. Come per il corso degli adulti lavoravamo per un paio d‟ore, a partire dalle 17. Alla fine i ragazzi andavano avanti ancora per ½ ora-1 ora usando i computer (Ana Covaciu, ANOLF di Rieti).

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* * * A Poggio Mirteto e a Magliano Sabina, l‟associazione Casa dei Diritti Sociali FOCUS di Roma, in partnership con le associazioni Base 2001 di Montopoli, Di 28 ce n‟è 1 di Filacciano, Franz Fanon di Rieti, Amici del Museo di Poggio Mirteto e la casa del volontariato del CESV di Rieti, ha avviato a partire da marzo 2009 due corsi di italiano L2 che attualmente accolgono 10 allievi ciascuno e che si concluderanno a fine maggio. A breve partiranno analoghi corsi a Magliano Sabina. I corsi sono in parte finanziati con risorse del Distretto della Bassa Sabina e hanno l‟obiettivo di promuovere l‟apprendimento della lingua, ma anche dei diritti e doveri di cittadinanza, da parte degli stranieri, come primo fondamentale strumento di integrazione nel contesto sociale ed economico italiano. I due corsi di Poggio Mirteto sono di livello base e di livello intermedio (corrispondenti grosso modo ai livelli A1 ed A2 del Quadro Comune Europeo di apprendimento della lingua). Il corso di Poggio Mirteto è stato diviso in due sezioni:

con 10 adolescenti il corso è finalizzato all‟apprendimento dell‟italiano per lo studio e si configura quindi come un‟attività di vero e proprio sostegno extrascolastico;

con 10 adulti (5 dei quali sono rifugiati politici) il corso è maggiormente finalizzato all‟apprendimento dell‟italiano L2 di base.

Ciascun corso ha una frequenza bisettimanale, per una durata di 2 ore per ciascuna lezione. I corsi si svolgono in orario serale, in modo da venire incontro alle esigenze degli studenti-lavoratori. Ciascuna lezione alterna teoria, conversazione, esercitazioni pratiche. Agli allievi vengono distribuite dispense fotocopiate per la realizzazione degli esercizi in aula e per eventuali approfondimenti extra aula. Viene distribuito anche materiale di cancelleria come penne e carta. I corsi di lingua italiana sono stati promossi tra le comunità immigrate del territorio tramite due canali: materiale promozionale (locandine, volantini) distribuite in punti strategici quali:

uffici comunali, sportelli informativi per stranieri, scuole, etc.;

contatti diretti delle associazioni partner e dei volontari impegnati nel progetto con le comunità immigrate.

A tal proposito si nota che la coordinatrice del progetto è una volontaria rumena, con una vasta conoscenza del territorio e rapporti estesi con molte famiglie straniere, rapporti peraltro non limitati alla propria comunità di origine. L‟accoglienza nella scuola e l‟attività didattica di insegnamento dell‟italiano sono per i volontari una occasione per favorire l‟emersione dei bisogni sociali, anche inespressi, degli stranieri che accedono ai corsi. Ogni qual volta si rileva il bisogno di interventi che vanno al di la dell‟insegnamento della lingua si attiva un servizio di orientamento, accompagnamento e mediazione con i servizi e le risorse territoriali: servizi sociali, ambulatori, scuola, anagrafi comunali e commissariati di polizia.

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Alcune scuole popolari di italiano per i migranti attive nella provincia di Rieti

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Centro Territoriale E.D.A. in provincia di Rieti

CTP - Eda Itis Celestino Rosatelli 2100 Rieti Viale Fassini, 1

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7. Lavoro di rete e potenziamento dell’offerta formativa

Nonostante l‟azione delle scuole pubbliche (CTP) e delle scuole popolari, dall‟analisi dei dati disponibili, nella città di Roma e nelle province laziali emerge un forte gap tra l‟entità del fenomeno sociale immigrazione straniera e l‟offerta formativa di corsi di italiano per migranti che certamente rappresentano l‟ineludibile primo passo del processo di integrazione. Occorre una maggiore attenzione al problema dell‟integrazione dei migranti, al loro inserimento sociale e culturale nella società italiana. Occorre, innanzitutto, adeguare l‟offerta formativa di corsi gratuiti di italiano L2. Più scuola significa più integrazione, e quindi occorre ampliarne la portata, mantenere e qualificare sempre più l‟azione dei CTP anche nel percorso di riassetto verso i CPIA, far operare al meglio e sinergicamente i soggetti in campo in un‟ottica di sistema, dare nuovo impulso al ruolo dei Comitati Locali EDA, inteso come elemento di raccordo e valorizzazione sul territorio dell‟azione del mondo dell‟istruzione scolastica, della formazione professionale, della formazione non formale e informale. Secondo il volontariato e il privato sociale impegnato nelle scuole popolari, l‟attenzione e il sostegno istituzionale dovrebbero essere focalizzati sulla dimensione territoriale, promuovendo e valorizzando l‟incontro delle più diverse rappresentanze sociali: enti locali, istituti scolastici e di formazione, università, associazioni di volontariato e del terzo settore, scuole popolari, ma anche organizzazioni sindacali e datoriali, ASL, centri per l‟impiego, rappresentanze delle comunità straniere e gli altri soggetti organizzati della società civile. Questo nella convinzione che una valorizzazione della dimensione territoriale attraverso il coinvolgimento dei diversi attori sia possibile promuovere e sviluppare sinergie e forme di partenariato in grado di dare luogo a piani di intervento plurisettoriale, trasversale e integrato. Il rapporto con il territorio è fondamentale per l‟attivazione di processi virtuosi nei quali i diversi attori sociali, sia pubblici che del privato sociale, muovendo dalla logica dell‟efficienza dei servizi ed efficacia delle azioni, pervengano mediante il lavoro di rete, all‟assunzione di una filosofia di intervento che miri al perseguimento dell‟ulteriore “valore” rappresentato dall‟affermazione della cultura della partecipazione e della sussidiarietà. D‟altra parte, alcune delle esperienze realizzate in questi ultimi anni – come, ad esempio, la sperimentazione dei Comitali Locali per l‟EdA attuata in alcuni municipi romani - testimoniano che è possibile costruire dei percorsi che consentono la reciproca conoscenza tra soggetti operanti nello stesso territorio (Comune, Municipi, CTP, scuole pubbliche, organizzazioni di volontariato e del privato sociale, enti di formazione professionale, centri per l‟impiego e di orientamento al lavoro, servizi sociali e sanitari territoriali, organizzazioni sindacali e datoriali, etc.), che in precedenza raramente erano riusciti a realizzare momenti di contatto e collaborazione, per lavorare insieme su materie come l‟analisi congiunta dei bisogni, lo scambio di conoscenze e di materiale informativo, il dialogo tra le culture, la promozione/programmazione/sperimentazione di iniziative di sensibilizzazione, accoglienza, formazione ed intervento/integrazione sociale.

Per la definizione di strategie e interventi in contesti caratterizzati da elevata complessità, sempre maggiore rilevanza assume la capacità di costruire rapporti e

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sviluppare collaborazioni e sinergie tra i diversi attori locali, al fine di gestire al meglio la conoscenza relativa al territorio, ai fenomeni e ai processi che investono gruppi, comunità e individui e quale indispensabile supporto di analisi e programmazione. L‟idea guida di rete si afferma come categoria capace di rappresentare e raccordare i diversi aspetti multidimensionali della complessità di un territorio, di portare a valore specificità e risorse, di esprimere e sostenere i cambiamenti e le trasformazioni a livello economico, sociale e culturale. Il percorso della costruzione della rete, infatti, induce alla progressiva intensificazione delle relazioni e delle collaborazioni, facendo emergere un rapporto di reciproca influenza e interdipendenza tra strutture e soggetti nei diversi ambiti funzionali e territoriali; interconnessioni che rendono possibile la definizione di forme nuove di collaborazione e di linee di indirizzo coordinate delle azioni, in un quadro di articolazione strutturale di compiti, funzioni e ruoli - in ordine a specifici obiettivi - e di condivisione e compartecipazione agli interventi. In particolare, per quel che riguarda interventi nell‟ambito delle strategie di sviluppo dell‟apprendimento permanente si tratta di attivare un processo che ponga in evidenza la centralità di due obiettivi essenziali: la conoscenza dei bisogni formativi che il territorio esprime, con particolare

riguardo alle fasce più deboli della popolazione, tra cui la popolazione immigrata; l‟integrazione delle risorse, conoscenze e competenze dei diversi sistemi educativi

e dei numerosi attori istituzionali e partner sociali che determinano l‟offerta formativa del territorio.

L‟apprendimento permanente, che mette al centro dell‟agire formativo il soggetto che apprende, i suoi bisogni, la sua domanda di formazione, evidenzia la necessità della costruzione di una stretta collaborazione tra i diversi attori istituzionali, le agenzie formative, gli enti culturali del sistema formale con la vasta e ricca area del non formale e dell‟educazione informale, creando in tal modo le condizione capaci di favorire collaborazioni e interconnessioni efficaci tra i diversi segmenti del sistema, diversamente non integrabili per rispondere al meglio alla domanda.64 Si afferma, mediante la costruzione di reti territoriali, un modello di sistema formativo aperto e progressivamente integrato lungo direttrici rappresentate dai concetti di autonomia, integrazione, concertazione. Ciò richiede un notevole sforzo progettuale in grado di favorire il passaggio da una rappresentazione a sistemi chiusi, ad una rappresentazione a rete in cui l‟obiettivo è costituito dalla definizione di risposte efficaci e differenziate ai diversi bisogni dell‟utenza.65 Promuovere forme di collaborazione tra i diversi soggetti sociali e istituzionali del territorio, definire modalità di partenariato, significa strutturare le condizioni indispensabili alla realizzazione di un‟articolazione dell‟offerta, qualificata, adeguata e flessibile e rendere possibile al “sistema territorio” assumere una strategia di sviluppo che metta i cittadini nelle condizioni di poter rientrare in formazione lungo percorsi di apprendimento di tipo formale e non formale e cogliere consapevolmente le opportunità di apprendi memento in contesti informali. E‟ di tutta evidenza, infatti, come ciascun intervento formativo realizzato a livello di singola struttura riesca a incidere nei processi di apprendimento e di sviluppo individuale e professionale e nelle azioni articolate di politiche territoriali, tanto più significativamente quanto più risulti strutturato in

64 Commissione Europea, Memorandum sull‟istruzione e la formazione permanente, Bruxelles, 2000: “L‟istruzione e la formazione senza soluzione di continuità lungo tutto l‟arco e nei diversi ambiti della vita devono essere abbinate ad una stretta collaborazione tra i diversi livelli e settori dei sistemi dell‟istruzione e formazione, compresi gli ambiti non formali. Collaborare in maniera efficace significa in questo senso impegnarsi ulteriormente per creare dei reali collegamenti tra opportunità di formazione permanente incentrate sulle esigenze della persona, si crea l‟immagine di un‟osmosi progressiva tra le diverse strutture dell‟offerta che, benché coesistano, sono oggi relativamente isolate le une dalle altre.” 65 Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane per riorganizzare e potenziare l‟educazione permanente degli adulti, 2 marzo 2000.

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raccordo e in collaborazione con altri soggetti che sul territorio operano in corrispondenti ambiti istituzionali. Allo sviluppo di sinergie e collaborazioni, deve corrispondere parallelamente un adeguato servizio informativo sull‟offerta e di raccordo tra le diverse agenzie del territorio, per rendere più efficace l‟azione di orientamento alla formazione e ai servizi a vantaggio delle popolazione adulta. Nei contesti territoriali, le reti rafforzano i soggetti che ne fanno parte, valorizzandone le caratteristiche e le potenzialità, all‟interno di un sistema di relazioni in grado di promuovere l‟assunzione condivisa di responsabilità su finalità e obiettivi comuni, l‟individuazione di priorità e ambiti di intervento, lo sviluppo di competenze degli operatori, in relazione compiti e ruoli e funzioni, in un quadro di apprendimento organizzativo. In tal senso, il lavoro in rete è in grado di mobilitare risorse professionali, strumentali e materiali che si integrano con le dotazioni esistenti, in un processo di implementazione funzionale all‟innalzamento della capacità progettuale e dei livelli di congruità e adeguatezza degli interventi. La costruzione di reti territoriali nasce di conseguenza dall‟esigenza di perseguire gli obiettivi di una “qualità” superiore del/nel servizio, mediante l‟adozione di un modello condiviso di intervento caratterizzato dalla particolare attenzione al processo, inteso come iter finalizzato alla promozione nei singoli attori del valore dell‟appartenenza ad un “sistema” più ampio in grado di rendere funzioni e servizi più vicini alle esigente dei destinatari. La realizzazione di interventi territoriali, basati su una programmazione concertata, regolata da accordi tra i diversi soggetti, enti e istituzioni, richiede la strutturazione di un partenariato)che tenendo conto delle diverse specificità, si doti di strumenti che permettano di porre a fattor comune risorse, saperi, prassi per definire adeguate proposte in risposta ai bisogni (Renata Tomei, già coordinatore del Comitato Locale EdA dei Municipi I e IX – Roma).

Un tema come quello delle risposte alla domanda di alfabetizzazione linguistica posto dal rilevante flusso migratorio nella capitale e nelle province laziali, può trovare soluzioni efficaci anche dall‟azione congiunta e con caratteristiche di complementarietà che su questo piano scuole pubbliche e scuole popolari possono mettere in campo: certo, con il sostegno istituzionale e la definizione di obiettivi sociali di sistema. L‟offerta di educazione non formale delle scuole popolari non deve essere intesa come una alternativa, né essere letta in contrapposizione con quella delle scuole pubbliche. E‟ al contrario necessaria una forte integrazione tra queste risorse. Nelle diverse dimensioni formale e informale che caratterizzano i due ruoli, in un‟azione integrata e programmata sul territorio, limiti e rigidità esistenti possono compensarsi, consentendo l‟attuazione di piani formativi complessivamente di maggiore flessibilità, ricchezza nelle metodologie, nella didattica e nelle sperimentazioni, adattabilità alle esigenze, e quindi anche di maggiore efficacia. Per fare un esempio di come questa integrazione funzionale tra offerta di formazione formale e non formale potrà dare luogo a vantaggi per l‟intero sistema dell‟educazione per adulti, le scuole popolari potrebbero “esportare” anche presso gli enti formativi accreditati come i CTP le proprie sperimentazioni positive nell‟ambito dell‟accessibilità della formazione delle fasce sociali svantaggiate, mentre di contro i CTP potrebbero supportare le associazioni in un processo di formalizzazione e professionalizzazione della loro offerta formativa.

A questo proposito, si può citare l‟esperienza - scaturita proprio dall‟azione di raccordo dei Comitati Locali EdA, in questo caso quello dei Municipio I e IX - che ha visto per la prima volta la presentazione ad un bando regionale per corsi di

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formazione EdA, di un progetto formativo elaborato congiuntamente da un CTP e da sei scuole popolari del volontariato: un progetto – recentemente approvato e in fase di attuazione – costruito su un‟offerta formativa di corsi brevi (40 ore) di italiano L2 di livello base (A1 e A2) con la possibilità della certificazione CILS, diffusi in realtà diverse nel territorio, con ampia flessibilità nei periodi di attuazione, nei giorni della settimana (anche festivi), nelle fasce orarie (mattina, pomeriggio, sera), ma anche con un‟offerta didattica aperta alla ricchezza delle esperienze realizzate nelle diverse scuole, ovviamente nel rispetto dei programmi e dei requisiti relativi alle certificazioni dei livelli di apprendimento. Un primo risultato che va nella direzione delle sinergie possibili, con prospettive di efficacia proprio perché plasmato sulle esigenze dei migranti, con una flessibilità di offerta in grado di andare incontro ad alcuni dei loro problemi “strutturali”, come quello di assicurare in modo continuativo la frequenza ai corsi. Ma, già in passato erano state effettuate alcune sperimentazioni di intervento congiunto fra scuole pubbliche e scuole popolari del volontariato, come in occasione dei corsi di italiano rivolti alla comunità cinese.66 Un‟esperienza alla quale ha dato un importante contributo anche la Facoltà di Studi Orientali dell‟Università La Sapienza.

La Facoltà di Studi Orientali dell‟Università di Roma “La Sapienza”, anche per la sua collocazione nel quartiere Esquilino, vuole collaborare alla rete delle scuole di italiano L2, fornendo assistenza didattica, conoscenze su come è possibile partecipare a dei progetti di didattica di italiano L2. Francesco De Renzo, che è un professore di questa disciplina, ha iniziato ad organizzare dei corsi di italiano per i nostri studenti stranieri, ma lui è anche il ponte con il quale la Facoltà e, quindi, l‟Università di Roma, si è candidata a partecipare a questa rete di iniziative, con un ruolo paritario evidentemente, ma mettendo in campo le proprie conoscenze e il proprio ruolo a volte anche di tramite tra il mondo orientale e quello occidentale. Noi mettiamo insieme due elementi che sembravano distinti: una conoscenza e un know-how sulla didattica dell‟italiano come lingua straniera, quando questo è richiesto e, al tempo stesso, un supporto di mediazione con i nostri ragazzi che studiano le lingue orientali e che possono lavorare come mediatori e fare tirocini all‟interno delle diverse strutture scolastiche che possono averne bisogno. Si tratta di mettere insieme due cose che fino a poco tempo fa sembravano distinte, cioè la didattica degli argomenti orientali all‟interno del contesto italiano per gli italiani e, al tempo stesso, la didattica dell‟italiano per gli stranieri. Oggi, sono due facce dello stesso problema che possono trovare all‟interno di una struttura pubblica come l‟università dei proficui punti di contatto (Federico Masini, Preside della Facoltà di Studi Orientali dell‟Università di Roma “La Sapienza” – Roma).

Come possiamo lavorare insieme, Università e scuole popolari di italiano? Noi abbiamo un ruolo e una funzione pubblica e possiamo lavorare per fare sì che l‟insegnamento e l‟apprendimento sia più efficace grazie alla ricerca teorica e alla pratica didattica. La

66 E‟ dell‟11 maggio 2007 la firma di un Protocollo di intesa tra il Comune di Roma, il I Municipio e la Comunità cinese, che vede inserito (art. 3) l‟apprendimento/insegnamento della lingua italiana come azione fondamentale ai fini della facilitazione dell‟integrazione socio-economica dei cittadini di origine cinese a Roma. Il Comitato Locale per l‟Educazione permanente degli Adulti dei Municipi I e IX, d‟intesa con l‟Assessorato alle Politiche educative e scolastiche e l‟Assessorato alle Politiche giovanili, Rapporti con l‟università e la Sicurezza del Comune di Roma, ha inteso assumere l‟iniziativa nella logica di applicazione del principio di sussidiarietà e nell‟intento di realizzare interventi funzionali alla individuazione dei bisogni di formazione e all‟incontro tra domanda e offerta all‟interno di processi di integrazione sociale.

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ricerca linguistica è valida se è di pratica utilità. Dobbiamo fare ricerca per individuare le parole che servono prima, i metodi di insegnamento del lessico di base, le strutture linguistiche necessarie, i campi e i domini nei quali bisogna apprendere la lingua per la sopravvivenza. Abbiamo metodi per insegnare e possiamo confrontarci con chi lavora nelle scuole. Abbiamo anche studenti di lingue straniere molto diverse e lontane che possono essere dei facilitatori linguistici e culturali. Noi possiamo lavorare con gli insegnanti delle scuole e con i nostri studenti. Lo stiamo già facendo con il Comune di Roma e con molte scuole e speriamo di continuare in futuro (Francesco De Renzo, Facoltà di Studi Orientali dell‟Università di Roma “La Sapienza” – Roma).

Promuovere e costruire un sistema di collaborazione in rete, dunque, è un obiettivo decisivo per poter affrontare con maggiore efficacia le problematiche dell‟alfabetizzazione linguistica e dell‟integrazione sociale dei migranti. In questo senso, è ipotizzabile un‟operazione parallela di:

consolidamento di una rete fra le scuole popolari del volontariato e del privato sociale capace di favorire l‟ottimizzazione delle risorse esistenti (la diffusione dell‟informazione e la condivisione degli spazi, degli allievi, dei materiali didattici, dei volontari, della formazione dei formatori, dell‟accreditamento delle sedi, delle certificazioni dei corsi,…), l‟elaborazione di progettualità comuni, e il confronto e lo scambio di esperienze sulle metodologie, la didattica, la sperimentazione, la costruzione di una comunità professionale e di sistemi comuni di monitoraggio/valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti;

sviluppo di reti di partenariato fra diversi soggetti sul territorio, coordinate dai nuovi Comitati Locali EdA.

Questa può essere una soluzione in grado di consentire un‟interazione via, via sempre più allargata ed efficace, non soltanto tra i soggetti che operano per la formazione, ma anche con gli attori molteplici dell‟intercultura. In questo quadro, le scuole del volontariato possono dare un contributo qualificato, in una pratica che ha sviluppato trasversalmente – nella dinamica d‟intervento complessivo delle associazioni – un ventaglio di azioni a sostegno dei migranti: di indirizzo e orientamento, di assistenza nelle varie forme (dal legale all‟ambulatoriale), di recupero/espressione delle identità nei nuovi contesti. Elementi che costituiscono un prezioso bagaglio di esperienza che si è tradotto nell‟intensificazione continua e parallela di pratiche interculturali. Si può certamente affermare – non solo per i connotati, ma anche per i livelli quantitativi dell‟intervento – che le scuole del volontariato svolgono una funzione di interesse sociale significativa e delicata. Non è un agire marginale, e non è svolto in una logica di nicchia: è invece diffuso sul territorio e rappresenta – in maniera consolidata negli anni – un riferimento di rilievo non solo per i migranti, ma per la società civile anche indirettamente impegnata nei processi di integrazione sociale.

C‟è certamente un problema del riconoscimento degli enti/associazioni che erogano la formazione da parte delle istituzioni. Noi sono 9 anni che facciamo la scuola di italiano, c‟è un bagaglio di conoscenze e di esperienze, ci sono le storie di tutti quelli che sono passati dalla scuola. Partecipando al Convegno del 28 novembre ho pensato a quante realtà come la nostra spesso non riescono a trovare lo spazio giusto anche per dialogare con l‟istituzione. A fatica, però, noi possiamo dire che siamo un servizio,

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perché l‟utenza c‟è, anche numerosa. C‟è questa voglia di riuscire ad instaurare un rapporto di collaborazione in rete con le istituzioni, la scuola pubblica e altre scuole di associazioni (Arianna Droghei, Scuola di italiano dell‟associazione Madonna di Loreto di Acilia – Roma).

Il sostegno istituzionale può renderne ancora più efficace l‟azione strutturale delle scuole popolari di italiano L2, potenziando l‟offerta formativa attraverso bandi e finanziamenti, facilitando sinergie con scuole ed enti della formazione, valorizzandone il contributo nei piani formativi per adulti, ma anche mettendo a disposizione sedi e aule (ci sono tanti insegnanti volontari disponibili, ma le sedi delle associazioni sono spesso insufficienti o inadeguate), materiale didattico, formazione ricorrente per i volontari-insegnanti (anche trasversale per tutti gli insegnati, sia delle scuole pubbliche che di quelle popolari). E può accrescerne ancor più le potenzialità favorendone l‟accredito come sedi di attestazione e certificazione, anche in previsione dei percorsi e degli attestati (rispetto a protocolli definiti) che nel prossimo futuro i migranti potranno essere chiamati ad esibire per l‟acquisizione della cittadinanza.

Ritengo che per quanto riguarda l‟italiano come lingua seconda, il certificato deve essere gratuito. Non credo che le università abbiano il diritto di approfittare di una ricerca pagata dalla pubblica amministrazione e ritengo anche che la scuola sia in grado di certificare competenze relazionali in lingua italiana per i giovani e i meno giovani che vivono nel nostro paese. Mi occuperò di fare una proposta agli ordinamenti del Ministero della Pubblica Istruzione perché non vedo per quale ragione dobbiamo scomodare per forza le università. … Se non ci fosse il volontariato, la scuola scoppierebbe. La percentuale del 40% del totale degli iscritti coperto dalle scuole di italiano del volontariato e del privato sociale a Roma, lo dimostra. Rappresenta un contenuto concreto, una raffigurazione della sinergia possibile, del significato di sussidiarietà. … Ci vuole più attenzione nello scambio di esperienze tra il mondo della scuola e le scuole del volontariato e del privato sociale, anche perché forse gli utenti non sono sempre gli stessi. Si potrebbe pensare a Forum permanente tra i CPIA e il volontariato per favorire lo scambio di esperienze con l‟obiettivo di migliorare entrambe le organizzazioni. Entrambi fanno istruzione, ma anche inclusione. Garantiamo che il nostro impegno c'è, nei limiti in cui questo sarà realizzabile per i paletti che ci vengono messi (Raffaele Sanzo, Direttore generale dell‟Ufficio scolastico regionale per il Lazio).

Insieme dobbiamo riprendere una battaglia civile perché l‟alfabetizazione di italiano e la certificazione conseguita sia motivo per il perseguimento della cittadinanza e del permesso di soggiorno. Bellissimo era il disegno di legge di Treu. Dobbiamo alzare il tiro. La bellissima azione che fa il terzo settore ha il rischio però di fare l‟accoglienza e basta. Bisogna spingere i cittadini stranieri a conseguire la certificazione. Il ruolo dell‟Università ci deve essere, che poi sia gratuito è un altro paio di maniche. Dovremmo darci come obiettivo politico di far sì che l‟alfabetizzazione all‟italiano non sia solamente uno strumento per vivere meglio, ma per diventare cittadini italiani a tutti gli effetti. Questo è quello che le istituzioni possono mettere e sono i Comitati locali che devono avere questo ruolo di perseguire sistemi di certificazione. C‟è un calo verticale di iscritti ai corsi di italiano nel passaggio dai livelli 1 ai livelli 2, ai livelli 3, perché quando uno diventa capace di leggere l‟insegna dell‟autobus e di non farsi fregare alla posta, pensa di aver risolto i suoi problemi. Come facciamo a farli andare avanti? Qui, rientra il discorso sulla certificazione. Qualche straniero non ha voglia di

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imparare la lingua, sopratutto tra le donne. Propongo da tempo di fare un protocollo centrale di passaggio dalle situazioni non formali a quelle formali. Noi fino all‟anno scorso abbiamo preso le persone anche senza il permesso di soggiorno. Abbiamo avuto tre controlli e ci siamo rifiutati di dare gli elenchi degli iscritti. Dobbiamo fare rete per non mandare via nessuno. Se arriva qualcuno che vuole la certificazione non va mandato via, ma passato alle strutture che possono dargliela. Il Comitato Locale ci insegna che non basta dare il bigliettino, ci vuole l‟accoglienza e l‟accompagnamento per portarle alla soluzione del problema. Faccio la proposta di arrivare a fare un protocollo operativo sui territori per non perderci nessuno, perchè oggi sono in tanti a perdersi (Simonetta Caravita, Dirigente scolastico della Scuola Media Statale di Liegro e del IV CPT; coordinatrice del Comitato Locale EdA dei Municipi V e VI – Roma).

Ai migranti bisogna dargli degli strumenti, insieme all‟italiano, per inserirsi meglio nel mondo del lavoro. Abbiamo parlato tante volte di questo con CTP, meno con associazioni, ma è ora di parlare anche con loro per arrivare a delle certificazioni sia per L2 che per la formazione professionale. Le certificazioni possono permettere anche un percorso verso l‟alto. C‟è una grande voglia di imparare e studiare, ma questo studio va riconosciuto con certificazioni. Dobbiamo metterci a lavorare insieme su questo. L‟amministrazione va stimolata. Interloquite con noi. Abbiamo i centri per la formazione professionale. Poi, ci sono tante altre realtà private. Voi siete esperti dell‟italiano L2 e soprattutto avete questo aggancio con gli immigrati che noi non abbiamo, perchè per iscriversi al centro per la formazione professionale si devono avere una serie di certificazioni. Voi avete questa forza, noi abbiamo quella della professionalità ed insieme possiamo dare una risposta più aderente a quelle che sono le esigenze dei migranti (Gianna Nicoletti, Dirigente del XIV Dipartimento del Comune di Roma).

Il volontariato, per sua natura e scelta, ha inoltre investito molto sul piano dell‟intercultura, e sviluppato modelli relazionali e di scambio di conoscenze anche avanzati, intrecciati e sperimentati anche nella didattica, nella convinzione che è su questo terreno che si gioca – non solo per i migranti, ma per la collettività tutta - una partita decisiva. La sfida dell‟integrazione passa infatti per una visione nuova dei processi sociali e un diverso ruolo della scuola, chiamata a rendere conto delle trasformazioni in corso e dell‟emergere di una nuova dimensione antropologica dell‟uomo: oggi si è tutti in qualche misura migranti, perché tutti siamo parte di un processo che vede flussi migratori spostare masse di individui da una parte all‟altra del pianeta, e perché anche virtualmente, i sistemi relazionali avviati con le innovazioni telematiche consentono una nuova circolarità delle informazioni, dei saperi, dei linguaggi. Nel Lazio, in una città come Roma e sui temi dell‟integrazione e della convivenza, il sostegno istituzionale deve e può fare molto, anche perché non basta convivere insieme, occorre creare assieme, ogni giorno, il contesto, la società in cui vivere assieme. Occorre realizzare – partendo dai processi formativi - un incontro nuovo tra soggetti, popoli e culture; un approccio che richiede un salto di qualità, una diversa visione dell‟evoluzione sociale, inarrestabile nonostante le resistenze, le difese anche inconsapevoli che vengono messe in atto. L‟educazione interculturale è la via maestra della nuova epoca, non è un “problema”, e non è un espediente che dobbiamo mettere in atto per favorire l‟inclusione dei migranti. E‟ un qualcosa che ci riguarda tutti, che ci proietta verso una nuova identità collettiva, che si alimenta con

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la consapevolezza che le culture, i linguaggi, le storie individuali e collettive, in continua elaborazione, sono da rileggere nel confronto costante con l‟altro e con l‟altrove.

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Protocollo d’intesa per l’istituzione di:

scuolemigranti Rete delle scuole per l’integrazione linguistica e sociale dei migranti

Art. 1

Con il presente documento è costituita “scuolemigranti”, Rete delle scuole per

l‟integrazione linguistica e sociale dei migranti, formata dalle scuole di italiano L2 operanti all‟interno delle Associazioni di volontariato e del privato sociale che agiscono nell‟area della capitale e della regione Lazio. Caratteristiche di queste scuole per migranti sono: la gratuità dei corsi, la riproduzione a cicli ricorrenti o continuati durante l‟anno, la finalizzazione all‟integrazione sociale, all‟utilizzo dei servizi di base, all‟esercizio dei diritti fondamentali. Ma altri elementi che ne distinguono l‟azione sono: la cura nell‟accoglienza, l‟approccio olistico ai problemi del singolo, la bassa soglia per consentire l‟accesso alle persone con particolari carenze di istruzione o deboli e svantaggiate, la predisposizione all‟indirizzo e accompagnamento verso strutture di sostegno. La Rete citata è sostenuta dal Centro Servizi per il Volontariato (CESV), che oltre a coadiuvarne le iniziative e a garantirne la promozione, condividerà e supporterà le procedure di progettazione sociale della rete e interverrà per la realizzazione delle attività di formazione degli insegnanti, di pubblicazioni e di produzione di materiale didattico e a supporto del comitato scientifico.

Art. 2

Scopo della Rete è la realizzazione di un sistema di rapporti tra i soggetti aderenti, tale da consentire: la circolazione delle informazioni sulle attività delle singole scuole, ma anche

delle iniziative delle Associazioni di riferimento;

la facilitazione dell‟incontro tra domanda e offerta per promuovere e incrementare la partecipazione alle opportunità formative dei migranti;

la promozione della conoscenza reciproca tra le strutture aderenti, il coordinamento e l‟integrazione;

l‟orientamento di studenti verso le iniziative/servizi prestati dalle diverse scuole/associazioni;

l‟adozione sempre più diffusa di metodologie/azioni atte a facilitare l‟accesso dei migranti ai corsi di acquisizione linguistica;

lo sviluppo di percorsi di apprendimento linguistico adeguati per pluralità di offerta, flessibilità organizzativa e di funzionamento;

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il riconoscimento e l‟attestazione del livello di capacità e competenze, sia in ingresso che in uscita, anche finalizzato al conseguimento, da parte degli studenti, delle certificazioni formali di conoscenza dell‟italiano come L2 (CELI, CILS ecc.) ;

la circolazione delle esperienze/sperimentazioni effettuate nel campo della didattica e/o dell‟interazione sociale;

lo sviluppo di una didattica sempre più mirata alle caratteristiche dei migranti, costruita sulle esperienze maturate in anni di attività sul campo e che potrà ulteriormente affinarsi con l‟interscambio tra i soggetti aderenti alla Rete;

la raccolta/elaborazione di dati di attività, per la pubblicizzazione periodica degli stessi;

l‟attuazione – su programmi condivisi - di iniziative comuni (convegni, azioni sinergiche sul territorio, partecipazione a bandi pubblici, ecc);

la realizzazione di percorsi formativi trasversali per gli insegnanti di tutte le scuole aderenti alla Rete;

l‟avvio di rapporti di rete con le scuole del circuito pubblico che fanno corsi di italiano L2 o professionali, con rappresentanze cittadine, con comunità straniere, con soggetti che agiscono per l‟integrazione sociale dei migranti; i CTP e gli Istituti di istruzione secondaria superiore sedi di cori serali (riorganizzati dall‟1/09/09 nei futuri CPIA – Centri per l‟istruzione degli adulti) potranno sottoscrivere l‟ impegno e dichiarare la disponibilità a collaborare con le azioni

coordinate e integrate della rete “scuolemigranti”; istituzione di rapporti stabili per la promozione dell‟educazione degli adulti, con le

Reti territoriali del circuito scolastico; istituzione di rapporti stabili con i Comitati Locali EDA di Roma e del Lazio, ai

quali sarà inviato il presente protocollo;

la possibilità di interloquire con soggetti istituzionali territoriali, su tematiche relative all‟educazione degli adulti e ai processi formativi rivolti ai migranti;

la visibilità e il riconoscimento – nei territori di Roma e del Lazio - del ruolo e dell‟azione della Rete, da parte di tutti i soggetti attivi nel settore dell‟educazione degli adulti, le agenzie, le istituzioni sul territorio.

Art. 3

All‟atto dell‟adesione ciascuna Associazione/scuola comunicherà – come rappresentanza formale - il nominativo di un Referente. L‟insieme dei Referenti costituisce il Coordinamento della Rete - integrato dal rappresentante del CESV - che funge da organismo decisionale e di rappresentanza della Rete. Il Coordinamento elegge al suo interno un Coordinatore generale, che resta in carica per un anno solare; il criterio di base è quello di una rotazione tra le rappresentanze delle Associazioni aderenti, funzionale ad un consolidamento dell‟esperienza di rete ed ad un progressivo anche se ragionato ampliamento della sfera di adesioni.

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In parallelo è istituita l‟Assemblea, costituita dai referenti delle associazioni che via via aderiranno alla Rete. L‟assemblea, formata anche dai Coordinatori, si riunisce almeno 2 volte l‟anno quale istanza di valutazione allargata delle attività svolte, dei programmi in essere, delle iniziative di prospettiva. La sede formale della rete è stabilita presso il CESV, in Via dei Mille 6. Alle riunioni che si svolgeranno i soggetti aderenti potranno essere rappresentati anche da persona diversa dal Referente, sempre con pieno mandato di rappresentanza. Il Coordinamento individua una segreteria per gli adempimenti di rete (forum, convocazione riunioni, raccolta dati ecc.) e in base ad eventuali programmi condivisi costituisce specifici gruppi di lavoro anche permanenti. Le riunioni possono essere programmate dallo stesso Coordinamento o attivate dalla richiesta di uno qualunque dei Referenti.

Art. 4

La rete si avvale del contributo di un Comitato Scientifico, che all‟atto di istituzione risulta composto da: ……..………………………………………………………………….. ……………………………………………………………………………………………………………………….

Art. 5

La rete è aperta ad ulteriori adesioni, certamente di altre scuole che fanno corsi gratuiti di italiano, tanto nell‟area della capitale che nella regione Lazio, ma anche di altri soggetti che agiscono nel campo del sostegno ai migranti e dell‟intercultura. Il Coordinamento di volta in volta valuta, approva o respinge le richieste di adesione che pervengono alla Rete; l‟adesione formale – dopo l‟approvazione - avviene con la sottoscrizione del presente Protocollo. I soggetti aderenti potranno inserire un rappresentante nell‟Assemblea citata all‟Art. 3.

Art. 6

La Rete, nella fase attuale, non è un soggetto con personalità giuridica e pertanto non è automaticamente investita di capacità di rappresentanza dell‟insieme delle associazioni aderenti; capacità in tal senso potranno essere espresse solo su esplicito contingente mandato, sempre approvato dall‟insieme dei soggetti aderenti. Le iniziative della rete nascono sempre da decisioni condivise, e ciascun soggetto sarà pienamente libero di partecipare o meno alle diverse azioni che potranno di volta in volta scaturire.

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Gli aderenti alla Rete non hanno obblighi né vincoli formali di alcun genere, se non quelli che potranno essere stabiliti dal Coordinamento in base a piani condivisi. L‟adesione è al sistema di collegamento tra scuole/soggetti, alla circolazione di informazioni che potrà derivarne, alle possibili sinergie e iniziative che dal sistema di rete potranno scaturire. L‟adesione genera solo gli impegni che spontaneamente e di volta in volta ciascun soggetto aderente dichiarerà – sempre in base a decisioni condivise - di voler assumere. Con le premesse di cui sopra il Coordinamento – nell‟ambito di piani di azione condivisi – può assumere decisioni con maggioranza qualificata di 3/4 delle associazioni rappresentate.

Art. 7

Come strumenti atti a facilitare il sistema di rete, saranno creati un sito web con la finalità di illustrare le iniziative dei soggetti aderenti, segnalare convegni, conferenze e altre occasioni di formazione e confronto, pubblicizzare ricerche, testi, materiale didattico e quant‟altro di interesse per le finalità della Rete; nonchè un forum di discussione aperto a tutti i componenti le scuole aderenti (volontari, responsabili di progetti ecc.) ed eventualmente ad altri soggetti interessati.

Art. 8

Ciascun soggetto è ovviamente libero di recedere dall’adesione alla Rete dandone – in qualsiasi momento – comunicazione formale al Coordinamento.

Art. 9

Il presente Protocollo è finalizzato a sviluppare e consolidare la Rete nascente. Si stabilisce di effettuare una verifica dello stesso a un anno dalla data di sottoscrizione per i necessari adeguamenti. Soggetti sottoscriventi il presente Protocollo di istituzione della Rete:

Asinitas Onlus, nella persona della Rappresentante legale Cecilia Bartoli Associazione Centro Astalli, nella persona del Presidente Giovanni La Manna

Associazione Comboniana Servizi ai Migranti, nella persona del

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Caritas Diocesana di Roma, nella persona del Direttore Mons. Guerino Di Tora

Casa dei Diritti Sociali, nella persona del Presidente Giulio Ernesto Russo Comunità di Sant’Egidio, nella persona del

Cotrad Onlus – Didattica Teatro, nella persona del Presidente Mosè Montefusco

Di 28 ce n’è 1, nella persona della Presidente Annunziata Maccari

Federazione Chiese Evangeliche in Italia, nella persona del

Forum Comunità Straniere, nella persona della Presidente Loretta Caponi

Insensinverso, nella persona del Presidente Simone Sestieri Progetto Mediazione Sociale, nella persona del Responsabile Leonardo

Carocci

CESV Centro Servizi per il Volontariato, nella persona della Presidente Francesca Danese

Roma, 2 Aprile 2009

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Testimoni privilegiati

Agostini Silvia, ARCI di Viterbo Alfonsi Sabrina, vicepresidente e assessore alla scuola del I° Municipio - Roma

Anemone Andrea, Dipartimento X della Provincia di Roma Angelotti Partizia, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus -

Roma Assogna Silvano, Associazione Base 2001 – Poggio Mirteto (Rieti) Barozzi Carla, Dipartimento Linguistico dell‟italiano per stranieri dell‟UPTER -

Roma Bartoli Cecilia, Asinitas Onlus – Centri di educazione e cura con i migranti -

Roma

Basta Laura, associazione di promozione sociale INsensINverso - Roma Bellingreri Marta, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus -

Roma

Boboc Katia Didi, Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere – ANOLF - Latina Bozzoli Alessandra, gruppo informale Non Tacere – Roma Bufano Antonietta, Associazione Centro Welcome – Roma Cagnetta Luigia, Comunità Eritrea - Roma Caioli Lucia, docente del I° CTP Nelson Mandela - Roma Capocci Sabrina, Oltre l‟Occidente, Frosinone Caravita Simonetta, Dirigente scolastico della Scuola Media Statale di Liegro e

del IV CPT; coordinatrice del Comitato Locale EdA dei Municipi V e VI - Roma

Carsetti Marco, Asinitas Onlus – Centri di educazione e cura con i migranti - Roma

Catasta Mimmo, Senza Confine – Aprilia (Latina) Cavallo Elvira, insegnante del Liceo Enriques di Ostia - Roma Chiarastri Lorenzo, Centro di ascolto e accoglienza della Caritas Diocesana di

Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà - Roma

Cianchi Marilù, Caritas Diocesana di Viterbo Covaciu Ana, Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere – ANOLF - Rieti Centra Maria, Movimento di Volontariato “Famiglia Migrante” affiliato

all‟Associazione Nazionale Famiglie Emigrati – ANFE - Latina

Coralini Cristina, Associazione IoNoi - Fiumicino (Roma) de Bernardinis Hohenstein Anke, Scuola di italiano del Servizio Rifugiati e

Migranti della Federazione Chiese Evangeliche in Italia – Roma De Florio Angelo, Associazione Culturale Italia Bangladesh Villaggio Esquilino

onlus - Roma De Luca Renato, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus - Roma De Renzo Francesco, Facoltà di Studi Orientali dell‟Università di Roma “La

Sapienza” - Roma

Degli Esposti Carla, insegnante del I° CPT Nelson Mandela - Roma Dell’Orbo Patrizia, Associazione Miche (germogli) APS – Latina Di Stefano Manuela, Scuola di italiano del Centro Ascolto Stranieri della

Caritas Diocesana di Roma

Droghei Arianna, Scuola di italiano dell‟associazione Madonna di Loreto di Acilia - Roma

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Fakhrewddine Hassania, costituenda associazione di promozione sociale Happy Bridge - Magliano Sabina (Rieti)

Fazzolari Lina, ACSE – Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi Foglia Pia, Scuola di italiano del Centro di ascolto e accoglienza della Caritas

Diocesana di Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà – Roma

Forte Benito, Movimento di Volontariato “Famiglia Migrante” affiliato all‟Associazione Nazionale Famiglie Emigrati – ANFE - Latina

Francesco Emma, Senza Confine – Aprilia Grossi Maria, Insieme – Immigrati in Italia Onlus - Gaeta e Formia (Latina) Guastella Marta, studentessa della Facoltà di Studi Orientali dell‟Università di

Roma “La Sapienza” - Roma

Hua Lin Jan, Associazione Donne Cinesi d‟Oltremare - Roma Iavarone Leonardo, La Casa del Quartiere – Roma Lakhous Amara, scrittore - Roma Luisi Laura, Regione Lazio - Roma Mammarella Massimo, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus e

Associazione Virtus Ponte Mammolo Onlus - Roma

Mancini Mauro, cooperativa sociale integrata Abaco - Roma Manola Sara, Di 28 ce n'è uno - Roma Manola Martina, Di 28 ce n'è uno – Roma Masini Federico, Preside della Facoltà di Studi Orientali dell‟Università di Roma

“La Sapienza” - Roma

Meucci Valerio, Progetto Mediazione Sociale e Comitato Locale EdA dei Municipi V e VI - Roma

Minafra Irene, sinologa e mediatrice culturale - Roma Mormina Gaia, Scuola di italiano Didattica Teatro - Coopertativa Cotrad - Roma Mottura Cristina, Scuola di italiano del Centro di ascolto e accoglienza della

Caritas Diocesana di Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà – Roma

Nanni Laura, Art‟Incantiere APS di Pomezia (Roma) Natta Gabriella, Scuola di italiano del Servizio Rifugiati e Migranti della

Federazione Chiese Evangeliche in Italia – Roma Nicoletti Antonella, Scuola di italiano del Centro di ascolto e accoglienza

della Caritas Diocesana di Roma di Via delle Zoccolette – Consorzio Roma Solidarietà – Roma

Nicoletti Gianna, Dirigente del XIV Dipartimento del Comune di Roma - Roma Nicolucci Michela, Scuola di italiano Didattica Teatro - Coopertativa Cotrad -

Roma Okechukwu Chukwubike Charles, Associazione di volontariato Welcome –

Cisterna di Latina (Latina) Onorati Anna, Associazione Genitori Scuola Di Donato - Roma Pani Cecilia, Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio - Roma Peri Chiara, Scuola di italiano dell‟Associazione di Volontariato Centro Astalli

per l‟Assistenza agli Immigrati - Roma

Perrota Alfonso, Associazione culturale Villaggio Globale - Roma Pilati Emanuela, Forum delle comunità straniere - Roma Pittau Franco, Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes - Roma

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Pompei Daniela, Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio - Roma Pozzuoli Antonella, insegnante delle scuole secondarie superiori Confalonieri e

Marco Polo - Roma

Primerano Antonella, Centro di Cultura Islamica - Roma Pulcinelli Maria Teresa, CIF - Centro Italiano Femminile di Viterbo Raad Hassan Reda, Palmyra - Associazione culturale per l‟amicizia Euro-Araba

di Latina – Aprilia (Latina)

Rossi Angela, Progetto Mediazione Sociale - Roma Rotili Adriana, Senza Confine – Aprilia (Latina) Ruschi Gioia, Senza Confine – Aprilia (Latina) Rwabuhungu Akayezu Marie Antoniette, Dialogo Onlus per l‟integrazione

socio-culturale degli stranieri – Aprilia

Sabatino Gian Matteo, Scuola Louis Massignon della Comunità di Sant‟Egidio - Roma

Sanzo Raffaele, Direttore generale dell‟Ufficio scolastico regionale per il Lazio - Roma

Serafini Tiziana, ARCI di Viterbo Serughetti Giorgia, associazione di promozione sociale Rami - Roma

Sestieri Simone, associazione di promozione sociale INsensINverso - Roma Sestieri Ugo, associazione di promozione sociale INsensINverso - Roma Sofia Francesca, Ente Bilaterale del Turismo di Roma e del Lazio - Roma Tanno Bice, Segreteria CGIL Confederale Roma Taurino Vincenzo, Associazione IoNoi – Fiumicino (Roma) Terni Donatella, ARCI - Rieti Tomei Renata, coordinatore del Comitato Locale EdA dei Municipi I e IX -

Roma

Trinci Liliana, insegnante del I° CPT Nelson Mandela - Roma Trotta Giuseppe, Scuola di italiano dell‟Associazione di Volontariato Centro

Astalli per l‟Assistenza agli Immigrati - Roma

Ugolini Luigi, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus - Roma Valeri Marisa, Scuola di italiano dell‟Associazione di Volontariato Centro Astalli

per l‟Assistenza agli Immigrati - Roma Venanzetti Augusto, Scuola di italiano della Casa dei Diritti Sociali – Focus -

Roma Venditti Teresa, Associazione L‟Arca - Sora (Frosinone) Weldu Johannes, Comunità Eritrea - Roma Zabeo Enrica, insegnante del I° CPT Nelson Mandela - Roma Zerbinati Silvia, Servizio Rifugiati e Migranti - SRM della Federazione delle

Chiese Evangeliche in Italia - Roma Zuccarello Alba, dirigente scolastico dell‟istituto comprensivo Manin e del I°

CPT Nelson Mandela - Roma