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Polo Sud | n. 1 | 2011 | <http://www.editpress.it/cms/book/polo-sud-1> POLOSUD SEMESTRALE DI STUDI STORICI L’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia e la lotta all’analfabetismo di Giuseppe Maimone anno primo | n. 1 | 2012 ISNN 2280-1669 © 2012 ed.it 1. Introduzione A mezzo secolo dall’Unità, le aree rurali del Meridione assistevano al per- durare di analfabetismo, abbandono scolastico e analfabetismo di ritorno, con indici che rilevano come ne fossero colpiti sino a due abitanti su tre 1 . Era in questo quadro desolante che, nel 1910, aveva avviato le proprie at- tività l’ Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia; l’obiet- tivo era quello di avviare un processo di “risollevamento” delle condizioni eco- nomiche e sociali del Meridione che affondasse le proprie radici soprattutto sulla rinascita culturale. «Obbligare il contadino ed il proletario alla scuola; insegnar loro a leggere libri e giornali; insegnar loro i diritti e i doveri del- l’uomo» 2 : era questo il progetto, e su di esso pesava fortemente la visione me- ridionalista sostenuta, con alcune differenze, da molti dei fondatori dell’ANIMI. Evidenziando quel dualismo economico e sociale che studi più recenti han- no però fortemente ridimensionato 3 , meridionalisti come Pasquale Villari e Leopoldo Franchetti ne auspicavano il superamento con un’ottica paternali- stica attenta a migliorare le condizioni delle masse contadine del Mezzogior- no all’interno del giovane Stato unitario, senza metterne in discussione le fon- damenta ma anzi indicando gli interventi necessari a consolidarle. Sebbene studi recenti dimostrino come «delle amplificazioni polemiche del meridio- nalismo liberista certo assai poco resiste al vaglio di un sereno e più aggior- nato giudizio storico» 4 e che esso abbia avuto il grande limite di non aver in- dicato «una alternativa realmente valida rispetto ai concreti processi di svi- luppo capitalistico in atto nel paese» 5 , i più autorevoli esponenti del meri- dionalismo liberale dell’epoca, attraverso la fondazione dell’ANIMI, tentaro- no la messa in pratica di alcune soluzioni, soprattutto nel settore educativo.

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Polo Sud | n. 1 | 2011 | <http://www.editpress.it/cms/book/polo-sud-1>

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1. Introduzione

A mezzo secolo dall’Unità, le aree rurali del Meridione assistevano al per-durare di analfabetismo, abbandono scolastico e analfabetismo di ritorno,con indici che rilevano come ne fossero colpiti sino a due abitanti su tre1.

Era in questo quadro desolante che, nel 1910, aveva avviato le proprie at-tività l’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia; l’obiet-tivo era quello di avviare un processo di “risollevamento” delle condizioni eco-nomiche e sociali del Meridione che affondasse le proprie radici soprattuttosulla rinascita culturale. «Obbligare il contadino ed il proletario alla scuola;insegnar loro a leggere libri e giornali; insegnar loro i diritti e i doveri del-l’uomo»2: era questo il progetto, e su di esso pesava fortemente la visione me-ridionalista sostenuta, con alcune differenze, da molti dei fondatori dell’ANIMI.Evidenziando quel dualismo economico e sociale che studi più recenti han-no però fortemente ridimensionato3, meridionalisti come Pasquale Villari eLeopoldo Franchetti ne auspicavano il superamento con un’ottica paternali-stica attenta a migliorare le condizioni delle masse contadine del Mezzogior-no all’interno del giovane Stato unitario, senza metterne in discussione le fon-damenta ma anzi indicando gli interventi necessari a consolidarle. Sebbenestudi recenti dimostrino come «delle amplificazioni polemiche del meridio-nalismo liberista certo assai poco resiste al vaglio di un sereno e più aggior-nato giudizio storico»4 e che esso abbia avuto il grande limite di non aver in-dicato «una alternativa realmente valida rispetto ai concreti processi di svi-luppo capitalistico in atto nel paese»5, i più autorevoli esponenti del meri-dionalismo liberale dell’epoca, attraverso la fondazione dell’ANIMI, tentaro-no la messa in pratica di alcune soluzioni, soprattutto nel settore educativo.

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Umberto Zanotti-Bianco e Giovanni Malvezzi – sull’onda dell’esperien-za vissuta due anni prima, a soccorso delle popolazioni colpite dal tragico ter-remoto che aveva sconvolto lo stretto di Messina nel dicembre 1908 – era-no, infatti, riusciti a coinvolgere nel loro progetto non solo Villari e Franchettima anche altri importanti esponenti del meridionalismo liberale dell’epo-ca, come Tommaso Gallarati Scotti, Giustino Fortunato, Antonio De Viti DeMarco, assieme a figure con posizioni più polemiche come Gaetano Salve-mini, Napoleone Colajanni o Francesco Saverio Nitti.

Dopo un impegno iniziale anche nel settore economico, poi abbandona-to, il successo ottenuto dalle iniziative culturali intraprese dall’ANIMI nel pri-mo decennio di attività le valse a ottenere nel 1921 la delega all’Opera con-tro l’analfabetismo per Sardegna, Puglia, Calabria e Sicilia.

È, per l’appunto, sulle scuole per adulti analfabeti avviate dall’ANIMI nel-la Sicilia orientale che si sofferma questo studio, con l’intento di effettuare nonsolo una ricostruzione storica delle scuole serali e festive destinate a donne euomini dei territori agricoli dell’isola, ma anche di evidenziare la partecipa-zione di un soggetto non statale al processo di nation building, ancora in attoa sessant’anni dalla nascita dello stato unitario. Fonti primarie per questo la-voro sono scritti e fotografie conservati in quel ricco patrimonio di documenticostituito dall’archivio dell’ANIMI, dove vengono, inoltre, custoditi i fondi dialtri personaggi legati alla storia dell’Associazione. L’analisi di tali documen-ti fornisce un quadro inedito delle scuole rurali della Sicilia durante gli anniVenti, anche in virtù dell’oblio che subì il problema dell’analfabetismo sul fi-nire di quel decennio, quando il regime fascista dichiarò superata la questio-ne meridionale in tutte le sue forme, ostacolando l’operato di quelle associa-zioni che, come l’ANIMI, segnalavano con la loro semplice esistenza il perduraredi sacche di arretratezza e che, soprattutto, non perseguivano l’agognata fa-scistizzazione delle strutture statuali, tra cui anche quelle scolastiche.

2. Analfabetismo e Sud

Negli anni dell’avvio delle attività dell’ANIMI, l’Italia aveva in media il 37,6%di analfabeti, ma con forti differenze quantitative tra regione e regione, e, all’internodelle stesse, tra centri urbani e zone rurali, in un’articolazione territoriale com-plessa e variegata. Dal modesto numero di analfabeti presenti nelle terre più set-tentrionali dell’ex stato sabaudo o del Lombardo-Veneto, dove non si supera-va il 20% (eccetto che nelle campagna veneta), si passava a quello persistentenelle regioni strappate mezzo secolo prima ai Borboni e, un decennio dopo, alPapa, dove l’analfabetismo arrivava a colpire metà della popolazione. Un ele-mento costante in tutte le aree era la maggiore incidenza di analfabeti nei cen-tri minori, che arrivavano ad essere il 50% in più – quando non addirittura ildoppio – di quelli delle città, e che rendevano il fenomeno, al di là delle enor-mi differenze territoriali, comunque tipico delle aree rurali6.

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Appare opportuno rilevare come l’analfabetismo, nonostante il suo per-sistere, fosse un fenomeno tutt’altro che statico. Pur conservando dimensionielevate nelle aree più disagiate, subì contrazioni sensibili dopo l’Unità e, inrelazione alla Sicilia, nel periodo 1871-1911 il tasso di analfabetismo ebbe unariduzione del 26,45%, di cui il 12,09 addirittura nel solo primo decennio delXX secolo7. A concorrere alla diminuzione del tasso di analfabetismodall’85,26% del 1871 al 49,03 del 19218 aveva però contribuito un fattore ester-no alla lotta per l’alfabetizzazione in corso, ovvero quel «grande movimen-to migratorio che ha interessato la Sicilia all’inizio di questo [XX] secolo, eche è stato in prevalenza caratterizzato [...] da contadini, in gran parte, senon quasi totalmente, analfabeti»9. L’emigrazione, inoltre, se faceva dimi-nuire il tasso di analfabetismo a causa dell’allontanamento di una fascia dipopolazione analfabeta maschile ed adulta, allo stesso tempo lo combatte-va indirettamente spingendo coloro che restavano all’istruzione10.

Nell’Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nell’Italia me-ridionale e nella Sicilia svolta tra il 1907 e il 1909 – una di quelle numero-se indagini che il Parlamento, al fine di conoscere quantitativamente e qua-litativamente le condizioni del Paese, conduceva in quegli anni – si rileva-va l’aumento della frequenza nelle scuole dovuto all’esperienza oltremare de-gli emigrati, i quali, a contatto con realtà più progredite, comprendevano l’im-portanza dell’educazione scolastica, sia ai fini di maggiori possibilità lavo-rative sia perché permetteva la corrispondenza e gli scambi di informazio-ne coi parenti rimasti nelle terre d’origine11.

In Sicilia, «l’intensità del fenomeno migratorio appare correlata al gra-do di « ruralità » dei comuni»12 e quindi maggiore nelle aree meno alfabe-tizzate, divenendo però un “fenomeno di massa” solo a partire dai primi annidel XX secolo, soprattutto in ragione dei maggiori salari offerti dal merca-to del lavoro nordamericano13, che promettevano l’agognato riscatto dal-l’originaria miseria.

Il contadino «si affretta perciò ad ordinare alla donna sua che mandi i ra-gazzi a scuola a qualunque costo. E lo può fare perché coi denari risparmiatiin America può vestire decentemente i figli, e rinunciare al piccolo guada-gno che ricaverebbe mandandoli a lavorare»14. Il sacrifico così sostenuto po-teva anche rivelarsi utile a un eventuale progetto migratorio che in futurocoinvolgesse tutta la famiglia: era presente infatti agli emigranti la difficol-tà incontrata dagli analfabeti nei paesi di arrivo e perfino il rischio di esse-re respinti. Grazie all’emigrazione la richiesta di istruzione cominciò a es-sere un fattore presente, che cresceva dai ceti più umili della società meri-dionale, destinato a incontrarsi con i progetti di alfabetizzazione ideati da-gli esponenti più illuminati della casse dirigente liberale.

Dopo l’Unità e l’estensione della legge Casati, fu avviato un primo ten-tativo di contrasto all’analfabetismo tramite l’istituzione di scuole serali e fe-stive, che nel 1864 contavano appena 164.570 alunni15. La legge Coppino del1877 cercò di combattere l’evasione scolastica e l’analfabetismo di ritorno,

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ma fu solo a partire dal 1904 che si affermò la necessità di istituire regolar-mente scuole serali per adulti. Nel presentare la sua legge al Senato, Vitto-rio Emanuele Orlando ricordava come la violazione dell’obbligo scolasticosuperasse un terzo dei bambini iscritti e che molti di coloro che evadevanol’obbligo del triennio ridiventavano, rapidamente, analfabeti16. Nonostan-te l’impegno legislativo di Orlando e le numerose circolari applicative, la sualegge venne in gran parte disattesa. Infatti, «secondo i dati drammatici del-l’inchiesta Corradini, nell’anno scolastico 1907-1908 la grande maggioran-za degli alunni non andava oltre la terza elementare e meno del 10 per cen-to frequentava le classi successive»17. Il tasso di analfabetismo era quindi sce-so di appena un punto, anche dopo gli interventi delle leggi speciali per il Mez-zogiorno del 190618. La legge Daneo-Credaro (1911), sebbene presentasse buo-ni propositi19, fu incapace di abbattere le spaventose cifre sull’analfabetismoo di prevenire quello di ritorno20. A sconvolgere le più fosche previsioni, dilì a poco la Grande guerra stravolse i piani governativi, imponendo altre ur-genze al Paese e lasciando l’iniziativa nel campo della lotta all’analfabetismoalle organizzazioni assistenziali.

Al fallimento di questa politica scolastica statale si iniziò a contrappor-re il progetto di una scuola nazionale invocata dagli idealisti, capeggiati daGiovanni Gentile e Giuseppe Lombardo Radice, che «senza mettere in cau-sa la fondamentale competenza statale nel settore scolastico avrebbe dovu-to lasciare uno spazio sufficiente alle istituzioni private, anche a quelle cat-toliche, a condizione che queste non si trovassero in contrasto con gli inte-ressi dello stato»21.

Il 15 giugno 1920, Benedetto Croce, Presidente dell’ANIMI, diveniva mi-nistro della Pubblica Istruzione, iniziando a pianificare la costituzione di unorgano che avrebbe visto la collaborazione delle organizzazioni già attive sulterritorio. Fu però il suo successore, il ministro Corbino, a definire un mesedopo il suo insediamento il Regio Decreto 28 agosto 1921, che sanciva la na-scita dell’Opera contro l’analfabetismo «per combattere l’analfabetismo de-gli adulti e della popolazione sparsa e fluttuante»22. Entravano così in azio-ne quattro enti delegati, tra cui l’ANIMI con competenza su Basilicata, Ca-labria, Sardegna e Sicilia.

3. I primi anni di attività dell’ANIMI

Dopo aver visto luce il primo marzo 1910 nelle sale del Senato del Regno, l’ANI-MI avviò le proprie attività nel campo educativo e, quasi contemporaneamente,in quello economico, a partire dalla provincia di Reggio Calabria, che, a di-stanza di due anni dal terremoto, mostrava grandi difficoltà a risollevarsi daun’originaria miseria che il sisma aveva reso ancora più drammatica. Fon-damentale fu il ruolo del presidente Franchetti nella trasformazione in at-tività stabile e pianificata dell’eredità degli interventi dei vari Comitati sor-

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ti in varie città a sostegno delle popolazioni terremotate23. Dalla formazio-ne di un circolo di cultura che sorse attorno al centro reggino, si passò allacreazione di una scuola libero-popolare, dove a temi legati alla storia si af-fiancavano nozioni agrarie e di igiene, indirizzate al miglioramento del te-nore di vita della popolazione locale. Altra importante attività dell’Associa-zione fu l’apertura di alcuni asili infantili. Lo scopo degli asili era duplice:sia quello formativo, in quanto in quegli anni si iniziava ad affermare l’ideadella loro necessità ai fini di una corretta formazione del bambino già nel pe-riodo prescolastico, sia l’esigenza di fornire un supporto ai genitori, costrettientrambi dallo stato di miseria a lavorare per potersi procurare i mezzi disostentamento familiare24. Nei due decenni successivi, l’assistenza all’infanziavide un intenso sviluppo grazie all’interesse di Giustino Fortunato e di Be-nedetto Croce, rispettivamente presidente onorario e presidente effettivo del-l’ANIMI dal 191825.

L’attività cultural-formativa si estese all’apertura di una scuola di dise-gno per gli operai dell’arsenale e di una per “arte applicata all’industria”26.L’Ufficio economico dell’ANIMI, tra le proprie iniziative, nel primo anno divita «aveva organizzato cinque cooperative di pesca che si svilupparono viep-più negli anni seguenti; aveva cercato di migliorare le condizioni in cui si ef-fettuava l’esportazione della frutta [...] e aveva ottenuto l’impianto a Reggio[...] di una cattedra ambulante per la previdenza e la mutualità agraria cheestendeva la sua azione in tutta la Calabria e la Basilicata»27. La funzioneprincipale dell’ufficio economico era quella di coordinare i rapporti tra le po-polazioni e le autorità governative locali, di ottenere gli aiuti statali neces-sari ai progetti e di realizzare inchieste sulle reali condizioni economiche esociali della gente meridionale, in modo da raccogliere gli elementi utili a met-tere a punto le migliori strategie di intervento possibili. Tra il 1911 e il 1912le attività economiche dell’ANIMI furono estese anche alla Basilicata e allaPuglia28.

Negli anni immediatamente successivi, l’Associazione dovette però af-frontare nuovi problemi. Proprio coloro che avevano curato l’impegno eco-nomico dell’ANIMI furono chiamati dal Ministero delle Colonie alla valu-tazione delle risorse che l’allora Tripolitania poteva offrire ai pescatori ita-liani29. La perdita di quei collaboratori causò un arresto temporaneo delleattività economiche, che divenne definitivo con alcuni avvenimenti che pre-cedettero lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Nel 1914 un terremotosconvolse il versante etneo della Sicilia, l’anno dopo un sisma ancora piùdevastante si verificò in Abruzzo. L’ANIMI ribadì la necessità di impiega-re le proprie forze per l’assistenza delle popolazioni colpite, forze che di-vennero più scarse sia in uomini sia in mezzi finanziari con l’entrata in guer-ra. Nel marzo 1915 Leopoldo Franchetti chiudeva l’Ufficio economico del-l’ANIMI e le attività in quel settore furono man mano abbandonate, men-tre da allora in avanti si intensificò l’impegno nel campo culturale ed assi-stenziale30.

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4. L’avvio delle attività dell’ANIMI in Sicilia

In seguito alla delega alla lotta contro l’analfabetismo per le regioni meridionali,nel 1921 l’ANIMI dispiegò la propria opera in Sicilia, in luogo delle precedentisporadiche iniziative di finanziamento a progetti condotti da altre istituzio-ni. Ad organizzare il complesso delle attività, l’Associazione aprì un Ufficioper la Sicilia Orientale, con sede a Catania, e un Ufficio per la Sicilia Occidentale,con sede a Palermo. Un terzo Ufficio fu aperto a Girgenti, col tempo, però,assorbito dalla sede di Palermo. La sede etnea estendeva il proprio control-lo sulle province di Catania (e quindi anche l’ennese, provincia dal 1926), Mes-sina e Siracusa (che allora comprendeva anche l’attuale provincia ragusana);quella palermitana controllava il capoluogo e Trapani.

Gli ambiti d’intervento – come già si evidenziava nella prima ripartizio-ne dei fondi destinati alle propria attività in Sicilia31 – travalicavano l’am-bito educativo. Erano attive diverse colonie marine e montane, destinate inparticolare ai bambini denutriti e malaticci. Ruolo importante appare anchequello più propriamente medico-sanitario, che nel tempo si sviluppò non soloattraverso l’istituzione di ambulatori antimalarici ma anche per mezzo di con-trolli igienici sul territorio attuati dai maestri delle scuole dell’ANIMI, checercavano di migliorare le condizioni di vita degli alunni e delle loro fami-glie impartendo regole di comportamento e pulizia e verificandone l’osser-vanza, provvedendo anche a somministrazioni di chinino in funzione anti-malarica: «Il maestro in queste campagne, oltre ad insegnare, dev’essere unapostolo e il consolatore dei mali morali e materiali che affliggono il conta-dino»32, scriveva da Maniace un insegnante al Direttore regionale dell’Uf-ficio di Catania, consapevole del ruolo che stava assumendo l’iniziativa. Que-sto episodio segnala anch’esso il processo di nation building allora in cor-so, in quanto la scuola, «considerata il maggior agente di socializzazione, ne-gli anni in cui si andava costruendo la nazione, non poteva naturalmente sot-trarsi alla realizzazione della necessaria acculturazione igienica»33.

Relativamente al bilancio delle iniziative intraprese dall’ANIMI in Sici-lia in ambito scolastico nel primo anno di delega all’Opera contro l’analfa-betismo, l’analisi dell’azione dell’Associazione portava il suo Consiglio direttivoad esprimere, in un opuscolo destinato a pubblicizzare l’opera dell’ente trai suoi sostenitori, che «il risultato soddisfacentissimo, specie se si tiene con-to che si tratta del primo anno d’esperimento, è per la Sicilia addirittura sor-prendente, rappresentando uno sforzo mirabile. L’amore è ingegnoso: ed ilnostro delegato per la Sicilia, s’è fatto umile e semplice per parlare agli umi-li e ai semplici». Il delegato a cui si faceva riferimento era Giuseppe Lom-bardo Radice, che era stato nominato Consigliere delegato per l’isola e cheaveva curato personalmente i programmi scolastici34.

Non appena incaricato dall’ANIMI dell’organizzazione scolastica, alfine di pianificare gli interventi e decidere le sedi dove avviare le varie tipologiedi scuole (serali, diurne e festive), Lombardo Radice inviò una lettera a «un

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certo numero di amici, di discepoli e di altre egregie persone che hanno fi-nora seguito con simpatia la mia qualsiasi attività in favore della scuola, perpregarli di iniziare la propaganda in favore di questa iniziativa»35.

Nonostante questa fase fosse ancora gestita in un primo momento di or-ganizzazione periferica in Sicilia, tale missiva appare utile ad illustrare di-versi aspetti delle modalità di gestione delle scuole da parte degli enti dele-gati alla lotta contro l’analfabetismo. La loro azione si svolgeva innanzitut-to dove l’intervento diretto dello stato risultava difficile e insufficiente, comenei piccoli borghi o frazioni, solitamente lontani dai centri abitati, arrocca-ti sui pendii e privi di scuole, dove pertanto abbandono scolastico minorileed analfabetismo degli adulti erano parimenti diffusi, anche a causa della ne-cessità dell’impiego nel lavoro agricolo di tutti i componenti della famiglia,al fine di assicurarne il sostentamento. Le spese relative all’insegnamento(stipendi degli insegnanti e materiale scolastico) nonché reclutamento, ge-stione e forniture, erano a carico dell’ANIMI; le spese relative ai locali e allaloro gestione (affitto, pulizia ed illuminazione) erano a carico delle struttu-re amministrative locali esistenti, operanti talvolta di concerto con enti be-nefici locali36. Altro aspetto è il coinvolgimento di quella che oggi verrebbedefinita “società civile”, fattore che rappresenta una caratteristica peculia-re dell’Associazione, ovvero l’apporto degli esponenti della società locale piùsensibili al tema del miglioramento delle condizioni sociali delle popolazionipiù disagiate, in un atteggiamento che se risulta in parte di tipo paternali-stico appare, però, anche inquadrabile in un processo di nazionalizzazionedelle masse.

Lombardo Radice informava i suoi corrispondenti che le scuole serali era-no indirizzate soprattutto agli analfabeti adulti (o comunque maggiori di do-dici anni) e in particolar modo agli emigranti, «dai quali gli stati stranieri ri-chiedono giustamente un grado di cultura, senza cui sono considerati inde-siderabili e respinti; le scuole festive alle donne analfabete, anche esse dai 12anni in su». Quello del miglioramento delle condizioni culturali, sociali e pro-fessionali delle donne appartenenti ai ceti più disagiati è un tema costante nel-la storia dell’ANIMI, da attuarsi non solo attraverso l’istituzione di labora-tori di tipo professionale, come quelli di cucito, ma anche per mezzo di scuo-le ad esse riservate e grazie all’aiuto loro fornito da asili infantili – dove la-sciare i bambini più piccoli durante le ore di lavoro – e da colonie marine emontane nel periodo dei raccolti estivi, nonché dai laboratori di igiene, de-stinati al miglioramento della salute e delle condizioni di vita domestica.

Lombardo Radice assicurava i suoi interlocutori su qualità e costanza nel-l’insegnamento, grazie sia ai controlli che avrebbero effettuato gli ispettoriscolastici sia alle modalità di reclutamento degli insegnanti. Questi, infatti,sarebbero stati «scelti fra i più idonei» e la loro presenza garantita anche dalfatto che essi sarebbero stati retribuiti «per lezione effettivamente impar-tita e con un premio per ogni alunno promosso»; considerando il fatto chevenivano assegnati a sedi particolarmente disagiate per la scarsità di vie di

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collegamento, si cercava di contrastare eventuali abbandoni da parte dei mae-stri anche legando la retribuzione all’attività effettivamente svolta, oltre cheall’incarico loro conferito.

In questa fase iniziale di pianificazione locale, Lombardo Radice scrive-va una prima lettera ai RR. Ispettori scolastici in cui affermava che essa «deveessere riscattata dall’onta dell’analfabetismo; la nostra Isola deve metter-si in prima linea nell’opera, veramente grande, che oggi lo Stato inizia e vuolcondurre presto a termine con metodi e soprattutto con animo garibaldino»37.Per incoraggiare la frequenza scolastica, gli Ispettori erano intanto invitatia costituire dei piccoli patronati presso i comuni dove sorgevano le scuole,al fine di raccogliere fondi per l’acquisto di doni da distribuire come premi,alla fine dei corsi, agli alunni più meritevoli. Li invitava infine a diffondereun avviso con cui avviare il reclutamento degli insegnanti disoccupati destinatialle scuole di prossima apertura, indicandone le modalità di selezione. Ti-toli richiesti agli insegnanti erano il diploma di abilitazione, un certificatodi moralità, il certificato Penale e un certificato medico. Altri documenti era-no richiesti ai soli ammessi alla prova orale38.

5. L’azione educativa in Sicilia orientale: le scuole

Le strutture avviate dall’Associazione nel campo educativo per la lotta al-l’analfabetismo – come scuole, asili e biblioteche – rappresentano non sologli investimenti più rilevanti e strutturati ma anche maggiormente perseguitinel tempo, costituendo una costante nella storia dell’ente – ancora oggi at-tivo attraverso il patrocinio e l’organizzazione di numerose iniziative cultu-rali. Di tali attività, si è poi scelto di analizzare più da vicino quelle ricadentinell’area orientale della Sicilia, con ciò rispondendo a evidenti ragioni di in-teresse per la storia locale e rispettando al contempo la divisione per zoneattuata dalla stessa Associazione.

Le prime disposizioni adottate dall’ANIMI in Sicilia cercavano di dare ra-pido avvio alle iniziative realizzabili con maggiore immediatezza: il decre-to relativo all’Opera contro l’analfabetismo, deliberato gli ultimi giorni del-l’agosto 1921, cadeva praticamente a ridosso dell’apertura dell’anno scola-stico. L’Associazione individuava così le prime scuole da avviare, informando,ad esempio, che per il circondario di Aci Reale aveva deciso di istituire scuo-le serali ad Aci Castello, Aci Catena, due nei sobborghi di Aci Reale39, Aci S.Antonio, Calatabiano, Castiglione di Sicilia, Fiumefreddo di Sicilia, due a Giar-re, due a Linguaglossa, una a Mascali, Piedimonte Etneo e Riposto, due a Ran-dazzo. Autorizzava inoltre l’apertura di scuole serali in vari sobborghi di Giar-re (S. Leonardello, Milo, Monacello, Dagala, Macchia, S. Giovanni, S. Alfio)auspicando inoltre la realizzazione di scuole ambulanti ove occorresse; peril circondario occidentale di Catania a Adernò (tre scuole), Belpasso (una),Biancavilla (due), Bronte (due), e altre otto nei sobborghi della città40.

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Interessanti le disposizioni indicate in quella stessa circolare, che adat-tavano le norme generali del R.D.L. dell’Opera contro l’analfabetismo – re-lative al reclutamento degli insegnanti e alle modalità di scelta delle scuoleda avviare – alla realtà siciliana. Bisognava, tra le altre cose, «tener presentile frazioni, prima che i centri urbani”, dare “precedenza ai centri agricoli delpiù alto analfabetismo” e “ai paesi con più alta emigrazione negli Stati Uni-ti», nonché a quelli dove fosse «più alta la percentuale dei giornalieri (jur-natura) rispetto alle altre categorie di lavoratori»41.

La circolare prospettava poi l’istituzione di scuole diurne, e destinate quin-di a bambini tra sei e dodici anni, nelle località che ne fossero prive e che aves-sero un buon numero di alunni da iscrivere. Nella successiva circolare, l’ANI-MI però comunicava come, a fronte di circa cento richieste di scuole diur-ne pervenute, avrebbe provveduto all’apertura di sole trenta, essendo il pri-mo anno un esperimento e troppo numerosa la quantità proposta per riu-scire a farne fronte in pochi mesi42. Tale forte domanda da parte delle comunitàlocali pare denotare la necessità diffusa di scuole diurne in luoghi dove lo sta-to non riusciva ad intervenire in maniera soddisfacente, ma segnala ancheil successo dell’organizzazione e della propaganda avviate dall’ANIMI im-mediatamente dopo la delega alla lotta contro l’analfabetismo43. Questo suc-cesso era evidente nell’aiuto «delle autorità locali e dei privati [...], i qualiandavano a gara – nobile gara! – a offrire i locali, impegnandosi di trasportareil materiale didattico dalle lontane stazioni alla scuola [...] senz’altro mez-zo di comunicazione che una impraticabile strada mulattiera» percorsa dauna «carovana di montanari e di muli, carichi di banchi, di lavagne, di car-te geografiche e di altre suppellettili, non mai viste lassù e guardate con sen-so di stupore e di gioia da quelle popolazioni!»44.

Numerose furono anche le lettere ricevute dall’ANIMI tra il 1921 e il 1922relative a richieste di scuole da parte di tanti piccoli comuni facenti capo al-l’Ufficio di Catania, talvolta accompagnate dalle relative delibere comuna-li45. In totale, le scuole istituite nella Sicilia Orientale nell’anno scolastico1921/22, e quindi relative ai primi mesi dalla delega alla lotta contro l’anal-fabetismo, furono 306, di cui 280 funzionarono tutto l’anno e si chiusero conesami, mentre 26 furono chiuse per vari motivi – numero insufficiente di alun-ni, aule inadatte all’insegnamento, ecc.

5.1. Scuole serali per adulti

La lotta contro l’analfabetismo non poteva che investire principalmente ilproblema della mancanza di scolarità degli adulti e dell’analfabetismo di ri-torno di coloro che, finito il primo ciclo di studi elementari anni prima, ave-vano abbandonato lettura e scrittura; si trattava soprattutto di contadini abi-tanti nelle zone rurali più disagiate e operai dei sobborghi delle città. Dopoil primo anno di attività, l’Associazione rilevò come la partecipazione alle scuo-le serali avesse riscosso maggiore successo tra i contadini e quindi più nei

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piccoli centri che nei sobborghi cittadini, dove erano comunque state avviatealcune scuole destinate agli operai; di conseguenza, si decise che gli inve-stimenti futuri sarebbero andati proprio verso l’aumento delle scuole destinateai centri più isolati, poiché, si osservava, «i contadini frequentano la scuo-la con più amore e con maggior entusiasmo degli operai; [...] forse perchénei piccoli centri rurali il contadino non è distratto, come nelle città, da al-tre divagazioni e si raccoglie, direi quasi religiosamente, nella sua scuola»46.

Colorite testimonianze dell’entusiasmo degli alunni delle scuole serali sonotalvolta riportate da Zanotti-Bianco nei suoi diari, dove annotava, ad esempio,la richiesta di aumentare le due ore e mezza di lezione previste. «È vero che la-voro tutta la giornata sui campi, ma studiando non si fatica», affermava unostudente adulto agrigentino, mentre un altro, “spazzino pubblico”, gli chiede-va: «da “picciriddu”, tutti, alla scuola comunale si burlavano di me. Che pote-vo far io? Pigliarli a coltellate? [...] Ora in questa scuola io voglio studiare»47.

Tab. 1 – Scuole serali istituite dall’ANIMI in Sicilia per l’a.s. 1921/2248.

Tab. 2 – Alunni iscritti all’a.s. 1921/22 suddivisi per classe e sesso49.

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Le scuole serali aperte dall’ANIMI nel primo anno scolastico nelle regioniper le quali aveva ricevuto delega all’Opera contro l’analfabetismo furono intotale 975, di cui ben 551 (ovvero il 56,5%) in Sicilia, e 255 (cioè oltre il 26%)di queste nelle sole zone orientali dell’isola che facevano riferimento all’Uf-ficio di Catania.

Appare interessante rilevare il numero degli alunni di queste scuole, an-che al fine di comprendere la portata sulla popolazione degli interventi at-tuati dall’ANIMI nelle regioni meridionali e la quantità dei soggetti coinvoltiin tale operazione.

Il primo dato che risalta è, senz’altro, quello relativo al numero complessivodegli adulti iscritti alle scuole serali istituite dall’ANIMI: già nel primo annoraggiungono la cifra di 47.379 unità, di cui ben 27.100 (ovvero il 57,2% ) nel-la sola Sicilia e 12.233 nelle scuole controllate dall’Ufficio di Catania, cifreche danno immediatamente idea della vasta portata degli sforzi organizza-tivi ed economici intrapresi dall’Associazione nei primi mesi di delega allalotta contro l’analfabetismo.

Il secondo dato è, però, quello relativo alla diversa fruizione di questescuole per genere: il numero degli alunni maschi surclassava di gran lun-ga quello delle adulte che venivano coinvolte dal progetto delle scuole se-rali. Alcune motivazioni che spiegano il fenomeno sono forse facilmenteimmaginabili: in un contesto familiare in cui l’analfabetismo era caratte-ristica di entrambi i coniugi, diventava impossibile per ciascuno di essi fre-quentare contemporaneamente la scuola serale, a causa della necessità diaccudire i figli; la sera era poi uno dei momenti in cui le donne avevano mag-giori compiti nella gestione della casa, ed inoltre gli orari serali rendeva-no forse il tragitto verso le scuole poco raccomandabile a donne o ad ado-lescenti di sesso femminile. Contemporaneamente al progetto delle scuo-le serali, si predispose, pertanto, l’avvio di alcune scuole festive, destina-te in via esclusiva, o quasi, alle donne analfabete, sebbene costituirono unnumero di gran lunga inferiore alle scuole serali istituite, nonché di minorsuccesso.

Un dato che invece non è rilevabile dalle tabelle prima riportate, ma checostituisce un fattore di rilevante importanza, è quello relativo alla differenzatra iscritti e frequentanti. In media, era solo il 53% il numero dei presenti,e i dati relativi ad aree contigue sono pressoché omogenei, «ciò che logica-mente fa supporre che le cause che impediscono l’assidua frequenza degliadulti siano presso a poco identiche in ciascuna provincia: metà circa deglialunni, per ragioni diverse, dopo pochi mesi abbandonano la scuola»50. Lacausa principale era ravvisata proprio in una delle principali ragioni dell’elevatoanalfabetismo già esistente, ovvero la necessità nei mesi primaverili di prov-vedere al pascolo o di lavorare nei campi, compiti che rendevano il conta-dino troppo lontano o troppo stanco per la frequenza serale della scuola, men-tre in autunno aveva invece mostrato la propria disponibilità al progetto edu-cativo con l’iscrizione alla scuola serale.

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Al fine di contrastare l’abbandono scolastico, l’ANIMI provvedeva in-nanzitutto a una scelta oculata dei maestri delle scuole serali, visti non comedei semplici insegnanti ma come dei missionari del processo di trasforma-zione sociale del Mezzogiorno. «Le scuole dell’Opera contro l’analfabetismo[...] hanno una fisionomia tutta propria e uno scopo altamente sociale, chenon deve sfuggire al maestro che s’impegna di darci la sua collaborazione.Se il fattore maestro nelle scuole diurne è di massima importanza, pensi-no che nelle scuole serali è tutto». Per tale ragione, ogni maestro «deve por-tare nel suo lavoro, oltre ad un’attenta riflessione dei mezzi e dei fini da con-seguire, un sereno spirito di battaglia, un senso nobile ed austero della pro-pria missione, un grande spirito d’iniziativa, una non comune forza di vo-lontà e di abnegazione, una coscienza illuminata ed onesta: in una parola,deve avere in sé la massima capacità di educare». Con enfasi crescente, siarrivava così ad affermare che «se è privo di tutti o anche di alcuni di que-sti requisiti, rinunzi di far parte della nostra milizia»51.

Un ulteriore aiuto per contrastare l’abbandono scolastico delle scuole se-rali doveva, secondo l’ANIMI, venire dalle autorità scolastiche o municipa-li del posto, che, di concerto con patronati ed istituzioni di beneficenza, era-no sollecitati a costituire dei Comitati per la raccolta di fondi «per premia-re gli alunni più assidui, con doni di orologi, libri, libretti postali, e strumentidi lavoro (vanghe, zappe, ecc.)». Il bilancio tracciato era positivo e soddi-sfacente: «si sono svolte cerimonie veramente commoventi»52, e in quelle oc-casioni erano stati consegnati premi. Alla chiusura del primo anno di atti-vità si ha notizia di cerimonie avvenute a Misterbianco, Adernò, Bronte, Ran-dazzo, S. Maria di Licodia, Aci S. Antonio, Melilli, Furnari, Salice, e nei pae-si della fascia pedemontana etnea53.

Al giugno 1922 nella provincia di Catania figuravano 101 scuole serali, dicui ben 93 dislocate nei centri minori, mentre nel capoluogo erano state av-viate appena 5 sedi e 3 nei sobborghi cittadini di Carrubba-Ognina, Nesimae Susanna – zona prossima all’attuale quartiere di Cibali – allora ancora nonraggiunte dall’espansione edilizia cittadina. Questa situazione si ritrovavaanche nelle altre province: delle 68 scuole serali in funzione nel messinese,60 appartenevano a comuni minori, mentre 8 erano state aperte nelle fra-zioni peloritane di Altolia, Castanea, Contessa, Divieto, Gesso, Salice, Tor-re Faro e Tremestieri; su 71 scuole, Siracusa ne aveva 4 nei borghi di Belvedere,Cassano, Priolo e S. Lucia, mentre le altre 67 erano state dislocate in granparte in alcuni centri agricoli a sud della piana di Catania – cioè Augusta, Len-tini, Floridia – e in quelli del ragusano, quali Vittoria e Modica.

Il gran numero di scuole avviate dall’ANIMI comportava anche una fre-netica attività organizzativa da parte degli uomini dell’Ufficio provinciale diCatania, di cui è testimonianza una cospicua corrispondenza instauratasi conle scuole sotto la giurisdizione di quell’Ufficio, inerente soprattutto all’inviodei prospetti dei “premi” da liquidare agli insegnanti per lo svolgimento del-la propria attività presso le scuole serali, festive e diurne dell’ANIMI54.

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6. Scuole festive per donne analfabete

L’ANIMI, consapevole della difficoltà riscontrabili nella fruizione delle scuo-le serali da parte delle donne analfabete, passò anche all’istituzione di scuo-le festive a loro destinate in via pressoché esclusiva, in quanto alunni maschifurono ammessi solo in casi eccezionali, quali l’assenza nelle vicinanze di scuo-le serali. Altra caratteristica delle scuole festive fu di essere destinate alle soleanalfabete, ammettendo le donne semianalfabete solo raramente; di conse-guenza, avendo dato l’avvio a un numero limitato di scuole, si decise di isti-tuirne solo le prime classi, considerando per il momento inutili le altre.

Inizialmente, su un totale di 81 scuole festive dell’isola, si decise di co-stituirne inizialmente 29 nella Sicilia Orientale, ripartite in 11 a Catania, 10a Messina e 8 a Siracusa; poco dopo l’avvio delle lezioni, l’Associazione si ri-trovò a doversi confrontare con un basso numero di iscrizioni. Al contrariodi quanto accadeva nelle scuole serali – che riscuotevano una grande ade-sione, tanto da spingere l’ANIMI, ove possibile, allo sdoppiamento di alcu-ne classi o alla frequenza anche di 70-80 alunni dove ciò non era praticabi-le – in quelle festive si ebbe un numero elevato di iscrizioni solo a Randaz-zo, Biancavilla e Augusta, dove si superarono le cinquanta iscritte, mentrenel resto delle scuole non si raggiunsero le trenta adesioni.

Alcune delle possibili ragioni della scarsa adesione alla frequenza dellescuole festive da parte femminile sono state già avanzate precedentemen-te; appare però interessante riportare come, per il direttore dell’Ufficio re-gionale di Catania Vitale Chialant, le cause erano molteplici e «prima fra tut-te la tradizionale apatia della donna siciliana (specialmente dei piccoli cen-tri) per l’istruzione, della quale crede poter fare a meno, abituata com’è alritmo sempre uguale della sua vita domestica, chiusa in un orizzonte angu-sto di abitudini e di fatiche, a cui difficilmente sa rinunziare». Non si na-scondevano, comunque, alcuni errori nella programmazione scolastica: «ladistanza di una settimana da una lezione all’altra va tutto a detrimento delprofitto e ogni domenica la maestra è costretta a ripetere le lezioni della do-menica precedente, con perdita di tempo e noia della scolaresca»55.

Un modo per combattere questi problemi ed incrementare la frequenzavenne ravvisato nella possibilità di coniugare lotta all’analfabetismo e necessitàfamiliari attraverso l’introduzione dell’insegnamento pratico in aggiunta aquello teorico, anche per mezzo di lezioni di economia domestica o di «la-vori donneschi», nonché aumentando il numero delle lezioni, aggiungendonedue o tre in orario pomeridiano infrasettimanale, al fine di fidelizzare le adul-te analfabete alle scuole festive. Qualche scuola inseguì la strada dei premi,già percorsa dalle scuole serali, come nel caso della scuola festiva di Augu-sta che premiò le proprie alunne ciascuna con «una camicia, un asciugamano,un fazzoletto e un sapone da toeletta»56.

Le scuole festive dell’ANIMI furono istituite esclusivamente nei comu-ni delle province – non solo quella catanese – sotto la propria giurisdizio-

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ne: Aci S. Antonio, Biancavilla, Calatabiano, Caltagirone, Grammichele, Li-codia Eubea, Mineo, Monte Guardia, Nicosia, Randazzo e Troina, per la pro-vincia di Catania; Alì Terme, Allume, Guidomandri, Francavilla di Sicilia, MiliS. Marco, Mistretta, Milazzo-S. Giovanni e Novara di Sicilia, per la provin-cia di Messina; Augusta, Buscemi, Carlentini, Comiso (due scuole), Lenti-ni, Modica, Noto, Ragusa e Rosolini, per Siracusa.

Il modesto successo riscosso dalle scuole festive forse giustifica lo scar-so impulso ad investire in questo settore da parte dell’ANIMI; come si de-sume dalla Tab. 3, il loro numero rimase limitato nel tempo e comunque no-tevolmente inferiore alle altre tipologie di scuole gestite in Sicilia.

La Tab. 3 dà modo di comparare i dati forniti nei paragrafi precedenti rap-portandoli al 1928, ultimo anno di delega dell’Opera contro l’analfabetismo,dopo il quale gli enti delegati, anziché cessare immediatamente l’attività del-le scuole, furono comunque indotti, anche dalla propria vocazione all’assi-stenza educativa, a continuare il proprio operato per l’anno scolastico suc-cessivo, a causa dell’incapacità dell’Opera Nazionale Balilla di intervenire conprontezza nella gestione della mole di scuole dell’ANIMI presenti in Siciliae in Calabria.

Dalla tabella si può ricavare anche l’importante sviluppo che nel tem-po avevano assunto le scuole miste diurne, le quali, pur essendo in via diprincipio il settore di maggior intervento diretto statale, vedevano anche l’ope-ra degli enti delegati alla lotta contro l’analfabetismo per le scuole da isti-tuire nei centri agricoli o montani più disagiati, dove era difficile per i bam-bini accedere alle strutture già esistenti nelle borgate vicine od ottenerneuna in loco a causa del mancato raggiungimento del requisito minimo di qua-ranta alunni, previsti per l’apertura della scuola elementare statale. Fu pro-prio per il settore delle scuole diurne che gli uomini dell’ANIMI spesero leparole di maggior entusiasmo, in quanto «sono desse, le più umili, fra tan-te consorelle, che estirperanno un giorno, fin dalle radici, la mala pianta del-l’analfabetismo»58.

Tab. 3 – Scuole istituite dall’ANIMI nell’a.s. 1927/28 per tipologia57.

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Negli anni di delega alla lotta contro l’analfabetismo, il numero delle scuo-le diurne, o uniche miste rurali, istituite dall’ANIMI in Sicilia crebbe con-siderevolmente tanto da superare quello delle scuole serali, che pure eranostate considerate il settore principale d’intervento degli enti delegati alla lot-ta contro l’analfabetismo. Gli uomini dell’Associazione non avevano, infat-ti, mai abbandonato la prospettiva di contrastare quel fenomeno combattendol’evasione scolastica dei bambini, al fine di evitare per il futuro l’aumento de-gli adulti analfabeti.

Ritroviamo così l’idea che il processo di alfabetizzazione di adulti e bam-bini era strettamente connesso, in quanto tutti membri di una società che do-veva reagire all’onta dell’analfabetismo che la colpiva e che doveva essere aiu-tata con tutti i mezzi educativi possibili. E mezzi utili, secondo gli uomini del-l’Associazione, erano, per l’appunto, scuole serali e festive, biblioteche scola-stiche e popolari e, per ultimi, gli asili, i quali, oltre ad essere di preparazio-ne al successivo processo educativo, permettevano la frequenza alle scuole ele-mentari dei fratelli maggiori, che nelle zone rurali erano altrimenti tenuti allacustodia dei fratellini più piccoli mentre i genitori svolgevano il proprio lavoronei campi. Infatti, «più che il lavoro minorile [...] incise sulla scolarità sicilianaun tipo di riproduzione famigliare [...] che vedeva i figli, fin dalla tenera età,impegnati non solamente in un posto di lavoro, quanto in diffuse e dispara-te attività di riproduzione fisico-economica della famiglia»59.

7. Conclusioni

La lotta all’analfabetismo avviata in Sicilia dall’ANIMI a partire dal 1921 inqualità di ente delegato all’Opera contro l’analfabetismo vide, quindi, espli-care maggiormente l’azione nelle aree rurali dell’isola, dove i tassi di alfa-betizzazione erano più alti del 50% rispetto ai comuni capoluogo, o nelle areeperiferiche dei centri maggiori, ovvero in quegli abitati che vedevano la mag-gior componente contadina, gruppo socioeconomico in cui affondava le pro-prie radici la piaga dell’analfabetismo. Alla mancanza di infrastrutture, ti-pica delle aree marginali e decentrate, si aggiungevano le necessità dettatedai tempi di produzione agricola, che rendevano difficile la fruizione dellescuole esistenti all’epoca. In tale quadro, l’apertura delle scuole dell’ANIMIin prossimità delle aree agricole e l’adozione di calendari scolastici che te-nessero conto delle esigenze di lavoro contadine determinarono entusiasmoe calda accoglienza da parte delle popolazioni rurali.

Il successo delle scuole gestite dall’Associazione andò, però, a scontrar-si col processo di fascistizzazione dello stato attuato dal regime a partire dal1925. L’autonomia gestionale e didattica dell’ANIMI mal si combinava colcontrollo avviato dal fascismo su insegnanti e funzionari dello stato, poi este-so anche agli enti delegati. Dopo varie tensioni, a cui aveva tentato di fareda mediatore l’ex ministro Gentile, l’intransigenza del progetto fascista spin-

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se l’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia alla de-finitiva rinunzia alla delega dell’ottobre 1928 e alla consegna delle propriescuole siciliane all’Opera nazionale balilla.

8. Foto di scuole festive e serali della Sicilia orientale

Foto 1. Scuola serale Vittoria (allora prov. SR), a.s. 122-23. Foto di gruppo con insegnante. Ar-chivio ANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie Fotografie, sottoserie Assi-stenza ed istruzione, sottosottoserie Sicilia, UA 394.

Foto 2. Scuola serale Vittoria (allora prov. SR), a.s. 1923-24. Foto di gruppo con insegnante.Ibidem.

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Foto 3. Scuola serale di Grammichele (CT), 1923. Foto di gruppo. Ibidem.

Foto 4. Scuola serale di Torre Archirafi-Riposto (CT), datata tra il 1922 ed il 1927. Foto di grup-po. Ibidem.

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Foto 5. Scuola serale di Motta S. Anastasia (CT), 1923. Foto di gruppo con insegnante. Ibidem.

Foto 6. Scuola festiva di Ganzirri. 10 agosto 1924. Alunni e alunne con l’insegnante. ArchivioANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie Fotografie, sottoserie Assistenza edistruzione, sottosottoserie Sicilia, UA 376bis.

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Foto 7. Scuola serale femminile di Naro (CL). 8 aprile 1925. Alunne con insegnante. ArchivioANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie Fotografie, sottoserie Assistenza edistruzione, sottosottoserie Sicilia, UA 379bis.

Foto 8. Scuola festiva femminile di economia domestica di Noto (SR). 1923. Archivio ANIMI,fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie Fotografie, sottoserie Assistenza ed istru-zione, sottosottoserie Sicilia, UA 392.

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Note

1 Cfr. G. Bonetta, Istruzione e società nella sicilia dell’Ottocento, Sellerio, Palermo, 1981, pp.67-69, AA.VV., Analfabetismo e scuole sussidiarie in Sicilia, Centro Studi Sociali ISAS, Palermo,1970, p. 13, e E. De Fort, Scuola ed analfabetismo nell’Italia del ’900, Il Mulino, Bologna, 1995,p. 50.2 P. Villari, Le lettere meridionali e altri scritti sulla questione sociale in Italia. Introduzionedi Francesco Barbagallo. La camorra, la mafia, il brigantaggio, Guida Editori, Napoli, 1979,p. 22.3 Cfr. G. Pescosolido, Alle origini del divario economico, in AA.VV., Radici storiche ed espe-rienza dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno (Taormina, 18-19 novembre 1994), Roma,Bibliopolis, 1996, p. 17, e G. Toniolo, Storia economica dell’Italia liberale (1850-1918), Il Mu-lino, Bologna, 1988, pp. 90-91.4 G. Barone, Stato, capitale finanziario e Mezzogiorno, in AA.VV., La Modernizzazione diffi-cile: città e campagne nel Mezzogiorno dall’età giolittiana al fascismo, a c. di Giuseppe Giar-rizzo, Bari, De Donato, 1983, p. 28.5 Ivi, p. 31.6 Cfr. Dati censimento 1911 in E. De Fort, Op. cit., p. 50.7 Cfr. G. Bonetta, Op. cit., pp. 67-68.8 Cfr. AA.VV., Analfabetismo ..., p. 22.9 Ivi, p. 30.10 Cfr. E. De Fort, Op. cit., p. 122.11 Cfr. Ibidem.12 G. Barone, Egemonie urbane e potere locale (1882-1913), in AA.VV., La Sicilia, a c. di M. Ay-mard e G. Giarrizzo, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1987, p. 201.13 Cfr. Ivi, p. 203.14 E. De Fort, Op. cit., p. 122.15 Cfr L. Volpicelli, Dopo l’analfabetismo, Vito Bianco Editore, Roma-Milano, 1962, p. 48.16 Ivi, p. 51.17 S. Santamaita, Storia della scuola. Dalla scuola al sistema formativo, Bruno Mondadori, Mi-lano, 1999, p. 99.18 Cfr. L. Volpicelli, Op. cit., p. 54.19 Cfr. G. Canestri, G. Ricuperati, La scuola in Italia dalla legge Casati a oggi, Loescher, To-rino, 1976, pp. 127-128 e E. De Fort, Op. cit., p. 282.20 Cfr. G. Cives, Cento anni di vita scolastica in Italia: ispezioni e inchieste da Gino Capponia Giuseppe Lombardo-Radice, A. Armando, Roma, 1960, p. 231.21 J. Charnitzky, Fascismo e scuola: la politica scolastica del regime, La Nuova Italia, Scandicci(FI), 1996, p. 62.22 Archivio ANIMI, fondo Umberto Zanotti-Bianco, sezione B, serie 1, sottoserie 1, UA 9. R.D.L.n. 1371 del 28/08/1921, art. 1.23 Cfr. P. Bevilacqua, Leopoldo Franchetti in AA.VV., Per una storia dell’Associazione Nazio-nale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (1910-2000). I Presidenti, Manduria-Bari-Roma,Piero Lacaita Editore, 2000, pp. 63-64.24 Cfr. S. Valitutti, Stato e scuola materna, Armando Ed., Roma, 1962, pp. 22-23 e Gaetano Pia-centini (Consigliere segretario), Relazione ANIMI 1918, p. 9 e Relazione ANIMI 1917, p. 13.25 Cfr. G. Galasso, Benedetto Croce, e G. Pescosolido, Giustino Fortunato, in AA.VV., Per unastoria..., pp. 77-78 e 41-42.26 U. Zanotti-Bianco, L’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia neisuoi primi cinquant’anni di vita, Collezione Meridionale Editrice, Roma, 1960, p. 21.27 Ivi, p. 22.28 Cfr. Gaetano Piacentini (Consigliere segretario), Relazione ANIMI 1912-13, p. 5.29 Cfr. U. Zanotti-Bianco, Op. cit., pp. 154-155.30 Relazione del Presidente Franchetti allegata alla Relazione ANIMI 1916.31 Gaetano Piacentini (Consigliere segretario), Relazione ANIMI 1921.32 Archivio ANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie A, sottoserie VI, sotto-sottoserie 6, UA 6. Lettera del 14 novembre 1927.33 G. Bonetta, Corpo e nazione. L’educazione ginnastica, igienica e sessuale nell’Italia libera-le, Franco Angeli, MIlano, 1990, p. 310.

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34 Opuscolo allegato alla Relazione ANIMI 1921, privo del nome dell’estensore.35 Archivio ANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie A, sottoserie VI, sotto-sottoserie 6, UA 6. Lettera del 28 settembre 1921.36 Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia, L’Opera contro l’analfa-betismo nella Sicilia Orientale. Relazione del Direttore dell’Ufficio Regionale. 1921-22. Stati-stiche generali e Bilancio, Roma, Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno Edi-trice, 1923, p. 9.37 Archivio ANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie A, sottoserie VI, sotto-sottoserie 6, UA 6. Lettera a stampa priva di data.38 Archivio ANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie A, sottoserie VI, sotto-sottoserie 6, UA 5. Cfr. lettera del 16 settembre 1924.39 Così indicate nel testo originale.40 Archivio ANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie A, sottoserie I, sotto-sottoserie 8, UA 18. Cfr. Circolare n. 3 del I novembre 1921.41 Ibidem.42 Ivi. Cfr. Circolare n. 4 del 13 novembre 1921.43 ANIMI, Op. cit., p. 8.44 Ivi, pp. 49-50.45 Archivio ANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie A, sottoserie VI, sotto-sottoserie 6, UA 7. Cfr. Varie lettere dai Comuni.46 ANIMI, Op. cit., p. 16.47 Archivio ANIMI, fondo Umberto Zanotti-Bianco, sezione A, serie 1, Diari. Cfr “In treno, 3-2-1925”. 48 ANIMI, Op. cit., p. V.49 Ivi, pp. VI-VII.50 Ivi, p. 15.51 Ivi, p. 13. Corsivi come in originale.52 Ivi, p. 20.53 Ivi, pp. 20-21.54 Archivio ANIMI, fondo ANIMI, partizione 1 (Ufficio di Roma), serie A, sottoserie VI, sotto-sottoserie 6, UA 4. Cfr. Varia corrispondenza.55 ANIMI, Op. cit., pp. 44-45.56 Cfr. Ivi, pp. 45-47.57 Gaetano Piacentini (Consigliere segretario), Relazione ANIMI 1928.58 ANIMI, Op. cit., p. 50.59 G. Bonetta, Istruzione..., p. 127.