l'arte muraria degli inca -...

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Sacsahuamùn, nei pressi di Cuzco, è il sito di una delle più imponenti costruzioni in pietra degli inca. La fotografia mostra parte del sistema di tre terrazze sovrapposte comprendente tre cerchie di mura alte più di tre metri.! massi più grandi pesano circa 100 tonnellate. Benché Sacsahua man venga spesso descritta come una fortezza, ricerche archeologiche re- centi fanno pensare che si trattasse probabilmente di un centro religioso. Nel particolare di un muro di 011antaytambo è evidente la notevole precisione con cui i conci delle costruzioni incaiche combaciano. Il ma- teriale dei blocchi è meta-arcose, un tipo di arenaria. Le sporgenze ser- vivano a manovrare i massi nel sito di costruzione; spesso, a lavoro ultimato, erano lasciate sui blocchi. Questi erano coperti di piccoli segni di scheggiatura prodotti dalle pietre usate come martelli per squadrare i conci. I segni di scheggiatura sono più minuti ai bordi che nel centro della faccia, il che fa pensare all'uso di percussori diversi nelle due aree. L a cultura incaica raggiunse l'apogeo solo un centinaio di anni prima della conquista spagnola, avve- nuta nel 1532. Durante quel secolo la so- cietà incaica si trasformò da piccolo stato agricolo del Però centrale a un potente im- pero che si estendeva dal Cile all'Ecuador. Un aspetto della sua fioritura culturale fu un ambizioso programma di nuove costru- zioni iniziato nel 1438 da Pachacutec, il nono inca (o imperatore). Pachacutec or- dinò alle sue maestranze di ricostruire Cuzco, la capitale dell'impero emergente. La ricostruzione non si fermò alla morte del nono inca. I suoi successori estesero le nuove costruzioni molto oltre i confini di Cuzco. In tutto il Perù furono eretti tem- pli, palazzi, magazzini e impianti idrici, opere costruite ex novo o in sostituzione di strutture precedenti. Il programma di costruzioni di Pa- chacutec fu non solo ambizioso, ma anche tecnicamente innovatore. Benché la mag- gior parte delle strutture incaiche anteriori fosse costruita probabilmente con adobe o con pietre cementate con fango, i nuovi edifici furono eretti per intero a secco. Blocchi di pietra, il cui peso poteva rag- giungere anche 100 tonnellate, venivano squadrati e messi in opera con tanta pre- cisione che in molte delle commessure non è possibile infilare neppure la lama di un coltello. Per secoli e secoli i visitatori del Però sono stati affascinati dalla mole dei conci usati nelle costruzioni in pietra degli inca e dalla precisione con cui ogni concio è stato inserito nell'opera muraria. Il fatto che gli inca non possedessero utensili in ferro rende queste costruzioni ancora più impressionanti. Nel 1979, mentre stavo tornando negli Stati Uniti dopo un incari- co didattico temporaneo in Brasile, visitai alcuni fra i principali siti incaici e rimasi stupito dall'ingegnosità delle costruzioni. Quando chiesi alle mie guide in che modo gli inca squadrassero le grandi pietre e le componessero negli edifici ricevetti rispo- ste non del tutto soddisfacenti. Tornato al- l'Università della California a Berkeley, dove insegno architettura, chiesi a colleghi archeologi informazioni bibliografiche sul- le costruzioni in pietra degli inca. Con mia sorpresa, mi fu detto che su quest'argo- mento non esisteva niente. Pur non essendo un archeologo, ho un acuto interesse professionale per le tecni- che di costruzione. Dopo avere riflettuto a lungo sull'argomento, decisi di compiere personalmente ricerche sulle opere in mu- ratura degli inca. Un semestre di congedo per studi, nel 1982, mi diede l'opportunità di trascorrere sei mesi in Perù, e da allora vi sono tornato ogni anno per un mese circa. La mia ricerca non si è fermata alla fase delle ipotesi. Una volta formulata un'ipotesi, la sottoponevo immediatamen- te a verifica. Usando i materiali disponibili nei siti incaici, sgrossai, squadrai e com- posi assieme conci per dimostrare che que- sti compiti potevano essere eseguiti dagli inca nel modo da me ipotizzato. Rimango- no alcuni misteri, in particolare su come i grandi blocchi in pietra venivano traspor- tati e manovrati nei siti di costruzione, ma nel complesso la mia ricerca ha avuto suc- cesso. Oggi è quindi possibile cominciare a sostituire le congetture sul modo in cui gli inca costruirono le loro belle strutture in pietra con dati empirici. G ran parte della mia ricerca è consistita nell'analisi di specifiche mura incai- che nella stessa Cuzco e nelle «fortezze» di Sacsahuamàn e di 011antaytambo. Sac- sahuamàn è nei pressi di Cuzco e 011an- taytambo si trova sul Rio Urubamba, una novantina di chilometri a nord-est della ca- pitale incaica. Benché in numerosi testi le costruzioni di Sacsahuamàn e di 011an- taytambo vengano descritte come fortez- ze, ricerche archeologiche recenti induco- no a pensare che avessero una funzione religiosa e non militare. Ma quale che sia stato il ruolo che quelle fortezze svolsero nella società incaica, i due siti sono im- pressionanti dal punto di vista delle tecni- che di costruzione. Sacsahuamàn è un sito molto grande, comprendente tre terrazze sovrapposte, cinte da tre mura in pietra separate, alte più di tre metri. 011an- taytambo, costruito sul contrafforte di una montagna, comprendeva un centro reli- gioso, una proprietà reale e una città co- struita secondo un piano urbanistico. Come venivano costruite queste grandi strutture in pietra? Per poter meglio trat- tare questo problema, l'ho suddiviso in quattro parti: l'estrazione delle pietre dalle cave, la sgrossatura e la squadratura dei singoli blocchi, la rifinitura dei conci in modo da farli combaciare perfettamente e il trasporto. Per la ricerca sull'estrazione dei blocchi ho visitato varie cave incaiche, analizzandone due particolareggiatamen- te, Kachiqhata e Rumiqolqa. Kachiqhata si trova a quattro chilometri circa da 01- lantaytambo, al di là del Rio Urubamba, e le sue cave avevano fornito il porfido (granito rosso) usato nella costruzione del Tempio del Sole, la struttura più importan- te a 011antaytambo. Rumiqolqa si trova 35 chilometri a sud-ovest di Cuzco e ha fornito la maggior parte dell'andesite (una roccia vulcanica) usata dai muratori di Pa- chacutec nella ricostruzione della capitale imperiale. Vari indizi suggeriscono che l'estrazio- ne di pietre da costruzione fosse un'attività molto importante per gli inca. Kachiqhata e Rumiqolqa sono località remote, difficili da raggiungere e lontane dai siti nei quali i blocchi venivano usati per le costruzioni. La ragione che indusse gli inca a sfruttare cave così poco accessibili deve essere stata il grande valore che essi attribuivano al tipo di pietra che vi si trova. L'organizzazione interna delle cave di- mostra inoltre quanta attenzione venisse prestata al sistema adottato per procurarsi le pietre da costruzione. Tanto Rumiqolqa quanto Kachiqhata hanno reti di vie d'ac- cesso che conducono ai punti dai quali si estraevano le pietre da costruzione. Si ar- riva, per esempio, alle cave di Kachiqhata percorrendo una strada che scende da 01- lantaytambo, attraversa il Rio Urubamba e sale, sull'altra riva del fiume, fino a una serie di dirupi dai quali si staccano natu- ralmente falde di roccia che si accumulano L'arte muraria degli inca Eseguendo personalmente il lavoro di tagliapietre in una cava incaica, l'autore è riuscito a spiegare come gli inca raggiungessero tanta precisione nel far combaciare gli enormi blocchi di pietra usati nelle loro costruzioni di Jean-Pierre Protzen 56 57

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Page 1: L'arte muraria degli inca - download.kataweb.itdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1986_212_5.pdf · nati. Le cave di Rumiqolqa sono state molto sfruttate dopo la conquista

Sacsahuamùn, nei pressi di Cuzco, è il sito di una delle più imponenticostruzioni in pietra degli inca. La fotografia mostra parte del sistema ditre terrazze sovrapposte comprendente tre cerchie di mura alte più di tre

metri.! massi più grandi pesano circa 100 tonnellate. Benché Sacsahuaman venga spesso descritta come una fortezza, ricerche archeologiche re-centi fanno pensare che si trattasse probabilmente di un centro religioso.

Nel particolare di un muro di 011antaytambo è evidente la notevoleprecisione con cui i conci delle costruzioni incaiche combaciano. Il ma-teriale dei blocchi è meta-arcose, un tipo di arenaria. Le sporgenze ser-vivano a manovrare i massi nel sito di costruzione; spesso, a lavoro

ultimato, erano lasciate sui blocchi. Questi erano coperti di piccoli segnidi scheggiatura prodotti dalle pietre usate come martelli per squadrare iconci. I segni di scheggiatura sono più minuti ai bordi che nel centro dellafaccia, il che fa pensare all'uso di percussori diversi nelle due aree.

L

a cultura incaica raggiunse l'apogeosolo un centinaio di anni primadella conquista spagnola, avve-

nuta nel 1532. Durante quel secolo la so-cietà incaica si trasformò da piccolo statoagricolo del Però centrale a un potente im-pero che si estendeva dal Cile all'Ecuador.Un aspetto della sua fioritura culturale fuun ambizioso programma di nuove costru-zioni iniziato nel 1438 da Pachacutec, ilnono inca (o imperatore). Pachacutec or-dinò alle sue maestranze di ricostruireCuzco, la capitale dell'impero emergente.La ricostruzione non si fermò alla mortedel nono inca. I suoi successori estesero lenuove costruzioni molto oltre i confini diCuzco. In tutto il Perù furono eretti tem-pli, palazzi, magazzini e impianti idrici,opere costruite ex novo o in sostituzione distrutture precedenti.

Il programma di costruzioni di Pa-chacutec fu non solo ambizioso, ma anchetecnicamente innovatore. Benché la mag-gior parte delle strutture incaiche anteriorifosse costruita probabilmente con adobe ocon pietre cementate con fango, i nuoviedifici furono eretti per intero a secco.Blocchi di pietra, il cui peso poteva rag-giungere anche 100 tonnellate, venivanosquadrati e messi in opera con tanta pre-cisione che in molte delle commessure nonè possibile infilare neppure la lama di uncoltello.

Per secoli e secoli i visitatori del Peròsono stati affascinati dalla mole dei conciusati nelle costruzioni in pietra degli incae dalla precisione con cui ogni concio èstato inserito nell'opera muraria. Il fattoche gli inca non possedessero utensili inferro rende queste costruzioni ancora piùimpressionanti. Nel 1979, mentre stavotornando negli Stati Uniti dopo un incari-co didattico temporaneo in Brasile, visitaialcuni fra i principali siti incaici e rimasistupito dall'ingegnosità delle costruzioni.Quando chiesi alle mie guide in che modogli inca squadrassero le grandi pietre e lecomponessero negli edifici ricevetti rispo-ste non del tutto soddisfacenti. Tornato al-l'Università della California a Berkeley,

dove insegno architettura, chiesi a colleghiarcheologi informazioni bibliografiche sul-le costruzioni in pietra degli inca. Con miasorpresa, mi fu detto che su quest'argo-mento non esisteva niente.

Pur non essendo un archeologo, ho unacuto interesse professionale per le tecni-che di costruzione. Dopo avere riflettuto alungo sull'argomento, decisi di compierepersonalmente ricerche sulle opere in mu-ratura degli inca. Un semestre di congedoper studi, nel 1982, mi diede l'opportunitàdi trascorrere sei mesi in Perù, e da alloravi sono tornato ogni anno per un mesecirca. La mia ricerca non si è fermata allafase delle ipotesi. Una volta formulataun'ipotesi, la sottoponevo immediatamen-te a verifica. Usando i materiali disponibilinei siti incaici, sgrossai, squadrai e com-posi assieme conci per dimostrare che que-sti compiti potevano essere eseguiti dagliinca nel modo da me ipotizzato. Rimango-no alcuni misteri, in particolare su come igrandi blocchi in pietra venivano traspor-tati e manovrati nei siti di costruzione, manel complesso la mia ricerca ha avuto suc-cesso. Oggi è quindi possibile cominciarea sostituire le congetture sul modo in cuigli inca costruirono le loro belle strutturein pietra con dati empirici.

Gran parte della mia ricerca è consistitanell'analisi di specifiche mura incai-

che nella stessa Cuzco e nelle «fortezze» diSacsahuamàn e di 011antaytambo. Sac-sahuamàn è nei pressi di Cuzco e 011an-taytambo si trova sul Rio Urubamba, unanovantina di chilometri a nord-est della ca-pitale incaica. Benché in numerosi testi lecostruzioni di Sacsahuamàn e di 011an-taytambo vengano descritte come fortez-ze, ricerche archeologiche recenti induco-no a pensare che avessero una funzionereligiosa e non militare. Ma quale che siastato il ruolo che quelle fortezze svolseronella società incaica, i due siti sono im-pressionanti dal punto di vista delle tecni-che di costruzione. Sacsahuamàn è un sitomolto grande, comprendente tre terrazzesovrapposte, cinte da tre mura in pietra

separate, alte più di tre metri. 011an-taytambo, costruito sul contrafforte di unamontagna, comprendeva un centro reli-gioso, una proprietà reale e una città co-struita secondo un piano urbanistico.

Come venivano costruite queste grandistrutture in pietra? Per poter meglio trat-tare questo problema, l'ho suddiviso inquattro parti: l'estrazione delle pietre dallecave, la sgrossatura e la squadratura deisingoli blocchi, la rifinitura dei conci inmodo da farli combaciare perfettamente eil trasporto. Per la ricerca sull'estrazionedei blocchi ho visitato varie cave incaiche,analizzandone due particolareggiatamen-te, Kachiqhata e Rumiqolqa. Kachiqhatasi trova a quattro chilometri circa da 01-lantaytambo, al di là del Rio Urubamba,e le sue cave avevano fornito il porfido(granito rosso) usato nella costruzione delTempio del Sole, la struttura più importan-te a 011antaytambo. Rumiqolqa si trova35 chilometri a sud-ovest di Cuzco e hafornito la maggior parte dell'andesite (unaroccia vulcanica) usata dai muratori di Pa-chacutec nella ricostruzione della capitaleimperiale.

Vari indizi suggeriscono che l'estrazio-ne di pietre da costruzione fosse un'attivitàmolto importante per gli inca. Kachiqhatae Rumiqolqa sono località remote, difficilida raggiungere e lontane dai siti nei qualii blocchi venivano usati per le costruzioni.La ragione che indusse gli inca a sfruttarecave così poco accessibili deve essere statail grande valore che essi attribuivano altipo di pietra che vi si trova.

L'organizzazione interna delle cave di-mostra inoltre quanta attenzione venisseprestata al sistema adottato per procurarsile pietre da costruzione. Tanto Rumiqolqaquanto Kachiqhata hanno reti di vie d'ac-cesso che conducono ai punti dai quali siestraevano le pietre da costruzione. Si ar-riva, per esempio, alle cave di Kachiqhatapercorrendo una strada che scende da 01-lantaytambo, attraversa il Rio Urubambae sale, sull'altra riva del fiume, fino a unaserie di dirupi dai quali si staccano natu-ralmente falde di roccia che si accumulano

L'arte muraria degli incaEseguendo personalmente il lavoro di tagliapietre in una cava incaica,l'autore è riuscito a spiegare come gli inca raggiungessero tanta precisionenel far combaciare gli enormi blocchi di pietra usati nelle loro costruzioni

di Jean-Pierre Protzen

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MACHU PICCHU N

RUMIQOLQA

5 110 15 20

CHILOMETRI

? t

OLLANTAYTAMBO

KACHIQHATA

CUZCO

9013AMBA

Alcuni siti incaici sono concentrati nei pressi di Cuzco, negli altopiani del Perù centromeridionale.Cuzco era la capitale dell'impero degli inca, e ivi la tecnica di costruzione a secco con pietreperfettamente squadrate raggiunse un nuovo culmine nel Quattrocento. Le pietre usate nellacostruzione di molti edifici provenivano dalle cave di Rumiqolqa. A 011antaytambo sorge un'im-ponente rovina incaica che, come la costruzione di Sacsahuamàn, è spesso designata come for-tezza, mentre era probabilmente un centro religioso. Le pietre usate a 011antaytambo provenivanoda Kachiqhata. Machu Picchu, una delle città incaiche più famose e meglio situate, sorge fra picchimontuosi. Urubamba e Vilcanota sono due nomi di uno stesso fiume in parti diverse del corso.

La Cava dei lama a Rumiqolqa è ben conservata. I cavatori incaicistaccavano massi dalla parete rocciosa (a sinistra) servendosi probabil-mente di leve di bronzo o di bastoni di legno. I blocchi da costruzionevenivano poi squadrati e rifiniti prima di essere trasportati via dalla cava.

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Sul terreno, nella Cava dei lama, sono disseminati 250 blocchi abban-donati in varie fasi di lavorazione. Esaminandoli, l'autore ha potutoricostruire i metodi di lavorazione della pietra usati dagli inca. Le pietrefinite venivano portate via dalla cava lungo rampe ricoperte di ghiaia.

a valle in grandi pile. Là dove raggiungequesti dirupi, la via di accesso si suddividein numerose ramificazioni che conduconoai vari siti della cava. Il percorso della stra-da può essere ricostruito con facilità inquanto il fondo è ragionevolmente benconservato ed è inoltre fiancheggiato daun'ottantina di blocchi di pietra che furonoabbandonati dagli inca.

Nella parte alta della collina, sul piano-ro e lungo i pendii meno scoscesi della par-te bassa della collina, la rete di vie d'acces-so era formata da rampe che in origineerano probabilmente ricoperte da ghiaia.Sui pendii ripidi della parte bassa della col-lina, le rampe sono sostituite da piani in-clinati lungo i quali si lasciava che i blocchiscivolassero liberamente. A Kachiqhata ilpiano inclinato più lungo ha una pendenzaimpressionante di 40 gradi, con un disli-vello verticale di 250 metri; al fondo delpendio vi sono quattro blocchi abbando-nati. Le cave di Rumiqolqa sono statemolto sfruttate dopo la conquista e nonsono ben conservate come quelle di Kachi-qhata, ma anche in esse si può ricostruireuna rete di strade che conducono ai sitidelle cave. In entrambe le località gli incaavevano integrato le vie di accesso con al-tre strutture, come muri di sostegno, cana-li di scolo e acquartieramenti.

Benché le due località abbiano una pian-ta simile, i metodi usati nelle cave di

Kachiqhata erano leggermente diversi daquelli usati a Rumiqolqa. A Kachiqhata

gli inca non estraevano pietre nel sensotecnico, che implica il taglio della pietra dauna parete di roccia o il suo distacco dallaroccia in posto mediante taglio alla base.I cavatori si limitavano invece a ispeziona-re i materiali rocciosi franati e a sceglierei biocchi di granito rosso a grana grossache corrispondevano alle loro esigenze. Leosservazioni da me compiute suggerisco-no che, dopo essere stato scelto a K achi-qhata, un blocco venisse lavorato assaipoco prima di essere trasportato a 011an-taytambo. Pare che l'ulteriore lavorazionedi squadratura della pietra e la rifinituraper far combaciare perfettamente le super-fici dei vari conci venissero eseguite nelsito di costruzione.

A Kachiqhata il lavoro di sgrossaturasu un blocco veniva spesso cominciato pri-ma che la rampa che conduceva a essofosse completata. Che fosse così risultaparticolarmente chiaro alla fine della ram-pa più alta nella cava meridionale. Neisuoi pressi, due blocchi enormi, uno di4,5 x 2,5 x 1,7 metri e l'altro, invece, di6,5 x 2,7 x 2,1 metri, sono sollevati supiattaforme per la lavorazione della pietra.Benché i blocchi siano parzialmente squa-drati, la rampa di accesso non si estendesino alle piattaforme su cui essi si trovano.

Curiosamente, i segni di taglio riscon-trati su questi blocchi e su altri che sonostati rinvenuti nelle cave incaiche sonomolto simili a quelli che si possono osser-vare sul pyramidion dell'obelisco non ter-minato di Assuan, in Egitto. (Il pyrami-

dion è la piccola punta piramidale allasommità di un obelisco.) Tanto il pyrami-dion di Assuan quanto le pietre di Kachi-qhata presentano, in superficie, degli inca-vi. È noto che gli egizi davano alle pietrela forma voluta martellandole con palle didolente (una roccia vulcanica). Sembraragionevole pensare che anche gli inca fa-cessero altrettanto.

Nel corso di un'accurata perlustrazionesul terreno della cava di Kachiqhata hotrovato alcune pietre arrotondate di quar-zite, un'arenaria metamorfica che non sitrova naturalmente fra le pietre della cava,mentre è presente lungo le rive del vicinoRio Urubamba. Un esame effettuato su diesse rivelò la presenza di incavi alla loroestremità più piccola, il che indica che fu-rono usate per martellare. Ho così conclu-so che i cavatori inca a Kachiqhata racco-glievano ciottoli di fiume arrotondati sullerive del Rio Urubamba e li utilizzavanopoi come martelli per sgrossare i blocchiprima di procedere all'operazione più ac-curata di squadratura e di rifinitura chedoveva essere eseguita nel sito di costru-zione a 011antaytambo.

A Kachiqhata, quindi, si sceglievanoblocchi di pietra dai materiali franati piùche estrarli in senso tecnico, e si dava aessi soltanto una squadratura approssima-tiva prima di effettuare il trasporto. A Ru-miqolqa, invece, i materiali venivano sca-vati veramente, ossia i blocchi venivanostaccati dalla parete rocciosa. Poiché inquesta località le cave sono state sfruttatedopo la conquista e vengono coltivate an-cora oggi, gran parte delle prove che gliinca sfruttassero la roccia sono state can-cellate. Sono riuscito però a trovare unpunto di scavo ben conservato in un'areadifficile da raggiungere e che perciò non èstata coltivata in tempi moderni. L'hochiamata «Cava dei lama» con riferimentoai due petroglifi di lama, incisi su una pa-rete di roccia.

T a Cava dei lama si è rivelata una riccaL fonte di informazioni sul modo in cuigli inca estraevano e squadravano le pietreda costruzione. A Rumiqolqa l'estrazionedell'andesite non pone gravi problemi tec-nici. Persino la roccia più densa si fratturaabbastanza facilmente allo stato naturaleda poterla staccare senza eccessiva diffi-coltà dalla superficie rocciosa. Può darsiche i cavatori staccassero dalla superficiedella roccia le pietre che volevano per mez-zo di leve del tipo di quelle che sono statetrovate in altri siti incaici. Le leve, in bron-zo, sono lunghe un metro circa; esse han-no estremi appuntiti e una sezione qua-drangolare di quattro o cinque centimetridi lato. A Rumiqolqa, però, la pietra è tal-mente fratturata che l'uso di leve in bronzonon sarebbe stato necessario. Ho visto ca-vatori staccare pietre dalla parete di rocciacon semplici bastoni; gli inca potrebberoaver fatto lo stesso.

Mentre è abbastanza facile capire comegli inca estraevano le pietre, è più difficileindividuare le tecniche con cui le pietre ve-nivano sgrossate e squadrate. Anche a

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VIVERE LA CIVILTA ELETTRONICA

PSICOLOGIAQuando un bambinogioca con un robot.

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PETROLIOPiattaforme giganti:

riusciremo a farle di plastica?

questo proposito la Cava dei lama è risul-tata utile. La cosa più sorprendente è co-stituita dai 250 blocchi di pietra estrattidagli inca e disseminati nel sito. In contra-sto con le pietre di Kachiqhata, quelle diRumiqolqa venivano in generale rifinite, oquasi rifinite, su cinque delle sei superficiquando ancora si trovavano nella cava.Fra i 250 blocchi presenti nella Cava deilama si possono trovare esempi di tutte lefasi della lavorazione, dalla pietra grezzaa blocchi squadrati con cura. Esaminandoqueste varie fasi sono riuscito a ricostruireil processo di lavorazione dei conci.

In primo luogo mi sono prefisso di iden-tificare gli utensili usati per squadrare lepietre della Cava dei lama. Disseminatefra i frammenti di andesite, ho trovato pie-tre estranee al sito sia per forma sia percomposizione. Mi sono imbattuto in unnumero di queste pietre estranee sufficien-te a darmi a certezza che esse venisserousate come martelli per conferire ai bloc-chi la forma desiderata. Come a K achi-qhata, la maggior parte di queste pietreestranee è costituita da ciottoli di fiume.Sembra che questi ciottoli provenisserodalle rive del Rio Vilcanota, che scorrenon lontano dalla cava. Alcune fra le pie-tre usate come martelli sono di quarzitepura, altre di granito, altre ancora di ba-salto olivinico. (Il basalto è una roccia vul-canica e l'olivina è un minerale che si trovain esso.)

Le pietre usate come martelli e l'ande-site delle pietre da costruzione hanno pres-sappoco la stessa durezza. La durezza simisura con la scala di Mohs. Nella scaladi Mohs il talco, il minerale più tenero, hadurezza 1, mentre il diamante, il più duro,ha durezza 10. Le pietre da percussione dame trovate nella Cava dei lama hanno unadurezza di 5,5 circa, pressappoco la stessadurezza dell'andesite dei blocchi da co-struzione. Le pietre usate come martellisono però più dure dell'andesite, la quale,avendo subìto un raffreddamento differen-ziale durante la formazione ha accumulatoal suo interno delle tensioni. Quando l'an-desite viene colpita, le tensioni si liberanoprovocando la frammentazione della roc-cia. Di conseguenza, i ciottoli di fiumepossono essere utilizzati efficacemente co-me martelli per squadrare e rifinire le pie-tre da costruzione.

rvidentemente i tagliapietre inca usava--L.1 no «martelli» di dimensioni diversenelle varie fasi del processo di produzionedei conci. Nella ricerca che ho condottonei siti delle cave ho trovato tre gruppi dipercussori. Il primo gruppo includeva pie-tre con un peso compreso tra otto e 10chilogrammi, il secondo pietre con un pesocompreso tra due e cinque chilogrammi eil terzo pietre di peso inferiore a un chilo-grammo. Sono convinto che ogni gruppoavesse una funzione specifica. I percussoripiù grossi potrebbero essere serviti per illavoro di sgrossatura e squadratura deiblocchi dopo il loro distacco dalla superfi-cie della roccia. La maggior parte dei bloc-chi non rifiniti presenta tracce di scheggia-

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alle grandi malattie del secolo.

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Un esperimento compiuto dall'autore rivela come i tagliapietre incaiciavrebbero squadrato i blocchi da costruzione. Dopo aver grosso modosquadrato un blocco di andesite (una roccia vulcanica) prelevato dallaCava dei lama, l'autore ha preso una pietra di circa quattro chilogrammie l'ha usata per martellare una delle sei facce (I). Il percussore era tenutosenza eccessivo sforzo fra le mani, che si limitavano a guidarne la cadutasulla pietra a un angolo di 15-20 gradi dalla normale. Immediatamenteprima di colpire la pietra, al percussore veniva impartita un'ulterioreinclinazione con il polso, cosicché l'angolo diveniva di circa 45 gradi

(2). Dopo ogni colpo, il percussore rimbalzava di circa 25 centimetr'(3). Terminata la lavorazione della prima faccia, il blocco era lasciatonella stessa posizione e si passava a un percussore più piccolo per rifiniregli spigoli della faccia successiva (4). Il percussore più piccolo, chepesava 560 grammi, era tenuto saldamente in mano, per impartire colpidi striscio dallo spigolo verso l'esterno. Poi il blocco era ruotato in mododa usare sulla seconda faccia il percussore più grosso (5 ). La tecnica hadato come risultato un blocco dagli angoli leggermente convessi, moltosimili a quelli che si osservano nei blocchi in pietra degli inca (6).

tura caratteristiche, simili a quelle che siosservano sugli utensili in pietra scheggia-ta, ma molto più grandi. I segni di scheg-giatura sono stati probabilmente prodottidai grossi percussori, usati per la squadra-tura. I percussori medi servivano probabil-mente per rifinire le superfici dei blocchi ei più piccoli per gli spigoli.

Per accertare se i tagliapietre inca po-tessero avere usato i tre gruppi di percus-sori in questo modo sono passato dall'os-servazione alla sperimentazione. La mate-ria prima del mio esperimento è stato unpezzo grezzo di andesite che misurava cir-ca 25 x 25 x 30 centimetri. Usando comepercussore una pietra di quattro chilo-grammi circa, ho eliminato le sporgenzemaggiori per dare al blocco di andesite laforma approssimativa di un parallelepipe-do. Per raggiungere lo scopo sono statisufficienti sei colpi. L'obiettivo successivoè stato quello di spianare una delle sei fac-ce del blocco. A questo scopo ho scelto unpercussore diverso, sempre del peso diquattro chilogrammi circa, e con esso hocominciato a martellare il blocco. Si po-trebbe pensare che impugnare per un pe-riodo prolungato una pietra di quattro chi-logrammi sia faticoso. Il lavoro è facilita-to, invece, dalla gravità. Senza bisogno diimpugnare il percussore con forza, lo sipuò lasciar cadere sulla superficie del bloc-co, guidandolo semplicemente con en-trambe le mani. Agendo in questo modo ilpercussore rimbalzerà sul blocco di ande-site di I 5-25 centimetri cosicché lo si potràlasciar cadere di nuovo su di esso. L'ope-razione può così essere ripetuta per un lun-go periodo e lo sforzo richiesto è piccolo.

Lavorando in questo modo si darebbeperò forma al blocco essenzialmente rom-pendo la pietra. Se invece il percussore vie-ne diretto sulla superficie del blocco a unangolo compreso fra 15 e 20 gradi dallanormale (perpendicolare), si staccano pic-cole schegge e l'operazione di taglio vienemolto accelerata. Ho trovato che l'effi-cienza del colpo può essere ulteriormenteaumentata dando al percussore una mag-giore inclinazione con il polso subito pri-ma che esso entri in contatto con la super-ficie del blocco. La torsione del polso faaumentare l'angolo di impatto a 40-45gradi rispetto alla normale (si veda l'illu-strazione nella pagina a fronte),I1 mecca-nismo con il quale aumentando l'angoloaumenta l'efficacia del taglio si può spie-gare facilmente. Quando il percussore ècalato verticalmente, la forza del colpo siconverte in compressione, la quale frantu-ma la roccia. Se il colpo è deviato dallaverticale, alla compressione si aggiungeuna forza di taglio, la quale aumenta al-l'aumentare dell'angolo del colpo: è la for-za di taglio a staccare le minuscole scheg-ge di pietra, accelerando l'operazione.

Dopo che una delle sei facce del bloccoè stata spianata, il tagliapietre deve mutaretecnica. Se il blocco venisse semplicemen-te ruotato e si usasse lo stesso percussoreper squadrare la nuova faccia, senza dub-bio dagli spigoli di questa i colpi del grossopercussore staccherebbero grandi scheg-

Questo muro demolito a 011antaytambo fornisce indizi sul modo in cui gli inca facevano comba-ciare i conci. Ogni depressione concava indica il punto da cui è stata tolta una pietra sovrastante.Le depressioni venivano eseguite con precisione martellando il blocco con una pietra sino a ottenereuna corrispondenza perfetta con la superficie inferiore della pietra che vi veniva posata sopra.

I segni di trascinamento sulla faccia inferiore di un blocco trovato a 011antaytarnbo suggerisconoche alcune pietre fossero trasportate fino al sito di costruzione sulle strade incaiche ricoperte dighiaia. I segni possono essere analizzati per determinare la direzione in cui il blocco venivatrascinato. Per esempio, la depressione circolare (a sinistra del centro) è delimitata in modo nettoa sinistra e in modo smussato a destra. Quando il blocco veniva trascinato, la ghiaia finiva nelladepressione sotto al bordo anteriore, che rimaneva netto. Raggiunta la parte posteriore delladepressione, essa era compressa fra fondo stradale e bordo posteriore della rientranza, che siusurava e smussava. Questo fa pensare che il blocco fotografato sia stato trascinato verso sinistra.

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ge. Per evitare l'inconveniente, il tagliapie-tre deve passare a un percussore più pic-colo per formare gli spigoli della nuovafaccia prima che venga spianata la partecentrale. Per questo lavoro ho usato unapietra del peso di circa 560 grammi. Il me-todo è del tutto diverso da quello del tagliodella faccia: anziché colpire la superficiedel blocco più o meno verticalmente, ilpercussore colpisce lo spigolo di striscio.La gravità ha poca parte nel lavoro com-piuto sullo spigolo del blocco. Il percusso-re da 560 grammi è troppo piccolo peressere lasciato cadere e fatto poi rimbalza-re. Esso deve essere tenuto saldamente inmano e la forza del colpo viene esclusiva-mente dal braccio del tagliapietre.

Una volta che siano stati formati gli spi-goli, il blocco può essere ruotato. Il

percussore piccolo viene messo da parte eil tagliapietre riprende il percussore più

pesante per spianare la nuova faccia. Sulmio concio ho spianato due facce dopo laprima provando vari altri percussori di pe-so compreso fra 3,5 e quattro chilogram-mi. A lavoro ultimato, ho ottenuto unblocco abbastanza ben squadrato. L'inte-ro processo, dalla squadratura del bloccoalla formazione di cinque spigoli e allaspianatura di tre facce, non ha richiestopiù di 90 minuti. Il mio esperimento dimo-stra che le pietre da costruzione possonoessere estratte, sgrossate e squadrate usan-do utensili semplici, in un modo che richie-de poco tempo o sforzo. Il problema suc-cessivo è vedere se questi siano realmentei metodi usati dagli inca.

Le prove di ordine fisico in base allequali gli inca avrebbero usato tecniche si-mili a quelle da me sperimentate sono nu-merose. Sulle pietre di tutti i muri incaici,a prescindere dal tipo di roccia, si trovanosegni del distacco di schegge simili a quelli

lasciati dal mio lavoro sul concio speri-mentale. Se il blocco è di calcare, nel segnolasciato dal distacco della scheggia o at-torno a esso vi sarebbe uno scoloramentobiancastro. Le chiazze bianche indicanosenza dubbio una parziale metamorfosidel calcare conseguente al calore generatodalla percussione. Su ogni pietra da meesaminata i segni di scheggiatura sono piùpiccoli verso gli spigoli che al centro dellefacce, a dimostrazione del fatto che i per-cussori usati per formare gli spigoli eranopiù piccoli di quelli usati al centro dellefacce. Altri dati provengono dal cronistacoevo Garcilaso de la Vega, noto come «elInca». Figlio di un conquistador e di unaprincipessa inca, egli scrisse nel 1609 chegli inca «non hanno per lavorare la pietraaltri utensili se non alcune pietre nere...con le quali squadrano i blocchi martellan-doli piuttosto che tagliandoli».

La questione forse più interessante ditutte riguarda non l'estrazione o la squa-dratura dei blocchi, ma il modo in cui legrandi pietre venivano fatte combaciarecon tanta precisione. Le commessure sonodi due tipi principali: di base e laterali.Quelle di base sono le giunzioni orizzontaliattraverso le quali la maggior parte del pe-so di un blocco viene trasmesso al corso,o serie di pietre, sottostante. Le commes-sure laterali sono le giunzioni fra pietredello stesso corso e attraverso di esse sitrasmette poco peso o niente affatto. Mioccuperò qui in particolare delle giunzionidi base.

Dopo avere esaminato molti muri incai-ci sono giunto alla conclusione che, quan-do ne veniva costruito uno, le commessuredi base venivano realizzate lavorando lafaccia superiore dei blocchi del corso giàmesso in opera, sul quale venivano appog-giate a secco le pietre del corso successivo.Le superfici delle pietre erano in generalelievemente convesse e la faccia superioredelle pietre già in opera, che dovevano ac-coglierle, veniva perciò lavorata in mododa renderla concava. Dovunque ci si im-batta in un muro demolito, si possono os-servare chiaramente le depressioni conca-ve nelle pietre dei corsi rimasti in piedi; inesse si rilevano precise impronte lasciatedalla parte inferiore delle pietre rimosse (siveda l'illustrazione in alto a pagina 63).Queste depressioni concave non concor-dano con un'ipotesi che è stata spesso sug-gerita riguardo alle opere murarie incai-che, ossia che le pietre contigue venisserosfregate l'una contro l'altra per ottenere unperfetto combaciamento. È chiaro che,sfregando due superfici fra loro non è pos-sibile conseguire giunzioni perfette conca-vo-convesse come quelle da me osservate.In quale modo dunque veniva ottenutaquesta mirabile corrispondenza?

Come per la squadratura delle pietre, hotentato di cimentarmi nel compito di

imparare in quale modo lavorassero gli in-ca per riuscire a fare combaciare perfetta-mente i conci. In questo esperimento houtilizzato il blocco di andesite già usatonell'esperimento di squadratura e un bloc-

Le sporgenze sui blocchi da costruzione degli inca hanno varie forme, corrispondenti probabil-mente a funzioni specifiche. Un tipo (in alto) è adatto all'applicazione di leve. Un altro (in basso)sarebbe servito a legarvi funi. Un terzo (al centro) potrebbe avere assolto entrambe le funzioni.

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co più grosso, in cui scavare la concavitàdella commessura di base che doveva ac-cogliere la pietra superiore. Cominciai illavoro ponendo il blocco più piccolo suquello più grande e disegnandone il con-torno. Tolto il blocco più piccolo e, usandoil contorno come guida, ho scavato nelblocco più grande, con un lavoro di mar-tellatura, una depressione corrispondentealla forma complessiva della faccia infe-riore della pietra più piccola. Il lavoro dipercussione produceva abbondante polve-re, che doveva essere spazzata via. La pol-vere ostacola, infatti, il lavoro perchésmorza i colpi del percussore; tuttavia essaè anche utile: quando il blocco superioreviene posato di nuovo per prova sul bloccosottostante, lascia nella polvere un'im-pronta della sua superficie inferiore. Lapolvere viene compressa nei punti di con-tatto, mentre non è compressa affatto do-ve le due pietre non combaciano. Tolta lapietra, si continua a colpire nei punti dicontatto, indicati dalle aree dove la polve-re è stata compressa. Ripetendo varie vol-te questo procedimento, è possibile ottene-re alla fine una corrispondenza tanto pre-cisa quanto la si desidera.

La stessa tecnica può essere utilizzataper formare le commessure laterali. Ilnuo-vo concio che deve essere aggiunto al cor-so viene accostato ai blocchi già in operae su questi si scavano depressioni concave.Le commessure laterali differiscono daquelle di base per il fatto che la corrispon-denza perfetta che si osserva guardando ilmuro frontalmente prosegue, a volte, perpochi centimetri, mentre la parte più inter-na della commessura è riempita da pietri-sco. In molti casi, però, le commessurelaterali combaciano sull'intera superficiedi contatto con la stessa perfezione dellecommessure di base.

È chiaro che la tecnica usata dagli incaper far combaciare i blocchi di pietra con-sisteva in gran parte nel procedere per ten-tativi ed errori. Questo è un metodo labo-rioso, specialmente se si considerano le di-mensioni colossali di alcuni dei blocchi dipietra usati a Sacsahuaman e a 011an-taytambo. Si deve però tener presente chetempo e mano d'opera non costituivano unproblema per gli inca, i quali non avevanouna nozione europea del tempo e dispone-vano di una grande abbondanza di manod'opera che era il tributo dei popoli con-quistati. I miei esperimenti dimostrano,inoltre, che con un poco di pratica si fapresto l'occhio alle corrispondenze fra su-perfici, cosicché il tempo necessario perottenere commessure soddisfacenti si ridu-ce di molto. A favore del mio metodo sipuò sottolineare che esso funziona e, inol-tre, non richiede utensili diversi da quellieffettivamente documentati. Esso ha in piùil sostegno di almeno due autori del Cin-quecento. Uno di loro, José de Acosta, ungesuita che viaggiò con i conquistadoresspagnoli ed è considerato un osservatoremolto attendibile, scrisse nel 1589: «Tuttoquesto fu realizzato con molta mano d'o-pera e molta pazienza nel lavoro, poichéper adattare una pietra all'altra, finché

combaciassero perfettamente, era neces-sario compiere molte prove.»

Io ritengo che i miei esperimenti forni-scano una spiegazione ragionevole del me-todo con cui i tagliapietre inca estraevanole pietre, le squadravano e le facevanocombaciare. In che modo i blocchi venis-sero trasportati al sito di costruzione e co-me venissero manovrati, una volta giuntialla sede definitiva, sono interrogativi chenon hanno invece trovato finora alcunarisposta soddisfacente.

Nel manovrare i massi, che erano spes-so molto pesanti, avevano senza dubbiouna funzione importante le sporgenze la-sciate sulle loro superfici. Con una grandevarietà di dimensioni e di forme (si vedal'illustrazione alla pagina 64), queste pro-tuberanze si trovano in generale sulla par-te inferiore di un blocco già messo in operae potrebbero essere state utilizzate per at-taccarvi delle corde, o come punti ai qualiapplicare la forza di una leva. A quantopare, esse venivano scolpite sui conci sol-tanto nel sito di costruzione e la loro fun-zione specifica doveva essere quella di fa-cilitare la manovra dei massi. Poiché nes-suno dei blocchi di pietra abbandonati lun-go le strade di trasporto presenta sporgen-ze, sembrerebbe che queste non avesseroalcuna funzione nel trasporto dei blocchial sito di costruzione.

Come venivano trasportati i blocchi?Qualche indizio preliminare è fornito daiblocchi sparsi, che si trovano a 011an-taytambo. Su questi blocchi si può osser-vare un particolare logorio contrassegnatoda striature longitudinali più o meno paral-lele. Tanto il logorio quanto le striaturesembrano essere il risultato del trascina-mento dei blocchi dalle cave al sito di co-struzione. La direzione in cui il blocco ve-niva trascinato può essere determinata fa-cilmente dai segni. Se si esamina attenta-mente la superficie di un blocco, si scopro-no aree dalla forma irregolare che non so-no state usurate perché sono leggermenterientranti. Queste aree hanno in generaleuna delimitazione netta su un lato e unadelimitazione smussata, graduale, sull'al-tro. Quando il masso veniva trascinato, ilbordo netto si trovava nella parte anterioree quello smussato nella parte posteriore.La ghiaia del fondo stradale doveva accu-mularsi nella parte posteriore della depres-sione e doveva rimanere compressa fra ilblocco e la strada, logorando in tal modol'area del bordo posteriore.

Altre caratteristiche dei blocchi contri-buiscono a darci un quadro più completodi come essi venissero trasportati. Il logo-rio si trova solo sulla superficie più grandedella pietra, suggerendo che i blocchi ve-nissero trascinati nella loro posizione piùstabile. I blocchi trovati nella cava nonpresentano logorio e l'estensione della su-perficie usurata aumenta con la distanzadalla cava. La presenza del logorio toglieverosimiglianza all'ipotesi che gli inca tra-sportassero le pietre più grandi su rulli oscivoli. Le tracce di trascinamento nonescludono la possibilità che rulli o scivolivenissero usati nelle parti delle rampe si-

tuate più in alto sulla collina, ma non èstata trovata alcuna traccia materiale ditali attrezzi.

Se i blocchi venivano trascinati lungo lerampe di accesso, gli inca devono aver de-dicato a questo compito una mano d'operaconsiderevole, particolarmente per i bloc-chi più grossi. La forza richiesta per tra-scinare un blocco dipende dal coefficiented'attrito tra la pietra e il materiale dellarampa, dalla pendenza della rampa e dalpeso del blocco. Ho determinato speri-mentalmente il coefficiente d'attrito e hotrovato che la pendenza della rampa di 01-lantaytambo era di circa 10 gradi. A 01-lantaytambo il blocco più grosso pesa cir-ca 140 tonnellate. Ho calcolato che pertrascinare un blocco del genere su per larampa occorrerebbe una forza di circa120 400 chilogrammi. Ammesso che unuomo possa esercitare una trazione co-stante con una forza di 50 chilogrammi(che potrebbe essere un stima sbagliata pereccesso), occorrerebbero circa 2400 uo-mini per trascinare il blocco sino alla cimadella rampa. Questa cifra concorda (alme-no come ordine di grandezza) con la testi-monianza dell'autore cinquecentesco Pe-dro Cieza de Léon, il quale osservò che,dei 20 000 uomini assegnati alla costru-zione di Sacsahuarnan, 6000 erano inca-ricati del trasporto.

Quanto si è detto fin qui sembra ragio-nevole, ma non sgombra il terreno da

interrogativi ai quali non sono stato in gra-do finora di dare una risposta. Le rampedegli inca erano larghe solo da sei a ottometri e io non sono riuscito a trovare so-luzioni plausibili a due problemi posti daquesta dimensione ridotta. Uno è in chemodo 2000 o più uomini potessero essere«imbrigliati» in modo che ciascuno di loropotesse cooperare al trascinamento delblocco. L'altro è in che modo una follacosì grande potesse trovare posto su unarampa tanto stretta. Questi sono solo duedei problemi irrisolti concernenti il tra-sporto dei blocchi. Fra gli altri vi sono letecniche per legare le funi ai blocchi e imetodi per manovrare i colossali blocchidi pietra.

Inoltre, le pietre provenienti da Rumi-qolqa probabilmente non venivano trasci-nate. Diversamente dai blocchi di Kachi-qhata, quelli di Rumiqolqa venivano squa-drati con cura prima di lasciare la cava. Sudi essi non si trova alcuna traccia di tra-scinamento e pare del resto irragionevolepensare che una faccia ben rifinita venissetrascinata su una rampa di pietre. Comevenivano dunque trasportati i blocchi per-fettamente squadrati? Prima che si possadare una versione definitiva alle tecnichedi costruzione in pietra degli inca si dovràtrovare una risposta a questi e a molti altriinterrogativi. Quindi gli studi sono tutt'al-tro che terminati. Per ora, la sperimenta-zione e l'osservazione ci hanno permessodi dare molte risposte ad alcuni fra i quesitifondamentali concernenti l'estrazione, lasquadratura e il perfetto combaciamentodelle pietre da costruzione.

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