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Corriere Fiorentino Sabato 14 Luglio 2018 FI 13 Cascina si cambia anche in teatro: arrivano due nuovi direttori artistici Raissa Brighi e Luca Marengo prendono il posto di Andrea Buscemi Cascina si cambia tutto anche in teatro: sono Raissa Brighi e Luca Marengo i nuovi direttori artistici della Città del Teatro di Cascina. Il Cda della Fondazione Sipario Toscana Onlus, presieduto da Antonia Ammirati, li ha nominati nei giorni scorsi e presentati oggi. Prendono il posto dell’attore Andrea Buscemi, eletto con la Lega al consiglio comunale di Pisa e da poco nominato assessore alla Cultura nel capoluogo. Il teatro di Cascina, ha spiegato Ammirati, «ha la necessità di diventare qualcosa di diverso da quello che è: non è una critica alla gestione precedente, ma c’è bisogno di una svolta che adegui questo teatro ai tempi che viviamo e la direzione artistica dovrebbe essere in grado di garantire un’ottima gestione per un riconoscimento nazionale e internazionale. Culture L’altra Firenze Voluta dal Montorsoli in Santissima Annunziata conserva le spoglie dei grandi del Manierismo Qui erano nati all’arte e qui sono sepolti, i giovani inso- lenti divenuti grandi del ma- nierismo fiorentino: da Pon- tormo a Franciabigio, e Celli- ni e Sansovino. È la Cappella dei pittori — o Cappella di San Luca — scrigno protetto dai chioschi della SS. Annun- ziata. Qui, interrati nella crip- ta, riposano i protagonisti di una straordinaria stagione ar- tistica, calati in nicchie lungo le pareti, su appositi sedili in muratura, alla maniera di cer- ti monasteri. Ci sono volute le acque dell’Arno a scompiglia- re i resti mortali di questi im- mortali artisti, le cui ossa non è stato più possibile compor- re dopo la piena del ‘67. La storia della Cappella - dedicata al santo che secondo la tradizione ha tentato di di- pingere un ritratto della Ver- gine poi miracolosamente completato prende avvio nel 1562, quando frate Giovan- nangelo Montorsoli la sceglie per farne il sepolcreto suo e degli artisti bisognosi. Rivive così, grazie a un gesto di soli- darietà, l’antica Compagnia di San Luca, società di mutuo soccorso creata nel medioevo per tutelare i pittori e l’attività delle loro botteghe. Quando nasce, nella Firenze trecente- sca, centinaia sono gli iscritti: è un periodo in cui gli artisti sono ancora artigiani, arruo- lati nell’arte dei Medici e Spe- ziali (i pittori) o in quella dei Maestri di Pietra e Legnami (gli scultori). I pittori fanno mediamente vita grama, non hanno sede fissa, passano dalle stanze dell’Ospedale di Santa Maria Nuova a quelle di S. Maria Novella, e in questo migrare la Compagnia perde partecipazione e vigore. Dopo duecento anni, quando sem- bra destinata all’estinzione, l’istituzione trova nuova linfa tà, i resti di Pontormo vengo- no esumati da poco lontano, quel Chiostrino dei voti dove le spoglie del grande pittore giacciono sotto il suo capola- voro, la Visitazione . Quel Chiostrino che aveva visto al- l’opera la «scuola dell’Annun- ziata», fucina della maniera fiorentina guidata da Andrea del Sarto, di cui Pontormo e Franciabigio erano parte. Il corpo dell’artista è calato nel- la cripta: è l’atto fondativo. La risorta Compagnia di San Lu- ca trova rifugio in quella che diviene la Cappella dei pittori. Un’occasione che fa riflettere Cosimo I, aiutato dal suo cori- feo, Giorgio Vasari. «Il momento è maturo per fondare un’istituzione che svincoli gli artisti dalle limita- zioni delle rispettive arti, e ne ufficializzi il ruolo, ne teorizzi la formazione», spiega Elena Capretti, storica dell’arte. «Certo, con la tutela di Cosi- mo, arriva anche la sua super- visione: la produzione artisti- ca — continua Capretti — è un tassello fondamentale nel- la costruzione politica del re- gno». L’avallo del principe di- venta essenziale per un’arte che risponda (anche) ai detta- mi del Concilio di Trento: e l’agognato titolo di Granduca arriverà sulla testa di Cosimo grazie al Papa più che all’Im- peratore. Ecco spiegata la na- scita — pochi mesi dopo l’inumazione di Pontormo — dell’ «Accademia delle Arti del disegno», in cui la neo-ri- sorta Compagnia di San Luca viene inglobata. È la più anti- ca Accademia di Belle Arti del mondo, conta da subito 70 iscritti (ci insegnerà persino Galileo), si trova a capo nien- temeno che lo stesso Cosimo e quel Michelangelo da tren- t’anni lontano da Firenze, e destinato a non tornarci più. La sede rimane nella Cappella dei pittori, e qui gli artisti si mettono subito all’opera per una decorazione all’altezza del nuovo status. È Vincenzo Borghini, Spe- dalingo degli Innocenti, in- tellettuale di corte e grande amico di Vasari, a suggerire il programma iconografico: tre sono le arti principali — pit- tura, architettura e scultura — tutte egualmente figlie del disegno. Quale la più impor- tante? Il dibattito infuria, fino a trascinarsi poco dopo da- vanti al sacrario di Michelan- gelo, in Santa Croce. Per la Cappella, la risposta è sempli- ce: tre sono le arti, nessuna primeggia. Come nella Trini- tà. Ed ecco sopra l’altare prin- cipale, comparire Padre, Fi- glio e Spirito Santo sorretti da tre putti, ad opera dall’Allori, di Pontormo allievo predilet- to. Alla sinistra dell’affresco, in una sorta di croce immagi- naria, Vasari riserva a se stes- so la celebrazione della pittu- ra, immortalando San Luca nell’atto di affrescare la Ma- donna, mentre lei gli indica se stessa sulla tela (cioè il ri- tratto non riuscito al santo pittore, ma miracolosamente apparso). A destra, Santi di Tito immortala l’architettura, ritraendo il saggio Salomone intento a costruire il tempio (e non è forse saggio il Princi- pe che costruisce lo Stato se- condo regole di ragione ispi- rate da Dio? Cosimo gongola). La terza , la scultura è richia- mata dai colossi che si affac- ciano dalle nicchie: 3 santi e profeti in ogni angolo (uno terribilmente somigliante al Granduca). Insomma, una cappella basata sulle terne, nel nome della Trinità e delle arti. Nella celebrazione del re- gno mediceo. Non è così che la vediamo oggi. Ai tempi di Napoleone, un capriccioso (e pigro) ve- scovo mandato da Parigi pen- sa bene di modificare l’in- gresso, così da accedervi di- rettamente dal proprio ap- partamento. La porta viene spostata, un profeta rimosso, l’altare trasferito sotto l’affre- sco del Vasari. A tamponare il portale soppresso, sarà ag- giunta più tardi dai (rientrati) Lorena la Sacra Conversazio- ne del Pontormo. Anche così, con i significati iconologici capovolti, la Cappella dei pit- tori rimane l’icona di un’epo- ca. Tanto che anche Rodolfo Siviero, salvatore di buona parte del nostro patrimonio dalle brame naziste, cerca qui l’ultimo riposo. È il 1983 e il mitico 007 dell’arte italiana viene sepolto là sotto, accanto al Montorsoli. E insieme ai ra- gazzacci che avevano supera- to il Rinascimento, ma che morirono in povertà. 21. Continua. Le puntate precedenti: il 23/3, 12/4, 6/5, 14/6, 14/9, 30/10, 20/11, 17/12 del 2016 e il 24/1, 11/2, 5/3 e 9/5, 8/6, 22/9, 14/11 2017; 3/01/, 30/1, 10/2 , 10/3, 29/03 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA di Daniela Cavini la Cappella dei pittori in Santissima Annunziata: al centro la celebrazione della pittura di Giorgio Vasari. Ai lati, tre santi e tre profeti celebrano la scultura Fu Pontormo il primo a essere sepolto qui Era il 24 maggio 1562 appunto per volontà del frate scultore allievo di Michelan- gelo. Montorsoli — padre dell’ordine dei Serviti e colla- boratore del Buonarroti per le sculture della Sacrestia Nuova — propone di accogliere la confraternita nella sala capi- tolare del convento della SS. Annunziata, che fa restaurare a proprie spese. Qui intende farsi seppellire, insieme agli artisti che non abbiano i mez- zi per ricevere degna sepol- tura. Si comincia con un no- me eccellente: il 24 maggio del 1562, festa della SS. Trini- Il passaggio che porta alla cripta dove sono sepolti gli artisti Arte e politica Con la tutela di Cosimo, arriva anche la sua supervisione: che diventa essenziale per un’arte che risponda ai dettami del Concilio di Trento Il Mosé di Montorsoli in una delle nicchie della Cappella dei Pittori Nella cappella degli artisti

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Corriere Fiorentino Sabato 14 Luglio 2018 FI13

Cascina si cambia anche in teatro: arrivano due nuovi direttori artisticiRaissa Brighi e Luca Marengo prendono il posto di Andrea Buscemi Cascina si cambia tutto anche in teatro: sono Raissa Brighi e LucaMarengo i nuovi direttori artistici della Città del Teatro diCascina. Il Cda della FondazioneSipario Toscana Onlus, presieduto da Antonia Ammirati, li hanominati nei giorni scorsi e

presentati oggi. Prendono il postodell’attore Andrea Buscemi, eletto con la Lega al consigliocomunale di Pisa e da poco nominato assessore alla Cultura nelcapoluogo. Il teatro di Cascina, ha spiegato Ammirati, «ha la necessitàdi diventare qualcosa di diverso da

quello che è: non è una critica alla gestione precedente, ma c’è bisogno di una svolta che adegui questo teatro ai tempi che viviamo e la direzione artistica dovrebbe essere in grado di garantire un’ottima gestione per un riconoscimento nazionale e internazionale.

Culture

L’altra Firenze Voluta dal Montorsoli in Santissima Annunziata conserva le spoglie dei grandi del Manierismo

Qui erano nati all’arte e quisono sepolti, i giovani inso-lenti divenuti grandi del ma-nierismo fiorentino: da Pon-tormo a Franciabigio, e Celli-ni e Sansovino. È la Cappella dei pittori — o Cappella diSan Luca — scrigno protettodai chioschi della SS. Annun-ziata. Qui, interrati nella crip-ta, riposano i protagonisti diuna straordinaria stagione ar-tistica, calati in nicchie lungole pareti, su appositi sedili inmuratura, alla maniera di cer-ti monasteri. Ci sono volute leacque dell’Arno a scompiglia-re i resti mortali di questi im-mortali artisti, le cui ossa nonè stato più possibile compor-re dopo la piena del ‘67.

La storia della Cappella -dedicata al santo che secondola tradizione ha tentato di di-pingere un ritratto della Ver-gine poi miracolosamentecompletato prende avvio nel 1562, quando frate Giovan-nangelo Montorsoli la sceglieper farne il sepolcreto suo edegli artisti bisognosi. Rivive così, grazie a un gesto di soli-darietà, l’antica Compagnia diSan Luca, società di mutuosoccorso creata nel medioevoper tutelare i pittori e l’attivitàdelle loro botteghe. Quandonasce, nella Firenze trecente-sca, centinaia sono gli iscritti:è un periodo in cui gli artistisono ancora artigiani, arruo-lati nell’arte dei Medici e Spe-ziali (i pittori) o in quella deiMaestri di Pietra e Legnami(gli scultori). I pittori fannomediamente vita grama, nonhanno sede fissa, passanodalle stanze dell’Ospedale diSanta Maria Nuova a quelle diS. Maria Novella, e in questomigrare la Compagnia perdepartecipazione e vigore. Dopoduecento anni, quando sem-bra destinata all’estinzione,l’istituzione trova nuova linfa

tà, i resti di Pontormo vengo-no esumati da poco lontano,quel Chiostrino dei voti dovele spoglie del grande pittoregiacciono sotto il suo capola-voro, la Visitazione. QuelChiostrino che aveva visto al-l’opera la «scuola dell’Annun-ziata», fucina della manierafiorentina guidata da Andreadel Sarto, di cui Pontormo eFranciabigio erano parte. Ilcorpo dell’artista è calato nel-la cripta: è l’atto fondativo. Larisorta Compagnia di San Lu-ca trova rifugio in quella chediviene la Cappella dei pittori.Un’occasione che fa riflettereCosimo I, aiutato dal suo cori-feo, Giorgio Vasari.

«Il momento è maturo perfondare un’istituzione chesvincoli gli artisti dalle limita-zioni delle rispettive arti, e neufficializzi il ruolo, ne teorizzila formazione», spiega ElenaCapretti, storica dell’arte. «Certo, con la tutela di Cosi-mo, arriva anche la sua super-visione: la produzione artisti-ca — continua Capretti — èun tassello fondamentale nel-la costruzione politica del re-gno». L’avallo del principe di-venta essenziale per un’arteche risponda (anche) ai detta-mi del Concilio di Trento: el’agognato titolo di Granducaarriverà sulla testa di Cosimograzie al Papa più che all’Im-peratore. Ecco spiegata la na-scita — pochi mesi dopol’inumazione di Pontormo —dell’ «Accademia delle Arti del disegno», in cui la neo-ri-sorta Compagnia di San Lucaviene inglobata. È la più anti-ca Accademia di Belle Arti delmondo, conta da subito 70iscritti (ci insegnerà persinoGalileo), si trova a capo nien-

temeno che lo stesso Cosimoe quel Michelangelo da tren-t’anni lontano da Firenze, edestinato a non tornarci più.La sede rimane nella Cappelladei pittori, e qui gli artisti simettono subito all’opera peruna decorazione all’altezzadel nuovo status.

È Vincenzo Borghini, Spe-dalingo degli Innocenti, in-tellettuale di corte e grandeamico di Vasari, a suggerire ilprogramma iconografico: tresono le arti principali — pit-tura, architettura e scultura

— tutte egualmente figlie deldisegno. Quale la più impor-tante? Il dibattito infuria, finoa trascinarsi poco dopo da-vanti al sacrario di Michelan-gelo, in Santa Croce. Per laCappella, la risposta è sempli-ce: tre sono le arti, nessunaprimeggia. Come nella Trini-tà. Ed ecco sopra l’altare prin-cipale, comparire Padre, Fi-glio e Spirito Santo sorretti datre putti, ad opera dall’Allori,di Pontormo allievo predilet-to. Alla sinistra dell’affresco,in una sorta di croce immagi-

naria, Vasari riserva a se stes-so la celebrazione della pittu-ra, immortalando San Lucanell’atto di affrescare la Ma-donna, mentre lei gli indicase stessa sulla tela (cioè il ri-tratto non riuscito al santopittore, ma miracolosamenteapparso). A destra, Santi diTito immortala l’architettura, ritraendo il saggio Salomoneintento a costruire il tempio(e non è forse saggio il Princi-pe che costruisce lo Stato se-condo regole di ragione ispi-rate da Dio? Cosimo gongola).La terza , la scultura è richia-mata dai colossi che si affac-ciano dalle nicchie: 3 santi eprofeti in ogni angolo (unoterribilmente somigliante alGranduca). Insomma, unacappella basata sulle terne,nel nome della Trinità e dellearti. Nella celebrazione del re-gno mediceo.

Non è così che la vediamooggi. Ai tempi di Napoleone,un capriccioso (e pigro) ve-scovo mandato da Parigi pen-sa bene di modificare l’in-gresso, così da accedervi di-rettamente dal proprio ap-partamento. La porta viene spostata, un profeta rimosso,l’altare trasferito sotto l’affre-sco del Vasari. A tamponare ilportale soppresso, sarà ag-giunta più tardi dai (rientrati)Lorena la Sacra Conversazio-ne del Pontormo. Anche così,con i significati iconologicicapovolti, la Cappella dei pit-tori rimane l’icona di un’epo-ca. Tanto che anche RodolfoSiviero, salvatore di buonaparte del nostro patrimoniodalle brame naziste, cerca quil’ultimo riposo. È il 1983 e ilmitico 007 dell’arte italianaviene sepolto là sotto, accantoal Montorsoli. E insieme ai ra-gazzacci che avevano supera-to il Rinascimento, ma chemorirono in povertà.

21. Continua. Le puntateprecedenti: il 23/3, 12/4, 6/5,14/6, 14/9, 30/10, 20/11, 17/12 del 2016 e il 24/1, 11/2, 5/3 e 9/5,8/6, 22/9, 14/11 2017; 3/01/,30/1, 10/2 , 10/3, 29/03 2018

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Daniela Cavini

la Cappella dei pittori in Santissima Annunziata: al centro la celebrazione della pittura di Giorgio Vasari. Ai lati, tre santi e tre profeti celebrano la scultura

Fu Pontormo il primo a essere sepolto quiEra il 24 maggio 1562

appunto per volontà del fratescultore allievo di Michelan-gelo. Montorsoli — padredell’ordine dei Serviti e colla-boratore del Buonarroti per lesculture della Sacrestia Nuova— propone di accogliere laconfraternita nella sala capi-tolare del convento della SS.Annunziata, che fa restaurarea proprie spese. Qui intendefarsi seppellire, insieme agliartisti che non abbiano i mez-zi per ricevere degna sepol-tura. Si comincia con un no-me eccellente: il 24 maggiodel 1562, festa della SS. Trini-

Il passaggio che porta alla cripta dove sono sepolti gli artisti

Arte e politica Con la tutela di Cosimo, arriva anche la sua supervisione: che diventa essenziale per un’arte che risponda ai dettami del Concilio di Trento

Il Mosé di Montorsoli in una delle nicchie della Cappella dei Pittori

Nella cappella degli artisti