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Bollettino bimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n o 46) art. 1, comma 2, DCB Roma Anno LX • Marzo-Aprile n. 2/2016 La Madre di io del Segno (a pag. 7 la lettura dell’Icona) delle Figlie di S. Maria della Provvidenza Opera Femminile Don Guanella

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delle Figlie di S. Maria della Provvidenza, Opera Femminile Don Guanella

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Anno LX • Marzo-Aprile • n.2/2016

La Madre di Dio del Segno(a pag. 7 la lettura dell’Icona)

delle Figlie di S. Maria della Provvidenza • Opera Femminile Don Guanella

Page 2: La Voce - 2/2016

In copertina: Icona scritta da padre Giuseppe Pegoraro osb.

Periodico bimestraledelle Figlie di S. Maria della Provvidenza

Opera Femminile Don Guanella•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••CASA GENERALIZIA DELLA CONGREGAZIONEDELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA PROVVIDENZAPiazza S. Pancrazio, 9 - 00152 RomaTel. 06.58.82.082 - Fax 06.58.16.392 - www.cgfsmp.org

Direzione: Suor GIUSTINA VALICENTI

Amministrazione: Suor LETIZIA [email protected]

Redazione: Suor MARIA TERESA NOCELLATel. 06.58.09.361 - 06.58.99.043 - [email protected]

Con approvazione ecclesiastica

«LA VOCE» viene inviata ai componenti la Famiglia guanellia-na, agli amici e ai sostenitori delle Opere di Don Guanella.Eventuali altre richieste vanno inoltrate alla Redazione.

Ogni contributo sarà gradito e servirà a sostenere e migliorarequesta nostra rivista.

Potrete inviarlo tramite il nostro ccp N. 54079009 intestando a:ISTITUTO FIGLIE S. MARIA DELLA DIVINA PROVVIDENZAPiazza S. Pancrazio, 9 - 00152 Roma

Direttore responsabile: MARIO CARRERA

Autorizzazioni: Tribunale di Como n. 82 del 26-3-1957 Tribunale di Roma n. 17573 del 24-2-1979

Associato all’Unione Stampa Periodici Italiani

•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••AVVISO AI LETTORINel rispetto di quanto stabilito dalla legge n. 196/2003, concernen-te la “privacy” dei dati personali dei lettori, garantiamo la riserva-tezza di tali dati, che fanno parte dell’archivio elettronico di que-sto periodico, gestito dalla Congregazione delle Figlie di S. Mariadella Provvidenza, ente proprietario.• I vostri dati, pertanto, non saranno oggetto di comunicazione o

diffusione a terzi.• In qualsiasi momento si desiderasse apportare modifiche

o cancellazione, si potrà farlo scrivendo alla Redazione della rivista.

•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••Consulenza grafica: Giovanni Maccari

Fotocomposizione, selezioni e stampa: 3F PHOTOPRESS SNCdi Fantasticini S. & F.lli - Viale di Valle Aurelia, 105 - 00167 Roma

Finito di stampare nel mese di aprile 2016

ANNO LX - N. 2 MARZO-APRILE 2016

Madre Serena Ciserani 1 Lettera aperta. Beata Chiara BosattaPadre Alfonso Crippa 25 anni dalla Beatificazione (1991-2016) 2 Convocato il 18o Capitolo generale FSMP

CHIESA NOSTRA MADRE

Papa Francesco 3 Il nome di Dio è il MisericordiosoGiovanni Paolo II 5 Cuore di Gesù, paziente e immensamente misericordiosoP. Giuseppe Pegoraro osb 7 «La Madre di Dio del Segno»Padre Luigi Speziale 8 La Terrasanta di Maria di Nazaret✠ Don Tonino Bello 10 Nella bottega di san GiuseppePapa Francesco 13 In Messico e dalla Madonna di Guadalupe

FAMIGLIA GUANELLIANA

Don Fabio Pallotta 15 26 maggio 1866. Santissima e gloriosa giornataPiero Pellegrini sdc 21 Prima Messa di don GuanellaPiero Pellegrini sdc 25 Seguendo la beata Chiara Bosatta. Don Guanella e suor ChiaraNatale Maffioli 29 L’Oratorio «San Luigi»Sergio Todeschini 33 L’umanità di fratel Giovanni Vaccari, guanellianoVittore Mariani 35 Libro pervenuto. Alla ricerca dell’umano

FINESTRE SUL MONDO

Angela Anna Tozzi scic 37 Igino Giordani l’uomo di fuocoFrancesco Sapio 42 Ciò che resta di noi

VOCI DAL SILENZIO

Gilda Mori 51 Madre di Misericordia

VIVERE LA FESTA

a cura di suor M.T. Nocella 53 Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida

TESTIMONIANZE

P. Lorenzo Gaiga mccj 61 P. Giuseppe Ambrosoli medico della carità

VOCE FAMIGLIA

Papa Francesco 66 Vivere in famiglia 71 Le opere di misericordia in casa dei Santi Martin 73 Consacrazione dei bambini a MariaAntonella e Marco 74 Dirsi l’amore in famiglia

PROPOSTE GIOVANI

76 Per i più piccoli da colorare. La beata suor Chiara Bosatta sulla barchetta “La Lucia”Vincenzo Capocasale 77 Palazzo CompagnaAA.VV. 78 Il nostro Sì per sempre al Dio fedele 80 Dolores alias Chiara 82 Un piatto di spaghetti con Gesù Cristo 83 La pagina dei ragazzi. Muore gridando:

«Viva Cristo Re!»

VITA GUANELLIANA

Saronno (Casa e Scuola S. Agnese): 87 • Sa-ronno (Casa e Scuola S. Agnese): 88 • Brasi-le (Missão Velha): 89 • Roma (Casa S. Pio X):90 • Como (Casa S. Marcellina): 91 • Geno-va (Casa Beato Luigi Guanella): 93 • I consi-gli della nonna: 93

NELLA CASA DEL PADRE

Suor Albina Matilde Baldin: 95 • SignoraGemma: 95 • Signora Maria Adami: 96

Sommario

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CongregazioneFiglie di S. Mariadella Provvidenza

CongregazioneServi della Carità

BEATA CHIARA BOSATTA25 anni dalla Beatificazione1991-2016

Carissimi Confratelli e Consorelle

Venticinque anni fa siamo stati lietamente sorpresi dalla decisione del Santo Padre di beatificare la nostrasuor Chiara. In attesa della celebrazione di quell’evento, abbiamo vissuto intensamente un periodo di gran-de entusiasmo per conoscere più profondamente la santità della nostra consorella e certamente, a partiredal giorno della sua beatificazione, abbiamo sperimentato la sua protezione e l’incoraggiamento ad appro-fondire il suo messaggio e ad imitarne l’esempio.

La sua figura, con il passare degli anni, ci è diventata più familiare e ci ha fatto meglio comprendere lasantità e la spiritualità del Fondatore. Anzi potremmo dire che la sua beatificazione ha dato un ulteriore impulso a promuovere la canonizzazione del Fondatore e certamente suor Chiara ha contribuito dal Cielocon la sua preghiera a far sì che don Guanella venisse dichiarato Santo.

Noi sappiamo che la Beata suor Chiara ha avuto una influenza determinante nel cammino di santità vissuto dal Fondatore. Ancor oggi chi si inginocchia davanti alle loro Urne, nel Santuario del Sacro Cuoredi Como, non può non ricevere quello stimolo santo ad integrare la carità operosa con la contemplazionedella fonte da cui proviene la grazia del nostro operare.

Il ricordo della beatificazione di suor Chiara possa ravvivare in tutta la Famiglia guanelliana la gratitudineal Signore per le nostre origini sante. Sarà la fedeltà a vivere e attualizzare il loro spirito, la nostra forza, anche in questi tempi in cui certamente il nostro carisma ha ancora grande attualità.

Camminare insieme verso la santità come hanno fatto don Guanella e suor Chiara e tanti nostri confra-telli e consorelle degli inizi, è la strada che ancora noi vogliamo percorrere: rafforzare la comunione e lacollaborazione tra le nostre due Congregazioni e con i Guanelliani Cooperatori; approfondire il nostro cari-sma nella linea della paternità e maternità di Dio Padre; sentire sempre più la necessità di aiutarci mutua-mente ad essere espressione autentica della Provvidenza e della tenerezza di Dio.

Oggi vogliamo anche rinnovare l’impegno a diffondere la devozione e chiedere l’intercessione della no-stra Beata perché possa essere proposta la sua santità a tutto il mondo cristiano con la sua canonizzazione.Non tanto per avere come una «par condicio» tra santità guanelliana al maschile e santità guanelliana alfemminile, ma per sentire tutti noi la necessità di questa integrazione di fecondità spirituale, che rende an-che la nostra carità e le nostre opere maggiormente ispirate sul modello della Famiglia nel disegno di Dio.

Un fraterno saluto.

Superiora generaleSuperiore generale

Roma, 21 aprile 2016,Nel 25o della Beatificazione di suor Chiara

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 20162

Della Lettera di indizione del 18o

Capitolo generale della Congregazionedelle Figlie di S. Maria della Provvidenza,inviataci dalla Superiora generaleMadre Serena Elisabetta Ciserani,condividiamo con voi lettori la gioiadi questo evento congregazionale,che si terrà a Roma dal 21 novembreall’8 dicembre 2016.La nostra riflessione capitolareverterà sulla fedeltà creativaal Carisma che ci è stato affidato,in comunione di vita e nella ricercadi alternative gestionali.In questo anno di graziache la Chiesa ci ha donato,profumato dal«balsamo della misericordiacome segno del Regno di Diogià presente in mezzo a noi»,apriamo i cuori e le Comunitàalla misericordia di Dio,perché rigeneri nel profondoil nostro essere e il nostro operare.Affidiamoci a Gesù misericordiosocome Maria:«Fate quello che vi dirà» (Gv 2, 5)e invochiamo ogni giorno nella preghieralo Spirito Santo.

Le Figliedi S. Maria della Provvidenza

Convocatoil 18° Capitologeneraledelle Figliedi S. Mariadella Provvidenza

PREGHIERA ALLO SPIRITOVieni, Spirito Santo, vieni per mezzo di Maria!

Vieni, o Spirito,riempi, dilata il nostro cuore, donaci calore e amore per Te e per il prossimo che ci affidi.Aiutaci a far emergere fra noiil bene comune.

Vieni, Spirito Santo, vieni per mezzo di Maria!

Vieni, o Spirito,dona al nostro Capitolol’abbondanza dei tuoi doni,per proseguire l’avventura spirituale della Paternità e della Provvidenza di Dio, con atteggiamenti di misericordia verso tutti.

Vieni, Spirito Santo, vieni per mezzo di Maria!

Vieni, o Spirito, sostienici nelle scelte a favore del Regno.Fa’ che possiamo vedere più chiaramentela presenza di Cristo nella nostra storia e,obbedendo a Maria, continuare a fare quello che Lui ci dirà. Amen

Vieni, Spirito Santo, vieni per mezzo di Maria!

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3La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016

CHIESA NOSTRA MADRE

Il nome di Dioè il Misericordioso Papa Francesco

(...) Nella Sacra Scrittura, il Si-gnore è presentato come «Diomisericordioso». È questo il suonome, attraverso cui egli ci rive-la, per così dire, il suo volto e ilsuo cuore. Egli stesso, come nar-ra il Libro dell’Esodo, rivelandosia Mosè si autodefinisce così: «IlSignore, Dio misericordioso epietoso, lento all’ira e ricco diamore e di fedeltà» (34, 6). An-che in altri testi ritroviamo que-sta formula, con qualche varian-te, ma sempre l’insistenza è po-sta sulla misericordia e sull’amo-

re di Dio che non si stanca maidi perdonare (cfr. Gn 4, 2; Gl 2,13; Sal 86, 15; 103, 8; 145, 8; Ne9, 17). Vediamo insieme, una peruna, queste parole della SacraScrittura che ci parlano di Dio.

La misericordia è una festa!

Il Signore è «misericordioso»:questa parola evoca un atteggia-mento di tenerezza come quellodi una madre nei confronti del fi-

glio. Infatti, il termine ebraicousato dalla Bibbia fa pensare alleviscere o anche al grembo mater-no. Perciò, l’immagine che sug-gerisce è quella di un Dio che sicommuove e si intenerisce pernoi come una madre quandoprende in braccio il suo bambi-no, desiderosa solo di amare,proteggere, aiutare, pronta a do-nare tutto, anche se stessa. Que-sta è l’immagine che suggeriscequesto termine. Un amore, dun-que, che si può definire in sensobuono «viscerale».

Bernardino Licinio (Venezia 1485 - ante 1560), Il ritorno del figliol prodigo, Museo nazionale d’arte rumeno.

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 20164

«Non lascerà vacillare il tuo piede,

non si addormenterà il tuo custode.

Non si addormenterà, non prenderà sonno

il custode d’Israele.[...]Il Signore ti custodirà

da ogni male:egli custodirà la tua vita.Il Signore ti custodirà

quando esci e quando entri,da ora e per sempre»

(121, 3-4.7-8).

E questo Dio misericordioso è fe-dele nella sua misericordia e sanPaolo dice una cosa bella: se tunon gli sei fedele, lui rimarrà fe-dele perché non può rinnegare sestesso. La fedeltà nella misericor-dia è proprio l’essere di Dio. Eper questo Dio è totalmente esempre affidabile. Una presenzasolida e stabile. È questa la cer-tezza della nostra fede. E allora,in questo Giubileo della Miseri-cordia, affidiamoci totalmente alui, e sperimentiamo la gioia diessere amati da questo «Dio mi-sericordioso e pietoso, lento al-l’ira e grande nell’amore e nellafedeltà».

Ud. Gen. 13.1.2016

Poi è scritto che il Signore è«pietoso», nel senso che fa gra-zia, ha compassione e, nella suagrandezza, si china su chi è de-bole e povero, sempre pronto adaccogliere, a comprendere, a per-donare. È come il padre della pa-rabola riportata dal Vangelo diLuca (cfr. Lc 15, 11-32): un padreche non si chiude nel risentimen-to per l’abbandono del figlio mi-nore, ma al contrario continuaad aspettarlo – lo ha generato –,e poi gli corre incontro e lo ab-braccia, non gli lascia neppure fi-nire la sua confessione – come segli coprisse la bocca –, tanto ègrande l’amore e la gioia peraverlo ritrovato; e poi va anche achiamare il figlio maggiore, che èsdegnato e non vuole far festa, ilfiglio che è rimasto sempre a ca-sa ma vivendo come un servo piùche come un figlio, e pure su dilui il padre si china, lo invita adentrare, cerca di aprire il suocuore all’amore, perché nessunorimanga escluso dalla festa dellamisericordia. La misericordia èuna festa!

Non è l’amore della telenovela...

Di questo Dio misericordioso èdetto anche che è «lento all’ira»,

letteralmente, «lungo di respiro»,cioè con il respiro ampio dellalonganimità e della capacità disopportare. Dio sa attendere, isuoi tempi non sono quelli impa-zienti degli uomini; Egli è comeil saggio agricoltore che sa aspet-tare, lascia tempo al buon semedi crescere, malgrado la zizzania(cfr. Mt 13, 24-30).E infine, il Signore si proclama«grande nell’amore e nella fedel-tà». Com’è bella questa definizio-ne di Dio! Qui c’è tutto. PerchéDio è grande e potente, ma que-sta grandezza e potenza si di-spiegano nell’amarci, noi cosìpiccoli, così incapaci. La parola«amore», qui utilizzata, indical’affetto, la grazia, la bontà. Nonè l’amore da telenovela... Èl’amore che fa il primo passo,che non dipende dai meriti uma-ni ma da un’immensa gratuità.È la sollecitudine divina cheniente può fermare, neppure ilpeccato, perché sa andare al di làdel peccato, vincere il male e per-donarlo.Una «fedeltà» senza limiti: eccol’ultima parola della rivelazionedi Dio a Mosè. La fedeltà di Dionon viene mai meno, perché ilSignore è il Custode che, comedice il Salmo, non si addormentama vigila continuamente su dinoi per portarci alla vita:

Ma voi Cappuccini avete questo speciale dono del Signo-re: perdonare. Io vi chiedo: non stancatevi di perdonare!Penso a uno che ho conosciuto nell’altra diocesi, un uomodi governo, che poi, finito il suo tempo di governo comeguardiano e provinciale, a 70 anni è stato inviato in unsantuario a confessare. E quest’uomo aveva una coda digente, tutti, tutti: preti, fedeli, ricchi, poveri, tutti! Un granperdonatore. Sempre trovava il modo di perdonare, o al-meno di lasciare in pace quell’anima con un abbraccio. Euna volta andai a trovarlo e mi disse: «Senti, tu sei vesco-vo e puoi dirmelo: io credo che pecco perché perdonotroppo, e mi viene questo scrupolo...» – «E perché?» –«Non so, ma sempre trovo come perdonare...» – «E cosafai, quando ti senti così?» – «Vado in cappella, davanti altabernacolo, e dico al Signore: “Scusami, Signore, perdo-nami, credo che oggi ho perdonato troppo. Ma, Signore,sei stato Tu a darmi il cattivo esempio!”». Ecco. Siate uo-mini di perdono, di riconciliazione, di pace.

Ci sono tanti linguaggi nella vita: il linguaggio della paro-la, anche ci sono i linguaggi dei gesti. Se una persona siavvicina a me, al confessionale, è perché sente qualcosache gli pesa, che vuole togliersi. Forse non sa come dirlo,ma il gesto è questo. Se questa persona si avvicina è per-ché vorrebbe cambiare, non fare più, cambiare, essereun’altra persona, e lo dice con il gesto di avvicinarsi. Nonè necessario fare delle domande: «Ma tu, tu...?». Se unapersona viene, è perché nella sua anima vorrebbe non far-lo più. Ma tante volte non possono, perché sono condizio-nati dalla loro psicologia, dalla loro vita, dalla loro situa-zione... «Ad impossibilia nemo tenetur».Un cuore largo... Il perdono... Il perdono è un seme, è unacarezza di Dio. Abbiate fiducia nel perdono di Dio.

Papa FrancescoBasilica di S. Pietro,

omelia a frati cappuccini, 9 febbraio 2016

«NON STANCATEVI DI PERDONARE!»

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3-10)? Non è forse così il cuore di colui,che fu chiamato «amico dei pubblicani edei peccatori» (cfr. Mt 11, 19)?Nel Cuore di Cristo noi possiamo, dunque,riporre la nostra speranza. Quel Cuore –dice l’invocazione – è salvezza «per coloroche sperano in lui». Il Signore stesso che,la vigilia della sua Passione, chiese agliapostoli di avere fiducia in lui – «Non sia

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CHIESA NOSTRA MADRE

Cuore di Gesù,paziente e immensamentemisericordioso

... Insieme con Maria, rileggiamo ancora una volta il Vangelo...In esso è iscrittoil Cuore di Gesù, paziente e immensamente misericordioso.

Il Sacro Cuore. Opera di Mattia Traverso(Genova, 1885-1956),

Chiesa del Gesù, Genova, PP. Gesuiti.

Giovanni Paolo II

ro, i morti risuscitasse-ro? Che ai poveri fosseannunziata la buona no-vella (cfr. Lc 7, 22)? Nonè forse così il cuore diGesù, il quale non aveva

dove posare ilcapo, mentrele volpi hannole loro tane egli uccelli i lo-ro nidi (cfr. Mt8, 20)? Non èforse così ilcuore di Gesù,il quale difesela donna adul-tera dalla lapi-dazione e poile disse: «Va’,e d’ora in poinon peccarepiù» (cfr. Gv 8,

N

Gesù perdonauna peccatrice(Lc 7, 36-50).Iconadelle monacheclarissecappuccinedi Moncalieri(Torino).

on è forse così il cuore dicolui che «passò benefi-cando» tutti (cfr. At 10,38)? Di colui che fece

sì che i ciechi riacquistasserola vista, gli zoppi camminasse-

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 20166

turbato il vostro cuore. Abbiatefiducia in Dio e abbiate fiduciaanche in me» (Gv 14, 1) – oggichiede a noi di confidare piena-mente in lui: ce lo chiede perchéci ama, perché, per la nostra sal-vezza, ha avuto il Cuore trafitto,le mani e i piedi forati.Chiunque confida in Cristo e cre-de nella potenza del suo amore,rinnova in sé l’esperienza di Ma-ria di Magdala, quale ce la pre-senta la liturgia pasquale: «Cri-sto, mia speranza. è risorto!» (Se-quentia «in Dom. Paschae»).Rifugiamoci, dunque, nel Cuoredi Cristo! Egli ci offre una Parolache non passa (cfr. Mt 24, 25), unamore che non viene meno,un’amicizia che non s’incrina,una presenza che non cessa (cfr.Mt 28, 20).La beata Vergine, «che accolse

nel suo cuore immacolato il Ver-bo di Dio e meritò di concepirlonel suo grembo verginale» (cfr.Praefatio in Missa vot. B.V.M. Ma-tris Ecclesiae), ci insegni a ripor-re nel Cuore del suo Figlio la no-stra totale speranza, nella certez-za che questa non sarà delusa.Guardiamo, insieme con Maria,dentro questo cuore! Rileggiamo-lo nell’intero Vangelo! Tuttavia,soprattutto rileggiamo questocuore nel momento della croci-fissione.Quando è stato trafitto dalla lan-cia. Quando si è svelato fino infondo il mistero in esso scritto.Il cuore paziente, poiché aperto atutte le sofferenze dell’uomo.Il cuore paziente, poiché dispo-sto esso stesso ad accettare unasofferenza non misurabile conmetro umano! Il cuore paziente,

«COME UN SOLE»

Come un sole è questo cuore ardente d’amore, come un sole che ri-splende in mezzo all’universo, che riscalda tutto con il suo fuocod’amore. Santo è il suo ardore, consumante il suo zelo, eternamenteaccesa è la fiamma dell’amore.A ognuno è aperto questo cuore, ognuno può provare il suo amore ela sua cura – ognuno! Infatti Gesù dice:

«Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi risto-rerò» (Mt 11, 28).

Perciò in ogni nostra afflizione possiamo affermare pieni di fiducia:

Mio Signore Gesù, ora mi rifugio nel Tuo cuore. Così la pace potràvenire su di me, e la Tua consolazione mi inonderà. Nel Tuo cuore iosono al sicuro.

Madre Basilea Schlink

poiché immensamente misericor-dioso!Che cosa infatti è la misericor-dia, se non quella misura parti-colarissima dell’amore, che siesprime nella sofferenza?Che cosa infatti è la misericor-dia, se non quella misura defini-tiva del l’amore, che scende nelcentro stesso del male per vincer-lo con il bene?Che cosa è, se non l’amore chevince il peccato del mondo me-diante la sofferenza e la morte?

Angelus, 27 luglio 1986 e 17 novembre 1989

Il santo Vangelo c’insegna che

con la preghierasi ottiene tutto.

hghghg

La misericordia di Dio

non abbandonachi a luisi affida

Sant’Annibaledi Francia

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7La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016

La cuffietta, che raccoglie i capellidella Vergine Madre, indica che èconsacrata a Dio, lo Sposo è loSpirito Santo.I due cherubini ardenti lateralidanno l’idea di fiori che coronanola santità di Maria.Le mani della Vergine sono in attodi accoglienza e formano il grem-bo nel quale è accolto il Figlio diDio.I lembi del mantello fanno da li-mite per dire che il Bambino in-carnato è il Figlio di Dio, colui che

i cieli dei cieli nonpossono contenere,che si è fatto uomonel grembo di Ma-ria.Le tre stelle ricorda-no la verginità diMaria prima, dopo edurante il parto.La Vergine del Segnoè detta anche«l’orante».Il Cristo è «adulto»,pur essendo bambi-no, e le sue mani al-largate indicano lanatura divina; la tu-nica bianca richiamal’uomo con la vestedi lino dell’Apocalis-se, il bianco infatti èil colore di Dio men-tre il manto rossostriato d’oro ricordala divina Sapienza.La Madre di Dio delSegno posta all’iniziodell’Avvento dice l’at-

teggiamento che deve avere laChiesa nell’attesa dell’Emmanue-le. Nell’icona si contempla la Ver-gine e in essa la Chiesa.

Si ringrazia l’iconografo, padreGiuseppe Pegoraro osb dell’Abbaziadi Santa Giustina v.m., in Padova,per aver messo a disposizione la fo-to, la sua pregevole opera e la sualettura. n

CHIESA NOSTRA MADRE

«La Madre di Diodel Segno»

Padre Giuseppe Pegoraro osb

«Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù»

Lc 1, 31

L’ icona della co-pertina è «LaMadre di Diodel Segno» ed

è ispirata all’origina-le di Kashin, fine delXV secolo, che sitrova a Mosca nellagalleria Tret’jakov.L’icona è scritta par-tendo dalla profeziadi Isaia «Ecco: lavergine concepirà epartorirà un figlio,che chiamerà Em-manuele» (Is 7,14b).La Madre di Dio hail manto, che indicala sua missione, dicolor porpora con tocchi di luce,perché le vesti vengono trasfigura-te nel contatto del corpo della Ver-gine. Il colore porpora si ottienemescolando il rosso con il blu: ilrosso indica il sangue (l’umanità,la carne), il blu il cielo, la trascen-denza. L’unione dei due colori ri-vela che la Madre di Dio ha avutola missione di permettere al FiglioUnigenito di Dio di farsi carne.La sua veste indica che da sempreè stata scelta da Dio per la Sua in-carnazione.

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 20168

CHIESA NOSTRA MADRE

P. Luigi Speziale, betharramita, dal1965 al 2015 in Terra Santa: inse-gnante di Lettere, Greco biblico e Di-ritto Canonico presso il Seminario pa-triarcale di Gerusalemme; cappellanopresso il Carmelo di Betlemme, ceri-moniere patriarcale per 40 anni edaltri compiti. Ha scritto per noi Figliedi Santa Maria della Provvidenza l’in-teressante volume Togliti i calzari... èuna Terra Santa, con la prefazionedell’emerito Patriarca Latino di Geru-salemme � Michel Sabbah, il quale hacurato la prefazione anche di questolibro su Maria di Nazaret.Desideriamo ringraziare l’autore perla sua amicizia e per aver lasciato anoi questa preziosa eredità.

Presentazione✠ Michel Sabbah

Un altro libro sulla Madonna.È una meditazione di un sacerdo-te che ha vissuto nella terra dellaMadonna, ha pregato, insegnato agenerazioni di sacerdoti, accom-pagnato tanti cammini spiritualidi consacrati e consacrate nellaterra di Maria, provando di fare diogni cammino individuale uncammino simile a quello di Maria.Maria ha accolto il mistero di Dio,incarnato, ed ha vissuto col miste-ro tutta la sua vita, nell’amore cheDio le ha dato e con la grazia conla quale l’ha riempita.

P. Luigi Speziale è uno tra tanti de-voti alla Vergine Maria, tanti chehanno vissuto nell’ammira zionedella grazia con la quale Dio l’hariempita, ed ha voluto esprimerela sua ammirazione. Gli è partico-lare il fatto che ha gustato la vitain questa terra stessa della Madon-na; ha vissuto in questa terra che èstata il centro dell’incontro tra Dioe l’uomo, la dimora di Dio fra gliuomini, terra della riconciliazionetra Dio e l’uomo, ma che è rimastanella sua storia umana una terradi conflitto e di morte, lontana dalsuo significato e dalla sua missio-ne. L’autore ha conosciuto tutte lemanifestazioni del conflitto du-

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9La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016

buono o cattivo, per noi causa digioia o di pena, rimane l’indica-zione più affidabile per ritrovarela via verso il Creatore.La Vergine Maria, da Nazaret, daBetlemme e dalla Croce sul Calva-rio, sempre realmente presente aGerusalemme nella vita degli abi-tanti della città santa, dice a tutti:rimanete sempre in ascolto e fatequello che vi dice, per mezzo diogni evento nella vostra vita per-sonale o pubblica. Questa stessaparola è quella del Padre LuigiSpeziale in questo nuovo libro sul-la Madonna.

✠ Michel SabbahPatriarca emerito

Gerusalemme, 6 gennaio 2015

La terra benedetta che ha accolto MariaP. Luigi Speziale

«Dopo il Sepolcro, il santuario del-la Natività di Maria è il più auten-tico di Gerusalemme» (PatriarcaValerga).

Vergine di Nazaret, noi constatia-mo che nella nostra mentalità enella vita pratica una condizionesoggettiva accompagna ogni espe-rienza umana. C’è una qualità cheaccompagna ogni uomo e donnache viene al mondo. E questa qua-lità è costituita dal luogo di nasci-ta dell’individuo. Non esiste nellasituazione ordinaria di una perso-na il legame ad un luogo partico-lare che si esprime come luogo dinascita. Questa relazione col luo-go di nascita aderisce alla perso-

na, qualificandola e conferendoleuna condizione propria che laidentifica nella sua vita sociale.O Maria, Tu conosci bene le abitu-dini della tua gente e del tuo pae-se. Si dirà Pietro di Bethsaida,Maria di Magdala, Natanaele diCana, Giuseppe di Nazaret. E Tunon sei definita da luogo alcunocome titolare della tua nascita. Esi direbbe che questo fatto nonfaccia problema.Una constatazione: il luogo di na-scita di una persona riveste unmomento di interesse, sia per ipersonaggi della storia umana chedi quella religiosa. Betlemme saràsempre ricercata e visitata, perchévi è nato Gesù.O Maria. Siamo qui ad implorarti.Non abbiamo problemi particola-ri da presentarti. Ci interessi Tu.Vorremmo che Tu ci facessi cono-scere il luogo dove sei nata. Mariadi Nazaret, così conosciuta e cara,dove sei nata? Ce lo domandiamocon grande interesse. Ci sei trop-po cara e non possiamo sopporta-re che non si ponga il problemadel tuo luogo di nascita. Non èuna questione inutile. Ci pare diservire la tua causa interessandocial tuo luogo natale. È difficile tro-vare tale questione trattata in ma-niera completa per stabilire dovela Madre di Gesù è nata. Ci aiutiella in questo lavoro di ricerca chetanto la concerne (p. 25). n

rante il suo lungo soggiorno a Be-tlemme; e nel mezzo di questaesperienza di non riconciliazionetra gli uomini, ha voluto meditarela bellezza della grazia di Dio, del-la vita di Dio, apparsa nel VerboIncarnato e risplendente nella vitadi Maria: vita serena e allo stessotempo piena di dolori.Il messaggio di questo libro inquesti tempi turbinosi che vive laTerra Santa, simbolo delle diffi-coltà che vive ogni credente indi-vidualmente è il seguente: l’uomoè chiamato a contemplare la glo-ria di Dio nella sua creazione, intutta la sua creazione, malgrado ilmale degli uomini. All’esempio diMaria: sempre all’ascolto della Pa-rola di Dio, e sempre accompa-gnata da Dio, per lei tutta la crea-zione, e gli esseri umani in primo,con tutto il bene che Dio ha messoin loro e tutto il male di cui sonocapaci, sono in ogni caso un’occa-sione di grazia; sono un luogo an-che loro tutti della grazia di Dio,del suo amore, della sua pazienzae del suo perdono. E il prossimo,

P. Luigi Speziale

Veduta di Nazaret

Nazaret. La casa di Maria. Dinanzi alla S. Grotta si respira il mistero

che in questo luogo, un giorno lontano, si compì. La presenza dei resti

archeologici ci fa sentire partecipi di unastoria che risale ai primi secoli cristiani.

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non so se gli arabeschi che dise-gna con l’ago siano fatti a puntoerba o a punto ombra. Forse so-no fatti a punto a croce.Una cosa, però, intuisco: chequando tuo figlio indosserà quel-la tunica, lui, l’eterno, si sentiràle spalle amorosamente protettedal fragile tempio di sua Madre.

Il pane

Sta arrivando una donna dal for-no. Ecco, ti ha portato del pane,e la bottega si è subito riempitadi fragranza.Frattanto colgo il destro di que-sta interruzione per osservareche sono davvero fortunato, dal

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CHIESA NOSTRA MADRE

Nella bottegadi san Giuseppe

✠ Don Tonino Bello

C

Pane, vino e acqua

S. Giuseppe al lavoro.Opera di S. Baraldi.

aro san Giuseppe,scusami se approfitto del-la tua ospitalità e mi fer-mo per una mezz’oretta

nella tua bottega di falegnameper scambiare quattro chiacchie-re con te. Non voglio farti perde-re tempo. Vedo che ne hai cosìpoco, e la mole di lavoro ti sovra-sta. Perciò, tu continua pure apiallare il tuo legno, mentre io,seduto su una panca, in mezzo aitrucioli che profumano di resine,ti affido le mie confidenze.Non preoccuparti neppure di ri-spondermi. So, del resto, che seil’uomo del silenzio, e consegni ituoi pensieri, profondi come lenotti d’Oriente, all’eloquenza deigesti più che a quella delle paro-le. Vedi, un tempo anche da noile botteghe degli artigiani eranoil ritrovo feriale degli umili, vi siparlava di tutto, di affari, di don-ne, di amori, delle stagioni, dellavita, della morte. Le cronache dipaese trovavano lì la loro versio-ne ufficiale, e i redattori dell’in-nocuo pettegolezzo quotidianoaffidavano alle rapidissime rota-tive degli avventori la diffusionedelle ultime notizie....Ecco, attraverso l’uscio socchiuso,scorgo di là Maria intenta a rica-mare un panno bellissimo, senzacuciture, tutto tessuto d’un pezzoda cima a fondo. Probabilmente èla tunica di Gesù, ma non perquando nascerà, per quando saràgrande: gliela prepara fin d’ora,prima già che lui nasca.Io non me ne intendo, e perciò

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momento che il Signore mi stamettendo sotto gli occhi i simboligiusti nel momento giusto! Stava-mo parlando di condivisione, edecco il segno più classico: il pane!Si direbbe che il pane, più cheper nutrire, è nato per esserecondiviso: con gli amici, con ipoveri, con i pellegrini, con gliospiti di passaggio! Spezzato sul-la tavola, cementa la comunionedei commensali; deposto nel fon-do di una bisaccia riconcilia ilviandante con la vita; offerto inelemosina al mendico, gli regalaun’esperienza, sia pure fugace, difraternità; donato a chi bussa dinotte nel bisogno, oltre a quelladello stomaco, placa anche la fa-me dello spirito, che è fame disolidarietà; raccolto nelle sporte,dopo un pasto miracoloso sull’er-ba verde, sta ad indicare che achi sa fare la divisione, gli riescebene anche la moltiplicazione!...Insegnaci, allora, a condividere ilpane con i fratelli poveri, in que-sto nostro mondo, dove purtroppomuoiono ancora più di cinquantamilioni di persone per fame.

Il vino della festa

Ssssttt...!!!Silenzio, Giuseppe, un carro si èfermato alla tua porta. Entra unuomo, molto stanco, e poggia sulbancone un piccolo otre di vino,e dice: «Ho attraversato tutta laGiudea e la Samaria, e debbo rag-giungere, prima che sia notte, laterra di Zabulon. Ti ho portato unpo’ di vino, dalle vigne di Engad-di, laggiù presso il Mar Morto. Èdi quello buono. Bevilo, Giuseppe,alla mia salute con la tua sposa.So che aspettate un figlio».Beh, stasera il Signore vuole mo-strarsi particolarmente generosoanche con me, perché mi hamesso sotto gli occhi un altrosimbolo, quello della gratuità edella festa.Dopo il pane della fornaia, eccoil vino del carrettiere, il vino cherallegra il cuore dell’uomo.Mah, vedo, Giuseppe, che ti ac-cingi a chiudere, perché hai pre-so un orciolo di terracotta e stai

uscendo per riempirlo d’acquaalla fonte vicina. Io allora appro-fitto della tua assenza per leggerein negativo quel simbolo della le-tizia, appoggiato sul bancone, echiedermi se per caso questa miairruzione di stasera nella tua bot-tega di Nazaret non sia stataun’evasione puramente lettera-ria, in un mondo, che con quelloin cui mi tocca vivere, non hanulla da spartire.Ci vuole infatti un bel coraggio adire che il vino è segno di gratui-tà e di festa, quando per noi è di-venuto l’emblema drammaticodell’evasione e della fuga, che ac-comuna i tossici agli alcolisti, gliultras ai barboni! Ma perché maiil vino si è pervertito in idolo fa-scinoso per chi getta le armi e ri-nuncia ad un’esistenza troppo fa-ticosa da vivere?...Si muore per anemia cronica digioia, si moltiplicano le feste, mamanca la Festa!

L’acqua della fonte

Meno male, Giuseppe, che haifatto presto a tornare dalla fonte.Vedi in tua assenza sono statocolto da un pauroso deficit disperanza e ho temuto addiritturadi dover uscire dalla tua bottegaper la tangente del pessimismo!Ma ora che sei rientrato anche ilvino di Engaddi, lassù sul banco-ne, torna a rosseggiare di letiziapasquale e risplende come simbo-lo della festa. Bevilo con Maria al-la salute del carrettiere che te l’haregalato; ma anche alla buona for-tuna di tuo figlio che sta per na-scere. Un giorno egli farà scorrereil vino sulle mense dei poveri, esceglierà il succo della vite comesacramento del sabato eterno.Anzi, se non ti dispiace, mettime-ne un poco, in quel boccale dicreta, me lo voglio portare comericordo di quest’incontro, e an-che di quell’acqua che sgocciola

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S. Giuseppe condivide il pane con i poveri.Opera di S. Baraldi.

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ancora sul pavimento, dammeneun poco!Non è acqua inquinata quella! Lepiogge acide, le discariche indu-striali e gli additivi chimici l’han-no ancora preservata, lasciando-la come simbolo di purezza e diarmonia ecologica.Dammi della tua acqua, la qualeè molto utile, et humile, et pretio-sa et casta.Ma dammela soprattutto perché,da quando tuo figlio la userà perlavare i piedi ai suoi amici, inuna sera di tradimenti, del mesedi Nisan, diverrà il simbolo di unservizio d’amore che è la spiega-zione segreta della condivisione,della gratuità e della festa.E visto che ci siamo, dammi an-che di quel pane!No, non tutto! Spezzamelo, Giu-seppe! Condividilo con me! Ungiorno anche tuo figlio lo spezze-rà prima di morire, e la speranzatraboccherà sulla terra.

L’acqua, il vino, il pane: la trilo-gia di un’esistenza ridotta all’es-senziale! Li porterò con me, nellabisaccia del pellegrino. Mi servi-ranno tanto, sulla mia strada diviandante un po’ stanco. E servi-ranno tanto anche alla mia Chie-

sa, anzi quando mi chiederàqualcosa, spero di non avernull’altro da darle che questo: nédenaro, né prestigio, né potere,ma solo acqua, vino e pane!...Si è fatto tardi, Giuseppe.Nella piazza non c’è più nessu-no. I grilli cantano sul cedro deltuo giardino.Nelle case, le famiglie recitanolo «Shemà Israel». E tra pocoNazareth si addormenterà sottola luna. Di là, vicino al fuoco, lacena è pronta. Cena di poveragente. L’acqua della fonte, il pa-ne di giornata, e il vino di En-gaddi.E poi c’è Maria che ti aspetta.Ti prego: quando entri da lei,sfiorala con un bacio. Falle unacarezza pure per me. E dille cheanch’io le voglio bene. Da mori-re!Buona notte, Giuseppe! n

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S. Giuseppe.Tavola di Otello Scarpelli.

IL ROSARIO IN ONOREDI SAN GIUSEPPE

In questo rosario in onore di sanGiuseppe, sul modello del rosariodella Vergine Maria, vogliamo con-templare come in un canto corale lapresenza di Giuseppe e affidarcialla sua intercessione.(Vedere in calce l’Ave, o Giuseppe)

Recita del Rosario

4 Signore, apri le mie labbra.– La mia bocca proclami la tua lode.

4 O Dio, vieni a salvarmi.– Signore, vieni presto in mio aiuto.

Primo misteroSan Giuseppe «l’uomo giusto»collaboratore di Dio

«Fece come l’angelo gli aveva indi-cato».Padre nostro... Ave, o Giuseppe... (10volte), Gloria.

Secondo misteroSan Giuseppe «sposoverginale» di Maria»

«E prese con sé Maria, la sua sposa».Padre nostro... Ave, o Giuseppe... (10volte), Gloria.

Terzo misteroSan Giuseppe «l’uomo forte»nelle avversità della vita

«Prese con sé il Bambino e sua Ma-dre e partì».Padre nostro... Ave, o Giuseppe... (10volte), Gloria.

Quarto misteroSan Giuseppe «l’uomo saggioa capo della famigliadi Nazareth»

«Intanto il bambino cresceva e sifortificava...».Padre nostro... Ave, o Giuseppe... (10volte), Gloria.

Quinto misteroSan Giuseppe «l’uomoreligioso e praticante».

«Come ogni anno salirono a Geru-salemme per la festa di Pasqua».Padre nostro... Ave, o Giuseppe... (10volte), Gloria.

Ave, o GiuseppeAve, o Giuseppe,uomo giusto,sposo verginale di Mariae padre davidico del Messia;tu sei benedetto tra gli uominie benedetto è il Figlio di Dio,che ti fu affidato, Gesù.

San Giuseppe,patrono della Chiesa universale,custodisci le nostre famiglienella pace e nella grazia divinae soccorrici nell’oradella nostra morte.Amen!

PIA UNIONE DEL TRANSITODI SAN GIUSEPPEVia B. Telesio 4/BTel. 06.39737681Tel. e Fax 06.39740055email:[email protected] Roma • c.c.p. 413005

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chezza della diversità e, nellostesso tempo, manifestare l’armo-nia della fede comune, una fedeschietta e robusta, accompagnatada una grande carica di vitalità edi umanità.Come i miei Predecessori, anch’iosono andato a confermare la fededel popolo messicano, ma con-temporaneamente ad esserne con - fermato; ho raccolto a piene maniquesto dono perché vada a bene-ficio della Chiesa universale.

Un esempio luminoso di quantosto dicendo è dato dalle famiglie:le famiglie messicane mi hannoaccolto con gioia come messag-gero di Cristo, Pastore dellaChiesa; ma a loro volta mi hannodonato delle testimonianze lim-pide e forti, testimonianze di fe-de vissuta, di fede che trasfigurala vita, e questo a edificazione ditutte le famiglie cristiane delmondo. E lo stesso si può direper i giovani, per i consacrati,

13La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016

CHIESA NOSTRA MADRE

In Messico e dalla Madonnadi GuadalupePapa Francesco

I

Sabato, 13 febbraio 2016. Basilica di Guadalupe. Papa Francesco prega dinanziall’amata Virgen Morenita, Patrona del Messico e di tutte le Americhe.

l viaggio apostolico che hocompiuto nei giorni scorsi inMessico è stato un’esperienzadi trasfigurazione.

Come mai? Perché il Signore ciha mostrato la luce della sua glo-ria attraverso il corpo della suaChiesa, del suo Popolo santo chevive in quella terra.Un corpo tante volte ferito, unPopolo tante volte oppresso, di-sprezzato, violato nella sua di-gnità. In effetti, i diversi incontrivissuti in Messico sono stati pie-ni di luce: la luce della fede chetrasfigura i volti e rischiara ilcammino.Il «baricentro» spirituale del pel-legrinaggio è stato il Santuariodella Madonna di Guadalupe. Ri-manere in silenzio davanti all’im-magine della Madre era ciò cheprima di tutto mi proponevo.E ringrazio Dio che me lo haconcesso. Ho contemplato, e misono lasciato guardare da Coleiche porta impressi nei suoi occhigli sguardi di tutti i suoi figli, eraccoglie i dolori per le violenze,i rapimenti, le uccisioni, i sopru-si a danno di tanta povera gente,di tante donne.Guadalupe è il Santuario maria-no più frequentato al mondo. Datutta l’America vanno a pregarelà dove la Virgen Morenita si mo-strò all’indio san Juan Diego,dando inizio all’evangelizzazionedel continente e alla sua nuovaciviltà, frutto dell’incontro tra di-verse culture. E questa è propriol’eredità che il Signore ha conse-gnato al Messico: custodire la ric-

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per i sacerdoti, per i lavoratori,per i carcerati.A Cuba l’incontro tra il Papa e ilPatriarca di Mosca e di tutta laRussia, il caro fratello Kirill; unincontro tanto desiderato puredai miei Predecessori. Anchequesto evento è una luce profeti-ca di Risurrezione, di cui oggi ilmondo ha più che mai bisogno.La Santa Madre di Dio continuia guidarci nel cammino dell’uni-tà. Preghiamo la Madonna di Ka-zan’, di cui il Patriarca Kirill miha regalato un’icona.... Rendo grazie al Signore e allaVergine di Guadalupe per il donodi questo pellegrinaggio...

Angelus, 21 febbraio 2016

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«Non siamo concorrenti, ma fratelli». Lo scrivono Papa Francesco e Cirillo,Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, nella dichiarazione comune firmata al termine dell’incontro svoltosi venerdì 12 febbraio, all’aeroporto José Martidell’Avana, a Cuba. Finalmente, dopo 952 anni, un altro tassello della preghieradi Gesù per l’unità è stato messo al suo posto.

Sabato, 13 febbraio 2016. S. Messacon i Vescovi del Messico nella Basilicadi Guadalupe.

«Non ci sono io qui,che sono la tua Madre?»Parole della santissima Vergine di Guadalupe a san Juan Diego nel Tepeyac, nel dicembre del 1531

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016 15

Don Fabio Pallottaguanelliano,missionario della Misericordia

26 maggio1866Santissimae gloriosagiornata

FAMIGLIA GUANELLIANA • Storia Spiritualità Carisma

rà celebrata a Prosto per la Solen-nità del Corpus Domini e così af-fida a don Adamini la preparazio-ne della predica d’occasione.Finalmente arriva la notizia atte-sa: resterà a Prosto anche dopol’ordinazione, in aiuto a quell’ar-ciprete. È il lunedì 23 aprile del1866 e subito ne scrive emozio-nato all’amico, al quale non sare-mo mai grati abbastanza peraverci conservato questo docu-mento prezioso di don Luigi allesoglie del presbiterato:

«Carissimo mio Signor Adamini!Ella deve esser tutto mio ora cheMonsignor Calcaterra ha accerta-

Le fu in quell’occasione che i dueebbero modo di frequentarsi.Nel 1865, poi, don Adamini erasceso di nuovo a Villa di Chia-venna, parrocchia confinantecon quella di Prosto, alla qualeera stato assegnato don Guanellacome chierico teologo. Così i duesi erano ritrovati.Siamo alla vigilia dell’ordinazionee don Luigi ancora non sa moltodel suo futuro, perché la Diocesiin quel momento è sede vacanteper la morte di mons.Marzorati e il reggente mons. Cal-caterra ancora non scioglie le ri-serve. Lui deve tuttavia predispor-re per la sua Prima Messa che sa-

«Dimenticarequalunque affanno»

«Luigino – gli disse pa’ Lorenzo – preparati.Tu potrai andare in collegio a Como.Il ragazzo non credeva alle sue orecchie».Tavola di N. Musio.

Un documento unico

a luce di un momento puòilluminare tutta una vita.Ne era certo il diaconoGuanella quando, un mese

prima di essere ordinato sacer-dote, scriveva la bella e famosalettera al giovane don Adamini,che probabilmente aveva sceltocome sua guida spirituale. DonFrancesco Adamini aveva allora35 anni e si trovava da qualchetempo come coadiutore a Villa diChiavenna. Quando nel 1863 erarimasta vacante la parrocchia diFraciscio, ne avevano tempora-neamente incaricato a lui la cura

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stoffa umana, la tendenziale na-tura di sognatore e l’entusiasmocome nota di fondo, quasi un co-lore dell’anima.Dovessimo riconoscere una con-notazione permanente nel sacer-dozio di don Luigi, credo che po-trebbe essere l’entusiasmo, abi-tualmente considerato come unaeffervescenza giovanile e quindispesso bollato come qualcosa diimmaturo e di imponderato.Credo che abbia accompagnatodon Guanella fino alla fine, tantoche lui stesso scherzosamente sidefiniva il «puer septuaginta an-norum» nell’autobiografia: un ra-gazzo di settant’anni. Ma un ra-gazzo.Restare ragazzi nell’animo grazieall’entusiasmo, che non è unaqualità che uno possa decidere: èconseguenza. Anche etimologica-mente «entusiasmo» viene da «entheos», in Dio. Cioè con Dio den-tro, tutt’altro che effervescenzapasseggera.La lettera-programma scritta aun mese dall’ordinazione ci apre

La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201616

to il mio Signor Arciprete che milascerà presso la veneranda caris-sima di lui persona, anch’io vadofantasticando sul mio avvenire; emeditando così mi confermo cheElla è tanto buona che vorrà ac-cettar la mia confidenza epperògiovarmi con quelle conversazionie con quelle care espansioni dianimo che commuovono ed edifi-cano al bene.Questo genere di comunicazioneio mi riprometto sarà per essereper me come una seconda vita.Quotidianamente o poco meno, iovorrò fare la sera una passeggiatadi diporto, voglio studiare, studia-re, studiare, glielo prometto, maquando la sera andando a diportomi troverò seco Lei mi rifarò tostodelle fatiche della giornata.Così basti per ora; rimane che Ellapossa accettare la mia confidenzacome non ne dubito, io della Sua

pera sopratutto a festeggiare lagrandissima solennità della miaprima Santa Messa, quella santis-sima e gloriosa giornata la piùbella della vita mia, giorno cuiriandando nella mente negli anniavvenire io dovrei dimenticarequalunque affanno per balzare digioia e di gratitudine. Ella però mene prepari l’ingresso a questo Mi-nistero d’altra parte tremendo eterribile.Mi raccomandi però al nostrobuonissimo Iddio nel Santo Sacri-ficio cui ha la grande fortuna dioffrire ogni dì, mi raccomandi allacomune Nostra Madre, che io pro-metto fare altrettanto, e di conser-varne vivissimo affetto...Accetti di buon animo questi mieipoveri sentimenti e mi creda tuttosuo in Gesù Cristo.Devotissimo e affezionatissimoservo, diacono Luigi Guanella».

Sentimenti poveri – scrive donGuanella – ma c’è già tutto l’uo-mo e la sua coscienza: la gran-dezza dell’ora, la povertà della

Prosto di Piuro (Sondrio). Al centro la chiesa parrocchiale, dove s. Luigi Guanella ha celebrato la Prima Messa.

È il paese che ha visto il giovane don Luigi muovere i primi passinel ministero sacerdotale.

Tavola di Antonella Sardiello(particolare).

Don Luigi Guanella viene ordinatosacerdote, nella cappelladell’episcopio di Como,

da mons. Bernardino Maria Frascolla(1811-1869), vescovo di Foggia in domicilio coatto per contrasti

con l’autorità civile.

ne sarei troppo lieto e fortunato.Intanto la ringrazio del discorsoche per la mia prima Santa Messasta preparando.Io gli devo perpetua gratitudineper la premura con cui Ella coo-

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definisce persecutorie, quasi unaccanimento.Lungo gli anni cambiano gli atto-ri ma il morso è permanente e al-la fine che resta? Davvero mira-bile il racconto dell’autobiografiadove emerge il servitore del Van-gelo ormai oltre lo zoccolo durodei contrasti, capace di leggere lasua storia come regalo:

«A Traona il don Guanella trovòtutte le difficoltà che avrebberoscoraggiato molti cuori di buonavolontà, ma egli non disperò mai».«Le dicerie e il fatto della cadutadell’opera di Traona confermava-no l’opinione pubblica che il donGuanella era un esaltato, e dover-sene guardare da ognuno».«Non rare volte avvengono malin-tesi e disillusioni... ma bisognanon badare e compatire sempre efare del bene a chi ci fa del male e,per non perdere il merito, prenderetutto dalla mano di Dio».

uno spaccato della sua interiori-tà: non c’è ancora la pienezzadella teologia e dell’esperienzapastorale che troveremo piùavanti, ma vi è già la tensione ditutta la vita, dove da un lato c’èla visione di Dio «buonissimo» edall’altro lo sgomento della pro-pria pochezza. Don Beria direb-be che le dominanti ci sono giàtutte, anche se in abbozzo.Emerge la figura di un giovaneche si sente impreparato per il«ministero tremendo e terribile»,ma è fiducioso e va fantasticandol’avvenire, in una fase piena di il-lusioni comune a tanti seminari-sti, in cui istintivamente vi è latendenza a crearsi delle immagi-ni del ministero futuro.L’anniversario dell’ordinazionedel Fondatore può aiutarci a me-ditare sul suo sacerdozio, in for-ma attualizzata: cosa dice a noioggi quel modo di essere preti?Possiamo raccogliere alcune sug-gestioni di quel ministero «difuoco», usando parole sue? Ci so-no fotogrammi che possiamo ri-tagliare del suo essere prete?Ne scelgo uno su tutti: la luceche seppe trovare entrando nellecontrarietà.

Quasi un accanimento

Credo che potremmo dividerequasi in tre tempi il sacerdoziodel Fondatore: prima del falli-mento su Traona (Prosto, Savo-gno, Torino e Traona), dopoTraona (i nove mesi della grandeconfusione e dell’umiliazione:(Morbegno, Milano, Gravedona,Olmo), e gli anni della sua avven-tura di Fondatore (Pianello, Co-mo...).Si tratta di tre momenti diversi,anche se alcune caratteristichesono permanenti nel suo mini-stero; a me pare che un tema ri-corrente dei suoi 49 anni di sa-cerdozio sia la presenza delle op-posizioni, in forma di prova sfi-brante. Nessun sacerdote è esen-te dalle fatiche del ministero, madon Guanella è tra quelli che hadovuto misurarsi con un livellodi prove che egli stesso più volte

La reazione

Una lettura globale delle fonti innostro possesso, soprattuttodell’epistolario e delle memorieautobiografiche, ma anche dimolte pagine del Bollettino «LaDivina Provvidenza» ci darebbeuna visione netta del modo in cuidon Guanella visse il suo mini-stero ondeggiato da tante maree.Farei sintesi intorno a tre polari-tà.

La coscienza del dono di Dio. Inaltre parole: la fiducia radicalenel carisma ricevuto, espressa intutte le tonalità. Don Guanellaappare il sacerdote ostacolatoche non smette di credere nellaforza della chiamata, anche setutto si sgretola intorno a lui.Abitualmente l’accanimento delleprove sulla nostra psiche e sulnostro corpo produce un’atte-nuazione del senso di sé e della

Traona (Sondrio). «A Traona don Guanella trovò tutte le difficoltàche avrebbero scoraggiato molti cuori di buona volontà,

ma egli non disperò mai» (dall’autobiografia).

Mi pare che potremmo conside-rare diversi livelli di prova nelsuo ministero.L’isolamento in cui è posto dal-l’esterno, le difficoltà interne allasua fondazione, le conseguentiprove interiori.(...)

propria missione, un indeboli-mento della carica vitale, ancheun certo tasso di paura perma-nente. Determina dubbi.Per don Luigi, tutto può cadere ominacciare di cadere, ma non lacertezza della chiamata di Dio;non vi riescono i nemici, non

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ri, e di qui le malevolenze, le mi-nacce e le sorveglianze politiche...Le vie oblique e le timidità non leconobbe mai».

Voglio dire che la coscienza fortedella sua missione, se si conside-rano le circostanze in cui essa sisviluppò, è davvero prodigiosa.

Il vero miracolo non mi parel’essere rimasto a galla di donGuanella, ma l’aver espresso, inquel quadro oscuro e modesto,un amore irriducibile verso i suoioppositori e una lettura provvi-denziale dei vari incidenti; ci sa-rebbe da scrivere – per esempio –una monografia sul rapporto tradon Luigi e i suoi Vescovi.In fondo perché il cardinal Fer-rari emerge fra tutti? Forse per-ché è straordinario? No, proba-bilmente è l’unico che don Gua-nella considera normale: così do-vrebbe essere un vescovo con unsuo prete: padre, amico, fratello.Soprattutto vicino, magari anche

l’ottengono i superiori, non loscalfisce neppure la carezza degliamici e la suggestione del benepossibile altrove, magari con donBosco. Ci sono punti in cui la fi-ducia nel carisma appare in luiimpressionante, come quandoRoma cerca di «inquadrarne» lacarica innovativa dentro le ma-glie del diritto e il buon padreClaudio Benedetti, redentorista,lo consiglia di adeguarsi, pena lanon approvazione; don Guanellanon abbassa il prezzo e non è di-sposto a negoziare quelli che so-no i suoi punti fermi. Sa che Diolo vuole. E lo vuole così; per cuinon cede al ricatto dei nemici oai suggerimenti degli amici.

La cornice in cui questa fiduciadi don Guanella si esprime è

Per Como, quando si riesce adaprire, non gli viene concesso ilpermesso di lasciare la parroc-chia di Pianello; insomma laclassica situazione di avere il pa-ne e non avere i denti o di avere identi quando manca il pane. C’èda rodersi il fegato.Un aspetto da tenere in conto è lasua tendenziale ipotesi positivasulle persone e sulle cose; certonon si presenta come un ingenuoo uno sprovveduto, ma di solito èportato a fidarsi, salvo poi rimet-terci tutto, nome e soldi.A fronte della sua apertura since-ra e lineare, il contesto in cui simuove è, abitualmente, meschi-no e pieno di sotterfugi. Ci si ag-giunga il suo entrare in spaccatasulla realtà, senza arrotondaretroppo le parole e con profondaschiettezza. Parlando di sé scri-veva ne «Le Vie della Provviden-za»:

«Gli pareva impossibile al donGuanella di tacere la verità e nonla tacque mai né in Chiesa né fuo-

La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201618

Il cardinal Andrea Carlo Ferrariè stato per don Luigi Guanella

padre, amico, fratello.

Lo Spirito Santo di cui si sentiva «tabernacolo» lo aveva portato a maturare una certezza: le avversità sono un modo con cui Cristo realizza in me il suo Regno

e lui soffre con me per quello che mi capita nel ministero.

tutt’altro che invitante e favore-vole. Le circostanze in cui egli sitrova a fare discernimento sonooscure e penose; nulla gli dice«vai avanti». Tutto sembra avvi-sarlo che la direzione è sbagliataed emerge quasi un destino daburla perché quando ottiene li-cenza e libertà non si presentanole condizioni e quando ci sono lecondizioni ne è impedito.A Traona si era sentito dire: puoifare. E tutto gli si gira contro,sfavorevolmente. A Pianello dovetutto è quasi in attesa di lui, ne ètenuto lontano.

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disposto al rimprovero, all’occor-renza, ma sempre in attitudine diabbraccio.Mai la vita lo portò alla disobbe-dienza o alla guerra; c’è in lui co-me una passione invincibile percui non cede mai il passo allosdegno e all’amarezza. Se neces-sario impugna la penna e scrive,chiarisce, illumina. Qualche vol-ta le parole si fanno forti, ma loesigono il tema o le circostanze,non l’ira.Ritengo straordinario questo mo-do di rispondere. Potremmo pen-sare a quando ci sentiamo sottoprocesso o poco accolti, vittimedella freddezza e delle chiacchie-re, etichettati e tenuti a distanza.Abitualmente ci si chiude.In tutta la letteratura a nostra di-

sposizione, per ciò che concernele relazioni di don Guanella conchiunque, non vi è mai una solafrase che possa dire chiusura.Considero questo «santità», cioèla capacità di conservare una vi-sione grande della propria mis-sione in circostanze becere e ri-strette, attraverso una dedizionemai smentita che è propria dellacarità, per cui non si smette maidi attendere e di crederci, di pro-varci e riprovarci.In fondo fu anche furbizia, per-ché la santità ha una sua astuzia:di solito non presta il fianco. Sedon Guanella fosse stato disob-bediente e ribelle quale storialeggeremmo oggi? Un copionenoto nella storia di Santa MadreChiesa.

Il frutto

Quale fu il regalo per don Gua-nella? Cosa ne ricavò dalla suainfinita pazienza?Letture di superficie direbberoche il suo ministero ne restò pe-nalizzato; di fatto fu ritardatal’ora della misericordia di quasiventicinque anni perché solo nel1890 gli fu accordato il permessodi dedicarsi alla sua Fondazione atempo pieno e morì senza vederladefinitivamente riconosciuta dallaChiesa che aveva servito e amatonell’obbedienza più straziante.Don Guanella la pensò diversa-mente. Una delle pagine piùcommoventi della sua autobio-grafia parla della gioia che Diosemina nelle prove:

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Lo Spirito Santo di cui si sentiva «tabernacolo» lo aveva portato a maturare una certezza: le avversità sono un modo con cui Cristo realizza in me il suo Regno

e lui soffre con me per quello che mi capita nel ministero. Essendo portinaio della Casa dellaDivina Provvidenza, ho avuto occa-sione di osservare che don Gua-nella, ritornando dalle sue peregri-nazioni, conduceva poveri e facchi-ni che trovava per le strade di Co-mo, li provvedeva di vitto e parec-chie volte dava loro alloggio.

Fr. Gerardo Paleari

Lo svolgersi della sua vita fu uncontinuo praticare le opere di mi-sericordia spirituali e temporali, acosto di qualunque sacrificio.

Suor Genoveffa Spreafico

Non vi era un dolore, non vi erauna pena che non avesse un’econel suo cuore e non lo muovessead aiutare i dolenti. Accoglieva,con amore, il rifiuto degli ospedali.

P. Enrico Genovesi

Ricordo la compiacenza con laquale mi presentava ora a sordo-muti ed ora a deficienti e poichémi vedevo davanti tante miserie eme ne mostravo impressionato co-sì, da dirgli, che non provavo grangusto a trovarmi d’attorno tan-

le lettere gli chiesi: «Don Luigi,tutto questo va bene, ma se glie-ne venissero in troppa abbondan-za, dove li vorrebbe collocare?».Mi rispose: «Basta che entrinodalla porta; quando vi sono den-tro la Provvidenza vi penserà».

Don Serafino Rumi

ti disgraziati,egli esclama-va: «Ma cosadice? Questisono i mieimigliori ami-ci!».Don Giovanni

Tam

Qualche me-se prima del-la morte didon Guanel-la, lo trovaiaffaccendatoe mi disse:«Sei venutoin buon pun-to, non ho quiil mio segre-tario e ho bi-sogno di scrivere alcune lettere avarii sacerdoti delle mie Case perfarvi ricoverare gli orfani di questaguerra ed i figli dei richiamati». Mifece scrivere circa una dozzina dilettere, in cui raccomandava calda-mente che stessero preparati a rico-verare gli orfani senza preoccupa-zione del numero. Dopo aver scritto

DON GUANELLA UOMO DI MISERICORDIA

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«Le medesime contraddizioni edavversità, sia di corpo o di menteo di cuore, Iddio buono le conver-te in pioggia d’oro, e le bufere ditempesta in tanti chicchi comepietre preziose che arricchisconol’abitazione del cuore religioso, ta-bernacolo vivente dello SpiritoSanto».

Era passato mezzo secolo daquella vigilia di prima Messa ep-pure la nota chiave era la stessa:Iddio buono.Iddio buono.Non un passoindietro su que-sto punto.Ma soprattuttola lettura delleavversità tra-sformate ingrazie. Non sitrattava di tro-vare un equili-brio tra le gioiee le sofferenze –ogni camminoumano è fattodi prove e disoddisfazioni –ma di ricono-scere le gioiedentro le soffe-renze in cui siera entrati. Ri-conoscere chele prove stesse producono le loroconsolazioni: tu ci entri, le assu-mi e Dio te le trasforma. Perché?Perché è buono e tutto quelloche tocca diventa bontà.Don Guanella vive il ministerosacerdotale sapendo di assumerein sé le sofferenze di Cristo e levive come tali. Solo così riesce aparlarne, le descrive con libertà efranchezza, quasi con toni un po’spregiudicati; a volte ci ride so-pra, quasi divertito. Ma noi?La reazione umana più naturaleè la ripugnanza perché nessunoentra volentieri nelle sue prove.Arrivano e tu cerchi di schivarle,fisicamente e psicologicamentenon ci entri, le neghi, non leguardi in faccia. Magari ancheperché credi di non farcela.Sono eventi che consideri «a la-to» del tuo percorso, uno sbaglio,

qualcosa che non doveva esserci.Lentamente le marginalizzi e di-ventano come un corpo estraneoche non fa parte della tua avven-tura d’uomo.Don Guanella sperimentò il frut-to della pazienza perché nonconsiderò le avversità come suoifallimenti personali, una sorta disconfitta di chi si credeva bravo eall’altezza, ma che disgraziata-mente era incappato nella smen-tita dei fatti. Lo Spirito Santo di

Contemplo il sacerdozio di donGuanella e fisso un punto di pro-spettiva nel mio animo: quel suostare di fronte alle vicende senzal’ansia di chi va in frantumi perla prima notizia cattiva che giun-ge e senza troppi progetti; Diosuggerisce la mèta e le vie per ar-rivarci, poco a poco. Si sente pre-te per il dono dello Spirito rice-vuto e la forza del carisma gliviene dallo Spirito. Questo nonelimina la debolezza e nulla è più

lontano dallaverità di undon Guanellasicuro di sé,che non vacillamai, senzadubbi e deditoa rafforzare glialtri. Anzi l’ulti-mo fotogram-ma della sua vi-ta è di una pa-ralisi invalidan-te su un lettoche lo vede pri-vo di forze e disenno. Fragile,minato dallamalattia.Solo in quell’ul-timo mese laverità dell’uo-mo venne a gal-la e cessarono

tutte le critiche; in quel momen-to apparve il servitore di Dio, intutta la sua grazia e con tutta lasua debolezza, che è la nostra ve-rità più vera.Torno alla lettera della vigilia, unmese prima dell’ordinazione:

«Santissima e gloriosa giornata lapiù bella della vita mia, giorno cuiriandando nella mente negli anniavvenire io dovrei dimenticarequalunque affanno per balzare digioia e di gratitudine».

Dimenticare qualunque affanno;era stata la proiezione dell’avve-nire più spontanea ed era il bi-lancio di una vita, il punto su cuiil sacerdozio del padre si fa scuo-la per noi: esiliare gli affanni, so-prattutto quelli inutili.C’è la Provvidenza. n

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Don Guanella non temeva le «bufere» della vita,perché era certo della infinita bontà di Dio Padre, che vegliava su di lui.

Coraggioso come le stelle alpine dei suoi monti.

cui si sentiva «tabernacolo» loaveva portato a maturare unacertezza: le avversità sono unmodo con cui Cristo realizza inme il suo Regno e lui soffre conme per quello che mi capita nelministero. Insomma non si trattadi un incidente, ma di una com-ponente.Dentro e sotto a questo modo divivere le cose c’è il vecchio segre-to di sempre: la Provvidenza e lafiducia sconsiderata nella suapresenza amorevole. Il catechi-smo la chiama fede. Chi è istrui-to dallo Spirito Santo ha un suomodo di leggere la vita e le suestagioni. Il passato è una fortu-na, il presente è un’occasione. Eil futuro? E il futuro non fa pau-ra perché uno lo sa «in chi ha ri-posto la sua fiducia».

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questo lavoro); aveva messo fuo-ri le cose più belle della sua chie-sa che raccoglieva lavori pregiatidell’antica Piuro sepolta da unafrana, e aveva preparato mate-rialmente e spiritualmente il suopopolo per ricevere il sacerdotenovello. Questi, se avesse voluto,avrebbe potuto avere per sé unacasa alla destra della chiesa, dilà del Mera, nella zona dei «crot-ti», che costituiva una parte delsuo beneficio assieme a un orto,un crotto a far da cantina, e conle offerte per la benedizione del-le case a Natale e a Pasqua, quel-le per la benedizione delle giova-

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Piero Pellegrini sdc

Prima Messadi don Guanella

FAMIGLIA GUANELLIANA • Storia Spiritualità Carisma

P

Foto di don Luigi Guanella appenaordinato sacerdote. Era l’anno 1866.

Prosto di Piuro (Sondrio). Altare dove san Luigi Guanella ha celebrato la sua Prima Messa il 31 maggio 1866.

rosto, piccolo paese al pie-de di montagne altissimedal bel nome come Pizzodel Grillo o dal nome oscu-

ro e minaccioso come MonteGruf, appena fuori di Chiavenna,sulla strada di Saint Moritz, ac-colse don Guanella neosacerdoteche veniva a celebrare la sua pri-ma Messa il 31 maggio 1866.Il parroco don Del Curto gli ave-va fatto un posticino nella suacasa parrocchiale rimessa a nuo-vo con una mano di calce (avevaspeso lire 3 e 75 centesimi, comeaveva segnato verso fine aprilesu un vecchio libro dei conti, per

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La Voce n. 2 • marzo-aprile 2016

ni madri e per i funerali deibambini inferiori ai sette anni:era tutto il suo beneficio. Ancoroggi quel beneficio è intestato alsuo nome e l’arciprete di Prostoogni anno, nella sua denuncia,elenca anche la casa di don Gua-nella e ne paga, a nome del San-to, le tasse.Il suo arciprete, un po’ rude eanziano, gli voleva bene e donGuanella pensò che con lui sipoteva certamente stare e fecevita con lui. Quel 31 maggio, fe-sta del Corpus Domini, furonopresenti i genitori, i fratelli e lesorelle; don Adamini gli tenne ilsolenne discorso, secondo le mi-gliori regole dell’oratoria deltempo. Don Guanella gliene ave-va fatto richiesta qualche meseprima con una saggia lettera,uno dei primi documenti perso-nali che si conoscono di lui.La festa sarà poi finita con lagente sparsa tra i crotti, di qua edi là del Mera, a discutere di Ga-ribaldi, che venti giorni primaaveva annunciato un arruola-mento di volontari per la guerracontro l’Austria, e naturalmentea bere del buon vino e a cantare;e don Guanella là, nella suastanzetta, a fare i primi consun-tivi, a ripassare i propositi fattiper l’ordinazione, e a guardarsiun po’ in giro: domani bisognavacominciare per davvero.Il mattino seguente eccoli, lui e iparrocchiani.Lui alto, ben disposto, faccia se-ria, fronte volitiva e ventitré annie mezzo tutti pieni di ottimismo,di ardimento, di sogni: tutti i so-

vare l’amico don Adamini per leprime discussioni, i primi con-fronti tra la maturità esperta e lagiovinezza ansiosa. Che cosa vo-leva il novello sacerdote, a qualirealizzazioni mirava?Neppur lui lo sapeva chiaramen-te; appariva come una potentelocomotiva capace di trascinareun gran carico e tanta gente lon-tano, ma, pel momento, ancoralì, su e giù per la stazione, a cer-care il binario giusto.Volitivo e aperto, era un trasci-natore: «destava una vibrazione

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gni che si possono fare in dodicianni di seminario, vedendo ilmondo come un gran campo diazioni organizzate per la grandeconquista, per prendere all’amo,pazientemente gettato ogni gior-no, tanti pesci grossi: tutti i gior-ni come un venerdì grasso.I parrocchiani, altrettante figurediverse, difficilmente penetrabi-li; primi approcci, racconti di di-spiaceri, di fatiche: le quotidianemiserie di questa valle di lacri-me, la faccia rassegnata e dimes-sa dei giorni di lavoro in cui do-veva ormai rispecchiarsi ognigiorno l’ottimismo del novellosacerdote. Sulle porte di casavecchi e bambini; pei campi gen-te intenta a tagliare, voltare, rac-cogliere il maggengo: non c’è dastar lì molto tempo a raccontar-la; e tira avanti verso Villa a tro-

simpatica», e se ne serviva persmuovere ed entusiasmare Isuoi. La notte di San Sebastianofu ricordata a lungo a Savogno:il Santo era a Villa di Chiavennaper predicare quando cominciòa nevicare; a Savogno si dovevacostruire il nuovo cimitero e bi-sognava portare giù i sassi ne-cessari, e anzi preparare la stra-da per il loro trasporto dallamontagna. L’uomo di volontàs’affrettò al paese, diede manoalla campana e si lavorò sotto laneve fino alla mezzanotte di quel20 gennaio, a preparare la viaper condurre giù i sassi; poi, ve-nuta la neve e ben battuta, sa-rebbe stato un gioco da ragazzifar correre i sassi dalla neve alcantiere. Un colpo perfetto, chefece risparmiare gran tempo dilavoro.

Fraciscio (Sondrio). Camera da letto di Luigi Guanella, ora adibita a cappella.

Roma, Piazza S. Pietro, 23 ottobre 2011. Don Luigi Guanella proclamato Santoda papa Benedetto XVI.

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Era energico, di energia fisicaoltre che morale: si ricordano lelunghe ore di aspra montagnaper poter celebrare la Messa fragli alpeggi dei suoi, e le contro-versie che sostenne per difende-re i suoi parrocchiani in queltempo di violento anticlericali-smo.Aveva ampiezza di interessi e ciògli rendeva più difficile la scelta;e vedute ampie quanto ai mezzida usare per lo scopo prefisso:per questo qualcuno lo diceva«intrigante», e può esser esatto,se si intende come dice in unalettera il suo vecchio arciprete diProsto:«Conosco per esperienza chedon Luigi nelle sue intrapresequando le vede buone in se stes-se non fa gran calcolo delle cir-costanze, né dei mezzi necessariper condurle a fine; e quando si

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Roma, Piazza S. Pietro, 23 ottobre 2011. Don Luigi Guanella proclamato Santoda papa Benedetto XVI.

Sacerdoti guanelliani, Servi della Carità, celebrano nella Grotta di Lourdes.

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è fitta in capo un’idea difficil-mente si piega a mutarla».Aveva una tendenza al rigorismoche traspariva dalla sua vita, dalsuo governo delle anime, dallascelta delle persone, degli scopi;ma anche una dolce tenerezzaverso i miseri, gli abbandonati.Si profilavano già ben stagliatidue orientamenti fondamentalidella sua vita, che resterannosempre, sia pur vagliati: l’intra-prendenza e la solidità. I primianni di esperienza gli indicaronoben presto anche la meta dovearrivare: la cura dei poveri; poichiarirà anche i mezzi e la via.Gli anni di Prosto e di Savogno(1866-1875) rivelano comunquein don Guanella un metallo pre-zioso, ma ancora grezzo, che at-tende la prova per esser raffinatoe apparire in tutto il suo splen-dore: un autentico capolavoro diDio. n

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NEL PIANTO DEIPOVERI

O Dio, tu mia sola sorgente,ti cerco all’aurora.Le mani mie arate ti tendo,portandoti in dono il mio niente.

A te come terra riarsaspalanco il mio grido,nel vento consegno la vitaa te, come polvere sparsa.

Nel pianto dei poveri ascolto,mio Dio, la tua voce,nel loro dolore scavato,nascosto contemplo il tuo volto.

Ti porto la sera, dai balzi,le tue pecorelle,che tu sulle spalle le ponga,che accanto alla guancia le innalzi.

Tu Padre, all’eterne sorgentidisseti il tuo gregge,lo nutri dell’erbe novelle,cresciute sull’acque scorrenti.

Don Remo Bracchiin lode a san Luigi Guanella

Il ministro ordinato è – come Gesù – «pane spezzato» e «vino versato»per saziare e dissetare chi ha fame e sete di Dio.

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Nel 25o della beatificazionedi suor Chiara Bosatta(Roma 21 aprile 1991)guardiamo a leiche seppe avvalersidi buone guide spirituali:il gesuita p. Vinelli,don Coppinie poi don Luigi Guanella.Del rapporto di suor Chiaracon don Guanellasi hannoabbondanti documentiche permettono di capirecome san Luigil’accompagnònel suo cammino di santità.

re quanto vorrei ai desideri delmio cuore.Sebbene non abbia ancora l’onoredi conoscerla, pure il di lei donomi è caparra della benevolenzache mi porta e delle preghiere cheporgerà al buon Dio per me, giac-ché facilmente ella può supporrequanto sia bisognosa dell’aiuto edelle grazie divine. Dal canto mionon cesserò dal pregare fervente-mente il Signore, affinché benedi-ca il suo zelo e la colmi delle suepiù preziose grazie. Spero che le siporgerà qualche favorevole occa-sione per favorirmi d’una visita, eallora le manifesterò i sensi di ri-spetto e di riconoscenza che nutroa di lei riguardo». È la prima dellenumerose lettere che Chiara indi-rizzerà al suo parroco e superiore.Qualche mese più tardi ebberomodo di conoscersi e di parlareassieme.

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Piero Pellegrini sdc

FAMIGLIA GUANELLIANA • Storia Spiritualità Carisma

Don Guanellae suor Chiara

I

Seguendo la beataChiara Bosatta

Don Luigi e suor Chiaraerano assai diversi come caratteree anche come grazia e carismaforse dovettero faticare a capirsi.Tavola di Andrea Curran fsmp.

l primo incontro di suor Chia-ra con don Guanella avvenneper lettera. Entrato da un me-se nella parrocchia di Pianel-

lo, don Guanella aveva avuto il de-siderio di incontrarsi con tutti isuoi nuovi parrocchiani, tra cui lepersone dell’ospizio lasciato dalcompianto don Carlo Coppini.Suor Chiara quell’anno era assen-te dall’ospizio, inviata a Gravedo-na per prepararsi all’esame dimaestra elementare; don Guanellale fece avere il suo libretto Andia-mo al Padre come augurio natali-zio.E Chiara rispose il 3 gennaio:«Prima d’ora avrei dovuto rivol-gerle il mio scritto per renderle imiei dovuti ringraziamenti pertanto gradito dono che mi ha fa-vorito. Perdoni la mia tardanza,mi trovo tanto occupata negli stu-di che non sempre posso soddisfa-

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vata a Como, gliscrive: «Sono a Co-mo. Mi piace la ca-sa, perché solinga,raccolta ed ancheallegra. Bello è ve-dere quei grandipezzi di campagnacoltivati in orti e la-vorati con quelbell’ordine e preci-sione che fanno ri-manere incantati.Tutto, tutto è belloed allegro, ma ilmio cuore non tro-va luogo e non siferma qui, ma viag-gia e si riposa ove

gli è concesso di vedere, di favella-re e di apprendere cose celesti,cioè presso a cui parla or ora, cheè l’unico suoconforto dopo ilsuo Padre cele-ste». Con un giroun po’ tortuosodi parole chiamadon Guanellal’unico suo con-forto dopo Dio ene sente la man-canza.Ma già da Ar-denno avevascritto: «BeataMarcellina, cheha la felice sortedi camminaresulle orme delmio ottimo pa-dre, di parlarglie di ricopiare daLui quelle belle virtù di cui è fre-giato l’animo suo, che lo rendonosì caro a Dio e agli uomini. Alme-no me, m’accompagni poi semprecolla sua benedizione e trovando-mi priva della sua cara presenza,della sua parola e dei suoi inco-raggiamenti e dei suoi conforti,voglia poi supplire con altro mez-zo. Essa sa tutto, conosce i bisognie le pene del povero cuor mio em’affido tutta a Lei».Andò così fino alla morte; durantela malattia, vedendo entrare donGuanella nella sua camera, Chiaralo accolse esclamando: «mi con-duca al Paradiso non ne posso

più!» e don Luigi a lei: «Lo vedeteil Paradiso?» – «Sì lo vedo, rispo-se, ma non posso entrarvi mi con-duca lei, mi conduca lei».Don Guanella ricambiava la stimae la fiducia, anche se, nella sua au-sterità un po’ brusca, non avevaparole o gesti per esprimerle. Alfratello di don Luigi, parroco adArdenno che voleva rispedire a ca-sa suor Chiara, questa risponde:«don Luigi non mi prende con sé,non ne vuole di fastidi dietro alui». Ma tutta la stima appare evi-dente dalle memorie biografichesu suor Chiara lasciate da donGuanella stesso.La riteneva la ruota centrale ditutto il movimento della casa,quella da cui si genera e prenderegola tutta l’attività dell’opificio.Dagli scritti di don Guanella e da

Nel frattempo don Guanellaaveva superato i giorni più diffi-cili dell’avvio dell’attività pienain parrocchia. Le suore di donCoppini, prevenute contro quelnuovo parroco, già fallito in unprecedente tentativo di aprireun collegio a Traona, lo lascia-vano sulla porta di casa senzafarlo entrare: da novembre alluglio successivo anche il vesco-vo continuò a mantener quellesuore affidate a un parroco vici-no. Chiara veniva informatadalla sorella Marcellina e condi-videva i timori; ma quando potérientrare a Pianello, nell’estate1882, e sentì la predicazione didon Guanella, non ebbe esita-zioni a farsene sostenitrice e,dopo il corso di esercizi di set-tembre, decise di sceglierlo co-me direttore di spirito e confes-sore; le sembrò il sacerdoteadatto per lei: un maestro pa-ziente e austero per una disce-pola disposta a salire fin soprala croce per amore di Dio.Cominciò così quel periodo dirapporti e di intensa collabora-zione pratica, formativa, spiri-tuale che durò, approfondendo-si, fino alla morte di Chiara,cinque anni dopo. Quando do-veva allontanarsi dal suo «otti-mo padre», come lo chiamaspesso, l’unico rimpianto era diesser separata da lui e non po-terne avere l’aiuto continuo e ladirezione.Il 14 maggio 1886, appena arri-

Tavola di Andrea Curran fsmp. Le Sorelle Marcellinae Chiara Bosatta. All’inizio non si fidavano

di don Luigi Guanella.

Suor Chiara, dopo aver ascoltato le prediche di don Luigi, lo scelse come suo direttore spirituale.

tutte le testimonianze Chiara ap-pare al centro di tutta l’attività del-l’ospizio e della Piccola Casa diComo. A Marcellina era riservatala direzione, a Chiara l’esecuzionetra le bambine, orfanelle o handi-cappate, tra le ragazze o tra leadulte e fra gli anziani. Era Mae-stra delle novizie e di tutte le Fi-glie di Maria orsoline; vera supe-riora e fondatrice della casa di Co-mo, anche se il titolo di superioraera lasciato a suor Marcellina; donGuanella la chiamò direttrice del-la Casa di Como.Tutto questo esigeva, tra la suora eil superiore, un buon rapporto che

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Arazzo esposto in S. Pietro il giornodella beatificazione di suor Chiara

(21 aprile 1991).

tuttavia non lasciava spazio aisentimenti ed era ordinato solo albene dei poveri e di quella poveraanima di Chiara crucciata da tan-te pene. Ma a don Guanella servì amitigare un po’ quel suo rigidoascetismo a cui era stato educato,schivo con le donne alle quali sidoveva riservare sermo durus etbrevis: parole dure e contate. Lastessa fermezza di guida spiritualela dimostrò quando s’accorse chein Chiara c’era un attaccamentogiudicato eccessivo alle lettere concui don Guanella rispondeva allasuora. Erano lettere di direzionespirituale; ma don Guanella impo-se alla sua penitente di distrugger-le; suor Chiara si fece ripetere l’or-dine, ma poi dovette obbedire.Se si vuole approfondire la storiadei rapporti tra don Guanella esuor Chiara, bisogna lasciare lastoria della cooperazione tra i duebeati pur così varia e ricca diaspetti e di caratteristiche, e pas-sare all’esame delle situazioni per-sonali interiori che sono alla basedi questi rapporti.Può essere interessante rilevarecome i due fossero assai diversicome personalità e carattere e an-che come grazia e carisma. Chiaraviene ricordata come timida, in-troversa, contemplativa, facile alpianto, con senso di inferiorità e

don Guanella verso la discepola.Don Guanella non crede sia total-mente vero e valido quello che siripete abitualmente oggi che chicomanda deve tener conto dellecaratteristiche naturali della per-sona e assecondarle, perché cosìla persona mette a frutto meglio idoni naturali e divini, rende me-glio nel suo ufficio ed è anche piùserena e soddisfatta. A suor Chia-ra, contemplativa e introversa, im-pone uno sforzo enorme contro lasua natura, imponendole l’obbe-dienza di un anno di scuola aDongo, che costò uno sforzo eroi-co alla suora. Anche la sorellaMarcellina è d’accordo con donGuanella e ne dà la motivazione:occorreva vincere nella sorellaquella naturale timidità che la im-pediva nelle opere di bene.Fosse stata assecondata nella suatendenza si sarebbe forse ripetutal’esperienza deludente del novizia-to presso le Canossiane. La stessaosservazione può valere per l’ubbi-dienza di andare in funzione di di-rettrice a Como, ufficio che, percarattere, per umiltà o per altri ti-mori, Chiara supplicò don Gua-nella di non assegnarle. Don Gua-nella, vedendo meglio il bene ge-nerale della persona, oltre chedell’opera, non cedette neppurequesta volta. E Chiara riconosceva

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anche di colpa, poco espansiva,così da demandare tutte le relazio-ni sociali alla sorella Marcellina:tutti aspetti che rendevano com-plessa la sua personalità. DonGuanella, all’opposto, era portatoall’azione anche travolgente e de-cisa, instancabilmente attivo, co-raggioso ed energico, sicuro e for-te, anche se dolce e aperto al sen-timento, alla simpatia, all’amici-zia.Questa diversità segnava inevita-bilmente il rapporto formativo di

Pianello del Lario (Como), culla dell’Opera guanelliana.

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alla fine: l’obbedienza di Dongo fuil più grosso sacrificio richiesto intutta la sua vita, ma da allora co-minciarono quelle grazie partico-lari che andava esponendo al suodirettore.Quando invece la vede ammalatagrave, don Guanella ancora nonesita ad assecondare il suo deside-rio di solitudine e di preghiera e,sfidando anche le malechiacchieree malignità di un gruppetto ostileal parroco e all’ospizio, la fa rico-verare nella sua stessa casa par-rocchiale, anche per poterle porta-re più spesso, quotidianamente, laComunione.C’era anche un altro motivo: donGuanella conosceva molto beneche la sua discepola andava sog-getta a gravi prove mistiche chescuotevano profondamente il fra-gile spirito di Chiara e capiva cheavrebbe dovuto esserle vicino inquei momenti dolorosi, quando ilSignore la chiamava a parteciparealle sofferenze fisiche e spiritualidella stessa Passione di Cristo.Ma qui si apre un altro capitolodei rapporti fra il parroco e la suo-ra. Don Guanella non riuscì a ca-pire le vie misteriose di Dio e loconfessa egli stesso.Difatti erano assai diversi anchea livello dei princìpi di fede a cuiognuno faceva ricorso per soste-nere la propria vita spirituale el’attività caritativa verso i più po-veri.

Una si ispirava al Cristo crocifisso,l’altro a Dio come padre; Chiara fuchiamata a percorrere la via misti-ca, collegata a terribili prove e sof-ferenze interiori che costituisconoil duro e doloroso cammino versoDio, purificano le virtù e dispon-gono all’incontro finale con Dio vi-sto e desiderato come lo sposo;don Guanella percorse la via asce-tica della mortificazione, della pe-nitenza, del sacrificio, comel’evangelico grano di frumento chedeve essere deposto nella terra,morire, trasformarsi in spiga egrano macinato e cotto per la

mensa del gran re. Lei ha un sen-so di terrore per il peccato, lui èsostenuto dall’amore più ottimistaper l’uomo debole e sofferente.Con questi diversi strumenti e so-stegni interiori, partendo da punticosì lontani percorsero assiemeun cammino parallelo per portarenella carità la redenzione di Cristocrocifisso e ai sofferenti la dignitàdi figli di Dio padre ai più abban-donati.Essendo così diversi dovettero an-che far fatica a capirsi; don Gua-nella lo confessa candidamente:dovette mettersi a studiare s. Tere-sa e s. Giovanni della Croce, peravere luce per illuminare l’umilesuora. E non riuscì ugualmente acapire bene che cosa si svolgevanell’anima di Chiara. Intuì la pro-fondità del mistero e capì cheChiara era chiamata a esser pietrafondamentale delle sue opere, co-me presenza di grazia e come mo-dello di virtù.Per questo ne scrisse la vita e pro-mosse il processo di beatificazio-ne per fare assegnare a Chiara ilposto che le spettava. Ma in que-sto modo mise in piena luce unaforma intensa e corretta di coope-razione nella Chiesa di Dio; e que-sto nonostante divergenze profon-de, ma non irriducibili se si lasciaspazio al rispetto della persona ealla grazia. n

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Madonna della Provvidenza con san Luigi Guanella e la beata Chiara Bosatta.

Religiose guanelliane in preghiera.

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bre don Bosco cominciò a dire airagazzi che provenivano da quel-la zona della città che prestoavrebbero avuto un altro orato-rio più comodo da raggiungere.Don Bosco affittò una casettacon tettoia e cortile; vi era unascuderia che fu trasformata incappella.Fu costruito un piccolo campani-le, fu spianato l’orticello per am-pliare il cortile, delimitando ilperimetro con una staccionataalta pochi palmi. Si trovava più omeno presso l’attuale abside del-la chiesa di San Giovanni Evan-gelista. Nacque così l’OratorioSan Luigi, dal poco, come tuttele opere di don Bosco.

Don Bosco diede appuntamentoai ragazzi, esortandoli a prepa-rarsi con la confessione e la co-munione.Don Borel, delegato da don Bo-sco, seguì l’inaugurazione e cele-brò la messa, poi si fece un po’ diricreazione e fu servita la meren-da. Il primo direttore del SanLuigi fu il teologo Giacinto Car-pano.Era un ottimo sacerdote, impe-gnato in settimana con i Tom-masini del Cottolengo, i giovanidel carcere minorile della Gene-rala e gli spazzacamini valdo -stani.Il buon teologo portava in sac-coccia le particole e il vino per

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Natale Maffioli

FAMIGLIA GUANELLIANA • Storia Spiritualità Carisma

Il secondo oratorioaperto da don Boscoè ancora una portaaperta a tutti da 169 annie rappresentaun punto di riferimentoper uno dei quartieripiù problematici di Torinoe per i tantissimiragazzi e giovanidi tutte le nazioniche qui trovanouna «mano amica».Tra i direttoridue Santi e due beati.Uno dei due santiè il nostro fondatore san Luigi Guanella,che nel triennio (1875-1878)è stato a Torinocome salesiano di don Bosco. Torino. Ingresso dell’oratorio salesiano «San Luigi».

E rano passati pochi annidall’apertura dell’oratoriodi Valdocco e don Bosco,per venire incontro alle

necessità dei tantissimi giovaniche provenivano da altre partidella città, in modo particolaredalla zona di Porta Nuova, pensòdi fondare proprio lì un’operanuova che riproducesse l’espe-rienza di Valdocco.Nell’agosto del 1847 ne parlò conl’amico Borel, con l’arcivescovoFransoni e con il curato dellaparrocchia della Madonna degliAngeli e si decise di aprire il nuo-vo oratorio, non distante dallastazione di Porta Nuova, pressoil Viale del Re. Nel mese di otto-

L’Oratorio«San Luigi»

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celebrare la messa, un po’ di co-lazione e, in una fascina, la legnaper scaldare un minimo la sacre-stia. In poco tempo i giovani ac-colti erano già circa cinquecento.Presto all’oratorio festivo si af-fiancò una scuola, più che mainecessaria.Nella casetta d’affitto trovò postoun’aula in cui la sera s’insegnavaa leggere, scrivere e far di conto,oltre al canto per accompagnarele funzioni religiose.Durante l’esilio di Pio IX a Gae-ta, del 1849, i ragazzi del SanLuigi fecero una colletta e spedi-rono al Papa 30 franchi; il Papa,con «dolce emozione», preso ilpacchetto, subito disse di volerfare di quel dono un uso parti-colare: ordinò che con i trentafranchi fossero acquistati dei rosari che benedisse e mandòa Torino per i ragazzi di don Bosco.Don Bosco si recava al San Luigicon regolarità, soprattutto inQuaresima e non è facile descri-vere la gioia da tutti manifestataal suo arrivo.Faceva catechismo, celebrava lamessa, eccitava lo zelo dei suoicooperatori e tra i suoi benefat-tori.

Davanti a un bicerin

Nel 1854 ci fu a Torino un’epide-mia di colera che vide impegnati,tra gli altri, sia le Conferenze diSan Vincenzo de’ Paoli sia i pri-mi ragazzi degli oratori. Don Bo-

sco volle che la collaborazioneproseguisse e una Conferenza sistabilì a Valdocco fin da quell’an-no e dopo pochi mesi anche alSan Luigi.Alla conferenza degli adulti se neaffiancò una per ragazzi conl’obiettivo di esercitare i giovanipiù maturi a essere loro stessioperatori di carità.Nel 1857 don Bosco riuscì adavere per il San Luigi la collabo-razione di san Leonardo Murial-do. Don Bosco lo aveva incontra-to nella via del «passeggio» dellacittà, l’attuale via Garibaldi, econ il pretesto di farsi pagare unbicerin, la tradizionale bevandatorinese di caffè e cioccolata, alCaffè delle Alpi, gli aveva manife-stato il suo bisogno di «manod’opera».Don Leonardo accettò. Sarà di-rettore del San Luigi per otto an-

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Torino. Un’antica fotografia dell’oratorio «San Luigi», di cui san Luigi Guanella è stato direttore dal 1875 al 1876.

ni, con la collaborazione dei pri-mi chierici di don Bosco: Miche-le Rua, Giovanni Cagliero, Fran-cesco Dalmazzo, Paolo Albera,Francesco Cerruti, GiuseppeLazzero, Celestino Durando, An-gelo Savio. Il Murialdo si sarebbe

Tavola di Antonella Sardiello (particolare). Nel 1875, don Guanellaseguì don Bosco a Torino, dove si legò alla Congregazione salesiana

con i Voti religiosi triennali.

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distinto per generosità, all’orato-rio mancava tutto e non di radovi provvide personalmente: di ta-sca sua pagò il marmo per il ta-bernacolo e per i gradini dell’al-tare.Furono anni in cui l’opera trovòil proprio consolidamento graziea decisioni importanti e lungimi-ranti.Nel dicembre del 1857, don Bo-sco sostenne la necessità di unascuola elementare di buona qua-lità per i tanti ragazzi del popoloche ormai avevano nel San Luigiun riferimento.Furono molte le difficoltà da su-perare, soprattutto di carattereeconomico, e non fu facile trova-re insegnanti patentati. Determi-nante fu l’aiuto di alcuni benefat-tori.Fu affittato un piccolo appezza-mento di terreno dietro alla cap-pella e si costruì un piccolo fab-bricato. Una stanza fu destinataal portinaio, l’aula per le lezioniera abbastanza grande e all’oc-correnza si poteva tramezzare,così da ricavare due classi.Quella dei più piccoli era dettadei mignin. Il tramezzo, se neces-sario, serviva da palcoscenicoper le recite. I primi alunni furo-no circa cento ragazzi, apparte-nenti a famiglie davvero bisogno-se.Il Murialdo, anche in quell’occa-sione, provvide alle necessità deiragazzi e non di rado delle lorofamiglie, trovando ispirazionenell’operato di don Bosco a Val-docco.Nell’aprile 1858 don Leonardo,di ritorno da Roma, dove avevaaccompagnato don Bosco perl’approvazione delle Regole dellaCongregazione Salesiana, vollecome atto di ringraziamento chei ragazzi si accostassero alla con-fessione generale e alla comunio-ne.Nel settembre del 1865 don Leo-nardo Murialdo partì per Parigiper proseguire gli studi presso ilseminario di San Sulpizio con ilpensiero di tornare dai suoi ra-gazzi del San Luigi. Non vi tor-nò, ma fondò la grande FamigliaGiuseppina.

Dopo il 1871 la zona oltre il Vialedel Re fu interessata da un gran-de sviluppo edilizio e don Bosco,per non correre il pericolo d’esse-re circondato da ingombranti co-struzioni, procedette all’acquistodei terreni a destra e dietro l’ora-torio.Era ormai chiaro che il nuovoviale sarebbe diventato un’impor-tante arteria della città. Tra mar-zo 1870 e ottobre 1875 si stipula-rono i contratti di acquisto deipiccoli appezzamenti di terreno,delimitati sovente da semplici

staccionate. In questo periodo di-venne direttore dell’oratorio unaltro Santo: san Luigi Guanella.Tra il 1884 e il 1889 fu direttoreil beato Filippo Rinaldi.L’oratorio era sempre frequenta-tissimo, con circa 300 giovanipartecipanti. Morto don Bosconel 1888, l’attività del San Luigicontinuò sotto la protezione didon Rua.Molte volte lo stesso don Rua ce-lebrava la messa nella cappelladell’oratorio (sotto la nuova chie-sa di San Giovanni Evangelista)

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Torino, 1875. Don Luigi – divenuto salesiano – fu impegnato da don Bosco a dirigere l’oratorio «San Luigi».

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e distribuiva la comunione. Gio-cava con i ragazzi, ma poi lo sipoteva trovare in ginocchio inchiesa a pregare.

Lo scolaro detto «Staffetta»

Tra il 1909 e il 1913 fu inaugura-to un cinematografo e un dopo-scuola gestito da don Vincen-zo Cimatti – il futuroapostolo del Giappone –che tra il 1912 e il 1918fu addetto all’oratorio.Molti furono i sa-lesiani che, cre-sciuti al SanLuigi, sarannomissionari interre lontane.Negli anni dellaGrande Guerra,l’ora torio San Luiginon solo rimaseaperto, ma fu anzi in-tensificata la sua atti-vità.Accoglieva i ragazzi ognigiorno, dopo le 16, neigiorni di vacanza scolastica leporte erano aperte tutto ilgiorno.Nel 1942, poco prima che scop-piasse il Secondo Conflitto Mon-diale, si riuscì ad aprire la scuolamedia pareggiata mentre venivaconsolidata la collaborazionecon l’istituto di Valsalice.Nel gennaio 1943 gli allievi inter-ni furono trasferiti nella casa sa-lesiana di Monte Oliveto a Pine-rolo. Il 13 agosto il porticato fucolpito e distrutto da una bombae venne danneggiato il tetto dellanavata centrale della chiesa.Tra il 26 e il 29 aprile 1945 l’isti-tuto fu trasformato in ProntoSoccorso, per i feriti degli scontriche si ebbero anche sul corso, incui caddero alcuni uomini.All’angolo tra Via Madama Cristi-na e il Corso, il 28 aprile, fu fuci-lato uno scolaro, detto «staffet-ta», per essersi rifiutato di inneg-giare al duce e al fascismo. Unapiccola targa ricorda il più giova-ne partigiano caduto a Torino.Negli anni ’50 il cinema ebbe il

sopravvento sul teatro e fecero laloro comparsa i primi ragazziemigrati dal sud. Il direttore donGiuseppe Rinaldi, nel 1964-1965,rinnovò totalmente gli edifici,abbattendo la cappella dell’Addo-lorata per ampliare il cortile.Si costruì il nuovo oratorio, an-che grazie agli incassi del cine-ma, ai contributi della Fiat, at-traverso l’Ufficio Assistenza (Vit-

L’Oratorio salesiano «San Luigi»di Torino già da 5 anni è impe-gnato in progetti di educazioneed inserimento sociale dei ragaz-zi da realizzare per strada, neiluoghi di ritrovo dei giovani, co-me il «Parco del Valentino» o «iMurazzi».Da qualche mese l’Educativa diStrada dell’oratorio può contareanche su uno strumento in più:un camper.Dal 2006 nel Parco del Valenti-

no di Torino alcuni giovanianimatori salesiani han-

no realizzato una sortadi oratorio,all’esternodelle strutturesalesiane: è«Spa zioanch’io»,un’area nellaquale i moltigiovani chenaturalmenteaffollano ilparco posso-no partecipa-re a tornei

sportivi e ad attività ludiche o ri-cevere sostegno per i compitiscolastici.«Spazio anch’io», inoltre, si oc-cupa anche d’indirizzare i ragaz-zi stranieri verso uno sportelloper il lavoro e la scuola d’italia-no, così da facilitare il loro inse-rimento sociale.In una recente visita al San Lui-gi, il ministro Riccardi ha ringra-ziato i Salesiani per il lavoro chesvolgono sul territorio e li ha in-coraggiati a continuare il loroimpegno, evidenziando che l’in-tegrazione «non può prescinderedall’appartenenza religiosa, anzine è un elemento fondamentale»e ha incoraggiato tutti i collabo-ratori dell’oratorio a sostenere lamissione dei figli di don Bosco, iquali «si danno da fare molto,senza tregua!».«Senza tregua» può davvero es-sere il motto del San Luigi.

Da «Il Bollettino Salesiano», Febbraio 2016

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Tra i Santi salesianic’è anche

il nostro san Luigi,salesiano

dal 1875 al 1878.

torio Valletta, presidente dellaFiat, fu exallievo del San Luigi).Il 21 giugno 1964 fu benedetta laprima pietra, l’inaugurazione delnuovo oratorio avvenne il 27 giu-gno 1965.

Senza tregua

La presenza salesiana con il tem-po si è consolidata, e oggi il cen-tro giovanile rappresenta unpunto di riferimento per il quar-tiere.Insieme ai salesiani lavorano atempo pieno educatori laureati,giovani animatori e genitori concui si è costituita un’équipe edu-cativa che condivide in tutto lamissione, la formazione propriae dei giovani, la responsabilitàdel lavoro educativo in tutti isuoi ambiti.

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pre una prova e per lui un misu-rarsi in ciò che per lui gli altri de-cidevano col desiderio di dare ilmassimo, per ben figurare davantiai suoi superiori e per amore ver-so la «sua» famiglia guanelliana.La sua vita, conclusasi tragica-mente (un incidente automobili-stico, ndr), quando ancora potevadare molto alla Congregazione, lasi può dividere in quattro parti.La prima, quella della giovinezza,dal 1913 – anno della sua nascita –al 1934, contrassegnata dal grandedesiderio di farsi sacerdote, sinoalla sua definitiva professione co-me fratello guanelliano.E questo un periodo di grande tur-bamento, illusione, abbattimentoe ripensamento. Il suo desiderio di

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Sergio Todeschini

FAMIGLIA GUANELLIANA • Storia Spiritualità Carisma

D

L’umanità di fratelGiovanni Vaccari, guanelliano

Giovanni Vaccari ventenne.

La famiglia Vaccari.

i fratel Vaccari si riporta-no le testimonianze di co-loro che lo hanno cono-sciuto, laici, confratelli sa-

cerdoti, religiosi guanelliani e suo-re. Si conoscono i suoi pensieri at-traverso l’autobiografia, definitapoi: Diario Spirituale, perché taleed è anche l’eredità morale cheegli affida alla storia della Congre-gazione. È appunto tra le righe del«Diario» che si delinea in mododiscreto, facendosi largo tra leaperture spirituali, l’aspetto uma-no del nostro confratello. Chi erafratel Giovanni? La risposta è faci-le: una persona fragile e timorosa,facile allo sconforto, ma anche de-cisa e testarda non di facile arren-devolezza. La sua vita è stata sem-

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farsi prete cozzava contro i suoifallimenti scolastici. Debole nel-l’apprendimento di alcune disci-pline, non venne accettato nel se-minario di Verona. Non volle nep-pure farsi frate, non sentiva que-sta vocazione, rinuncia altresì adentrare tra i padri di padre Gio-vanni Piamarta. Sono perciò mo-menti di ricerca interiore, rimar-cati dalla consapevolezza dei suoilimiti intellettivi, delle sue incapa-cità. Ma ugualmente non si arren-de, non si vuole arrendere, nonvuole fare il contadino o l’operaio,non ne ha la resistenza fisica. Siavvicinerà ai guanelliani per caso,per aver saputo che l’Opera accet-

tava anche persone adulte. Allorail suo sconforto si trasforma in en-tusiasmo quasi adolescenziale. Madesidera farsi prete, e dinanzi allaproposta di farsi fratello vuole ri-nunciare. Poi, improvvisamente,decide di rimanere. Un atteggia-mento che sorprende, ma che ri-marca il suo cammino di incertez-ze fin qui percorso. Sarà fratelloguanelliano, ma sempre col rim-pianto di non poter diventare sa-cerdote. Una amarezza che porte-rà avanti... fino a quando capiràl’importanza della sua missione eil grande suo contributo al servi-zio della Congregazione.Il secondo periodo dal 1934 al1950. Sarà il periodo di Barza,sottolineato da una grande attivi-tà. Lavorerà come cuoco, come or-ganizzatore, sempre alla ricerca dicibo, di vocazioni, amico dellagente del posto, ammirato e ama-to dalla gente della quale si inte-ressa con animo familiare.Il terzo periodo, dal 1950 al 1965,vissuto accanto al card. ClementeMicara. È il periodo di una suapersonale trasformazione. Entrain una dimensione più «ricerca-ta». Si raffina. L’attenzione e leconfidenze del cardinale lo aiuta-no a superare quel suo complessodi inferiorità che ancora si porta

dentro. La ricerca di bisogni che ilprelato riversa su di lui sicura-mente lasciano un segno nel cam-po dell’autostima.Il quarto periodo, 1965-1971, saràquello di Aguilar de Campoo. Èquello della piena maturità di fra-tel Vaccari. Capisce appieno il pre-zioso servizio che dà ai confratelli,alle suore, alla comunità, ai semi-naristi. È il periodo della ricercadi vocazioni, delle confidenze, deiviaggi. Mette a frutto le sue cono-scenze. Si muove con sicurezza edecisione. Forte della stima cheovunque acquista, potrebbe fareancora molto. Il Signore ha volutodiversamente. Lo ha chiamato asé nella beatitudine del Paradiso.Era il 9 ottobre 1971.I confratelli spagnoli hanno sempremantenuto una fervida devozioneverso Fratel Giovanni e, in vista delcentenario della sua nascita (1913-2013), hanno promosso l’idea di ini-ziare il processo di beatificazione.Nel frattempo la salma è stata tra-slata nella Cappella della Chiesa diBarza d’Ispra, dove il Fratello avevavissuto tanti anni della sua vita re-ligiosa, invitando i fedeli a chiederela sua intercessione per qualchegrazia particolare che aprisse lastrada al riconoscimento da partedella Chiesa della sua santità. n

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Barza d’Ispra, 1942.

Con le prime Figlie di santa Maria della Provvidenza giunte ad Aguilar e con il superiore generale don Carlo De Ambroggi (1966).

ORACIÓNTe damos gracias, Santísima Trinidad,por haber dado a la Iglesia,como gran ejemplo de vida cristiana,al Siervo de la Caridad, el Hermano

Juan Vaccari.

Enamóranos, como él, de la voluntadde Dios,

de la oración y de la caridad.Enamóranos, como él, de Jesús-

Eucaristía,de María, San José y San Luis

Guanella.

Por intercesión del Hermano Juan,concédenos la gracia...que con humilde confianza te pedimosy haz que pueda ser reconocido entre

los santos del Cielo.

(Aprobada en Verona 25 marzo 2011por Mons. Mario Masina)

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FAMIGLIA GUANELLIANA • Storia Spiritualità Carisma

MAlla ricerca dell’umanoLibro pervenuto

* Testo tratto dal libro, al paragrafo«Problematizzazioni», pp. 138-139.

a si può ancora parlare di maschile e femminile?Certo possiamo parlare di peculiarità maschile e dipeculiarità femminile, di sensibilità maschile e disensibilità femminile.

La sensibilità femminile si esprime in maniera formidabilenella connotazione affettiva materna caratterizzata da: tene-rezza, serenità, dono, magnanimità, attaccamento, fedeltà, ap-pagamento, mitezza, compassione, perdono. La mamma(ri)accoglie (sempre), ascolta, comprende, consola, sdramma-tizza, compatisce, gioisce, sospira, serve, ama.La sensibilità maschile, con connotazione affettiva paterna siesprime in: rassicurazione, conferma, regole, limiti, dominiodi sé, spirito critico, distacco, fatica, valori, progettualità. Ilpapà ragiona, progetta, orienta, corregge, stimola, sorregge,rassicura, protegge, regola, gioca.I migliori interpreti del femminile sono evidentemente le don-ne, del maschile gli uomini, in genere; anche se non sempre,ci possono essere eccezioni. Se no, non si userebbero gli ag-gettivi maschile e femminile.I maschi possono coltivare la sensibilità femminile, le femmi-ne la maschile, ma evitando i factotum di improbabile effica-cia, oggi pericolo per le donne che pensano di fare a meno deicompagni e dei papà con sotto considerazione degli uomini,della figura del padre. La progressiva scomparsa del padre,sostanziale di un papà che ricopre il ruolo di padre o addirit-tura reale, accentua in genere nei figli fragilità, confusione, di-sorientamento, insicurezza ecce-tera.La famiglia, fondata grazie almatrimonio sull’unione respon-sabile di un uomo e di una don-na, dovrebbe essere il naturaleluogo per eccellenza dell’aperturaalla vita, della trasmissione deisaperi, dell’educazione dei figli,del passaggio generazionale delletradizioni e dei valori, della siner-gia affettiva di padre e madre,uomo e donna, sensibilità ma-schile e sensibilità femminile.Altre forme di unione sono ri-spettabilissime, ma non sono fa-miglia, non possono esserlo, e ne-cessita dare loro un altro nome,nel rispetto della verità e della realtà. Sono altro. n

Andare oggi allaricerca dell’uma-no non è unascelta opziona-le, è una neces-sità in un mon-do confuso e di-sumanizzante.Il MovimentoLaicale Guanel-liano (MLG,Opera Don Guanella) ha promosso tra il 2014e il 2015 l’itinerario culturale in ottoserate a cadenza mensile «Alla ri-cerca dell’umano. Riflessioni e pro-poste per vivere in tempo di crisi».Il presente volume riprende e am-plia, rielaborati appositamente perquesta pubblicazione, i temi svolti.

Lamberto Bianchini (1955), filoso-fo, insegnante, conferenziere, au-tore di diverse pubblicazioni.

Vittore Mariani (1960), pedagogi-sta, docente presso l’UniversitàCattolica di Milano e presidentenazionale del MLG, autore di mol-tissime pubblicazioni.

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Figlie di S. Mariadella Provvidenza

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FINESTRE SUL MONDO

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IGINO GIORDANIl’uomo di fuocoAngela Anna Tozzi scic

Profilo biografico

Igino Giordani nasce a Tivoli il24 settembre 1894, da una fami-glia molto povera, in seno allaquale è educato alla fede «in unaforma contadina».Suo padre era muratore, cattoli-co praticante, importantissimonella sua formazione cristiana,del quale ricorda con amore e no-stalgia che la «domenica ci si an-dava insieme (in chiesa): mi tene-va per mano e io mi godevo la fe-

Igino Giordani (1894-1980).

C

Igino Giordani e Chiara Lubichin una foto degli anni Settanta.L’incontro con la SdD Chiara Lubiche il suo carisma, illuminò di luce nuovala sua vita e il suo pensiero.

hi è Igino Giordani?È possibile rispondere: uno sposo e padre di fa-miglia, scrittore, giornalista, apologeta, politi-co. Ma, anzi tutto, un cristiano la cui vita, «pur

così presa dall’attività scientifica e letteraria, è radicatanel Vangelo e nella persona di Gesù Cristo».Per capire la sua personalità, la sua opera e la sua espe-rienza di vita non bisogna dimenticare il periodo storicodifficile e complesso in cui vive: è giovanissimo quandoscoppia la prima guerra mondiale, a cui è chiamato apartecipare: è testimone degli anni bui del fascismo edella seconda guerra mondiale, come del fiorire del co-munismo in Italia e gran parte dell’Europa; partecipaattivamente alla vita politica del secondo dopoguerra ealla nascita della Repubblica. Dal punto di vista eccle-siale, vive il problema del rapporto Chiesa-Stato, parti-colarmente difficile nel periodo fascista, e i cambiamen-ti portati dal Concilio Vaticano II.

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licità della compagnia paterna».Sua madre, una donna semplice«vissuta nel dolore e nelle priva-zioni, nel lavoro senza riposo,che si sfaceva per i figli».Finite le elementari, lascia perun anno la scuola e fa il «mura-torino», col padre. Nel 1908, conl’aiuto di un benefattore che glipaga la retta, entra nel seminariodiocesano, dove rimane per quat-tro anni.Dopo aver conseguito la licenzaliceale lavora presso il Ministerodi Grazia e Giustizia, ma nel1915 viene chiamato alle armi,fatto particolarmente dolorosoper chi, come Giordani, è convin-to dell’assurdità e, soprattutto,del peccato della guerra.Di quell’epoca ricorda: «ero dive-nuto un cristiano tiepido, maquella pazzia “circumurlante” mistava riportando al Vangelo».Dopo un periodo di preparazioneè destinato al fronte, dove dallascuola entra nella vita tra lebraccia della morte. In trinceanon vuole mai indirizzare la can-na del fucile verso le linee avver-sarie, «per tema di uccidere unfiglio di Dio».Il 7 luglio 1916 è ferito alla gam-ba e alla mano destra in un’azio-ne strategica, per la quale ricevela medaglia d’argento. Abbando-na il fronte e trascorre tre anni inospedale dove studia e ottiene lalaurea in Lettere e Filosofia, de-dicandosi, poi, all’insegnamento.Nel 1920 sposa Mya Salvati,«una giovane deliziosa, tutta gioia, innamorata della musica,esplosiva di vitalità, dalla voce disoprano leggero, bellissima».Nell’autunno conosce don Stur-zo, con cui stabilisce un solidorapporto di fiducia e rispetto, eaderisce al Partito Popolare.

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Scrive i suoi primi articoli a ca-rattere politico, cominciando lasua vasta attività di giornalista.Uno dei suoi articoli più «furen-ti» lo scrive per l’assassinio diGiacomo Matteotti, denunciandosenza mezzi termini i fascisti; ar-ticolo per il quale viene radiatodall’albo dei giornalisti.Con il fascismo Giordani avvertecon grande tristezza che la vitaserena, libera, sognata a scuola,in trincea, all’ospedale s’inabissain un regime.E davanti ai soprusi racconta:

«Insorsi quanto potei. La miacollera si convertì in una pro-sa violenta e pittoresca: nonriuscivo a tollerare unamentalità che risolveva levertenze coi manganelli, siaffermava con le ingiurieimpunite, e instaurava unaaristocrazia della mediocri-tà, sottoponendo i cittadini aun’obbedienza cieca».Nel 1926 nasce il primo deisuoi quattro figli. Poco dopo

parte per gli Stati Uniti dove, perconto della Biblioteca Vaticana,segue corsi di bibliotecomia e bi-bliografia. Tornato in Italia, nel1928, comincia a lavorare nellasuddetta Biblioteca, dove rimanefino al 1944, fondando e dirigen-do anche la Scuola Vaticana diBiblioteconomia nel 1934.Inizia un periodo particolarmen-te prolifico della sua attività gior-

Igino con la moglie Mya.

Igino Giordani nelle sue diverseattività di giornalista, politico,conferenziere, focolarino.

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39La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016

vanni B. Montini, che ammiraper l’intelligenza della fede e «perl’ardore e la serietà con cui con-templando le pressioni del fasci-smo sulla Chiesa, con serenità,ma con convinzione, esaminava imodi per emanciparla».Il 2 giugno 1946 viene eletto perl’Assemblea Costituente per la Cir-coscrizione di Roma e, qualchemese dopo, consigliere comunale.Nel 1948, rieletto alla Camera deiDeputati, incontra a Montecito-rio Chiara Lubich.Nel 1950 è nominato membrodel Consiglio dei Popoli d’Euro-pa a Strasburgo. Durante il suomandato alla Camera realizza di-versi interventi a favore della pa-ce: celebre quello sul Patto Atlan-tico come strumento di pace con-clusosi tra applausi generali e vi-ve congratulazioni e quello per lacessazione della guerra in Corea.Presenta la prima proposta dilegge sull’obiezione di coscienza.Ritirato dalla politica continua lasua opera di scrittore e giornali-

sta assumendo, anche, la direzio-ne del periodico «Città Nuova»,nel 1959.Cofondatore e membro del Movi-mento dei Focolari dal 1948, allamorte della moglie Mya nel 1974entra a far parte di un Focolare aRocca di Papa. Partecipa agli in-contri del Movimento e scrive isuoi ultimi libri.Muore il 18 aprile 1980.

Un uomo senza compromessiQuando Giordani viene eletto al-la Costituente, scrive sul suo dia-rio:«Può un uomo politico esser san-to? Può un santo esser uomo po-litico? Prova in te la soluzionedel quesito ora che diventi uomopolitico».Giordani definisce la fede «l’attodi amore supremo dell’uomo aDio», che «Dio compensa con laconoscenza del supremo amore».Ed aggiunge: «La fede per capireil divino, per conoscere Dio, dun-que. La fede accesso alla religio-ne. Però non basta accedere: bi-sogna poi agire con opere, chetraducano in atto i termini delcredere. Fede che si fa opere».Nel suo Diario si avverte unaspiccata intransigenza con sestesso per una vita coerente conla fede; un vivere immersi nellerealtà del mondo, senza rinun-ciare ai valori evangelici.È perfettamente consapevole chela sua condizione di scrittore, diuomo politico cristiano e pertan-to di uomo pubblico, rappresen-ta un forte impegno di coerenzadi fronte agli altri.Dai suoi scritti, dal suo Diario,dalle testimonianze di chi l’haconosciuto emerge un uomo sen-za compromessi di vita, né dipartito, né di potere; portatoreardimentoso e – da alcuni consi-derato – «ingenuo», di grandiideali quali la libertà, la pace, lagiustizia sociale, l’animazionedelle pubbliche istituzioni.Giordani considera il mondo co-me «stanza della nostra santifi-cazione».

nalistica – sia come collaboratoredi riviste, che in qualità di diret-tore o fondatore – e come scritto-re di diversi libri. Approfondisceil cordiale rapporto di collabora-zione e amicizia che l’unisce a Al-cide De Gasperi e a Mons. Gio-

S.E. Mons. Montini, poi Papa Paolo VI, ha detto di lui:«Uno scrittore dalle idee sicure, ben sistemate, lucidamente espresse;

e che nell’argomento scelto sono oggi più che mai necessarie»(lettera privata di S.E. Mons. Montini, dicembre 1941).

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Perciò – egli dice – è inconcepibi-le un cristiano auto emarginatodalle realtà terrene: la religionenon si circoscrive né si esauriscetra le pareti del cuore né tra quel-le domestiche. Dio chiama tuttiad essere «Confessori di Cristo»nella vita quotidiana, «fermentoattivo» in mezzo alla società:«L’uomo come fedele è Chiesa;come cittadino è Stato. E coeren-te con se medesimo, non suscitacontrasti tra sé (credente) e sé(cittadino): all’ufficio e al lavoroè sempre cristiano; nella preghie-ra e in chiesa è sempre cittadino.Quando sta in Parlamento, il Par-lamento sta in chiesa anch’esso,se chi vi si siede lo fa da seguacedel Vangelo».

«La guerra è trionfodell’imbecillità»

Con questa chiarezza si manife-sta sempre decisamente contra-rio alla guerra «trionfo dell’imbe-cillità», «capolavoro di irraziona-lità». Sostiene con forza che l’op-porsi alla guerra è un dovere dicoerenza del cristiano.Guardando attorno i diversi pro-blemi sociali, economici, politici,morali della società in cui vive,Giordani li attribuisce alla perdi-ta di coscienza della grande di-gnità dell’uomo: «S’è voluto solol’uomo, intendendosi con questovocabolo non l’umanità, che èimmagine e somiglianza di Dio,ma l’animalità confinata ai solimoti digestivi e procreativi. E s’èdisumanizzato (...).Togliere Dio all’uomo ha volutosignificar questo: spogliarlo dellasua grandezza e forza, per ridurloalla stregua degli animali dome-stici (...). L’uomo senza Dio s’è pa-lesato uno schiavo alla mercé diuno più forte: e uno schiavo senzascampo... Quando s’è lasciatospogliare della fede in Dio, l’uomoha subito la più grande truffa».L’uomo ha senso solo in Cristo,perché Cristo è il Capo dell’uomo.In questo aspetto Giordaniparla sia di «uomo» che di «cri stiano», sottolineando cheogni essere umano esiste, ha la

sua origine e ragione in Cristo.Gesù è la Rivelazione di Dio al-l’uomo (Gv 8, 19; 12, 45; 14, 6) ela rivelazione dell’uomo a se stes-so, che in lui può contemplarel’esemplare di cui è immagine.Cristo con l’offerta della sua vitae con la sua risurrezione, ridonaalla persona umana la gioia delvivere perché la sua esistenza,adulterata dal peccato, viene ri-pristinata nella sua integrità(2 Cor 5, 17; Ef 4, 23-24).

Un amore come il fuocoUn evento molto importante nel-la vita di Giordani è l’incontrocon Chiara Lubich e il suo cari-sma, che si esprime nella spiri-tualità dell’unità. Carisma chenon aggiunge nulla alla grandepreparazione culturale di Gior-dani, ma che viene a ordinare edilluminare di luce nuova il suo

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Il focolare ci offre la soluzione più alta, sublime e insieme più modernae totalitaria; ci invita a farci copie di Maria e milizia – acies – di Lei;essa che nell’«Ecclesiam Suam» è mostrata quale «modella di perfe-zione»; porta anche noi coniugati a vivere la verginità dello spirito, ela maternità di Cristo nel senso contemplato da Agostino: di generareCristo ai fratelli; generare anime alla Chiesa, le quali sono mistica-mente Cristo; ci porta al sacerdozio regale, mentre per il nostro tra-mite introduce tra le vergini e i sacerdoti del Focolare la presenzadel mondo laico, con le sue miserie e i suoi bisogni.Ella insegna a noi a vivere col sacramento le nozze umane come par -tecipazione alle nozze di Cristo con la Chiesa, alle quali partecipanoanche le vergini e i sacerdoti nostri fratelli.Ché Maria, a cui apparteniamo, è insieme vergine, sposa, madre, vedova...

Lettera ai focolarini sposati, 24 settembre 1964

La Tomba di Igino Giordani.

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pensiero e la sua vita: «Una cosaavvenne in me... Era penetratol’amore e aveva investito le idee,traendole in un’orbita di gioia...In Chiara avevo trovato non unache parlava di Dio, ma una cheparlava con Dio; figlia che, nel-l’amore, colloquiava col Padre...Era entrato il fuoco. Lo SpiritoSanto, vento impetuoso, avevaspazzato via nebbia e schermi;sotto il suo soffio, l’incendio di-vampava: nella luce nuova si sco-privano Dio e il fratello...».Dai suoi scritti risulta molto evi-dente che quando Giordani in-contra Chiara Lubich, non solotrova la risposta al desiderio diconsacrazione totale a Dio nono-stante la sua condizione di co-niugato, che da sempre gli strug-geva l’anima, ma anche un cam-mino nuovo per avanzare nellasua ricerca intellettuale, attraver-so la conoscenza che passa perl’amore e tutto rischiara in modonuovo.Un punto centrale del pensiero diGiordani sulla persona umanaemerge dai suoi scritti e dallasua esperienza di fede: Gesù pre-sente in ogni uomo.

Scoprire che nel fratello c’è Ge-sù, o meglio, che il fratello è Ge-sù, non significa per Giordani to-gliergli la propria identità o stru-mentalizzarlo come mezzo peramare Dio, ma considerarlo e ri-spettarlo mettendo in luce la suapiù alta dignità e la sua genuinaidentità: quella di essere figlionel Figlio e «rappresentanza» vi-va di Lui. Pertanto, nella sua vita«il fratello assume dopo di Dio,con Dio e per Dio, il primo po-sto».Giordani è saldamente convintodella realtà delle parole di Gesù:«Ogni volta che avete fatto que-ste cose a uno di questi fratellipiù piccoli, l’avete fatto a me»(Mt 25, 40) per cui, «come ioavrò trattato il fratello in terra,Cristo tratterà me in cielo».E avverte come sia stata radicatadall’inizio del cristianesimo lacoscienza che ogni uomo è Gesù,da essere sorgente di grossi mu-tamenti sociali, quale il supera-mento della schiavitù.Nello stesso modo, anche oggi irapporti sociali possono cambia-re, «umanizzarsi», nella misurain cui l’uomo riesce a vedere, ri-

spettare e amare Gesù nell’altro,in ogni altro.Come amare? Con la stessa caritàdi Cristo, secondo la sua «dis-mi-sura» e radicalità, perché non sia-mo noi ad amare con il nostroamore, bensì è Lui che dilata ilnostro cuore e ci dona il suo amo-re, per mezzo dello Spirito Santo.Allora, siamo tenuti, nell’appros-simare il fratello, a svegliare in luil’elemento divino. Se ci approssi-miamo con l’amore, svegliamo inlui tendenze buone, innestiamo lacorrente divina: per mezzo di noi,Dio s’accende in lui.«La carità è calda, umile, ma -terna per asciugare le lacrime,per consolare le folle quanto piùson diseredate, e s’accompagnaalla modestia ed è sorella dellapurità. Dice “amo, e contro l’odioamo ancora”; e ai sensuali carmidell’amore erotico, egoistico, so-stituisce i canti dell’amore che siespande, centrifugo, per dare atutti un’anima nuova, unitaria,in cui creare la solidarietà uni-versale». n

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Le nostre carissime ospitiMaria Luisa (a sinistra)ed Emma (in primo pianoa destra), residenti inCasa S. Pio X, a Lourdescon il gruppodell’Università CampusBio-Medico di Roma, cheha aderito alpellegrinaggio nazionaledell’UNITALSI delsettembre 2015.Hanno scritto gli studentie i professori cheformavano il gruppo del«Campus»: «Non abbiamoassistito a guarigionimiracolose, ma abbiamosperimentato quel piccolomiracolo di aver vissutoun’esperienza capace di cambiare, almeno un po’, l’orientamento della propria vita. Perché a Lourdesquello che vale è la Grotta con la sua palpabile Presenza materna... A Lourdes quello che conta sonoi malati con il privilegio di servirli e di poter imparare tanto da loro... E questo vale sia per la scienza cheper la fede!».

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perseguire giuste aspirazioni, anutrire aneliti elevati, a intuireitinerari insidiosi e a mettere or-dine nell’affascinante ed entusia-stico disordine «oratoriano» ado-lescenziale, nel quale è andataformandosi la personalità diognuno di noi.Chi non ricorda, con affetto egratitudine, gli insegnanti dellascuola elementare?In quanti di noi vive, con tene-rezza struggente, la figura diqualche suora impegnata con di-scoli scolari che lei, con dolcez-za, aveva «equipaggiato» di saldie sani principi per avviarli lungole vie del mondo?Chi non ha ricordi di ambienti,avvenimenti o personaggi deisuccessivi anni adolescenziali

strettamente legati alla «piazza»nella quale ci si riuniva, al cam-petto sul quale si correva in tantia caccia di un pallone rattoppa-to, a una sala di ricreazione sco-lastica nella quale le femminuccechiacchieravano allegramente ingruppo, mentre i maschietti nonpotevano trattenere la loro tur-bolenza, a un oratorio?Richiamare alla mente l’oratorioconsente di condensare tutti que-sti luoghi e di meglio figurarciun mondo che, con gli anni, cisiamo lasciati alle spalle, pursenza cancellare tutto ciò che aesso è legato in quanto parte es-senziale della nostra esistenza.L’oratorio in cui il pur continuo eforte strepitio neanche si avverti-va; l’oratorio nel quale tutto ap-

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Ciò che resta di noi

M

Francesco Sapio

FINESTRE SUL MONDO

Chi non ha ricordi?

olte cose ci accadonopur senza cercarle: nonle scegliamo ma le su-biamo, pertanto è ne-

cessaria tutta la nostra attenzio-ne per favorirle, assecondarle oevitarle quanto possibile, utiliz-zando buon senso, intuito, baga-glio culturale, «sapere».Appare evidente che sul buonsenso e sull’intuito abbiamo po-chissime possibilità di interven-to, ma tutto ciò che costituiscesapere ed esperienza sappiamoche sono contenitori che possonoessere riempiti a varia misura econ svariati elementi.Da qui la necessità di «buonimaestri», intesi non soltanto co-me esperti docenti, ma soprattut-to come emblemi che ci aiutino a

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dai quali frequentemente nasce-vano amicizie durature, frequen-tazioni più assidue, condivisionidi intenti nonché obiettivi da in-dividuare tra possibilità (allora)alquanto limitate; era la partepregnante della «vocazione» dicoloro che dedicavano le proprie

Don Buglione,don Buttarelli, don Giua, il signor Crivellaro...

Forse ciò che dicevano o racco-mandavano è svanito nelle neb-bie della memoria ma tutti han-no ancora ben presente le loroimmagini e i loro comportamen-ti: cenni amichevoli e incorag-gianti, incitamenti, complici am-miccamenti, cipiglio fermo, di-sapprovazione appena accenna-ta, ma chiara e inequivocabilefermezza.Quanta parte hanno avuto nellefuture scelte di tanti giovani?L’amicizia tra ragazzi è forse lapiù autentica, ma è soggetta allosbiadimento del tempo intesonon tanto come somma degli an-

fre possibilità di sosta e di sco-perta di vere affinità, di adeguateriflessioni!In questo contesto «l’emblema»assume particolare valenza per-ché più facilmente rapportabilenei comportamenti da assumere,rapidamente richiamabile allamente, chiaramente raffigurabi-le: «il maestro indicava su unagrande carta geografica...», «miopadre faceva così»; «mia mammanon avrebbe mai...», «all’oratoriodon Buttarelli era sempre il pri-mo...», «quando mio nonno fu-mava la pipa...».Andiamo ripetendo che ai nonninon è più dato di «ammaestrare»i nipoti, e in buona parte è veroperché:– l’allontanarsi dai propri geni-

pariva gioiosamente allegro e ap-parentemente caotico; l’oratoriosoggetto a regole appena percet-tibili ma date per scontate e am-maestramenti composti da pochidivieti ma tanti e forti «segni».Era il frutto dell’esperienza deglianimatori che armonizzava l’ap-parente caos e dettavano com-portamenti condivisi e rispettosi

esistenze a indirizzare, smussaree armonizzare coscienze di gio-vani vite per temprarle a principicivici, morali e religiosi.L’oratorio Salesiano di Gaeta ca-lamitava centinaia di ragazzi datutto il circondario: non uno diessi si è perso e hanno percorsole vie del mondo da «buoni cri-stiani e onesti cittadini»!

ni che passano ma come eventiinattesi, impegni quotidiani,obiettivi diametralmente opposti,percorsi divergenti: tutte compo-nenti del «correre» cui si è co-stretti a causa dello scorrere ve-loce della vita; oggi più di prima.L’odierna esistenza favorisce mi-riadi di contatti e altrettante oc-casioni, mentre difficilmente of-

Imploriamo dal Signoremisericordia e salvezza.

Sant’Annibale di Francia

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tori nel formare una nuova fami-glia (o l’allontanamento dei pro-pri genitori per tenerli, purtrop-po, fuori dalla nuova famiglia)induce a frequentazioni formali edatate;– la scomparsa di quella che erala famiglia patriarcale induce aesistenze che consentono appenaqualche contatto e il nucleo fa-miliare si restringe sempre più(salvo poi «allargarlo» a secondadi nuove scelte che vanno a so-vrapporsi e a comprimere quellesacramentali);purtuttavia c’è spesso un certo«ritorno» dovuto, non fosse altro,a esigenze logistiche, a necessitàquali il riprendere il nipotinoall’uscita dalla scuola o accom-pagnare la nipotina a scuola didanza...Poca cosa, è vero, ma pur sem-pre occasioni da non perdereperché la non-convivenza nonconcede di più! Momenti neiquali il racconto e l’agire posso-no costituire «l’emblema» da ri-cordare negli anni a venire, a

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supporto e complemento di ciòche costituirà il futuro polo ma-gnetico decisionale individuale,perché rimarrà comunque quelsenso di «nostalgia» che, con glianni, riporterà ognuno di noi arisalire con i ricordi alle proprieradici.

È l’umile ma superba figuradi suor Maria Mieleche ritorna facilmentealla memoria...

Non valgono tanto le prediche, irimbrotti, quanto l’esempio. Èquesto il riferimento più «visibi-le», meglio radicato e facilmenterintracciabile. È questo lo stru-mento più immediato di facile ri-chiamo e consultazione.È l’equivalente del fumetto, checattura l’attenzione; del videogio-co, che coinvolge i partecipanti.È il metodo della parabola, piùincisivo di qualsiasi assioma, piùvalido di ogni altra raccomanda-

Suor Maria Miele, religiosa dell’Operadi san Luigi Guanella.

Golfo di Gaeta (Latina). Monte Altinocon la statua del Redentore, meta di

gite oratoriane.

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zione. «Con molte parabole... an-nunziava loro la parola secondoquello che potevano intendere(Marco cap. 4o)».È la dolce figura di suor MariaMiele che ogni giorno trovavamodo di «inserire» un aneddoto,un raccontino, una parabola nelsuo insegnamento ai ragazzi del-la terza classe delle scuole ele-mentari.È l’immagine delle giovinette cheil 7 ottobre del 2008 si sono con-sacrate al Signore tra le Figlie diSanta Maria della Provvidenza(cfr. La Voce n. 6 del 2008).È l’umile ma superba figura disuor Maria Miele che ritorna fa-cilmente alla memoria di chi l’haconosciuta e che ispira con natu-ralezza comportamenti di ascol-to, pazienza, perseveranza, devo-zione e amore per la SUA Ma-donna: come si può continuare apercorrere le vie del mondo sen-za avere dinanzi agli occhi ciòche è stata, come e quanto haoperato questa consacrata?

Educare con fede

Le decisioni sono sempre difficilie spesso abbiamo dinanzi più op-zioni, tutte più o meno valide,tutte più o meno attuabili. Qualescegliere? Come arrivarvi? Eccola necessità dell’esempio a cui ri-chiamarsi: l’emblema che aiuti aindirizzare i nostri passi. Ecco leresponsabilità degli educatori:facilitare l’individuazione dellavocazione del discepolo, intesanon sempre e soltanto come pro-getto globale, ma strategia, stru-mentazione, via maestra per osa-re nel proprio cammino. Eccocoloro a cui ispirarsi negli incon-tri quotidiani. Ecco «l’emblema»che si lascia imitare pur nell’ori-ginalità dei nostri comportamen-ti. Ecco, allora, nascere la «voca-zione» che consentirà di vivereda «perfetti cristiani e onesti cit-tadini».Attraverso la rivista Salesiani2012, il Rettore Maggiore donPasqual Chavez affermava te-stualmente: «Avere vocazione si-gnifica scoprire che la vita ha

senso, e dunque darle direzione,traguardi da raggiungere, e so-prattutto una grande energia,frutto della motivazione, che nonè altro che avere ragioni per esse-re consapevoli di quello che sia-mo e fare quello che facciamocon gioia, con ottimismo, con-vinti di essere utili...».E la vocazione è l’ansia ispiratri-ce (... Non ardeva forse il nostrocuore mentre Egli conversava connoi lungo la via...? - Luca 24, 32)indispensabile per una buonaedificazione.Da essa nasce la determinazione

a FARE con entusiasmo, corag-gio e passione; EDUCARE confede, equilibrio e costanza, OPE-RARE con solerzia e determina-zione.Appaiono questi gli ingredientidel carburante necessario a per-correre gli itinerari che ci siamoprefissati per raggiungere le me-te agognate, per concretizzare lenostre «vocazioni», sia nel civileche in ambito religioso. Sonoquesti i «cespiti» da lasciare aipropri eredi, ai discepoli affidati-ci, a tutti quelli che ci è dato dieducare. n

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DA ASSISI ALLA MONGOLIA

Anche una trepidante attesa nell’anticamera di un dentista può in-durre a riflessioni utili: mi è capitato, infatti, tra le mani un breveresoconto del viaggio in Asia di Papa Francesco e mi è ritornato inmente un umile seguace di san Francesco d’Assisi, fra’ Giovanni daPian del Càrpine, che oltre sette secoli prima aveva compiuto unanalogo viaggio in quel continente.

Valgano queste brevi note a farlo conoscere ai più giovani.Era stato tra i primi discepoli di san Francesco e fu incaricato daPapa Innocenzo IV di un’ambasceria presso il Gran Khan Guyuk perfermare l’espansione dell’impero mongolo che era giunto a occupa-re Cracovia e a saccheggiare Spalato.

Partì nell’aprile del 1245 e il suo viaggio durò circa 15 mesi.Con somma sorpresa alla corte imperiale incontrò alcuni cristiani e«mise» quel popolo sotto la protezione della Madonna (p. Salvato-re Zavarella, Missioni Francescane).

L’ambasceria di fra’ Giovanni non conseguì risultati immediati per-ché ci voleva ben altro per piegare il Gran Kan, tuttavia la descri-zione del viaggio, che troviamo nella sua «Historia mongolorumquos nos tartaros appellamus», consentì agli europei di conoscerepreziosità circa gli usi e i costumi dei popoli incontrati nonché det-tagli dei paesi attraversati per giungere fino al Karakorum; un mon-do del tutto sconosciuto agli europei.

Ma ciò che preme evidenziare è il servizio e ciò che va sottolineatoè il dialogo, che costituisce – comunque – un incontro e dal qualepuò derivare un accordo: è ciò che necessita agli uomini!

È la soluzione alla sopraffazione e alla violenza, cieca e brutale,non giustificabili in alcun modo e condannabili senza riserve.

F. Sapio

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progetti dei terroristi secondo laTua parola: «Preparate un piano,sarà senza effetti» (Isaia 8, 10).

R. Signore, Tu solo puoi aiutarci!Tu hai ogni potere in cieloe sulla terra.

Ti preghiamo, fa’ che falliscano ulte-riori progetti di rapimenti, di dirotta-menti di aerei e di attacchi assassi-ni e suicidi. Proteggi con il Tuo san-gue prezioso le persone minacciatedagli attacchi delle tenebre. R...

Ti preghiamo, vanifica i progetti deiterroristi anche ponendo discordia econfusione tra di loro. R...

Ti preghiamo, ostacola nuovi atten-tati e fa’ che le bombe siano sco-perte in tempo e disinnescate. R...

Ti preghiamo, impedisci il furto di ar-

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Signore, Dio nostro, in quest’ora dipaura e di pericolo noi Ti invochia-mo: Tu solo sei il nostro rifugio e ilnostro aiuto.

Noi e il nostro popolo abbiamo pec-cato. Abbiamo cercato il benessere,disprezzato i Tuoi Comandamenti etollerato che la bestemmia, la vio-lenza e le atrocità aumentasserosempre di più.

Ora il terrorismo minaccia di distrug-gere il mondo intero e di gettarlonel caos e nell’orrore. Salvaci dainostri nemici! Perdona il nostro pec-cato e ascoltaci nella Tua grandemisericordia, per il sangue versatoda Gesù Cristo.

Signore, Dio nostro, Tu hai permes-so tutto questo. Ti preghiamo cheattraverso di esso, noi e tutta laTua Chiesa possiamo essere scossie risvegliati dalla nostra sicurezza eindifferenza.

Spirito Santo, risveglia sempre nuo-vamente in noi il pentimento per ilnostro peccato, in particolare pertutto ciò che favorisce il terrorismo,come la ribellione, l’amarezza el’odio.

Guidaci alla vera conversione, affin-ché le nostre preghiere vengano dalprofondo di un cuore umiliato e cosìpossano essere efficaci.

Signore Gesù Cristo, potente Vinci-tore, noi Ti supplichiamo: annulla i

mi, il loro contrabbando, le rapine al-le banche, le estorsioni e tutto quan-to può favorire il terrorismo. R...Ti preghiamo, impedisci ogni generedi corruzione che ostacola la lottacontro il terrorismo. Non permettereche ai terroristi giungano informazio-ni che potrebbero favorire i loro pro-getti. R...Ti preghiamo, proteggi tutti quantihanno a che fare con la ricerca di ter-roristi: guida le loro decisioni attra-verso il Tuo Santo Spirito e fa’ che laloro opera abbia successo. R...Ti preghiamo, aiuta i Governi e tuttiquanti sono incaricati di difendere ildiritto, a restare, nonostante legrandi minacce, saldi sul fondamen-to del diritto e della giustizia. R...Ti preghiamo, salva ancora tanti ter-roristi da quest’odio satanico. Si-gnore Gesù Cristo, Salvatore poten-te, a Te niente è impossibile! R...Fa’ nascere ovunque nella Tua Chiesauna preghiera e una supplica inces-santi e che si formino molti gruppi dipreghiera, affinché Tu possa ancoraavere misericordia di noi. R...Padre celeste, Ti ringraziamo, per-ché noi siamo nelle Tue mani e nonnelle mani dei terroristi. Solo a Teappartiene ogni potere in cielo esulla terra.

Amen.Madre Basilea Schlink, 1977

testo aggiornato 2016

PREGHIERA NEL TEMPO

DEL TERRORISMO

Bruxelles Parigi Pakistan

Siria Siria Siria

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A 150 annidalla sua Ordinazione ricordiamo il suo iter

vocazionale

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Madre di Misericordia

VOCI DAL SILENZIO

Ma tu, quando andasti da Elisa-betta, con tuo figlio in grembo,lodando il tuo Signore dicesti an-che: «Di generazione in genera-zione, la sua misericordia si sten-de su quelli che lo temono» edanche: «Ha soccorso Israele suoservo ricordandosi della sua mi-sericordia, come aveva promessoai nostri padri, ad Abramo e allasua discendenza, in eterno».Anche noi, Maria, siamo stirpe diAbramo ed abbiamo bisogno ditanta misericordia.Perché cerchiamo la tua mano?Perché fosti tu a tenderla a Pie-tro quando l’incontrasti nel cena-colo.Lui che aveva rinnegato per trevolte tuo Figlio, prima che il gal-lo cantasse. E che non aveva avu-to il coraggio di seguirlo sulla viadel Calvario, né posare i piedisulla polvere della strada bagna-ta dalle gocce del suo sangue, co-sì come aveva fatto Giovanni.Anche per noi, Maria, tante volteil gallo ha cantato!

SO Maria, nostra mediatrice,

in te il genere umanoripone tutta la sua gioia.

Da te attende protezione.In te solo trova il suo rifugio.Ed ecco, anch’io vengo a te

con tutto il mio fervore,perché non ho coraggio

di avvicinarmi a tuo Figlio:pertanto imploro

la tua intercessioneper ottenere salvezza.

O tu che sei compassionevole,o tu che sei la Madre

del Dio di misericordia,abbi pietà di me.

S. Efrem Siro

Gilda Morialve Regina, madre di mi-sericordia, tienici per ma-no, quando le campane a

festa suonano, invitandoci allacelebrazione dell’Anno giubilare.Quei rintocchi delle campanescuoteranno i monti, le valli e leultime foglie rimaste sugli alberi.Quasi a simboleggiare i nostripeccati rimasti nell’anima.Su quei rami che in tante prima-vere hanno visto sbocciare i fioridei mandorli, che in estate han-no donato tanti frutti maturi, osentito le bacche degli ulivi ralle-grarsi, al suono delle foglie mos-se dal vento, simile a nacchere.E noi come viandanti andare, eandare spesso senza meta, senzapensare a Te che sei nei cieli, mache ci guardi.Guardi noi, così dissennati, conpazienza infinita; senza forzarci,senza giudicarci, ma forse tratte-nendo le lacrime.Quelle lacrime, che dovrebberosgorgare dalle nostre ciglia, per ildolore dei nostri peccati.

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Santa Maria, vergine dolcissima prega per noiSanta Maria, fonte di fede e di speranzaSanta Maria, sorgente di soavissimo amore

Santa Maria, piena di grazia divinaSanta Maria, madre di tutte le grazieSanta Maria, madre di misericordia

Santa Maria, fiducia di chi spera in teSanta Maria, salvezza di chi si rifugia in teSanta Maria, fortezza di chi confida in te

Santa Maria, conforto degli infeliciSanta Maria, gioia degli afflittiSanta Maria, aiuto dei poveri

Santa Maria, veniamo a te con preghiere prega per noiSanta Maria, ricorriamo a te nelle tribolazioniSanta Maria, imploriamo il tuo aiuto

Santa Maria, ti preghiamo con devozioneSanta Maria, ti supplichiamo con umiltàSanta Maria, ti invochiamo nella sofferenza

Affinché Cristo ci esaudisca, santa MariaAffinché Cristo non respingala nostra preghiera, santa MariaAffinché Cristo guardi

alla nostra piccolezza, santa Maria

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo perdonaci, Signore

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo ascoltaci, Signore

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo abbi pieta di noi

(Santuario di Monte Berico)

Quando noi l’abbiamo rinnegato,peccando.E non siamo stati Giovanni.Rivolgi perciò a noi quegli occhituoi misericordiosi e mostracidopo questo esilio il frutto deltuo seno Gesù.Accompagnaci, perciò, tenendonella tua mano la nostra, tre-mante, perché avremo più corag-gio.Coraggio di scrutare fino in fon-do la nostra anima per confessa-re i nostri peccati. Per chiedereanche perdono a chi ci è stato ac-canto.Ma chi ci ha conosciuti e ci haamati, ci avrebbe perdonati? O al

nostro battere le nocche sul suouscio di casa bussando, ci avreb-be detto: «Va’, non ti conosco!»?Sì, perché è difficile chiedere per-dono, ma è anche difficile perdo-nare e dimenticare.Mentre tuo Figlio all’adulterapentita disse: «Non ti condanno;va’ e non peccare più!». E sullasabbia forse avrà cancellato an-che il nome di coloro che voleva-no lapidarla.Ed è per questo, Santa Maria, Regina della misericordia, che ciaffidiamo a te in questo AnnoSanto.Prendici per mano, tu che cono-sci il timore che ci accompagna.

La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201652

Il timore delle nostre cadute, dinon saper percorrere le vie delbene, ed il rimpianto di non po-ter un giorno essere salvi ed ingi-nocchiarci ai tuoi piedi prima diricevere il perdono e la miseri-cordia promessa dal tuo Signore.Fa’ che possiamo trarre frutti dibene, di carità e di amore in que-sto Anno Santo!Vedremo rifiorire germogli nuovinelle nostre anime.E raccoglieremo i fiori dei cam-pi, le primule, e le viole nei fossa-ti, per farne un bouquet, e met-terlo fra le tue mani per ringra-ziarti. n

Signore, pietà! Signore, pietàCristo, pietà! Cristo, pietàSignore, pietà! Signore, pietà

Cristo, ascoltaci! Cristo, ascoltaci

Cristo, esaudiscici! Cristo, esaudiscici

Dio Padre, nostro Creatore abbi pietà di noiDio Figlio, nostro Redentore abbi pietà di noi

Dio Spirito Santo, nostro Santificatore abbi pietà di noi

Santissima Trinità, unico Dio abbi pietà di noi

Santa Maria prega per noiSanta Madre di DioSanta Vergine purissima

Santa Maria, figlia dell’eterno ReSanta Maria, Madre e Sposa di CristoSanta Maria, tempio dello Spirito Santo

Santa Maria, Regina dei cieliSanta Maria, Signora degli angeliSanta Maria, verità dei profeti

Santa Maria, gloria degli apostoliSanta Maria, fortezza dei martiriSanta Maria, onore delle vergini

Santa Maria, modello di purezzaSanta Maria, esempio di umiltàSanta Maria, immagine d’ogni virtù

Santa Maria, porta del cielo prega per noiSanta Maria, misericordiosa coi peccatoriSanta Maria, porto della nostra salvezza

LITANIE A MARIA MADRE DI MISERICORDIA

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53La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016

VIVERE LA FESTAa cura di suor Maria Teresa Nocella

Noi siamo suo popolo,gregge

che egli guida

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 10, 27-30)

In quel tempo, Gesù disse:«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle

dalla mano del Padre.Io e il Padre siamo una cosa sola».

Quarta domenica di Pasqua • 17 aprile 201653a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201654

DAL CANTICO DEI CANTICI(Ct 2, 8-16; 8, 6-7)

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LA CHIESAMADRE DI VOCAZIONI

Dal Messaggio del Santo Padre Francescoper la 53a Giornata Mondiale di Preghiera

per le Vocazionihghghg

CU

La parola di Dio La parola del Papa

Nella Chiesa, per la Chiesa, dalla Chiesa

La vocazione nasce nella Chiesa. Fin dal sorgeredi una vocazione è necessario un adeguato «sen-so» della Chiesa. Nessuno è chiamato esclusiva-mente per una determinata regione, né per ungruppo o movimento ecclesiale, ma per la Chiesae per il mondo. «Un chiaro segno dell’autenticitàdi un carisma è la sua ecclesialità, la sua capaci-tà di integrarsi armonicamente nella vita del Po-polo santo di Dio per il bene di tutti» (ibid., 130).Rispondendo alla chiamata di Dio, il giovane ve-de espandersi il proprio orizzonte ecclesiale, può

na voce! Il mio diletto!Eccolo, vienesaltando per i monti,

balzando per le colline.Somiglia il mio diletto a un caprioloo ad un cerbiatto.Eccolo, egli sta dietro il nostro muro;guarda dalla finestra,spia attraverso le inferriate.Ora parla il mio diletto e mi dice:«Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!Perché, ecco, l’inverno è passato,è cessata la pioggia, se n’è andata;i fiori sono apparsi nei campi,il tempo del canto è tornatoe la voce della tortora ancora si fa sentirenella nostra campagna.Il fico ha messo fuori i primi fruttie le viti fiorite spandono fragranza.Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!O mia colomba,che stai nelle fenditure della roccia,nei nascondigli dei dirupi,mostrami il tuo viso,fammi sentire la tua voce,perché la tua voce è soave,il tuo viso è leggiadro».Il mio diletto è per me e io per lui.Egli pascola il gregge fra i figli. n

ome vorrei che, nel corso del GiubileoStraordinario della Misericordia, tutti ibattezzati potessero sperimentare la gioia

di appartenere alla Chiesa! E potessero riscoprireche la vocazione cristiana, così come le vocazioniparticolari, nascono in seno al popolo di Dio e so-no doni della divina misericordia. La Chiesa è lacasa della misericordia, ed è la «terra» dove la vo-cazione germoglia, cresce e porta frutto.

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zione permanente. Chi ha consacrato la propriavita al Signore è disposto a servire la Chiesa do-ve essa ne abbia bisogno.Tra gli operatori pastorali rivestono una partico-lare importanza i sacerdoti. Mediante il loro mi-nistero si fa presente la parola di Gesù, che hadetto: «Io sono la porta delle pecore [...] Io sonoil buon pastore» (Gv 10, 7.11). La cura pastoraledelle vocazioni è una parte fondamentale del lo-ro ministero pastorale. I sacerdoti accompagna-no coloro che sono alla ricerca della propria vo-cazione, come pure quanti già hanno offerto lavita al servizio di Dio e della comunità.Chiediamo al Signore di concedere a tutte le per-sone che stanno compiendo un cammino voca-zionale una profonda adesione alla Chiesa; e chelo Spirito Santo rafforzi nei Pastori e in tutti i fe-deli la comunione, il discernimento e la paterni-tà e maternità spirituale.

Preghiamo

Padre di mise-ricordia, chehai donato iltuo Figlio perla nostra sal-vezza e sem-pre ci sostienicon i doni deltuo Spirito,concedici co-munità cristia-ne vive, fer-venti e gioiose,che siano fontidi vita frater-na e suscitinofra i giovani ildesiderio diconsacrarsi a Te e all’evangelizzazione. Sostieni-le nel loro impegno di proporre una adeguata ca-techesi vocazionale e cammini di speciale consa-crazione. Dona sapienza per il necessario discer-nimento vocazionale, così che in tutto risplendala grandezza del tuo amore misericordioso. Ma-ria, Madre ed educatrice di Gesù, interceda perogni comunità cristiana, affinché, resa fecondadallo Spirito Santo, sia fonte di genuine vocazio-ni al servizio del popolo santo di Dio.

FranciscusDal Vaticano, 29 novembre 2015

I Domenica di Avvento

considerare i molteplici carismi e compiere cosìun discernimento più obiettivo. La comunità di-venta, in questo modo, la casa e la famiglia dovenasce la vocazione. Il candidato contempla gratoquesta mediazione comunitaria come elementoirrinunciabile per il suo futuro. Impara a cono-scere e amare fratelli e sorelle che percorronocammini diversi dal suo; e questi vincoli raffor-zano in tutti la comunione.

La vocazione cresce nella Chiesa. Durante ilprocesso di formazione, i candidati alle diversevocazioni hanno bisogno di conoscere sempremeglio la comunità ecclesiale, superando la vi-sione limitata che tutti abbiamo all’inizio. A talescopo è opportuno fare qualche esperienza apo-stolica insieme ad altri membri della comunità,per esempio: accanto ad un buon catechista co-municare il messaggio cristiano; sperimentarel’evangelizzazione delle periferie insieme ad unacomunità religiosa; scoprire il tesoro della con-templazione condividendo la vita di clausura; co-noscere meglio la missione ad gentes a contattocon i missionari; e con i preti diocesani appro-fondire l’esperienza della pastorale nella parroc-chia e nella diocesi. Per quelli che sono già informazione, la comunità ecclesiale rimane sem-pre l’ambito educativo fondamentale, verso cui sisente gratitudine.

La vocazione è sostenuta dalla Chiesa. Dopol’impegno definitivo, il cammino vocazionale nel-la Chiesa non finisce, ma continua nella disponi-bilità al servizio, nella perseveranza, nella forma-

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Il sogno di un cardinale

Il cardinale Nicola Cusano (1401-1464), vescovodi Bressanone, non fu solo un grande politico dellaChiesa, rinomato legato papale e riformatore dellavita spirituale del clero e del popolo del secolo XV,ma anche un uomo del silenzio e della contempla-zione. In un «sogno» gli fu mostrata quella realtàspirituale che ancora oggi vale per tutti i sacerdotie per tutti gli uomini: il potere dell’abbandono, del-la preghiera e del sacrificio delle madri spirituali.

A volte le mani si stringevano intorno ad una cit-tà; altre volte un paese, riconoscibile dalle ban-diere nazionali, si estendeva su un muro di brac-cia che lo sostenevano. Anche in questi casi, in-torno ad ogni singola orante si spandeva un alo-ne di silenzio e di riservatezza. La maggior partedelle suore però sosteneva in mano un solo fra-tello o sorella.Nelle mani di una giovane ed esile monaca, quasiuna bambina, il cardinale Nicola vide il papa. Sicapiva quanto il carico gravasse su di lei, ma ilsuo volto brillava di gioia. Sulle mani di una an-ziana suora giaceva lui stesso, Nicola Cusano, ve-scovo di Bressanone e cardinale della Chiesa ro-mana. Egli riconobbe chiaramente se stesso conle sue rughe e con i difetti della sua anima e dellasua vita. Osservava tutto con occhi spalancati espaventati, ma allo spavento subentrò presto unaindescrivibile beatitudine.La guida, che si trovava al suo fianco, gli sussur-rò: «Vedete come, nonostante i loro peccati, sonotenuti e sorretti i peccatori che non hanno smessodi amare Dio!». Il cardinale domandò: «Cosa suc-cede allora a coloro che non amano più?».Improvvisamente, sempre in compagnia dellasua guida, si trovò nella cripta della chiesa, dovepregavano altre migliaia di suore.Mentre quelle viste in precedenza reggevano lepersone con le loro mani, queste nella cripta lesostenevano con i cuo-ri. Erano profonda-mente coinvolte, per-ché si trattava del de-stino eterno delle ani-me.«Vedete, Eminenza», dis -se la guida: «così vengo-no tenuti coloro chehanno smesso di amare.A volte succede che si ri-scaldano al calore deicuori che si consumanoper loro, ma non sem-pre. Talvolta, nell’ora del-la morte, passano dallemani di coloro che an-cora li vogliono salvarea quelle del Giudice divi-no, con il quale devonopoi giustificarsi ancheper il sacrificio offertoper loro. Nessun sacrifi-cio resta senza frutto,ma chi non coglie il frut-to offertogli, matura ilfrutto della rovina».

«PREGATE IL PADRONEDELLA MESSE» (Gesù)

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«Rogate!»

Mani e cuori che si sacrificano

«... Entrati in una chiesa piccola e molto vecchia,adornata con mosaici ed affreschi dei primi se-coli, al cardinale si manifestò una visione imma-ne. Migliaia di religiose pregavano nella piccolachiesa. Esse erano così esili e raccolte che tutteavevano posto, nonostante la comunità fosse nu-merosa. Le suore pregavano e il cardinale nonaveva mai visto pregare così intensamente. Essenon stavano in ginocchio, ma dritte in piedi, losguardo fisso non lontano, ma su di un punto alui vicino, però non visibile ai suoi occhi.Le loro braccia erano aperte e le mani rivolte ver-so l’alto, in una posizione di offerta».L’incredibile di questa visione sta nel fatto chequeste suore nelle loro povere e sottili mani tene-vano uomini e donne, imperatori e re, città epaesi.

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Il cardinale fissò le donne vittime volontarie.Egli aveva sempre saputo della loro esistenza.Mai però gli era stato così chiaro cosa esse signi-ficassero per la Chiesa, per il mondo, per i popolie per ogni singolo; solo ora lo comprendeva consgomento. Egli si chinò profondamente davantialle martiri dell’amore.Dal 1685, quindi da più di 300 anni, il castellovescovile è diventato un monastero, in cui finoad oggi una comunità di Suore Benedettine vivela maternità spirituale, pregando e consacrando-si a Dio, proprio come il cardinale Nicola Cusa-no aveva visto nel suo sogno. n

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PREGHIERA DI UNA MAMMAPER SUO FIGLIO SACERDOTE

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«Rogate!»

O Gesù, quant’è grande la gioia che provoal pensare di essere mamma di un sacerdote.A Te salga l’inno della mia esultanza

e della mia riconoscenza.Ma, deh, compi le tue misericordie per le lacrime

e i sacrifici che egli mi costa,e più ancora, per il preziosissimo Sangue

da Te versato,fa’ che egli corrisponda generosamente

al suo ministero.Null’altro più desidero, null’altro più umilmente

Ti chiedo.Sorreggilo Tu, Signore, con la Tua onnipotente

grazia.Quando soprattutto si troverà nelle tentazioni

del desertoe nell’angoscia della tristezza, mandagli

un angelo a confortarlo,e quando il dolore lo costringerà a salire l’erta

del Calvario,

È la preghiera che una mamma elevava persuo figlio sacerdote, fin dal giorno dellasua Ordinazione. Solo poco prima di mori-

re, glielo confidò, rassicurandolo che dal cieloavrebbe continuato a proteggerlo. Il sacerdote, ot-tantenne, lo ha confidato ad un amico e lo ha au-torizzato a pubblicarla.

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fa’ che egli, come Te, si incontri con Maria,e quell’incontro gli doni soavità di materno

affetto, di conforto e potente patrocinio.Illumina la sua mente, affinché lo studio

gli riesca facile e proficuo.Purifica il suo cuore e disponilo

alle più alte ascensioni spirituali;che un solo ideale brilli dinnanzi al suo spirito:

la santificazione propria ed altrui.Che un solo programma occupi tutta la sua vita:

la salvezza delle anime.Che una sola brama lo consumi: mantenersi

come uscito dal Seminario,ripieno di Spirito Santo.

Gesù, che per appagare il desideriodi Tua Madre, anticipasti l’ora dei miracoli,

deh, mira anche il desiderio del mio cuoree per l’apostolato delle preghieree delle sofferenze mie materne,

dona a mio figlio la grazia di mantenersinel Sacerdozio

così santamente da essere, in ogni circostanzadella vita sacerdotale,

angelo di purezza e di amore, serafino di carità,eroe di sacrificio,

apostolo della Tua gloria, salvatoree santificatore di moltissime anime.

E concedi infine la sospirata grazia che, dopoaver partecipato al gaudio delle sue Messequi in terra, accanto a lui condivida purei gaudii eterni in cielo.

Amen. n

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PER LA VOCAZIONEDEI FIGLIhghghg

«Rogate!»

D io onnipotente, per mezzo del Tuo FiglioGesù, nato dalla Vergine Maria,Tu hai dato alle mamme e ai papà

cristiani la lieta speranza della vita eternaper i loro figli.

Ti ringraziamo per il dono della maternitàe paternità che ci hai concesso; a Te offriamo i

nostri figli per tutti i giorni della loro vita. Assistili sempre con la Tua graziaperché da Te guidati camminino in santità di vitae diventino dei veri cristiani, testimoni

del Tuo Vangelo.Mostra loro, Signore, le tue vie e guidali

con i tuoi insegnamenti perché possanoprovare la felicità.

E se a Te piacerà chiamare uno di loroper consacrarlo a Te nel sacerdozio o nella vita

religiosa, il Tuo amore riscaldi questavocazione fin dal suo nascere e la facciacrescere e perseverare fino alla fine.

Dimostra la Tua bontà sulla nostra famiglia,preservaci dal male e donaci l’abbondanzadella pace. Amen. n

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SUPPLICAPER LE MANI DEL SACERDOTE

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«Rogate!»

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CANTO DELLA VERGINITÀ

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Il canto del cuore

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E hai sorriso ad esse cariche di giocattoli.Le ricordi protese nel pregarti infantile,

congiunte sul mio petto di Prima Comunione.Hai palpitato quando si sono perse,

lontano dal tuo amore.Ma poi ti sei commosso, perché intrecciate

di pentimento per gustare la tua misericordia.Tu, Dio, dall’eternità sognavi queste mie mani,

che tu hai consacrato.A te, Padre, s’innalzano ogni giorno ad offrirti

per Cristo e nello Spirito il Sacrificio santo.E da te scendono a benedire il popolo cristiano.Ogni volta le fisso con tanta devozione,

perché non sono più mie, ma tue: divine.Ti chiedo, mio Signore, che ad ogni sera

del vivere terreno tu stia tra le mie manicome nella tua casa.

Ma sai che sono piccolo e che i miei sforzisono inutili se tu non doni ad esse la tua potenza.

E allora benedicile, perché ciascuno che nel tuonome io benedirò venga santificato.

Amen. n

ignore, tu conosci la storia di queste miepovere mani.Ascolta la preghiera che oggi innalzo a te

per esse.Le hai viste appena nate, tremanti e inermi.Hai goduto a guardarle fiduciose tra le mani

di mamma e di papà.

orrei saper tradurre quello che per la ver-ginità io sento in cuore; colgo una notasola del mio cantico: la verginità è amore.

È solo il desiderio di un amore immenso, chenon abbia fine, che sappia compatire, compren-dere, fortificare, elevare, trasformare, che fa bat-tere a molte anime il sentiero spinoso della vergi-nità. Spinoso, perché la purezza è martirio: nonci si può elevare ed affinare senza lotta e lottaaspra.Ma per ogni lotta vi è la gioia di possedere un po’di più Dio, di avvicinarsi un po’ a Lui, di diventa-re gl’intimi suoi; la gioia tanto grande e forte dipartecipare alla sua divina paternità e di esseremadri di anime.Una madre, un padre terreno non possono ama-re i figli loro con la stessa intensità con cui lavergine ama i figli che Dio concede alla sua ani-ma. È un amore assiduo, trepidante, geloso, san-tamente geloso, un amore che si dilata su quantiavvicinano l’anima che ci è cara: che aumentaman mano che ci trasformiamo in Dio...Quello che vi è di più grande e di più bello inquesta vita di purezza assoluta è che essa è possi-bile a tutte le anime che seguono con umiltà, pa-zienza, confidenza la chiamata del Signore.L’umiltà serve a non scoraggiarci nelle nostre lot-te e nelle nostre disfatte; la pazienza a sopporta-

re noi stessi, lenostre ribellionied i nostri sco-raggiamenti; laconfidenza a gri-dare arditamenteal Signore chemalgrado la no-stra miseria vo-gliamo soltantoLui.

Delia AgostiniGiovane

dell’AzioneCattolica milanese

in L’ideale valepiù della vita,

Ed. Vita e Pensiero.

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a perla di gran valoreè nascosta profondamente.

Come un pescatore di perle,o anima mia, tuffati,tuffati nel profondo,tuffati ancora più giù, e cerca!

Forse non troverai nulla la prima volta.

Come un pescatore di perle, o anima mia,senza stancarti, persisti e persisti ancora,tuffati nel profondo, sempre più giù,e cerca!

Quelli che non sanno il segreto,si burleranno di te,e tu ne sarai rattristato.

Ma non perdere coraggio,pescatore di perle, o anima mia!

La perla di gran valore è proprio là nascosta,nascosta proprio in fondo.

È la tua fede che ti aiuterà a trovare il tesoroed è essa che permetteràche quello che era nascostosia infine rivelato.

Tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù,come un pescatore di perle,o anima mia.E cerca, cerca senza stancarti!

Swami Paramananda

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IL POVERO E LA PERLAhghghg

Il canto del cuore

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VOCAZI0NEhghghg

La voce dei ragazzi

V ocazione.È la parola che dovresti amare di più.Perché è il segno di quanto

sei importante agli occhi di Dio.È l’indice di gradimento, presso di Lui,della tua fragile vita.Sì, perché, se ti chiama, vuol dire che ti ama.Gli stai a cuore, non c’è dubbio.In una turba sterminata di genterisuona un nome: il tuo.Puoi dire a tutti: si è ricordato di me.E davanti ai microfoni della storia(a te sembra nel segreto del tuo cuore)ti affida un compitoche solo tu puoi svolgere.Tu e non altri.Un compito su misura... per Lui.Sì, per Lui, non per te.Ha scritto «T’amo» sulla roccia,sulla roccia, non sulla sabbiacome nelle vecchie canzoni.E accanto ci ha messo il tuo nome.Forse l’ha sognato di notte. Nella tua notte.Alleluia.Puoi dire a tutti: non si è vergognato di me.

Don Tonino Bello

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Perché lo ricordiamo? Perché p.Giuseppe Ambrosoli ha condottouna vita santa, come medico ecome sacerdote, ed è morto inconcetto di santità. San France-sco d’Assisi diceva: «Il narrare leglorie di coloro che ci hanno pre-ceduto non ci porti ad un vanogloriarci, ma ad un reale santifi-carci». Questo è lo scopo per cuiricordiamo questa bella figura.Non è facile concentrare la per-sonalità spirituale di questo sa-cerdote, missionario combonia-no e medico. Ambrosoli era me-dico e, in Uganda, lo chiama -vano: «Il medico della carità».

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P.GIUSEPPE AMBROSOLImedico della carità

TESTIMONIANZE

GP. Lorenzo Gaiga mccj

Venerabile p. Giuseppe Ambrosoli, comboniano.

P. Giuseppe, medico chirurgo, dirigee insegna in una scuola professionaledi infermiere, in Africa.

iovedì 21 gennaio 2016,Papa Francesco, con il cardinaleAngelo Amato, prefetto

della Congregazione delle Cause dei Santi,ha autorizzato il Dicastero a promulgarei decreti riguardanti le virtù eroichedel Servo di Dio Giuseppe Ambrosoli,sacerdote professodei Missionari Combonianidel Cuore di Gesù.Ambrosoli, nato il 25 luglio 1923a Ronago (Como), era il figlio del fondatoredella nota industria italiana del miele.Decise tuttavia di non intraprenderela strada del padre per studiare medicinae, in seguito, diventaremissionario comboniano.Partì per l’Uganda nel 1956, all’etàdi 32 anni, dove al nord fondò l’ospedaledi Kalongo, tuttora punto di riferimentoper tutti i malati della regione, sostenutodalla Fondazione Ambrosoli.Morì il 27 marzo 1987, nella diocesi di Lira.

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«Nessuno mai si è allontanato dalui a mani vuote o a cuore spen-to», assicurano i testimoni.P. Giuseppe è stato anche un au-tentico seguace di Comboni (fon-datore del suo Istituto) che è sta-to dichiarato santo il 5 ottobre2003: Come Comboni anche p.Giuseppe ha cercato di salvarel’Africa con l’Africa. E comeComboni ha assaporato «la pre-dilezione del Calvario».Vorrei ora fare un accenno all’in-fanzia e alla giovinezza di p. Giu-seppe, quindi vorrei parlare dellasua vocazione e, infine, della sua«esperienza di Calvario» primadella morte.

La sua giovinezza

Chi ha influito maggiormentesulla formazione spirituale diGiuseppe è stata la Mamma,mamma Palmira, una donnapiissima e piena di carità verso ipoveri. P. Ambrosoli ebbe sempreuna grande venerazione per lamamma. Il nome Mamma loscriveva sempre con la M maiu-scola.Dopo le elementari al paese, lemedie a Como e il ginnasio alCalasanzio di Genova, dove gliAmbrosoli solevano andare per iloro studi, Giuseppe ebbe la for-tuna di imbattersi in un sacerdo-te, don Silvio Riva, poi france-scano, assistente dell’Azione Cat-tolica di Como. Fu un incontrobenedetto e provvidenziale. DonRiva aveva istituito il «cenaco-lo», un’associazione di giovani diAzione cattolica fortemente im-pegnati nella vita cristiana. Mes-

sa e meditazione ogni mattina,visita al Santissimo quotidiana,ritiro mensile ed esercizi spiri-tuali annuali, confessione setti-manale. Dal giovedì al venerdìc’era la veglia di preghiera da-vanti al Santissimo per buonaparte della notte. Una ventina trai frequentatori del cenacolo di-ventarono sacerdoti e gli altri ot-timi cristiani.Giuseppe Ambrosoli è stato dele-gato aspiranti ad Uggiate e poipresidente degli Aspiranti a Ro-nago ed Uggiate. Con la sua mo-to rossa andava da un paese al-l’altro a organizzare i gruppi e leadunanze.Nel 1942, a 19 anni, Giuseppeterminò il liceo e si iscrisse allafacoltà di Medicina presso l’Uni-versità degli Studi di Milano. Maera già cominciata la secondaguerra mondiale. Anzi l’anno do-po ci fu il famoso 8 settembre1943 con lo sfacelo dell’esercitoitaliano, la costituzione della Re-pubblica Sociale di Salò e l’inva-sione dell’Italia da parte delletruppe tedesche. Ebbene, inquella grande confusione che siera creata in Italia, Giuseppe siprefisse di salvare il numero piùgrande possibile di vite di parti-giani, di renitenti alla leva, di exmilitari, di ebrei perseguitati(c’erano le leggi contro gli ebrei).Li accoglieva in casa (col consen-so dei genitori), li forniva di ciboe, di notte, sfidando i tedeschi diguardia, li portava in un boschet-to che confinava con la Svizzera(Ronago confina con la Svizzera)dove aveva praticato un buconella rete e da lì li mandava inSvizzera dove aveva degli amici.

Così li salvavadai campi di con-centramento o dallecamere a gas.Quando la cosa arrivòalle orecchie di qualcunoanche Giuseppe dovette ri-parare in Svizzera e poi, pernon esporre la famiglia a vessa-zioni, dovette entrare tra i Re-pubblichini di Salò. E fu inviatonel campo di addestramento mi-litare di Heuberg, in Germania.In quell’inferno è brillata ancoradi più la virtù di questo giovanedi Azione Cattolica.Ogni giorno c’erano le manovremilitari, sfibranti; il cibo erascarso, la vita nelle baracche du-rissima. Eppure Giuseppe, pur difare la comunione tutti i giorni,rimaneva digiuno fino alle duedel pomeriggio quando potevaandare in una chiesa cattolicadove c’era un sacerdote che glidava la comunione. Gli esempi dialtruismo, di carità, di aiuto aicompagni al campo sono moltis-simi e edificanti.Ma voglio raccontare un altrofatto della sua vita militare incui brilla la sua onestà. Nel di-cembre del 1944, terminato l’ad-destramento, venne inviato aCollecchio in provincia di Par-ma e, nel 1945, si trovò con lasua Divisione a Berceto. I testi-moni assicurano che questo gio-vane soldato ebbe modo di aiu-tare tante famiglie povere. Equando la situazione della guer-ra precipitò e tutti si diedero al-la fuga, rifiutò energicamente diappropriarsi della cassa dellaDivisione anche se ne aveva lapossibilità.

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Medico e sacerdotemissionarioCon la fine della guerra intrapresegli studi interrotti, e il 18 luglio1949 conseguì la laurea in medici-na e chirurgia. Ma intanto avevagià maturato nel cuore la sua deci-sione. Tornando a casa da Milanocon la laurea, fece tappa nella Ca-sa comboniana di Rebbio di Co-mo (dove la sua mamma si recavaspesso a fare delle offerte per lemissioni) e incontrò il superioregenerale, p. Antonio Todesco, checasualmente si trovava lì.Giuseppe tirò fuori la sua carta ela mise timidamente nelle manidel missionario e disse:«Vorrei andare in Africa a curare ipiù bisognosi».«Come medico o come sacerdo-te?», gli chiese il Generale.«Come medico e come fratellocoadiutore», rispose Giuseppe. Epoi aggiunse:

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«Mi pare che il Sacerdozio sia unacosa troppo grande per me».«Andrai come medico e come sa-cerdote», concluse il Generale.Per dimostrare che faceva sul se-rio, Giuseppe andò a Londra aspecializzarsi in malattie tropicalie da lì scrisse alla mamma: «Dio èamore, c’è un prossimo che sof-fre e io sono il suo servitore».Con queste semplici, ma profondeparole, annunciò alla mamma e aifamiliari la sua vocazione missio-naria.Nell’ottobre del 1951 entrò nel no-viziato di Gozzano in provincia diNovara e il 9 settembre del 1953emise i Voti. Poi passò a Venegonoper la teologia e fu ordinato a Mi-lano il 17 dicembre 1955. Fu ordi-nato un po’ prima dei suoi compa-gni perché era richiesto con ur-genza in Uganda dove c’era dacreare un ospedale. Ci sarebbe unbell’episodio della sua ordinazio-ne: siccome era rimasto in piedi

P. Giuseppe nella sua delicatae preziosa missionedi medico-missionarario.

Le studentesse della Scuola di ostetricia

e ginecologia, da lui fondata.

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tutta la notte al capezzale diun confratello ammalato, allamattina si era addormentato.Svegliato all’ultimo momento,si precipitò a Milano. Quandodovette sdraiarsi a terra duran-te le litanie dei Santi, tutti siaccorsero che aveva le suoledelle scarpe bucate. E nei pri-mi banchi c’erano i familiari egli amici di famiglia. Ambroso-li era fatto così.Per tirar su l’ospedale di Ka-longo, p. Giuseppe alternava illavoro di medico a quello dimanovale. Uno dopo l’altrosorgevano i vari padiglioni eintanto p. Giuseppe cercava dicoinvolgere dottori europei perchéandassero a trascorrere qualcheperiodo a Kalongo. Centinaia nesono passati. L’ospedale crebbe fi-no ad arrivare a 350 letti.P. Giuseppe attrezzò il reparto deimalnutriti. Nei suoi spostamentiper curare le persone, quando tro-vava qualche bambino denutrito,lo portava all’ospedale con lamamma perché erano denutritientrambi. Ebbe una cura specialeper i malati di lebbra. Ancor pri-ma che Follereau proclamasse chei lebbrosi sono «uomini come glialtri», egli li ricoverava nel suoospedale con gli altri e non si èmai sognato di chiuderli nei leb-brosari che erano luoghi di dispe-razione e di morte.Poi Ambrosoli volle realizzare ilpiano del Comboni. «salvare l’Afri-ca con l’Africa» ed ecco che iniziòla scuola per ostetriche e infermie-re professionali. Naturalmente inquesto, ma anche in sala operato-ria, era coadiuvato dalle suorecomboniane. Le suore combonia-ne hanno una parte importantenella vita di p. Ambrosoli.Un giorno i soldati volevano en-trare in ospedale per uccidere i ri-belli feriti che erano ricoverati. P.Ambrosoli si mise davanti a loro e,invocando le leggi internazionali,disse che non si poteva entrare.Un ufficiale lo minacciò con la pi-stola e p. Giuseppe disse: «Sparipure: per entrare in ospedale devepassare sul mio cadavere». E riu-scì a convincerli a desistere.Per tutte vorrei portare la testimo-

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nianza del dottor Stoffel, uno sviz-zero, protestante, uomo piuttostotaciturno e duro che lavorò parec-chi anni con Ambrosoli:«Tante e tante volte rimasi colpitodalla sua compassione, dalla suagenerosità e dalla sua infinita pa-zienza. Spesso mi sentivo colpevo-le di non essere capace di ricam-biare ciò che faceva per me». Soloin sala operatoria p. Ambrosoli di-ventava esigente e duro: non am-metteva leggerezze, scherzi o sba-gli. «Qui dentro si gioca la vitadelle persone» diceva.

A Kalongo il Calvario

Ma veniamo all’esperienza di Cal-vario che ha colpito p. Giuseppe.Un’esperienza che si è rivelata «ilgiorno della verità». È, questo, ilmomento in cui uno vede crollareattorno a sé tutto ciò che aveva co-struito con impegno e fatica e chesi conclude con la disfatta e conla morte. È proprio questo il mo-mento dove si prova la tempra diun uomo, di un santo. E credoche, più o meno, dobbiamo passa-re tutti per questa fase, per questo«momento della verità».Di «momenti della verità» p. Giu-seppe ne ha avuti due: il primoquando ha scoperto la malattianel suo corpo. Era nato con un re-ne solo, cioè l’altro rene non si erasviluppato, era rimasto «rene grin-zo», come dicono i medici, ma luinon lo sapeva all’inizio. Lo ha ca-

pito un poco alla volta da unacerta insufficienza renale chesi accentuava di anno in annoe poi dagli esami. Fu un colpoduro, indubbiamente, ma lafede in Dio lo sostenne. Poic’è l’altro «momento della ve-rità» quello ancor più tragico,quando, cioè, ha visto il suoospedale crollare ed egli stessosi è trovato povero esule consulle spalle un immenso cu-mulo di preoccupazioni pro-prie e altrui.Tutto è cominciato il 7 feb -braio 1987 quando i militarihanno dato 24 ore di tempoper sgomberare l’ospedale e

portar via gli ammalati. Essendoin zona di guerra, l’ospedale diKalongo doveva essere distruttoper impedire ai ribelli di trovarviun rifugio.Prima preoccupazione del Padrefurono gli ammalati.«Dove li metto?» si domandava, ele medicine, e i viveri messi daparte per il tempo della carestiache fine avrebbero fatto?Qui si vede l’uomo di Dio: Ambro-soli non si agitò, non perse la pa-zienza, non imprecò contro i sol-dati. Trascorse la notte in preghie-ra, assicura un confratello, e, almattino, radunò i medici e gli in-fermieri per la santa messa. Erauna messa di addio. All’inizio citòla frase di Comboni:«Le opere di Dio nascono, cresco-no e si sviluppano ai piedi dellacroce» e prima del Padre nostrodisse:«Chiediamo al Padre che sia fattala sua volontà e a noi la forza dicompierla».Trentaquattro automezzi, in parteforniti dall’esercito, il personalemedico, 23 cittadini italiani, 1.500tra militari e civili, 150 ammalati(che non erano riusciti a tornarealle loro case), infermieri e stu-dentesse, parte a piedi, parte abordo dei camion, lasciarono Ka-longo alle 3 del pomeriggio dei 13febbraio 1987.Per percorrere i 120 km che sepa-rano Kalongo da Lira, dove pensa-vano di essere fuori dalla zona diguerra, impiegarono 22 ore per-ché si marciava a passo d’uomo,

Bambini di Kalongo.

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sempre sotto tiro dei ribelli nasco-sti nel bosco (che però non hannomai sparato sul convoglio), duran-te una notte afosa e poi sotto il so-le implacabile senza poter bereneanche un goccio d’acqua (lui colsuo mezzo rene bruciato).P. Ambrosoli nella sua auto porta-va mons. Cesana, 88 anni, cheaveva subìto un ictus cerebrale eun vecchio Fratello che aveva rot-to il femore. Mentre il convoglio simuoveva, si vedevano alle spalle lecolonne di fumo che si alzavanodall’ospedale: erano le riserve diviveri e di medicinali che andava-no in fumo.Arrivato finalmente a Lira, p. Am-brosoli, già sofferente, si preoccu-pò di mille cose. Dei malati, primadi tutto, come sistemarli, dellascuola infermiere che doveva an-dare avanti, delle medicine che oc-correvano. Avrebbe dovuto fer-marsi, pensare a se stesso. Non lofece.Così il suo Calvario fu relativa-mente breve: il 19 marzo di quel1987, festa di San Giuseppe e ono-mastico di p. Giuseppe, p. Ambro-soli presentò il Santo come mo-dello di obbedienza nelle difficoltà

Quando qualcuno gli disse che, fi-nalmente, avevano trovato un eli-cottero militare per portarlo a Gu-lu, p. Ambrosoli disse:«Lasciate perdere l’elicottero e an-che la dialisi. Io desidero morirequi con la mia gente. Aiutatemipiuttosto a pregare». E dopo unpo’ aggiunse:«Vorrei essere sepolto come unafricano, avvolto in un semplicelenzuolo, senza bara». Devo direche in questo i confratelli non l’hanno ascoltato. Quattro assi lehanno trovate anche per lui. Pocodopo, sentendosi svenire e consta-tando che gli arti si irrigidivanodisse: «Signore, sia fatta la tua vo-lontà. Come vuoi tu, va bene».Quindi, bisbigliando il Padre no-stro, è spirato. Erano le 13 e 50minuti di venerdì 27 marzo 1987.Così un nuovo testimone della fe-deltà alla vocazione missionaria,il medico della carità, si aggiunge-va alla lunga schiera di coloro chelo avevano preceduto.Quando Dio ama qualcuno – que-sto vorrei che rimanesse come ilsucco di questa testimonianza –lo fa morire in croce, spogliando-lo di tutto, come Cristo. P. Giu-seppe ha conosciuto questa pre-dilezione. Crollo della salute,crollo dell’ospedale e la mortesenza un medico a fianco, lui cheaveva curato tanti. Insomma fuidentificato a Cristo, identificatoa Comboni.Il 7 aprile 1994 la salma di p. Am-brosoli è stata riesumata dal cimi-tero di Lira e, in un clima di festa,è stata portata a Kalongo, accantoal suo ospedale. n

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(fuga in Egitto, fuga da Kalongo;strage degli innocenti, uccisioni evendette a causa della guerra...).Nel pomeriggio di domenica 22cominciò a sentire i brividi e il 24sopravvenne il vomito. Aveva sem-pre vicino p. Mario Marchetti cheascoltò la sua confessione e gli im-partì tutti i sacramenti. I confra-telli cercavano un elicottero che loportasse a Gulu (150 km) dove,nell’ospedale tenuto dal dottorCorti, c’era la possibilità della dia-lisi. Ma a causa della guerra nonera possibile muoversi con la mac-china, né trovare un elicottero.La notte piùbrutta fuquella tra il26 e 27 mar-zo. Ambro-soli, infatti,era ormaiin agonia.

Kalongo(Uganda).

P. Ambrosoli in una tavola pittorica di Nino Musio.

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(...) Oggi vediamo e viviamosu diversi fronti come la fami-glia venga indebolita, e comevenga messa in discussione.Come si crede che essa sia unmodello ormai superato e in-capace di trovare posto all’in-terno delle nostre società che,sotto il pretesto della moder-nità, sempre più favorisconoun sistema basato sul model-

lo dell’isolamento. E si insi-nuano nelle nostre società –che si dicono società libere,democratiche, sovrane – si in-sinuano colonizzazioni ideo-logiche che le distruggono, efiniamo per essere colonie diideologie distruttrici della fa-miglia, del nucleo della fami-glia, che è la base di ogni sanasocietà.

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VIVERE IN FAMIGLIA

VOCE FAMIGLIA

Papa Francesco

«Quanti figli avete?»«No, non ne abbiamo

perché ci piaceandare in vacanza,

fare turismo,comprarci una villa...».Il lusso e la comodità;

e i figli aspettano;e quando ne vuoi uno,

ormai è passato il momento.

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Non sempre è facileCerto, vivere in famiglia non sem-pre è facile, spesso è doloroso e fa-ticoso, ma, come più di una voltaho detto riferendomi alla Chiesa,penso che questo possa essere ap-plicato anche alla famiglia: prefe-risco una famiglia ferita che ognigiorno cerca di coniugare l’amore,a una famiglia e una società mala-ta per la chiusura o la comoditàdella paura di amare. Preferiscouna famiglia che una volta dopol’altra cerca di ricominciare a unafamiglia e una società narcisisticae ossessionata dal lusso e dalle co-modità. «Quanti figli avete?» –«No, non ne abbiamo perché cipiace andare in vacanza, fare turi-smo, voglio comprarmi una vil-la...». Il lusso e la comodità; e i fi-gli aspettano; e quando ne vuoiuno, ormai è passato il momento.

il viso rugoso per le fatiche ditutti i giorni, che da più di 50anni continuano a volersi be-ne, e oggi li abbiamo qui; e ilfiglio ha imparato la lezione, egià fa 25 anni di matrimonio.Queste sono le famiglie!Quando prima ho chiesto alSignor Aniceto e alla Signorachi ha avuto più pazienza inquesti 50 anni: «Tutt’e due, pa-dre». Perché in famiglia, perarrivare dove sono arrivati lo-ro, ci vuole pazienza, amore,bisogna sapersi perdonare.«Padre, in una famiglia perfet-ta non ci sono mai discussio-ni». Non è vero: è bene cheogni tanto si discuta, e che vo-li qualche piatto, va bene, nonabbiate paura. L’unico consi-glio è di non finire la giornatasenza fare la pace, perché sefinite la giornata in guerra ar-rivate al mattino in «guerrafredda», e la «guerra fredda» èmolto pericolosa in famigliaperché va scavando da sotto lerughe della fedeltà coniugale.Grazie per la testimonianza divolersi bene per più di 50 an-ni. Tante grazie!

Famiglia di dieci figli in preghieraal Santuario della Martorella.«Nella preghiera della famiglia,nei suoi momenti fortie nei suoi passaggi difficili,siamo affidati gli uni agli altri,perché ognuno di noi in famigliasia custodito dall’amore di Dio»(Papa Francesco).

ERAVAMO FIGLI, E FIGLI FELICI

Si rientrava a casa, la sera, sul tardi, con i piedi scalzi,sporchi di terra e qualche bottone in meno alla giacca.

Un piatto caldo diviso coi grandi, e poi la preghiera coi nonnialla Vergine santa.

Nel lettone ci rubavamo lo spazio tirando con forza la cortacoperta.

La cartella di cartone e pochi libri per apprendere a scuolale cose importanti, e poi a dare una mano ai lavori di casaper crescere insieme verso il domani, e lasciavamo la casacol magone nel cuore!

Figli di oggi che non possono nascere perché la pauraha rubato l’amore; figli d’oggi che lasciano la casa del padreper una sete grande di libertà, e non sempre la sera...tornano a casa.

Sognavamo il domani, contando le stelle, eravamo figli,forse poveri in canna, ma eravamo figli, e figli felici.

Pierluigi MirraDa «Noi figli di ieri...»; in «Terra della mia gente»,

parrocchia di Santa Maria la Fossa, 2013, p. 6

Che danno che fa questo! Pre-ferisco una famiglia con la fac-cia stanca per i sacrifici a unafamiglia con le facce imbellet-tate che non sanno di tenerez-za e compassione. Preferiscoun uomo e una donna, il Si-gnor Aniceto e la Signora, con

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E parlando di rughe – percambiare un po’ argomento –ricordo la testimonianza diuna grande attrice, un’attricedi cinema latinoamericana,quando già quasi sessantennecominciavano a mostrarsi lerughe del viso e le consigliaro-no un «ritocco», un «ritocchi-no» per poter continuare a la-vorare bene, la sua risposta fumolto chiara: «Queste rughemi sono costate molto lavoro,molto sforzo, molto dolore e

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Papa Francesco, parlando ai gio-vani del «gender», l’ha definito«uno sbaglio della mente uma-na». È un’espressione coloritaper dire che è «totalmente irra-zionale». Purtroppo sta pene-trando nell’opinione pubblica at-traverso tre canali: quello norma-tivo, quello giudiziario e quelloscolastico educativo.Il problema è l’indottrinamento,soprattutto, nelle scuole maternee primarie in quella fascia di età

dai 0-6 anni che è la più manipo-labile, ai quali gli si dice che nonsiete maschietti e femminucce madovete decidere cosa essere.Qui non siamo di fronte al nuovosesso, il problema non è quello divestire le femminucce di rosa, imaschietti azzurri e gli omoses-suali fucsia o viola. No, questo èun altro discorso. Il gender diceche i sessi sono due, perché i cro-mosoma sono XX e XY e tu puoiscegliere cosa essere, cambiando

quando vuoi. Oggi sono uomo,domani mi sento donna, dopodomani torno uomo perché l’esse-re uomo o donna non dipendedal fattore biologico ma da quel-lo dell’auto-percezione. Non c’en-tra niente l’omosessualità. L’omo-sessuale è attratto dagli uomini,ma resta uomo. Qui invece ci tro-viamo di fronte a uno che decide,anche temporaneamente, cosaessere. Siamo oltre l’omosessua-lità. I grembiuli restano rosa e az-zurri ma tu bambino puoi decide-re se una settimana sei «rosa»,la prossima settimana «azzurro».

IL GENDER

«Ma tu mamma, papà,insegna al bambino a

pregare, a fare il segnodella croce» (Papa

Francesco).

Sì, è un’unica famiglia:quella di Rita e Aurelio Anania,che hanno oggi 43 e 47 annirispettivamente e sono sposatidall’8 dicembre 1993,non per caso il giornodell’Immacolata.Guardate ancora la foto,contate i figli,i maschi sono sette,le femmine nove fra cui laprimogenita Marta, che orafrequenta giurisprudenza.Da sinistra la fila più esterna:Marta, Lucia, Giacomo, Felicita,Priscilla che tiene in braccioPaola, ultima arrivata, Luca,Mamma Rita, Papà Aureliocon in braccio Domitilla;seconda fila da sinistra: Bruno,Giovanni, Giudittache festeggia la sua primaComunione, Elia e Maria;i tre piccoli davanti: Beatrice,Salvatore, Benedetto.

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una vita piena, nemmeno per so-gno le voglio toccare: sono le im-pronte della mia storia». E conti-nuò ad essere una grande attrice.Nel matrimonio succede lo stesso.La vita matrimoniale deve rinno-varsi tutti i giorni. E, come ho det-to prima, preferisco famiglie conle rughe, con ferite, cicatrici, mache vanno avanti perché quelle fe-rite, quelle cicatrici, quelle rughesono frutto della fedeltà di unamore che non sempre è stato fa-cile. L’amore non è facile, non èfacile, no, ma è la cosa più bellache un uomo e una donna posso-no darsi a vicenda, il vero amore,per tutta la vita.

Messico, 15 febbraio 2016

La preghiera in famiglia

Consideriamo (in questa riflessio-ne) il tempo della preghiera in fa-miglia. Il lamento più frequentedei cristiani riguarda proprio iltempo: «Dovrei pregare di più...;vorrei farlo, ma spesso mi mancail tempo». Lo sentiamo continua-mente. Il dispiacere è sincero, cer-tamente, perché il cuore umanocerca sempre la preghiera, anchesenza saperlo; e se non la trovanon ha pace. Ma perché si incon-trino, bisogna coltivare nel cuore

del grande comandamento,che sostiene tutti gli altri:«Amerai il Signore, tuo Dio,con tutto il tuo cuore, con tut-ta la tua anima e con tutte leforze» (Dt 6, 5; cfr. Mt 22, 37).La formula usa il linguaggiointensivo dell’amore, riversan-dolo in Dio. Ecco, lo spirito dipreghiera abita anzitutto qui.E se abita qui, abita tutto iltempo e non ne esce mai. Riu-sciamo a pensare Dio come lacarezza che ci tiene in vita,prima della quale non c’è nul-la? Una carezza dalla qualeniente, neppure la morte, cipuò distaccare? Oppure lopensiamo soltanto come ilgrande Essere, l’Onnipotenteche ha fatto ogni cosa, il Giu-dice che controlla ogni azio-ne? Tutto vero, naturalmente.Ma solo quando Dio è l’affettodi tutti i nostri affetti, il signi-ficato di queste parole diventapieno. Allora ci sentiamo feli-ci, e anche un po’ confusi, per-ché Lui ci pensa e soprattuttoci ama! Non è impressionantequesto? Non è impressionanteche Dio ci accarezzi con amo-re di padre? È tanto bello! Po-teva semplicemente farsi rico-noscere come l’Essere supre-mo, dare i suoi comandamen-ti e aspettare i risultati. Invece

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un amore «caldo» per Dio, unamore affettivo.Possiamo farci una domandamolto semplice. Va bene crede-re in Dio con tutto il cuore, vabene sperare che ci aiuti nelledifficoltà, va bene sentirsi indovere di ringraziarlo. Tuttogiusto. Ma vogliamo anche unpo’ di bene al Signore? Il pen-siero di Dio ci commuove, cistupisce, ci intenerisce?Pensiamo alla formulazione

«È bello quando le mammeinsegnano ai figli piccoli a mandareun bacio a Gesù o alla Madonna»(Papa Francesco).

Questa è una follia. Molti dicono cheil problema non esiste ma io ho cita-to il caso del Tribunale di Messina ilquale in una sentenza ha dichiaratoil principio secondo cui «l’identità digenere di un individuo può prescin-dere transitoriamente o definitiva-mente dall’intervento chirurgico chemodifica i suoi caratteri sessuali pri-mari». Questo è accaduto perché unragazzo di 21 anni aveva preteso chesulla sua carta di identità venisse in-dicato come sesso «femminile» eprofessione «studentessa universita-ria». Il funzionario dell’Ufficio Anagra-fe gli aveva detto che la legge con-

sente il cambio di sesso ma biso-gna sottoporsi ad una operazio-ne chirurgica, ma questo ragazzogli dice: «No, io non mi sottopon-go a nessun intervento. Io sonodonna perché mi sento donna –ecco il gender! – e voi avete ildovere di certificarlo». Al rifiutodel funzionario dell’Ufficio Ana-grafe, lui ha reagito presentando-si al tribunale di Messina, che gliha dato ragione con una senten-za nella cui motivazione i giudicisi sono espressi dicendo chel’identità sessuale, l’identità digenere, di una persona dipende

da tre fattori: il corpo, l’auto-percezione e il ruolo sociale.E i giudici hanno valutato, nelcaso di questo ragazzo, che ilcorpo avesse un rilievo mino-re rispetto agli altri due ele-menti. Conclusione: il Tribuna-le ha ordinato all’Ufficiale diStato Civile del Comune diMessina di indicare nella car-ta di identità il sesso «femmi-nile» e professione «studen-tessa universitaria». Il genderavanza così, anche con il brac-cio armato della legge.

Avv. Gianfranco Amato

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Dio ha fatto e fa infinitamentedi più di questo. Ci accompa-gna nella strada della vita, ciprotegge, ci ama.Se l’affetto per Dio non accen-de il fuoco, lo spirito dellapreghiera non riscalda il tem-po. Possiamo anche moltipli-care le nostre parole, «comefanno i pagani», dice Gesù;oppure anche esibire i nostririti, «come fanno i farisei»(cfr. Mt 6, 5.7). Un cuore abi-tato dall’affetto per Dio fa di-ventare preghiera anche unpensiero senza parole, o un’in-vocazione davanti a un’imma-gine sacra, o un bacio manda-to verso la chiesa. È belloquando le mamme insegnanoai figli piccoli a mandare unbacio a Gesù o alla Madonna.

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tremmo mai trovare da soli(cfr. Gal 4, 6). Questo dono del-lo Spirito è in famiglia che siimpara a chiederlo e apprezzar-lo. Se lo impari con la stessaspontaneità con la quale impa-ri a dire «papà» e «mamma»,l’hai imparato per sempre.Quando questo accade, il tem-po dell’intera vita famigliareviene avvolto nel grembo del-l’amore di Dio, e cerca sponta-neamente il tempo della pre-ghiera.

Mamma, papà,insegnate ai bambini

Lo spirito della preghiera ri-consegna il tempo a Dio, escedalla ossessione di una vita al-la quale manca sempre il tem-po, ritrova la pace delle cosenecessarie, e scopre la gioia didoni inaspettati. Delle buoneguide per questo sono le duesorelle Marta e Maria, di cuiparla il Vangelo che abbiamosentito; esse impararono daDio l’armonia dei ritmi fami-gliari: la bellezza della festa, laserenità del lavoro, lo spiritodella preghiera (cfr. Lc 10, 38-42). La visita di Gesù, al qualevolevano bene, era la loro fe-sta. Un giorno, però, Marta im-parò che il lavoro dell’ospitali-tà, pur importante, non è tut-to, ma che ascoltare il Signore,

come faceva Maria, era la cosa ve-ramente essenziale, la «parte mi-gliore» del tempo. La preghierasgorga dall’ascolto di Gesù, dallalettura del Vangelo. Non dimenti-catevi, tutti i giorni, di leggere unpasso del Vangelo. La preghierasgorga dalla confidenza con la Pa-rola di Dio. C’è questa confidenzanella nostra famiglia? Abbiamo incasa il Vangelo? Lo apriamo qual-che volta per leggerlo assieme? Lomeditiamo recitando il Rosario? IlVangelo letto e meditato in fami-glia è come un pane buono chenutre il cuore di tutti. E alla mat-tina e alla sera, e quando ci met-tiamo a tavola, impariamo a direassieme una preghiera, con moltasemplicità: è Gesù che viene tranoi, come andava nella famiglia diMarta, Maria e Lazzaro. Una cosache ho molto a cuore e che ho vi-sto nelle città: ci sono bambiniche non hanno imparato a fare ilsegno della croce! Ma tu mamma,papà, insegna al bambino a prega-re, a fare il segno della croce: que-sto è un compito bello delle mam-me e dei papà!Nella preghiera della famiglia, neisuoi momenti forti e nei suoi pas-saggi difficili, siamo affidati gliuni agli altri, perché ognuno dinoi in famiglia sia custodito dal-l’amore di Dio. n

«Non è impressionante che Dioci abbracci con amore di Padre?»

(Papa Francesco).

Quanta tenerezza c’è in que-sto! In quel momento il cuoredei bambini si trasforma inluogo di preghiera. Ed è undono dello Spirito Santo. Nondimentichiamo mai di chiede-re questo dono per ciascunodi noi! Perché lo Spirito diDio ha quel suo modo specialedi dire nei nostri cuori «Abbà»- «Padre», ci insegna a dire«Padre» proprio come lo dice-va Gesù, un modo che non po-

«Abbiamo il Vangelo in casa? Lo apriamoqualche voltaper leggerloinsieme?»(PapaFrancesco).

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pezzenti, e si impietosiva dinanzialle guance smunte delle mam-me ed ai visini pallidi e sofferentidei piccoli. Lei stessa si facevaloro avvocata per sollecitareun’elemosina più generosa.Quanto si sentì commossa quelgiorno in cui una mendicante le

disse: «Iddio vi benedica, carasignorina!». E quando un pelle-grino, ospitato e largamentesoccorso dal signor Martin, trac-ciò, con mossa impacciata, ungran segno di croce su lei e Celi-na, che si erano messe in ginoc-chio, esse ritennero quel gesto

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LE OPERE DI MISERICORDIAIN CASADEI SANTI MARTIN

VOCE FAMIGLIA

L

Icona della famiglia Martin. Opera che si trova nella chiesa parrocchiale di Marcallo con Casone (Milano).

a famiglia Martin, con imezzi e lo spirito del tempo,sapendo congiungere la vitainteriore con le opere di mi-

sericordia, l’apostolato occasionalecon la partecipazione alle attivitàparrocchiali, ha offerto ai contem-poranei e ai posteri la «testimonian-za» piena e perciò radiosa di un fo-colare cristiano, nel quale il Vangelo,vissuto integralmente, giunge allaperfezione dell’amore. Basti conside-rare che sul libro di cassa della casala parte destinata ai poveri e alleopere cattoliche, la «parte» di Dio,era segnata con cifre considerevoli.L’amore tra i due coniugi è denso diuna misericordia vissuta in primapersona, essendo essa qualità del-l’amore. Non potevano viverla congli altri se innanzitutto non era car-ne nel rapporto vicendevole di mari-to e moglie.

Opere di misericordiacorporale...

Tutti i lunedì arrivava ai «Buisson-nets» la clientela affezionata dei po-veri: secondo la commovente tradi-zione degli antenati, quello era il lo-ro giorno. Ciò non impediva ai vaga-bondi diseredati di venire a mendi-care, in qualsiasi momento, vitto ealloggio. Teresa era l’elemosinieraufficiale: lei stessa aveva sollecitatoquell’incarico. Con una carezza, labambina faceva tacere Tom, che rin-ghiava alla vista di quella sfilata di

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come un pegno deidivini favori.Non prendeva minorgusto alle pratiche pa -cifiche, ma fastidiose,presso gli sportelli del -l’amministrazione co-munale, quando bri-gava per far ricovera-re nell’ospizio o al-l’ospedale dei poverimendicanti sfiniti.La signora Martin rac -contava commossa unepisodio del genere aPaolina:Ritornando, abbiamoincontrato un povero vecchio cheaveva un aspetto bonario. Homandato Teresa a portargli unapiccola elemosina, è sembratotanto commosso ed ha tanto rin-graziato che ho compreso che do-veva essere molto infelice. Gli hodetto di seguirci, che gli avrei da-to delle scarpe. Gli è stato servitoun buon pasto: moriva di fame.Non ti potrei dire di quante mi -serie sia abbeverata la sua vec-chiaia. Quest’inverno ha avuto ipiedi congelati; dorme in una ca-tapecchia abbandonata, mancadi tutto, va a rannicchiarsi pres-so le caserme per avere un po’ diminestra. Insomma, gli ho dettodi venire quando voleva e cheavrebbe ricevuto del pane. Vorreiche tuo padre lo facesse entrareall’Ospizio: desidera tanto diandarvi. Si sta trattando la cosa.Sono molto triste per quest’in-contro, non faccio che pensare albuon uomo che aveva tuttaviaun volto molto lieto per pochisoldi che gli ho consegnato: «Conquesto – diceva – mangerò dellaminestra, domani andrò alle cu-cine economiche; poi avrò del ta-bacco e mi farò radere la barba».In una parola, era allegro comeun bambino. Mentre mangiava,prendeva in mano le sue scarpe,le guardava felice e sorrideva loro(...).La signora Zelia fu soddisfattasolo quando il marito, dopo mil-le tentativi infruttuosi, riuscì fi-

nalmente a far entrare nell’Ospi-zio degli Incurabili il poverostraccione, che ne piangeva digioia.

... e spirituale

Luigi Martin [...] con la moglie,[...] studiava il modo per assicu-rare agli agonizzanti del quartie-re il conforto degli ultimi sacra-menti; e riteneva un onore ac-compagnare il Viatico nelle casedei vicini più poveri. La signoraMartin ha raccontato, in una let-tera, una scena capitata nell’abi-tazione di una donna indifferen-te, presso la quale, a forza dibontà, era riuscita a introdurre ilsacerdote:Ho assistito ad una cerimoniache non dimenticherò mai. Vede-vo quella povera moribonda,press’a poco della mia età, che la-sciava tanti bambini ancora cosìbisognosi di lei. Erano tutti là,che si struggevano in lacrime;non si sentivano che singhiozzi!Ha ricevuto anche l’Estrema Un-zione; si attende la sua fine da unmomento all’altro ed ella soppor-ta sofferenze terribili. Passa le suenotti in piedi, da quindici giorni,non potendo resistere a letto cheper alcuni minuti. I suoi due piùpiccoli, Elisa e Giorgio, sono in

casa nostra; li custo-disco nel pomeriggio,giocano senza impor-tunarci. Maria è atto-nita di vederli così in-differenti. Io non mene meraviglio, tutti ibambini sono così.[...] Mio Dio, quanto ètriste una casa senzareligione! Come vi ap-pare spaventosa lamorte! Nella cameradell’ammalata non sivedeva una immaginesu cui si potesse posa-re lo sguardo. Ve ne

sono tuttavia moltissime, ma tut-te di soggetto tutt’altro che reli-gioso!Il signor Martin pensò lui stessoa sbrigare le formalità per la se-poltura, mentre Zelia si indu-striava a circondare i poveri or-fani delle sue cure veramentematerne.Quando qualche peccatore osti-nato si mostrava restio ad ognitentativo, tutta la famiglia si ap-passionava al difficile compito.San Giuseppe era chiamato adintervenire con una novena:molte vittorie di questo generefurono ottenute a forza di pre-ghiere. Luigi e Zelia non cono-scevano gioie più pure di queste:e continuavano ad applicare iloro suffragi anche per quelliche, morti impenitenti, avevanodeluso le loro speranze.L’influenza del signor Martin sifaceva sentire, in città, su un cir-colo di amici, raccolti intorno alsignor Vitale Romet: molti di es-si, senza la sua presenza, nonavrebbero gustato, probabil-mente, se non divertimentimondani. Egli, invece, li condu-ceva a frequentare le sedute delCircolo Cattolico, a dare risaltocon la loro devozione alle fun-zioni parrocchiali, a visitare ipoveri e a partecipare alle confe-renze di san Vincenzo de’ Paoli.

Da: I volti della Misericordia,sezione I coniugi Martin.

Vedi Meeting di Rimini 2015

La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201672

Papà Luigi curato con amore nella sua infermità.

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CONSACRAZIONEDEI BAMBINI A MARIA

Vergine Madre di Gesùe Madre nostra,Madre dei piccoli,

proteggi i bambini del mondo.O Vergine SS.,

volgi il tuo sguardo maternosui bambini che consacriamo a te

totalmente e per sempre.Custodiscili e difendili da ogni male,

benedicili e sostienilinella fedeltà a Gesù,

affinché possano un giornoessere partecipi

della vita della gloria in cielo.Amen.

Alan Jeffrel

Sandro

Magdalena, Gabriel

Eveline e Isabel

Gerard

Bruno

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201674

Dirsi l’amore in famigliaRingraziamo la bella famiglia lettrice, nonché amica,di Antonella, Marco, Simone e Luca per la loro preziosatestimonianza. Dio vi benedica tutti.

La Voce FSMP

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75La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201676

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PROPOSTE GIOVANI

Como. 130 anni fa,suor Chiara Bosattadava inizio nella cittàalle opere di caritàdi san Luigi Guanella.Il 21 aprile è stata dichiarataBeata dal Santo PadreGiovanni Paolo II

La beatasuor Chiara Bosatta

sulla barchetta“La Lucia”

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PROPOSTE GIOVANI

Palazzo Compagna

è stato creato al fine di racco-gliere fondi necessari in partico-lare alle prime spese dei progettiavviati a Cosenza e, più in gene-rale, a quelle del Centro nel suo

accompagnava la vocedel Tenore FedericoVeltri. Gli ospiti hannogustato le prelibatezzedelle aziende agrituri-stiche «Chianu e piru»,«I Ferrari», «MasseriaPerugini», dell’osteria«Il cugino», del salumi-ficio Rota, le sfiziositàdei forni di Sofia Nac-carato, di Enzo Perna edel panificio «Degà»,accompagnati dal vinodel Cirò offerto da Ser-

gio Mazzuca. Alle autorità inter-venute e a tutti i gentili ospiti, aiquali va un riconoscente ringra-ziamento per il generoso contri-buto, è stato dato appuntamentoall’evento del prossimo anno, fis-sato per la medesima data del 2febbraio, insieme all’invito a vo-ler continuare a sostenere le atti-vità del Cilp nella sua sede di Co-senza e in quelle di rilevanza in-ternazionale. n

Vincenzo Capocasale

Cena evento di solidarietà del 2 febbraio 2016 giorno della Candelora

A

complesso. Nella cena evento,svol tasi nella location più pre -stigio sa della città, sono state ap-prezzate la «personale pittura»dell’artista Alessandra Mesiano,le creazioni di alta moda delmaestro Luigi d’Elia illuminatedai gioielli di Gerardo Sacco,gentilmente messi a disposizionedalla Gioielleria Scintille di Ser-gio Mazzucca, l’arte pianisticadel Maestro Francesco Perri che

Cosenza, negli elegantisaloni di Palazzo Compa-gna – gentilmente messia disposizione dalla Si-

gnora Elvira Longo – la sezioneCalabrese del «Centro Interna-zionale Luce della Provvidenza»,ha celebrato un importante even-to di carità. Il Cilp – associazionenon lucrativa di cooperazione in-ternazionale che ha come scopoquello di svolgere attività di soli-darietà sociale – in particolareaffronta il problema della disabi-lità nei suoi diversi aspetti, attra-verso l’attuazione di progetti disolidarietà concreta, coinvolgen-do, allo scopo, persone e istitu-zioni. A Cosenza, mediante lasua sezione, ha avviato tre pro-getti: «Diagnosi e cura del piedediabetico», «Creazione di un cen-tro per l’accoglienza e l’integra-zione sociale del bambino artisti-co», «creazione di un centro perlo screening dell’obesità in etàpediatrica».La scelta della data dell’eventodel 2 febbraio – giorno dellaCandelora – è stata voluta ancheper il richiamo alla «Luce dellaProvvidenza», che è insito nelnome stesso della festa; l’evento

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e in ogni evento della mia vita.Intanto dentro di me cresceval’amore per il Signore «come fuo-co che arde» e che non mi lascia-va in pace, il mio desiderio si fa-ceva sempre più forte.«Quando Lui chiama non lasciamai», così il Signore con tantoamore e tenerezza illuminava lamia vita, pian piano e paziente-mente.Lui stesso mi ha incoraggiato arispondere al suo amore, non po-tevo nascondermi e non dire ilmio «sì», come la Madonna cheha risposto all’angelo: «Ecco, so-no la serva del Signore, avvengadi me secondo la tua parola».«È Lui che fa» e senza meritarlomi ha chiamata a far parte dellafamiglia guanelliana.Vorrei dire a tutti i giovani: «Nonabbiate paura di ascoltare, acco-gliere le sue parole e rispondere“sì” al Signore, perché ogni suachiamata è una pennellata cherende più bella la vita. Solo in

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Dio c’è la felicità, solo lui puòriempire d’amore i nostri cuori.Carissimi, lasciatevi incontraredal suo grande amore e se il Si-gnore vi chiama a seguirlo nonabbiate paura, Egli è fedele».Ringrazio Dio per il dono dellachiamata alla vita religiosa, perla professione perpetua e per lafamiglia guanelliana. Chiedo allaMadonna di accompagnarmi peressere fedele nel mio camminoalla sequela di Gesù.Grazie a voi con tutto il cuore.«È Dio che fa».

Suor Nimia

La mia storiavocazionale

Mi piacerebbe condividere convoi la mia gioia di glorificare ilSignore per il dono della voca-zione religiosa che il Signore si èdegnato di concedermi.

PROPOSTE GIOVANI

Il nostro Sì per sempreal Dio fedele

I

Per sempre tua, Gesù!

Come Paolo, anch’io «tutto ormai reputo una perdita di fronte alla sublimità dellaconoscenza di Cristo Gesù, mio Signore» (Fil 3, 8).

Il percorsodella mia chiamata

o suor Nimia María AyalaNúñez, del Paraguay, sononata e cresciuta in una fami-glia numerosa, semplice,

umile e laboriosa in cui ho impa-rato i veri valori cristiani di fede.Ho due fratelli e quattro sorelle, imiei genitori sono Giovanna Bat-tista Núñez e Fidel Ayala F.Sono cresciuta nella parrocchiaguanelliana di Areguá. Da bam-bina mi sentivo attratta dallesuore, anch’io voleva essere co-me loro, ma tutto è rimasto a li-vello di pensiero fino alla miagiovinezza. Questa attrazione èapparsa chiaramente alla do-manda delle suore: «Vuoi diven-tare suora?». Ho sentito dentrodi me la chiamata del Signore eda quel giorno ho cercato diascoltare la sua voce nel profon-do del cuore, nella parola di Dio

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corso di insegnante per la scuolaelementare e di lingua guaraní.Ho approfittato di questo tempoper fare anche un corso di teoriariguardante la musica e solfeggionel conservatorio musicale diAsunción. Dopo aver finito que-sti studi, ho incominciato a lavo-rare come insegnante nella scuo-la statale elementare e media perdue anni.Vorrei dirvi anche che a 17 annidi età, dopo aver fatto la cresima,ho incominciato ad insegnare lacatechesi ai bambini e agli adole-scenti nella mia parrocchia.Per questa missione bisognavaricevere annualmente una forma-zione cristiana specifica, ritirispirituali nei quali, piano piano,andavo scoprendo che il Signoremi chiamava per donargli la mia

vita in una forma più radicale.Nell’anno 2000 ho fatto unaesperienza di Dio molto forte chemi ha portato a prendere la deci-sione di donare tutta la mia vitaa Lui.È stato il mio zio padrino ad ac-compagnarmi a conoscere l’ope-ra di don Guanella nel maggiodel 2000. Nello stesso anno hofatto due ritiri spirituali di 3 gior-ni ciascuno, insieme a parecchiealtre ragazze. Nel febbraio del2001 sono entrata come aspiran-te insieme a cinque compagne.Ho intrapreso tutte le tappe della

mia formazione per la vita reli-giosa.Oggi, già consacrata totalmentea Dio, mi sento felice, perché ilmio sogno era di essere la sposadel Signore per sempre comeGuanelliana e così fare vedere aifratelli il volto Misericordioso diDio.Vorrei dire ai giovani di oggi chela strada più sicura per essere ve-ramente felice è quella di donarela propria vita al Signore, comeofferta di amore per la causa delRegno.

Suor Felicia

Suor Felicia (a sinistra) e suor Nimiaposano, sorridenti,

dopo la Professione perpetua.

Con il Vescovo che ha accolto la loro consacrazione perpetua e con tutte le consorelle del Paraguay venute a festeggiarle con amore.

HO AVVERTITO LA CHIAMATA DI DIOSdD Chiara Lubich*

hghghgRicordo quando anch’io ho avvertito la chiamata di Dio. Era unafreddissima mattina d’inverno a Trento. La mamma chiede a miasorella più piccola di andare a prendere il latte a due chilometri dacasa, ma fa troppo freddo e lei non se la sente; anche l’altra sorella sirifiuta. Allora mi faccio avanti: «Vado io, mamma», le dico, e prendola bottiglia. Esco di casa e a metà strada succede un fatto un po’ par-ticolare: mi sembra quasi che il Cielo si apra e Dio mi inviti a seguir-lo. «Datti tutta a me», avverto nel cuore. Era la chiamata esplicita acui ho desiderato rispondere subito. Ne ho parlato con il confessoreche mi ha permesso di donarmi a Dio per sempre. Era il 7 dicembre’43; non mi sarà mai possibile descrivere ciò che mi è passato nelcuore quel giorno: avevo sposato Dio. Potevo aspettarmi ogni cosada Lui.

* Fondatrice del Movimento dei Focolari.

Sono suor Felicia Agüero Núñez,paraguaiana, nata nel paese diQuyquyhó in una umile e sempli-ce famiglia, ricca di fede e vitacristiana.Sono la decima figlia tra undicifratelli. A nove anni di età ho do-vuto lasciare la casa paterna percontinuare gli studi elementari ela scuola media ad Asunción, ca-pitale del Paraguay, dove ho con-cluso il ciclo del liceo scientifico;subito dopo sono entrata nellascuola di polizia, per la durata didue anni, dove ho imparato la di-sciplina ed il coraggio; ho inter-rotto questo studio per iniziare il

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Giovanni XXIII a Dolores:tu sei Chiara d’Assisi!

Proseguì gli studi presso il Mary-mount College, un altro istitutocattolico della zona. Lì la futurastella scoprì la passione per la re-citazione, che la portò, insiemealla sua bellezza, ad essere sceltaper recitare con Elvis Presley nelfamoso film Loving You, lanciatonel 1957.Da allora la sua carriera prose-guì: l’anno successivo riapparseal fianco di Elvis in King Creole,un grande successo al botteghi-no. Poco dopo recitò a Broadway(dove ricevette un premio) e inseguito in Where the Boys are nel1960, prima di interpretare Chia-ra in un film su san Francescod’Assisi con Bradford Dillmannel ruolo principale.In quell’occasione, l’incontro del-l’attrice con papa Giovanni XXIIIfu un elemento scatenante: quan-do gli si presentò come DoloresHart, il papa le rispose: «No, tusei Chiara!». Ancora oggi ma-dre Dolores conserva un ricordo

incancellabile di quell’incontro,che non è stato estraneo alla suavocazione.

Da Hollywood all’abbazia«Regina Laudis»

La ragazza, che era diventatauna delle stelle emergenti di Hol-lywood, girò altri quattro film, fi-no alla commedia Come Fly WithMe, nel 1963, accanto a HughO’Brian. Dolores si preparava asposare Don Robinson, un bril-lante architetto, quando chiesealle monache dell’abbazia ReginaLaudis – dove si recava regolar-mente per sfuggire al turbinio, avolte duro, del successo – di en-trare nella loro comunità. Fu co-sì che a 24 anni, all’apice dellagloria, Dolores Hart scelse di ab-bandonare le scene per iniziareuna vita di clausura con le mona-che benedettine.La decisione non piacque a nes-suno, a cominciare dai suoi pro-duttori di Hollywood, furiosi macomunque amici dell’ex attrice.«Anche il mio miglior amico, pa-

PROPOSTE GIOVANI

Dolores alias Chiara

«N

La bella Dolores Hart, quando era una diva di Hollywood. Ora è una felice Madre Dolores,priora benedettina.

on ho mai avuto l’im-pressione di uscireda Hollywood, nonho mai avuto l’im-

pressione di abbandonare ciòche mi era stato dato. L’abbaziaera come una grazia di Dio, che èentrata nella mia vita in mododel tutto inaspettato... Dio erapiù grande di Elvis», spiega ma-dre Dolores nel documentarioche ripercorre la sua vita.La chiamata di Dio si è presenta-ta in modo evidente a lei che èdiventata cattolica a 10 anni, unadecisione sorprendente perché lasua famiglia non lo era mai stata.Nata come Dolores Hicks nel1938, era l’unica figlia degli atto-ri Bert e Harriet Hicks, che divor-ziarono quando aveva solo treanni. Da allora crebbe nell’insta-bilità: viveva una parte dell’annoa Chicago con i nonni, che lamandarono alla scuola cattolicadi San Gregorio – semplicementeperché era quella più vicina –, etrascorreva le vacanze con la ma-dre, che lavorava nel mondo delcinema a Beverly Hills, in Cali-fornia.

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dre Doody, che era sacerdote, midisse: sei pazza. È pura follia fa-re questo», ricorda cinquant’annidopo il suo ingresso in convento.Malgrado questi inizi burrascosie un periodo di adattamento chedefinisce lungo e difficile, dice dinon essersi assolutamente penti-ta della sua scelta. Il fidanzato,che aveva lasciato per entrarenell’ordine benedettino, fu unodei pochi a capire la chiamatache aveva ricevuto, ed è rimastoun suo amico fedele fino allamorte, avvenuta nel 2011.Madre Dolores è diventata prioradell’abbazia nel 2001. Attualmen-te è membro della giuria degliOscar dell’Accademia delle Arti edelle Scienze del Cinema, unicareligiosa. Uno dei suoi compiticonsiste nel visionare i DVD deifilm nominati, che l’Accademiainvia al suo ufficio. Nel 2012 lareligiosa ha fatto un’apparizionealla cerimonia degli Oscar per la

CI SARAIWill you be there

La preghiera del «re del pop»

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TienimiHold me

Come il fiume GiordanoLike the river Jordan

E allora io ti diròAnd I will then say to thee

Che sei mio amicoYou are my friend

PortamiCarry me

Come se fossi mio fratelloLike you are my brother

Amami come farebbe una madreLove me like a mother

Ci sarai?Will you be there?

StancoWeary

Dimmi, mi reggeraiTell me will you hold me

Quando sbaglio, mi riprenderaiWhen wrong, will you scold meTienimiHold me

Dolcemente e poi con decisioneSoftly then boldly

Portami lìCarry me there

GuidamiLead me

Amami e nutrimiLove me and feed me

Baciami e liberamiKiss me and free me

Mi sentirò benedettoI will feel blessed

Nelle mie proveIn my trias

Nei nostri dubbiThrough our doubts

Attraverso la mia pauraThrough mu fear

E le mie confessioniand my confessione

Attraverso la mia gioiae il mio dispiacereThrough my joy and my sorrow

Nella promessadi un altro domaniIn the promise of another tomorrow

Non ti permetterò maidi andarteneI’ll never let you part

Perché sei sempre nel mio cuoreFor you’re always in my heart

Michael Jackson

presentazione del documentariosulla storia della sua vocazione,intitolato «Dio è più grande diElvis».

Da Testimonium, 11 gennaio 2016, 02-25

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«Non si tratta di saggezza, ma didevozione».

3 In che senso?

«Nella mia vecchiaia avanzata hobisogno della religione più che

mai. Ho bisogno della fede. Cre-do in Dio, è ciò che mi salva.E prego. Perché?Perché riconosco in modo sem-pre più forte come sia nulla ciò acui prima attribuivo un grandevalore.Lo sport, dove volevo affermar-mi, la popolarità.Chi si inorgoglisce per queste co-se, chi insegue solo il successo, lafama, è un idiota». [...]

3 Credi quindi in una vita do-po la morte?

«Assolutamente sì. C’è».

3 Come immagini il tuo ulti-mo pasto prima della morte econ chi lo condivideresti?

«Spaghetti. Con Gesù Cristo». n

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PROPOSTE GIOVANI

Un piatto di spaghetticon Gesù Cristo

C

Il sempre amato Bud in una delle suefamose scene di mangione.

Una delle coppie più simpatichedel mondo cinematografico.

arlo Pedersoli, alias BudSpencer, ancora straordi-nariamente popolare eamato in Germania, è

stato intervistato nel mese digennaio dal Welt am Sonntag.Una lunga e bella intervista cheha preso spunto dal suo ultimolibro.Ecco alcuni passi del colloquio:

[...] «La morte non mi fa paura.Perché credo che non si muoiaveramente.Le anime di coloro che sonomorti rivivono e testimoniano laverità dell’universo. Per cui vedoil tutto con la più grande tran-quillità.La vita non è nelle nostre mani.Prima o poi ci presenteremo difronte al Padreterno, che siaquello cristiano o quello islami-co. Non si può sfuggire.Da quando siamo nati, siamo inviaggio verso la morte».

3 Hai quasi 86 anni. Come tipresenterai di fronte alla mor-te?

«Con dignità. Questa è la paroladecisiva, la ripeto spesso. Devoavere questa dignità, nella vita.E quando arriverà il giudizio.Devo andare incontro alla mortecon dignità». [...]

3 Nei tuoi film sei stato unmangione. Ora pubblichi un li-bro dal titolo «Quello che vi vo-levo ancora dire...». Si può man-giare anche la saggezza a cuc-chiaiate?

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Il beato José LuisSánchez Del Rio,

martire messicanoquindicenne,

che sarà proclamato«santo»

il prossimo 16 ottobreda Papa Francesco

Un ragazzo giovialeforte nella fede

I testimoni del suo Processo su-per martyrio lo ricordano comeun ragazzo normale, sano e dicarattere gioviale, e assicuranoche frequentava il catechismo esi distingueva per il suo impegnonelle difficili attività parrocchia-li, in gran parte non permesse inquei tempi di persecuzione; si av-vicinava ai sacramenti, quandopoteva – anche perché il cultopubblico era proibito – mettendoa repentaglio la sua vita; pregavaogni giorno il rosario assieme al-la sua famiglia, profondamentecristiana.Anche se era ancora adolescente,Joselito sapeva molto bene ciòche si stava vivendo nel Messicoin quel periodo. L’esperienza delmartirio di Anacleto GonzálezFlores l’aveva confermato ancoradi più nel suo desiderio di dare lapropria vita per Cristo in difesadella fede. Come si afferma inuna delle testimonianze al suoProcesso: «Da dove prese quella

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La pagina dei ragazzi

Muore gridando:«Viva Cristo Re!»

chiede a Dio di poter morire co-me Anacleto in difesa della fede.Raggiungerà una tale grazia qua-si un anno dopo, il 10 febbraio1928, in piena persecuzione,quando, dopo essersi appenaunito per motivi di coscienza ai«Cristeros», servendo come por-tabandiera degli stessi e senzapartecipare direttamente ai con-flitti armati, cade prigionierodelle truppe governative.

Messicana (A.C.J.M.), vi aderi-scono.Mentre per un breve periodo lasua famiglia si trova a Guadalaja-ra, Joselito visita la tomba del gio-vane avvocato Anacleto GonzálezFlores, crudelmente martirizzatoil 1o aprile 1927, che sarà procla-mato beato nel 2005 assieme adaltri otto giovani laici (fra i qualianche José Sánchez del Río).In quella circostanza il ragazzo

José nel giorno della Prima Comunione.

Interpretazione di José nel film «Cristiada».

IEcco Joselito

l beato José Sánchez del Ríonasce a Sahuayo, diocesi diZamora (Michoacán, Méxi-co), il 28 marzo 1913. Joseli-

to, come viene chiamato fami-liarmente, riceve la Prima Comu-nione all’età di 9 o 10 anni.Quando scoppia il movimentodei «Cristeros», due dei suoi fra-telli più grandi, già membri dellaAzione Cattolica della Gioventù

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forza questo ragazzo innocentecome Tarcisio e intrepido comeSebastiano? La risoluzione diunirsi ai “Cristeros” sorse duran-te quella visita-pellegrinaggio al-la tomba di Anacleto GonzálezFlores. Gli chiese essere martirecome lui».A Sahuayo il cattolicesimo eramolto vivo e per questo il movi-mento dei «Cristeros» era moltoradicato. Le famiglie cattolichel’appoggiavano in mille modi; isacerdoti vivevano da clandesti-ni, passando di nascondiglio innascondiglio per evitare la cattu-ra e la fucilazione. Essi rimaserocosì a Sahuayo durante tutta lapersecuzione, non abbandonan-do mai il loro gregge, celebrandol’Eucarestia di nascosto e ammi-nistrando i sacramenti, ai quali ilragazzo José partecipava. In que-gli anni spesso si parlava fra diloro dei primi martiri cristiani emolti giovani erano desiderosi diseguire le loro orme.La Chiesa ha riconosciuto comeautentico martirio con la cano-nizzazione la morte di un foltogruppo di sacerdoti e con la bea-tificazione quella di un altrogruppo (una quarantina), fra iquali in maggioranza giovani lai-ci. Il crudele martirio di molti diloro, di cui Joselito aveva cono-scenza, rafforzò ancora di più ilfermo desiderio in lui di donarela propria vita a Cristo in difesadella libertà religiosa e della fede

cattolica, che i suoi genitori ave-vano seminato in lui. A partireda quel momento la sua risolu-zione diventò sempre più forte econ grande insistenza chiedevaai suoi genitori il permesso perunirsi ai «Cristeros». Essi, nono-stante la loro iniziale comprensi-bile prudenza, alla fine gli diede-ro il consenso.Poco meno di un anno primadella sua morte, dunque, il ra-gazzo si unì ai «Cristeros», cheoperavano in quella regione delMichoacán. Fra non poche peri-pezie e molta insistenza fu am-messo fra di loro in una regionenon lontana da Sahuayo. La suaoccupazione principale era quel-

mandare una lettera alla mam-ma, dove scrisse: «Rassegnati al-la volontà di Dio; io muoio moltofelice, perché muoio a fianco diNostro Signore». Portarono i dueragazzi il 7 febbraio a Sahuayo eli rinchiusero nella chiesa par-rocchiale di San Giacomo, tra-sformata in prigione e in stalladelle truppe governative. I solda-ti, tra altri eccessi, avevano tra-sformato il presbiterio e il taber-nacolo in un pollaio di «galli dacombattimento», proprietà delcapo politico di quella regione.Di fronte a quella profanazione,Joselito reagì con forza, senzapaura delle minacce di morte:«La casa di Dio è per pregare,

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Statua del Beatoportata in processione.

Bambini messicanidello Stato federato di Michoachán.

la di servire in semplici compiti,che non comportavano la parte-cipazione alla lotta attiva, ma diessere il portastendardo del mo-vimento.

Il suo martirio

In uno scontro con le truppe go-vernative, il 6 febbraio 1928, Jo-selito cedette il suo cavallo a unodei responsabili «Cristeros» persalvargli la vita. Cadde prigionie-ro assieme ad un altro suo giova-ne amico indigeno, chiamato La-zaro. Imprigionati nella cittadinadi Cotija, lo stesso giorno poté

non una stalla di animali... Sonodisposto a tutto. Puoi fucilarmi,così sarò ben presto alla presen-za di Nostro Signore e potròchiedergli che ti confonda». Unodei soldati lo percosse violente-mente sulla bocca, rompendogli identi. Come vendetta immediata,e in presenza di Joselito, il suocompagno Lazaro venne impic-cato nella piazza davanti allachiesa; credendolo morto, fu ab-bandonato e salvato dal becchi-no. I persecutori invitarono ripe-tutamente Joselito a passare dal-la loro parte e quel capo politicogli offrì diverse proposte moltolusinghiere, tra cui quella di fug-

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gire, ma il ragazzo rifiutò confermezza. Quel capo politicochiese anche alla sua famiglia unriscatto di 5.000 pesos oro, che ilpapà di Joselito poté radunare econsegnò e che il persecutoretrattenne nonostante avessemandato a morte il giovane. Jo-selito aveva ripetutamente chie-sto ai suoi genitori di non pagarequel riscatto, in quanto già avevaofferto la sua vita a Dio e la suafede non era in vendita.Il pomeriggio del 10 febbraio Jo-selito fu trasferito in una locandavicina, diventata caserma delletruppe. Quella stessa sera scrisseuna lettera ad una zia, comuni-candole la probabile prossimaesecuzione, e riuscì a chiedere adun’altra zia di portargli la Comu-nione come viatico. Quindi i car-nefici lo torturarono crudelmen-te per indurlo ad apostatare, gliscorticarono i piedi e lo fecerocamminare a piedi nudi e san-guinanti fino al cimitero. Arrivatiqui il capo ordinò ai soldati dipugnalarlo per evitare che si sen-tissero gli spari nel paese. Appe-na prima di morire, il capo deisoldati gli chiese cinicamente sevolesse mandare qualche mes-saggio a suo padre. Al che il gio-

vane martire rispose con un filodi voce: «Che ci vedremo in para-diso. Viva Cristo Re! Viva SantaMaria di Guadalupe!». Allora ilcapo militare con la sua pistolagli sparò in testa.Il corpo del giovane fu buttato inun piccolo fosso e ricoperto conpoca terra. Erano le 11.30 dellanotte del venerdì 10 febbraio1928. Dopo, a notte inoltrata, al-cuni uomini di nascosto lo disep-pellirono, l’avvolsero in un len-zuolo e ritornarono a seppellirlonello stesso luogo. Successiva-mente i resti del martire sonostati inumati e trasferiti nellaparrocchia di San Giacomo Apo-stolo di Sahuayo, ad un lato delbattistero, dove era stato battez-zato e dove era stato imprigiona-to fino al suo martirio. n

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PAPA FRANCESCOAI BAMBINI DI MORELIA

Erano circa 600 i bambini del catechismo che hanno accolto il16 febbraio scorso il Santo Padre nella cattedrale di Morelia, do-ve il Papa si è recato per una breve visita. Nella basilica, France-sco ha portato un omaggio floreale alla immagine del piccolo Jo-sé Luis Sánchez del Río, martire della guerra cristera, e ha salu-tato Lupita, la giovane miracolata dal futuro santo, accompa-gnata dalla mamma. Rivolgendosi poi ai bimbi festanti, il Ponte-fice li ha ringraziati per la visita e l’accoglienza. «Chiedo a Gesù– ha aggiunto – che vi faccia crescere con tanto amore, come loha avuto Lui. Con tanto amore per essere cristiani seri, per com-piere il mandato che ci ha dato Gesù: amare Dio sopra ogni cosae il prossimo come Dio ci ha amato».

Messico, Morelia. Il papa venera una statua raffigurante il Beato.

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SARONNO • Casa e Scuola S.Agnesestri figli per assistere allagara di fine corso, abbia-mo potuto condividereuna piccola parte di que-sta esperienza e constata-re con mano i progressisciistici, la sorprendenteautonomia dei ragazzi el’atmosfera conviviale eserena che regnava in al-bergo e sulle piste. Ab-biamo partecipato conpiacere al momento delpranzo e della cena; lagiornata si è conclusacon un piccolo spettacolointeramente preparato

VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA

C

proprie stanze, i ragazzisono stati da subito con-tenti e soddisfatti nel ve-dere che le loro affinitàavevano trovato riscon-tro anche nella suddivi-sione delle stanze. Noigenitori, qualora ve nefosse stato bisogno, ab-biamo avuto così l’enne-sima conferma dell’estre-ma attenzione della diri-genza al benessere deiragazzi.Nonostante la poca nevecaduta quest’anno, i ra-gazzi, principianti e non,hanno frequentato i corsi

di sci e snow-board tutte lemattine e, nelpomeriggio,hanno conti-nuato a prati-care seguitidalleinse-gnan-ti del-la

scuola che lihanno attenta-mente vigilati,spronandoli nelcontempo al-l’autonomia ealla collabora-zione reciproca.Ogni pomerig-gio, dopo l’attività sporti-va ed i momenti di svago,non poteva mancare lostudio: schede e compiti,tutti insieme per due orecirca, con lo scopo di tra-smettere il senso di scuo-la come comunità.Venerdì, noi genitori, cheabbiamo raggiunto i no-

dai ragazzi, coadiuvatidall’insostituibile gruppodi fantastici animatori.Anche in questa circo-stanza abbiamo apprez-zato l’intento della scuoladi valorizzare la creativi-tà dei ragazzi che sonostati in grado di mettersiin gioco divertendosi esenza esagerare.Certi di poter parlare anome di tutti i genitori,vogliamo ringraziaresuor Ginetta per l’oppor-tunità che ogni anno re-gala ai nostri figli, le no-stre maestre che premu-rosamente li hanno ac-compagnati e le profes-soresse della scuola me-dia che, comunque, sonostate prezioso riferimen-to per tutti gli alunni.

I genitori di Elena, Sara e Federico

Il gruppo degli animatori.

I ragazzi di terza media.

Una giornata a 1900 m.

Dalla città alla montagna:tutti al Passo della Presolana

ome di consueto,anche quest’anno iragazzi del l’Istituto

S. Agnese hanno avuto ilprivilegio di parteciparealla settimana bianca, or-ganizzata dalla scuola, alPasso della Presolana.Noi, genitori degli alunnidi quinta, nuovi all’espe-rienza, vorremmo testi-moniare quanto questasettimana comunitaria,solo apparentemente nonscolastica, sia stata in realtà educativa, formati-va, aggregativa e ancheestremamente divertente,spensierata e giocosa.I nostri ragazzi attende-vano con trepidazionedall’inizio dell’anno sco-lastico il giorno della par-tenza e finalmente il 31gennaio si sono ritrovatiall’appuntamento carichidi aspettative, emozioni ebagagli! Una volta arriva-ti a destinazione, affitta-to il materiale da sci e si-stemati ciascuno nelle

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201688

VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA

flettuto con gli animato-ri nei gruppi, si sonoscatenati nei giochi al-l’aperto. Verso le 14.30, igenitori hanno raggiun-to i ragazzi per la cele-brazione della SantaMessa, dove alcuni di lo-ro hanno esposto i car-telloni che avevano pre-parato.È stata davvero una gior-nata bellissima.Gli animatori hanno datoil meglio di sé e, con ildon e la suora, hannocontribuito alla riuscitadella giornata.

Suor Ginetta QuatraCoordinatrice IstitutoComprensivo S. Agnese

Mettici cuore...per essere misericordioso come il Padre

SARONNO • Casa e Scuola S.Agnese

ODomenica 21 febbraio 2016, secondo ritiro dei ragazzi del S. Agnese

Nelle foto:Il tema del ritiro dei ragazzi

del S. Agnese.Si ascolta don Domenico.Il gruppo dei partecipanti.

I lavori di gruppo.A Messa, anche con la

partecipazione dei genitori.E infine... l’esplosionenella gioia della nostra

giovinezza.

re 9.15, i ragazziarrivano accoltidagli animatori e

dalla suora con giochi einno scritto dagli anima-tori sulla musica di Ben-nato.Dopo un momento dipreghiera, don Domenicoha presentato la paraboladel «Buon samaritano»,facendo riflettere i ragaz-zi sull’importanza di sa-per riconoscere il beneda fare nei confronti del-le persone che ci stannointorno.Ha insistito molto sul-l’importanza di non giu-dicare le persone, ma so-lo le azioni, per sentirsiresponsabili nella cresci-ta della giustizia e del be-ne comune.Ha presentato la figuradei THE SUN, un grupporock composto da giova-ni ragazzi che hanno sa-puto «seppellire» ciò cheli conduceva alla morte,per far emergere tutta labellezza della vita chegridava in loro.I ragazzi, dopo aver ri-

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l’a dorazione silenziosa edi gruppo, le varie rifles-sioni in gruppo, sui temiche più interessano la gio-ventù, secondo i desideridi Papa Francesco.I giovani partecipanti sisono lasciati penetrareprofondamente dalle ri-flessioni, dal clima di pre-ghiera e da quella gioiacontagiante che scaturi-sce dall’esperienza dellabellezza della fede cristia-na e dalla condivisionedella Parola.L’obiettivo che le organiz-zatrici si sono proposte èche i giovani possano tra-smettere la stessa espe-rienza nelle loro comuni-tà di origine.Voglia Dio continuare ariversare le sue grazie sututti noi, affinché possia-mo continuare a trasmet-tere il suo messaggio diamore, dimostrando chedove si vive la presenza diGesù e dei valori evangeli-

Chi canta prega due volte.ci, là, come dice PapaFrancesco, si vive la veragioia dei figli di Dio.

Suor AntoniaSantos Rodrigues

Accampamentocon Gesù

BRASILE • Missão Velha

I

Adorazionenell’accampamento.

I partecipantidell’accampamento. Suor Fabiana e suor

Antonia, le prime a destra.

Lo studiodi gruppo.

giovani di Missão Ve -lha (Brasile), approfit-tando delle vacanze

estive che in Brasile ricor-rono nel mese di gennaio,si sono ritrovati per unaseconda edizione dell’«Ac-campamento con Gesù».Il loro incontro è statoanimato dalle giovaniAspiranti che vivono laprima tappa formativa –in vista di una possibilescelta di vita religiosa – edalle suore juniores: suorAntonia, che si preparaper assumere la missionenella comunità che pros-simamente si aprirà inAmazzonia e suor Fabia-na, che da poco è arrivataa Missão Velha e svolgeràla sua missione nella ani-mazione e formazionedella gioventù.Il tema delle tre giornatedi incontro è stato «Veni-te, vedete ed annunziate».L’obiettivo dell’incontro èstato quello di riunire igiovani delle varie co -munità della Parrocchiae di favorire per loroun incontro personale conGesù, attraverso la let -tura orante della Parola,la preghiera personale,

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Ho scelto di andare conla borsa Erasmus con ildesiderio e la curiosità difare nuove esperienze, diconoscere abitudini etradizioni diverse, perso-ne nuove, un’altra linguae non per ultimo il desi-derio di accumulare tan-te conoscenze per quantoriguarda il modo di lavo-rare degli istituti doveavrei poi dovuto fare ti-rocinio.Il paese scelto per effet-tuare la mia esperienza èstata l’Italia.Sono stata un periodo ditre mesi e posso dire chesono stata fortunata per-ché ho avuto l’opportuni-tà di svolgere il tirocinio

in tre istituti diversi, im-plicitamente con tre cate-gorie diverse di benefi-ciari.Nel primo mese sono sta-ta in un posto che mi èrimasto nel cuore in mo-

do speciale. La primaesperienza è stata a Re-canati. Perché dico spe-ciale? Perché là sono sta-ta attesa con molta atten-zione e calore da 65 ra-gazze con disabilità, macon una sensibilità maiincontrata finora. In que-

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La mia esperienzaErasmus 2015

ROMA • Casa S.Pio X

MAngelica con la signora Angiolina. Roma, Casa S. Pio X.

sto periodo ho conosciu-to le persone più sinceree affettuose.Le ragazze svolgevano leloro attività in cinqueatelier/laboratori dove fa-cevano diversi oggetti

La carissima Angelicasta trascorrendoin casa nostraaltri tre mesidi esperienza Erasmuse vuole condividerecon noi la sua relazionedello scorso Erasmus,per la quale le è statoattribuito il 1o premiodalla Universitàche frequenta.

i chiamo AngelicaBenchea e sonomasteranda del

secondo anno della Facol-tà di teologia Romano-Cattolica di Iasi, nella spe-cializzazione «Stra tegiedella carità cristiana».

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che poi venivano com-mercializzati, riuscendocosì a coprire una partedelle spese mensili. Inquesto mese ho imparatouna cosa molto impor-tante: quella di non di-menticare di sorridere!Nel secondo mese sonostata a Roma in una casadi riposo di circa 80 non-nine.Mi sono integrata moltobene nelle attività dellacasa e in modo specialenell’assumere la missionespecifica in una casa dianziani: quella di essereuna buona ascoltatrice.Qui ho fatto l’esperienzadella saggezza/sapienzadella vita. La loro presen-za mi ha fatto sentire co-me a casa della nonna.L’ultimo periodo è statodedicato ai piccini. Sonostata in Calabria, conesattezza a Dipignano,presso una scuola per l’in-fanzia con 34 bambini.Attraverso le attività svol-te, musica, danza, lavorimanuali e giochi diversi,sono tornata all’età me-ravigliosa dell’infanziache spero di poter con-servare durante il percor-so del mio lavoro di que-st’anno.Attraverso la borsa Era-smus ho avuto l’opportu-nità di vedere tanti postibellissimi, di assimilaremolte conoscenze che miaiuteranno nel futuro, diapprofondire la linguaitaliana e non per ultimodi conoscere tante perso-ne speciali.Vi ringrazio e sono con-tenta che voi, attraversola lettura di queste righe,avete condiviso insiemecon me un po’ della gioiadell’estate trascorsa.

Angelica Benchea

agitavano in testa, era -vamo preoccupate di ca-pire quello che avrem-mo dovuto dire o fare,dimen ticando che noisiamo semplicemente de-gli «strumenti» nelle Suemani.Ad accoglierci, nella casaparrocchiale, abbiamotrovato don Giuseppe condue religiosi Comboniani:padre Piercarlo e padrePascal. Con loro, avrem-mo dovuto dunque vivere

una testimonianza diamore e di preghiera. Lacena ci ha visto attornoalla mensa con un po’ ditrepidazione e d’imbaraz-zo, ma molto presto ci so-no venute alla mente leparole di Gesù: «Dove dueo tre sono riuniti nel mionome, io sono in mezzo aloro». Ci siamo sentite al-lora più tranquille.Si è cercato, pian piano,di instaurare un rapportodi famiglia: fratelli e figlidello stesso Padre, chia-mati a testimoniare chela gioia e i nostri diversicarismi, provengono soloda Lui; che sarebbe statoGesù il compagno «spe-ciale» di questi nostrigiorni e che Lui non ciavrebbe mai lasciato. Lacelebrazione eucaristicadella sera ha dato ufficial-mente inizio alla missio-ne. Attorno alla Mensa,

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Andate e portate a tuttiil Vangelo della carità

COMO • Casa S. Marcellina

«A

Celebrazionieucaristiche

e giovanissimifedeli.

ndate e portatea tutti il Vange-lo della carità,

testimoniando con la vo-stra vita l’amore miseri-cordioso del Padre»: cosìinizia la nostra avventuratra la gente di Brusio e diPoschiavo in Svizzera.Domenica 7 febbraioscorso, dopo una brevepreghiera, io e la miaconsorella suor Mariuc-cia Donati, con la benedi-zione della superiora pro-vinciale suor Teresa Gatti,partiamo verso la Sviz -zera, dove ci attende ilparroco don Giuseppeche ci ha invitate, congrande esultanza, a viverecon la sua gente il mes-saggio di Gesù: «Andate etestimoniate con la vostravita che solo Dio è la veraluce».Nel viaggio ci accompa-gnano la pioggia ed an-che un po’ di paura: cichiedevamo che cosaavremmo potuto incon-trare... Ancora una volta,infatti, eravamo noi apensare di cambiare ilmondo..., tante idee si

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scovo dell’Argentina. Du-rante l’omelia, Mons. Al-berto ci ha fatto conosce-re maggiormente la gran-dezza di Papa Francesco,avendolo conosciuto pri-ma del l’elezione al Papa-to, come cardinale re-sponsabile della sua zonapastorale.Penso che questa espe-rienza sia stata una veratestimonianza per la gen-te del posto: vedere comepersone diverse, che finoa quella sera non si co -noscevano nemmeno, sia-no riuscite a vivere as -sieme, cercando di porta-re il messaggio della mi-sericordia, con serenità egioia.Una Famiglia riunita, conFondatori e carismi diver-

si: san Daniele Comboniattento ai poveri dell’Afri-ca, missionario d’oltreoceano e i suoi padri mis-sionari; san Luigi Guanel-la attento ai poveri che cicircondano, ai piccoli, aquelli che noi chiamiamoi diversamente abili e chelui con tanto amore chia-mava «i suoi buoni figli»,con noi sue suore. Ci sia-mo sentiti fratelli e sorel-le, figli di un unico Padre.Un «grazie» sincero va al-la signora Veener che hareso la casa sempre in or-dine, preparando deipiatti speciali e condivi-dendo dei momenti difraternità.Un grande «grazie» a donGiuseppe, parroco diBrusio, che ha voluto coninsistenza la presenzaguanelliana: il Signore loricompensi e gli doni lasalute e la forza necessa-ria per portare avanti,con entusiasmo e dedi-zione, questa Comunità;un «grazie» sincero aifratelli Comboniani e atutte le persone che ab-biamo incontrato.

Suor Maria Pia Bellemo

tutti ci siamo sentiti«mandati», non per bra-vura, ma per riscopriremaggiormente i veri valo-ri e che cosa significhi se-guire Cristo.La missione si è svoltanella normalità quotidia-na: abbiamo incontrato lefamiglie, casa per casa,portando una preghiera eun sorriso.Toccare «con mano» lasofferenza, che parecchiefamiglie vivono, ha offer-to a noi stesse la possibi-lità di valorizzare ancoradi più la nostra vita con-sacrata e la grande Fami-glia religiosa a cui appar-teniamo.Quanta fede e speranzaabbiamo letto in tanti oc-chi! Erano proprio questepersone che, nella sempli-cità, ci insegnavano a nonfermarci davanti ai pro-blemi; ci hanno fatto ca-pire, ancora una volta,che proprio quando tuttosembra oscuro, bisognasaper lottare e affidarsiall’amore del Padre.Questa fede mi ha porta-to ad innalzare un «gra-zie» a Dio per tali meravi-gliose persone. Genteumile, ma ricca d’amore,gente provata, ma nondelusa o rassegnata. Nonè facile sorridere e testi-moniare che Dio è un Pa-dre buono, quando perun banale incidente, lamorte ti porta via un gio-vane figlio, o quando iltuo bambino è «diverso»dagli altri!In questa missione ho in-contrato e constatatochiaramente che solol’abbandono a Lui ti donala forza e la serenità ne-cessaria per lottare, sem-pre. È stata, dunque,un’esperienza unica chemi ha portato ad andareoltre al mio egoismo, almio «io» e mi ha permes-

so di comprendere la bel-lezza di essere «dono»per i fratelli che la Provvi-denza mette, giorno dopogiorno, sul mio cammino.Non mi vergogno di direche ho pianto assieme aloro...L’incontro con i ragazzidella scuola è stato, ose-rei dire, stupendo: attra-verso canti, giochi e ri-flessioni, siamo riusciti astabilire un buon rappor-to, tanto da vederli poipuntuali, alla sera, a vive-re con noi la celebrazionedell’Eucaristia.Abbiamo avuto la fortunadi avere tra noi, a presie-dere questo momento im-portante, il «cuore» dellagiornata, Sua EccellenzaMonsignor Alberto, Ve-

L’incontro con i ragazzia scuola.

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mento, perché abbiamofra noi delle persone chehanno vissuto e vivonouna vita piena di gioie edi dolori, di speranza e diaffetti, ma che, ancoraoggi, sono pronte a con-solare gli altri.Si accorgono se chi è lo-ro vicino ha qualche pro-blema e donano un sorri-so, un abbraccio ed unsaluto.A loro vadano anche ilsaluto e gli auguri fervididella grande famiglia deLA VOCE fsmp. n

Un tonico naturalecontro la stanchezza

Mescolate succo d’aranciae tè in parti uguali, ag-giungete zucchero a pia-cere e un cucchiaino dilievito di birra. Mescolatee bevete a piccoli sorsi.

Il pomodoro per le mani

Usare i guanti durante ilavori domestici è un’otti-ma abitudine, però l’odo-re della gomma che la-sciano sulle mani è piut-tosto fastidioso.Per ovviare a tutto ciò,una volta finiti i lavori etolti i guanti strofinate de-licatamente le mani conuna fettina di pomodorofresco: cancella del tutto ilcattivo odore e rende lemani bianche e morbide.

Per un buon radicchio

Dopo averlo mondato, la-vate bene il radicchio ag-giungendo qualche gocciadi limone nell’ultimo ri-sciacquo. Avvolgetelo inuno strofinaccio pulito: siconserverà freschissimoper un paio di giorni nel

cassetto della verdura nelfrigorifero.Condite la vostra insalatadi radicchio all’ultimomomento con olio e sale.Quindi aggiungetevi untocco in più con qualchefettina d’arancia.

I rimedi del Ginseng e del RabarbaroUna cura tradizionale del-la nostra antica farmaciaerboristica è la pozione diGinseng e Rabarbarocomposta. Stimolante del-l’appetito e del sistemanervoso centrale.È particolarmente indica-ta nei casi di ipotensione,astenìa, anoressia, ecces-sivo lavoro fisico e menta-le, difficoltà di concentra-zione, negli stati di conva-lescenza.Il Ginseng (panax ginseng,,pianta antifatica ed anti-stress, ha effetto tonifican-te ed anti-invecchiamento(blocca la formazione deiradicali liberi).

Come pulire bene i caloriferiAppendete dietro ai radia-tori uno strofinaccio umi-

La carica delle «304»GENOVA • Casa Beato Luigi Guanella

Giuseppina 1915-2016: 101 anniBice 1915-2016:101 anni

Tina 1914-2016: 102 anni.

Non c’è santo senza peccato,

non c’è peccatore senza futuro.

Papa Francesco

I consiglidella nonna

Dalle nostre Case Guanelliane • Rimedi popolari,ricette, salute, bellezza, curiosità, ecc...

Importanti compleannifra la fine del 2015 ed iprimi del 2016: nella

Casa di Genova abbiamofesteggiato tre signore ul-tracentenarie: Giuseppi-na, Bice e Tina.Ringraziamo il Signoredi queste vite lunghe ecolme di doni. Ognunaha festeggiato con pa-renti e amici e la casa siè riempita di gioia e diallegria!Queste tre signore sonoun esempio per tutti edanche un soffio di spe-ranza e di incoraggia-

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do, poi con un phon sof-fiate aria fredda verso lostrofinaccio e vedretequanto sporco raccoglie-rete!

Il caffè

Il caffè, molto amato dagliitaliani, ha un effetto toni-co e stimolante sulla fun-zionalità cardiaca e ner-vosa; è controindicato perchi soffre di ipertensione,insonnia e ansia.Svolge pure un effetto sti-molante della secrezionegastrica, per cui facilita ladigestione.Oggi i nutrizionisti stannostudiando il cosiddettocaffè verde, cioè il caffècrudo, non torrefatto, per-ché l’alta temperatura del-la torrefazione distruggebenefiche sostanze. Il caf-fè verde si può prepararefacilmente così: si maci-nano (con un mortaio) isemi crudi non torrefattidel caffè e si mette in in-fusione il macinato nel-l’acqua calda come si faper la preparazione delcaffè.

Per un buon caffè:• Utilizzate acqua fresca epovera di calcare. Nonusate mai acqua calda perpensare di accelerare lapreparazione.• Riempite la caldaia finoal livello della valvola disicurezza (superandolaotterrete un caffè lungo).• Riempite il filtro senzapressare la polvere di caf-fè, formando una cunetta,poi chiudete la caffettieraben stretta.• Ponete la caffettiera sulfuoco a fiamma bassa.Quando il caffè comincia auscire, alzate il coperchioper evitare che la conden-sa ricada nel bricco.• Prima che il caffè siacompletamente uscito, to-gliete la caffettiera dalfuoco.Non preoccupatevi se re-sta un po’ di acqua nellacaldaia, perché tutto quel-lo che esce nella fase fina-le può soltanto rovinare ilcaffè.Non lasciare mai bollire ilcaffè sul fuoco: lo bruce-rebbe, compromettendo-ne il sapore.

LEZIONI DI PASTICCERIA

Pasta frolla

Ingredienti per 8 persone

1.250 g di farina bianca«00» • 125 g di zucchero •135 g di burro • 50 g diuovo • 20 g di tuorlo • 1limone non tratto • sale.

Preparazione

Tagliate il burro e fateloammorbidire. Disponetela farina a fontana, versa-te al centro lo zucchero, leuova e il burro. Unite la scorza del limonegrattugiata e un pizzico disale. Lavorate inizialmentecon la punta delle dita poivelocemente con le manifino a ottenere un impastoliscio o omogeneo.Avvolgete la pasta nellapellicola trasparente e la-sciate riposare in frigori-fero per 30 minuti.Infarinate il tagliere e po-netevi la frolla; lavoratelaun poco e tiratela con ilmattarello a uno spessore1/2 cm. Foderate una te-glia, imburrata e infarina-ta, con la frolla stessa.Passatevi sopra il matte-rello per eliminare la pa-sta in eccesso.Potete decorare i bordidella base di frolla aiutan-dovi con la forchetta.Oppure, più semplice-mente, pizzicando la pa-sta con le dita.Bucherellate la pasta conuna forchetta così chenon si gonfi in cottura. In-fornate a 140°C per 25minuti. Per non far gon-fiare la pasta durante lacottura puoi anche riem-pire la superficie con fa-gioli secchi stesi su fogliodi carta da forno o, anco-ra, cuocere la base dellatorta appoggiando sullapasta una teglia di una

misura leggermente piùpiccola.

Pan di spagnaIngredienti per 8 persone

500 g di uova • 375 g dizucchero • 75 g di miele •burro • 300 g di farinabianca «00» • 150 g di fe-cola di patate.

Preparazione

Rompete le uova in unaciotola e iniziate a mon-tarle con un frullino o inuna planetaria.Quando saranno già leg-germente montate, versa-te a pioggia lo zucchero eil miele continuando amescolare. Dovrete otte-nere una massa soffice diaria, uova e zucchero.Setacciate la farina con lafecola e raccogliete gliamidi così mescolati sucarta da forno.Quando le uova sarannobianche (il loro volumedeve triplicare), unite intre tempi di farina e la fe-cola setacciate, mescolan-do con una spatola.Ungete 2 teglie (una da 20cm e una da 30 cm di dia-metro) con burro ammor-bidito aiutandovi con unpennellino e infarinateleleggermente.Versate il composto benamalgamato nelle teglie fi-no a riempirle per metà elivellate la superficie aiu-tandovi con una spatola.Cuocete in forno (possi-bilmente ventilato) a180°C per circa 20 minuti.Sformate le torte sbatten-do le teglie su un piano inmodo che la pasta si stac-chi dalle pareti. Per taglia-re la torta a metà utilizza-te un coltello seghettato.Per ottenere un taglio per-fetto ruotate la torta du-rante il taglio rimanendosempre sullo stesso assecon il coltello. n

Una tazzina di caffè al giorno contribuisce aprevenire il decadimento cognitivo che precede

la malattia di Alzheimer

L’assunzione giornaliera di una moderata quantitàdi caffè, una o due tazzine al giorno, può contri-buire a prevenire il lieve decadimento cognitivo(MCI - Mild Cognitive Impairment) premonitoredella futura insorgenza della malattia di Alzhei-mer (AD - Alzheimer’s disease).Ad affermarlo, in uno studio pubblicato sulla ri-vista Journal of Alzheimer’s Disease, è stato unteam di ricercatori dell’IRCCS Casa Sollievo,dell’Università di Bari e dell’Istituto Superiore diSanità di Roma.

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2016 95

SuorALBINA

MATILDEBALDINghgh

Nata a Taglio di Po (Rovigo)

il 20 settembre 1927.Si è consacrata

al Signore tra le Figlie di S. Maria della

Provvidenza il 14 agosto 1970.

Ha svolto la sua attivitànelle Case di Como-

Lora, Fratta Polesine,Milano, Verdello,Albese, Contarina,

Gozzano, S. Bellino,ancora Albese per veglia

notturna a S. Chiara,ancora Gozzano e Fratta Polesine, infine a Trecenta

in quanto ammalata.È deceduta

in Casa S. Antonio(Trecenta, Rovigo) l’11 febbraio 2016.

In attesa della risurrezione, riposa nel cimitero

della Congregazione a Trecenta (Rovigo).

Un messaggio per noi

ghgh

Nell’Anno Santo della Mi-sericordia, il Signore DioPadre Misericordioso hachiamato a sé la sua sposafedele suor Matilde Bal-din, nata a Taglio di Po,Rovigo, il 20 settembre1927. Ancora giovane, ave-va abbracciato la vita reli-giosa presso una Congre-gazione di carattere dioce-sano nella città di Chiog-gia (Venezia) e aveva spe-so parte della sua vita pro-digandosi per il bene deibambini orfani e poveri.Nel 1967 la Congregazio-ne, con la morte della loroMadre Generale, intrapre-se un altro camminounendosi ad una Congre-gazione che rispecchiassepiù da vicino il loro cari-sma. Chiesero alle Figliedi Santa Maria della Prov-videnza, Congregazionefondata da san Luigi Gua-nella, di potersi unire alloro Istituto.Le nostre consorelle di al-lora accolsero con amorequesto piccolo sciame diconsacrate e le incardina-rono ufficialmente nel1967; alcune di loro, com-presa suor Matilde, essen-do ancora giovani di età,hanno compiuto nuova-mente il cammino religio-so cominciando dal novi-ziato e nel 1970 hannoemessi i voti perpetui nel-la nuova Congregazione.Dopo la Professione per-petua del 14 agosto 1970,suor Matilde rimane a Co-mo Lora per tre anni, suc-cessivamente viene trasfe-rita a Milano, ma partedella sua testimonianza edel suo lavoro viene svolto

NELLA CASA DEL PADREnella Casa maschile con-dotta dai Servi della Cari-tà a Gozzano (Novara),dove le viene affidato l’uf-ficio della cucina che svol-gerà fino al 1998, quandoverrà trasferita da Gozza-no a Fratta Polesine a ser-vizio delle anziane dellaCasa di Riposo. Da circaquattro anni viveva (a cau-sa della sua età moltoavanzata) nella Casa di Ri-poso S. Antonio di Trecen-ta, dove ha concluso ieri,festa della Madonna diLourdes, alle ore 21.30, ilsuo pellegrinaggio ter -reno.Persona molto servizievo-le, rispettosa verso i supe-riori, animata da uno spi-rito allegro e umile parte-cipava con gioia alle attivi-tà di animazione ed eradotata di una spiccatacreatività manuale (piccolilavori di uncinetto, parte-cipazione al coro stru-mentale composto dagliOspiti della Casa, giochi digruppo, feste ed eventi in-terni programmati...).Nel tempo che è stata alservizio dei Confratelli aGozzano, mi raccontavache i Sacerdoti non le fa-cevano mancare niente etutte le volte che l’hannorivista nelle Case di Tre-centa o di Fratta Polesine,avevano per Lei un gestodi attenzione e di ringra-ziamento per il bene cheaveva profuso nella lorocomunità e per il serviziosollecito svolto in cucina.Ella diceva sempre: «I sa-cerdoti bisogna servirli be-ne, perché devono lavora-re tanto!».

Suor Anna Godasso

Da pochi mesi sono statatrasferita a Loreto in uncentro per disabili adulte.Sono inserita in un grup-po famiglia di otto donneadulte con difficoltà in-tellettive e motorie, e stolavorando in collabora-zione con le varie figureeducative che sono pre-senti nel Centro. Tra que-ste ospiti c’era Gemma,con sindrome di Down,già molto ammalata e bi-sognosa di cure persona-lizzate.A distanza di pochi giornidal mio arrivo, Gemma,chiamata «Principessa»dalle consorelle che l’-hanno accudita prima dime, si era molto aggrava-ta. E insieme suore, infer-miera, medico, educatri-ce, tutto il personale(O.S.S.), ausiliare e fami-liari l’abbiamo accompa-gnata al l’ultimo viaggio,cercando di farla soffrireil meno possibile e cer-cando di donarle tutti iconforti religiosi.I suoi famigliari, il giornodel suo trigesimo di na-scita in cielo, ci hanno

SignoraGEMMA

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nità e per tutto quello cheavete fatto e che continue-rete a fare.Io da bambino non pensa-vo che zia Gemma sarebbestata la nostra finestra suun altro mondo. Su tuttoquello che non avevamoancora visto. Su un mon-do semplice, sconosciuto esorprendente. E su tuttoquello che non ci avevanoancora insegnato riguardoalla felicità. Mia zia eradown. Si chiamava Gem-ma. Il nome di una pietrapreziosa. La più preziosaper sua madre Caterina.Che è già lì. È già lì che tiaspetta zia. Aspetta il tuosorriso come un abbrac-cio, aspetta che ti lavi lemani e ti siedi, perché atavola è già tutto pronto.E c’è anche un profumoinconfondibile di cannel-loni...

Ciao zia

Tutto questo mi fa eleva-re al Signore un graziegrande per aver donatoalla Chiesa il nostro Fon-datore s. Luigi Guanellache ha amato con predi-lezione queste personespeciali che lui chiamava«buoni Figli», cioè figlibuoni amati da Dio chemantengono l’innocenzabattesimale. E per loroha voluto le sue casesparse nel mondo e hadonato anche a noi sueFiglie di gustare il donodi vivere con queste per-sone speciali che ci por-tano a Dio.

Suor Teclae Consorelle

donato un prezioso rega-lo in questo scritto del ni-pote, così significativo ecommovente che voglia-mo donare anche a voi.

7 gennaio 2016

Mia zia era down. Si chia-mava Gemma. Il nome diuna pietra preziosa. Maquando ero bambino mivergognavo a dirlo, perchéle persone come lei veni-vano chiamate infelici.Come se fossero condan-nate fin dalla nascita anon gioire mai. Ed io noncapivo perché, nella no-stra famiglia, qualcunonon potesse essere felicecome tutti gli altri. Cre-scendo, poi, ho capito.Ho capito che non era af-fatto così. Zia Gemma èstato un dono, un regaloinatteso. L’ho capito dopo.L’ho capito ogni volta cheti stringeva forte le mani enon le lasciava mai. Ognivolta che era testarda.Ogni volta che era buffa etenera come una bambi-na. Ogni volta per un gela-to o una partita a carteche non finiva mai. Ognivolta soprattutto che tispiazzava con quel sorri-so. Perché lì dentro c’eraqualcosa di più. Era unsorriso con gli occhi, conil naso, con gli zigomi econ la bocca. Con tuttoquello che abbiamo in fac-cia, con tutto quello di piùnaturale e sincero che ab-biamo addosso.Ma l’ho capito ancora dipiù in questi ultimi gior-ni, visitando la Casa dellaDivina Provvidenza. Edho capito perché suor Ro-sa, suor Tecla, suor Lore-dana, le educatrici, le ope-ratrici O.S.S. e ausiliarievolessero così bene alla lo-ro e alla nostra Principes-sa. Perché non puoi farealtrimenti, quando passiuna vita intera accanto adelle ragazze speciali.A nome di tutta la fami-glia voglio dire pubblica-mente «grazie». «Grazie dicuore» per la vostra uma-

Cara Maria,sei partita lasciando lanostra bella valle più po-vera ma sicuramente piùricca in cielo.Nella nostra Casa sei sta-ta un modello per tuttisoprattutto per la dedi-zione alla tua cara sorellaIda, alle tue cognate Elsae Mariuccia, al tuo carofratello Alberto che contanto amore, costantepresenza e tanta pazienzati sei prodigata a seguirein questi anni, in modospeciale dopo il ricoveropresso la nostra casa.Sono tanti i ricordi di te,cara Maria, l’ultimo è unodei più belli quando tu,già sofferente, hai accettatocon tanto entusiasmo didare la tua testimonianzaper il libro che la nostracasa vuole pubblicare inricordo del centenario dellasua apertura.

SignoraMARIA ADAMIGrande amica della Casa Don Guanella

di Maggia

Una testimonianza moltobella che dice tutto sul beneche tu hai sempre voluto adon Guanella e a tutta lasua opera sia di Maggiache in tutto il mondo.Sicuramente hai ritrova-to in cielo oltre la tua ca-ra sorella Ida e tutti i tuoicari, anche tutte le suoreche tu hai ricordato contanto amore nella tua te-stimonianza, in modospeciale suor Cesarina, enoi ci raccomandiamo avoi per tutti i bisogni del-la nostra casa e di tutta lanostra bella Vallemaggia.Hai seminato tanto, nonpotremo mai dimenticar-ti!: in casa, dove oltre aimomenti di assistenza aituoi cari, eri sempre pre-sente nei momenti di pre-ghiera comune (rosario,santa Messa); in paese,dove sei ricordata come«la sciura maestra» – la-voro che hai svolto pertanti anni con amore ededizione a favore dellagioventù della tua valle.Importante il lavoro fattoin favore della Diocesi,come ha ricordato Monsi-gnor Grampa il giornodei tuoi funerali, dove seistata membro attivo pertanti anni dell’Azione Cat-tolica Ticinese Femminilee hai partecipato alla pre-parazione e ai lavori delSinodo Diocesano.Ciao, Maria, ora che seicon il tuo Dio che tantohai amato in terra, guar-da a tutti noi e intercediper le tante persone chein terra ti hanno amato eche non ti dimentiche-ranno mai.

Le suore della casa don Guanella di Maggia

Ricordiamo alle vostrepreghiere i familiari dellenostre Consorelle:

◆ Sig. Marino, cognato disuor Bruna Barolo.

◆ Sig. Fortunato, cognatodi suor Anna Fortino.

◆ Sig.ra Anna Perez,

mamma di suor EulaliaVelasco.

◆ Sig.ra Bruna, sorella disuor Carmela Gianolini.

◆ Sig. Victoriano, fratello disuor Irma Becerra.

◆ Sig. Stefano, nipote disuor Teresina Serpe.

◆ Sig. Dumitru, papà disuor Mariana Robu.

Alle nostre Consorelle e atutti i familiari dei cari defunti giunga la voce delnostro affetto e la soli -darietà della nostra pre-ghiera.

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La Congregazionedelle Figlie di S. Maria

della DivinaProvvidenza,

Opera femminileDon Guanella,si può aiutare in tanti modi:

con la preghieracon le offerte

col far conoscere l’Istituzione

a persone buonee benefiche

le quali possano cooperare

al bene che compie.

Come si può aiutarel’Opera Femminile Don Guanella

L’Istituto è ENTE GIURIDICO(R.D. 29 Luglio 1937, n. 1663, registrato alla Cortedei Conti il 21-9-1937 al Registro n. 389, foglio 88);

può quindi ricevere:DONAZIONI E LASCITI TESTAMENTARI

Per evitare possibili contestazioni si consiglia:

• Per le DONAZIONI di denaro o di beni mobili e immobili: rivolgersi direttamente alla Curia Generalizia della CONGREGAZIONE DELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA DIVINA PROVVIDENZA Piazza S. Pancrazio, 9 - 00152 ROMA Tel. 06.5882082 - Fax 06.5816392

• Per i TESTAMENTI: se trattasi di LEGATI si può usare la seguente formula:

«Lascio alla Congregazione delle Figlie di S. Mariadella Divina Provvidenza - Opere Femminili Don Luigi Guanella

a titolo di LEGATO, la somma di € ........................................ o l’immobile oppure gli immobili ............................................ siti in Via .........................................................................................................».

• Se si vuole nominare la Congregazione EREDE UNIVERSALE, scrivere: «Annullando ogni mia precedente disposizione, nomino mio erede universale la CONGREGAZIONE DELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA DIVINA PROVVIDENZA - OPERE FEMMINILI DON LUIGI GUANELLA».

N.B. Si consiglia che il testamento venga depositato presso un notaio di loro fiducia.

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OPERA OMNIADI DON GUANELLAUna nuova pubblicazione

Il Centro Studi Guanelliani (CSG)ha finalmente presentato gli attesiScritti inediti e postumi di Luigi Guanella,che costituiscono il volume VIdelle sue «Opere edite e inedite»,curato da Fabrizio Fabrizicon introduzione di Fabio Pallotta.In oltre 1.000 pagine sono compresiquattordici testi prodotti dal Fondatorelungo un ampio arco della sua vita,dai primi anni di Pianello, 1883-1884,fino a poche settimane primadella morte.In questo testo sono riuniteper la prima volta anche le tre preziosetestimonianze autobiografiche(Appunti sulla storiadella Casa di Provvidenza,Fragmenta vitae et dictorum)che ci restituiscono l’immagine piùautentica del Fondatore.Tra le altre attività del CSG,si segnala l’uscita del volumedegli atti del seminario di studisu suor Marcellina Bosattae don Leonardo Mazzocchi,svoltosi nel 2014,e la lavorazione dell’ultimo volumedelle «Opere edite e inedite»,dedicato all’attività pubblicisticadi don Guanella, che raccoglieràquasi 400 articoli scrittiper «La Divina Provvidenza»e per altri periodici.