la violenta giustizia di zeus (aeschyl. agam. 182-183)

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  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS (AESCHYL. AGAM. 182-183)Author(s): Antonio MartinaSource: Aevum, Anno 81, Fasc. 1 (Gennaio-Aprile 2007), pp. 9-47Published by: Vita e Pensiero Pubblicazioni dellUniversit Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20861924 .Accessed: 14/06/2014 08:24

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  • Aevum, 81 (2007), fasc. 1

    Antonio Martina

    LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS (AESCHYL. AGAM. 182-183)

    L'inno a Zeus contiene la chiave interpretativa di tutta la trilogia. Esso rappresenta la manifestazione

    piu alta del pensiero eschileo. Vengono affrontate le principali questioni interpretative ed esegetiche, necessarie per intendere tutto l'inno. 11 punto cruciale e costituito da pialcoq (vv. 182-83), che e lezione dei codici: probabilmente bisogna leggere piaioq. L'uomo non e destinato a soffrire senza

    capire il perche, senza individuare una connessione tra agire e soffrire. 11 dio che regna su tutto e su tutti ha aperto una via al cppoveiv (v. 176). Questa xdpiq e detta 'violenta', perche e possibile ottenerla mediante il naQoq, che oltre tutto resta qualcosa di congenito al principio del Spdoocvxa TcaOetv. Questa legge delPesperienza dolorosa ha valore universale. Si chiarisce ulteriormente se

    consideriamo quel che lo stesso Eschilo dice sulla natura della legge e sul rapporto tra il 7ioAAxr|

  • 10 A. MARTINA

    totalita, e stato organizzato come imitazione della vita piu bella e perfetta, ed e in questo che noi diciamo consistere l'essenza piu vera della tragedia. Poeti voi, quindi, ma poeti anche noi e del medesimo vostro genere, vostri rivali neH'arte e vostri concorrenti nella

    rappresentazione di quel dramma bellissimo che soltanto la vera Legge e in grado, per sua natura, di portare a compimento perfetto. Questa, almeno, e la nostra speranza?. (Platone,

    Leggi 817a-b)

    I vv. 182-83 dell''Agamennone sono fondamentali per Pinterpretazione di tutto Pinno a Zeus. Essi sono stati discussi in modo dettagliato e puntuale da Fraenkel1. Prima di Fraenkel G?A,lux veniva inteso come 'trono' dalla stragrande maggio ranza degli editori2, oltre che nei lessici3. gea-lioc gelivov rifletterebbe Pimma

    gine del 'trono glorioso', 'venerabile' (gelivov), della o delle divinita, in quanto distinto da quello degli uomini.

    Questa interpretazione si pud far risalire a Triclinio, al quale e dovuta la

    glossa interlineare che si legge sopra CEk\ia gelivov: KaGeSpav gelivtiv, rycoi tov oupavov. L'interpretazione tricliniana non coincide peraltro con quella dello scolio antico conservato in M, che interpreta ciX\ia come xov ^x>yov vy'x^vyoq yap 6 Zevq4. Metaforicamente, dunque, il banco del timoniere, o?X\ia, sta ad indicare il posto di comando occupato dagli dei, che governano il cosmo.

    L'immagine del pilotare la nave per indicare il governo della citta o dello stato e molto frequente sia tra i Greci che tra i Romani. Eschilo ricorre spesso a questa metafora, sia per i capi degli uomini5, sia per i sovrani divini6. Cosi si comprende Paccostamento, fatto dallo scolio di M, con vy'i^vyoq, impiegato quattro volte nelVIliade come epiteto di Zeus. Sembrerebbe, dunque, esserci un riferimento a

    questo modo arcaico di intendere il potere divino. Eschilo non avrebbe fatto altro che sostituire vyi^vyoq con ceX\ia gelivov fiLievoq. Egli ha voluto cosi signifi care la supremazia del potere celeste, soprattutto di Zeus, il dio piu alto7. II

    1 E. Fraenkel, Aeschylus. Agamemnon, II, Oxford 1950, 108 ss. 2 Sedili venerando insidentium, Th. Stanley (Aeschyli tragoediae septem, cum scholiis graecis

    omnibus, deperditorum dramatum fragmentis, versione et commentario Th. S., Londini 1663); tenentium veneranda culmina, G. Hermann (Aeschyli tragoediae, I-II, Berolini 1852, 18592); "lifted to the throne of life", G. Murray (Aeschylus, the Creator of Tragedy, Oxford 1940, 200); "die gewaltig auf erhabenen Stiihle Thronen", Nagelsbach; "who sit on their awful throne", A. Sidgwick (Aeschylus. Agamemnon, with introduction and notes, Oxford 18842). 3

    "Improprie de throno" (G. Dindorf, Poetarum scenicorum Graecorum Aeschyli Sophoclis Euripidis et Aristophanis fabulae superstites et perditarum fragmenta, ex recensione et cum prolego menis G D., Lipsiae 18685); "generally seat, throne", Liddel-Scott-Jones, A Greek-English Lexicon, s.v. 4

    Cfr. Schol. Eur. Phoen. 75: eki yap to\) '0\|/icTO/u vyou KaOfipevoq 6 icopepvr|Tri

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 11

    genitivo 5ai|i6vcov dev'essere riferito in particolare a Zeus8. Le parole aeX-Lta

    aepvov fpevcov potrebbero essere intese come l'equivalente di dp%6vxcov. Le

    argomentazioni di Fraenkel sono convincenti e la sua interpretazione e ormai accolta da tutti9.

    II punto cruciale e costituito dall'interpretazione di pioricoq, che e la lezione dei codici. Essa e, come si intuisce, strettamente connessa col significato che si da alle parole geX\mx aepvov fipevcov. Coloro che danno a aeX\ia il valore di 'trono' intendono piaicoq come espressione del potere proprio della divinita.

    Paley10 traduce "with power"; per Hermann vale "per vim". Tutta l'espressione Piorixoq oeX\ia aepvov TjpivcGV vale per Verrall "who came by struggle to his

    majestic seat"11, che si sono impadroniti dei loro seggi piaicoq12. In tal modo Eschilo avrebbe inteso significare la lotta violenta con cui gli dei (o meglio Zeus) si impadronirono del potere13: Eschilo ripeterebbe quanto detto nei vv. 167-73. Se si conserva il tradito piaicoq e si intende con Fraenkel ctX\ia oepvov fipevcov 'che siedono nel venerando GzX\ia\ 'banco del comando', Pioriox* precisa il modo in cui Pautorita viene esercitata, cioe "con la violenza"14.

    Molte considerazioni sono state fatte, e continuano ad essere fatte, sia a favore sia contro Piaiooq, di cui bisogna comunque tener conto. Zeus adempie il suo ufficio non alia maniera gentile degli dei di Platone15, ma come gli dei di Eraclito

    che, come Platone disapprovando dice16, sono adbLiaai owpaxa pia^opevoi l\

    KaG&rcep rcoiLieveq Kif|vr| nXx\yr\ vepovxeq18. In quest'inno Zeus sarebbe violento

    gubernator. Come osserva Wilamowitz19, pla, che in Omero e semplicemente la

    quello metaforico. II fr. 907 Radt (= 821 N) inc. fab. di Sofocle suona: f|8ri ydp e8pg Zeix; ev eoxottri Oecav, conservatoci dallo scoliasta a Pind. Nem. 10, 57 c (3, 173, 17 Drachmann: per le

    questioni testuali ed esegetiche v. Radt, ad loc. Naturalmente, il valore locale e quello piu antico,

    quello originario: nei tempi piu remoti tutte le divinita abitano i luoghi piu elevati. In //. 1, 493 ss. gli dei rientrano nell'Olimpo guidati da Zeus, che si sistema in disparte sulla vetta piu alta, aKpoxarn

    KOpDcpfi, 'dell'Olimpo dalle molte cime'. Nell'antica concezione persiana un solo dio e al di sopra di tutti gli dei. 8

    Cfr. C.G. Schutz, Aeschyli tragoediae quae supersunt, ac deperditarum fragmenta. Rec. et

    commentario illustravit C. G. S., 1-11, Halle 1783 (2a ed. riv., 1801 = editio maior). 9

    Da tenere presente, comunque, che prima di Fraenkel ov, ek Ttpujavric; d7ie"o9\)vovi;e

  • 12 A. MARTINA

    forza del corpo, e diventata "detestabile forza bruta". Questo aspetto della signoria di Zeus e predominante in Eschilo, come sa chiunque abbia letto le Supplici.

    La legge di Zeus e inflessibile. Non vi sono aggiustamenti: "with geXlkx

    fliaivcGV which indicates merely the exercise of authority, piaicoq goes very well". Inesatta sarebbe quindi l'interpretazione di Klausen ("de imperio deorum vi condito et servato") e anche quella di Verrall ("who came by struggle to his majestic seat"), accolta per es. da Murray20. Qui si tratterebbe solo del rapporto tra Zeus e quelli che sono governati da lui. "Thus the phrase piociax; oea-lkx gelivov fnaevcov indicates the supremacy of the heavenly powers, and especially of the highest god, exercising itself with unbridled force. The opposite of that is x&piq. Between these two contrasted phrases there is an interplay like that between naQoq and

    Li&Goq, between &kovtcc

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 13

    potere, sconfiggendo come si dice nei versi immediatamente precedenti (167-75), Urano (167-69) e Crono (170-71)23:

    oo)6' baxxq rcdpoiGev fjv jaeyaq, 7ia|i|idxcp Opdaei ppucov24, o\)8e Ai^exai rcpiv cov

    bq 5' erceix' 89a), xpia

    Kxfjpog oi'xexca td%d)v Zfjva 8e xxq 7ipo(pp6vcoopa

  • 14 A. MARTINA

    predecessori che Zeus dovette vincere per affermare la sua sovranita, se Urano e

    Crono, come si tende oggi ad ammettere (ma Zeus non combatte mai direttamente con Urano), o invece altri, come interpretavano, in modo meno convincente, gli antichi scoliasti, resta comunque chiaro che Eschilo riprende qui, riassumendole molto sinteticamente, antichissime tradizioni teogoniche.

    II v. 170 o\)5e Xe^eiax npiv a>v, che risulta dalla probabile correzione di

    Ahrens26, accolta dalla maggior parte dei commentatori27, presenta, come altre, qualche difficolta. Tralasciando le congetture paleograficamente improbabili, anche

    quelle che rispettano di piu il testo tradito, danno, considerato il contesto, un senso molto problematico. Cosi la soluzione di Schutz, che, inserendo solo dv, propone ot)8ev dv A,e2;ai, "e colui che era una volta grande... non potra affatto dirci (Schutz completa con: "... dell'esito di questi avvenimenti, che noi deside riamo conoscere"), poiche egli appartiene al passato". Hermann in un primo

    momento aveva accolto questa soluzione, ma dando alle parole il significato di nullius momenti est. Klausen, correggendo il tricliniano ti in en, legge oi)8ev 8Ti Xe^ai, "nihil amplius dicat", nel senso di "non avra piu alcuna autorita"

    ("oi)5ev Aiyeiv nulla frui auctoritate, quia tantum valet aliquis, quantum eius

    dicta"). L'interpretazione di Schutz non e convincente: si vede male Urano rispon dere all'angoscia presente del coro. Ma neanche le proposte di Hermann e Klausen ci permettono di individuare la vera ragione della menzione di Urano. Si potrebbe osservare che in questi versi non e tanto la nullita presente di Urano ad essere

    sottolineata, quanto il fatto che, malgrado l'importanza del ricordo che si lega a lui nel mito (jcappccxcp Opdaei Ppticov), egli non puo essere oggetto di nessuna

    invocazione, mentre la vittoria di Zeus, sebbene avvenuta in passato, puo ancora suscitare una proclamazione solenne (KA,d?cov). Da notare che, per quanto riguarda Crono, si allude solo alia sua scomparsa e non alia pertinenza di un discorso a lui rivolto; ma Crono, a differenza di Urano, si e battuto direttamente con Zeus

    Tragodienstruktur und Theologie bei Aischylos, Munchen 1974, 131 n. 51, riprende l'interpretazione degli scoli, secondo i quali le due divinita dei vv. 168 e 171 sarebbero non Urano e Crono, ma Crono e Tifone (lo scolio del Mediceo interpreta ppwov con 8id xoix; TiTavocq). Come abbiamo ricordato, Triclinio glossa ou8' 6axi

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 15

    ed e risultato sconfitto. Cosi la congettura di Ahrens e solo la piu probabile; Fraenkel la ritiene certa, osservando: "oi)8e Xt^Exai expresses a strong negation, its sense comes very close to ev o\)8evi Xoyco eaxcci". Urano, contrariamente a

    Zeus, "non sara nemmeno nominate"28.

    Per molti editori rcpiv accompagna il participio predicativo &v e Pespres sione viene interpretata come "neppure si dira che e esistito "(Morani)29. Ma forse e preferibile dare al participio il valore causale; in tal modo rcpiv a>v rafforza il

    precedente rcdpoiGev e sottolinea il fatto che Urano appartenga al passato; proprio per questo il dio non e tenuto in considerazione: "... shall not be reckoned, being one of the past", Headlam; "since he is of the past", Fraenkel. Cosi viene ripreso 7idpoi0ev di v. 167: si passa dalla rievocazione del regno come e esistito "una

    volta", 7tdpoi0ev, alia constatazione di fatto che non esiste piu. I vv. 171-72 (Zeus vince Crono) non presentano difficolta. Pertanto qui bastera

    notare che TpiaKTfjpog e un hapax ed e termine del linguaggio agonale, cosi

    parafrasato dallo scoliasta: viKiycoO ck pexacpopaq tcov ev xaiq 7tevTdGA,oi

  • 16 A. MARTINA

    degli uomini, cosi l'altro, Zeus, vincitore, sente parole di trionfo convergere verso di lui (Bollack)33.

    L'espressione xEV&xai cppevcov to nav (v. 175) e spiegata dallo scoliasta con 6Xoc%Ep&q (ppovi|io

  • LA VIOLENTA G1USTIZIA DI ZEUS 17

    soffrire. II dio regna su tutto e su tutti ha aperto una via al 9pcovetv (176). Questa %apiq e detta 'violenta' perche e possibile ottenerla mediante il naQoq, che oltre tutto resta qualcosa di congenito al principio del 5pdaavTa TcaOeiv39. La sofferenza non e mai fine a se stessa, ma e un mezzo attraverso cui Zeus attua nel mondo il pdGoq. L'uomo deve soffrire per comprendere. E una %apiq che 'fa violenza

    sull'uomo', perche anche chi non vuole finira col conseguire il aco9poveiv (koci icap' aKovtaq fjA,0e aaxppcoveiv, v. 180). II "rimorso" (rcovoc;) e uno dei mezzi di cui la divinita si serve, ma non e il solo: c'e anche la violenza, (3la. "Ma poiche questa violenza non e cieca ed arbitraria, bensi e destinata ad instaurare nell'uomo la (ppovr|Oi

  • 18 A. MARTINA

    Pope44 si e basato su nov per dare un'interpretazione pessimistica della presunta religiosita eschilea. II poeta ironicamente si chiederebbe: "Dov'e il favore

    proveniente dagli dei, visto che all'uomo e concesso esclusivamente di soffrire?". E facile vedere come una simile interpretazione non solo stravolge il senso

    dell'inno, ma mette in discussione tutto un modo di intendere Eschilo e la sua

    tragedia. Altri, pur leggendo nov, attribuisce a %api

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 19

    che riproduce l'esordio tradizionale degli ulivoi KA/ryciKol. L'espressione ocxiq tcot' egtAv sembra riprodurre la formula rituale che nelle preghiere si sostituisce all'enumerazione degli epiteti e nomi della divinita, che si spiega, come nota

    Fraenkel, con la necessita avvertita in uno stadio primitivo del pensiero religioso di evitare che il demone o il dio - generalmente considerate come riluttante

    -

    ricorresse a qualche espediente per non esaudire le richieste del mortale che a lui si rivolgeva con la preghiera. Invocare il dio col nome esatto significava acquisire potere su di lui: un completo elenco dei relativi nomi o epiteti o, quando cio non era possibile o si temeva di essere incompleti, una formula riassuntiva in sostitu

    zione, era la soluzione cui si ricorreva affinche la preghiera avesse compimento47. Alcuni, come per esempio Stanley, Schiitz, Paley, ritengono che Eschilo si

    sia limitato all'impiego tradizionale della formula, ocxiq 7cox' eoxlv sarebbe

    quindi una "precandi formula satis frequens" (Karsten); t68e avrebbe il signifi cato di "in questo modo", cioe "con quest'unico titolo": "i. e. Zeus alone, without other more definite title" Sidgwick, o, secondo la parafrasi di Paley, "if he will not be offended at the omission of a more definited title, as lamp"48. L'esordio dell'inno significherebbe: "Zeus, chiunque egli sia, se in questo modo (cioe "solo

    Zeus") a lui piace essere chiamato, ecc". A sostegno di questa interpretazione sono i citati passi di Platone, Phileb. 12c Koci vvv xr\v liev 'AcppoSiTrjv, otto EKeivn cpiAov, xavxr\ 7ipooaYopE\)co, Crat. 400e coorcEp ev ?-6%aT

  • 20 A. MARTINA

    estranea allo spirito di Eschilo50. Eschilo adatta la rituale formula tradizionale al suo sublime sentire religioso. Lo Zeus di Eschilo non pud essere identificato con nessuna delle figure mitologiche della tradizione. L'espressione oGxiq nox eoxiv si riferisce non solo al nome della divinita invocata ma anche alia sua natura e alia sua essenza. L'indeterminazione della formula tradizionale viene utilizzata

    per esprimere 1'impossibility di trovare per questo dio un nome adeguato. To8e dev'essere interpretato come una ripresa del nome di Zeus (scil. "con questo nome"), e il passo tradotto, con Mazon, "Zeus!... quel que soit son vrai nom, si celui-ci (cioe "Zeus", xoSe) lui agree, c'est celui dont je Pappelle", e secondo la

    parafrasi di Fraenkel: "if this appellation here is pleasing to him (the speaker surveys the whole range of possible names of the supreme god, and points to one

    among them expressly), then by that one I adress him, namely Zeus". II nome di Zeus e solo un'approssimazione, la migliore delle possibility per indicare un dio misterioso e innominabile: il poeta non riesce a trovare un nome piu appropriate51. Questo nome, dunque, e solo una convenzione, date che lo Zeus di Eschilo non

    pud essere collocate nell'ambito della religione tradizionale. II verbo "essere" ricorre tre volte nei primi dieci versi dell'inno e serve a sottolineare un aspetto del dio, come se la divinita proclamasse: "io sono". II problema delPindicibile natura del dio non puo essere scisso dal problema del suo nome. Come osserva

    Fraenkel, se ei t65' ai>x& cpiJiov k?K9ir|pevcp denuncia la difficolta di conoscere il vero nome, con oGxiq tcot' egxiv il poeta esprime la difficolta di cogliere appieno la vera natura del dio. Cosi il problema della natura del dio non puo essere separato dal problema del suo nome. Trovare il vero nome della divinita

    permetterebbe di comprenderne P essenza, perche in qualche modo le due cose sono una. Ma Puomo non puo giungere a comprendere la vera natura del dio, essendo creatura mortale, limitata e imperfetta.

    L'idea che i mortali non riescono a possedere la vera conoscenza di Zeus e in Suppl. 86-90, dove si afferma che "nessuno irretisce la brama di Zeus. Intrico di tracce boscose e la [sua] Mente, di varchi protesi. Fruga il tuo occhio e il mistero rimane"52. II modo in cui Zeus perviene alle sue decisioni e manifesta la sua volonta, quindi il modo in cui governa gli uomini, si cela alle menti dei mortali: i sentieri del suo pensiero sono KaxiSetv acppaaxoi {Suppl. 95). E possibile cogliere una sorprendente analogia tra i vv. 885 s. OGXiq nox' e! gv, 8t>ax67iaaxopaoxoi delle Supplici, mentre

    oaxiq 7Cox' ?i gv corrisponde esattamente a ogxk; tzox ecjxlv Aq\YAgamennone. Considerando l'espressione di Euripide, Fraenkel puo concluere come in un

    sillogismo aristotelico. Come Euripide, quantunque in un senso differente, Eschilo

    potrebbe essersi rivolto al dio supremo con le parole: ocxiq 7iox'?i gx>, 5x>Gx6na

    50 "What matters most is to be understand the use which Aeschylus makes of these formulae here. For him they are by no means mere liturgical relicts, which he employs according to costom as any worshipper might when taking part in a tradizional cult. Nor have they become nothing but

    ornament, purely intended to add greater amplitude and solemnity to the ode... It is truer to say that for him the element of ancient prayers still have religious import, but compared whith their traditional use it is in the service of a more sublime religious feeling that they stand here". 51

    Una rassegna di studiosi, soprattutto tedeschi, che si muovono secondo questa linea interpre tativa e in Bollack, 203-04.

    52 Trad, di Ezio Savino, Milano 1980.

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  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 21

    cxoq eiSevou, Zexk;. Secondo Eschilo, dunque, l'uomo non pud giungere a

    comprendere la vera natura del dio, onnipotente Signore della Giustizia; percio lo invoca53 con parole che diventano simbolo di una realta ulteriore.

    I vv. 163-66 ovk e%co... ?tt|t

  • 22 A. MARTINA

    quindi valere: "io congetturando non posso arrivare ad altri che a Zeus", ossia "non posso pensare a nessun altro", "non ho nessun altro a cui rivolgermi". Cosi la parafrasi di Verrall: "I can think of no other to trust, but in the only Almigthy is my only reesource", che interpreta: "I can conjecture anything but Zeus to fit the needs". Altri (oltre al gia citato Fraenkel, Siedgwick, Ubaldi59, Denniston

    Page, Rose ecc.) preferisce seguire l'interpretazione di Wunder, "Jovi non possum quicquam comparare omnia perpendens praeter Jovem" e Hartung, "seines Gleichen find ich nichts ausser ihm"60. Zeus pud essere paragonato solo con se

    stesso, poiche tutto cio che esiste e, rispetto a questo dio, in una condizione di inferiorita. Per questo non si riescono a trovare epiteti adatti a Zeus, perche la sua essenza trascende ogni possibile esperienza umana. In questa linea si innesta

    l'interpretazione di Rose: "if anyone asks - What is Zeus like? - the only answer

    is - Himself. Ad Ahrens quest'idea pare artificiosa, eppure ha le caratteristiche di quella elementare semplicita, che spesso e propria delle piu profonde rifles sioni. Zeus e Passoluto e, come tale, pud essere messo in relazione solo con se stesso. II participio emoxa0|ia)Li?vo

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 23

    Contro questa possibility di interpretazione occorre tener conto dell'obiezione di Klausen-Enger: "rcpoaeiKa^eiv comparare, sola hac significatione Aeschylo usitatum. Vide v. 1090. Theb. 431, Ch. 12. Cf. Ch. 518, 633. Eum. 49. Coniectari, coniectando assequi est vel eiK&^eiv vel eTteiKai^iv vel e^eiK&^eiv". Anche alcuni commentatori che danno a rcpooeiK&cai il valore di "comparare" hanno inteso l'intero periodo secondo 1'interpretazione precedentemente discussa. Cosi

    Denniston-Page, che da una parte affermano che "rcpoaeiKaaoci means iiken', 'compare', not 'guess'", dall'altra parafrasano Pintera espressione con "in a case

    where one feels the need to shift from one shoulders the burden of the care, there is nothing to compare with Zeus as a source of relief. Ma essi pervengono a

    questa conclusione attraverso una non lineare interpretazione della proposizione principale: "the natural sequel to ovk ?%(d 7tpooeiK&ooci would be o\)8ev Ail, 'I cannot compare anything to Zeus', but the coherence is broken by the participal, in which navxa nXr\v Awq does all that oi>8ev Ail could have done, and makes it impossible to revert to the construction promised by o\)k e%a> rcpoaeiK&aai. 'I cannot compare'

    - he was going to say 'anything to Zeus' -

    'weighing in the balance everything other than Zeus...'". Ubaldi traduce: "io non ho da metter a confronto fuorche Zeus ", ma poi precisa: "vuol dire

    adunque: io debbo ricorrere a Zeus se... ecc." vediamo che i due significati del verbo rcpooeiK&i^eiv (scil. "conjectare" e "comparare") sono uguagliati al punto di essere confusi: Ubaldi, infatti, traduce "metter a confronto", ma lo intende come se significasse "ricorrere". Ubaldi segue espressamente Siedgwick, che

    interpreta: '"I cannot conjecture' i.e. 'refer it all to any but Zeus' or better and

    simpler, 'I cannot compare any but Zeus (to Zeus)'". Ma l'analisi dei dettagli non e consonante con 1'interpretazione generale: infatti, dire "I cannot compare any but Zeus (to Zeus)" e di verso dal dire "io debbo ricorrere a Zeus" (cfir. P inter

    pretazione generale di Sidgwick: "I must rest on Zeus"). Ne consegue che il

    legame con la proposizione secondaria diventa non chiaro: cosa significa "io non

    posso paragonare a Zeus nient'altro che Zeus, se debbo cacciare il vano peso dell'angoscia"63?

    L'interpretazione piu persuasiva per ovk e%cq rcpoaeiK&oai... tcXtvv Aioc; resta

    dunque quella di Wunder: "Jovi non possum quicquam comparare praeter Jovem".

    7ipooEiK&oai deve valere "comparare"; nkr{v Awq equivalente a oi)8evi tca,t|v Ai6k e%co... non pud che affermare la natura incomparabile di Zeus: "io non posso paragonare a Zeus nient'altro che Zeus" significa che non c'e nessuno piu grande di Zeus. La princi pale assume dunque un connotato teologico, definendo la superiority del dio. Perche ci sia un legame con la secondaria, bisogna supporre che questa non

    esprima Pangoscia per le previsioni di Calcante, ma deve avere anch'essa un connotato teologico: in ei to p&xocv... dev'essere espresso "l'egarement d'une heteredoxie" (Bollack). In altre parole, se nella principale si dice "io non posso

    63 Queste difficolta hanno fatto si che Denniston

    - Page abbiano tentato di modificare la struttura

    sintattica della principale, ma con un risultato poco chiaro: cfr. Bollack: "dans l'analyse du detail

    grammatical, la position de Denniston - Page est en fait beaucop moins satisfaisante et partiellment

    en disaccord avec la paraphrase". 64 Questa interpretazione sembra legarsi a un indovinello popolare: alia domanda xivi xov Ala

    p&Xioia eiKd^co; Tunica risposta possibile e: coSevi nXr\v Aioq. Cfr. ad esempio Aristoph. Vesp. 1308 ss.

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  • 24 A. MARTINA

    che riconoscere che Zeus e il sovrano assoluto", il senso della secondaria dev'es sere "a meno che io non voglia dire un'eresia".

    E questa rinterpretazione di Fraenkel, coerente con quella che si pud ritenere la lezione esatta65. Stabilito che oi)k ?%cd... significa "I have nothing whereto to liken him, weighing all in the balance, nothing save Zeus", Fraenkel esamina la

    proposizione secondaria, per concludere che in essa to pccTav a%9o

  • LA VIOLENTA GIUST1ZIA DI ZEUS 25

    Piu complessa e profonda l'interpretazione di Verrall: "the burden, in the

    language of The Preacher, of vanity, the oppressive sense of futility which must

    accompany a belief that the moral problem of the world is insoluble": l'a%0o

  • 26 A. MARTINA

    pero che il Sol (i.e. Dio) che v'allumd ed arse col caldo e con la luce, e si iguali, che tutte simiglianze sono scarse.

    Eschilo e un'anima grande, una grande anima religiosa.

    E desiar vedeste sanza frutto tai che sarebbe lor disio chetato ch'etternalmente e dato lor per lutto. (Purg. 3, 40-2)

    Di questa schiera Eschilo avrebbe fatto parte, se l'Alighieri lo avesse conosciuto. II dio di Eschilo non era certamente il dio dello scetticismo razionale di Senofane. La lirica corale di Pindaro trovava in se stessa il suo culmine e il suo fine, mentre

    Eschilo, il creatore della tragedia, che trovava il suo modo di essere proprio nei

    giorni gloriosi della polis, e artefice nella polis del suo futuro, artefice della democrazia vista in forma dinamica.

    I personaggi di Eschilo si innestano in una tradizione che risale a Solone e nello stesso tempo sono creature della divinita e cittadini della loro comunita. La

    responsabilita riguarda la persona e la polis, che e una comunita sotto la direzione e la protezione divina. E questo il tema di fondo delle ultime tragedie di Eschilo, ed e evidente che la polis democratica domina la scena. Cosi V Ores tea si puo considerare un intero universo aperto all'analisi, in cui aspetto saliente e il conflitto tra antico e moderno. V Ores tea, soprattutto, va considerata come un profondo rapporto dialettico tra le idee etico-religiose del poeta e i principi basilari della

    ideologia dominante. Cosi abbi'amo una potente espressione dinamica nel dramma eschileo come esito del sentire tragico del poeta artefice della polis proiettata nel futuro e degli aspetti della vita (anche quelli non positivi) della polis del presente. Si spiega cosi come Ponnipotenza di Zeus sia concepita da Eschilo come operante tra gli uomini. La legge suprema di Zeus si attua comunque tra i mortali. Essa e enunciata in questo inno a Zeus: una %apxq piouoq che conduce al pdOoq attraverso il naQoq.

    Questa legge dell'esperienza dolorosa ha valore universale. Nell'Agamennone si realizza nella vicenda drammatica di Agamennone. L'Atride ha peccato contro la G(Q(ppoG\)vr|: anche per lui si deve attuare quindi il principio del rcdGei pdOoq. In tal modo possiamo comprendere quel che si dice nel v. 249: 8ikoc 8e xoTq pev TtccGoGctv paGeTv 87uppe7i;ei. Queste parole sono come una ripresa del principio enunciato solennemente nel v. 177 dell'inno a Zeus, tcg 7td0ei pdOoq Gevxoc

    k-opicoq e%eiv, e ripreso, per togliere ogni dubbio sulla natura e sul carattere universale di questa legge, al v. 180 Kori Kap' cxKovxaq fj^Ge acocppoveiv. La

    legge di Zeus riguarda tutti, non ammette eccezioni. Com'e stato notato72, per emppercei Pimmagine e tratta dalla bilancia. Eschilo ricorre spesso a tale immagine per significare Pineluttabile realizzarsi della giustizia: cfr. per es. 349 Sixopporccoc; e 574 dvTippe7cei. ?7Cipp87iei ha per Eschilo, quando e usato transitivamente, il valore di "far accadere necessariamente qualche cosa": basti confrontare Eum. 888 s. ot> xdv SiKcriox; Tfj8' 87cipp87coi

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 27

    eTepoppercfjq. Riappare quindi il tema della violenza divina, che costituisce uno dei motivi conduttori delPinno a Zeus: v. 180 ss. Koci itocp'aKovxaq t\XQe acocppovetv, 8aiLt6vcov 8e nov %apxq plaioc; ceX\ia c?livov tjlievcov.

    Quel che Eschilo intende dire col nesso x&piq piaioq si chiarisce ulterior mente se consideriamo da una parte quel che lo stesso Eschilo dice successivamente sulla natura della legge e sul rapporto tra il noXiny; e il \6\ioq. La paura della

    legge e necessaria per il mantenimento dell'ordine. In Eum. 517-48 Eschilo dice:

    eo9' 67cou xo 5eiv6v dvx. p Kai 9pevu)v ercioKorcov 8eT peveiv KaGripEvov ^upcpepei 520

    oaxppoveTv vno axevei

    xxq 8e pr|8ev ev f (pdei f KccpSiav dvaxpe9cov r\ noXiq Ppoxoq 0' opoi coq ex' av oepoi AiKav; 525

    pf|x' dvapKxov piov axp. y pf|xe SeaTtoxoupevov aiveariq- rcavxi peaco xo Kpdxoq Geoq

    d)7taaev, aXX* aXXa S'ecpopeuei. 530

    ^uppexpov 8' enoq Xiyoy Suaaeptaq pev uppiq xeKoq 6q exupcoq, ek 8' uyidaq 535

    9p?vcav 6 rcdoiv yiXoq Kai rcoA.UEUKXoq oX$oq.

    iq xo nav aoi Aiyco,

    pcopov ai'SEaai AiKaq, pr|8? viv KEpSoc; i8d)v d0?co 71081 540

    Xa^ dxiariq* Ttoivd yap erc&oxai. KUplOV p?V8l x?AO

  • 28 A. MARTINA

    Ed ecco il proclama che Atena fa ai cittadini di Atene (Ewn. vv. 681 ss.):

    kaaxht' dv i\bx\ 0?ap6v, 'Attik6

  • LA VIOLENTA GIUST1ZIA DI ZEUS 29

    Non diversamente ragiona Menelao neXY Aiace di Sofocle, parlando di Aiace che in preda alia follia prima, distolto da un dio, ha riversato il suo furore su mandrie e su greggi e poi si e tolta la vita:

    npoq xauxa |ir|8ev 8eiv6v E^dprjq pevoq. ei yap fiXenovxoq prj 'SuvfjGripev Kpax?iv, Kdvxcoq 0av6vxo?po\)oi.

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  • 30 A. MARTINA

    Mentre ci regoliamo nei reciproci rapporti privati senza danneggiarci, nella vita pubblica ci comportiamo in modo da non violare le leggi, soprattutto per la paura, poiche diamo retta a coloro che di volta in volta sono in carica e alle leggi, specialmente quelle che sono stabilite a tutela di chi subisce ingiustizia e quelle che pur non essendo scritte portano a chi le viola una vergogna da tutti riconosciuta.

    La paura della legge e necessaria per mantenere un buon ordine nella noXxq14. Cosi Herodot. VII 104: erceaxi ydp ccpi becn6xr\q vopog, xov urcoSeipai vouch noXX& exi paAAov f\ oi aoi ae, "per loro sovrana e la legge, che loro temono ancora di piu di quanto i tuoi non temano te". Diversamente in Plat. Rep. 563d:

    to 8e 8r| k?(p&A.ociov... evvoeig ?

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 31

    nella seconda fanno pensare agli splendidi versi lirici, 865 ss., delVEdipo Re di Sofocle o ad Ant. 450-6119. Ma mentre per Sofocle le leggi non scritte sono le

    leggi che hanno valore universale ed eterno (per es. la legge non scritta per la

    quale Antigone sceglie di morire), e probabile che Tucidide intenda qui per dypacpoi vopoi le leggi che non hanno bisogno di essere scritte, xd vopipcc, le umane costumanze, che percio sarebbero qualcosa di diverso dalle leggi univer sali ed eterne dei passi sofoclei80. Isocrate dice che i cittadini meglio governati sono non quelli che hanno a disposizione leggi scritte ma quelli che hanno il senso di giustizia nel sangue81.

    Per intendere meglio il passo eschileo e necessario pero fare un passo indietro:

    partire da Solone e poi vedere come un concetto soloniano sia diventato patrimonio del sentire greco. Eschilo con Paudacia e Pardire che gli sono consueti ha trasposto sul piano divino e adattato alia sua forza creatrice, cio che in Solone riguarda Pattivita del legislatore. Ma lo stesso Eschilo nelle Eumenidi, o Sofocle mlVAiace, o Erodoto o Tucidide non fanno che ragionare rifacendosi al concetto soloniano. In Sol. 15, 1 Plutarco dice a quale criterio si attenne Solone nella sua opera di

    governatore politico e legislatore e, per corroborare il suo asserto, cita un verso soloniano (F 24, 16 D.

    = 36 West = 30 G.-P.), riportato anche da Aristotele, Ath.

    resp. 12, 4, dove Solone dice di aver contemperato la forza con la giustizia:

    tccutcc xovq noXXovq kou

  • 32 A. MARTINA

    7tei6o|i?voi (v.l. 6\iov) (3ir|v te Kai Sikttv GDvapiioaaq ?p?^a, Kai 8ifiX0ov cbq i)neo%6\ir[v.

    II papiro aristotelico di Londra ha la lezione Kpat?ivopo\), accolta da Kenyon, e da altri, tra i quali Sandys, Mathieu-Hassoullier, Kleinknecht, Stier, M. Gigante ecc, mentre il papiro di Berlino ha KpaTrppoD. Plutarco, che lo cita come verso sui iuris, ed anche Elio Aristide hanno opoO. Victor Ehrenberg83 ha osservato che nessuna delle due lezioni pud essere considerata difficilior. si potrebbe quindi decidere sulla base del contesto e alia luce di una complessiva valutazione dell'o

    perato di Solone. Sulla genuinita della lezione Kpdx?i vopo\) non ha dubbi W.

    Jaeger84. II vopoq non dev'essere inteso qui come dv6pam?io

  • LA VIOLENTA GIUST1ZIA DI ZEUS 33

    la nostra interpretazione della sua attivita di legislatore. Per il Kleinknecht85, che cita Heraclyt. fr. 114 D.-K. (= 8 Diano) volioc; KpaxEi okoctov eGeaxi86 ed Eur.

    Hec. 799 Kpaxcov volioc;87, si tratterebbe di una specie di legge matrimoniale, per cui pir| e 8iKr| sono congiunte fra loro: quando avvenga il divorzio la citta e vedovata (v. 25 ^5' exripcbGri noXiq). Per O. Schroeder88, che difende decisa mente KpdxEt voluto, v6lio7t?iKovxa tceiGoi xcov eGcov pia Kai

    85 Ap. Diehl (3a ed.), I p. 44. 86 V. anche infra, p. 36 s. 87 L'espressione euripidea e: aXX' oi Geoi aOevo'ooi %& Kelvcov Kpaxcov / N6u,o

  • 34 A. MARTINA

    Sikti KoA,a?o\)cra. Questi riscontri non impediscono perd di considerare vop,opwq tcdv rcpaYp&TCov e Plutarco, Sol. 15, 1, dice che Solone non governo "in modo eccessivamente mite, e dette le leggi senza alcuna debolezza, non cedendo ai

    potenti e non compiacendo a quelli che lo avevano eletto". Al Ferrara98 "il discorso non... appare... centrato sull'idea dell'unione della forza e della giustizia (come pensano tutti gli interpreti, sia chi legge Kpdxei vopoi) / ptriv xe koci 8ikt|v covappoaaQ, sia chi legge Kpdxei / opou Pir|v ecc), ma sul piu complesso concetto che il suo Kpdxo

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 35

    farla rispettare da tutti i tcoAitoci, anche da coloro che erano restii. II confronto con Eschilo risulta molto stringente.

    Eschilo, il creatore della tragedia, trovava il suo modo di essere proprio nei

    giorni gloriosi della polis, artefice nella polis del futuro della polis. I personaggi di Eschilo si innestano in una tradizione che risale a Solone e nello stesso tempo sono creature della divinita e cittadini della loro comunita. II piu profondo contrasto tra Dario e Serse nei Persiani e quello tra responsabilita ed egoismo: quest'ul timo i Greci lo chiamano ftppiq. La responsabilita riguarda la persona e la polis, che e una comunita sotto la direzione e la protezione divina. E questo il tema di fondo delP Orestea ed e evidente che la polis domina la scena.

    Se Eschilo muoveva coi tempi proiettando in modo dinamico l'istituto della

    polis, Pindaro era un tradizionalista e un conservatore. Per Pindaro la tensione

    tragica e tra i nobili scopi dell'uomo e la sua breve esistenza101, per Eschilo il conflitto e tra il fine dell'uomo e la sua coscienza, o anche tra cio che egli fa e la volonta del dio. II suo concetto di divinita va oltre l'espressione di Zeus che tutto avvolge con la sua signoria e la sua potenza. Per Pindaro Zeus e il dio che

    porta a compimento ogni cosa che ha in mente di compiere, il dio che raggiunge Paquila alata e sorpassa il delfino nei mare, che piega i superbi mentre concede ad altri la fama che non invecchia mai102. Per Eschilo Zeus e la prima parola delle

    Supplici e l'inizio dell'ultimo canto corale (v. 1064); e lo Zeus dell'inno a Zeus

    dell'Agamennone. Pindaro, cantore di un mondo etico superiore in cui si e idealizzato il mondo

    eroico di Omero, e animato da una fede nella quale si realizza un equilibrio che tutto giustifica e che nello stesso tempo defmisce i confini della morale e della

    politica. In questa cornice si inserisce il celebre fr. 152 Bowra =169 Snell:

    Nopoq 6 kccvtcov Paoi^euq Gvaxcov t8 teal aGccvaxcov

    ayei 5iKauov to Piaioraxov imepxaxo: xeipi. xeKpatpopai epyoiaiv rHpaKAi:o

  • 36 A. MARTINA

    si serve Callicle nel Gorgia di Platone (484b)104 per dimostrare che Pindaro ammette il diritto del piu forte. In realta, per dimostrare che la legge giustifica la forza, Pindaro si serve delPesempio di Eracle, che con la forza si impossessa dei buoi di Gerione: Eracle, servendosi della violenza ha pimito l'ingiusto Gerione, che aveva agito con frode. E questa una delle tante fatiche che hanno valso a Eracle la qualifica di evepyexriq dell'umanita. voLioq 6 tcocvxcov PaaiXeix; Gvcctcgv t? Kai aGavccTCOv e la legge che Eracle ha osservato meritando di sedere in cielo accanto a Zeus105. E la legge di Zeus, quella stessa legge che risplende nella prima

    Nemea e che informa il vaticinio di Tiresia. Nei vv. 25-8 dice:

    T?%VOCl 5' ET&pCQV ?T?pCCr Xpr| 5' ev ?ur|0?iaiq bhdiq oteixovtcc papvaaGai (pua.

    npaccEi yap Epyca p&v aiEvoq, PouA,atoi 8e (ppfjv, eaaopEvov rcpoiSEiv ovyyEvkq olq ekexoli.

    Alia vfipiq praticata dagli uomini Esiodo (Op. 216 ss.) aveva opposto la Sikt] che trionfa su iippiq, quando giunga il momento opportuno:

    oboq 5' ?T?pr|(pi TcapeX-Geiv Kp?iaacov kq xa 5iKaia* 5ikti 5' vntp uppioq iax?i tq XEXoq e&XQovoa.

    Chi trascura o viola la legge incorre nella vendetta divina. Non la legge del piu forte (come avviene tra le fiere terrestri, gli alati, i pesci) ma la giustizia deve

    regolare la vita dell'uomo, Aikti, figlia di Zeus: dv0pa)7ioioi 8'?8(ok? 8ikt|v, r\ noXXov dpiaxri / yiv?xai (279 s.). I beni di cui ha bisogno l'uomo sono nelle mani di Zeus, e l'uomo deve meritarli conformando la sua condotta al volioc; di Zeus. Eschilo va oltre quando dice ?i %pf] to li&tccv and (ppovxxdoq ax&oq Pa9i?iv EXEXX)\uoq.

    Diversamente da Eschilo - e naturalmente anche da Pindaro, ma nello stesso

    tempo con forti consonanze e con l'uno e con l'altro -, Eraclito esaltava il v6|io v6|xo\) [i)KEp xov yivoLiEvoi)] OKcoq i)KEp t?i%?oq, "il popolo deve combat

    Intern, di Papirologia (Milano 2-8 settembre 1965), Milano 1966, 286-311). Su P.Oxy. 2450 v.: E.

    Lobel, The Oxyrhynchus Papyri, XXVI, London 1961, 141 ss., tav. XV AB; D.L. Page, Pindar: P.

    Oxy. 2450, fr. 1, ?PCPhS?, n.s. 8 (1962), 49-51; H.J. Mette, Noch einmal dvctxei, ?Glotta?, 40

    (1962), 42-43; B.A. van Groningen, ?Gnomon?, 35 (1963), 129, secondo il quale le imprese contro

    Gerione e Diomede "did not serve any noble purpose"; E.G. Turner, ?CR?, 13 (1963), 269-70; M.

    Treu, NOMOI BAIIAEYZ: alte und neue Probleme, ?RhM?, 106 (1963), 193-214; Pindarus, ed. B. Snell, pars altera, Fragmenta, Lipsiae 19643, 122 ss. Altre proposte di interpretazione, come ad

    esempio quelle degne di nota di H.J. Mette e H. Erbse, sono menzionate e valutate da Gigante, Nomos Basileus, 234. 104

    Questo frammento e citato anche da Schol. Pind. Nem. IX 35 (1-4); Aristid. II 68 cum

    scholiis III 408 Dindorf (5 ?7tei-7). 105 Yiedi B. Gentili, Eracle "omicida giustissimo". Pisandro, Stesicoro e Pindaro, in // mito

    greco. Atti del Convegno Internazionale - Urbino 7-12 maggio 1973, a c. di B. Gentili

    - G. Paioni, Roma 1977, 299-305.

    106 S. Mazzarino, // pensiero storico classico, I, Roma-Bari 19733, 82.

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  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 37

    tere per la legge come per le mura della citta". Osserva DianoI07: "Le mura della citta sono il simbolo visibile e tangibile della comunita 'politica': la legge, il

    vopoq, ne e, per cosi dire, la sostanza spirituale"108. Secondo Eraclito le leggi umane traggono tutte nutrimento da un'unica legge, che e la legge divina. II fr. 8 Diano suona:

    ?\>v va) Xiyovxaq icxupi?ec6ai %pf| tcg ^\)vg) rcavtcov, OKcoa7cep v6|icp rcoAaq, Kai noXv iax'opoTepcoq. xpecpoviai yap rcavceq 01 av9p6rceioi vonoi vko evoq xov Qziov Kpaxei yap toooOtov okogov e0eX,ei Kai e^apKet ndci Kai TcepiyivExai.

    Chi vuole che la sua parola abbia senno, deve farsi forte di cio phe a tutti e comune e ha senno, come la citta si fa forte della legge, e assai piu che la citta: le leggi umane traggono tutte nutrimento da un'unica legge che e la legge divina, e tanto pud quanto vuole e a

    ogni cosa e bastante e a tutte sopravanza. (trad. Diano)

    Per il particolare contesto e per il rilievo che in esso ha il vou

  • 38 A. MARTINA

    fortemente etico alia religione e al mito. Pindaro mette in luce Paspetto divino del mito, piu che quello umano: il mito divino mostra la grandezza degli dei, la loro potenza, il loro comportamento. In questo Pindaro ed Eschilo si assomigliano.

    Quando pero si dice che Pindaro guarda al passato ed Eschilo al futuro, si fa una considerazione abbastanza giusta. Per entrambi il punto decisivo e il rapporto uomo-dio. Per Pindaro la tensione tragica e tra i nobili scopi dell'uomo e la sua breve esistenza:

    ?7tdp?poi- it 8e xiq; xi 8' ou Tig; ckiolc, ovccp dvGpcoTtoq. aXk9 otocv axyXa 8i6o8oto

  • LA VIOLENTA GIUSTIZ1A Dl ZEUS 39

    che gli dei innalzano alia sapienza anche l'uomo stolto: mi te xaA,i9pov6ovT0c oao(ppooi)vr|

  • 40 a. martina

    prevalere la vera giustizia. E questa la legge di Zeus 114, e naturalmente e destinata a durare, secondo Eschilo, quanto dura Zeus, cioe eiq del. In questo senso Fraenkel definisce l'inno a Zeus "a corner-stone not only of this play but of the whole

    trilogy". I vv. 179-80 cxd^ei 8' dvG' vnvov npo Kap8ioc

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 41

    al posto del sonno s'insinua il rimorso dei crimini, che tormenta il colpevole facendolo soffrire senza alcuna speranza di sollievo120, come interpreta Fraenkel: "Instead of sleep there trickles before the heart the pain of remembrance of

    sufferings" e come si ricava dallo scolio121. L'uono non giunge alia conoscenza senza Pesperienza della sofferenza. Per questa via perviene alia conoscenza anche chi e riluttante: Kai nap5 axovxaq fjXBe ococppovetv122. Sidgwick intende: "And wisdom comes to men in their despite, i.e. by suffering, by ways they would not choose". Fraenkel ritiene che l'idea fosse gia presente in qualche formula di filosofia popolare: Eschilo avrebbe colto, come altre volte, un suggerimento della tradizione rielaborandolo e adattandolo alle esigenze della sua possente ideazione drammatica123.

    L'inno a Zeus contiene la chiave interpretativa di tutta la trilogia. Esso rappre senta la manifestazione piu sublime del pensiero eschileo. Nessuno prima di lui riusci a scandagliare piu a fondo con la forza prepotente della intuizione il mistero deH'umana esistenza, delle sue debolezze e delle sue contraddizioni. E un inno

    breve, dalla struttura semplice e possente, in cui pensieri profondi sono espressi in modo conciso e con terrificante consapevolezza: Eschilo si fa portavoce di Zeus.

    Nella struttura della grandiosa parodos dell'Agamennone l'inno a Zeus si colloca nel momento in cui Calcante, GTpatoLiavTK;, ha terminato di pronunciare il funesto presagio. Le sue parole sono state fonte di angoscia per l'esercito greco, e lo sono per il coro che soffre nel narrare eventi cosi tristi, come lo sono anche

    per gli spettatori. II sacrificio preannunciato dal llocvtk; comporta spargimento di

    sangue, che sara origine di nuove sventure. I vecchi argivi interrompono la narrazione dei fatti che avvennero in Aulide e invocano Zeus, il sommo dio, il solo in grado di ristabilire ordine e armonia, superando le contraddizioni proprie della condizione umana. In un momento in cui, come dice Fraenkel, "un punto di profonda ocLirixavia e stato raggiunto", Zeus appare all'uomo come Punica salvezza possibile, capace di venire in suo soccorso nel momento in cui e posto dinanzi a scelte inesorabili e apparentemente assurde.

    cita, ad esempio, Soph. Ant. 1186-87, Herodot. 4, 181, 199, Xenoph. AnabA, 2, 12 e 7, 4, 12. Ma Fraenkel ha giustamente osservato che, perche qui ci sia un tale uso di xe... Kai avremmo dovuto

    aspettarci axd^ei x'ev tmvcp... Kai e non ev 9'wtvcp. Inoltre Kai non e usato qui con funzione

    copulativa. Dunque il tradito ev 9'ftrcvcp e corrotto e dev'essere corretto. Se si scarta la soluzione di Verrall, ev9' vtcvoi (che osserva: "When a man sleeps, the grief that reminds him of his woe drips before the heart's portal") che incontro 1'approvazione di Rose, e quella di Page (ed. Oxonii 1972) ev y' tmvco (che annota: "sensus est etiam dum dormit, vexatur, ev ye sicut npoq ye Ch. 419; ev

    ye etiam Ch. 223 aliter usurpatum"), non resta che la soluzione di Emperius dv9' ftnvou, che e stata accolta da molti (Enger, Sidgwick, Bamberger, G.F. Schoemann (Opuscula academica, III, Berlin

    1858, 165), Ahrens, Wilamowitz, ed anche da Denniston nell'edizione dell'Agamennone curata insieme con Page. L'espressione descrive lo stato di insonnia del colpevole, tormentato dall'angoscia. 120

    Si spiega cosi Pinterpretazione dello scoliasta: xco duapxdvovxi xoftxo o\)|ipaivei. 121 |ivr|ai7ifmcov e hapax e richiama u.vdp,cov Mtjvk; di vv. 155. Thomson ricorda uvaoiaxe

    (pavov di Pind. fr. 19-20. Egli spiega Ttpo Kapolaq come "at the seat of consciousness" e cita Agam. 976-7, Choeph. 390, Eum. 103, e cfr. Ael. V.H. 3, 11. 122 La particella Kai ha qui valore non copulativo (cfr. Headlam o Thomson) ma correttivo o

    rafforzativo: etiam ad invitos. Cfr. Horn //. 4, 300 ocppa Kai ouk eOeXcov xxq dvayKalrj rcoXeui^oi, Aescyl. Suppl. 83ss. eaxi 8e KaK noXe\iov xeipopivoiq pcoudq dpfjq cpDydaiv p\)u.a. 123

    Questo concetto ricorre piu di una volta, anche prima di Eschilo: v|/ 13 (9eoi) Kai xe

    XaXicppoveovxa oaocppoavvrn; eTrnpnaav, Aeschyl. Eum. 550 avdyKtiq dxep SiKaioq cov ovk

    avo^Poq eaxai, Eur. fr. 524, 2 N xo (pcoq 8' dvdyKT|v 7ipooxiBT|ai oaxppoveiv, Thuc. 6, 87, 4

    dn(p6xepoi dvayKd^ovxai 6 |4,ev aKcov aco(ppoveiv, 6 8' dnpaynovax; ocp?eo~9ai.

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  • 42 A. MARTINA

    Prescindendo dai vani e inaccettabili tentativi di spostare la collocazione

    dell'inno, che puo stare solo li dove si trova124, diciamo subito che esso appare come il frutto della piu matura riflessione di Eschilo sulla complessita delle forze

    operand nel cosmo e riflette la sua fede assoluta in un ordine universale di armonia e giustizia garantito dal supremo e onnipotente dio. Nella tragedia di Eschilo Zeus e divinita centrale e suprema, tanto che si e parlato di un "monoteismo eschileo"125. In tutte le tragedie spetta a questo dio la somma autorita, e le invocazioni a Zeus sono molto piu numerose di quelle rivolte ad altre divinita. In particolare nei

    Persiani, a parte la preghiera di Atossa alia Terra e l'invocazione del coro ad

    Hermes, Zeus e l'unico dio nominato, per non parlare del Prometeo, tragedia dalla discussa paternita. Nei Sette il coro implora Atena, Posidone, Ares, Afrodite, Artemide, Era affinche soccorrano la citta. Ma le suppliche a queste divinita non

    reggono il confronto con quelle rivolte a Zeus, che e invocato con epiteti che mettono in evidenza in modo deciso e netto il suo potere: LieydXe, rcccyKpatec;, navxeXsq. Zeus e il protettore delle Supplici nelPomonima tragedia, dove in piu passi si riflette sulla natura di questo dio, sui suoi fini reconditi, sul suo ruolo di

    dispensatore del bene e del male126. L'inno a Zeus della parodos deirAgamennone e una preghiera complessa,

    profonda e sublime. I vecchi argivi si rivolgono a Zeus per cercare sollievo dall'an

    goscia che li affligge; vorrebbero liberarsi dall'&xOoq (v. 165) che li opprime: lo fanno glorificando Zeus, celebrando la sua potenza, descrivendo il modo in cui la sua volonta divina opera e si afferma nel mondo. Fraenkel ritiene che il coro non abbia motivo per implorare qualcosa da Zeus, dal momento che sta narrando eventi passati. Ma i vecchi argivi rivivono la situazione di Aulide e ne rendono

    partecipi gli spettatori: la rivivono nella possente ideazione drammatica di Eschilo. E Eschilo che per bocca dei vecchi argivi si rivolge a Zeus, come se la vicenda

    compiutasi dieci anni prima fosse parte del presenter del presente della creazione eschilea. Le sventure conseguenti all'empio sacrificio, vaticinate da Calcante, ora, al momento del ritorno di Agamennone dalla spedizione, incombono su Argo e sullo stesso Agamennone creando uno stato di terribile angoscia.

    Zeus appare divinita non definibile, al di sopra di ogni umana esperienza (str. p); e il dio che si fa conoscere e che guida l'uomo alia conoscenza attraverso la sofferenza (str. y). La legge del 7cd6ei LiotGoq e posta a cardine del cosmo: e il comandamento che informa di se tutta la trilogia. Alia fine della drammatica vicenda trilogica il dolore causato da una serie di delitti cedera all'armonia di un ordine cosmico ristabilito e nuovo, e questo comandamento si sara pienamente realizzato. II natioq di Agamennone conduce alia saggezza della 7i6A,i

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 43

    tcoAatcxi. E stata ristabilita una concordia e una cosmica armonia. Testimonianza delPefficacia della legge del naQei paGoq e la conversione delle Erinni in Eumenidi.

    L'inno a Zeus &q\Y Agamennone e stato spesso messo a confronto con quello delle Supplici (vv. 86-104). Le affinita e i punti di contatto tra i due inni sono

    molte, ma quel che importa soprattutto sono le differenze, e anche le differenze

    apparenti. L'inno a Zeus delle Supplici continua, sia pure in una sfera piu elevata, la preghiera delle Danaidi, di cui e costituita la parodos iniziale: dopo di esso le

    Danaidi riprendono pregando. Nelle Supplici, dunque, l'inno e perfettamente inserito nel contesto. L'inno a Zeus de\Y Agamennone, invece, non ha o, meglio, sembra non avere, nessun legame ne logico ne di contenuto con la parte della

    parodos che lo precede127: interrompe -

    o, meglio, sembra interrompere - il

    racconto degli eventi accaduti in Aulide prima della narrazione del sacrificio di

    Ifigenia richiesto da Artemide nel funesto presagio di Calcante. In un momento in cui "un punto di profonda apri%avia e stato raggiunto" (Fraenkel), il coro abbandona la narrazione degli eventi per rivolgersi a colui che solo pud liberare la mente degli uomini dal peso di vane angosce e speculazioni. Nelle Supplici l'inno a Zeus scaturisce da una preghiera che le figlie di Danao rivolgono agli dei per implorare soccorso contro una calamita, la persecuzione dei figli d'Egitto, che incombe con grave rischio su di loro. Nell'"Agamennone i vecchi argivi ricordano eventi avvenuti dieci anni prima, non sono coinvolti in una situazione critica del momento. E la situazione in cui, per il realizzarsi degli eventi previsti da Calcante, pdvTiq infallibile, nel suo funesto presagio, Agamennone si viene a trovare prima di cadere nel giogo di necessita, dovendo decidere in un terribile

    dilemma, che produce nella mente dei vecchi argivi quel sentimento di apr|%avioc che li spinge a rivolgersi a Zeus, ma non per chiedere aiuto, sibbene per tentare di scandagliare la sua natura e soprattutto per descrivere il modo in cui la sua volonta opera sugli uomini. Da questa diversita di situazioni scaturisce una differenza importante tra i due inni. L'inno a Zeus delle Supplici celebra la sublimita di Zeus, la perfezione, l'imperscrutabilita, l'onnipotenza di questo dio, celebrato in termini assoluti. Del resto, l'esaltazione del potere della divinita e uno degli elementi tradizionali della preghiera ed e intesa a provocarne l'inter vento suscitandone la benevolenza. Ma in Eschilo questo elemento tradizionale, elaborato dal poeta e innestato in una concezione teologicamente nuova e originale, diventa parte essenziale di un inno intenso e potente che celebra il potere del sommo Zeus. Zeus e celebrato in quanto dio sommo, reggitore del cosmo e delle sorti degli uomini. E una celebrazione assoluta. Nell'inno delle Supplici i rapporti di Zeus con l'umanita non interessano al poeta.

    Nell''Agamennone l'inno a Zeus germoglia dalla necessita di mostrare come la volonta del sommo dio operi nel mondo: il rapporto tra Zeus e l'umanita e

    motivo e centro ideale dell'inno e permette di cogliere la differenza piu sostan ziale rispetto all'inno delle Supplici. Analizzando analogie e consonanze tra i due

    inni, gli interpreti hanno sottolineato soprattutto la corrispondenza dell'immagine finale del dio che porta a compimento i suoi disegni seduto sui banchi del comando: cfr. Suppl. 100-04 e Agam. 182-83. Ma prima di quest'immagine parallela i due

    127 Mi propongo di affrontare in altra sede il problema della struttura e dell'ideazione dramma tica della parodos dell'Agamennone.

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  • 44 A. MARTINA

    inni presentano una differenza cosi netta da sembrare il secondo un ripensamento del primo. Nell'Agamennone Eschilo dice che Zeus opera mediante pice e rcovog per attuare la (ppovr|Gi

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 45

    che per l'uomo che ne e partecipe si conclude con l'acquisizione della saggezza. II naQoq assolve a una funzione paideutica e didattica, in quanto attraverso il

    naQoq si realizza il p&Ooq: la sofferenza e il mezzo di cui Zeus si serve per condurre gli uomini alia conoscenza: in questo consiste la xotpiq, la grazia, il

    dono, il bene che il dio realizza negli uomini e che il poeta definisce piocioq perche Zeus lo realizza negli uomini anche con la forza, contro la loro volonta128.

    Alcuni, come Page129 e Lloyd-Jones 13?, hanno sostenuto che nell'inno a Zeus Eschilo non dice nulla di nuovo rispetto a Esiodo. In Op. 274-85 Zeus e presen tato come garante di giustizia: Zeus dispone di trentamila custodi che vigilano sulle azioni degli uomini, e Dike, figlia di Zeus, e venerata dagli dei dell'Olimpo e quando qualcuno la offende subito si siede presso il trono del padre e denuncia

    l'ingiustizia degli uomini affinche egli li punisca. I vv. 274-85 citati sopra sono i cardini della concezione esiodea: i pesci, le fiere, gli uccelli si divorano Tun Paltro perche Dike non e tra loro; ma agli uomini Zeus ha dato la giustizia, che e la piu bella di tutte le cose; per questo all'uomo che riconosce cio che e giusto e lo proclama Zeus concede prosperity ma chi calpestera la giustizia sara colpito da punizione e la sua progenie sara oscura. II concetto di giustizia che scaturisce da questi versi e piuttosto elementare e primitivo e coincide con la legge del

    taglione. Secondo Lloyd-Jones in Eschilo non ci sarebbe niente di diverso. A

    quanti sostengono che la legge del 7ia0ei paGoq, enunciata da Eschilo, implichi un miglioramento o una purificazione del carattere dei mortali attraverso la

    disciplina della sofferenza, Lloyd-Jones risponde che ne Agamennone, ne

    Clitemnestra, ne Egisto sono purificati o nobilitati: essi sono semplicemente uccisi, e se una lezione pud essere appresa dalla loro vicenda, questa e che chi sfida la

    legge di Zeus viene inevitabilmente annientato. In conclusione, dunque, in Eschilo non ci sarebbe nulla di diverso rispetto ad Esiodo. Lo stesso rcaGei pocGoq, da cui molti studiosi hanno tratto quelle che Lloyd-Jones polemicamente chiama

    "quasi-Tolstoyan theories of redemption through suffering" (p. 62) non sarebbe altro che la semplice ripresa di un'espressione proverbiale che ricorre anche in un famoso passo delle Opere e i Giorni, ricordato anche sopra, in cui Esiodo solennemente invita l'ingiusto fratello a preferire Dike a Hybris:

    5iKT| 5' i)7iep ftppux; ic%ei kq xekoq ti^XQovca. rcaGcov 5e xe vrptioq eyvco. (vv. 218-19)

    In Esiodo l'espressione rcaGcov 8e xe vrpuoq eyvco sta a significare che, quando incorre nella punizione di Zeus, anche lo stolto comprende di aver sbagliato. Dare al passo di Eschilo la stessa interpretazione significa fraintenderlo completamente. Certo, se si assegna al p&Goq di Eschilo, come fa Lloyd-Jones, il valore di una

    purificazione di ordine morale, nessuno si sente di applicarla ai personaggi deWOrestea.

    Le argomentazioni di Lloyd-Jones possono essere confutate solo mostrando

    quale sia in Eschilo Pesatto valore di pocGoq e in che modo lo si possa applicare alle vicende della casa di Atreo. A ben riflettere sembrerebbe che al pocGoq di v.

    128 Cfr. Di Benedetto, La saggezza di Agamennone, 168-69. 129 Cfr. il suo commento a\Y Agamennone, pp. 85-86. 130 Cfr. Lloyd-Jones, Zeus in Aeschylus, 61-67.

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  • 46 A. MARTINA

    177 debba essere attribuito un valore non morale ma intellettuale: questo termine

    coincide, infatti, con il (ppovetv di vv. 176 e con il ococppovetv di v. 181, e

    ccocppoveTv, come giustamente osserva Headlam nella sua nota ad Eum. 520, "is

    synonymous with yvcovcu oeocotov, to know your place in relation to the gods and to your fellow-men". Anche cosi intesa la norma del TidOei LidGoq non pud trovare nessuna applicazione nel personaggio di Agamennone: egli fino a (e durante) la sua apparizione sulla scena non impara nulla. Ma questo non deve

    sorprenderci. Eschilo stesso ce ne spiega il motivo: a partire dal momento in cui

    prende la decisione fatale in Aulide, egli e accecato daH'ccXdoxcop, incapace di

    (ppovr|Gi

  • LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS 47

    timo discendente di questa stirpe e lo libera dalla catena di colpa ed espiazione. II significato della vicenda della casa degli Atridi va ricercato nell'inno a Zeus, che non e piu l'omerico naxi\p avSpcov xe 0ecov xe, padre degli dei e degli uomini, ma la problematica denominazione di una certezza assoluta: quella che tutto quanto accade nel cosmo abbia un senso, rientri in un ordine. La scoperta di questa legge e il compenso che tocca a chi soffre: l'intero percorso poetico e

    ideologico della trilogia, dal patimento alia salvezza, dal contrasto alia pacifica zione, e presentito neH'antinomia delle sue manifestazioni; e l'ambigua luce di

    gioia e sgomento che si coglie nelPatmosfera dell'inizio e si risolve in un'inter

    pretazione concettuale dell'esistenza.

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    Article Contentsp. [9]p. 10p. 11p. 12p. 13p. 14p. 15p. 16p. 17p. 18p. 19p. 20p. 21p. 22p. 23p. 24p. 25p. 26p. 27p. 28p. 29p. 30p. 31p. 32p. 33p. 34p. 35p. 36p. 37p. 38p. 39p. 40p. 41p. 42p. 43p. 44p. 45p. 46p. 47

    Issue Table of ContentsAevum, Anno 81, Fasc. 1 (Gennaio-Aprile 2007), pp. 1-344Front MatterIL PROBLEMA DEGLI ESITI DI i- IN GRECO [pp. 3-8]LA VIOLENTA GIUSTIZIA DI ZEUS (AESCHYL. AGAM. 182-183) [pp. 9-47]IL TAGLIO DEL PONTE DI BARCHE SULL'ELLESPONTO E L'INGANNO DI TEMISTOCLE [pp. 49-64]GLI STRATEGHI FOCESI NELLA TERZA GUERRA SACRA: FILOMELO [pp. 65-85]UN PROFILO DELL'ATTORE TEODORO DI ATENE [pp. 87-131]QUANDO IL LIBRO SI PRESENTA DA S: ARMA VIRUMQUE E I TITOLI DELLE OPERE ANTICHE [pp. 133-147]VENDERE CONTESE E AFFITTARE PAROLE: SEN. HERC. FUR. 172-174 E UN GIUDIZIO (SPREZZANTE) SUL MESTIERE DELL'AVVOCATO [pp. 149-158]L'ARA CLEMENTIAE NELLA TEBAIDE DI STAZIO (XII 481-518) [pp. 159-170]FONTI NOTE E MENO NOTE SULLE ORIGINI DEI VANGELI: APPUNTI PER UNA VALUTAZIONE DEI DATI DELLA TRADIZIONE [pp. 171-185]DIVUS, AETERNITAS, NUMEN, TEOLOGIA IMPERIAL EN LA LEGISLACIN TARDOANTIGUA? [pp. 187-200]UT PUTA SI DICAM GRAMMATICI LATINI E ORALIT [pp. 201-212]REIVINDICACIN DEL INVIERNO EN UNA INSCRIPCIN LATINA, MUSIVA, DE TARAZONA DE LA MANCHA (ALBACETE) [pp. 213-222]UN FRAMMENTO DELLA PRO MILONE TRA LE FILZE DI FRANCESCO BRESCIANI, NOTAIO ED ERUDITO CREMONESE [pp. 223-226]AURELIO GIUSEPPE AMATUCCI STUDIOSO DI LETTERATURA CRISTIANA ANTICA [pp. 227-253]CRONACAIL CONVEGNO DI STUDI "BENEDETTO RIPOSATI: RICORDO DI UN MAESTRO" [pp. 255-259]LA RIFLESSIONE SUL TEATRO NELLA CULTURA ROMANA [pp. 261-265]

    RECENSIONIReview: untitled [pp. 267-270]Review: untitled [pp. 270-273]Review: untitled [pp. 274-275]Review: untitled [pp. 275-280]Review: untitled [pp. 280-282]Review: untitled [pp. 282-284]Review: untitled [pp. 284-285]Review: untitled [pp. 285-287]Review: untitled [pp. 287-289]Review: untitled [pp. 289-292]Review: untitled [pp. 292-294]Review: untitled [pp. 294-299]Review: untitled [pp. 299-303]Review: untitled [pp. 303-311]Review: untitled [pp. 311-317]Review: untitled [pp. 317-320]Review: untitled [pp. 320-322]Review: untitled [pp. 322-323]

    ANNUNZI BIBLIOGRAFICIReview: untitled [pp. 325-325]Review: untitled [pp. 325-326]Review: untitled [pp. 326-328]Review: untitled [pp. 329-330]Review: untitled [pp. 330-331]Review: untitled [pp. 331-332]Review: untitled [pp. 332-333]Review: untitled [pp. 333-334]Review: untitled [pp. 335-335]Review: untitled [pp. 335-336]Review: untitled [pp. 337-338]Review: untitled [pp. 338-339]Review: untitled [pp. 339-340]Review: untitled [pp. 340-341]

    LIBRI RICEVUTI [pp. 343-344]Back Matter