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Facoltà di Medicina Veterinaria
Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria
Tesi di Laurea in Ispezione degli Alimenti di Origine Animale
La Ventricina del Vastese:aspetti tecnologici e produttivi di un
prodotto tipico della Regione Abruzzo.
Candidato: Relatore:Daniela Polimeno Chiar.mo Prof. Alberto Vergara
Correlatore: Dott. Raffaele Sebastianelli
Anno accademico 2012 – 2013
INDICE
INTRODUZIONE …................................................................................................ 1
CAPITOLO 1: I SALUMI
1.1 Prodotti di salumeria …............................................................................ 3
1.2 Salumi ….................................................................................................. 4
1.3 Caratteristiche microbiologiche dei insaccati fermentati ….................... 6
1.4 Prodotti tipici e tradizionali …............................................................... 12
CAPITOLO 2: LA VENTRICINA
2.1 Cenni storici …....................................................................................... 17
2.2 Caratteristiche tecnologiche ….............................................................. 20
2.3 Fasi di produzione …............................................................................. 22
2.4 Caratteristiche fisico-chimiche e microbiologiche …............................ 28
2.5 Aspetti tecnologici legati all'utilizzazione del peperone ........................ 31
2.6 Disciplinare di produzione della Ventricina del Vastese DOP …........... 37
SCOPO DELLA TESI …....................................................................................... 43
MATERIALI E METODI …................................................................................. 44
RISULTATI …......................................................................................................... 45
CONCLUSIONI …................................................................................................. 56
BIBLIOGRAFIA …................................................................................................ 58
ALLEGATO 1 ….................................................................................................... 63
ALLEGATO 2 …..................................................................................................... 70
INTRODUZIONE
I salumi comprendono una grande varietà di prodotti; la loro origine e produzione
abbracciano una vasta zona geografica e sono il frutto di un’antica tradizione che
trova le sue origini già nella cultura egiziana (1166 a.C), omerica (1000 a.C), etrusca
(600-500 a.C.) e romana.
L’origine dei salumi si colloca nell'area mediterranea, soprattutto nella penisola
italiana, grazie ad alcune particolarità, prima tra tutte le caratteristiche climatiche
delle aree temperate caratterizzate da inverni freddi ed estati calde, e da un'ampia
disponibilità di sale marino. Un altro fattore che ha dato grosso impulso alla
produzione di questi alimenti è stato il commercio di prodotti conservati lungo le vie
dell’impero romano, come fonte di sostentamento per la popolazione urbana e per gli
eserciti. Lungo le vie commerciali erano, infatti, trasportati siccamen (carne secca),
perna (prosciutti), lardum, sulcia, insiccia e lucanica, salumi provenienti dalla
Lucania (Ballarini, 2004). In Italia, tra il XII e il XVII secolo si osserva un forte
sviluppo dei mestieri legati alla trasformazione delle carni del maiale. In quel periodo
si affaccia la figura del norcino che, grazie alla sua abilità, dà vita alla creazione di
nuovi prodotti di salumeria. Tali attività rivestivano carattere stagionale, in quanto il
maiale veniva ucciso una volta all'anno e non c'erano le tecniche di conservazione
della carne fresca che oggi conosciamo. L'eredità dei norcini è passata agli artigiani e
al mondo dell'industria alimentare, sempre pronto a dar vita a produzioni innovative,
recuperando antiche ricette (salumi-italiani.it).
Oggi, nel XXI secolo, i salumi italiani sono considerati prodotti prelibati ed unici
nella loro gran diversità. Ogni Regione e in alcuni casi nell'ambito della stessa, ogni
Comune, ha uno o più prodotti legati fortemente alla tradizione del territorio. A
testimonianza di tale patrimonio le numerose certificazioni di tutela DOP
(Denominazione di Origine Protetta), IGP (Identificazione Geografica Protetta) e
STG (Specialità Tradizionale Garantita) che sono state attribuite ai vari prodotti della
tradizione norcina italiana.
All’interno di questa grande varietà di salumi si annovera la Ventricina del Vastese,
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salume tradizionale, prodotto in quella zona a confine tra Abruzzo e Molise
delimitata dai fiumi Trigno e Sinello. Nel 1998 alcuni produttori locali, hanno
fondato un'associazione denominata “Accademia della Ventricina”, con lo scopo di
avviare un primo tentativo di tutela del prodotto. L'attività di tale associazione ha
portato a far conoscere il prodotto a livello nazionale con il suo inserimento
nell'Atlante nazionale dei prodotti tipici, attraverso la creazione di un Marchio
Collettivo di Qualità (Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura-
CCIAA, di Chieti). Ad ulteriore conferma della tipicità del prodotto nonché della
relativa zona di origine, nel giugno 2007 è stato presentato il “Disciplinare di
Produzione” per il riconoscimento del marchio comunitario DOP.
La qualità e le caratteristiche uniche della Ventricina del Vastese sono testimoniate
dagli ottimi risultati ottenuti nelle 8 Edizioni del Campionato Italiano del Salame,
dove essa si è posizionata spesso sul podio o comunque fra i finalisti, vincendo premi
speciali come “Miglior salame al peperoncino” e “Miglior salame piccante”. L'ultimo
premio risale a giugno 2013 dove ben 2 aziende produttrici di Ventricina del Vastese
si sono classificate al primo e secondo posto al Campionato Italiano del salame
naturale.
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CAPITOLO 1: I SALUMI
1.1- Prodotti di salumeria
Per prodotti di salumeria (Fig. 1) comunemente si intendono i prodotti a base di
carne, di grasso, di frattaglie, di sangue, in pezzi singoli o sotto forma di miscuglio
più o meno finemente triturato, al quale sono aggiunti sale, spezie, additivi, altri
ingredienti e, spesso, microrganismi selezionati, allo scopo di ottenere una
conservazione più o meno lunga nel tempo, una particolare aromatizzazione, una
colorazione simile a quella della carne fresca, ma resistente alla cottura e
all'essiccamento.
Figura 1: Prodotti di salumeria (www.reggioeventi.it)
I prodotti ottenuti dalla trasformazione delle carni identificano uno degli elementi più
suggestivi della cultura dei popoli, esaltano ed incarnano l'immaterialità della
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tradizione che negli anni si sedimenta, si arricchisce e nel contempo si armonizza con
le esigenze della modernità. In essi si sintetizzano e si annidano gli irripetibili fattori
ambientali, le maestrie tramandate di generazioni in generazioni, i razionali e spesso
empirici metodi produttivi (Amadoro, 2010).
La tradizione di conservare le carni con l'impiego del sale e protette, ove opportuno,
con involucri naturali è antichissima. Pure essendo sempre riconducibili ad alcuni
principi di conservazione comuni e tipologie di prodotti ben identificati, le
caratteristiche delle carni salate (in pezzi) e degli insaccati, crudi, cotti, stagionati e
in alcuni casi affumicati o da destinare alla successiva cottura, sono molto varie. La
lunga e lenta azione del sale (stagionatura) è efficace per controllare molti pericoli
microbiologici, ma non tutti (ad es. Listeria monocytogenes); i tempi di stagionatura,
unitamente al grado di disidratazione, di acidificazione, alla concentrazione salina e
alla temperatura di lavorazione, sono i fattori che devono essere attentamente valutati
e controllati per il conseguimento degli specifici obiettivi. L'impiego di additivi
alimentari, la gestione della qualità, anche quella sanitaria, delle materie prime e il
controllo delle condizioni di produzione, che devono corrispondere agli standard di
igiene e alle buone pratiche di lavorazione, devono essere curati dalle industrie e
dagli artigiani, principali responsabili del controllo di tutti i pericoli che possono
rendere insicuri o pericolosi i prodotti di salumeria (Trevisani e Rosmini, 2008).
1.2- I salumi
Il termine salume identifica, in maniera generica i prodotti alimentari a base di carne
trattati e conservati per mezzo della salagione. La carne più utilizzata per la
produzione dei salumi è quella suina, da sola o miscelata con carni bovine, equine,
ovine e di specie avicole (polli, oche, tacchini)(Grazia e Zambonelli, 2006). La parte
grassa è sempre di origine suina in quanto dotata di caratteristiche tecnologiche ed
organolettiche superiori rispetto a quelle del grasso proveniente da altre specie
(Amadoro, 2010).
I salumi sono una categoria alimentare molto ampia che può essere classificata in
base all'area di produzione (Stato o Regione), tipologia di carne, tipo di preparazione,
aromi e/o involucri utilizzati. In Italia la produzione di salumi è molto sviluppata;
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sono presenti numerose specialità di salumeria, che riflettono le abitudini alimentari
caratteristiche delle diverse realtà regionali e locali (Zambonelli et al, 1992).
I salumi possono essere classificati in funzione della modalità di produzione e dei
trattamenti utilizzati in: salumi non insaccati, ossia a pezzo anatomico intero, e
salumi insaccati (Tab. 1).
I salumi non insaccati sono rappresentati da una serie di prodotti ottenuti attraverso la
salagione, l'aggiunta di spezie e l'eventuale cottura ed affumicatura di parti
anatomiche intere comprensive di struttura ossea (coscia, spalla, ecc.) oppure
disossate (lombi, coppa, pancetta ecc). Tra i principali prodotti appartenenti a questa
categoria si annoverano: prosciutto crudo, coppa, pancetta, bacon, prosciutto cotto.
I salumi insaccati, prodotti a partire da carni crude e tritate, si dividono in due grandi
categorie: fermentati e non fermentati. Gli insaccati fermentati sono rappresentati da
salami di vario tipo. Secondo il Decreto del Ministero delle attività produttive del
21/9/2005 per salame si intende “il prodotto di salumeria, costituito da carni ottenute
da muscolatura striata appartenente alla carcassa di suino con aggiunta di sale ed
eventualmente di carni di altre specie animali, macinate e miscelate con grasso suino
in proporzioni variabili ed insaccato in budello naturale o artificiale. […] Il salame è
asciugato e stagionato in condizioni climatiche suscettibili di determinare, nel corso
di una graduale riduzione di umidità, l'evolversi di fenomeni fermentativi ed
enzimatici naturali tali da comportare modificazioni che conferiscono al prodotto le
caratteristiche organolettiche tipiche e tali da garantire la conservazione e la salubrità
in condizioni normali di temperatura ambiente. [...]”. Gli insaccati fermentati sono
quindi ottenuti dalla fermentazione lattica di carni crude tritate, salate e miscelate con
grasso, addizionate di varie spezie, insaccate e pressate in budelli naturali o sintetici.
Gli insaccati non fermentati invece sono rappresentati da salsicce, cotechini e
zamponi e non subendo nessuna azione fermentativa non possono essere consumati
crudi ma devono essere sottoposti a cottura prima del consumo.
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Prodotti carneisalati
Pezzo anatomicointero
Crudi
Affumicati Prosciutto di Praga, bacon, speck
Non affumicati Prosciutti, culatello, lardo, bresaola
Cotti
Affumicati Prosciutto cotto affumicato
Non affumicati Prosciutto, spalla, arista, arrosto
Carne tritata
Crudi
FermentatiAffumicati Salame ungherese,
salame napoletano
Non affumicati
Salami
Non fermentati
Non affumicati
Salsiccia, cotechino, zampone
CottiAffumicati Wurstel
Non affumicati Mortadella
Tabella 1: Classificazione dei prodotti carnei salati (Zambonelli, 1992)
1.3- Caratteristiche microbiologiche degli insaccati fermentati
Gli insaccati carnei fermentati sono il risultato delle trasformazioni microbiologiche,
biochimiche, fisiche e sensoriali che avvengono a carico di un impasto carneo
costituito da parti magre, grasso e vari ingredienti e/o additivi, insaccato in budelli
naturali o artificiali, nel corso della loro maturazione in determinate condizioni di
umidità e temperatura. Gli insaccati fermentati sono carni la cui stabilizzazione nei
confronti delle alterazioni è assicurata da una serie di eventi microbiologici,
biochimici e fisici quali:
– l'abbassamento del pH come conseguenza della fermentazione lattica del
glicogeno o di glucidi eventualmente aggiunti;
– l'abbassamento dell'attività dell'acqua (aw) per effetto dell'aggiunta di sale e
della disidratazione che accompagna la stagionatura;
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– le condizioni termo-igrometriche che ricorrono durante la maturazione, che in
genere risultano favorevoli ai microrganismi “utili” e sfavorevoli a quelli
dannosi;
– la produzione di sostanze dotate di attività antimicrobica;
– l'eventuale aggiunta di additivi antimicrobici;
– l’azione dell'eventuale pratica di affumicamento.
Nel processo tecnologico che porta alla produzione dei salumi, è prevista l’aggiunta
di: sale, conservanti, spezie, zuccheri e starter microbiologici.
In particolare, la salagione viene eseguita per addizione diretta del sale (NaCl,
cloruro di sodio) all’impasto (miscelamento) in quantità comprese tra il 2,5 e il 4%,
in funzione del tipo di prodotto. Per effetto della perdita di umidità nel corso della
maturazione, la concentrazione di NaCl raggiunge valori di 3,5-6% nei prodotti finiti
(Amadoro, 2010).
I nitrati ed eventualmente i nitriti, utilizzati come conservanti, sono aggiunti sotto
forma di nitrato di sodio, NaNO3 (E251), oppure nitrato di potassio, KNO3 (E252), e
di nitrito di sodio, NaNO2 (E250), oppure di nitrito di potassio, KNO2 (E249). Le
quantità consentite dalla legislazione vigente sono di 300 mg/Kg per i
nitrati e di 150 mg/Kg per i nitriti (Reg. UE 1129/2011). I nitrati vengono ridotti in
nitriti per azione di enzimi endogeni e microrganismi sin dalle prime fasi della
maturazione.
Le spezie hanno la funzione di conferire al prodotto gusti ed aromi particolari;
generalmente si utilizzano pepe, (intero, spaccato o in polvere), aglio (tritato o
pestato ed eventualmente macerato in vino rosso), semi di finocchio, peperone dolce
o piccante o altro, in funzione della ricetta.
Gli zuccheri (glucosio, saccarosio o lattosio), sono aggiunti come substrato nutritivo
per i batteri lattici che, fermentandoli, determinano l’abbassamento del pH.
Gli starter microbici sono invece delle colture selezionate di batteri lattici, aggiunte,
allo stato secco (liofilizzati), oppure in sospensione, per controllare la fermentazione
lattica. Le specie utilizzate sono Lactobacillus plantarum o Pediococcus acidilactici
o pentosaceus (Amadoro, 2010).
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Figura 2: Diagramma di flusso degli insaccati stagionati.
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Il ciclo produttivo (schematizzato nel diagramma di flusso della Fig. 2) inizia con la
scelta delle carni, che vengono prima mondate, cioè liberate da tendini, connettivo,
aponeurosi, grasso, successivamente lasciate riposare a basse temperature per 12 ore
e poi tagliate, oppure direttamente tagliate in pezzi e passate nel tritacarne o
apparecchio analogo, i cui fori avranno diametro diverso a seconda del tipo di
insaccato. Al taglio può seguire un ulteriore periodo di riposo di 12 ore. Viene quindi
aggiunto il grasso suino, tritato o ridotto a cubetti a seconda del tipo di insaccato, e la
concia. Il tutto viene ben mescolato e passato nuovamente nel tritacarne. Una volta
mescolato l'impasto si procede all'insaccamento in involucri naturali o artificiali e
all'applicazione delle parti accessorie quali spago e bollo metallico.
La fase finale varia con il tipo di prodotto:
– gli insaccati freschi da consumarsi cotti sono pronti per la vendita subito dopo
la fase di insaccamento;
– gli insaccati cotti vengono posti in apposite stufe per la cottura e
successivamente sottoposti a raffreddamento con docce di acqua a
temperature di 8-10°C o inferiore (Tiecco, 2000);
– gli insaccati stagionati sono sottoposti alla stagionatura nel corso della quale
assumono le caratteristiche proprie dei prodotti finiti. Appesi su appositi
supporti, i salami vengono posti in camere condizionate e ventilate dove
subiscono una serie di trasformazioni, per effetto di vari fattori di natura
fisica, microbiologica e biochimica che, nel loro insieme, danno luogo alla
maturazione. La stagionatura consiste in tre differenti fasi, che si succedono
in un periodo variabile dai 15 ai 90 giorni ed oltre, distinte per le condizioni
di temperatura e umidità relativa dell’ambiente e per la durata: stufatura,
asciugatura e stagionatura vera e propria (Zambonelli, 1992).
La stufatura è la prima fase della stagionatura durante la quale si realizzano i
principali eventi microbiologici, con lo sviluppo della microflora utile e l’inibizione
di quella dannosa. Le camere sono condizionate a temperatura di 18-26°C e a
umidità relativa (UR) di 84-90%, per un tempo di 1-4 giorni. In questo periodo si
realizza un primo abbassamento del pH e dell’aw che passa dai valori iniziali di 0,95-
0,97 dell’impasto fresco, a valori di 0,93-0,95. Durante l’asciugatura, fase che segue
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la stufatura, la temperatura viene abbassata fino a 16-22°C con un UR del 90-80%
per un tempo di 5-10 giorni. In questa fase la fermentazione lattica degli zuccheri
giunge al termine e il pH si abbassa ulteriormente fino a valori di 5,3-4,9 prossimi a
quelli definitivi. L’aw diminuisce fino a 0,93 per via dell’ulteriore perdita di umidità e
sulla superficie esterna del budello diviene visibile lo sviluppo delle muffe. Uno
scorretto condizionamento in questa fase, può portare ad una eccessiva disidratazione
con conseguente formazione di incrostazioni e indurimento.
L’ultima fase, quella di stagionatura vera e propria è la più lunga; nel corso di questa
non si ha più lo sviluppo di batteri ma si realizzano le reazioni biochimiche alla base
della maturazione. La sua durata varia notevolmente in funzione del tipo di prodotto
ed è compresa tra 4 e 8 settimane; le temperature sono comprese tra 10 e 15°C
mentre l’UR viene abbassata fino all’80-65%. Sulla superficie esterna dei budelli, lo
sviluppo delle muffe, che raggiunge il massimo, oltre a regolare gli scambi idrici tra
le parti superficiali e quelle interne del prodotto, ne provoca la parziale
disacidificazione, con risalita del pH.
Durante la maturazione, che dura all’incirca dai 15 ai 90 giorni e più, secondo il tipo
di prodotto, nell’impasto si realizzano tutte le modificazioni che conducono al
prodotto finito. Tali trasformazioni sono dovute all’azione combinata di fattori
chimici, fisici, biochimici e microbiologici. L’umidità diminuisce considerevolmente
fino a valori del 27-45%, con conseguente diminuzione dell’aw e aumento della
concentrazione dell’NaCl. Queste condizioni, causano un’ulteriore azione inibente e
selettiva nei confronti della microflora presente. Complessivamente i prodotti maturi
hanno una perdita di peso di circa il 25-30%. Il pH si abbassa, passando da valori
iniziali di 5,6-6,2 a valori finali di 4,9-5,3 anche in dipendenza dell’impiego o meno
di zucchero e dalla quantità eventualmente aggiunta (Amadoro, 2010).
La popolazione microbica presente nei salami è rappresentata da molte specie che,
sviluppandosi, interagiscono tra loro determinando il sopravvento dell'una o
dell'altra. L'aggiunta di NaCl risulta per questo motivo determinante in quanto,
abbassando l'aw a valori inferiori a 0,97, determina l'inibizione della maggior parte
della microflora contaminante Gram negativa, lasciando sviluppare solo i
microrganismi alotolleranti che possono essere suddivisi in tre gruppi in base al ruolo
svolto nel prodotto:
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– Microrganismi utili che rivestono un ruolo primario nel favorire reazioni
importanti per tutto il processo di stagionatura, come i batteri lattici
appartenenti ai generi Lactobacillus (L. sakei, L. plantarum, L. curvatus, L.
alimentarius) e Pediococcus (P. pentosaceus e P. acidilactici) e le
Micrococcaceae dei generi Kocuria e Staphylococcus coagulasi negativi (S.
carnosus, S. simulans, S. xylosus);
– Microrganismi alteranti , gruppo nel quale rientrano microrganismi che
impartiscono ai prodotti caratteristiche organolettiche non gradevoli
incidendo negativamente sulla qualità del prodotto finito. A tale microflora
appartengono gli Enterococchi (E. faecium, E. faecalis), Serratia
marcenscens, Brochothrix thermosphacta, e anche batteri lattici
eterofermentanti obbligati;
– Microrganismi patogeni in grado di arrecare danno alla salute del
consumatore, rappresentati da Staphylococcus aureus, Yersinia enterocolitica,
Clostridium botulinum e Salmonella spp (Zambonelli, 2001). La popolazione
batterica dell'impasto proviene principalmente dalla materia prima
(eventualmente contaminate da cute e contenuto dell'apparato digerente
dell'animale macellato) a cui vanno aggiunti gruppi batterici derivati da altre
fonti come l'acqua, l'ambiente, le attrezzature di lavorazione e gli altri
ingredienti utilizzati come le spezie.
Durante la fase di stagionatura/maturazione si verifica una selezione microbica che
può essere spiegata mediante la teoria degli ostacoli di Leistner (1995) che prevede,
per controllare i microrganismi negli alimenti, l'utilizzo congiunto di più fattori (pH,
aw, NaCl) o tecniche. L’impiego di temperature di 20-24°C durante le fasi di
asciugatura, favorisce lo sviluppo di germi mesofili rispetto a quelli psicrotrofi; tale
azione è potenziata dalla concomitante riduzione dell’umidità. La concentrazione
salina, favorisce la selezione di batteri utili, alotolleranti, con scomparsa dei Gram
negativi psicrotrofi alteranti che invece necessitano di valori di aw ben più elevati. La
presenza di nitriti, o perché aggiunti intenzionalmente, o perché derivanti dalla
riduzione dei nitrati, provoca la scomparsa dei clostridi e favorisce lo sviluppo dei
cocchi. La diminuzione del potenziale redox (Eh), cioè la capacità di un substrato di
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perdere o legare elettroni, inibisce i microrganismi aerobi stretti o facoltativi
(Pseudomonas, Micrococcus, Bacillus, Enterobatteri) e accelera la moltiplicazione di
germi microaerofili quali: Pediococcus, Lactobacillus, e aerobio-anaerobio
facoltativi tra cui: Staphylococcus spp. L’accumulo dei composti derivanti dal
metabolismo batterico (acidi organici, talvolta batteriocine), incide ulteriormente a
determinare la scomparsa dei Gram negativi (Amadoro,2010).
1.4- Prodotti tipici e tradizionali
Negli ultimi anni, si va delineando una generale riscoperta del concetto di naturalità e
una crescente domanda di genuinità da parte dei consumatori di tutto il mondo di
tutto il mondo. Tutto ciò si traduce nella ricerca e promozione di tutti quei prodotti
ottenuti con passione e tecniche artigianali legate alla tradizione. Non a caso la
Comunità Europea si è chiesta, nel corso degli anni, come il consumatore europeo
percepisse i prodotti agroalimentari di qualità. Da tale indagine si evince che a livello
comunitario la qualità viene riconosciuta intrinsecamente legata all'origine
geografica (legame con il territorio), alla tradizione della lavorazione (tradizionalità
del processo produttivo e talento dell'uomo) e all'impiego di pratiche ecocompatibili
rispettose dell'ambiente e della salute dell'uomo (ad es. prodotti biologici ottenuti
mediante un impiego ridotto di pesticidi e fertilizzanti). A fronte di ciò, l'UE ha
inteso proteggere e valorizzare questi prodotti con appositi regolamenti volti al
riconoscimento dei marchi di origine (Schirone et al, 2007)
Molte volte i termini tradizionale e tipico sono confusi, ritenendoli sinonimi, mentre
esiste tra loro una netta distinzione. Per prodotto tradizionale si intende un prodotto
legato alla tradizione, alla continuità delle informazioni che non subiscono
interruzioni e si trasmettono di generazione in generazione. Tutte le fasi di
realizzazione di un prodotto tradizionale sono tramandate nel tempo e si tratta
pertanto di un sapere pratico. Ogni fase della lavorazione come la raccolta delle
spezie, i tempi, i ritmi di lavorazione sono osservati e riprodotti. Tradizionale, è ciò
che viene trasmesso, “tradito” di persona in persona, di generazione in generazione,
dove il flusso delle informazioni, di insegnamento e di pratica si fondono. Il prodotto
tipico è contraddistinto da una unicità; ha caratteristiche specifiche legate ad un
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contesto di tempo, luogo e relazioni che cambiano con il mutare di questi; estrarre
questi prodotti quindi al loro contesto significa eliminare quei caratteri di luogo,
tempo e relazioni a cui essi devono la loro specificità. Va a questo proposito
evidenziata l'importanza del significato del binomio storia-territorio che conferisce al
prodotto tipico un insieme di caratteristiche che sono di particolare valore e non
altrimenti riproducibili (Angelini, 1999).
A livello legislativo con la definizione di “prodotti tipici” sono indicati tutti quei
prodotti che hanno ottenuto dall'UE un riconoscimento:
- Denominazione di origine protetta (DOP - Fig. 3): ai
sensi del Regolamento CE n. 510/2006 è la
denominazione attribuita per identificare un prodotto la
cui “produzione, trasformazione ed elaborazione” hanno
luogo in un'area geografica ben delimitata, in base ad
un'esperienza riconosciuta e constatata e secondo un
determinato processo produttivo, definito in un apposito
disciplinare di produzione. La materia prima di base
deve provenire dalla zona indicata e in tale zona deve essere completamente
trasformata ed elaborata; le caratteristiche finali del prodotto devono derivare
inequivocabilmente dall'ambiente geografico (inteso come comprensivo anche del
fattore umano) (Schirone et al, 2007). Il marchio DOP all'inizio era di colore blue e
giallo ma il Reg. 628/2008 recita che “appare opportuno agevolare, agli occhi del
consumatore, la distinzione tra Denominazione di Origine Protetta e Indicazione
Geografica Protetta. A questo scopo è indicato ricorrere all’uso di colori diversi per i
simboli relativi a queste due indicazioni”.
- Identificazione geografica protetta (IGP – Fig. 4):
secondo il Regolamento CE n. 510/2006 si attribuisce a
quei prodotti il cui legame con una specifica area
geografica è rappresentato da “ almeno una delle fasi
della sua preparazione”. Il riconoscimento IGP è
concesso a quei prodotti agroalimentari in cui una o più
fasi del processo produttivo (produzione,
trasformazione, elaborazione) si svolgono in un'area
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Figura 3: Marchio DOP
Figura 4: Marchio IGP
geografica delimitata, da cui traggono il nome. Tali fasi devono essere quelle
fondamentali per conferire al prodotto le sue caratteristiche peculiari, stabilite da un
apposito di disciplinare di produzione.
- Specialità tradizionale garantita (STG – Fig. 5)
secondo il Regolamento CE n. 509/2006 (ex Reg.
2082/92): questa dicitura non fa riferimento ad una
origine ma ha per oggetto la valorizzazione di una
composizione o di un metodo di produzione
tradizionale. Il riconoscimento STG è concesso a quei
prodotti agroalimentari che sono ottenuti secondo un
metodo di lavorazione tradizionale, al fine di tutelarne la
specificità. In questo caso è la tipicità della ricetta ad
essere riconosciuta e tutelata dall'UE, a differenza dei riconoscimenti DOP e IGP che
tutelano il prodotto. Ad oggi in Italia gli unici prodotti a marchio STG sono la
mozzarella e la pizza napoletana (Schirone et al, 2007).
I marchi comunitari rappresentano strumenti di tutela di quei prodotti la cui
“specificità” deriva da un determinato ambiente geografico, comprensivo dei fattori
naturali e umani. In Italia, secondo il Reg. UE n. 1151/2012, sono ben 252 i prodotti
attualmente riconosciuti DOP e IGP. Quelli a base di carne rappresentano il 15% del
totale, con 37 prodotti certificati. La normativa nazionale, inoltre, tutela la categoria
dei prodotti tradizionali stilando un elenco nazionale dei prodotti agro-alimentari
tradizionali. Secondo l'elenco pubblicato dal MiPAAF (Ministero delle Politiche
Agricole Alimentari e Forestali) e aggiornato al 7 giugno 2012, sono presenti sul
nostro territori 4670 prodotti certificati di cui 911 ottenuti da carni fresche e loro
preparazioni.
La sopravvivenza delle produzioni tradizionali di salumi è dovuta soprattutto alle
molte famiglie rurali che continuano la tradizione della lavorazione del maiale,
accompagnate molte volte da piccoli produttori che mettono a disposizione del
mercato modiche quantità di prodotti, generalmente sempre inferiori rispetto a quelle
che sono le richieste.
Alla base di molte scelte alimentari del consumatore si assiste, infatti oggi, ad una
riscoperta della tradizione come legame con le proprie origini e radici e dalla
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Figura 5: Marchio STG
rivalutazione del prodotto tipico di salumeria è uno degli aspetti di questa tendenza.
Nel 2012, secondo le elaborazioni ASSICA sui dati ISTAT, le esportazioni dei salumi
italiani hanno superato quota 138.440 ton (+3,8%), segnando un nuovo importante
record in valore: 1,116 miliardi di euro (+7,2%). Questo dato positivo, che in termini
di fatturato è migliore sia di quello dell’industria alimentare (+6,9%) sia di quello
dell’industria nel suo complesso (+3,7%), è determinato in particolare da un vero e
proprio boom delle esportazioni extra UE (Fig. 6).
Figura 6: Grafico di esportazione dei salumi italiani nel 2012 (www.assica.it)
È importante notare che l’acquisto dei nostri salumi in Europa è cresciuto solo
dell’1,3% in quantità e del 4,6% in valore mentre le esportazioni verso i mercati
extracomunitari (USA, Giappone, Canada, Russia e Hong Kong) sono
complessivamente aumentati del 12,7% in quantità e del 16,5% in valore. Questi dati
sono il frutto, da una parte, della crisi internazionale, che coinvolge sempre più
l'Europa, e dall’altra della grande capacità delle imprese produttrici del settore di
penetrare sempre più a fondo in mercati geograficamente o culturalmente lontani.
Stimiamo che nel 2014 il flusso delle esportazioni possa aumentare di circa 10
milioni di euro (www.assica.it). L'elaborazione ANAS dei dati pubblicati da ISMEA
nel 2012 indica un calo generale del consumo di carne fresca del -1,8% rispetto
15
all'anno precedente; nello stesso periodo invece sono aumentati del 2,5% i consumi
di salumi in uguali proporzioni per i prodotti con e senza marchio DOP. Il consumo
in valore delle carni fresche ha subìto un lieve calo dello 0,1%, mentre il valore del
consumo in salumi è aumentato dell'1,9%. Nel complesso a partire dal 2014 il
consumo di carne di maiale nell’UE è previsto in tendenziale aumento fino alla fine
del prossimo decennio. La carne suina continuerà a rappresentare metà del consumo
comunitario totale di carni, con 40,8 kg di consumo pro-capite nel 2022, contro i
24,1 kg per il pollame, 15,7 kg per il manzo e il vitello e meno di 2,0 kg per le carni
ovine e caprine (www.ilpuntocoldiretti.it).
Da questi dati emerge come sia possibile per un prodotto tipico aumentare il proprio
spazio di crescita, inserendosi, con opportune politiche economiche, all’interno di un
mercato su larga scala, conservando le proprie caratteristiche peculiari che lo
rendono unico ed esclusivo.
16
CAPITOLO 2: LA VENTRICINA
2.1- Cenni storici
La Ventricina è un insaccato stagionato tipico della zona Abruzzese – Molisana,
delimitata dai fiumi Trigno e Sinello. Tale prodotto è definito come “salume,
insaccato crudo di carne suina, di taglia grande, forma sub-ovoidale ed a grana
grande, appartenente alla famiglia dei fermentati non affumicati, speziato con
peperone secco trito dolce o piccante” (Grazia e Tremonte, 2000).
L’origine del nome “Ventricina” deriva dal termine “ventre”: un tempo, i contadini
insaccavano le parti nobili del maiale, tagliate in pezzi più grandi di quelli attuali,
nello stomaco del suino. Si ottenevano dei palloni ovali di carne di quattordici–
quindici chili e quando si apriva la Ventricina, i pezzi stagionati grandi come una
mano si mettevano direttamente nel piatto per essere affettati (Cianci, 2013).
La nascita di questo prodotto tipico è collocata nel 1800 sebbene già nel XIV secolo
Giovanni Boccaccio nel Decameron fa riferimento ad un alimento che potrebbe
rappresentare un “antenato” dell'attuale Ventricina:
“... e quindi passai in terra d'Abruzzi dove gli uomini e le femmine vanno in zoccoli
su pè monti rivestendo i porci delle lor busecchie medesime...”.
Il termine Ventricina è apparso ufficialmente per la prima volta nel 1880 nel
“Vocabolario dell'uso abruzzese” di Gennaro Finamore (Lanciano, Carabba):
“Ventricine. sf. Salame di carne insaccata nella trippa [ventre, n.d.r.] del maiale
istesso”.
Tuttavia, le testimonianze storiche di inizio '800 annotano la presenza di un salume
riconducibile allo stesso alimento. La “Statistica del Regno di Napoli del 1811”,
voluta da Gioacchino Murat, riporta:
17
“il ventricolo del porco ripieno di carne condito di sale e di finocchi”.
Si evince quindi che ad inizio secolo la preparazione della Ventricina non prevedeva
l'utilizzo del peperone, da cui deriva la tipica colorazione rossa. Solo più tardi, a metà
del XIX secolo, si colloca la diffusione della coltivazione del peperone, che diventerà
ingrediente essenziale nella produzione della Ventricina. Ne consegue che tra il 1850
e il 1880 viene datato il passaggio dalla “Ventricina bianca”, descritta nella Statistica
murattiana, alla “Ventricina rossa”, definita da Gennaro Finamore.
Altri elementi di rilievo per una corretta collocazione storico-geografica della nascita
della Ventricina sono: la coltivazione delle citragnole (arance amare), utilizzate per la
lavatura della vescica o del ventricolo impiegati come involucri esterni, e la
diffusione dell'allevamento dei suini.
La coltivazione delle arance in Abruzzo interessa storicamente solo alcune aree peri-
urbane di Vasto (contrada Lame) come evidente da documenti del XV secolo. I
reperti storici riportano che i vaticali, ossia ambulanti che commerciavano dalla costa
verso l'interno, fornivano l'approvvigionamento di agrumi ai comuni del Circondario.
Si evidenzia pertanto la specificità vastese nella coltivazione delle citragnole che
permette di definire ulteriormente l'area di produzione della Ventricina (Murolo,
2001).
Per quanto concerne l'allevamento dei suini, sebbene i documenti dell'epoca siano
esigui, Giuseppe Iezzi ne “La Maiella e l'Abruzzo Citeriore” del 1919 afferma che:
– l'allevamento di suini nel XIX secolo era diffuso ed economicamente di
rilievo in diversi comuni dell'area vastese: Scerni, Carunchio, Casalanguida,
Casalbordino, Cupello, Fresagrandinaria, Furci, Torino di Sangro,
Villalfonsina e Bomba;
– l'industria delle carni salate, dei prosciutti e dei salami era presente nei paesi
di Bomba, Caranchio, Casalanguida, Castiglione Messer Marino, Celenza sul
Trigno, Colledimezzo, Scerni, Monteodorisio, Palmoli, Roccaspinalveti, San
Buono, San Salvo e Villalfonsina;
– la remunerativa produzione di Ventricina caratterizzava i paesi di Palmoli,
Roccaspinalveti e San Buono.
18
La concomitanza dei tre elementi sopracitati, ossia dell'allevamento estensivo di
suini, la coltivazione di agrumi e la diffusione del peperone, permette di collocare la
nascita della Ventricina nell'area del vastese nel XIX secolo.
È importante, inoltre, sottolineare che la tecnica di realizzazione della Ventricina
veniva tramandata di generazione in generazione portando alla nascita di diversi
metodi di lavorazione e conseguentemente all'esistenza di Ventricine con
caratteristiche simili ma diverse denominazioni: la “Ventricina di Guilmi”, la
“Ventricina di Montenero di Bisaccia” e la “Ventricina alla papalorica di
Montemitro”. Tali insaccati si distinguono per la scelta delle carni, la grandezza del
loro taglio, il quantitativo di peperone aggiunto all’impasto ed il tipo d’insacco
(Piccirilli, 2004-2005).
La produzione della Ventricina è tipicamente artigianale, tramandata da generazione
in generazione, come evidenziato nella lettera della signora Cristina Ranalli, inviata
alla figlia trasferitasi a Perth e datata Scerni 12 giugno 1959:
“[…] Nell'ultima lettera mi dici che da voi arrivato l'inverno e
vuoi provare a rifare qualche ventricina. La carne che devi
comprare la sai.
Taglia a pezzi grandi e devi impastare con 30 grammi di sale e 28
grammi di peperoni trito e un pizzico di fiore di finocchio.
Mi raccomando di impastare tre volte.
Tuo nonno Michelangelo mi ha sempre raccomandato di mettere a
curare le vesciche e le mulette due giorni con bucce d'arancio
tagliate fine, aglio e rosmarino.
Prima di riempire le vesciche passare in due litri di acqua e un
bicchiere d'aceto. Quando appendi le ventricine stai attenta a non
farle seccare subito se no ti spaccano[…] ”.
19
2.2- Caratteristiche tecnologiche
La Ventricina è un insaccato crudo di carne suina, a grana grande, appartenente alla
famiglia dei salumi fermentati non affumicati (Fig. 7).
Figura 7: Ventricina del Vastese (www.ventricineracciatti.it)
E' un salume di lunga stagionatura privo di additivi, conservanti di sintesi o naturali
ad eccezione delle spezie, quali peperone secco dolce e piccante, fiore di finocchio e
sale non iodato. La peculiarità che caratterizza la Ventricina è il colore rosso dovuto
all’aggiunta nell’impasto del peperone dolce in polvere, ed eventualmente di una
quantità variabile di peperone piccante. La coltivazione del peperone dolce o
piccante è tipica del basso Abruzzo e del Molise, dove è presente un clima
favorevole. Tale spezia, comunemente coltivata nell’areale di produzione della
Ventricina, ha avuto una rapida diffusione in virtù dei suoi pregi tecnologici
riconducibili ai caratteri sensoriali quale il colore, associato al benessere dalla
tradizione contadina, e le note di aroma e gusto.
La Ventricina è caratterizzata da una tecnologia di produzione in grado di conferire al
prodotto una particolare ed inedita collocazione nella classificazione dei salumi, al
confine tra gli insaccati fermentati ed i salumi a pezzo anatomico intero. L’impiego,
20
infatti, di cubetti di carne magra di discrete dimensioni, conferisce al prodotto
caratteristiche che si discostano notevolmente da quelle proprie della maggior parte
degli insaccati fermentati, per i quali è previsto l’impiego esclusivo di carne più o
meno finemente triturata. Allo stesso tempo, tuttavia, esso racchiude alcuni caratteri
propri e distintivi dei salumi fermentati; la superficie dei cubetti di carne e lo spazio
tra essi rappresentano, infatti, un habitat idoneo alla crescita ed allo sviluppo di una
eterogenea e peculiare popolazione microbica, deputata a presiedere il processo di
fermentazione. La Ventricina rappresenta, pertanto, un affascinante modello di
maturazione dominato da diversi micro-ambienti, in grado di definire gli eventi di
carattere biochimico e microbiologico responsabili della qualità finale del prodotto
(Barbiero F. 2002).
La Ventricina viene prodotta utilizzando carni autoctone, in particolare suini aventi
le caratteristiche proprie del suino pesante italiano (Reg. CEE 3220/84, concernente
la classificazione commerciale delle carcasse suine). La tradizione vuole che il
maiale sia acquistato da riproduttori locali, allevato con molta cura ed ingrassato fino
a pesi non inferiori a 160 kg; al momento della macellazione gli animali devono
avere almeno 10 mesi di vita.
Al fine di produrre un salume con le specifiche caratteristiche qualitative richieste,
risulta di fondamentale importanza l’alimentazione dei suini e la loro corretta
stabulazione. Negli allevamenti a stabulazione fissa la lettiera generalmente è in
paglia, lo spazio per capo risulta almeno di 5 mq e non si usano medicinali,
integratori, antibiotici ed ormoni della crescita. L’alimentazione è prevalentemente a
base di crusca, farinacei misti, frutta, erba e ghiande; sono ammesse integrazioni
minerali e vitaminiche della razione nei limiti definiti dalla vigente legislazione di
ordine generale mentre è assolutamente vietato l'impiego di alimenti semplici e/o
composti fabbricati anche in parte con organismi geneticamente modificati.
Gli ingredienti della Ventricina del Vastese sono:
- Carni fresche di suino, perfettamente dissanguate, scotennate, disossate e
mondate delle principali frazioni connettivali (tendini, aponeurosi) e da grassi
molli bassofondenti. E' tassativamente vietato l'uso di carne congelata o
comunque conservata. I tagli di carne impiegati sono: spalla, lonza, lombo,
coscia e pancetta. E' ammesso l'impiego di rifilature e di triti di prima qualità.
21
La proporzione tra i vari tagli e tra le rifilature deve essere tale da garantire le
seguenti percentuali: 70% tagli magri (di cui almeno 80% prosciutto e
lombo), 30% pancetta e grasso prosciutto.
- Spezie, quali peperone trito dolce (varietà “corno di capra” e “paisanella”) e
piccante, semi di finocchi e pepe.
- Non è ammessa l’aggiunta di potassio nitrico, sodio nitrico, potassio nitrato,
sodio nitrato, fatto salvo il caso in cui l'eventuale minima presenza di nitrati e
nitriti sia dovuta a sviluppi propri della salatura e degli altri ingredienti
vegetali.
2.3- Fasi di produzione della Ventricina
La tradizione della "maialatura", ovvero l'uccisione del maiale e la sua
trasformazione in salami, e' molto diffuso in tutta la regione Abruzzo.
Nella zona collinare e pedemontana che si estende dalle colline di Scerni-Cupello
fino a Schiavi d'Abruzzo, comprendendo tutti i comuni delle comunità' montane
denominate del medio ed alto vastese, la maialatura ha assunto, nel corso dei secoli,
una tradizione a spiccato carattere locale. Accanto al sale, per esempio, usato come
conservante della carne di maiale fin dagli antichi egizi, e' stato introdotto, il
"peperone trito" dolce e piccante, come spezia e conservante. La carne, inoltre, viene
tagliata esclusivamente con il coltello a pezzi di medie e grandi dimensioni. Per lo
più come insacco vengono usate le vesciche dei maiali.
La tradizione della maialatura, arricchita dagli aspetti peculiari di cui sopra, è sempre
conservata e viva presso le famiglie contadine di questo territorio. A favorirne il
mantenimento ha contribuito l'avvenuta constatazione che l'impiego di maiali di
provenienza industriale (grandi allevamenti intensivi) per le preparazioni casalinghe
riduce notevolmente la sapidità e la conservabilità dei salumi che da essi derivano.
L'uccisione del maiale avviene in inverno e rappresenta una vera a propria festa per i
contadini, un importante momento di aggregazione sociale. Le giornate scelte sono
sempre quelle più fredde e per i più tradizionalisti sempre in fase di luna calante. Il
maiale viene ucciso per giugulazione. Dopo il dissanguamento il suino e' desetolato
22
con fuoco, acqua bollente e lama di coltello e quindi immediatamente eviscerato.
La carcassa viene lasciata frollare almeno per una notte, prima di iniziare le
operazioni di disosso. Il clima rigido delle zone in cui è viva questa tradizione ne
garantisce una buona refrigerazione. La carcassa viene quindi disossata ed ogni parte
trova il suo impiego. "Del maiale non si butta niente", recita un antico detto
(Accademia della Ventricina, ventricina.com)
Le fasi successive la maialutara comprendono il taglio delle carni, la preparazione
dell’impasto, l’insaccatura, la legatura, l’asciugatura, la stagionatura e la
conservazione (Fig. 8).
Figura 8: Diagramma di flusso della preparazione della Ventricina
(Piccirilli e Colavita, 2008)
23
Preparazione della materia prima:
- il taglio delle carni
La materia prima è rappresentata da carni fresche di suino, perfettamente
dissanguate, scotennate, disossate e mondate delle principali frazioni connettivali
(tendini ed aponeurosi) e dai grassi molli bassofondenti. I tagli di carne impiegati
sono: spalla, lonza, lombo, coscia e pancetta (privata sempre dei grassi molli
bassofondenti). E' ammesso l'impiego di rifilature e di triti di prima qualità.
Il taglio delle carni prevede esclusivamente l'utilizzo del coltello ben affilato onde
evitare la smelmatura dei grassi. I cubetti di carne, anche irregolari, devono essere di
misura non inferiore ai 2 cm e fino a circa 7 cm, a seconda della zona di produzione
(Fig. 9).
Figura 9: Cubetti di carne (www.visitterredeitrabucchi.it)
- fase di preparazione dell’impasto
L’impasto viene preparato miscelando la carne tagliata, il grasso e la concia.
Il grasso, aggiunto nella misura del 20-30%, è quello sottocutaneo, già compreso nei
tagli di carne o aggiunto e tagliato nella stessa misura dei cubi di carne.
La concia è una miscela di sale, peperone dolce in polvere (Capsicum annuum L.,
var. longum, Fig. 10) e una quantità, in base al gusto, di peperoncino piccante
(Capsicum annuum L., var. acuminatum), pepe e semi di finocchio.
24
L’impasto viene ben amalgamato con le mani così da ottenere un buon
rimescolamento degli ingredienti. E' importante non lavorare troppo a lungo per
evitare la smelmatura dei grassi. Esso, successivamente, è lasciato riposare per
almeno 12 ore, a temperature intorno a 3°C.
Figura 10: Capsicum annuum (silver photo 2010)
- fase di insaccatura
L'insaccatura (Fig. 11) può essere manuale o mediante insaccatrici, pneumatiche o a
cloclea, che introducono l’impasto carneo in involucri. L’insaccatura è preceduta da
una ulteriore azione di amalgama finalizzata a “sciogliere” l'impasto. L’insacco è
effettuato in vesciche suine naturali, nel cieco suino o bondiana di vitello salinata o
in budelli freschi di maiale.
Figura 11: Insaccatura (www.ventricina.com)
25
Prima dell'utilizzo il budello deve essere accuratamente lavato in acqua corrente e lasciato
deodorare in acqua, aceto e buccia d’arancio, aglio, alloro.
- fase di legatura
Al termine dell’insacco, i salami vengono legati con spago al fine di evitare che per
gravità l'impasto scivoli verso il basso alterandone la forma e rendendo l'asciugatura
disomogenea (Colavita, 2008). La legatura deve essere a doppia briglia e un passo
con spago di medio o grosso calibro. E' ammessa la rete per alimenti. Al termine
della legatura, la Ventricina, deve essere bucherellata con ago fine in prossimità delle
bolle d'aria eventualmente presenti e per favorire l'eliminazione dell'acqua (Fig. 12).
Figura 12: La Legatura (www.ventricina.com)
- fase di asciugatura
La fase di asciugatura, durante la quale il prodotto perde la maggior quantità di
acqua, dura circa 35-50 giorni, a seconda della pezzatura e tradizionalmente viene
eseguita in ambienti domestici appendendo le Ventricine a pertiche di legno, canna o
metallo. Essa deve avvenire gradualmente; un essiccamento troppo rapido
comporterebbe, infatti, la formazione di una crosta che impedirebbe lo scambio di
umidità tra ambiente e parti interne dell’impasto, con conseguente insorgenza di
difetti.
26
I fattori ambientali durante l’asciugatura sono condizionati empiricamente, con
l’utilizzo di un camino o di un braciere e regolando il flusso dell’aria mediante
l’apertura degli infissi o di eventuali prese d’aria.
Limitatamente ai primi giorni di stagionatura e' ammessa la permanenza del prodotto
a temperatura maggiore di 13 gradi (max 18°C), in presenza di un camino acceso.
- fase di stagionatura
Terminato il periodo di asciugatura, le ventricine possono essere stuccate con una
leggera velatura di strutto fuso e trasferite in ambienti freschi a temperatura non
superiore a 13 gradi per proseguire la stagionatura per circa 90-120 giorni; alla fine
di questo periodo sono pronte per essere consumate (Piccirilli e Colavita, 2008) (Fig.
13).
Figura 13: La Stagionatura (www.ventricina.com)
- Conservazione
Le Ventricine vengono generalmente conservate in locali freschi, come le cantine
dove lo strato di strutto le protegge dagli agenti esterni. A Guilmi, è anche presente
l'usanza di conservare le Ventricine nella cenere del camino (Giancristofaro,1999).
Al momento della vendita le Ventricine vengono pulite, sezionate a metà e
confezionate sottovuoto.
27
2.4- Caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche
Come già avuto modo di sottolineare la Ventricina è caratterizzata da una tecnologia
di produzione così peculiare da conferire al prodotto una particolare ed inedita
collocazione nella classificazione dei salumi, a cavallo tra i salumi a pezzo
anatomico intero e gli insaccati fermentati. L’impiego di cubetti di carne, di discrete
dimensioni, infatti, conferisce al prodotto caratteristiche che in qualche modo si
discostano da quelle proprie degli insaccati fermentati, per i quali è previsto
l’impiego esclusivo di carne triturata. La superficie dei cubetti di carne e lo spazio
tra essi rappresentano un habitat idoneo alla crescita ed allo sviluppo di
un’eterogenea popolazione microbica. Il processo di fermentazione è influenzato
dall’estensione della superficie interstiziale; nella Ventricina, dove l’impasto viene
fatto con carne tagliata a cubetti di grosse dimensioni, esso è meno sviluppato
rispetto a quanto si verifica negli altri salumi. La Ventricina, pertanto, rappresenta un
singolare modello di maturazione caratterizzato da un insieme di diversi micro-
ambienti, in grado di definire gli eventi di carattere biochimico e microbiologico e
concorrono a determinare la qualità finale del prodotto (Barbiero, 2002).
Anche se l’area di produzione della Ventricina è piuttosto limitata, è possibile
riscontrare una certa variabilità sia per quanto riguarda gli aspetti tecnologici, che per
quanto riguarda quelli microbiologici ed igienico-sanitari (Fig. 14). Tali differenze
soprattutto concernono:
– la quantità di polvere di peperone aggiunta → da 15 g/kg a 30 g/kg;
– l'aggiunta o meno di pepe;
– il tipo di involucro usato per l’insacco → vesciche o stomaco di maiale o
bondiane di vitello;
– le dimensioni dei pezzi di carne da 2 a 7 cm → le Ventricine con pezzi di
carne di 5-7 cm di solito hanno circa 30 g/kg di polvere di peperone.
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Figura 14: Parametri tecnologici rilevati nei diversi laboratori di produzione della
Ventricina (Piccirilli e Colavita, 2008)
La tecnologia di produzione influenza le caratteristiche sensoriali della Ventricina; il
taglio della carne a cubetti di dimensioni di 2-3 cm consente una migliore coesione
dell'impasto e un più favorevole processo di fermentazione, con una ottimale
maturazione del prodotto. L'utilizzo di pezzi di maggiori dimensioni si ripercuote
negativamente sull'ottimale fermentazione e sulle caratteristiche organolettiche finali;
il prodotto così ottenuto presenta, infatti, una colorazione meno carica alla superficie
di taglio; il minor compattamento dell'impasto dopo l'insacco rende quasi impossibile
ottenere “la fetta” nel prodotto maturo, che viene tradizionalmente consumato
prendendo i pezzi singolarmente.
Per quanto riguarda il valore di attività dell’acqua è stato osservato che a 21 giorni
l’abbassamento al di sotto della soglia critica di 0,95 non è influenzato dalla
grandezza dei cubi di carne utilizzati per l’impasto ma dai parametri ambientali
(temperatura ed umidità relativa) dei locali dove avviene la prima fase di asciugatura.
29
Per quanto attiene il pH, mentre nelle Ventricine con cubi di carne di 2-3 cm entro le
prime 3 settimane di stagionatura si verifica un costante abbassamento dei valori fino
a 5,0-5,2, nelle Ventricine con cubi di carne di 5-7 cm esso si mantiene costante sui
valori iniziali. Tale riscontro si associa ad un minore sviluppo della flora microbica
acidificante (Lattobacilli) e delle Micrococcacee per la minore superficie esposta
disponibile.
Nelle Ventricine a cubi di carne di minor dimensioni si osserva un incremento delle
popolazioni lattiche già nella prima settimana, nelle altre invece i livelli di crescita
sono sempre minori.
Prendendo in considerazione i microrganismi indicatori di igiene, in uno studio
condotto su entrambe le tipologie di prodotto questi sono risultati sempre contenuti: i
Coliformi totali al di sotto della soglia analitica (10² UFC/g) e i Coliformi fecali non
presenti (Piccirilli M. e Colavita G. 2008).
Nella Ventricina è sicuramente rilevante, ai fini della qualità microbiologica del
prodotto, il ruolo delle spezie, con riferimento al loro livello di contaminazione
iniziale. Le spezie normalmente utilizzate sono, come detto, il peperone in polvere, i
semi di finocchio e il pepe macinato o in grani. Esse possono, in genere, essere
contaminate da microrganismi derivanti da piante, terriccio, feci di uccelli, roditori,
insetti, ecc. La carica batterica iniziale aumenta poi durante la raccolta e la
lavorazione (Zurla, 1985). Trattamenti non igienici ed essiccamento in condizioni
non idonee portano ad aumenti delle cariche microbiche. Le spezie rappresentano un
problema molto serio per l’industria alimentare poiché costituiscono una delle
maggiori fonti di contaminazione dei prodotti cui vengono aggiunte, specialmente
allo stato grezzo (Cantoni, 1966; Schulze, 1971). Shelef (1983) ha evidenziato nelle
spezie di più comune utilizzo (origano, rosmarino, peperoncino, timo, ecc.) cariche
batteriche comprese tra le 103 e 108 ufc/g, isolando sporigeni aerobi, spesso miceti e
bacilli asporigeni. Sono stati inoltre riscontrati coliformi, streptococchi, più
raramente clostridi, stafilococchi e lieviti (Shelef, 1983).
Il genere Bacillus è il più rappresentativo (oltre il 50% degli isolati). In alcuni casi le
spezie possono contenere anche microrganismi che costituiscono un pericolo per il
consumatore, quali Bacillus cereus, Clostridium perfringens, miceti produttori di
micotossine, Staphylococcus aureus, Salmonella spp. Shighella spp., tanto che alcuni
30
episodi di salmonellosi sono stati provocati dal consumo di pepe nero e pepe bianco
(Baxter, 1982).
Le muffe possono trovare favorevoli condizioni di sviluppo nelle Ventricine
soprattutto nella prima fase di stagionatura, quando i valori di aw sono ancora
piuttosto elevati (Zurla, 1985; Giaccone et al, 1996). E' stata riscontrata la presenza
di specie di Aspergillus (A. glaucus, A.niger, A. nidulans, A. fumigatus e A. flavus),
mentre di poco frequente riscontro è il genere Penicillium (Garrido et al., 1991).
Il pepe, è risultato frequentemente contaminato da Bacillus spp. e Clostridi
solfitoriduttori, mentre il peperone dolce da muffe. Più in particolare, sono state
riscontrate le seguenti specie di Bacillus: B. amyloliquefaciens, B. licheniformis, B.
circulans.
Da un punto di vista tecnologico elemento fondamentale per garantire la qualità
microbiologica del prodotto è l'utilizzo per l'insacco di budelli o vesciche delle stesse
dimensioni, in modo da avere pezzature abbastanza omogenee (1,5-2 kg) e potere
efficacemente monitorare parametri quali l'aw e il pH. Particolare attenzione, inoltre,
va posta alle loro condizioni igieniche, in quanto anche i budelli secchi o salinati
possono risultare a volte notevolmente contaminati da microrganismi come
enterobatteri e Clostridi solfito-riduttori che possono conferire odori e sapori
sgradevoli. In tali substrati è stata rilevata la presenza di Cl. sporogenes, Cl.
butyricum e Cl. Bifermentans. In nessun caso sono stati isolati: Salmonella spp.,
Listeria monocytogenes e S. aureus (Piccirilli e Colavita, 2008).
2.5- Aspetti tecnologici legati all'utilizzo del peperone
Dopo la carne, il peperone è l’ingrediente più importante della Ventricina.
Il peperone era usato come alimento in Messico già 9000 anni fa e veniva coltivato
già nel 5500 a.C. In Europa è arrivato con Cristoforo Colombo che lo portò dalle
Americhe nel 1493. Nel corso dei secoli i peperoni diventarono un condimento
indispensabile nell’Europa centrale (Besler, 1998).
Inizialmente il peperoncino veniva chiamato pepe delle Indie a causa della
somiglianza nel gusto (sebbene non nell'aspetto), con il pepe, (Piper in latino) e data
la sua facile coltivabilità si è adattato benissimo al clima europeo e ha avuto subito
31
un notevole successo. Le popolazioni contadine lo usavano per rendere più appetibile
una cucina povera, fatta soprattutto di piatti vegetariani, nonché per conservare la
carne o mitigarne il gusto alterato in epoche di scarsa possibilità di conservazione.
I popoli ricchi, al contrario, non l’hanno mai considerato elemento importante della
cucina. Il suo forte sapore, infatti, nascondeva il gusto di cibi raffinati. Tale spezia,
non fu solo bandita dalla gastronomia d'élite, ma anche dai pregiudizi morali: i
puritani ed altre confessioni lo vietarono considerandolo eccitante e capace di
risvegliare i sensi con poteri addirittura diabolici, tanto che ancora oggi, in molti
nostri dialetti meridionali, il peperoncino piccante è chiamato diavolicchio o
diavolillo (Piccirilli, 2004/2005).
Il peperone, come i peperoncini, appartiene alla famiglia delle Solanacee.
Le piante di questa famiglia contengono tutte alcaloidi che hanno (chi più chi meno)
effetti particolari sul sistema nervoso dell'uomo. Alcune sono vere e proprie piante
medicinali: belladonna, stramonio, giusquiamo, tabacco, dulcamara, erba morella;
altre fanno parte della nostra alimentazione quotidiana come la patata, il pomodoro e
la melanzana. La famiglia delle Solanacee è molto numerosa. Comprende 85 generi
e almeno 2.200 specie.
Uno degli 85 generi è il Capsicum e la sua specie più importante è il Capsicum
annuum al quale appartengono tutti i peperoncini che conosciamo.
Il nome latino capsicum deriva da capsa (scatola) per la particolare forma del frutto
che ricorda proprio una scatola con dentro i semi; oppure dal greco kapto che
significa mordere, con evidente riferimento al piccante che "morde" la lingua quando
si mangia. In verità oltre al Capsicum annuum lo stesso Linneo aveva distinto anche
un Capsicum frutescens. Più tardi, negli anni cinquanta, sono state aggiunte un
Capsicum pubescens e un Capsicum pendulum.
La varietà diffusa in Italia è solo il Capsicum annuum; le altre si coltivano soprattutto
in America Meridionale e in Messico (www.peperoncino.org).
Il C. annum è una pianta annuale, ermafrodita, con stelo glabro, semilegnoso e
ramificazioni dicotomiche; la radice è fittonante fibrosa, molto ramificata; le foglie
sono alterne, glabre, lanceolate con margine intero; i fiori sono inseriti all’ascella
delle foglie o delle ramificazioni, solitari o raggruppati, sono sempre penduli fino
all’antesi (cioè alla schiusura del bocciolo fioreale), hanno una corolla bianca
32
gamopetala su cui sono inseriti i filamenti staminali, i frutti possono essere penduli
od eretti a seconda della varietà, ed a maturità assumono colorazione gialla, rossa,
bruna o verde (Fig. 15).
Figura 15: Pianta del Capsicum annuum
Il C. annuum si coltiva nei Paesi a clima caldo e temperato. La raccolta, fortemente
scalare e difficilmente meccanizzabile, avviene a livelli di maturazione diversi a
seconda della destinazione del prodotto. Per la trasformazione in sottaceti il peperone
viene raccolto ancora verde, mentre per l'inscatolamento e per il consumo fresco il
frutto viene staccato a maturità commerciale prossima, cioè all'inizio della
colorazione rossa o gialla. A maturità completa si raccolgono solo prodotti da
essiccamento. Per quanto riguarda il sapore, ci sono peperoni dolci, piccanti e
piccantissimi. Tutto dipende dalla quantità di capsaicina, che conferisce il sapore di
piccante. La capsaicina è un’alcaloide contenuto specialmente nella placenta del
peperone, un velo sottile, attaccato alla parte interna del frutto che avvolge e sorregge
i semi. Nell’epicarpo sono contenute le sostanze coloranti che danno il bel colore al
frutto: capsorubina, zeaxantina, criptoxantina (Fig. 16).
33
Figura 16: Struttura interna del peperone (www.peperonciniperhobby.it)
Il grado di “piccantezza” del peperone si misura con l’HPLC (High Performance
Liquid Chromatography, noto anche come "Metodo Gillette"), andando ad estrarre i
capsacinoidi e misurandone il quantitativo, oppure più empiricamente, dato che
dipende dal grado di tollerabilità umana, si può usare la Scoville Heat Units (SHU),
procedimento inventato da dottor Scoville che sviluppò il SOT (Scoville
Organoleptic Test) nel 1912, che valuta la reazione della pelle umana al contatto con
il peperoncino. Il metodo si basa sulla quantità di una soluzione di acqua e zucchero
necessaria per neutralizzare il bruciore del peperoncino. In base a questa misura è
stato possibile stilare una “classifica” dei peperoncini, scala di Scoville, in base alla
loro “piccantezza” (Fig. 17) (Piccirilli M. 2004/05).
34
Figura 17: Scala Scoville
La capsaicina e l'idrossicapsaicina sono responsabili del caratteristico sapore
piccante del peperoncino ma non hanno alcuna azione antimicrobica.
L’attività inibente la crescita microbica è stata valutata in vitro da Dorantes et al
(2000) e sembra sia dovuta sopratutto all’acido m-cumarico e all’acido cinammico,
due capsacinoidi contenuti nel peperoncino. L’effetto inibitorio è marginale per
Salmonella typhimurium, i più sensibili sono Bacillus cereus, Staphylococcus aureus
e Listeria monocytogenes. Inoltre, si è visto anche che l’estratto di Capsicum ha
un’attività antibatterica soprattutto contro Salmonella typhimurium e Pseudomonas
aeruginosa.
35
Di particolare rilievo, oltre all'azione batteriostatica, è l'azione antiossidante
importante per quegli alimenti ricchi in grassi come appunto i salumi.
Le spezie esplicano sugli alimenti un’azione protettiva conosciuta ormai da tempo.
L’azione inibente è dovuta alla presenza in esse di oli essenziali i quali, quando
estratti, possono presentare una buona azione batteriostatica (Tiecco, 2001). In
genere le spezie sono componenti alimentari che influenzano molti processi
fisiologici, come dimostrato da Glatzel (1968) citato da Pruthi J.S. (1980) e da altri
ricercatori. Ad esse è attribuita la capacità di stimolare il senso dell’appetito, di
intensificare il flusso salivare e la secrezione di amilasi, dell’acido neuramminico e
delle esamine (Schulze, 1971). Aiutano nella disinfezione del cavo orale
dall’adesione di cibo e batteri e potrebbero contribuire a controllare le infezioni e le
carie e a proteggere le mucose contro le irritazioni termiche, meccaniche e chimiche.
È stato anche ipotizzato che l’aumentato consumo di spezie possa produrre
modificazioni batteriche nel tratto intestinale che possono ridurre l’insorgenza del
cancro (Shelef, 1983).
36
2.6- Disciplinare di produzione della Ventricina del Vastese DOP
La Ventricina del Vastese (Fig. 18) è un prodotto tradizionale; la “tradizionalità”
viene definita dal D.lvo 173/98 come l'insieme “delle procedure delle metodiche di
lavorazione, conservazione e stagionatura il cui uso risulta consolidato dal tempo e
pubblicate con decreto del Ministro per le politiche agricole [...]”,omogenee per
tutto il territorio interessato per un periodo non inferiore a venticinque anni.
Figura 18: Ventricine
È stato proposto, dall'Associazione Produttori Ventricina del Vastese nel 2007, un
disciplinare di produzione per il riconoscimento della Denominazione di Origine
Protetta, DOP, nel quale la Ventricina del Vastese viene definita come “salume,
insaccato crudo di carne suina, di taglia grande, forma sub-ovoidale ed a grana
grande, appartenente alla famiglia dei fermentati non affumicati speziata con
peperone secco trito dolce e piccante […] salume di lunga stagionatura che non
contiene additivi, conservanti sintetici o naturali ed eccezione delle spezie –
peperone secco e fiore di finocchietto – e del sale”.
Data la tipicità del prodotto, tutte le fasi della preparazione della Ventricina del
Vastese dalla macellazione alle operazioni di produzione, stagionatura e
confezionamento, devono avvenire nel territorio delle Comunità Montane del Medio
e Alto Vastese: è ammessa la provenienza dei maiali dai territori di alcune Comunità
37
Montane limitrofe a quella di produzione, come definito dal Disciplinare di
produzione dell'associazione dei produttori della Ventricina (Fig. 19-20).
Figura 19: Identificazione geografica della zona di origine della Ventricina del Vastese, il
reticolo rosso riportato nella cartina della regione, evidenzia i Comuni del territorio vastese
(da disciplinare DOP).
La Ventricina del Vastese è un salume di grosso calibro, 1-2,5 Kg, con diametro
compreso fra 90 e 200 mm.
È ottenuto con le parti più nobili del maiale e l'aggiunta di peperone secco e trito alla
carne cruda salata esalta le componenti aromatiche, apporta vitamina C ad azione
antiossidante e, dal punto di vista tecnologico, assicura l'assorbimento dell'acqua dai
fluidi molecolari nelle primissime fasi di stagionatura. I tagli di carne impiegati sono:
spalla, lonza, lombo, coscia, pancetta. È ammesso l'impiego di rifilature e di triti di
prima qualità. La proporzione tra i vari tagli e rifilature deve essere tale da garantire
le seguenti percentuali:
• 70% tagli magri (di cui almeno 80% prosciutto e lombi),
• 30% pancetta e grasso di prosciutto.
38
Figura 20: Zone di origine della Ventricina del Vastese: cartina particolareggiata dei comuni del territorio vastese, le aree rosa e verdi delle due Comunità Montane delimitate in
viola, individuano i Comuni interessati alla produzione della Ventricina(da disciplinare DOP).
39
È tassativamente vietato l'uso di carni congelate o comunque conservata. Il taglio
delle carni deve prevedere l’esclusivo utilizzo del coltello e la realizzazione di
cubetti, anche irregolari, della grandezza di circa 2 cm per lato.
Non è ammessa l'aggiunta di potassio nitrico, sodio nitrico, potassio nitrato, sodio
nitrato, fatto salvo il caso in cui l'eventuale minima presenza di nitrati e nitriti sia
dovuta a sviluppi propri della salatura e degli altri ingredienti vegetali, e comunque
nel limite di 60 mg/Kg (quantità notevolmente inferiore ai valori massimi ammessi
per legge, pari a 300 mg/Kg).
La stagionatura deve avvenire in ambienti a temperatura non superiore a 13°C e per
un periodo non inferiore a 100 giorni. Solo nei primi giorni e permessa la
permanenza del prodotto a temperature leggermente più elevate, ma mai superiori ai
18°C. Inoltre, in un periodo non antecedente il cinquantesimo giorno di stagionatura,
è ammessa la spalmatura esterna del prodotto con strutto con lo scopo di limitare il
calo di peso.
L’insaccatura deve essere fatta in vesciche di maiale o bondiane di vitello,
preventivamente lavate con acqua corrente e curate in acqua aromatizzata con aceto,
buccia d’arancio, aglio e alloro. Dopo l’insaccatura, la Ventricina deve essere legata
“a doppia briglia ed un passo”, con spago di medio e grosso calibro.
La Ventricina presenta una colorazione rosso arancio diffusa anche intorno ai pezzi di
grasso e al taglio si evidenzia la grana disomogenea, si distinguono, così, i vari pezzi
di carne che compongono l'impasto (Fig. 21).
Figura 21: Sezione di Ventricina del Vastese (www.histonium.net)
40
Nello specifico possiamo riassumere le caratteristiche proprie della Ventricina,
secondo la proposta disciplinare nelle tabelle riportate di seguito (Tab. 2-3-4).
Caratteristiche morfologiche
1 Forma: sub-sferoidale tendente all'ovale;
2 Superficie esterna: asciutta ed eventualmente ricoperta da una diffusa “piumatura” bianca per lo sviluppo di muffe;
3 Legatura: a doppia briglia ed un passo con spago di medio e grosso calibro;
4 Pezzatura: peso compreso tra 1 e 2,5 Kg;
5 Diametro: compreso tra 90 e 200mm;
6 Aspetto al taglio: grana disomogenea, si distinguono i vari pezzi di carne che compongono l'impasto;
7 Stagionatura: non inferiore a 100 giorni.
Tabella 2: Caratteristiche morfologiche della Ventricina
Caratteristiche organolettiche
1 Colore: rosso arancio diffuso anche intorno ai pezzi di grasso;
2 Sapore: leggermente piccante;
3 Aroma: caratteristico, derivante da una lunga stagionatura, dalle caratteristica speziatura e dallo sviluppo di muffe superficiali con micelio di colore bianco.
Tabella 3: Caratteristiche organolettiche della Ventricina
Caratteristiche chimico-fisiche
1 Attività dell'acqua (aw): max 0,92;
2 pH: tra 5,2 e 5,44;
3 Cloruri: max 7,5;
4 Grassi: max 42% su sostanza secca;
5 Umidità: max 42%;
6 Nitrati/nitriti: non ammessi.
Tabella 4: Caratteristiche chimico-fisiche della Ventricina
41
La richiesta di certificazione con marchio comunitario nasce dall’esigenza di
proteggere il prodotto, ottenuto con tecniche artigianali, da una larga produzione
industriale, che andrebbe ad intaccare la vera tradizionalità.
Tale certificazione impone ai produttori il rispetto del disciplinare di produzione che
regola l’intero processo produttivo, dall’allevamento dei suini, alla trasformazione
della materia prima in prodotto finito.
Pertanto, l’area di produzione della Ventricina deve essere quella riferita alle
comunità montane del medio-alto vastese e i suini devono provenire tutti dalla
medesima area.
42
SCOPO DELLA TESI
Il presente lavoro si è posto come obiettivo iniziale il monitoraggio di aziende
produttrici di Ventricina dislocate nella provincia di Chieti e, in particolare, nella
zona del Vastese.
Successivamente le aziende individuate sono state messe a confronto al fine di:
– evidenziare gli aspetti produttivi peculiari e caratterizzanti la tipologia di
prodotto “Ventricina”;
– valutare la conformità delle modalità produttive al disciplinare attualmente
sottoposto ad iter di approvazione da parte dell'UE;
– trattandosi di un prodotto spesso ottenuto con tecniche di lavorazione
artigianale, valutare l'idoneità delle GMP adottate.
43
MATERIALI E METODI
Allo scopo sono stati messi a punto n. 2 questionari ad hoc, di cui il primo (allegato
I) riguardante la tipologia dei laboratori di produzione ed il secondo (allegato II)
rappresentato da una check list di verifica della corretta applicazione
dell'autocontrollo. Si è quindi proceduto ad una analisi statistica mediante
elaborazione dei dati ottenuti dai due questionari.
44
RISULTATI
Il monitoraggio preliminare ha permesso di individuare n. 11 aziende produttrici di
un salume commercializzato come “Ventricina del Vastese”, dislocate nel comune di
Vasto (campione A), e n. 2 aziende produttrici di un salume “tipo Ventricina” nella
zona di Chieti (campione B).
Su le n. 11 aziende costituenti il campione A, n. 7 hanno accettato di prendere parte
alla indagine in oggetto (Tab. 5).
SCOPO
1Evidenziare gli aspetti produttivi peculiari e caratterizzanti la tipologia di prodotto “Ventricina”.
2
Valutare la conformità delle modalità produttive al disciplinare attualmente sottoposto ad iter di approvazione da parte dell'UE.
3 Valutare l'idoneità delle GMP adottate.
CAMPIONEA 7 aziende produttrici di Ventricina.
B2 aziende produttrici di un salume “tipo Ventricina”.
TIPO ANALISIStatistica descrittiva
Materiale utilizzato: indagine diretta tramite questionari.
Tabella 5: Schema riassuntivo dello studio condotto su aziende produttrici di Ventricina del Vastese (campione A) e salumi tipo Ventricina (campione B).
45
1. Aspetti produttivi peculiari e caratterizzanti la tipologia di prodotto
“Ventricina”
L’analisi dei questionari sottoposti alle aziende esaminate ha permesso di definire le
seguenti caratteristiche produttive:
- Caratteristiche socio-economiche dei produttori
Le aziende del campione A (n.7) possono essere suddivise in: a) aziende che
producono esclusivamente Ventricina del Vastese (2/7, 28%) e b) aziende che
producono Ventricina del Vastese e altri prodotti di salumeria (5/7, 72%).
Le aziende del campione B (2/2, 100%) producono diverse tipologie di salumi, tra
cui un salume “tipo” Ventricina.
La tabella 6 riporta i dati produttivi delle 7 aziende (5 del campione A e 2 del
campione B) la cui produzione è diversificata e che producono altri salumi oltre alla
Ventricina del Vastese.
Campione Prodotti freschi
Preparati di carne fresca
Prodotti a base di carne cotti
Insaccati freschi
Insaccatistagionati
Salati Stagionati
AN° aziende
(5)1/5 1/5 - 3/5 4/5 -
BN° aziende
(2)2/ 2 2/2 1/ 2 2/ 2 2/ 2 2/ 2
Tabella 6: Dati produttivi relativi alle n. 7 aziende (campione A + B) con produzione
diversificata (Ventricina + altro).
Le aziende del campione A hanno prevalentemente una produzione annua/media di
circa 3000 Kg (80% delle aziende), mentre una piccola parte (20%) ha una
produzione media/annua di 200.000 Kg, in quanto fornitori della grande
distribuzione. Il campione B non è stato valutato in quanto le aziende non hanno
fornito risposta.
46
I laboratori utilizzano: a) solo carne suina nelle aziende del campione A (100%); b)
carne suina (60%) e altre tipologie di carne (bovino, ovicaprino e pollame) (40%)
nelle aziende del campione B.
Analizzando i dati relativi al periodo di produzione della Ventricina e rapportandoli
con quelli riferiti alla distribuzione del prodotto, è emersa la seguente correlazione:
- l'85% delle aziende del campione A, producono Ventricina nel periodo
autunno/inverno e conferiscono il loro prodotto alla piccola distribuzione.
- il 15% del campione A e il 100% del campione B, producono durante tutto
l'anno e conferiscono il loro prodotto ai supermercati.
Entrambe le tipologie di campione considerate dichiarano che la lavorazione del
prodotto avviene all'interno dei loro laboratori (100% campione A e 100% campione
B).
Rapportando la temperatura di lavorazione e all'altitudine dei laboratori in esame
nell'86% del campione A si registra una temperatura media di 12° C durante la
lavorazione e i laboratori si trovano ad un'altitudine al di sopra dei 200 m, mentre il
restante 14% ha una temperatura di 2/3°C e si trova ad una altitudine al di sotto dei
200 m. Nel campione B è stata riscontrata una temperatura media di lavorazione di
12°C e un'altitudine inferiore ai 200 m.
- Materia prima
L'86% delle aziende del campione A possiede un proprio allevamento e la
macellazione avviene in uno stabilimento di macellazione CEE privato, il restante
14% e il 100 % del campione B, dichiara di comprare direttamente animali macellati.
Si evidenzia nuovamente come il tipo di distribuzione influenzi il processo
produttivo delle singole aziende. Per quanto riguarda le tipologie di suino utilizzate,
il 100 % delle aziende del campione B e il 70 % del campione A impiega suini da
ingrasso mentre il restante 30 % usa suini pesanti.
La figura 22 mostra l’origine dei suini utilizzati per la produzione di Ventricina nelle
aziende esaminate.
47
A
B
Figura 22: Provenienza dei suini utilizzati per la produzione della Ventricina (A: campione A, B: Campione B)
48
58%14%
14%
14%
Suino nazionaleSuino regionaleSuino comunitarioNC
50% 50%
Suino nazionaleSuino regionaleSuino comunitario NC
L'86% del campione A ha dichiarato di effettuare la macellazione dei suini intorno al
10° mese di vita e che l’intervallo tra macellazione e inizio produzione è < 4 giorni
(58%) o compreso tra 4 e 8 giorni (42%).
Le aziende del campione B effettuano la macellazione dei suini intorno ai 12 mesi e
iniziano la produzione entro 4 giorni dalla macellazione (50%) o 4-8 giorni (50%).
- Lavorazione
Gli ingrediente/spezie/additivi utilizzati per la preparazione della Ventricina sono
raffigurati nel seguente istogramma (Fig. 23)
Figura 23: Additivi/spezie, espressi in percentuale, utilizzate per la preparazione della Ventricina nelle tipologie di campione saggiata
Per quanto riguarda la stabilizzazione, periodo di riposo, della Ventricina, la sua
temperatura e durata, non è stato possibile effettuare alcuna analisi in quanto le
aziende non hanno fornito sufficienti risposte.
49
PepeSale
Peperone dolcePeperone piccante
Fiori di finocchioAglio
Zucchero
0
20
40
60
80
100
57
100 100 100
85
15 15
50
100
50
100 100
50
100
Campione A
Campione B
- Imballaggio
Tutte le aziende, sia del campione A che B, utilizzano etichettature per il loro
prodotto. Solo un'azienda del campione A utilizza un marchio collettivo di qualità. La
Ventricina viene venduta intera o a tranci, solo le aziende che riforniscono la grande
distribuzione vendono anche il prodotto affettato.
Si evidenzia come il tipo di distribuzione influenzi anche l’imballaggio del prodotto
finito e pronto al commercio.
- Vendita
Le aziende del campione A vendono la Ventricina esclusivamente nei periodi
primaverili/estivi (30%) o durante tutto l’anno (70%). Le aziende del campione B
vendono i salumi tipo Ventricina tutto l’anno (100%).
Per quanto riguarda il prezzo nuovamente sono state suddivise le aziende sulla base
della distribuzione sul mercato. Le aziende che esitano il loro prodotto alla piccola
distribuzione dichiarano si spuntare un prezzo di vendita pari a 30 euro/Kg, mentre le
aziende che riforniscono la grande distribuzione spuntano prezzi nettamente inferiori,
pari a circa 15 euro/Kg.
La figura 24 mostra il profilo dei clienti per le aziende esaminate. Il dato può essere
spiegato in quanto le piccole aziende organizzano sagre e fiere sulla costa vastese,
ricca di turisti, nel periodo estivo, a differenza della grandi aziende che riforniscono
esclusivamente i supermercati.
50
A
B
Figura 24: Profilo dei clienti che acquistano la Ventricina. A: campione A, B: campione B.
51
45%
30%
25%
LocaleUrbanoTuristico
100%
LocaleUrbanoTuristico
2. Valutazione della conformità delle modalità produttive al disciplinare
attualmente sottoposto ad iter di approvazione da parte dell’UE
La zona d'origine della Vetricina del Vastese, copre quella parte di territorio della
provincia di Chieti al confine sud della regione e percorso dai fiumi Trigno e Sinello,
detto Vastese. Essa corrisponde precisamente ai territori dei Comuni che fanno parte
attualmente di due Comunità Montane, denominate Medio e Alto Vastese: Scerni,
Monteodorisio, Cupello, Gissi, Casalunguida, Carpineto, Sinello, Guilmi, Liscia,
Lentella, Fresagrandinaria, Dogliola, Tufillo, Palmoli, Carunchio, Roccaspinalveti,
Fraine, Celenza sul Trigno, San Giovanni Lipioni, Torrebruna, Castelguidone,
Schiavi d'Abruzzo, Castiglione Messer Marino, Montazzoli, Furci, San Buono.
La Valutazione della conformità delle modalità produttive al disciplinare attualmente
sottoposto ad iter di approvazione da parte dell’UE è stata condotto solo su 6 aziende
del campione A, in quanto 1 azienda del campione A e quelle del campione B non
rientrano nelle zone di produzione tipica sopracitate. Le 3 aziende escluse, inoltre,
utilizzano additivi (potassio nitrico, sodio nitrico, potassio nitrato e sodio nitrato)
che, come visto, non sono ammessi nel disciplinare (fatto salvo il caso in cui
l'eventuale presenza minima di nitrati e nitriti sia dovuta a sviluppi propri della
salatura e degli altri ingredienti vegetali e comunque nel limite massimo di 60 mg/kg,
quantità notevolmente inferiore ai valori massimali ammessi per legge di 300
mg/kg).
Delle 6 aziende che insistono nelle comunità montane dell'Alto e Medio Vastese solo
1 utilizza suini pesanti autoctoni e di provenienza provinciale come vuole la
tradizione più ristretta. Secondo il disciplinare, tuttavia, possono essere anche
utilizzati suini diversi aventi caratteristiche proprie del suino pesante italiano,
definite ai sensi del Reg. CEE n. 3220/84 concernente la classificazione commerciale
delle carcasse suine, per cui delle restanti 5 aziende, n. 2 utilizzano suini pesanti
nazionali, n. 1 da ingrasso di provenienza comunitaria, n. 1 da ingrasso nazionale e n.
1 utilizza suini pesanti senza specificarne la provenienza.
Per quanto riguarda le spezie, il Disciplinare consente l'utilizzo di peperone trito,
dolce e piccante, n. 3 utilizzano il pepe e n. 5 utilizzano semi di finocchio.
In base a quanto visto quindi, le 6 aziende situate nella zona dell'Alto e Medio
52
Vastese presentano peculiarità produttive proprie che personalizzano e definiscono il
loro prodotto differenziandolo dagli altri di simile tipologia preseti sul mercato. Tali
peculiarità rientrano tuttavia nei range previsti dal disciplinare, per cui la
“Ventricina” da essi prodotta potrebbe fregiarsi del marchio DOP “Ventricina del
Vastese”, qualora il disciplinare venisse approvato.
3. Valutare l'idoneità delle GMP adottate
- Requisiti strutturali
Complessivamente tutti i laboratori considerati, 100% campione A e 100% campione
B, si presentano muniti di regolare progetto approvato dalle Autorità Competenti.
Tutti risultano dotati di rete idrica potabile comunale e nessuna struttura considerata
attinge acqua da pozzi.
Tutti i laboratori conseguono un giudizio dal sufficiente al buono per quanto
concerne la pavimentazione, le pareti e il soffitto, realizzati con materiale
inalterabile, impermeabile, resistente e facilmente disinfettabile. Tale dato risulta
avvalorato dalla presenza di zanzariere alle finestre in tutte i laboratori e di
dispositivi di protezione contro animali indesiderati tranne in n. 1 azienda del
campione A.
In merito alla ventilazione dei locali per l'eliminazione degli odori e dei vapori, n. 2
laboratori del campione A risultano inadeguati.
Nella maggior parte delle aziende prese in esame sono presenti: spogliatoi, bagni e
antibagni tenuti in buone condizioni igieniche. Solo n. 1 azienda del campione A non
presenta un numero sufficiente e/o adeguati dispositivi per la pulizia e la disinfezione
delle mani provvisti di acqua corrente calda e fredda o di acqua premiscelata a
temperatura appropriata (es. sono presenti rubinetti azionabili a mano).
- Requisiti funzionali
Particolare attenzione viene posta per la valutazione dei “Lay Out”, solo n. 1
laboratorio del campione A presenta punti di incrocio nella produzione; nelle restanti
aziende il flusso del prodotto e del personale rispetta il principio della marcia in
avanti senza alcuna possibilità di incroci e ritorni.
53
- Lotta agli infestanti
Per quanto riguarda il controllo degli infestanti si risconta un dato negativo; delle n. 9
aziende esaminate, ben 4 del campione A non presentano un piano di controllo con
una ditta specializzata.
- Attrezzature
Per quanto riguarda le attrezzature è emerso che tutti i laboratori presi in
considerazione sono muniti di attrezzature e utensili di materiale facilmente lavabile
e disinfettabile, particolare attenzione è stata dedicata anche all'acquisto di utensili
tecnologicamente avanzati, costruiti in modo da non trasmettere odori e sapori agli
alimenti, mentre minor importanza è stata data ai dispositivi per la pulizia degli
utensili, delle attrezzature e degli impianti in quanto n. 3 aziende del campione A ne
risulta priva.
- Igiene del personale
Per quanto concerne l’igiene, è emerso che n. 3 aziende (n. 1 del campione A e n. 2
del campione B) non utilizzano divise protettive (reti per capelli, cappelli, camici e
stivali). In tutte le aziende l'abbigliamento utilizzato dagli operatori è in buone
condizioni igieniche e dalle domande poste ai dipendenti è emerso che questo viene
cambiato quotidianamente, tranne in n. 1 azienda del campione A. Gioielli, orologi e
altri ornamenti vengono tolti in tutti i laboratori tranne n.1 del campione A. In tutte le
aziende i lavoratori con malattie, lesioni aperte o altra fonte abnorme di
contaminazione microbica non sono a contatto con gli alimenti.
Altro dato importante riguarda specifici e adeguati piani di educazione sanitaria per i
lavoratori presenti in tutte le aziende tranne n. 1 dal campione A.
- Pulizia e disinfezione
Per quanto concerne la sanificazione dei locali su n. 9 aziende prese in esame, n. 2
utilizzano la scopa/spazzola, n. 2 la schiuma, n. 3 l'idropulitrice, n. 1 la
scopa/spazzola e la schiuma e n. 1 la scopa/spazzola e l'idropulitrice. Tutte le aziende
dispongono di un locale o dispositivo dove riporre i detersivi, i disinfettanti e
sostanza analoghe. Per la sterilizzazione dei coltelli ed altri utensili n. 6 laboratori
54
utilizzano acqua calda, n. 1 gli ultravioletti, n. 1 la chimica e n. 1 acqua e ultravioletti
in combinazione.
- Controllo produzione e processo
Complessivamente tutti i laboratori considerati prestano attenzione alla data di
scadenza degli ingredienti minori (condimenti), ciò si evince dalla presenza di
documentazione sulle materie prime e sugli ingredienti in tutte le aziende ad
eccezione di n.1 aziende del campione A.
Gli additivi, qualora utilizzati, sono conservati in aree riservate.
Dato importante riguarda le analisi a campione dal quale emerge che tutte le aziende
effettuano analisi microbiologiche classiche e di queste n. 2 utilizzano anche test
microbiologici rapidi, e n. 4 laboratori del campione A le svolgono con frequenza
mensile.
55
CONCLUSIONI
Lo studio condotto in questo lavoro di tesi ha preso in esame la Ventricina del
Vastese, prodotto tipico Abruzzese. Dai risultati ottenuti emerge la differenza tra la
piccola e la grande impresa, dove quest'ultima, possiamo affermare, produce un
salume “tipo” Ventricina del Vastese perdendo così le caratteristiche di tradizionalità
proprie di questo salume.
Le piccole aziende sono per lo più a conduzione familiare con non più di 5 addetti
alla lavorazione, possiedono un proprio allevamento, composto quasi esclusivamente
da maiali pesanti, l'uccisione dei quali avviene in inverno e rappresenta una vera e
propria festa, mantenendo viva la tradizione della maialatura. Differentemente, le
grandi aziende non dispongono di allevamenti ed acquistano all’esterno la materia
prima.
Altra importante differenza è legata alla produzione della Ventricina del Vastese, le
piccole aziende essendo condizionate dalle variazioni climatiche, producono solo nei
periodi più freddi, autunno/inverno, mentre le grandi aziende, fornite di apposite
stanze di stagionatura dove è possibile controllare la temperatura e l'UR, producono
tutto l'anno.
Un altro dato fondamentale è emerso dagli ingredienti impiegati nella produzione di
Ventricina del Vastese. Sebbene gli ingredienti principali siano i medesimi nelle due
tipologie di aziende, è possibile rilevare differenze per quanto concerne l’utilizzo
degli additivi. In particolare, le grandi aziende utilizzano additivi (nitriti e nitrati) e
zucchero mentre le piccole aziende non li utilizzano, seguendo il Disciplinare in via
di approvazione che ne vieta l’impiego, ma aggiungono peperone, di produzione
locale, che sembrerebbe esplicare tra l'altro una modica azione antimicrobica.
Per quanto riguarda la produzione annua della Ventricina del Vastese, le piccole
aziende non possono competere con le grandi aziende avendo come media/annua
3000 Kg. Risulta a questo punto necessario evidenziare la differenza tra i prodotti "di
massa" e quelli "di nicchia", cioè quei prodotti che nascono per soddisfare requisiti di
qualità e non di quantità, anche per questo le piccole aziende hanno un prezzo di
vendita superiore, 30 euro/kg, rispetto alle grandi aziende, 15 euro/kg.
56
È importante sottolineare una ulteriore distinzione tra le piccole e grandi aziende: le
utenze. Le grandi aziende hanno produzioni che trovano il proprio bacino di
distribuzione a livello di supermercati locali, mentre le piccole aziende mostrano
circuiti commerciali costituiti principalmente da mercati locali, sagre e piccole
botteghe. Tale differenza, tuttavia non penalizza la produzione artigianale che
riconosce nel consumatore attento il principale utente. Quest'ultimo, infatti, è
disposto a pagare un prezzo maggiore ed a recarsi direttamente nell'area di
produzione, considerando l'artigianalità e la territorialità requisiti indispensabili per
l'acquisto dei prodotti “di nicchia".
Questo sottolinea come i prodotti di natura artigianale, sebbene abbiamo un prezzo
maggiore, siano più apprezzati e ricercati per le loro caratteristiche proprie e tipiche
del territorio di origine, rispetto alle produzioni industriali.
Concludo riportando le parole lasciate su un tovagliolo di carta da un anonimo
visitatore alle bancarelle di Ventricina del Vastese presenti al salone del Presidio
Slow Food nel 2006:
“Sarà la sua forma ovale, la sua morbidezza, l'assenza di spigolature al gusto, il
rosso ed il bianco, sarà poi tutto, di fronte a sua maestà la ventricina l'anima si
rasserena”. Anonimo
57
BIBLIOGRAFIA
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caratteristiche microbiologiche e chimiche della ventricina”, Università degli
studi del Molise.
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igienico-sanitari della Ventricina”, Università degli studi del Molise.
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poin vétérinaire italie (Milano), 169.
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alimenti fermentati”, Edagricole, Bologna, pp24-29.
- Zurla P.(1985), "Microbiologia delle spezie", in Igegneria alimentare, 38-39.
60
DECRETI, DISCIPLINARI e REGOLAMENTI
- Decreto 21 Settembre 2005 Ministero delle attivita' produttive Disciplina della
produzione e della vendita di taluni prodotti di salumeria. Gazzetta Ufficiale N.
231 del 4 Ottobre 2005.
- Decreto Legislativo n. 173, 30 aprile 1998, "Disposizioni in materia di
contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle
imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della legge 27
dicembre 1997, n. 449".
- Disciplinare di produzione, giugno 2007, domanda per il riconoscimento
Denominazione di Origine Protetta “Ventricina del Vastese”, associazione
produttori Ventricina del Vastese, Torrevecchia.
- Elenco MiPAAF, XII revisione del 7 giugno 2012.
- Regolamento (CE) n. 509/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alle
specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli e alimentari.
- Regolamento (CE) N. 510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006 relativo alla
protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei
prodotti agricoli e alimentari.
- Regolamento (CE) N. 628/2008 della commissione del 2 luglio 2008 che
modifica il regolamento (CE) n. 1898/2006 recante modalità di applicazione del
regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio relativo alla protezione delle
indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e
alimentari.
61
- Regolamento (CEE) N. 3220/84 del Consiglio del 13 novembre 1984 che
determina la tabella comunitaria di classificazione delle carcasse di suino.
- Regolamento (UE) N. 1129/2011 della Commissione dell'11 novembre che
modifica l'allegato II del Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento
europeo e del Consiglio istituendo un elenco dell'Unione di additivi alimentare.
- Regolamento (UE) N. 1151/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21
novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, Elenco
delle denominazioni italiane, iscritte nel Registro delle denominazioni di origine
protette e delle indicazioni geografiche protette , aggiornato al 24 maggio 2013.
SITI INTERNET
- www.ventricina.com
- www.peperoncino.org
- www. visitterredeitrabocchi.it
- www.ilpuntocoldiretti.it
- www.assica.it
- www.ventricineracciatti.it
- www.salumi-italiani.it
- www.reggioeventi.it
62
ALLEGATO I
Valutazione e miglioramento della sicurezza igienica della
Ventricina del Vastese:
dal produttore al consumatore
Pacchetto di lavoro 1: Studio sui laboratori tradizionali e sui consumatori di Ventricina del Vastese
lavoro 1.1. Tipologia dei Laboratori Tradizionali
−�Proposizione di un questionario rivolto ai produttori di Ventricina del Vastese
Durata dell’intervista: Data dell’intervista:…………………………. ……………………….
63
1) IDENTIFICAZIONE
1.1) Nome del produttore:
…………………………………………………………………………………………………...1.2) Categoria (o classe) del Laboratorio:
………………………………………………………………………………………………….1.3) Indirizzo del laboratorio:
…………………………………………………………………………………………………
2) INFORMAZIONI SOCIO-ECONOMICHE DEL LABORATORIO
2.1) Producete esclusivamente Ventricina del Vastese?
SI [] No [] (Se NO, Specificare “solo prodotti a base di suino”)
[] prodotti freschi* [] preparati di carne fresca** [] prodotti a base di carne
cotti
[] insaccati freschi [] insaccati stagionati [] Salati stagionati
[] insaccati cotti [] altro
………………………………………………………….
(* da intendere fettine, bistecche, ecc; ** da intendere involtini, hamburger, macinati ecc.)
2.2) Qual’è la produzione totale del laboratorio (prodotti a base di carne di suino) ?
………………in kg/anno
2.3) Quali sono le specie animali lavorate nel laboratorio?
Suino …….% Bovino ….….% Ovicaprino ……..%
Pollame ….% Altro ………………%
64
Allegato I
2.4) producete Ventricina del Vastese tutto l’anno?
Si [] No []
2.5) Se No, in quali mesi è prodotta?
………………………………………………………………………………………….
2.6) Qual’è il numero totale degli addetti alla lavorazione (familiari e impiegati)?
…………………………………………………………………………………………
2.7 Grado d’istruzione del titolare?
[] scuola media inferiore [] scuola media superiore [] Università
2.8 In quale anno è iniziata l’attività? …………………….
2.9) Da chi?
[] Attuale proprietario [] Genitore [] Nonno [] Bisnonno
2.10) Dove viene effettuata la lavorazione della Ventricina del Vastese?
Nel vostro laboratorio [] Nel laboratorio di un altro produttore []
Macelleria [] altro ………………………………….[]
2.11) Qual’è la temperatura del laboratorio durante la lavorazione?
……………………..°C
2.12) A quale altitudine è il laboratorio?
………………………metri
65
Allegato I
3) MATERIA PRIMA
3.1) Quali razze di suini utilizzate per la produzione della Ventricina del Vastese?
………………………………………………………………………………………
3.2) Come gestite il suino (solo per animali vivi)?
Proprio allevamento [] Altro allevatore [] Commerciante []3.2.1) La macellazione dei suini avviene?
[] Pubblico Mattatoio CEE []
[] Privato
3.3) Quali tipi di suini utilizzate per la produzione della Ventricina del Vastese?
Scrofa [] Maiale pesante [] Maiale ingrasso []
………% ….………..….% ……..…………%
3.4) I suini utilizzati per la produzione della Ventricina del Vastese sono di provenienza?
Regionale [] Nazionale [] Comunitaria []
…..……….……% ...………..……% …………..…. %
3.5) Qual è l’età di macellazione dei suini?
………………… mesi
3.6) Quanto tempo trascorre dalla macellazione alla produzione della Ventricina del Vastese?
Meno di 4 giorni [] da 4 a 8 giorni [] Più di 8 giorni []
66
Allegato I
4) LAVORAZIONE
4.1) Quali dei seguenti ingredienti/spezie/additivi utilizzate per la preparazione della Ventricina del Vastese?
[] Vino [] Pepe [] Sale [] Salvia [] Aglio [] Peperone dolce
[] Peperone piccante [] Alloro [] Rosmarino [] Fiori di finocchio
[] Prezzemolo [] altro ……………………………………………………
4.2) Aggiungete dello zucchero
[] Si [] No
4.3) Se Si, quali?
Destrosio o Glucosio [] Saccarosio [] Lattosio []……………………g/kg ….………g/kg .………g/kg
Se utilizzate zuccheri commerciali, specificare la marca e la quantità:
……………………………………………………………………………………….
4.4) Quali tipi di materiale utilizzate per la legatura della Ventricina del Vastese?
[] Spago [] Fili metallici [] Altro ………………………………………….
67
Allegato I
Periodo di Riposo:
4.5) Applicate un periodo di riposo (stabilizzazione)?
Si [] No []
4.6) Se Si, qual’è la temperatura dell’ambiente di stabilizzazione?
………………………..°C
4.7) Quanto dura la stabilizzazione?
…………… h
Produzione
4.8) Quante Ventricina del Vastese producete annualmente?
………………... in kg/o in numero
5) IMBALLAGGIO
5.1) Le Ventricina del Vastese sono etichettate (nome del produttore, ….)?
Si [] No []
5.2) C’è una specifica tutela giuridica (etichetta ufficiale) per la Ventricina del Vastese?
Si [] No []
Specificare: ……………………………………………………………………………………...
5.3) Come è venduta la Ventricina del Vastese?
Intera [] A fette []
68
Allegato I
6) VENDITA
6.1) Dove vengono vendute le Ventricina del Vastese?
Laboratorio ………...% Spaccio Collettivo ……....%
Supermercato ………….…...% Macelleria .……….%
Vendita itinerante ………% Altro …………………...….%
6.2) Qual’è il profilo dei clienti che acquistano la Ventricina del Vastese?
Locali [] Urbani [] Turisti []
………..% …….….% …………%
6.3) Quando vendete la Ventricina del Vastese?
Tutto l’anno [] Da………………………….. a ……………………….
6.4) Qual’è il prezzo della Ventricina del Vastese?
………………Euro/kg
69
Allegato I
ALLEGATO II
Checklist di verifica GMP, HACCP
I Parte
Identificazione del laboratorio
....…………………………………..
EDIFICIO ED INSTALLAZIONI
1- Le Autorità Competenti hanno approvato il progetto? Si No
2-Localizzazione :…………………………………………………
Area Urbana Zona Industriale Periferia
3-Qual’è la temperatura Ambientale esterna il giorno della verifica?……………………
4- Trattamento dei rifiuti? Si No
5- Selezione e Separazione dei rifiuti Solidi? Si No
(Selezione e Separazione della Carta, Vetro, Materiale Organico)
70
6-Acqua Potabile Utilizzata: Rete idrica (Comunale) Pozzo
7- Dalla Valutazione del “Lay Out”: ci sono punti di incrocio? Si No
L’edificio e le Attrezzature permettono il flusso del Prodotto e del Personale senza possibilità di tornare indietro
8- (Pareti, Pavimento, Soffitto, Porte, Finestre) in materiale inalterabile, impermeabile e resistente, facile da pulire e da disinfettare? Si No
9- Stato di conservazione e livello d’igiene delle Pareti e Pavimenti? Ispezione VisivaCattiva Sufficiente Buona
10- Un'illuminazione sufficiente, naturale o artificialeCattiva Sufficiente Buona
11-Le Finestre sono dotate di zanzariere? Si No
12- Ci sono dei dispositivi appropriati di protezione contro animali indesiderabili (insetti, roditori, uccelli, ecc.)? Si No
13- Nell’Area di preparazione o produzione le luci sono dotate di protezioni e coperture appropriate?
Si No
14- Ventilazione (nei luoghi che necessitano di trattamenti con calore):
C’è una sufficiente ed adeguata ventilazione o dispositivo di controllo per ridurre gli
odori ed i vapori e prevenire condensazione dell’acqua? Si No
15-C’è un dispositivo lavapiedi all’ingresso del Laboratorio? Si No
71
Allegato II
Igiene:
16-Lo Stabilimento produce in osservanza delle regole di GMP? Si No
17-Nell’Area di produzione i lavabi sono adeguati e sufficienti?
Si No (regola: 1 per 10 addetti)
18- E’ presente un numero sufficiente di dispositivi per la pulizia e la disinfezione
delle mani provvisti di acqua corrente fredda e calda o di acqua premiscelata a
temperatura appropriata?
Si No
19- Nei reparti di lavoro e nelle latrine, i rubinetti non devono poter essere azionati a
mano?
Si No
20- Presenza di dispositivi per l’asciugatura delle mani:
Carta usa e getta o simili Altro
21- Ci sono cestini per i rifiuti? Si No
22- C’è un locale o un armadio in cui riporre il materiale per la pulizia e la
manutenzione?
Si No
23- C’è un numero sufficiente di spogliatoi provvisti di lavabi e latrine a sciacquone,
queste ultime senza accesso diretto ai locali di lavoro? Si No
24- I bagni, antibagni e spogliatoio sono puliti? Ispezione Visiva
Cattiva Sufficiente Buona
72
Allegato II
25- Controllo Insetti: C’è un piano di controllo insetti e ratti con
una ditta specializzata?
Si No
Attrezzature
26-Le Attrezzature ed Utensili sono costruiti con materiali facilmente lavabili e
disinfettabili ?
Si No
27- Le Attrezzature ed Utensili sono costruiti con materiali tali da non trasmettere
odori e sapori agli alimenti? Si No
28- Sono presenti dispositivi per la pulizia degli utensili, delle attrezzature e degli
impianti? Si No
Igiene e Sanificazione
29- Tutti i lavoratori utilizzano divise protettive (retine per capelli, cappelli, camici e
stivali)?
Si No
30- I lavoratori mantengono gli abiti da lavoro in buone condizioni igieniche?
Si No
31- Gioielli, orologi e altri ornamenti vengono tolti a priore?
Si No
73
Allegato II
32- Con quale frequenza gli abiti da lavoro vengono cambiati?
2 volte al dì Tutti i giorni Altro
33- I Lavoratori con malattie o lesioni aperte o altra fonte abnorme di
contaminazione microbica sono in diretto contatto con gli alimenti?
Si No
34- E’ prevista una specifica ed adeguata educazione per i lavoratori (Igiene e
Processo)?
Si No
35- Scheda pulizia pavimento?
Giornaliera 2 Volte a settimana Altro
36- Scheda pulizia pareti?
Giornaliera 2 Volte a settimana Altro
37- Scheda pulizia soffitti?
2 Volte a settimana Ogni settimana Altro
38-Frequenza pulizia e disinfezione attrezzature?
Dopo ogni utilizzo Giornaliera Altro
39- I residui macroscopici vengono rimossi prima della pulizia ? Si No
74
Allegato II
40-Metodo di Pulizia :
Acqua
Acqua + detergente + Acqua
Acqua + Disinfettante + Acqua
Acqua + detergente / disinfettante + Acqua
Acqua + Detergente + Acqua + Disinfettante +Acqua
41-La pulizia viene fatta con:
Scopa /Spazzola Schiuma Idropulitrice
42- Quale detergente/disinfettante utilizzate per la pulizia ?
Alcalino Acido Neutro
43-Quale Disinfettante utilizzate?
Ipoclorito e derivati Ammonio quaternario Altro
Quali?………………………
44-C’è un specifico dispositivo per la sterilizzazione dei coltelli ed altri utensili?
Si No Se Si Vedi 45
45- Come viene effettuata la sterilizzazione?
Acqua Calda Chimica Ultravioletti
46- C’è un locale o un dispositivo per riporvi i detersivi, i disinfettanti e sostanze analoghe?
Si No
75
Allegato II
Controllo produzione e processo
47-Ci sono richieste specifiche sulle caratteristiche delle materie prime?
Si No
48-Viene controllata la data di scadenza degli ingredienti minori (condimenti)?
Si No
49-C’è una documentazione per le materie prime ed altri ingredienti ricevuti?
Si No
50-Gli Additivi (nel caso in cui si utilizzano) sono conservati in aree designate, più
riservate?
Si No
51-Vi è manipolazione di altre carni a parte il Suino? Si No
52-C’è un sistema di controllo del processo operativo? Si No
53-C’è un piano di analisi a campione? Si No
Se Si Vedi Domande 54, 55 ,56, 57 and 58
54-Quali campioni considerate?
Superfici di lavoro Carne Ingredienti Prodotto finito
Coltelli ed altri utensili Aria ambiente
55- Con quale frequenza?
Ogni settimana Ogni mese Altro
76
Allegato II
56- Che tipo di analisi ?
Test microbiologici rapidi Analisi microbiologiche classiche Altro
57- Quali sono le conte microbiche analizzate?
CBT Enterobacteriaceae E. coli Clostridium perfringens
Staphylococcus aureus Altro
58- Effettuate la ricerca dei residui chimici nei campioni? Si No
Se Si quali?……………………
59- C’è un monitoraggio regolare tempo/temperatura nel processo di lavorazione?
Si No
60- Avete un piano di controllo di taratura degli strumenti con una ditta specializzata?
Si No
61-Esiste una documentazione per questa informazione? Si No
62-I documenti rilevanti sono conservati in maniera specifica? Si No
63- C’è qualche tipo di controllo della documentazione? Si No
77
Allegato II