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La scelta tra lavoro autonomo e lavoro dipendente in ItaliaStudi Isfol
La scelta fra lavoro autonomo e lavoro dipendente in Italia
collana Studi Isfol numero 2009/4 - maggio www.isfol.it tema occupazione
Valeria Perotti
ISSN 1974-4978
La scelta tra lavoro autonomo e lavoro dipendente in Italia
L’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol) è un ente pubblico istituito con DPR n. 478 del 30 giugno 1973. Nasce per accompagnare la prima fase di decentramento regionale delle competenze in materia di formazione professionale, codificata nella legge n. 845 del dicembre 1978; dal 1999 viene incluso tra gli enti pubblici di ricerca con DL n. 419 del 29/10/1999. L’attuale Statuto, approvato con DPCM del 19 marzo 2003, sancisce per l’Istituto competenze nel campo delle politiche formative, del lavoro e sociali.L'Isfol svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, valutazione, informazione, consulenza e assistenza tecnica per lo sviluppo della formazione professionale, delle politiche sociali e del lavoro. Contribuisce al miglioramento delle risorse umane, alla crescita dell’occupazione, all’inclusione sociale e allo sviluppo sociale. È sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale al quale fornisce supporto tecnico-scientifico ed opera in collaborazione con il Ministero della pubblica istruzione, il Ministero della solidarietà sociale, la Presidenza del Consiglio dei ministri, le Regioni, le Parti sociali, l’Unione europea e altri Organismi internazionali.
_______________________________________________________________________________Studi Isfol, la prima collana scientifica elettronica realizzata dall’Isfol, comprende articoli e working paper sui temi della formazione, del lavoro, dell’inclusione sociale. La collana nasce con l’intento di rendere accessibili a tutti liberamente, idee e dati, anche nel corso della loro elaborazione. In particolare, mira a stimolare il dibattito e la circolarità delle riflessioni nella comunità scientifica, offrendo l’opportunità, grazie alla sua multimedialità, di creare intorno ad essi una community.
La Collana Studi Isfol è curata da Claudio Bensi – Responsabile Servizio comunicazione web e multimediale Coordinamento editoriale: Paola Piras, Aurelia Tirelli, Matilde Tobia Progetto grafico: Marco BocciaContatti: [email protected]
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La presente pubblicazione costituisce la versione cartacea dell’edizione consultabile sul portale www.isfol.it all’interno della collana elettronica Studi Isfol.
La scelta tra lavoro autonomo e lavoro dipendente in Italia
Indice
pag.1. Introduzione 42. Il lavoro autonomo in Italia 53. Il ruolo dell’atteggiamento verso il rischio 84. L’incentivo economico nella scelta tra lavoro dipendente e lavoro autonomo 145. Conclusioni 18Bibliografia 20
L’autore
Valeria PerottiRicercatrice Isfol
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1. Introduzione
La letteratura scientifica sul lavoro autonomo è relativamente recente e si può ricondurre
principalmente a due lavori, che individuano le determinanti della scelta fra lavoro autonomo e
lavoro dipendente. Nell’articolo di Lucas (1978), si assume che gli individui siano dotati di un livello
di abilità imprenditoriale distribuito in maniera eterogenea nella popolazione. Le persone con
maggiore abilità imprenditoriale diventano imprenditori, mentre le altre scelgono il lavoro
dipendente. Un modello alternativo è quello di Kihlstrom e Laffont (1979), in cui gli individui sono
omogenei per quanto riguarda le abilità, ma hanno diversi livelli di avversione al rischio. Assumendo
che il lavoro autonomo comporti un maggiore rischio, si ottiene che le persone con minore
avversione al rischio diventano imprenditori, mentre le altre scelgono il lavoro dipendente. Evans e
Jovanovic (1989) hanno invece sottolineato l’effetto negativo di eventuali vincoli di liquidità sulle
scelte imprenditoriali.
Abilità e propensione al rischio sono pertanto i due motivi principali che spiegano la scelta del
lavoro autonomo nella letteratura teorica, ma altri fattori importanti sono emersi dall’evidenza
empirica: per esempio, la probabilità di essere un lavoratore autonomo è in genere positivamente
correlata con una simile condizione lavorativa dei genitori (Dunn e Holtz-Eakin, 2000), mentre per
le donne può essere negativamente correlata con la cura dei figli (Connelly, 1992). Beugelsdijk e
Noorderhaven (2005) hanno sottolineato le differenze tra autonomi e dipendenti per quanto
riguarda alcune attitudini personali, ed hanno constatato che i lavoratori autonomi assegnano
un’importanza maggiore all’impegno e alla responsabilità individuali nel conseguimento del
successo lavorativo. In altri studi è stato mostrato che un aumento della tassazione favorisce una
maggiore espansione del lavoro autonomo rispetto al lavoro dipendente (Long, 1982; Bruce, 2000;
tuttavia ci sono anche risultati opposti, come ad esempio Fairlie e Meyer, 2000).
L’obiettivo di questo lavoro è di studiare quali caratteristiche individuali spieghino la scelta fra
lavoro dipendente e lavoro autonomo in Italia. In particolare, si vuole verificare se il modello di
Kihlstrom e Laffont (1979) – ovvero l’eterogeneità in termini di atteggiamento verso il rischio –
fornisca una plausibile interpretazione della realtà italiana. Insieme a questa ipotesi principale, si
vuole esaminare il ruolo di altri fattori discussi nella letteratura, come la condizione lavorativa dei
genitori e l’incentivo fornito da un eventuale differenziale di reddito fra i due tipi di lavoro.
L’evidenza empirica disponibile per l’Italia è piuttosto scarsa (Guiso e Paiella, 2006), pertanto
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questo lavoro si propone di contribuire a colmare una lacuna nella letteratura esistente. Un aspetto
del tutto nuovo di questa analisi è la definizione del lavoro autonomo in base alla natura effettiva
del rapporto di lavoro. Per individuare quali caratteristiche individuali portino alla scelta del lavoro
autonomo, bisogna infatti capire se il tipo di lavoro è frutto di una scelta e in secondo luogo
verificare che una forma contrattuale di tipo autonomo (come per esempio la collaborazione a
progetto) non nasconda invece un rapporto di lavoro alle dipendenze. Nel paragrafo 2 viene
descritta la base dati fornita dall’Indagine Plus, che permette appunto di riclassificare il lavoro
autonomo a seconda della sua effettiva natura e di analizzare l’atteggiamento degli individui verso
il rischio. Nel paragrafo 3 viene descritta la misura di propensione al rischio utilizzata e vengono
presentate le stime del modello econometrico per la scelta del lavoro autonomo. Nel paragrafo 4, il
modello viene esteso per tener conto del potenziale incentivo economico nella scelta fra diversi tipi
di lavoro. Infine, il paragrafo 5 presenta le conclusioni.
2. Il lavoro autonomo in Italia
Il lavoro autonomo in Italia costituisce una parte considerevole dell’occupazione: secondo l’EUROSTAT,
nel 2005 il 24.5% dell’occupazione totale era composta da lavoratori autonomi, con un’importante
differenza di genere (28.1% tra gli uomini e 18.9% tra le donne). Si tratta di una frazione molto maggiore
sia rispetto alla media per i paesi EU-15 (14.7%), sia rispetto alla media per i paesi EU-25 (15.6%).
Il lavoro autonomo è però una categoria che racchiude molti tipi di occupazione diversi: per
esempio, in essa possono venire inclusi da un lato i lavoratori con contratto di collaborazione
coordinata e continuativa e i lavoratori a progetto, dall’altro i titolari di partita IVA e gli
imprenditori. Per comprendere quali siano i fattori determinanti nella scelta fra lavoro dipendente
e lavoro autonomo, è pertanto cruciale prima di tutto individuare quali siano i lavoratori che
effettivamente svolgono un’attività in completa autonomia, e in secondo luogo distinguere coloro
che lo fanno in seguito ad una propria scelta. In tal modo è possibile verificare se i modelli di scelta
proposti nella letteratura teorica siano in grado di spiegare la realtà del lavoro autonomo in Italia.
2.1 I dati dell’Indagine Plus
L’Isfol ha svolto negli anni 2005, 2006 e 2008 l’indagine campionaria nazionale Plus (Mandrone e
Radicchia, 2006), con l’obiettivo – fra gli altri – di analizzare la ripartizione degli occupati nelle
varie tipologie contrattuali disponibili nel mercato del lavoro italiano. Nell’anno 2006 sono state
inserite nel questionario apposite domande sull’atteggiamento verso il rischio, rivolte solo agli
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intervistati panel. Per questo motivo la nostra analisi si basa sui dati raccolti con l’indagine 2006, e
per alcuni aspetti si concentra solo sulla componente panel. Il campione Plus è di 37,513 individui,
di cui 66% intervistati anche l’anno precedente. Il nostro campione include solo gli occupati,
escludendo i tirocinanti ed alcune categorie residuali per cui la forma contrattuale non è ricostruita
in modo univoco (circa 4% degli occupati). Tenendo conto della mancata risposta ad alcune
domande che utilizziamo, il campione a nostra disposizione è di 15,448 occupati, che scendono a
9,663 quando restringiamo l’analisi alla sola componente panel.
La base dati contiene informazioni dettagliate sulla condizione occupazionale, sia da un punto di
vista puramente formale (forma contrattuale), sia da un punto di vista dell’effettiva natura della
relazione lavorativa (dipendente/indipendente). Se ci si attiene a una definizione puramente
formale, possiamo individuare tre categorie principali, che chiameremo: (a) dipendenti: lavoro a
tempo indeterminato, lavoro a tempo determinato, contratto formazione lavoro, apprendistato,
contratto d’inserimento, lavoro interinale o a somministrazione, job sharing o lavoro ripartito,
lavoro intermittente o a chiamata; (b) collaboratori: collaborazioni coordinate e continuative,
collaborazione occasionale, lavoro a progetto; (c) autonomi: titolare d’attività–imprenditore,
associati in partecipazione, attività in proprio (partita IVA), socio di cooperativa o di società,
coadiuvante familiare. Nella tabella 1 riportiamo la suddivisione dei lavoratori intervistati
nell’indagine Plus in queste categorie, a seconda delle diverse fasce d’età.1
Tabella 1 - Ripartizione dell’occupazione secondo la forma contrattualeDipendenti Collaboratori Autonomi Totale
Da 15 a 29 anni 3,011,269 334,811 382,242 3,728,321Da 30 a 39 anni 5,198,822 465,747 1,294,559 6,959,128Da 40 a 49 anni 4,798,766 354,738 1,283,997 6,437,501Da 50 a 64 anni 3,295,453 138,103 1,320,884 4,754,441Totale 16,304,310 1,293,398 4,281,682 21,879,391
Fonte: Isfol Plus 2006
Le diverse categorie contrattuali individuano gruppi di lavoratori che presentano caratteristiche
molto diverse, sintetizzate nella tabella 2. Si può immediatamente notare che rispetto alla media
per tutti gli occupati, l’età media è più bassa per i collaboratori, mentre è più alta per gli
autonomi. La percentuale di individui con livello di istruzione basso (licenza media o livelli inferiori
di istruzione) è maggiore fra dipendenti e autonomi, mentre i collaboratori presentano anche una
maggiore percentuale di persone con alta istruzione (diploma di laurea o livelli superiori di
istruzione). La percentuale di donne è molto più bassa fra gli autonomi rispetto alle altre forme di
1 Le frequenze riportate nella tabella 1 sono state pesate per fornire una stima riferita alla popolazione di riferimento di Plus. Il piano di campionamento di Plus e la costruzione dei pesi è ampiamente documentata in Giammatteo (2009).
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occupazione, mentre la percentuale di persone sposate/conviventi o con figli è notevolmente più
bassa fra i collaboratori. I motivi di tali differenze possono essere tuttavia molteplici: da un lato la
precarietà della condizione occupazionale può indurre a rimandare la decisione di formare una nuova
famiglia, dall’altro la stessa scelta occupazionale può essere condizionata dalla situazione familiare.
Tabella 2 - Valori medi di alcune caratteristiche individuali secondo la forma contrattua-le
Dipendenti Collaboratori Autonomi TotaleEtà 39.82 37.00 43.25 40.33Donne 0.42 0.54 0.24 0.39Bassa istruzione 0.40 0.26 0.42 0.39Media istruzione 0.47 0.46 0.41 0.45Alta istruzione 0.14 0.28 0.18 0.15Sposato/convivente 0.65 0.48 0.71 0.65Ha figli 0.62 0.46 0.67 0.62
Fonte: Isfol Plus 2006
2.2 La scelta del lavoro autonomo secondo la forma contrattuale
Per avere un quadro completo delle caratteristiche individuali maggiormente correlate con i diversi
status occupazionali, abbiamo stimato un semplice modello di regressione logistica multinomiale, in
cui la variabile dipendente è categorica e può assumere le seguenti tre modalità: dipendente,
collaboratore, o autonomo. Prendendo come categoria di riferimento il dipendente, i parametri
stimati forniscono una misura della correlazione fra le variabili esplicative e la probabilità di essere
nello status di collaboratore o autonomo piuttosto che nello status di dipendente.2
L’individuo di riferimento è un uomo di 40-49 anni, residente nel Nord Ovest e con un livello di
istruzione intermedio (diploma). Le variabili esplicative usate sono indicatori binari per le diverse
fasce d’età (15-29 anni, 30-39 anni, 50-64 anni), per il sesso (uguale ad 1 se donna), per il livello
d’istruzione (bassa istruzione include coloro che hanno al massimo la licenza media, mentre alta
istruzione comprende le persone che hanno conseguito un diploma di laurea o un livello superiore di
istruzione), per l’area di residenza (Nord Est, Centro, Sud e isole), e per l’attività dei genitori
dell’intervistato (gli indicatori sono uguali ad uno se il padre/la madre era/è un imprenditore, uguali a zero
2 Più precisamente, l’assunzione del modello logistico multinomiale è che il logaritmo del rapporto fra la probabilità di trovarsi nello stato j piuttosto che nello stato i sia una combinazione lineare delle variabili esplicative:
( )iji
j XPP
ββ −′=log
dove prendendo lo stato i come categoria di riferimento, si pone 0=iβ .
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per qualsiasi altra condizione occupazionale dei genitori).3 In questo modello, omettiamo le variabili sulla
situazione familiare (se sposato/convivente o se con figli) a causa della potenziale endogeneità, soprattutto
nel caso dei collaboratori. Nella tabella 3 riportiamo i coefficienti stimati.
La stima del modello conferma che le persone più giovani e le donne hanno maggiori probabilità
(rispetto agli anziani e agli uomini) di trovarsi nella condizione di collaboratore piuttosto che di
dipendente, mentre hanno probabilità minori di essere lavoratori autonomi. Un alto livello di
istruzione fa aumentare la probabilità di tutti e due gli status occupazionali rispetto allo status di
dipendente. La residenza in una particolare area geografica non sembra essere correlata con il tipo
di forma contrattuale. Lo status di imprenditore dei genitori è invece positivamente correlato con la
probabilità di essere lavoratori autonomi o collaboratori, seppure ad un livello inferiore di
significatività per questi ultimi.
Tabella 3 - Stime del modello logistico multinomiale per la forma contrattuale Collaboratore AutonomoDa 15 a 29 anni 0.455 ** -0.771 ***Da 30 a 39 anni 0.234 -0.079 Da 50 a 64 anni -0.431 ** 0.426 ***Bassa istruzione -0.412 ** 0.042 Alta istruzione 0.742 *** 0.366 ***Donna 0.294 ** -0.889 ***Padre imprenditore 0.095 0.907 ***Madre imprenditrice 0.666 * 1.113 ***Nord Est -0.073 0.125 Centro 0.254 0.020 Sud e isole 0.060 0.075 Costante -2.915 *** -1.246 ***Numero osservazioni 15,448Log-verosimiglianza -10,248.7Pseudo R2 0.057
Categoria base: Dipendente * p<0.10, ** p<0.05, *** p<0.01
Fonte: Isfol Plus 2006
3. Il ruolo dell’atteggiamento verso il rischio
Restringendo l’analisi al campione panel, possiamo disporre di ulteriori informazioni fornite
dall’Indagine Plus, tramite alcune domande che sono state poste soltanto a questa parte degli
intervistati. In particolare, possiamo testare la validità del modello di Kihlstrom e Laffont (1979), 3 In base alla domanda D105bis del questionario, non è possibile definire univocamente la condizione occupazionale del genitore come autonomo o dipendente, e l’unica condizione occupazionale direttamente riconducibile al lavoro autonomo è quella di imprenditore.
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secondo il quale gli individui meno avversi al rischio sono quelli che scelgono il lavoro autonomo.
3.1 La misura di avversione al rischio nell’Indagine Plus
La prima domanda dell’Indagine Plus relativa all’atteggiamento verso il rischio è la seguente: “Per
poter capire il suo atteggiamento nei confronti delle scelte economiche, Le chiediamo di
immedesimarsi in questa situazione. Ci sono due buste chiuse: in una ci sono 100,000 euro.
Nell’altra zero. Una delle due è sua. Per la sua busta Le offro 20,000 euro: accetta?”. Agli
intervistati che rispondono negativamente, viene chiesto “Per quale somma sarebbe disposto/a a
cedere la sua busta?”. In questa situazione ipotetica, tenere la busta equivale a partecipare a una
lotteria rischiosa che ha valore atteso pari a 50,000 euro. Come mostrato nella figura 1, l’individuo
può ricevere un importo L1 nel caso sfavorevole (con probabilità del 50%), oppure un importo L2 nel
caso favorevole (sempre con probabilità del 50%). Il valore atteso della lotteria è la media dei due
importi, pari ad E(L) e nel nostro caso uguale a 50,000 euro. Secondo la teoria economica, però, la
valutazione della lotteria non viene fatta in base ai semplici importi monetari, ma in relazione
all’utilità che essi forniscono all’individuo. Se chiamiamo U(x) la funzione di utilità individuale,
l’utilità attesa della lotteria è E(U), pari alla media fra U(L1) e U(L2).
Figura 1 – L’equivalente certo (EC) come misura dell’atteggiamento verso il rischio
L’equivalente certo di una lotteria è la somma ottenibile con certezza che rende l’individuo
indifferente tra partecipare alla lotteria e accettare la somma certa. Nella figura 1, l’equivalente
certo è l’importo EC tale che U(EC)=E(U). Tanto maggiore è l’avversione al rischio, tanto minore è
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l’equivalente certo, perché l’individuo è disposto a ricevere una somma più bassa pur di eliminare
l’incertezza dell’esito della lotteria. In particolare, un individuo è definito “avverso al rischio” se
l’equivalente certo è minore del valore atteso della lotteria, “neutrale” se l’equivalente certo è
uguale al valore atteso, e “propenso al rischio” se l’equivalente certo è maggiore del valore atteso.
Nella parte sinistra della figura 1 è rappresentato un caso di avversione al rischio, in cui EC<E(L),
mentre nella parte sinistra è raffigurato un caso di propensione al rischio, in cui EC>E(L).
Poiché le domande del questionario Plus chiedono all’intervistato per quale somma sarebbe
disponibile a rinunciare alla lotteria, esse permettono di individuare l’equivalente certo di tale
lotteria per ciascun intervistato, che può essere dunque classificato come avverso al rischio,
neutrale o propenso al rischio. Nella tabella 4 riportiamo l’atteggiamento rispetto al rischio degli
intervistati panel suddivisi per sesso e fasce d’età. La percentuale di persone avverse al rischio è
crescente con l’età sia fra gli uomini che fra le donne, mentre tale percentuale è maggiore per le
donne rispetto agli uomini, per qualsiasi classe di età. In totale, la percentuale di individui avversi
al rischio è pari al 63.5%, mentre i neutrali sono il 18.8% e i propensi al rischio sono il 17.7%.
Tabella 4 - L’avversione al rischio secondo sesso ed etàDa 15 a 29 anni Da 30 a 39 anni Da 40 a 49 anni Da 50 a 64 anni Totale
UOMINIAvverso 55.2 56.1 60.9 66.5 59.6Neutrale 22.4 25.1 20.7 18.8 21.8Propenso 22.4 18.8 18.4 14.7 18.6Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0DONNEAvverso 63.3 67.4 71.1 75.3 68.2Neutrale 16.7 15.8 13.9 13.0 15.2Propenso 20.0 16.8 15.0 11.8 16.6Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0TOTALEAvverso 59.2 61.8 65.0 69.6 63.5Neutrale 19.6 20.4 18.0 16.7 18.8Propenso 21.2 17.8 17.0 13.7 17.7Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0
Fonte: Isfol Plus 2006
3.2 La propensione al rischio e la scelta del lavoro autonomo
Come discusso precedentemente, per valutare l’effetto dell’avversione al rischio sulle scelte
occupazionali bisogna prima suddividere gli occupati a seconda dell’effettiva natura del lavoro
svolto (dipendente/indipendente), e poi individuare quelli che hanno scelto di propria iniziativa se
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lavorare come autonomi o come dipendenti.
Partendo dalla suddivisione in forme contrattuali, consideriamo i dipendenti come dipendenti a
tutti gli effetti, e inoltre assumiamo che siano tali per loro scelta. In modo analogo, un sottoinsieme
degli autonomi (ovvero i titolari di attività e i coadiuvanti familiari) vengono ritenuti autonomi a
tutti gli effetti e tali per loro scelta. Per quanto riguarda la rimanente parte degli autonomi e i
collaboratori, per stabilire l’effettiva natura del loro lavoro utilizziamo le risposte a cinque
domande del questionario Plus:
1. Lei lavora per un’unica società / committente o più società / committenti?
2. Con riferimento alla Sua attività, Lei deve garantire la presenza regolare presso la sede del
Suo lavoro?
3. Con riferimento alla Sua attività, Lei ha concordato un orario giornaliero di lavoro con il
Suo datore di lavoro?
4. Con riferimento alla Sua attività, Lei nello svolgimento del Suo lavoro utilizza mezzi o stru-
menti o strutture dell’azienda o del datore di lavoro?
5. Il contratto o commessa con l’attuale datore di lavoro è già stato rinnovato almeno una volta?
Se tre o più di questi indicatori sono positivi o denotano monocommittenza, consideriamo il lavoro
come un rapporto di effettiva dipendenza. Nel caso contrario, il lavoratore viene considerato come
effettivamente indipendente.
Per individuare infine i lavoratori che hanno deliberatamente scelto di essere lavoratori autonomi
da un punto di vista formale, utilizziamo le risposte alla seguente domanda:
Lei è un lavoratore autonomo… per Sua scelta o convenienza/ su richiesta del committente -
datore di lavoro?. In tal modo possiamo ricostruire quattro categorie di lavoratori:
1. formalmente (ed effettivamente) dipendenti
2. effettivamente dipendenti ma formalmente e involontariamente autonomi
3. effettivamente dipendenti ma formalmente e volontariamente autonomi
4. effettivamente autonomi.
Per esemplificare alcune categorie, nella 2 troviamo i co.co.co. e i lavoratori a progetto che
svolgono di fatto un lavoro di natura subordinata, ma che hanno un contratto da autonomi per una
richiesta del datore di lavoro; la categoria 3 include invece i collaboratori (o per esempio titolari di
partita IVA) che svolgono un lavoro di natura subordinata, ma che hanno scelto deliberatamente una
forma contrattuale autonoma. Tale scelta può essere dettata da esigenze di maggiore flessibilità, di
compatibilità con altre attività o da preferenze per quanto riguarda il trattamento fiscale. La
categoria 4 rappresenta i lavoratori autonomi a tutti gli effetti, per i quali ci aspettiamo un maggior
grado di propensione al rischio, in base a quanto suggerito dalla letteratura teorica.
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Tabella 5 - Ripartizione dell’occupazione secondo la natura effettiva del rapporto di lavoro
UOMINISituazione effettiva Forma contrattuale 15-29 30-39 40-49 50-64 Totale
Dipendente Dipendente 77.7 69.8 74.0 64.3 71.1Dipendente Autonomo involontario 5.8 3.3 1.5 1.4 2.7Dipendente Autonomo volontario 2.8 3.3 3.8 4.9 3.7
Autonomo Autonomo 13.7 23.6 20.7 29.5 22.5Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0
DONNESituazione effettiva Forma contrattuale 15-29 30-39 40-49 50-64 Totale
Dipendente Dipendente 84.8 82.2 76.2 78.6 80.2
Dipendente Autonomo involontario 6.6 4.4 4.7 1.6 4.3
Dipendente Autonomo volontario 2.9 2.4 3.3 3.6 3.0
Autonomo Autonomo 5.7 11.0 15.8 16.2 12.5Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0
TOTALESituazione effettiva Forma contrattuale 15-29 30-39 40-49 50-64 Totale
Dipendente Dipendente 80.6 74.8 74.9 69.4 74.6
Dipendente Autonomo involontario 6.1 3.8 2.8 1.5 3.4
Dipendente Autonomo volontario 2.8 2.9 3.6 4.4 3.4
Autonomo Autonomo 10.4 18.5 18.8 24.7 18.6Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0
Fonte: Isfol Plus 2006
Nella tabella 5 riportiamo la suddivisione dell’occupazione secondo la natura effettiva e formale del
rapporto di lavoro, distinguendo per sesso e classe di età, e tenendo conto della natura volontaria o
involontaria della forma contrattuale.4 La componente del lavoro dipendente a tutti gli effetti
costituisce il 71.1% dell’occupazione maschile e il 80.2% di quella femminile. Tale percentuale è
decrescente con l’età sia per gli uomini che per le donne. La frazione di lavoratori effettivamente
dipendenti, ma involontariamente autonomi da un punto di vista formale, oscilla fra 1.4 e 6.6%
dell’occupazione a seconda del sesso e dell’età. Per entrambi i sessi, questa percentuale diminuisce
con l’età ma per le donne è sempre maggiore rispetto agli uomini, a prescindere dalle fasce d’età.
Per gli uomini la percentuale di lavoratori effettivamente dipendenti, ma che hanno scelto una
forma contrattuale autonoma, è crescente con l’età dal 2.8% fra i 15 e i 29 anni al 4.9% fra i 50 e i
4 Per analogia con le analisi che seguono, queste elaborazioni sono effettuate usando soltanto la componente panel del campione Plus.
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64 anni, mentre per le donne è crescente dal 2.9% al 3.6%. Una notevole differenza di genere si
nota per quanto riguarda i lavoratori effettivamente autonomi: essi costituiscono il 22.5%
dell’occupazione maschile e soltanto il 12.5% di quella femminile. In entrambi i casi, questa
percentuale cresce notevolmente con l’età.
Tabella 6 - Stime del modello logistico multinomiale per i diversi status occupazionaliSituazione effettiva Dipendente Dipendente Autonomo
Forma contrattuale Autonomo Involontario
Autonomo Volontario
Autonomo
Da 15 a 29 anni 0.643 *** -0.464 * -0.707 ***Da 30 a 39 anni 0.253 -0.366 -0.025 Da 50 a 64 anni -0.401 0.155 0.380 ***Bassa istruzione -0.461 ** 0.041 0.132 Alta istruzione 0.683 *** 0.639 *** 0.278 ** Donna 0.272 * -0.308 * -0.784 ***Padre imprenditore 0.590 ** 0.670 ** 0.992 ***Madre imprenditrice 1.200 *** 0.601 1.385 ***Propenso al rischio -0.085 0.289 0.250 ** Nord Est -0.103 0.078 0.093 Centro 0.106 0.041 -0.003 Sud e isole 0.070 0.438 * 0.039 Costante -3.436 *** -3.188 *** -1.433 ***Numero osservazioni 9,663Log-verosimiglianza -6,995.6
Pseudo R2 0.048Categoria base: Dipendente* p<0.10, ** p<0.05, *** p<0.01
Fonte: Isfol Plus 2006
Nella tabella 6 riportiamo invece i coefficienti stimati di un modello logistico multinomiale in cui i
possibili status sono corrispondenti alle categorie appena descritte. La categoria di base è
formalmente dipendente, mentre le altre sono effettivamente dipendente ma formalmente e
involontariamente autonomo, effettivamente dipendente ma formalmente e volontariamente
autonomo, e effettivamente autonomo. Come nel caso precedente, l’individuo di riferimento è un
uomo tra i 40 e i 49 anni, residente nel Nord-Ovest e con livello di istruzione intermedio. Iniziando
dall’età, si può notare come le classi di età più giovani siano associate a una maggiore probabilità di
essere effettivamente dipendente, ma formalmente e involontariamente autonomo. Viceversa, la
probabilità di essere effettivamente autonomo aumenta con l’età.
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Un basso livello di istruzione è associato a una minore probabilità dello status formale di autonomo
involontario, mentre un livello alto di istruzione fa aumentare la probabilità di tutti gli status. Le
donne hanno probabilità maggiori di essere effettivamente dipendenti ma formalmente e
involontariamente autonome, mentre hanno probabilità minori di essere effettivamente autonome o
di essere effettivamente dipendenti ma formalmente e volontariamente autonome. Lo status di
imprenditore dei genitori sembra incrementare la probabilità di tutti gli status formalmente
autonomi rispetto al lavoro formalmente dipendente.
Come suggerito dalla letteratura teorica, un maggiore grado di propensione al rischio è correlato ad
una maggiore probabilità di essere un lavoratore autonomo, ma questo vale esclusivamente per i
lavoratori che sono effettivamente autonomi. Il coefficiente stimato per la probabilità di essere
effettivamente dipendente ma formalmente e volontariamente autonomo è positivo, ma non
statisticamente significativo. Per quanto riguarda l’area geografica di residenza, non risultano
effetti particolarmente significativi.
4. L’incentivo economico nella scelta tra lavoro dipendente e lavoro autonomo
I fattori determinanti nella scelta fra lavoro autonomo e lavoro dipendente che abbiamo fin qui
considerato includono variabili socio-demografiche e l’atteggiamento verso il rischio. Non abbiamo
però tenuto conto dei possibili vantaggi economici che l’individuo si aspetta di ricevere scegliendo
un determinato tipo di lavoro. Se consideriamo il classico criterio media-varianza, ci aspettiamo che
un individuo avverso al rischio preferisca:
– tra due lavori ugualmente rischiosi (in termini di variabilità del reddito), quello che garanti-
sce un reddito atteso più alto
– tra due lavori ugualmente remunerativi (in termini di valore atteso del reddito), quello che
presenta un rischio minore.
Nel confronto tra due lavori ugualmente remunerativi, un individuo propenso al rischio preferisce
invece quello più rischioso, che fornisce maggiori probabilità di ricevere un reddito inferiore a
quello atteso, ma anche maggiori probabilità di ricevere un reddito superiore a quello atteso.
In questa parte dell’analisi adottiamo una classificazione semplificata, e distinguiamo tra lavoro
autonomo e lavoro dipendente unicamente in base alla natura effettiva del rapporto di lavoro.
La variabile dipendente nel modello che stimiamo in questa sezione è pertanto un indicatore Y, che
è uguale ad 1 se il lavoratore è effettivamente autonomo, o uguale a 0 se il lavoratore è
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effettivamente dipendente (a prescindere dalla forma contrattuale). Nel modello probit si assume
che esista una variabile non osservata Y* che indica la propensione a scegliere il lavoro autonomo, e
che Y* dipenda linearmente da alcune caratteristiche X. Se Y* è maggiore di una certa soglia (posta
uguale a zero) l’individuo sceglie di essere un lavoratore autonomo (Y=1), altrimenti sceglie un
lavoro alle dipendenze (Y=0).
01
==
YY
sese
0*0*
≤>
YY
Assumiamo che Y* dipenda dalle stesse variabili X che risultano rilevanti dall’analisi precedente:
età, sesso, istruzione, attività lavorativa dei genitori e propensione al rischio. Inoltre, seguendo il
modello proposto da Lee (1979), ipotizziamo che la scelta tra lavoro autonomo e lavoro dipendente
dipenda anche dal reddito che l’individuo può guadagnare nei due tipi di lavoro. Più precisamente,
εβββ −++= 321* DA WWXY (1)
dove WA è il reddito che l’individuo può guadagnare come lavoratore autonomo, WD è il reddito che
l’individuo può guadagnare come lavoratore dipendente e ε è un residuo distribuito normalmente.
Se le possibilità di guadagno influenzano la scelta del lavoro autonomo, il segno di β2 deve essere
positivo, mentre quello di β3 deve essere negativo. Se la variabile determinante è il differenziale di
reddito tra le due occupazioni, il modello diventa
( ) εδβ −−+= DA WWXY 1* (2)
Il problema da risolvere nella stima di questo modello è che WA e WD non sono osservabili
contemporaneamente: WA è osservato solo per gli autonomi, mentre WD è osservato solo per i
dipendenti. L’articolo di Lee (1979) propone un metodo di stima a due stadi:
1) Si stimano due equazioni dei redditi: una per i lavoratori autonomi, ed una per i lavorato-
ri dipendenti, tenendo conto dell’effetto di selezione. In base a tali stime, si ottiene il
reddito potenziale nei due settori per l’intero campione ( AW e DW ).
2) I valori stimati AW e DW vengono utilizzati nel modello per Y*, in sostituzione delle va-
riabili non osservate WA e WD.5
La tabella 7 presenta le stime delle equazioni dei redditi per i lavoratori autonomi e per i lavoratori
5 La sostituzione di WA e WD con i rispettivi valori stimati richiede una correzione della deviazione standard delle stime dei coefficienti. Le deviazioni standard in base alle quali valutiamo la significatività dei coefficienti sono ottenute con il metodo bootstrap, con 100 repliche.
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dipendenti. La variabile dipendente utilizzata è il logaritmo del reddito orario lordo, e l’individuo di
riferimento è un uomo di età tra i 40 e i 49 anni, residente nel Nord-Ovest, con livello di istruzione
intermedio, senza figli e non sposato né convivente. Per tener conto di alcune abilità specifiche
introduciamo anche degli indicatori binari per la capacità di utilizzare il computer e internet, e per
la conoscenza della lingua inglese. Si può notare che il reddito aumenta con l’età e con l’istruzione
per tutti e due i tipi di occupazione, ma emergono alcune differenze: tra i lavoratori autonomi, le
donne e coloro che risiedono nel Sud o nelle isole guadagnano di meno, mentre le conoscenze
linguistiche o informatiche e la condizione familiare non sembrano essere rilevanti; per i lavoratori
dipendenti invece non emergono differenziali di genere o legati alla zona di residenza6, mentre i
lavoratori sposati/conviventi o con figli hanno un reddito più alto, così come coloro che sono in
grado di utilizzare un computer o internet.7 Nella tabella riportiamo anche l’intervallo di confidenza
per il coefficiente di correlazione ρ tra il residuo nell’equazione di selezione e il residuo
nell’equazione dei redditi. L’effetto di selezione è presente se tale correlazione è
significativamente diversa da zero, pertanto risulta rilevante solo per i lavoratori dipendenti.
Tabella 7 - Stime delle equazioni dei redditi per lavoratori autonomi e dipendentiAutonomi Dipendenti
Da 15 a 29 anni -0.247 * -0.144 ***Da 30 a 39 anni -0.207 ** -0.095 ***Da 50 a 64 anni 0.078 0.039 Donna -0.289 *** 0.007 Sposato/convivente 0.021 0.064 ***Ha figli 0.111 0.074 ***Bassa istruzione -0.064 -0.142 ***Alta istruzione 0.328 *** 0.238 ***Nord Est -0.005 -0.006 Centro -0.056 -0.032 Sud e isole -0.264 ** -0.019 Uso PC/internet -0.051 0.055 ** Lingua inglese -0.076 -0.001 Costante 2.237 *** 2.235 ***Intervallo di confidenza per ρ (-0.081, 0.561) (0.661, 0.803)
(livello di significatività 95%)Numero osservazioni 1,254 8,301
Stime di massima verosimiglianza (comando heckman di STATA).* p<0.10, ** p<0.05, *** p<0.01
Fonte: Isfol Plus 2006
6 In questa analisi non valutiamo l’effetto di selezione determinato dalla scelta di entrare nel mercato del lavoro.7 A questo livello di analisi non è possibile dare un’interpretazione causale alla relazione fra livello di reddito e abilità nell’uso del computer o fra reddito e situazione familiare.
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Tabella 8 - Stime del modello probit per la scelta del lavoro autonomo
Modello (1) Modello (2)
Da 15 a 29 anni -0.447 ** -0.365 ***Da 30 a 39 anni -0.053 0.003 Da 50 a 64 anni 0.226 ** 0.207 ***Donna -0.377 *** -0.373 ***Sposato/convivente 0.070 0.033 Ha figli 0.043 0.003 Bassa istruzione -0.033 0.057 Alta istruzione 0.248 0.107 Propenso al rischio 0.119 * 0.117 * Padre imprenditore 0.538 *** 0.535 ***Madre imprenditrice 0.752 *** 0.750 ***Reddito se autonomo 0.180 Reddito se dipendente -0.755 Differenziale 0.199 Costante 0.403 -0.897 ***Numero osservazioni 9,555 9,555
Pseudo R2 0.056 0.056Bootstrap standard error (100 repliche).* p<0.10, ** p<0.05, *** p<0.01
Fonte: Isfol Plus 2006
Nella tabella 8 riportiamo invece le stime per il modello (1) e per il modello (2). In entrambi i
modelli, la probabilità di scegliere il lavoro autonomo aumenta con l’età ed è minore per le donne,
mentre la situazione familiare non sembra essere correlata alla scelta del tipo di lavoro. Eventuali
differenze nel reddito potenziale non appaiono significativamente correlate con la scelta
dell’occupazione, mentre restano validi (seppure ad un livello inferiore di significatività) i risultati
dell’analisi precedente: i lavoratori con un genitore imprenditore e quelli propensi al rischio hanno
maggiori probabilità di scegliere il lavoro autonomo.
Nell’analisi dei redditi dei lavoratori dipendenti (tabella 7), il coefficiente non significativo per la
variabile che indica il sesso dell’intervistato contrasta con l’ampia evidenza empirica relativa ai
differenziali salariali. Per spiegare tale risultato effettuiamo l’analisi dei redditi separatamente per
uomini e donne (tabella 9).
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Tabella 9 - Stime delle equazioni dei redditi per lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, suddivisi per sessoUOMINI DONNE
Autonomi Dipendenti Autonomi DipendentiDa 15 a 29 anni -0.234 -0.179 *** -0.302 -0.142 ***Da 30 a 39 anni -0.117 -0.081 ** -0.455 *** -0.073 ** Da 50 a 64 anni 0.138 0.082 *** -0.164 0.058 Sposato/convivente 0.022 0.126 *** 0.183 -0.013 Ha figli 0.108 0.064 ** 0.055 0.075 ** Bassa istruzione -0.120 -0.127 *** 0.212 -0.180 ***Alta istruzione 0.332 *** 0.216 *** 0.271 * 0.310 ***Nord Est 0.036 -0.015 -0.147 0.022 Centro -0.047 -0.015 -0.066 -0.055 * Sud e isole -0.397 *** -0.041 0.321 ** 0.011 Uso PC/internet -0.072 0.059 ** -0.002 0.037 Lingua inglese -0.173 0.010 0.385 *** -0.022 Costante 2.248 *** 2.326 *** 1.749 *** 2.292 ***Intervallo di confidenza per ρ (-0.081, 0.607) (-0.411, 0.408) (-0.498, 0.764) (0.593, 0.798)
(livello di significatività 95%)Numero osservazioni 745 3,741 509 4,560Stime di massima verosimiglianza (comando heckman di STATA).* p<0.10, ** p<0.05, *** p<0.01
Fonte: Isfol Plus 2006
Come si può notare dagli intervalli di confidenza per il coefficiente di correlazione ρ, l’effetto di
selezione è significativo esclusivamente per le donne che svolgono un lavoro alle dipendenze. E’
quindi possibile che nell’analisi aggregata dei redditi da lavoro dipendente (tabella 7) il coefficiente
per l’indicatore di genere sia influenzato dall’inclusione dell’effetto di selezione.8
5. Conclusioni
L’obiettivo di questo lavoro è contribuire alla letteratura empirica sul lavoro autonomo fornendo
un’analisi delle caratteristiche individuali più frequentemente associate alla scelta del lavoro
autonomo. Particolare rilevanza viene data al ruolo dell’atteggiamento verso il rischio, come
ipotizzato nel modello teorico di Kihlstrom e Laffont (1979). Per verificare l’adattamento di questo
modello alla realtà italiana, risulta fondamentale distinguere all’interno dell’ampia categoria
contrattuale lavoro autonomo tra gli individui che svolgono un lavoro effettivamente autonomo e
quelli che hanno in realtà un rapporto di lavoro alle dipendenze, mascherato con forme contrattuali
8 Stimando le equazioni dei redditi senza tener conto dell’effetto di selezione, troviamo infatti anche per i dipendenti un coefficiente negativo e significativo per l’indicatore di genere. I risultati, non riportati, sono disponibili su richiesta.
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La scelta tra lavoro autonomo e lavoro dipendente in Italia
come la collaborazione. Contrariamente a quanto proposto nei lavori già esistenti, i lavoratori
autonomi vengono quindi individuati sulla base della natura effettiva del rapporto di lavoro.
L’analisi presentata dimostra che se si considera il lavoro effettivamente autonomo, la scelta fra
lavoro autonomo e lavoro dipendente è spiegata almeno in parte dall’atteggiamento verso il rischio.
In particolare, gli individui più propensi al rischio hanno maggiore probabilità di essere lavoratori
autonomi rispetto ad individui neutrali o avversi al rischio. Tale risultato rimane valido anche
tenendo conto del possibile incentivo economico a scegliere un particolare tipo di occupazione,
tuttavia altri fattori importanti risultano essere l’età e la condizione lavorativa dei genitori: le
forme di lavoro effettivamente autonomo (a prescindere dalla forma contrattuale) tendono ad
essere più frequenti al crescere dell’età e fra coloro che sono figli di imprenditori.
Per quanto riguarda la natura del lavoro autonomo, le forme contrattuali autonome volontarie sono
meno frequenti fra le donne che fra gli uomini, mentre vale il contrario per le forme contrattuali
autonome ma involontarie.
L’effetto sul reddito della selezione di un tipo di lavoro rispetto all’altro è positivo per i lavoratori
dipendenti: gli individui che hanno maggiore probabilità di lavorare come dipendenti hanno anche
maggiori probabilità di ricevere un reddito più alto rispetto agli altri dipendenti. Scomponendo
l’analisi per genere, tale effetto risulta significativo soltanto per le donne.
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Studi Isfol
La scelta tra lavoro autonomo e lavoro dipendente in Italia
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Mandrone E., Quando la flessibilità diviene precarietà: una stima sezionale e longitudinale, Studi Isfol 2008/6
Grimaldi A., Barruffi, A., Nucera U., Colombo L., Le rappresentazioni sociali dell’orientamento: risultati di uno studio pilota, Studi Isfol 2009/1
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