la relazione daiuto in una prospettiva sistemico-evolutiva
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La relazione d’aiuto in una prospettiva
sistemico-evolutiva
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Alla nascita il bambino dipende totalmente dall’aiuto degli altri, solo così può svilupparsi. La sua crescita è legata alla scelta di un
adulto, o di una comunità, di prendersi cura di lui.
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Questa comune esperienza ci predispone ad aiutare l’altro e
ci rende appartenenti alla comunità. Non aiutare, invece, ci rende soli, tristi, e
ci priva della possibilità di restituire all’altro il dono della cura.
Aiutare, quindi, non serve solo agli altri, ma anche
a noi stessi.
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Aiutare quindi deriva da un bisogno di compensazione rispetto a ciò che abbiamo ricevuto (onorare l’impegno assunto dai nostri genitori).
Ci sono diversi modi per farlo…
Aiutare in modo professionale è un’arte. Come tale implica una capacità che si può acquisire ed esercitare.Aiutare in modo professionale prevede, dunque, un apprendimento, una formazione.
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Obiettivi principali di una formazione alla professione d’aiuto:
- acquisire una visione di se stessi collegati al mondo (epistemologia);
- conoscenza approfondita di se stessi;
- capacità di stabilire e gestire una relazione d’aiuto utile.
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Principi del pensiero sistemico:
- i sistemi viventi sono totalità integrate le cui proprietà non possono essere ricondotte a quelle di
parti più piccole (il tutto è più della somma delle parti)
- in tutto il mondo vivente troviamo sistemi inseriti dentro altri sistemi tra loro connessi (tutto è
collegato) - ciò che definiamo una parte non è altro che uno schema di una trama inscindibile di relazioni - rete
(spostamento dagli oggetti alle relazioni).
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La concezione sistemica dell’essere umano:
- Il “modello di articolazione intersistemica”
di L. Baldascini.
- Universi intrapsichici e universi interpersonali.
- Isomorfismo tra mondi interni e mondi interpersonali.
- “Mobilità” e “immobilità” tra i sistemi.
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La conoscenza di sé prevede fondamentalmente:
- Conoscere la propria famiglia, attraverso le generazioni. - Individuare i propri schemi
relazionali e modelli di riferimento.
- Approfondire il proprio stile di personalità.
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La relazione d’aiutoLa relazione d’aiuto
-Acquisire una visione sistemica (aerea) che consente di comprendere contemporaneamente
più cose e cogliere i rapporti reciproci tra esse-Esercitare la doppia attenzione a se stesso in
quanto particolare e al sistema (famiglia, gruppo, relazione d’aiuto) in quanto universale
- Sostenere esperienze correttive rispetto a quelle primarie vissute (individuare le risorse).
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“La relazione d’aiuto è un ponte che stabilisce un legame tra due o più soggetti. Nei momenti difficili essa procede se chi chiede aiuto sente di essere compreso e non c’è ricompensa migliore, per lo sforzo di liberarsi dalle cattive abitudini, che sentirsi compresi.”
Baldascini, 2008
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Il counselling secondo l’Associazione Europea di Counselling
“I counsellor professionisti lavorano con individui, famiglie ed organizzazioni. Il counselling è un impegno condiviso tra counsellor e clienti per identificare obiettivi e possibili soluzioni a problemi che causano disagio emozionale; gli interventi mirano a migliorare la comunicazione e le capacità di affrontare sfide, a rafforzare la stima di sé, a promuovere cambiamenti nel comportamento e nel benessere mentale...
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…attraverso il counselling si esaminano comportamenti, pensieri e sentimenti che provocano disagio nella vita quotidiana. Si imparano modi efficaci di affrontare problemi, facendo leva sulle risorse personali. Il counsellor professionista promuove la crescita e lo sviluppo personale secondo modalità che potenziano gli interessi e il benessere del cliente”.
In breve, usa tutti i modi congruenti con l’assunto del rispetto e del’autonomia del cliente per promuovere il suo benessere e prevenire il disagio
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Chi è il counsellor?
medico
infermiere
operatore sanitario
psicologo
consulente
assistente sociale
educatore
insegnante
operatore sociale
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Professionalità che si aggiunge a quella esistente
Professionalità specifica nella relazione d’aiuto
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La carta d’identità del counsellor
Promuove l’incontro e l’integrazione con la diversità
È una figura di rete
Non cura la patologia ma valorizza le risorse