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La Piazza, il Palazzo, il Teatro Spettacoli per il popolo, spettacoli per il Re

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La Piazza, il Palazzo, il TeatroSpettacoli per il popolo, spettacoli per il Re

Copertina La Piazza, il Palazzo, il Teatro 2010 neg.indd 3Copertina La Piazza, il Palazzo, il Teatro 2010 neg.indd 3 09/11/2010 11.50.0209/11/2010 11.50.02

FONDAZIONE TEATRO REGIO DI TORINO

DIREZIONE AREA ARTISTICA

LA SCUOLA ALL’OPERAAttività didattica del Teatro Regio Torino

in collaborazione con Città di Torino, Regione Piemonte, Agiscuola,

Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica – nucleo regionale ex I.R.R.E. Piemonte

DIREZIONE AREA ARTISTICADirettore Alessandro Galoppini

Coordinatore Area Artistica Marina Pantano

Capouffi cio Attività Scuola Vincenza Bellina

Coordinatore didattico-organizzativo Elisabetta Lipeti

Segreteria Andreina Fanan

PALAZZO MADAMA - MUSEO CIVICO D’ARTE ANTICAServizi Educativi Anna La Ferla, Giulia Bruno, Paola Savio

LA PIAZZA, IL PALAZZO, IL TEATROProgetto didattico Vincenza Bellina, Simona Galetto, Elisabetta Lipeti (Teatro Regio),

Anna La Ferla (Palazzo Madama)

Testi e percorso iconografi co Simona Galetto, Elisabetta Lipeti (Teatro Regio),

Anna La Ferla (Palazzo Madama)

Immagini Archivi fotografi ci della Fondazione Torino Musei e del Teatro Regio

Le attività della Scuola all’Opera 2010-2011 sono realizzate in collaborazione con la Fondazione Cosso

Pubblicazione a cura della

Direzione Comunicazione e Pubbliche RelazioniUffi cio Attività Editoriali

© Fondazione Teatro Regio di Torinowww.teatroregio.torino.it

Finito di stampare nel mese di novembre 2010

presso la tipografi a Stargrafi ca srl - San Mauro (TO)

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La Piazza, il Palazzo, il TeatroSpettacoli per il popolo, spettacoli per il Re

In collaborazione con Fondazione Torino MuseiPalazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica

Nella cornice di Palazzo Madama, tra gli stucchi e gli affreschi delle sale del primo piano, i ragazzi si immergeranno nell’atmosfera raffi nata della corte: il dipinto con la veduta del Teatro Regio di Giovanni Michele Graneri e l’ascolto di brani di musica dell’epoca avranno come contrappunto le vivaci scene popolaresche della Sala Feste e della Camera Nuova che marcheranno le tappe di un percorso teso alla scoperta dei protagonisti del mondo dello spettacolo in epoca barocca. Il teatro di corte e quello di strada si confronteranno con le loro differenze e somiglianze, fatte di abitudini, strumenti musicali, costumi, attori e spettatori.La visita a Palazzo Madama si concluderà nella torre, da dove sarà possibile vedere il “paraboloide iperbolico”, il “tetto” del Teatro Regio, oltre a una splendida veduta panoramica della città.Il percorso proseguirà con la visita guidata “dietro le quinte” del Teatro.

ProgrammaIl percorso si svolgerà in una sola giornata:ore 9.30 Ritrovo all’ingresso di Palazzo Madama Introduzione storica e visita al Museo ore 11.30 Trasferimento al Teatro Regioore 12 Visita al Teatroore 13.30 Fine percorso

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Palazzo Madama

Porta, castello e palazzo: una storia lunga 2000 anniUn tempo Torino era tutta circondata da spesse mura di difesa e si poteva entrare in città solo attraverso quattro porte. Dove oggi si erge Palazzo Madama in epoca romana c’era una delle grandi porte, difesa da due alte torri a 16 lati: se osservi la facciata dalla piazza, puoi ancora vederle sbucare dal tetto.I muri erano costruiti così bene e le torri così utili per la difesa, che nel Medioevo la porta fu inglobata in un fortino e poi in un vero e proprio castello, con tanto di fossato. Tra Sei e Settecento il castello fu abitato prima da Cristina di Francia e poi da Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, due duchesse di origine francese che lo trasformarono e lo abbellirono secondo il loro gusto.

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Dalla fi ne del Settecento il palazzo non fu più residenza di principi: fu quindi de-stinato a ospitare una serie di uffi ci amministrativi dello Stato, il comando dei Ca-rabinieri e dal 1822 l’osservatorio astronomico, collocato sul suo tetto; poi nelle sale del primo piano fu sistemata la collezione di quadri di proprietà del Re (1832-1865). Dal 1848 al 1864 il Senato del Regno d’Italia si riunì nel salone del primo piano.

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Cosa puoi trovare del vecchio castello?Sono pochissimi gli oggetti che erano già nel castello di Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours: oltre agli affreschi e agli stucchi che decorano il primo piano, sono rimasti al loro posto soltanto il ritratto di Carlo Emanuele II, la specchiera e il camino che trovi nella Camera di Madama Reale. In una vetrina del secondo piano (vicino alla porta) puoi invece vedere alcune ceramiche medievali che sono state ritrovate nel fossato, usato anticamente come discarica!

E fi nalmente… il Museo!Dal 1934 Palazzo Madama accolse le collezioni del Museo Civico d’Arte Antica. Il Museo era nato nel 1863 per conservare vari oggetti di epoca romana e medievale che erano stati scoperti alcuni anni prima, nei lavori di ingrandimento della città e durante i lavori di scavo per la realizzazione della ferrovia Torino–Milano.È un museo particolare: in quasi 150 anni di vita ha raccolto quadri e sculture, ma anche ceramiche, libri, tessuti e oggetti in metallo, cuoio, vetro e avorio. Inizialmente non doveva essere un luogo in cui vedere solo cose “belle”, ma un museo-scuola: un luogo in cui gli artigiani potevano copiare oggetti con forme, materiali e decorazioni diverse. Pensa a tutti gli oggetti che usi o vedi ogni giorno: molti li trovi anche qui, al secondo piano del palazzo, e meritano un’altra visita. Ti aspettiamo!

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Il percorso a Palazzo Madama

Entrati a Palazzo Madama, veniamo accolti da un ambiente solenne, elegante, ricchissimo di storia… Al piano terra sembra quasi di volare sulle vestigia della Torino romana, grazie a un magico pavimento di vetro; lo scalone di marmo bianco, invece, ci trasporta in pieno Settecento! Ci sentiamo già un po’ dame e cavalieri…? Al primo piano, attenzione!, comincia la nostra visita al Museo…

PRIMO PIANO

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Sala Guidobono

Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708-1762)Interno del Teatro Regio di Torino

Olio su tela, 1752

Giovanni Luigi Buffi (documentato in Piemonte dal 1662 al 1700)Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours

Olio su tela, 1665-1675 circa

Oggi, al cinema, bibite e pop-corn. Ieri a teatro…

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Che cosa rappresenta la fi gura alata con la tromba?

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Sala Guidobono

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Sala Feste e Sala Quattro Stagioni

Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708-1762)Mercato con commedianti

Olio su tela, 1752

Giovanni Lanfranchi e Carlo PozzoDecorazione della Sala Quattro Stagioni

Affresco, stucco e oro, 1708-1715

Quali maschere riesci a riconoscere?

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Sala Feste e Sala Quattro Stagioni

In questa sala abbiamo ascoltato un brano musicale: ti ricordi quale sensazione ti ha dato? Allegria, tristezza, energia, calma…

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Camera Nuova

Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708–1762)Trova un titolo per questo quadro!

……………………………………………………………………Olio su tela, 1750 circa

Domenico Olivero (Torino, 1679-1755)La cantastorie

Olio su tela, 1750 circa

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Quante cose succedono in questa strada piena di gente!

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Camera Nuova

Quale fi aba dovrebbe raccontare la cantastorie per farsi ascoltare da te?

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Camera Nuova

Domenico Olivero (Torino, 1679-1755)Musicanti girovaghi

Olio su tela, 1725-1750 circa

Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708-1762)Spettacolo di burattini

Olio su tela, 1750 circa

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A cosa serve il cappello ai piedi del musicista?

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Camera Nuova

Chi muove i burattini? Come fa? .........................................................................................................................................

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Camera Nuova

Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708-1762) Trova un titolo per questo quadro!

…………………………………………………………………… Olio su tela, 1747

Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708–1762) Trova un titolo per questo quadro!

…………………………………………………………………… Olio su tela, 1743

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Le tue osservazioni...

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Camera Nuova

Sapresti trovare la fi rma del pittore qui a destra? Sotto il suo nome c’è anche l’anno in cui ha dipinto il quadro…

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Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708-1762),Il Teatro Regio di Torino

Olio su tela, 1752

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Osserviamo da vicino il ‘nostro’ Teatro Regio, nella sontuosa versione originale del 1740

Sul palcoscenico la scena di un’opera seria, unico genere ammesso al Regio di Torino fi no a metà Ottocento. La parte del palcoscenico più vicina al pubblico si chiama proscenio. Osserva lo sfarzo dei costumi: nonostante le vicende fossero ambientate nell’antichità classica, i personaggi erano vestiti secondo la moda del Settecento.

L’orchestra è davanti al palcoscenico, sullo stesso piano del pubblico, da cui è separata da un parapetto. La disposizione degli strumentisti è particolare: sono disposti su due fi le, l’una di fronte all’altra, per potersi vedere reciprocamente e suonare assieme. Infatti, hai notato?, manca il direttore d’orchestra. Questa fi gura comparirà nel teatro d’opera intorno all’Ottocento. Per ora è suffi ciente che il maestro al cembalo o il primo violino diano gli attacchi, con un cenno del capo o un movimento dell’archetto.

Il boccascena è l’apertura attraverso cui si vede la scena; questo del Regio è imponente, riccamente decorato, ornato con lo stemma dei Savoia. La sua funzione, però, è anche acustica: la voce dei cantanti si rifl ette sulle pareti del boccascena e arriva in sala, anziché disperdersi nello spazio vuoto sopra il palcoscenico (torre di scena). Nel dipinto, ovviamente, non è raffi gurato il sipario, che si immagina arrotolato e appeso sopra il boccascena. Nel Settecento non era un ricco drappo di velluto come nei teatri moderni, ma un vero e proprio quadro di enormi dimensioni, raffi gurante scene mitologiche ispirate ad argomenti artistici. Il problema era che potesse resistere a continue manovre, senza rovinarsi troppo facilmente!

Il pubblico in platea è seduto ordinatamente su lunghe panche, ma nei teatri più piccoli e meno importanti in platea si stava in piedi, si passeggiava (durante lo spettacolo era permesso!), oppure si affi ttava un seggiolino al botteghino (o biglietteria). In platea si vedono anche servitori che portano bevande o cibo e c’è un soldato che controlla l’ordine pubblico. Alcuni spettatori chiacchierano, altri sono intenti a leggere il libretto dell’opera. Ciò è possibile perché la sala è perfettamente illuminata durante tutto lo spettacolo; solo dalla fi ne del XIX secolo si comincerà a dare il buio in sala durante lo svolgimento dell’opera, per favorire la concentrazione del pubblico.

I palchetti circondano interamente la sala, sono sistemati su cinque livelli sovrapposti e costituiscono il luogo più elegante del teatro. Le famiglie aristocratiche sono collocate nei palchi secondo una gerarchia precisa, in base al grado di nobiltà e di infl uenza politica: più una casata è importante, più il suo palco sarà vicino a quello reale. In questo dipinto non si vede, ma il posto d’onore, o palco reale, sta al centro, proprio di fronte al palcoscenico: al Re è quindi riservata la migliore visione, quella centrale.

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Ti chiederai cosa si possa vedere o sentire stando invece nei palchi di proscenio, i più laterali… Niente o quasi, ma la barcaccia (strano nome dei palchi di proscenio) è un luogo conveniente per chi va a teatro non per vedere, ma per farsi vedere, “sport” assai praticato da chi ama la mondanità… Anche i direttori del teatro sono collocati in una barcaccia, da dove possono controllare da vicino il lavoro degli artisti.

Sopra il quinto ordine di palchi, ecco la galleria, o loggione, o piccionaia. Lassù infatti si sta come piccioni, tutti appiccicati e scomodi. è il posto più economico, quindi frequentato dai meno abbienti. Durante l’Ottocento diventerà il luogo degli appassionati d’opera, coloro che non badano alla mondanità, ma allo spettacolo in sé. Tuttora, nei teatri di antica tradizione, esistono le associazioni dei loggionisti, che sono veri amanti del melodramma, ma anche critici severi!

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Opera seria e opera comica

Il Teatro Regio era il “tempio” torinese dell’opera seria; altri teatri torinesi, come il Carignano, erano aperti anche al genere comico.

Ricordiamo che nel Settecento il genere dell’opera si suddivideva in due tipi ben distinti di spettacolo: opera seria e opera comica. Le loro caratteristiche si possono così riassumere:

Opera seria

ambientazione nell’antichità classica, talvolta in un oriente immaginario linguaggio poetico elevato canto tecnicamente diffi cile o perfi no virtuosistico (‘belcanto’) recitazione poco vivace parti principali affi date a evirati o a voci femminili lunghi recitativi molte arie e pochissime parti d’assieme lieto fi ne

Opera comica

ambientazione contemporanea e quotidiana, borghese o popolare linguaggio poetico simile al parlare comune canto tecnicamente più semplice rispetto al genere serio recitazione vivace parti importanti affi date anche a voci gravi molte parti d’assieme e concertati lieto fi ne

Osservando il quadro di Graneri vedrai che uno dei personaggi è in ginocchio, incatenato, nell’atto di supplicare un potente. Una delle situazioni più commoventi era, infatti, la cosiddetta “scena di catene”, talmente amata e richiesta dal pubblico del Settecento e dell’Ottocento da essere inserita dagli autori anche quando la vicenda sembrava non richiederlo assolutamente!

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La Commedia dell’arte

Il Mercato con commedianti, ci porta nel mondo del teatro popolare di strada; a differenza del teatro d’opera, frequentato nel Settecento dalle classi sociali più elevate, in particolar modo dall’aristocrazia, la piazza del paese o della grande città era il luogo in cui chiunque poteva divertirsi assistendo alle buffe rappresentazioni degli artisti girovaghi, che montavano le loro povere scene in qualunque posto disposto ad accoglierli, spesso nei luoghi di mercato. Qui i geniali e stravaganti artisti inscenavano un tipo di spettacolo denominato la Commedia dell’Arte.

Giovanni Michele Graneri (Torino, 1708-1762)Mercato con commedianti (particolare)

Olio su tela, 1752.

Attori di mestiereLa Commedia dell’Arte è un particolare genere di rappresentazione teatrale che si sviluppa in Italia nel corso del Cinquecento. La parola “arte”, in questo caso, ha il signifi cato di “lavoro o mestiere”. Per la prima volta dopo molti secoli, infatti, gli attori, uomini e donne, sono dei professionisti, che vivono mettendo in scena i loro spettacoli: dunque “commedia dell’arte” signifi ca “commedia dei professionisti”. In realtà fu il celebre drammaturgo Carlo Goldoni ad usare per primo la defi nizione di “Commedia dell’Arte”, nel 1750: in precedenza, si parlò di “commedia a braccio” o di “commedia all’improvviso”.

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Il canovaccioGli attori della Commedia dell’Arte provengono dall’antica tradizione dei giullari, dei saltimbanchi e dei musicisti di strada: sono in grado di recitare, cantare, ballare, suonare e fare acrobazie. Le loro commedie non si basano su un testo ben defi nito, da imparare a memoria, ma su un “canovaccio” o “scenario”, ovvero una sorta di riassunto, di schema generale dello spettacolo, sulla base del quale gli attori possono improvvisare le loro battute. Questo tipo di recitazione “improvvisata” era resa possibile, oltre che dalla bravura dell’attore, dal fatto che gli intrighi delle commedie erano spesso variazioni sopra un repertorio di pochissimi temi e argomenti, affi dati sempre agli stessi personaggi.

Le maschereNella Commedia dell’Arte i personaggi rappresentano i prototipi della società del loro tempo: ci sono i “Vecchi”, come il ricco e avaro Pantalone o il presuntuoso Dottor Balanzone; ci sono gli “Innamorati”, giovani e belli; c’è il borioso Capitano spagnolo ma soprattutto ci sono i personaggi più umili, gli “Zanni”, cioè i servi, come Brighella, furbo e imbroglione, contrapposto ad Arlecchino, sciocco e pasticcione. Colombina e Smeraldina sono le servette furbe e maliziose, mentre Pulcinella rappresenta il popolano inventore di mille stratagemmi per sopravvivere. Ciascun personaggio è facilmente identifi cabile dagli spettatori grazie ai costumi colorati e fantasiosi, ma soprattutto all’uso delle maschere. Ogni “maschera” inoltre si esprime nel dialetto della regione d’origine; solo gli Innamorati non portano maschere e parlano esclusivamente in toscano.

Le compagnieA partire dalla metà del Cinquecento i comici professionisti costituiscono delle “compagnie”: gruppi stabili formati da dieci, dodici persone, di solito unite anche da vincoli familiari.Le compagnie si spostano da un paese all’altro, rappresentano le loro commedie su semplici palchi allestiti nelle piazze, in mezzo ai mercati o alle fi ere, di fronte a un pubblico popolare, che paga un biglietto per assistere allo spettacolo. Col passare del tempo alcune compagnie ottengono un tale successo da venir chiamate anche nei palazzi dei nobili e persino nelle corti, non solo in Italia ma anche all’estero. I Duchi di Mantova, per esempio, ebbero al loro servizio, alla fi ne del Cinquecento, la celebre Compagnia dei Gelosi, che fu anche la prima compagnia di comici italiani a trovare il successo presso la corte francese. Nel Seicento infatti molti attori italiani si trasferiscono a Parigi, dove il Théâtre de la Comédie Italienne diventa una vera e propria scuola teatrale, destinata a infl uenzare attori e commediografi francesi.

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Il Teatro Regio di Torino nella storia

Le origini del Teatro risal-gono all’inizio del XVIII se-colo quando Vittorio Ame-deo II decise di commissio-nare all’architetto Filippo Juvarra la progettazione e la costruzione di un nuovo grande teatro nell’ambito del più generale riassetto urbano della Piazza Ca-stello. L’intento venne però perfezionato solo qualche anno più tardi da Carlo Emanuele III (incoronato re di Sardegna nel 1730) il quale, in seguito alla morte di Juvarra, scelse di affi dare il progetto all’architetto Benedetto Alfi eri con la richiesta di progettare un teatro di grande prestigio. Il «Regio Teatro» di Torino, edifi cato nel tempo record di due anni, venne inaugurato il 26 dicembre del 1740, diventando subito un punto di riferimento internazionale per la capienza (circa 1.800 posti tra platea e cinque ordini di palchetti), le magnifi -che decorazioni della sala, fra le quali spiccava la volta dipinta da Bernardino Gal-

liari, gli imponenti scenari e le attrezzature tecniche, nonché la qualità delle rap-presentazioni. Gli scritti en-tusiasti di grandi letterati-viaggiatori come Burney testimoniano il prestigio raggiunto dal Teatro all’in-terno del grand tour euro-peo dell’epoca, prestigio ri-conosciuto e avvalorato con la pubblicazione, nel 1772, delle incisioni illustrative dell’Alfi eri nell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert.

Il Teatro proseguì la sua in-tensa attività, seguendo da

vicino la vita di corte, fi no alla fi ne del secolo XVIII, quando l’invasione delle truppe napoleoniche portò il possesso della città ai francesi: le insegne sabaude vennero rimosse e l’edifi cio rinominato a più riprese in “Teatro Nazionale”, “Grand Théâtre

Giambattista Borra (1713-1786), Prospetto del lato orientale di Piazza Castello da Vedute principali di Torino disegnate in prospettiva ed intagliate in rame dall’archittetto Giambattista Borra

Benedetto Alfi eri (1699-1767), Disegno preparatorio per la tavola XI (Spaccato prospettico trasversale con veduta del proscenio). Torino, Archivio di Stato.

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des Arts” e infi ne, nel 1804, “Théâtre Impérial”. Nel 1814 il Piemonte tornò sot-to il governo dei Savoia e il ristabilito Regio Teatro, per volere del re Carlo Alberto, venne ridecorato in stile ne-oclassico. Con l’unifi cazio-ne dell’Italia e il successivo trasferimento della capitale a Roma, la casa regnante decretò la cessione della proprietà del Teatro al Co-mune di Torino.

A cavallo del 1900, il Regio divenne una delle roccaforti wagneriane in Italia, anche grazie agli straordinari vertici musicali raggiunti dall’orchestra sotto la direzione artistica e musicale di Arturo Toscanini. Quegli stessi anni di splendore furono coronati dalle prime rap-presentazioni assolute di due capolavori di Giacomo Puccini: Manon Lescaut (1893) e La bohème (1896).

Insieme alla radicale ristruttu-razione del palcoscenico e della sala, che vide la capienza aumen-tare fi no a 2.400 posti grazie alla creazione di tre ordini di gallerie, il nuovo secolo portò al Regio la peggior catastrofe possibile per un teatro: nella notte fra l’8 e il 9 febbraio 1936 un incendio cau-sato da un cortocircuito distrus-se in poche ore l’illustre corso di un’istituzione che per quasi due-cento anni aveva legato la sua sto-ria con quella della città.

Benché il bando di concorso per la ricostruzione venisse pubblicato meno di un anno dopo, la seconda guerra mondiale e i numerosi emendamenti ai progetti originari tardarono i lavori di ricostruzione, che iniziarono nel 1968. Il progetto vincente risultò essere quello dell’architetto Carlo Mollino, artista del design e do-cente di composizione architettonica al Politecnico di Torino. La realizzazione del nuovo Regio terminò nel 1973: il 10 aprile di quell’anno il Teatro fi nalmente riprese vita; l’opera scelta per l’inaugurazione fu I vespri siciliani di Giuseppe Verdi, con la regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano.

La sala del Teatro Regio (vista dal palcoscenico), come si presentava nei primi decenni del Novecento.

Carlo Mollino (1905-1973), schizzo architettonico per la sala del nuovo Teatro Regio.

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La visita guidata al Teatro

La facciata del vecchio Regio, l’unica parte rimasta integra dopo l’incendio, necessitava di essere conservata per rispetto della conformazione architettonica della storica Piazza Castello: il diffi cile problema del rapporto con gli edifi ci storici adiacenti è stato risolto da Mollino in modo audace e originale con la creazione di linee e volumi al contempo contrastanti e attinenti.

Infatti, la pianta del nuovo Teatro Regio inaugurato nel 1973, curvilinea anziché a parallelepipedo, oltre a costituire un elemento di estrema novità è anche un esplicito

richiamo, evidenziato dall’uso del laterizio e delle bugnature a forma di stella, al barocco Palazzo Carignano di Guarino Guarini. L’imponenza della struttura è poi alleggerita dall’apertura di ampie vetrate a tutt’altezza che creano giochi di rifrazioni e vedute con le attigue architetture dello Juvarra (oggi Archivio di Stato) e dell’Alfi eri (l’antica manica divenuta sede degli uffi ci del Teatro).

Una grande cancellata bronzea, l’Odissea Musicale, opera dello scul-

tore Umberto Mastroianni, dal 1994 costituisce la soglia della Galleria Tamagno, primo elegante punto di raccolta del pubblico. Di qui si può apprezzare l’immensa

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“vetrina” che espone alla vista il foyer interno, con la sua molteplicità di piani e la presenza, al centro, delle scale mobili.

L’ingresso nel foyer è fi ltrato da una serie di dodici doppie porte in cristallo brunito, ol-trepassate le quali si accede a un ambiente confortevole e soft, cromaticamente domina-to dal rosso della moquette, delle poltrone e delle pareti, impreziosite dall’alternanza delle superfi ci a specchio, in marmo bianco e in cotto. Un gran numero di globi lumino-si disposti a grappolo illumi-na questo spazio aperto, distribuito su quattro livelli, senza corridoi o divisioni di piani, per una superfi cie totale di ben 3.700 mq. Oltre alle zone di servizio, come l’ampio guardaroba e i due bar (composti da banconi marmorei a pianta ellittica), due saloni costituiscono il contesto ideale per incontri e conferenze: sono il Foyer del Toro, che deve il suo nome al grande mosaico in marmo che raffi gura un toro rampante, simbolo della Città di Torino, e la Sala Caminetto, caratterizzata dalla presenza del focolare un tempo collocato nel palco reale dell’antico Teatro Regio.

Due grandi scaloni a spirale, insieme alle scale e alle passerelle che percorrono il pe-rimetro della sala, permettono al pubblico di raggiungere da più punti sia la platea,

sia i palchi. La sala, dall’origi-nale forma a conchiglia semi-aperta che modella intorno a sé tutti i volumi dell’edifi cio, è in grado di contenere qua-si 1.600 persone, di cui circa 200 nei palchi. Il colore rosso delle poltroncine della platea e del legno di faggio che rive-ste pavimento e pareti è acco-stato agli originali colori della copertura acustica: l’iniziale bianco avorio appena venato

di indaco digrada progressivamente verso l’indaco intenso della parte più alta. L’illuminazione è data da una grande cascata luminosa composta da più di 3.600 steli rifl ettenti il cui effetto complessivo è quello di una nuvola iridescente. Altre fonti luminose sono le coppie di globi collocate in corrispondenza dei 31 palchi pensili disposti, su un’unica arcata, lungo il perimetro della sala.

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Tutto converge verso il palcoscenico, uno dei più grandi d’Europa. Il suo boccasce-na, dall’originale sagoma “a video” disegnata da Mollino, è stato in parte coperto dalle quattro cornici concen-triche installate nei lavori di restauro acustico del 1996. Il golfo mistico, lo spazio ri-servato all’orchestra, poggia su un piano mobile colloca-bile a diverse altezze (fi no a tre metri più in basso del piano di scena) in modo tale da adattarsi alle esigenze degli spettacoli.

Il palcoscenico, vero e pro-prio cuore del teatro, ha una pianta a croce latina formata dalla scena centrale, dalle due scene laterali e dal carrello dorsale, per una superfi cie totale di oltre 1.000 mq. La scena centrale, o “d’azione” (l’unica visibile al pubblico), poggia su sei ponti mobili in grado di al-zarsi, abbassarsi e inclinarsi indipendentemente tra loro permettendo di ricreare i più disparati tipi di scenografi a. La sormonta una torre di scena alta 32 metri, capa-ce di contenere un elevato numero di macchinari, fondali, quinte e luci manovrabili tramite 64 tiri di scena. Le due scene laterali, disposte simmetricamente a quella centrale, e la piattaforma mobile dorsale, posta sul retro della stessa, sono in grado di ospitare elementi di attrezzeria e intere scenografi e, in modo tale da consentire rapidi, e altrimenti ardui, cambi di scena.

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Un dedalo di corridoi si snoda nei sotteranei permettendo l’ac-cesso ai vani sotto i ponti del pal-coscenico, ai camerini, alla sala trucco, alle numerose sale prova, ai depositi degli strumenti, al lo-cale mensa. Tappe obbligate sono la sala ballo e il Piccolo Regio “Giacomo Puccini”, con il relati-vo foyer, sede di una mostra per-manente di documenti storici del Teatro Regio. La sala regìa, posta al terzo piano sotterraneo (a quota -9,80 metri), è dotata di un pavi-mento suddiviso in sedici pedane mobili, situabili a diverse altezze per riprodurre eventuali dislivelli presenti sulla scena.

Non esiste spettacolo d’opera sen-za costumi: la sartoria è il luogo magico dove questi sono confe-zionati o adattati su misura dalle sarte del Teatro. Con uno dei diversi ascensori di servizio si possono raggiungere i piani superiori: al quarto piano fuori terra si trovano altre due grandi sale prova insonorizzate: la sala orchestra e la sala coro.

Il nostro viaggio nel tempo e negli spazi dell’antica corte torinese e del moderno teatro d’opera si conclude qui: abbiamo conosciuto gli svaghi dei nobili e del po-polo, respirato l’atmosfera del teatro del Settecento e visto i grandi cambiamenti intervenuti fi no ad oggi.

Ma i segreti del Palazzo, della Piazza e del Teatro sono ancora tanti… Tornate a trovarci, li scopriremo insieme!

Finito di stampare nel mese di novembre 2010presso la tipografi a Stargrafi ca srl - San Mauro (TO)

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