la perdita dei sensi

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Ivan Illich LA PERDITA DEI SENSI Libreria Editrice Fiorentina, 2009 Traduzione di Giannozzo Pucci. © Valentina Borremans, Morelos, Cuernavaca, Mexico © 2009 Libreria Editrice Fiorentina per la traduzione italiana Via Giambologna, 5 · 50132 Firenze – Tel. 055 579921 www.lef.firenze.it – [email protected] INDICE Prefazione L’origine cristiana dei servizi (1987) L’impresa educativa attuale vista dall’emarginato alla luce del Vangelo (1988) La storia dei bisogni (1988) Longevità postuma (Epifania, 1989) L’altoparlante sul campanile e sul minareto (1990) Auto-stop (1992) Omaggio di Ivan Illich a Jacques Ellul (1993) La Lectio divina nell’alta antichità e nell’antichità tardiva (1993) Sorvegliare il proprio sguardo nell’era dello “show” (1993) La saggezza di Leopold Kohr (1994) Cure mediche per sistemi immunitari? (1994) La società amortale. Sulla difficoltà di morire la propria morte nel 1995 (1995) L’ascesi nell’era dei sistemi. Propedeutica filosofica all’uso cristiano degli strumenti (1996-2002) Passato scopico e etica dello sguardo. Difesa a spada tratta dello studio storico della percezione oculare (1995) “Non lasciarci soccombere alla diagnosi, ma liberaci dai mali della sanità” (1998) La cultura della cospirazione (1998) La perdita del mondo e della carne (1992) PREFAZIONE Valentina Borremans ha riunito in questo volume dei testi coi quali mi batto per una rinascita delle pratiche ascetiche, allo scopo di mantenere vivi i nostri sensi, nelle terre devastate dallo “show”, in mezzo a informazioni schiaccianti, a consigli perpetui, alla diagnosi intensiva, alla gestione terapeutica, all’invasione dei consiglieri, alle cure terminali, alla velocità che toglie il respiro. Ho scritto questi saggi durante un decennio consacrato alla filia: coltivare il giardino dell’amicizia in mezzo all’Absurdistan in cui ci troviamo e progredire nell’arte di questo giardinaggio con lo studio e la pratica dell’askesis. Per la maggior parte questi testi sono nati dagli appunti di conferenze fatte come risposta a una domanda o in onore di un amico. Ogni caso mi ha portato a interrompere il corso dei miei pensieri e a riorientare le mie ruminazioni per farle corrispondere a una domanda dei miei ospiti.

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L'ultimo libro postumo di Ivan Illich, “La perdita dei sensi”, costituisce un evento di grande interesse che irrompe nel dibattito italiano con una nuova versione della tesi illicchiana di fondo: i comandi organizzativi che stanno dentro gran parte della tecnologia contemporanea derubano gli esseri umani dei loro sensi e persino della capacità di morire. La divinizzazione dell’uomo operata dalla civiltà del benessere, mirando a liberarlo dalla sofferenza e dalla morte, lo rende schiavo di una sopravvivenza tecnica che è un’artificiale imitazione del vivere.

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Page 1: La perdita dei sensi

Ivan Illich LA PERDITA DEI SENSI Libreria Editrice Fiorentina, 2009 Traduzione di Giannozzo Pucci. © Valentina Borremans, Morelos, Cuernavaca, Mexico © 2009 Libreria Editrice Fiorentina per la traduzione italiana Via Giambologna, 5 · 50132 Firenze – Tel. 055 579921 www.lef.firenze.it – [email protected] INDICE Prefazione L’origine cristiana dei servizi (1987) L’impresa educativa attuale vista dall’emarginato alla luce del Vangelo (1988) La storia dei bisogni (1988) Longevità postuma (Epifania, 1989) L’altoparlante sul campanile e sul minareto (1990) Auto-stop (1992) Omaggio di Ivan Illich a Jacques Ellul (1993) La Lectio divina nell’alta antichità e nell’antichità tardiva (1993) Sorvegliare il proprio sguardo nell’era dello “show” (1993) La saggezza di Leopold Kohr (1994) Cure mediche per sistemi immunitari? (1994) La società amortale. Sulla difficoltà di morire la propria morte nel 1995 (1995) L’ascesi nell’era dei sistemi. Propedeutica filosofica all’uso cristiano degli strumenti (1996-2002) Passato scopico e etica dello sguardo. Difesa a spada tratta dello studio storico della percezione oculare (1995) “Non lasciarci soccombere alla diagnosi, ma liberaci dai mali della sanità” (1998) La cultura della cospirazione (1998) La perdita del mondo e della carne (1992) PREFAZIONE Valentina Borremans ha riunito in questo volume dei testi coi quali mi batto per una rinascita delle pratiche ascetiche, allo scopo di mantenere vivi i nostri sensi, nelle terre devastate dallo “show”, in mezzo a informazioni schiaccianti, a consigli perpetui, alla diagnosi intensiva, alla gestione terapeutica, all’invasione dei consiglieri, alle cure terminali, alla velocità che toglie il respiro. Ho scritto questi saggi durante un decennio consacrato alla filia: coltivare il giardino dell’amicizia in mezzo all’Absurdistan in cui ci troviamo e progredire nell’arte di questo giardinaggio con lo studio e la pratica dell’askesis. Per la maggior parte questi testi sono nati dagli appunti di conferenze fatte come risposta a una domanda o in onore di un amico. Ogni caso mi ha portato a interrompere il corso dei miei pensieri e a riorientare le mie ruminazioni per farle corrispondere a una domanda dei miei ospiti.

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Per esempio, quando il vicerettore, Christian Marzahn, mi chiese di inaugurare le celebrazione del ventesimo anniversario dell’Università di Brema, colsi l’occasione per concludere dieci anni di riflessioni sulle tecniche d’impaginazione che, nel XII secolo, staccarono il testo dalla pagina. La nuova sequenza di parole che si rivolgevano direttamente alla mente attraverso l’occhio, invece che attraverso l’orecchio, e stata la tecnica che ha proiettato la mentalità occidentale nella modernità. Questo anniversario mi ha dato, una volta di più, un quadro per interpretare l’università come un epifenomeno della storia del testo. Interpretando il passato dell’università come un nuovo ambiente che permette a degli insegnanti di fomentare dei lettori solitari, competitivi e astratti, potevo mettere in luce il suo ambiguo presente: il pericolo della sua disintegrazione in Internet o la sua rinascita alla pratica della lettura ad alta voce. I capitoli di questo libro non sono i miei appunti originali, ma l’adattamento che ne ho fatto per questa raccolta ricordandomi delle suggestioni ricevute dall’uditorio. Alcuni sono tradotti da me, riformulati, cioè riscritti. Con il senno del poi questi capitoli mi appaiono delle pietre miliari sul vasto territorio che ho percorso in tutti i sensi nei venti anni di un insegnamento costantemente incentrato sull’esegesi di una fonte del XII secolo. Cercando sempre di avere un piede saldo nel passato per guadagnare una prospettiva sul presente, con le parole del mio maestro Paolo Prodi “non come un antiquario esperto di un passato caratteristico, ma come uno storico che cerca di far riemergere ciò che del passato e parte di noi”.

Ivan Illich Dal capitolo “La storia dei bisogni” (1988) Siamo sulla soglia di una transizione ancora inavvertita: il passaggio da una coscienza politica fondata sul progresso, la crescita e lo sviluppo – radicata nei sogni dei Lumi – verso una nuova coscienza ancora anonima, definita da controlli che assicurano un “sistema sostenibile” di soddisfazione dei bisogni. Lo sviluppo è definitivamente morto. Ma gli esperti che ci hanno donato i bisogni si affannano oggi a riconcettualizzare il loro dono, a ridefinire ancora una volta l’umanità. Per sopravvivere, assicurano, dobbiamo vedere noi stessi non come cittadini, ma come cyborg, a immagine dei sistemi immunitari, delle unità infinitesimali di una serie di sistemi inclusivi, che nessuno sa dove finiscono. Il fattore principale deve essere compreso non come un bisogno, ma come un’esigenza, un complesso di esigenze per ogni sistema. Se questo punto di vista si impone, sarà finita per gli uomini e le donne. Alcuni anni fa i promotori dello sviluppo promettevano “di più”, creando così la condizione psichica per l’innesto dei bisogni, che ha portato alla creazione di un bisognoso intossicato, di un essere del quale tutti noi siamo parte. Forse è possibile circuire i nuovi esperti dei sistemi dimostrando il coraggio morale necessario per disfarsi delle cattive abitudini. Dal capitolo “Cure mediche per sistemi immunitari?” (1994) Quella che insegno è la storia dell’amicizia, la storia della percezione sensoriale e l’arte di soffrire. Per askêsis, oggi, intendo la fuga deliberata dal consumo quando prende il posto dell’azione conviviale. E l’askêsis, non la preoccupazione che ho della mia salute, che mi fa prendere le scale malgrado la porta dell’ascensore sia aperta, mi fa mandare un biglietto manoscritto invece di un’email, o mi conduce a cercare di trovare la risposta a una domanda seria prima di consultare una base di dati per vedere quello che ne hanno detto le autorità che hanno potuto inciampare prima di me sulla stessa difficoltà. Dal capitolo “La cultura della cospirazione” (1998)

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Ho conservato la certezza che la ricerca della verità non può prosperare al di fuori di un’atmosfera di fiducia reciproca, che senza questo attaccamento all’amicizia non si potrebbe fare nemmeno la distinzione fra ricerca della verità e approfondimento o produzione di sapere oggettivo. Ho perciò cercato di individuare le condizioni che favoriscono, ma anche quelle che ostacolano, l’aura dell’amicizia. Dal capitolo “La perdita del mondo e della carne” (1992) La realtà dei sensi affonda sempre più sotto le pagine delle istruzioni programmate su come vedere, sentire, gustare. L’educazione alla sopravvivenza in un ambiente irreale comincia dai primi manuali scolastici e finisce col morente che si aggrappa ai risultati delle analisi mediche che gli vengono mostrate e giudica il suo stato di salute solo così. Eccitanti astrazioni hanno catturato le anime e hanno ricoperto la percezione del mondo e di noi stessi come federe di plastica. Me ne accorgo quando parlo ai giovani della resurrezione dei morti. La loro difficoltà non consiste tanto in una mancanza di fiducia quanto nel carattere disincarnato delle loro percezioni, in un modo di vivere costantemente distratto dal loro soma o carne. In un mondo ostile alla morte, non ci si prepara più ad andare verso la morte, ma a morire senza andare da nessuna parte. In occasione del tuo ottantesimo compleanno celebriamo l’amicizia che ci permette di lodare Dio per la realtà sensoriale del mondo reale, proprio nel nostro addio ad esso.