la percezione e il tempo - lorenzelli · l'infinitamente piccolo, o il momentaneo, ri pete un...
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LA PERCEZIONE E IL T E M P O
I n un già citato passaggio S. Alpers affermava che g l i oggetti disposti nella natura morta sono da «vedere» e non da toccare, né prima né «dopo» (cit. p. 167): ma vedere e toccare riferibile al mondo ravvicinato del soggetto inanimato spesso portano atteggiamenti e reazioni singolarmente equivalenti: così la gerarchia dal basso verso l'alto nelle tavole apparecchiate dei pr imi del X V I I secolo, fra i l piatto o i l cibo direttamente disposto sulla tovaglia in primo piano e i l secondo piano occupato dalla piramide dei formaggi, dalle coppe metalliche o dai boccali è adatta per una buona esplorazione visiva ma anche per una adeguata manipolazione. E passando dalla configurazione generale a singole situazioni, anche i l piatto in bilico, i l coltello che sporge dal tavolo e l'astuccio che pende nel vuoto del bordo sono figure troppo instabili, capaci di coinvolgere emotivamente, perché se ne possa parlare come soluzioni tese esclusivamente a una ottimale visibilità del soggetto.
In realtà la manipolazione dell 'uomo sembra all'opposto una delle figure di massima importanza nel mondo della natura morta del Nord . N o n solo evidentemente per un interesse al manufatto quindi per la registrazione
e l'ostentazione di un monumento realizzato «a arte», ma anche per l'intervento di composizione, anche di disordine, di aggressione effimera nei confronti di un materiale che può essere altrettanto caduco: la nocciola o la noce spaccate, i l pane spezzato sono figure di un intervento certamente limitato nel tempo r i spetto al cesello o allo sbalzo del metallo, ma intervengono costantemente come figure provvisorie congelate nell'atto di pittura, quindi psicologicamente forti nella evidente contrapposizione fra effìmero della figura e durata immobile della pittura.
D'altra parte, a dispetto del carattere sostanzialmente immobile degli oggetti presenti nella composizione - dove i l mondo della figura conoscerà la scelta dell'atteggiamento mimico, del gesto - proprio le tracce lasciate dall'intervento dell'uomo sui soggetti rappresentati, intervento iniziale come creatore o successivo come trasformatore artigiano, tendono a tipicizzare, a individualizzare la singola composizione in figure provvisorie che nell 'impianto «disseminato» possono aggredire le figure di contorno disposte sul piano o collocate in equilibrio precario sugli oggetti principali e che nella soluzione successiva, della sovrapposizione, giungono a intaccare
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la stessa stabilità degli Oggetti più ingombranti.
La riflessione sull'inanimato, sulI'«altro dall 'uomo» che si vuole portare alla luce conosce inoltre significative analogie con le caratteristiche stesse dell'osservatore umano: "l'ordine e la connessione fra le cose» è lo stesso che fra le idee sentenzierà Baruch Spinoza nella sua Etica, trovando una affinità tra universi apparentemente distanti ma legati da una medesima volontà creatrice. lì con accenti non dissimili si esprimerà a Michel de Montaigne affrontando, nel capitolo secondo del Terzo libro degli Ettais l'oggetto del suo studio e la sua difficile individuazione: «Tutte le cose vanno su e giù senza posa: la terra, le rocce del Caucaso, le piramidi d'Egitto, e per i l movimento comune e per i l loro. La stessa costanza non è altre) che un movimento più languido, lo non posso fermare i l mio soggetto. Esso va ondeggiante e tremolante, per una naturale ebbrezza. Io lo prendo in quel punto, com'esso è, nell'istante in cui m'interesso di lui . N o n dipingo l'essere, descrivo i l passaggio; non un passaggio da un 'e tà all'altra, o, come dice i l popolo, di sette anni in sette anni, ma di giorno in giorno, di minuto in mi nuto. Bisogna che adatti la storia al momento».
Sembra abbastanza evidente che i l compito individuato da Montaigne, quello di «raccontare l 'uomo» conosca disperanti instabilità, fino a far coincidere in un celebre passo ( l i bro I I , cap. X V I I I ) l'opera all'autore, senza distanza o estraneità: «Io ho fatto i l mio libro allo stesso modo che i l mio l ibro ha fatto me: l ibro consustanziale al suo autore, occupazione che è la mia, che è membro della mia stessa vita; e non una occupazione terza o estranea, come tut t i g l i altri l ibr i" ; una indagine cioè
che colga nell'instabilità e nella veloce mutevolezza della mente dell 'uomo il proprio oggetto di studio rischia un processo di confusione tra osservatore e fenomeno, finendo per coincidere, e quindi evolvere contemporaneamente l'uno e l'altro protagonista.
Ma a ben vedere Montaigne, pur riconoscendo l'eccezionalità e la singolarità della propria scelta, tende a legare la mutevolezza «accelerata» e non lineare del pensiero con un più generale sistema del movimento che coinvolge l'universo in una gradazione che dal più veloce, appunto la mente dell 'uomo e i suoi prodott i , progressivamente rallenta e si regolarizza.
La mente dell 'uomo p u ò conoscere andamenti non rettilinei e regolari, come in stato di ebbrezza, l'universo e le cose si comportano seguendo una progressione regolare e soprattutto dotata di un più rallentato movimento, appunto un «movimen to più languido» che alla percezione dell 'uomo p u ò assomigliare alla stasi. I l movimento universale e il movimento proprio della singola specie costituiscono allora, in una graduali tà che parte dall'apparente immobil i tà e giunge alla mutevolezza del pensiero, secondo quindi una progressione dipendente dalla natura fisica, dal corporeo allo spirito, le condizioni di fatto in cui l 'uomo, anch'esso soggetto al mutamento, alla legge del tempo, è costretto a operare: i l «passaggio» che diventa i l soggetto privilegiato di Montaigne è la registrazione del mutamento fra un «prima» e un «dopo» nell 'ordine del momentaneo e non nell'ordine grande degli anni o dei secoli.
E una medesima «scalarità» degli effetti cronologici nell'ordine dei «tempi del mutamento» diventa evidente anche nell 'immaginario di cui stiamo discutendo: si è detto del-
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38 - Jacob Hoefnaghel (da Georg), Archetypa studiaque Patris parte II, foglio 8, Francoforte 1592.
la temporal i tà individuata nella segnalazione delle deformazioni cui viene sottoposto i l soggetto, naturale o artificiale, a opera dell'uomo, di come cioè la sua presenza sia costantemente segnalata dalle tracce lasciate, prima di tut to nella disposizione stessa degli oggetti sul piano, secondariamente a livello dell'intervento sul singolo oggetto. E questo si riferisce all'universo del «momentaneo», della accelerata mutevolezza.
Ma la natura conosce trasformazioni e mutamenti, legati al medesimo ciclo di nascita-matur i tà-morte che regola l'esistenza umana, indipendentemente dall'intervento dell'uomo capace di modificarne temporaneamente o definitivamente la fisionomia. Si vuol dire che a dispetto dell'intervento umano che può rendere manufatto artigianale una materia grezza, naturale, che può ancora assumere i l più limitato ruolo di raccoglitore di reperti, di
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39 • Pieter Claesz., pari,, ubic. ignota. 40 - Pieter van dcr Willigen, part., Stàdt. Gemàldesammlungen, Bamberga.
collezionatore e di successivo ordinatore, secondo logiche sempre più adeguate rispetto all'ordine naturale dell'universo, che infine può manipolare e contraffare, aggregare materie di origini e mondi di appartenenza diversi fino a costruire un nuovo e ambiguo ambito degli elementi artificiali, a dispetto cioè dei diversi modi pratici e dei diversi studi teorici con cui l 'uomo p u ò avvicinarsi e possedere l'oggetto esterno, esiste nella natura
morta una co-presenza di «tempi» diversi della materia costantemente replicata che porta prepotentemente proprio questo tema, peraltro centrale nella storia e nella stessa esperienza della cultura occidentale, come elemento essenziale della «visione» del mondo legittimante i l genere pittorico.
Ma quello del «tempo» è fattore di complessa analisi per la molteplici tà dei fattori, degli ambiti cui occorre necessariamente fare
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41 - Jan Davidsz. de Heem, pari., coli. priv. 42 - Jan Vonck, pari., coli. priv.
riferimento. 11 petalo, la piuma o la goccia colti nel vuoto, nell'intervallo fra la loro originale posizione, pur essa momento transitorio di un passaggio ma in ogni caso letta come «naturale» rispetto all'instabile e mutevole volo dal cielo alla terra, e la situazione di quiete del piano di base, che tut to eguaglia e livella, figure ricorrenti nell'immaginario della natura morta, possono essere letti come luogo eccellente della meraviglia barocca, firma o
contrassegno della maestria del pittore e convenzionale adesione al principio della verosimiglianza, del cogliere nella pittura una realtà ben più complessa di quanto l'occhio umano non riesca a cogliere nell'esperienza quotidiana, davanti a spettacoli analoghi rispetto a quelli riproposti dalla pittura. E in questo senso evidentemente parlare di «verosimiglianza» vuol dire abbandonare la costruzione di un modello affine alla realtà, per adottare
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quello della ricostruzione magica del -non visto», del «non percepito» o memorizzato che la scienza della pittura invece tende a fissare Dell'a-temporalità della rappresentazione.
Le figure «istantanee» cui abbiamo fatto riferimento comunque sono «segnali» di un congelamento di una trazione di tempo di infima porzione rispetto agli intervalli più ampi delle grandi trasformazioni; eppure la loro sommatoria costituisce l'elemento finale del processo: la prima foglia caduta è in altri termini i l frammento immediatamente insignificante che porta alla fine del processo al mutamento dell'esistenza dell'albero, ma anche al passaggio della stagione, e quindi, legato a esso, a una ciclicità armonicamente legata all ' infinitesimo ma di dimensioni incommensurabilmente maggiori.
Rispetto al tempo immoto degli oggetti posti sul piano, quello del precipitare dall'alto verso i l basso è movimento accelerato che l'occhio appena percepisce nella realtà come nella pittura - a volte la soluzione è ostentata nell'isolamento buio del fondo, in assenza di disturbi e quindi paradossalmente si pone come «protagonista» ribaltando la depressione o la non curanza di una percezione reale - anche per la ridotta dimensione del fenomeno nei confronti della scena, per la sua perifericità r i spetto alla centralità e all'invadenza degli oggetti disposti. E per inciso occorre ripetere come nell'universo particolare e parziale della natura morta, che è frammento liberato dalla presenza ingombrante della figura umana, si riscontrano le medesime soglie differenziali, le medesime gerarchie fra totale e particolare, fra soggetto principale e periferia, fra protagonista e complemento.
11 pr imo «passaggio» che abbiamo individuato implica in modo determinante l'atten
zione e la capacità di registrazione dell'osservatore: in questo senso il richiamo all'autore e alla sua «centralità» di recettore e di riproduttore dell'esperienza che si è voluto fare citando la riflessione di Montaigne sulla vicinanza e sulla confusione fra personalità creatrice e opera, risulta particolarmente consonante. L'abilità nel percepire e nel registrare l'infinitamente piccolo, o i l momentaneo, r i pete un desiderio di conoscenza e di possesso che percorre l'intera esistenza della pittura di natura morta, al suo esordio come nella sua fase matura.
Ma i l movimento perpendicolare della goccia, o quello «ebbro» della piuma o del petalo, raggelati nella pittura sono legati a altri «tempi» e altri movimenti che occorre segnalare per sottolineare i l carattere di continua relazione, di non casualità delle presenze che l 'immaginario della natura morta ha messo in atto. Rispetto all'istante fermato sulla tela allora si p u ò contrapporre i l movimento nell 'ambito del mondo animale, dove il battito d'ale, lo zampettare, lo strisciare o la stessa posizione di posa conoscono la consueta grammatica visiva della messa in mostra efficace per una intelligenza completa del soggetto. Dove ancora, evidentemente a secondo della fisionomia dell'animale, la posizione frontale, di tre quarti, la collocazione nella scena e Io stesso punto di vista seguono costantemente la regola della scelta adeguata per la massima intelligenza; anche la figura reticente, nascosta in parte da altri oggetti, p u ò riscattare, come nel caso frequente e successivamente discusso del topo, la propria figura dimezzata con un orientamento aggressivo e diretto nei confronti dello spettatore.
U n dipinto di Jan Vonck (n . 42, tav. 35), figlio di Elias e continuatore della tradizione
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43 - Jan Davidsz. de Heem, par!,, coli. priv.
paterna dei soggetti venatori, presenta in sintesi alcuni degli indizi del tempo che abbiamo cercato di individuare a partire dal taglio stesso e dal punto di vista da cui la scena è stata r i presa: i l tavolo, fortemente scorciato, invade infatti una buona metà della composizione, sottolineando una fronte occupata dall'animale vivo colto nel raggelato istante della punta. I due istanti che vengono disposti da Vonck sono quello del cane e quello meno provvisorio del volatile appeso per le zampe colpito da un medesimo lampo di luce in proscenio: ma a concludere questa accelerata sintesi delle "figure» del tempo presenti nel dipinto sul lato estremo della fronte del tavolo una piuma offre allo spettatore la propria stereometrica e dinamica forma in movimento.
44 - Balthasar van der Ast, par!., coli, priv
Così i l «tempo» del mondo animale, che è mondo in movimento relativo, è anche segnale di un più implicante processo di trasformazione: risulta di questo punto di vista singolare ma significativo esempio la ricorrenza iconografica degli stadi di trasformazione della farfalla, dal bruco, alla crisalide, all'animale interamente formato che un attento osservatore della natura e del suo significato simbolico come Jacob Hoefnaghel ha prodotto e che si rinnova costantemente nell'immaginario successivo.
I l «movimento» dell'universo animale p u ò allora indifferentemente cogliere quello relat ivo e contingente del percorrere la scena r i stretta della natura morta o alludere a una fase della trasformazione, a porsi cioè come indice
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45 - Frans Snyders, part., Staatl. Kunstsamrnlungen, Kasse)
di un processo più ampio testimoniato in figura attraverso una sua apparenza anch'essa limitata nel tempo.
Dilatando quest'ultimo aspetto si sconfina nel mondo del vegetale, dal frutto al fiore, o dell'organico in cui le «figure» del tempo, nell'ordine della stagionalità di apparizione, di passaggio dalla giovinezza alla stagionatura, dalla maturazione al guasto, costituiscono
un ventaglio fin troppo dilatato e variato nell'ampiezza perché se ne possa rendere conto i n questa sede. Certo, come nella trasformazione dell'animale, anche i l passaggio dall'uva al vino, anche quello dal burro al formaggio, alle diverse fasi che anche conosce successivamente, segnalano l 'unicità dell 'origine e la moltepl ici tà delle forme che i l tempo, ma in questo caso anche l'azione dell'uo-
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(6 - Frans Snyders, Natura morta con zuffa di gatti. Kunsthandel, Monaco.
mo, possono provocare; di segno diverso, ma sempre nell'ordine del tempo e della sua i l lustrazione, occorre alle prime accostare le immagini della fragilità e della transitorietà, dal frutto o dalla foglia toccati o bacati al fiore che ha perso l'elastica architettura della giovinezza o della pienezza.
Tempi diversi evidentemente nella realtà, processi di decomposizione che prevedono l i
velli di soglia intermedi quantitativamente diversificati, come velocità di trasformazione e come quant i tà di soglie differenziali interne vengono eguagliati sul piano d'appoggio della natura morta.
Quanto sembra a prima vista un universo calligraficamente registrato e riproposto in assoluta fedeltà, senza cioè l'intervento filtrante dell'ideologia o della sistemazione sim-
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bolica dimostra, a una lettura non superficiale, un complesso artefatto, una aggregazione assolutamente non casuale, realizzata con una intelligenza delle cose radicalmente diversa r i spetto alla "copia dal vero».
Tornando al nostro percorso all'interno dei soggetti della tavola siamo passati dal movimento istantaneo della goccia a quello sfuggente ma facilmente registrabile dell'animale, all'illustrazione, cambiando registro e cioè passando dalla percezione del mutamento alla sua rappresentazione, degli stadi diversi che animato e inanimato possono assumere risultando ingranaggi di diversa misura, quindi dotati di diverse velocità, rispetto alla grande macchina dell'universo: occorre allora accennare brevemente, aumentando per così d i re i l raggio della ruota, quindi la lentezza del movimento, alle materie immediatamente refrattarie al processo organico, alla pietra come alla ceramica, al vetro e al metallo. Si è già posto in evidenza come a t i to l i diversi esse possano contrarre con l 'uomo rapporti che possono andare dalla pura e semplice raccolta allo sbozzo, alla decorazione, ancora e in modo certamente coinvolgente, possono conoscere la creazione per fusione di altri elementi. Ora è certo che nel particolare taglio del nostro ragionamento i l ventaglio delle materie che coesistono e si contrappongono nella natura morta p u ò anche essere letto come scala di resistenza della materia stessa alla manipolazione dell 'uomo in prima istanza, come conflit to tra materia bruta e prodotto finale, ingaggiando e alludendo anche in questo caso a un «tempo» altro rispetto a quello della posa che pure viene ostentamente riproposto; la posizione d'eguaglianza che i l piano orizzontale della tavola o della mensola sembra concedere al repertorio degli oggetti si trasforma
allora in un conflitto basato sul contrasto traumatico tra materie diverse, non solo per la loro storia relativa rispetto all 'uomo, ma anche per la loro diversa apparenza, la loro rea/ione rispetto alla luce, e quindi rispetto all'occhio indagatore che coglie le difformità più emergenti, dalla trasparenza, al riflesso, all 'opacità.
Sommariamente alle tre qualità della materia rispetto alla luce si possono associare altrettante qualità degli oggetti rispetto alla durezza relativa, quindi , per una analogia possibil i rispetto all'esperienza reale, rispetto alla durata, all'esistenza. Fragile, deformabile e r i gido possono essere allora prese come qualità dell'esistente rispetto all'esperienza concreta, o meglio rispetto a una gerarchia dei valori che dall'adamantino, dalla purezza del materiale non frangibile e non scheggiabile via via si deteriora al materiale plasmabile, all'assenza di forma.
I n una dimensione retorica che associa percezione e visione, esperienza tattile e gerarchia merceologica e simbolica dei material i , dove i l prezioso coincide con l'integro, i l vergine, dove la purezza si associa alla trasparenza e alla forza, la durezza relativa della materia diventa una singolare parabola dell'esistenza una volta che di essa, sulla medesima tavola, ne vengano esposte in parallelo le di verse qualità e figure: ecco allora possibile l'associazione fra la fragilità, che pure p u ò assumere l'aspetto della bellezza esteriore, anch'essa ricercabile e preziosa, che acquista le caratteristiche della «brevità», mentre la durezza quella della «durata», pur essa ambita e realizzata in forme desiderabili.
Pur essendo nell 'ordine dell'eccellenza, dell'oggettistica ricercata dal collezionista, i l cristallo e i l metallo sbalzato dei bicchieri e
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delle coppie, proprio nella solidarietà che spesso l 'immaginario nordico replica con costanza, fra i l porta-calice sbalzato e i l roemer collocato al vertice di una spericolata e virtuosa colonna, sembrano alludere con vie diverse a una medesima soggezione rispetto al tempo.
Se nel tempo ristretto e l imitato che l'uomo p u ò concepire fragilità e durezza costituiscono momenti divaricati nell'ordine della durata, della resistenza alle offese e alle vicissitudini che l'uso comporta, anche la pietra si può sbrecciare, anche i l metallo p u ò conoscere l'incrinatura, l'offesa irrimediabile rispetto
alla sua immagine ideale. Si tratta di uno scarto nell'ingranaggio del tempo, da un tempo immediato del cristallo infranto di Scbastien Stoskopft alla caduta della brocca in peltro di Pieter Claesz.; in ogni caso i l cambio di passo, dal veloce al lento, all'istante al percorso superiore all'esperienza dell 'uomo, non incrina una universalità della legge che domina incontrastata l'intera materia, non appiattendone, almeno per gl i occhi dei nostri osservatori , una scala differenziale fra prezioso e duraturo, fra umile e fragile, ma certamente consegnando l 'intero apparecchio nella coagulante condizione della transitorietà.
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