la parola ai giovani n.1 - anno 2013

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SUPPLEMENTO A LA VOCE DEI BERICI NUMERO 4 DEL 27 GENNAIO 2013 NUMERO 1 Facile parlare di animazione, un po’ meno essere dentro un gruppo dove ci sono “animati gio- vani”, con una “vita reale”, con storie complicate, atteggiamenti e comportamenti per niente scon- tati. È questa la reazione che spesso si sente durante gli incon- tri di formazione per animatori. Pensate che grande dono rice- viamo: sono gli stessi ragazzi a ri- cordarci senza tregua, con il loro modo di stare in gruppo, che le loro vite sono come storie di fa- mosi sconosciuti: tutti, dai quoti- diani ai grandi esperti, sanno dare definizioni, descrivere e sondare atteggiamenti del mondo giova- nile. Di giovani si parla in Tv, al bar, nei consigli pastorali. È un mondo noto a tutti, sul quale tutti sanno dire qualcosa. Ma in realtà i giovani non sono da “parlare” ma da incontrare. Nell’animazione siamo dentro fino al collo a que- sta verità fondamentale. Pren- dersi a cuore il cammino di crescita di un giovane è come af- fiancare lungo un sentiero uno sconosciuto e iniziare con lui l’ascesa verso la vetta. Tu sei lì per passione, per desiderio di an- dare verso l’alto, per volontà di fare qualcosa di grande. Lui si trova lì, nella stessa tua strada, ma non puoi sapere il perché, cosa stia cercando, dove voglia andare. Non sai come reagirà alle fatiche, alle intemperie, agli im- previsti. E non lo saprai mai se non inizierai a camminarci as- sieme. Un sociologo mi raccontava che, nel corso di una ricerca su giovani e fede, era stato molto colpito dalla testimonianza di molti ragazzi inseriti in cammini ecclesiali o di gruppo. Rivelavano una profonda difficoltà nell’avvi- cinare i religiosi e confidarsi con loro, questo perché avevano la sensazione di porre delle do- mande a delle persone che, ancor prima di sentirle, avevano già pronte le risposte. I ragazzi che incontriamo hanno bisogno di ca- pire che quando ci pongono degli interrogativi, con la parola o con gli atteggiamenti, noi siamo lì ad ascoltare loro e solo loro. Hanno la necessità di sentire (cosa sem- pre più rara) che possono relazio- narsi con persone che non hanno già pronte le risposte, ma che possiedono la maturità per cer- carle con loro. Ci sentiamo pronti a questa sfida straordinaria? Mirco Paoletto La Parola ai giovani Dare risposte pronte o cercarle insieme? Trovo luminosi alcuni passaggi nell’ultima “Lettera da Taizé”, scritta dal priore della comunità frère Alois in occasione della con- clusione del 2012: “Noi tutti siamo pellegrini, cercatori della verità. Credere a Cristo non si- gnifica possedere la verità, ma lasciarsi afferrare da lui, che è la verità, e camminare verso la sua rivelazione in pienezza. (…) Gesù ha trasmesso la luce di Dio attraverso una vita sem- plicissima. La vita divina lo rendeva ancora più umano. Esprimendosi pienamente nella semplicità di una vita umana, Dio rinnova la sua fi- ducia nell’umanità, ci permette di credere nell’uomo. Da allora, non possiamo più disperarci, né del mondo né di noi stessi”. Che bello ripensare il dono della fede in una prospettiva così umana, vitale, terrestre! Vi con- fesso un certo imbarazzo di fronte a due atteggiamenti spirituali e re- ligiosi che si stanno diffondendo attorno a noi. Innanzitutto vedo emergere un bisogno di sicurezza e di certezze, a motivo del quale diverse persone cercano oggi una dottrina solida, un cristianesimo caratterizzato da affermazioni chiare e precise, che funzionino come risposte indiscutibili a tante possibili domande. Ma è ancora più evidente un altro segnale: la ri- cerca di esperienze e luoghi che trasmettano una grande energia spirituale, santuari e gruppi di preghiera connessi a fenomeni strepitosi, eclatanti, impressio- nanti, sensazionali. Lungi da me il formulare giu- dizi. Auguro a ciascuno la gioia di fare un cammino personale di ri- scoperta della vita cristiana. Mi preme soltanto ricordare - innan- zitutto a me stesso - gli aspetti più intriganti della nostra fede. Primo: il Dio biblico ama dare appuntamento agli uomini nei luo- ghi e nei tempi più feriali; ha una chiara simpatia per il quotidiano, per tutto ciò che è estremamente semplice e ordinario; stando al racconto del giudizio universale, la qualità della nostra vita sarà mi- surata sui gesti concreti che avremo saputo compiere. Secondo: Gesù di Nazareth aveva un’abilità straordinaria nel provocare domande nelle persone che incontrava. Raccontava para- bole e suscitava interrogativi; chiedeva ai suoi interlocutori di mettersi in discussione. Il modo più genuino per rico- minciare a credere o per conti- nuare a camminare nella fede è lasciarci conquistare dall’umanità di Gesù. E perché questo miracolo accada, vale la pena dare spazio alla Parola di Dio, metterci in ascolto dei testi biblici, perché come diceva il grande Girolamo… “chi ignora le Sacre Scritture ignora Cristo”. Andrea Guglielmi La sfida dell’educazione Input Pellegrini e cercatori di verità L’esperienza La voce dell’arte Non solo psicologia Invito alla lettura Pag. 2 Pag. 4 Pag. 6 Pag. 7 Il Clan Agesci Vicenza 11 in Terra Santa Con Caravaggio la vita vera in chiaroscuro Un nuovo anno per rilanciare i propri progetti Il bisogno d’amore che ci salva Una fede da scrivere insieme L’Ufficio diocesano per i Giovani e l’ Ufficio dioce- sano per le Vocazioni propongono agli animatori, ai capi scout e a tutte le “co- munità educanti” presenti nelle parrocchie e nelle ag- gregazioni laicali, di scri- vere una professione di fede condivisa, pensata e formulata insieme. Pag. 3

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Page 1: La parola ai giovani n.1 - Anno 2013

SUPPLEMENTO A LA VOCE DEI BERICI NUMERO 4 DEL 27 GENNAIO 2013NUMERO 1

Facile parlare di animazione, unpo’ meno essere dentro ungruppo dove ci sono “animati gio-vani”, con una “vita reale”, constorie complicate, atteggiamenti ecomportamenti per niente scon-tati. È questa la reazione chespesso si sente durante gli incon-tri di formazione per animatori.

Pensate che grande dono rice-viamo: sono gli stessi ragazzi a ri-cordarci senza tregua, con il loromodo di stare in gruppo, che leloro vite sono come storie di fa-mosi sconosciuti: tutti, dai quoti-diani ai grandi esperti, sanno daredefinizioni, descrivere e sondare

atteggiamenti del mondo giova-nile. Di giovani si parla in Tv, albar, nei consigli pastorali. È unmondo noto a tutti, sul quale tuttisanno dire qualcosa. Ma in realtài giovani non sono da “parlare” mada incontrare. Nell’animazionesiamo dentro fino al collo a que-sta verità fondamentale. Pren-dersi a cuore il cammino dicrescita di un giovane è come af-fiancare lungo un sentiero unosconosciuto e iniziare con luil’ascesa verso la vetta. Tu sei lìper passione, per desiderio di an-dare verso l’alto, per volontà difare qualcosa di grande. Lui si

trova lì, nella stessa tua strada,ma non puoi sapere il perché,cosa stia cercando, dove vogliaandare. Non sai come reagirà allefatiche, alle intemperie, agli im-previsti. E non lo saprai mai senon inizierai a camminarci as-sieme.

Un sociologo mi raccontavache, nel corso di una ricerca sugiovani e fede, era stato moltocolpito dalla testimonianza dimolti ragazzi inseriti in camminiecclesiali o di gruppo. Rivelavanouna profonda difficoltà nell’avvi-cinare i religiosi e confidarsi conloro, questo perché avevano la

sensazione di porre delle do-mande a delle persone che, ancorprima di sentirle, avevano giàpronte le risposte. I ragazzi cheincontriamo hanno bisogno di ca-pire che quando ci pongono degliinterrogativi, con la parola o congli atteggiamenti, noi siamo lì adascoltare loro e solo loro. Hannola necessità di sentire (cosa sem-pre più rara) che possono relazio-narsi con persone che non hannogià pronte le risposte, ma chepossiedono la maturità per cer-carle con loro. Ci sentiamo prontia questa sfida straordinaria?

Mirco Paoletto

La Parola ai giovani

Dare risposte pronte o cercarle insieme?

Trovo luminosi alcuni passagginell’ultima “Lettera da Taizé”,scritta dal priore della comunitàfrère Alois in occasione della con-clusione del 2012: “Noi tuttisiamo pellegrini, cercatori dellaverità. Credere a Cristo non si-gnifica possedere la verità, malasciarsi afferra re da lui, che èla verità, e camminare verso lasua rivelazio ne in pienezza.(…) Gesù ha trasmesso la lucedi Dio attraverso una vita sem-plicissima. La vita divina lorendeva ancora più umano.Esprimendosi pienamentenella semplicità di una vitaumana, Dio rinnova la sua fi-ducia nell’umanità, ci per mettedi credere nell’uomo. Da allora,non possiamo più disperarci,né del mondo né di noi stessi”.

Che bello ripensare il dono dellafede in una prospettiva cosìumana, vitale, terrestre! Vi con-fesso un certo imbarazzo di frontea due atteggiamenti spirituali e re-ligiosi che si stanno diffondendoattorno a noi. Innanzitutto vedoemergere un bisogno di sicurezzae di certezze, a motivo del qualediverse persone cercano oggi unadottrina solida, un cristianesimocaratterizzato da affermazionichiare e precise, che funzioninocome risposte indiscutibili a tantepossibili domande. Ma è ancorapiù evidente un altro segnale: la ri-cerca di esperienze e luoghi chetrasmettano una grande energiaspirituale, santuari e gruppi dipreghiera connessi a fenomenistrepitosi, eclatanti, impressio-nanti, sensazionali.

Lungi da me il formulare giu-dizi. Auguro a ciascuno la gioia difare un cammino personale di ri-scoperta della vita cristiana. Mipreme soltanto ricordare - innan-zitutto a me stesso - gli aspetti piùintriganti della nostra fede.

Primo: il Dio biblico ama dareappuntamento agli uomini nei luo-ghi e nei tempi più feriali; ha unachiara simpatia per il quotidiano,per tutto ciò che è estremamentesemplice e ordinario; stando alracconto del giudizio universale,la qualità della nostra vita sarà mi-surata sui gesti concreti cheavremo saputo compiere.

Secondo: Gesù di Nazarethaveva un’abilità straordinaria nelprovocare domande nelle personeche incontrava. Raccontava para-bole e suscitava interrogativi;chiedeva ai suoi interlocutori dimettersi in discussione.

Il modo più genuino per rico-minciare a credere o per conti-nuare a camminare nella fede èlasciarci conquistare dall’umanitàdi Gesù. E perché questo miracoloaccada, vale la pena dare spazioalla Parola di Dio, metterci inascolto dei testi biblici, perchécome diceva il grande Girolamo…“chi ignora le Sacre Scrittureignora Cristo”.

Andrea Guglielmi

La sfida dell’educazione

Input

Pellegrinie cercatoridi verità

L’esperienza La voce dell’arte Non solo psicologia Invito alla lettura

Pag. 2 Pag. 4 Pag. 6 Pag. 7

Il Clan AgesciVicenza 11in Terra Santa

Con Caravaggiola vita verain chiaroscuro

Un nuovo annoper rilanciarei propri progetti

Il bisognod’amoreche ci salva

Una fededa scrivere

insiemeL’U!cio diocesano per iGiovani e l’U!cio dioce-sano per le Vocazionipropongono agli animatori,ai capi scout e a tutte le “co-munità educanti” presentinelle parrocchie e nelle ag-gregazioni laicali, di scri-vere una professione difede condivisa, pensata eformulata insieme.

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Il Clan Agesci Vicenza 11 ha fattonell’estate scorsa un viaggio inTerra Santa, per riscoprire i valorifondanti dell’essere scout, se-guendo le impronte di Gesù, uomoe Dio, per riscoprire la Fede e il fa-ticoso sentiero della pace in unaterra segnata dal conflitto. Riper-corriamo la testimonianza che al-cuni di loro hanno fatto inoccasione del Cammino diocesanodi Pace, il 1 gennaio 2013.

Una realtà di conflittoI dieci giorni in Israele e Pale-

stina sono stati il coronamento delpercorso durato un intero anno,durante il quale abbiamo affron-tato le varie problematiche del ter-ritorio e dei popoli che saremmoandati a conoscere. Ci siamo pre-parati moltissimo su tematiche sto-riche, politiche, religiose, culturali,ma solo la realtà ha potuto vera-mente porci di fronte alla dram-maticità del problema del conflittoisraelo-palestinese.

Il nostro è stato un viaggio voltoa conoscere, capire e, nello spiritoscout, capire come agire. Naza-reth, Gerico, Ramallah, Thaibe, Be-tlemme, Hebron, Gerusalemmesono stati alcuni dei luoghi visitati.L’intento era quello di vedere con inostri occhi e sentire dalle personeche lo vivono, cos’è il conflittoisraelo-palestinese. Abbiamo cono-sciuto palestinesi, israeliani, arabi,ebrei, cristiani, musulmani, scout,preti, suore, attivisti per la pace,medici, studenti, ragazzi, anziani.Abbiamo conosciuto situazioni diconflitto, esclusione, visioni ottuse,di chiusura agli altri, ma anche per-sone convinte e fiduciose in unasoluzione, persone che non guar-dano solo ai motivi di divisione, maagli aspetti che accomunano, per-sone consapevoli di essere parte diun’unica famiglia umana e di doveragire per la pace.

La sofferenza per una realtà in-concepibile è ciò che accomunacoloro che si stanno impegnandoattivamente e chi subisce con ras-segnazione il conflitto e la violenza.

Appare, infine, stridente il con-trasto tra la fede scaturita da que-sti luoghi con una situazioneopposta a qualsiasi ideale religioso.

La nostra testimonianza è l’im-pegno a continuare a dar voce achi non ha voce e a fare qualcosaper “lasciare il mondo un po’ mi-gliore di come lo abbiamo trovato”.

Ponti“La pace in Medio Oriente co-

mincia a Gerusalemme: città in cuila fede in Dio unisce popoli e na-zioni, e città, in cui i credenti, innome di Dio, lungo i secoli e finoad oggi, si sono posti in conflitto.Città della riconciliazione, di paceper i pellegrini, ma deserto di divi-sione per i suoi abitanti. La città diDio è come Dio: per tutti, nessunopuò averla in esclusiva e privarnel’altro”.

Questo contesto di profondacontraddizione e di unica proble-maticità che caratterizza i territoridella Terrasanta, ha dato impulsoe significato esistenziale a formealternative di resistenza pacifica, incui le iniziative e le persone stessediventano veri e propri ponti che siprotendono verso gli altri, cer-cando un contatto, un dialogo, unapproccio basilare, nonviolento,alla cui base si intravede un reci-proco interesse a trovare soluzioni,o quantomeno a parlarne, insieme.

Fra le molte associazioni natespontaneamente dal basso cheoperano in Palestina, ci ha partico-larmente colpiti l’esperienza ripor-tataci dai giovani volontari di“Operazione Colomba”. “Opera-zione Colomba” è il corpo non-vio-lento di pace della comunità “PapaGiovanni XXIII”, nato dal desiderio

di vivere concretamente la non-violenza in zone di guerra, en-trando nei conflitti come civili,stranieri e disarmati.

Nel villaggio palestinese di At-Tuwani, ad esempio, i volontari ac-compagnano fisicamente i pastorio i bambini nei loro spostamenti aldi fuori del villaggio per dare lorouna protezione “internazionale” incaso di violenze da parte dei colonifondamentalisti. Condividendo lavita con le vittime dei conflitti eoperando su diversi livelli, i volon-tari di “Operazione Colomba” rie-scono nell’intento di proteggere leminoranze etniche e nel ricrearespazi di convivenza pacifica all’in-terno di situazioni problematiche.“Operazione Colomba” è una dellerealtà presenti in Terrasanta cheforniscono l’esempio dell’incarna-zione delle parole di papa GiovanniPaolo II : “Siate ponti, non muri”.

ResistenzaLa resistenza non violenta è re-

sistenza all’occupazione violentadei coloni israeliani.

Ciò che porta le persone verso laviolenza non è l’odio. Lo stato nor-male non è l’odio. Ma quando sivive nel dolore, si è spinti alla rab-bia. La rabbia è il linguaggio dellasofferenza, non dell’odio. È impor-tante rendersene conto. Si puòcreare l’occasione per fare un uso

diverso della rabbia. Questa è unadelle chiavi della scommessa sullaresistenza non violenta. La resi-stenza non violenta è il mezzo conil quale canalizzare efficacementela rabbia, e la rabbia ben canaliz-zata porta al successo. Si vuoleaver ragione, o ottenere risultati,essere efficaci?

La resistenza non violenta nonattacca fisicamente, però si con-fronta con aspetti militari: armi,eserciti, carri armati. Tuttavia, lasua arma non è né fisica né mate-riale, bensì morale. È la propriaumanità. È il diritto che si esercitae si mette in pratica. Se i palesti-nesi cercassero di conquistare ildiritto all’indipendenza della pro-pria terra per via militare, verreb-bero sconfitti. Perchéperderebbero qualunque scontrocon Israele, la realtà è questa.Inoltre nessun tipo di rivoluzioneha mai conquistato la libertà. Inun conflitto armato, i palestinesisono comunque perdenti su tuttii piani. Per contro la resistenzanon violenta è a sua volta unastrategia di lotta. Lotta perchéquesta è una battaglia che vienedal popolo molto più che dalle for-mazioni politiche.

Si comprende allora che la nonviolenza è ben più che una rea-zione, è sollecitazione a scorgerel’orizzonte di un altro mondo che èfrutto delle sole forze interiori, enon dal possesso di armi o dibombe.

La non violenza non è cedi-mento o resistenza passiva, ma re-sistenza attiva. La pace non è allafine di un processo di guerra, madentro di esso e lo può spezzare.

La Parola ai giovani2

L’esperienza a cura del Clan Agesci Vicenza 11

I costruttori di pontidella Terra Santa

Resistenza è:1.Speranza2. Coraggio3. Forza4. Fatica5. Impegno6. Credere

al cambiamento7. Passare la propria

giornata a faremattoni con il fango

8. Rialzarsi dopoessere cadutie non aver pauradi cadere ancora

9. Essere coinvoltiin qualcosache non riguardasolo noi stessie comprenderlo

10.Più di una filosofiaè uno stile di vita,un’identità politica

11.Testimoniarela propriacondizione senzavergognarsene

12.Vedere un murocome una telasu cui dipingeremessaggi di pace

13.Non solo viverema vivereper qualcosa

14.Avere ancora vogliadi coniugare i verbial futuro

Il Clan Agesci Vicenza 11 a Gerusalemme

Un tratto del muroche circondai territori palestinesi

L’incontro con due volontari dell’Operazione Colomba

Page 3: La parola ai giovani n.1 - Anno 2013

La Parola ai giovani3

Una fededa scrivere insiemeL’U!cio diocesano per i Giovanie l’U!cio diocesano per le Vocazionipropongono per l’Anno della fede un’attenzionespeciale agli animatori e ai capi scout (e ad even-tuali altre “comunità educanti” presenti nelleparrocchie e nelle aggregazioni laicali). L’obiettivo è che all’interno del gruppo-animatori e della comunità-capi degli scout,si arrivi a scrivere, entro la metà di maggio,una professione di fede condivisa, pensata e formulata insieme.

Perché questa idea?Per dare rilevanza a quanti nella comunità cristiana sono diventati educatori, fra-telli maggiori e punti di riferimento per i ragazzi e gli adolescenti che stanno fa-cendo un cammino all’interno di un gruppo, di una associazione. L’educatore ha ilcompito di trasmettere ad altri il dono della fede e la bellezza della vita cristiana;è chiamato alla “cura del dono di sé”. Per questo desideriamo che le piccole “comunità di educatori” come il gruppo-ani-matori o la comunità-capi diventino sempre più luoghi di condivisione spirituale,dove ci si incontra e ci si racconta la propria esperienza di fede, a partire dai dubbi,dalle domande, dalla ricerca a volte faticosa che ciascuno vive.

1. CelebrazioneUna celebrazione nella quale venga consegnato il testodel “Credo”. Si tratta di una consegna simbolica (che ri-chiama l’antica “Traditio Symboli”); lo scopo è ricordarela fede professata dalla Chiesa nella quale siamo statiimmersi nel giorno del Battesimo. Questa consegna puòessere fatta preferibilmente all’interno di una celebra-zione eucaristica comunitaria (oppure in una celebra-zione di gruppo) prima che inizi il tempo di quaresima. Idestinatari della consegna saranno gli animatori, i capi-scout, eventuali altre figure educative che si intende va-lorizzare.

2. Scrittura condivisaDurante la quaresima e nel tempo pasquale - da metàfebbraio a metà maggio - il gruppo animatori e la comu-nità capi mettono in calendario uno o più momenti pervivere questo confronto e realizzare una scrittura condi-visa della fede, una professione di fede scritta insieme,con molta onestà, senza la paura di venir giudicati. Perarrivare a questo obiettivo ci si può far aiutare. Il Vade-mecum della pastorale giovanile “Motore di ricerca”, di-venta uno strumento utile per trovare persone diriferimento e comunità/ambienti dove programmareun’uscita o una settimana di vita comune. Prima di arri-vare a scrivere insieme questo testo, potrebbe essereutile chiedere a un fratello più esperto (un prete, una re-ligiosa, un religioso, un laico formato) di aiutare ilgruppo degli educatori a ripercorrere - con modalità di-namiche e coinvolgenti - il testo del credo, mettendo inluce gli aspetti centrali della fede cristiana.

3. “Giovani chiamati a vegliare”Il 18 maggio 2013 ci sarà un breve pellegrinaggiolungo le strade della città di Vicenza, da San Felice aSanta Corona, per poi confluire in Cattedrale, dove siconcluderà alla presenza del Vescovo con “Giovani chia-mati a Vegliare”. In quell’occasione sarà vissuta la resti-tuzione del Credo (la “Redditio Symboli”), cioè laconsegna del testo scritto, frutto della condivisione fattain gruppo. Il testo non verrà letto pubblicamente; saràsoltanto consegnato e potrà anche rimanere anonimo.L’obiettivo è appunto stimolare queste piccole comunitàdi educatori a diventare luoghi di condivisione della pro-pria vita interiore e spirituale.

Proponiamo 3 semplici tappe...

Per chiarimenti e ulteriori informazioni contattare l’U!cio diocesano per i Giovani [email protected] - 0444.226566

La proposta verso il 18 maggio

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Entriamo nell’operaUna taverna scura, spoglia di mo-bili, solamente degli uomini at-torno ad un tavolo, seduti susgabelli di legno, in alto una fine-stra scura. Tutto è tetro, perfinolo sporco lavoro dei gabellieri checontano il dovuto con il registrodei conti e il calamaio alla mano.Vi sono tre giovani, un adulto e unanziano che vestono secondo lamoda del Cinquecento, a larghemaniche, i cappelli a tozzo conpiume di struzzo, le calze chiare el’inseparabile spadino. Ad untratto l’entrata di due strani pelle-grini desta la sorpresa di alcuninel gruppo: uno si gira di scatto,l’altro volge la testa, mentre il do-ganiere barbato che sta al centro,Matteo, porta la mano al costato. Idue che provengono da destrasono scalzi e indossano abiti senzatempo. Il giovane con la vesterossa e il braccio alzato è Cristo,lo si nota dalla dorata aureola,mentre l’uomo canuto al suofianco è Pietro. Come in un foto-gramma di un fatto di cronaca,

san Matteo viene illuminato dauna luce. Non si tratta di un raggionaturale, perché la finestra è inombra, ma di ben altra luce. Nontutti però sono interessati, il gio-vane a sinistra continua imperter-rito a contare le riscossioni,tenendo stretta la saccoccia nellamano sinistra.

La vita vera in chiaroscuroÈ una pittura d’azione quella pro-posta da Caravaggio, teatrale, vis-suta. Ci sembra di sentire gli odoridella stanza e nella penombra te-niamo desti anche gli altri sensi.Le tre tele che Caravaggio realizzaper la Cappella Contarelli sono laprima importante commissioneche egli realizza a Roma. La cap-pella era stata acquisita dal cardi-nale francese Mathieu Cointrel(italianizzato poi in Matteo Conta-relli) per dedicarla al propriosanto eponimo, san Matteo. Que-ste opere segnano inoltre un mo-mento di svolta nell’attività diCaravaggio: per la prima volta eglisceglie di ambientare la scena

evangelica in una stanza buia conun unico fascio di luce prove-niente da una finestra che non sivede, posta sulla destra, dietro lafigura di Gesù, quasi come unaforza che lo precede. Cristo entranella scena come se si fosseaperto un varco, accanto infatti viè Piero, pastore della Chiesa, cheripete lo stesso gesto di indicare ilfuturo apostolo. San Matteo almomento della chiamata di Gesùera un gabelliere, un esattoredelle tasse. Incarico sicuramentenon esente da corruzione e da unacomponente violenta. QuandoGesù lo incontrò, gli disse di se-guirlo e Matteo abbandonò tuttoper obbedirgli. Caravaggio pro-pone tale episodio in una scenadei suoi tempi, scegliendo comemodelli ragazzi e uomini di strada,vestiti in abiti contemporanei.Anche in questa scelta c’è uncompiacimento, non di dissacra-zione del Vangelo, ma la volontà difare calare ogni ideale nel reale,rappresentandolo in un modoconcreto. Anche l’ambiente asso-miglia molto ad una taverna dellaRoma di quegli anni. Questo persottolineare che il sacro non hauna collocazione così lontana nel

tempo e nello spazio, ma è semprepresente tra di noi. Il drammadella scena è sottolineato inoltredal violento contrasto tra luci edombre, e dalle diagonali che inesso si creano. Nell’opera prevalel’oscurità da cui emergono le fi-gure ridotte all’essenziale, rischia-rate da una luce che rappresentasolamente quanto si può cono-scere del tutto che rimane invisi-bile, un frammento di un misterosu cui non è possibile fare piena-mente luce.

Una ferita che sanguinaEntrare in relazione con Diomolto spesso è una lotta (Genesi32, 23-31). La lotta crea fratture,spaccature. Le ferite sanguinanoperché Dio apre spazi vuoti peressere fecondati e abitati. Come sipuò guarire da queste ferite? Ac-cogliendo dentro di sé l’altro. Ladonna stessa smette di sanguinarequando accoglie una nuova vita ingrembo. Nella Bibbia Dio male-dice la solitudine, ponendo ac-canto all’uomo una creatura chegli sia pari, che lo aiuti a stare inpiedi e nella ferita Adamo trova ilproprio completamento nelladonna (Genesi 2, 18-23). Se uno èsolo e cade nessuno lo aiuta a rial-zarsi (Qoelet 4, 10). C’è una feritain Paolo, una spaccatura tra la vitadi prima e quella dopo l’incontrocon Dio. Le chiamate di Gesùcreano sempre una rivoluzione(Gv 1, 35-51). Gesù guarda, fissa,ama e trasforma (Mc 10, 21). L’in-contro con Cristo porta ancheMatteo a scoprire la verità di sestesso. Meravigliato egli indicacon il dito il proprio cuore, dovesente che Dio lo sta chiamando.L’altra mano invece è sul tavolo,legata al laccio della routine, è unamano avida che fa i conti col pas-sato. Infatti a sinistra si trovano ilgiovane piegato a contare i soldi eil vecchio che con tanta luce usagli occhiali per vedere, talmentegretti che non si accorgono delpassaggio di Dio. Matteo invecealza lo sguardo e va incontro a

Gesù. Il bisogno di incontrare l’al-tro è insito nell’uomo e questo èdimostrato dall’enorme fortunache hanno oggi i mezzi di comuni-cazione. I social network creanocontatti, ma le amicizie sono vir-tuali: alla fine, l’uomo rimane co-munque solo. Sono finestre versoil mondo ma un ostacolo versol’incontro dell’altro. Così come neldipinto di Caravaggio la finestra èaperta ma offuscata versol’esterno, non lascia entrare laluce. Un simile paragone si puòtrovare nel film Beautiful Minddove la porta è chiusa e l’unicocontatto con l’esterno rimane la fi-nestra su cui scrivere (non na-sciamo folli ma possiamodiventarlo!). Il Signore passa por-tando la luce. Entra nella nostravita anche quando siamo ripiegatisu noi stessi o viviamo in una si-tuazione di disordine, come lastanza – la vita – di Matteo. Nel di-pinto Gesù è rappresentato nel-l’atto di indicare, di chiamare, mai suoi piedi sono già diretti versola porta. Se ne sta andando e sanPietro sembra ribadire: “LIFE ISNOW”, se non ti muovi passa!Ecco perché sant’Agostino ripe-teva: “Temo il Signore che passa”.Il dito di Gesù non è dritto comequello di un giudice, ma debole, èuna presenza leggera che accoglieMatteo così com’è. Pietro è ri-tratto di spalle perché è solo untramite, un padre spirituale cheaiuta a creare quelle “crepe vitali”da cui riesce a passare la luce diDio.

ProvocazioniIl nostro desiderio di infinito sipercepisce, talvolta, attraverso ledomande sul senso da dare allavita. Anche Matteo cerca di daresapore alla propria esistenza: sirende conto che nessun bene fi-nito può saziare il desiderio dieternità. Solo Dio è capace di ri-spondere a questo richiamo inte-riore. Chiediamoci allora: a questopunto della mia vita, dove mitrovo? Qual è il mio posto?

La Parola ai giovani4

La voce dell’arte a cura di Francesca Rizzo

Vocazionedi San Matteo(1599-1600),Michelangelo Merisi detto Caravaggio, olio su tela, 322 x 340 cm, Cappella Contarelli, chiesa di San Luigi dei Francesi, RomaRacconto evangelico: Matteo 9,9

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Propongo in questo laboratorio unesercizio semplicissimo, già collau-dato nel primo degli incontri seraliall’Ora Decima a cui abbiamo datoil nome “Incroci - Storie bibliche,traiettorie di vita”.

In questo caso l’incrocio avvienetra la Bibbia e la musica attuale,che si ascolta abitualmente allaradio. Si tratta di intrecciare unadomanda che Dio fa ad Adamo conalcuni testi di canzoni scritte moltorecentemente. La domanda di Dioè posta all’inizio della Bibbia, nelterzo capitolo della Genesi: “Dovesei?” (Gen 3,9).

Un invito a fare il puntoLe storie raccontate in queste

pagine non dicono ciò che è avve-nuto cronologicamente all’iniziodella storia dell’umanità, ma ciòche accade nella storia di ogniuomo e di ogni donna, e la do-manda con cui Dio provoca Adamoè l’interrogativo di sempre, è la do-manda che in ogni istante Dio po-trebbe rivolgere a ogni persona:“Dove sei?”. Che tradotto significa:ripensa alla tua vita, al tuo cam-mino, a ciò che stai vivendo, alpunto in cui ti trovi e al percorsoche hai fatto per arrivare fin qui.Come stai? Quali sono ora i tuoistati d’animo? È un invito a fare ilpunto della situazione, a non es-sere dei fuggiaschi, ma uomini edonne responsabili. È un invito adeporre le maschere, ad essereveri, autentici. È come se Dioavesse chiesto ad Adamo ed Eva:perché vi siete nascosti? Da checosa state scappando?

Come risponderei io a una similedomanda in questo precisoistante? Come risponderebbero imiei amici, le persone che mi cir-condano, la gente con cui colla-boro? Proviamo a metterci inascolto allora di quattro canzoni. Itesti di questi brani sono quattropossibili risposte alla domanda cheDio ha posto ad Adamo.

Per cosa sto vivendo?La prima canzone è di Katy

Perry. Il brano Who am I livingfor? è un grido straziante chenasce dal senso di inadeguatezzadi fronte a una missione troppo im-pegnativa, una responsabilitàtroppo grossa, una corona troppopesante da portare. “Heavy is thehead that wears the crown”: pe-sante è la testa che regge la co-rona. È una canzone che parla diguerra e di battaglie, che sonocome una “croce da sopportare”.

“It’s never easy to be chosen,never easy to be called, standing onthe frontline when the bomb startsto fall”: non è mai facile esserescelti, non è mai facile sentirsi chia-mati, stare in prima linea quando lebombe iniziano a cadere. Quindi,alla domanda “dove sei?”, il testo diquesta canzone risponde: “È comese fossi in guerra, e sento il peso diuna missione troppo grande perme”. Però al tempo stesso si perce-pisce la speranza: “I can feel this li-ghtness inside of me”. C’è una lucedentro che rimane accesa e c’è un

pregevole riferimento biblico allaregina Esther, con la cui vicenda cisi identifica: “So I pray for a favourlike Esther; I need your strength tohandle the pressure”. “E così ioprego per ottenere un favore comeEsther; ho bisogno della tua forzaper reggere la pressione”. La do-manda che diventa il titolo dellacanzone risuona sempre più comeuna preghiera: “Who am I livingfor?”, “Per chi sto vivendo?”. L’in-terrogativo è rivolto alla propriaanima e contemporaneamente aDio, sembra: da Lui ci si attende unsupplemento di forza per attraver-sare una fase della vita così com-plessa.

Una buona ideaLa seconda canzone è di Niccolò

Fabi. Una buona idea è un branopiacevole e toccante al tempostesso, soprattutto per chi conoscela tragedia che l’autore ha vissutoqualche anno fa: la morte di sua fi-glia. In questa canzone dichiara disentirsi “orfano”: “Orfano di acquae di cielo, di origine e di storia, diuna chiara traiettoria, di tempo esilenzio, di uno slancio che ci portiverso l’alto, di una cometa da se-guire, un maestro da ascoltare…”.E poi ancora “orfano di partecipa-zione, di una democrazia che nonsia un paravento, di onore e di-gnità, di una terra che è soltantocalpestata…, di un’Italia che è spa-rita”. Ma l’autore capisce chel’unica soluzione a questo smarri-mento è diventare padre: “Mi ba-sterebbe essere padre di unabuona idea”. Alla domanda “dovesei?”, il testo in questione rispondecosì: “Mi sento orfano di tantecose, mi sento perso, ma credo siagiunto il momento di reagire edarmi da fare, mettere in campo lemie energie, la mia creatività…”.

Dal sentirsi orfano al diventarepadre; dalla nostalgia alla respon-sabilità. La canzone ci accompagnasulla soglia di questo passaggio im-portante da compiere.

Una vita “a perdere”La canzone “Vuoto a perdere” di

Noemi non ha bisogno di com-menti. Alla domanda “dove sei?” larisposta qui è molto chiara: “Sonoun peso per me stessa, sono unvuoto a perdere, sono altra da mestessa; ora sono qui che mi guardo

crescere la mia cellulite e le mienuove consapevolezze; quanta vitache ho vissuto inconsapevolmente,quanta vita che ho buttato via perniente…”. Il testo comunica unsenso di rassegnazione di fronte auna vita priva di entusiasmo, privadi passioni e di progetti. Mancacompletamente la fiducia in sestessi e la voglia di mettersi a cer-care qualcosa o qualcuno.

Cosa sto aspettando?Infine un brano carico di energia

- I will wait - e loro sono vera-mente una band straordinaria, unagrande promessa: i “Mumford &Sons”. Scorrendo il testo di questacanzone sembra di leggere in fili-grana la “parabola del Padre mise-ricordioso” (Luca 15). “Sonotornato a casa come una pietra esono caduto pesantemente tra letue braccia; i giorni di polvere ver-ranno soffiati via da questo nuovosole; mi hai perdonato e non di-menticherò; perciò sarò coraggiosoe anche forte, userò la testa in-sieme al cuore”. Il clima che si re-spira è la gioia di una rinascita,nell’esperienza di un ritorno a casa,dove ci si sente riaccolti e perdo-nati. “Alzo le mani, dipingo d’oro ilmio spirito”. Nuova vita, nuova di-gnità, nuove energie.

Quattro canzoni che ci aiutano adialogare con la Parola di Dio;quattro possibili risposte attualialla domanda che Dio ha rivolto adAdamo.

Per riflettere...In quale di queste canzoni vi ri-

conoscete maggiormente? È possi-bile confrontarsi in gruppo,leggendo il racconto biblico di Ge-nesi 3 e ascoltando i quattro braniproposti, avendo i testi a portata dimano.

Vi consiglio di concludere l’in-contro rileggendo uno dei passi piùtoccanti di tutta la bibbia: Isaia43,1-5. Se chiedessimo a Dio “dovesei?”, la sua risposta sarebbe que-sta: “Se dovrai attraversare leacque sarò con te… perché tu seiprezioso ai miei occhi, sei degno distima e io ti amo”.

La Parola ai giovani5

Laboratorio biblico a cura di don Andrea Guglielmi

“Dove sei?”Un invitoa fare il punto

“mi basterebbe essere padre di una buona idea”

Niccolò Fabi

“non è mai facileessere scelti, non è mai facilesentirsi chiamati”

Katy Perry

Poi udirono il SignoreDio che passeggiavanel giardino alla brezzadel giorno e l'uomo consua moglie si nascoserodal Signore Dio, inmezzo agli alberi delgiardino. Ma il SignoreDio chiamò l'uomo e glidisse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito iltuo passo nel giardino:ho avuto paura, perchésono nudo, e mi sononascosto».

Genesi 3, 8-10

Continua la proposta diIncroci, appuntamentomensile di spiritualità edi confronto con la Pa-rola di Dio rivolto ai gio-vani della DIocesi inoccasione dell’Annodella fede. I prossimiappuntamenti saranno:

8 febbraio 2013“Avete visto l’amata del

mio cuore?

12 aprile 2013“Chi manderò e chiandrà per noi?”

Entrambi gli incontri sisvolgeranno al Centrovocazionale “Ora de-cima” (Contrà Santa Ca-terina 13, Vicenza).

IncrociStorie bibliche,

traiettorie di vita

Page 6: La parola ai giovani n.1 - Anno 2013

A cavallo di capodanno è sempretempo di bilanci... non solo per leimprese, ma anche per la propriavita: cosa è successo nell’ultimoanno? Cosa ci eravamo proposti?Dove siamo arrivati? Domandesolo all’apparenza banali, perchéci invitano a guardare in facciacon verità il tempo che scorre e ilnostro modo di viverlo.

La tentazione è di lasciar per-dere e di cercare qualche facilescappatoia, perché in fondo cirendiamo tutti conto che dirsicosa è successo nella propria vita,ammettere non solo i successi(cosa in alcuni casi semplice), maanche i propri fallimenti, i propriblocchi, non è cosa da poco.. ep-pure è necessaria. Come non ècosa da poco riconoscere qualisono i punti di forza, le risorsesulle quali si può contare senzacadere in false umiltà o in eccessinarcisistici.

Non so se vi sia mai capitato diimbattervi in qualche blog dove sipossono trovare delle specie diconfessioni pubbliche.

Ricordo una volta di aver lettola storia di una ragazza che scri-veva, forse per trovare confortodei propri fallimenti, raccogliendoil bilancio di una vita sbagliata

dove il sapore amaro della delu-sione toccava i diversi ambiti dellasua vita. Con semplicità si po-trebbe dire che si tratta di unapersona depressa... ma questonon coglie il cuore del problema esoprattutto la conclusione che perlei era l’incapacità di fidarsi com-pletamente della gente. E chiu-deva: bilancio della vita negativo!!!Come aiutarci per non dover scri-vere le stesse conclusioni?

Provo a sintetizzare alcuni in-gredienti per un buon bilancio-ri-lancio che ci aiuti a guardare alfuturo con speranza.

In primo luogo credo sia impor-tante focalizzare bene il nostropunto di partenza. Dove eravamoun anno fa? Quali erano i pensieriche maggiormente mi giravanoper la testa? Cosa mi riempiva ilcuore?

In secondo luogo è importantericordare cosa ci si era prefisso,dove si voleva arrivare, qualierano le questioni per le quali ci sivoleva impegnare con maggior at-tenzione, gli ideali che davano en-tusiasmo e forza.

In terzo luogo è importante fareil punto dell’oggi. Dove mi trovo?Dove sono? Come mi sento inquesto momento? E questa analisi

va fatta con onestà, magari nelconfronto con qualcuno che ci èstato vicino o che ci conosce…

Ma non basta ancora. Se ci fer-massimo qui rischieremmo di pro-cedere allo stesso modo di unaazienda che mettendo in fila le di-verse colonne va a misurare i pro-gressi o il ristagno della propriaattività a prescindere dal resto.Credo che un buon bilancio dellapropria vita debba anche tenerconto delle cose che ci sono suc-cesse in questo tempo, a prescin-dere dalla nostra volontà. Cheesperienze, che incontri, che fattisono accaduti? E questo per an-dare oltre la cronaca.

Provo a spiegarmi con un esem-pio. Immaginiamo che nel corsodell’anno ti sia trovato/a a viveretensioni molti forti che ti hannocreato conflitti e incomprensionicon alcuni tuoi amici. Hai dovutoprendere posizione nonostanteavessi cercato fino alla fine di me-diare e di cercare il compro-messo. Alcune persone che

consideravi fidate, di fatto le haiviste in modo nuovo; in alcuni mo-menti ti sei trovato/a a compor-tarti come mai avevi fatto prima.Bilancio fallimentare rispetto agliideali di amicizia? Per alcuniaspetti certamente, ma se guardiquello che è successo da un altropunto di vista ti accorgi inveceche sei stato/a magari per laprima volta, una persona capacedi prendere posizione di fronteagli altri, di esprimere le tue ideee hai avuto il coraggio di portarnele conseguenze. Da questa pro-spettiva allora il bilancio può es-sere ben diverso, perché tiriconsegna un’immagine di te cheforse non conoscevi. Saper leg-gere la vita da prospettive diverseè una qualità necessaria per unbuon bilancio.

Il negativo non sempre è cosìnegativo come sembra essere e vi-ceversa quello che ti fa sentirebene non sempre è così positivocome sembra. Solo da qui si puòrilanciare...

La Parola ai giovani6

Non solo psicologia a cura di don Andrea Peru!o

Bilancio negativo?È l’ora del rilancio!Ingredienti per ripartire alla grande con il nuovo anno:

1.Focalizzare il punto di partenza

2. Ricordare cosa ci si era prefissato

3. Fare il punto dell’oggi

4. Cambiarepunto di vista

Scaldiamo l'atmosfera con un espe-rimento molto semplice e conosciu-tissimo. Formiamo tante coppie.Decidiamo chi dei due rivestirà perprimo il ruolo di fidente, di colui chesi a!da alla forza, alla prontezza diriflessi e al buon senso dell'altro. Ilpartner, intanto, interpreterà il ruolodi compagno fidato... Quando par-tirà la musica abbandoneremo lacomunicazione verbale: non po-tremo parlare.

Si cominciaParte una musica discreta, stru-

mentale. Do le spalle al mio com-pagno e mi sbilancio all'indietro inmodo che egli possa prendermi edevitare che io cada.

Il mio corpo mi sta dicendo cheprovo una certa di!denza. Temoche il mio partner non mi prenda.Perché? Perché mi sento terribil-mente pesante, così pesante chenessuno potrebbe reggermi dauna caduta. Perché il mio partnernon mi ispira una fiducia su!-ciente, anche se mi dispiace am-metterlo. Perché non sono stupidoe so benissimo che se non miprendesse potrei farmi seriamentemale. Perché questo gioco l'ho giàfatto e so come finirà.

Ascolto il mio corpo e il corpodell'altro. Piuttosto che la personache amo si accorga che non mifido, preferirei mentire. Molti di-cono che sia più facile mentire aparole che con il corpo. In questoesercizio, infatti, non ho potuto na-scondere al mio compagno la miasfiducia. Durante l'esperimentonon sono riuscito ad evitare di fareun passo indietro mentre mi sbi-lanciavo. Quel passo indietro ha ri-velato la mia insicurezza, ma hadetto anche qualcosa di più: “Nonmi fido di te”. E quando qualcunoti dice che non si fida di te, ti dicequalcosa di te, ti dice che non seia!dabile.

Per evitare che si accorga dellamia di!denza potrei legare le miegambe con una corda ben strettaalle caviglie in modo da impedirmidi fare passi falsi. Se elimino il sin-tomo, forse elimino il problema. Ciprovo. E"ettivamente riesco a ce-lare la mia insicurezza. Ma la corda,

questa precauzione, non mi haaiutato a fidarmi. Anzi. Mi ha pre-servato dall'evidenza, ma non hacancellato la mia paura. Il fatto disentirmi in qualche modo co-stretto, con le caviglie legate, hatrasformato il gioco in giogo, tra-smettendomi un pizzico di ango-scia.

Non è detto che l'ansia, la paura,l'insicurezza, non possano rivelarsiin certi casi delle emozioni interes-santi, perfino piacevoli. Ma in que-sto esperimento, mentre cerco dicogliere la qualità della mia fidu-cia, emozioni come queste ri-schiano di portarmi fuori strada.Cambio. Adesso io assumo il ruolodel fidato. Il suo corpo mi dice cheil mio compagno non si fida di me.Indugia, tentenna. Ma se mancaquesta fiducia da cosa dipende?Do l'idea di essere poco a!dabile?Sembro insicuro?

Desidero che la persona cheamo si fidi di me. Se non ci fidiamo

l'uno dell'altro è probabile che lanostra relazione ci faccia so"rire.

Penso che per vivere una rela-zione serena dobbiamo coltivareprima di tutto la fiducia reciproca.Meglio mettere da parte tutti itrucchi per nascondere la verità.

Mi metto subito al lavoro per farcrescere il sentimento di fiducia inquesta simbolica relazioned'amore. Il mio partner continua avoltarsi per vedere se ci sono, sesono pronto. Se può abbandonarsiall'indietro con la certezza che lososterrò. Cosa posso fare per aiu-tarlo a fidarsi di me?

Mi avvicino. Gli faccio sentireche non appena si sbilancerà, saròlì a proteggerlo. Gli faccio capireche qualsiasi cosa accada intornoa noi, io ci sono, sono pronto. Fac-cio per lui ciò che vorrei lui facesseper me. Non pretendo la sua fidu-cia incondizionata come provad'amore e capisco che le sue in-certezze sono i messaggi di uncorpo che vuole raccontarsi a me,proprio a me... e non voglio pernessun motivo che debba averpaura di farlo.

L'amore è come l'acqua... ecosì come ho imparato a nuotarepiano piano, partendo dalbordo, dall'acqua bassa, allostesso modo riuscirò ad abban-donarmi alla persona che amo,un po' alla volta.

Allora, mentre suona una musicadolce, imparo la grammatica delmio corpo e provo ad insegnarla achi amo. Questa attenzione, questadisponibilità, questa voglia di dire tiamo, significano: “Io sono un mes-saggio per te e credo che tu possadirmi di me più di chiunque altro”.

Il fidentee il fidato

Eserciziario d’amore a cura di Manola Tasinato e Gianpietro Borsato

Materiali:1.Un gruppo

da 10 a 40 persone2. Una sala adatta

allo svolgimentodi un’attivitàdi movimento

3. Musica vivace4. Un cronometro5. Un pezzo di corda

da 1,5 metriper ciascunpartecipante

Page 7: La parola ai giovani n.1 - Anno 2013

Molti film recenti presen-tano la fede e la religionecome cammini di ricerca

del significato dell’esistenza.Anche questa volta è facile ve-dere come la narrazione cinema-tografica sia specchio einterpretazione di una sensibilitàdiffusa, che alla razionalità prefe-risce spesso il gioco delle emo-zioni e all’affermazione di veritàdogmatiche quello del dubbio edella domanda. Non si tratta evi-dentemente di elementi da con-trapporre, ma di sfaccettaturediverse ed ugualmente presenti –seppur in misura diversa a se-conda delle epoche - in un’espe-rienza complessa e totalizzantecome quella del credere. Anche ilcinema ci aiuta pertanto a com-prendere quali sono le sensibilitàdi cui tener conto per poter par-lare in modo significativo di Dioall’uomo di oggi.

Un viaggio spiritualeDavvero emblematico, da que-

sto punto di vista, è il successoche sta ottenendo il film Il cam-mino per Santiago (USA, 2010,ma in distribuzione in Italia solodalla scorsa estate) sulla scia delcrescente numero di persone cheda ogni parte del mondo e con lepiù diverse motivazioni compieogni anno tutto o parte del fa-moso pellegrinaggio a piedi versola tomba dell’apostolo Giacomo.Il regista newyorkese EmilioEstevez (tra l’altro figlio dell’at-tore protagonista del film, MartinSheen) ci racconta la storia com-movente di un viaggio che di-venta scavo e ricerca interiore, incui i paesaggi offerti dalla naturasi fondono con quelli dell’anima.Tom è un anziano e affermatomedico americano che, mentregioca a golf, è raggiunto dalla ter-ribile notizia della morte del figlioavvenuta in Spagna. Giunto inEuropa per recuperare le spogliedel figlio, Tom scopre che Daniel

aveva intrapreso il Cammino diSantiago di Compostela e decidedi camminare al posto del figlio,realizzando così quello che erastato evidentemente il suo ultimodesiderio. Il viaggio diventa spiri-tuale, le immagini, poetiche, l’ap-proccio alla vita assumeprogressivamente un tono sa-pienziale che prima era del tuttoestraneo al pragmatismo del me-dico americano.

Un cambiamentoUn cambiamento profondo av-

viene anche nella vita del protago-

nista del film francese Chi vuolessere amato? (2011). A diffe-renza del film precedente, nes-suna esperienza limite mette quiin moto il cammino di ricerca, cheinizia invece quasi per burla attra-verso la partecipazione ad un im-probabile gruppo parrocchiale. Ilprotagonista è Antoine, brillanteavvocato, sposato e padre di fami-glia. Quasi per caso si trova pre-sente alla riunione di un gruppo dicatechesi in parrocchia. Il suo at-teggiamento è critico, quasi irrive-rente, ma una domanda del pretelo colpisce e inizia a tormentarlo:

“Chivuol es-sere amato?”,chiede il sacerdote aipresenti per iniziare la discus-sione. Antoine diventa un “rico-minciante” nella fede che datempo aveva abbandonato, ritrovail gusto per la vita spirituale e ri-mette al primo posto nella sua esi-stenza la tenerezza e la cura per il

prossimo. I diritti di que-sto film sono stati recente-

mente acquisiti per l’Italiadall’ACEC che ne sta curando ildoppiaggio. Sarà presto circuitatonelle sale cinematografiche par-rocchiali e disponibile in dvd.

La Parola ai giovani7

La vita davanti a séRomain Gary,

Neri Pozza Editore11,50 !

Ciak... si crede! a cura di don Alessio Graziani

Fede comericerca

La locandina del film Chivuol essere amato? di Anne

Giafferi. Sopra, un’immaginede Il cammino di Santiago di

Emilio Estevez

Ci sono libri capaci di disarmarechi si addentri nelle loro pagine,romanzi in grado di cambiarci iconnotati con una carezza. Cosìfunzionano le storie che ci piac-ciono di più e così, io credo, fun-ziona anche La vita davanti a sé(Romain Gary, Neri Pozza, 11.50euro).

Disgraziata periferia parigina. Momò è un bambino di dieci

anni, arabo, figlio di nessuno chevive al sesto piano di una palazzinainsieme a Madame Rosa - una vec-chia prostituta ebrea grassa e im-bruttita - e ad altri bambini d’ognietà e provenienza, figli di prosti-tute che pagano una quota mensile

per garantire loro casa, cibo e lascarsa protezione che la poveraMadame è ancora capace di offrire.In questa sorta di asilo abusivo, sivivono gioie e sofferenze. L’appar-tamento diventa piazza d’incrociocon altri personaggi spesso bizzarrie drammatici, sempre umana-mente speciali, ma è il legame traMomò e Madame Rosa a reggere,oltre che il libro, le vite di en-trambi.

Il tessuto di questo romanzo ècomposto dunque da pochi fili,pure abbastanza grezzi, volendo,ma ad intrecciarli (e la magia statutta qui) c’è la voce di Momò cheracconta. Ed è proprio questionedi un tono, un timbro unico, e forse

ancor più è questione di unosguardo irripetibile sul mondo esulla vita. A noi lettori resta unagrande possibilità di piacere e co-noscenza: piombiamo in un mondoaltro, diverso dal nostro, che pro-babilmente non ci interessa nem-meno troppo; accade però che unavoce, dei personaggi, una storia,poco a poco ci spoglino e disar-mino, prima di stenderci con ciòche effettivamente fanno succe-dere nelle pagine, trasformandocicome solo la vera letteratura safare.

Per Momò la meraviglia - anchenella miseria sociale in cui vive - èuno strumento di comprensionedella realtà. La sua inconsapevoleironia di bambino è spesso sarca-stica e cinica, capace in questomodo di sfidare noi che leggiamo,ma i suoi occhi mai banali percepi-scono ciò che i nostri sono disabi-tuati a vedere. La sua postura dibambino già esperto delle cose cheaccadono, lo porta ad annodare ri-flessioni brucianti e scombinantiintorno a temi come paura e spe-ranza, felicità («Ma io non ci tengotanto a essere felice, preferisco an-cora la vita. La felicità è una bellaschifezza e una carogna e bisogne-rebbe insegnarle a vivere»), vita(«La gente tiene alla vita più che atutto il resto, è anche buffo se sipensa a tutte le belle cose che cisono al mondo»), amore, rapportiumani. Momò cresce una paginavia l’altra e c’è una vicenda di for-mazione, ma questo romanzo a mepare, prima e sopra a tutto, una

grande storia d’amore tra il giovaneMomò e la vecchia e materna Ma-dame Rosa, sempre più affaticatae imbruttita («Ma con la femmini-lità non si può mica discutere»).Momò chiede spesso, a sé e aglialtri personaggi, se sia possibile vi-vere senza amore, lui che l’amorel’ha conosciuto soltanto attraversole cure di Madame e che ora vive,al tempo stesso, il bisogno di allon-tanarsi da lei - in piena malattia - ela necessità di starle accanto. «Leaccarezzavo la mano per incorag-giarla a ritornare e non l’ho maiamata più di allora, perché era vec-chia e brutta e tra poco non sa-rebbe più stata una personaumana». La malattia degenerativadella vecchia prostituta è davverouna spinta drammatica a far emer-gere le risorse dell’umano. La vitasa accompagnare alla verità, matalvolta può schiacciarci e spre-merla con cruda noncuranza, danoi, la verità. Ed è questo ciò cheaccade a Momò e Madame Rosa,sino a un finale spiazzante e agro-dolce. «Bisogna voler bene», diceun bambino che tutti chiamanoMomò. Soltanto a partire da que-sta umanità capace di amore è pos-sibile, per lui e per noi, dare fiduciae obbedienza alla vita – alla propriastoria come alla vita davanti a sé.

Si finisce il libro con un sorrisomalinconico e con un respiro vi-brante e magari un po’ commosso,provando gratitudine per chi ha sa-puto mettere in una storia il nostrointimo e accanito bisogno d’amore,ciò che ci salva e ci regala umanità.

Invito alla lettura a cura di Enrico Zarpellon

Il bisognod’amoreche ci salva

Direttore responsabile: Lauro PaolettoInserto realizzato da: Andrea FrisonTesti a cura di: U!cio Diocesano per i Giovani

Piazza Duomo n. 2 - 36100 Vicenza - telefono 0444-226556Settimanale di informazione della Diocesi di Vicenza

Page 8: La parola ai giovani n.1 - Anno 2013

La sera del 12 dicembre2012 a Bologna è stata orga-nizzata una veglia di pre-

ghiera in concomitanza conl’unica data italiana del discussorocker Marilyn Manson... diversigiovani hanno ascoltato don Giu-lio Marra cantare, chitarra allamano, alcuni classici della musicapoprock e mettere in guardia daimessaggi satanici in essi conte-nuti: da Indietro di Tiziano Ferroa Another one bite the dust dei“Queen”, da Hotel Californiadegli “Eagles” a Imagine di JohnLennon… Allora ascoltare mu-sica può non conciliarsi con lafede? C’è la necessità di selezio-nare i propri ascolti, per esempiolimitandosi solo alla musica ispi-rata esplicitamente alla fede cri-stiana? Vi racconto qualchestoria, quindi ognuno si faccia lapropria idea...

Stati Uniti,patria della Christian Music

Negli Stati Uniti e in altre partidel mondo nel 2012 il businessdella Contemporary ChristianMusic, musica leggera di esplicitaispirazione cristiana, ha copertoil 15% del fatturato nazionale dimusica. In rete si trovano facil-mente siti dedicati, canali webra-dio, applicazioni per mobile.Canzoni pop che spesso, se nonsi conosce l’inglese, si possono

tranquillamente confondere perqualità e orecchiabilità con lemaggiori hit del panorama popinternazionale.

Lo scorso settembre BrandonFlowers, leader della band po-prock “The Killers”, ha vissutouna davvero originale serata deltour promozionale, che ha riem-pito gli stadi di mezzo mondo:prima di una esibizione live, si ètrovato a difendere in un dibattitotelevisivo la sua fede mormonedagli attacchi dell’ateo RichardDawkins; con impacciata limpi-dezza il giovane cantante ha rac-contato la dolcezza dellapreghiera quotidiana, insegnataglidalla madre, la bellezza di certe ri-sposte che sa dare la religione allegrandi domande dell’uomo.

Nell’ottobre 2012 la classificaamericana e inglese sono state do-minate da un gruppo come i“Mumford and Sons”, folkrock tra-volgente e tormentato, trascinatoda versi come questi: tenevo gliocchi aperti per servire e le maniper imparare (…) quando mi èstato detto da Gesù che tutto an-dava bene, quindi tutto deve an-dare bene (dalla canzone Belowmy feet, dall’album Babel).

La fedesu Roolling Stone

Christian Raimo, emergentescrittore romano cresciuto allaMinimum Fax, scrive ogni meseuna rubrica sulla rivista musicaleRolling Stone, “Italia, amore”, incui capita di trovare riferimentidi questo genere: (…) condan-nati a un impossibile attivismo,riusciamo ad assaporare un fan-tasmatico spirito di libertà soloquando perdiamo tempo, clic-cando da un sito all’altro, aggior-nando lo status su Facebook,chattando con qualcuno che nonabbiamo mai visto in faccia. (…)Consideravo tutto questo ungiorno mentre ero a messa, qual-che settimana fa. Mi veniva inmente la soluzione di Kierkega-ard di fronte al paradosso del-l’angoscia: ossia sostanzialmentela fede. Sempre Raimo ha poi re-centemente pubblicato un ro-manzo con Einaudi, Il peso dellagrazia, in cui l’eroina del prota-gonista è la filosofa e teologa Si-mone Weil.

“Parolone”in un brano hip-hop

Il Padre Passionista Max Gra-nieri, nonché ex-dj, ogni annostila una classifica delle miglioricanzoni che parlano di spiritua-lità sul suo blog L’arena dei ru-mori; alla posizione numeroquattro quest’anno “nelle con-trapposizioni tra rap italiano espiritualità, emerge Ghemon.Piace l’introspezione di “Fanta-smi pt.2!, l’urgenza di guardarsidentro e di raccontarsi: Perchéniente è tanto personale chenon si può raccontare / 20giorni in cardiologia / Enigma[...] / E sto pregando Dio per-ché per me la sua presenza èspirituale / Il resto è teologia especulazione clericale. PregaDio, pur prendendo le distanzedalla teologia (che “parolone” inun brano hip hop)”.

Karl Rahnere la musica leggera

Antonio Spadaro, direttore deLa Civiltà Cattolica, ha scritto unbreve saggio sulla musica leg-gera, ispirandosi al grande teo-logo Karl Rahner: “La canzonecanticchiata serve all’uomo «adesprimere chiaramente a sestesso la propria essenza» e, intal modo, a «evitare che, re-stando silenzioso, egli debba sof-focare». Con la sua espressionecomplessa e profonda Rahner in-tende affermare che cosa sia, indefinitiva, la canzone. Essa è laparola quotidiana che diventa

poetica grazie alla musica, e chepermette all’uomo di esprimersi,infrangendo un silenzio che po-trebbe soffocarlo nell’isolamentointeriore. La canzonetta può es-sere la via di una espressione disentimenti e pensieri che toc-cano la profondità del proprioquotidiano. Per alcune personequesta è una via privilegiata eforse unica. (…) Rahner intendedire che la canzone vive non solodella parola, ma anche dei ritmiquotidiani e della profonditàdella vita dell’uomo comune. Èquesta la sua forza, ed è su diessa che si misura correttamenteil valore di un brano di «musicaleggera»”.

E ogni venerdìsu Radio Vigiova...

Ogni settimana Radio ViGiova inFM e sul web (www.radiovi-giova.it) dedica uno spazio all’in-trecciarsi di musica pop e parola diDio: la rubrica In God We Tunesapprofondisce settimanalmenteuna canzone significativa e la ac-costa a un passo biblico: così Nic-colò Fabi si trova a dialogare conAbramo, Alanis Morrisette conIsaia, il vangelo risuona nel punkdei Tre Allegri Ragazzi Morti.

La curiosità è una dote evan-gelica: Chiedete e vi sarà dato,cercate e troverete, bussate e visarà aperto. Perché chi chiedeottiene, chi cerca trova, e a chibussa sarà aperto. (Vangelo diLuca, capitolo 11)

La Parola ai giovani8

Dagli studi di Radio Vigiova

Musica e fedevanno d’accordo?

Mumfordand Sons

Ghemon

Appu

ntam

enti

Azione Cattolica VicentinaSettore Giovani

la proposta

Con i GIOVANISSIMI ci introdurremo con gradua-lità e in modo dinamico all’ascolto della Parola eall’incontro personale con Gesù, Figlio di Dio.Con i GIOVANI desideriamo ripercorrere il cam-mino e la storia di Abramo, “nostro padre nellafede”. Il percorso di Abramo e il suo dialogo conDio diventa particolarmente significativo in que-sto Anno della fede.