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ATENEO ROMANO DELLA SANTA CROCE MONOGRAFIE GIURIDICHE 7 Josemaría Sanchis LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE GIUFFRÈ EDITORE 1993 btcalz p. 1/180 Bibliotecanonica

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A T E N E O R O M A N O D E L L A S A N T A C R O C E

M O N O G R A F I E GIURIDICHE

7

Josemaría Sanchis

LA LEGGE PENALE E

IL PRECETTO PENALE

GIUFFRÈ EDITORE

1 9 9 3

btcalz p. 1/180Bibliotecanonica

ISBN 88-14-04219-5

Nihil obstat: J. T. Martín de Agar Imprimatur: t Remigio Ragonesi. Vicegerente.

Roma, 6 maggio 1993

TUTTE LE COPIE DEVONO RECARE IL CONTRASSEGNO DELLA S.l.A.E.

© Copyright 1993 Dott. A. Giuffrè Editore, S.p.A. Milano

La traduzione, l'adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i Paesi.

Tipografia «MORI & C. S.p.A.» - 2 1 1 0 0 VARESE - Via F. Guicciardini 6 6

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Ai miei genitori

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I N D I C E G E N E R A L E

Introduzione 1

CAPITOLO PRIMO

IL SIGNIFICATO E LA FUNZIONE DELLA NORMA PENALE NELL'ORDINAMENTO CANONICO

1. La nozione canonica di delitto 9 1.1. Il delitto e i suoi elementi costitutivi 9 1.2. Validità e portata della teoria degli elementi del delitto . . 13 1.3. L'antigiuridicità del delitto 16

1.3.1. L'antigiuridicità dell'atto umano 19 1.3.2. La funzione delle fonti formali nella determinazione

dell'antigiuridicità. . . 23 1.4. La nozione sostanziale e la nozione formale del delitto . . 30 1.5. Il principio di legalità formale e materiale: impostazione . 34

2. Il principio di legalità nel sistema penale canonico 39 2.1. Precedenti 39 2.2 Analisi del contenuto del can. 1399 47

2.2.1. La fattispecie delittuosa 49 2.2.2. La pena 54

2.3. Portata e incidenza del can. 1399 nel sistema penale cano­nico 57

3. Considerazioni conclusive 66

CAPITOLO SECONDO

LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO

1. Le fonti costitutive nel diritto penale 73 1.1. La legge penale e il precetto penale 73 1.2. La consuetudine 75

2. La struttura essenziale e il contenuto dei provvedimenti penali. 76 2.1 II precetto primario 78

2.1.1. La fattispecie penale 82

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vni LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

2.1.2. La cosiddetta « norma penale in bianco » . . . . . . 85 2.2. La sanzione penale 88

2.2.1 Pena precettiva o facoltativa, determinata o indeter­minata 89

2.2.2. Criteri per la comminazione delle pene 91 a) Criteri per la costituzione delle censure 91 b) Criteri per la costituzione delle pene espiatorie. 93

2.3. Altri eventuali contenuti della norma penale 94 2.3.1. Disposizioni riguardanti la punibilità del delitto . . 95 2.3.2. Disposizioni riguardanti l'applicazione della pena . 96

a) In particolare in relazione al modo di applicare le pene: « ferendae sententiae » o « latae sententiae ». 96 b) La via da seguire nell'applicazione delle pene: giudiziaria o amministrativa 99

2.3.3. Disposizione riguardante l'ambito di vincolatività della pena nei confronti del reo 102

2.3.4. Disposizioni riguardanti l'estinzione deEa pena . . 103 a) La remissione della pena 103 b) La prescrizione dell'azione criminale e di quella penale 105

3. La normativa penale non contenuta nel codice 107 3.1. Criteri generali per l'emanazione dei provvedimenti pe­

nali 107 3.2. Normativa successiva al codice e configurazione del si­

stema penale 110

CAPITOLO TERZO

LA LEGGE PENALE

1. Soggetti che hanno potestà legislativa 115 1.1 Principio generale 115 1.2. Soggetti che hanno potestà legislativa in particolare . . . . 116

1.2.1. Organi unipersonali 116 1.2.2. Organi collegiali 117 1.2.3. Riferimento particolare alle Conferenze Episcopali. 118 1.2.4. Gli istituti religiosi 122

2. L'uniformità della legislazione penale 122 3. La legge penale nel tempo 123

3.1. Principio generale: l'irretroattività della legge penale . . . 123 3.2. Eccezioni alla generale irretroattività della legge penale . . 125

3.2.1. L'abrogazione della legge penale 125 3.3.2. Il mutamento della legge penale 128

4. La dispensa dalla legge penale 129 5. L'interpretazione della legge penale 133

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INDICE GENERALE IX

CAPITOLO QUARTO

I L P R E C E T T O P E N A L E

1. Natura del precetto penale 137 2. Regime giuridico del precetto penale 146

2.1. Soggetti che possono imporre precetti penali 146 2.2. Destinatari 152 2.3. Contenuto 154 2.4 Elementi essenziali 156

2.4.1. Competenza 156 2.4.2. Forma 157 2.4.3. Notifica o intimazione 159

2.5 Caratteristiche 160 2.5.1. Personalità 160 2.5.2. Transitorietà 161

2.6. Efficacia 162 2.7. Interpretazione 163 2.8. Ricorsi contro il precetto penale 163

2.8.1. Il ricorso gerarchico 165 2.8.2. Il ricorso contenzioso-amministrativo 167

3. Il precetto penale generale 168 3.1. Possibilità dei precetti penali generali 168 3.2. Distinzione tra legge penale e precetto penale generale . . 170

Indice dei nomi 175

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I N T R O D U Z I O N E

La presente monografia è u n tentativo di esporre con sufficiente completezza e sistematicità la vigente normat iva contenuta nel Codice di Dir i t to Canonico della Chiesa La­tina in materia di legge penale e prece t to penale.

La legge e il precet to sono s t rumenti giuridici comu­nemente usati nel dirit to canonico; q u a n d o « poenas statuunt » vengono però qualificati come penali , ed ac­quistano u n part icolare s tatuto e regime giuridico. Il Libro VI del Codex luris Canonici, che contiene la nor­mativa che r iguarda specificamente le sanzioni penali nella Chiesa, dedica il titolo I I della par te I, intitolato pe r l ' appunto « D e lege poenal i ac de p raecep to poenal i », alla summenzionata materia. In tale titolo viene regolato quan to concerne la potestà di emanare leggi (can. 1315) e precett i (can. 1319) penali, vengono dati sia i criteri generali (cann. 1316-1317) e specifici (cann. 1314, 1317-1318) pe r la costituzione delle pene canoniche, ed infine si determina l'efficacia della legge penale nel t e m p o (can. 1313). Pe r tu t te le altre questioni r iguardanti la legge o il precet to penali , si rinvia implici tamente alle disposizioni contenute in altre part i del codice, sopra t tu t to nel L ibro I sulle n o r m e generali (titoli I-IV), ed anche, in par t ico­lare, in altre par t i dello stesso Libro VI.

La dot t r ina canonica, d o p o la promulgazione del C I C '83 si è appena occupata della materia penale, da ciò la difficoltà di affrontare la presente ricerca a causa della scarsità di s tudi sul l 'argomento. Esistono sopra t tu t to

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2 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

brevi comment i generali all ' intero codice di diri t to cano­nico, e qualche altro t ra t ta to generale, che pe rò offrono pochi spunt i r iguardo alle problemat iche scientifiche sot­tostanti ai temi che t ra t tano.

Ques to at teggiamento dei canonisti è dovuto soprat­tu t to a d u e motivi. Da l p u n t o di vista prat ico al fatto che il dirit to penale canonico n o n viene quasi mai applicato e, per tan to , n o n suscita u n part icolare interesse scientifico il risolvere i diversi p rob lemi giuridici che esso p o t r e b b e sollevare; dal p u n t o di vista teorico, tale at teggiamento è dovuto all'influenza di quelle dot t r ine canonist iche, at­tualmente mol to diffuse, che volendo identificare teologia e dirit to canonico, diri t to e morale, t e n d o n o ad ignorare questi s t rument i che, essendo t ipicamente giuridici, met­tono in crisi tale impostazione.

Pe r quan to r iguarda il tema concreto che qui si vuole approfondire , ci siamo trovati di fronte ad u n vuo to di dot t r ina canonica. N o n esiste, infatti, ad esempio, una se p u r minima elaborazione dottr inale sulla fattispecie pe­nale, cioè sul delitto in quan to fatto t ipico — la cui identificazione compe te rebbe specificamente alla no rma penale —, perché ciò r ichiederebbe un 'accura ta tecnica giuridica di redazione delle n o r m e penali — la tecnica di tipizzazione — che evidentemente n o n ha senso se si confonde l 'ambito morale con quello giuridico, il deli t to con il peccato , e meno ancora se esiste una n o r m a penale generale, come quella contenuta nel vigente can. 1399, che dichiara punibi le qualsiasi violazione di una legge divina o ecclesiastica; questa no rma p o t r e b b e costituire da sola tut ta la normativa penale della Chiesa, e pe r t an to rendere inutile ogni ulteriore specificazione in materia.

Abb iamo perciò voluto dedicare la pr ima par te di questa ricerca ad u n o studio, più specificamente dottr i­nale, sul significato che nella Chiesa h a n n o le n o r m e giuridiche penali , ed in part icolare alla legge ed al pre-

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INTRODUZIONE 3

cetto, ed alla loro funzione in quan to s t rument i che servono a determinare sia l 'antigiuridicità dell 'at to u m a n o rilevante in ordine ad una puniz ione — che è ciò che tecnicamente costituisce la figura del delit to —, sia la pena da esso comminata . Ciò por ta a considerare la legge e il prece t to in quan to fonti formali costitutive dei delitti,

a causa della determinazione dei compor tament i in essi r i tenuti delittuosi dall 'autorità pubbl ica competen te ed alla relativa pena. Tu t t e queste temat iche sono t ra t ta te insieme allo studio della nozione canonica di delit to.

Tali temi sono altresì in t imamente legati alla que­stione della previa costituzione dei delitti; vale a dire , a l l 'opportuni tà che le azioni eventualmente punibil i siano determinate , mediante n o r m e giuridiche, in un m o m e n t o precedente rispetto alla loro effettiva punizione. Perciò, abb iamo anche analizzato, dalla prospett iva del dirit to della Chiesa, i diversi aspetti dei principi giuridici riguar­dant i il ret to e giusto esercizio della potestà nella Chiesa, la tutela dei diritti dei fedeli, la sicurezza giuridica, e gli altri elementi che compongono il classico sistema di garanzie nel l 'ambito penale, e che nella dot t r ina e nelle legislazione penale degli Stati vengono integrate nel prin­cipio denomina to « di legalità penale » {nullum crimen,

nulla poena sine lege poenale praevia). In questa materia la bibliografia canonistica è relativamente abbondan te , ma bisogna ammet tere che n o n sempre è corre t tamente im­postata: spesso vengono qualificate e indicate come pecu­

liarità del diritto penale canonico contingenti figure, isti­tuzioni e determinazioni normative che in realtà altro non sono che vere e propr ie deficienze della sua positivazione e formalizzazione in u n concreto m o m e n t o storico.

No i r i teniamo che pe r u n p iù giusto esercizio della potestà punitiva nella Chiesa, il sistema penale canonico dovrebbe accogliere il cosiddet to « principio di prevedi­bilità »; vale a dire, il principio secondo il quale non si

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4 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

p u ò applicare una pena se questa n o n è stata comminata previamente alla realizzazione del compor t amen to pun i ­bile. Tale pr incipio n o n solo è un'esigenza che deriva da un giusto ord ine giuridico e sociale, ma è anche con­gruente con altri pr incipi e istituti giuridici vigenti (quali sono, pe r esempio, l ' irretroattività della legge penale , la proibizione dell 'estensione analogica in materia penale , l ' interpretazione stretta delle leggi penali , ecc.) che senza di esso non avrebbero alcun senso, e che sono manifesta­zione dello spiccato senso del r ispetto della dignità della persona umana e, nella Chiesa, della dignità dei fedeli, che da secoli è caratteristica essenziale della legislazione, anche e soprat tu t to ecclesiastica, in materia penale.

D o p o l'analisi degli aspetti segnalati, affrontiamo p iù approfondi tamente la problematica r iguardante le fonti del diri t to; la determinazione cioè di quali siano in con­creto tali fonti nel dirit to della Chiesa: la legge e il precet to , con esclusione della consuetudine (non esiste, per tanto , nel l 'ordinamento canonico vigente la « riserva di legge »). Segue l 'esposizione, si spera esauriente, delle no rme del codice che regolano il loro regime giuridico, pe r quel che si riferisce sia al con tenuto essenziale (pre­cetti pr imar io e secondario) o solo eventuale, che alla incidenza e por ta ta di tali fonti nella configurazione del sistema penale canonico in generale. La no rma penale è infatti essenzialmente costituita dal precet to pr imar io (obbligo giuridico o imperativo di condot ta) e dal pre­cetto secondario (sanzione penale) . A questo r iguardo, nel codice vigente le fattispecie deli t tuose sono state tipizzate util izzando frequentemente la tecnica del rinvio alle no rme contenute nei canoni che stabiliscono i diversi obblighi giuridici, positivi o negativi, al di fuori del L ibro VI che trat ta specificamente il diri t to penale canonico. Inoltre, nella vigente normativa sono numerosiss ime le pene indeterminate . L 'ampiezza con cui sono stati tipiz-

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INTRODUZIONE 5

zati la maggior par te dei delitti, e l ' indeterminatezza delle pene stabilite, suggeriscono u n accurato e diligente eser­cizio della potestà normativa in materia penale da par te delle istanze particolari allo scopo sia di rendere veramente operativa tale normativa generale sia di adattarla alle di­verse circostanze di t e m p o e luogo. Tale normativa part i­colare, che deve completare e integrare quella generale, p u ò consistere non solo nella tipizzazione di nuove figure delittuose, più aderent i alle realtà ed alle circostanze par­ticolari, ma p u ò anche r iguardare altri aspetti quali la pu­nibilità dei delitti, il m o d o di applicare le pene , ecc.; in definitiva, i diversi elementi che incidono nella configura­zione del sistema penale. Tuttavia, il codice stabilisce, prin­cipalmente nei cann. 1315-1319, alcuni criteri direttivi, di diversa natura e por ta ta giuridica, pe r l 'emanazione delle no rme penali e pe r la comminazione delle pene . Tra questi occorre ora rilevare: la riserva fatta alla Suprema Autori tà per la comminazione della pena della dimissione dallo stato clericale; il carattere eccezionale che d e b b o n o avere le pene da applicare latae sententiae; la possibilità già indicata di determinare mediante legge part icolare la pena lasciata in­determinata dalla legislazione universale; e, infine, la proi­bizione di comminare pene pe rpe tue mediante precet to . Insieme ad una oppor tuna varietà nella normativa penale, il codice suggerisce anche, sopra t tu t to ent ro certi ambit i territoriali, una necessaria uniformità che favorisca l 'ugua­glianza di t ra t tamento giuridico nei confronti dei fedeli e che eviti tanto gli abusi da par te dell 'autori tà come la per­plessità nei fedeli. A causa della vastità ed eterogeneità di queste materie, abb iamo scelto un 'esposizione e tratta­zione sintetica di esse, ma par t icolarmente accurata, in m o d o da permet tere una corretta comprens ione della loro rilevanza teorica e pratica.

I capitoli terzo e quar to sono dedicati a ciascuna delle due fonti formali costitutive del dirit to penale canonico.

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6 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

N o n ci è sembrato necessario né o p p o r t u n o soffermarci sulla na tura e il regime giuridico della legge penale, pe rché sono comuni a qualsiasi altra legge in generale. Ci siamo così occupat i soltanto delle questioni che il codice ha regolamentato in m o d o specifico o che sono oggetto di part icolare attenzione da par te del legislatore.

Abb iamo dovuto e voluto invece concentrare part i­colarmente la nostra at tenzione sul prece t to penale, so­pra t tu t to perché nella sua attuale configurazione esso costituisce una delle principali novità legislative. Forse per questo, la dot t r ina ha dedicato i suoi sforzi per determinare la sua natura ed anche la sua operatività. Offriamo perciò u n o studio particolareggiato sul prece t to penale: sulla natura e sul regime giuridico, sulle sue caratteristiche, ecc. Nella vigente legislazione, secondo la dot tr ina dominante , il precet to penale è u n atto ammini­strativo singolare mediante il quale chi ha potestà esecu­tiva p u ò comminare p e n e determinate (ad eccezione di quelle perpe tue) . Per le sue caratteristiche, si tratta di u n o s t rumento più agile della legge che permet te , nelle situa­zioni di urgenza, un intervento tempest ivo dell 'autorità, che comunque , pr ima di imporlo, dovrà soppesarne ac­cura tamente l 'opportuni tà . A causa della sua na tura am­ministrativa, il precet to è anche sot toposto agli eventuali ricorsi previsti contro gli atti amministrativi in genere. Per quan to r iguarda la possibilità o m e n o dell 'esistenza dei precetti penali generali ne l l 'o rd inamento canonico attuale, in dottr ina n o n è chiaro se ques to possa essere compreso nel te rmine « precet to penale ». Tuttavia, nella vigente legislazione esistono alcuni esempi di n o r m e ema­nate dall 'autorità esecutiva mediante le quali si stabili­scono sanzioni di na tura disciplinare, ma sembra che nessuna di queste abbia natura p ropr iamente penale.

In diversi moment i dell 'esposizione abbiamo solle­vato la quest ione della necessità, e n o n solo del l 'oppor-

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INTRODUZIONE 7

tunità, di una più chiara, precisa e decisa distinzione, tanto normativa come dottr inale, nel l 'ambito dell 'ordina­mento canonico, t ra diritto penale e diritto disciplinare, allo scopo di permet te re un più giusto e operat ivo eser­cizio della potestà nella Chiesa al servizio del b e n e delle anime. Infatti, n o n d e b b o n o essere applicati a realtà diverse gli stessi s t rument i e principi giuridici.

Benché n o n sia sempre facile stabilire i contorni dei diversi concetti e istituti giuridici, si p u ò affermare che, in linea di massima, il dirit to canonico dovrebbe dist inguere tra l'illecito penale (il delitto in senso vero e propr io) e l'illecito disciplinare, e, di conseguenza, dist inguere an­che tra la sanzione di natura penale e la sanzione di natura disciplinare, da applicare a seconda della rispettiva natura del compor tamen to illecito. A t to rno a questi con­cetti basilari ruo tano gli altri concetti , istituti e principi , alcuni dei quali sono comuni al diri t to penale e a quello disciplinare: il « pr incipio di prevedibilità » o di costitu­zione dell'illecito mediante norma giuridica previa all 'ap­plicazione della sanzione, i pr incipi di « irretroattività », di « interpretazione stretta » e di « proibizione dell 'esten­sione analogica » delle n o r m e che stabiliscono le sanzioni, ecc. D a par te sua, il diritto penale canonico dov rebbe accogliere il pr incipio di « riserva di legge », vale a dire, che solo mediante legge formale si possano costituire i delitti e comminare le pene , le quali dovrebbero essere inflitte soltanto mediante processo giudiziario, ecc. A sua volta, il diritto disciplinare, caratterizzato dalla sua na tura esecutiva, po t r ebbe anche costituire gli illeciti median te atti o norme amministrative le cui sanzioni venissero applicate con decreto extragiudiziale, ecc.

Riteniamo, infatti, che pe rco r rendo questo cammino, non solo pu ramen te scientifico, la Chiesa si gioverebbe di s trumenti veramente utili e operativi per la promozione , tutela e difesa della comunione .

1 . J . SANCHIS

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CAPITOLO PRIMO

IL S I G N I F I C A T O E LA F U N Z I O N E

D E L L A N O R M A P E N A L E

N E L L ' O R D I N A M E N T O C A N O N I C O

1. LA NOZIONE CANONICA DI DELITTO

1 . 1 . Il delitto e i suoi elementi costitutivi.

Il vigente codice di dirit to canonico, seguendo u n o dei principi direttivi per l 'elaborazione della nuova disci­plina penale ( x ) , n o n dà alcuna definizione del delit to. Tuttavia, questa p u ò essere ricavata indire t tamente met­tendo in relazione i d u e pr imi paragrafi del can. 1 3 2 1 . Secondo el § 1 , « nessuno è puni to , se la violazione esterna della legge o del prece t to da lui commessa n o n sia gravemente imputabi le pe r dolo o per c o l p a » ( 2 ) . Se-

(1) Communìcationes, 2 (1970), p. 101: «Maxima habita est cura ut praetermitterentur definitiones aliquae, quae ad doctorum magis quam ad legislatores pertinent officium ». Cfr. anche PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Schema documenti quo disciplina sanctionum seu poenarum in Ecclesia Latina denuo ordinatur, 1973, p. 6.

( 2) Il canone citato apre il Titolo III « De subiecto poenalibus san-ctionibus obnoxio », e ciò significa che non si tratta del delitto in se stesso, ma lo si considera nella prospettiva della sua punibilità. Per tale motivo, il disposto del can. 1321 stabilisce in realtà un presupposto di punibilità, e cioè l'esistenza di imputabilità grave, impedendo assolutamente, così, l'applica­zione, nell'ambito del diritto penale della Chiesa, della figura della respon­sabilità penale oggettiva. Come è stato giustamente messo in evidenza da M. JASONNI, Contributo allo studio della « ignorantia iuris » nel diritto penale canonico, Giuffrè, Milano, 1983, p. 144, nel codice vigente « la trattazione

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1 0 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

condo il § 2 la pena da applicare sarà quella stabilita da una legge o da un precet to . D i conseguenza, util izzando i riferimenti contenut i nello stesso C I C , si p u ò dire che il delitto consiste nella violazione esterna, gravemente im­putabi le , di una legge o di un precet to penali (cioè, che stabiliscono o comminano una pena) . I commenta tor i del codice del 1983 ( 3) hanno comunque osservato che tale nozione n o n costituisce una novità po iché è sostanzial­mente identica a quella contenuta nel can. 2195 § 1 del codice p ianobenedet t ino , il quale recitava: « N o m i n e de­lieti, iure ecclesiastico, intelligitur externa et morali ter imputabilis legis violatio cui addita sit sanctio canonica saltem indeterminata ».

A part i re da tale nozione la dot t r ina canonistica, sopra t tu t to sotto il codice previgente, ha sviluppato lo studio analitico del deli t to, appro fondendo l'analisi dei cosiddett i elementi del delitto. La maggior par te degli autori di quel per iodo ( 4 ) , distingueva nel delitto t re elementi: Yelemento oggettivo, l'elemento soggettivo e Velemento legale {giuridico, o formale) r iguardant i , rispet-

del delitto nella sua consistenza fattuale sfuma e cede il passo ad un'impo­stazione che ruota attorno al sistema sanzionatorio », « restando in primo piano il momento della sanzione » (Ìbidem, p. 164), e non invece quello del delitto, come secondo noi dovrebbe essere. A riprova di quanto detto basti ricordare che dallo stesso titolo del Libro VI: « De Sanctionibus in Eccle­sia », è stato tolto ogni riferimento al concetto di delitto.

(3) Cfr. per tutti V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia. Adnota-tiones in Codicem: Liber VI, P.U. Gregoriana, Romae, 1986, p. 40; L. GEROSA, Delitto e pena nel diritto canonico, estratto dal Digesto, IV edizione, Utet, Torino, 1990, p. 20; A. CALABRESE, Diritto Penale Canonico, Paoline, Alba, 1990, p. 28.

( 4) Cfr. F. ROBERTI, De delictis et poenis, voi. I, pars I, De delictis in genere, Romae, 1930, p. 53-54; F.M. CAPPELLO, Summa Iuris Canonici, voi. Ili, Romae, 1940, p. 398-399; É. JOMBART, Des délits et des peines, in Traite de Droit Canonique (pubblié sous la direction de R. Naz), Tome IV, Letouzey et Ané Éditeurs, Paris, 1948, p. 583; V. DEL GIUDICE, Nozioni di Diritto Canonico, Giuffrè, Milano, 1970, p. 483; F. DELLA ROCCA, Diritto Canonico, Cedam, Padova, 1961, p. 513.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 11

t ivamente, l 'azione esterna, l ' imputabili tà e, infine, la

previsione normativa della fattispecie delittuosa. Taluni

autori ravvisarono invece nel delitto solamente d u e ele­

menti : Yelemento oggettivo e Yelemento soggettivo, rite­

nendo incluso nel p r imo di essi l 'e lemento giuridico ( 5 ) .

Anche d o p o la promulgazione del codice vigente, la

dottr ina dominan te fa riferimento ai tre elementi essen­

ziali o costitutivi del delitto come sopra accennati ( 6 ) , ma

tut tora n o n si deve considerare priva di interesse l 'opi­

nione di chi r ip ropone la tesi che r iconduce a d u e gli

elementi costitutivi del delitto canonico ( 7 ) .

Nella dot t r ina penalistica secolare, p iù sviluppata ed

(5) Cfr. G. MICHIELS, De delictis et poenis, voi. I, De delictis, Desclée, Parisiis-Tornaci-Romae-Neo Eboraci, 1961, p. 63-88, il quale nel trattare dell'elemento oggettivo distingue due aspetti: l'elemento oggettivo fonda­mentale richiesto dalla natura delle cose e l'elemento oggettivo legale-giuridico richiesto dalla positiva volontà del legislatore; e M. CONTE A CORONATA, Institutiones Iuris Canonici, voi. IV, De delictis et poenis, Marietti, Romae, 19554, p. 7.

(6) Cfr. J. ARIAS, sub can. 1321, in A A . W , Código de Derecho Canònico, edición bilingüe y anotada a cargo del Instituto Martín de Azpilcueta, Eunsa, Pamplona, 1987, p. 797; F. AZNAR, sub can. 1321, in A A . W , Código de Derecho Canónico, ed. bilingüe comentada por los profesores de la Facultad de Derecho Canónico de la U.P. de Salamanca, BAC, Madrid, 1983, p. 632; F. NIGRO, sub can. 1321, in A A . W , Commento al Codice di Diritto Canonico, a cura di Pio Vito Pinto, Urbaniana University Press, Roma, 1985, p. 758; V. DE PAOLIS, op. cit., p. 40; TH. J. GREEN, sub can. 1321, in A A . W . , The Code of Canon Law. A text and commentary, J.A. Coriden, Th. J. Green, D.E. Heintschel (éd), Paulist Press, New York-Mahwah, 1985, p. 901; L. CHIAPPETTA, sub can. 1321, in II Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastarale, voi. II, Dehoniane, Napoli, 1988, p. 436; A. MARZOA, Los delitos y las penas canónicas, in A A . W . , Manual de Derecho Canónico, Eunsa, Pamplona, 1988, p. 680; O. ÉCHAPPÉ, Le Droit Penal de l'Eglise, in A A . W . , Droit Canonique, sos la direction de P. Valdrini, Dalloz, Paris, 1989, p. 457-458; L. GEROSA, op. cit., p. 14.

(7) Cfr. P. CiPROTTi, voce Diritto Penale Canonico, in Enciclopedia Giuridica, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1989, voi. XI, p. 2, per il quale la figura di delitto è scomponibile in due elementi fondamentali: oggettivo o materiale e soggettivo o morale (o psicologico).

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1 2 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

approfondi ta di quella canonistica ( 8 ) , si parla del delit to quale fatto antigiuridico colpevole e quindi punibi le . I penalisti secolari a questo propos i to seguono d u e princi­pali teorie sul concet to di delitto e dei suoi elementi essenziali, la teoria della tripartizione e la teoria della bipartizione, che vale la pena r icordare adesso, anche se brevemente , perché danno anche ragione della diversità di terminologia adopera ta sia t ra i sostenitori di queste diverse teorie sia tra la dot t r ina canonistica e quella secolare. Tale differenza in definitiva si fonda su una p iù profonda diversità di vedute o concezioni.

Pe r la teoria della tripartizione, il delitto « si c o m p o n e di t re elementi che rappresentano i tre grandi capitoli della teoria generale del reato: 1) il fatto tipico (Tatbe-stand), inteso restri t t ivamente come fatto materiale, com­prensivo dei soli requisiti oggettivi (condotta , evento, causalità) (...); 2) Y antigiuridicità obiettiva (Rechtswidri-gkeit), con la quale si in tende designare (...) la contrarietà del fatto materiale a l l 'ordinamento giuridico e, quindi , l 'esistenza di un m o m e n t o di " tor to obiett ivo " nella fattispecie, ind ipendentemente dal l 'e lemento psicolo­gico; 3) la colpevolezza (Schuld), cioè la volontà r iprove­vole nelle sue due forme del dolo e della colpa » ( 9 ) . Per tale teoria, per tan to , gli elementi del delitto sarebbero: la tipicità, l 'antigiuridicità, e la colpevolezza.

« Per la teoria della bipartizione invece (...) il reato si compone di due elementi, che rappresentano i pol i della nuova teoria del reato: 1) Yelemento oggettivo, cioè il fatto materiale in tutt i i suoi elementi costitutivi; 2) Yelemento

(8) Secondo A. VITALE, voce Delitti (dir. can.), in Enciclopedia del Diritto, Giuffrè, Milano, 1 9 6 4 , voi. XII , p. 3 1 : « L o studio analitico del delitto non ha avuto presso i canonisti un'elaborazione molto approfondi­ta ». Della stessa opinione F. BOLOGNINI, voce Reato (dir. can.), in Enciclo­pedia del Diritto, Giuffrè, Milano, 1 9 8 7 , voi. X X X V I I I , p. 9 1 5 .

( 9) F. MANTOVANI, Diritto Penale, Cedam, Padova, 1 9 8 8 2 , p. 1 3 7 .

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 13

soggettivo, cioè il diverso atteggiarsi della volontà nelle

forme del dolo e della colpa » ( 1 0 ) . Ovviamente , n o n è nost ro scopo analizzare ognuno di

questi elementi del delit to. L 'ogget to della presente trat­tazione richiede invece di incentrare l 'at tenzione soprat­tu t to sulla d imensione giuridica del delitto o, p iù esatta­mente , sulla sua antigiuridicità in ordine alla eventuale punibili tà.

Tuttavia, pe r addentrarci in tale problematica è ne­cessario de terminare cosa si in tenda pe r antigiuridicità.

D a quan to abbiamo finora sinteticamente esposto sulle diverse teorie del delitto e dei suoi elementi costitutivi si evince che n o n esiste in dot t r ina una concezione unitaria al r iguardo.

1.2. Validità e portata della teoria degli elementi del

delitto.

In p r imo luogo ci sembra doveroso premet te re qual­che breve osservazione sulla validità e por ta ta della di­stinzione t ra i diversi elementi del delitto. Innanzi tu t to è o p p o r t u n o evidenziare lo stretto r appor to intercorrente tra i diversi elementi costitutivi del delit to, perché un 'er­ronea considerazione di tali legami p u ò essere alla base di alcuni gravi equivoci, riscontrabili anche nella sfera ca­nonica, relativi al concet to di delitto.

C o m ' è evidente, ogni costruzione scientifico-dottri-nale concernente gli elementi del delitto è frutto dell 'a­nalisi dell 'atto umano , in quanto esso è alla base dell 'at to deli t tuoso. Ques to studio ha por ta to a ravvisare, e con­seguentemente ad individuare e a distinguere, le diverse component i che concorrono nelTagire umano . Ques t ' a ­nalisi ha la principale finalità di determinare quali siano i

Ibidem, p. 136.

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1 4 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

requisiti essenziali del delit to, in m o d o di poter giudicare

quando una concreta azione debba essere r i tenuta delit­

tuosa e q u a n d o invece no , a causa della mancaza di

qualcuno dei suoi elementi costituivi essenziali.

Inoltre, tale costruzione ha compiu to e compie an­

cora una rilevante funzione didattica, nel senso che per­

met te una p iù chiara esposizione cui segue una più facile

comprensione della nozione stessa di delit to, dal p u n t o di

vista scientifico-sistematico, indicando allo stesso t e m p o

le coordinate en t ro le quali vanno studiati ed analizzati i

diversi aspetti del delitto e le circostanze che inc idono o

possono incidere su di esso.

Tale distinzione, tuttavia — ed è ciò che ora noi

vogliamo maggiormente evidenziare —, ha spesso favo­

rito una visione poco unitaria anzi frammentaria della

nozione di delit to e della realtà ad essa sot tostante.

Par lare degli elementi del delitto n o n deve significare o

comportare , infatti, che tali elementi o componen t i siano

au tonomi o incomunicabil i , come compar t iment i stagni,

che possano essere considerati a prescindere gli uni dagli

altri ( » ) .

La distinzione degli elementi del delit to così come

elaborata dalla dot tr ina è invero essenzialmente fondata

sulla reale distinzione delle po tenze psicologiche opera­

tive che intervengono nelTagire umano . D a una prospet­

tiva antropologica (dalla quale si d e d u c o n o anche alcuni

aspetti giuridici) è assolutamente necessario r icordare ed

affermare l 'unicità dell 'at to umano poiché ad ogni azione

( N ) A questo riguardo F. MANTOVANI, op. cit., p. 1 3 3 osserva che la dottrina « ha finito per degenerare il metodo analitico, frantumando il reato in una serie di elementi, posti sullo stesso piano e visti come entità tra loro indipendenti. In tal modo la visione unitaria del reato, quale un tutto organico, andò gradatamente perdendosi per dar luogo ad una concezione analitica, atomistica, ad una visione parziale e frammentaria, in base alla quale il reato degrada a una " somma " di elementi dispari ed eterogenei ».

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 15

umana, se è veramente tale, concor rono uni tar iamente le

facoltà superiori de l l 'uomo, e cioè, l ' intelletto e la vo­

lontà, con i loro rappor t i intrinseci, ed anche estrinseci

in relazione all 'esecuzione esterna dell 'at to. Vale a dire,

nello s tudio del delitto si tratta di analizzare l 'atto

compiu to da l l 'uomo nei suoi diversi elementi , oggettivo

e soggettivo, per ricavare le relative conseguenze in

ordine alla determinazione della bon tà o meno dell 'a­

zione e la responsabilità, morale, giuridica e, se è il caso,

anche penale, con esso assunta dal suo autore.

Tuttavia n o n di rado si confondono i termini del

problema, ad esempio q u a n d o si attribuisce valore e

rilevanza assoluta a ciascuno degli elementi considerati

au tonomamente . N o n di rado cioè si analizza, per esem­

pio, l 'e lemento soggettivo (['imputabilità, secondo la ter­

minologia canonica più diffusa, o p p u r e la colpevolezza,

termine più frequente nella dot tr ina secolare, e a nos t ro

parere più preciso) senza stabilire con temporaneamente

le necessarie interconnessioni esistenti tra questo e l'ele­

mento oggettivo e la relativa por ta ta giuridica. Vale a

dire, si ritiene di po te r stabilire astrat tamente ed a priori

la nozione, le fonti, le caratteristiche e la misura della

colpevolezza (o imputabilità) a prescindere dall 'oggetto

determinato dall ' intelletto e dalla volontà. Una tale im­

postazione (possibile quando si d iment icano le origini ed

i presuppost i dottrinali su cui poggia la costruzione scien­

tifica degli elementi del delitto) po t r ebbe por ta re , ad

esempio, a considerare u n soggetto penalmente colpevole

pe r una sua azione che non è sostanzialmente antigiuri­

dica, o p p u r e a giudicare antigiuridico sotto il profilo

penale un compor tamento pe r sé n o n colpevole soltanto

perché materialmente rientra in qualche fattispecie delit­

tuosa contemplata dalla no rma penale.

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1 6 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

1.3. L'antigiuridicità del delitto.

Riprendendo il discorso accennato sopra, è interes­

sante no ta re che mol to f requentemente , nel l 'ambito ca­

nonico, l'analisi degli elementi del delitto ravvisa in esso

tre elementi fondamentali : l 'e lemento oggettivo, l'ele­

mento soggettivo e, infine, quello legale. Mol to probabi l ­

men te questa casuale coincidenza numerica è stata il

motivo pe r cui diversi canonisti nelle loro trat tazioni

hanno identificato, a lmeno di fatto, tale tr ipart izione (e i

contenut i cui si rifa ciascuno degli elementi di essa) con

quella usata da un settore dei penalisti secolari (tipici­

tà, colpevolezza e antigiuridicità), senza avvertire pe rò

l'essenziale diversità qualitativa esistente tra l 'una e l'al­

tra ( 1 2 ) ; così, n o n di rado si identifica l 'e lemento oggettivo

con il solo fatto materiale ( 1 3 ) , e l 'antigiuridicità con

l 'elemento legale, ment re in realtà la dot t r ina canonistica

tradizionale sugli elementi del delitto è mol to più vicina,

quanto ai suoi contenuti , alla teoria denominata della

bipartizione.

Infatti, occorre evidenziare che i commenta tor i della

disciplina penale del codice del 1983, mol to probabi l ­

mente a causa della brevità delle loro trattazioni ed

( 1 2) Per esempio, A. VITALE, op. cit., p. 3 1 , si chiedeva « come mai sia radicata questa tripartizione, e nessun canonista abbia mai pensato ad adoperare quella altra tripartizione, tanto usuale tra i penalisti, che considera nel reato un elemento materiale — il fatto —, un elemento psicologico — la colpevolezza —, e l'antigiuridicità».

( u ) Ad esempio, J.M. PINERO CARRIÒN, La ley de la Iglesia, voi. II, Sociedad de Educación Atenas, Madrid, 1 9 8 6 , p. 3 5 8 : « Elemento objetivo: exterioridad »; F. AZNAR, op. cit., p. 632 : el elemento objetivo es la « viola­ción externa de una ley o precepto con daño social»; F. NIGRO, op. cit., p. 7 5 8 : « L'elemento oggettivo comporta la violazione esterna della legge o del precetto, cioè l'atto fisico esterno che produce un danno alla società »; F. COCCOPALMERIO, La normativa penale della Chiesa, in A A . W . , La normativa del nuovo Codice, a cura di E. Cappellini, Brescia, 1 9 8 5 , p. 3 0 2 : « consiste nella violazione di una norma penale ».

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 17

esposizioni, h a n n o appena approfondi to la dimensione

antigiuridica del delit to; anzi, il te rmine e la nozione di

antigiuridicità n o n vengono abi tualmente adoperat i . E

perciò necessario riferirsi agli autori che duran te la vi­

genza del codice precedente , hanno invece t ra t ta to tali

argomenti .

In quel per iodo la dot tr ina di solito identificava l'an­

tigiuridicità — concet to e termine questo di uso infre­

quente tra i canonisti — con la violazione della legge o del

prece t to penale; vale a dire, l 'e lemento comunemente

denomina to legale o giuridico, individuava, quale ele­

men to costituivo del delit to, l 'esigenza dell 'antigiuridi­

cità, in tendendo poi questa come la mera violazione della

no rma penale ( 1 4 ) . Gl i autori normalmente n o n sviluppa­

vano ulteriori riflessioni e n o n fornivano chiarimenti circa

il fondamento dell 'antigiuridicità nel l 'ambito penale. Al

massimo si l imitavano ad indicare che, oltre alle fattispe­

cie penali previste dal codice stesso, qualsiasi legge o

precet to era suscettibile di divenire penale mediante l'ag­

giunta di una comminazione di pena. D a ciò si traeva la

conclusione che un 'az ione potesse diventare delit tuosa se

fosse esistita una previsione normativa che comminasse

una pena per punirla, ad esempio, nel caso in cui si

risolvesse ne l l ' inadempimento di u n determinato obbligo

giuridico.

Occor re pe rò avvertire che, nonos tan te i canonisti si

trovassero nelle migliori condizioni, dal p u n t o di vista dei

presuppos t i dottrinali , pe r po te r offrire u n valido contri­

b u t o al dibatt i to scientifico suscitato su questo argo­

mento , tra l 'altro di p regnante rilevanza anche pratica,

nel l 'ambito canonistico n o n si sono né accennate né

( 1 4 ) Cfr. ad esempio, F.X. WERNZ - P. VIDAL, IUS Canonicum, tomus VII , Ius Poenale Ecclesiasticum, Romae, 1937, p. 41; F. ROBERTI, op. cit., p. 54.

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18 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

sviluppate le p rofonde riflessioni, concernent i la distin­

zione tra antigiuridicità formale e antigiuridicità materiale

(o sostanziale), sorte invece nel l 'ambito della dot t r ina

penalistica secolare ( 1 5 ) , — basate su concezioni filoso­

fiche e polit iche n o n sempre accettabili —. Tale silenzio

è forse dovuto al fatto che la canonistica riteneva inesi­

stente, ne l l 'o rd inamento canonico, tale problemat ica , es­

sendo il dirit to della Chiesa fondato sullo ius divinum e,

di conseguenza, ovviamente e per sua stessa natura, n o n

identificabile semplicisticamente con il diri t to positivo

umano . Il rinvio al diri t to divino (naturale e positivo) e,

quindi , ai principi antropologici, etici, e morali della

dot t r ina insegnata dalla Chiesa era, in qualche m o d o ,

considerato u n sottinteso ( 1 6 ) . In effetti, nessun autore

incorreva nel l 'errore di adot tare una concezione t r o p p o

formalistica del concet to di delitto, e molt i di essi po te­

vano affermare addir i tura senza esitare che la violazione

della legge o del prece t to (intesi questi in senso formale)

n o n è essenziale alla nozione di delitto ( 1 7 ) .

Pe r affrontare tale problematica, pe r stabilire cioè

quale sia il significato dell 'antigiuridicità e la sua reale

por ta ta nella definizione del delitto e nella determina­

zione dei suoi elementi costitutivi, r i teniamo che le que­

stioni, in t imamente collegate, che esigono una oppor tuna

( 1 5 ) Si vedano, ad esempio, G . BETTIOL - L. PETTOELLO MANTOVANI,

Diritto Penale, Cedam, Padova, 1986, p. 219-224 e 323-346; F. MANTOVANI, op. cit., p. 37-55.

( 1 6) A. VITALE, op. cit., p. 31 scrive: «Era naturale, perciò, che nell'esaminare la figura del delitto, i canonisti risentissero del metodo di trattazione collaudato e consolidato, con cui i teologi espongono la dottrina dell'atto umano e della responsabilità. (...) La mancanza di uno studio analitico del delitto tra i canonisti è dovuto, tra l'altro, all'influenza esercitata dalla sistematica delle Decretali, che non indugiavano su temi generali ».

( 1 7 ) Cfr., ad esempio, G . PELLEGRINI, Ius Ecclesiae Poenale, D'Auria, Napoli, 1962, voi 1, p. 54; T. GARCÍA BARBERENA, Comentarios al Código de Derecho Canònico, voi. IV, BAC, Madrid, 1964, n 218, p. 280.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 19

considerazione siano: 1) la determinazione della nozione stessa di antigiuridicità nel l 'ambito penale median te lo studio della distinzioni tra antigiuridicità formale e ma­teriale; 2) la valutazione dell ' incidenza della p receden te distinzione in ordine alla determinazione della nozione formale e della nozione sostanziale del delitto, e 3) la determinazione del significato e della por ta ta del princi­pio di legalità formale e materiale ne l l 'o rd inamento ca­nonico. Soltanto di quest 'u l t imo aspet to si è occupata, con profusione, la dot t r ina canonica senza pe rò appro­fondire specificamente e sufficientemente le altre proble­matiche indicate, le quali costi tuiscono invece i p resup­posti (o pun t i di partenza) per un 'adeguata comprens ione del l 'argomento.

1.3.1. L'antigiuridicità dell 'at to umano .

Si deve premet tere che l 'atto u m a n o esterno, quello cioè che è frutto dell 'agire umano , l ibero e responsabile e che si manifesta nel l 'ambito esterno, quello cioè dei rappor t i intersoggettivi ( 1 8 ) , si dice ingiusto o antigiuri­dico — nel senso di contrario alla giustizia o al diri t to —, in senso oggettivo, q u a n d o consiste nella negazione, le­sione o violazione dei diritti altrui (della cosa o b e n e in quan to dirit to), causando come conseguenza u n d a n n o ingiusto, ossia u n d a n n o alle cose o una offesa alla persona, il che costituisce, nel con tempo e per lo stesso motivo, un disordine nelle relazioni umane, vale a dire, u n disordine sociale.

« L ' u o m o , come causa libera, p u ò danneggiare u n dirit to altrui in due modi : a) Agendo come causa libera del danno , ma senza voler ledere il dirit to; agisce così

(i8) p e r un'esposizione dell'atto umano nella sua dimensione giuri­dica, si veda J . HERVADA, Cuatro lecciones de Derecho Natural. Parte especial, Eunsa, Pamplona, 1989, p. 1-86.

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20 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

q u a n d o per ignoranza, er rore o inavvertenza n o n ha intenzione di ledere il diri t to (...); in questo caso si parla di ingiustizia materiale; b) Agendo intenzionalmente con­t ro il dirit to altrui, in m o d o diret to — con dolo —, o indiret to, pe r imprudenza; si dice, allora, che c'è ingiu­

stizia formale » ( 1 9 ) . « La distinzione tra ingiustizia mate­riale ed ingiustizia formale è irrilevante r iguardo all 'ob­bligo della resti tuzione (...). E invece rilevante quan to alla colpa. L'ingiustizia formale p roduce colpa e l 'atto ingiu­sto dà luogo, n o n solo all 'obbligo della resti tuzione, ma anche alla punibili tà, cioè al possibile castigo. N o n suc­cede lo stesso nel caso dell'ingiustizia materiale, che è tota lmente incolpevole, e per tan to n o n esiste motivo pe r punir la » ( 2 0 ) . Ciò significa che l 'antigiuridicità pe r essere pena lmente rilevante, pe rché possa cioè essere punibi le , r ichiede come presuppos to l'ingiustizia che, con l 'Her-vada, abb iamo denomina to formale (21).

Si bad i che tale concet to di ingiustizia formale t iene conto n o n solo degli aspetti oggettivi o materiali dell 'at to umano , ma anche, e necessariamente, di quelli soggettivi, cioè dell ' intenzione libera di ledere il bene altrui. M e n t r e per alcuni autori (concretamente i sostenitori della teoria della tripartizione) il fatto viene inteso restr i t t ivamente

( 1 9) J. HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, Giuffrè, Mi­lano, 1990, p. 65-66. La distinzione tra ingiustizia materiale e ingiustizia formale non deve essere confusa con la differenza, di cui parleremo più avanti, tra antigiuridicità sostanziale o materiale e antigiuridicità formale; dobbiamo altresì avvertire che noi, per definire l'antigiuridicità, ci riferiremo all'ingiustizia intesa in senso formale perché, come vedremo, è quella rilevante nell'ambito sanzionatorio.

(20) Ibidem, p. 66. ( 2 1) G. MICHIELS, op. cit., voi. 1, p. 73 scrive: «Objectum delieti

materiale constituit determinatum bonum vel interesse iuridicum, sive per­sonale sive reale, (...) quod iniuste attingitur seu leditur per externam agentis activitatem criminosam. Objectum delieti formale vero est ipsa iniuria seu damnum per externam determinati boni iuridici laesionem determinato subiecto delieti passivo illatum ».

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E. SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 2 1

come fatto meramente materiale, comprensivo cioè dei soli requisiti oggettivi, bisogna chiarire invece che il fatto antigiuridico è rilevante nel l 'ambito penale solo se è concepito come fatto lato sensu, comprensivo cioè degli elementi oggettivi e soggettivi, come insegnano gli autori che seguono la teoria della bipart izione, tra i quali si t rovano, anche se a volte solo implici tamente, la maggior par te dei canonisti. Infatti, nella teoria della bipart iz ione « l 'antigiuridicità è intesa in senso n o n più soltanto og­gettivo ma globale, in quan to , essendo il reato u n fatto pena lmente antigiuridico, la antigiuridicità è una qualifi­cazione che investe l ' intero fatto in tutt i i suoi elementi , oggettivi e soggettivi » ( 2 2 ) . D i conseguenza, l 'antigiuridi­cità non è un elemento del delitto; essa, « è l 'essenza stessa: Yin se del reato. Il r appor to tra elementi oggettivi-soggettivi ed antigiuridicità è il r appor to tra valutato e valutazione » ( 2 3 ) , tra l 'atto u m a n o e la sua dimensione giuridica.

Il carattere, o la qualifica, di giusto (conforme a diritto) o ingiusto (antigiuridico o in contrasto con il diritto) dell 'atto u m a n o esterno viene dato , in u n p r imo livello, dalla stessa natura del l 'uomo, da fonti cioè che at t ingono dall ' insieme di precett i , prescrizioni o n o r m e vincolanti della ragione naturale che enunziano u n dovere di giustizia (un dovuto giusto, che si riferisce ad una condot ta giusta), e che regolano l 'agire de l l 'uomo in vista dei fini del l 'uomo stesso: legge o dirit to naturale ( 2 4 ) . Q u a n d o si fa la valutazione dell 'antigiuridicità dell 'at to u m a n o da questa prospett iva, vale a dire, dalla prospet ­tiva della giustizia sostanziale inerente alla natura e all'a­gire del l 'uomo, allora si p u ò parlare di antigiuridicità

( 2 2 ) F. MANTOVANI, op. cit., p. 1 3 7 .

(») Ibidem. ( 2 4 ) Cfr. J . HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, cit.,

passim, e in particolare p. 1 2 7 - 1 7 3 .

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2 2 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

sostanziale o materiale ( 2 5 ) . Dal canto suo, viene denomi­

nata antigiuridicità formale il r appor to di contraddizione

tra l 'atto u m a n o e la norma, intesa questa in senso

formale ( 2 6 ) .

La distinzione dottr inale tra antigiuridicità sostanziale

o materiale e antigiuridicità formale sta per tan to ad indi­

care che l 'antigiuridicità n o n è definita solamente dalla

norma, intesa questa in senso positivo-formale, anzi po ­

sitivistico. Infatti, u n compor tamento u m a n o p u ò essere

ingiusto e quindi antigiuridico, e causare di fatto u n

danno giuridico, ind ipendentemente dalla esplicita pre­

visione di una no rma giuridica formale, po iché le esigenze

di giustizia, nella società umana e maggiormente nella

Chiesa, n o n si identificano con la no rma positiva. Infatti,

l 'antigiuridicità « n o n si misura in base alla giustizia (o

ingiustizia) delle sue concrete espressioni normative, ma è

determinabile al livello ontologico, per la sua conformità

alla s t rut tura de l l 'uomo » ( 2 7 ) .

( 2 5 ) Scrive al riguardo A . VITALE, op. cit., p. 3 2 : « I l diritto divino-naturale trova accoglimento, anzi rilievo preminente, nell'ordinamento della Chiesa: per cui, se la nota contrapposizione antigiuridicità formale-antigiu-ridicità materiale è valida in quanto avente come parametro l'ordinamento positivo, allora è indubitabile che per il diritto canonico si debba parlare di antigiuridicità materiale, giacché esso postula, per la formulazione di un giudizio di valore, giuridicamente rilevante, una fonte che, stando al linguag­gio positivistico, è metagiuridica ».

( 2 6 ) Si deve ricordare che le nozioni di antigiuridicità sostanziale e formale esposte nel testo non corrispondono con esattezza con quelle adoperate dalla più comune dottrina penalistica secolare; cfr., ad esempio, F. MANTOVANI, op. cit., il quale ritiene che l'antigiuridicità sostanziale consista nel contrasto « tra il fatto e gli interessi sociali tutelati dal diritto, legislativo o extralegislativo che sia. Tale antigiuridicità coincide con la " pericolosità sociale " della condotta » (p. 1 3 9 ) ; « l'azione è formalmente antigiuridica in quanto viola la norma di legge e materialmente antigiuridica in quanto offende l'interesse protetto dalla norma » (ibid.). Infatti, secondo noi Tanti-giuridicità sostanziale non significa semplicemente " pericolosità sociale ", almeno nel senso più diffuso del termine.

( 2 7 ) S. COTTA, Diritto e morale, in Ius Ecclesiae, 2 ( 1 9 9 0 ) , p. 4 3 2 .

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 2 3

A questo livello di riflessione, che possiamo chiamare fondamentale, bisogna situare il de t to , classico nell 'am­bi to della dot tr ina penale canonica, secondo il quale ogni delitto costituisce anche nel con tempo u n peccato. Infatti, l 'atto u m a n o ingiusto p u ò essere valutato sia dalla p ro ­spettiva etico-morale (nella sua dimensione etico-morale), sia dalla prospett iva giuridica (cioè nella sua dimensione giuridica) e, nel l 'ambito di quest 'ul t ima, dalla prospett iva penale in ordine cioè ad una punizione. Lo stesso at to umano pot rà essere qualificato, per tan to , a seconda della prospett iva adottata, come peccato , come ingiustizia o come delitto, e pot rà costituire nel con tempo tan to u n peccato quan to un at to illecito o p p u r e un delitto. Invero non ci deve essere una separazione tra l 'una e l 'altra dimensione che, in definitiva, h a n n o lo stesso fonda­mento e r iguardano lo stesso at to umano ; è necessario tuttavia distinguere oppo r tunamen te tra l 'una e l 'altra dimensione dell 'agire umano ( 2 8 ) , allo scopo di evitare gravi confusioni. Nel l ' ambi to penale la prospett iva cor­retta sarà, ovviamente, quella giuridica.

1.3.2. La funzione delle fonti formali nella determi­nazione dell 'antigiuridicità.

Per quan to r iguarda l 'antigiuridicità dell 'at to u m a n o abbiamo già det to che questa viene determinata o valu­tata innanzitut to a part i re dalle esigenze di giustizia ine­renti alla na tura delle cose, contenute nella legge divina (naturale e positiva). Alla violazione della legge divina infatti si riferiscono, in p r imo luogo, i due canoni che prevedono la possibilità di fare uso delle pene canoniche (cfr. cann. 1315 § 1 e 1399).

( 2 S ) A . DEL PORTILLO, Morale e diritto, in Seminarium, 2 3 ( 1 9 7 1 ) , p. 734 : « Mentre l'ordine morale è ordine della persona, il Diritto è invece ordine della comunità ».

2 . J . SANCHIS

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24 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

L'antigiuridicità tuttavia n o n viene stabilita sola­mente in relazione al diri t to divino, e inoltre questa non deve essere confusa ovviamente con una valutazione del­l 'atto u m a n o da una prospett iva morale. N o n di r ado si confonde il dirit to divino con le esigenze di carattere morale , le quali invece — occorre r icordarlo — si riferi­scono ai rappor t i personali de l l 'uomo con Dio e, pe r loro natura, sono iscritte, pe r gli aspetti p iù rilevanti, nel cuore de l l 'uomo e hanno come norma prossima dell 'agire la coscienza personale re t tamente formata. Invero, n o n po­chi canonisti q u a n d o t ra t tano le tematiche concernent i i delitti si l imitano a rinviare all 'ambito morale, e perciò mol to f requentemente arrivano a confondere gli aspetti morali con quelli giuridici fondamentali , e quindi il pec­cato con il delitto.

Altri autori par lano del dirit to divino come se ques to si trovasse « in hoc saeculo » allo stato pu ro , come se non richiedesse cioè per la sua determinazione ed effettiva applicazione, la mediazione del dirit to umano . A ques to r iguardo, per poter capire appieno la por ta ta dell 'inci­denza degli aspetti formali del diri t to, è necessaria una corretta impostazione dei rappor t i diri t to divino-dirit to umano , nella Chiesa ma anche nella società civile.

Lo ius divinum (naturale e positivo), per la stessa natura delle cose e del l 'uomo, non p u ò prescindere dal concorso del diritto umano , cioè della no rma giuridica positiva, scritta dal legislatore umano . « D i fatto, in un sistema giuridico vigente, l 'e lemento naturale e quello positivo, soli tamente vanno uniti, e insieme configurano i vari diritti, cosicché la determinazione di ciascuno di essi r ichiede l'utilizzazione simultanea di criteri naturali e di criteri pos i t iv i» ( 2 9 ) .

Nella Chiesa, dirit to divino e diri t to ecclesiastico

( 2 9 ) J . HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, cit., p. 73.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 25

(umano) configurano u n unico sistema od ord inamento giuridico. Il diri t to u m a n o n o n è una semplice aggiunta dalla quale si possa prescindere; questo compie, r ispetto del dirit to divino, una peculiare e necessaria funzione che scaturisce dal ruolo p ropr io che, per volontà divina, compe te al l 'uomo nello sviluppo della storia ed anche della storia della salvezza ( 3 0 ) .

P o t e n d o ora solo soffermarci nell 'esposizione di que­s t ' importante quest ione, r inviamo, per una trat tazione più completa, alle riflessioni del l 'Hervada ( 3 1 ) il quale è riuscito a spiegare le relazioni tra diri t to divino e diri t to umano in m o d o unitario e tecnicamente coerente , me­diante l ' impiego delle nozioni di positivazione e forma­lizzazione. In sintesi, « secondo tale autore , carattere eminente del dirit to è la sua storicità; pe r tan to il dirit to divino p u ò essere considerato dirit to solo nella misura in cui opera nella Chiesa terrestre. Il passaggio del dirit to divino alla sua vigenza storica si realizza nel m o m e n t o in cui la Chiesa p r ende coscienza dei suoi contenut i concreti {positivazione) {...). Ciò pe rò n o n è sufficiente pe rché il dirit to divino acquisti piena efficacia giuridica. E neces­sario altresì il suo inserimento nel l 'o rd inamento giuri­dico, inteso " n o n solo come un insieme disperso e confuso di n o r m e di uguale valore ", ma " come u n ordine tecnicamente s t rut turato che condiziona o detta, attraverso i suoi meccanismi tecnici, le regole pe r la vigenza e l 'applicazione del diri t to " {formalizzazione) (32) (...). Possiamo in conclusione affermare che il dirit to

( 3 0) Cfr. J . HERVADA - P. LOMBARDÌA, El Derecho del Pueblo de Dios. Hacia un sistema de Derecho Canònico. I. Introducción. La constitución de la Iglesia, Eunsa, Pamplona, 1970, p. 46.

(31) Ibidem, principalmente p. 45-56. (32) Ibidem, p. 54: « La formalización consiste en la tecnificación de

los distintos factores y elementos que integran el Derecho, mediante el recurso de darles una forma, atribuirles una precisa eficacia, en sí mismos y en relación con los demás, prever los instrumentos técnicos para realizar y

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26 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

canonico è u n unico o rd inamento giuridico che, avendo il

suo fondamento nel dirit to divino, è frutto del l 'armoni­

ca un ione di u n e lemento divino e di u n elemento uma­

n o » ( 3 3 ) .

Inol tre , le caratteristiche di generalità e la necessaria

astrattezza propr ie dei principi come p u r e di alcune

prerogative del dirit to divino r ichiedono, pe r avere un'ef­

ficacia, di essere sviluppate e che si facciano le o p p o r t u n e

scelte tra le diverse possibilità in cui si po t r ebbe ro di fatto

concretizzare ( 3 4 ) .

D'a l t ra par te , secondo la concezione giuridica clas­

sica, il contenuto della legge o norma giuridica positiva

deriva, mediante determinazione e conclusione, dai pre­

cetti della legge divina ( 3 5 ) . Ques ta determinazione e

conclusione è necessaria al l 'uomo da to il carattere astrat­

tivo e discorsivo del suo intelletto, incapace di conoscere

la regolamentazione degli aspetti singoli tale come questa

si trova nella legge eterna ( 3 6 ) . A sua volta quest 'attività di

garantizar su eficacia, establecer las condiciones y requisitos para que sean válidos o eficaces, etc. Con ello, se tiende a garantizar con seguridad y certeza la función y el valor de cada factor o elemento jurídico en el contexto de un ordenamiento concreto » (...) « La positivación debe ser completada con la formalización. Por eso, el Derecho divino una vez positivado, debe ser integrado por la formalización mediante normas eclesiásticas por las cuales se complete, se establezcan los mecanismos que garanticen su aplicación, etc. ».

( 3 3 ) P. LOMBARDÍA, Lezioni di diritto canonico. Introduzione-Diritto costituzionale-Parte generale, Giuffrè, Müano, 1985, p. 14.

( i 4 ) Cfr. Ibidem, p. 49. ( 3 5 ) Cfr. S. TOMMASO D'AQUINO, S. Th., I-II, q. 95, a. 3. S. COTTA,

Diritto e morale, cit., p. 422-423: « La lex humana in quanto ordine stabilito dall'uomo per l'uomo, non può discostarsi senza contraddirsi dalla lex naturalis, che costituisce l'ordine di quella rationalis creatura che per natura propria è l'uomo. A sua volta, la lex naturalis altro non è che il riflesso, sul piano umano, della lex aeterna: quella dell'ordine globale, cosmoantropolo­gico, creato da Dio ».

( 3 6 ) CJ. ERRAZURIZ, La ley meramente penai ante la filosofia del dere­cho, Ed. Jurídica de Chile, Santiago de Chile, 1981, p. 244: « Ella es

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 2 7

concretizzazione deve tener conto dei fattori di t e m p o e

luogo, poiché « ogni sistema giuridico ordina n o n un

qualcosa di immaginario, ma u n g ruppo sociale concre to

e determinato (...) con una mentali tà ed una cultura

concrete e determinate . La conclusione e la deduz ione

operano in ragione della concreta situazione » ( 3 7 ) .

La norma giuridica è regola o misura del giusto e del

dirit to, è causa e fonte di diri t to oggettivo, nel senso che

determina e precisa che cosa appar tenga a ciascuno, cioè

il dirit to e il dovere correlativo di ognuno . La n o r m a (o

legge considerata in senso generico) consiste nei precet t i

o prescrizioni, obbligatorie, che regolano la vita sociale e

che indicano i diritti e il loro uso e i loro limiti, ecc.

D a quan to det to dobb iamo dedur re pe rò che la

determinazione dell 'antigiuridictà dell 'at to u m a n o n o n

può prescindere to ta lmente dalla no rma giuridica posi­

tiva. Il diri t to divino e il dirit to u m a n o — che costitui­

scono insieme l 'ordine giuridico — concor rono alla va­

lutazione, dalla dimensione giuridica, dell 'at to u m a n o . La

formalizzazione inoltre diviene fondamentale pe r il biso­

gno di certezza, di sicurezza e di giustizia del l 'ordina­

mento giuridico ( 3 8 ) . N o n basta, per tan to , u n vago e

generico riferimento al diri t to divino e alle sue insoppri­

mibili esigenze pe r negare la rilevanza e la funzione

insopprimibile della no rma giuridica formale nella deter­

minazione dell 'antigiuridictà dell 'at to umano in cui con­

siste il p resuppos to del delitto.

« Senza l 'oppor tuna formalizzazione il dirit to divino è

necesaria (la determinazione della legge) respecto de nosotros, dado el carácter abstractivo y discursivo de nuestro entendimiento, incapaz de conocer la regulación de lo singular, tal como se halla contenida en la ley eterna ».

( 3 7 ) A . DEL PORTILLO, Morale e diritto, cit., p. 7 3 4 . ( } 8 ) Cfr. J . HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, cit.,

p. 1 8 3 .

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28 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

inserito solo in maniera imperfetta ne l l 'o rd inamento ca­nonico, res tando la sua effettiva forza sociale condizio­nata alla b u o n a volontà e al senso di giustizia d i coloro che d e b b o n o osservarlo o applicarlo. La formalizzazione, nel m o m e n t o in cui inserisce il dirit to divino nel mecca­nismo tecnico di p roduz ione normativa, p o n e al suo servizio tutt i i mezzi necessari pe r la sua debi ta applica­zione » ( 3 9 ) .

Q u a n t o finora esposto sui rappor t i tra diri t to divino e diri t to u m a n o permet te , secondo noi, di superare la contrapposizione tra antigiuridicità formale e antigiuridi­cità sostanziale, e di risolvere in m o d o soddisfaccente, a lmeno dal p u n t o di vista dell ' impostazione, questo p ro ­blema che, in definitiva, è in t imamente connesso al pro­blema delle fonti del diri t to, poiché l 'antigiuridicità viene qualificata in dottr ina come formale o sostanziale a se­conda che si assuma come fonte del dirit to la sola no rma formale o anche altre fonti oltre a quelle positive. Risolve anche il p rob lema pe rché se da u n lato si afferma il p r imato del dirit to divino, nel senso che il p re suppos to necessario dell 'antigiuridicità deve essere l'ingiustizia e cioè il contrasto con il diri t to divino (collegandola così con le fonti sostanziali), d 'al t ro lato compor ta altresì la necessità del dirit to umano , anzi p r e s u p p o n e che lo stesso dirit to divino richieda di essere positivato e formalizzato attraverso le fonti del dirit to umano , che in definitiva sono determinazioni e conclusioni del diri t to divino.

Concre tamente , nel l 'ambito penale ci sono due aspetti principali che r ichiedono un 'accura ta formalizza­zione e che cor r i spondono ai due elementi basilari di ogni no rma penale: a) il precet to pr imar io (« che n o n è altro che il comando , o p p u r e il divieto di assumere una deter-

( 3 9 ) J. HERVADA - P. LOMBARDÍA, El Derecho del Pueblo de Bios, cit., p. 54.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 2 9

minata condot ta » ( 4 0 ) pe rché lesiva di u n bene giuridico)

che fa diretto riferimento all 'antigiuridicità, di cui stiamo

par lando, e b) la sanzione. Ciò che fa l 'autorità compe­

tente attraverso la no rma penale (che è lo s t rumento di

formalizzazione) è, in sostanza, stabilire un r appor to

giuridico, cioè di giustizia, tra un at to antigiuridico e una

delle sue possibili conseguenze giuridiche: la pena ( 4 1 ) .

Vale a dire, la norma penale da un lato descrive il

compor tamento che, essendo antigiuridico, deve essere

evitato perché r i tenuto par t icolarmente grave e dannoso

per la società (e meritevole di una sanzione) e, dall 'altro,

stabilisce la pena con cui sarà puni to colui che commet­

terà tale azione.

Riassumendo poss iamo affermare che in senso gene­

rale per « antigiuridicità » si intende la dimensione giuri­

dica dell'atto umano libero e ingiusto. L'antigiuridicità

sostanziale o materiale costituisce il p resuppos to dell 'an-

tigiuridicità penale, quella cioè che p u ò essere la causa

della punibili tà dell 'at to; ma questa di solito n o n basta;

anche l 'antigiuridicità intesa in senso formale ha una sua

ragion d'essere: la concreta determinazione dell 'antigiu-

( 4 0 ) F. DELLA ROCCA, Diritto Canonico, cit., p. 5 1 3 . ( 4 1 ) A. BORRAS, Les Sanctions dans l'Église, Tardy, Paris, 1 9 9 0 , p. 4 6 ,

seguendo le concezioni della filosofia giuridica di S. GOYARD-FABRE, Essai de critique phénoménologique du droit, Paris, 1 9 7 2 , parla di una « relazione normativa » tra l'atto e la pena, ma aggiunge:« On ne peut pas non plus se satisfaire d'une explication de type positiviste en attribuant purement et simplement la relation normative à la volontà du législateur dans la phase constitutive, et ultérieurement à celle du juge ou du supérieur dans la phase applicative.

Si le délit cause la peine, il faut en chercher la cause formelle, — la 'ratio sub qua' —, non pas simplement dans le fait de la violation externe de la loi ou du précepte, mais dans Yimputabilité du delit ». In realtà questo autore con il termine imputabilità non si riferisce al solo elemento soggettivo del delitto bensì all'ingiustizia formale, cioè al delitto inteso in senso sostanziale, che sempre e comunque costituisce o deve costituire il presupposto della pena.

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30 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

ricucita. Anche la no rma giuridica positiva compie, per­tan to , una sua funzione, necessaria per la concreta deter­minazione dell 'antigiuridicità dell 'at to umano .

1 . 4 . La nozione sostanziale e la nozione formale del

delitto.

Sulla base della distinzione tra antigiuridicità sostan­ziale e antigiuridicità formale la dot t r ina penalistica seco­lare ha p u r e elaborato la distinzione tra nozione sostan­ziale e nozione formale di delitto.

« Per la concezione formale, il reato è tu t to ciò e solo ciò che è previsto dalla legge come tale. Considera to in astratto, ossia quale ipotesi delineata dal legislatore, il reato è il fatto t ipico. Considera to in concreto, ossia come fatto storico che si verifica nella realtà sociale, il reato è il fatto conforme al fatto t ipico, alla fattispecie legale » ( 4 2 ) .

La concezione sostanziale del reato d ipende invece in ogni autore dalla nozione di antigiuridicità sostanziale previamente adottata. Così, ad esempio, per l 'Antolisei, secondo una nozione sostanziale « è reato quel compor­tamento u m a n o che, a giudizio del legislatore, contrasta coi fini dello Stato ed esige come sanzione una pena (criminale) » ( 4 3 ) ; e per il Mantovani , « per la concezione sostanziale (o materiale) reato è tu t to ciò e solo ciò che è, in misura rilevante, socialmente pericoloso » ( 4 4 ) . C o m e abbiamo preceden temente esposto, l 'antigiuridicità so­stanziale n o n consiste nel contrasto del compor tamen to coi fini dello Stato o p p u r e nella pericolosità sociale o antisocialità del fatto bensì nella sua ingiustizia, valutata anche secondo criteri ontologici. Tuttavia questa ingiu-

( 4 2 ) F. MANTOVANI, op. cit., p. 50.

( 4 3 ) F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè, Milano, 198911, p. 150.

( 4 4 ) F. MANTOVANI, op. cit., p. 55.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 31

stizia, se è veramente tale, sarà anche socialmente peri­

colosa e, di conseguenza, in contrasto coi fini della so­

cietà.

Innanzi tu t to è doveroso pe rò rilevare che la nozione

astratta di delitto fa riferimento n o n siti antigiuridicità

dell 'atto bensì alla sua punibilità, vale a dire, il delitto

non è l 'azione antigiuridica ma l 'azione punibi le . L'an­

tigiuridicità, cioè l'ingiustizia formale, « p roduce colpa e

l 'atto ingiusto dà luogo, n o n solo all 'obbligo della resti­

tuzione (o riparazione), ma anche alla punibili tà, cioè al

possibile cas t igo» ( 4 5 ) . Infatti, se « l a azione X costitui­

sce una ingiustizia, quindi è punibi le; la conclusione

" tale azione è punibi le " è necessaria perché qua lunque

ingiustizia formale implica in m o d o naturale la possibilità

di una pena , pe r cui, nel caso che venga punita , la legge

che stabilisce la pena ha il suo fondamento nella legge

naturale ed è prote t ta dalla sua forza. Tuttavia, n o n

sempre gli atti ingiusti devono essere puni t i dalla legge

umana; a motivo del bene della società la legge umana

p u ò lasciare senza castigo un 'az ione ingiusta, l imitandosi

a lasciare aper ta a chi ha subito il danno la via dell 'azione

civile» ( 4 6 ) . Infatti, non qualsiasi azione antigiuridica

richiede una risposta del t ipo della sanzione.

Per tan to , gli atti sostanzialmente antigiuridici, e sol­

tanto essi (se non vogliamo cadere in una concezione

positivistica del diri t to e del delit to che n o n tenga

conto delle esigenze di giustizia inerenti alla na tura

del l 'uomo e della società, e, nel l 'ordinamento canonico,

alla natura della Chiesa), po t r ebbe ro ipotet icamente es­

sere punit i . Tu t t e le azioni veramente antigiuridiche

hanno i requisiti essenziali per poter essere puni te e

( 4 5 ) J . HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, cit., p. 66. (46) Ibidem, p. 168.

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32 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

divenire deli t tuose ( 4 7 ) , anche se di fatto n o n tu t te queste

azioni vengono puni te . Le azioni formalmente ingiuste

possono richiedere una puniz ione — e questo è u n da to

che, come abbiamo det to p iù volte, costituisce u n pre­

suppos to ontologico-strutturale, in quan to deriva dalla

natura stessa delle cose —, ma la concreta determina­

zione delle azioni che d e b b o n o essere puni te , e della

pena con la quale esse d e b b o n o essere puni te , viene

lasciata alla p ruden t e valutazione dell 'autorità in vista del

bene comune ( 4 8 ) .

Infatti, « nat ivum et p rop r ium Ecclesiae ius est chri-

stifideles del inquentes poenal ibus sanctionibus coerce-

r e » , stabilisce il can. 1311 ( 4 9 ) ; la Chiesa ha il diri t to di

costringere con sanzioni penali i fedeli che commet tono

u n delit to. La decisione di pun i re una determinata azione

spetta all 'autorità ecclesiastica competen te in ogni caso, e

tale decisione po t rà essere presa, a lmeno da u n p u n t o di

( 4 7 ) Per G. MICHIELS, op. cit., voi. 1, p. 66, delitto: « est ordinis sociali Ecclesiae revera contrarius seu antiiuridicus; iamvero, consideratis solis iuris naturalis exigentiis, omnis actus antiiuridicus, eo ipso quod est ordini sociali Ecclesiae contrarius, potestad coactivae Ecclesiae dicendus est subiectus ».

(48) p e r p M CAPPELLO, op. cit., p. 399: «Delictum abstráete sum-ptum est actio externa moraliter imputabilis, quae ordinem socialem perturbai. Quae perturbatio ordinis socialis est motivum quo legislator monetur ad certam actionem sub poena prohibendam. Hinc habetur imputabilitas poli­tica seu iudicium legislatoris in legibus poenalibus condendis ». Tale giudizio o valutazione terrà conto dei diversi fattori o circostanze di tempo, luogo, opportunità, etc. Come avverte J . HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, cit., p. 97, « uno dei campi in cui il fattore storico influisce di più sulla misura del giusto è il diritto penale: pene giuste e proporzionate per i delinquenti abituali, possono risultare ingiuste e sproporzionate per il de­linquente occasionale; un sistema repressivo in un contesto sociale o in un'epoca ad alto indice di delinquenza può diventare ingiusto, per eccesso, in società ed epoche a bassa criminalità ».

( 4 9 ) Alcuni rilievi critici di carattere formale sono stati sollevati a proposito di questo canone da G. DI MATTIA, 1/ diritto penale canonico a misura d'uomo, in Revista Española de Derecho Canònico, 47 (1990), p. 646-651.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 33

vista teorico, sia pr ima che d o p o la commissione del delitto.

Per tan to , con la nozione sostanziale di delitto si vuol met tere in evidenza che l'essenza del delitto (della puni ­bilità dell 'azione) n o n è semplicemente costituita dalla violazione della no rma penale intesa solo in senso for­male, e tanto m e n o poi se questa non è fondata sui precet t i e esigenze del diri t to divino; vale a dire, un 'a­zione n o n è delit tuosa perché la no rma stabilisce di punir la bensì al contrario, si stabilisce di punir la pe rché in essa t rovano riscontro gli elementi essenziali del delit­to ( 5 0 ) , cioè di un 'az ione umana antigiuridica, il che vuol dire lesiva dei ben i giuridici fondamental i e ta lmente grave, che compor ta u n at tentato cont ro l 'ordine giuri­dico ( 5 1 ) . E questa l ' idea che esprime l 'adagio classico prohibitum quia malum, e n o n malum quia prohibitum.

Per la concezione sostanziale, che sarebbe meglio qualificare come astratta, delitto è ogni atto umano grave­

mente antigiuridico e, perciò, ipoteticamente punibile;

ment re secondo una concezione formale, che è quella che esiste nella realtà, delitto è il fatto antigiuridico che la

competente autorità ha deciso di punire.

Secondo noi, in base a quanto abb iamo precedente­mente esposto, le due concezioni del delitto (sostanziale e formale) n o n si esc ludono a vicenda, pu rché la conce­zione formale sia posta in relazione con una corret ta concezione sostanziale del delit to; vale a dire, non venga svincolata dai suoi presuppos t i ontologico-strutturali pe r quanto r iguarda la determinazione dell 'antigiuridicità. La concezione sostanziale del delitto da una par te vieta la

( 5 0) Cfr. A. MARZOA, LOS delitos y las penas canónicas, cit., p. 679. ( 5 1 ) F .X. WERNZ - P. VIDAL, op. cit., p. 28-29 dà la seguente difinizione

astratta di delitto: « Nomine delieti (...) intelligitur iniusta externa actio vel omissio auctori suo imputabilis atque ordinem socialem Ecclesiae pertur-bans ».

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34 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

punizione di atti che n o n siano antigiuridici ( tanto in ragione dell 'oggetto — ad esempio, il l ibero esercizio della libertà religiosa —, come per motivo degli aspetti soggettivi — ad esempio, la mancanza dell 'uso di ragio­ne — ) , e dall 'altra impedisce di sostenere, e r roneamente , che solo gli atti che vengono puni t i siano antigiuridici o illeciti, e che di conseguenza tu t to ciò che n o n viene puni to sia lecito. Invero, una cosa è l 'antigiuridicità e u n altra la punibili tà.

Vogliamo anche accennare brevemente ad una que­stione connessa con quan to ora stiamo t ra t tando. Se­condo alcuni autori , pe r offrire un 'esat ta nozione di delitto che tenga conto delle esigenze sostanziali di giu­stizia, n o n bas te rebbe ravvisare nelTantigiuridicità so­stanziale (cioè nell'ingiustizia formale intesa come offesa ad un bene come conseguenza della violazione di un obbligo di natura giuridica) l 'e lemento essenziale o costi­tutivo di esso, poiché tale aspetto o presuppos to sarebbe anche presente nelle altre categorie degli illeciti giuridici (civili, amministrativi, ecc.) ( 5 2 ) . No i siamo del pare re che, oltre ad alcune differenze di minore entità, ciò che da un p u n t o di vista sostanziale contraddis t ingue l'illecito penale, nella p iù ampia categoria degli illeciti, è a p p u n t o la sandio iuris cioè, nel caso del delit to, la sanzione penale strido sensu.

1.5. Il principio di legalità formale e materiale: imposta­

zione.

Tuttavia, la quest ione più rilevante r iguardo alla pu­nibilità dell 'at to u m a n o antigiuridico è stabilire se sia ne­cessaria una previsione normativa, emanata dall 'autori tà competente , con la quale si stabilisca con precisione il fatto

C2) Cfr. F. ANTOLISEI, op. cit., p. 1 5 0 e F. MANTOVANI, op. cit., p. 5 0 - 5 2 .

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 35

che si considera meritevole di una pena e la pena che si ritiene giusta, o p p u r e se l 'autorità possa puni re un 'az ione antigiuridica non previamente qualificata come delittuosa.

Infatti, l 'ult imo livello o stadio nella considerazione dell 'antigiuridicità in materia penale r iguarda ciò che nel l 'ambito degli ord inament i giuridici statuali è denomi­nato « principio di legalità ». Anche in tale caso la dot­trina dist ingue tra pr incipio di legalità formale e sostan­ziale. Secondo la legalità formale, possono essere puni te soltanto le azioni antigiuridiche t ipiche, cioè previamente determinate e con la pena comminata dalla no rma (pe­nale). La legalità materiale consente la possibilità di puni re con una pena il compor t amen to umano lesivo di u n interesse giuridico-sociale tutelato anche se n o n espli­ci tamente contemplato come deli t tuoso dalla norma.

Anche nel l 'ambito del diri t to penale della Chiesa, sia a livello normat ivo, sia a livello dottrinale, il nocciolo del dibatt i to r iguardante la nozione di delitto è se si d e b b a ri tenere deli t tuoso (punibile) qualsiasi fatto antigiuridico

o p p u r e d e b b a n o considerarsi delittuosi soltanto quei fatti

antigiuridici previamente provvisti di una pena stabilita da una norma; il p rob lema consiste nel sapere se l 'autorità competen te possa puni re l 'autore di un fatto antigiuri­dico, vale a dire applicare una pena, tanto se la fattispecie è prevista da una norma penale, quanto nel caso in cui il fatto non sia esplicitamente contemplato .

Pe r impostare in m o d o adeguato la quest ione relativa al significato ed alla funzione che svolge la no rma penale

nella determinazione della nozione del delit to e dare così una risposta soddisfaciente al p rob lema della sua neces­sità o meno , a nostro parere bisogna tener ben distinti i due aspetti sopra accennati : a) da una par te quan to si riferisce alla determinazione adatto umano antigiuri­

dico, che costituisce il p resuppos to essenziale di qualsiasi azione che si voglia qualificare come delittuosa, e in cui si

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36 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

possono differenziare due elementi: oggettivo e sogget­

tivo e di cui abb iamo già parlato in precedenza; b)

dall 'altra par te la previsione della pena, che indica l'effet­

tiva punibil i tà del fatto. (La no rma che stabilisce la pena

n o n è, ovviamente, un elemento dell 'at to u m a n o e, per­

ciò, n o n costituisce un elemento del delit to, che è sempre

e comunque un atto umano) . Bisogna c o m u n q u e ammet­

tere che, come avremo occasione di evidenziare, la fun­

zione della no rma penale n o n è soltanto quella di preve­

dere la pena.

Ci sono azioni che, come abbiamo visto, possono essere

puni te . Occo r r e a questo propos i to r icordare come nel­

l 'ambito del dirit to della Chiesa si sia sempre affermato che

le no rme penali , le no rme cioè « quae p o e n a m sta tuunt »

(can. 18), sono no rme « mere ecclesiasticis » (can. 11) ( 5 3 ) ,

nel senso che, nonos tan te d e b b a n o tener conto dei pre­

suppost i di carattere ontologico-strutturale sopra indicati,

sono comunque sempre emanate dall 'autori tà ecclesia­

stica, sono cioè frutto della decisione di un 'au tor i tà uma­

na ( 5 4 ) . N o n esistono, infatti, delitti costituiti dal diri t to

divino (naturale o positivo), poiché il diri t to divino n o n

stabilisce di puni re alcuna azione concreta; semmai si po ­

t rebbe parlare di alcune azioni che in quan to peccat i ven­

gono puniti con pene , ma di natura e significato a lquanto

diverse da quelle giuridiche. Per stabilire la puniz ione giu­

ridica di una determinata condot ta è sempre e c o m u n q u e

necessaria la mediazione dell 'autorità.

( 3 3) Di questa opinione A. BORRAS, op. cit., p. 55. C 4) Scrive al riguardo F. ROBERTI, De delictis et poenis, voi. I, pars I,

cit., p. 68: « Cum loquimur de lege poenali, intelligimus semper normam positivam, non naturalem. Siquidem iure naturae reperiuntur potius ratio et fundamentum iuris puniendi, quam leges poenales determinatae. Quamvis fere omnes leges poenales elementum iuridicum in crimen introduxerint, tamen hoc non pertinet ad eius naturalem essentiam, quae constituitur tantum ex dolo et damno ».

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 37

Il vigente codice di dirit to canonico dedica il capitolo

II della pr ima par te del Libro VI alle questioni concernent i

« La legge penale e il precet to penale », e cioè a quello che

la dot t r ina denomina fonti costitutive del dirit to penale o

meglio ancora fonti costitutive dei delitti, e cioè agli stru­

ment i giuridici attraverso i quali l 'autorità competen te de­

termina la punibili tà di un 'azione, vale a dire, costituisce

giuridicamente i delitti ( 5 5 ) . Inoltre lo stesso codice, così

come quello precedente , dedica la seconda par te dello

stesso Libro VI , intitolata « D e poenis in singula delieta »,

all 'elencazione dei delitti e delle pene loro corr ispondent i ;

vale a dire, la Suprema Autori tà della Chiesa nell 'esercizio

della sua potestà legislativa ha stabilito quali siano gli atti

antigiuridici delittuosi e quale sia la pena dovuta pe r cia­

scuno di essi. In tal m o d o sarà delittuosa l 'azione che rientri

nella descrizione normativa, e non lo sarà quella che si trova

al di fuori della fattispecie penale.

Diversi istituti giuridici tipici del dirit to penale, che

costituiscono peculiarità di questo r amo del diri t to che ha

sue particolari esigenze, si fondano su questa realtà, vale

a dire, sul fatto che la determinazione della punibili tà e,

di conseguenza, della qualifica di una determinata azione

come delittuosa, r ichiede la previa definizione normativa.

Si pensi , ad esempio, all 'irretroattività della legge penale

e agli altri criteri specifici r iguardant i l'efficacia della

no rma penale nel t e m p o (cfr. can. 1313), al fatto che le

leggi penali vengano sot toposte ad interpretazione stretta

(can. 18), al divieto dell 'uso dell 'analogia in materia

penale (can. 19), etc. Tut t i questi principi n o n avrebbero

alcun senso se n o n fosse per il fatto che la no rma penale

formale compie, nella determinazione della punibili tà, e

( 5 5 ) V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 42: « Necessi-tas legis vel praecepti poenalis praesupponitur in toto systemate poenali Libri VI ».

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3 8 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

per tanto del delit to canonico, u n ruolo essenziale che n o n p u ò essere misconosciuto, e la cui rilevanza n o n p u ò neanche essere sottovalutata ( 5 Ó ) .

C o m e abbiamo già indicato, pe r molti canonisti la norma penale costituisce invece il cosiddet to e lemento giu­ridico del delit to, il quale pe rò è r i tenuto n o n essenziale pe r l 'esistenza del delitto ( 5 7 ) . « I n nessun ord inamento , così come in quello canonico — ha scritto il Fedele al r iguardo — , ope rano esigenze e motivi t an to imprescindibili da far ri tenere addir i t tura assurda l ' idea che non possa essere pu­nito u n at to n o n espressamente previsto dalla legge ma contrastante con queste esigenze e questi motivi — (si ri­ferisce alle esigenze della religione e della morale cristiana, così come a quelle della salus animarum) —. Cer to , n o n giungo così all'altra assurda idea di respingere la necesita della legge e di p ropugnare u n dirit to l ibero in materia penale. Voglio dire soltanto che la legge, se deve ritenersi necessaria, n o n p u ò ritenersi sufficiente » ( 5 8 ) .

Per altri autori , poi , sono le esigenze superiori dello stesso diri t to naturale che inducono « alla previa costitu­zione dei delitti e delle pene pe r evitare controversie, confusioni e arbitri e pe r operare una coazione psicolo­gica an t ide l i t tuosa» ( 5 9 ) .

Inol tre , il vigente can. 1399, forse volendo in qualche

( 5 6 ) G . MICHIELS, op. cit., voi. 1, p. 6 7 scrive: « Ecclesiam de facto nolle uti potestate punitiva sibi a Christo Domino concessa, nisi agatur de actu anti-iuridico socialiter damnoso, qui sit contrarius normis positivis a se ipsa directe constitutis vel saltem ut normae ecclesiasticae receptis et sanctione canonica munitìs; uno verbo, nisi agatur de violatione legis ecclesiastica ».

( 5 7 ) Cfr. gli autori citati nelle note 1 4 e 1 7 . F. DELLA ROCCA, op. cit, p. 5 1 4 - 5 1 5 : « U elemento giuridico del delitto non è altro che la legge penale ecclesiastica (cfr. can. 2 1 9 8 ) intesa come norma di diritto positivo, costituita dall'autorità legislativa e contenente una sanzione ».

( 3 8) P. FEDELE, Lo spirito del diritto canonico, Cedam, Padova, 1 9 6 2 , p. 8 1 5 .

( 5 9 ) O . CASSOLA, Natura e divisione del delitto. Osservazioni di « iure condendo», in Apollinaris, 3 4 ( 1 9 6 1 ) , p. 3 3 5 .

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 3 9

m o d o richiamare una nozione sostanziale del delit to,

stabilisce che « la violazione esterna di una legge divina o

canonica p u ò essere puni ta (...) q u a n d o la speciale gravità

della violazione esige una puniz ione ». Avremo occasione

di analizzare approfondi tamente questa norma. Basti

adesso indicare che in essa sono contenuti gli elementi

giuridici essenziali o sostanziali d i ogni delit to: a) la

violazione di una norma (per sé n o n necessariamente

penale, e n e m m e n o intesa in senso formale, ma che

c o m u n q u e stabilisce un obbligo), b) la determinazione

del l 'ambito in cui deve avvenire tale violazione e lesione,

cioè l 'ambito giuridico (si parla di violazione esterna) e,

infine, c) la speciale gravità che deve caratterizzare la

lesione dell ' interesse sociale tutelato perché possa essere

costitutiva di delitto, e quindi puni ta . C o n questa no rma

si pe rmet te di pun i re un 'az ione che previamente n o n è

stata espressamente provvista di una pena, vale a dire, si

pe rmet te che la decisione dell 'autorità competen te di

pun i re una certa azione antigiuridica sia presa n o n pr ima,

ma d o p o la sua realizzazione. La rilevanza di questo da to

normat ivo e le sue connessioni col principio di legalità

hanno influito in m o d o decisivo sulle questioni di cui ci

siamo finora occupati . Perc iò merita u n o studio p iù

particolareggiato ed approfondi to .

2. IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ NEL SISTEMA PENALE CANONICO

2 .1 . Precedenti.

A part i re dalla promulgazione del codice p ianobene-

det t ino, il dibatt i to sulla vigenza o meno , nel l 'ambito del

dirit to penale canonico, del pr incipio di legalità (nullum

crimen, nulla poena sine lege poenali praevia) si è incen­

trato prevalentemente sul tentativo di conciliare il dispo-

3 . J . SANCHIS

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40 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

sto del can. 2195 § 1 (« N o m i n e delieti, iure ecclesiastico,

intelligitur externa et morali ter imputabil is legis violatio

cui addita sit sanctio canonica saltem indeterminata ») , e

quello del can. 2222 § 1 (« Licet lex nullam sanct ionem

apposi tam habeat , legitimus tamen Superior potes t illius

transgressionem, etiam sine praevia poenae commina-

tione, aliqua iusta poena punire , si scandalum forte da-

tum aut specialis transgressionis gravitas id ferat »).

Le opinioni al r iguardo furono numerose e discordi,

tanto che il p roblema fu definito una vexata quaestio;

forse ciò fu conseguenza del me todo esegetico seguito

dagli autori ; comunque , secondo noi n o n si p u ò affer­

mare che le varie teorie abbiano offerto valide soluzioni

alla quest ione dottr inale sottostante. Le diverse opinioni

sono state riassunte dall 'Arias del seguente m o d o ( 6 0 ) :

1) Vermeersch-Creusen ( 6 1 ) distinse tra delictum

proprie dictum, il quale richiede la previa comminazione

della pena, e il delictum improprie dictum che n o n richie­

de rebbe tale previa determinazione;

2) Sole ( 6 2 ) , Chelodi ( 6 3 ) , Falco ( 6 4 ) e Salucci ( 6 5 )

affermarono che il disposto del can. 2222 § 1 è un 'ecce­

zione r ispetto al pr incipio stabilito nel can. 2195 § 1. Fra

( 6 0 ) Si veda J. ARIAS, El sistema penai canònico ante la reforma del CIC, in Ius Canonicum, 15 (1975), p. 199-201. Si veda anche F. ROBERTI, De delictis et poenis, cit., p. 70-76, e F.E. ADAMI, Il diritto penale canonico e il principio « nullum crimen, nulla poena sine lege », in Ephemerides Iuris Canonici, 45 (1989), p. 150-160.

( 6 1 ) Cfr. A . VERMEERSCH - J. CREUSEN, Epitome Iuris Canonici, voi. 3, H. Dessain, Mechliniae, 1946, n. 383.

( 6 2 ) Cfr. J. SOLE, De delictis et poenis, F. Pustet, Romae, 1920, nn. 6 e 85.

( 6 } ) Cfr. J. CHELODI, Ius poenale et ordo procedendi in iudiciis crimi-nalibus, Vicenza, 1943, n. 2.

( 6 4) Cfr. M. FALCO, Introduzione allo studio del « Codex Iuris Canoni­ci», Milano, 1925, p. 240.

( 6 5) Cfr. R. SALUCCI, Il diritto penale secondo il Codice di diritto canonico, voi. 1, Subiaco, 1926, p. 105-106.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 4 1

i due canoni ci sarebbe semplicemente u n apparen te

constrasto, pe rché è la stessa autorità che ha sancito tu t te

e due e, di conseguenza, il criterio usato è sempre uni­

tario;

3) D 'Angelo ( 6 6 ) , Maro to ( 6 7 ) e Cicognani ( 6 8 ) ,

r i tennero che la norma penale sia sempre necessaria; nei

casi ordinari la sanzione viene previamente comminata ,

nei casi s traordinari invece è sufficiente che la sanzione

venga stabilita in un m o m e n t o posteriore, mediante

norma penale ad effetti retroattivi;

4) A m o r Ruibal ( 6 9 ) sostenne che ogni legge cano­

nica è anche penale, per tan to anche il carattere penale è

sempre previo all'inflizione della pena;

5) Per Vidal ( 7 0 ) , Michiels ( 7 1 ) e Robert i ( 7 2 ) , il

principio del can. 2195 § 1 è assoluto, ed è anche tenu to

presente nel can. 2222 § 1, sia perché è necessario a lmeno

un precet to penale previo all'effettiva irrogazione della

pena (Vidal e Robert i) , sia perché è necessaria u n ' a m m o ­

nizione previa che contenga la comminazione di pena; in

tal senso pe r Michiels dev'essere previa, n o n la legge

penale bensì la sanzione, ed è ciò che fa il can. 2222 § 1

tipificando come delittuosa ogni violazione particolar­

mente grave e scandalosa di una legge n o n penale;

6) Per ul t imo, García Barberena r i tenne che il

f 6 6) Cfr. S. D'ANGELO, Tre importanti questioni di diritto canonico, in Ephemerides Theol. Lovaniensis, 3 ( 1 9 2 6 ) , p. 2 1 3 ss.

( 6 7) Cfr. PH. MAROTO, Institutiones luris Canonici ad normam novi Codicis, voi. 1, Matriti, 1 9 1 9 , n 1 8 4 , a.

( 6 S) Cfr. H. CICOGNANI, IUS Canonicum, voi. 2 , Auroma, Romae, 1 9 2 5 , p. 8 7 .

( 6 9 ) Cfr. A. AMOR RUIBAL, Derecho penal de la Iglesia católica, voi. 1, Madrid, 1 9 2 2 , p. 122 .

( 7 0 ) Cfr. P. VIDAL, Notio delieti in iure Codicis, in Ius Pontificium, 2 ( 1 9 2 2 ) , p. 1 0 1 .

( 7 1 ) Cfr. G . MICHIELS, op. cit., voi. 1, p. 8 5 - 8 8 .

( 7 2) Cfr. F. ROBERTI, op. cit., n. 5 3 .

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4 2 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

can. 2222 § 1 contiene in realtà u n principio generale di diri t to pubbl ico e non una norma penale in senso p ro ­pr io ( 7 3 ) .

N o n mancarono pe rò autori che, con senso realistico, avanzarono la propos ta di abolire il can. 2222 § 1 ( 7 4 ) .

P iù interessante, approfondi to e proficuo è stato, secondo noi, il dibat t i to su ques to a rgomento , imposta to pe rò da una prospett iva dottr inale, iniziato dal Giac­chi ( 7 5 ) , secondo il quale il pr incipio « nul lum crimen sine praevia lege poenal i » anziché essere u n principio deri­vato dalle dot t r ine politiche liberali, è un principio pro-

( 7 3 ) Cfr. T. GARCÍA BARBERENA, op. cit., p. 2 0 9 - 2 1 1 .

( 7 4) O. CASSOLA, op. cit, p. 3 3 6 - 3 3 7 : « E ciò per varie ragioni — scriveva il Cassola —. Da tempo infatti la Chiesa ha un elenco di delitti e di pene completo e più che sufficiente per la tutela dell'ordine pubblico ecclesiastico e della disciplina; al diritto universale poi si affianca l'attività legislativa par­ticolare (...). Inoltre, nei singoli casi, larghe possibilità sono offerte alla giustizia penale nell'ordine amministrativo del precetto penale e della monitio cum comminatione poenae, strumenti questi atti ad investire qualsiasi obbligazione giuridica la cui violazione sia ritenuta turbativa socialmente. Infine per i casi rari di una violazione scandalosa o particolarmente grave di una legge disci­plinare sopperisce già abbastanza il can. 2 3 0 8 che prevede la correzione ca­nonica, cui può seguire il precetto penale (can. 2 3 1 0 ) e alla quale si dovrebbe poter aggiungere penitenze di foro esterno, non più limitate quindi all'ipotesi di un delitto vero e proprio (can. 2 3 1 2 ) : la correzione, con eventuali penitenze, si rivolge appunto a rintuzzare la trasgressione avvenuta, là dove mancava la protezione della minaccia penale legale o amministrativa.

E coerente poi al sistema la premonizione giuridica per determinate specie di violazioni, a cui il legislatore o il Superiore riconosce il carattere turbativo sociale; altrimenti ne scapita la particolare finalità ed efficacia dello strumento penale per un tal quale livellamento, che ne seguirebbe, di ogni trasgressione. Ci sembra poi più conforme alla crescente rivalutazione della personalità umana che ciascuno sappia prima a che cosa può andare incontro quando viola una legge.

E non vogliamo parlare delle possibilità di arbitri e di posizioni troppo soggettive da parte dei Superiori ecclesiastici subordinati, cui sia lasciato l'esercizio del potere punitivo per così ampie ipotesi quali previste nel can. 2 2 2 2 § 1 » .

( 7 5 ) Cfr. O. GIACCHI, Precedenti canonistici del principio « Nullum crimen sine praevia lege poenali», in A A . W . , Studi in onore di Francesco Scaduto, Firence, 1 9 3 6 , voi. I, p. 4 3 5 ss.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 43

prio del diri t to canonico che r i sponde all'esigenza che l 'azione del giudice nella materia penale sia limitata dal diritto in confini il p iù possibili certi.

Il Fedele ( 7 6 ) invece, ha contrastato tale opinione, ed ha sostenuto che il pr incipio di legalità (o di riserva di legge) n o n possa essere accolto nel l 'ordinamento cano­nico perché , come d imost re rebbero le fonti storiche ri­badi te dal l 'opinione del Suárez, in ambito canonistico sarebbe normale l 'applicazione dell 'estensione analogica o interpretazione estensiva della legge penale, la quale a motivo del principio della salus animarum da odiosa si t rasformerebbe in favorabilis ( 7 7 ) . Perciò, ques t ' au tore conclude che il dirit to della Chiesa è « il terri torio meno adat to per l ' incondizionata ed assoluta applicazione di questo principio — chiamato anche della riserva della legge penale — nonché della regola del divieto d 'analo­gia, che da esso consegue » ( 7 8 ) .

D a par te sua invece M a n t u a n o ( 7 9 ) , con un indagine storico-sistematica dimostra come risulti affermato nella dot tr ina canonistica sia il cosiddet to principio di riserva di legge, con il conseguente divieto dell 'applicazione analogica, come p u r e la validità del principio dell ' inter­pretazione stretta nel l 'ambito penale canonico.

Per tu t to ciò, sia pr ima, ma soprat tu t to duran te i lavori di riforma del codice, furono numeros i gli autori che p roposero l ' in troduzione esplicita nel sistema penale

( 7 6 ) Cfr. P. FEDELE, II principio « Nullum crimen sine praevia lege poenali » e il diritto penale canonico, in Rivista Italiana di diritto penale, 1937, p. 489-525.

( 7 7) Cfr. P. FEDELE, Lo spirito del diritto canonico, cit., p. 775-822. ( 7 S) P. FEDELE, Discorso generale sull'ordinamento canonico, Roma,

1976, p. 93-94. ( 7 9 ) Cfr. G. MANTUANO, La riserva di legge nell'ordinamento penale

della Chiesa, I, Ambito e limiti della « extensio », (Monografie dell'Istituto di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma, serie III, voi. 27), Cedam, Padova, 1974.

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44 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

della Chiesa del pr incipio di legalità ( 8 0 ) . Perciò , come del resto r i conobbe anche la stessa Commissione ( 8 1 ) , furono mosse molte critiche ad una no rma generale del t ipo del can. 2222 § 1 del CIC del '17 ( 8 2 ) , se p u r e di por ta ta p iù limitata, che fu invece in t rodot ta nel p roge t to del nuovo diri t to penale ( 8 3 ) . Pe r tale motivo si r i tenne o p p o r t u n o rinviare la decisione concernente tale quest ione alla Ple­naria della Commissione, impos tando il quesi to in questi termini: « 2 Quaest io: D e stricta applicat ione principii legalitatis: " U t r u m conveniat in t roducere applicat ionem magis strictam principii legalitatis — ut aiunt (nullum cr imen nul laque poena sine lege) — in iure poenali canonico, ita ut suppr imendus sit can. 73 schematis (cf. can. 2222 CIC) . (Can. 73 schematis ita se habet : " Praeter casus hac vel aliis legibus statutos, divinae vel ecclesiasti-cae legis externa violatio tune t an tum potest , iusta qui-dem poena vel paenitentia, punir i , cum sit de re valde gravi, specialis violationis gravitas pun i t ionem postulet , et necessitas urgeat scandala praeveniendi vel reparan-di ") » ( 8 4 ) . La risposta della Plenaria fu la seguente: « exi-tus suffragationis: 14 Patres censuerunt pr inc ip ium lega­litatis n o n esse in iure canonico stricte sed t an tum mitigate appl icandum: re t inendus ergo esset c. 73 Schematis, etsi

( 8 0 ) Cfr. per tutti J . HERRANZ, Studi sulla nuova legislazione della Chiesa, Giuffrè, Milano, 1990, p. 136-139.

( 8 1 ) Cfr. Communicationes, 6 (1974), p. 35, e 7 (1975), p. 94. ( 8 2 ) P. CIPROTTI, Il diritto penale della Chiesa dopo il Concilio, in

A A . W . , Atti del Congresso Internazionale di Diritto Canonico. La Chiesa dopo il Concilio, Milano, 1972, voi. I, p. 532, relatore del gruppo incaricato della materia penale, riferendosi a tale norma aveva scritto: « sia pure con i perfezionamenti che le esigenze di giustizia e di certezza e la moderna tecnica legislativa richiedono, non può essere del tutto omessa, se non si vuol privare l'autorità ecclesiastica di uno strumento che, per quanto vagamente, può essere in qualche caso assolutamente necessario ».

( 8 3 ) Cfr., can. 73 dello Schema documenti quo disciplina sanctionum seu poenarum in Ecclesia Latina denuo ordinatur, del 1973.

(84) Communicationes, 9 (1977), p. 80.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 45

cum quibusdam modificationibus; 7 e contra p ropugnan t

applicationem strictam et suppressionem c. 73 schema-

tis » ( 8 5 ) . Pe r tale motivo n o n furono esaminati in sede di

coetus studiorum i diversi suggerimenti degli organi con­

sultati r iguardant i anche l 'abolizione del can. 73 ( 8 6 ) .

N o n ci è dato conoscere le modifiche al testo del

canone 73 p ropos te dai Cardinali sostenitori dell 'appli­

cazione mitigata del pr incipio di legalità, tuttavia, nello

Schema Codicis del 1980, l 'unico cambiamento fu la

soppressione delle parole « sit de re valde gravi » ( 8 7 ) ; e,

r iguardo al testo definitivo del vigente can. 1399, la

soppressione, facilmente comprensibile, della parola

« paenitentia », poiché se si p u ò imporre una pena si p u ò ,

evidentemente, impor re anche una penitenza in sostitu­

zione di essa (cfr. cann. 1343, e 1344, 2°).

D'al tra par te , in u n o dei proget t i della Lex Funda­

méntate Ecclesiae figurava u n canone così formulato:

« N e m o punir i potest nisi in casibus ipsa lege definitis

a tque m o d o ab eadem determinato » ( 8 8 ) . Ques ta dispo­

sizione, a lquanto modificata, è stata po i inclusa nel codice

nel titolo r iguardante gli obblighi e i diritti di tut t i i fedeli,

e precisamente nel can. 221 § 3 che così d ispone: « I

fedeli hanno anche il dirit to di n o n essere colpiti da pene

canoniche, se n o n a norma di legge » ( 8 9 ) .

(85) Ibidem, p. 213. ( 8 6) Cfr. Ibidem, p. 318. ( 8 7) Cfr. PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO,

Codex Iuris Canonici. Schema Patribus Commissionis Reservatum, Libreria Editrice Vaticana, 1980, can. 1351, p. 302.

( 8 S ) ID., Schema legis Ecclesiae fundamentalis. Textus emendatus, Città del Vaticano, 1971, can. 21.

( S 9 ) J . HERVADA, sub can. 221, in A A . W . , Código de Derecho Canò­nico, edición bilingüe y anotada a cargo del Instituto Martín de Azpilcueta, cit., p. 179 scrive che tale canone ha accolto in forma di diritto ciò che in realtà altro non è che un principio di ordine sociale e giuridico: il principio di legalità, anche se molto mitigato. Tale principio, afferma quest'autore, non

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46 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

Visto Yiter seguito, durante i lavori di riforma del co­dice, nello s tudio relativo a questa grave questione, con­dividiamo il parere del D i Matt ia il quale, riferendosi in genere al dibat t i to accennato, afferma: « il p rob lema a no­stro avviso, è stato impostato , allora, in maniera n o n cor­retta, in quan to det to p rob lema n o n va risolto, come sem­bra preoccupars i una larga par te dell 'autorevole dottr ina, con la preoccupazione di conciliare i d u e canoni (...)• Preoccupazione pu ramen te scientifica, tuttavia formale e sterile, che elude la sostanza del p rob lema » ( 9 0 ) . Infatti, bisogna ammet te re che, nonostante gli sforzi compiut i dalla Commissione, duran te la riforma n o n è stato affron­tato in profondi tà l 'aspetto sostanziale del p rob lema e, salvo qualche eccezione, non sono state offerte in realtà soluzioni giuridiche, prat iche e concrete che tenessero sufficientemente in conto i suoi diversi aspetti .

La situazione del codice precedente è stata così in pratica r iprodot ta nel codice vigente. Men t re infatti il can. 1321 § 1 dispone che « nessuno è puni to , se la violazione esterna della legge o del precetto da lui com­messa n o n sia gravemente imputabi le per dolo o pe r colpa », il can. 1399 stabilisce che « la violazione esterna di una legge divina o canonica p u ò essere puni ta con giusta pena, solo q u a n d o la speciale gravità della viola­zione esige una punizione e urge la necessità di prevenire o r iparare gli scandali », « lasciando alla dot t r ina — scrive il relatore del g ruppo incaricato della stesura del

è di diritto divino (naturale) bensì di diritto umano. Invece F.E. ADAMI, II diritto penale canonico e il principio " nullum crimen, nulla poena sine lege ", cit., p. 171, ritiene che il contenuto del can. 221 § 3 « si risolverebbe in una norma sulla produzione giuridica, in quanto stabilisce un limite invalicabile per i legislatori delle Chiese particolari, al cui potere normativo è lasciato uno spazio molto più ampio anche nel settore del diritto penale ».

í 9 0 ) G . DI MATTIA, Sostanza e forma nel nuovo diritto penale canonico, in A A . W . , 1/ nuovo Codice di Diritto Canonico (novità, motivazione e significato), Roma, 1983, p. 433.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 4 7

Libro VI — il compi to di vedere se questa n o r m a costi­

tuisca un 'appl icazione del principium nullum crimen sine

praevia lege poenali ovvero una deroga ad esso » ( 9 1 ) . In

dottr ina, infatti, anche d o p o la promulgazione della

nuova disciplina penale contenuta nel C I C '83 , sono state

sostenute le p iù diverse ed inconciliabili opinioni al ri­

guardo ( 9 2 ) .

2.2. Analisi del contenuto del can. 1399.

La Par te I I del L ibro VI del vigente codice, intitolata

« D e poenis in singula delieta », è dedicata alla configu­

razione e descrizione dei singoli delitti comuni a tut ta la

Chiesa Latina. Nel suo VI I e ult imo titolo, sotto la rubrica

« N o r m a generalis », è contenuto un unico canone, il

1399, che, come abbiamo più volte r icordato, stabilisce:

« Ol t re i casi stabiliti da questa o da altre leggi, la

violazione esterna di una legge divina o canonica p u ò

essere puni ta con giusta pena, solo quando la speciale

( 9 1 ) P. CIPROTTI, Qualche punto caratteristico della riforma del diritto penale canonico, in A A . W . , Studi in memoria di Mario Petroncelli, a cura dell'Istituto di diritto ecclesiastico e canonico dell'università di Napoli, Jovene Editore, Napoli, 1 9 8 9 , p. 1 4 3 .

( 9 2 ) Secondo l'opinione maggioritaria, il codice ha accolto il principio di legalità, in modo però mitigato: cfr. V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 1 2 3 ; A . BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit. p. 2 4 ; A . CALABRESE, Diritto Penale Canonico, cit., p. 2 9 2 ; J.M. PINERO CARRIÓN, La ley de la Iglesia, cit., voi. II, p. 4 2 7 ; ecc. A. MARZOA, LOS delitos y las penas canónicas, cit., p. 6 9 3 - 6 9 4 , ritiene che « volendo difendere il principio di legalità in tutto il diritto penale canonico vigente, si potrebbe parlare del can. 1 3 9 9 come di una norma di legalità generica. (...). Ci troveremmo però di fronte ad una legalità puramente nominale. Sembra più ragionevole parlare del can. 1 3 9 9 come di una norma che introduce — senza palliativi — un principio di generosa discrezionalità, limitato (" legalizzato ") dalle due circostanze che devono concorrere. Ciò perché il can. 1 3 9 9 lascia all'arbitrio del superiore sia la decisione sull'esistenza o meno di quelle circostanze (gravità ed urgenza), sia la determinazione del tipo di pena (detta semplice­mente " giusta ") ».

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48 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

gravità della violazione esige una puniz ione e urge la necessità di prevenire o r iparare gli scandali ».

Già a pr ima vista si avverte, almeno negli aspetti p iù generali, l ' incidenza teorica e pratica che tale no rma ha (e p u ò ancora avere nell 'avvenire) nella configurazione del vigente sistema penale della Chiesa. Pe r studiare con sufficiente rigore scientifico tale impor tan te quest ione conviene innanzi tut to analizzare accuratamente il conte­n u t o normat ivo di questo canone, allo scopo di deter­minare le condizioni necessarie pe r la sua applicabilità e quindi anche la sua operatività nonché la sua utilità per la tutela della comunione e degli altri beni fondamental i della Chiesa ad essa collegati. Tale disposto è stato infatti incluso nell 'attuale legislazione perché è considerato u n o strumento del quale il governo pastorale della Chie­sa, proteso alla salvezza delle anime, non p u ò essere pri­vato ( 9 3 ) .

Bisogna in p r imo luogo rilevare che, dal p u n t o di vista sistematico, il can. 1399 è collocato — a differenza del can. 2222 § 1 del C I C '17 — nella par te che r iguarda la cosiddetta parte speciale del diri t to penale, nella quale si descrivono i tipi penali , vale a dire, si elencano le fattispecie che il legislatore ritiene delit tuose e di conse­guenza meritevoli di u n intervento a carattere punit ivo, cioè della pena. Tale collocazione sistematica compor ta , tra l 'altro: a) che il disposto del can. 1399 costituisca esso stessso una fattispecie delit tuosa au tonoma, b) che le siano applicabili tu t te le no rme generali contenute nella Par te I dello stesso Libro VI attinenti ai diversi elementi del delitto (atto esterno, imputabili tà, colpevolezza), ai requisiti ivi segnalati pe r la determinazione della sua punibili tà, alle disposizioni sull 'applicazione e sulla re­missione della pena, ecc.

( 9 3) Cfr. Communicationes, 6 (1974), p. 35.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 49

2.2 .1 . La fattispecie delittuosa.

D o b b i a m o per tan to determinare quale sia la fattispe­

cie delittuosa, vale a dire, gli elementi che r ientrano nella

previsione legale del can. 1399 e che costituiscono l'ille­

cito penale in essa configurato.

Il fatto deli t tuoso viene descrit to con le parole « di-

vinae vel canonicae legis externa violatio » ( 9 4 ) .

Il deli t to contempla to nel canone 1399 consiste, dun­

que, come qualsiasi altro possibile delit to, nella violazione

esterna di una legge divina o canonica (cfr. can. 1321 § 1

e 1315 § 1). Il te rmine lex che, come si evince dal

contesto, n o n dev'essere inteso in senso giuridico-for-

male, vuol evidenziare da u n lato che ci si deve riferire

all 'insieme dei precet t i contenut i nelle leggi sia divina che

ecclesiastica, vale a dire nel l 'ordinamento canonico ( 9 5 ) , e

dall 'altro che vengono presi in considerazione soltanto i

precett i di na tura giuridica e n o n quelli di carattere

semplicemente morale. Per tan to , il delitto di cui al can.

1399 consis terebbe nella lesione di un dirit to o b e n e

giuridico pro te t to , in caso di inadempimento dell 'obbligo

giuridico, positivo o p p u r e negativo, stabilito nell 'ordina­

mento canonico mediante i. diversi s t rumenti tecnici o

( 9 4) Sarebbe stato per la verità più esatto dire « divinae vel ecclesia-sticae legis », poiché anche la legge divina è inserita nell'ordinamento canonico e pertanto in tale senso è anche essa una legge canonica.

( 9 5) La base e il fondamento dell'ordinamento canonico è la dimen­sione giuridica inerente alla lex gratiae, e cioè il diritto divino positivo. Nell'ordinamento canonico persistono anche elementi di diritto naturale articolato con il diritto divino positivo. Si vedano al riguardo le opere di J. HERVADA, Il diritto naturale nell'ordinamento canonico, in Ius Ecclesiae, 1 (1989), p. 493-508 e La «lex naturae» e la «lex gratiae» nella base dell'ordinamento giuridico della Chiesa, in Ius Ecclesiae, 3 (1991), p. 49-66. V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 41: « Cum sermo est de lege non intelligimus tantum legem positivam, sed quamvis legem, sive iuris naturalis sive iuris divini positivi. Ius Canonicum enim assumit semper et continet omnes leges iuris divini, sive naturalis sive positivi ».

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50 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

fonti formali usuali, quali sono la legge, il precet to , ecc.

M a n o n la consuetudine che n o n è fonte in ques to

specifico ambi to del dirit to ( 9 6 ) .

C o m u n q u e , n o n sempre risulterà facile de terminare

cosa sia una legge divina, o meglio, u n obbl igo contenuto

in quan to tale nello ius divinum (naturale e postit ivo).

Bisognerà di conseguenza determinare , caso pe r caso,

q u a n d o il compor t amen to sia consistito nella violazione

di una legge divina.

Tuttavia, la fattispecie delit tuosa del canone che com­

ment iamo n o n consiste soltanto nella mera violazione

esterna di una legge canonica (divina o ecclesiastica); tale

violazione deve essere altresì grave. Infatti, nella Chiesa

n o n si puniscono con pene le violazioni lievi delle no rme ,

ma soltanto quelle gravi. Nel l ' ambi to penale il codice

utilizza una precisa nozione di gravità, nozione questa che

si ricava in m o d o part icolare dal canone 1321 ove si

t rovano gli elementi che configurano il concet to di delit to

e si stabiliscono le sue condizioni di punibili tà. La gravità

viene determinata da due aspetti o elementi principali che

d e b b o n o coesistere: a) la gravità oggettiva del l 'obbligo

giuridico che è stato violato; b) la gravità soggettiva, cioè

l 'at teggiamento interiore del l 'autore della violazione ri­

guardo al fatto compiuto , relativo cioè alle facoltà intel­

lettive e volitive che concor rono nell 'agire u m a n o .

« Nessuno è puni to — recita il § 1 del canone citato

— se la violazione esterna della legge o del precet to da lui

commessa n o n sia gravemente imputabile pe r dolo o pe r

colpa ». La gravità di cui al can. 1399 deve essere intesa,

per tanto , come imputabil i tà grave, che p u ò p rocedere sia

dal dolo (violazione deliberata), sia dalla colpa (omissione

( 9 6) P. CIPROTTI, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 4, afferma che il can. 1399 implicitamente riprova la consuetudine come fonte costitutiva di delitti.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 5 1

della debi ta diligenza). In linea di massima, però , l ' impu­

tabilità ex culpa è meno grave di quella ex dolo. Pe r tale

motivo, lo stesso can. 1321 al § 2 stabilisce u n principio

giuridico generale del dirit to penale vigente: la violazione

semplicemente colposa della no rma « n o n puni tur , nisi

lex vel p raecep tum aliter caveat ». Siccome il can. 1399

n o n prevede la punibil i tà ex culpa della violazione della

legge divina o canonica, bisogna affermare che, a tenore

di tale canone, sono passibili di pena soltanto le violazioni

dolose perché solo queste r ientrano nella previsione le­

gale. In definitiva, la fattispecie delittuosa contenuta nel

can. 1399 consiste nella violazione (esterna) dolosa di una

legge divina o ecclesiastica.

Si trat ta infatti di una norma generale che configura

una fattispecie delit tuosa generica: « una azione (o un 'o ­

missione), già di pe r sé giuridicamente illecita, ancorché

n o n costi tuente da sola u n illecito penale » ( 9 7 ) in quan to

n o n specificamente prevista come tale da una legge o

prece t to penali (« Praeter casus hac vel aliis legibus sta-

tu tos », recita il testo del canone) .

U n a volta determinato genericamente il delit to, la

norma che comment iamo stabilisce alcune condizioni

(limitative) ( 9 8 ) di punibili tà: « tune t an tum potest iusta

qu idem poena punir i », e con tale espressione si p o n e

maggiormente l 'accento sul carattere del tu t to eccezio­

nale della norma.

Le condizioni di punibil i tà sono: a) che la speciale

gravità della violazione esiga una punizione, e, b) che urga

( 9 7 ) F.E. ADAMI, II diritto penale canonico e il principio « nullum crimen, nulla poena sine lege », cit., p. 1 5 6 .

( 9 S) Secondo J . WERCKMEISTER, Thèologie et droit penai: Autour du scandale, in Reveu de droit canonique, 39 (1989), p. 1 0 2 : «Malgré la facon limitative de présenter cette règie, eñe n'en reste pas moins fort surprenante: on peut dire en effect que seule la syntaxe de la phrase est limitative, mais qu'aucune limitation quant au forid n'est apportée ».

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52 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

la necessità di prevenire o r iparare gli scandali. I diversi autori h a n n o messo in evidenza che il testo del canone in esame, a differenza di quello del can 2221 § 1 del CIC del '17 che p u r conteneva una no rma simile, r ichiede il concorso simultaneo delle due condizioni, n o n bas tando più una sola d i esse ( " ) . Tale interpretazione si deduce dall 'uso della particella et (« puni t ionem postulai , et ne-cessitas urget »).

Tuttavia, come si p u ò facilmente capire, la pr ima condizione n o n è in realtà un semplice requisi to o p p u r e una semplice condizione di punibil i tà bensì u n presuppo­sto che consiste a p p u n t o nella grave violazione della legge divina o canonica, cioè nella commissione di u n delitto (secondo una nozione che abbiamo chiamato sostanziale di delitto); invero, soltanto un tale compor t amen to p u ò esigere una punizione. M a il fatto che il canone sottolinei la gravità della violazione sta ad indicare che in questo caso si r ichiede una gravità speciale. Pe r tan to , secondo il tenore letterale e lo spirito del canone, ciò che giustifica l 'eccezionale intervento punit ivo n o n è la speciale gravità della violazione ma l 'urgenza di prevenire o r iparare gli scandali ( 1 0 °) . Lo scandalo, pe rò , n o n costituisce, in quanto tale, u n e lemento specifico di ques to delitto, poiché qualsiasi delit to che veramente sia tale causa lo

(") Cfr. F. AZNAR, sub can. 1399, in A A . W . , Código de Derecho Canònico, ed. bilingüe comentada por los profesores de la Facultad de Derecho Canònico de la U.P. de Salamanca, cit., p. 683; L. CHIAPPETTA, Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale, cit., voi. 2, p. 530, n 4537; A . CALABRESE, Diritto Penale Canonico, cit., p. 292; A . BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit., p. 23.

(loo) p CIPROTTI, Elementi di novità nel diritto penale canonico vi­gente, in Monitor Ecclesiasticus, 114 (1989), p. 26: « Il can. 1399 configura in via generale come delitto, punibile con pena (o penitenza) facoltativa, ogni violazione di una legge divina o canonica che non sia già prevista come delitto da una legge positiva canonica, e che sia di speciale gravità, tale da esigere una punizione, ma solo se urga la necessità di prevenire o riparare scandali» (Il corsivo è nostro).

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 5 3

scandalo, maggiore o minore a seconda della pubbl ic i tà o

notorietà del fatto deli t tuoso ( 1 0 1 ) .

D 'a l t ro canto, essendo il fine della pena quello di

« o t tenere sufficientemente la r iparazione dello scandalo,

il r istabilimento della giustizia, l ' emendamento del reo »

(can. 1341), q u a n d o il can. 1399 stabilisce che la viola­

zione deve esigere una punizione, vuole indicare che con

essa si p re t ende che siano ot tenut i tut t i e t re gli effetti

segnalati, i quali r ientrano nel fine della pena. Tuttavia,

com'è no to , ment re le pene medicinali o censure hanno

come scopo più diret to ed immedia to l ' emendamento o

recessione dalla contumacia del reo (il can. 1347 § 2

dispone che « si deve ri tenere che abbia receduto dalla

contumacia il reo che si sia veramente pent i to del delitto

e che abbia inoltre da to congrua r iparazione ai danni e

allo scandalo o almeno abbia seriamente promesso di

farlo »), quelle espiatorie invece perseguono più diretta­

mente la punizione del delit to, vale a dire, p ropr io il

r istabilimento della giustizia e la r iparazione dello scan­

dalo.

L 'unico vero requisito o condizione pe r far scattare la

fattispecie prevista dal can. 1399 è, come abb iamo de t to ,

( 1 0 1 ) In senso contrario F.E. ADAMI, Il diritto penale canonico e il principio « nullum crimen, nulla poena sine lege», cit., p. 1 6 7 - 1 6 8 , il quale sostiene che « nel can. 1 3 9 9 il reato si commette solamente quando Y externa violatio della legge, sia accompagnata da uno scandalo o dal pericolo che dal medesimo possa prodursi. Il nuovo testo di legge (...) si riferisce altresì all'esigenza di praevenire gli stessi, riconoscendo implicitamente che Yoccasio ruinae spiritualis possa non essersi ancora concretata, benché sia facilmente prevedibile ». E lo stesso autore, a p. 1 6 8 , nota 3 6 0 scrive: « Ad un reato di azione ed evento, nel can. 1 3 9 9 , oltre a questa ipotesi, si può altresì avere quella del " reato di pericolo ", quando lo scandalo non si sia ancora manifestato ». Non possiamo condividere tale opinione perché la preven­zione dello scandalo di cui parla il canone significa, in questo contesto, punire il fatto prima che questo venga divulgato affinché una volta reso noto si renda nota nel contempo la pena che è stata applicata per la commissione di tale delitto e si eviti, in tal modo, lo scandalo.

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54 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

l 'urgenza di prevenire o r iparare gli scandali. D i conse­

guenza, n o n è sufficiente che il compor t amen to merit i

una punizione, ma è anche necessario che la prevenzione

e r iparazione degli scandali da esso p rodo t to sia urgente .

Il giudizio in meri to a tale urgenza spetta, evidentemente ,

a l l 'Ordinario che p u ò avviare il processo penale ( 1 0 2 ) .

2.2.2. La pena.

Per quan to r iguarda la pena da infliggere, il testo del can. 1399 impiega l 'espressione iusta poena. Tale dizione è utilizzata dal codice q u a n d o si tratta di pun i re delitti minori . « Quell i maggiori sono già stati previsti dalla legge penale e adeguatamente puni t i sia con pene medicinali sia con pene espiatorie, sia latae sia ferendae sententiae. L 'au­torità competente , quindi , n o n dovrebbe far ricorso alle pene maggiori, ma soltanto a quelle medie o minor i » ( 1 0 3 ) .

D'a l t ra par te , il codice, pe r l 'applicazione delle pene in genere, stabilisce diverse limitazioni che, in riferimento al can. 1399, possono essere riassunte come segue:

a) La pena di cui al can. 1399 n o n p u ò essere applicata che ferendae sententiae, cioè median te decre to amministrativo o sentenza giudiziaria, mai pe r t an to latae

sententiae poiché si tratta di un 'azione che diviene delit­tuosa pe r l ' intervento dell 'autorità, e ciò p u ò avvenire solo a posteriori r ispetto alla realizzazione del fatto; per­tanto la pena n o n p u ò essere automatica, cioè « così che vi si incorra pe r il fatto stesso d 'aver commesso il delitto » (can. 1314).

( 1 0 2 ) Sull'avvio del processo penale si veda il nostro articolo L'inda­gine previa al processo penale (cann. 1717-1719), in A A . W . , I procedimenti speciali nel diritto canonico. Studi giuridici, XXVII, Annali di Dottrina e Giurisprudenza Canonica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1992, p. 233-266.

( 1 0 3 ) A. CALABRESE, Diritto Penale Canonico, cit., p. 292.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 55

b) Pe r la valida imposizione di censure è necessa­

rio aver ammoni to previamente il reo « almeno una volta

di recedere dalla contumacia, assegnandogli u n congruo

spazio di t e m p o pe r ravveders i» (can. 1347 § 1). Perciò

alcuni autori sostengono che non sarebbero applicabili,

nei casi che analiziamo, le pene medicinali o censure ma

soltanto quelle espiatorie ( 1 0 4 ) , po iché soltanto queste

sono compatibili con u n intervento urgente .

c) N o n si possono infliggere pene pe rpe tue (cfr.

can. 1349) ( 1 0 5 ) .

In definitiva, la pena di cui al can. 1399 n o n pot rà

essere che una pena espiatoria di minore entità (escluse le

pene perpetue) da applicare ferendae sententiae (106).

Per quel che si riferisce all 'applicazione di tale pena ,

questa deve seguire, ovviamente, le diverse no rme stabi­

lite dal codice, vale a dire:

a) Pr ima di avviare la p rocedura pe r infliggere la

pena , si deve constatare che « né con l 'ammonizione

fraterna né con la r iprensione né pe r altre vie det ta te dalla

sollecitudine pastorale è possibile o t tenere sufficiente­

mente la riparazione dello scandalo, il r istabilimento della

giustizia, l ' emendamento del reo ».

b) Si deve espletare la preventiva indagine previa a

qualsiasi processo penale (cann. 1717-1719).

e) Si deve svolgere il processo penale, sia ques to

amministrativo (can. 1720) o giudiziario (can. 1721-

1728), il cui scopo è a p p u n t o quello di o t tenere la

( 1 0 4 ) Cfr. O. CASSOLA, op. cit., p. 3 3 7 , e TH. GREEN, sub. can. 1399, in

A A . W . , The Code of Canon Law. A text and commentar^, cit., p. 9 3 1 . ( 1 0 5 ) Inoltre, poiché la dimissione dallo stato clericale non può essere

stabilita per legge particolare, non può neanche essere applicata in base a questo canone per atto di un'autorità inferiore al Romano Pontefice (cfr can. 1 3 1 7 ) ; e se si segue la procedura amministrativa, non si possono applicare pene perpetue (cfr. can. 1 3 4 2 § 2 ) .

( 1 0 6 ) Cfr. V . DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 1 2 4 .

4 . J . SANCHIS

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5 6 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

certezza morale in meri to alla commissione o m e n o del

delitto pe r applicare la pena più conveniente.

C h e la pena possa essere applicata sia dal super iore

( l 'Ordinar io o dal suo delegato) mediante la p rocedura

penale amministrativa, sia dal giudice a seguito di giudi­

zio penale, a seconda della p rocedura scelta, sembra fuori

di ogni dubb io ( 1 0 7 ) . Tuttavia, la decisione di avviare la

p rocedura e, per tan to , di valutare l 'esistenza della spe­

ciale gravità ed urgenza, spetta esclusivamente al l 'Ordi­

nario, e n o n invece al giudice.

E stato cri t icamente osservato che « secondo il ca­

none 1399 sembra che di questa eccezionale facoltà possa

fare uso anche il giudice cui sia devoluto il processo

penale e che ritenga inapplicabile una legge fornita di

sanzione penale, ma tuttavia ravvisi nel fatto addebi ta to

al l ' imputato (che ha violato una legge canonica o divina

n o n difesa da pena ecclesiastica) estremi d i tale gravità e

il p rodurs i di tanto scandalo, da ri tenere giusta l 'irroga­

zione di una sanzione penale » ( 1 0 8 ) . Bisogna tuttavia

negare tale facoltà al giudice perché a lui compete sol­

tanto applicare le leggi (o i precetti) penal i (e, nella

fattispecie, la legge divina o ecclesiastica) e alla loro luce

giudicare l'esistenza o meno del delitto e decidere la pena

da applicare. D i fatto, tra le facoltà discrezionali r icono­

sciute al giudice dai cann. 1343-1346 e 1348-1349 n o n si

trova quella di decidere l'avvio del processo o quella di

stabilire la gravità e urgenza della punizione. Soltanto

« quando il reo viene assolto dall 'accusa o n o n gli viene

inflitta alcuna pena , l 'Ordinar io p u ò provvedere al suo

bene e al bene pubbl ico con o p p o r t u n e ammonizioni o

( 1 0 7 ) F. AZNAR, sub can. 1399, op. cit., p. 6 8 3 ritiene invece che il canone si riferisca soltanto al superiore e non invece al giudice.

( 1 0 8 ) C. BERNARDINI, Osservazioni sul canone 1399, in Monitor Eccle-siasticus, 1 1 4 ( 1 9 8 9 ) , p. 1 4 3 .

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 57

per altre vie det ta te dalla sollecitudine pastorale, o anche, se del caso, con r imedi p e n a l i » (can. 1348).

Inoltre, nel giudicare l 'atto illecito, il giudice o il superiore d e b b o n o tener conto delle diverse circostanze, esimenti, a t tenuant i e aggravanti che possano incidere sul delitto, e concre tamente la circostanza at tenuante , appli­cabile a tu t te le situazioni eccezionali previste da ques to canone, contemplata nel can. 1324 § 1 secondo il quale l 'autore della violazione n o n è esentato dalla pena ma questa deve essere mitigata o sostituita con una peni­tenza, se il deli t to fu commesso « da chi senza colpa ignorava che alla legge o al precet to fosse annessa una pena ». At tenuante d u n q u e , e n o n discriminante, come è invece l ' ignoranza incolpevole della legge; si not i che sono equiparat i all ' ignoranza l ' inavvertenza e l 'errore (cfr. can. 1323, 2°).

2.3. Portata e incidenza del can. 1399 nel sistema penale

canonico.

L'analisi del contenuto del can. 1399 ci ha permesso di conoscere la reale por ta ta e operatività pratica (molto limitata o quasi nulla) dello strumento giuridico e pastorale

in esso configurato. Mol to più impor tant i e gravi sono invece le conseguenze, teoriche e prat iche, che nel com­plesso del sistema penale canonico p u ò avere l ' introdu­zione di una tale generica figura delit tuosa.

Se è vero che il disposto del can. 1399 p u ò contri­buire ad evitare una concezione t r o p p o formale del de­litto che po r t e rebbe a r i tenere azioni che possono causare u n grave danno all 'ordine sociale (e quindi suscettibili di essere punite) soltanto quelle previamente tipizzate da una legge penale ( 1 0 9 ) , cost i tuirebbe invece una visione

(io9) p e r t a i e motivo G. DI MATTIA, Pena e azione pastorale nel diritto

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58 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

t r o p p o semplicistica della quest ione pensare che con tale no rma si possano risolvere n o n solo i p roblemi pastorali derivanti dalle gravi violazioni delle leggi o dei precet t i n o n penali della Chiesa, ma anche la quest ione dottr inale (si bad i b e n e n o n teorica) della convenienza o m e n o delle n o r m e penali , vale a dire, l 'oppor tuni tà che l 'autori tà ecclesiastica preveda, mediante leggi e precet t i penali , le fattispecie delittuose.

L'esistenza di tale no rma è stata giustificata argomen­tando che essa è al servizio dell 'eliminazione di ogni « per iculum animarum » causato dagli effetti della grave violazione e dallo scandalo dalla medesima provocat i . Agli occhi della Chiesa, è stato det to , la no rma penale « in bianco » contenuta nel can. 1399 diviene lo s t rumento migliore — o il meno cattivo —, pe r ricercare la « salus an imarum », la salvezza di ciascuno e di tutt i , del l 'autore del delitto e degli altri. Si è sostenuto che se mancasse una tale no rma « in bianco », alcune violazioni particolar­men te gravi e scandalose res terebbero senza risposta e ciò a danno di tutt i ( u o ) .

« Alla luce di questi pr incipi — scrive il prof. G . di Matt ia — acquista razionalità e forza la dot t r ina classica che intravede il t rasmutarsi della sanzione, da " odiosa quia poenalis " in " favorabilis ", ricollegandosi al pensiero di Sant 'Agostino, il quale, " con u n o dei suoi profondi giochi di parole ", scorge, nel caso di inerzia da par te del respon­sabile, l 'aspetto poenalis della impunitas » (m).

penale della Chiesa, in Monitor Ecclesiasticus, 114 (1989), p. 61 ritiene che « il provvedimento, seppure doloroso ed espressamente non previsto, è teologicamente ed ecclesiologicamente necessario, in quanto è stata lesa l'essenza ontologica della Chiesa ».

( n o ) Cfr. A. BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit., p. 24. Cfr. anche F. NIGRO, sub can. 1399, in op. cit., p. 823-824, il quale scorge nel favor animarum et institutionis il fondamento teologico-pastorale di tale norma.

( N L ) G . DI MATTIA, Vena e azione pastorale nel diritto penale della Chiesa, cit., p. 62. Per un più ampio discorso sull'argomento e relativa

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 59

Ci sembra tuttavia che tu t te queste riflessioni servano più a giustificare l 'esistenza nella Chiesa di u n diri t to penale che a dare ragione della convenienza del disposto del can. 1399 tale come questo è stato accolto dal codice.

Evidentemente , da una prospett iva ontologica, il fon­damento e il fine sia del dirit to penale in generale che dell 'eccezionale previsione contenuta nel can. 1399 n o n possono essere che gli stessi: la tutela della comunione e, in ul t imo termine, la salvezza delle anime. M a la que­stione è, appun to , che il can. 1399 n o n stabilisce soltanto un principio teorico di diri t to pubbl ico — come taluni autori r i tengono che debba essere interpretato ( 1 1 2 ) — secondo il quale l 'autori tà ecclesiastica, in linea di mas­sima, p u ò stabilire di pun i re le azioni contrarie alle leggi, ma una norma penale, che ha la pretesa di essere diret­tamente applicata. E d è p ropr io ques to aspet to di appli­cazione immediata della pena che p o n e i principali p ro ­blemi pratici, sopra t tu t to in relazione alla difesa dei diritti dei fedeli. La giustificazione teorica, a lmeno da u n p u n t o di vista generale e astrat to, non è messa in d u b b i o da nessuno.

Alcuni autori r i tengono che la no rma del can. 1399 « ha la funzione di ovviare all 'imposibilità materiale pe r il legislatore di formulare u n elenco esauriente di tut t i i compor tament i antigiuridici del fidelis» ( 1 1 3 ) , e, di con­seguenza, sostengono che « Il Codex del 1983 ha il meri to di aver chiarito meglio la natura , pe r così dire, " complementare " della norma, la cui stessa esistenza garantisce l'elasticità del sistema penalistico della Chiesa.

bibliografia, cfr. ID, Sostanza e forma nel nuovo diritto penale canonico, cit., p. 432-437.

( 1 1 2 ) Cfr. T. GARCÍA BARBERENA, op. cit., p. 210 e TH. J . GREEN, Penai

law: a review of selected themes, in The Jurist, 50 (1990), p. 247. ( 1 1 3 ) F.E. ADAMI, Il diritto penale canonico e il principio « nullum

crimen, nulla poena sine lege », cit., p. 166, nota 358.

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60 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

Essa, infatti, è destinata ad integrare n o n solo l 'ormai

scarna normativa penale generale (hac=sc. lege), ma al­

tresì quelle che il dirit to canonico particolare o locale

potrà in seguito por re in essere (aliis legibus) » (114).

Per tan to , il can. 1399 compi rebbe una funzione comple­

mentare ed integrativa, che garant i rebbe ul ter iormente

l'elasticità che è peculiare del sistema penale canonico.

Tale opinione si basa sulla convinzione che d e b b a n o

ritenersi deli t tuose tu t te le azione antigiuridiche, il che

n o n solo n o n è vero ma n o n costituisce neanche un

principio o desiderátum de l l 'o rd inamento giuridico della

Chiesa. Median te la normativa del nuovo codice, è stato

infatti r idot to il n u m e r o dei delitti l imitando in tal m o d o

l 'ambito di esercizio del po te re coattivo nella Chiesa.

Inol tre , tale impostazione sembra confondere anacroni­

st icamente il diri t to con la morale , il deli t to con il pec­

cato, e perciò ritiene necessario o conveniente l 'esistenza

di u n elenco o lista di tut t i i peccat i e relative punizioni .

D'a l t ra par te , se questo canone compiesse una funzione

integrativa e complementare , b i sognerebbe allora chie­

dersi quale sia la funzione e lo scopo delle leggi e dei

precet t i penali , sopra t tu t to quelli emanat i dall 'autori tà

particolare, vale a dire, domandars i a che servono det t i

s t rumenti se comunque il superiore p u ò applicare le pene

senza doversi p r ende re il compi to di conoscere e preve­

dere i fatti antigiuridici p iù gravi che si commet tono o si

possono commmet te re nella comuni tà che gli è stata

affidata. Qua le motivo cioè p u ò avere l 'autorità di ema­

nare una norma penale se sa che, in ogni m o d o , p u ò

impor re una pena q u a n d o ritenga che esista una viola­

zione grave del l 'ordine giuridico ( 1 1 5 ) .

(114) Ibidem, p. 166. ( 1 1 5 ) Proprio questa concezione ha portato qualcuno a svuotare di

contenuto, od a considerare senza alcuna rilevanza, tutto il sistema penale

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 61

Infatti, acutamente e giustamente è stato segnalato

che le possibilità del can. 1399 « met tono in discusione

l ' impegno tecnico ed il rigore giuridico dei cann. 1315,

1319, 1321 e 1341 (...). In part icolare temiamo — ag­

giunge lo stesso autore — che davanti alle " facilità "

concesse dal can. 1399, il p roced imento di istituzione

delle pene mediante prece t to abbia u n futuro prat ico

incerto. Incertezza e t imore che sembra d e b b a essere

esteso al can. 1315, tan to giustamente elogiato pe r lo

sviluppo del pr incipio di sussidiarietà nel l 'ambito pena­

le » ( 1 1 6 ) .

D 'a l t ronde , l ' intervento eccezionale previsto dal can.

1399 difficilmente p u ò essere considerato adat to alle

circostanze e situazione di urgenza cui p re t ende rebbe di

rimediare, poiché le giuste limitazioni cui è sot toposto

fanno sì che altre misure, addir i t tura n o n penali , siano

molto più rapide ed efficaci di esso. Alla luce di così

chiare limitazioni, il Marzoa ha osservato che « n o n è

altrettanto chiaro pe rò come il can. 1399 possa essere

fonte di soluzione dei p rob lemi di efficacia e urgen­

za » ( 1 1 7 ) . D i fronte alle situazioni di urgenza che il

can. 1399 p re t ende di risolvere, diversi autori (anche

sotto la disciplina del codice pianobenedet t ino) h a n n o

sostenuto che lo s t rumento più adat to ed efficace sia il

precet to penale ( U 8 ) .

del codice. In tal senso E. CORECCO, L'amministrazione della giustizia nel sistema canonico e in quello statuale, in A A . W . , Amministrazione della giustizia e rapporti umani, Rimini, 1988, p. 136: « Il vescovo è originaria­mente libero nei confronti della legge penale »; Cfr. anche Lo., La sentenza nell'ordinamento canonico, in A A . W . , La sentenza in Europa. Metodo, tecnica e stile, Padova, 1988, p. 280.

( 1 1 6 ) A . MARZOA, LOS delitos y las penas canónicas, cit., p. 694. (117) Ibidem. ( n s ) J. ARIAS, sub can. 1399, op. cit., p. 836: « A la necesidad de

arbitrar instrumentos coactivos rápidos para defender con urgencia un bien jurídico grave que se encuentra amenazado: ello se soluciona con la creación

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62 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

Noi r i teniamo che il can. 1399, nonos tan te i suoi aspetti positivi (soprat tut to relativi all ' impostazione della quest ione dal p u n t o di vista teorico), e la sua utilità ed applicabilità, invero mol to limitata ( 1 1 9 ) , in t roduca tutta­via u n elemento di grave disarmonia nel sistema penale della Chiesa che non si giustifica, a causa della spropor­zione, con le sue scarse potenzialità. Infatti, la soluzione adot ta ta dal codice con il canone citato n o n è l 'unica risposta possibile al p rob lema analizzato (reale ma certo circoscritto a pochissimi casi) e, secondo un impor tan te settore della dottr ina, n o n costituisce inoltre la soluzione p iù conveniente pe r il bene della comuni tà ecclesiale, il quale, n o n va dimenticato, comprende sia il bene comune della Chiesa sia il bene del singolo fedele; vale a dire, d e b b o n o essere ugualmente considerati sia la difesa e tutela dei beni e dei valori fondamental i di tu t to il P o p o l o di Dio , sia la difesa e tutela dei diritti fondamental i dei singoli fedeli che mai possono essere contrappost i , se gli un i e gli altri sono valutati nel giusto m o d o .

D i fatto, come abb iamo visto, una delle soluzioni alternative avanzate da alcuni autori , è quella di r icorrere al prece t to penale. Un'al t ra , p ropos ta da u n Cardinale m e m b r o della Commissione, era quella di utilizzare, nelle

de un precepto singular portador de una pena concreta, en la que incurriría el destinatario si continua en su actitud. (...). Considero que cualquier situación urgente puede resolverse por este medio ». Della stessa opinione cfr. TH. J. GREEN, Penai lato: a review of selected themes, cit., p. 246; A. MARZOA, LOS delitos y las penas canónicas, cit., p. 694; F.X. WERNZ - P. VIDAL, op. cit., p. 44.

( 1 1 9 ) C. BERNARDINI, Osservazioni sul canone 1399, cit., p. 144: « Non mi risulta che il canone 2222 sia stato frequentemente applicato, forse quasi mai e soprattutto è da ritenere che i delitti preveduti e puniti dal libro V I dell'attuale Codice, come dal libro V dell'antico, hanno dizioni e presentano estremi così ampi, che difficilmente una violazione grave e scandalosa di legge ecclesiastica può sfuggire alle sanzioni già prevedute nei canoni ». Della stessa opinione P. FELICI, Una questione elegante: favorevole o odiosa la norma penale?, in Communicationes, 10 (1978), p. 277.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 63

situazioni eccezionali descrit te dal canone in esame, sol­

tanto misure di na tura disciplinare ( 1 2 0 ) . Il suggerimento

n o n fu accolto e, in tal m o d o nel codice vigente, a lmeno

indiret tamente, viene qualificata come delitto qualsiasi

trasgressione della legge (anche se p iù p ropr iamente di

na tura s t ret tamente disciplinare) che, secondo il pare re

discrezionale dell 'autori tà competente , r ichieda un 'ur ­

gente r iparazione dello scandalo ( 1 2 1 ) mediante l'infli­

zione di una pena canonica.

Riguardo al cosiddet to principio di legalità (inteso in

senso stretto), nel l 'ambito degli ord inament i giuridici

statali questo t ende soprat tu t to a compiere una funzione

di garanzia e sicurezza giuridica sia per l 'autorità, che

nelTapplicare la legge manifesta la sua volontà di evitare

anche l 'apparenza di arbitrarietà, (aspetto questo così

impor tante in ambi to canonistico nei confronti dei fede­

li), sia per le persone (che si sentono libere da ipotetici

abusi che possono essere commessi in loro danno) . Esso

compor ta l'esigenza: a) di una previsione di legge, che sia

quindi generale ed astratta, che delinei nei suoi caratteri

essenziali il fatto qualificato come delitto, ed i suoi desti­

natari , b) che tale previsione preesista r ispetto al fatto

concreto, in m o d o che sia conoscibile dal suo destinata­

rio, nonché , c) che la pena sia determinata o a lmeno che

l 'autorità chiamata ad applicarla abbia un limitato spazio

(120) PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO,

Relatio complectens synthesim animadversionum ab Em.mis Patribus Com­missiona ad novissimum schema Codicis Iuris Canonici exhibitarum, cum responsionibus a Secretaria et Consultoribus datis, in Communicationes, 16 (1984), p. 51: « Addatur etiam: quae omnia in casu non suntpoenae propriae dictae sed solummodo media disciplinaria (cfr. can. 2222, § 2, in fine), quia secus Schema sine necessitate durius Codici vigente evadit ».

( 1 2 1 ) Cfr. A. MARZOA, Sanciones disciplinares y penas canónicas, in Ius Canonicum, 28 (1988), p. 185.

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64 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

di discrezionalità nella sua determinazione ( 1 2 2 ) . Inol t re ,

al pr incipio di legalità si ricollegano altri istituti giuridici

che sono applicazioni concrete di esso come ad esempio

il divieto del l ' interpretazione analogica delle leggi penali ,

l ' irretroattività della legge penale, e l 'esclusione della

consuetudine come fonte di dirit to penale ( 1 2 3 ) .

La dot t r ina penalistica statale, comunque , ritiene di

dover dist inguere tra principio di legalità e riserva di

legge. La riserva di legge mira a sottrarre, specialmente al

potere esecutivo, la competenza di po r r e n o r m e in u n o o

più settori o materie del l 'ordinamento. D i solito la riserva

di legge costituisce u n o dei requisiti essenziali del prin­

cipio di legalità in materia penale; vale a dire, questo

richiede che la creazione dei delitti e la determinazione

delle relative p e n e (termine inteso in senso stretto e n o n

comprensivo delle misure disciplinari) d e b b a n o essere

riservate al po te re legislativo, mediante l 'emanazione di

leggi in senso formale ( 1 2 4 ) .

Nel sistema penale del codice canonico vigente n o n

si r iscontra nessuno degli elementi indicati. Infatti, la

costituzione dei delitti p u ò avvenire, sia mediante legge

sia mediante precet to , di na tura amministrativa; inoltre,

il can. 1399 permet te di infliggere una pena anche se n o n

preesista, r ispetto al fatto concreto , una previsione

normativa penale che permet ta di qualificarlo come

delitto; e, in fine, il codice stabilisce numerosissime pene

indeterminate, lasciando per lo p iù largo spazio alla

discrezionalità dei giudici e dei Superiori nella determi-

( 1 2 2 ) Si veda lo studio di J. ARIAS, El principio de legalidad en la reforma del Libro V del CIC, in Ius Canonicum, 18 (1978), p. 291-318.

( 1 2 3 ) Cfr. G. MANTUANO, op. cit., p. 3.

( 1 2 4 ) Sul punto si veda G. MARINI, voce Nullum crimen, nulla poena sine lege (diritto penale), in Enciclopedia del Diritto, Milano, 1978, voi. XXVIII, p. 952 ss.

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 65

nazione della pena , sia questa facoltativa o p p u r e precet­

tiva ( 1 2 5 ) .

L'aver limitato ad u n o solo tra i molteplici aspetti ,

benché esso sia cer tamente il p iù rilevante, la discussione

sull 'applicazione o meno del cosiddet to pr incipio di le­

galità nel sistema penale canonico n o n ha giovato a

chiarire tut t i gli aspetti sostanziali e, in particolar m o d o ,

la por ta ta del principio di discrezionalità (certamente pre­

sente e necessario nel l 'o rd inamento canonico) pe rché

questo, nella vigente normativa, appare p iu t tos to come

una por ta aperta che p u ò condur re sia all 'arbitrarietà che

all'inerzia dell 'autorità.

Inol tre , si r icordi che in questo tema incide anche la

scelta fatta dal codice di t ra t tare unilateralmente, e con

una medesima prospett iva, tu t to quan to si riferisce all'e­

sercizio della potestà coattiva (lo ius puniendi) nella

Chiesa: vale a dire, le diverse situazioni che possono

richiedere da par te dell 'autorità u n intervento di t ipo

punit ivo. Il titolo del Libro VI , Le Sanzioni nella Chiesa,

è mol to espressivo al r igurado, in quan to da u n lato

p re t ende di r iunire tutt i i diversi interventi possibili (le

pene , le peni tenze, le misure preventive e quelle discipli­

nari, ecc.) e dall 'altro sottolinea l 'aspetto coattivo; vale a

dire, tut ta la normativa ha il suo p e r n o nella sanzione e

( I 2 5 ) J . HERVADA, Pensamientos de un canonista en la hora presente, Servicio de Publicaciones de la Universidad de Navarra, S.A., Pamplona, 1989, p. 135: «Pero lo decisivo es que el libro VI del CIC con harta frecuencia desconoce el principio de legalidad y se limita a decir respecto de una serie de delitos iusta poena puniatur, introduciendo así un factor de inseguridad, que no es compatible con el derecho del fiel reconocido por el canon 221, esto es, que no es compatible con el principio de legalidad. Se ha querido hacer un derecho penal pastoral y se ha incurrido en el arbitrio y la discrecionalidad del superior, lo que fácilmente puede degenerar en arbitra­riedad. No puedo negar que todo mi oficio de jurista — de canonista — se alza contra un derecho penal así concebido: lo primero en la imposición de penas es la eliminación del arbitrio ».

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66 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

n o n invece nel delit to o, p iù propr iamente , nella viola­

zione del l 'ordine giuridico. Tale impostazione, inoltre,

n o n ha permesso di fare le necessarie distinzioni, e in tal

m o d o vengono valutate e sot toposte agli stessi principi ,

anche per quan to si riferisce al pr incipio di legalità,

situazioni mol to diverse tra loro, che avrebbero meri ta to

una risposta ecclesiale anch'essa diversa.

Infatti, sarebbe stato o p p o r t u n o applicare rigida­

mente il pr incipio di legalità con tut t i i suoi elementi

(previsione del fatto illecito, riserva di legge — permet­

t endo l 'emanazione di precet t i penali sol tanto a coloro

che siano investiti del po te re legislativo —, e pene deter­

minate) al l 'ambito s t re t tamente penale.

Sarebbe p ropr io invece del l 'ambito sanzionatorio

dell'illecito amministrativo che la potestà esecutiva abbia

il po te re di emanare n o r m e (anche generali) che stabili­

scano i compor tament i illeciti e comminino misure o

sanzioni disciplinari, così come il godere di u n p iù ampio

po te re discrezionale nella determinazione sia degli obbli­

ghi giuridici sia delle sanzioni ( 1 2 6 ) . In tal m o d o pens iamo

che sarebbe possibile armonizzare il pr incipio di legalità

e quello di discrezionalità, con le loro rispettive esigenze,

fondate sulla natura specifica de l l 'o rd inamento canonico.

3. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Riassumendo quan to finora abb iamo de t to , il p resup­pos to del concet to di delit to è l 'azione umana antigiuri­dica, vale a dire, l 'atto formalmente ingiusto pe rché volontar iamente lesivo di u n bene (cosa o diritto) dovuto ,

( 1 2 6 ) A . MARZOA, Sanciones disciplinares y penas canónicas, cit., p. 1 8 9 : « El principio de discrecionalidad introducido en el sistema penal por el actual c. 1 3 9 9 , permite igualmente legitimar desde la instancia penal una necesidad disciplinar ».

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 67

che causa u n disordine sociale e, nella Chiesa, u n atten­tato alla comunione , e cioè ai beni giuridici fondamentali quali sono la fede, i sacramenti , i diritti fondamental i dei fedeli, ecc.

Essendo il delitto u n atto umano , in esso si possono distinguere, ma n o n separare, due aspetti o elementi : l 'e lemento oggettivo e l 'e lemento soggettivo. In quan to l 'atto è contrar io al diri t to, l 'antigiuridicità espr ime la valutazione di tale atto dal p u n t o di vista giuridico, ma tale valutazione n o n costituisce, ovviamente, un elemento dell 'atto, né per tan to del delit to.

Il giudizio sull 'antigiuridicità p u ò essere da to te­nendo conto unicamente delle esigenze di giustizia deri­vanti dal diri t to divino (naturale e positivo), e in tal caso si parla di antigiuridicità sostanziale, o p p u r e t enendo anche conto delle altre fonti de l l 'o rd inamento canonico in cui acquista piena efficacia il dirit to divino, e allora abb iamo Xantigiuridicità formale dell 'at to preso in consi­derazione.

C o m u n q u e , il giudizio sulla giuridicità o meno del­l 'atto umano n o n va confuso con una valutazione sulla sua moralità. Bisogna distinguere, senza separare, l 'am­bi to morale da quello giuridico. T ra diri t to e morale esiste uno stretto e armonico rappor to ma anche una necessaria distinzione. L 'a t to antigiuridico in quan to atto ingiusto (contrario alla giustizia) è anche contrario alle esigenze morali e, per tan to , p u ò anche essere qualificato come peccato, ma tale qualifica n o n spetta al diri t to.

Inoltre, poiché il dirit to, par t icolarmente quello della Chiesa, è fondato sul dirit to divino, e in esso n o n p u ò esistere contraddizione tra il dirit to divino e il diri t to umano , ma integrazione mediante la positivazione e la formalizzazione, le azioni sostanzialmente antigiuridiche

saranno di fatto anche formalmente antigiuridiche; d 'al tra par te , le azioni formalmente antigiuridiche — e soprat-

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68 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

tu t to quelle p iù gravi, quali sono i delitti —, lo saranno

anche da u n p u n t o di vista sostanziale, benché in diversi

gradi. Perciò, q u a n d o par l iamo di antigiuridicità, senza

ulteriori qualifiche, noi ci riferiamo all 'antigiuridicità tout

court, vale a dire, a quella che viene determinata dall 'or­

d inamento giuridico, costituito dall ' integrazione del di­

ritto divino e del dirit to umano , e pe r t an to anche dalle

no rme giuridiche formali o positive.

Gli atti antigiuridici, in quan to formalmente ingiusti,

possono essere puni t i ( 1 2 7 ) . Il concet to di delit to, occorre

sottolinearlo, fa riferimento alla punibil i tà dell 'at to anti­

giuridico; per tan to , in astratto, è considerato delit to l'atto

antigiuridico punibile. La concreta determinazione di

quali azioni d e b b a n o essere puni te , e con quale pena ,

compete all 'autorità. Il p resuppos to della punibil i tà è,

sempre e comunque , l 'antigiuridicità dell 'azione.

Secondo la p iù ampia nozione sostanziale, deli t to è

ogni atto antigiuridico. Secondo tale concezione, pe r qua­

lificare come delit tuose queste azioni, n o n sarebbe neces­

saria una no rma penale con la quale si commini una pena

contro chi le commet te . Tuttavia, n o n tu t te le azioni

antigiuridiche d e b b o n o essere puni te e, d i fatto, n o n tu t te

vengono puni te . In linea di massima, perché l 'antigiuri­

dicità possa essere pena lmente rilevante questa dev'essere

grave, vale a dire, deve costituire una lesione grave del­

l 'ordinamento giuridico. Tale gravità nella Chiesa viene

misurata in relazione a beni e valori p rop r i e specifici. D i

conseguenza, vengono puni te con pene vere e p ropr ie

( I 2 7 ) É perciò che non pochi autori parlano del carattere penale di ogni norma, nel senso che la sua violazione, in quanto antigiuridica, po­trebbe meritare una punizione; così, ad esempio, G . MICHIELS, Normae Generales Iuris Canonici, Desclée, Parisiis-Tomaci-Romae, voi. 2, 1949, p. 248: « Omnis lex ecclesiastica, etiam illa cui individuatim et explicite nulla additur sanctio canonica, vere et propriae (ante transgresionem) censendo est poenalis ».

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 69

soltanto quelle azioni p iù gravi che, t enendo conto delle circostanze di t e m p o e luogo, causano u n d a n n o più grave. Quel le meno gravi sono normalmente sot toposte a misure di carattere disciplinare, di polizia, ecc.

In ogni m o d o , come abbiamo p iù volte r ibadito, n o n p u ò essere puni ta un 'azione che n o n sia antigiuridica. M a allo stesso t e m p o bisogna affermare che se u n azione n o n viene puni ta ciò n o n significa che sia giusta o p p u r e lecita; infatti, n o n tu t to ciò che è ingiusto viene pun i to ; e n o n tut to ciò che non è pun i to è giusto. Un 'az ione cioè n o n è antigiuridica, ingiusta o illecita perché viene puni ta bensì al contrario, quando è puni ta ciò avviene perché è anti­giuridica. Ques to spiega pe rché n o n sia necessario, e n e m m e n o o p p o r t u n o , fare l 'elenco di tu t te le azioni antigiuridiche e qualificarle come delittuose. Nel l 'ordina­mento giuridico della Chiesa, in realtà, ci sono azioni gravemente antigiuridiche — e anche peccaminose in m o d o gravissimo — che tuttavia, per diversi motivi, n o n vengono qualificate come delit tuose e n o n vengono giu­r idicamente puni te , senza che ciò significhi ovviamente una qualche ratifica di tali azioni da par te dell 'autorità. Si pensi, ad esempio, ai numeros i casi di depenalizzazione, espressamente previsti dalla legislazione canonica vigente (cfr. can. 1313).

Median te le no rme penali si determina accuratamente sia l 'azione antigiuridica che l 'autorità competen te ritiene o p p o r t u n o punire , sia la pena che deve essere applica­ta ( 1 2 8 ) . Anche se, a lmeno in teoria, niente impedisce che l 'autorità possa puni re un 'azione antigiuridica n o n pre­viamente tipificata come delit tuosa, u n congruente svi­luppo dei principi di giustizia inerenti alla « lex na turae »

(i2s) px. WERNZ - P. VIDAL, op. cit., p. 4 1 : «Legem poenalem de-terminatur in concreto et a posteriori, quaenam actiones contra legem sint poenae obnoxia et vera delieta, praesupposito philosofico et vere iuridico conceptu delieti ».

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7 0 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

e alla « lex gratiae », a motivo dell 'uguaglianza, della sicurezza e della certezza giuridica — principi questi che anche se n o n sono assoluti sono giusti, e che valgono pe r tutelare ciò che è giusto e n o n pe r ciò che è ingiusto ( 1 2 9 ) —, postula, come una progressiva conquista di civiltà, che sia nella società civile sia nella Chiesa le pene vengano previamente comminate ; vale a dire, la ricerca e la rea­lizzazione della giustizia consigliano di accogliere quel pr incipio di ord ine sociale e giuridico denomina to prin­cipio di legalità. (È stato suggerito dall 'Arias ( 1 3 °) che nella Chiesa esso dovrebbe essere chiamato principio di normatività penale, poiché n o n solo la legge ma anche il precet to è fonte costitutiva dei delitti e delle pene) .

La determinazione del delitto r ichiede sempre di fatto la mediazione della no rma positiva ( 1 3 1 ) ; si ha delitto soltanto q u a n d o il fatto costituisce violazione di una norma in cui si commini una pena pe r chi compie l 'azione da essa descritta, una norma cioè penale. « Poiché ciò che contraddis t ingue la no rma penale è la part icolare sanzione da essa astrat tamente comminata , cioè la pena , reato è ogni fatto per il quale la legge statuisce una pena crimi­nale o strido sensu. La pena è ciò che, in definitiva contrassegna in astratto un fatto come reato » ( 1 3 2 ) . In tal senso, la nozione di delit to è anche una nozione formale — n o n formalistica — e n o n solo sostanziale, vale a dire, sarà delitto « ogni fatto al quale l 'o rd inamento giuridico ricongiunge come conseguenza una pena » ( 1 3 3 ) . In tal

( 1 2 9 ) Cfr. J . HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, cit., p. 1 9 0 .

(130) Qix. J . ARIAS, El sistema penai canònico ante la reforma del CIC, cit., p. 2 3 4 - 2 3 6 .

( M ) F. ROBERTI, op. cit., p. 6 8 : « Cum ex iure naturae nonnisi generica necessitas puniendi crimina oriatur, expedit ut latissima norma determinetur a iure positivo et diversis temporum et locorum adiunctis accommodetur ».

( 1 3 2 ) F. MANTOVANI, op. cit., p. 5 0 .

( 1 3 3 ) F. ANTOLISEI, op. cit., p. 1 4 5 .

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IL SIGNIFICATO DELLA NORMA PENALE 7 1

m o d o , « 1"' antigiuridicità sostanziale " — o, secondo

noi, l 'antigiuridicità lato sensu — p u ò essere solo motivo

che determinerà il legislatore u m a n o a emanare una legge

incriminatrice » ( 1 3 4 ) . La nozione stessa di delitto è una

nozione formale ( 1 3 5 ) a lmeno pe r quan to r iguarda il

collegamento del fatto con la pena , che infatti r ichiede

sempre la mediazione di una no rma giuridica di carattere

formale ( 1 3 6 ) . Tuttavia, tale nozione n o n è pu ramen te

formale pe rché è fondata, come abb iamo visto, su ele­

ment i sostanziali di na tura ontologica, sia pe r quan to si

riferisce all 'antigiuridicità richiesta dall 'at to u m a n o sia

pe r la conseguenza giuridica di esso: la pena ( 1 3 7 ) .

Pe r quan to r iguarda l'utilità dell 'espressione nozione

sostanziale di delitto, noi r i teniamo che essa possa essere

usata corre t tamente pe r indicare le caratteristiche o i

requisiti che, in astratto, un 'az ione deve avere perché

l 'autorità possa decidere di punir la con una pena (ad

esempio, part icolare gravità, pericolosità, ecc.). Infatti,

men t re con la nozione sostanziale di delit to — fondata

sull 'antigiuridicità denominata sostanziale o materiale —

si determina, da una prospett iva concettuale ed astratta,

( 1 > A ) G . BETTIOL - L. PETTOELLO MANTOVANI, op. cit., p. 3 4 2 .

( 1 3 5 ) A. BORRAS, op. cit., p. 5 4 : « Formellement parlant, le délit constitue Yhypothèse à laquelle la norma juridique, dans ce cas de la loi pénale, attaché una solution, en l'occurrence une sanction péenale qui comporte des effects juridiques ou, pour mieux dire, canoniques ».

( 1 3 6 ) G . MICHIELS, op. cit., voi. 1, p. 6 7 : « A d delictum in iure ecclesiastico non sufficit violatio legis civilis vel divinae, sive naturalis sive positivae, nisi sanctione canonica fuerit munita et qua talis ut vere ecclesia­stica eb autoritate promulgata ».

( 1 3 7 ) L. GEROSA, op. cit., p. 1 4 , ritiene però, commentando il can. 2 1 9 5 § 1 del CIC del 1 9 1 7 , che « i termini " lex ", " sanctio " e soprattutto " addictio " rivelano in modo netto come l'immagine codicíale del delitto canonico sia formata unicamente da elementi di diritto positivo, cioè non appartenenti " ex natura rei " alla struttura dogmatica della Chiesa. In altre parole, detti elementi anziché essere ancorati nella struttura peculiare della realtà ecclesiale sono previsti e voluti dal legislatore umano ».

5 . J . SANCHIS

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72 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

quali siano i compor tament i suscettibili di essere punit i , invece con il pr incipio della previa comminazione della pena si mira d i re t tamente all 'applicazione di essa: si determina q u a n d o possa essere applicata in concreto una misura di na tura penale o sanzionatoria e q u a n d o invece no . Perciò il passo dal delitto (inteso in senso sostanziale) all'effettiva inflizione della pena non p u ò essere automa­tico: è necessaria la mediazione della no rma penale nella quale venga de terminato quale sia il delitto e quale la pena da applicare.

C o n la previa tipizzazione, in sede normativa, delle fattispecie delit tuose, si cerca di evitare il gravissimo rischio di arbitrio del potere esecutivo e del potere giudiziario, assicurando nel con tempo il p iù possibile la giustizia nell 'esercizio della potestà punitiva. Una delle funzioni essenziali del dirit to penale, infatti, è quella di stabilire i limiti al po te re coattivo ( 1 3 8 ) . Al giudice, e all 'autorità esecutiva, n o n si lascia il giudizio sulla delit­tuosità degli atti umani , ma soltanto l 'applicazione della pena; per tan to , se un 'a t to ingiusto n o n è tipizzato come delitto, cioè n o n è muni to di sanzione penale dalla no rma giuridica, il giudice non p u ò punir lo .

Tale impostazione richiede, evidentemente , da par te dell 'autorità che p u ò emanare le n o r m e penali , tempestivi interventi volti ad adeguare il diri t to penale al divenire della realtà sociale ed assicurare in tal m o d o un'efficace tutela dei beni giuridici fondamentali .

( I 3 S ) Cfr. J . WERCKMEISTER, op. cit., p. 103 .

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CAPITOLO SECONDO

L E F O N T I D E L D I R I T T O P E N A L E C A N O N I C O

1. LE FONTI COSTITUTIVE NEL DIRITTO PENALE

1.1. La legge penale e il precetto penale.

Per fonti del dirit to penale canonico si in tendono gli s t rumenti giuridico-formali mediante i quali si commi­nano le pene , si prevede cioè una sanzione penale da irrogarsi ai trasgressori di un determinato obbl igo di natura giuridica; di conseguenza, nello stesso t e m p o , si costituiscono i delitti Pe r tale motivo vengono nor­malmente denomina te fonti costitutive dei delitti, e delle pene ad essi corr ispondenti , sono cioè fonti incrimina-trici, per differenziarle da quelle altre no rme giuridiche che incidono in diverso m o d o sulla materia penale e che r iguardano invece altri aspetti o moment i della pena , quali sono, per esempio, quelle att inenti alla sua applica­zione, ai suoi effetti o alla sua remissione.

Secondo la normativa del vigente Codice di Dir i t to Canonico della Chiesa Latina, due sono gli s t rument i giuridici o fonti formali costitutive mediante i quali l 'au­torità competen te p u ò comminare le pene : la legge e il precet to (cfr. pr incipalmente, i cann. 1315 e 1319) ( 2 ) , ai

0) A. BORRAS, op. cit., p. 54: «La previsión d'une peine implique nécessairement la considération d'un delit ».

( 2) A. MARZOA, LOS delitos y las penas canónicas, cit., p. 692: « Al tratar de las fuentes del derecho penal dentro de lo que hemos llamado momento

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74 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

quali il codice dedica specificamente il titolo I I della par te

I del l ibro VI , intitolato per l ' appunto « De lege poenali ac

de praecepto poenali ».

Il carattere penale della legge o del prece t to viene

de terminato n o n dall 'obbligo giuridico, positivo o nega­

tivo, in essi stabilito (che d 'a l t ronde è di solito contenuto

anche in altre n o r m e non penali) bensì dalla previsione o

comminazione di una pena in caso di inadempimento ( 3 ) .

Sono infatti penali le leggi o i precett i « quae poenam

statuunt » (can. 18) ( 4 ) . Ciò che accomuna la legge e il

precet to , nonos tan te la grande diversità delle rispettive

na ture giuridiche e le caratteristiche p ropr ie di ciascuna

— di cui ci occuperemo nei capitoli seguenti —, è il fatto

di po te r muni re con una pena la realizzazione di u n at to

antigiuridico, facendolo diventare deli t tuoso: pe r chiun­

que, se si tratta di una legge (ovviamente en t ro l 'ambito

territoriale o personale in cui sono in vigore), o p p u r e pe r

colui cui il precet to è diret to.

U n p r imo rilievo va fatto: nel dirit to canonico, al­

m e n o nella normativa vigente, n o n esiste la riserva di

constitutivo, sólo podemos referirnos a una fuente: la norma, en sus moda­lidades de ley o precepto, y con exclusión de la costumbre ». Noi quando ci riferiamo alla legge e al precetto insieme, quali fonti costitutive del diritto penale, non adoperiamo il termine norma perché — come avremo occasione di esporre — il precetto penale, secondo la normativa vigente, è un atto amministrativo.

( 3) A . PAGLIARO, voce Legge penale, in Enciclopedia del Diritto, Giuf­frè, Milano, 1973, voi. XXIII, p. 1043: «Perché una materia penale non esiste. Il diritto penale, infatti, non si caratterizza per i beni tutelati, ma per il modo di disciplina ».

( 4) L'espressione « legge penale », tuttavia, ricorre poche volte nel codice (cfr. cann. 6 § 1, 3; 87 § 1; 1315 § 1 e 1316), e meno ancora quella di « precetto penale » (cfr. can. 1319 § 1). Sono invece numerosi i riferimenti alla legge e al precetto, considerati insieme, e riguardanti una pena da applicare: cfr. X. OCHOA, Index verborum ac locutionum Codicis Iuris Cano­nici, Commentarium pro Religiosis, Roma, 1983, p. 239-240.

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 75

legge in ambi to penale ( 5 ) , poiché n o n solo la legge ma anche altri provvediment i , di natura diversa dalla legge, come sono i precett i , possono comminare pene .

1.2. La consuetudine.

La consuetudine, fonte del diri t to in genere (cfr. cann. 23-28), n o n è invece fonte del diri t to penale, n o n è cioè s t rumento adat to per la comminazione di pene . « Q u o m o d o enim d e consuetudine dici potest , ei " addi-tam esse " sanct ionem canonicam? », si chiedeva il Mi­chiels ( 6 ) . Infatti, « è impossibile concepire una consue­tud ine che in t roduca una nuova figura di delitto, da to che la determinazione della pena n o n è mai opera della comunità , n é una tale consuetudine po t r ebbe mai avere i requisiti voluti dai canoni (...), sopra t tu t to quello della rationabilitas (cfr. can. 24 § 2, e can. 1399 che implicita­mente riprova tale consuetudine) » ( 7 ) .

Riguardo al p rob lema dell'efficacia della consuetu­dine nel l 'ambito penale, comunque , bisogna dist inguere diversi aspetti. D a un lato, la consuetudine p u ò compiere una funzione integratrice q u a n d o disposizioni penali « rinviano, esplicitamente o implici tamente, a n o r m e di rami del l 'o rd inamento giuridico in cui la consuetudine p u ò essere fonte di diri t to » ( 8 ) , nella determinazione cioè dell 'obbligo giuridico o imperativo di condot ta la cui violazione costituisce l'illecito penale. Si pensi a questo r iguardo, ad esempio, alla fattispecie del can. 1397 che

(') Si ha la riserva di legge, scrive A. PAGLIARO, op. cit., p. 1048, quando « il legislatore si è riservata, in modo assoluto, la connessione tra un certo illecito e la rispettiva sanzione penale », in modo tale che « nessun altro atto normativo, oltre alla legge e agli atti equiparati, può costituire fonte del diritto penale » (p. 1047).

( 6) G. MICHIELS, Normae Generales Iuris Canonici, cit., voi. 1, p. 67. ( 7) P. CIPROTTI, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 3. (8) F. MANTOVANI, op. cit., p. 83.

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7 6 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

commina una pena giusta a « chi viola gravemente l 'ob­

bligo della residenza cui è t enu to in ragione dell'ufficio

ecclesiastico » ( 9 ) . Mol to p robab i lmente ci sono o ci

po t r anno essere in qualche luogo consuetudini che de­

terminano alcuni aspetti di tale obbl igo.

D 'a l t ro lato, la consuetudine secundum legem è ov­

viamente accettata ai fini del l ' interpretazione della legge,

anche penale (cfr. can. 27) ( 1 0 ) . E inoltre cer tamente

possibile una consuetudine contra legem o desuetudine ,

cioè una consuetudine che abroghi una norma penale di

qualsiasi specie ( u ) a causa della sua inosservanza.

C o m u n q u e , in quanto « fonte ispiratrice » la consue­

tudine p u ò determinare la creazione o p p u r e la deroga di

una no rma penale ( 1 2 ) .

2. LA STRUTTURA ESSENZIALE E IL CONTENUTO DEI PROVVEDI­

MENTI PENALI

La legge e il precet to , in quan to penali , hanno una

strut tura essenziale simile, costitutita da d u e elementi: a)

il comando o il divieto di una determinata condot ta , cui

consegue che la trasgressione sia lesiva del l 'ordine sociale

{precetto primario); b) la pena o sanzione o, meglio an-

( 9) L'obbligo di residenza è regolato dai cann. 2 8 3 § 1, 3 5 6 , 3 9 5 § 1, 4 1 0 , 4 2 9 , 5 3 3 § 1, 5 4 3 § 2 , I o , 5 5 0 § 1, 6 2 9 .

( 1 0 ) Cfr. F. ROBERTI, op. cit., p. 7 8 ed anche F. DELLA ROCCA, op. cit.,

p. 5 2 2 .

( u ) Cfr. P. CIPROTTI, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 3 , F. DELLA ROCCA, op. cit., p. 5 2 5 . G . MICHIELS, Normae Generales Iuris Canonici, cit., voi. 1, p. 1 8 5 , citando a Suarez, De leg. 1, VIII , n 1 9 , scrive che la consuetudine contra legem ha forza abrogatrice « quandoque fit, ut consue-tudo sit irrationabilis quoad legis transgressionem, sit vero rationabilis quoad non exsecutionem, vel non impositionem poenae, ut si, non obstante malitia transgressionis, poena videatur nimis acerba, aut praeter mores patriae, aut esset occasio graviorem peccatorum, vel quid simile ».

( 1 2) A. MARZOA, LOS delitos y las penas canónicas, cit., p. 6 9 2 .

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 7 7

cora, la minaccia di una pena o sanzione, come conse­

guenza giuridica, per il soggetto che violi il comando ,

positivo o negativo, de terminato dal precet to pr imar io

{precetto secondario) (13).

Tale strut tura è anche coerente con la na tura del

dirit to e con la funzione che in esso compie la coattività.

La coattività non appar t iene all'essenza del diri t to, ne è

però una possibile conseguenza ( 1 4 ) . La coattività n o n è

un elemento costitutivo del diri t to bensì conseguente,

poiché essendo la coattività il m o d o di tutelare l 'esercizio

di un dirit to o di far adempiere un 'obbl igo , nonos tan te la

volontà contraria della persona ad esso obbligata, essa

p re suppone la previa costituzione del l 'ordine che deve

essere difeso ( 1 5 ) : la coattività è d u n q u e posteriore r ispetto

all 'ordine giuridico n o n solo in senso cronologico ma

anche ontologico della relazione giuridica ( 1 6 ) . Inol t re ,

non tu t te le no rme hanno giuridicamente lo stesso valore,

così come n o n è identica la reazione del corpo sociale o

dell 'autorità di fronte all'infrazione delle diverse no rme ;

perciò in certe occasioni tale inosservanza viene pun i ta

con pene severe, ment re in altri casi la reazione è p iù lie­

ve ( 1 7 ) . Bisogna perciò stabilire mediante la no rma penale

( 1 3 ) Cfr. F.E. ADAMI, II diritto penale canonico e il principio « nullum crimen, nulla poena sine lege », cit., p. 1 6 3 ; A. BORRAS, op. cit., p. 4 6 ; V. DEL GIUDICE, op. cit., p. 4 8 3 ; F. DELLA ROCCA, op. cit., p. 5 1 3 ; R.A. FROSALI, voce

Legge penale, in Novissimo Digesto Italiano, Utet, Torino, 1 9 6 3 , voi. IX, p. 6 6 6 ; A. PAGLIARO, op. cit., p. 1 0 4 9 ; J .L. SANTOS DÍEZ, Il diritto penale

canonico, in A A . W . , Corso di diritto canonico, voi. II, ed. italiana a cura di E. Cappellini, cap. X V I , Queriniana, Brescia, 1 9 7 4 , p. 1 9 9 - 2 0 0 .

( 1 4) Cfr. J . HERVADA, Lecciones de Filosofia del Derecho, voi. 1, Teoria de la justicia y del Derecho, Eunsa, Pamplona, 1 9 8 9 , p. 2 4 7 - 2 5 0 .

( 1 5 ) V . DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 4 7 : «Leges poenales sunt aliquid accessorium, praesupponunt iam, saltem conceptuali-ter, leges non poenales constituías ».

O6) Cfr. A. BERNÁRDEZ CANTÓN, Parte general de Derecho Canònico, Editorial Centro de Estudios Ramón Areces, Madrid, 1 9 9 0 , p. 4 1 - 4 2 .

( 1 7 ) Cfr. A. DEL PORTILLO, op. cit., p. 7 3 6 - 7 3 7 .

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78 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

una relazione tra i due termini (precetto pr imar io e pena

o sanzione), e che questa sia giusta, cioè proporz ionata .

Ques ta distinzione è anche presente , con degli effetti

giuridici differenziati, pe r quan to si riferisce all 'igno­

ranza e all 'errore sia del l 'uno che dell 'altro prece t to della

legge penale. Il can. 15 stabilisce che « l ' ignoranza o

l 'errore circa la legge o la pena (...) n o n si p r e s u m o n o »,

tuttavia men t r e l ' ignoranza incolpevole (alla quale sono

equiparat i l ' inavvertenza e l 'errore) di violare una legge

o un prece t to costituisce una causa esimente della pu­

nibilità (can. 1323, 2°), l ' ignoranza incolpevole che alla

legge o al precet to fosse annessa una pena viene giusta­

mente considerata soltanto come causa a t tenuante (can.

1324 § 1, 9°) ( 1 8 ) .

2 .1 . Il precetto primario.

Per quan to r iguarda l 'obbligo giuridico, positivo o negativo, la cui violazione costituisce una grave ingiustizia perché contraria al diri t to e, per tanto , è anche grave­mente lesiva dei beni e degli interessi giuridici fondamen­tali della Chiesa, vale a dire, il denomina to prece t to pr imario, questo p u ò venire determinato sia d i re t tamente dalle n o r m e di dirit to divino, sia dalle n o r m e ecclesiasti-che-umane (in alcuni casi, po t r ebbe anche trattarsi per­sino di obblighi stabiliti dañe n o r m e dello Stato) ( 1 9 ) . Per

( l s ) Non potendo soffermarci su questo argomento, rinviamo agli studi di M . JASONNI, Contributo allo studio della « ignorantia iuris » nel diritto penale canonico, cit., (del quale non condividiamo alcune delle sue conclu­sioni riguardanti la vigente normativa), e C. VECCHIARELLI, L'« ignorantia legis » e l'« error iuris » nell'ordinamento dello stato ed in quello della Chiesa. Prospettive di riforma, in Ephemerides Iuris Canonici, 45 (1989), p. 469-514.

( 1 9) G. MICHIELS, Normae Generales Iuris Canonici, cit., voi. 1, p. 66: « Ex se criminaliter imputabilis est tum violatio normae positivae iuris divini, naturalis aut positivi, tum violatio normae positivae ab Ecclesia propria auctoritate directe constitutae, tum violatio normae positivae civilis aut

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 79

tale motivo, il can. 1315, che regola l 'esercizio della

potestà legislativa penale — ma, sotto ques to profilo, è

anche applicabile alla potestà precettiva penale —, di­

spone che chi p u ò dare una no rma penale p u ò « etiam

legem divinam vel legem ecclesiasticam, a superiore au-

ctoritate latam, congrua poena muni re ». Anche il can.

1399 fa riferimento alla legge divina e alla legge canonica.

Il contenuto dell 'obbligo giuridico, che costituisce

l 'oggetto o bene giuridico pro te t to mediante la commi­

nazione della pena, p u ò per tan to trovarsi stabilito:

a) dalle n o r m e della legge divina. A d esempio, gli

obblighi r iguardanti i) la legge naturale, quali sono il

dirit to alla vita, all 'integrità fisica o morale , alla l ibertà

personale, alla b u o n a fama, all 'intimità, il diri t to dei

genitori ad educare i figli, ecc. Perciò esistono nella

vigente legislazione delitti che ledono tali diritti quali

sono i delitti di abor to (can. 1398), di omicidio, di

mutilazione, di rap imento (can. 1397), o di violenza fisica

(can. 1370), i delitti di calunnia (can. 1390 § 3) e di

violazione del segreto, ecc. e quelli connessi ti) alle norme

derivanti dalla legge divino-positiva, collegati all 'insegna­

men to della verità rivelata, all 'amministrazione dei sacra­

menti , all'esercizio della sacra potestà, ecc. A d esempio,

l'eresia (can. 1364 § 1), la profanazione delle Specie

consacrate (can. 1367), l 'a t tentare la celebrazione della

Santa Messa o l 'assoluzione sacramentale da par te d i chi

n o n ha ricevuto l 'ordine sacerdotale (can. 1378 § 2), la

violazione del sigillo sacramentale (can. 1388), ecc.;

b) dalle n o r m e della legge umana. Sono anche

numerosi i delitti r iguardant i obblighi stabiliti dalle leggi

umane ecclesiastiche, anche se ovviamente, pe r la na tura

consuetudinariae ab Ecclesiae approbatae ». P. CIPROTTI, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 3: « In genere di un altro legislatore (anche fuori del diritto canonico, se la punizione del fatto rientra nella competenza della Chiesa) ».

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80 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

stessa dei delitti, tali obblighi sono sempre legati alle esigenze derivanti dalla s t rut tura ontologico-strut turale del l 'uomo, della società e della Chiesa. Si pensi , ad esempio, all 'alienazione senza licenza dei beni ecclesia­stici (can. 1377), all 'abuso della potestà ecclesiastica o dell ' incarico (can. 1389 § 1), o all'esercizio, da par te di chierici o religiosi, di attività affaristiche o commerciali (can. 1392), ecc.

Come abbiamo già det to , il con tenuto del p rece t to pr imario delle n o r m e penali viene anche de terminato in varie no rme sia dei canoni dello stesso codice sia da norme che n o n r ientrano nel codice. A d esempio, la proibizione dell'attività affaristica e commerciale pe r chierici è stabilita dal can. 286, e il corr ispondente delit to, cioè la previsione della pena per i trasgressori è contenuta nel can. 1392; la comunicazione nei sacramenti con i n o n cattolici è regolata dal can. 844, e il deli t to è previsto nel can. 1365; l 'obbligo del sigillo sacramentale è regolato dal can. 983, e la sua violazione viene tipizzata come delitto dal can. 1388; ecc.

Pe rché la no rma giuridica possa essere qualificata come penale è necessario che n o n manchi nessuno degli elementi sopra indicati: precet to pr imar io e sanzione. Occor re tuttavia tener presente, da un lato che l ' impera­tivo di condot ta (precetto primario) p u ò essere diretta­mente espresso o p p u r e essere implicito nella norma; e dall 'altro che precet to pr imario e sanzione possono t ro­varsi: 1) riuniti nella stessa proposiz ione normativa (è questa la forma p iù comune) , 2) in proposizioni separate della stessa norma, 3) sia, infine, in no rme diverse ( 2 0 ) . Rispetto a quest 'u l t imo caso, poiché nel diri t to canonico n o n è in vigore la riserva di legge, è anche ipotizzabile il rinvio a disposizioni di grado inferiore nelle quali si

( 2 0 ) Cfr. R.A. FROSALI, op. cit., p. 666.

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 81

configuri p iù det tagl iatamente l 'obbligo giuridico ( 2 1 ) .

Nel codice vigente, che in senso meramente formale

costituisce un 'unica legge, t roviamo esempi di quan to

appena det to .

Così, nel can. 1369 i divieti e la sanzione si t rovano

riuniti nella stessa proposizione, q u a n d o stabilisce: « Chi

in u n o spettacolo o in una pubbl ica adunanza o in u n o

scritto pubbl icamente divulgato, o in altro m o d o serven­

dosi dei mezzi di comunicazione sociale, proferisce be­

stemmia od offende gravemente i buon i costumi o p ro ­

nuncia ingiurie o eccita all 'odio o al disprezzo cont ro la

religione o la Chiesa, sia pun i to con una giusta pena ».

Mol to più numeros i sono nel codice i casi in cui il

precet to pr imario , cioè la configurazione dell 'obbligo

giuridico, e la pena si t rovano in canoni diversi; in queste

eventualità, il canone di carattere penale rinvia alla no rma

sostanziale. Ad esempio, ment re il can. 1365 stabilisce

che « il reo imputa to di " communicat io in sacris " vie­

tata, sia puni to con una giusta pena », è in realtà il can.

844 a stabilire i casi in cui tale communicatio in sacris sia

lecita o meno . Il altri casi, invece, il rinvio ad u n altro

canone è esplicito, come, ad esempio, il can. 1378 § 1 che

recita: « Il sacerdote che agisce contro il disposto del can.

977, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla

Sede Apostolica ». C o m e esempio di rinvio implicito ad

un'al tra no rma non del codice possiamo citare il can.

1389 § 2 il quale d ispone che « chi, per negligenza

colpevole, p o n e od omet te illegittimamente con d a n n o

altrui un atto di potestà ecclesiastica, di ministero o di

ufficio, sia pun i to con giusta pena »; si pensi ai diversi

doveri connessi con l'esercizio della potestà o dell'ufficio

stabiliti sia dalla cost. apost. Pastor Bonus, sulla Curia

( 2 1) Cfr. A . PAGLIARO, op. cit., p. 1048.

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8 2 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

Romana ( 2 2 ) , che dal Regolamento Genera le della Curia

Romana ( 2 3 ) ; e anche il can. 1385 secondo il quale « Chi

t rae illegittimamente profitto dall 'elemosina della Messa,

sia pun i to con una censura o u n altra giusta pena »,

implici tamente rinvia alle no rme che regolano le offerte

della Messa, tra le quali anche il p iù recente Decre to

della Congregazione pe r il Clero sulle Messe plurinten-

zionali ( 2 4 ) .

2 .1 .1 . La fattispecie penale.

Nel precet to pr imario è contenuta la descrizione di quello che si deve fare o non fare e, perciò , del fatto punibi le cioè del fatto che costitutisce delit to. Il fatto delineato dalla disposizione penale si dice comunemen te fattispecie ( 2 5 ) , e la tecnica di produz ione della norma, consistente nella descrizione dei compor tament i vietati, si chiama tipizzazione (26).

La tipizzazione compie per tan to diverse funzioni, pr incipalmente quelle di:

a) de terminare di fatto o concretizzare l 'antigiuri­dicità penale, il che vuol dire che mediante la fattispecie penale l 'autorità delinea accuratamente n o n il fatto o i fatti antigiuridici (di solito già stabiliti nelle n o r m e n o n penali) ma quelli punibili , cioè quelli che hic et nunc chi emana la norma penale vuole pun i re o p p u r e vuole puni re

( 2 2 ) AAS, LXXX ( 1 9 8 8 ) , p. 8 4 1 - 9 3 4 .

(«) AAS, LXXXIV ( 1 9 9 2 ) , p. 2 0 2 - 2 5 3 .

p>) AAS, LXXXIII ( 1 9 9 1 ) , p. 4 4 3 - 4 4 6 . Si veda il commento di P. GEFAELL, A proposito del decreto sulle Messe plurintenzionali, in Ius Ecclesiae, 3 ( 1 9 9 1 ) , p. 7 6 0 - 7 6 5 .

( 2 5 ) Cfr. F. ANTOLISEI, op. cit., p. 4 5 .

( 2 6) Cfr. F. MANTOVANI, op. cit., p. 5 0 , il quale aggiunge: « Il perno su cui ruota la concezione formale del reato è la fattispecie tipica (...) ed è lo strumento tecnico attraverso cui vengono soddisfatte le esigenze garantisti­che di certezza giuridica e di difesa contro l'arbitrio giudiziario ».

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 83

con una determinata pena. A d esempio, n o n c'è d u b b i o che la violenza fisica cont ro qualsiasi persona costituisce un'ingiustizia punibi le , tuttavia il codice vigente consi­dera delittuosa soltanto la « violenza fisica cont ro u n chierico o religioso per disprezzo della fede, della Chiesa, della potestà ecclesiastica o del ministerio » (can. 1370 § 3). Men t re per la violazione diretta del sigillo sacramen­tale si stabilisce la pena di scomunica latae sententiae, pe r la violazione indiretta si stabilisce invece una pena pre­cettiva indeterminata (can. 1388); a p p u n t o perché la gravità dell 'una e dell 'altra azione è diversa bisogna de­lineare e dist inguere le diverse fattispecie possibili.

b) stabilire i diversi aspetti o elementi della con­dot ta o compor tamen to punibil i r iguardanti : l 'oggetto dell 'azione o dell 'omissione, i soggetti (attivo e passivo), i requisiti o le condizioni particolari, ecc. In alcuni casi, pe rché l 'azione configuri un delitto si r ichiede, ad esem­pio, che il soggetto attivo sia u n chierico (cfr. cann. 1394-1395); o che l 'at to ot tenga l'effetto voluto (cfr. can. 1398); o che sia compiu to con u n dolo specifico (can. 1367); o che il delitto possa essere commesso anche pe r negligenza (cfr. can. 1389 § 2); ecc.

Il codice contiene una normativa generale e comune sulla rilevanza giuridico penale di alcuni aspetti del de­litto canonico, da applicare a tut te le fattispecie, se la norma penale che tipizziza il singolo delit to n o n stabilisca espressamente altrimenti. A questo r iguardo, il codice si riferisce alle seguenti questioni:

a) punibilità dei delitti dolosi. In linea di massima, « è tenuto alla pena stabilita da una legge o da un precet to , chi del iberatamente violò la legge o il precet to » e cioè dolosamente; « chi poi lo fece pe r omissione della debita diligenza n o n è puni to , salvo che la legge o il precet to non d ispongano a l t r iment i» (can. 1321 § 2); di conseguenza, l 'azione colposa è pena lmente rilevante solo

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84 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

nel caso che sia espressamente previsto dalla n o r m a che il

compor tamento sia anche pun i to a titolo di colpa;

b) punibilità del delitto incompleto. Secondo

quan to stabilisce il can. 1328 § 1: « C h i fece od omise

alcunché per il compimento di un delitto, che tuttavia,

nonos tan te la sua volontà, effettivamente n o n commise,

n o n è tenuto alla pena stabilita per il delitto effettiva­

mente compiuto , a meno che la legge o il precet to n o n

dispongano altrimenti »;

c) punibilità delle diverse forme di complicità. Se­

condo il can. 1329 § 1, « se sono stabilite pene ferendae

sententiae contro l 'autore principale, sono soggetti alle

stesse pene o ad altre di par i o minore gravità, coloro che

di comune accordo concor rono nel delit to, e n o n ven­

gono espressamente nominat i dalla legge o dal precet to ».

La tipizzazione dei delitti si realizza di no rma me­

diante la completa e diretta descrizione dei fatti vietati,

alcune volte anche mediante l ' impiego del rinvio a valu­

tazioni contenute in altre no rme , mediante l 'uso cioè dei

cosiddetti elementi normativi della fattispecie. Il can.

1364 ad esempio commina la pena di scomunica latae

sententiae all 'eretico, ma è il can. 751 che definisce il

concet to di eresia. N o n di rado , però , a causa di fattori di

diversa natura, p u ò verificarsi una certa indeterminatezza

nella previsione della fattispecie delit tuosa sia pe r l 'im­

piego di mod i di pensare o di espressioni p rop r i del l 'uso

comune e che n o n sempre possono essere definiti speci­

ficamente (ad esempio, i termini « spettacolo », « pubbl i ­

ca adunanza » o « b u o n i costumi » del can. 1369), sia pe r

l ' introduzione di concett i tratt i da altre scienze, come la

morale, o sottoposti ad evoluzione. Sono i cosiddett i

elementi vaghi. E paradigmatico a ques to r iguardo il caso

della parola « abor to », per cui è stata necessaria un ' in­

terpretazione autentica che stabilisce quale sia il signifi-

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 85

cato di questo termine nel contesto del can. 1398 i27),

vale a dire, il concet to giuridico rilevante nel diri t to penale canonico; ciò nonostante , la dot t r ina tu t tora n o n è unanime nella determinazione di tale concet to ( 2 8 ) . In questi casi spetta al giudice o al Superiore che deve applicare la pena il compi to di interpretare i termini . Ciò pone maggiormente in rilievo l ' importanza che, nel caso delle pene che vengono applicate latae sententiae, la fattispecie delit tuosa sia accuratamente definita dalla norma, essa altrimenti risulterà inapplicabile e quindi inefficace.

2.1.2. La cosiddetta « norma penale in bianco ».

Pe r « n o r m a penale in bianco », nel senso più ampio, si in tende la no rma nella quale si stabilisce una sanzione penale men t re si lascia ad un altra norma, mediante l 'uso della tecnica del rinvio, la determinazione del l 'obbligo giuridico o prece t to pr imario con essa prote t to . U n a sanzione esiste, ma in relazione ad u n comando che ancora n o n è determinato , cioè che è futuro ( 2 9 ) . In u n senso più stretto, « con l 'espressione " legge penale in bianco " si suole denominare quella legge, la quale faccia rinvio a un at to normat ivo di grado inferiore, per indicare

( 2 7 ) A A S , LXXX (1988), p. 1818-1819: « D. Utrum abortus, de quo in can. 1398, intellegatur tantum de eiectione fetus immaturi, an etiam de eiusdem fetus occisione quocumque modo et quocumque tempore a mo­mento conceptionis procuretur. R. Negative ad primam partem; affirmative ad secundam ». Cfr. J . SANCHIS, L'aborto procurato: aspetti canonistici, in Ius Ecclesiae, 1 (1989), p. 663-677.

( 2 S) Cfr., ad esempio, V . DE PAOLIS, Responsa Commissionis Iuri Canonico Authentice Interpretando, in Periodica, 78 (1989), p. 278-286; A . MARZOA, Extensión del concepto penal de aborto, in Ius Canonicum, 29 (1989), p. 577-585; F. AZNAR, El delito canònico de aborto. Contentano a una Respuesta de la CPI, in Revista Española de Derecho Canònico, 47 (1990), p. 225-239.

( 2 9) Cfr. R.A. FROSALI, op. cit, p. 666.

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8 6 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

tutt i i contrassegni di un fatto che la legge medesima considera pena lmente illecito ( . . . )» ( 3 0 ) . Sono leggi penali in b ianco: « a) la legge che sanziona pena lmente la tra­sgressione di un regolamento o di altro at to normat ivo, s tabilendo essa stessa di re t tamente la misura della san­zione (...); b) la legge che lascia all 'organo che emet te il regolamento la facoltà di avvalersi di sanzioni penali , pe r il caso di trasgressione di qualcuna o di tu t te le prescri­zioni in esso contenute , l imitandone soltanto il massi­m o » ( 3 1 ) . N o n si deve confondere la « no rma penale in bianco » con le n o r m e in cui si stabilisce il carattere antigiuridico di una condot ta , ma n o n si vuole commi­nare una pena il suo inadempimento . Infatti, nel caso in cui esista soltanto il precet to pr imario senza l 'aggiunta di una sanzione, la disposizione non p u ò dirsi penale , no­nostante alcuni autori sostengano che in definitiva tu t te le no rme sono penali pe rché possono diventare penali .

Il can. 1399, come abb iamo visto p receden temente , commina una pena facoltativa ed indeterminata (« potest iusta qu idem poena p u n i r i » ) alla generica «vio laz ione esterna della legge divina o canonica ». Alcuni autori hanno parlato, a questo r iguardo, di « no rma penale in bianco » ( 3 2 ) . Si trat ta p iut tos to di una fattispecie delit­tuosa generica, tanto generica che da sola riesce a com­prendere tutt i i compor tament i pena lmente illeciti, ed a rendere anche inutili tu t te le altre figure deli t tuose con­figurate dallo stesso codice nei canoni immedia tamente precedent i , r iguardanti le p e n e pe r i singoli delitti, ed anche a far diventare inutile ogni attività normativa, sia

( 3 0 ) A . PAGLIARO, op. cit., p. 1 0 4 8 - 1 0 4 9 .

(3!) Ibidem, p. 1 0 4 9 . ( 3 2) Cfr., ad esempio, A . BORRAS, op. cit., p. 2 4 , e anche F.E. ADAMI, Il

diritto penale canonico e il principio « nullum crimen, nulla poena sine lege », cit., p. 1 5 4 e gli autori ivi citati, il quale, tuttavia, ritiene inesatta una tale qualifica giuridica.

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 87

universale che part icolare, in materia penale . E questo,

com'è ovvio, pe rché si tratta di una no rma nella quale il

precet to pr imar io è costitutito da tut t i i possibili obblighi

giuridici, e la sanzione penale in essa comminata rac­

chiude in sé quasi tu t te le pene canoniche possibili.

M a poiché abb iamo già mosso ampie critiche a questa

disposizione normativa, vogliamo ora soffermare breve­

mente la nostra at tenzione su un altro aspetto. Ci rife­

r iamo alla funzione che d e b b o n o o possono avere, in seno

al sistema penale, le n o r m e di grado inferiore a quelle

contenute nel codice — vale a dire, le leggi particolari, i

decreti generali, i regolamenti , ecc., ed anche i precet t i

penali particolari — nella tipizzazione di alcune delle

fattispecie delineate dal codice e nella determinazione

delle pene , pe r la verità t r o p p o numerose , che sono

lasciate indeterminate nella legislazione del codice.

Infatti, oltre a quella del can. 1399, nei canoni della

par te seconda del Libro VI si t rovano n o n poche fatti­

specie deli t tuose che, pe r la loro ampiezza, b e n po t reb­

be ro essere definite come « no rme in bianco », lasciate

alla determinazione concreta da par te di n o r m e di grado

inferiore. A d esempio, il can. 1365 parla di « partecipa­

zione vietata alle sacre celebrazioni »; il can. 1374 di dare

il n o m e « ad una associazione che complot ta contro la

Chiesa »; il can. 1376 di profanazione di « una cosa sacra,

mobile o immobile »; il can. 1379 di simulazione nell 'am­

ministrazione dei sacramenti , ecc. N o n c'è d u b b i o che

tu t te queste azioni costituiscono illeciti penali , ma richie­

derebbero , per la loro operatività, t an to preventiva

quanto repressiva, una maggiore e migliore determina­

zione della fattispecie, che tenga conto ad esempio delle

circostanze peculiari e specifiche, di t e m p o e luogo.

Ques ta funzione p u ò essere svolta oppo r tunamen te sol­

tanto dalla normativa part icolare. Il can. 1389 § 1 prevede

6 . J . SANCHIS

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88 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

espressamente tale possibilità q u a n d o d ispone che « chi

abusa della potestà ecclesiastica o dell ' incarico sia pun i to

a seconda della gravità dell 'at to o dell 'omissione, n o n

escluso con la privazione dell'ufficio, a meno che contro

tale abuso non sia già stata stabilita una pena dalla legge o

dal precetto ».

N o n si tratta in questi casi di creare nuovi delitti,

poiché questi compor tament i sono già qualificati tali dalla

no rma previa, bensì di definire in m o d o p iù preciso

alcuni degli elementi o requisiti della fattispecie. Tale

funzione di specificazione, ma n o n costitutiva, spetta

pr incipalmente agli organi della potestà esecutiva che la

esercitano mediante l 'emanazione dei diversi t ipi di atti

normativi del l 'amministrazione ecclesiastica (decreti ge­

nerali, decreti esecutori , regolamenti , ecc.), ed anche

mediante il precet to penale. Di questo ci occuperemo p iù

specificamente. Basti per ora r icordare come in dottr ina,

commentando il can. 1399, si sia avanzata una tesi se­

condo la quale, di fronte a situazioni par t icolarmente

gravi e scandalose, n o n previste dalle n o r m e penali , lo

s t rumento più adat to , pe r la sua agilità e pe r il suo

rispetto dei pr incipi di giustizia, sia pe r l ' appun to il

precet to penale e n o n invece il r imedio previsto dal

canone suddet to . In molti di questi casi, come vedremo

più avanti, si t ra t te rebbe c o m u n q u e della costi tuzione di

u n delitto, n o n della sua semplice specificazione.

2.2. ha sanzione penale.

Il secondo e lemento della no rma penale è costitutito

dalla pena o sanzione penale in senso stretto. E questo

l 'elemento che in realtà determina il carat tere penale di

una norma giuridica. Perciò se manca la comminazione di

una pena la norma n o n p u ò dirsi penale.

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 89

2.2 .1 . Pena precettiva o facoltativa, determinata o

indeterminata .

Nel dir i t to penale della Chiesa, la no rma penale p u ò

stabilire tan to pene precettive (od obbligatorie) come pene

facoltative. Vale a dire, la legge o il precet to possono

usare espressioni precett ive indicando che si deve appli­

care una pena (« iusta poena punia tu r », « censura pu-

niatur »), o p p u r e possono dare « al giudice potes tà di

applicare o di n o n applicare la pena » (can. 1343), (« iu­

sta poena punir i potest », « iusta poena, n o n exclusa

censura, punir i potest »).

Inoltre , « la legge p u ò essa stessa determinare la pena , o p p u r e lasciare la determinazione alla p r u d e n t e valuta­zione del g i u d i c e » (can. 1315 § 3). Cioè, la pena p u ò venir espressamente determinata dalla no rma (« interdi­cto punia tu r »), o p p u r e la legge (e soltanto essa e n o n invece il precet to , il can. 1319 § 1, come vedremo, d ispone che mediante il precet to si possono comminare soltanto p e n e determinate) , p u ò lasciare al giudice la sua concreta determinazione (« iusta poena pun ia tu r », « censura puni r i potest »). L 'ambi to d ' indeterminatezza della pena p u ò comunque essere p iù o meno ampio e, di conseguenza, p iù o meno ristretto lo spazio d i discrezio­nalità del giudice.

I canoni 1343-1344 regolano la potestà discrezionale del giudice r iguardo alle pene precettive, e il can. 1349 quella r iguardante le pene indeterminate . In ogni m o d o occorre r icordare che, secondo il can. 1342 § 3 , « quan to vien de t to nella legge o nel precet to a r iguardo del giudice per ciò che concerne la pena da infliggere o dichiarare in giudizio, si deve applicare al superiore, che infligga o dichiari la pena pe r decreto extragiudiziale, a m e n o che non consti altrimenti né si tratt i di disposizioni at t inenti soltanto alla p rocedura ». Il che significa anche che la

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9 0 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

legge e il prece t to possono stabilire n o r m e particolari , relative alle menzionate facoltà discrezionali, che delimi­t ino ul ter iormente tali poter i del giudice o del superiore, nell'inflizione o dichiarazione delle pene , o p p u r e che escludano la possibilità di usufruire di tali facoltà pe r il superiore che impone la pena mediante decre to .

C o m e è ovvio, le pene che vengono applicate latae

sententiae, d e b b o n o sempre essere previamente determi­nate dalla norma. Ol t re a queste pene automat iche e determinate , nel codice ci sono invece moltissime pene indeterminate ( 3 3 ) che, se da un lato pe rme t tono una maggiore aderenza alle circostanze, alle pe r sone e al fatto concreto, dall 'altro possono essere fonte d i arbitrarietà e di diseguaglianze. Perciò scriveva il Robert i : « R e v e r e p ropor t io inter cr imen et p o e n a m potest a legislatore vel a iudice de te rminan . Poena determinata a legislatore est magis certa ac aequalis p r o omnibus ; at legislatorem effugiunt innumerae circumstantiae quae singula delieta commitantur . Poena determinata a iudice magis perfecte respondet casui concreto; at la tum arbi t r ium iudicibus relictum, est periculis p l enum » ( 3 4 ) .

Poiché il codice è una normativa universale, necessa­r iamente n o n p u ò prevedere o tener conto di tut t i i fattori e delle circostanze specifiche di ogni luogo, che po t reb­bero incidere sulla determinazione della pena p iù giusta pe r il delitto concreto; è logico perciò che mol te pene

( 3 3 ) L. CHIAPPETTA, op. cit., voi. 2 , p. 4 3 1 , nota 3: «Questo non favorisce certo una retta ed imparziale amministrazione della giustizia, ispirata anch'essa al principio di uguaglianza. Da parte di non pochi c'è anche la fondata preoccupazione che l'eccessiva discrezionalità concessa al superiore o al giudice possa nuocere alla efficacia dello stesso diritto penale ».

( 3 4 ) F. ROBERTI, op. cit., voi. I, pars II, Romae, 1 9 4 4 , p. 2 6 7 . V . DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 49 : « Indeterminado poenae est aliquid odiosum, cum pendeat arbitrio superioris post delictum commissum determinare poenam, nec habet sufficientem efficatiam praeventivam ».

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 91

siano state lasciate indeterminate , e si sia affidato alle

leggi particolari e ai precet t i penali il compi to di specifi­

care tali elementi ( 3 5 ) .

Infatti, il codice nel can. 1315 § 3 si riferisce esplici­

tamente a questa possibilità quando d ispone che « se la

legge universale prevede una pena indeterminata o facol­

tativa, la legge part icolare p u ò anche stabilire al suo pos to

una pena determinata o d obbligatoria ».

2.2.2. Criteri pe r la comminazione delle pene .

Il codice ha voluto stabilire alcuni criteri, pe r lo più indicativi, r iguardant i la comminazione delle pene , e cioè alcune direttive da seguire nel l 'emanazione delle n o r m e penali e p iù precisamente per quan to r iguarda la deter­minazione delle pene da stabilire. Ques t i criteri si rivol­gono, per tan to , all 'autorità che p u ò emanare tali no rme , sia universale che part icolare, benché ovviamente l 'Auto­rità Suprema non venga limitata da tali direttive.

Il loro valore giuridico è mol to diverso. Men t r e in alcuni casi si tratta di semplici suggerimenti che n o n costr ingono necessariamente ad adeguarvisi, in altri in­vece si stabiliscono proibizioni che renderebbero nullo il provvedimento ad esse contrario.

a) Criteri per la costituzione delle censure. — Le pene

medicinali o censure (cfr. can. 1312 § 1, I o ) , tassativa­

mente elencate nei cann. 1331-1333 (scomunica, inter-

( 3 5 ) Durante la revisione del codice alcuni proposero la soppressione delle pene indeterminate; la risposta della Commissione, in Communicatio­nes, 8 (1976), p. 171, fu la seguente: « Haec suggestio non placet. Schema enim ita proponit ut poenae indeterminatae iam non possint poenali prae-cepto, sed sola lege constituí. Attenta quidem indole ecclesiasticarum poe-narum difficile est in lege — quae abstráete considerai delieta futura — et speciem et mensuram poenarum taxative statuere, quod contra facilius fieri potest in praeceptis ad singulos casus attinentibus ».

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92 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

det to e sospensione), sono quelle sanzioni penal i eccle­siastiche che mirano più di re t tamente a l l ' emendamento del fedele che ha commesso u n deli t to ( 3 6 ) . Per tale motivo, pe r la loro applicazione si r ichiede la contumacia del del inquente , che consiste in u n at teggiamento di pertinacia nel compor tamento deli t tuoso, e ciò deve es­sere previamente constatato median te l ' ammonizione (cfr. can. 1339 § 1); questo requisito è obbligatorio pe r la validità dell 'applicazione delle censure. « N o n si p u ò infliggere val idamente una censura — recita il can. 1347 § 1 —, se il reo n o n fu pr ima ammoni to a lmeno una volta di recedere dalla contumacia, assegnadogli u n congruo spazio di t e m p o pe r ravvedersi ». Dal carattere medici­nale delle censure deriva anche che ques to t ipo di p e n e non possa essere applicato in perpetuo, pe r u n t e m p o determinato , o ad nutum del Superiore, po iché la dura ta della pena d ipenderà da l l ' emendamento o meno del reo, che consiste nella recessione dalla contumacia. Il can 1358 § 1 stabilisce che « non si p u ò r imettere la censura se non al del inquente che abbia receduto dalla contuma­cia, a no rma del can. 1347 § 2 », secondo il quale, « si deve ri tenere che abbia receduto dalla contumacia il reo che si sia veramente pent i to del delit to e che abbia inoltre dato congrua r iparazione ai danni e allo scandalo o almeno abbia seriamente promesso di farlo ». Inol t re , se il del inquente è receduto dalla contumacia , ha diri t to d i ricevere la remissione della pena (mediante l 'assoluzione). Infatti, lo stesso can. 1358 § 1 dispone che « a chi abbia receduto po i (dalla contumacia) n o n si p u ò negare la remissione ».

Pe r i loro effetti, soprat tu t to di carattere spirituale, le

( 3 6 ) Il can. 2241 § 1 del CIC '17 definiva le censure dicendo: « Cen­sura est poena qua homo baptizatus, delinquens et contumax, quibusdam bonis spiritualibus vel spiritualibus adnexis privatur, donec, a contumacia recedens, absolvatur ».

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 93

censure sono le pene ecclesiastiche p iù gravi. Perciò, il can. 1318 raccomanda all 'autorità competen te di n o n commi­nare queste pene , sopra t tu t to la scomunica (« censuras au-tem, praesert im excommunicat ione , ne constituat ») , « se n o n con la massima moderazione e soltanto cont ro i delitti più gravi » ( 3 7 ) . In linea di massima, n o n si d e b b o n o com­minare le censure, t ranne che pe r i delitti p iù gravi (in assoluto, e secondo criteri oggettivi); a maggior ragione ciò r iguarda la pena più grave di tu t te : la scomunica ( 3 8 ) .

In alcuni casi, la norma penale p u ò determinare alcuni degli effetti della censura. Pe r quan to r iguarda la pena di sospensione, essa p u ò vietare: « I o tutti od alcuni atti della potestà di ordine; 2° tut t i od alcuni atti della potestà di governo; 3° l'esercizio di tut t i od alcuni diritti o funzioni inerenti l'ufficio » (can. 1333 § 1); la concreta determinazione del l 'ambito dei suoi effetti, en t ro i limiti segnalati, è pe rò « definito o dalla legge stessa o dal precet to » (can. 1334 § 1).

Tuttavia, « la legge, ma non il precet to , p u ò costituire una sospensione latae sententiae, senza apporvi alcuna determinazione; tale pena poi ha tut t i gli effetti previsti nel can. 1331 § 1 ». Inoltre, « nella legge o nel prece t to si p u ò stabilire che d o p o la sentenza di condanna o che dichiara la pena, chi è sospeso non possa por re valida­mente atti di governo ».

b) Criteri per la costituzione delle pene espiatorie. —

Le pene espiatorie di cui al can. 1336, chiamate vendica-

( 3 7) Il codice precedente stabiliva, nel can. 2241 § 2, un criterio molto simile anche se riferito al momento applicativo della pena: « Censurae, (...), maxime excommunicatio, ne infligantur, nisi sobrie et magna cum circum-spectione ».

( 3 S) Sulla scomunica si vedano A. BORRAS, L'excommunication dans le nouveau code de droit canonique. Essai de définition, Desclée, Paris, 1987 e J. SANCHIS, Sulla natura e gli effetti della scomunica, in Ius Ecclesiae, 2 (1990), p. 633-661.

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94 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

tive dal codice precedente , sono l 'altro t ipo di pene canoniche (cfr. can. 1312 § 1, 2°), le quali, come stabiliva il can. 2286 del CIC , 17, h a n n o come scopo diret to l 'espiazione del delitto e perciò la loro remissione n o n d ipende dalla recessione del del inquente dalla contuma­cia. Per lo stesso motivo, « possono essere applicate a u n del inquente in pe rpe tuo o p p u r e pe r un t e m p o prestabi­lito o indeterminato » (can. 1336 § 1).

Ol t re a quelle esplicitamente contemplate dal can. 1336, mediante legge (non, per tan to , a mezzo di precetto) si possono eventualmente stabilire o costituire altre p e n e espiatorie, « che privino il fedele di qualche bene spiri­tuale o tempora le e siano congruent i con il fine sopran­naturale della Chiesa » (can. 1312 § 2). Q u e s t o canone si riferisce, per tan to , non alla semplice comminazione di una pena espiatoria, ma alla costituzione o creazione « ex novo » di una pena di questo t ipo.

Pe r la comminazione delle pene espiatorie, il codice stabilisce d u e impor tant i limitazioni: a) la riserva alla Suprema Autori tà della comminazione della pena di di­missione dallo stato clericale, secondo quan to d ispone, nel secondo comma, il can. 1317: « La dimissione dallo stato clericale n o n p u ò essere stabilita pe r legge part ico­lare »; b) la proibizione di comminare pene espiatorie pe rpe tue mediante precet to (cfr. can. 1319 § 1) ( 3 9 ) .

2.3. Altri eventuali contenuti della norma penale.

Olt re a quelli essenziali, la legge e il precet to penale possono contenere altri provvedimenti , di diversa natura ,

(39) Communicationes, 10 (1976), p. 174: « Sunt qui censerunt pote-statem ferendi poenalia praecepta ita esse limitandam, ut non solum excludatur ab ea poenae perpetuae, sed etiam ponae ad tempus indefinitum. Haec sug-gestio non placet Consultoribus, sive quia impediretur comminatio censura-rum, quae per se ad tempus indefinitum constituuntur, id est usque ad de-linquentis emendationem, sive quia nimis restringeretur potestas poenalis ».

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 95

r iguardant i soprat tut to la punibil i tà del delit to e l 'appli­

cazione e la remissione della pena. P ropr io pe rché n o n

sono essenziali alle n o r m e penali , queste disposizioni

po t r ebbe ro essere stabilite da n o r m e n o n penali; tuttavia

il codice parla di esse in riferimento alle no rme penali.

2 .3 .1 . Disposizioni r iguardanti la punibil i tà del de­

litto.

a) Stabilire altre circostanze esimenti, attenuanti o

aggravanti della punibilità. — « La legge part icolare —

dispone il can. 1327 — p u ò stabilire altre circostanze

esimenti, a t tenuanti o aggravanti, oltre ai cann. 1323-

1326, sia con una norma generale, sia pe r i singoli delitti.

Par iment i si possono stabilire nel prece t to circostanze

che esimano dalla pena costituita con il precet to o l 'atte­

nu ino o l 'aggravino ».

b) Stabilire condizioni sospensive o risolutive per la

punibilità del fatto. — Abb iamo già segnalato come, pe r

la loro natura, pe r l 'applicazione delle censure, sia con­

dizione essenziale l 'ammonizione previa. Tale requisito

n o n è necessario invece nel caso delle pene espiatorie.

Ciononostante , il codice ha voluto espressamente stabi­

lire, r iguardo ad alcuni delitti e, soprat tut to , in relazione

ad alcune pene più gravi, il requisito della previa ammo­

nizione. Di solito l 'ammonizione previa ha lo scopo di

accertare l 'at teggiamento del l 'autore del delit to, cioè la

sua pertinacia (o incorreggibilità). A d esempio, il can.

1371, 2° dispone che sia pun i to con una giusta pena chi

« non obbedisce alla Sede Apostolica, a l l 'Ordinar io o al

Superiore che legit t imamente gli comanda o gli proibisce,

e d o p o l 'ammonizione persiste nella sua disobbedienza »;

e nel can. 1394 § 1 si legge: « il chierico che attenta

matr imonio anche solo civilmente, incorre nella sospen-

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96 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

sione latae sententiae; che se ammoni to n o n si ravveda e continui a dare scandalo, p u ò essere gradualmente pun i to con privazioni, fino alla dimissione dallo stato clericale ».

2.3.2. Disposizioni r iguardanti l 'applicazione della pena.

a) In particolare in relazione al modo di applicare le pene « ferendae sententiae » o « latae sententiae ». — Il can. 1314 del CIC '83 accoglie la distinzione, tradizionale nel diri t to canonico latino, tra pene latae sententiae e pene ferendae sententiae; ed in esso si legge che la pena ferendae sententiae è quella « che n o n costringe il reo se n o n d o p o essere stata inflitta », men t re nella pena latae sententiae si incorre automat icamente , cioè « pe r il fatto stesso d 'aver commesso il delitto ». Vale a dire, la pena canonica p u ò essere applicata sia automat icamente {latae sententiae) o p p u r e p u ò richiedere la mediazione di una sentenza o di u n decre to (ferendae sententiae) ( 4 0 ) a seconda che la p rocedura penale seguita sia giudiziaria o amministrativa. Ciò che occorre maggiormente eviden­ziare è che la distinzione tra pene latae sententiae e pene ferendae sententiae r iguarda pe r l ' appun to il modo di applicazione della pena , e n o n la pena stessa. D i conse­guenza, n o n si tratta di due tipi di pene canoniche, bensì di d u e mod i diversi di applicazione di esse. Il regime

( 4 0 ) Se la pena contro un determinato delitto è stata comminata latae sententiae, si può anche procedere alla sua applicazione mediante sentenza o decreto. In tal caso si dice che la pena viene dichiarata, perché essendo automatica vi si incorre dal momento della commissione del delitto. Tuttavia, ciò non è sempre esatto poiché le pene latae sententiae per la loro peculiarità hanno un regime giuridico anch'esso peculiare che, ad esempio, implica che nel caso in cui all'atto delittuoso concorra alcuna delle circostanze attenuanti contemplate nel can. 1324 § 1, « il reo non è tenuto dalle pene latae sententiae » (can. 1324 § 3), il che non vieta che si possa avviare un processo per l'applicazione (in tal caso costitutiva e non semplicemente dichiarativa) della pena.

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 97

giuridico delle pene , applicate in u n m o d o o in u n altro,

è pe rò diverso, diversità che n o n incide sulla na tura

specifica della pena, ma invece sui suoi effetti e, quindi ,

sulla sua remissione ( 4 1 ) .

N o n sono poch i pe rò gli autori che hanno manife­

stato perplessità r iguardo all 'applicazione latae sententiae

delle pene ( 4 2 ) , in quan to r i tengono che si favorisca la

confusione tra dirit to e morale , tra foro in terno e foro

esterno e quindi si sfumi la distinzione tra peccato e

delitto e tra penitenza e pena.

In ogni m o d o , sta di fatto che, a lmeno in quan to

principio giuridico generale e anche come aspirazione

della normativa vigente, il m o d o comune e abituale di

applicare le pene canoniche deve essere quello ferendae

sententiae, come esplicitamente indica il can. 1314:

« poena p le rumque est ferendae sententiae », la pena pe r

lo p iù è ferendae sententiae, dovendo ritenersi u n m o d o

eccezionale l 'applicazione latae sententiae delle pene .

Perciò, pe r po te r applicare una pena latae sententiae è

necessario « che la legge o il prece t to espressamente lo

stabi l isca» (can. 1314) ( 4 3 ) .

( 4 1 ) L'applicazione latae sententiae della pena implica la possibilità che la pena applicata rimanga occulta e, pertanto, con una rilevanza giuridica molto limitata, perché richiede che i suoi effetti siano limitati al foro interno o perlomeno, se non è stata dichiarata né sia notoria nel luogo ove vive il delinquante, l'obbligo di osservarla sia « sospeso in tutto o in parte nella misura in cui il reo non la possa osservare senza pericolo di grave scandalo o d'infamia » (can. 1352 § 2). Inoltre, è stato necessario provvedere mediante norme speciali alla remissione in foro interno delle pene applicate in tal modo.

( 4 2) Si vedano, per tutti, V. DE PAOLIS, De legitimitate et opportunitate poenarum latae sententiae in iure poenali canonico, in Periodica, 62 (1973), p. 319-373 e J. ARIAS, Las penas « latae sententiae »: actualidad o anacronismo, in A A . W . Diritto, persona e vita sociale. Scritti in memoria di Orio Giacchi, Milano, 1984, voi. 2, p. 5-27.

( 4 3 ) Di solito nella norma si adopera l'espressione « latae sententiae ...incurrit » per riferirsi al modo di applicazione della pena (cfr. ad es. cann.

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9 8 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

Inoltre , la vigente legislazione del codice, seguendo u n o dei pochi principi direttivi pe r la riforma del prece­dente codice di diritto canonico r iguardant i il diri t to penale ( 4 4 ) , ha stabilito diversi divieti e limitazioni riguar­dant i la comminazione di pene da applicare automatica­mente .

In linea di massima, « il legislatore non commini pene latae sententiae», recita il can. 1318, e subi to d o p o aggiunge « se non eventualmente cont ro qualche singolo delitto doloso, che o risulti arrecare gravissimo scandalo

0 n o n possa essere efficacemente pun i to con pene feren­dae sententiae ». Ques to canone stabilisce per tan to anche 1 criteri pe r la comminazione di pene da applicare latae sententiae. Si stabilisce da un lato che po t r anno essere puni t i in tal m o d o soltanto i delitti dolosi e n o n invece quelli colposi. Ol t re al requisito essenziale che si debba trat tare di u n delitto doloso, pe r po te r comminare una pena latae sententiae, bisogna aggiungere a lmeno una di queste condizioni: a) che il fatto risulti arrecare gravis­simo scandalo; b) che n o n possa essere pun i to efficace­mente in un altro m o d o . D a ciò si dovrebbe dedu r r e che la pena latae sententiae è la risposta p iù adeguata pe r la puniz ione dei delitti p iù gravi ( 4 5 ) , e anche di quelli che più f requentemente possono r imanere occulti. Infatti,

1 3 6 4 , 1 3 7 0 §§ 1 e 2 , 1 3 7 8 § 1, 1 3 8 2 , ecc.); in altre occasioni invece si usa l'espressione « ipso facto » o simili (cfr. can. 1 3 8 3 ) .

( 4 4 ) SYNODUS EPISCOPORUM, Principia quae Codicis Iuris Canonici reco-gnitionem dirigant, n 9: « L'orientamento è che le pene generalmente siano ferendae sententiae e vengano inflitte e rimesse solo in foro esterno. Per quanto riguarda le pene latae sententiae, benché da non pochi ne sia stata proposta l'abolizione, l'orientamento è che siano limitate a pochi casi, anzi a pochissimi e gravissimi delitti», in Communicationes, 1 ( 1 9 6 9 ) , p. 8 2 .

( 4 5 ) Di questa opinione, particolarmente in riferimento alla scomu­nica, A . BORRAS, L'excommunication dans le nouveau code de droit canonique, cit., p. 1 1 4 e L. GEROSA, / / significato della nuova normativa codicíale sulla scomunica per una giustificazione teologica del diritto penale canonico, in A A . W . , Le nouveau Code de Droit Canonique, Ottawa, 1 9 8 6 , voi. 1, p. 3 8 6 .

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 99

u n o dei motivi principali pe r cui si sono man tenu te nel codice vigente le pene latae sententiae è quello di po te r pun i re i delitti occulti che altrimenti n o n po t r ebbe ro essere punit i . N o n possiamo tuttavia condividere tale impostazione che, secondo noi, altro n o n è che una grave anomalia del vigente sistema penale canonico, e, come diceva una risposta della Commiss ione di riforma del codice, « in genere facilis recursus ad poenas latae sen­tentiae n u n q u a m solvit difficultates et indicat q u a n d a m incapacitatem p r o p r i u m m u n u s gubernat ionis adim-plendi » ( 4 6 ) .

Altre limitazioni r iguardant i la comminazione delle pene latae sententiae sono: a) r ispetto alle censure, « la legge, ma n o n il precet to , p u ò costituire una sospensione latae sententiae senza apporvi alcuna determinazione o limitazione » (can. 1334 § 2°); e b) r ispetto alle pene espiatorie, possono essere pene latae sententiae sol tanto quelle previste nel § 1, 3° del can. 1336 (can. 1336 § 2), e cioè, la proibizione di esercitare (o di farlo in u n deter­minato luogo o fuori di esso) la potestà, l'ufficio, l 'inca­rico, un dirit to, una facoltà, una grazia, u n ti tolo, u n insegna, anche se semplicemente onorifica.

b) La via da seguire nell'applicazione delle pene: giudi­

ziaria o amministrativa. — Il m o d o comune di applicare le pene è quello ferendae sententiae, cioè mediante una p ro ­cedura volta ad accertare il delitto e ad infliggere o dichia­rare la pena. Tale p rocedura p u ò essere giudiziaria ( 4 7 ) o

( 4 6 ) PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO, Re­

latto complectens syntkesim animadversionum ab Em.mis atque Exc.mis Pa-tribus Commissionis ad novissimum Schema Codicis Iuris Canonici exhibita-rum, cum responsionibus a Secretaria et Consultoribus datis..Typis Polyglottis Vaticanis, 1981, p. 303.

( 4 7) SvJ processo giudiziario penale si vedano R. COPPOLA, Il nuovo processo penale canonico, in A A . W . , Studi in memoria di Mario Condorelli, Giuffrè, Milano, 1988, voi. 1, t. 1, p. 369-383; G. DI MATTIA, Processo penale

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100 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

amministrativa ( 4 8 ) . Secondo la normativa vigente il p ro ­

cedimento giudiziario deve essere r i tenuto la via ordina­

ria ( 4 9 ) . La p rocedura amministrativa o extragiudiziaria,

invece, è una via straordinaria. « Ogn i qualvolta giuste

cause si o p p o n g o n o a che si celebri u n processo giudiziario,

la pena p u ò essere inflitta o dichiarata con decre to extra­

giudiz ia le» ( 5 0 ) , recita il can. 1342 § 1. D i conseguenza,

solo q u a n d o vi siano cause ostative, situazioni di impos­

sibilità, giuste cause che si o p p o n g o n o {obstent causae) alla

celebrazione del giudizio è permesso r icorrere alla via am­

ministrativa ( 5 1 ) .

canonico e animazione pastorale, in Apollinaris, 62 (1989), p. 477-512 e V. DE PAOLIS, Il processo penale giudiziale, in A A . W . , I procedimenti speciali nel diritto canonico, cit., p. 283-302.

( 4 S) Sulla procedura amministrativa penale si veda A. CALABRESE, La procedura stragiudiziale penale, in A A . W . , I procedimenti speciali nel diritto canonico, cit., p. 267-281.

( 4 9 ) È questa l'opinione unanime degli autori; cfr. F. COCCOPALMERIO, op cit., p. 333; F. NIGRO, sub can. 1342, in Commento al Codice di Diritto Canonico, cit., p. 786; J. ARIAS, sub can. 1342, in Código de Derecho Canònico, cit., p. 810; V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 87; A . MARZOA, Los delitos y las penas canónicas, cit., p. 698; P. CIPROTTI, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 13; G. DI MATTIA, Processo penale canonico e animazione pastorale, cit., p. 493-494; A . BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit., p. 108; e un lungo ecc.

( 5 0 ) Sull'iter redazionale di questo canone si veda V. DE PAOLIS, / / processo penale nel nuovo Codice, in A A . W . , « Dilexit lustitiam », studia in honorem Aurelii Card. Sabattani, curantibus Z. Grocholewski et V. Cárcel Orti, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1984, p. 486-489 e ID., L'applicazione della pena canonica, in Monitor Ecclesiasticus, 114 (1989), p. 89-92.

( 5 1 ) A . CALABRESE, op. cit., p. 145 scrive: « Va notato, a proposito delle cause giuste per lasciare una via e seguire l'altra, che esse sono da intendersi come cause che si oppongono alla celebrazione del processo giudiziario, e non come cause che consiglino la via amministrativa. La cosa è diversa, particolarmente sul piano pratico: soltanto quando il processo giudiziario non può essere celebrato o vi sono serie difficoltà a celebrarlo, si può passare alla via amministrativa (...). Crediamo, quindi, che (...) sia difficile che possano sussistere cause ostative alla celebrazione di un processo giudi­ziario ».

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 101

Tuttavia lo stesso can. 1342, al § 2 stabilisce d u e

esplicite proibizioni: « pe r decre to n o n si possono inflig­

gere o dichiarare pene perpe tue ; né quelle pene che la

legge o il precet to che le costituisce vieta di applicare pe r

decreto » ( 5 2 ) . Pe r loro na tura sono pene pe rpe tue la

dimissione dallo stato clericale (cfr. cann. 290, 2° e 1336

§ 1, 5°) ( 5 3 ) e la privazione penale dell'ufficio (cfr. can.

196). Possono anche essere pe rpe tue le altre p e n e espia­

torie (cfr. can. 1336 § 1).

Il processo giudiziario offre ovviamente maggiori ga­

ranzie di giustizia e di equità ( 5 4 ) , in quanto « pe rmet t e

di: a) garantire in m o d o adeguato il dirit to alla difesa;

b) accumulare, mediante l 'acquisizione giudiziale delle

prove, maggiore certezza morale sull'esistenza o m e n o del

delitto; c) valutare accuratamente le circostanze del de­

litto e l ' imputabili tà del suo autore; d) precisare il g rado

di contumacia del del inquente e la sua condizione e

situazione; è) de terminare il grado di dammnun sociale

causato dal delit to; f) applicare con senso veramente

pastorale, alla luce dei diversi elementi e circostanze, la

pena più giusta e conveniente; infine, g) d imostrare che,

nell 'amministrazione della giustizia, anche di fronte alle

gravi e scandalose azioni che p re suppongono i delitti, la

Chiesa agisce con serio impegno e imparzialità, senza

lasciare spazio all 'arbitrarietà e all ' improvvisazione » ( 5 5 ) .

( 5 2) Mentre il can. 1718 § 1 , 3 parla solo di legge (« a meno che la legge non lo vieti »), il can. 1342 § 2 permette che anche il precetto costitutivo della pena possa vietare l'impiego della procedura amministrativa.

( 5 3) Il can. 1425 § 1, 2 , inoltre, riserva al tribunale composto da tre giudici le cause penali sui delitti che possono comportare la pena della dimissione dallo stato clericale.

( 5 4) Si veda a questo proposito lo studio di A. MARZOA, Doble via, administrativa y judicial, en la imposición de penas canónicas, in Ius Canoni-cum, 20 (1980), p. 167-187.

(") J . SANCHIS, L'indagine previa al processo penale (cann. 1717-1719), cit., p. 261-262.

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102 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

A questo r iguardo, il Papa Giovanni Paolo I I in u n discorso alla Rota Romana sui rappor t i t ra pastorale e diri t to nella Chiesa diceva: « L'istituzionalizzazione di quello s t rumento di giustizia che è il processo rappre­senta una progressiva conquista di civiltà e di rispetto della dignità del uomo, cui ha contr ibui to in m o d o n o n irrile­vante la stessa Chiesa con il processo canonico. Ciò facendo, la Chiesa n o n ha r innegato la sua missione di carità e di pace, ma ha soltanto disposto u n mezzo adeguato pe r l 'accertamento della verità che è condizione indispensabile della giustizia animata dalla carità, e perciò anche della vera pace » ( 5 6 ) .

E perciò significativo che il codice preveda in m o d o esplicito che la no rma penale possa vietare di applicare pe r decreto la pena in essa contenuta . Rimane, per tan to , « aperta la via della normativa postcodiciale, sia univer­sale che part icolare. Ques ta dovrebbe , a mio m o d o di vedere, dare p iù ampio spazio alla via giudiziale, in m o d o da verificarne anche la validità e l'efficacia e così u n domani indur re a una revisione della p rocedura codicíale ò comunque ad u n uso p iù frequente della via giudi­z ia le» ( 5 7 ) .

2.3.3. Disposizioni r iguardant i l ' ambito di vincola­tività della pena nei confronti del reo.

Una volta che la pena è stata applicata, questa « vin­cola il reo ovunque , anche venuto m e n o il dirit to di colui che l 'ha costituita o l 'ha inflitta, a m e n o che n o n si disponga espressamente altro » (can. 1351), vale a dire, si converte in legge personale pe r il reo.

Tale disposizione si riferisce soprat tu t to all 'obbligo di

( 5 6 ) GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla Rota Romana, in L'Osservatore Romano, 19 gennaio 1990, p. 5.

( 5 7 ) V . DE PAOLIS, L'applicazione della pena canonica, cit., p. 94.

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 103

osservare la pena , o meglio all'efficacia della pena , nel t e m p o e nello spazio. In tal senso, la pena obbliga « ub ique » e fino alla sua estinzione o cessazione, anche se è venuto m e n o il dir i t to di colui che ha emanato la legge o il prece t to ( 5 8 ) che ha costituito la pena , o il diri t to di colui che ha iniziato il processo pe r infliggere o dichia­rare la pena. La no rma penale che costituisce la pena , però , p u ò stabilire diversamente.

Occor re c o m u n q u e r icordare il disposto del can. 1338 § 1 secondo il quale le pene espiatorie consistenti nella privazione o nella proibizione di esercitare (o di farlo in u n determinato luogo o fuori di esso) « n o n si appl icano mai a potestà, uffici, incarichi, diritti, privilegi, facoltà, grazie, titoli, insegne che n o n siano sotto la potestà del superiore che costituisce la pena ».

Ma, a lmeno implici tamente, sembra che la no rma del can. 1351 si riferisca anche all 'obbligo che il reo ha di osservare la pena sia in foro interno sia in foro esterno, con le eccezioni contenute nei cann. 1335, 1338 § 3 e 1352 per quan to r iguarda la sospensione di tale obbl igo nei casi di pericolo di mor te , d'infamia, ecc. ivi indicati .

2.3.4. Disposizioni r iguardanti l 'estinzione della pena.

a) La remissione della pena. — Il titolo VI della par te I del Libro VI si occupa della cessazione delle pene , e regola soprat tu t to quan to si riferisce alla remissione, mediante assoluzione (nel caso delle censure) o dispensa (nel caso delle pene espiatorie), delle pene nei casi ordi­nari, s tabilendo chi possa r imettere la pena , t enendo anche conto tan to del fatto che questa sia stata applicata

( 5 8 ) Recita il can. 46: « L'atto amministrativo non cessa venuto meno il diritto di colui che lo stabilisce, eccetto che non sia disposto espressamente altro dal diritto ».

7 . J . SANCHIS

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104 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

latae o ferendae sententiae, quan to del fatto che sia stata stabilita da una legge (can. 1355) o da u n prece t to (can. 1356), e differenziando il caso in cui sia riservata alla Sede Apostolica.

Il can. 1354, d o p o aver stabilito nel suo § 1 che « oltre a quelli che sono enumerat i nei cann. 1355-1356, tutt i coloro che possono dispensare da una legge muni ta di una pena, o l iberare da un precet to che commina una pena, possono anche r imettere la pena », vale a dire, l 'autore, il superiore, il successore e il delegato d i chi l 'ha costituita, d ispone nel § 2 che « la legge o il prece t to che costituiscono una pena possono inoltre dare anche ad altri potestà di r imettere la pena ». Sono appun to i casi previsti nello stesso codice che, in taluni casi particolari , conferisce a iure facoltà speciali, pe r la remissione di alcune pene (cfr. cann. 566 § 2, 976 e 1357), sopra t tu t to nel foro in terno ( 5 9 ) .

Il testo del canone sembra tuttavia limitare tale pos­sibilità alla previsione della stessa norma che costituisce la pena (« l ex vel p raecep tum, p o e n a m consti tuens »); tale interpretazione pe rò n o n dovrebbe essere seguita po iché niente impedisce che si possa concedere tale facoltà con un'al tra norma, p recedente o poster iore, sia dello stesso autore sia di autore diverso ( 6 0 ) .

Inoltre, come abbiamo appena accennato in prece­denza, il codice ha accolto l ' istituto giuridico della riserva

( 5 9) Sulla remissione delle pene nel foro interno sacramentale, cfr. A. STENSON, Penalties in the new Code. The role of the confessor, in The Jurist, 63 (1983), p. 406-418.

f 6 0) Un esempio si trova in Rivista Diocesana di Roma, V. 25, 1984, p. 637: « Il Santo Padre, limitatamente al territorio della diocesi di Roma, concede a tutti i sacerdoti che, per ragione del loro ufficio a Roma o per concessione del Vicariato godono della facoltà di ricevere le confessioni dei fedeli, la facoltà di rimettere nel foro interno sacramentale la scomunica latae sententiae prevista al canone 1398 per l'aborto procurato, con l'obbligo di imporre una congrua penitenza ».

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 1 0 5

della remissione della pena, da n o n confondere p e r ò con

la riserva dei delitti o con la riserva dei peccati . Tuttavia,

il can. 1355 § 3 prevede espressamente soltanto la riserva

alla Sede Apostolica ( 6 1 ) , e stabilisce che « se la Sede

Apostolica ha riservato a sé o ad altri la remissione della

pena, la riserva deve essere interpretata in senso stret to ».

Si in tende che si sta par lando di riserva fatta median te

legge pe rché se la pena è stata comminata median te u n

precet to penale da to dalla Sede Apostolica, allora eviden­

temente soltanto questa p u ò rimettere la pena (cfr. can.

1356 § 1), t ranne che lo stesso precet to n o n abbia con­

ferito ad altri tale facoltà.

Secondo noi, anche se niente impedisce che, oltre alla

Sede Apostolica, chi p u ò emanare leggi penali possa

anche riservare a sé o ad altri la remissione della pena ( 6 2 ) ,

tuttavia sembra che tale riserva avrebbe un'uti l i tà mol to

limitata.

b) La prescrizione dell'azione criminale e di quella pe­

nale. — \Jazione criminale, derivante dal delitto, è l 'azione

(61) Nel CIC, sono cinque le pene riservate alla Sede Apostolica, in tutti e cinque casi si tratta della pena latae sententiae di scomunica: I o La profanazione delle specie consacrate (can. 1 3 6 7 ) ; 2 ° La violenza fisica contro il Romano Pontefice (can. 1 3 7 0 § 1 ) ; 3 ° L'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento (can. 1 3 7 8 § 1); 4 ° La consacrazione espiscopale senza mandato pontificio (can. 1 3 8 2 ) ; e 5 ° La violazione diretta del sigillo sacramentale (can. 1 3 8 8 § 1) .

(62) p MIGRO, sub can. 1314, in Commento al Codice di Diritto Canonico, cit., p. 7 5 3 , opina che « la categoria delle pene riservate, almeno per la Santa Sede, non è scomparsa; però, a mio sommesso avviso, il legislatore inferiore, secondo la sua prudenza pastorale, vi può fare ricorso ». Sono invece di diverso avviso V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit. p. 9 7 - 9 8 ; A. CALABRESE, Diritto Venale Canonico, cit., p. 1 7 5 e A. BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit., p. 1 2 8 - 1 2 9 . Il can. 1 4 2 3 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali parla della riserva della remissione della pena al Romano Pontefice o ai Patriarchi o Arcivescovi maggiori. Inoltre, il can. 7 2 8 dello stesso codice stabilisce quali siano i peccati la cui assoluzione è riservata alla Sede Apostolica o al Vescovo. Nel CIC non esiste invece alcun riferimento ai peccati riservati.

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1 0 6 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

per l'inflizione o dichiarazione della pena ; men t re Y azione

penale è l 'azione pe r l 'esecuzione della pena inflitta,

q u a n d o la sentenza di condanna (o il decre to , se la pena è

stata applicata in via amministrativa) è passata in giudicato.

Ques te azioni si es t inguono pe r prescrizione ( 6 3 ) nei

termini di t e m p o indicati dal can. 1362 § 1, da compu­

tarsi nei mod i indicati dai can. 1362 § 2 e 1363 § 1.

In genere si tratta di u n termine generale di « t re anni,

a meno che n o n si tratt i : I o dei delitti riservati alla

Congregazione per la Dot t r ina della Fede ( 6 4 ) ; 2° dell 'a-

( 6 3 ) A rigore, queste azioni si estinguono non per prescrizione ma per decadenza poiché il trascorso del tempo opera ipso iure, e dev'essere tenuto presente ex officio, e non ad iniziativa di parte. Cfr. C. DE DIEGO-LORA, sub can, 1492, in Código de Derecho Canònico, cit., p. 8 9 8 .

f 6 4) Tale norma desta qualche perplessità perché da un lato non si sta­bilisce un limite di tempo per la prescrizione dei delitti riservati alla Congre­gazione per la Dottrina della Fede (nell'opinione di P. CIPROTTI, Diritto Penale Canonico, cit., p. 7, « non si ha però mai la prescrizione per i delitti la cui punizione è di competenza della Congregazione per la Dottrina della fede »), e dall'altro di tali delitti riservati non c'è traccia nella normativa vigente, sia della Chiesa Latina sia delle Chiese Orientali. La cost. apost. Pastor Bonus, nell'art. 5 2 , stabilisce che la Congregazione per la Dottrina della Fede « giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale, sia nella celebrazione dei Sacramenti, che vengono ad essa segnalati e, all'occor­renza, procede a dichiarare e ad infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio ». Questa disposizione non è di facile inter­pretazione. Si tratta infatti di una norma che da un lato attribuisce una com­petenza in ragione della materia ma nella quale, secondo il suo tenore letterale, rientrano o possono rientrare tutti i delitti, e non solo quelli contro la fede; d'altro lato, non va dimenticato che si tratta di una competenza stabilita per escludere quella degli altri dicasteri della Curia Romana o Sede Apostolica che, perciò, non esclude la competenza delle istanze inferiori. Infatti, l'art. 1 9 § 2 della Pastor Bonus parlando dei ricorsi dispone che « le questioni, da trattarsi in via giudiziaria, sono invece rimesse ai Tribunali competenti, fermo restando quanto prescritto dagli Articoli 5 2 e 5 3 » . E il Regolamento Generale della Curia Romana stabilisce nell'articolo 1 1 2 § 2: «Vanno rimessi sempre ed esclusivamente al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede i delitti contro la fede e i più gravi delitti contro la morale e quelli commessi nella celebrazione dei sacramenti ». Non si dice però quali siano in concreto i delitti più gravi contro la morale e nella celebrazione dei sacramenti, di competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede. C. J. ERRAZURIZ, La protezione

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 107

zione pe r i delitti di cui ai cann. 1394, 1395, 1397, 1398, che si prescrive in cinque anni; 3° di delitti n o n puni t i dal dirit to universale, se la legge part icolare abbia stabilito u n altro limite di t e m p o per la prescrizione » (can. 1362 § 1). Per tan to , la legge part icolare — ma anche la legge uni­versale — p u ò stabilire u n limite di t empo , maggiore o minore a quello stabilito dal codice.

La na tura specifica del precet to presenta peculiarità tali che l 'applicazione dell ' istituto della prescrizione delle azioni criminali e penali per la pena da esso stabilita risulterà mol to improbabi le , benché da u n p u n t o di vista teorico n o n sia impossibile.

3. LA NORMATIVA PENALE NON CONTENUTA NEL CODICE

3.1 . Criteri generali per l'emanazione dei provvedimenti

penali.

Il can. 1317 stabilisce il criterio pastorale generale ( 6 5 ) ,

giuridico-penale dell'autenticità della fede, in Monitor Ecclesiasticus, 114 (1989), p. 119-120, nota 16, scrive al riguardo: « La nuova legge della Curia quindi non soltanto conferma la competenza penale della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma la amplia in modo praticamente illimitato, ben oltre i delieta contra fidem, di cui stiamo trattando, e perfino al di là delle questioni strettamente dottrinali. Questa competenza pressoché sconfinata ci lascia un poco perplessi: ci pare che la competenza dottrinale della Congregazione do­vrebbe fondare e limitare la sua competenza penale, dato che non ravvisiamo un altra ratio legis per quest'ultima ». Sono delitti contro la fede: l'apostasia e l'eresia (can. 1364 in connessione con il can. 751), il delitto dei genitori o di coloro che ne fanno le veci, che fanno battezzare o educare i figli in una religione acattolica (can. 1366), e il delitto di chi insegna una dottrina con­dannata dal Romano Pontefice o dal Concilio Ecumenico, o di chi respinge tenacemente la dottrina del magistero autentico (can. 1371, I o ) . Non ci sembra che si possa affermare che i delitti che debbono essere giudicati dalla Con­gregazione per la Dottrina della Fede siano identificabili con quelli la cui pena è riservata alla Sede Apostolica, nel caso in cui si decida di infliggerla o di­chiararla.

( 6 5 ) Così viene denominato da V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 51.

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108 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

per l 'emanazione dei provvediment i di na tura penale (legge

o precetto) da pa r t e dall 'autorità Suprema o part icolare che

sia, d icendo: « le pene siano costituite nella misura in cui

si r e n d o n o veramente necessarie a provvedere più conve­

nientemente alla disciplina ecclesiastica ». Inol t re , pe r il

caso specifico del precet to , il can. 1319 § 2 d ispone: « n o n

si emani u n precet to penale, se non d o p o aver profonda­

mente soppesato la cosa ».

E stato rilevato che l 'espressione « ad aptius provi-

d e n d u m ecclesiasticae disciplinae », del canone richia­

mato , enuncia la finalità generale del diri t to penale della

Chiesa ( 6 6 ) , e per tan to , anche lo scopo di qualsiasi prov­

vedimento a carattere penale.

Il can. 392 stabilisce: « § 1. Poiché deve difendere

l 'unità della Chiesa universale, il Vescovo è t enu to a

p romuovere la disciplina comune a tut ta la Chiesa e

perciò a urgere l 'osservanza di tu t te le leggi ecclesiastiche.

§ 2. Vigili che n o n si insinuino abusi nella disciplina

ecclesiastica, sopra t tu t to nel ministero della parola, nella

celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali , nel culto

di D io e dei Santi e nell 'amministrazione dei ben i ». La

disciplina ecclesiastica è contenuta , pr incipalmente , nelle

leggi che regolano i rappor t i di giustizia r iguardant i il

ministero della parola, la celebrazione dei sacramenti ,

ecc., e compi to dell 'autorità ecclesiastica, en t ro i limiti

della propr ia competenza (in ragione del terri torio o delle

persone) , è quello di urgere l 'osservanza delle leggi, e in

quanto ciò sia « vere necessariae », anche mediante la

comminazione delle pene . Anzi, il can. 1315 § 3 pe rmet te

addir i t tura che la legge part icolare possa « aggiungere

altre pene a quelle stabilite dalla legge universale per

qualche delit to »; « ciò tuttavia — cont inua lo stesso

( 6 6 ) A . BORRAS, op. cit., p. 57.

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 109

canone — non si faccia se n o n vi sia una gravissima necessità ».

Nonos tan te sia vero ed esatto che il dirit to penale della Chiesa abbia come finalità il provvedere alla disci­plina ecclesiastica, n o n è meno vero che questa espr ime soltanto un aspetto, forse n e m m e n o il p iù impor tan te e significativo, della p iù ampia finalità che consiste nella tutela della Chiesa stessa nel suo ordine giuridico, la difesa dei beni giuridici fondamental i quali sono la fede, i sacramenti , il ret to svolgimento del governo pastorale, i diritti fondamental i di tut t i i fedeli, ecc., in definitiva, la tutela della comunione, perché questa possa essere vis­suta integralmente e promossa nella Chiesa a tut t i i livelli.

I disposti dei canoni 1317 e 1319 § 2 men t re da u n lato r iconoscono che a volte sarà oppor tuno , pe r la tutela della comunione , emanare no rme penali , d 'al t ro lato costitui­scono una direttiva nel senso che la norma penale n o n solo n o n p u ò essere intesa e, ovviamente, utilizzata come l 'unico o il p iù impor tan te s t rumento di governo pastorale, nem­m e n o pe r urgere l 'osservanza dei p iù fondamental i obbli­ghi giuridici, ma deve essere anche frutto di tut t i quegli atteggiamenti che caratterizzano il governo della Chiesa (carità, p rudenza , fortezza, r ispetto della giustizia, servizio, ecc;) e che consigliano che questi provvediment i siano presi « re mature perpensa », il che è tut t 'a l t ro che u n invito a n o n agire di fronte ai gravi danni che causano le ingiustizie in cui consistono i delitti ( 6 7 ) . Alcuni autori hanno r icordato

( 6 7 ) Il can. 2214 § 2 del CIC '17 recepiva a questo riguardo l'avverti­mento del Concilio di Trento (sess. XIII, de ref., cap. 1) che, volendo stabilire alcune norme sulla giurisdizione dei vescovi: « crede bene, come prima cosa, ammonirli di ricordarsi che essi sono dei pastori, non dei tiranni (I Pt 5, 2-4; I tm 3, 2-4; Tt 1, 7-9), e che è necessario comandare ai sudditi non in modo da dominare su di essi, ma da amarli come figli e fratelli; e a far sì che, esortando ed ammonendo, li allontanino da ciò che è illecito, perché non debbano poi, una volta che abbiano mancato, punirli con le pene dovute.

« E tuttavia, se essi dovessero mancare in qualche cosa per umana

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110 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

la funzione che, a ques to r iguardo, possono esvolgere i

diversi organismi di na tura consultiva esistente ai diversi

livelli dell 'organizzazione del governo ecclesiastico ( 6 8 ) .

3.2. Normativa successiva al codice e configurazione del

sistema penale.

Dura t e i lavori di riforma del Libro V del codice

p iano-benedet t ino, una delle direttive ( 6 9 ) che più ha

fragilità, devono osservare quel precetto dell'apostolo: di riprenderli, cioè, di pregarli, di rimproverarli con ogni bontà e sapienza (cfr. II Tm 4, 2): poiché spesso con quelli che devono essere corretti vale più la benevolenza, che la severità; più l'esortazione, che le minacce; più l'amore che lo sfoggio di autorità (LEONE I, Ep. 14 ad Anast., in P L 54, 669).

« Se poi fosse necessario, per la gravità della mancanza, usare la verga, allora con la mansuetudine bisogna usare il rigore, con la misericordia il castigo, con la bontà la severità, perché, pur senza asprezza, sia conservata quella disciplina che è salutare e necessaria ai popoli; e quelli che vengono corretti, si emendino, o se non volessero tornare sulla buona via, gli altri si astengano dai vizi con l'esempio salutare della punizione contro di essi, essendo ufficio del pastore diligente e pio, prima usare i rimedi più miti per i mali delle sue pecore; poi, se la gravità della malattia lo richieda, procedere a rimedi più forti e più gravi. E se neppure questi portassero a qualche risultato, egli dovrà evitare il pericolo del contagio almeno per le altre pecore, separandole (cfr. GEROLAMO, Comm. in ep. ad Gal. Ili , 5, n. 589, in P L 26, 430; AGOSTINO, De corrept. et gr., 15, n. 46, in P L 44, 943 segg.) ».

Í 6 8 ) Ad esempio, TH. J . GREEN, Penai law: a review of selected themes, cit., p. 239, consiglia al vescovo diocesano di consultarsi, prima di emanare una norma penale, almeno con il consiglio presbiteriale (cfr. can. 500 § 2).

(69) Communicationes, 2 (1970), p. 100: Opera Consultorum in paran-dis canonum schematibus, III De Iure Poenali recognoscendo. Praecipua operae stadia. « Consultores censuerunt de generali iuris poenalis parte, quae normas de delictis in genere, de poenis in genere, de poenis in specie praebet: eas enim normas decet in tota Ecclesia esse uniformes, cum difficile sit postulare ut unusquisque episcopus, vel saltem unaquaeque episcopalis conferentia, eas ex integro separatim ferat (esset enim immanis labor!), et tamen omnino necessariae sint ad rectam iuris poenalis applicationem, ita ut eos praetermitti nullo modo liceat, neque admiratione carerei, si de omnibus iis rebus diversae in diversis locis vigerent normae, cum permultae ex iis directo pendeant ex rationalibus principiis. Eae igitur normae in schemate quantum fieri potuit accurate ac perspicue exaratae sunt, quae sint veluti

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 111

influito nella configurazione della nuova normativa, è

stata quella dell 'applicazione nel l 'ambito del dirit to pe­

nale del principio d i sussidiarietà o decen t ramento ( 7 0 ) .

Nello Schema documenti quo disciplina sanctionum seu

poenarum in Ecclesia Latina denuo ordinatur, del 1973,

tale pr incipio fu accolto nei seguenti termini, secondo

quanto informava la Commissione: « differisce dal L ibro

V del C I C perché lascia mol te cose alle leggi particolari

ed ai precet t i penali , specialmente nella par te che ri­

guarda le pene in singula delieta. Il p roget to si divide in

due part i : a) De delictis et poenis in genere; b) De poenis

in singula delieta. La pr ima par te è p iù ampia (47 canoni)

perché contiene no rme chiare intese come un comple­

men to comune a tu t te le leggi penali , da qua lunque

legislatore emanate nella Chiesa. Tali norme , specie

quelle che possiamo considerare come principi fonda­

mentali , devono essere uniformi pe r tut ta la Chiesa (...).

commune complementum cunctarum poenalium legum, a quolibet Ecclesiae legislatore latarum ac praeceptorum ».

( 7 0 ) P. CIPROTTI, II diritto penale della Chiesa dopo il Concilio, in Ephemerides Iuris Canonici, 26 (1970), p. 100-101, aveva scritto riferendosi a tale questione: « È questo un probema che presenta molteplici aspetti, ma che, proprio per quanto riguarda il diritto penale, non è tanto da considerare come un problema da risolvere alla luce della chiarificazione avvenuta nei rapporti tra primato pontificio e collegialità episcopale, quanto alla luce dei principi, più contingenti di quelli, di politica legislativa e tecnica legislativa (...). Per affrontare in pratica questo problema, si deve distinguere la parte generale del diritto penale dalla parte speciale: per la prima, infatti, non è possibile — che gli inconvenienti sarebbero certamente molto maggiori dei vantaggi — rinviare tutto alle autorità ecclesiastiche locali, ma si potrà solo ammettere la possibilità che le leggi particolari deroghino in alcuni punti alla legge generale, e che quelle leggi o i precetti la integrino (...); invece, le varie e mutevoli condizioni dei differenti luoghi consigliano che il compito di configurare i vari delitti venga in linea di massima attribuito alle autorità locali mentre il legislatore centrale dovrebbe limitarsi, a differenza di quanto avviene nel vigente Codice di Diritto Canonico, a punire con legge generale soltanto quei fatti che è opportuno siano previsti come delitti in tutta la Chiesa e siano puniti ovunque in modo uniforme ».

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112 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

La seconda par te dello schema De poenis in singula

delieta, è p iù breve (26 canoni) e p r e n d e in considera­

zione solo quei delitti che si ritiene d e b b a n o essere puni t i

con legge uniforme, data dal Sommo Pontefice per tut ta

la Chiesa. Pe r gli altri delitti dovrà essere provveduto con

leggi particolari o con precet t i penali . In tal maniera si è

pensato di offrire quei minimi s t rument i di coercizione,

senza dei quali la società ecclesiastica n o n p u ò regger­

s i » ( 7 1 ) . Gli organi competent i consultati si t rovarono

d 'accordo con tale impostazione ( 7 2 ) .

Di conseguenza, nel codice vigente si attribuisce,

come abbiamo visto nelle pagine precedent i , all 'autorità

inferiore competen te ad emanare i provvediment i penali ,

u n ampio margine di potestà sia pe r la tipizzazione di

delitti n o n previsti nel codice, sia pe r regolamentare

alcuni aspetti (o elementi) che incidono di re t tamente

sulla configurazione del sistema penale (riguardanti anche

il m o m e n t o applicativo e il m o m e n t o remissivo della

pena) , il cui adeguamento o rettifica possa essere richiesto

dalle diverse condizioni, circostanze o sensibilità sociale

p ropr i del t e m p o o luogo in cui si debba operare ( 7 3 ) .

(71) Communicationes, 6 (1974), p. 33-34: Brevis conspectus de labore hucusque a Commissione peracto deque peragendo. B) Schemi sui quali si è già avuto il parere dell' Episcopato, b) de iure poenali.

C2) Communicationes, 7 (1975), p 93: «placet reductio normarum generalium ad principia tantum generalia quaedam et constitutio quarundam solummodo poenarum in singula delieta. Quod quidem aperiet legislatoribus particularibus viam qua ea praescripta poenalia ferantur, quae locorum necessitatibus melius responderé possint »; e ibidem, p. 96: « de principio decentralizationis et subsidiarietatis, quod in schemate iuris poenalis in praxim deductum est per remissionem factam etiam ad leges particulares, et ad praecepta statuendi poenas in singula delieta, fere omnes admittunt illud nunc temporis praeteriri non posse in recognoscendo iure canonico eo vel magis sancitum est a Concilio Vaticano II et Primo Goetu Generali Synodi Episcoporum ».

( 7 3 ) Sull'argomento si veda J . SANCHIS, Rilevanza del principio di

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LE FONTI DEL DIRITTO PENALE CANONICO 1 1 3

« La dot t r ina ha sottolineato il fatto che nel l 'o rd inamento

canonico accanto al diri t to penale generale ne esista — o,

per lo meno , ne possa sussistere — anche uno di carattere

part icolare, sia esso territoriale o personale » ( 7 4 ) .

Ques ta impostazione è stata la causa principale della

notevole r iduzione e semplificazione del testo del codice

dedicato al diri t to penale (da 220 canoni nel C I C '17 a 89

nel C I C '83) ( 7 5 ) . C o m e aveva dichiarato il coetus, ed è

stato successivamente messo in rilievo da diversi autori , il

codice « ha voluto offrire una legge quadro quan to alla

par te generale, per facilitare il compi to sia ai singoli

vescovi che alle stesse conferenze episcopali (...), da

servire po i alle chiese particolari pe r adat tare la legisla­

zione generale alle esigenze par t i co la r i» ( 7 6 ) . La legisla­

zione del codice — si diceva in u n o dei pr imi schemi —

deve essere considerata « come un complemento comune

a tut te le leggi penali , da qua lunque legislatore emanate

nella Chiesa » ( 7 7 ) ; perciò il relatore del coetus scrisse che

si trattava di una « invitatio quaedam ad part iculares

legislatores u t uber ius sua potes ta te utantur , vel pot ius u t

accuratius et magis sedulo considerent n u m et q u a n d o

sua potestate eos ut i expediat » ( 7 S ) . Lo spazio che si è

sussidiarietà nel sistema penale del codice del 1983, in Monitor Ecclesiasticus, 1 1 4 , ( 1 9 8 9 ) , p. 1 3 2 - 1 4 2 .

( 7 4 ) F.E. ADAMI, Continuità e variazioni dì tematiche penalistiche nel nuovo « Codex Iuris Canonici », cit., p. 1 1 9 .

( 7 5) Cfr. TH. J . GREEN, Penai law: a review ofselected themes, cit., p. 2 2 6 , V . DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 1 2 - 1 3 , G , DI MATTIA,

Sostanza e forma nel nuovo diritto penale canonico, cit., p. 4 1 7 . ( 7 6 ) F. NIGRO, Le sanzioni nella Chiesa come tutela della comunione

ecclesiale (Libro VI CIC), in A A . W . , La nuova legislazione canonica, Roma, 1 9 8 3 , p. 4 3 7 e 4 4 8 . Cfr. anche R. COPPOLA, Il nuovo « Codex Iuris Canonici » e il diritto penale, in A A . W \ , Raccolta di scritti in onore di Pio Fedele, Perugia, 1 9 8 4 , voi. 1, p. 1 0 7 .

(77) Communicationes, 2 ( 1 9 7 0 ) , p. 1 0 0 ; cfr. Ibidem, 6 ( 1 9 7 4 ) , p. 3 4 . ( 7 8 ) P. CIPROTTI, De Iure Poenali Canonico, quodattinetadconversionem

et reconciliationem obtinendam, in Monitor Ecclesiasticus, 1 0 0 ( 1 9 7 5 ) , p. 3 7 5 .

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1 1 4 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

voluto dare alla normativa part icolare richiederà u n reale impegno per raggiungere le migliori soluzioni e risposte ai molteplici problemi , mediante l ' oppor tuna applica­zione, specificazione, comple tamento ed ada t tamento alle concrete circostanze della legislazione universale, ed eser­c i tando tu t te le facoltà da essa concesse.

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CAPITOLO TERZO

LA L E G G E P E N A L E

1 . SOGGETTI CHE HANNO POTESTÀ LEGISLATIVA

1 . 1 . Principio generale.

Il can. 1 3 1 5 § 1 stabilisce il pr incipio generale se­condo il quale « qui legislativam habe t potes ta tem, potes t etiam poenales leges ferre »: chi nella Chiesa gode di potestà legislativa p u ò anche emanare leggi penali .

Lo stesso can. 1 3 1 5 aggiunge, come abbiamo già visto, che, chi ha potestà legislativa, en t ro i limiti della propr ia competenza ratione territorii vel personarum (ed evidentemente anche ratione materiae) p u ò « munire , con leggi propr ie , di una congrua pena , la legge divina o la legge ecclesiastica emanata dalla potestà superiore » (§ 1 ) ; inoltre, lo stesso canone prevede che mediante legge particolare si possano aggiungere altre pene a quelle stabilite dalla legge universale pe r qualche delit to, o p p u r e se la legge universale prevede una pena indeterminata o facoltativa, la legge part icolare possa anche stabilire al suo pos to una pena determinata od obbligatoria (cfr. § 3 ) .

Il can. 1 3 1 5 attribuisce per tan to a chi ha potes tà legislativa — sia questa ordinaria o delegata (cfr. can. 1 3 5 § 2 ) ( 0 — la facoltà di emanare leggi penali , en t ro

Í1) Chi esercita una potestà che gli è stata delegata deve farlo entro « i limiti del suo mandato » poiché il delegato che oltrepassa i limiti del suo

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116 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

la rispettiva competenza materiale, territoriale o perso­nale.

Evidentemente , anche alle leggi penali viene applicata la normativa generale sulle leggi ecclesiastiche (cann. 7-22), con le specificità ivi indicate.

1.2. Soggetti che hanno potestà legislativa in particolare.

1.2.1. Organ i unipersonali .

Gl i organi unipersonali dell 'organizzazione gerar­chica della Chiesa aventi potestà legislativa ordinaria sono:

a) Il Romano Pontefice (can. 331). b) Il Vescovo diocesano (cfr. can. 391) e coloro

che, p res iedendo le altre comunità di fedeli di cui al can. 368, in iure aequiparantur al Vescovo diocesano (can. 381 §§ 1 e 2), vale a dire il Prelato territoriale, l 'Abate

mandato « agisce invalidamente » (can. 133 § 1); si pone perciò il problema di sapere se nei casi di legislazione delegata per poter comminare sanzioni penali sia necessaria o meno un'autorizzazione espressa del delegante. Ai sensi del can. 138, « la potestà delegata per un insieme di casi, è da interpretarsi in senso largo, qualsiasi altra invece in senso stretto ». Ci sembra che non essendoci nel mandato un'indicazione in contrario, il delegato possa anche munire la legge di una congrua pena.

Un esempio di legislazione delegata in materia penale lo abbiamo nel decreto della Congregazione per la Dottrina della fede pubblicato in AAS, LXXX (1988), p. 1367, del 23 settembre 1988, nel quale questa congrega­zione « ad sanctitatem sacramenti Poenitentiae tuendam et ad eiusdem ministrorum ac christifidelium iura munienda quae ad sacramentale sigillum attinent et ad alia secreta cum Confessione connexa, vigore specialis facul-tatis sibi a Suprema Ecclesiae auctoritate tribute (can. 30), decrevit: Firmo praescripto can. 1388, quicumque quovis technico instrumento ea quae in Sacramentali Confessione, vera vel ficta, a se vel ab alio peracta, a confessano vel a poenitente dicuntur, captai, aut communicationis socialis instrumentis evulgat, in excommunicationem latae sententiae incurrit. Decretum hoc vigere incipit a die promulgationis ». Si veda il commento a tale decreto di A. MARZOA, Protección penal del Sacramento de la Penitencia y derechos de los fieles, in Ius Canonicum, 30 (1990), p. 165-172.

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LA LEGGE PENALE 117

territoriale, il Vicario Apostolico, il Prefet to Apostol ico e lAmmin i s t r a to re di un 'amminis t razione apostolica eretta stabilmente; l 'Ordinar io castrense (Cost. ap. Spirituali militum curae, n. 2 § 1); e, per analogia, il Pre la to per­sonale (can. 295 § 1).

1.2.2. Organ i collegiali.

Gl i organi collegiali che, secondo la vigente legisla­zione, godono di potestà legislativa ordinaria sono:

a) Il Collegio dei Vescovi insieme al suo capo, il Sommo Pontefice, e mai senza lui, è soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale (can. 336). Esso esercita la sua potestà sulla Chiesa universale sia in m o d o solenne nel Concilio Ecumenico (can. 337 § 1), sia me­diante l 'azione congiunta dei Vescovi sparsi nel m o n d o cosi che si realizzi u n vero atto collegiale (can. 337 § 2). Pe rché i decreti emanat i dal Collegio dei Vescovi abbiano forza di obbligare sono necessarie l 'approvazione, con­ferma e promulgazione del Romano Pontefice (can. 341). I Concili Ecumenic i h a n n o largamente esercitato in pas­sato tale potestà suprema in materia penale ( 2 ) .

b) I Concili Particolari , cioè sia il concilio plena-

(2) Né il Sinodo dei Vescovi né il Collegio dei cardinali hanno invece per sé potestà legislativa. Il Sinodo dei Vescovi è un'assemblea di Vescovi che, tra l'altro, presta aiuto con il suo consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell'incremento della fede e dei costumi, nell'osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica (can. 342); ma non spetta al Sinodo emanare decreti, « a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del Sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa » (can. 343). Da parte loro, i Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un « Collegio peculiare » (can. 349) cui spetta soprattutto provedere all'elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare; inoltre tale « coetus » presta principalmente aiuto con attività collegiale al Romano Pontefice nei Concistori ordinari o straordinari (can 353). In caso di sede vacante ha la potestà che gli è conferita nella legge peculiare, la Cost. Ap. Romano Pontefice eligendo promulgata da Paolo VI (AAS, 67 (1975), p. 609-645).

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118 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

rio, di tu t te le Chiese particolari della medesima Confe­

renza Episcopale (can. 439 § 1), sia il Concilio provinciale

pe r le diverse Chiese particolari della medesima Provincia

ecclesiastica (can. 440 § 1), « hanno potestà di governo,

sopra t tu t to legislativa, così da poter decidere, salvo sem­

pre il diri t to universale della Chiesa, ciò che risulta

o p p o r t u n o (...) pe r regolare i costumi e pe r conservare,

in t rodurre , difendere la disciplina ecclesiastica » (can.

445); i decreti emanat i dal Concilio dovranno c o m u n q u e

essere promulgat i solo d o p o essere stati r iveduti dalla

Sede Apostolica (can. 446) ( 3 ) .

1.2.3. Riferimento part icolare alle Conferenze Epi ­

scopali.

Il can. 455 § 1 stabilisce che la Conferenza Episcopale

« p u ò emanare decreti generali solamente nelle materie in

cui lo abbia disposto il dirit to universale, o p p u r e lo

stabilisca un manda to speciale della Sede Apostolica, sia

« mo tu p ropr io », sia su richiesta della conferenza stes­

sa »; tuttavia tali decreti generali (che, se si t rat ta di quelli

di cui parla il can. 29, proprie sunt leges) r ichiedono,

pe rché siano val idamente emanati , l 'approvazione al­

m e n o dei due terzi dei membr i della conferenza che

h a n n o voto deliberativo, e n o n o t tengono forza obbliga­

toria, nisi ab Apostolica Sede recognita, e se n o n vengono

( }) Per ciò che riguarda il Sinodo diocesano, cioè l'assemblea dei sacerdoti e degli altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana (can. 460), « l'unico legislatore è il Vescovo diocesano (...); lui solo sottoscrive le dichiarazioni e i decreti sinodali, che possono essere resi pubblici soltanto per la sua autorità» (can. 466). Gli altri organi collegiali diocesani quali il consiglio presbiterale (can. 495), il collegio dei consultori (can. 502), i capitoli dei canonici (can. 503) e il consiglio pastorale (can. 511), sono di carattere prevalentemente consultivo e non legislativo.

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LA LEGGE PENALE 1 1 9

legit t imamente promulgat i ( 4 ) . L 'opinione prevalente in

dottr ina è che le Conferenze Episcopali godano « di vera

e propr ia potestà legislativa, sia p u r e in misura limita­

t a » ( 5 ). Diversi autori sostengono esplicitamente che le

Conferenze Episcopali abbiano potestà legislativa e,

quindi , la loro competenza legislativa anche in materia

penale, ent ro i limiti stabiliti dal can. 455 ( 6 ) . P . Ciprot t i ,

invece, ritiene che pe r ciò che si riferisce alla materia

penale, le Conferenze Episcopali « n o n h a n n o poter i

legislativi in propos i to », vale a dire, n o n possono ema-

(4) Si veda al riguardo V. GÓMEZ-IGLESIAS, LOS decretos generales de las conferencias episcopales, in Ius Canonicum, 2 6 ( 1 9 8 6 ) , p. 2 7 1 - 2 8 5 .

( 5) G . FELICIANI, voce Conferenze Episcopali, in Enciclopedia Giuri­dica, Istituto della Enciclopedia Italiana, Fondata da G . Treccani, Roma, 1 9 8 8 , voi. Vil i , p. 3 , n 6. Della stessa opinione sono J. MANZANARES, Las conferencias episcopales en el nuevo Código de derecho canónico, in Raccolta di scritti in onore di Pio Fedele, Perugia, 1 9 8 4 , voi. 1, p. 5 2 5 - 5 2 6 ; F. UCCELLA, Le conferenze episcopali nel nuovo codice di diritto canonico: prime riflessioni, in II Diritto Ecclesiastico, 1 9 8 6 , specialmente p. 1 0 9 - 1 3 6 ; e J.I. ARRIETA, sub. can. 455, in Código de Derecho Canònico, edición anotada a cargo del Instituto Martín de Azpilcueta, Pamplona, 1 9 8 7 , p. 3 2 4 , il quale ritiene che le Conferenze Episcopali «actúan en forma colectiva (cfr. c. 1 1 9 ) una potestad ordinaria (cfr. c. 1 3 1 § 1) sobre materias que por ley común — en este código son numerosas —, o por especial mandato de la Santa Sede -« motu propio », o a petición de la Conferencia- se les haya atribuido. Fuera de este ámbito, la Conferencia Espiscopal carece de competencia ».

(6) Cfr. F. AZNAR, sub. can. 1316, in Código de Derecho Canónico, cit., p. 6 2 9 ; F. NIGRO, sub. can. 1316, in Commento al codice di diritto canonico, cit., p. 7 5 5 ; F. COCCOPALMERIO, op. cit., p. 2 9 9 ; A. BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit., p. 5 6 ; L. CHIAPPETTA, esprime opinioni contrapposte affer­mando tale potestà sub. can. 1315, e negandola sub. can. 1316, in II Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale, cit., p. 4 3 1 - 4 3 2 . Non è chiara l'opinione di A. CALABRESE, op. cit., p. 1 3 , quando scrive che « hanno potestà legislativa e pertanto possono emanare norme penali (...) 3 . Le Conferenze Episcopali, nell'ambito del proprio territorio e nei Concili particolari, che possono essere plenari, se abbracciano tutte le Chiese particolari che fanno parte della medesima Conferenza Episcopale, purché intervenga l'approvazione della Sede Apostolica, o provinciali, cioè della provincia ecclesiastica i cui confini coincidono col territorio della nazione », rinviando in nota al can. 4 3 9 , §§ 1-2; sembra perciò che l'autore voglia riferirsi principalmente ai concili particolari.

8 . J . SANCHIS

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120 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

nare leggi penali ; e, per suffragare tale affermazione, in

nota r icorda che « nei pr imi d u e schemi della par te

generale del dirit to penale (degli anni 1966 e 1967) erano

inserite, tra parentesi quadre , le parole: 'per Concilia vel

per Episcopales Conferentias vel pe r alias rat iones ' » ( 7 ) ,

e che poi di fatto sono state tolte nella redazione

definitiva.

Tuttavia, abb iamo notizia d i un 'osservazione inviata

alla Commiss ione di riforma e studiata, nella seconda

seduta di lavoro, dal « coetus s tudiorum de iure poenal i »,

in cui si leggeva: « Nonnul l i t iment ne nimia sint legum

poenal ium diversitas inter dioeceses e iusdem civitatis,

ideoque p r o p o n u n t ut solae Conferentiae Episcopo-

rum potes ta tem habeant const i tuendi poenales leges » ( 8 ) .

A questa osservazione il relatore r ispondeva che « pe r

hanc viam nimis coarctari potes ta tem E p i s c o p i » . D a

par te sua, u n altro Consul tore , most randos i d ' accordo

con tale opinione, aggiungeva che c o m u n q u e « Conferen­

tiae Ep i scoporum ex eo q u o d modis a iure statutis po te­

statem habent ferendi leges, iam gaudent potes ta te mu-

niendi illas sanctionibus poenal ibus » ( 9 ) , e intendeva

precisare che, dal m o m e n t o in cui il canone allora ogget to

( 7) P. CIPROTTT, La riforma del diritto penale della Chiesa, in A A . W . Raccolta di scritti in onore di Pio Fedele, Perugia, 1984, voi. 1, p. 80, non indica però il canone a cui si riferiscono tale parole; cfr. anche ID., voce Diritto Penale Canonico, in Enciclopedia Giuridica, cit., p. 3, n. 2.2.

(s) Communicationes, 8 (1976), p. 171. Nella Brevis relatio de anima-dversionibus generalibus quae factae sunt ad Schema canonum ab Episcoporum Conferentiis, a S. Sedis Dicasteriis, ab Unione Superiorum Maiorum et ab Universitatibus studiorum ecclesiasticorum, in Communicationes, 7 (1975), p. 97, si poteva leggere: « Alii autem, quibus placet principium subsidiarietatis in iure quoque poenali, suadent ut leges particulares de poenis in singula delieta a solis Conferentiis Episcopalibus edi possint, ita ut uniformis in iis territoriis disciplina vigeat et in singulis dioecesibus nimius rigorismus vitetur. Ordinariis locorum relinqui potest ut per praecepta poenalia hanc disciplinan! ordinent ».

(9) Communicationes, 8 (1976), p. 172.

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LA LEGGE PENALE 121

di s tudio e discussione stabiliva il pr incipio — lo stesso

ora vigente — secondo il quale chi ha potestà legislativa

p u ò anche (nella misura e r iguardo alle mater ie di

propr ia competenza) comminare p e n e mediante leggi

propr ie , risultava evidente che le Conferenze Episcopali

avendo tale potestà, benché limitata ad alcune determi­

nate materie, avessero la facoltà di muni re tali leggi di

sanzioni penali . Pa r t endo dal principio p receden temente

enunciato, questa conclusione appariva così chiara che

« alter consultor censet secundam par tem canonis esse

superfluam ideoque suppr imi posse verba ' quod si quis

legislativam potes ta tem etc. Proposi t io omnibus pla­

cet » ( 1 0 ) .

« D a quan to esposto si conclude innanzi tut to che la

propos ta di riservare il po te re di emanare n o r m e penali

n o n ai singoli Vescovi bens ì alle Conferenze Episcopal i

non fu accolta, e questo sul p resuppos to che in tal m o d o

si sarebbe eccessivamente limitata la potestà dei Vescovi;

ma è altresì evidente la consapevolezza del « coetus » di

non star togliendo min imamente alle Conferenze Episco­

pali la possibilità di comminare , nella sfera di materie in

cui essa gode di poter i legislativi, pene canoniche » ( u ) .

(10) Ibidem. Fu allora che si aggiunse, alla fine del canone, la clausola «servatis suae competentiae limitibus ratione territorii vel personarum» (can. 1315 § 1).

( u ) J. SANCHIS, Organi collegiali competenti ad emanare leggi penali. Particolare riferimento alle Conferenze Episcopali, in L'Année Canonique. Hors serie. La Synodalité. La participation au gouvernement dans l'Eglise. Actes du VII congrès international de Droit Canonique, Paris, 21-28 se-ptembre 1990, volume I, p. 514. B. FRANCK, La conférence episcopale et les autres institutions de la collégialité intermédiaires, in L'Année canonique, 1983, p. 113, scrive giustamente: « L a Conférence episcopale possedè un certain pouvoir législatif (...) et donc aussi celui de poter des lois pénales ou de munir de peines des lois genérales qui en seraient dépourvues.

« Toutefois, il convenient de noter que si le Livre VI accorde à Pévèque un grand nombre de possibilités d'infliger, de réduire ou d'augmenter des peines, jamáis il n'y est fait mention explicite de la Conférence episcopale ou

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1 2 2 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

1 . 2 . 4 . Gli istituti religiosi.

Pe r quan to r iguarda la potestà legislativa in materia penale negli istituti religiosi clericali di dir i t to pontificio, sembra che i Capitoli (can. 6 3 1 § 1 ) e i Superiori maggiori (can. 6 2 0 ) in quan to godono della potestà ecclesiastica di governo, t an to pe r il foro esterno quan to pe r quello interno (can. 5 9 6 § 2 ) , e nella misura in cui c'e l 'hanno, possano emanare leggi penali ( 1 2 ) .

2 . L'UNIFORMITÀ DELLA LEGISLAZIONE PENALE.

« L'esercizio del po te re punit ivo median te leggi par­ticolari ha lo scopo di po te r raggiungere le finalità del dirit to penale della Chiesa nel m o d o più ada t to alle varie circostanze di luogo e di t empo ; ma, na tura lmente , la varietà, che in tal m o d o p u ò derivare nel dir i t to penale part icolare non è priva di inconvenienti » ( 1 3 ) . Pe r cercare di risolvere il p roblema, il disposto del can. 1 3 1 6 recita: « I Vescovi diocesani facciano in m o d o che nella stessa città o regione, qualora si d e b b a n o emanare leggi penali , lo si faccia nei limiti del possibile con uniformità ».

Tale canone fu p ropos to dal « Coetus s tudiorum de iure poenale » come risposta alla sopra indicata richiesta degli organi consultivi di evitare l'eccessiva frammenta­zione della normativa penale territoriale, ed al cui scopo si suggeriva, come abb iamo già det to , di concedere esclu­sivamente alle Conferenze Episcopali la competenza di

d'une autre instance collegiale intermédiaire. Cela est très révélateur de la prudence du législateur et de son désir de ne pas voir la Conférence empiéter sur un terrain où l'évèque du lieu est le mieux place pour 'voir, juger et agir' (en l'occurrence 'punir')! ».

( 1 2) Cfr. V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit, p. 5 2 - 5 3 , e A. CALABRESE, op. cit., p. 1 3 .

( 1 3 ) P. CIPROTTI, La riforma del diritto penale della Chiesa, cit., p. 79-80.

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LA LEGGE PENALE 123

legiferare in materia penale. Anche se n o n fu accettato siffatto suggerimento, « t amen Coetus o p p o r t u n u m cen-set u t normas pona tu r in schemate, qua Episcopi adhor-tentur ut, qua tenus fieri potest , in eadem civitate vel regione uniformes leges poenales ferantur. Q u a r e novus canon p ropon i tu r » ( 1 4 ) . Infatti, nonos tan te si sia r icono­sciuta la convenienza ed utilità della normativa penale particolare si è anche ri tenuta giustamente auspicabile una certa uniformità nella legislazione pe r evitare sia i possibili abusi sia la perplessità e l ' incertezza dei fedeli, come p u r e pe r garantire l 'uguaglianza che in un tema così delicato meri ta cer tamente un 'accura ta p romozione e tutela.

Tuttavia, « diversitas non est omnino et absolute sper-nenda, quia diversae sunt situationes et etiam sensibilitas et responsabilitas pastoralis. O m n i a sunt bene et ponde ra t e pe rpendenda . Consultat io est o p p o r t u n a » ( 1 5 ) .

Poiché secondo la legislazione vigente la Conferenza Episcopale n o n p u ò offrire una normativa part icolare generale e uniforme, tale scopo di uniformità dovrà essere raggiunto in altri mod i quali deliberazioni dei Concili particolari, intese t ra Vescovi, ecc., ma anche, come è stato da più autori suggerito, mediante intese in sede di Conferenza Episcopale (cfr. can. 455 § 4).

3. LA LEGGE PENALE NEL TEMPO.

3.1. Principio generale: l'irretroattività della legge penale.

Il can. 9 stabilisce il pr incipio generale sull'efficacia delle leggi nel t empo , secondo cui « le leggi r iguardano le

(M) Communicationes, 8 (1976), p. 172. Sul punto si veda F.E. ADAMI, Continuità e variazioni di tematiche penalistiche nel nuovo « Codex Iuris Canonici», cit., p. 119-122.

( I 5 ) V . DE PAOLIS, op. cit., p. 52.

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124 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

cose future, n o n le cose passate, a m e n o che n o n si disponga nomina tamente in esse delle cose passate ». Si dice perciò che la legge è irretroattiva. D i conseguenza, la legge che stabilisce una pena è applicabile solo ai fatti commessi d o p o la sua entrata in vigore.

Ci sembra o p p o r t u n o sottolineare, ancora una volta, che l 'essenza della legge penale n o n è l 'obbligo giuridico o prece t to pr imar io in esso contenuto , bensì la pena con cui si urge l ' adempimento di de t to obbl igo. D i conse­guenza ciò che p ropr iamente è irretroattivo nelle n o r m e penali è la possibilità di applicare la pena , poiché l 'ob­bligo giuridico nella maggioranza dei casi preesiste alla comminazione della pena .

Evidentemente , se si rit iene che ogni legge a lmeno in nuce sia penale o p p u r e che n o n sia necessaria la previa comminazione della pena per po te r pun i re u n compor­tamento antigiuridico ( 1 6 ) , allora la conclusione dovrà essere diversa, ma abb iamo già p receden temente analiz­zato il significato, la funzione e la na tura della n o r m a penale nel l 'ambito del sistema penale della Chiesa, e il canone r ichiamato ne costituisce una riprova. Infatti , la previa costituzione delle pene mediante leggi e precet t i costituisce u n giusto pr incipio di ord ine sociale e giuri­dico, che tiene anche conto dei diritti dei fedeli i quali, secondo quan to stabilisce il can. 221 § 3 , « h a n n o il diritto di non essere colpiti da pene canoniche, se n o n a norma di legge » ( 1 7 ) .

( 1 6) G. MICHIELS, Normae Generales Iuris Canonici, cit., voi. 2, p. 246-247: « Ex natura rerum enim, ut actus quidam punibilis sit, non requiritur praevia sanctionis poenalis comminatio, ipsi legi, saltem indeterminate, addita, sed sufficit, ut actus ille revera sit moraliter et socialiter malus, seu ordinem socialem legislatione protectum externe et culpabiliter perturbans; ratio est, quia quoad omnes actus moraliter et socialiter malus adest funda-mentum juridicum potestatis coactivae ».

( N ) CONVENTION DE SAUVEGARDE DES DROITS DE L'HOME ET DES LIBERTES

FONDAMENTALES, Roma 4. XI. 1950, art. 7 § 1: « Nul ne peut ètte condamné

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LA LEGGE PENALE 125

3.2. Eccezioni alla generale irretroattività della legge pe­

nale.

Il can. 1313 prevede gli effetti della cessazione o modifica della legge penale , e d ispone al r iguardo che: « § 1. Se d o p o che il delitto è stato commesso la legge subisce mutament i , si deve applicare la legge p iù favo­revole al l ' imputato. § 2 . C h e se una legge poster iore elimina la legge, o almeno la pena , questa cessa imme­d i a t a m e n t e » ( 1 8 ) .

I p resuppos t i comuni pe r l 'applicazione di tali previ­sioni normat ive sono: a) la realizzazione di un fatto che configuri u n delitto; b) il poster iore cambiamento della legge penale applicata al caso.

3 .2.1. L 'abrogazione della legge penale.

II can. 20 d ispone che « la legge poster iore abroga la p recedente o deroga alla medesima, se lo indica espres­samente, o è d i re t tamente contraria a quella, o p p u r e r iordina integralmente tut ta quanta la materia della legge precedente ». D i fatto, il can. 6 del vigente codice con­tiene n o r m e abrogatorie r iguardant i la materia penale. I n esso si stabilisce concre tamente che « en t rando in vigore questo Codice, sono abrogati : I o il Codice di Dir i t to Canonico promulga to nel l 'anno 1917; (...); 3° qualsiasi legge penale, sia universale sia part icolare emanata dalla Sede Apostolica, a m e n o che n o n sia ripresa in questo stesso Codice ». Per tan to , men t re sono abrogati i delitti tipizzati dal codice precedente n o n inclusi nella nuova legislazione, restano invece in vigore le leggi particolari di

pour une action ou une omission qui, au moment où elle a été commise, ne constituait pas une infraction d'après le droit national ou international ».

( l s ) Si osservi la somiglianza di questo disposto con quello dell'art. 2 del codice penale italiano.

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126 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

autorità diverse dalla Santa Sede, sempre che n o n siano contrarie a disposizioni del nuovo codice, e anche quelle emanate dalla Santa Sede che siano nel codice stesso richiamate (cfr. cann. 335, 349, 359, 360) ( 1 9 ) .

Se la legge poster iore elimina (« tollat ») (non basta il semplice mutamento) u n elemento essenziale di una pree­sistente legge penale, cioè elimina il prece t to pr imario o imperativo di condot ta la cui infrazione veniva conside­rata delit tuosa (« la legge », secondo il tenore letterale del can. 1313 § 2), o p p u r e la pena in essa prevista, l'effetto che deriva è che la pena inflitta cessa immedia tamente . Vale a dire, che in caso di abrogazione di una legge penale incriminatrice, che compor ta una depenalizza­zione, questo ha come effetto l 'applicazione al fatto pre­cedentemente commesso della nuova legge che lo depe­nalizza, e cioè l 'applicazione retroattiva della legge (per la verità n o n più penale); cui consegue la cessazione imme­diata della pena (« statim cessat »), anche se la pena è stata già applicata.

Infatti, anche nella Chiesa trova spazio il fenomeno della depenalizzazione, e ciò n o n è contrar io ad alcuna norma di diri t to divino né alle esigenze immanent i alla s trut tura dommat ica della Chiesa, pe rché come abb iamo r ibadi to più volte anche nelle pagine precedent i , u n conto

( I 9 ) Cfr. P. CIPROTTI, La riforma del diritto penale della Chiesa, cit., p. 76. E tuttora in vigore la Cost. Ap. Romano Pontifici eligendo del 1 ottobre 1975 (AAS 67 (1975), p. 609-645), sull'elezione del Romano Pontefice, e le diverse norme penali ivi contenute riguardanti l'obbligo del segreto (nn. 56 e 58), il delitto di simonia nell'elezione del Romano Pontefice (n. 79), l'esercizio del veto o esclusiva (n. 81), la conclusione di patti, compromessi, ecc. (n. 82), alcune delle quali comminano la pena di scomunica latae sententiae.

Resta anche in vigore l'istruzione della Segreteria di Stato Secreta continere sul segreto pontificio, del 4 febbraio 1974, richiamata dal'art. 38 § 2 del nuovo Regolamento Generale della Curia Romana. Sul punto si veda J. ARIAS, Las normas sobre el secreto pontificio. Sistema de defensa, in Ius Canonicum, 14 (1974), p. 332-350.

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LA LEGGE PENALE 127

è l 'antigiuridicità dell 'at to umano e u n altro la sua puni ­bilità giuridica, anche se sono aspetti s t re t tamente legati tra loro.

Nella Chiesa è senz'altro possibile che un 'az ione p u r se gravemente ingiusta n o n venga puni ta , pe r motivi di oppor tuni tà , ecc., il che n o n significa evidentemente che tale azione sia lecita o p p u r e che n o n sia immorale o che la Chiesa n o n la ritenga tale. La distinzione tra antigiuri­dicità ed effettiva puniz ione di un 'az ione umana vale sia per il caso in cui una condot ta pr ima puni ta d o p o invece non lo sia più, sia per il caso contrario, cioè la costitu­zione di una nuova legge incriminatrice di una condot ta di pe r sé già ingiusta ( 2 0 ) . Q u a n t o de t to sta a d imostrare la fragilità di quella impostazione che confonde il p iano morale con quello giuridico-penale, il peccato con il delitto, e che, tra l 'altro, vor rebbe che il diri t to penale contenesse (come nei vecchi libri penitenziali) l 'elenco di tu t te le mancanze; o, almeno, che tut t i questi potessero essere puni t i senza una previa comminazione di pena , ma mediante una loro generica configurazione ( 2 1 ) .

( 2 0 ) Il can. 2318 § 1 del CIC '17, ad esempio, comminava la pena di scomunica contro coloro che « scienter sine debita licentia legentes vel retinentes » i libri proibiti (cfr. cann. 1395-1405). Tale disposto fu abrogato dalla dichiarazione della S. C. per la Dottrina della fede del 15 novembre 1966 (AAS, 58 (1966), p. 1186), in applicazione del Motu proprio Integrae servandae, del 7 dicembre del 1965 (AAS, 57 (1965), p. 952); tuttavia, l'importanza dell'obbligo morale di evitare la lettura dei libri che possono mettere in pericolo la fede permane, come espressamente ricordava una notificazione della stessa S.C. Congr. del 14 giugno 1966 (AAS, 58 (1966), p. 445) nella quale si diceva: « Ut memoratis petitionibus respondeatur, haec S. Congregado pro Doctrina Fidei, facto verbo cum Beatissimo Patte, nuntiat Indicem suum vigorem moralem servare, quatenus Christifidelium conscien-tia docet, ut ab illis scriptis, ipso iure naturali exigente, caveant, quae fidem ac bonos mores in discrimen adducere possint; eundem tamen non amplius vim legis ecclesiasticae habere cum adiectis censuris ».

( 2 1 ) Tra questi autori si deve ricordare P. FEDELE, il quale nella sua nota opera Lo spirito del diritto canonico, cit., p. 790-791 a questo proposito rifacendosi alla dottrina classica scrive: «Tutto ciò credo abbia avuto

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128 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

3.2.2. Il mu tamen to della legge penale.

Se la legge penale invece subisce semplicemente mu­

tament i d o p o che il delit to è stato commesso, si deve

applicare la legge più favorevole al l ' imputato (cfr. can.

1313 § 1) i22). Vale a dire, in tali casi si accoglie il

principio secondo il quale al fedele del inquente è assicu­

rato il t ra t tamento penale p iù mite t ra quelli stabiliti dalla

legge a par t i re dal m o m e n t o della commissione del fatto,

il che compor te rà la retroattività della legge penale se p iù

favorevole.

Si bad i che la no rma si riferisce alla « lex reo favora-

b i l io r» , senza specificare se si riferisca alla legge in

genere o p p u r e alla legge penale (intesa questa in senso

stretto), nel qual caso res terebbero escluse le leggi penal i

processuali e le disposizioni processuali eventualmente

contenute nella legge penale; comunque , quest 'ul t ima

sembra l ' interpretazione più esatta.

Va inoltre rilevato che il canone n o n parla di « pena

più favorevole » bensì di « legge p iù favorevole », pe rché

la legge più favorevole n o n sempre è quella che stabilisce

una pena minore . Infatti, « al soggetto n o n si po t r anno

applicare le singole disposizioni p iù favorevoli con tenute

presente lo Hinschius quando, non a torto, osservò che, come si è sempre ritenuto impossibile elencare per i sottoposti a regole disciplinari tutti i loro obblighi in figure ben formulate, così parimenti deve apparire impossibile un'analoga dettagliata previsione per tutti i mancamenti degli appartenenti alla Chiesa contro l'ordinamento giuridico di questa; cosicché agire diver­samente, redigere un codice penale canonico sul tipo di quelli statali, dopo di cui dovessero essere ritenute non punibili tutti le azioni non elencate in esso, sarebbe in contrasto con le finalità della Chiesa, con la buona condotta della cura d'anime, rendendo impossibile l'immediata reazione contro ogni fatto nuovo, non previsto, ma contrario a quella ch'è la condotta ideale della comunità dei fedeli ».

( 2 2) Si veda il commento di J. ARIAS, sub. can. 1313, in Código de Derecho Canònico, cit., p. 793.

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LA LEGGE PENALE 129

nelle leggi tra loro succedutesi » ( 2 3 ) , ma bisognerà cer­

care in concreto la legge, la quale, nel suo complesso, sia

più favorevole al reo.

Occo r r e per ul t imo avvertire che il disposto del can.

1313 § 1 r iguarda i casi in cui a chi ha commesso il delitto

non sia stata ancora inflitta la pena e, di conseguenza,

regola soltanto le pene ferendae sententiae e n o n invece

quelle latae sententiae pe rché in tali casi si incorre nella

pena nel m o m e n t o stesso in cui si commet te il delit to.

4. LA DISPENSA DALLA LEGGE PENALE.

La dispensa dalla legge consiste nell '« esonero dal­

l 'osservanza di una legge pu ramen te ecclesiastica in u n

caso part icolare » (can. 85), vale a dire, nella sospensione

per il futuro dell 'obbligatorietà di una legge, particolar­

men te quelle precett ive o proibit ive ( 2 4 ) .

In due canoni del vigente codice si fa riferimento alla

dispensa dalla legge penale. Ne l can. 87 § 1 si esclude per

le leggi penal i da te dalla Suprema Autori tà la potestà di

dispensa da par te del Vescovo diocesano, in quan to si

stabilisce che « il Vescovo diocesano p u ò dispensare

val idamente i fedeli, ogniqualvolta egli giudichi che ciò

giovi al loro bene spirituale, dalle leggi disciplinari sia

universali sia particolari date dalla suprema autori tà della

Chiesa pe r il suo terri tori to o pe r i suoi sudditt i , tuttavia

n o n dalle leggi processuali o penali (...) ». Inol tre , nel

canone 1354 § 1, in cui si stabilisce il pr incipio generale

sulla remissione delle pene , secondo il quale « tut t i coloro

che possono dispensare da una legge muni ta da una pena ,

( 2 3 ) A. PAGLIARO, voce Legge penale, cit., p. 1072. ( 2 A) Sulla dispensa si veda E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Admi­

nistrativo Canònico, Eunsa, Pamplona, 1988, p. 494-509.

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130 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

o liberare da u n precet to che commina una pena , possono anche r imettere quella pena ».

Tuttavia, la stessa espressione dispensa dalla legge

penale, r ichiede qualche chiarimento. Infatti , bisogna chiedersi da u n lato cosa si in tenda pe r dispensa dalla legge penale, vale a dire, a quale dei d u e elementi (o precetti) della legge penale si riferisca la dispensa: cioè se sia relativa all 'obbligo giuridico o p p u r e alla pena; dall 'al­t ro , in quali circostanze possa essere concessa la dispensa stessa.

Innanzi tu t to d u n q u e bisogna dist inguere la dispensa dalla pena dalla dispensa dalla legge penale. Infatti, men­tre nel p r imo caso si t rat ta di un m o d o di cessazione della pena espiatoria già inflitta pe r la commissione di u n delitto, nel secondo invece si t ra t te rebbe di dispensa da una legge penale costitutiva.

Pe r quan to si riferisce alla dispensa dalla legge pe ­nale, abb iamo visto che le leggi penali , pe r quan to ri­guarda la pena , sono leggi « mere ecclesiasticae »; pe r quanto r iguarda invece l 'obbligo giuridico in cui consiste l ' imperativo di condot ta contenuto nel prece t to pr imario , esso p u ò derivare sia da una legge meramente umana sia, come accade più frequentemente , dalle esigenze di osser­vanza di una legge divina. Per tan to , men t re è possibile dispensare, con giusta e ragionevole causa (can. 90 § 1), dalle leggi pu ramen te ecclesiastiche, sono invece esclusi dalla possibilità di essere dispensati gli obblighi connessi ad una legge divina, naturale o positiva.

Siccome ciò che qualifica una legge come penale n o n è tanto l 'obbligo in essa stabilito (presente anche in altre disposizioni del l 'ordinamento) quanto la pena da essa comminata in caso di inosservanza dell 'obbligo, par lare di dispensa dalla legge penale significherebbe dispensare dalla pena dovuta o, in altri termini, dalla conseguenza giuridico-penale della violazione della legge. Consiste-

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LA LEGGE PENALE 131

r ebbe in definitiva nella dispensa dalla commissione di u n atto del i t tuoso; sarebbe qualcosa di simile a una depena­lizzazione per u n caso particolare, il che secondo noi n o n è esatto, e tale concezione p o t r e b b e inoltre por ta re facil­men te a confusione.

Q u a n d o il codice parla di dispensa dalla legge penale invece sembra piut tos to riferirsi all ' imperativo di con­dot ta la cui violazione costituisce il delitto.

In tal caso, è ovvio che nessuna autorità p u ò dispen­sare dagli obblighi derivanti dal diri t to divino, naturale o positivo: n o n si p u ò infatti dispensare dal n o n essere eretico, né dal n o n commet tere simonia, né dal n o n abortire, né dal n o n violare il segreto della confessione, né dal n o n ledere la b u o n a fama altrui, ecc. Q u a n d o invece l 'obbligo giuridico (benché fondato sempre in realtà sul dirit to divino) venga de terminato da una legge solamente ecclesiastica, allora n o n vi è dubb io che la situazione sia diversa. I n questi casi è possibile la dispensa dall 'obbligo e di conseguenza nel caso che si ponga in essere un atto astrat tamente vietato n o n si commet te il delitto; vale a dire, n o n si tratta di u n delitto che n o n viene puni to , bensì di un 'azione che n o n è delit tuosa in virtù della dispensa dall 'obbligo di una determinata con­dotta .

« La dispensa — scrive il Labandei ra — opera sem­pre per il futuro {pro futuro), es imendo dall 'osservare la legge coloro che sono dispensati solo dal m o m e n t o in cui viene concessa e senza incidere sugli effetti già p rodo t t i sino ad allora. Per comprendere meglio cos'è la dispensa, conviene distinguerla da altre figure giuridiche. Se vi è dispensa il beneficiario n o n infrange la no rma né incorre in colpa, invece nel caso di tolleranza l 'autorità lascia impuni ta l 'infrazione della legge, men t re nell ' ipotesi di dissimulazione finge di ignorare tale trasgressione per evitare conseguenze negative p iù gravi, senza incidere

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132 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

sull 'obbligatorietà della legge stessa. Anche Vassoluzione

dalla colpa o dalla pena è concessa q u a n d o è stata già

infranta la legge ed opera con la remissione degli effetti

p rodot t i ; di contro , abb iamo già det to che la dispensa

opera pe r il fururo e fa sì che non si infranga la legge,

la quale cessa d i obbligare in virtù della dispensa stessa.

La licenza è u n requisito necessario pe r po te r realizzare

val idamente e lecitamente taluni atti, secondo quan to

stabilito dalla legge; la dispensa, invece, pe rmet te d i

agire cont ro la legge in ibendone gli effetti. L 'abrogazione

r iguarda la legge in sé che cessa to ta lmente o parzial­

mente , men t re la dispensa rispetta la legge e si limita a

renderla inefficace in u n caso concreto. Per ul t imo, con

Vinterpretazione della legge o della volontà del legisla­

tore, (epikeia) è possibile individuare quant i sono obbli­

gati ad osservare la legge stessa e quant i n o n sono ad essa

assoggettabili pe r mancanza di qualche specifico requi­

sito (età, uso della ragione, salute, ecc.); la dispensa,

invece, suppone l 'esenzione da una legge pe r ta lune

persone ad essa soggette » ( 2 5 ) .

Ne l codice vigente possiamo trovare alcuni esempi

che chiariscono quanto det to . Il can. 1392 dispone:

« Chierici o religiosi che contro le disposizioni dei canoni

esercitino l'attività affaristica o commerciale, siano puni t i

a seconda della gravità del delitto ». Il can. 286, proibisce

ai chierici d i esercitare l'attività affaristica o commerciale,

« se n o n con la licenza dell 'autorità ecclesiastica ». Il can.

1396 stabilisce che « chi viola gravemente l 'obbligo della

residenza cui è t enu to in ragione dell'ufficio, sia pun i to

con giusta pena ». Il can. 283 § 1, d ispone che « i chierici,

anche se n o n hanno un ufficio residenziale, n o n si allon­

tanino dalla propr ia diocesi per un t e m p o notevole, che

(25) Ibidem, p. 494.

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LA LEGGE PENALE 133

va determinato dal diri t to part icolare, senza la licenza almeno presunta del l 'Ordinar io p ropr io ».

D a quan to stabilito in questi e in altri canoni ( 2 6 ) , ma senza voler far di tale p rob lema una quest ione pu ramen te terminologica, sembra che p iù che di dispensa dal l 'ob­bligo si d e b b a parlare p iù p ropr iamente di licenza, per­messo o autorizzazione pe r po te r realizzare un 'az ione o por re in essere una condot ta che altrimenti sarebbe proi­bita.

T e n e n d o conto di quan to abb iamo det to , noi siamo del parere che sarebbe meglio evitare l 'uso dell 'espres­sione dispensa dalla legge penale sia pe r la sua inesattezza da u n p u n t o di vista giuridico, sia pe r la perplessità che senza u n o p p o r t u n o chiarimento tale terminologia p u ò destare.

5. L'INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE PENALE.

L'attività interpretativa consiste nel precisare il signi­ficato della no rma pe r la sua adeguata applicazione, e p u ò essere: a) autentica, q u a n d o p rocede dallo stesso legisla­tore (can. 16 §§ 1 e 2); b) giudiziale o amministrativa (can. 16 § 3), q u a n d o è fatta « a m o d o di sentenza giudiziale o di atto amministrativo in cosa peculiare »; e e) dottr inale, q u a n d o proviene dagli studiosi.

Le leggi penali, come tut te le altre leggi ecclesiastiche, « sono da intendersi secondo il significato p ropr io delle parole considerato nel testo e nel contesto; che se rima­nessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono, al fine e alle circostanze della legge e al l ' intendimento del legis la tore» (can. 17).

L ' interpretazione è necessaria q u a n d o vi è u n d u b b i o sul con tenuto della legge. Nel l ' ambi to delle leggi penal i

( 2 6 ) Cfr. cann. 1377, 1389 § 2, 1393.

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134 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

questo è par t icolarmente impor tan te q u a n d o si commi­nano pene latae sententiae, poiché difficilmente po t rà essere applicata automat icamente la pena stabilita in una legge sulla quale esiste u n dubb io che r iguardi alcuno dei suoi elementi essenziali; p iù ancora se si t iene conto di quan to disposto dal can. 14: « le leggi (...), nel d u b b i o di dirit to n o n u rgono ».

Il codice contiene comunque una no rma speciale sull ' interpretazione delle leggi che stabiliscono una pena , che accoglie la regola tradizionale « favorabilia am-plianda, odiosa restr ingenda » ( 2 7 ) : le leggi penali ven­gano sot toposte ad interpretazione stretta (can. 18) ( 2 8 ) . « L ' interpretazione restrittiva in materia penale deve es­sere sempre intesa come garanzia del reo, con la conse­guente proibizione di dare un ' in terpretazione ampia alle leggi che autorizzano a imporre o aggravare pene » ( 2 9 ) .

Diversa dall ' interpretazione è l 'applicazione analo­gica delle leggi come mezzo pe r integrare le lacune del l 'ord inamento (nel caso cioè in cui in una determinata materia manchi un 'espressa disposizione di legge ed esi­sta perciò una carenza legislativa). L'analogia consiste nelTestendere una norma giuridica da u n caso previsto ad un caso n o n previsto sulla base di una somiglianza tra essi.

In virtù del can. 19 viene proibi to esplicitamente l 'uso dell 'estensione analogica nelle cause penal i ( 3 0 ) . Ciò si-

(27) Reg. 49, RJ. in VI: « in poenis benignior est interpretarlo facien-da ». Reg. 15, RJ. in VI: « Odia restringi, favores convenit ampliari ».

( 2 8 ) Il can. 19 del CIC '17 conteneva la stessa norma: « Leges quae poenam statuunt (...), strictae subsunt interpretatione ». Inoltre, il can. 2219 § 1 dello stesso CIC '17 recitava: « I n poenis benignior est interpretado facienda ».

( 2 9 ) P. LOMBARDÌA, sub can. 18, in Código de Derecho Canònico, cit. p. 79.

( 3 0 ) Anche in questo caso il CIC '17 al can. 20 conteneva una norma simile, e il citato can. 2210 al § 3 stabiliva: « Non licet poenam de persona

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LA LEGGE PENALE 135

gnifica che una pena n o n p u ò essere applicata a fatti che non r ientr ino nella fattispecie descrit ta dalla n o r m a pe­nale benché possano essere mol to simili ad essa ( 3 1 ) .

Ciò n o n vieta p e r ò l 'uso dell 'analogia in altri campi connessi all 'identificazione della fattispecie, com'è ad esempio quello delle circostanze esimenti o at tenuanti . Infatti, il can. 1324 § 2 pe rmet te al giudice di mitigare la pena o sostituirla con una peni tenza « q u a n d o vi sia qualche altra circostanza a t tenuante la gravità del de­litto ».

ad personam vel de casu ad casum producere, quamvis par adsit ratio, imo gravior ».

( 3 1 ) Come è stato testé rilevato, le opinioni più ostili ad ogni idea di garanzia nell'ambito del diritto della Chiesa, e particolarmente del diritto penale canonico, fondano le loro argomentazioni appunto facendo leva su alcune dottrine sull'interpretazione delle leggi. Ad esempio, P. FEDELE, LO spirilo del diritto canonico, cit., p. 778 scrive: «Occorre, innanzitutto, rilevare che la serie delle deroghe fa capo ad un unico concetto, il concetto che potrebbe dirsi della favorabilitas della legge penale. Si tratta, in sostanza di questo: se la legge penale, invece di essere odiosa, come di regola è, può ritenersi, per determinate circostanze, favorabilis, si dovrà ammettere anche per essa l'interpretazione analogica ». La normativa precedente ed anche quella attuale contraddicono tale impostazione che per altro si fonda su un'analisi discutibile.

9 . J . SANCHIS

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CAPITOLO QUARTO

I L P R E C E T T O P E N A L E

1. NATURA DEL PRECETTO PENALE

Nel codice p iano-benedet t ino il te rmine prece t to (*), anche nel l 'ambito penale, n o n era univoco. Infatti esso veniva applicato sia all 'atto pe r mezzo del quale si pote­vano infliggere alcune p e n e (cfr. cann. 1 9 3 3 § 4 e 2 2 1 7 § 1 , 3 ° ) , sia all 'atto part icolare mediante il quale si commi­nava una pena (cfr. cann. 2 1 9 5 § 2 e 2 2 2 0 § 1 ) , sia infine ad u n o dei r imedi penal i (cfr. can. 2 3 0 6 , 3 ° ) . Inol t re , effetti analoghi a quelli del precet to penale esplicava la monitio cum comminatione poenae (cfr. can. 2 3 1 0 ) .

La dot t r ina di questo per iodo incentrò il suo interesse soprat tut to sul p r imo di questi , cioè sull 'applicazione di pene per modum praecepti ( 2 ) , senza prestare part icolare attenzione alla quest ione r iguardante la natura del pre­cetto costitutivo o comminator io di pene . Gl i autor i si limitavano ad indicare che pe r la costituzione delle pene

Í 1) Sul precetto in generale nel sistema codicistico anteriore si veda P. FEDELE, Dei precetti ecclesiastici, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, IV, Cedam, Padova, 1 9 4 0 , p. 2 6 5 - 3 1 0 , il quale sostiene la natura ammini­strativa del precetto (cfr. p. 2 9 5 ) .

( 2) Si vedano J . BÉNÉTRUY, Le précepte en droit canonique. Précepte penai, procedure pénale par manière de précepte, in L'Année Canonique, 5 ( 1 9 5 7 ) , p. 4 3 - 6 7 ; M. CABREROS DE ANTA, El precepto penal, in Estudios

Canónicos, Editorial Cocuisa, Madrid, 1 9 5 6 , p. 7 3 - 8 4 ; A . PAILLOT, Précepte penal, in Dictionnaire de Droit Canonique, Paris, 1 9 6 5 Tome VII , p. 1 2 0 - 1 6 2 ; H .G. QUINN, The particular penal precept, Washington, 1 9 5 3 .

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1 3 8 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

era necessario godere di vera potestà ecclesiastica di governo nel foro esterno ( 3 ) . N o n esistendo nella legisla­zione allora vigente una chiara distinzione della potestà di governo in legislativa ed esecutiva, il p rob lema prat ico n o n si poneva, poiché le autorità che potevano emanare una legge e u n precet to e rano le stesse, ad eccezione del vicario generale, esplicitamente escluso da tale potestà a m e n o che n o n avesse r icevuto u n m a n d a t o speciale al r iguardo (cfr. can. 2220 § 2).

U n o degli obiettivi della nuova legislazione del codice in materia penale era quello di evitare le confusioni terminologiche accennate cosi come quello di dare n o r m e più chiare e complete circa il prece t to penale commina­torio di pene , r inviando sempre pe rò alla regolamenta­zione stabilita dal Libro I sui precet t i in generale ( 4 ) .

Nel Libro VI del codice sono numeros i i canoni in cui si trova un esplicito riferimento al prece t to , senza pe rò che sia aggiunta d i re t tamente la qualifica d i penale; tut­tavia n o n c'è dubb io che tali no rme si riferiscono al prece t to penale.

( 3) Si vedano F. ROBERTI, op. cit:, voi. I, pars I, p. 7 6 - 7 7 ; F .X. WERNZ

- P. VIDAL, op. cit., p. 4 1 - 4 3 e 1 8 6 - 1 8 8 ; G . MICHIELS, De delictis et poenis, voi.

2 , p. 1 3 6 - 1 4 3 ; T. GARCÍA BARBERENA, op. cit., p. 2 9 7 - 2 9 8 .

( 4) PONTIFICIA COMMISSIO CODICI IURIS CANONICI RECOGNOSCENDO,

Schema documenti quo disciplina sanctionum seu poenarum in Ecclesia latina denuo ordinatur, Typis Polyglottis Vaticanis, 1 9 7 3 , p.6: « Normae magis completae proponuntur (can. 9) de praecepto quod poenam comminatur, quod 'praeceptum poenale' vocatur, cum diversa omnino locutio ('decre-tum') — ne confusio, quae est interdum in CIC, adhuc permaneat — adhibeatur in can. 2 8 ad designandum actum, quo extra iudicium irrigantur vel declarantur. Clarius autem statutum est: a) qui praeceptum ferre possit; b) quae poenae per praeceptum constituí non possint (...). Quae servanda sint in ferendis et intimandis praeceptis, et qui recursus adversus praecepta pateant, ex futura lege de procedura administrativa perspicietur ». Si veda P. CIPROTTI, Qualche punto caratteristico della riforma del diritto penale cano­nico, in A A . W . , Studi in memoria di Mario Petroncelli, a cura dell'Istituto di diritto ecclesiastico e canonico dell'Università di Napoli, Jovene Editore, Napoli, 1 9 8 9 , p. 1 3 5 .

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IL PRECETTO PENALE 1 3 9

Il titolo I I della pa r te I del Libro VI del codice è di fatto intitolato De lege poenali ac de praecepto poenali, e in esso il can. 1319 dispone: « Nella misura in cui qua lcuno p u ò imporre precet t i in foro esterno in forza della potestà di governo, il medes imo p u ò anche comminare con u n precet to pene determinate , ad eccezione delle pene espia­torie pe rpe tue ».

Si pone la quest ione se il prece t to di cui si parla in questo canone sia la stessa figura contemplata nel can. 49 e regolata, quan to alle sue linee principali , nei canoni 35-58 r iguardanti le no rme comuni agli atti amministra­tivi singolari e quelle specifiche concernent i i decret i e i precett i singolari.

La dot t r ina n o n è unanime al r iguardo anche se la maggioranza degli autori sostiene che il precet to penale è una specie nel genere dei precett i , e partecipa, per tan to , della loro natura amministrativa ( 5 ) . Secondo questo set­tore della dottr ina, il can. 1319 altro n o n fa che stabilire il principio generale della possibilità pe r i soggetti ivi considerati di emanare precet t i penali , r inviando invece alle no rme sopra indicate per tu t to ciò che riguarda il loro regime giuridico ( 6 ) .

Siffatta interpretazione è stata comunque criticata da u n altro settore dottr inale. Gl i argomenti per negare la natura amministrativa del precet to penale muovono so­pra t tu t to dalla considerazione che la comminazione di

(5) Sono di questa opinione F.E. ADAMI, Continuità e variazioni di tematiche penalistiche nel nuovo «Codex Iuris Canonici», cit., p. 1 2 2 - 1 2 3 , nota 2 3 8 ; V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 4 9 ; G. Di MATTIA, Diritto Penale Canonico (Appunti per le lezioni ad uso degli studenti), Roma, 1 9 8 8 , p. 16: P. CiPROrn, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 1 4 ; A . CALABRESE, op. cit.,, p. 1 8 ; A . BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit., p. 5 9 ; E. LABANDEIRA - J . MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, in Ius Ecclesiae, 3 ( 1 9 9 1 ) , p. 6 8 4 - 6 8 5 .

( 6) Cfr. F. AZNAR, sub can. 1319, in A A . W . , Código de Derecho Canònico, cit., p. 6 3 0 - 6 3 1 .

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140 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

una pena , essendo un atto innovativo del l 'ordinamento , è di natura legislativa e, d i conseguenza, si t rat ta d i u n at to che appar t iene in esclusiva all'esercizio di tale potestà. Ogn i no rma giuridica, sia questa generale o singolare, se viene qualificata come penale, vale a dire in quan to persegue di re t tamente ed immedia tamente il consegui­men to del bene comune , n o n p u ò che essere innovativa del l 'o rd inamento e quindi di natura legislativa, altrimenti si t ra t te rebbe n o n di una pena in senso stretto, bens ì d i una semplice sanzione disciplinare r iguardante l ' ambi to amministrativo ( 7 ) . N o n sarebbero pe r t an to applicabili al precet to penale tu t te le n o r m e contenute nei cann. 48-58, poiché esse r iguardano prevalentemente il precet to quale atto amministrativo singolare ( 8 ) .

N o n bisogna dimenticare che il dibat t i to dot t r inale sulla natura del precet to penale si inquadra en t ro quello più ampio r iguardante la natura del prece t to in generale. Infatti, secondo alcuni autori , nella t radizione canonica il precet to veniva considerato come u n at to singolare di natura legislativa in quan to fonte d i dirit to oggettivo, era cioè l 'atto singolare mediante il quale si in t roduceva un ' innovazione nel l 'ordinamento, costitutivo di un ob­bligo giuridico nuovo n o n contempla to previamente dalla normativa ( 9 ) . D a ciò deriva il fatto che r idurlo alla categoria degli atti amministrativi, come pe r molt i autor i sembra aver fatto il codice vigente, appar i rebbe una rot tura di tale t radizione ( 1 0 ) .

(7) Cfr. J. ARIAS, El precepto canònico corno norma jurídica o como acto administrativo, in Revista Española de Derecho Canónico, 39 (1983), p. 228-229.

( 8) A . MARZOA, LOS delitos y las penas canónicas, cit., p. 693. (9) Si veda J. ARIAS, Las fuentes de « ius singulare » y el acto admini­

strativo, in Actas del III Congreso Internacional de Derecho Canónico, Pam­plona, 1976, p. 935-950.

( 1 0) Cfr. P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1985, voi. XXXIV, p. 875.

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IL PRECETTO PENALE 141

Il can. 49, inserito nel titolo IV del L ibro I sotto la

rubrica De actibus administrativis singularis, considera il

precet to come u n t ipo di decreto, atto amministrativo

(cfr. can. 48) « mediante il quale s ' impone di re t tamente e

legit t imamente a una persona o a persone determinate

qualcosa da fare o da omet tere , specialmente {praesertim)

per urgere l 'osservanza di una legge ».

Taluni autori h a n n o voluto, pe r i motivi sopra citati,

avanzare un ' in terpre taz ione delle n o r m e vigenti riguar­

danti il p rece t to in m o d o coerente con la precedente

tradizione. Pe r il Lombardia , « il precet to , anche se

definito at to amministrativo, viene indicato, in confor­

mità alla tradizione, come u n atto part icolare (che ri­

guarda cioè una o varie specifiche persone) di carattere

imperativo: si tratta di un ordine diret to a fare o a omet­

tere qualcosa (...). Il suo carattere amministrativo, con la

conseguente sottomissione al pr incipio di legalità, appare

nel c. q u a n d o gli attribuisce la finalità di urgere l'osser­

vanza della legge. Tuttavia, usando il e , a tal r iguardo, la

locuzione praesertim, offre la possibilità che compia altre

finalità. Di fatto il C I C offre ampie possibilità di appli­

cazione del prece t to in materia penale (cfr. specialmente

ce. 1314-1319) » ( u ) . Pe r questo autore , quindi , il pre­

cetto costituirà vero atto amministrativo soltanto q u a n d o

esso si limiti a r ichiamare l 'osservanza della legge, altri­

menti , q u a n d o cioè il precet to modifica le situazioni

giuridiche dei soggetti, imponendo doveri che non fos­

sero p receden temente stabiliti pe r legge, come capita

quando si t rat ta della comminazione di una pena , allora il

precet to dovrà essere qualificato come no rma singolare,

essendo necessario in tale caso il concorso del po te re

( N ) P. LOMBARDÌA, sub cann. 48-49, in A A . W . , Codice di Diritto Canonico, edizione bilingue commentata a cura di P. Lombardia, J . I . Arrieta, Edizioni Logos, voi. I, Roma, 1986, p. 84-85.

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142 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

legislativo e n o n soltanto di quello esecutivo ( 1 2 ) . Tale

interpretazione sarebbe possibile ed aderente allo stesso

testo del can. 49 dal momen to che questo , usando il

termine praesertim, ammet te che pe r mezzo di u n pre­

cetto possano essere imposti doveri cui il destinatario n o n

era previamente obbl igato ( 1 3 ) , come sono quelli derivanti

dalla comminazione di una pena pe r un delit to n o n

previamente contempla to come tale da una norma pe­

nale ( 1 4 ) .

Pe r questo set tore dottr inale, la quest ione centrale

per dilucidare quale sia, nella vigente legislazione, la

natura del precet to in generale e quella del prece t to

penale in particolare, sembra essere quella di de terminare

il carattere innovativo o m e n o del precet to . A b b i a m o già

visto l 'opinione dei principali autori che sostengono la

forza talvolta innovativa del precet to , e come tale carat­

tere, rintracciabile secondo la loro opinione nelle n o r m e

( 1 2 ) Cfr. P. LOMBARDÌA, Legge, consuetudine ed atti amministrativi nel nuovo Codice di diritto canonico, in II nuovo Codice di Diritto Canonico. Aspetti fondamentali della codificazione postconciliare, a cura di S. Ferrari, Società Editrice II Mulino, Bologna, 1983, p. 97.

( u ) Cfr. P. LOMBARDÌA, Lezioni di diritto canonico. Introduzione. Di­ritto costituzionale-Parte generale, cit., p. 221. J. ARIAS, El precepto canònico corno norma jurídica o como acto administrativo, cit., p. 226-227 scrive: « E l precepto aparece en el nuevo CIC como una figura jurídica que expresa aquella especie de decreto cuyo contenido consiste en la imposición de una obligación. Si el objeto material de dicha imposición es innovadora del ordenamiento, por ser creadora de una nueva obligación jurídica, nos encontramos ante un precepto, acto legislativo, fuente de derecho. Si dicho objeto no es innovador, por crear solo un nuevo modo de cumplir la obligación jurídica ya existente, estamos ante un precepto, acto exclusiva­mente administrativo. Es decir, que será el objeto material — que se identifica con el criterio material o de finalidad intrínseca — contenido del

1 precepto, el que en cada supuesto determinará el carácter legislativo o administrativo de su naturaleza ».

( 1 4) Cfr. A . MARZOA, Los delitos y las penas canónicas, cit., p. 693 e J. ARIAS, El precepto canónico como norma jurídica o como acto administrativo, cit., p. 230.

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IL PRECETTO PENALE 1 4 3

penali, fa si che siffatto precet to esca dalla sfera pura­

mente amministrativa, pe r divenire un atto normat ivo

singolare p ropr io della funzione legislativa ( 1 5 ) .

Tuttavia, lo stesso codice prevede espressamente la

possibilità di precett i , atti amministrativi, mediante i quali

si comminano p e n e canoniche, vale a dire, precetti penali,

quando stabilisce, nel can. 36 § 1, le regole d ' interpreta­

zione degli atti amministrativi: « nel d u b b i o — recita

questo canone — gli atti (...) che r iguardano le pene da

comminare (...) sono sot toposte a interpretazione stret­

ta ». Per tan to , la normativa vigente ammette , anche se

indiret tamente, l 'esistenza di atti amministrativi commi­

natori di pene quali sono i precet t i penali .

U n altro or ien tamento della dottr ina, pr incipalmente

rappresentata dal Labandeira , ritiene di po te r dar ragione

delle novità in t rodot te dal codice in riferimento agli atti

amministrativi, anche pe r quan to r iguarda il precet to , sia

questo semplice o p p u r e penale.

Secondo questi autori , niente impedisce, a lmeno dal

p u n t o di vista teoretico, che un 'autor i tà semplicemente

esecutiva possa emanare un atto amministrativo mediante

il quale s ' imponga al destinatario un obbligo n o n presta­

bilito dalla legge pu rché tale autorità abbia l ' oppor tuna

abilitazione per de terminare il contenuto di de t to obbligo

giuridico. L 'ogget to del l 'ordine in cui consiste il prece t to

( 1 5) Altri autori sostengono un'opinione simile ma in pratica meno netta. Per esempio, P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 8 7 4 , ritiene che nel codice « il termine 'precetto' ha finito con l'assumere i contorni residuali dell'atto 'non legislativo', con tutte le incertezze conseguenti alla non facile determinazione della nozione di legge ». Anche se, in linea di massima, i precetti singolari debbano considerarsi atti amministrativi, mani­festazione cioè della potestà amministrativa, « non è meno vero però che, come nel caso per esempio di talune specie di precetti comuni o di quelli comminanti una pena, la caratteristica almeno prevalentemente innovativa faccia ritenere che tali tipi di atti attingano una natura normativa » (p. 8 9 1 - 8 9 2 ) .

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1 4 4 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

p u ò limitarsi ad « urgere l 'osservanza di una legge »; in

altri casi, se ciò è permesso dalla legge, p u ò anche

determinare il suo stesso contenuto , cioè l 'obbligo giuri­

dico. In en t rambi i casi, si tratta di un intervento secun-

dum legem: nel p r imo l 'Amministrazione realizza un 'a t ­

tività previamente regolata, nel secondo invece un'att ività

discrezionale ( 1 6 ) .

Ques t 'u l t ima possibilità è indire t tamente contemplata

dal can. 49 q u a n d o dispone chepraesertim, ma n o n sempre ,

il precet to urge l 'osservanza della legge. Ciò n o n compor­

te rebbe creare dirit to oggettivo, cioè innovare l 'ordina­

mento . La dommat ica giuridica mode rna distingue tra

creare diri t to oggettivo e creare situazioni giuridiche sog­

gettive. Secondo il pr incipio di legalità, quest 'ul t ima atti­

vità p u ò essere posta in essere dall 'amministrazione p u r c h é

sia stata a ciò abilitata da l l 'ordinamento , abbia cioè rice­

vuto il conveniente po te re giuridico. Tale atto sarebbe, in

ogni caso, amministrativo ( 1 7 ) . D i conseguenza il prece t to ,

in m o d o sottomesso alla legge e in virtù di u n po te re da essa

at tr ibuito, crea, modifica ed estingue situazioni giuridiche

soggettive, ma pe r u n caso concreto. Il requisito principale

per la legittimità dell 'at to è che l 'autorità amministrativa o

esecutiva agisca sempre ent ro i limiti stabiliti dal dir i t to ( 1 8 ) .

Per quan to r iguarda più in concreto il prece t to pe­

nale, secondo questi autori esso è u n at to amministrativo

fonte di una situazione giuridica soggettiva — u n dovere,

( 1 6 ) Cfr. J . OTADUY - E. LABANDEIRA, Normas y actos jurídicos in A A . W . , Manual de Derecho Canónico, cit., p. 2 7 6 - 2 7 7 . M . BLANCO, Consi­deraciones sobre el « ius singulare » y el acto administrativo, in Ius Canoni-cum, 2 9 ( 1 9 8 9 ) , p. 6 6 9 : «Discrecionalidad: cuando es la administración la que determina el contenido. Aquí, la actuación es secundum legem, aunque el contenido sea praeter legem ».

( 1 7) Cfr. E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Administrativo Canónico, cit., p. 4 5 1 .

(1S) Ibidem, p. 4 5 2 - 4 5 3 .

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IL PRECETTO PENALE 145

una pena , u n pati o passio — : una fonte prevista dallo stesso o rd inamento giuridico e che lo lascia intat to in quan to alle sue previssioni generali e astratte ( 1 9 ) .

Pe r quan to r iguarda il tema in esame, lo s tudio degli atti finora pubbl icat i dei lavori di riforma di questa pa r te della normativa del codice conferma che, nella mens del coetus de iure poenali, si considerò sempre il prece t to penale, come u n atto amministrativo ( 2 0 ) . C o m e spiega l 'Adami, « l 'esistenza di no rme penali costituite median te siffatti atti amministrativi — impensabili nei modern i ord inament i statali — si spiega facilmente t enendo pre­sente che la Chiesa, nella sua missione salvifica, n o n p u ò trascurare le 'esigenze' del singolo fedele, cui n o n si appalesano sufficienti i mezzi predispost i dal diri t to co­mune : pe r questo, p ropr io perché ' non pereat ' , l 'ordina­men to canonico arriva ad emanare pe r lui 'peculiaria praecepta ' » ( 2 1 ) . Nonos tan te la verità racchiusa in tale affermazione, è anche vero che essa n o n giustifica taluni aspetti del vigente regime giuridico r iguardante il pre­cetto penale che, secondo noi , va aldilà delle previsioni dello stesso coetus incaricato della materia penale p ropr io perché ques to mai ebbe una chiara consapevolezza della por ta ta dei principi relativi all 'autore, al destinatario, ecc., che in esso si stabilivano, poiché rinviava sempre alle disposizioni contenute in altre par t i ancora n o n concluse del codice. Inol tre , la necessaria distinzione tra ambi to penale e quello disciplinare, n o n accolta dal codice ma certo presente ne l l 'o rd inamento canonico, avrebbe per­messo tra l 'altro di delimitare più accura tamente gli

( 1 9 ) E. LABANDEIRA - J. MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 688.

(20) Nello stesso senso E. LABANDEIRA - J. MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 685-686.

( 2 1 ) F.E. ADAMI, Continuità e variazioni di tematiche penalistiche nel nuovo « Codex Iuris Canonici», cit., p. 123.

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146 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

strumenti p rop r i di ciascuna di queste b r anche del di­ritto, r iservando alla legge la costituzione dei delitti veri e propr i , ed al precet to la comminazione di sanzioni disci­plinari pe r la realizzazione di azioni illecite nell 'espleta­men to degli obblighi derivanti dagli uffici ecclesiastici.

D a quan to de t to ci sembra comunque di po te r t rarre la conclusione che, nella normativa del codice vigente, il precet to penale venga considerato un at to amministra­tivo. Ciò implica, tra l 'altro, che il suo regime giuridico è caratterizzato dalla sottomissione al pr incipio di legalità ed ai requisiti sulla competenza, sull ' interpretazione, sulla forma, ecc., stabiliti dalle no rme che regolano tali t ipi di atti, così come alla possibilità della sua impugnazione, aspetti questi di cui t ra t te remo in seguito.

2 . REGIME GIURIDICO DEL PRECETTO PENALE

2 . 1 . Soggetti che possono imporre precetti penali.

Il can. 1 3 1 9 § 1 , nel precisare chi possa emanare precet t i penali , impiega una formula median te la quale si rinvia alle disposizioni regolatrici della potes tà di governo nella Chiesa ed alle n o r m e ove si de termina la potes tà necessaria pe r emanare precet t i in genere. Infatti, recita il canone citato: « Nella misura in cui qua lcuno p u ò im­porre precet t i in foro esterno in forza della potes tà d i governo, il medes imo p u ò anche comminare con u n precet to pene determinate. . . ». Si afferma, pe r tan to , che il precet to per mezzo del quale si commina una pena richiede nel suo autore: a) potestà di governo; b) che tale potestà permet ta di impor re precet t i nel foro esterno. Sono esclusi, di conseguenza, coloro che possono solo imporre precet t i n o n giurisdizionali — quali sono, pe r esempio, i superiori degli istituti di vita consacrata che non siano clericali di dirit to pontificio (cfr. can. 5 9 6

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IL PRECETTO PENALE 1 4 7

§ 2 ) —, e pu re coloro che h a n n o giurisdizione soltanto

nel foro interno ( 2 2 ) . Inol tre , nel testo del canone si fa

riferimento {quatenus quis...eatenus potest...) ai limiti di

competenza (territoriale, personale, funzionale e mate­

riale) en t ro i quali l 'autorità investita di tale potes tà p u ò

esercitarla.

Per quan to r iguarda la pr ima determinazione, biso­

gna tuttavia r icordare che la potestà di governo « si

distingue in legislativa, esecutiva e giudiziale » (can. 135

§ 1). Pe r quel che si riferisce, invece, l ' imposizione di un

precet to , « esso p u ò essere p rodo t to , ent ro i limiti della

sua competenza, da colui che gode di potestà esecutiva »

(can. 35) nel foro esterno. Sembra quindi doversi affer­

mare che per l 'emanazione di u n precet to penale basti

che l 'autori tà sia investita di potestà esecutiva nel foro

esterno ( 2 3 ) .

Ciò nonostante , la dot tr ina n o n è unan ime al ri­

guardo . M e n t r e qualche autore sostiene che esista una

necessaria relazione tra il po te re legislativo e l'attività

precettiva in r appor to a singole persone ( 2 4 ) , vale a dire,

che chi ha potestà legislativa dovrebbe anche poter ema­

nare precet t i penali , altri autori r i tengono che pe r dare u n

precet to penale sia necessario che il suo soggetto attivo

abbia, oltre alla potestà esecutiva, anche potestà legislá­

i s ) V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 4 9 . ( 2 3 ) Della stessa opinione: V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia,

cit., p. 4 9 ; E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Administrativo Canònico, cit., p. 4 5 0 - 4 5 1 ; A . CALABRESE, op. cit., p. 1 8 ; E. LABANDEIRA - J . MIRAS, El precepto

penal en el CIC 83, cit., p. 6 7 4 ; A . BORRAS, Les sanclions dans l'Eglise, cit., p. 5 9 : F. NIGRO, sub can. 1319, in A A . W . , Commento al Codice di Diritto Canonico, cit., p. 7 5 7 ; J . M. PINERO CARRIÓN, La ley de la Iglesia, cit., voi. II, p. 3 5 5 .

( 2 4 ) Cfr. P .A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 8 7 7 ; TH. GREEN, sub can. 1319, in A A . W . , The Code of Canon Law. A text and commentary, cit., p. 9 0 0 : « The revised Code reaffirms the right of such a legislative authority to impose penal precepts ».

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148 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

tiva ( 2 5 ) , cosa quest 'ul t ima che viene negata espressa­

mente da altri canonisti ( 2 6 )

Alcuni autor i si chiedono se chi ha potes tà giudiziaria

possa emanare questo t ipo di precett i . Neanche in questo

esiste nella dot t r ina un 'op in ione unitaria. Taluni autori

non vedono ragioni convincenti pe r privare di tale pos­

sibilità i titolari del solo po te re giudiziario ( 2 7 ) . Altri

invece li esc ludono esplicitamente da tale facoltà pe r

ritenere, in conformità con quan to stabiliva il can. 2220

del C I C '17 (« qui iudiciali t an tum, possunt so lummodo

poenas , legitime statutas, ad n o r m a m iuris applicare »)

che ad essi competa unicamente l 'applicazione delle pene

e n o n la creazione o comminazione di esse ( 2 8 ) . N o n

manca chi, come il Borras, è del pare re che il vicario

giudiziale, in virtù della sua potestà giudiziaria ordinaria,

possa imporre precet t i penali , r i tenendo anzi che ciò sia

esplicitamente previsto dalla no rma contenuta nel can.

1470 § 2 ( 2 9 ) .

( 2 5) Oltre a quegli autori già citati che difendono la natura normativa del precetto penale ed esigono nel suo autore potestà legislativa, sembra sostenere tale opinione anche P. CIPROTTI, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 4: « Ogni organo della Chiesa avente potestà legislativa può, oltre che emanare leggi penali (...), emanare i cosiddetti 'precetti penali' ».

( 2 6 ) Cfr. V. DE PAOLIS, De Sanctionibus in Ecclesia, cit., p. 49; E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Administrativo Canònico, cit., p. 450451; E. LABANDEIRA - J. MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 674; L. CHIAPPETTA, Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale, cit., voi. 2, p. 433, n. 4298.

( 2 7 ) P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 888. Della stessa opinione L. CHIAPPETTA, Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale, cit., p. 433, n. 4298.

( 2 S ) J . ARIAS, El precepto canònico corno norma jurídica o como acto administrativo, cit., p. 229 e E. LABANDEIRA - J. MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p.678.

( 2 9) Tale canone dispone che « il giudice può richiamare al loro dovere con congrue pene tutte le persone presenti al giudizio che abbiano gravemente mancato al rispetto e all'obbedienza dovuti al tribunale, ed inoltre anche sospendere dall'esercizio del loro incarico avanti ai tribunali

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IL PRECETTO PENALE 149

Secondo noi, queste difficoltà interpretative sono

dovute soprat tu t to a due motivi: a) le novità in t rodot te

dal codice nella regolazione degli atti amministrativi, e b)

l ' indeterminatezza del can. 1319. Rispetto a quest 'u l t imo

d o b b i a m o r icordare che duran te i lavori di riforma si

chiese d i definire con maggiore precisione chi potesse

impor re precett i penali; il Relatore rispose che ciò n o n

era competenza del coetus incaricato della materia pe­

nale, dovendo essere definito in altre par t i del codi­

ce ( 3 0 ) . Pr ima ancora si pose il p rob lema di de terminare

se i superiori dei religiosi godessero o m e n o di potestà

precett iva nel l 'ambito penale essendo la risposta a tale

quesito simile a quella data p recedentemente , cioè si

rinviava, come fa tu t tora il disposto del can. 1319 § 1,

alle disposizioni che regolano la potestà di governo nella

Chiesa

ecclesiastici avvocati e procuratori ». Ci sembra tuttavia che questo canone non dia al giudice potestà di comminare pene. Si tratta piuttosto della tipificazione di un delitto (inteso questo nel senso più generale), riguardante la disciplina dei tribunali, che lascia al giudice la determinazione della pena e anche l'applicazione di una misura disciplinare (sospensione dall'esercizio del incarico avanti ai tribunali) se la fattispecie è commessa da avvocati o procuratori. Una norma con analoghe caratteristiche è contenuta nel can. 1457 § 2, che, in riferimento al delitto contemplato nel paragrafo precedente, dispone che « alle medesime sanzioni sono soggetti i ministri e gli aiutanti del tribunale, se fossero venuti meno al loro dovere come sopra; tutti questi anche il giudice li può punire ». Ci troviamo, ancora una volta, di fronte a misure di natura disciplinare che il codice, non avendo fatto le opportune e necessarie distinzioni tra pena e sanzione disciplinare, equipara, anzi iden­tifica, alle sanzioni penali in senso stretto.

( 3 0 ) Cfr. Communicationes, 2 (1970), p. 101. Communicationes, 8 (1976), p. 174: « Aliqui animadverterunt melius definiendum esse quis possit praecepta poenalia imponere. Relator inopportunum censet definire in praesenti canone quae apparebunt ex variis partibus Codicis ».

(31) Communicationes, 7 (1975), p. 95-96: All'osservazione, fatta da alcuni tra gli organi consultati sul progetto, secondo la quale « maiorem tutelam status religiosus habere deberet in iure poenali, ita ut superiores religiosorum clericalium iuris pontificii in Ordinariis includantur, et ea

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150 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

Come abb iamo già det to , tali n o r m e esigono, pe r l 'emanazione di u n precet to penale, potestà esecutiva nel foro esterno. Tuttavia, nel contesto della normativa del codice vigente, una risposta soddisfaciente agli interroga­tivi sopra indicati ci sembra che debba tener conto di due principi : a) l 'unità e la concentrazione della potestà negli uffici capitali, siano questi originari o meno , e b) la reale distinzione delle funzioni, opera ta dal codice, nell 'eserci­zio della potestà di governo ( 3 2 ) . Il p r imo pr incipio compor ta che i titolari degli uffici capitali godono sia di potestà legislativa sia di potestà esecutiva, d o n d e si de­duce che evidentemente coloro che h a n n o potestà legi­slativa penale, n o n semplicemente delegata ma ordinaria, hanno anche potestà pe r emanare precet t i penali . Pe r il secondo principio, anche tut t i coloro ai quali è stata attribuita soltanto potestà esecutiva, e nella misura in cui essa è stata loro concessa, possono impor re precet t i penali .

Di conseguenza, possono impor re precet t i penali : a)

i titolari degli uffici, e gli organi collegiali, aventi potestà legislativa ordinaria; b) tut t i coloro che r icevono il n o m e di Ord inar io (cfr. can. 134 §1), in quan to godono di potestà esecutiva ordinaria generale, vale a dire: il Ro­mano Pontefice, i Vescovi diocesani e gli altri che, anche se soltanto inter inamente, sono prepos t i ad una Chiesa part icolare o a una comunità ad essa equiparata a norma

potestas, quae dominativa dicitur, eiusque praecepta vim poenalem ha-beant », la risposta fu che « Schema autem debuit vigentem rationem loquendi interim servare, nec potuit quaestiones solvere, quae in aliis futuri Codicis partibus solvendae erunt, ut de notione 'Ordinarii' deque vi poenali potestati dominativae tribuenda: statuii igitur quid possit in re poenali is 'qui legislativam habet potestatem' et is qui 'potest praecepta imponere', non potuit autem determinare quinam habeat potestatem legislativam vel pote­statem praecepta imponendi ».

( 3 2) Si veda E. LABANDEIRA, La distinción de poderes y la potestad ejecutiva, in Ius Canonicum, 28 (1988), p. 85-98.

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IL PRECETTO PENALE 1 5 1

del can. 368, quali sono i Prelat i territoriali, gli Abat i

territoriali, i Vicari apostolici, i Prefetti apostolici e gli

Amminis t ra tor i apostolici delle amministrazioni stabil­

men te erette; i Prelat i personali (cfr. can. 295 § 1), gli

Ord ina r i militari (cfr. cost. ap. Spirituali Militum Curae,

art. I) ; inoltre, coloro che nelle medes ime r icoprono gli

incarichi di Vicario generale ed episcopale ( 3 3 ) (il vicario

giudiziale, in quan to investito di potestà esecutiva en t ro

l 'ambito r iguardante la disciplina interna dei tr ibunali ,

po t r ebbe imporre precett i penali); par imenti , per i p ropr i

membr i , i Superiori maggiori degli istituti religiosi di

dirit to pontificio clericali e delle società di vita apostolica

di diri t to pontificio clericali ( 3 4 ) , c) le Conferenze Episco­

p i Nella normativa del codice precedente, come abbiamo sopra accennato, il Vicario generale per imporre precetti penali aveva bisogno di un mandato speciale del Vescovo. La legislazione vigente non stabilisce alcuna limitazione, benché sia necessario riconoscere che la potestà coattiva, natura sua, è strettamente legata all'esercizio della potestà che spetta agli uffici capitali, uffici cioè di governo al più alto livello di una comunità di fedeli. Per tale motivo scrive F. NIGRO sub can. 1319, op. cit., p. 7 5 7 : « Però resto dubbioso e credo che non si dovrebbe abbandonare la disciplina del CIC ' 1 7 riservando solo al Vescovo la competenza, in una materia così delicata, come è quella penale (...). L'estensione dell'ambito del potere coattivo al vicario generale ed ai vicari episcopali non sembra opportuno, e dovrebbe conservarsi l'interpretazione restrittiva della disciplina precedente (c. 6 § 2) ». Della stessa opinione L. CHIAPPETTA, op. cit., p. 4 3 4 , n. 4 2 9 9 . A. BORRAS, op. cit., p. 6 1 , invece, è del parere che l'estensione della competenza del Vescoco diocesano ai vicari generali ed episcopali viene compensata dalle limitazioni stabilite riguardanti le pene canoniche che possono essere com­minate mediante precetto.

( 3 4 ) Recita il can. 1 3 2 0 : « In tutto ciò in cui sono soggetti all'Ordina­rio del luogo i religiosi possono essere dal medesimo costretti con pene ». Il disposto del canone, che si riferisce al momento costitutivo della pena e non a quello applicativo, stabilisce il principio secondo il quale l'Ordinario del luogo può emanare norme e precetti penali particolari nei confronti dei religiosi in tutte quelle materie in cui essi gli sono sottomessi.

« Gli Istituti di diritto pontificio sono soggetti in modo immediato ed esclusivo alla potestà della Sede Apostolica in quanto al regime interno e alla disciplina » (can. 5 9 3 ) , e in essi, come abbiamo visto, i Capitoli ed i Superiori maggiori degli Istituti Religiosi, così come delle Società di Vita Apostolica,

IO. J . SANCHIS

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152 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

pali, nella misura della loro potestà ed ent ro i limiti delle loro competenze materiali d) i dicasteri della Curia Ro­mana, che g o d o n o di potestà esecutiva vicaria, nell 'am­bito delle loro competenze in ragione della materia (cfr. cost. ap . Pastor Bonus, art. 18) ( 3 5 ) .

Possono par iment i impor re precet t i penali coloro i quali abbiano potestà esecutiva delegata, ma ent ro i limiti del loro manda to e t enendo conto delle altre no rme che regolano la potestà esecutiva delegata (cfr. cann. 136-144).

2.2. Destinatari.

Nelle pagine precedent i abb iamo inquadra to , a lmeno in linea di massima, il precet to penale en t ro la categoria generale dei precet t i di cui al can. 49. Tale canone è incluso, come abb iamo già indicato, in u n capitolo inti­tolato « I decret i e i precet t i singolari ». Lo stesso canone

per quanto si riferisce ai loro membri, possono emanare norme anche pe­nali (Cfr. A. CALABRESE, op. cit., p. 13 e 20). Inoltre, «l'istituto di di­ritto diocesano (...), rimane sotto la speciale cura del Vescovo diocesano» (can. 594).

Tuttavia, « i religiosi sono soggetti alla potestà dei vescovi (...) in ciò che riguarda la cura delle anime, l'esercizio pubblico del culto divino e le altre opere di apostolato » (can. 678 § 1). È in tale ambito che l'Ordinario del luogo può costringere con pene i religiosi. Sembra che tale potestà dovrà prevalentemente essere esercitata mediante l'emanazione di precetti penali.

( 3 5) Il can. 1356 § 1 prevede la possibilità di precetti penali dati dalla Sede Apostolica; secondo il can. 361, « col nome di Sede Apostolica o Santa Sede si intendono nel codice non solo il Romano Pontefice, ma anche, se non risulta diversamente dalla natura della questione o dal contesto, la Segreteria di Stato, il Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa e gli altri Organismi della Curia Romana ». Cfr. al riguardo F. SALERNO, Sede Apostolica o Santa Sede e Curia Romana, in A A . W , La Curia Romana nella Cost. Ap. « Pastor Bonus », a cura di P.A. Bonnet e C. Gullo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1990, p. 45-82. A. CALABRESE, op. cit., p. 12 ritiene che «per questi atti di potestà esecutiva i dicasteri della Curia Romana devono avere il previo assenso del Romano Pontefice, pur rimanendo atti propri, cioè di propria competenza (cost. apost. Pastor Bonus, art. 18) ».

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IL PRECETTO PENALE 1 5 3

parla d i precetto singolare col quale s ' impone a una

persona o a persone determinate qualcosa da fare o da

omet tere . Senza escludere in par tenza la possibilità di

precet t i penali generali — di cui par leremo d o p o —, è

evidente che la definizione legislativa e la disciplina nor­

mativa p r e n d o n o esplici tamente in considerazione sola­

mente i precet t i singolari o particolari, cui mancano ,

necessariamente i caratteri di generalità ed astrattezza

propr i della legge; n o n sono, cioè n o r m e di carattere

generale rivolte ad u n n u m e r o indeterminato di persone

e pe r u n n u m e r o indeterminato di casi ( 3 6 ) . M a n e p p u r e

si r ichiede necessariamente che si tratti di u n provvedi­

mento individuale, con destinatario cioè individuale. Il

precet to penale p u ò anche essere rivolto a p iù persone

ma sempre determinate « uti singulis (etsi sint personae

iuridicae), seu n o n quatenus m e m b r a sunt communi -

tatis » ( 3 7 ) .

Destinatario del prece t to penale part icolare sarà

quindi : a) « una sola figura soggettiva, sia che si tratt i di

'una ' persona fisica, nel qual caso n o n avrà alcuna impor­

tanza che questa venga colta in ragione della sua indivi­

dualità fisica o invece per l'ufficio r icoper to » ( 3 8 ) , b) p iù

persone determinate sia nominat ivamente sia, pe r esem­

pio, in virtù della loro appar tenenza ad una persona

( 3 6 ) Cfr. F.E. ADAMI, Continuità e variazioni di tematiche penalistiche nel nuovo « Codex Iuris Canonici», cit., p. 1 2 3 ; J . OTADUY - E. LABANDEIRA, Normas y actos jurídicos , cit., p. 2 7 2 ; A . BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit., p. 5 9 ; E. LABANDEIRA, Clasificación de las normas escritas canónicas, in Ius Canonicum, 2 9 ( 1 9 8 9 ) , p. 6 8 6 .

( 3 7 ) F. J. URRUTIA, De normis generalibus. Adnotationes in Codicem: Líber I, P.U. Gregoriana, Romae, 1 9 8 3 , p. 3 5 .

( 3 8 ) P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 8 8 3 ; il quale aggiunge: « Non diversamente dovrebbe concludersi per l'atto 'plurimo', nel quale cioè un unico comando abbraccia una molteplicità di ordini omogenei diretti a più soggetti ».

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154 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

giuridica o u n ente, p u r se questo n o n goda della perso­nalità giuridica.

2.3. Contenuto.

S'intende per contenuto di u n prece t to l 'oggetto del­l 'atto della volontà in cui esso consiste e median te il quale viene determinato . Ne l caso del prece t to esso consiste in u n ord ine (cfr. can. 49), vale a dire, nell ' imposizione di un obbl igo che, a sua volta, p u ò essere positivo (mandato) o negativo (proibizione) ( 3 9 ) .

L 'ogget to del l 'ordine p u ò consistere: a) nel l 'urgere l 'osservanza di un obbl igo previamente stabilito da una legge (è ciò che succede pr incipalmente , come indica l 'avverbio praesertim, p iù volte r icordato, del can. 49), da un prece t to , o p p u r e da u n atto giudiziale, b) nel costituire u n obbligo, non prede te rmina to normat ivamente , da par te dell 'autorità a cui è stata concesso u n po te re discre­zionale al r iguardo ( 4 0 ) .

Tra t tandosi del precet to penale, l 'ordine si dà sotto la sanzione di una pena ( 4 1 ) , e da tale m o m e n t o l ' inadem­p imento di tale obbl igo diverrà deli t tuoso ma soltanto pe r quella persona o quelle persone determinate dallo stesso precet to . M a n o n sempre sarà così. Infatti, il precet to penale , oltre ad essere u n o s t rumento pe r la costituzione o creazione di nuovi delitti, mol to f requentemente servirà

( 3 9) Cfr. E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Administrativo Canònico, cit., p. 515; ID., Gli atti giuridici dell'amministrazione ecclesiastica, in Ius Ecclesiae, 2 (1990), p. 238; V. DE PAOLIS - A. MONTAN, Il Libro I del Codice: norme generali (cann. 1-203), in A A . W . , Il diritto nel mistero della Chiesa, I, Roma, 1986, p. 298.

( 4 0) Cfr. E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Administrativo Canònico, cit., p. 454; ID., Gli atti giuridici dell'amministrazione ecclesiastica, cit., p. 239; P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 879.

( 4 1) Cfr. A. BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit. p. 59.; V. DE PAOLIS - A. MONTAN, Il Libro I del Codice: norme generali (cann. 1-203), cit., p. 299.

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IL PRECETTO PENALE 155

per urgere l 'osservanza delle stesse leggi penali. U n a semplice let tura dei tipi penali inseriti nel codice è suffi­ciente per avvertire l 'ampiezza di alcune, mol te pe r la verità, delle sue fattispecie ( 4 2 ) . È stata tale ampiezza a postulare in molti casi l ' indeterminatezza della pena.

Scopo, invece, del prece t to è appun to quello d i deli­neare più accuratamente il fatto deli t tuoso e de terminare la pena, in m o d o da poter la adat tare alle concrete circo­stanze di t e m p o e luogo, e t enendo conto delle concrete situazioni anche personali . Pe r tale motivo, r i teniamo che la principale funzione che deve compiere il prece t to penale nel l 'ambito del sistema penale canonico sia n o n tanto quello di costituire nuovi delitti quan to di fare p iù aderenti alle concrete realtà e necessità le astratte fatti­specie contemplate dalla legge soprat tu t to universale. I n tali casi, mediante il precet to n o n ver rebbe costituito alcun delitto poiché il deli t to sarebbe già stato preceden­temente creato dalla legge penale.

Nel contenuto del precet to penale si p u ò anche di­stinguere t ra un contenuto essenziale e u n con tenu to accessorio. Con tenu to essenziale è quello che viene ri­chiesto dalla stessa na tura dell 'at to e senza il quale l 'atto sarebbe inesistente. Costituisce contenuto essenziale del precet to penale la determinazione: a) del l 'obbligo giuri­dico a cui è t enu to il destinatario e, b) della pena che viene comminata . Il p r imo elemento p u ò consistere sia nella descrizione del fatto deli t tuoso, sia nel rinvio alla norma nella quale è contenuto l 'obbligo che è ogget to dell 'ordine. Per ciò che r iguarda la pena , essa p u ò essere già prevista da una legge (penale) o p p u r e essere commi­nata ex novo nel precet to . Con tenu to accessorio è invece quello che p u ò essere o m e n o incluso nel precet to .

Sono molti e diversi gli aspett i che possono o m e n o

(«) Si vedano i cann. 1365, 1369, 1375, 1379, 1384, 1389, ecc.

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156 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

essere contemplat i nel prece t to penale e di cui abb iamo

trat ta to nei precedent i capitoli. Tra questi possiamo ora

r icordare , a m o ' d 'esempio, la determinazione: a) di

circostanze esimenti, a t tenuant i o aggravanti (cfr. can.

1327); b) della via, amministrativa o giudiziaria, d 'appli­

cazione della pena (cfr. can. 1342 § 2); e) delle autori tà

che possono r imettere la pena , ecc.

2.4. Elementi essenziali.

D e b b o n o essere r i tenuti elementi essenziali del pre­

cetto penale: a) la competenza del suo autore, b) la forma

scritta e, c) la notifica o intimazione. A tut t i quest i

elementi si riferisce il can. 49 q u a n d o stabilisce che

l 'ordine in cui consiste il prece t to deve essere impos to

legittimamente. La legittimità del l 'ordine deve essere in­

tesa in u n dupl ice senso: « in p r imó luogo, che colui che

lo espr ime deve avere competenza r iguardo alla persona

e alla m a t e r i a » ( 4 3 ) ; in secondo luogo, in quan to at to

amministrativo, il prece t to è assoggettato al pr incipio di

legalità ( 4 4 ) , vale a dire, è sot toposto ai requisiti stabiliti

dalla legge, poiché l 'atto amministrativo è privo di effetto

nella misura in cui è contrario ad una legge o ad una

consuetudine approvata (cfr. can. 38).

2 .4 .1 . Competenza .

Il precet to stabilisce u n part icolare r appor to tra colui

che lo impone e chi al medes imo è sot toposto, cioè fra

( 4 3 ) P. LOMBARDÌA, Lezioni di diritto canonico, cit., p. 2 2 1 ; cfr. ID., sub cann. 48-49, in Codice di Diritto Canonico, cit., p. 85. Per questo autore, la legittimità deve anche essere intesa nel senso che quanto viene richiesto mediante precetto sia compreso nell'ambito dei doveri che la legge o la consuetudine canonica impone al destinatario (cfr. Ibidem).

( 4 4 ) Cfr. P. LOMBARDÌA, Lezioni di diritto canonico, cit., p. 2 1 9 .

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IL PRECETTO PENALE 157

superiore e suddi to ( 4 5 ) ; si fonda, per tan to , sul r appor to preesistente tra di essi che, tecnicamente, dalla prospet­tiva dell 'autorità, viene denominato , competenza.

« L 'a t to amministrativo singolare — recita il can. 35 —, si tratti di u n decre to o di u n precet to (...), p u ò essere p rodo t to , en t ro i limiti della sua competenza, da colui che gode di potestà esecutiva ».

Competenza , quindi , in p r imo luogo, funzionale, vale a dire, il suo autore deve godere di potestà esecutiva e, t rat tandosi di un prece t to penale, deve godere di questa potestà nel foro esterno (cfr. can. 1319). Inol tre , l 'eserci­zio di tale potestà viene, a sua volta, delimitato in ragione della materia e delle persone , e in quest 'u l t imo aspet to secondo criteri territoriali o p p u r e personali . La compe­tenza determina, di conseguenza, l 'esistenza o meno di u n rappor to giuridico per il quale l 'autore può impor re u n precet to ad un fedele, cui questi deve adeguare il suo compor tamento . Se mancasse questa relazione, cioè la competenza, l 'ordine in cui consiste il prece t to sarebbe, anche solo a motivo di questa mancanza, illegittimo, e più precisamente nullo ( 4 6 ) .

2.4.2. Forma.

« L 'at to amministrativo che r iguarda il foro esterno — com'è il caso del prece t to penale — si deve consegnare per iscritto; cosi p u r e il relativo atto di esecuzione, se viene fatto in forma commissoria » (can. 37). P iù concre-

( 4 5 ) Cfr. V . DE PAOLIS - A. MONTAN, 17 Libro I del Codice: norme generali (cann. 1-203), cit., p. 300; P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 8 7 6 .

( 4 6 ) P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 8 7 8 ritiene che: « La competenza può essere assimilata per più di una ragione agli elementi essenziali di questo. (...). Anche se la nullità non è espressamente stabilita per la sua mancanza, la competenza deve, a nostro giudizio, ritenersi comunque necessaria per l'esistenza dell'atto ».

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1 5 8 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

tamente , ogni decreto (precetto) « si dia pe r iscritto » (can. 51), e il can. 55 parla del « testo scritto del decre to » (precetto) . Bisogna comunque dist inguere tra la forma del prece t to e quella della notifica del medes imo, di cui par leremo qui appresso.

La forma del precet to penale è obbl igator iamente quella scritta, po iché esso è u n atto formale ( 4 7 ) che r iguarda il foro esterno ( 4 8 ) . Il testo scritto del prece t to penale deve contenere , quali elementi essenziali, ol tre alla par te dispositiva (il contenuto essenziale di cui sopra) , una chiara indicazione dell 'autorità che lo emet te e la sua firma ( 4 9 ) . E stato inoltre segnalato che dovrà altresì, « farsi cenno con la competenza del precipiente , anche agli eventuali fatti che soggettivamente configurano la legittimazione (...), o oggett ivamente costi tuiscono un p resuppos to dell 'at to, come, (...), l 'audizione di coloro che dal precet to possono ricevere la lesione di un propr io diri t to » ( 5 0 ) ; cosi come dovrà contenere una espressa, sebbene sommaria, indicazione dei motivi dell 'at to. In­fatti, il can. 50 stabilisce che « pr ima di dare un decre to singolare, l 'autorità ricerchi le notizie e le prove necessa­rie, e, pe r quan to è possibile, ascolti coloro i cui diritti possono essere lesi »; e il can. 5 1 , dal canto suo, d ispone che « il decreto si dia pe r iscritto esponendo , a lmeno sommariamente , le motivazioni, se si t rat ta di una deci­sione ». Tali disposizioni « hanno lo scopo di garantire il legittimo e giusto svolgimento della funzione di governo.

( 4 7 ) P. LOMBARDÌA, sub can. 51, Codice di Diritto Canonico, cit., p. 86 : « Non osservando queste disposizioni formali, difficilmente l'organizzazione ecclesiastica potrebbe reclamare nel foro esterno l'adempimento di doveri imposti mediante un atto amministrativo ».

( 4 8 ) Cfr. E. LABANDEIRA, Gli atti giuridici dell'amministrazione eccle­siastica, cit., p. 233 e 239.

C 9) Cfr. E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Administrativo Canònico, cit., p. 447.

( 5 0 ) P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 8 8 1 .

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IL PRECETTO PENALE 159

(...). La mancanza di questi requisiti n o n è causa di nullità, pe rò costituisce motivo pe r sollecitare la rescis­sione (annullamento) dell 'at to, seguendo i p rocediment i dei ce. 1445 § 2 e 1732 ss. (cfr. c. 221) » ( 5 1 ) .

2.4.3. Notifica o intimazione.

Il precet to penale , ai sensi del can. 54 § 2, « pe r poterne urgere l 'osservanza, deve essere intimato con u n legittimo documen to a norma del dirit to ». Si in tende pe r intimazione o notifica la comunicazione ufficiale del l 'a t to al suo destinatario affinché si possa esigere il suo compi­mento ( 5 2 ) . Tale comunicazione è del tu t to necessaria pe r l'efficacia del precet to , e ordinar iamente si deve fare pe r iscritto con un legittimo documento .

Vi sono t re tipi di notifiche: ordinaria, straordinaria e in forma equivalente ( 5 3 ) . « Q u a n d o una gravissima ra­gione si frapponga alla consegna del testo scritto del decreto » (forma ordinaria) , « il decre to si rit iene inti­mato se viene letto alla persona cui è dest inato di fronte a un notaio o a due testimoni, con la redazione degli atti, da sottoscriversi da tut t i i presenti » (can. 55) (forma straordinaria): in tal m o d o si ha il legittimo documen­to ( 5 4 ) . Eccezionalmente la notifica del prece t to p u ò essere orale, « se colui al quale è dest inato, chiamato nel dovuto m o d o a ricevere o ad udire il decreto , senza giusta

( 5 1) E. LABANDEIRA, Gli atti giuridici dell'amministrazione ecclesiastica, cit., p. 239.

P2) Cfr. P. LOMBARDÌA, Legge, consuetudine ed atti amministrativi nel nuovo Codice di diritto canonico, cit., p. 96: '...gli atti disciplinati nel tit. I V sono per definizione singolari e la loro notificazione o intimazione ai destinatari si compie in maniera diversa da ciò che tecnicamente viene chiamato promulgazione ».

( 5 3) Cfr. E. LABANDEIRA, Gli atti giuridici dell'amministrazione eccle­siastica, cit., p. 241.

( 5 4) Cfr. V . DE PAOLIS - A . MONTAN, Il Libro I del Codice: norme generali (cann. 1-203), cit., p. 303.

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160 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

causa n o n comparve o ricusò di sottoscrivere » (can. 56). Riteniamo che soltanto in quest 'ul t ima ipotesi di notifica det ta in forma equivalente sarebbe valida l ' int imazione orale di u n prece t to penale, vale a dire, q u a n d o il desti­natario ha ascoltato il contenuto del precet to ma n o n ha voluto sottoscrivere gli atti, atti che, in ogni m o d o , deb­b o n o essere consegnati al destinatario affinché questi possa presentare , se lo ritiene necessario, gli o p p o r t u n i ricorsi.

2.5. Caratteristiche.

2.5 .1 . Personali tà.

Il precet to penale part icolare è connatura lmente le­gato alla persona o persone pe r le quali è stato da to ( 5 5 ) . C o m e abb iamo già evidenziato, questo stabilisce u n rap­po r to personale (che nel testo del can. 49 viene eviden­ziato con il d isporre che mediante il precet to « s ' impone direttamente ...a una persona. . . ») tra colui che lo impone , e il destinatario o destinatari, al di fuori dai criteri di territorialità. I l prece t to penale, a lmeno in linea di mas­sima, è rivolto alla persona, ha cioè carattere persona­le ( 5 6 ) , p o t e n d o ricevere tuttavia un ' impron ta territoriale « s i a ex natura rei, sia pe r le motivazioni che s tanno a suppor to del decreto , sia pe r la volontà del superio­r e » ( 5 7 ) .

Il can. 52 stabilisce al r iguardo che il prece t to « ha forza obbl igante soltanto circa le cose sulle quali d i spone e pe r le persone cui è dato; queste pe rò le obbl iga

( 5 5) Cfr. P .A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 885. ( 5 6 ) Cfr. TH. GREEN, sub can. 1319, in The Code of Canon Law. A text

and commentary, cit., p. 900; E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Admini­strativo Canònico, cit., p. 450.

( 5 7 ) V . DE PAOLIS - A . MONTAN, Il Libro I del Codice: norme generali (cann. 1-203), cit., p. 300.

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IL PRECETTO PENALE 1 6 1

dovunque , se non consta altro ». Il precet to penale si

p resume per tan to personale.

2.5.2. Transitorietà.

A differenza della legge che è caratterizzata dalla perpetui tà , pe rmanenza o stabilità, il precet to è invece caratterizzato dalla transitorietà, intesa nel senso di tem­poralità. I l precet to d i solito avrà valore solo per u n t e m p o determinato , o duran te la vita di una persona, o ment re pe rdur i una determinata situazione ( 5 8 ) ; vale a dire, il precet to , n o n è chiamato a pe rdura re indefinita­mente nel t empo . Ques ta caratteristica del prece t to n o n è però assoluta.

Tuttavia, nel caso del precet to penale il suo carat tere transitorio viene ul ter iormente rafforzato. Infatti, se­condo il Marzoa, il prece t to « come fonte di diri t to p iù agile della legge ( 5 9 ) r ende possibile in situazioni impre­viste, gravi e di una certa urgenza, il p r o n t o intervento del sistema penale superando gli inconvenienti del ri­ta rdo che compor t e rebbe la costituzione di una legge, r ispet tando pe rò allo stesso t e m p o la legalità richiesta dal can. 1321. Il che consiglia, ove si perpe tu i — o si prolunghi — la situazione n o n prevista da una legge di at tentato ad u n bene giuridico suscettibile di protezione, che il precet to sia sostituito dalla costituzione formale di una legge » ( 6 0 ) .

Una conseguenza del carattere temporale o transito­rio del precet to è quella stabilita dal can. 58 § 2, il quale

( 5 8) Cfr. E. LABANDEIRA, Clasificación de las normas escritas canónicas, cit., p. 682 .

( 3 9 ) L'autore citato in questo punto rinvia a J. ARIAS, sub can. 1319, in Código de Derecho Canònico, cit., p. 7 9 6 .

( 6 0 ) A . MARZOA, Los delitos y las penas canónicas, cit., p. 6 9 2 - 6 9 3 ; vid.

anche p. 6 9 6 .

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1 6 2 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

dispone che « il prece t to singolare, n o n impos to con legittimo documen to , cessai resoluto iure praecipientis ».

2.6 Efficacia.

Dal p u n t o di vista dell'efficacia tempora le del pre­cetto penale, questa inizia dal m o m e n t o della sua notifica o intimazione al destinatario pe r ord ine di colui che ha emesso il prece t to (cfr. can. 54 § 1), e finisce q u a n d o ha luogo la revoca legittima del prece t to o la cessazione della legge per la cui osservanza fu da to (cfr. can. 58 § 1). Inoltre , il precet to singolare cessa di avere vigore ve­n e n d o meno la potestà di chi l 'ha imposto , nel caso in cui si tratti di u n ordine imposto senza u n legitt imo docu­men to (cfr. can. 58 § 2); altrimenti il vigore del prece t to pe rmane , anche con il venir m e n o dell 'autori tà di chi lo ha emesso, e cessa solo a no rma del can. 58 § 1 come di regola ( 6 1 ) .

Al precet to penale n o n vengono applicate le disposi­zioni di successione di n o r m e nel t e m p o contenute nel can. 1313 r iguardant i l'efficacia tempora le delle leggi penali , po iché il prece t to si riferisce a situazioni e persone concrete ( 6 2 ) . Infatti, du ran te l 'elaborazione del codice si p ropose di applicare ai precet t i quella stessa normat iva r iguardante le leggi; la risposta fu invece negativa, « quia n o n datur paritas inter legem et p raecep tum, cum prae­ceptum, na tura sua, ra t ionem habeat de concretis circum-stantiis » ( 6 3 ) .

A questo r iguardo bisogna r icordare, invece, pe r la

( 6 1 ) Cfr. E. LABANDEIRA, Gli atti giuridici dell'amministrazione eccle­siastica, cit., p. 2 4 0 ; V . DE PAOLIS - A . MONTAN, Il Libro I del Codice: norme generali (cann. 1-203), cit., p. 3 0 3 .

( 6 2) Cfr. E. LABANDEIRA - J . MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 6 8 3 .

(63) Communicationes, 8 ( 1 9 7 6 ) , p. 1 7 4 .

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IL PRECETTO PENALE 163

sua connessione con la cessazione del precet to , quan to stabilito dal can. 53 : « Se i decret i (e quindi anche i precetti) sono t ra di loro contrari , quello peculiare, nelle cose che vengono espresse in m o d o peculiare, prevale su quello generale; se sono ugualmente peculiari o generali, quello successivo nel t e m p o abroga il precedente , nella misura in cui gli è contrario ».

2.7. Interpretazione.

Le n o r m e sull ' interpretazione del precet to penale sono simili a quelle r iguardanti le leggi penali . In quan to atto amministrativo singolare, il p rece t to « è da intendersi secondo il significato p ropr io delle parole e l 'uso comune del parlare » (can. 36 § 1), vale a dire, si stabilisce il principio della sua interpretazione letterale. In caso di dubb io , invece, i precet t i penali sono sottoposti a inter­pretazione stretta (ibid.).

Inoltre , viene anche proibita dal codice l 'applicazione o l 'estensione dei loro effetti ad altri casi al di fuori di quelli espressi (cfr. can. 36 § 2).

2.8. Ricorsi contro il precetto penale.

Il can. 1400 § 2 stabilisce che « le controversie insorte per u n atto di potestà amministrativa possono tuttavia essere deferite solo al Superiore o al t r ibunale ammini­strativo ». C o n tale disposto, ment re si escludono dalla competenza dei tr ibunali ordinari le controversie ammi­nistrative, si afferma la possibilità dei ricorsi, per diverse vie, contro gli atti amministrativi.

« P e r r icorso amministrativo si in tende l ' impugna­zione di un at to amministrativo dinanzi alla medesima amministrazione, affinché lo annulli, lo revochi o lo mo­difichi. Fra i ricorsi ordinari il p iù impor tan te è il r icorso gerarchico, con il quale si impugna un atto amministra-

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1 6 4 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

tivo dinanzi al superiore dell 'autorità che emanò l'at­

to » ( 6 4 ) . Gl i atti dei dicasteri della Curia Romana e quelli

dei vicari generali ed episcopali sono pe r t an to ricorribili

dinanzi ai titolari dei rispettivi uffici capitali: Romano

Pontefice e Vescovo; tuttavia, gli atti dei dicasteri n o n

sono suscettibili del ricorso gerarchico, ma soltanto di

quello contenzioso, poiché la via gerarchica si esaurisce

a p p u n t o dinanzi ai dicasteri della Curia Romana.

Nel codice vigente, il r icorso gerarchico viene disci­

pl inato nei canoni 1732-1739. Inol t re , gli articoli 14 e 19

della cost. ap . Pastor Bonus t ra t tano dei ricorsi gerarchici

dinanzi alla Curia Romana ( 6 5 ) .

Dal canto suo, per quel che si riferisce al contenzioso-

amministrativo, il can. 1445 § 2 d ispone che il Supremo

Tribunale della Segnatura Apostolica « dir ime le contese

sorte per u n at to di potestà amministrativa ecclesiastica,

ad esso legit t imamente deferite ». Tale processo viene

regolato nell 'art . 123 della cost. ap. Pastor Bonus e dagli

art. 18 e 22 del relativo Regolamento Generale della Curia

Romana.

Il precet to penale particolare, essendo u n at to ammi­

nistrativo singolare, è certo suscettibile d ' impugnazione ,

vale a dire, si p u ò ricorrere cont ro di esso ch iedendo la

sua r imozione ( 6 6 ) . Dal ricorso vengono eccettuati sol­

tanto gli atti amministrativi emanat i d i re t tamente dal

Romano Pontefice o dallo stesso Concilio ecumenico (cfr.

can. 1732, e 1404) ( 6 7 ) .

( S 4) E. LABANDEIRA, II ricorso gerarchico canonico: « petitum » e « causa petendi», in A A . W . , La giustizia amministrativa nella Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1 9 9 1 , p. 7 1 .

( 6 5 ) Si veda C. GULLO, Il ricorso gerarchico: procedura e decisione, in A A . W . , La giustizia amministrativa nella Chiesa, cit., p. 8 5 - 9 6 .

( 6 6 ) Cfr. P. CIPROTTI, voce Diritto Venale Canonico, cit., p. 4; E. LABANDEIRA - J . MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 6 9 0 .

( 6 7 ) Cfr. P. LOMBARDÌA, Lezioni di diritto canonico, cit., p. 2 2 0 , il quale

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IL PRECETTO PENALE 1 6 5

2.8 .1 . Il r icorso gerarchico.

È requisi to previo alla presentazione del ricorso la

richiesta {supplicatici), fatta per iscritto, della revoca o

della correzione del precet to al suo autore (cfr. can. 1734

§ 1).

Il can. 1737 § 1 stabilisce che si p u ò ricorrere « p ro -

pter quodl ibet ius tum mot ivum », inteso questo in senso

largo. Si p u ò per tan to r icorrere pe r motivi di legittimità o

di meri to , vale a dire, di oppor tuni tà , convenienza e

b u o n a amministrazione ( 6 8 ) . « I motivi di legittimità de­

rivano dalla violazione di una norma giuridica, divina o

umana, positiva o naturale, scritta o consuetudinaria .

L'illegittimità p u ò r iguardare qualsiasi e lemento che con­

corra alla formazione dell 'at to: soggetto, ogget to, causa,

fine, forma, o qualsiasi altro requisito di validità. In forma

più consona al l 'ordinamento canonico, si p u ò dire che i

motivi della illegittimità r iguardano la violazione della

legge nella decisione o nel p roced imento » ( 6 9 ) .

Pe r quan to r iguarda l 'opportuni tà , in generale si p u ò

dire che l ' intervento dell 'autori tà esecutiva è o p p o r t u n o

quando l 'atto « è idoneo a raggiungere il fine sociale che

da esso si a t tende; è invece inoppor tuno l 'atto che n o n ha

questa capacità » ( 7 0 ) . L 'oppor tun i tà o m e n o dell 'at to

viene valutata alla luce dei criteri stabiliti dal codice

stesso o da altri document i nei quali si fanno esortazioni

ritiene inoltre che tali atti « a rigore non sono atti amministrativi ma norme singolari ».

( 6 8) Cfr. P. CIPROTTI, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 4; E. LABANDEIRA, El recurso jerárquico ante la Curia Romana, in Ius Canonicum, 3 0 ( 1 9 9 0 ) , p. 4 6 2 .

( 6 9 ) E. LABANDEIRA, Il ricorso gerarchico canonico: « petitum » e «causa petendi», cit., p. 7 9 - 8 0 , cfr. ID., Tratado de Derecho Administrativo Canò­nico, cit., p. 7 2 7 - 7 3 4 e 5 8 0 - 5 9 1 .

( 7 0 ) E. LABANDEIRA, Il ricorso gerarchico canonico: « petitum » e « causa petendi», cit., p. 8 0 .

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166 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

oppure , senza impor re u n obbl igo giuridico, si indicano i

mod i p iù convenienti di agire. Nel l ' ambi to della materia

penale ci sono molte di queste indicazioni o criteri:

sull 'emanazione dei precet t i penali , sulla comminazione

delle pene latae sententiae o delle censure, direttive di cui

abb iamo par la to nei capitoli precedent i . Tut t i questi

criteri d a n n o motivo sufficiente pe r p r o p o r r e u n ricorso

gerarchico di oppor tun i tà contro u n prece t to penale che

n o n li abbia tenut i in conto.

Ne l ricorso gerarchico, anche contro u n prece t to

penale, si p u ò chiedere tu t to ciò che il superiore p u ò

concedere . Recita il can. 1739: « Al superiore che giudica

il r icorso è consenti to, a seconda dei casi, n o n solo di

confermare o dichiarare invalido il decreto , ma anche di

rescinderlo, revocarlo, o, se ciò sembra al superiore p iù

oppor tuno , correggerlo, subrogarlo, abrogarlo ». Il ricor­

rente po t rà per tan to chiedere una di queste decisioni:

« a) Dichiarazione di nullità. Q u a n d o l 'at to è ipso iure

ñ u ñ o pe r mancanza di u n o degli elementi essenziali o di

uno dei requisiti ad validitatem previsti dal can. 124 § 1 o

perché vi è u n vizio sanzionato esplicitamente con la

nullità (cfr., per esempio, il can. 1331 § 2, 2°). La

decisione sarà dichiarativa e p rodur rà effetti ex tune,

ossia, in quan to possibile, dal m o m e n t o in cui fu pos to

l 'atto impugnato , b) Rescissione (o annul lamento) (...).

Sono annullabili gli atti che hanno un difetto giuridico

che n o n li r ende nulli, quindi è necessaria una decisione

costitutiva di annul lamento che p rodur rà effetti ex nunc

(per esempio, gli atti post i per violenza, t imore grave,

ignoranza, ecc.). c) Revoca. (...), pe r la quale l 'atto am­

ministrativo p u ò ritirarsi soltanto q u a n d o vi siano motivi

di oppor tun i tà (non arbitrariamente) (...). d) Correzione.

A volte non tu t to l 'atto impugnato è da rifiutare, ma vi

sono part i che si possono conservare, rett if icandone altre.

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IL PRECETTO PENALE 167

La correzione o rettifica dell 'at to si realizza con una

modifica parziale, e) Sostituzione. » (71).

La presentazione del ricorso gerarchico n o n ha di per

sé effetto sospensivo dell 'esecuzione del precet to penale,

« salvo che la comminazione di pena r iguardi u n com­

por t amen to in una materia in cui la legge prevede che il

ricorso gerarchico abbia effetto sospensivo; in questo

caso anzi l'effetto sospensivo si ha appena sia stata fatta

(tempestivamente) la richiesta — che la legge prescrive a

pena di inammissibilità del ricorso — all 'autore del pre­

cetto di revocare o modificare ques to (cann. 1734 e 1736

§ 1) » ( 7 2 ) . Inol t re , lo stesso autore del precet to penale

p u ò concedere la sospensione del prece t to en t ro dieci

giorni dal r icevimento della remonstratio, e, su richiesta

dell ' interessato (cfr. can. 1736 § 2) o p p u r e d'ufficio (cfr.

can. 1737 § 3), il Superiore gerarchico dell 'autori tà che ha

emanato il precet to p u ò ugualmente , gravi de causa,

sospendere la sua esecuzione, « cauto tamen ne quid

salus an imarum detr iment i capiat » ( 7 3 ) .

2.8.2. I l ricorso contenzioso-amministrativo.

Esauri ta la via amministrativa gerarchica, si p u ò an­che avviare il processo contenzioso-amministrativo presso il Supremo Tr ibunale della Segnatura Apostolica ( 7 4 ) contro il precet to penale pe r la violazione sia di una legge (in realtà, di una qualsiasi no rma giuridica) in decernendo

che in procedendo (cfr, cost. Pastor'Bonus, art. 123 § 1) da

(71) Ibidem, p. 83. ( 7 2 ) P. CIPROTTI, voce Diritto Penale Canonico, cit., p. 4. ( 7 3 ) Cfr. C. GULLO, Il ricorso gerarchico: procedura e decisione, cit.,

p. 95. ( 7 4 ) Sul processo si veda F. SALERNO, Il giudizio presso la «Sectio

Altera » del S. T. della Segnatura Apostolica, in A A . W . , La giustizia ammi­nistrativa nella Chiesa, cit., p. 125-178.

1 1 . J . SANCHIS

btcalz p. 171/180

168 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

par te dell 'autori tà amministrativa ( 7 5 ) ; vale a dire, q u a n d o la illegittimità r iguardi o la decisione (a causa dell 'og­getto, il fine o p p u r e i motivi della stessa) o p p u r e la p rocedura eseguita nel l 'emanazione dell 'at to (ad esem­pio, osservanza di no rme sulla formazione della volontà, la notifica, l 'esecuzione, ecc.); vengono esclusi, per tan to , quali motivi del ricorso contenzioso, quelli r iguardant i l 'opportuni tà , la convenienza, ecc., dell 'at to ( 7 6 ) .

Il processo ha come scopo principale l ' annul lamento o la rescissione del precet to ma, cumulat ivamente con esso, p u ò essere richiesta la r iparazione del d a n n o mate­riale o morale causato dall 'at to illegitimo (cfr. can. 128 e cost. Pastor Bonus, art. 123 § 2) ( 7 7 ) .

Presenta to il ricorso contenzioso-amministrativo, la sospensione dell 'esecuzione del prece t to penale avviene in virtù di n o r m e analoghe a quelle che si riferiscono al ricorso gerarchico.

3. IL PRECETTO PENALE GENERALE.

3.1. Possibilità dei precetti penali generali.

Dal p u n t o di vista teorico, n o n vi è certo alcuna difficoltà ad ammet te re la possibilità di precet t i comuni o generali anche se, pe r la verità, questi n o n vengano espressamente previsti dal codice ( 7 8 ) .

( 7') Si veda Z. GROCHOLEWSKI, I Tribunali, in A A . W . , La Curia Romana nella Cost. Ap. « Pastor Bonus », a cura di P.A. Bonnet e C. Gullo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1990, p. 406-412.

( 7 6) Cfr. J . MIRAS, El contencioso-administrativo canònico en la Consti­tución Apostòlica « Pastor Bonus », in Ius Canonicum, 30 (1990), p. 417-418.

( 7 7) Cfr. J . LLOBELL, Il «petitum» e la «causa petendi» nel conten­zioso-amministrativo canonico. Profili sostanziali ricostruttivi alla luce della cost. ap. «Pastor Bonus », in Ius Ecclesiae, 3 (1991), p. 119.

( 7 8 ) In realtà, decreto e precetto sono la stessa cosa, quest'ultimo caratterizzato dal suo contenuto: si impone di fare od omettere un qualche

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IL PRECETTO PENALE 1 6 9

M e n t r e n o n esistono particolari difficoltà ad amme-tere i precet t i generali semplici, si p o n e il p rob lema di delucidare se il can. 1319 contempli in concreto soltanto quelli singolari o particolari o p p u r e includa anche i pre­cetti comuni , vale a dire, se il prece t to qualificato come penale d e b b a essere necessariamente singolare o p p u r e possa essere anche generale.

Per il Borras, con l 'espressione precetto penale il codice designa un precet to particolare e n o n invece quello generale, dovendo, di conseguenza, ritenersi esclusi nel­l 'ambito penale i precet t i generali ( 7 9 ) .

L'Arias, invece, rit iene che il can. 1319 contempl i in m o d o speciale il precet to penale singolare poiché quello generale si identificherebbe con la legge penale ( 8 0 ) .

Altri autori , infine, affermano che il precet to penale p u ò essere tanto part icolare come generale ( 8 1 ) . Anzi , pe r il Miras, il precet to penale generale si ada t te rebbe meglio alle disposizioni del codice, il quale stabilisce, nei can. 1321 e seguenti, u n evidente parallelismo tra la legge penale e il precet to penale ( 8 2 ) . Così, ad esempio, il can. 1324 § 1, 9° stabilisce l 'a t tenuazione della pena pe r « chi

comportamento. Cfr. P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 8 8 3 ; E. LABANDEIRA, Clasificación de las normas escritas canónicas, cit., p. 6 8 2 .

( 7 9 ) A . BORRAS, Les sanctions dans l'Eglise, cit., p. 5 8 : « Par l'expres-sion précepte penal, le Code designe un précepte particulier, et non le précepte general ».

( 8 0 ) J. ARIAS, sub can. 1319, in A A . W . , Código de Derecho Canónico, cit., p. 7 9 6 . Della stessa opinione A. MARZOA, LOS delitos y las penas canónicas, cit., p. 6 9 6 .

( 8 1 ) Cfr. TH. GREEN, sub can. 1319, in The Code of Canon Lato. A text and commentary, cit., p. 9 0 0 , e, soprattutto, E. LABANDEIRA - J . MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 6 8 0 . Cfr. anche E. LABANDEIRA, Clasificación de las normas escritas canónicas, cit., p. 6 8 2 .

( 8 2) Cfr. E. LABANDEIRA - J . MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 6 8 0 , nota 2 8 . Dobbiamo comunque evidenziare che il parallelismo stabilito dal codice tra legge e precetto si riferisce piuttosto agli effetti in quanto cioè la legge e il precetto sono entrambi strumenti giuridici mediante i quali l'autorità competente commina pene canoniche e costituisce i delitti.

btcalz p. 173/180

170 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

senza sua colpa ignorava che alla legge o al prece t to fosse

annessa una pena », il che si verifica p iù facilmente nel

precet to generale che in quello singolare poiché quest 'ul­

t imo è assoggettato alle n o r m e r iguardant i la forma ed in

part icolare la notifica personale, in tal m o d o è pressoché

impossibile l ' ignoranza incolpevole della pena comminata

mediante u n prece t to singolare o part icolare. Tuttavia,

anche negli atti dei lavori di elaborazione del L ibro VI del

codice non si fa mai esplicito riferimento ai precet t i

penali generali.

3.2. Distinzione tra legge penale e precetto penale gene­

rale.

Ammessa, a lmeno ipotet icamente, la possibilità dei

precet t i penali generali, vale a dire, di n o r m e generali

emanate da chi gode soltanto di potestà esecutiva, me­

diante le quali si comminano pene canoniche, bisogna

chiedersi quali sarebbero le differenze r ispet to della

legge, e soprat tu t to quale la ragion d'essere delle mede­

sime n o r m e generali.

Secondo la dot t r ina dominante , il decre to o prece t to

generale è quello cui manca qua lcuno degli elementi

essenziali della legge che sono: a) essere promulga ta da

un 'autor i tà investita del potere legislativo, b) contenere

prescrizioni comuni e, c) essere diretta ad una comuni tà

capace di ricevere una legge. Il prece t to penale generale

perciò sarebbe, a sensu contrario, una no rma con almeno

una delle seguenti caratteristiche: a) essere emanata da

un 'autor i tà che gode soltanto di potestà esecutiva, b)

contenere prescrizioni in qualche m o d o speciali o speci­

fiche c) n o n essere rivolta ad una comuni tà capace di

ricevere una legge. Inol t re la- legge è caratterizzata dalla

perpetui tà , a lmeno tendenziale, o stabilità; il precet to

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IL PRECETTO PENALE 1 7 1

invece po t r ebbe essere transitorio, ad esempio se da to pe r

motivi di urgenza, ecc.

Si p u ò in ogni m o d o affermare che l 'e lemento essen­

ziale sul quale si fonda la distinzione tra decreto (o

precetto) e legge è quello r iguardante il suo autore: sarà

qualificata come legge la no rma generale promulga ta

dall 'autorità investita del potere legislativo; sarà invece

precet to la norma generale emanata da un 'autor i tà ese­

cutiva ( 8 3 ) . Si badi , comunque , che una no rma generale

data sotto il n o m e di decre to o prece t to che riunisca in sé

gli elementi caratteristici delle leggi — incluse, pe r tan to ,

quella della perpetui tà e dell 'essere destinata ad una

comunità capace — il cui autore invece n o n fosse inve­

stito della potestà legislativa, sarebbe nulla, salvo che ci

fosse stato previamente: a) un at to di delega, nel cui caso

si t ra t te rebbe dell ' ipotesi prevista dal can. 30 (decreti

legislativi); b) un intervento a posteriori del legislatore

(ratifica o approvazione specifica), come, per esempio,

quello contempla to nell 'art. 18 § 2 della cost. ap . Pastor

Bonus (decreti-legge) ( 8 4 ) ; sarà invece valida la no rma

generale che manca d'altri elementi essenziali alla legge se

è emanta da un 'autor i tà esecutiva pu rché en t ro i limiti

della sua competenza e con la necessaria abilitazione ( 8 5 ) .

Ci sono t re tipi di n o r m e generali di na tura ammini­

strativa: i decret i di esecuzione o esecutori, i decreti

esecutivi e le istruzioni (cfr. cann. 31-34) ( 8 6 ) .

Il can. 31 § 1 stabilisce, come contenuto possibile dei

( 8 3) Cfr. E. LABANDEIRA, Clasificación de las normas escritas canónicas, cit., p. 6 8 3 ; P.A. BONNET, voce Precetto (dir. can.), cit., p. 8 8 3 .

( 8 4 ) Si veda E. LABANDEIRA, Gli atti giuridici dell'amministrazione ecclesiastica, cit., p. 2 2 7 .

( 8 5 ) Cfr. E. LABANDEIRA - J . MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 6 8 2 .

( 8 6 ) Si veda E. LABANDEIRA, Gli atti giuridici dell'amministrazione ecclesiastica, cit., p. 2 2 7 - 2 3 0 .

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172 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

decreta generalia exsecutoria, quello di determinare « p iù

precisamente i m o d i da osservare nell 'applicare la legge o

con cui si urge l 'osservanza delle leggi », finalità quest 'ul­

t ima simile a quella dei precet t i singolari ( 8 7 ) .

Le istruzioni, dal canto loro, « sono date a uso di

quelli il cui compi to è curare che le leggi siano manda t e

ad esecuzione » (can. 34 § 1); sono cioè n o r m e interne

dell 'Amministrazione ecclesiastica che « r endono chiare

le disposizioni delle leggi e sviluppano e de te rminano i

procediment i nell 'eseguirle » {ibid.).

Possono queste n o r m e generali avere come con tenu to

precett i penali , comminare cioè pene canoniche all'ina­

dempimen to degli obblighi giuridici stabiliti da esse o

dalle leggi a cui servono e a cui sono legate?

Stando alle n o r m e del codice sembra che la risposta

n o n possa essere che affermativa. Tuttavia, sembra che

duran te i lavori di riforma gli estensori della disciplina

penale avessero in men te soprat tut to il precet to singolare

o part icolare che, a differenza della legge, pe rmet t e di

tener conto delle circostanze concrete ( 8 8 ) ; pe r tale mo­

tivo, la pena da comminare mediante prece t to dev'essere

sempre determinata , e si escludono quelle p iù gravi. Ciò

spiega anche, ad esempio, che coloro che possono rimet­

tere la pena stabilita da u n precet to d e b b a n o consultare,

pr ima che avvenga la remissione, l 'autore del prece t to

(cfr. can. 1356 § 2).

Perciò n o n sembra confacente alla na tura stessa ed

( S 7) E. LABANDEIRA - J . MIRAS, El precepto penal en el CIC 83, cit., p. 681-682: « El precepto penal es siempre de naturaleza ejecutiva, también en el caso de los preceptos generales. Pero eso no significa que sea siempre de tipo ejecutorio (...); el precepto penal general se puede configurar también como un decreto ejecutivo no ejecutorio, sino independiente ».

(88) Communicationes, 8 (1976), p. 174: « quia non datur paritas inter legem et praeceptum, cum praeceptum, natura sua, rationem habeat de concretis circumstantiis ».

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IL PRECETTO PENALE 1 7 3

alle caratteristiche del prece t to penale che questo abbia u n destinatario astratto e generale, tanto meno se questo ha carattere universale; vale a dire, che il destinatario sia una comunità capace di ricevere una legge. Il precet to penale generale si adatta meglio alla na tura ed alle carat­teristiche delle no rme che regolano la disciplina interna degli organi ed enti dell 'organizzazione ecclesiastica, quali sono, pe r esempio, la Curia Romana, le Curie diocesane, ecc., così come gli Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica.

Ancora una volta dobb iamo affermare che una p iù de­cisa distinzione tra l 'ambito penale e quello disciplinare avrebbe giovato ad una migliore configurazione degli stru­ment i giuridici tendent i « a provvedere più conveniente­mente alla disciplina ecclesiastica » (can. 1317).

Anche fuori dal l 'ambito penale il regime giuridico dei precett i generali è mol to diverso da quello dei precet t i singolari (o particolari). Esso viene regolato dai canoni r iguardanti ciascun t ipo di atti normativi post i in essere dalle varie autorità esecutive o amministrative: decret i generali esecutivi, istruzioni, ecc., (cfr. cann. 29-34) ( 8 9 ) .

Per ult imo, vale la pena r icordare che ch iunque si senta leso da atti amministrativi (decreti generali) emessi nell 'esercizio della funzione normativa da legislatori infe­riori al Romano Pontefice, p u ò rivolgersi al Pontificio Consiglio pe r l ' Interpretazione dei Testi Legislativi perché valuti la consentaneità costituzionale di questi atti alla normativa della Chiesa universale (cfr. art. 158 della cost. ap . Pasior Bonus) (90).

( 8 9 ) Si veda al riguardo E. LABANDEIRA, Tratado de Derecho Admini­strativo Canonico, cit., p. 3 3 5 - 3 8 6 .

f 9 0) Cfr. C. GULLO, / / ricorso gerarchico: procedura e decisione, cit., p. 8 7 . Si veda anche J . HERRANZ, Il Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, in A A . W . , La Curia Romana nella Cost. Ap. «Pastor Bonus », cit., p. 4 7 7 - 4 8 0 .

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I N D I C E D E I N O M I

ADAMI F.E., 4 0 , 4 6 , 5 1 , 5 3 , 5 9 , 6 0 , 7 7 , 8 6 , 1 1 3 , 1 2 3 , 1 3 9 , 1 4 5 , 1 5 3 .

AGOSTINO, SANT', 1 1 0 . AMOR RUIBAL A . , 4 1 . ANTOLISEI J . , 3 0 , 3 4 , 7 0 , 82 .

ARIAS J . , 1 1 , 4 0 , 6 1 , 6 4 , 7 0 , 9 7 , 1 1 0 , 1 2 6 .

ARRIETAJ.L, 1 1 9 .

AZNAR F., 1 1 , 1 6 , 5 2 , 5 6 , 8 5 , 1 1 9 ,

1 3 9 .

BÉNÉTRUYJ., 1 3 7 . BERNÁRDEZ CANTÓN A . , 7 7 . BERNARDINI C , 5 6 , 6 2 . BETTIOL G. , 1 8 , 7 1 . BLANCO M., 1 4 4 . BOLOGNINI F., 12 .

BONNET P.A. , 1 4 0 , 1 4 3 , 1 4 7 , 1 4 8 ,

1 5 3 , 1 5 4 , 1 5 7 , 1 5 8 , 1 6 0 , 1 6 9 , 1 7 1 .

BORRAS A . , 2 9 , 3 6 , 4 7 , 5 2 , 5 8 , 7 1 , 7 3 , 7 7 , 8 6 , 9 3 , 9 8 , 1 0 0 , 1 0 5 , 1 0 8 , 1 1 9 , 1 3 9 , 1 4 7 , 1 4 8 , 1 5 1 , 1 5 3 ,

1 5 4 , 1 6 9 .

CABREROS DE ANTA, M., 1 3 7 . CALABRESE A. , 1 0 , 4 7 , 5 2 , 5 4 , 1 0 0 ,

1 0 5 , 1 1 9 , 1 2 2 , 1 3 9 , 1 4 7 , 1 5 2 . CAPPELLO F.M., 1 0 , 3 2 . CASSOLA C , 3 8 , 4 2 , 5 5 . CHELODI J . , 40 .

CHIAPPETTA L , 1 1 , 5 2 , 9 0 , 1 1 9 , 1 4 8 , 1 5 1 .

CICOGNANI H., 4 1 . CIPROTTI P., 1 1 , 4 4 , 4 7 , 5 0 , 5 2 , 7 5 ,

7 6 , 7 9 , 1 0 0 , 1 0 6 , 1 1 1 , 1 1 3 , 1 1 9 ,

1 2 0 , 1 2 2 , 1 2 6 , 1 3 8 , 1 3 9 , 1 4 9 , 1 6 4 , 1 6 5 , 1 6 7 .

COCCOPALMERIO F., 1 0 0 , 1 1 9 . CONTE A CORONATA M., 1 1 . COPPOLLA R , 1 1 3 . CORECCO E., 6 1 . COTTA S., 2 2 , 2 6 . CREUSEN S., 4 1 .

D'ANGELO S., 4 1 . D'AQUINO T., 2 6 . DE DIEGO-LORA C , 1 0 6 .

DEL GIUDICE V . , 1 0 , 7 7 . DELLA ROCCA F., 1 0 , 2 9 , 3 8 , 7 6 , 7 7 .

DEL PORTILLO A. , 2 3 , 2 7 , 7 7 .

DE PAOLIS V , 1 0 , 1 1 , 3 7 , 4 7 , 4 9 , 5 5 , 7 7 , 8 5 , 9 0 , 9 7 , 1 0 0 , 1 0 2 , 1 0 5 , 1 0 7 , 1 1 3 , 1 2 2 , 1 2 3 , 1 3 9 , 1 4 7 , 1 4 8 , 1 5 4 , 1 5 7 , 1 5 9 , 1 6 0 , 1 6 2 .

DI MATTIA G. , 3 2 , 4 6 , 5 7 , 5 8 , 9 9 , 1 0 0 , 1 1 3 , 1 3 9 .

ÉCHAPPÉ O., 1 1 .

ERRÁZURIZ C.J . , 2 6 , 1 0 6 .

FALCO, M. , 4 0 .

FEDELE P., 3 8 , 4 3 , 1 2 7 , 1 3 5 , 1 3 7 . FELICI P., 6 2 . FELICIANI G. , 1 1 9 . FRANCK B., 1 2 1 . FROSALI R.A. , 7 7 , 8 0 , 8 5 .

GARCÍA BARBERENA T., 1 8 , 4 1 , 4 2 , 5 9 , 1 3 8 .

GEFAELL P., 8 2 . GEROSAL., 1 0 , 1 1 , 7 1 , 9 8 .

btcalz p. 178/180

1 7 6 LA LEGGE PENALE E IL PRECETTO PENALE

GIACCHI O., 42 .

GIOVANNI PAOLO II, 1 0 2 .

GIROLAMO, SAN, 1 1 0 .

GÓMEZ-IGLESIAS V . , 1 1 9 .

GOYARD-FABRE S., 2 9 .

GREEN TH. J „ 1 1 , 5 5 , 5 9 , 6 2 , 1 1 0 ,

1 1 3 , 1 4 7 , 1 6 0 , 1 6 9 .

GROCHOLEWSKI Z., 1 6 8 .

GULLO C , 1 6 4 , 1 6 7 , 1 7 3 .

HERRANZ ]., 4 4 , 1 7 3 .

HERVADA J . , 1 9 , 2 0 , 2 1 , 2 4 , 2 5 , 2 7 ,

2 8 , 3 1 , 3 2 , 4 5 , 4 9 , 6 5 , 7 0 , 7 7 .

JASONNI M., 9 , 7 8 .

JOMBART E., 1 0 .

LABANDEIRA E., 1 2 9 , 1 3 1 , 1 3 9 , 1 4 3 ,

1 4 4 , 1 4 5 , 1 4 7 , 1 4 8 , 1 5 0 , 1 5 3 ,

1 5 4 , 1 5 8 , 1 5 9 , 1 6 0 , 1 6 1 , 1 6 2 ,

1 6 4 , 1 6 5 , 1 6 9 , 1 7 1 , 1 7 2 , 1 7 3 .

LEONE I, 1 1 0 .

LLOBELLJ., 1 6 8 .

LOMBARDÌA P., 2 5 , 2 6 , 2 8 , 1 3 4 , 1 4 1 ,

1 4 2 , 1 5 6 , 1 5 8 , 1 5 9 , 1 6 4 .

MANTOVANI F., 1 2 , 1 3 , 1 4 , 1 8 , 2 1 , 2 2 ,

3 0 , 3 4 , 7 0 , 7 5 , 82 .

MANTUANO G. , 4 3 , 6 4 .

MANZANARES J . , 1 1 9 .

MARINI G , 64 .

MAROTO PH., 4 1 .

MARZOA A . , 1 1 , 3 3 , 4 7 , 6 1 , 6 2 , 6 3 ,

6 6 , 7 3 , 7 6 , 8 5 , 1 0 0 , 1 0 1 , 1 1 6 ,

1 4 0 , 1 4 2 , 1 6 1 , 1 6 9 .

MICHIELS G , 1 1 , 2 0 , 3 2 , 3 8 , 4 1 , 68 ,

7 1 , 7 5 , 7 6 , 7 8 , 1 2 4 , 1 3 8 .

MIRAS J . , 1 3 9 , 1 4 5 , 1 4 7 , 1 4 8 , 1 6 2 ,

1 6 4 , 1 6 8 , 1 7 1 , 1 7 2 .

MONTAN A . , 1 5 4 , 1 5 7 , 1 5 9 , 1 6 0 , 1 6 2 .

NIGRO F., 1 1 , 1 6 , 5 8 , 1 0 0 , 1 0 5 , 1 1 3 ,

1 1 9 , 1 4 7 , 1 5 1 .

OCHOA X. , 74 .

OTADUY J . , 1 4 4 , 1 5 3 .

PAGLIARO A . , 7 4 , 7 5 , 7 7 , 8 1 , 8 6 , 1 2 9 .

PAILLOT A . , 1 3 7 .

PELLEGRINI G , 1 8 .

PETTOELLO MANTOVANI L., 1 8 , 7 1 .

PINERO CARRIÓN J . M . , 1 6 , 4 7 , 1 4 7 .

QUINN H . G , 1 3 7 .

ROBERTI F., 1 0 , 1 7 , 3 6 , 4 0 , 4 1 , 7 0 , 7 6 ,

9 0 , 1 3 8 .

SALERNO F., 1 5 2 , 1 6 7 .

SALUCCI R., 4 0 .

SANCHIS J , 5 4 , 8 5 , 9 3 , 1 0 1 , 1 1 2 , 1 2 1 .

SANTOS DÍEZ J . L . , 7 7 .

SOLE J . , 4 0 .

STENSON A . , 1 0 4 .

UCCELLA F.J., 1 5 3 .

VECCHIARELLI C , 7 8 .

VERMEERSCH A . , 4 0 .

VIDAL P., 1 7 , 3 3 , 4 1 , 6 2 , 6 9 , 1 3 8 .

VITALE A . , 1 2 , 1 6 , 1 8 , 2 2 .

WERCKMEISTER J . , 5 1 , 72 .

WERNZ F.X. , 1 7 , 3 3 , 6 2 , 6 9 , 1 3 8 .

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ATENEO ROMANO DELLA SANTA CROCE

FACOLTÀ DI DIRITTO CANONICO

TESTI L E G I S L A T I V I

1. JOSÉ T. MARTÍN DE AGAR, Legislazione delle conferenze episcopali comple­mentare al C.I.C., Milano 1990.

2. EDUARDO BAURA, Legislazione sugli ordinariati castrensi, Milano 1992.

MONOGRAFIE GIURIDICHE

1. JULIÁN HERRANZ, Studi sulla nuova legislazione della Chiesa, Milano 1990.

2. JAVIER HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, Milano 1990.

3. AMADEO DE FUENMAYOR - VALENTÍN GÓMEZ-IGLESIAS - JOSÉ LUIS ILLANES, L'itinerario giuridico dell'Opus Dei. Storia e difesa di un carisma, Milano 1991.

4. CARLOS J . ERRÁZURIZ M., Il "munus docendi Ecclesiae": diritti e doveri dei fedeli, Milano 1991.

5. LUIS NAVARRO, Diritto di associazione e associazioni di fedeli, Milano 1991.

6. MARIO F. POMPEDDA, Studi di diritto matrimoniale canonico, Milano 1993.

7. JOSEMARÌA SANCHIS, La legge penale e il precetto penale, Milano 1993.

8. ARTURO CATTANEO, Il presbiterio della chiesa particolare, Milano 1993.

ALTRE PUBBLICAZIONI

JAVIER HERVADA, Diritto costituzionale canonico, Milano 1989.

IUS ECCLESIAE - Rivista internazionale di diritto canonico (periodico seme­strale dal 1989).

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