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LA GUERRA SULLE TOFANE a cura di Alverà Mattia

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LA GUERRA SULLE TOFANE a cura di Alverà Mattia. GLI INIZI. Inizialmente, come sappiamo, l'Italia era neutrale Domenica 18 aprile: a Cortina visita di leva in massa per gli uomini dai 37 ai 42 anni - PowerPoint PPT Presentation

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Page 1: LA GUERRA SULLE TOFANE a cura di Alverà Mattia

LA GUERRA SULLE TOFANE

a cura di Alverà Mattia

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GLI INIZI

Inizialmente, come sappiamo, l'Italia era neutrale

Domenica 18 aprile: a Cortina visita di leva in massa per gli uomini dai 37 ai 42 anni

26 Aprile: l'Italia firma il patto di Londra impegnandosi ad entrare in guerra entro 30 giorni a fianco dell’Intesa

24 maggio ore 18: Gli Italiani varcano il confine ad Acquabona. Ampezzo è sgombra da qualche giorno, ma il generale Nava, invece di ordinare agli ufficiali di avanzare approfittando della debolezza dell’avversario, li invita ad attendere. Gli Italiani non si muovono. Nelle prime due settimane, sfruttando la loro superiorità, avrebbero potuto occupare non solo la Pusteria,ma puntare al Brennero.

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OCCUPAZIONE DI CORTINA 27 maggio ore 16:45: Dal Passo Tre

Croci scendono otto fanti della Brigata Marche ed entrano in Cortina, proseguendo per Zuèl, senza imbattersi in alcun soldato austriaco.

29 maggio: Cortina è occupata, senza colpo ferire, dal 23° Reggimento della Brigata Como. Ore 4 pomeridiane.

I soldati rimasero delusi per la freddezza con cui furono accolti; ma non si poteva pretendere che gli Ampezzani, vecchi, donne e bambini, provassero simpatia per invasori indesiderati e armati

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IN SPECIFICO LE TOFANE

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CHE TIPO DI GUERRA FU

Fu una guerra di posizione

Dovettero combattere anche il freddo e la neve

Stare fermi per settimane o mesi nella stessa posizione

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OBIETTIVO TRAVENANZES Il 5 luglio l'artiglieria italiana inizia a battere i presidi di Forcella

Bos e di Forcella Fontananegra.

Il 7 luglio vengono battute le posizioni nell'alta Val Travenanzes.

A seguito di questa minacciosa occupazione, il 16 luglio il gen. Von Tutschek fece arretrare la linea austriaca sul Sasso Spaccato e sul Sasso Triangolare.

Quando la colonna arriva vicino alla confluenza tra la Val Travenanzes ed il vallone tra Tofana I e II (q.1841). La resistenza austriaca è accanita: infatti il ten. Schneider era rimasto al proprio posto, nonostante l'ordine ricevuto il 10 luglio da parte del ten. Wychitil (che aveva abbandonato il Rif. Wolf-Glanvell) di ritirarsi

Dal Vallon Bianco, lasciato libero dagli italiani, alcune mitragliatrici colpiscono il retro della colonna; a tarda sera gli italiani sono costretti a ritornare alle posizioni di q.1780.

Il giorno dopo (12 luglio) gli italiani ripresero i loro sforzi, ma nella valle furono respinti dal ten. Rhomberg

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CONSEGUENZA La Val Travenanzes venne

trasformata dagli austriaci in un vero e proprio settore di combattimento.

L'artiglieria venne rinforzata.

Gli austriaci decisero di conseguenza di passare all'offensiva per conquistare la cima del Col dei Bos e le Tofane.

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RICONQUISTA DELLA CIMA BOS

La cima del Col dei Bos era stata perduta dagli austriaci il 10 luglio.

Le ripetute richieste che pervenivano al magg. Spiegel venivano sempre respinte a causa della mancanza di artiglieria e perchè le vie di accesso erano troppo ardue e senza possibilità di riparo.

L'attacco doveva cominciare alle 18.30, preceduto da un'ora e mezzo di fuoco di artiglieria; ma verso il tramonto si alzò una fitta nebbia che impedì lo svolgimento dell'azione.

Ulteriori tentativi di riconquistare la Cima di Bos sarebbero stati vani, e che un'impresa così problematica non valeva un copioso tributo di sangue.

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CONQUISTA DI TOFANA I Il progetto riprese corpo e dopo una breve

pausa vennero scelti i migliori alpinisti che vennero equipaggiati e raggruppati in reparti di 80/100 uomini.

Gli obbiettivi:

Conquista della Tofana I e l'attacco alla Tofana II al fine di disimpegnare il presidio di Forcella Fontana Negra.

Si doveva tentare un attacco ai posti di vedetta italiani sulla Tofana III e tentare un colpo di mano contro l'artiglieria italiana di q.2893.

Il 20 luglio il comando giunge in Val Travenanzes e nella notte successiva spedisce delle pattuglie a scalare la Tofana I

Il 22 luglio la prima pattuglia a giungere in cima è quella del Bauer, seguita dalla pattuglia Stark alle 11.

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CONQUISTA TOFANA I Da allora in poi la Tofana fu

presidiata da 3 posti avanzati.

Nonostante le enormi difficoltà (tutte le posizioni erano prive di ripari sicuri e stabili), il 25 luglio gli jäger respinsero una pattuglia italiana che aveva quasi raggiunto la cima.

Il Patrullenkommando Denzel effettuò altre ricognizioni (in Tofana III) ma venne falcidiato da congelamenti e malattie

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CONQUISTA TOFANA 3 Quasi contemporaneamente venne allestito

anche lo Streifkommando 1 destinato a tenere sgombre le pendici della Tofana III ed a conquistare la cresta montuosa.

La notte successiva 12 volontari si offrono per l'esplorazione del cocuzzolo e là sorprendono un ufficiale e 14 uomini del 23° Fanteria. Ma altri italiani aprono il fuoco e gli uccidono.

Altura che viene poi occupata dagli alpini del cap. Baccon.

La colonna passò quindi a presidiare le pendici nord occidentali della Tofana III con avamposti attorno a q.2394.

Gli Austriaci riuscirono a mantenere il controllo della zona per tutta la durata della guerra.

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IL PERCHE'??? La conquista delle Tofane

era ritenuta importante perché ultimo caposaldo degli Austriaci prima della val Travenanzes

Se gli Italiani avessero conquistato le vette avrebbero avuto la strada libera per arrivare in Austria

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FORCELLA FONTANANEGRA Forcella Fontananegra era per

gli austriaci la posizione più delicata di tutto il settore.

L'attacco più forte si registrò il 12 luglio.

Il 17 luglio gli italiani portarono un pezzo di artiglieria che distrusse il rifugio Tofana

Un altro violento attacco si registrò il 20 luglio

Gli attacchi italiani erano personalmente condotti dal gen. Cantore.

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MORTE GENERAL CANTORE

In forcella Fontananegra trovò la morte il general Cantore.

Una versione dice che sia stato ucciso da un Austriaco mentre scrutava il fronte con un colpo alla testa

Ma qualcuno afferma che sia stato ucciso da un Italiano visto il suo carattere arrogante

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L'INVERNO Il problema più grande fu l'inverno e la

paura delle morti bianche

Dopo le nevicate, sopraggiungeva improvvisamente il momento in cui, lungo quasi tutta la Val Travenanzes, precipitavano dalle rupi di entrambi i fianchi della vallata le valanghe.

Un imponente spettacolo si offriva a chi fosse in grado di seguire con l'occhio, standosene al sicuro, l'imperversare delle forze della natura.

Ma, per converso, quali ore tremende doveva attraversare chiunque fosse ridotto ad aspettarsi, da un istante all'altro, di venir sepolto dalla neve o trascinato nelle voragini.

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INVERNO 2° Il numero di vittime fu tuttavia

limitato dalle misure messe in alto dagli esperti comandanti Austriaci.

Tra le misure principali vi era quella di annettere a ciascun posto di vedetta un piccolo deposito viveri di modo che gli uomini potessero sopravvivere per lunghi periodi senza rifornimenti.

Quando a causa delle valanghe ogni movimento veniva interrotto, lo streifkommando dava il segnale esponendo una specifica bandierina.

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INVERNO 3° Il freddo non raggiunse

un'intensità elevata. I più provati erano i posti di vedetta, il cambio avveniva ogni 30 minuti (o perfino 15).

Gli attacchi avevano lo scopo di tenere "vive" le truppe o di molestare gli italiani e rendere loro la vita difficile.

Mentre le truppe Italiane erano mal equipaggiate e per questo il numeri dei morti fu più elevato

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IL CASTELLETTO E LE NUOVE LINEE AUSTRIACHE

Nel mese di luglio cominciò a far parlare di sè una posizione nella quale gli austriaci, fin dagli inizi della guerra avevano collocato un paio di uomini: gli austriaci la chiamavano Punta di Bos ed in seguito Schreckenstein, mentre per gli italiani divenne il Castelletto, data la sua forma.

Da quella posizione gli austriaci dominavano la strada delle Dolomiti e lo spazio adiacente a Forcella e Cima Col dei Bos; erano inoltre disponibili ripari e nascondigli di ogni specie che minacciavano di continuo gli italiani.

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I PRIMI LAVORI DI MINA SUL CASTELLETTO

Il col. Tarditi capisce che l'attacco frontale contro il Castelletto è impossibile, incarica il s.ten. Tissi di eseguire i primi studi di fattibilità per una mina.

22 dicembre il Belluno ritorna in Val Costeana su richiesta dello stesso Tarditi, ed il Tissi presenta al gen. Verdinois il progetto.

Il 3 gennaio 1916 cominciano i lavori per l'ampliamento delle posizioni italiane a Forcella Bos ed alla Gran Guardia.

La posizione dello Scudo viene rinforzata e vigilata di continuo per non fare tagliare fuori i lavori della galleria. I Volontari Feltrini dal canto loro respingono tutti gli attacchi tentati dagli austriaci contro la cima della Tofana I.

A metà febbraio si inizia la galleria vera e propria. Ma lo scetticismo dilaga tanto che a metà marzo il comando della Reggio riprende il vecchio piano del gen. Cantore ma l'azione si arresta sul nascere.

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PROGETTO MINA

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LA GALLERIA In aprile (dopo la visita del gen. di Robilant), il

lavoro viene affidato a 120 minatori, mentre la vigilanza ed il collegamento sono garantiti dal 2° e 3° plotone della 77ª più una sezione mitragliatrici sotto il Castelletto

L'artiglieria ed i lanciabombe austriaci battevano le posizioni, il lavoro procedeva di circa 5/6 metri al giorno.

Verso la metà di aprile, Tissi propone al comando una seconda galleria che segua un percorso rasente al costone della Tofana e che sbocchi sul rovescio del Castelletto allo scopo di:

1battere il rovescio della posizione, 2ingannare gli austriaci riguardo il vero scopo, 3costituire uno sbocco per le truppe avanzanti dopo lo scoppio della mina.

Anche Malvezzi, tornato dalla licenza, dimostrò di approvare l'idea, anche se non completamente d'accordo relativamente al punto 1.

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REAZIONE AUSTRIACA Per tutta l'estate e l'autunno del 1915 gli italiani

avevano tentato inutilmente di prendere o accerchiare il Castelletto ma senza esito.

Nell'inverno, i tedeschi avevano a lungo scavato una grotta nella parete sud ovest, avrebbe dovuto servire da nido di artiglieria. Subito dopo l'apertura della feritoia, vi scoppiarono delle granate italiane e non se ne fece nulla.

Negli ultimi giorni di marzo primi rapporti secondo i quali ai piedi della Tofana vi era un motore in attività. Le contromisure furono il lancio di granate a mano e l'utilizzo del cannone.

L'8 maggio la certezza: l'Italia con la sua opera di perforazione, vuol far saltare in aria il Castelletto. L'artiglieria austriaca, iniziò a battere le posizioni italiane provocando un lento e costante stillicidio di perdite.

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REAZIONE AUSTRIACA 2° Da parte italiana vi era l'impossibilità di

controbattere in modo adeguato, dato che i lanciabombe e le bombarde da 58A erano stati mandati in Trentino per arginare la Strafeexpedition.

Secondo Tissi e Malvezzi il 28 maggio è il punto in cui si deve avere la certezza della disponibilità di tutto l'esplosivo, prima di iniziare l'ultima fase dei lavori di mina, che dovrà essere velocissima per anticipare i lavori austriaci di contromina.

La richiesta dei due progettisti è di 35 tonnellate di gelatina (contro una produzione nazionale mensile di 80!).

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LA CONTRO MINA Il 17 giugno il s.ten. Fortini della 96ª occupa il vecchio "osservatorio

austriaco" sul costone che dalla cima della Tofana I scende in direzione delle Tre Dita.

Il s.ten. Burtscher inviato sul Castelletto, riporta:

Ormai, però, il più forte era il nemico. Da tutte le parti, da presso e da lungi, piovevano proiettili d'ogni specie sulla posizione. Senza interruzione una mitragliatrice nemica e un cannone di fanteria battevano lo spazio attorno al posto di vedetta Schneeberger. Di notte, l'intero Castelletto era illuminato da potenti riflettori. Dall'alto, dallo Scudo e dal basso volavano mine, che causavano quotidianamente delle perdite e rendevano la vita impossibile. Anche lo Scudo nemico era ritornato in azione.

Il 9 luglio giunge l'ordine per il presidio di riportarsi alle pendici della Tofana III (q.1780) per cui nella notte tra il 9 ed il 10 il Castelletto ritorna nelle mani della Streifkompanie 6.

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I PREPARATIVI

Gli austriaci iniziano i lavori di contromina mentre dal lato italiano mancano gli ultimi tre tratti (per un totale di 22 metri) mentre nella galleria elicoidale viene lasciato l'ultimo diaframma di 2 metri da fare saltare all'ultimo momento.

Per tre notti consecutive il Belluno porta le 35 tonnellate di gelatina. Il 9 luglio alle 15 anche l'intasamento con calcestruzzo, sacchetti di terra e tavole di legno è terminato.

Dopo la caduta di Fontananegra la situazione in Val Travenanzes divenne critica: ma per fortuna degli austriaci gli italiani attesero quasi 48 ore prima di far saltare il Castelletto. In quell'intervallo gli austriaci si rinforzarono. La sera del 9 luglio vennero inoltre rinforzati i presidi della II e III Guglia del Castelletto.

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PREPARATIVI Il 10 mattina, al Castelletto, gli ufficiali degli alpini sotto la

direzione del cap. Rodari delineano il piano d'attacco:

il grosso della 77ª più un plotone della 106ª subito dopo lo scoppio della mina devono risalire il canalone centrale;

i minatori, guidati da Malvezzi, Rodari e Cadorin attraverso la galleria elicoidale si devono portare sul cratere; la pattuglia del s.ten. Cavalli deve risalire il Camino dei Cappelli, girare a sinistra e, sfruttando una cengia, collegarsi con la 77ª;

dallo Scudo, 20 uomini scelti della 77ª devono percorrere il costone tra lo Scudo stesso e la Testata del Camino dei Cappelli per poi calarsi con le corde sulla posizione austriaca;

dalla cima del Camino Vallepiana due squadre di Volontari Feltrini si devono mettere in situazione tale da poter battere i rovesci delle posizioni austriache.

Sia Malvezzi che l'ufficiale addetto agli avamposti rilevano il valore tattico del costone della Tofana, ma comunque si appostano nella galleria elicoidale per far saltare l'ultimo sottile diaframma, occupare la posizione austriaca e segnalare l'avvenuta occupazione mediante lancio di razzi rossi

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LO SCOPPIO Raccontato dalle 2 parti

Da parte di del Pieri: Dalle 3 alle 3,30 fu un'ansiosa silente attesa, rimasta indelebilmente impressa nella memoria di quanti si trovaron presenti: non si udivan neppure bisbigli, tutti eran compresi della novità e della strana e misteriosa grandezza del momento: gli ultimi minuti furono addirittura angosciosi: a un tratto una scossa di terremoto e subito dopo, nella notte scintillante di stelle un polverio immenso e il frastuono di una enorme valanga, e poi, tutto intorno al Castelletto, un precipitar di massi dalle pareti della Tofana, che continuava e che pareva interminabile, in quei minuti, in quei secondi d'attesa angosciosa e febbrile. E subito dopo il rimbombo di tutte le artiglierie e le vampe degli spari per la chiostra dei monti retrostanti, e un sibilare di piccole granate e un passar alto e grave di grossi proiettili, e tonfi sordi e scoppi …

Da parte di Burtscher: D'un tratto, un poderoso schianto, un rimbombo pauroso soverchiarono il fragore prodotto dal fuoco dell'artiglieria; al tempo stesso la terra sembrava tremare; era l'esplosione dello Schreckenstein. Schegge rocciose volarono fino alla Feldwache 14, sulle pendici del Gran Lagazuoi; da lontano le vedette scorsero la sella del Castelletto e le torri più a sud sollevarsi in una fiammata, mentre l'intera parete sembrava inclinarsi.Sul Castelletto stesso l'effetto dell'esplosione fu formidabile: una parte della sella si innalzò fino al livello del posto di vedetta Schneeberger, le torri a sud sparirono, frammenti di rupi volarono all'intorno e si abbatterono strepitosamente al suolo. Tutto il tratto di terreno ove, in periodi precedenti, si erano eretti dei ricoveri, fu ricoperto di macerie. Presso la baracca dell'ufficiale, che era assicurata alla parete rocciosa mediante funi metalliche, queste si incisero nelle travi per una profondità di 20 cm. Cadaveri deformi vennero proiettati in alto dal suolo e dalle rocce.

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IL CAMBIAMENTO

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LE CONSEGUENZE La mina secondo le previsioni

doveva distruggere la sovrastante massa rocciosa di 26 metri (la I Guglia) e lanciare massi sulle rimanenti due e sui rovesci del Castelletto. In gran parte ciò si verificò.

Ma la mina ebbe anche un effetto non previsto: le pareti del canalone centrale e le sovrastanti rocce si ridussero "come una specie di immenso intonaco sfaldantesi". Gli alpini della 77ª tentarono di lanciarsi nella risalita del canalone senza alcun esito.

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CONSEGUENZE 2° Anche la colonna di minatori che ha tentato di

attraversare d'un balzo la zona del fumo rimane intossicata dal "pojàn": forma di avvelenamento (che i minatori dell'epoca ben conoscevano) si registra un solo caduto e comunque anche da questo lato l'avanzata non risulta possibile.

La squadra dello Scudo, tra pioli delle scale rotti e scale frantumate, impiega più del previsto per giungere nella posizione prevista e qui osservare che:

il filo telefonico è rotto;

le munizioni ed il lanciabombe sono efficienti;

la I Guglia è letteralmente scomparsa e dalle altre due sono sparite le tracce delle postazioni austriache.

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L'ULTIMO SFORZO Dopo vari tentativi le truppe italiane riescono a

conquistare il Castelletto

Una volta libera la Strada delle Dolomiti, il Tarditi avrebbe potuto concentrarsi sul Piccolo Lagazuoi, punto chiave di tutto lo sbarramento Alto Cordevole-Val Parola,

La sua intenzione era quella di occupare prima tutta la linea avanzata austriaca e minacciare così da tergo tutta la linea austriaca.

Da parte austriaca si decise di tenere la linea avanzata solo come punto di osservazione con pochi uomini, ma per ulteriore protezione venne costruita (di notte) una linea intermedia.

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RITORNA L'INVERNO Prima dell'inverno Tarditi meditò

una grande azione contro la forcella tra i due Lagazuoi ma i preparativi portarono via tutto il mese di ottobre ed a novembre l'azione fu resa impossibile dalle abbondanti nevicate.

Il 9 novembre una valanga seppellisce la baracca della mensa ufficiali sotto Col dei Bos

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ESTATE 1917

Nel 1917 non ci furono azioni di rilievo nella zona delle tofane in quanto le truppe furono impegnate nella conquista del Lagazuoi

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EPILOGO Nell'autunno del 1917, grazie alla

ormai perfezionata logistica, i presidi austriaci di Val Travenanzes e Lagazuoi avevano preso tutte le disposizioni necessarie per l'inverno venturo, ma la sera del 3 novembre (a seguito dello sfondamento sul fronte isontino) quasi tutti i presidi della zona furono trasferiti altrove. Le truppe che rimasero vennero inserite nel Gruppo Korzer al fine di incalzare gli italiani in ritirata. Queste truppe rientrarono a Cortina d'Ampezzo la sera del 5 novembre.

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FINE

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BIBLIOGRAFIA

Appunti presi:www.cortinamuseoguerra.it www.lagrandeguerra.net www.frontedolomitico.it

Guerra nelle Tofane: GuidoBurtscherDiavoli sulle Tofane: Luciano Viazzi

Immagini: goggle immagini