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Dipartimento di Scienze Politiche Cattedra di Relazioni Internazionali
GLOBAL GOVERNANCE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE
Prof. Maffettone
Sara Prandi Matr. 065372
CANDIDATORELATORE
ANNO ACCADEMICO 2012/1013
INTRODUZIONE.......................................................................................................- 1 -
1 DEFINIRE LA GLOBAL GOVERNANCE..........................................................- 3 -
1.1 LA NUOVA FRONTIERA DELLA POLITICA.................................................................- 3 -
1.2 LE CARATTERISTICHE DELLA GLOBAL GOVERNANCE..............................................- 5 -
1.3 GLI ATTORI PRINCIPALI DELLA GLOBAL GOVERNANCE..........................................- 8 -1.3.1 Gli Stati............................................................................................................- 9 -1.3.2 Le Organizzazioni Internazionali..................................................................- 10 -Le Organizzazioni Intergovernative........................................................................- 11 -L' Organizzazione delle Nazioni Unite....................................................................- 11 -Le Organizzazioni Non Governative.......................................................................- 13 -1.3.3 Altri attori......................................................................................................- 13 -
1.4 IL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA “SOFT LAW”..................................................- 14 -
1.5 IL PROCESSO DELLA GLOBAL GOVERNANCE: IL MULTILATERALISMO.................- 15 -
2 UN CASO DI APPLICAZIONE DELLA GLOBAL GOVERNANCE: LA SICUREZZA ALIMENTARE.................................................................................- 17 -
2.1 LA FAME NEL MONDO............................................................................................- 17 -
2.2 DEFINIRE LA GLOBAL GOVERNANCE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE.................- 19 -2.2.1 Diritto al cibo.................................................................................................- 20 -2.2.2 L'ambito politico e la FAO.............................................................................- 22 -2.2.3 L'ambito economico e l'OMC........................................................................- 23 -2.2.4 I rapporti tra la FAO e l'OMC.......................................................................- 25 -
2.3 I PROBLEMI POLITICI ED ECONOMICI IN SENO ALLA GOVERNANCE MONDIALE.....- 27 -2.3.1 Lo scenario del mercato mondiale: la crisi del 2007-2008...........................- 27 -2.3.2 L'influenza del settore economico e privato..................................................- 28 -2.3.3 Il problema di un regime complesso..............................................................- 30 -
2.4 PREREQUISITI PER UNA GOVERNANCE EFFICACE..................................................- 31 -2.4.1 La riforma della FAO.....................................................................................- 32 -2.4.2 Il futuro della global governance: la CSA.....................................................- 33 -
CONCLUSIONE.......................................................................................................- 35 -
BIBLIOGRAFIA......................................................................................................- 37 -
SITOGRAFIA...........................................................................................................- 39 -
INTRODUZIONE
“Hunger is not an issue of charity. It is an issue of justice."Jacques Diouf
L'umanità ha sconfitto nemici molto agguerriti nel cammino della propria evoluzione ma ve n'è uno
che sopravvive a qualsiasi progresso e si ripresenta in maniera drammatica in ogni periodo storico:
la mancanza di cibo.
Le più recenti stime della FAO riportano numeri da primato negativo: 870 milioni di affamati nel
mondo, dei quali il 98% vive nei Paesi in via di sviluppo. Tra questi 578 milioni vivono in Asia e
nelle zone del Pacifico e 239 milioni nell'Africa Sub-Sahariana.
Nonostante si creda che dopo tanti anni di impegno e di sforzi di molte organizzazioni
internazionali il problema sia stato superato, la situazione mondiale ci mostra l'opposto. Come
sostiene Jacques Diouf, direttore generale della FAO, è una questione di giustizia. Il cibo deve
essere un diritto, garantito a livello internazionale ad ogni persona nel mondo”.
L'uomo moderno non è forse capace di risolvere questo problema? Sembra un paradosso di questa
nostra società contemporanea quello di avere le conoscenze scientifiche e le tecnologie per potere
ricavare dal nostro pianeta risorse alimentari per tutti i suoi abitanti mentre invece più di una
persona ogni dieci sopravvive in condizioni di gravi carenze alimentari.
Il problema affligge principalmente i Paesi in via di sviluppo, caratterizzati dalla povertà e da
un'economia che non è in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare della popolazione,
nonostante le risorse disponibili.
Perché dunque in un mondo sviluppato e globalizzato la fame rimane una vera e propria catastrofe?
Chi sono gli attori che operano in questo scenario e quali tra loro possono essere ritenuti i
responsabili di questa situazione?
Sono domande complesse e al tempo stesso molto interessanti per chi studia le dinamiche delle
relazioni internazionali. E infatti il problema non è né scientifico né tecnologico, come molti
politologi hanno dimostrato con le loro ricerche e analisi.
I dati riguardanti la fame nel mondo rivelano la debolezza del sistema di governance che agisce in
questo ambito e che non riesce a mettere in atto politiche adeguate a causa della frammentazione
degli sforzi.
In aggiunta a questa condizione di instabilità si rileva una grave responsabilità a carico del settore
economico. E' più che evidente l'influenza del settore economico nelle scelte politiche
1
internazionali, ma potremmo mai immaginarci che sia anche una delle cause principali
dell'inefficienza delle economie nei Paesi in via di sviluppo, dell'incremento dei prezzi del mercato
agroalimentare o della cattiva implementazione di politiche da parte delle organizzazioni
internazionali?
I contenuti di questa tesi si articolano nel terreno delle impostazioni teoriche, delle ricerche di
esperti e delle modalità di funzionamento dei principali stakeholder, alla ricerca degli eventuali
limiti della global governance per la sicurezza alimentare.
Osservando gli attori che si muovono in questo scacchiere internazionale e analizzando i problemi
che si interpongono tra la fame nel mondo e la sua eradicazione, si cercherà anche un diverso
approccio per realizzare un sistema efficace ed efficiente, con l'intento di determinare se il futuro
riservi all'umanità la vittoria di un'altra storica battaglia.
2
1 DEFINIRE LA GLOBAL GOVERNANCE
Abstract: prima di affrontare l’argomento centrale di questo scritto, la governance delle risorse
alimentari nel mondo, a cui è dedicata la seconda parte della tesi, nelle pagine che seguono viene
dato un inquadramento storico-politico alla teoria della global governance. Ci avvicineremo così al
terreno dove affondano le radici di questo sistema di processi e di relazioni tra i paesi e le loro
istituzioni: la gestione dei problemi globali attraverso la cooperazione. La chiave di lettura che è
stata scelta per analizzare l’impianto teorico che sorregge il sistema, è mutuata dalla realtà
contemporanea. Affronterò quindi l’esposizione nell'ottica del nuovo contesto internazionale creato
dalla globalizzazione dell’economia, dei mercati e delle culture. Nei paragrafi di questa prima
parte del lavoro analizzerò poi le componenti nelle quali può essere scomposta la rappresentazione
della global governance, iniziando dagli attori principali quali sono gli Stati e le organizzazioni
internazionali, per poi giungere agli altri stakeholder rappresentati dalla società civile e dalle
imprese multinazionali. Infine, nell'ultima parte del capitolo, descriverò il sistema di norme e di
regole che, nel corso degli ultimi decenni, hanno formato il corpus legislativo su cui si basa
l’attuazione della governance. In egual misura, tratterò del multilateralismo, ovvero del processo
che sostiene le dinamiche decisionali.
1.1 LA NUOVA FRONTIERA DELLA POLITICA
L'ambito di riferimento della global governance si caratterizza nella gestione delle problematiche
transnazionali attraverso la cooperazione internazionale. Non c'è altra alternativa al lavorare
insieme e all'usare il potere collettivo, per creare un mondo migliore. La global governance, venne
definita dalla Commissione sulla global governance1 - creata nel 1992 con il supporto delle Nazioni
Unite - come la somma di tutte le strade utilizzate da individui, istituzioni, pubbliche e private, per
gestire gli affari comuni2. È un processo continuo attraverso il quale i conflitti o i diversi interessi
possono essere accomodati e le azioni cooperative possono essere intraprese.
Non dobbiamo farci condizionare dalla traduzione letterale del termine - che suonerebbe come
governo globale - perché il suo significato intrinseco è piuttosto l'opposto. Infatti, esso si riferisce
alla gestione delle questioni internazionali in assenza di un vero e proprio centro decisionale. La
global governance non tratta di un singolo ordine mondiale bensì della struttura gerarchica di
1 La Commissione sulla global governance è un organismo che è stato istituito nel 1995 al fine di studiare le nuove possibilità di cooperazione internazionale offerte dalla fine della guerra fredda. Ha il compito di indicare i mezzi per riformulare gli accordi di cooperazione internazionale affinché rispondano più efficacemente alle esigenze comuni della popolazione mondiale.
2 The Commission on Global Governance, Our Global Neighborhood, Oxford: Oxford University Press, 1995, Cap. I, p. 1
3
autorità. In altri termini, è una collezione multi-livello di attività, di regole e di meccanismi, formali
e informali, pubblici e privati, presenti nel mondo odierno.
Gli elementi fondamentali di questa modalità di governance internazionale sono gli accordi
cooperativi di problem-solving e le attività che gli Stati e gli altri attori mettono in atto per gestire
tematiche e problemi.
Nonostante la sovranità nazionale sia ancora restia ad affidare competenze ad altri enti, assistiamo a
un discreto numero di esempi di cooperazione internazionale. Abbiamo infatti norme che regolano
la sicurezza marittima e l'inquinamento, esistono meccanismi per la risoluzione di problemi di
salute globale, per combattere l'effetto serra e il riscaldamento globale. Il mondo intero si sta
muovendo per arrivare, seppure a piccoli passi, verso la gestione comune dei problemi
internazionali.
La democrazia, da quella che ebbe origine nelle più antiche polis a quella dei sistemi politici
contemporanei, è stata la più potente tra tutte le idee politiche. La democrazia si è opposta alle
regole arbitrarie, in tutte le loro forme, esprimendo il desiderio dell'auto-determinazione all'interno
di una comunità. Oggi la globalizzazione sta ridefinendo alcuni fondamenti della politica; con
questo termine si intende un set di processi che stanno riformando l'organizzazione dell'attività
umana, estendendo le reti comunicative politiche, economiche, sociali, attraverso regioni e
continenti. Il potere non è più semplicemente stanziato in particolari siti e luoghi geografici, ma è
ramificato e interconnesso in tutto il mondo: quanto succede in un determinato luogo può avere
ripercussioni più o meno dirette in altri Paesi e continenti3. Se la democrazia esprime l'idea
dell'auto-governo in uno spazio delimitato - un territorio locale o nazionale - la globalizzazione si
riferisce alle attività e al sistema di interazioni che determina l'accavallamento delle comunità, delle
città e dei Paesi.
Democrazia e globalizzazione spingono dunque in direzioni diverse. La prima, influenza la gestione
delle attività in territori circoscritti mentre la seconda porta alla creazione di una nuova densa forma
di interazioni che vanno oltre le frontiere nazionali. La globalizzazione è stata accompagnata da una
serie di accordi multilaterali, dalla nascita di istituzioni e regimi sovra-territoriali, da politiche
transnazionali e da interventi in tutti gli aspetti degli affari globali. Possiamo quindi definire la
globalizzazione come il processo storico che ha trasformato, e sta tutt'ora trasformando,
l'organizzazione spaziale delle relazioni e delle transazioni sociali. L'aggettivo che discende da
questo termine viene oggi associato a una pluralità di sostantivi: globalizzazione del mercato, o più
in generale dell'economia, globalizzazione delle informazioni e della cultura, globalizzazione della
storia, globalizzazione della politica.
3 U. Beck, Che cos'è la globalizzazione, Carrocci, Roma, 2003, p. 24
4
L'aspetto che prenderemo in esame in questo capitolo è quello che approfondisce le implicazioni sui
cambiamenti politici.
Un ambito molto tipico della globalizzazione è infatti l'effetto che questa ha provocato
sull'organizzazione politica. Caratteristica fondamentale di questo cambiamento è l'emergere della
politica globale. Gli eventi politici di una parte del mondo possono ramificarsi rapidamente in tutto
il resto del pianeta. L'attività politica concentrata in uno spazio limitato come una città o una
regione può essere incorporata in ampie reti di interazione politica. Di conseguenza, gli sviluppi a
livello locale possono terminare con conseguenze globali quasi istantanee. Siti di azione politica e
di decision-making possono diventare legati tramite rapide comunicazioni in complesse reti di
interazione politica. L'idea delle politiche globali sfida le tradizionali distinzioni tra la sfera
domestica e quella internazionale.
In seguito a tutti questi cambiamenti, ci troviamo quindi in un nuovo contesto della politica.
Le nazioni, i popoli e i movimenti sociali sono collegati da nuove forme di comunicazione. Negli
ultimi due decenni un'ondata di innovazioni tecnologiche, assieme alle trasformazioni delle
tecnologie meno recenti, ha generato infrastrutture globali di comunicazione e trasporto. Esse hanno
prodotto un gran numero di canali di comunicazione che attraversano i confini nazionali estendendo
la gamma e la tipologia delle comunicazioni da e verso tutte le parti del mondo. Inoltre le modalità
contemporanee della comunicazione hanno dato luogo a un intenso sviluppo di concetti, simboli e
immagini che si muovono a velocità molto maggiori rispetto al periodo precedente. L'idea della
politica globale chiama in causa le tradizionali demarcazioni tra interno ed esterno, tra territoriale e
non territoriale, che stanno alla base delle concezioni moderne del politico. Queste categorie
stabilivano una netta distinzione tra i grandi ministeri dello Stato, istituiti per affrontare le questioni
interne, e quelli preposti alle questioni geopolitiche. I problemi globali mettono in luce la ricchezza
e la complessità delle interconnessioni che trascendono gli Stati e la società nell'ordine globale.
Inoltre, oggi la politica globale è ancorata non soltanto ad interessi politici tradizionali - commercio,
potere, sicurezza - ma a una grande varietà di questioni sociali ed ecologiche come, ad esempio,
l'inquinamento, l'approvvigionamento di acqua e il cibo geneticamente modificato.
Queste nuove questioni di politica travalicano le giurisdizioni territoriali e gli schieramenti politici
esistenti e, per una soddisfacente soluzione, richiedono la cooperazione internazionale.
Il rapido aumento di queste questioni e di nuove sfide transnazionali ha dato vita a un sistema
multicentrico di governance, definito dagli studiosi global governance.
1.2 LE CARATTERISTICHE DELLA GLOBAL GOVERNANCE
Cercare di definire il concetto di Global Governance, visto il suo ruolo chiave nelle relazioni
5
internazionali, è un compito che ha impegnato e sta impegnando un gran numero di studiosi. Questo
è reso difficile dal carattere permissivo del termine stesso. Esso viene infatti applicato a una grande
varietà di pratiche differenti in senso disordine, regolazione, sistema di regole e contesto, e di
regolarità nell'arena internazionale4.
Spesso si sostituisce, impropriamente, a quello di governo, altre volte possiede dei significati
definiti, ma dispersi, applicabili secondo i casi alle diverse discipline. Esso infatti può riferirsi alla
condotta delle imprese, alle gestione delle città, al funzionamento di un sistema internazionale o
ancora alla buona governance della Banca Mondiale e al complesso di riforme messe in atto dalla
Unione Europea. Cerchiamo ora di dare una definizione che sia confinata al sistema politico delle
relazioni internazionali e che chiarisca al meglio il concetto.
Nel suo senso generico, la governance rinvia alla capacità di pilotare un sistema e di coordinare
l'azione collettiva5; da ciò consegue l'utilizzo del termine che designa, di volta in volta, un processo,
un modo di gestione o ancora, una modalità di coordinamento e di collaborazione, un congegno per
stabilire delle partnership, sia a livello locale che globale. La governance può anche essere definita
come modalità di organizzazione del potere tramite la cooperazione. Alcuni studiosi infatti
definiscono la global governance come l'unica alternativa possibile alla disgregazione delle strutture
unitarie e compatte di governo. Il contesto politico odierno è caratterizzato dalla complessità e
pluralità di interessi tale per cui il processo decisionale deve essere pensato come un'azione di
governo che nasce dal frutto di una collaborazione, ora asimmetrica, ora paritaria, fra più soggetti,
che pongono in essere una rete di comunicazioni e di processi negoziali continui6.
Il risultato è un sistema policentrico complesso, caratterizzato da una pluralità di soggetti
istituzionali e dalla moltiplicazione dei livelli di governo. Troviamo quindi l' assenza di un governo
mondiale o di uno Stato mondiale, concetto tra l'altro né realista, né auspicabile, almeno fino ad
adesso, perché una super-autorità di tale spessore sarebbe al di là della legittimità democratica e
sarebbe troppo lontana dai problemi quotidiani. La global governance si articola intorno a diverse
forme e livelli di coordinamento, di cooperazione e di scelte collettive sul piano internazionale.
Sono le organizzazioni internazionali che esercitano questa funzione di coordinamento e che
contribuiscono alla formazione di idee globali. Le trattative internazionali rispecchiano questa
volontà di cooperazione che si traduce in sistemi di norme da rispettare e sanzioni, in virtù delle
quali gli Stati assumono degli impegni che li portano ad affrontare i problemi comuni.
Possiamo quindi affermare che i processi decisionali sfuggono dall'ambiente tradizionale dello Stato
e delle organizzazioni intergovernative e l'agenda delle politiche pubbliche è sempre meno definita
4 T. J. Biersteker, Global Governance, New York and London: Routledge Publishers, 2009, p.15 A. Iacovino, Teorizzare la Governance, Aracne, Roma 2005, p. 146 A. Vitale, La forma di Stato democratica, Aracne, Roma 2005, pp. 254-255
6
all'interno dei confini nazionali. Questo succede in particolare poiché le decisioni riguardano
problemi che non interessano più solamente i singoli Stati, ma tutta la comunità internazionale.
Tutti i problemi e le minacce hanno un punto in comune: le si può affrontare in modo adeguato solo
con un'azione globale e coordinata. Questa caratteristica è messa al centro della definizione di
global governance già citata all'inizio di questo capitolo. Nel rapporto “Our Global Neighborhood”
della Commissione sulla Governance Globale è descritta come
“the sum of the many ways individuals and institutions, public and private, manage their common
affairs. It is a continuing process through which conflicting or diverse interests may be
accomodated and co-operative action may be take. It includes formal institutions and regimes
empowered to enforce compliance, as well as informal arrangements that people and institutions
either have agreed to or percive to be in their interest”7.
In questa definizione sono significativamente affiancati due piani diversi: il primo guarda alla
governance come ad un processo di tipo cooperativo finalizzato al raggiungimento di obiettivi
condivisi; il secondo guarda la governance come ad un particolare relazionarsi tra istituti capaci di
produrre strutture organizzative e decisionali efficienti. L'interazione delinea reti globali in grado di
operare in autonomia dalla politica tra Stati.
Infatti ciò che caratterizza il processo della global governance, è la presa di coscienza del fatto che
una vera cooperazione passi attraverso la limitazione o la cessione di una parte della sovranità degli
Stati. Costretti a cooperare, perfino le grandi potenze devono accettare una limitazione della propria
sovranità. L'Unione Europea è indubbiamente l'esempio più positivo di una sovranità “condivisa”
nella quale l'azione congiunta ed il rafforzamento delle capacità di risoluzione dei problemi sono
vantaggiosi per tutti. La global governance, fondata su un sistema di relazionali vicino a quello del
quadro mondiale, prova che il significato tradizione della sovranità nazionale, già eroso dalla
globalizzazione economica, è diventato parte un modello di relazioni internazionali superato dai
tempi.
La global governance costituisce quindi una risposta che è politica e procedurale alla crisi prodotta
dalla globalizzazione in questo contesto.
La globalizzazione ha dato vita a un “mondo multipolare”, caratterizzato dalla formazione continua
di raggruppamenti politici, economici e sociali, di tipo globale.
Tutte le regioni del mondo diventano progressivamente delle zone di cooperazione e di
integrazione. La global governance può contare su queste aree regionali di cooperazione e farne le
sua struttura organizzativa.
7 The Commission on Global Governance, Our Global Neighborhood, cit., Capitolo I, p. 4
7
Un'ulteriore caratteristica della global governance è il fatto che essa non si limita ai soli governi e
alle organizzazioni internazionali. Il complesso sistema istituzionale vive una nuova e turbolente
era: instabilità, complessità e frammentazione sono elementi con cui il moderno Stato-nazione si
confronta e che deve imparare a gestire8. Infatti vi sono numerosi settori coinvolti, sia tra quello
pubblico che tra quello privato, come per esempio le multinazionali e le istituzioni internazionali.
Tra questi attori globali figurano le società transnazionali i cui mezzi finanziari superano a volte il
prodotto nazionale di molti in paesi in via di sviluppo come anche le reti organizzate delle società
civile di cui fanno parte le organizzazioni non governative di sviluppo.
1.3 GLI ATTORI PRINCIPALI DELLA GLOBAL GOVERNANCE
Sempre più, dunque, global governance è il concetto che si va diffondendo tra le discipline delle
scienze politiche.
Abbiamo già detto che da un punto di vista analitico, la global governance rigetta la tradizionale
concezione stato-centrica delle politiche mondiale e dell'ordine mondiale. Essa è multilaterale, nel
senso che è costituita da, e attraverso, il coinvolgimento di alcuni principali infrastrutture di
governance: i sovrastati (come il sistema dell'ONU) – di tipo regionale (UE, MERCOSURE,
ASEAN) oppure transnazionale (società civile, reti di business) – e il sostrato (associazioni delle
comunità). Schiacciato tra questi diversi strati, troviamo anche il singolo governo nazionale. Questo
suo carattere pluralistico non implica però la distribuzione di un'uguale porzione del potere fra tutti i
partecipanti bensì, più semplicemente, la concezione che l'autorità politica sia decisamente
frammentata. Ha anche una geometria variabile, in quanto i centri politici sono di volta in volta
considerevolmente differenti in funzione della tematica. È per tale motivo che il sistema strutturale
è definito complesso, in quanto composto da diverse agenzie e reti con una notevole diffusione
spazio-temporale. Questa pluralità di soggetti è diventata sempre di più un insieme di siti cruciali
per connettere tra loro le diverse infrastrutture di governance, legittimandone le decisioni.
In breve possiamo dire che la global governance implica la prospettiva di una molteplicità di attori
sulle politiche del mondo.
Lo Stato unitario ha lasciato il posto allo Stato disgregato e alle nuove reti di interazione tra i
governi. Queste reti assumono molte forme e svolgono funzioni diverse, annunciando una nuova era
di cooperazione transgovernativa con finalità regolatrici9.
Le reti di regolazione sono uno strumento fondamentale per adeguarsi e rispondere alle sfide
sempre più incalzanti dell'era dell'informazione; attraverso di esse il potere politico viene
8 J.N.Rosneau, Turbolence in World Politics: a Theory of Change and Continuity, Princeton University Press, New York, 1990, p.134
9 M. Hardt, A. Negri, Empire, Harvard University Press, 2000, part.2
8
rimodellato. Le nuove tecnologie dell'informazione infatti hanno contribuito a determinare
l'espansione delle reti di attività tra i cittadini, tra le associazioni sindacali, le OIG e le ONG, che
ora condividono forme alternative di potere con i governi.
L'organizzazione gerarchica dei governi è sempre più inadeguata per gestire e regolare le nuove
divisioni delle risorse economiche, sociali e culturali. Anche se non è facile immaginare entità
politiche che possano competere con l'attaccamento emotivo a un paesaggio, a una storia nazionale,
a una lingua e a una bandiera condivisa, stanno emergendo nuove identità geografiche e funzionali
che sfidano l'egemonia dello Stato in questi ambiti. Lo sviluppo di nuove forme di organismi
politici e di regolazione può essere illustrato da diversi fenomeni, compreso ovviamente il rapido
emergere di organizzazioni multilaterali e di agenzie transnazionali. Nuove forme di politica
multilaterale e globale si sono affermate coinvolgendo i governi, quando invece all'inizio del XX
secolo si contavano solamente una manciata di tali organizzazioni. Inoltre, sono aumentati in modo
impressionante i trattati internazionali in vigore e i sistemi normativi internazionali, formali e non,
che hanno modificato il contesto politico e giuridico entro il quale operano gli stati.
Analizziamo ora più nello specifico i singoli attori.
1.3.1 Gli Stati
Nonostante tutte le considerazioni portate avanti nei paragrafi precedenti, gli Stati continuano ad
essere gli attori principali della Global Governance. Essi danno vita a molti degli altri attori e
portano avanti un gran numero di attività. Solo gli Stati possiedono la sovranità, la quale gli è stata
storicamente data non solo sul territorio e sulla popolazione, ma anche sul potere delegato alle
istituzioni internazionali. Gli Stati creano le OIG e gestiscono il loro mandato, creano il diritto
internazionale e determinano la sua effettività, facendolo fallire o diventare prassi. Visto il grande
numero di Stati presenti nel sistema internazionale, stimato a più di 190, la loro importanza relativa
varia. Gli Stati più potenti e più grandi svolgono un ruolo maggiore rispetto ai più piccoli. Gli Stati
Uniti, in particolare, hanno utilizzato il loro ruolo predominante dopo la Seconda Guerra Mondiale
per dare forma alla struttura e alle norme del sistema internazionale. Nonostante questo, però,
oggigiorno gli USA non possono più vantare questo primato poiché una sola superpotenza non è più
in grado di dominare le molte parti e i vari attori della Global Governance10.
Il gran numero di Stati in via di sviluppo, ad esempio, anche se singolarmente piccoli o deboli,
insieme racchiude un grande potere poiché essi sono in grado di formare coalizioni capaci di
influenzare le decisioni di politica internazionale. In aggiunta, gli Stati odierni non possono più
essere considerati attori unitari, possono non agire sempre come un'unica voce nella global
10 M. P.Karns, K. A. Mingst, International Organizations: the politics and processes of global governance, Lynne Rienner Publishers, 2010, p.256
9
governance. Sempre più spesso attori subnazionali, come le province e i governi locali, partecipano
a negoziati internazionali di economia, all'implementazione di politiche ambientali e a iniziative per
la promozione dei diritti umani, agendo anche indipendentemente dai rispettivi governi nazionali.
Anche se gli Stati continuano a svolgere un ruolo fondamentale all'interno della global governance,
i loro governi stanno condividendo il potere politico, economico, sociale e di sicurezza, con le
organizzazioni internazionali e con una moltitudine di altri attori. Il potere è quindi sempre meno
concentrato negli Stati e si sta diffondendo tra i molteplici attori della governance.
1.3.2 Le Organizzazioni Internazionali
A fianco degli Stati operano le Organizzazioni Internazionali, parti attive del processo decisionale
della Global Governance. Per “organizzazione internazionale” intendiamo le entità organizzative
strutturate alle quali fa riferimento un panel di membri chiaramente definito e alle quali è affidata
una missione e/o un’azione di presenza internazionale. Le loro finalità istitutive risiedono molto
spesso nel contesto del pubblico interesse, ma possono anche essere create per obiettivi specifici.
Le organizzazioni internazionali si sviluppano principalmente dalla necessità delle nazioni e dei
governi di avere un forum neutrale dove dibattere e prendere in considerazione interessi che, per
loro natura o estensione, non trovano efficace tutela a livello del singolo Stato. Esse descrivono e
definiscono i loro scopi negli statuti o in altri documenti di fondazione. Esistono quindi sulla base di
molteplici obiettivi, incluso ma non limitato, quello di incrementare le relazioni internazionali.
Si distinguono due diversi tipi di organizzazioni internazionali: le organizzazioni intergovernative
(OIG) e le organizzazioni non governative (ONG). Il criterio distintivo fondamentale è relativo alla
loro composizione: i membri delle prime devono essere soggetti di diritto internazionale, come per
esempio Stati o altre organizzazioni intergovernative; i membri delle seconde sono invece enti o
singoli individui.
La nascita delle organizzazioni internazionali risale agli anni immediatamente successivi alla fine
del secondo conflitto mondiale. Inizialmente concepite quali luoghi privilegiati all'interno dei quali
gli Stati potevano svolgere attività diplomatiche, esse hanno assunto oggi un ruolo attivo e
sostanzialmente autonomo all'interno del sistema internazionale. Il multilateralismo dell'ordine
internazionale, la globalità dei temi da affrontare, l'interdipendenza degli ambienti istituzionali
hanno comportato la devoluzione alle OIG di ambiti di competenza in precedenza appartenuti alle
singole sovranità nazionali, sempre più penetranti, dando luogo a forme di governo reticolare del
sistema internazionale, agente attraverso gli strumenti normativi della soft law.
Le Organizzazioni Intergovernative
Gli studiosi delle relazioni internazionali hanno visto a lungo le OIG primariamente come agenti dei
10
loro Stati membri. Dopo tutto, le OIG sono formate dagli Stati e gli Stati ne garantiscono le
responsabilità e danno loro l'autorità per agire. Ancora, quando parliamo delle OIG come attori,
spesso ci riferiamo ai membri del segretariato che, asserviti alla comunità internazionale, svolgono
un ruolo chiave, ma spesso invisibile, nel convincere gli Stati ad agire, coordinando gli sforzi dei
differenti gruppi, provvedendo alle abilità di diplomazia necessarie per assicurare accordi e
l'effettività dei programmi.
Questi individui si occupano della comunità internazionale, lavorano per promuovere quelle che
loro vedono come le “giuste politiche” o per proteggerle dagli Stati che hanno interessi contrastanti.
Spesso, devono rispondere a nuove sfide e crisi, cambiando le loro missioni e riformulando nuovi
programmi e procedure. Le OIG hanno risorse, incluso denaro, cibo, armi e informazioni. Molte
OIG svolgono ruoli importanti nell'analizzare e nell'interpretare le informazioni dando ad esse il
significato che è in grado di provocare azioni. Sono numerosi gli studiosi contemporanei che stanno
concentrando le loro analisi sul ruolo delle OIG come attori nello scenario internazionale.
Ad eccezione di casi come quello dell'Unione Europea, che possiede un'autorità sopranazionale
capace di scavalcare gli Stati membri, ad una prima osservazione il potere delle OIG è
relativamente limitato in termini di possibilità di assicurare decisioni. Normalmente però molte
delle azioni delle OIG assumono forma di raccomandazioni. La loro effettività risiede quindi nella
volontà dei soggetti coinvolti di trasformarle in prassi adottate. Il loro potere di persuasione è infatti
basato in massima parte su principi morali, ovvero sui valori che le OIG hanno spesso creato con
finalità di garanzia e protezione, come nel caso dei diritti umani o del mantenimento di condizioni
di pace internazionale.
A un successivo livello di osservazione, le OIG appaiono non solo come strumenti a disposizione
degli Stati, ma attori che hanno il potere di influenzare gli eventi del mondo e, in alcuni casi, anche
l'autorità per agire. L'autorità delle OIG risiede nella loro abilità nel presentarsi come soggetti
impersonali e neutrali, che non esercitano il potere ma servono la comunità internazionale. Il
bisogno di essere visti in questo modo diventa cruciale per la loro efficacia.
L' Organizzazione delle Nazioni Unite
Tra le organizzazioni internazionali il maggior centro di implementazione delle politiche della
Global Governance è sicuramente l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
L'ONU è stata creata nel 1945 con un programma più ambizioso di quello della storicamente
precedente Società delle Nazioni; tra gli osservatori iniziali ci fu chi pronosticava una vita
altrettanto grama ma, sia pure tra molte difficoltà, la sua autorità è andata consolidandosi e il suo
raggio di azione si è esteso.
Fu creata all'indomani della Seconda Guerra mondiale per non permettere più che una guerra di tali
11
dimensioni si potesse ripetere. Sin fonda sul principio di azione collettiva come elemento base della
sicurezza., A più riprese la Carta delle Nazioni Unite abbozza le funzioni di una organizzazione che
si presume essere al cuore della global governance, sia dal punto di vista socioeconomico che dal
punto di vista politico.
Gli scopi assegnati all'ONU sono tre:
1. mantenere la pace e la sicurezza internazionale, anche con efficaci misure collettive atte a
prevenire e reprimere le minacce alla pace, gli atti di aggressione e le altre violazioni della pace,
salvando le future generazioni dal flagello della guerra;
2. conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di
carattere economico, sociale, culturale e umanitario;
3. promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per
tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua e religione11.
Gli organi dell'ONU sono il Consiglio di Sicurezza – composto da rappresentanti di quindici stati, di
cui cinque con seggio permanente e con diritto di veto (Cina, Francia, Inghilterra, Russia, Stati
Uniti) – l'Assemblea Generale, il Consiglio economico e sociale, la Corte di Giustizia, il
Segretariato Generale. L'organizzazione dell'ONU comprende una lunga serie di uffici, competenti
per settori distinti di attività12.
Quando uno Stato diviene Membro delle Nazioni Unite, esso stabilisce di accettare gli obblighi
dello Statuto ONU, ovvero uno specifico trattato internazionale che fissa i principi fondamentali
delle relazioni internazionali. Le Nazioni Unite non sono un governo mondiale e non legiferano.
Esse, tuttavia, forniscono i mezzi per aiutare a risolvere i conflitti internazionali e formulano
politiche appropriate su questioni di interesse comune. Alle Nazioni Unite tutti gli Stati membri -
grandi e piccoli, ricchi e poveri, con differenti visioni politiche e diversi sistemi sociali - fanno
sentire la propria voce e votano per dar forma alle politiche della comunità internazionale.
Le Organizzazioni Non Governative
Come le organizzazioni intergovernative, anche le organizzazioni non governative sono attori
fondamentali della global governance. La crescita dei network delle organizzazioni internazionali, a
partire dagli anni '80, è stato un fattore chiave dello sviluppo della loro partecipazione alla
governance a tutti i livelli.
Esse sono organizzazioni volontarie formate da individui che vogliono raggiungere lo stesso scopo,
e spesso sono orientati al bene comune. Questo però non è sempre vero, poiché sono considerate
11 Preambolo della Carta delle Nazioni Unite, disponibile http://www.un.org/en/documents/charter/preamble.shtml12 Informazioni generali sull'ONU, disponibili su http://www.unric.org/it/informazioni-generali-sullonu
12
parte di questo gruppo anche le organizzazioni terroristiche e la mafia. La grande maggioranza delle
migliaia di gruppi di interesse, che si contano oggi nei diversi paesi di tutto il mondo, non fanno
parte delle reti formali ma dispongono di legami informali con organizzazioni; pensiamo al caso
delle ONG per lo sviluppo e i diritti umani dove operano soggetti come Human Rights Watch e
CARE. Grazie ai legami con queste organizzazioni, i gruppi possono ottenere risorse economiche da
destinare ai loro programmi locali.
Internet, le e-mail e il fax sono gli strumenti ormai fondamentali per la mobilizzazione delle ONG
rendendole capaci di accedere ad aree dove i governi e le OIG hanno oggettivamente più lentezza
ad arrivare. Le ONG sono diventate risorse chiave dell'informazione e dell'expertise tecnica in una
grande varietà di campi internazionali: dall'ambiente ai diritti umani e alla lotta alla corruzione. Qui
come in altri settori svolgono un ruolo decisivo. Nella maggioranza dei casi le ONG si organizzano
attorno ad aree molto specifiche, mentre altre volte si occupano di problemi come i diritti umani, la
pace nel mondo o le questioni ambientali.
1.3.3 Altri attori
Oltre alle ONG vi sono altri attori non statali, che hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo dei
procedimenti della global governance. Tra essi troviamo le reti e le coalizioni transnazionali,
formali e informali, tra le ONG e i gruppi che lavorano su problematiche comuni. Queste reti sono
dedicate alla promozione di specifiche cause. Tra queste possiamo citare Third World Network,che
si occupa di sviluppo, soprattutto ambientale e in generale dei problemi del Terzo Mondo, e
Landmine Survivors Network, che fornisce supporto alle vittime delle mine.
Di questi attori fanno parte anche gli esperti, designati dai governi, dagli istituti di ricerca, dalle
organizzazioni internazionali, specializzati in campi e tematiche particolari.
Un ruolo fondamentale, sopratutto visto lo stretto legame che intercorre tra l'ambito politico e
quello economico, è tenuto dalle multinazionali. Questo termine indica corporazioni private che
lavorano in due o più Stati con lo scopo di trarre profitto. Le maggiori imprese multinazionali
possono avere budget maggiori di quelli delle economie dei paesi in via di sviluppo (PVS) in
cui operano; tali imprese giocano un ruolo importante nei processi di globalizzazione e hanno una
forte influenza sulle relazioni internazionali degli stati coinvolti, poiché ne influenzano
l'economia13. Tra le maggiori citiamo Nike, Shell Oil Company e Sony.
Sempre di più nel nuovo contesto della politica globale hanno acquista un grande potere i
movimenti sociali. Essi sono coalizioni generalmente informali di individui e organizzazioni 13 G. Barba Navaretti, A. J. Venables, Le multinazionali nell'economia mondiale, Il Mulino, Bologna 2006
13
dedicate ai maggiori cambiamenti sociali. Dobbiamo sottolineare che nell'era moderna questi
movimenti stanno diventando sempre più influenti, e questo va di pari passo con la crescita di
importanza dell'opinione pubblica. Essa infatti può influenzare in maniera decisiva i procedimenti
della Global Governance mettendo in rilievo alcune questioni o domandando risoluzioni a questioni
specifiche.
Tra tutti gli attori che abbiamo citato ne troviamo alcuni più importati e più influenti e altri che
invece fondano la loro forza sulla possibilità di operare pressioni politiche sui veri protagonisti.
Ognuno di essi però, concorre e partecipa alla formazione della global governance e del suo
carattere complesso.
1.4 IL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA “SOFT LAW”
La global governance e tutte le azioni da essa derivanti sono regolate dal sistema di norme del
Diritto Internazionale. Gli studiosi stanno sempre maggiormente riconoscendo l'importanza delle
norme nelle relazioni internazionali e nei procedimenti della global governance.
Il diritto internazionale include un corpo di norme legali e principi che si applicano tra gli Stati e
anche tra questi e altri attori, inclusi la società civile e le altre organizzazioni internazionali. Gli
studiosi una volta sostenevano che il diritto internazionale non potesse essere considerato diritto
nel vero senso della parola, poiché non c'era una forza internazionale che garantisse la sua messa
in pratica e non vi erano sanzioni in caso di disubbidienza. Con il crescere dell'uso del diritto
internazionale queste argomentazioni sono diventate meno forti. Gli Stati, anche se sovrani, non
sono liberi di comportarsi come desiderano. Le norme internazionali stabiliscono infatti
comportamenti da usare anche all'interno degli stessi confini nazionali, limitando cosi la libertà
dello Stato sovrano. Anche se tutt'oggi non esiste un corpo di polizia internazionale, è condiviso da
quasi tutta la comunità internazionale che seguire queste norme porti benefici a tutti.
Lo scopo del diritto internazionale si è espanso fin dal 1960. Anche se lo statuto della Corte
Internazionale di Giustizia riconosce cinque fonti del diritto (trattati o convenzioni, pratiche
abituali, scritti di studiosi legali, decisioni giuridiche e i principi generali) la crescita maggiore è
avvenuta in seno ai trattati. Tra il 1951 e il 1995 sono stati firmati 3.666 nuovi trattati multilaterali14.
Le norme del diritto internazionale derivano dalla prassi degli Stati stessi e determinano aspettative
comuni e standard di comportamento appropriato per i vari attori, in particolare per gli Stati15.
Le norme possono variare in forza: alcune sono cosi “interiorizzate” negli Stati da essere difficili da
riconoscere, a meno che non incorra una violazione. Altre invece sono deboli, contestate oppure 14 M. P.Karns, K. A. Mingst, International Organizations: the politics and processes of global governance, cit., p. 715 The Commission on Global Governance, Our Global Neighborhood, cit., cap. VI, p. 1
14
emergenti. Spesso le convenzioni internazionali propongono doveri non vincolanti per gli Stati e, in
questi casi, le norme vengono definite con il termine di “soft law”. Esempi di soft law includono i
diritti dei lavoratori, il concetto di beni comuni applicato all'alto mare, allo spazio e alle regioni
polari, e anche il concetto di sviluppo sostenibile. Generalmente il grado di formalizzazione
determina la forza di una regola, specialmente quando è fatta legalmente vincolante. La soft law
può essere utilizzata nel momento in cui un accordo formale non sia possibile. Questo tipo di
convenzioni è molto importante poiché, anche se non da vita ad azioni concrete può creare norme e
principi comunemente accettati dagli Stati. In particolare la soft law ha come vantaggio di essere
facile da negoziare, più flessibile, essa lascia aperta la possibilità di negoziazioni più formali nel
futuro.
1.5 IL PROCESSO DELLA GLOBAL GOVERNANCE: IL MULTILATERALISMO
Gli strumenti della politica internazionale all'interno della Global Governance sono le negoziazioni
multilaterali. Con questo termine si identificano i processi di negoziazione diplomatica attraverso i
quali la comunità internazionale conferisce legittimità politica o accetta i principi generalizzati.
John Ruggie, professore di Relazioni Internazionali alla Harvard's Kennedy School of Government,
sostenne che “il multilateralismo si riferisce alle relazioni di coordinazione tra tre o più Stati in
comune accordo con certi principi”16. Quindi, queste relazioni sono definite da regole e principi
stabiliti. I partecipanti si aspettano che i risultati diano all'incirca uguali benefici nel tempo. Al
contrario, il bilateralismo produce reciprocità specifiche e pressoché bilanciate - ma non
necessariamente uguali - scambiate tra le parti nel tempo.
Come noto, prima del XX secolo il multilateralismo era assai poco diffuso. Il XIX secolo era stato
caratterizzato dallo sviluppo di un numero di unioni internazionali sempre maggiore. Il cosiddetto
“concerto dell'Europa” fu l'inizio di una serie di raduni periodici delle grandi potenze Europee. Il
XX secolo vide accelerarsi il passaggio dalla diplomazia bilaterale a quella multilaterale
specialmente attraverso le organizzazioni formali, con la conseguente crescita delle conferenze
diplomatiche. Quello che rende il multilateralismo del XXI secolo diverso da quello del post guerra
è la sua complessità. Gli Stati si sono quadruplicati dal 1945 e, di conseguenza, un maggior numero
di Stati induce un diverso tipo di diplomazia dal punto di vista qualitativo.
L'elemento caratteristico di questa diplomazia è che opera tra gruppi o coalizioni di attori Stato. Un
grande numero di Stati significa anche un maggiore numero di regole, interessi, problemi e
16 M. P.Karns, K. A. Mingst, International Organizations: the politics and processes of global governance, cit., p. 68
15
gerarchie. Inoltre, il problema principale per molte Organizzazioni Intergovernative (OIG)
oggigiorno è come arrivare ai risultati migliori incorporando nei processi della Global Governance
anche attori non Stato. L’insieme di questi fattori rende sempre più complessi i processi di decision-
making. Gestire la complessità è diventata una delle più grandi sfide della attuale GG.
16
2 UN CASO DI APPLICAZIONE DELLA GLOBAL GOVERNANCE: LA
SICUREZZA ALIMENTARE
Abstract: in questa seconda parte del lavoro affronto un’analisi della global governance applicata
al problema universale della sicurezza alimentare, cercando di indagare su come possa contribuire
a eliminare la fame nel mondo. Dapprima fornirò alcune definizioni delle variabili più
caratteristiche, in particolare la sottonutrizione, per presentare il contesto di riferimento
internazionale nella quale la governance si trova ad agire. Successivamente, analizzerò le teorie a
suffragio del considerare la sicurezza alimentare come un diritto umano imprescindibile e le
ripercussioni che questo produce sulla assunzione di una rilevanza politica di livello
internazionale. Nei paragrafi che seguono descriverò poi i due ambiti fondamentali per la
governance – quello politico e quello economico – con il fine di dimostrare l’opportunità delle
scelte di collaborazione internazionale, senza compromessi, come unica via di implementazione
efficace delle politiche. Presenterò anche i due protagonisti nei rispettivi ambiti: la FAO e l'OMC.
Nel seguito, partendo dalle sinergie che si sono venute a stabilire tra queste due organizzazioni,
analizzerò alcuni problemi che attualmente affliggono la global governance per la sicurezza
alimentare, collocandoli nel contesto reso ancora più critico dalla crisi agricola del 2008.
Infine, come sintesi della osservazione delle diverse criticità, viene delineata una possibile
evoluzione dello scenario che potrebbe rendere più efficace l’attuazione di una governance per la
sicurezza alimentare.
A conclusione del lavoro, riporterò un sintetico excursus delle riforme che i soggetti di riferimento
stanno mettendo in atto a livello internazionale per apportare i correttivi necessari a massimizzare
l’efficacia delle politiche.
2.1 LA FAME NEL MONDO
Durante la Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sull'Alimentazione, tenutasi a Roma nel
novembre 1974, i 2.000 delegati partecipanti si posero l'obiettivo di sradicare completamente la
fame nei successivi dieci anni. Da allora sono passati quasi quarant'anni eppure, ancora oggi, sono
più di 870 milioni gli individui che, secondo le stime della FAO, soffrono la fame17. Questa cifra
rappresenta però solo una parte dei miliardi di persone la cui salute, il cui benessere e la cui vita
sono messi a repentaglio dalla malnutrizione. Un bambino su cinque nei paesi poveri nasce di peso
inferiore alla norma e 5 milioni di essi muore prima di raggiungere i cinque anni di età.
Un panorama assai poco incoraggiante, come evidenziato dalla FAO al Vertice mondiale
17 Dati e grafici disponibili su http://www.fao.org/economic/ess/ess-fs/fs-methods/fs-methods1/en/
17
sull'Alimentazione del giugno 2002. Nonostante il progredire dell'umanità la fame nel mondo non è
diminuita, se non molto lentamente e sono molti i paesi in cui il numero di persone denutrite è
addirittura in aumento18.
La FAO definisce la sottonutrizione come “la continua impossibilità a ottenere abbastanza cibo”19.
Inoltre, dobbiamo considerare il tipo di vita e, sopratutto le condizioni di lavoro, che queste
popolazioni portano avanti per sopravvivere, solo così possiamo avere una chiara visione della
situazione dei sottonutriti. Molti compiono lavori fisici pesanti portati avanti anche per 12-14 ore al
giorno e, fra di essi, molti sono bambini. Se patita nel corso dell'infanzia, la fame rallenta la crescita
fisica e psichica dell'individuo, compromettendo le sue capacità di apprendimento scolastico e
quindi le possibilità di ottenere un reddito sufficiente in età adulta; se il fenomeno è diffuso, le
ripercussioni su un'intera nazione diventano incontrollabili. La situazione del continente africano è
sicuramente la più drammatica: nella fascia sub-sahariana la malnutrizione cronica coinvolge più
del 40 % della popolazione20.
Il riscontro più sconvolgente è che la causa di questa realtà non è da ricercarsi nella mancanza di
cibo. Le risorse della terra, considerate globalmente, sono in grado di nutrire tutti i suoi abitanti, il
cibo disponibile pro-capite a livello mondiale è aumentato nel corso degli ultimi anni. Sempre
secondo le stime FAO, in media nel mondo sono disponibili oltre 2.700 calorie alimentari a testa,
abbastanza da soddisfare il bisogno energetico di tutti21. Dunque, il fatto che la fame e la
sottoalimentazione continuino ad esistere è legato principalmente alle inique condizioni di accesso
al cibo.
La liberalizzazione dei mercati agricoli e della produzione agroalimentare nei paesi poveri comincia
all'inizio degli anni '90 - sotto forma di misure vincolanti gli aiuti allo sviluppo - e si rafforza dopo
la conclusione dell'Uruguay Round22. Si impone ai paesi poveri di aprire le proprie barriere doganali
per facilitare l'importazione di prodotti agricoli di consumo quotidiano e si sostengono, dall'altra
parte le loro esportazioni agroalimentari a coltura estensiva (caffè, tè, cotone).
In altre parole, i paesi del Sud sono costretti a comperare dall'estero quello che mangiano e a
produrre a basso costo prodotti agroalimentari per i mercati occidentali. Vi è dunque un legame
18 Appello FAO - la fine della malnutrizione deve essere una priorità [4.06.2013, Roma], disponibile su http://www.fao.org/news/story/it/item/177215/icode/
19 FAO, Food security methodology, disponibile su http://www.fao.org/economic/ess/ess-fs/fs-methods/fs-methods1/en/20 Dati e grafici disponibili su http://www.fao.org/economic/ess/ess-fs/fs-methods/fs-methods1/en/ 21 P. L. Pellet, Ecology of Food and Nutrition, Gordon and Breach Science Publishers 1993, vol 30, pag 222 Negoziato nell'ambito del GATT avviato nel 1986 a Punta del Este (Uruguay) e voluto dagli USA per estendere la
liberalizzazione degli scambi dal settore delle merci a quello dei servizi, facendovi così rientrare banche, assicurazioni, telecomunicazioni.
18
molto stretto tra gli squilibri alimentari e le politiche agricole mondiali.
In primo luogo, questa situazione è aggravata dal peso del debito estero che i Paesi in via di
sviluppo devono sostenere e dal degrado ambientale che ha causato una progressiva riduzione delle
terre coltivabili portando all'inquinamento di fiumi e terreni, stravolgendo in gran parte l'ecosistema
e penalizzando il settore agricolo. In secondo luogo, la crescita della popolazione ridurrà
ulteriormente la disponibilità di terre e renderà più pressante il bisogno di intensificare la
produzione agricola, problema presente già oggi poiché la sua crescita è inferiore rispetto
all'aumento demografico.
In questo contesto di insicurezza alimentare, Graziano da Silva, direttore generale della FAO, ha
dichiarato che anche se qualche progresso è stato fatto, la strada da percorrere è ancora lunga.
Occorre lottare fino a quando fame e malnutrizione non saranno del tutto eliminate23.
2.2 DEFINIRE LA GLOBAL GOVERNANCE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE
La global governance - come evidenziato nel primo capitolo di questa tesi - è il processo
istituzionalizzato attraverso il quale attori governativi e non governativi implementano azioni a
livello transazionale con lo scopo di risolvere problemi che affliggono più di uno Stato e di una
regione.
È questa la prospettiva più corretta per collocare la questione della sicurezza alimentare mondiale
che, per molti analisti e osservatori, si può considerare uno degli obiettivi principali della comunità
internazionale24.
La fame nel mondo, infatti, è un problema che esula dall'ambito delle singole politiche locali e
interessa invece le relazioni multilaterali. È quindi, a pieno titolo, uno dei temi centrali della
global governance.
La sicurezza alimentare è intesa, nella sua accezione più ampia, come la possibilità di garantire in
modo costante e generalizzato acqua e alimenti per soddisfare il fabbisogno energetico di cui
l'organismo necessita per la sopravvivenza e la vita, in adeguate condizioni igieniche. Esiste anche
una definizione istituzionale, comunemente accettata a livello internazionale, proposta dal World
Food Summit nel 1996; essa descrive una situazione in cui “tutte le persone, in ogni momento,
hanno accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che
garantiscano le loro necessità e preferenze alimentari per condurre una vita attiva e sana”25.
23 Appello FAO- la fine della malnutrizione deve essere una priorità [4.06.2013 Roma], disponibile su http://www.fao.org/news/story/it/item/177215/icode/
24 Document politique du Sommet sur le développement durable [Johannesburg, 2002], disponibile su http://wwwv1.agora21.org/johannesburg/rapports/declaration-onu.pdf
25 Rome Declaration on Food Security, 1996 disponibile su http://www.fao.org/wfs/index_en.htm
19
La fame è chiaramente legata alla situazione di povertà degli individui; essa deriva, in primo luogo,
dalle sperequazioni economiche e sociali che caratterizzano la maggior parte dei paesi in via di
sviluppo26.
L'agricoltura è stata a lungo dimenticata nelle agende politiche e i dibattiti, da ormai molto tempo,
si sono concentrati maggiormente sugli effetti dei problemi piuttosto che sulle cause scatenanti.
È solo in tempi molto recenti che lo sviluppo rurale è ritornato ad essere oggetto dell'interesse
internazionale; sicuramente da quando gli studi sul potenziale di produzione alimentare hanno
dimostrato che esso può garantire a tutta l'umanità l'accesso a un livello sufficiente di
alimentazione.
Il primo passo per cercare di risolvere questa situazione è darle l'importanza che merita. La
condizione di insicurezza alimentare non può essere considerata come un semplice problema; essa
deve essere al vertice dell'agenda politica internazionale e l'accesso al cibo deve essere considerato
come un vero e proprio diritto umano.
2.2.1 Diritto al cibo
Durante il Vertice del Millennio, indetto dalle Nazioni Unite nel settembre del 2000, sono stati
assunti da tutte le nazioni del mondo gli 8 obiettivi del millennio, finalizzati ad uno sviluppo più
equo, rispettosi dei diritti umani e dell'ambiente, da realizzare entro il 2015.
L'obiettivo n.1 mira ad eliminare la povertà estrema e la fame nel mondo; esso prevede infatti di:
- dimezzare la percentuale di popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno
- dimezzare la percentuale di popolazione che soffre la fame.
Questo obiettivo può essere considerato come l’applicazione pratica di un diritto che deve essere
garantito ad ogni individuo: il diritto al cibo.
Il diritto al cibo è “il diritto di ogni uomo, donna e bambino, individualmente e insieme con la
propria comunità, di avere accesso fisico ed economico in ogni momento ad un cibo adeguato o ai
mezzi necessari per procurarsene nel rispetto della dignità umana”27.
Non mancano numerosi altri documenti internazionali che affermano come il cibo sia un diritto. La
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, ad esempio, all'articolo 25 sancisce che: “ogni
individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della
sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione al vestiario, all'abitazione, e alle cure
26 T. Nagant “La faim n'est pasune fatalité”, RTB, 2009, p. 627 Commento Generale n 12 del Comitato dei diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite
20
mediche e ai servizi sociali necessari...”28.
Il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966, all'articolo 11, invece
afferma che: “i paesi facenti parte del Patto riconoscono il diritto di ognuno ad un adeguato standard
di vita....incluso il cibo adeguato...”29.
E così pure la Dichiarazione di Roma sulla Sicurezza alimentare mondale del 1996, che dichiara:
“Noi Capi di Stato e di governo...riaffermiamo il diritto di ogni persona ad avere accesso ad
alimenti sani e nutrienti, in accordo con il diritto ad una alimentazione appropriata e con il diritto
fondamentale di ogni essere umano di non soffrire la fame”30.
Questa concezione del diritto al cibo del diritto internazionale trova un riscontro legislativo nel
diritto pubblico nazionale, possiamo infatti trovare questo diritto iscritto nelle costituzioni di un
gran numero di Stati. Possiamo quindi sostenere che questa visione del cibo come diritto sia diffusa
nella comunità internazionale. Il diritto al cibo deve quindi essere considerato un diritto umano e
deve essere messo in pratica attraverso leggi, al fine di renderlo effettivo.
Per garantire questa situazione vi sono alcuni elementi chiave che sono considerati indispensabili.
Primo fra tutti la disponibilità. Essa richiede, da un lato, che il cibo sia disponibile sia come risorse
naturali sia attraverso la produzione, dalla coltivazione delle terre e dall’allevamento o attraverso
altri metodi, come la pesca e la caccia. Dall’altro lato, significa che il cibo deve essere disponibile
nella catena distributiva composta da negozi e supermercati. Seconda caratteristica fondamentale è
l’ accessibilità, che richiede che accessi al cibo - economici e fisici - siano garantiti.
L'accesso economico garantisce che il cibo venga venduto a un prezzo sostenibile. Gli individui
devono essere in grado di procurarsi il cibo per una dieta adeguata senza compromettere il loro
equilibrio economico e senza dover rinunciare ad altri bisogni primari, come l'istruzione o la salute,
ad esempio.
Con “accessibilità fisica” si intende invece che il cibo deve essere accessibile a tutti, inclusi gli
individui fisicamente vulnerabili, come i bambini, i malati e le persone disabili.
Infine, deve essere sempre garantita anche l’adeguatezza, nel senso che il cibo deve soddisfare gli
standard necessari per una dieta equilibrata e salubre, prendendo in esame le condizioni di ogni
individuo31.
Il cibo deve poi essere sicuro e sano, ovvero non deve contenere sostanze dannose o contaminate.
28 Dichiarazione dei diritti umani, 1948, disponibile su http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_ Translations/itn.pdf
29 Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, 1966, disponibile su http://www.onuitalia.it/diritti/patti1d.html
30 Dichiarazione di Roma sulla Sicurezza Alimentare, 1966 disponibile su http://www.fao.org/docrep/MEETING/005/Y7106E/Y7106E09.htm#P_1
31 Olivier de Schutter, Right to Food, disponibile su http://www.srfood.org/index.php/en/right-to-food
21
Il diritto al cibo impone a tutti gli Stati obblighi non solo verso le persone che vivono sul territorio
nazionale ma anche riguardo le popolazioni degli altri Stati. Questo implica quindi che il diritto al
cibo possa essere pienamente realizzato solo se effettivo sia a livello nazionale che
internazionale. Solo andando in questa direzione si possono compiere passi efficaci per garantire la
sicurezza alimentare.
Per convincersi della necessità di queste procedure di azioni globali, sia a livello nazionale che
internazionale, bisogna prima decifrare gli attuali meccanismi di gestione della situazione
alimentare mondiale.
Il problema dell'accesso al cibo deve essere trattato in due prospettive d'analisi differenti. Bisogna
infatti adottare un approccio multidimensionale che guardi i due lati del fenomeno: l'ambito
economico e l'ambito politico.
2.2.2 L'ambito politico e la FAO
Il ruolo delle istituzioni e delle loro politiche nell'esaminare le cause della povertà e della
malnutrizione nel mondo è forse l'azione più importante e decisiva per individuarne le soluzioni e
per l'avvenire del pianeta.
Il fenomeno della povertà e della malnutrizione generale è il risultato di un insieme di complessi
fattori interdipendenti; questo ha indotto Kofi Annan, politico e diplomatico ghanese e segretario
generale delle Nazioni Unite fino al 2006, ad affermare che:
“Good governance is perhaps the single most important factor in eradicating poverty and promoting
development”32.
Il primo impegno sul piano politico internazionale è stata la creazione della FAO.
La FAO è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Food and
Agriculture Organization). È una agenzia specializzata dell’ONU, con il mandato esplicito di
sensibilizzare, coordinare, promuovere ed attuare politiche internazionali per combattere la fame nel
mondo, aumentare la produttività agricola, migliorare le condizioni di vita - soprattutto alimentari -
delle popolazioni rurali nei paesi più arretrati e contribuire alla crescita economica globale.
La FAO afferma infatti che:
“Achieving food security for all is at the heart of FAO's efforts - to make sure people have regular
access to enough high-quality food to lead active, healthy lives. FAO's mandate is to raise levels of
nutrition, improve agricultural productivity, better the lives of rural populations and contribute to
32 R. Birner, Improving governance, eradicate hunger and poverty, IFPRI, 2007
22
the growth of the world economy”33.
La formazione della FAO risale al 1945 a Città del Quebec in Canada, e attualmente è composta da
190 Stati più l'Unione Europea. L'organo principale è la Conferenza plenaria dei Paesi membri, che
dirige la FAO e decide dell'utilizzo dei fondi stanziati dai Paesi industrializzati e dalle banche in
questo particolare settore. Il suo compito è anche quello di eleggere il direttore generale che, di
fatto, coordina le attività della FAO; attualmente l'incarico è tenuto dal senegalese Jacques Diouf.
La FAO può essere definita come un grande forum, un luogo di confronto e di dialogo, di
definizione di azioni comuni e programmi globali, coordinati e condivisi. Dal punto di vista
operativo fornisce assistenza tecnica nello sviluppo del settore agro-alimentare e nella formulazione
di politiche per la riduzione della fame. Assiste i Paesi anche nella pianificazione economica e nella
stesura di bozze di legge e di strategie nazionali di sviluppo rurale.
Malgrado le numerose difficoltà inerenti a un ordine mondiale più interessato a preservare gli
interessi delle grandi potenze, la FAO ha svolto e svolge tuttora un ruolo fondamentale in favore
dell'iscrizione del problema della fame mondiale nell'agenda internazionale.
La strategia della FAO consiste nel dare vita a progetti a lungo termine per garantire la sicurezza
alimentare e la conservazione delle risorse naturali. Le soluzioni sono cercate per il futuro, non solo
per il presente, i progetti messi in atto, infatti, si concentrano sulle necessità della popolazione
attuale ma senza dimenticare le condizioni ambientali che influiranno su quella futura.
Nell'epoca attuale la FAO è considerata il più importante tribunale politico internazionale per tutti i
problemi legati alla fame nel mondo.
2.2.3 L'ambito economico e l'OMC
L'ambito politico non può discostarsi dalla sfera economica che costituisce lo sfondo ad ogni azione
politica. Questi due ambiti sono ancora più collegati tra di loro quando si parla di sicurezza
alimentare, e questo per diversi motivi. Accanto agli sforzi della FAO di mettere in atto politiche di
sviluppo volte a migliorare le condizioni agricole e alimentari dei Paesi in via sviluppo è infatti
necessario l'intervento dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, l'OMC.
L'OMC, conosciuta soprattutto con la definizione inglese di World Trade Organization (WTO), è
un'organizzazione internazionale creata allo scopo di supervisionare numerosi accordi commerciali
tra gli Stati membri. Vi aderiscono 157 paesi a cui si aggiungono 30 paesi osservatori che
rappresentano circa il 97% del commercio mondiale di beni e servizi.
L'OMC è stata istituita il 1 gennaio 1995.33 Informazioni generali sulla FAO disponibili su http://www.fao.org/about/who-we-are/en/
23
Obiettivo generale dell'OMC è quello dell'abolizione o della riduzione delle barriere tariffarie al
commercio internazionale; il mercato preso in considerazione non è solo quello dei beni
commerciali, ma anche dei servizi e delle proprietà intellettuali34.
L'OMC oggi raggruppa tutti gli Stati che credono nel libero scambio, che hanno l'intenzione di
cooperare per raggiungere obiettivi elevati, quali per esempio il miglioramento delle condizioni di
vita della popolazione, lo sviluppo sostenibile, la protezione dell'ambiente, la soddisfazione dei
bisogni dei paesi in via di sviluppo. Questo deve essere raggiunto attraverso l'elaborazione di
programmi riguardanti il “facilitare la messa in pratica, l'amministrazione e il funzionamento dei
diversi accordi commerciali”, al fine di sorvegliare le politiche commerciali nazionali degli Stati
membri e di “cooperare con le oltre organizzazioni internazionali per migliorare la coerenza
nell'elaborazione dei politiche economiche nel mondo”35.
In generale, l'OMC e un gran numero di paesi esportatori sostengono che la liberalizzazione del
commercio possa migliorare la sicurezza alimentare per due ragioni: direttamente, rendendo più
facile per gli alimenti in surplus viaggiare verso i Paesi bisognosi e indirettamente, fornendo ai
Paesi in via di sviluppo migliori possibilità di accesso al mercato. In quest'ottica ciò stimolerà la
crescita economica e quindi ridurrà l'insicurezza alimentare36. A questa visione le istituzioni del
sistema ONU e numerosi paesi in via di sviluppo hanno aggiunto che la liberalizzazione del
commercio potrebbe anche aggravare lo stato di insicurezza alimentare, se i Paesi negoziatori,
infatti, non avranno la capacità di frenare le importazioni alimentari, esse potrebbero avere effetti
catastrofici sulla produzione nazionali. Riconciliare il commercio con il diritto alla sicurezza
alimentare è un obiettivo difficile, che può essere raggiunto solo eliminando le contraddizioni tra
l'OMC e il sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite.
L'OMC ha quindi il compito di implementare normative in riguardo al commercio internazionale e
allo stesso tempo può essere considerato un forum negoziale per la risoluzione delle dispute
internazionali in materie commerciali.
Alla fine degli anni novanta i movimenti no-global hanno mosso numerose proteste contro l'OMC e
le sue politiche. Essi partono dall'idea che l'OMC promuova la globalizzazione dell'economica ed il
libero commercio, da loro considerati come fattori negativi per le economie dei Paesi in via di
sviluppo e per l'ambiente in generale. I trattati che furono raggiunti in questi ambiti sono stati
spesso accusati di privilegiare le multinazionali e le nazioni sviluppate senza tener conto delle
34 Informazioni generali sull'Organizzazione Mondiale del Commercio disponibili su http://www.wto.org/ english/thewto_e/whatis_e/who_we_are_e.htm
35 Pubblicazione dell'OMC http://www.wto.org/french/thewto_f/secre_f/div_f.htm36 Karen Hansen-Kuhn, Food security and the WTO, 2011, disponibile su http://www.fpif.org/articles/food_security_and_the_wto
24
conseguenze che possono verificarsi nei Paesi arretrati. Questi movimenti hanno anche criticato
l’utilizzo che le potenze internazionali – in particolare Stati Uniti, Unione Europea e Giappone -
fanno dell’OMC, accusandoli di servirsene per esercitare un’eccessiva influenza sugli Stati membri
più deboli.
Anche se l'OMC ha introdotto un'innovazione nel panorama internazionale, ci troviamo ancora
lontani da una global governance efficace a causa delle numerose controversie e dei conflitti
d'interesse sempre presenti nell'ambito economico. Possiamo considerare che l'OMC, attraverso la
sua dottrina multilaterale, costituisca un forum più democratico rispetto alle istanze bilaterali,
considerato che queste ultime vedono confrontarsi Paesi di taglie ineguali.
Inoltre, l'OMC è ancora lontano dal divenire efficace a causa del ruolo di leadership detenuto dagli
Stati Uniti, gli approcci preliminari vedono infatti la possibilità consultarli in via preventiva, anche
se sono numerosi gli attori che iniziano a contestare questo ruolo.
2.2.4 I rapporti tra la FAO e l'OMC
La FAO e l'OMC non sono gli unici attori della global governance per la sicurezza alimentare ma
con le loro politiche possono essere considerati i due maggiori protagonisti. In particolare queste
due organizzazioni collaborano per implementare azioni efficaci. Infatti, esistono importanti
sinergie tra la FAO e l'OMC nell'ambito del commercio agricolo. La FAO dispone di un' expertise
in un grande numero di ambiti specializzati, che possono essere utilizzate dai membri dell'OMC37.
Una delle principali competenze della FAO è di sorvegliare continuamente l'approvvigionamento
alimentare mondiale. L'Organizzazione è ugualmente incaricata di fornire statistiche e di valutare la
situazione della sicurezza alimentare nel quadro delle disposizioni e dei differenti accordi
sull'agricoltura redatti dall'OMC. Tutti questi soggetti sono ugualmente d'interesse diretto del
Comitato dell'OMC sull'agricoltura.
La FAO ha attirato l'attenzione sulle regole commerciali multilaterali che possono contribuire alla
sicurezza alimentare e allo sviluppo dei Paesi arretrati. I Paesi esportatori più avanzati e più
concorrenziali, che esportano i loro prodotti verso i paesi in via di sviluppo possono beneficiare dei
mercati agricoli meno protetti nel mondo, al contrario i Paesi meno avanzati hanno più difficoltà a
beneficiare della riduzione delle distorsioni sui mercati internazionali38.
Per questi Paesi, una più grande sicurezza alimentare significherà principalmente un aumento della
produzione alimentare locale. La maggior parte degli investimenti necessari nelle infrastrutture e
37 Pubblicazione della FAO, The FAO-WTO relationship, disponibile su http://www.fao.org/docrep/003/X3452E/x3452e03.htm
38 Pubblicazione Povertà e disuguaglianze http://www3.unisi.it/criss/download/poverta_disuguaglianze.pdf
25
nella ricerca avranno degli effetti di distorsione sul commercio. Inoltre, secondo la FAO, questi
Paesi avranno bisogno di flessibilità nell'uso delle politiche per i prodotti individuali per migliorare
la sicurezza alimentare, le condizioni di vita e dello sviluppo rurale.
Sempre secondo le valutazioni della FAO, la liberalizzazione degli scambi agricoli può portare a dei
miglioramenti mondiali che aiutano a ridurre la fama e la povertà. Ma questi vantaggi non saranno
distribuiti equamente e uniformemente tra i diversi Paesi.
Per alcuni di questi un'apertura eccessiva dei mercati agricoli nazionali alla concorrenza
internazionale, prima che i mercati domestici e i lavori di sostegno delle infrastrutture siano
adeguati a sostenere la competizione, potrà comportare degli svantaggi. La FAO raccomanda una
strategia a due stadi affinché i paesi in situazioni di insicurezza alimentare approfittino pienamente
del commercio. Da una parte, è necessario inizialmente investire nelle zone rurali per accrescere la
loro produttività e la loro competitività, in particolare nella produzione alimentare per i mercati
locali. Questi investimenti possono avere degli effetti multipli, con lo scopo di migliorare la
capacità dei Paesi in questione alla partecipazione all'economia internazionale. Degli altri
ammortizzatori economici e sociali sono necessari per proteggere i più vulnerabili contro gli shock
dei mercati e per permettere ai poveri di avere delle opportunità economiche per le imprese.
La FAO ha lanciato un appello ai Paesi membri dell'OMC per stabilire delle regole commerciali che
contribuiranno alla riduzione della fame e della malnutrizione nel mondo e a far avanzare il mondo
verso un sistema di commercio dei prodotti agricoli equo-solidali e più sensibili ai problemi di
sviluppo. Questa battaglia sembra sempre più severa. L'opposizione radicale dell'OMC e delle
istituzioni finanziarie internazionali, a ogni misura politica che vogliono ridurre l'influenza della
speculazione finanziaria e la privatizzazione delle risorse produttive, costituiscono un ostacolo alla
realizzazione del diritto alla sicurezza alimentare e all'alimentazione39.
Si tratta di rimettere in questione il dogma neo-liberale e tecnocratico di cui l'OMC è il portatore,
che vede il cibo come un prodotto analogo ad ogni altro, in favore di un approccio che vede il cibo
prima di tutto come un diritto umano fondamentale.
2.3 I PROBLEMI POLITICI ED ECONOMICI IN SENO ALLA GOVERNANCE MONDIALE
In un contesto di global governance per la sicurezza alimentare così strutturato molti sono i
problemi che si riscontrano, sia dal punto di vista politico che economico. Queste situazioni devono
essere risolte al più presto perché la governance possa occuparsi di una reale cooperazione, che
prenda in considerazione anche i Paesi più poveri, per l'elaborazione e l'applicazione di decisioni 39 Sala stampa FAO – “La FAO al WTO: la liberalizzazione del commercio può promuovere la sicurezza alimentare”,
disponibile su http://www.fao.org/newsroom/it/news/2005/1000191/
26
mondiali. Certe azioni della politica nazionale e internazionale sono state denunciate poiché hanno
contribuito non al miglioramento della fame nel mondo ma anzi hanno aggravato la situazione, esse
sono state implementate seguendo i paradigmi del profitto e della liberalizzazione del commercio.
La situazione di insicurezza alimentare è stata gravemente influenzata dalla crisi alimentare
scoppiata alla fine del 2007, che ha dimostrato in maniera lampante le sinergie che esistono tra
l'ambito economico e quello politico.
2.3.1 Lo scenario del mercato mondiale: la crisi del 2007-2008
La situazione internazionale di insicurezza alimentare è stata aggravata d una crisi agro-alimentare
che ha provocato alla fine del 2007 una grande volatilità dei prezzi40. Questa condizione ha reso
ancora più inefficaci le politiche messe in atto dagli attori e ha reso evidente la necessità di
rinnovare e di migliorare la governance per la sicurezza alimentare.
La crisi finanziaria che si è verificata nello stesso periodo, ha reso maggiore la volatilità dei prezzi,
facendoli prima crescere rapidamente poi diminuire in modo altrettanto repentino41. Questa
circostanza di fatti ha colto di sorpresa tanto le economie quanto i Paesi stessi e ha condotto a
reazioni che hanno aggravato la situazione. La crisi del settore agro-alimentare è stata causata da
variazioni non prevedibili nei fondamentali di mercato, come per esempio nei costi e nei volumi
della produzione, nella domanda e nei fattori macroeconomici.
Le contromisure pubbliche che sono state implementate per contromisure pubbliche che sono state
implementate per contrastare la crisi hanno mostrato i limiti dell'attuale sistema dei mercati
regolamentati, limite della più grande trasparenza d'efficacia. In questo contesto l'incredibile
rapidità della crescita dei prezzi è stata particolarmente difficile da gestire, causando delle
conseguenze drammatiche per le popolazioni più deboli, in particolare dei Paesi in via di sviluppo. I
disequilibri che hanno avuto luogo hanno influenzato sia la domanda che l'offerta dei prodotti
agricoli. In più, in aggiunta alle variabili tradizionali che determinano la formazione dei prezzi sui
mercati, sembrano emergere dei nuovi fattori. In primo luogo, l'instabilità dei prezzi si può spiegare
con il nuovo potere d'acquisto rappresentato dai Paesi emergenti. Collegati a queste ragioni
possiamo trovare anche i cambiamenti nelle consumazioni alimentari di questi Paesi, in particolare
l'aumento della consumazione di carne, tipico della dieta dei Paesi occidentali. Inoltre i
cambiamenti climatici hanno influenzato i mercati provocando dei cattivi raccolti. La domanda dei
Paesi importatori è aumentato, l'offerta dei Paesi esportatori è diminuita e questo ha provocato un
40 A. Sarris, I fattori alla base dell'incremento di variabilità dei prezzi agricoli, Agriregionieruopa, 2009 disponibile su http://www.agriregionieuropa.univpm.it
41 Maria Sassi, Crisi finanziaria e crisi alimentare: nuove sfide per i paesi in via di sviluppo, disponibile su Agriregioni Europa http://www.agriregionieuropa.univpm.it/dettart.php?id_articolo=488
27
aumento dei prezzi agricoli.
Un'altra causa che si può trovare è la speculazione sulle commodity agricole nel mercato. Il Fondo
monetario internazionale e l'Organizzazione mondiale del commercio hanno raccomandato che le
risorse agro-alimentari fossero inserite sui mercati commerciali e nel libero scambio. In questa
situazione certi Paesi a economia sviluppata hanno anticipato la crescita dei prezzi limitando la
messa sul mercato dei prodotti, considerando questo settore come lucrativo. Dall'altra parte i Paesi
importatori hanno sofferto di queste azioni economiche, dipendendo dalle economie dei Paesi
esportatori per nutrire le proprie popolazioni hanno visto il loro potere d'acquisto diminuire a causa
dell'innalzamento dei prezzi. La volatilità dei prodotti agricoli è la conseguenza dell'assenza dei una
regolazione dei mercati, dovuti al libero mercato e al non intervento degli Stati, questi situazione
inoltre non ha avuto soluzioni a causa delle difficoltà di implementazione di politiche da parte della
global governance per la sicurezza alimentare.
Per quanto riguarda le previsioni sull'avvenire di questa crisi del mercato agro-alimentare, possiamo
dire che sicuramente occorrerà del tempo prima che la situazione ritorni a livelli normali. Malgrado
i prezzi siano scesi dai vertici toccati nel 2008 e la produzione mondiale che sta rispondendo
positivamente alla crisi, il declino dei prezzi potrebbe scoraggiare gli agricoltori dall'incrementare la
produzione e i governi dagli investimenti produttivi. Nel complesso la conclusione è che il mercato
mondiale dei prodotti alimentari è destinato a rimanere volatile nei prossimi anni, è quindi
maggiormente necessario che la global governance sia in grado di far fronte ai problemi
dell'insicurezza alimentare aggravati dalla crisi del mercato agro-alimentare.
2.3.2 L'influenza del settore economico e privato
Le decisioni che influenzano la situazione di sicurezza alimentare della popolazione di un Paese
coinvolgono molte forze sociali: lo Stato, l'economia e la società civile. Il risultato dei negoziati è
influenzato dalle relazioni di potere, spesso complicate, tra questi gruppi,
A partire dagli anni '80 tra tutti questi attori, le istituzioni finanziarie internazionali hanno dominato
la global governance per la sicurezza alimentare. L'ingerenza del settore economico, in particolare
della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, ha drasticamente tagliato lo spazio
decisionale dei governi nazionali, influenzando le decisioni e le regolamentazioni dell'agricoltura.
Questa ingerenza è diventata ancora più notevole in seguito alla creazione dell'Organizzazione
Mondiale del Commercio nel 199542. Il risultato di questa situazione è stato una riduzione dello
spazio di azione del sistema dell'ONU, orientato maggiormente verso la difesa dei diritti umani e di
42 McKeon, Global governance for world food security: a scorecard four years after the eruption of the “food crisis”, cit, pp. 5-6
28
beni comuni piuttosto che verso la finanza e il mercato. I sostenitori del libero mercato hanno
inoltre affermato che la crescita economica e l'integrazione del mercato globale costituissero la
ricetta infallibile per risolvere tutti i problemi globali, inclusa la fame nel mondo.
Quindi, la lotta per raggiungere la sicurezza alimentare è stata minimizzata a un obiettivo di
sviluppo generale, quasi come risultato ovvio alle decisioni in ambito economico. La rapida crescita
del potere di questo settore, a discapito di quello politico, influenzava il sistema della governance
alimentare, integrandolo e facendolo dipendere dall'ambito economico.
La prima svolta in questo contesto guidato dalle pretese e dal profitto economico fu nel 2008
quando la Banca Mondiale ammise nel suo World Development Report: agriculture for development
che aveva fatto un errore strategico nel negare l'importanza dell'agricoltura come motore di
ricerca43. Arrivarono allo stesso risultato anche altre istituzioni e in questa atmosfera di
ripensamento istituzionale l'eruzione della crisi alimentare nel tardo 2007-2008 rivelò altre
mancanze nella global governance. In assenza di un corpo globale e autoritario per le questioni
alimentari le decisioni in questo fragile contesto vennero portate avanti da istituzioni internazionali
come l'OMC e la Banca Mondiale, insieme agivano i gruppi delle potenze economiche come il
G8/G20, e gli attori economici come le corporazioni transnazionali e gli speculatori finanziari. La
crisi alimentare portò alla messa in atto di numerose iniziative internazionali tra cui la riforma della
Commissione sulla Sicurezza Alimentare.
La crisi alimentare e il concomitante focus sul cambiamento climatico hanno modificato i
paradigma dominanti e lo stesso sistema di governance. Si è diffusa l'idea che il mercato globale
abbia fallito nell'assicurare una situazione di sicurezza alimentare nei Paesi in via di sviluppo. La
società civile e i movimenti popolari hanno iniziato ad acquistare importanza e a promuovere
alternative, incentrate sulla sostenibilità. Essi hanno un impatto notevole sulle politiche dei governi
e sono stati resi credibili in molte istituzioni globali. La globalizzazione ha facilitato e promosso
l'intervento della società civile nella global governance, rendendola a pieno titolo un ulteriore attore.
2.3.3 Il problema di un regime complesso
A questo punto delle considerazioni sulla global governance per la sicurezza alimentare appare
chiaro come il numero di attori che ne fanno parte sia elevato e come ciascuno di essi cerchi di far
prevalere i propri interessi. Possiamo sostenere che proprio questa caratterista sia un ulteriore grave
problema della governance.
43 Banca Mondiale, World Development Report 2008: Agriculture for Development, 2007, disponibile su http://wdronline.worldbank.org
29
L'applicazione delle dinamiche della governance globale che stiamo analizzando, non è un
meccanismo debole in sé. Il problema è piuttosto che il sistema è fortemente frammentato; l'autorità
per la sicurezza alimentare è distribuita tra un discreto numero di attori internazionali, ognuno dei
quali ha propri obiettivi e orientamenti politici preferenziali. Un sistema frammentato di questa
natura è definito anche un regime complesso. Nel caso della sicurezza alimentare, la complessità è
caratterizzata dai conflitti delle regole tra le istituzioni internazionali differenti; è anche considerata
come uno degli ostacoli maggiori alla realizzazione della coerenza della politica globale sulla
sicurezza alimentare.
La causa principale della mancata messa in atto di politiche efficaci si trova quindi sicuramente
nella attuale architettura della global governance. Essa è incoerente e opaca. Inoltre è fortemente
condizionata, come abbiamo visto, dal peso degli interessi del settore privato e dalla sue politiche,
inadeguate e a volte addirittura controproducenti nel combattere la fame e la malnutrizione. Le
istituzioni come la FAO e l'IFAD (International Fund for Agricultural Development) hanno approcci
che pongono l'attenzione sulla sicurezza alimentare, sulla povertà rurale e sui diritti, ma hanno
meno potere delle istituzioni economiche. Oltre a questi attori troviamo nella global governance
molte altre agenzie collegate più o meno dirittamente ai blocchi sopracitati ed è come risultato a
tutto questo che abbiamo un sistema definibile complesso. I paesi dell'ONU inoltre possono essere
dichiarati responsabili di un multilateralismo caotico. Differenti ministri partecipano a forum
globali differenti con differenti posizioni e le loro posizioni sono più deboli dei quelle delle loro
controparti che agiscono nel campo economico. L'impatto del settore privato sulle tematiche
ambientali è solo un esempio delle difficoltà di rafforzare il controllo da parte delle politiche
pubbliche. Come già evidenziato in precedenza, il settore privato ha lavorato con impegno per
ricavarsi uno spazio sempre maggiore nella global governance, e vi è riuscito44.
La nascita dell'OMC poi, ha dato un ulteriore impulso alla frammentazione del sistema; si sono
infatti sviluppate delle reti tra le prime vittime della globalizzazione e della liberalizzazione. Tra
questi gruppi, i principali sono stati i movimenti sociali rurali. I forum della società civile giocavano
un ruolo fondamentale affiancando i due World Food Summit organizzati dalla FAO nel 1996 e nel
2002. Gli organizzatori di questi forum a differenza dei meeting dominati dalle ONG avevano come
scopo di assicurare condizioni favorevoli ai piccoli produttori e alla popolazione indigena.
I movimenti rurali si aggregavano intorno alla FAO poiché sentivano che l'organizzazione avrebbe
potuto costituire un'interessante forum politico inter-governamentale, un'alternativa alle istituzioni
di Bretton Woods e all'OMC. Essa rappresentava infatti una governance più democratica e più
44 McKeon, Global governance for world food security: a scorecard four years after the eruption of the “food crisis”, cit p.10
30
universale, ciascuno Stato possedeva un voto, vi era la missione specifica di eradicare la fame con il
focus sull'agricoltura, un mandato che includeva un forte ruolo normativo e un'apertura alla
partecipazione della società civile e dei movimenti rurali.
L'unica iniziativa internazionale, della quale parleremo più approfonditamente in seguito, che ebbe
un'importanza globale e che andò piuttosto in senso contrario a questa frammentazione del sistema
fu lo sforzo audace di trasformare la Commissione sulla Sicurezza Alimentare della FAO (CSA) in
un forum di politiche decisive. L'ufficio del CSA aprì il processo di riforma a tutti gli attori. In
questo modo, le organizzazioni dei piccoli produttori agricoli, insieme alle organizzazioni ONG
furono in grado di interagire con i governi su una base di uguaglianza e diedero un contributo
fondamentale alla riforma. La trasparenza delle proposte scritte e gli incontri faccia-a-faccia,
favorirono la comprensione reciproca tra i diversi attori.
Inoltre, possiamo dire che forse la crisi alimentare e l'instabilità dei prezzi hanno fornito lo scenario
migliore per rendersi conto delle mancanze della governance. La corrente domanda di strategie e
istituzioni della comunità internazionale in reazione alla crisi alimentare provvede a una opportunità
politica significante. È questo il momento giusto per mettere sotto osservazione le strutture della
global governance odierna per mettere in atto una riforma efficiente ed effettiva.
2.4 PREREQUISITI PER UNA GOVERNANCE EFFICACE
Cerchiamo ora di analizzare quali possono essere le caratteristiche fondamentali che un sistema di
global governance dovrebbe possedere per riuscire a superare gli ostacoli che hanno bloccato gli
sforzi passati nel combattere la fame nel mondo45.
Per cominciare, essa deve essere basata su dei principi e dei valori condivisi. Essi devono essere
una parte fondamentale della governance, in modo tale da fornire una base comune all'azione di
tutti gli attori, una finalità ultima alla quale tendere e che legittimi l'azione stessa. Questi valori
possono essere identificati nei diritti scritti sulla Carta delle Nazioni Unite, nella Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani, tra i quali troviamo quelli su cui si dovrebbe fondare la global
governance per la sicurezza alimentare, ovvero il diritto al cibo, l'equità tra gli Stati, la difesa dei
beni comuni per questa generazione e le prossime. Questi principi devono essere sviluppati,
applicati e rispettati da tutti gli attori coinvolti nella governance.
In aggiunta a questo, un sistema di global governance più efficace richiede necessariamente rispetto
per un processo politico che sia inclusivo, legittimato e democratico. Una governance per la
sicurezza alimentare più legittimata ha bisogno di essere ancorata a un forum internazionale al quale 45McKeon, Global governance for world food security: a scorecard four years after the eruption of the “food crisis”, cit, pp. 14-15
31
tutti i governi possano partecipare in egual modo e il quale sai aperto a tutti gli attori coinvolti. In
particolare esso deve essere aperto alla partecipazione fondamentale dei paesi maggiormente affetti
dall'insicurezza alimentare, essi sono in prima linea nella ricerca di soluzioni e sono i diretti
interessati delle decisioni stesse. La governance deve essere uno spazio multilaterale dove gli attori
sociali possano influenzare i processi di decision-making che coinvolgono il loro sviluppo. Essa
deve avere un'autorità tale da adottare le decisioni di politica generale, che dovranno poi essere
imposte e applicate da tutti gli attori. Le relazioni tra le differenti parti del sistema devono essere
trasparenti e controllabili in una visione politica democratica. Inoltre la governance deve essere
multi-settoriale. Essa deve integrare nutrizione, salute, ambiente, mercato e agricoltura in un
contesto politico economico.
È essenziale ridare al cibo un ruolo centrale e d'importanza primaria all'interiore dell'agenda politica
e economica internazionale. Questo significa che la global governance dovrà strutturasi e essere
governata in maniera più chiara. Un approccio multilaterale e trasversale ai soggetti della sicurezza
alimentare è necessario. Questo implica l'unione di tutti gli attori pubblici e privati direttamente e
indirettamente legati al settore agroalimentare in un solo sistema di governance.
2.4.1 La riforma della FAO
Per iniziare a dare vita a una global governance che sia migliore e soprattutto efficace, è necessario
implementare delle riforme specifiche delle organizzazioni internazionali che esistono già,
inizialmente in seno alla FAO. Questa riforma ha come punto fondamentale l'innovazione. Da un
lato infatti s'impone per adattarsi all'evoluzione del contesto mondiale, e dall'altro per introdurre dei
cambiamenti nelle strutture interne all'organizzazione.
Una delle prime azioni che deve essere messe in pratiche è l'aumento del budget, questo è
necessario al fine di creare un più vasta gamma di servizi e programmi. La FAO deve modificare le
sue priorità per rinforzare la sua efficacia, la riforma implica infatti anche una modifica della
struttura di base dell'organizzazione.
Un'analisi obiettiva del lavoro della FAO ha messo in luce certe lacune e debolezze ai quali il
processo di riforma deve rimediare46. L'organizzazione è risultata eccessivamente frammentata e
dispersa, e questo le impedisce di concentrarsi sui campi chiave e sulla capacità di ottenere dei
risultati di alta qualità. La FAO è apparsa troppo centralizzata e una parte importante del suo
personale troppo stanziata alla sede centrale, lontana cioè dai problemi da risolvere. I lunghi iter
burocratici rallentano poi l'implementazione delle politiche inficiandone l'efficacia.
46Pubblicazione FAO, Atouts et faiblesses internes de la FAO, disponibile su http://www.fao.org/docrep/x4104f/x4104f05.htm
32
Tra gli ulteriori limiti dell'organizzazione è emerso il non tenere sufficientemente conto
dell'evoluzione delle capacità nazionali di gestione dello sviluppo agricolo e non utilizzare
proficuamente le conoscenze specializzate e le risorse umane disponibili localmente al fine di
mettere in atto azioni che rinforzino le capacità e riducano i costi. Il dialogo di fondo tra gli Stati
membri, e tra questi e la FAO, è risultato insufficiente. Se anche solo una parte di questi riscontri
può essere considerata attendibile, e non vi è motivo per non crederlo, appare chiaro come sia
necessario mettere in atto dei netti cambiamenti; essi devono rendere la FAO un'organizzazione che
sia in grado di gestire l'attuale situazione di insicurezza alimentare e allo stesso tempo di dialogare
con tutti gli attori presenti nel contesto internazionale.
2.4.2 Il futuro della global governance: la CSA
Un attore fondamentale che si sta facendo sentire, per importanza e efficacia, negli ultimi anni è la
Commissione sulla Sicurezza Alimentare della FAO. Questo organismo è un multi-attore con tutte
le caratteristiche fondamentali per occupare un posto centrale nel sistema di global governance per
la sicurezza alimentare, affiancato dalla FAO riformata.
La CSA, creata nel 1974, è un organismo inter-governamentale che funge da tribunale per l'esame
delle politiche relative alla sicurezza alimentare. Nel 2009 è stato lanciato un processo di riforme in
seno a questo organismo al fine di permettere ad altre parti di partecipare al dibattito mondiale. La
CSA è diventato la base internazionale dove i differenti attori possono collaborare per riformare la
sicurezza alimentare e far fronte alla fame nel mondo. Appare ormai evidente l'importanza di fare
della CSA un attore imprescindibile della global governante per l'agricoltura, la sicurezza
alimentare e la nutrizione.
In occasione del rinnovamento dell'ordine agricolo mondiale proposto dal direttore generale della
FAO, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, aveva affermato che gli
investimenti sulla sicurezza alimentare devono essere accompagnati da una buona governance e che
il coordinamento delle organizzazioni internazionali è essenziale per completare e rafforzare le
iniziative multilaterali e bilaterali esistenti47.
La riforma si è concentrata in particolare su due parole chiave, governance e coordinamento, a
livello nazionale e internazionale.
Inoltre le proposte messe in atto per il rinnovo si sono incentrate sulla caratteristica della maggiore
inclusione. Nella Commissione ci si propone di accogliere non solo gli Stati membri della FAO e
47 FAO: via libera al rinnovamento della Commissione sulla sicurezza alimentare, pubblicazione del 27.11.2009 letta il 17.06.2013
33
dell'ONU, ma anche organizzazioni che lavorano sul settore della sicurezza alimentare e della
nutrizione, altre agenzie ONU, ad esempio il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD)
e il Programma alimentare mondiale (PAM), ma anche organizzazioni della società civile e ONG, in
particolare organizzazioni di piccoli contadini, pastori e allevatori. Altro punto focale della CSA è il
supporto scientifico. L'implementazione delle politiche della Commissione deve essere sostenuta
da un apposito network internazionale di esperti, che serviranno anche da legittimazione delle
decisioni stesse.
Seguendo queste linee guida la CSA ha intrapreso un importante processo di riforma per riuscire a
farne la piattaforma intergovernativa più onnicomprensiva a livello internazionale, che coinvolga
tutti coloro che lavorano per assicurare la sicurezza alimentare. Trasformato in punto di riferimento
centrale della governance mondiale per quanto riguarda il settore agricolo e la sicurezza alimentare,
la CSA sarà molto meglio attrezzata per affrontare i problemi della fame nel mondo.
34
CONCLUSIONE
Partendo dalla consapevolezza che un’equa distribuzione delle risorse alimentari sia un diritto
irrinunciabile per tutti i cittadini del mondo, gli argomenti trattati in questa tesi hanno preso avvio
dalle dottrine del pensiero politico da cui sono nate le più affermate teorie della global governance.
Tra le emergenze internazionali, la sicurezza alimentare merita infatti un’attenzione che va oltre le
singole politiche nazionali per spingersi nell’ambito delle relazioni politico-economiche tra i paesi,
in particolare tra quelli più avanzati e quelli in via di sviluppo.
Per cercare risposte alle domande poste nell’introduzione – ovvero, quali siano i processi che
causano il problema e a chi si possano ricondurre eventuali responsabilità – è stato analizzato il
sistema di governance attualmente messo in atto in questo ambito ed è apparso chiaro quali ne siano
i limiti, per stessa ammissione dei suoi attori principali. Alcuni ostacoli riguardano la struttura stessa
del sistema, caratterizzata da una pluralità di soggetti, di interessi e di centri di implementazione che
spingono in direzioni opposte alla cooperazione. E appunto la cooperazione sembra essere la parola
chiave capace di superare le attuali criticità del modello; una cooperazione che può essere raggiunta
allargando il confronto sulla global governance a platee di soggetti e organizzazioni che diano vita a
forum di discussione e a comunità di pratica.
Non si può, in ogni caso, non fare i conti con l’ingerenza del settore economico e la resistenza al
cambiamento delle multinazionali, di certe frange del settore privato e dei Paesi membri
dell’Organizzazioni Mondiale per il Commercio; sono questi soggetti che vengono individuati come
i responsabili dell’inefficacia delle politiche e del progressivo aggravarsi della situazione agro-
alimentare mondiale. Gli Stati in via di sviluppo, e quindi maggiormente colpiti dal problema della
fame, si trovano ancora in una situazione di dipendenza dai Paesi esportatori, tradizionalmente
quelli occidentali; questa situazione ha inibito le loro capacità di sviluppo e, allo stesso tempo, gli
sforzi per cercare di soddisfare il fabbisogno di risorse alimentari della popolazione.
Un merito va però riconosciuto al modello vigente: avere sviluppato la consapevolezza che occorre
prendere atto dei limiti stessi del modello per superare le inefficienze. Alcuni dei protagonisti
coinvolti nella governance hanno preso atto delle difficoltà presenti nel sistema stesso e stanno
cercando di porvi rimedio. È infatti in quest’ottica di rinnovamento che, ad esempio, è stata messa
35
in atto la riforma in seno alla FAO, sicuramente uno dei protagonisti della global governance per la
sicurezza alimentare. Un passo decisivo è stato compiuto ponendo un nuovo attore al centro della
sistema, la Commissione per la Sicurezza Alimentare (CSA). Questo nuovo organismo porta con sé
tutte le caratteristiche di una governance efficiente, inclusiva ed effettiva. Essa rappresenta il futuro
del sistema di governance stesso.
Il problema però ha anche una componente economica, o meglio, l’eccessiva rilevanza di questo
elemento nelle dinamiche dei processi “è il problema”. Il contesto politico deve allora recuperare un
rapporto di equilibrio basato sulla collaborazione, ponendo un freno, in particolare, alle
speculazioni indiscriminate nel settore agro-alimentare.
Se questi sono i passaggi che gli analisti e gli studiosi considerano fondamentali, non sono però gli
unici auspicabili. La parola chiave della governance rimane, in ogni ambito, la cooperazione, intesa
come un processo di costante coordinamento tra gruppi appartenenti al medesimo sistema di
relazioni, per rendere più efficace l’implementazione delle politiche.
Cooperazione e inclusività si sostengono a vicenda. Nell’agenda della global governance per la
sicurezza alimentare non devono mancare alcuni attori fino ad ora rimasti in disparte. Tra i
protagonisti dobbiamo trovare i Paesi in via di sviluppo, che sono i diretti interessati delle politiche
di sviluppo messe in atto, per esempio, dalla FAO. Essi devono avere la possibilità di partecipare ai
forum; la stessa possibilità deve essere aperta alla società internazionale e alle organizzazioni da
essa formate.
I temi della governance devono poi spostarsi a un livello più basso, per comprendere i problemi più
da vicino e coinvolgere a pieno titolo i nuovi soggetti entranti. Stanti i notevoli sforzi delle
organizzazioni della società civile per combattere il paradigma neoliberale in favore del diritto al
cibo, anch’esse devono diventare soggetti attivi. Probabilmente stiamo assistendo alla chiusura di
questo circolo virtuoso poiché anche la CSA sta compiendo passi notevoli per raggiungere questo
obiettivo, diventando il centro di coordinamento della governance.
Il cibo deve essere un diritto garantito ad ogni essere umano e tutti devono rendersi conto della sua
importanza, anche quella maggioranza di persone che non ne sperimentano la mancanza. La fame
nel mondo può essere sconfitta, purtroppo non entro il 2015 come previsto dagli obiettivi del
millennio, perché non è causata da limiti scientifici o tecnologici.
La riforma della Global Governance per la sicurezza alimentare è in atto e sarà la soluzione più
efficace perché è in grado di attuare le strategie già individuate.
Il giorno - per ora utopico - in cui nessuna persona soffrirà più la fame arriverà.
36
BIBLIOGRAFIA
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