la gestione dei rifiuti solidi urbani. l’umbria fra

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97 LA GESTIONE DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI. L’UMBRIA FRA PROGRESSI E RITARDI 1 Alberto MELELLI* Fabio FATICHENTI** RESUMEN La compleja cuestión de la gestión de los resuidos sólidos urbanos es de gran interés geográfico: los residuos, en efecto, además de ser causa de deterioro ambiental, a menudo producen alteraciones del paisaje y, al mismo tiempo, expresan relaciones culturales, económicas y sociales dentro de las comunidads humanas. Además, la gestión de los residuos está en estrecha relación con las características de cada territorio, cada uno con su propia conformación y sobre todo con sus propias herencias infraestructurales, tecnológicas y organizativas. Este artículo analiza sintéticamente los principales aspectos y problemas de la gestión de los residuos en Italia, y a continuación se detiene en el caso de la región Umbría, donde los vertederos actualmente activos están agotando el volumen disponible y nos preguntamos sobre la capacidad de las instituciones y de los ciudadanos para favorecer la plena realización del nuevo Plan regional de gestión de los residuos. Palabras clave: Residuos sólidos urbanos, Italia, Umbría. 1 Per quanto riguarda impostazione e contenuti, l’articolo è frutto della stretta collaborazione fra gli Autori. Nella stesura, le parti 1 e 1.1 si devono ad A. Melelli, le parti restanti a F. Fatichenti. * Università degli Studi di Perugia. ** Università degli Studi di Perugia. ESPACIO Y TIEMPO, Revista de Ciencias Humanas, Nº 25-2011, pp. 97-124

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LA GESTIONE DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI.L’UMBRIA FRA PROGRESSI E RITARDI1

Alberto MELELLI*

Fabio FATICHENTI**

RESUMEN

La compleja cuestión de la gestión de los resuidos sólidos urbanos es de gran interés geográfico: los residuos, en efecto, además de ser causa de deterioro ambiental, a menudo producen alteraciones del paisaje y, al mismo tiempo, expresan relaciones culturales, económicas y sociales dentro de las comunidads humanas. Además, la gestión de los residuos está en estrecha relación con las características de cada territorio, cada uno con su propia conformación y sobre todo con sus propias herencias infraestructurales, tecnológicas y organizativas. Este artículo analiza sintéticamente los principales aspectos y problemas de la gestión de los residuos en Italia, y a continuación se detiene en el caso de la región Umbría, donde los vertederos actualmente activos están agotando el volumen disponible y nos preguntamos sobre la capacidad de las instituciones y de los ciudadanos para favorecer la plena realización del nuevo Plan regional de gestión de los residuos.

Palabras clave: Residuos sólidos urbanos, Italia, Umbría.

1 Per quanto riguarda impostazione e contenuti, l’articolo è frutto della stretta collaborazione fra gli Autori. Nella stesura, le parti 1 e 1.1 si devono ad A. Melelli, le parti restanti a F. Fatichenti.

* Università degli Studi di Perugia.

** Università degli Studi di Perugia.

ESPACIO Y TIEMPO, Revista de Ciencias Humanas, Nº 25-2011, pp. 97-124

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ABSTRACT

The complex issue of municipal solid waste management is very important from the geographical point of view: MSW, in addition to the risk of environmental degradation, often produce changes of the landscape and at the same time are expression of cultural, economic and social relationships in the human community. In addition, MSW management is closely related to the characteristics of each territory, marked by specific conformation, but also by their infrastructural, technological and organizational heritage. This article briefly analyzes the main aspects and problems of MSW management in Italy and then focuses on the case of the Umbria region, where the currently active landfills are running out of volumes available and there are problems about the capacity of institutions and people to enable full accomplishment of new Regional Waste Management Plan.

Keywords: Municipal Solid Waste Management, Italy, Umbria.

Negli ultimi anni in Italia la questione della gestione dei rifiuti2 ha maturato aspetti spesso critici sotto il profilo ambientale, sanitario e sociale. La grande quantità di rifiuti prodotti (poco meno di 170 mln di t nel 2006, alle quali vanno aggiunte quelle che sfuggono alle rilevazioni) rappresenta il segno tangibile di un sistema orientato verso una sempre maggiore dilatazione dei consumi. Ciò è frutto di un errato approccio culturale, responsabile del continuo aumento della produzione dei rifiuti sia in quantità assolute che per abitante, peraltro a fronte di una crescita demografica prossima allo zero. È di tutta evidenza l’insostenibilità ambientale di questa tendenza, a fronte della quale occorre apportare radicali modifiche nei processi di consumo delle risorse, realizzando altresì un virtuoso recupero dei materiali utilizzati.

Ciò premesso, si può comprendere come la complessa questione della gestione dei rifiuti risulti di elevato interesse geografico: infatti, oltre ad essere causa di degrado ambientale, i rifiuti provocano spesso alterazioni del paesaggio e al tempo stesso esprimono rapporti culturali, economici e sociali all’interno delle comunità umane (Melelli, Moretti, 1998). Inoltre, la loro gestione non può che risultare in stretto rapporto con le caratteristiche dei singoli territori, segnati da specifica conformazione, ma soprattutto dalle proprie eredità infrastrutturali, tecnologiche e organizzative (Mengozzi, 2008).

Si spiega così la vasta letteratura di varia estrazione sinora comparsa su tale tema e comprendente anche scritti di geografi (a titolo d’esempio, oltre ai contributi appena citati: Faggi, Turco, a cura di, 2001; Isenburg, 2000; García López, 2001; Azzi, Cundari, 2004), laddove esso offre spunti per prendere

2 Per “gestione dei rifiuti” intendiamo l’insieme delle politiche e delle azioni mirate a gestire l’intero processo dei rifiuti, quindi riguardanti le seguenti fasi: raccolta, trasporto, smaltimento ed eventuale riutilizzazione dei materiali (riciclaggio).

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coscienza dello spreco di risorse insito nel modello socio-economico contemporaneo e per rivisitare criticamente l’interazione fra comunità umane e ambiente.

Il presente contributo esamina sinteticamente la questione della gestione dei rifiuti in Italia e poi si sofferma sul caso dell’Umbria, mettendo in luce i progressi sinora compiuti al riguardo da questa regione, ma anche i ritardi che ancora permangono.

1. CENNI SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI IN ITALIA

Nonostante le variazioni più volte intercorse nei metodi di rilevazione dei dati, si può affermare che dalla metà degli anni ’90 la produzione totale di rifiuti in Italia è pressoché raddoppiata: tra il 1997 e il 2006 si è registrato un incremento di quasi il 91%. Particolarmente significativo è stato l’aumento dei rifiuti speciali, più contenuto quello dei rifiuti urbani (Ministero dell’Ambiente, 2009).

Tab. 1 – Produzione totale di rifiuti in Italia (mln di t, anni 1997-2006).

Anni Rifiuti urbaniSpeciali non

pericolosiSpeciali

pericolosiCostruzioni e Demolizioni

Totale

1997 26,6 37,1 3,4 20,4 87,51998 26,8 43,9 4,1 21,3 96,11999 28,4 44,8 3,8 23,9 100,92000 29,0 51,9 3,9 27,3 112,12001 29,4 55,1 4,3 31,0 119,72002 29,9 49,4 5,0 37,3 121,62003 30,0 52,4 5,4 42,5 130,42004 31,2 57,1 5,4 46,5 140,12005 31,7 55,6 7,9 45,9 141,12006 32,5 73,4 9,2 52,1 167,2

Fonte: Ministero dell’Ambiente, 2009.

La strategia adottata dall’Unione Europea, recepita in Italia con il D.Lgs. 22/97 (“Decreto Ronchi”)3, poi abrogato e sostituito dal D.Lgs.

3 Il D.Lgs. 22/97 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/36/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio) recepiva nella sua totalità il principio europeo per cui la prevenzione della produzione dei rifiuti (art. 3) deve essere privilegiata rispetto alle forme di gestione. In particolare il Decreto si soffermava sulla descrizione di una ricca serie di strumenti di

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152/064 (a sua volta corretto e integrato dal D.Lgs. 4/08), affronta la questione dei rifiuti delineando priorità di azioni nel quadro di una gestione integrata.

Il primo livello di attenzione è rivolto alla necessità di prevenire la formazione dei rifiuti e di ridurne la pericolosità; il passaggio successivo riguarda l’esigenza di riutilizzare i materiali e, quando non è possibile il riuso, di riciclare gli stessi. Infine, per quanto riguarda ciò che non è stato possibile riutilizzare e/o riciclare, si pongono due soluzioni: l’incenerimento o l’avvio allo smaltimento in discarica. Il ricorso all’incenerimento e alle discariche indifferenziate dovrebbe essere limitato al minimo indispensabile. Tuttavia, la carenza di efficaci politiche integrate di riduzione, riciclo e riuso rendono lo smaltimento in discarica la prima soluzione ancora applicata in Italia5. Dati relativi al 2007 indicano che il 46,7% dei rifiuti totali prodotti è stato smaltito in discarica (Ministero dell’Ambiente, 2009).

L’incenerimento dei rifiuti e del combustibile che deriva dagli stessi (CDR) è pure una pratica molto diffusa, sia pure con differenze fra le varie regioni. Nel 2006 sono state incenerite circa 4 mln di t su un totale di circa 32 mln di t di RSU (circa il 12%); tale pratica è in aumento specialmente al Nord; in Lombardia raggiunge il picco del 34%.

Per l’incenerimento dei rifiuti esistono attualmente 50 impianti, localizzati per il 60% al Nord. In Lombardia sono operativi 13 impianti, in Emilia-Romagna 8: dunque ben 2/3 dei 29 impianti del Nord sono localizzati in due sole regioni.

supporto per attuare la prevenzione: dallo sviluppo di tecnologie pulite alla promozione di strumenti economici, dalle azioni di informazione e comunicazione agli accordi di programma. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti prodotti, una volta favorita in via prioritaria la prevenzione, l’art. 4 impo-neva il recupero, ovvero il reimpiego e il riciclaggio, nonché le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti e infine l’utilizzazione degli stessi come combustibile o come altro mezzo per produrre energia. In questo contesto lo smaltimento (messa in discarica e incenerimento) rap-presentava la fase residuale dell’intera gestione. I principi del D.Lgs. 22/97 erano in sintonia con il VI Programma d’azione per l’ambiente della Commissione Europea, i cui obiettivi e priorità erano parte integrante della strategia della Comunità Europea per lo sviluppo sostenibile 2001-2010.

4 Nel D.Lgs. 152/06, emanato in attuazione della legge 308/04, la “gerarchia di gestione dei rifiuti” è disciplinata dall’art. 179, che stabilisce quali misure prioritarie “la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti”, seguite da misure dirette quali “il recupero dei rifiuti mediante riciclo, il reimpiego, il riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie, non-ché l’uso di rifiuti come fonte di energia”. Il decreto quindi persegue la linea già definita dal “Decreto Ronchi”, ovvero la priorità della prevenzione e della riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti, a cui seguono solo successivamente il recupero (di materia e di energia) e quindi, come fase residuale dell’intera gestione, lo smaltimento (messa in discarica e incenerimento).

5 L’uso delle discariche per il rifi uto indifferenziato deve essere evitato. L’Unione Europea con la diret-L’uso delle discariche per il rifiuto indifferenziato deve essere evitato. L’Unione Europea con la diret-tiva 99/31/CE ha stabilito che in discarica devono finire solo materiali a basso contenuto di carbonio organico e materiali non riciclabili: in altre parole, dando priorità al recupero di materiali, la direttiva prevede il compostaggio e il riciclo quali strategie primarie per lo smaltimento dei rifiuti.

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Fig. 1 – Progressivo aumento di rifiuti urbani e CDR inceneriti in Italia (anni 1996-2006).

Fonte: elaborazione su dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Nell’Italia Centrale si contano 13 impianti, di cui 8 in Toscana. I rimanenti impianti sono distribuiti in Puglia (2), Basilicata (2), Calabria (1), Sicilia (1) e Sardegna (2). La non omogenea distribuzione è per lo più diretta conseguenza del basso livello di consenso che l’opinione pubblica ha sviluppato nei confronti degli inceneritori a causa delle loro emissioni in atmosfera e della potenziale nocività, sebbene le nuove tecnologie ne abbiano ridotto notevolmente l’impatto inquinante e le normative prevedano incentivi per il recupero di energia.

In definitiva, come poco sopra accennato, su tutto emerge il massiccio ricorso allo smaltimento in discarica.

Veniamo alla raccolta differenziata, che nel 2006 ha interessato circa il 26% della produzione totale dei rifiuti urbani. Detto valore, sebbene in lieve crescita rispetto al dato rilevato nel 2005, risulta ancora sensibilmente inferiore al 40%, stabilito dalla legge 296/06 (Finanziaria 2007); per le regioni questa aveva fissato, per la raccolta differenziata, i seguenti obiettivi:

a) almeno il 40% entro il 31 dicembre 2007;b) almeno il 50% entro il 31 dicembre 2009;c) almeno il 60% entro il 31 dicembre 2011.

Il Quadro Strategico Nazionale per la politica di sviluppo 2007-2013 ha poi fissato ulteriori obiettivi ineludibili6.

6 Lo smaltimento in discarica di 230 kg/pro capite di rifiuti urbani a fronte dei 453,1 kg del 2005; il 40% di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani raccolti a fronte dell’8,2% del 2005; il 20%

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A scala regionale, la situazione appare comunque decisamente diversificata: infatti, mentre il Nord, con un tasso di raccolta pari al 39,9%, ha raggiunto con un anno di anticipo l’obiettivo del 2007, il Centro e il Sud, con percentuali rispettivamente pari al 20% e al 10,2%, ne risultano ancora decisamente lontani.

Nel complesso, pertanto, la raccolta differenziata a livello nazionale è cresciuta tra il 2005 e il 2006 di poco più di 700.000 t, da spiegare soprattutto con l’incremento fatto registrare dalle regioni settentrionali (circa 447.000 t), dove il sistema di raccolta risulta particolarmente sviluppato da diversi anni.

Un incremento minore si osserva per il Sud (+172.000 t); tuttavia esso corrisponde a una crescita rilevante in termini percentuali (+19% circa), in considerazione dei bassi livelli di raccolta finora registrati in questa macroarea geografica.

Nelle regioni del Centro, l’incremento della raccolta differenziata si attesta, invece, a circa 86.000 t (+6,2%).

Fig. 2 – Percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti urbani per regione (anno 2006).

Fonte: elaborazione su dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

di frazione umida (frazione organica e verde) trattata in impianti di compostaggio sulla frazione di umido nel rifiuto urbano totale a fronte del 1,8% del 2005.

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La raccolta differenziata può giocare un ruolo fondamentale per ovviare al problema dei rifiuti, ma solamente se diffusa e progettata a supporto di sistemi di smaltimento, quali le discariche e i termovalorizzatori7. Soprattutto il Nord e il Centro hanno compreso che il rifiuto non può essere inteso solamente come uno “scarto da eliminare”; è quindi opportuno intraprendere il più possibile la via del riutilizzo e del riciclaggio.

Gli obiettivi prefissati per il 2011 – cioè il 60% di raccolta differenziata su scala nazionale – sono certamente utopici se si pensa all’andamento che ha fatto rilevare l’Italia Meridionale; ma il nostro Paese non può più attendere, come dimostrano le situazioni critiche in cui versano alcune regioni (in particolare la Campania, di cui si dirà nel prossimo paragrafo).

In definitiva, la soluzione della questione dei rifiuti si otterrebbe applicando le leggi vigenti, che prevedono come principali interventi: 1) riduzione della produzione, 2) riuso, 3) riciclaggio, 4) altre forme di recupero di materia prima dai rifiuti. Un ruolo marginale dovrebbe essere riservato all’incenerimento.

Si tratta di una strategia effettivamente adottata in altri Paesi europei: in Austria solo il 17% dei rifiuti va in discarica e meno del 10% viene incenerito; in Germania una porzione irrisoria va in discarica e appena il 5% è incenerito (Ministero dell’Ambiente, 2009).

Anche alcune regioni dell’Italia Settentrionale e Centrale hanno intrapreso questa strada: il Veneto brucia solo l’8% dei rifiuti, l’Umbria il 5%, la Toscana il 6%, il Piemonte il 4%; la raccolta differenziata in Veneto è intorno al 50%, nel Piemonte è prossima al 40%.

7 I termovalorizzatori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifi uti median-I termovalorizzatori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti median-te un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri. Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre prima vapore e poi energia elet-trica o adoperato come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di inceneritori con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatori. Il termine termovalorizzatore, seppur di uso comune, è talvolta criticato in quanto sarebbe fuorviante: infatti, secondo le più moderne teorie sulla corretta gestione dei rifiuti gli unici modi per “valorizzare” un rifiuto sono prima di tutto il riuso e poi il riciclo, mentre l’incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce semplice smaltimento ed è dunque da preferirsi alla sola discarica di rifiuti indifferenziati. Si fa notare che il termine non viene inoltre mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle quali si parla solo di inceneritori.

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1.1. La crisi dei rifiuti in Campania

Le ragioni che hanno determinato la gravissima crisi ambientale della Campania sono molteplici e in questa sede sarà possibile passarle in rassegna solo in estrema sintesi8. Si dirà che inefficienza amministrativa, incompetenza tecnica, clientelismo, mancanza di senso civico e localismo giustificano soltanto parzialmente la situazione; a tutto ciò occorre infatti aggiungere cause di tipo politico-economico, che per di più travalicano l’ambito regionale.

Dal 1994, passando per periodi di maggiore o minore criticità, i rifiuti solidi urbani in Campania non vengono raccolti regolarmente e si accumulano, sia in mancanza di una politica di una loro riduzione, sia per ritardi di pianificazione e di attivazione di discariche idonee, per l’inadeguato trattamento dei rifiuti urbani nei sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti (CDR), per ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori nonché di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta, infine per i bassi livelli di raccolta differenziata.

L’insieme delle cause sopra citate ha anche comportato la necessità di trovare soluzioni di breve e medio termine, come la riapertura o la realizzazione di nuove discariche. Ne sono conseguite forti opposizioni da parte dei residenti nelle zone limitrofe ai siti individuati allo scopo, confermando così il noto effetto NIMBY (Not In My Back Yard, “non nel mio giardino”); generalmente la protesta è stata motivata adducendo che si tratta di scelte relative quasi sempre a cave dismesse, inadeguate per condizioni geologico-strutturali e per la prossimità a centri abitati. Il risultato è stato il progressivo e ripetuto accumularsi dei rifiuti per le strade della regione, soprattutto nelle province di Napoli e Caserta, con gravi rischi di tipo igienico-sanitario e di ordine pubblico.

Al di là delle cause tecniche e amministrative va però sottolineato come lo stato di emergenza rappresenti di per sé una situazione economicamente vantaggiosa, non solo per la criminalità organizzata campana (con la gestione illecita dei rifiuti essa raccoglie profitti anche maggiori che con il traffico di droga o le estorsioni), ma anche per larghi settori dell’imprenditoria legale; questa, infatti, da un lato approfitta del sistema di smaltimento illegale per abbattere i costi, dall’altro entra direttamente nella gestione della crisi.

Lo smaltimento dei rifiuti in Campania, come è noto, è storicamente pervaso dalla criminalità organizzata. La Camorra è accusata di lucrare sia

8 Per un approfondimento si rinvia a Azzi, Cundari, 2004.

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sulla raccolta che sul trasporto e sullo smaltimento in discarica di rifiuti di ogni genere, gestendo illegalmente le discariche autorizzate sotto il suo controllo e aprendone altre abusive: in tal modo riutilizza e nasconde le cave, in buona parte illegali, di cui ha disseminato il territorio regionale (Chiariello, 2008). Inoltre, a partire dalla seconda metà degli anni ’80, si è sviluppata una attività di traffico e smaltimento illecito di rifiuti tossici a livello nazionale: in base ad accordi tra gruppi criminali, imprese compiacenti e settori politico-amministrativi campani, intere aree della regione (come quella compresa tra Giugliano, Qualiano e Villaricca) vengono destinate a serbatoi illegali di rifiuti provenienti prevalentemente dalle industrie dell’Italia centro-settentrionale. I rifiuti finiscono ovunque: in cave, nei terreni agricoli, nelle fondamenta di edifici abusivi e di opere infrastrutturali, nei depuratori, nel sistema fognario o in stagni artificiali scavati in aree a falda superficiale, abbandonati e/o bruciati ai margini delle strade provinciali e dei grandi assi viari (ibid.).

Il problema è esploso con la chiusura di tutte le discariche della regione alla fine degli anni ’90, senza che fosse pronto un piano del ciclo integrato dei rifiuti. Così l’amministrazione regionale, con il consenso dell’intera classe politica, ha ottenuto dal governo centrale la dichiarazione dello “stato di emergenza” nel settore dello smaltimento rifiuti: ciò ha comportato l’istituzione in Campania del Commissariato Straordinario per l’emergenza rifiuti. Ma anche a tale struttura commissariale è stata attribuita la responsabilità dell’attuale emergenza per aver puntato, in tutti questi anni, esclusivamente sulla realizzazione della fase finale del ciclo integrato dei rifiuti, ovvero sugli impianti di CDR (combustibile da rifiuti) e sugli inceneritori, nonché per aver chiuso le discariche prima che il ciclo integrato dei rifiuti fosse completo e operativo.

Adesso neanche la realizzazione degli inceneritori consentirebbe di uscire definitivamente dall’emergenza. Si sarebbe dovuto incenerire solo la piccola parte di RSU trasformata in CDR (20-30%); ma il CDR prodotto (confezionato nelle ecoballe) è di pessima qualità perché fortemente contaminato dall’organico e da altri rifiuti anche pericolosi. Si tratta, in altre parole, grosso modo di RSU pressati e impacchettati (Gatto, a cura di, 2008). Soprattutto non si è fatto niente per ridurre la produzione dei rifiuti e poco più per la raccolta differenziata; non si sono costruiti impianti di compostaggio per ottenere concime dai rifiuti organici e quei pochi costruiti non sono stati messi in grado di operare (alcuni non sono stati mai aperti); non ci si è guadagnata la fiducia delle popolazioni, che si sono perciò opposte a qualsiasi impianto e hanno collaborato in maniera molto tiepida ai piccoli e spesso maldestri sistemi di raccolta differenziata.

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Le strade sono insomma così spesso invase dai rifiuti perché non è stato organizzato un razionale sistema di riduzione, gestione e smaltimento e si è reduci da anni di perenne stato di emergenza (ciò ha ovviamente favorito sprechi, illegalità, infiltrazioni criminali ecc.). Appena la Magistratura, al fine di svolgere indagini giudiziarie o impedire reati, sequestra un impianto CDR, una discarica o un sito di stoccaggio, o laddove un impianto ha un problema tecnico, subito risulta impossibile smaltire i rifiuti, che quindi rimangono in strada.

Oltre a quella campana, molto preoccupante è anche la situazione di altre regioni. Nel Lazio è stata recentemente prorogata la chiusura della discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, che ormai ha pressoché esaurito la sua capacità. Analoga situazione affligge la Sicilia, dove le discariche si stanno avviando verso il limite di capienza. Il sito che versa in condizioni peggiori è quello di Bellolampo, a circa 5 km da Palermo; i livelli di infiltrazioni nelle acque sotterranee da parte del percolato vi hanno raggiunto valori sopra il livello consentito, mentre i materiali tossici continuano ad accumularsi ogni giorno (lo dimostra la quantità di percolato duplicatasi nell’arco di un solo anno). Tutto ciò accade per ragioni strettamente politiche, ovvero per le carenze di Piani regionali che non hanno garantito la raccolta differenziata e altre soluzioni per il recupero dei rifiuti.

2. LA GESTIONE DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI IN UMBRIA

2.1. La situazione attuale

In Umbria la produzione complessiva di rifiuti nel 2007 è stata pari a 547.007 t, derivanti da 931.819 abitanti.

La produzione totale è riferita esclusivamente ai rifiuti urbani (così come definiti dall’art. 184, comma 2, del D.Lgs. 152/2006), dunque non comprende i cosiddetti rifiuti speciali.

Da un’analisi dell’andamento della produzione complessiva dei rifiuti non è possibile individuare un trend stabile di tendenza nell’ultimo quinquennio, con l’eccezione del biennio 2003-2004, per il quale si è registrato un aumento generalizzato superiore al 10%9.

9 Tra il 2006 e il 2007 si registra il positivo decremento di circa un punto percentuale, dato ancor più significativo se si considera che il Piano Regionale vigente prevedeva un incremento costante pari al 2,5% annuo.

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Fig. 3 – Umbria. Produzione totale di rifiuti urbani dal 1996 al 2007.

Fonte: elaborazione su dati Regione Umbria.

I dati raccolti sono stati elaborati su base territoriale con riferimento ai quattro Ambiti Territoriali Ottimali (ATO)10 in cui il territorio regionale umbro era suddiviso in base alle disposizioni del Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani del 2002, in vigore sino al nuovo Piano approvato nel 2009.

L’analisi delle dinamiche della produzione complessiva dei rifiuti urbani deve tenere necessariamente conto dell’evoluzione dei dati demografici e di come l’aumento della popolazione è capace di incidere sulla produzione pro capite.

Il quadro demografico si basa su dati regionali, suddivisi per provincia e ATO, relativi a popolazione residente e presente e al movimento turistico (oltre ai residenti sono dunque conteggiati anche gli studenti e i fruitori delle strutture ricettive della regione).

La Regione Umbria ha pertanto adottato un criterio di calcolo della popolazione totale che non trascura le peculiarità socio-economiche della regione (attività turistiche, presenza di università ecc.)11.

10 L’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) è un territorio su cui sono organizzati servizi pubblici integrati, ad esempio quello idrico o quello dei rifiuti. Tali ambiti sono individuati dalle Regioni con apposita legge regionale e su di essi agiscono le Autorità d’Ambito, strutture con personalità giuridica che organizzano, affidano e controllano la gestione del Servizio Integrato.

11 Per quanto riguarda le fonti, la popolazione residente in ciascun comune è ricavata dai dati ISTAT del 2007. Per ciò che concerne i turisti, i dati relativi sono forniti dall’Ufficio Turismo della Regione Umbria. Il numero degli studenti provenienti da fuori regione è fornito dai competenti uffici dell’Uni-versità degli Studi di Perugia e dell’Università degli Stranieri di Perugia. Il dato relativo alle presenze

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La distribuzione territoriale delle presenze turistiche e occasionali è concentrata nei territori a maggiore vocazione turistica (comprensori di Perugia, del Trasimeno e di Assisi) e pertanto ha una maggior incidenza nell’ATO 2.

Fig. 4 - I quattro Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) in cui è stata suddivisa la regione Umbria.

La popolazione totale è stata quindi calcolata sommando i dati relativi ai residenti, ai turisti, agli studenti presenti e alla popolazione “occasionale” (ossia non riconducibile ad alcuna delle categorie prima menzionate) (tab. 2).

“occasionali” è stato ricavato da una stima rapportata alla popolazione residente nei vari centri: ritenendo che più è elevato il numero degli abitanti in un comune maggiori sono le sue capacità di attrazione (dovute a fattori sociali ed economici), si è stabilito di stimare l’incidenza degli occasionali pari al 2% della popolazione residente per i comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, all’1,5% per quelli con popolazione compresa tra 50.000 e 10.000 abitanti e all’1% per quelli con popolazione inferiore a 10.000 abitanti.

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Tab. 2 – Popolazione totale residente e non residente in regione e per ATO al 2007.

ATOPopolazione

residentePopolazioneoccasionale

TuristiStudenti non

residentiPopolazione

totale

1 131.234 1.886 2.556 150 135.826

2 349.703 5.759 17.697 15.215 388.374

3 162.552 2.375 4.765 200 169.892

4 229.478 3.657 3.489 1.103 237.727

Umbria 872.967 13.677 28.507 16.668 931.819

Fonte: elaborazione su dati Regione Umbria.

Ciò premesso, è stato possibile determinare la quantità di rifiuti pro capite prodotta nel corso dell’anno di riferimento. Il dato deriva dal rapporto tra la quantità complessiva di rifiuti prodotta nell’area territoriale di riferimento (comuni, ATO, regione) e la popolazione totale di tale area (tab. 3). La produzione media pro capite è risultata pari a 587 kg/anno (in lieve calo rispetto ai 602 kg/anno del 2006, sia per la diminuzione della produzione totale di rifiuti, sia per un lieve aumento della popolazione).

Tab. 3 –Riepilogo della produzione totale e pro capite per ATO (anno 2007).

ATO DenominazionePopolazione

TotaleProduzione

totale (t)

Produzionepro capite

(kg/abitante)

1 Alta Valle del Tevere, Eugubino, Gualdese 135.589 75.168 553

2 Perugino, Lago Trasimeno, Tuderte 388.374 244.089 628

3 Foligno, Spoleto, Valnerina 169.892 97.824 576

4 Ternano, Orvietano 237.727 129.927 547

UMBRIA 931.819 547.007 587

Fonte: elaborazione su dati Regione Umbria.

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Fig. 5 – Produzione pro capite di rifiuti a livello comunale (anno 2007).

Fonte: elaborazione su dati Regione Umbria.

Per quanto concerne la raccolta differenziata, il risultato conseguito nel corso dell’anno 2007 è inferiore a quello previsto dal D.Lgs. 152/2006; non raggiunge in effetti il livello del 40% fissato per l’anno di riferimento, anche se rispetto alla situazione italiana l’Umbria, con il 28%, si colloca tra le regioni più attente a questo aspetto (in termini di raccolta differenziata, nell’Italia Centrale è a ridosso della Toscana, che con il 30,9% ha fatto registrare il dato migliore).

I 19 comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti rappresentano complessivamente il 76,29% della popolazione; in essi si realizza una percentuale di raccolta differenziata pari al 28-29% (in linea con il dato complessivo regionale). Nei restanti comuni si riscontrano risultati abbastanza modesti, talvolta inferiori al 10%, dovuti al fatto che molte amministrazioni comunali effettuano in proprio il servizio, e ciò rende difficoltosa l’organizzazione di un efficiente sistema di raccolta differenziata.

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Si può dunque rilevare che dal 2002 in poi l’adozione e l’attuazione del citato Piano di gestione hanno consentito di raggiungere in pochi anni il 28% di raccolta differenziata (tab. 4; fig. 6).

Tab. 4 – Incidenza della raccolta differenziata per ATO (anno 2007).

ATO Rifiuti Urbani 2007 (t)Raccolta differenziata

2007 (t)% Raccolta differenziata

1 73410 20591 28,05

2 232963 74850 32,13

3 95994 18643 19,42

4 127713 35976 28,17

Umbria 530.081 150.060 28,31

Fonte: elaborazione su dati Regione Umbria.

Fig. 6 – Andamento (in %) della raccolta differenziata dei rifiuti in Umbria dal 1996 al 2007.

Fonte: elaborazione su dati Regione Umbria

Tuttavia, è evidente che il sistema basato sulla sola raccolta stradale e sulle isole ecologiche ha “saturato” il proprio potenziale di crescita e per guadagnare ulteriori incrementi annuali significativi di raccolta differenziata si deve necessariamente prevedere l’introduzione e la diffusione capillare di efficaci sistemi di raccolta domiciliare (porta a porta o di prossimità), finora applicati in via sostanzialmente sperimentale solo su aree limitate.

D’altronde la suddetta strategia è uno dei punti cardine del nuovo Piano regionale e del Piano d’Ambito dell’ATO 2, che tra i propri obiettivi ha la crescita della raccolta differenziata fino ai livelli di eccellenza già raggiunti in altri contesti territoriali.

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2.2. Il sistema di impianti per il trattamento, recupero e smaltimento

Per quanto riguarda il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, il territorio regionale risulta operativamente suddiviso in diverse aree, ciascuna servita da specifici impianti. Tra queste, sono incluse le cosiddette “stazioni di trasferenza”, dove sono convogliati rifiuti differenziati e indifferenziati e si assicura un supporto logistico agli impianti.

Le operazioni di pretrattamento dei rifiuti indifferenziati, comprendenti la triturazione, vagliatura e deferrizzazione, sono effettuate negli impianti di Perugia, Orvieto, Terni e Foligno. Questi risultano ben serviti dalla viabilità e intorno ad essi sono stati previsti opportuni programmi di adeguamento per poterne garantire la funzionalità anche nei prossimi anni.

Separata meccanicamente dagli impianti di pretrattamento, la componente umida viene avviata a processi di biostabilizzazione presso gli impianti di Le Crete (Orvieto), Pietramelina (Perugia) e Casone (Foligno); il prodotto del trattamento viene successivamente posto in discarica.

Sul territorio regionale risultano attive sei discariche dove, nel 2007, sono state conferite in totale 418.009 t di rifiuti; al 31.12.2007 risultavano 2.326.000 mc residui da utilizzare.

La frazione organica da raccolta differenziata è avviata, congiuntamente ai rifiuti ligneo-cellulosici, ad impianti di compostaggio per la produzione di ammendante compostato misto (compost). I tre impianti in grado di produrre ammendante compostato sono quelli di Pietramelina (Perugia), Casone (Foligno) e Le Crete (Orvieto), che hanno complessivamente trattato nel 2007 ca. 30.000 t di matrici organiche.

Riassumendo, il sistema di impianti dell’Umbria consta di:

- 6 discariche: Belladanza (Città di Castello), Pietramelina (Perugia), Colognola (Gubbio), Borgogiglione (Magione), Sant’Orsola (Spoleto) e Le Crete (Orvieto);

- 3 impianti per la produzione di compost: Pietramelina (Perugia), Casone (Foligno) e Le Crete (Orvieto);

- 4 impianti di separazione per il riciclaggio: Ponte Rio (Perugia), Casone (Foligno), Le Crete (Orvieto) e Maratta Bassa (Terni);

- 7 stazioni di trasferenza (Città di Castello, Gubbio, Gualdo Tadino, Magione, Marsciano, Spoleto e Terni).

L’unico termovalorizzatore della regione è situato a Terni, ma risulta attualmente inattivo.

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Gli impianti in funzione riescono attualmente a coprire ogni bacino d’utenza, soddisfacendo nel complesso la necessità di smaltimento.

Più in dettaglio, nel bacino d’utenza Perugino-Tuderte-Trasimeno sono presenti l’impianto di selezione e riciclaggio di Ponte Rio e le discariche di Pietramelina e di Borgo Giglione.

L’impianto di selezione e riciclaggio di Ponte Rio svolge da oltre cinquant’anni un ruolo fondamentale nella gestione dei rifiuti prodotti nel comprensorio perugino. Gestita dalla Gesenu Spa, l’area, di proprietà comunale, è ampia 70.845 mq ed è situata a circa 2,5 km dal centro storico di Perugia12.

Fig. 7 – L’impianto di selezione e riciclaggio di Ponte Rio (Perugia).

Fonte: Archivio Gesenu Spa.

Il complesso di Pietramelina, gestito dalla Gesenu Spa, ha svolto negli ultimi venticinque anni un ruolo cardine per il corretto funzionamento del sistema integrato di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani nel Perugino. La discarica è ubicata sul versante nord di una dorsale collinare orientata in senso est-ovest, con quote massime delle cime comprese tra m 532 e 617 s.l.m. Situata all’interno del bacino imbrifero del torrente Mussino, è nelle

12 Nel sito sono presenti gli impianti di selezione e riciclaggio rifiuti urbani, di trattamento della raccolta differenziata multimateriale e monomateriale, nonché di depurazione dei reflui urbani e di trattamen-to dei reflui non catalizzati. Sono altresì presenti aree di lavoro a servizio degli impianti quali una piattaforma ecologica con trituratore, officine, magazzini, autorimesse e un autolavaggio.

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immediate vicinanze dei centri di Pietramelina, Pierantonio, S. Orfeto e Col Francesco. Entrata in funzione con autorizzazione regionale del 1983, oggi opera come discarica di prima categoria per rifiuti non pericolosi in virtù di un’autorizzazione del luglio 2007.

Nell’area adiacente, nel 1987 la Gesenu Spa ha realizzato l’impianto di compostaggio destinato al trattamento della frazione organica selezionata meccanicamente dai rifiuti solidi urbani. Nel 1997 è stato realizzato, a valle della discarica, un impianto di trattamento del percolato mediante processo chimico-fisico e di osmosi inversa.

Nel 2002 l’impianto di compostaggio è stato implementato da una linea per il trattamento delle frazioni organiche da raccolte differenziate, con l’obiettivo di produrre compost di qualità. Nello stesso anno veniva messo in funzione l’impianto per la captazione di biogas dalla discarica, per ridurre le emissioni gassose e per il recupero di energia. Infine, nel 2007 è stato realizzato un impianto fotovoltaico che interessa la copertura dell’edificio industriale del compostaggio.

La discarica di Borgogiglione è situata nel Comune di Magione ed è gestita dalla società TSA Spa. Si apre fra colline con altitudini comprese tra 495 e 527 m s.l.m., nelle vicinanze degli abitati di Castel Rigone, Colle Umberto, S. Giovanni del Pantano e Preggio. A una distanza di circa 900-1000 m sorgono diversi casolari. La strada di accesso alla discarica è la Provinciale n. 171, che attraversa una zona paesaggisticamente gradevole e costeggia la Villa del Cardinale, bene culturale tutelato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e dalla Regione Umbria. In funzione dal 1995, è destinata a ricevere i “sovvalli” (ossia gli scarti non recuperabili) dell’impianto di selezione e riciclaggio di Ponte Rio-Perugia.

All’interno della volumetria disponibile è stata costruita, nel rispetto delle prescrizioni autorizzative, una cella destinata allo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi di tipo non assimilabile agli urbani, non previsti nella autorizzazione originaria della discarica, per totali 12.250 mc.

Nel 2006 è stato attivato l’impianto per la captazione di biogas dalla discarica finalizzato alla riduzione delle emissioni gassose e al recupero di energia. Nel 2008 è stato realizzato, a valle, l’impianto di trattamento del percolato mediante processo chimico-fisico di concentrazione sotto vuoto.

La volumetria residua al 31/12/2008 era stimata pari a 150.000 mc; tale capacità sarà presto soggetta ad esaurimento – si ritiene entro il 2011 – e per tale motivo la TSA Spa ha elaborato un progetto preliminare di ampliamento, che utilizza la configurazione orografica del bacino naturale occupato dalla discarica prevedendo una volumetria aggiuntiva di 1.600.000 mc.

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Il bacino d’utenza dell’Alto Tevere Umbro si avvale della discarica di Belladanza, situata in località Santa Lucia, nel Comune di Città di Castello, realizzata sul sito di una ex cava a un’altitudine di 313 m s.l.m. Ben riparata da strade e punti di interesse paesaggistico, dista 7 km da Città di Castello e 1 km dal centro di San Maiano. Nelle immediate vicinanze scorre il torrente Rio Graciata e, a circa 3 km, il Fiume Tevere.

L’impianto può essere considerato a rischio: in effetti, durante i lavori di allestimento è stato intercettato il flusso idrico della falda sottesa al livello del Tevere. Ciò sta a significare che una eventuale fuoriuscita del percolato andrebbe a inquinare direttamente il più grande fiume dell’Italia centrale.

All’interno del bacino d’utenza Eugubino-Gualdese è presente la discarica di Case Colognola di Gubbio, adibita esclusivamente a rifiuti speciali non pericolosi. Situata su un versante non molto acclive, a 400 m s.l.m., presenta caratteristiche geotecniche scadenti (nel 1995 si sono verificati movimenti franosi). L’area in esame, compresa tra gli abitati di Padule e di Case Colognola, si estende lungo il Fosso di Padule (tributario di sinistra del Torrente Saonda e affluente di destra del Fiume Chiascio) e in prossimità dell’industria Colacem, il maggiore cementificio umbro.

Il Consorzio Valle Umbra e Valnerina ha costruito nel suo bacino d’utenza l’impianto di preselezione e compostaggio di Casevecchie che, entrato in funzione il 16 agosto 1994, è adiacente alla discarica colmata di Casone e nelle vicinanze della frazione di Sterpete.

Nel 1997 è stata realizzata la discarica di Sant’Orsola a Spoleto, dove sono conferiti i rifiuti dei 22 comuni dell’ATO 3. L’iniziale capienza ha recentemente subito un adeguamento da 640.000 a 930.000 mc.

Ternano e Orvietano possono contare sulla discarica di Casaccia-Le Crete (Comune di Orvieto), su quella di Vocabolo Valle (in Comune di Terni, questa è tuttavia destinata solo ai rifiuti speciali derivanti dalle acciaierie) e sul termovalorizzatore di Maratta Bassa (Terni).

La discarica di Casaccia-Le Crete è realizzata su argille plioceniche sovraconsolidate, interessate da fenomeni di dissesto superficiali su alcune aree calanchive. situata all’interno del bacino imbrifero del Fiume Paglia, con case isolate e un solo centro abitato nelle vicinanze (Pian del Vantaggio). La struttura idrogeologica impedisce l’inquinamento delle falde idriche, mentre l’orientamento dei calanchi, protetti nei confronti dei venti dominanti, evita odori sgradevoli e particolari alterazioni della qualità dell’aria.

La discarica è l’unica ubicata nella stessa area in cui sono realizzati il pretrattamento del rifiuto urbano e la biostabilizzazione della frazione

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organica: operazione che consente ottimizzazioni tecnico-gestionali, oltre che minori costi di trasporto.

La discarica per rifiuti speciali di Vocabolo Valle occupa un’area a circa 3 km da Terni, a monte dell’abitato di Cervara e vicino a quello di La Romita. Nei pressi scorre il Fosso Cacciamano e, poco distante, il Torrente Tescino.

L’inceneritore è stato costruito nel 1975 dal Comune di Terni nella zona di Maratta Bassa, a ridosso del Fiume Nera e della zona industriale di Sabbione. Dopo un breve periodo di funzionamento, l’impianto ha subito un lungo processo di ristrutturazione per adeguarne le caratteristiche alle nuove normative e trasformarlo in termovalorizzatore di rifiuti con produzione di energia elettrica; quindi è tornato in servizio il 12 marzo 199813. Dal gennaio 2007 è stato però posto sotto sequestro dalla Magistratura perché responsabile, secondo l’indagine svolta, di emissioni nocive.

Fig. 8 – Il complesso regionale attuale dei principali impianti dedicati al trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani.

Fonte: elaborazione su dati Regione Umbria.

13 Strutturato in due linee, è in grado di termodistruggere ogni giorno 150 t di frazione secca da rifiuti. Ciascuna linea è tra l’altro dotata di un post-combustore, in grado di funzionare a una temperatura superiore a 950 °C. Il sistema, tramite una caldaia a recupero, può fornire sette tonnellate-ora di vapore (cinque Mw) ad una turbina del tipo a condensazione multistadio che, accoppiata a un alter-natore, ha una potenza nominale di 2.800 Kw. Nella stazione di trasferenza e negli impianti connessi vengono invece selezionate circa 24.000 t l’anno di rifiuti.

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3. LE PROSPETTIVE

Nel maggio 2009, con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 301, è stato approvato il nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali14 (Regione Umbria, 2008). Per la sua realizzazione la Regione ha opportunamente ritenuto di avvalersi di un servizio di assistenza tecnica qualificata che, con specifici studi di settore, approfondimenti, analisi e proposte ha supportato gli uffici regionali competenti.

Contestualmente alla redazione, si sono svolte le procedure di Valutazione Ambientale Strategica15 per definire lo scenario che meglio potesse rispondere alle esigenze di una corretta gestione dell’ambito regionale.

Sulla base delle indicazioni della legge regionale n. 23/07 (Riforma del sistema amministrativo regionale e locale), l’attività di gestione dei rifiuti urbani nella Regione Umbria è realizzata mediante un sistema articolato in Ambiti Territoriali Integrati (corrispondenti, sia pure con alcune variazioni, ai precedenti ATO). In particolare, gli ATI assolvono tutte le funzioni previste dal D.Lgs. 152/2006 e, in materia di risorse idriche e rifiuti, quella di Autorità d’Ambito (AdA)16.

Al riguardo, l’ATI organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire nel rispetto delle indicazioni del nuovo Piano regionale. Quest’ultimo prevede la realizzazione di un sistema di gestione integrata dei rifiuti che promuova prioritariamente:

a) la riduzione alla fonte della quantità e della pericolosità dei rifiuti (con diffusione di attività di prevenzione, modelli di consumo consapevoli, tecnologie più pulite nei processi di produzione, innovazione tecnologica nelle imprese);

b) il recupero di materia (riuso e riciclo);

14 Si tratta del terzo piano regionale di gestione. I due precedenti strumenti di pianificazione relativi ai rifiuti urbani furono emanati rispettivamente nel 1989 e nel 2002.

15 In sintesi, la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è un processo fi nalizzato a integrare conside-In sintesi, la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è un processo finalizzato a integrare conside-razioni di natura ambientale nel planning al fine di migliorare la qualità decisionale complessiva. In particolare l’obiettivo principale della VAS è valutare gli effetti ambientali dei piani o dei programmi prima della loro approvazione (ex-ante), durante e al termine del loro periodo di validità (in itinere, ex-post). Ciò serve soprattutto a sopperire alla mancanza di altre procedure parziali di valutazione ambientale, introducendo l’esame degli aspetti ambientali già nella fase strategica (Malcevschi et al., 2008).

16 Ai sensi dell’art. 18 della l.r. 23/07, l’ATI è una forma speciale di cooperazione tra gli enti locali, con personalità giuridica, autonomia regolamentare, organizzativa e di bilancio nell’ambito delle risorse ad esso attribuite dai Comuni, dalla Provincia e dalla Regione in ragione delle funzioni ad esso trasferite o delegate.

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c) la realizzazione di un equilibrato rapporto tra le diverse forme di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati (con pretrattamento finalizzato anche al recupero di materia, recupero energetico, smaltimento residuale in discarica).

Tale sistema risponde coerentemente alle indicazioni che definiscono le priorità – previste dalle normative europee e nazionali – alle quali attenersi nella gestione dei rifiuti (secondo la cosiddetta gerarchia dei rifiuti), che tra l’altro stabiliscono la massima limitazione dello smaltimento in discarica laddove esso rappresenta una perdita di risorse e una potenziale fonte di contaminazione e di inquinamento dell’ambiente.

Il Piano di gestione si pone quindi, tra gli obiettivi, il contenimento dei rifiuti o almeno di rallentarne il ritmo di crescita registrato negli ultimi anni, assumendo il mantenimento della produzione annuale certificata nel 2006, incrementata della sola componente demografica (pari a ca. l’1% annuo).

Contenere la produzione dei rifiuti è compito che interessa direttamente i consumi e in particolare le politiche economiche, orientate prevalentemente sull’usa e getta. Per poter ridurre la produzione dei rifiuti, dunque, è necessario orientare il comportamento dei consumatori fino a renderli utenti consapevoli.

Obiettivo strategico della pianificazione regionale è il potenziamento del recupero di materia, con raggiungimento entro il 2012, all’interno dei singoli ATI, di un livello di raccolta differenziata pari al 65%, con la seguente progressione: 50% nel 2010 e 65% nel 2012.

I suddetti risultati potranno essere conseguiti solo attraverso una progressiva riorganizzazione dei servizi mirati a garantire la maggiore intercettazione possibile delle frazioni recuperabili dei rifiuti presenti nei diversi flussi. L’attuale sistema di organizzazione dovrà quindi essere potenziato sino a consentire il conseguimento dei più elevati obiettivi di recupero. Le azioni previste dalla Regione sono la rapida estensione dei servizi caratterizzati da forte vicinanza all’utenza, ovvero delle raccolte essenzialmente a carattere domiciliare o porta a porta, dove il prelievo dei rifiuti avviene direttamente presso l’utente, secondo giri di raccolta a bassa frequenza e differenziati per tipologia di materiale. Il Piano definisce due modelli organizzativi per la raccolta differenziata, distinti sulla base della tipologia dei territori da servire:

a) modello d’area vasta (per le aree a bassa densità edilizia), caratterizzato da frequenze di raccolta medio-basse e da contenitori di maggior volume;

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b) modello d’intensità (per le aree urbane), in cui si applica una raccolta porta a porta integrata secco-umido con frequenza elevata e contenitori di piccolo volume.

È stato comunque previsto che l’80% ca. della popolazione dovrà essere raggiunto da servizi di raccolta del tipo ad intensità almeno per la carta e per l’organico.

Per la realizzazione di un equilibrato rapporto tra le diverse forme di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati è stata prevista la realizzazione di un nuovo impianto destinato al trattamento termico dei rifiuti (termovalorizzatore); esso dovrà servire l’intera Provincia di Perugia (e gli ATI 1, 2 e 3) e verrà destinato al trattamento della sola componente secca dei rifiuti urbani e al conseguente recupero energetico.

Per la Provincia di Terni si prevede invece l’utilizzo degli impianti esistenti.

Il complesso dell’impiantistica regionale per il trattamento termico dei rifiuti di provenienza urbana dovrà garantire una capacità complessiva pari a ca. 175.000 t/anno (di fatto la quota che rimane dopo le raccolte differenziate intense). A tali quantitativi vanno aggiunti i flussi di rifiuti speciali che, qualora non prioritariamente valorizzabili in forma di materia, possono essere avviati a recupero energetico; tale flusso, includente parte dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue di origine civile, è stimato pari a ca. 75.000 t/anno. Pertanto, la capacità complessiva di trattamento termico su scala regionale è prevista in 250.000 t/a (equivalente a un impianto di potenzialità per circa 800 t/giorno).

Per ciò che concerne la localizzazione del termovalorizzatore da realizzare, in considerazione delle necessità di ottimizzazione tecnico-gestionale è stato ritenuto idoneo il territorio dell’ATI 2 (Perugino, Trasimeno, Tuderte), limitatamente alle aree individuate dal Piano in un’apposita cartografia.

Questo impianto dovrà sorgere su un’area pianeggiante piuttosto che collinare vicino alle principali infrastrutture viarie della provincia, possibilmente al di fuori dei centri abitati; quando entrerà a pieno regime, infatti, molti mezzi pesanti dovranno circolare nella zona in cui sarà edificato.

Per quanto riguarda la sua precisa ubicazione, sembra che si possano escludere sia la zona di Ponte Rio che quella di Pietramelina, le quali già oggi ospitano impianti e discarica; sono invece ritenute più adatte certe zone industriali, come quella di Sant’Andrea delle Fratte (Perugia) e di Bastia Umbra; non è peraltro da escludere l’area di Pietrafitta, che tuttavia ospita già la centrale termoelettrica dell’ENEL (alimentata a metano).

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La tecnologia da utilizzare per il nuovo impianto di trattamento termico verrà definita tramite procedure di evidenza pubblica e terrà conto delle più innovative esperienze a elevata protezione ambientale, già sperimentate a livello europeo e internazionale, capaci di assicurare nel contempo affidabilità e costi di gestione sostenibili. Inoltre, il progetto dovrà raggiungere un elevato livello di qualità architettonica e inserirsi in modo armonico nel contesto paesaggistico circostante.

Ciò nonostante, è lecito prevedere che la decisione di realizzare l’impianto produrrà non poche tensioni sociali nell’area prescelta.

Per quanto riguarda lo smaltimento nelle discariche, alla luce delle opzioni che nella fase a regime vedono limitare la loro funzione alla ricezione dei soli sovvalli (ossia frazione organica stabilizzata, residui da spazzamento stradale e scorie da trattamento termico), il nuovo Piano di gestione dei rifiuti individua la necessità di contrarre il numero di quelle oggi attive.

La riorganizzazione del sistema delle discariche fa prevedere la progressiva chiusura degli impianti che presentano situazioni di maggiore criticità e risultano incapaci di significative potenzialità di ampliamento. L’articolazione del sistema impiantistico porterà, a regime, a mantenere attive tre sole discariche sul territorio regionale, ovvero quelle di Belladanza nel Comune di Città di Castello, di Borgogiglione nel Comune di Magione e de Le Crete nel Comune di Orvieto.

In attesa del completamento del sistema impiantistico, il fabbisogno di smaltimento in discarica sarà assicurato dal contemporaneo esercizio delle discariche esistenti. Queste saranno utilizzate sfruttando appieno le capacità residue, valutandone al contempo la sostenibilità tecnica, economica e sociale di ipotesi di ampliamento – è infatti in progetto l’ampliamento della discarica di Borgogiglione, per consentirne lo sfruttamento per un altro decennio – al fine di garantire la piena autosufficienza regionale della gestione dei rifiuti sino all’entrata in funzione del nuovo impianto di trattamento termico.

Si è stabilito che il sistema di gestione previsto dal Piano entri a regime nel 2013: tuttavia, ad oggi non vi è traccia di alcun termovalorizzatore. Considerando che la sua costruzione richiede un tempo non inferiore ai sei anni, si può tranquillamente affermare che, almeno su questo aspetto, il Piano regionale sarà disatteso.

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4. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Nella società contemporanea, i soggetti istituzionalmente responsabili della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti civili si trovano a perseguire molteplici finalità.

Esiste innanzitutto la necessità di fornire un servizio di raccolta efficiente, in grado di garantire la salubrità dell’ambiente urbano e di quello familiare. Ma la questione di maggior attualità e rilevanza è oggi quella dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Si assiste in effetti a un continuo aumento delle quantità complessive di rifiuti prodotte, nonché della loro complessità merceologica a causa dell’immissione sul mercato di prodotti che non tengono in alcun conto le odierne esigenze di riuso dei materiali.

Le tradizionali tecnologie impiegate per lo smaltimento, ovvero gli impianti di termovalorizzazione e le discariche controllate, purtuttavia necessari, pongono diverse questioni di impatto ambientale e sociale, cosicché si rende opportuna una riflessione attenta e articolata circa le modalità di smaltimento.

Occorre inoltre sottolineare che lo smaltimento dei rifiuti “tali e quali”, tramite termovalorizzazione o discarica, non è coerente con la necessità di minimizzare e razionalizzare i consumi delle risorse esauribili.

L’unico approccio ragionevolmente proponibile deve mirare a minimizzare i problemi, e conseguentemente i costi dello smaltimento, oltre a promuovere il recupero e la valorizzazione dei materiali e dell’energia che può rendersi disponibile nelle diverse fasi dello smaltimento stesso.

Si tratta di un obiettivo perseguibile adottando in modo combinato e razionale le tecniche e le tecnologie di trattamento e smaltimento disponibili, ovvero il recupero e il riciclaggio, il compostaggio, la discarica controllata e gli impianti di termovalorizzazione a tecnologia complessa che consentono il recupero energetico. Peraltro, date le attuali difficoltà di smaltimento e i relativi elevati costi, è opportuno sottolineare che il potenziamento e la razionalizzazione delle raccolte separate si traducono anche in minori costi per lo smaltimento dei rifiuti ordinari, che risulteranno diminuiti del peso e del volume dei materiali raccolti separatamente.

La raccolta differenziata, quindi, è ai giorni nostri l’unica via praticabile17, insieme a un utilizzo corretto delle discariche e dei

17 E ciò, nonostante il recupero delle materie seconde non sia poi scontato, in quanto i mercati di que-E ciò, nonostante il recupero delle materie seconde non sia poi scontato, in quanto i mercati di que-ste sono intrinsecamente legati a quelli delle materie prime, sia per i costi dell’energia necessaria ai processi di lavorazione, sia per la possibilità di sostituire con materiali secondari le materie prime stesse. Il mercato della plastica, per es., è determinato dal prezzo del petrolio e dal livello di tratta-

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termovalorizzatori. Per superare definitivamente l’emergenza rifiuti, la più naturale e immediata soluzione da adottare non consiste infatti solamente nel contenere la crescita dei quantitativi dei rifiuti stessi, ma nel modificare radicalmente il sistema. Ciò comporta un cambiamento radicale non solo dell’attuale modello di produzione e di consumo – ipotesi per molti aspetti di non facile e immediata attuazione – ma anche nell’adozione di convinti orientamenti culturali i cui obiettivi strategici si possono riassumere nelle azioni di prevenzione, valorizzazione e corretto smaltimento.

Fig. 9 – Perugia. Anche nel capoluogo regionale mancano spesso i contenitori per il recupero della frazione organica

e della carta. A ciò si somma la scarsa coscienza civica dei residenti che, a ridosso del cartello di divieto, accumulano rifiuti ingombranti anziché conferirli alle apposite stazioni ecologiche.

Fonte: foto F. Fatichenti

mento necessario per riprocessare i materiali. Quando i prezzi delle materie prime per la produzione di plastiche vergini sono molto bassi, in molti casi non è conveniente separare i diversi polimeri per la lavorazione; senza parlare della carta mista, che attualmente è collocata tra 0 e 5 euro/t e molte giacenze restano in cartiera, senza essere recuperate.

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L’Umbria, a dire il vero, non si è trovata mai ad affrontare situazioni di emergenza rifiuti. Il più recente documento di programmazione elaborato al riguardo costituisce però una prova di maturità per la pubblica amministrazione, per le aziende di smaltimento dei rifiuti della regione e per i cittadini. Il 65% di raccolta differenziata è comunque un obiettivo difficile da raggiungere se queste tre componenti non agiranno all’unisono. La pubblica amministrazione dovrà avere il coraggio di assumere scelte anche impopolari. Le aziende di smaltimento debbono adoperarsi, come pure stanno facendo con la ristrutturazione dei servizi in corso, per cercare di rendere il sistema di raccolta il più efficace ed efficiente possibile.

Il compito che spetta al cittadino, invece, è quello in un certo senso di maggiore responsabilità. Si deve comprendere che la raccolta differenziata è una via ineludibile e solamente attraverso una sua vasta attuazione si riuscirà a costituire quel ciclo virtuoso di gestione dei rifiuti programmato dalle istituzioni e auspicato da tutti.

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JOAQUÍN DELGADO RUIZ

PROCESO DE SÍNTESIS AL LÍMITE DE LA ABSTRACCIÓN

Andrés LUQUE TERUEL*1

RESUMEN

El artículo plantea el estudio de la personalidad artística y la evolución de Joaquín Delgado Ruiz, uno de los pintores más interesantes del panorama artístico sevillano actual. El artista inició su producción con planteamientos naturalistas tendentes a la búsqueda de un lenguaje expresivo esencial, desde el que evolucionó con una progresiva tendencia a la simplificación conceptual, con la que llegó al límite de la abstracción.

Palabras clave: Pintura sevillana, Arte Contemporáneo, Vanguardias.

ABSTRACT

This article study Joaquín Delgado´s artistic personality, an interesting Sevillian contemporary painter. His initial naturalistic and progressive essential art transformed in abstraction limit.

Key words: Sevillian painting, Contemporary Art, Avant Garde.

La completa degeneración del mercado artístico español en las últimas décadas, en las que, por una parte, las galerías desecharon los anteriores objetivos y las pretensiones culturales y creativas a favor de las vanguardias y la

* Universidad de Sevilla.

ESPACIO Y TIEMPO, Revista de Ciencias Humanas, Nº 25-2011, pp. 125-150