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“La cura e l’educazione dei bambini in età prescolare nel territorio del Comune di Verona” Francesco Miele A cura di: Barbara Lo Tartaro Cristina Cominacini Associazione Le Fate Onlus

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“La cura e l’educazione dei bambini in età prescolare nel territorio del Comune di Verona”

Francesco Miele

A cura di:Barbara Lo TartaroCristina Cominacini

Associazione Le Fate Onlus

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PrefazioneL'Associazione Le Fate Onlus nasce nel 1999 a Verona da un gruppo di don-ne, che si sono poste l'obiettivo di migliorare il contesto sociale in cui vivono i bambini e le loro famiglie attraverso la creazione di relazioni stabili tra le diverse realtà socio-educative del territorio.

In questi anni abbiamo, dunque, focalizzato il nostro lavoro su progetti re-lativi alla prevenzione del disagio minorile, al sostegno della genitorialità, all'integrazione sociale ed all'educazione interculturale.

Il filo rosso che caratterizza le nostre attività è la costante ricerca di un'inter-connessione molto stretta tra dimensione sociale e dimensione educativa, tra percorsi espliciti di sostegno individuale e attività educative rivolte alla cittadinanza.

Dalla nostra esperienza abbiamo rafforzato la convinzione che la dimensio-ne informale dell'incontro contenga la potenzialità enorme di creare occa-sioni di confronto con le famiglie e di intessere relazioni di fiducia in grado di risolvere i piccoli e i grandi problemi della vita quotidiana.

L'interesse mostrato dalla Regione Veneto in questi anni verso le tematiche relative alla famiglia, ci ha permesso di analizzare in modo più organico i bisogni dei genitori e dei bambini del territorio veronese e di conoscere più approfonditamente i servizi a loro rivolti, in vista della strutturazione di un nuovo servizio per le famiglie.

Abbiamo, quindi, intrapreso un capillare lavoro di ricerca sul tessuto socio-territoriale che ci ospita, concentrando la nostra attenzione sul primo perio-do dell'essere genitore, consapevoli che tale fase nel ciclo di vita familiare comporta una molteplicità di cambiamenti nella sfera organizzativa, rela-zionale e cognitivo-affettiva di ogni famiglia.

Dedicare parte dell'attività del Centro per le Famiglie ad un lavoro di ricerca

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ci è sembrato il modo più costruttivo per mettere al centro della riflessione le famiglie stesse, le loro aspettative e le loro esigenze, nell'ottica di conside-rare le famiglie non solo come utenti passivi di un servizio, ma come soggetti attivi che possano contribuire a pensarlo e a realizzarlo. Il coinvolgimento delle famiglie e la possibilità per loro di affrontare i propri bisogni su un piano di parità reciproca permette, infatti, di valorizzare competenze e po-tenzialità presenti nel tessuto sociale, rafforzando le relazioni in un' ottica promozionale e non assistenziale.

Il percorso di ricerca è stato il primo passo verso la progettazione di un luo-go delle famiglie per le famiglie, ma -nel contempo- è stato esso stesso l'oc-casione per creare legami con e tra le famiglie del territorio, affinché i loro bisogni, le loro esigenze e i loro desideri potessero trovare uno spazio nel quale esprimersi e confrontarsi.

Il Centro per le Famiglie costituisce una realtà assolutamente innovativa nel contesto regionale, coerente con le linee strategiche elaborate nella confe-renza dei Ministri Europei responsabili per gli Affari Sociali. In questo qua-dro si evidenzia il ruolo della famiglia come soggetto politicamente rilevante e la si ricolloca come co-produttore e co-gestore dei servizi.

Un progetto di tale portata richiede la compartecipazione di tutti gli attori della politica sociale attraverso l'attivazione di sinergie tra istituzioni, terzo settore e reti sociali primarie in un'ottica di condivisione di intenti e risorse.

E' in questa direzione che ci auspichiamo si possa procedere, passo dopo passo, in un cammino comune verso un obiettivo condiviso.

Barbara Lo Tartaro

Cristina Cominacini

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Indice Pag

Introduzione 8

1. Nuovi servizi per nuove famiglie 12

2. Il contesto e la metodologia della ricerca 22

2.1 Il territorio della 2^ Circoscrizione 22

2.2 Popolazione di riferimento e campione della ricerca 24

2.3 Tecniche di rilevazione e metodi di analisi 28

3. Genitori, nonni e amici: la cura quotidiana dei figli al di fuori dei servizi all’infanzia

32

3.1 La suddivisione del lavoro di cura dei figli nelle coppie intervistate

33

3.1.1 Madri in “regia” e padri “in panchina”: le coppie sospese tra male breadwinner model ed equità di genere

34

3.1.2 Madri a casa e padri al lavoro: il “male breadwinner model”

40

3.1.3 Un esempio di famiglia “equa” 41

3.1.4 Madri e padri a confronto nel lavoro di mediazione con i servizi all’infanzia

43

3.1.5 Quando il padre non c’è: il caso delle famiglie monogenitoriali

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3.2 Tra appoggio emergenziale e punto di riferimento quotidiano: l’importanza dei nonni nella cura del bambino

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3.3 Le reti amicali: l’importanza di crescere assieme ad altre famiglie

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3.4 In sintesi 64

4. Famiglie dentro i servizi: viaggio all’interno della rete dei servizi all’infanzia veronesi

68

4.1 Conoscere la rete dei servizi all’infanzia: l’importanza dei network interfamiliari

68

4.2 L’accesso, le interazioni e le valutazioni delle famiglie negli Asili Nido della 2^ circoscrizione

71

4.2.1 Nessuna cortesia all’entrata: le liste chiuse dei nidi comunali

71

4.2.2 Le motivazioni per l’accesso agli asili nido 74

4.2.3 Il coinvolgimento dei genitori all’interno dell’asilo nido

78

4.2.4 La qualità del servizio negli asili nido della 2^ Circoscrizione

82

4.3 L’accesso, le interazioni e le valutazioni delle famiglie nelle scuole dell’infanzia della 2^ circoscrizione

87

4.3.1 Le motivazioni per l’accesso alla scuola dell’infanzia

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4.3.2 Il coinvolgimento dei genitori all’interno della scuola dell’infanzia

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4.3.3 La qualità del servizio nelle scuole dell’infanzia 94

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4.4 Le relazioni tra i genitori degli asili nido e delle scuole dell’infanzia

98

4.5 I servizi integrativi presenti nella 2^ circoscrizione 102

4.5.1 Il mancato accesso ai servizio all’infanzia integrativi: alcune convinzioni diffuse tra le famiglie

103

4.5.2 I nidi in famiglia 106

4.5.3 I tempi per la famiglia 108

4.5.4 I servizi finalizzati al sostegno della genitorialità 111

4.5.5 I centri intergenerazionali 113

4.6 Pensare il servizio del futuro: la parola alle famiglie 114

4.7 In sintesi 118

5. Riflessioni conclusive 124

Appendice: la mappatura dei servizi all’infanzia presenti nella 2^ circoscrizione e nelle zone limitrofe

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Bibliografia 148

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IntroduzioneNegli ultimi decenni, cambiamenti come la diffusione della famiglia nucle-are, l’indebolimento delle reti parentali e l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, hanno portato alla nascita e allo sviluppo di complesse reti di servizi educativi destinati alle famiglie con figli in età pre-scolare. In questo scenario di cambiamento, alla scuola dell’infanzia e all’asilo nido si sono affiancati un insieme di servizi, detti integrativi, finaliz-zati a sostenere i genitori nelle loro attività di cura ed educazione.

Nel territorio del Comune di Verona, analogamente a quanto successo in buona parte del Nord e del Centro-Nord Italia, vi è stata una crescita con-tinua dei servizi destinati ai bambini di età compresa trai 0 e 6 anni, in cui all’azione del Comune e della Regione Veneto si è sommata l’iniziativa di una molteplicità di servizi privati attivi nel campo dell’educazione infantile. Nidi in famiglia, Tempi per la famiglia, Spazi gioco, Servizi atelier, solo per citare alcune delle tipologie più diffuse di servizi integrativi, che assieme agli asili nido e alle scuole dell’infanzia, sono andati a formare una etero-genea rete di servizi volti a rispondere alle esigenze delle famiglie presenti sul territorio. I servizi all’infanzia sono quindi diventati sempre più presenti nelle vite delle famiglie veronesi, supportando il lavoro di cura svolto quoti-dianamente dai genitori e, più in generale, dai familiari dei bambini.

In questo clima di crescente interesse verso le esigenze delle famiglie con figli in età prescolare nasce la presente ricerca, voluta e pensata dall’Asso-ciazione Le Fate Onlus, associazione attiva da più di dieci anni sul territorio della 2^ Circoscrizione del Comune di Verona nel campo della prevenzione del disagio minorile e del sostegno alla genitorialità.

La ricerca effettuata ha avuto la finalità principale di comprendere come le famiglie con figli in età pre-scolare provvedano quotidianamente alla loro cura, intervistando alcune famiglie residenti nella 2^ Circoscrizione del Co-

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mune di Verona. Nel far questo ci si è concentrati su due focus di analisi:

• La cura dei figli al di fuori dei servizi. Il primo obiettivo è stato quello di comprendere come le famiglie intervistate provvedano alla cura dei fi-gli al di fuori dei servizi all’infanzia, concentrandosi sui differenti modelli di suddivisione del lavoro di cura all’interno della coppia e sul tipo di aiu-to proveniente da parenti e amici nella gestione quotidiana dei bambini.

• L’utilizzo dei servizi all’infanzia presenti sul territorio. Il secondo obiettivo è stato quello di conoscere in maniera approfondita i modi in cui le famiglie intervistate utilizzano i servizi all’infanzia presenti sul ter-ritorio, esplorando le motivazioni che li hanno spinti ad accedervi, le dif-ficoltà incontrate nel farlo, le interazioni avute con il personale educativo e con le altre famiglie ed, infine, le valutazioni relative alla qualità del servizi adoperati.

Affrontando questi due focus si sono voluti fornire spunti di riflessione a tutti coloro che operano nel settore educativo della 2^ Circoscrizione e, più in generale, del Comune di Verona, ponendo le basi per nuove iniziative vol-te ad affiancare e supportare i genitori nei loro compiti educativi e di cura, prima dell’ingresso dei figli nel percorso scolastico obbligatorio.

Il presente lavoro è strutturato in quattro capitoli. Nel primo capitolo sono illustrati i principali cambiamenti avvenuti nei servizi all’infanzia in risposta ai mutamenti più ampi che hanno interessato la famiglia e, più in generale, la società italiana. Nel secondo ci si è soffermati sul contesto territoriale del-la 2^ Circoscrizione e sugli aspetti metodologici seguiti nella realizzazione della ricerca, che ha coinvolto 14 famiglie residenti sul territorio, attraver-so l’uso di interviste in profondità. Nel terzo e nel quarto capitolo vengono presentati i principali risultati della ricerca inerenti la cura dei figli delle famiglie intervistate al di fuori e all’interno dei servizi all’infanzia.

Nelle conclusioni, infine, si sono riprese le tematiche emerse nella ricerca portando alcune riflessioni utili alla creazione di nuovi servizi all’infanzia e al miglioramento di quelli già esistenti.

Come appendice è stata allegata la mappatura effettuata nella fase preli-minare della ricerca, riguardante i servizi all’infanzia per bambini in età prescolare presenti nella 2^ Circoscrizione e nelle zone limitrofe, al fine di consentirne la consultazione da parte di operatori e genitori.

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NUOVI SERVIZIPER NUOVE FAMIGLIE

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1. Nuovi servizi per nuove famigliePer lungo tempo la cura e l’educazione dei bambini e delle bambine in età prescolare è rimasta mero appannaggio delle famiglie, in particolare delle donne, e di pochi e tradizionali servizi all’infanzia.

Nel corso degli ultimi quarant’anni al lavoro di cura familiare, inteso in questo caso come quell’insieme di pratiche finalizzate a favorire il sostegno e l’accompagnamento di persone in fase di crescita (Colombo, 1995), si è aggiunta l’azione di diverse tipologie di servizi all’infanzia, aventi la finalità di curare ed educare i bambini prima del loro inserimento nella scuola pri-maria.

Fino agli anni ‘70 l’unico servizio all’infanzia presente in maniera rilevante sul territorio italiano era la scuola materna, ora scuola dell’infanzia, nata come servizio assistenziale per i bambini appartenenti a famiglie bisognose e diventata un servizio riconosciuto dallo Stato, con il compito di educare e sviluppare la personalità dei bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni.

Dopo pochi anni, con la legge n. 1044 del 1971, lo Stato italiano provvede a coprire anche la fascia tra gli 0 e 3 anni, istituendo l’asilo nido, nato ini-zialmente con il semplice scopo di accudire temporaneamente i bambini, per poi accentuare il proprio aspetto formativo, diventando così un servizio fondamentale per molte famiglie italiane, soprattutto se prive degli appoggi delle reti familiari.

Negli anni successivi, si sono aggiunti servizi all’infanzia sempre più di-versificati e innovativi, aventi modelli organizzativi, modalità d’accesso e finalità educative solitamente più flessibili e negoziabili con i genitori, dei quali spesso si incoraggia la presenza e la partecipazione alla costruzione del servizio.

Questi cambiamenti sono interpretabili come la diretta conseguenza di un insieme di mutamenti sociali, che, dalla fine degli anni ‘60 in poi, hanno portato le famiglie a richiedere un’assistenza sempre maggiore e diversifica-ta da parte dei servizi all’infanzia:

• La riduzione dell’ampiezza media della famiglia. Nel corso degli ulti-mi quarant’anni c’è stata una progressiva riduzione dei componenti delle famiglie italiane, legata a fenomeni come l’aumento del benessere eco-nomico e sociale, la rivoluzione sessuale avvenuta a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70, l’allungamento della durata della formazione individuale e il cambiamento del significato sociale del “fare famiglia”, non più un pas-saggio obbligato per entrare nella vita adulta, ma una scelta (Naldini,

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Saraceno, 2007). Per questo insieme di ragioni l’ampiezza media delle famiglie italiane si è ridotta drasticamente fino ad arrivare alle 2,5 unità dell’anno 2007 (Istat, 2010a), a causa della diffusione delle famiglie con un solo componente (26,4% dei nuclei familiari contro il 19,3% rilevato nel 1988), dell’aumento delle coppie senza figli (il 20,2% dei nuclei fami-liari contro il 17,8% rilevato nel 1988) e della diminuzione delle coppie con figli (il 38,6% dei nuclei familiari contro il 49,4% rilevato nel 1988).

• L’indebolimento dei legami inter-familiari. I nuclei familiari sono sempre più piccoli e, allo stesso tempo, sempre più numerosi, arrivan-do a formare due insiemi di famiglie legate da rapporti di parentela: le famiglie “giovani” con figli e le famiglie “anziane”, i cui figli sono usciti da casa, seguendo i propri progetti di vita individuali e spesso allonta-nandosi notevolmente dal luogo di nascita (Barbagli, Saraceno, 1997). In questo contesto, le relazioni tra parenti sono meno vincolate di un tempo da doveri e obblighi prestabiliti, risultando più o meno forti a seconda dei bisogni, dei desideri e delle preferenze individuali (Naldini, Saraceno, 2007). Conseguentemente, le reti parentali risultano indebolite, non pre-sentandosi più come fonti di aiuto date per scontate nella cura e nell’edu-cazione dei figli e, più in generale, nel sostegno degli impegni familiari.

• La difficoltà di trovare modelli educativi di riferimento. Nella con-temporaneità le scelte educative sono diventate il frutto esclusivo delle decisioni della coppia che, seguendo i valori e gli orientamenti indivi-duali, arriva ad elaborare un proprio stile educativo (Restuccia Saitta, 2002). La pluralità dei valori presenti in una società complessa e l’inade-guatezza spesso attribuita ai modelli educativi proposti dalle generazioni precedenti, mette i genitori in una situazione di crescente difficoltà nello svolgere il loro ruolo.

Gli attuali genitori sono quindi sempre più liberi dalla tradizione nello scegliere come crescere i figli e, allo stesso tempo, sempre più soli nel farlo, andando spesso alla ricerca di momenti di confronto e condivisio-ne sia con gli altri genitori che con operatori e professionisti, in grado di orientarli nei loro compiti educativi (Di Nicola, 2002).

• L’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Uno dei mutamenti sociali più importanti degli ultimi decenni è senz’altro co-stituito dal forte incremento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e in particolare delle madri. Queste ultime un tempo rimane-vano nel mercato del lavoro fino alla nascita del primo figlio, oggi nella maggior parte dei casi rientrano al lavoro dopo un periodo più o meno lungo di sospensione lavorativa (Ministero del Lavoro e delle Politiche

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Sociali, 2006). Questo cambiamento ha indebolito il modello familiare tradizionale, di stampo fortemente patriarcale e basato sulla totale di-sponibilità della donna a farsi carico dei compiti legati alla vita familiare, senza però portare all’affermazione di un modello “equo” in cui i membri si impegnano egualmente nei lavori di cura della casa e dei figli (Micheli, 2002). Ad esempio, dall’ultima rilevazione Istat inerente la suddivisione del lavoro di cura nelle coppie (Istat 2010b), emerge che gli uomini, no-nostante abbiano aumentato la loro presenza nella sfera familiare, sono ancora lontani da raggiungere un impegno pari a quello delle partner nel lavoro familiare (nel 2009 il 76,2% del lavoro domestico è ancora a carico delle donne, un valore di poco più basso del 77,6% rilevato nel 2003).

• L’avvento del post-fordismo. Dagli anni ‘70 vi è stato un graduale pas-saggio da un sistema produttivo, comunemente detto fordismo, all’era del lavoro post-fordista, caratterizzata da un insieme di cambiamen-ti nella produzione di beni e servizi, che hanno portato gli individui a sviluppare legami sempre più deboli e multipli con le organizzazioni la-vorative (Beck, 1999; Bologna, 2007). In questo quadro si ha una forte frammentazione dei tempi lavorativi individuali, fortemente irregolari e dipendenti dalle richieste provenienti dal mercato, portando quindi i genitori a chiedere servizi flessibili e adatti alle loro differenti esigenze lavorative.

Oggigiorno, quindi, le famiglie italiane sono tendenzialmente piccole, con legami di parentela più deboli di un tempo, composte da madri e padri dal-la vita lavorativa imprevedibile e spesso soli di fronte al loro difficile ruolo di genitori. In questo scenario si è avuto un aumento e una differenziazio-ne della domanda di assistenza da parte delle famiglie, portando ad alcuni cambiamenti nei servizi all’infanzia destinati a bambini in età prescolare.

Innanzitutto ad essere mutato è l’asilo nido, che attualmente si configura come “luogo di cura e di educazione extradomestica per bambini di età com-presa tra 0 e 3 anni, organizzato e condotto da personale professionalmente esperto in stretta collaborazione con le famiglie” (Bondioli, 2003: 83).

Un primo cambiamento importante riguarda gli scopi degli asili nido. Ini-zialmente gli asili erano concepiti come servizi finalizzati all’accudimento dei bambini durante l’orario lavorativo delle madri, nel corso degli anni sono diventati dei servizi educativi veri e propri, spesso dotati di personale e progetti educativi di alta qualità (Galardini, 2003). Nel corso degli anni ’70, di fronte ad una crescente richiesta del servizio da parte di famiglie con entrambi i genitori lavoratori, gli asili nido sono diventati dei servizi sempre più utilizzati, attirando l’interesse di studiosi di diverse discipline, prove-

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nienti in particolar modo dalla psicologia infantile e dalla pedagogia. Da questo momento in poi, si sono sviluppate riflessioni congiunte tra opera-tori, famiglie ed esperti, facendo crescere negli asili nido la consapevolezza che i bambini assieme alla necessità di accudimento, abbiano esigenze di socializzazione, segnalate dal forte interesse nutrito verso i propri coetanei una volta inseriti in contesti collettivi (Musatti, 1997).

Un secondo cambiamento rilevante riguarda la natura dei nidi, infatti la crescente domanda di questo servizio da parte delle famiglie ha messo in difficoltà i Comuni italiani, i quali, ad oggi, sono arrivati a prendere in cari-co solo il 10,4% dei bambini tra 0 e 2 anni presenti sul territorio nazionale, percentuale che sale nel Nord e nel Centro Italia (ad esempio 28,4% in Valle d’Aosta, 28,1% in Emilia Romagna, 21,5% in Toscana, 12% in Veneto - Istat, 2010c). Questa situazione ha portato alla diffusione di iniziative ad opera di soggetti privati, che in alcuni casi seguono il modello comunale, men-tre in altri si differenziano nella grandezza (come nel caso dei micronidi) o nell’utenza (come nel caso dei nidi aziendali), pur rimanendo sostanzial-mente simili negli scopi di cura ed educazione extradomiciliare. A seguito della proliferazione di nidi privati, i Comuni e le Regioni hanno iniziato a introdurre l’obbligatorietà del possesso di un’ autorizzazione pubblica per poter operare in un settore così importante, ottenibile solo attraverso il ri-spetto di alcuni standard qualitativi specifici (strutturali, tecnologici, fun-zionali ed organizzativi).

Un terzo elemento di novità è dato dall’affermarsi, a partire dagli anni ‘80, di una maggiore attenzione alla presenza di genitori, sempre più bisognosi di sostegno pedagogico e psicologico nello svolgimento del loro ruolo. Inol-tre, tra gli educatori del nido è maturata la consapevolezza che la partecipa-zione dei genitori porta anche al miglioramento delle relazioni con i bambi-ni (Catarsi, 2010). Per queste ragioni negli asili nido, alle riunioni collettive, sono stati affiancati dei colloqui individuali con il personale educativo e si sono diffuse iniziative volte a favorire l’incontro e il confronto tra genitori.

Anche la scuola dell’infanzia negli ultimi anni è andata incontro ad alcuni cambiamenti rilevanti, diventando un servizio che “concorre, nell’ambito del sistema scolastico, a promuovere la formazione integrale della persona-lità dei bambini dai tre ai sei anni di età (...) perseguendo sia l’acquisizione di capacità e di competenze di tipo comunicativo, espressivo, logico ed ope-rativo, sia una equilibrata maturazione ed organizzazione delle componenti cognitive, affettive, sociali e morali della personalità” (dal Decreto Ministe-riale del 3 giugno 1991).

La scuola dell’infanzia trova le sue origini negli enti assistenzialistici pro-

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mossi dagli ordini religiosi, venendo poi riconosciuta dallo Stato con la legge 444 del 1968 e prendendo la denominazione corrente con gli “Orien-tamenti dell’attività educativa per la Scuola Materna statale” del 1991, dettati dall’allora Ministro dell’Istruzione Riccardo Misasi, che ne hanno riconosciuto la fondamentale funzione educativa.

La crescente importanza data dalle famiglie a questo servizio, per esigenze sia di accudimento che formative, ha portato un servizio inizialmente assi-stenziale a divenire parte integrante del sistema scolastico (Capaldo, Ron-danini, 2008). Allo stato attuale le scuole dell’infanzia pubbliche, statali co-munali e private, spesso di ispirazione religiosa e federate alla Federazione Italiana Scuole Materne1, sono largamente presenti sul territorio nazionale, coprendo la maggior parte delle richieste dei genitori con figli di età com-presa tra i 3 e i 6 anni.

In questo percorso di cambiamento le scuole dell’infanzia si sono trovate a rapportarsi con un’ utenza sempre più diversificata, sia a causa della plura-lità degli stili educativi dei genitori, sia per le peculiarità dei diversi contesti territoriali di riferimento. Per queste ragioni, a seguito della legge delega n. 59/97, meglio nota come legge Bassanini (dal cognome dell’allora Mini-stro della Funzione Pubblica), il Ministero dell’Istruzione ha attribuito una maggiore autonomia alle scuole dell’infanzia, dando loro l’opportunità di elaborare percorsi didattici individualizzati e piani dell’ offerta formativa basati sulle specifiche esigenze dell’utenza. Conseguentemente, gli inse-gnanti sono stati messi nelle condizioni di formulare programmi e offerte formative adatte alle esigenze di famiglie sempre più eterogenee nei riferi-menti educativi, in modo da consentire un rapporto armonioso tra educa-zione scolastica ed educazione familiare. Inoltre, nelle scuole dell’infanzia, analogamente a quanto accaduto negli asili nido, vi è stata una crescente attenzione ai genitori, mettendo in primo piano il rapporto con loro e pro-ponendo anche in questo caso iniziative volte a sostenerli nei loro compiti educativi e a favorire l’incontro e l’aggregazione tra famiglie.

In questo scenario di cambiamento, all’asilo nido e alla scuola dell’infan-zia, si sono affiancati un insieme di servizi, denominati integrativi (nella tabella 1 se ne propone un riassunto), assai diversi tra loro nelle finalità per-seguite e nei modelli organizzativi adottati (Di Nicola, 2008a). Tali servizi sono detti “integrativi” poiché hanno l’obiettivo di supportare ed affiancare l’azione dei servizi all’infanzia preesistenti e, in particolare, degli asili nido

1. La Federazione Italiana Scuole Materne è stata costituita nel 1973 dalla Conferenza Episcopale Italiana, aggregando attualmente circa 8.000 scuole dell’infanzia cattoliche o, comunque, di ispirazione cristiana (dal sito www.fism.net).

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comunali, ancora lontani dal coprire la richiesta proveniente dalle famiglie e spesso aventi modalità di frequenza eccessivamente rigide e inadatte agli orari lavorativi dei genitori (Martignani, 2008). Nonostante il target di rife-rimento della maggior parte dei servizi integrativi sia costituito da bambini con meno di 3 anni, spesso questi accolgono e formulano proposte indi-rizzate anche a famiglie con figli che frequentano le scuole dell’infanzia. Il passo più importante nel riconoscimento della funzione dei servizi integra-tivi, comparsi in Italia negli anni ’80, è stata senz’altro l’approvazione della legge n. 285/97, contenente le “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”, nelle quali viene incoraggiata la sperimentazione e la diffusione, ad opera di enti pubblici e soggetti privati, di servizi indirizzati ai bambini in età prescolare.

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Tabella 1 - Quadro riassuntivo dei servizi all’infanzia integrativi

Nome Età utenza

Servizio o attività previste

Nido Famiglia 0-3 anni E’ un luogo che accoglie i bambini in una casa appositamente attrezzata, in cui un educatore assicura loro cure familiari, inclusi i pasti e il riposo pomeridiano, secondo criteri e modi di lavoro consapevoli degli obiettivi educativi.

Spazio gioco 18 mesi

3 anni

E’ un luogo in cui i bambini sono accolti la mattina o il pomeriggio per un tempo massimo di 5 ore. L’accoglienza è articolata in modo da consentire una frequenza diversificata in rapporto alle esigenza dell’utenza.

Ludoteche 3–10 anni

Nascono dall’esigenza di favorire la cultura e la pratica del gioco. Gli operatori si occupano di organizzare attività coinvolgendo bambini e genitori, per questi ultimi sono previsti spazi in cui possano socializzare tra loro.

Centro infanzia

1- 6 anni E’ un servizio organizzato sulla base di percorsi pedagogici flessibili, indirizzati a bambini di età molto differenti tra loro.

Attività innovativa di atelier

15 mesi

3 anni

E’ un servizio rivolto ai bambini di età compresa tra i quindici e i trentasei mesi e agli adulti che li accompagnano. Si svolge presso un nido in orario pomeridiano, proponendo attività ludiche ai bambini e occasioni di incontro e scambio di esperienze e saperi tra genitori

Tempo per la famiglia

0-3 anni Si propongono come luoghi di incontro per bambine e bambini da zero a tre anni e per gli adulti che li accompagnano, offrendo sia attività ludiche per i bambini che percorsi formativi e servizi di consulenza per la famiglia.

Fonte: Martignani, 2008, pp 134-136

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Seppur sia complesso sintetizzare le caratteristiche dei servizi all’infanzia integrativi, differenti nei modelli organizzativi e negli obiettivi pedagogici, diverse ricerche individuano in questi, tre elementi distintivi (Balduzzi, Ma-nini, Gherardi, 2002; Oldini, 2005; Di Nicola, 2008a).

In primo luogo, i servizi integrativi si presentano come servizi educativi aggiuntivi e non sostitutivi a quelli già esistenti, finalizzati a compensare nell’offerta formativa e nelle modalità di accesso, la rigidità spesso attribu-ita a servizi quali l’asilo nido e la scuola dell’infanzia. Infatti, buona parte dei servizi innovativi si distingue per i criteri d’accesso elastici e per gli orari estremamente flessibili, in alcuni casi totalmente liberi e in altri organizzati per giorni ed orari concordati di volta in volta dai genitori con il personale educativo.

In secondo luogo, le nuove tipologie di servizi vedono un’entrata importante dei privati nella loro gestione. Infatti, accanto a servizi totalmente gestiti dal pubblico, si hanno servizi privati accreditati e servizi erogati su appalto, a cui si aggiungono le numerose iniziative che vedono i soggetti del privato sociale in veste di proponenti attivi e gestori.

In terzo luogo, i servizi all’infanzia integrativi si possono suddividere in due filoni con finalità differenti. Da una parte si trovano i servizi finalizzati a prendersi cura dei bambini senza la presenza dei genitori, dall’altra si tro-vano iniziative orientate al sostegno e al potenziamento delle competenze delle madri e dei padri, creando momenti di compresenza adulto-bambino-personale educativo in spazi attrezzati, attivando corsi per genitori e così via. In quest’ultimo tipo di servizi si mira a sfumare la netta separazione tra dimensione educativa familiare e professionale, creando contesti misti dove i bambini possano interagire allo stesso tempo con altri bambini, con gli educatori e con i propri genitori, e in cui questi ultimi abbiano la possi-bilità di entrare in possesso di conoscenze professionali e profane utili allo svolgimento del loro ruolo.

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IL CONTESTO E LA METODOLOGIA DELLA RICERCA

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2. Il contesto e la metodologia della ricercaDopo aver affrontato i principali cambiamenti avvenuti nelle famiglie e, conseguentemente, nei servizi all’infanzia italiani, viene proposta una breve panoramica sul contesto territoriale in cui si è svolta la ricerca, la 2^ Circo-scrizione del Comune di Verona, per poi illustrare la metodologia adottata.

2.1 Il territorio della 2^ Circoscrizione del Comune di VeronaPer avere un’ immagine completa delle famiglie residenti nella 2^ Circoscri-zione del Comune di Verona, situata nella zona Nord Ovest del Comune di Verona e comprensiva di cinque quartieri (Parona, Quinzano, Avesa, Valdo-nega, Borgo Trento e Ponte Crencano), appare utile riferirsi ai dati riportati dalla monografia “Famiglie residenti al 31.12.2008”, curata dall’Ufficio co-munale di statistica (2010). Da questa indagine emerge un’immagine delle famiglie veronesi che riflette i mutamenti avvenuti sul territorio nazionale descritti nel capitolo precedente.

Nella 2^ Circoscrizione sono presenti 37.190 abitanti e 17.179 famiglie, di cui 6505 sono famiglie con figli. Tra quest’ultime prevalgono le famiglie con un solo figlio (53,2%), seguite dalle famiglie con 2 figli (37,7%) e, in coda, dalle famiglie con più di 2 figli (9,1%). Se si guarda al numero di componenti delle famiglie con figli presenti su questo territorio, 2585 famiglie (39,7%) hanno 3 componenti, 2095 (32,2%) ne hanno 4, 1194 (18,3%) ne hanno 2 e le restanti 631 (9,8%) ne hanno più di 4, confermando la progressiva dimi-nuzione dell’ampiezza media della famiglia rilevata a livello nazionale (Istat 2010a).

Al fine di comprendere le caratteristiche della rete dei servizi all’infanzia presente sul territorio, preliminarmente alla fase di ricerca si è effettuata una mappatura dei servizi all’infanzia destinati ai bambini in età prescolare della 2^ Circoscrizione e delle zone limitrofe, con un’attenzione particolare al vicino quartiere di San Zeno - San Bernardino. A questo scopo si è rivelato fondamentale il supporto dell’Ufficio Nidi e Servizi per l’infanzia del Comu-ne di Verona e la disponibilità dei responsabili dei diversi servizi all’infanzia presenti sul territorio.

L’immagine emersa dalla mappatura in allegato, riflette le tendenze presen-ti a livello nazionale sopra evidenziate, infatti nella 2^ Circoscrizione sono presenti:

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• 10 nidi d’infanzia, di cui 3 asili nido comunali, 6 micronidi privati (4 accreditati e 2 autorizzati) e un nido aziendale autorizzato;

• 6 scuole dell’infanzia pubbliche, di cui 5 comunali e una statale, e 5 scuole dell’infanzia private, tutte paritarie e aderenti alla Federazione Italiana Scuole Materne;

• 2 Nidi in famiglia e un Tempo per la famiglia, i primi sono servizi ero-gati da privati in collaborazione con la Regione, mentre i secondi sono servizi comunali in cui è prevista la collaborazione di operatori di asso-ciazioni e/o cooperative presenti sul territorio.

Da questi dati innanzitutto traspare una netta prevalenza dei nidi privati rispetto a quelli pubblici, dei quali una parte è accreditata, fornendo presta-zioni con l’impiego di risorse pubbliche, e una parte è autorizzata, cioè ha semplicemente la possibilità di operare fornendo liberamente al cittadino i servizi dichiarati. Gli asili nido comunali nell’anno 2009/2010 ospitavano 178 bambini, su un totale di 1092 bambini di età compresa tra gli 0 e i 3 anni residenti nella 2^ Circoscrizione, arrivando a coprire il 16,3% della fa-scia d’età considerata. Perciò nella 2^ Circoscrizione del Comune di Verona, come nel resto del Veneto (Istat 2010c), vi è un certo affanno da parte delle strutture comunali a rispondere alla domanda proveniente dalle famiglie.

Le scuole dell’infanzia pubbliche sono invece ampiamente presenti sul ter-ritorio e superano in numerosità le strutture private, ospitando 456 bam-bini, nel caso delle strutture comunali, e 71 bambini, per quanto riguarda le strutture statali. Nell’anno scolastico 2009/2010 le scuole dell’infanzia pubbliche ospitavano quindi 527 bambini, su un totale di 576 bambini di età compresa tra i 4 e i 5 anni, arrivando a coprire il 91% dei bambini di questa fascia d’età. Questa percentuale è indicativa dell’alta copertura territoriale delle scuole dell’infanzia pubbliche, tuttavia bisogna ricordare che la scuola dell’infanzia ospita anche bambini di 3 anni (2 e mezzo nel caso non abbiano frequentato il nido) e di 6 anni. Poiché i dati forniti dal Comune sono aggre-gati per fasce d’età, non è stato possibile fornire un indice di presa in carico preciso, come fatto solitamente dall’Istat (2010c).

Questa rete di servizi all’infanzia si inserisce in un contesto più ampio di ri-cerca di strumenti pensati per dare sostegno alle madri e ai padri nella cura e nell’educazione dei figli, permettendo loro di svolgere il ruolo di genitori e, allo stesso tempo, di non rinunciare alla propria vita lavorativa e sociale.

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In particolar modo risulta importante il ruolo della Regione Veneto, che ha attuato diverse misure volte a potenziare le reti dei servizi all’infanzia pre-senti sul territorio, tra queste ricordiamo:

• la Legge Regionale n. 22 del 2002, volta a regolare l’esponenziale na-scita di servizi all’infanzia privati, introducendo il concetto di “obbliga-torietà” del possesso di una autorizzazione pubblica per poter operare in un settore così importante. Successivamente è stata emanata una nuova normativa (deliberazioni della Giunta Regionale n. 84 e n. 2067 del 2007), nella quale si elencano gli standard specifici (strutturali, tec-nologici, funzionali ed organizzativi) che un nido deve avere per essere autorizzato ad operare ed essere accreditato, beneficiando di contributi e finanziamenti pubblici;

• il progetto regionale “Nido in famiglia”, nato su iniziativa della Regione Veneto in collaborazione con l’Osservatorio Regionale Nuove Generazio-ni e Famiglia, è finalizzato a promuovere e coordinare la diffusione sul territorio di questi servizi all’infanzia integrativi, caratterizzati dal loro svolgersi presso abitazioni civili. Per raggiungere questo obiettivo, la Re-gione ha messo a disposizione finanziamenti e percorsi formativi volti ad incoraggiare i privati ad erogare questo tipo di servizio e a garantire il raggiungimento di standard di qualità elevati;

• il progetto regionale “Centri per la Famiglia”, mirato a favorire la na-scita di centri per la famiglia, strutture innovative previste dalla delibera della Giunta Regionale n. 3915 del 2008, che offrano servizi diversificati di informazione, formazione e sostegno alle famiglie. Si tratta quindi di centri finalizzati sia a favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia (attra-verso servizi socio educativi destinati a bambini in età prescolare, servizi di baby-sitting, ecc.) sia a sostenere i genitori nello svolgimento del loro ruolo (attraverso corsi di formazione, gruppi di mutuo aiuto, gruppi di ascolto, ecc.).

2.2 Popolazione di riferimento e campione della ricercaNella presente ricerca si è seguita una metodologia qualitativa, mirata a comprendere in maniera articolata le problematiche considerate, sceglien-do 14 famiglie residenti nella 2^ Circoscrizione e intervistandone i genitori con la tecnica dell’intervista in profondità, per un totale di 25 interviste rac-colte tra l’agosto e l’ottobre del 2010.

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Preliminarmente a queste interviste, sono state svolte 4 interviste ad os-servatori privilegiati, vale a dire a persone che, nonostante non rientrino nel campione studiato, risultano in possesso di competenze e conoscenze importanti al fine della comprensione del fenomeno considerato (Corbetta, 1999). In particolare sono state intervistate la coordinatrice pedagogica di un asilo nido comunale, la coordinatrice pedagogica di una scuola dell’in-fanzia privata, la responsabile di un Tempo per la famiglia e due operatrici di un consultorio dell’USSL 20. Le interviste agli osservatori privilegiati si sono rivelate importanti per avere un’immagine completa e sfaccettata sia della rete di servizi presente sul territorio sia delle caratteristiche dell’uten-za. Sulla base di queste interviste si è potuto perfezionare la traccia di argo-menti da affrontare nel corso delle interviste alle famiglie, nonché compren-dere quali fossero i criteri migliori per scegliere la popolazione e il campione di riferimento.

Il campione1 di famiglie intervistate è stato selezionato tra la popolazione di riferimento, vale a dire le famiglie residenti nel territorio della 2^ Circo-scrizione, con figli di età compresa tra gli 0 e i 6 anni, iscritti al nido o alla scuola dell’infanzia.

La scelta di concentrarsi su queste tipologie di famiglie è motivata dalla ne-cessità di avere un’immagine approfondita dell’utilizzo che le famiglie fan-no dei due servizi all’infanzia più diffusi per bambini in età prescolare. Se l’utilizzo della scuola dell’infanzia è ormai dato per scontato dalla maggior parte delle famiglie italiane (Capaldo, Rondanini, 2008), l’asilo nido è un servizio sempre più richiesto, anche se utilizzato ancora da una minoranza delle famiglie con bambini di età compresa tra gli 0 e i 3 anni (Istat, 2010c). Si è scelto quindi di intervistare, insieme alle famiglie che frequentano le scuole dell’infanzia, famiglie con figli iscritti all’asilo nido, per avere una im-magine approfondita del rapporto tra i genitori e le problematiche di questo servizio, come ad esempio il numero di posti presenti nei nidi pubblici e la qualità del servizio dei privati. All’interno di questa popolazione di rife-rimento sono state selezionate 14 famiglie (Tabella 2) seguendo il criterio di campionamento “a scelta ragionata” (Corbetta, 1999), cioè scegliendole sulla base di alcune loro caratteristiche, al fine di avere una comprensione approfondita e sfaccettata del fenomeno studiato.

1. Per campione si intende l’insieme dei casi scelti tra una popolazione di riferimento, vale a dire tra l’insieme di unità che costituiscono l’oggetto della ricerca.

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Tabella 2 - Caratteristiche del campione

Età dei figli

Ampiezza nucleo familiare 0-3 anni 3-6 anni Totale

Coppia con un figlio 2 2 4

Coppia con due figli 2 2 4

Coppia con più di due figli 2 2 4

Famiglia monogenitoriale 1 1 2

Totale 7 7 14

Le famiglie sono state contattate grazie all’intervento di diversi attori, in particolare: l’Associazione Le Fate Onlus e i Servizi Tutela Minori e Po-litiche dell’Accoglienza del Comune di Verona, dotati di un ampia rete di relazioni sviluppata sul territorio; il ricercatore stesso, che ha utilizzato le proprie conoscenze personali per contattare famiglie da coinvolgere; alcune delle famiglie intervistate, resesi disponibili nel fare da intermediarie con altre famiglie potenzialmente interessate alla ricerca.

Come si può vedere dalla Tabella 2 i criteri seguiti nella scelta del campione sono stati due:

1. L’ampiezza della famiglia: le famiglie sono state scelte innanzitutto per la loro ampiezza che, adoperando le categorie solitamente utilizzate dall’Istat (2006), può essere suddivisa in tre tipologie: coppia con un figlio, coppia con due figli e coppia con più di due figli. Questo criterio appare importan-te al fine di confrontarsi con famiglie che hanno bisogni differenti e che, conseguentemente, utilizzano in maniera diversa i servizi all’infanzia e le reti parentali e amicali. In particolare, le famiglie con più figli solitamente accedono ad una quantità maggiore di strutture che erogano servizi all’in-fanzia, contribuendo a dare un’immagine approfondita e sfaccettata di que-ste ultime, delle differenze che le contraddistinguono e delle affinità che le accomunano.

Accanto a 12 famiglie “di coppia”, sono state considerate 2 famiglie mo-nogenitoriali, nuclei familiari in continuo aumento e aventi generalmente una maggiore necessità di sostegno da parte delle reti parentali e dei servizi all’infanzia presenti sul territorio (Zanatta, 2003). In entrambi i casi si sono scelte due monogenitoriali femminili, nettamente prevalenti sul territorio

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italiano rispetto a quelle maschili (Istat, 2006).

2. Età dei figli: le famiglie inoltre sono state scelte per la fascia d’età dei figli presenti nel nucleo familiare, distinguendo tra la fascia dagli 0 ai 3 anni e la fascia dai 3 ai 6 anni. Si sono scelte quindi 7 famiglie con almeno un figlio nella prima fascia d’età e 7 famiglie con almeno un figlio nella seconda fascia d’età.

Questo criterio appare importante poiché al variare dell’età cambiano le esi-genze dei bambini, sia fisiologiche che educative, i tipi di servizi all’infanzia utilizzati e la facilità di accesso a questi. Come già accennato in precedenza, la prima fascia d’età frequenta i nidi e la seconda le scuole dell’infanzia, servizi che hanno problematiche e propongono attività molto diverse tra loro. Inoltre, intervistando famiglie con bambini di età differenti, si pos-sono comprendere i diversi modi con cui queste scelgono e attraversano i differenti servizi integrativi presenti sul territorio, indirizzati a fasce d’età eterogenee.

A margine è necessario compiere due osservazioni aggiuntive relativamente alla natura del campione.

Innanzitutto, scegliendo come popolazione di riferimento famiglie con figli iscritti all’asilo nido o alla scuola dell’infanzia, ci si è rivolti ad un universo di famiglie che hanno la necessità di un servizio educativo full time che accudi-sca i bambini senza la presenza dei genitori. Per questa ragione in solo una delle famiglie intervistate vi è un genitore non lavoratore, nel caso specifico la mamma della Famiglia 8, negli altri casi tutti i genitori sono impegnati in attività lavorative retribuite, anche se con carichi di ore e con modalità contrattuali differenti.

In secondo luogo, a ricerca iniziata si è scelto di includere nel campione due famiglie migranti, (la Famiglia 6 e la Famiglia 8, provenienti rispetti-vamente dall’Albania e dalla Nigeria), al fine di comprenderne le eventua-li peculiarità, segnalate da diverse ricerche (a fini di approfondimento si veda: Ambrosini, 2008), nell’accedere ai servizi all’infanzia, nell’utilizzare le reti parentali o nel sopperire alla loro mancanza e, più in generale, nel provvedere alla cura e alla crescita dei propri figli. Nella Famiglia 8 non è stato possibile intervistare la madre, in quanto non ancora in possesso di una padronanza della lingua italiana tale da sostenere un’intervista. Con-seguentemente il padre, residente in Italia da più tempo, ha fornito alcune informazioni importanti per comprendere il ruolo della madre nella cura quotidiana dei figli.

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2.3 Tecniche di rilevazione e metodi di analisiLa tecnica adoperata per la rilevazione dei dati è stata “l’intervista in profon-dità”, intesa come una tipologia d’intervista in cui l’intervistatore dispone di una scaletta di domande volte a incoraggiare l’intervistato ad affrontare un insieme di argomenti interessanti al fine della ricerca svolta (Silverman, 1997). In questa tipologia d’intervista la sequenza delle domande e il modo di porle possono variare a seconda del tipo di interazione che si stabilisce tra intervistato ed intervistatore (ad esempio spesso accade che l’intervistato affronti di sua spontanea volontà alcuni argomenti senza bisogno di essere incoraggiato con delle domande apposite). In particolare, le interviste hanno toccato i seguenti punti:

• Intrecciarsi della vita lavorativa e familiare nella quotidianità • Attività di cura ed educazione svolte dai genitori• Descrizione delle tipologie di servizi all’infanzia utilizzati, delle attività proposte da questi e dei rapporti intrattenuti con il personale educativo e con i genitori degli altri bambini iscritti al servizio• Valutazione delle criticità emerse nel corso dell’utilizzo dei servizi all’in-fanzia• Descrizione delle reti familiari e amicali sulle quali il nucleo familiare si appoggia e delle attività svolte da e con questi • Valutazione dell’importanza di queste reti nella cura e nella crescita del bambino• Aspettative di cambiamento nei confronti dei servizi all’infanzia

Le interviste sono state realizzate separatamente con le madri e con i pa-dri delle famiglie considerate, per un totale di 25 intervistati. Per quanto ri-guarda le famiglie con figli di età differenti, le interviste si sono concentrate principalmente sulla cura dei figli compresi nella fascia d’età interessata (ad esempio: in una famiglia con tre figli, scelta per la presenza di un bambino con età compresa tra gli 0 e i 3 anni, ci si è focalizzati sulle attività di cura indirizzate ad esso); nonostante questo si è dato spazio anche a valutazioni e a considerazioni riguardanti la cura e le esigenze degli altri figli.

Una volta raccolte, le interviste sono state trascritte e, infine, analizzate at-traverso “l’analisi del contenuto” (Silverman, 1997; Cardano, 2003), metodo di analisi ampiamente utilizzato nella ricerca sociale, nel quale si elabora un sistema di categorie e sottocategorie a partire dall’analisi dei contenuti signi-ficativi all’interno dei testi. Seguendo questo metodo si arriva ad identificare sistematicamente delle unità di intervista, racchiudendole in categorie sud-divise per argomenti e mettendo in risalto le evidenze tematiche e contenuti-stiche emerse nel corso della ricerca.

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Per illustrare nella maniera più chiara possibile il metodo d’analisi utilizzato si ricorrerà ad un esempio. Nel corso delle interviste è emersa con forza la te-matica del rapporto con gli educatori dell’asilo nido, conseguentemente si è costruita la categoria “interazione con gli educatori dell’asilo”. Analizzando le unità di interviste riguardanti questa tematica si è rilevato che i momenti più frequenti di interazione con gli educatori sono l’accompagnamento, il ritiro del bambino, le riunioni collettive e i colloqui individuali su appuntamento, per ognuno di questi momenti si è costruita una sottocategoria. Analizzando ciascuna sottocategoria sono emersi i diversi significati attribuiti dagli in-tervistati ai singoli momenti di interazione, ponendoli a confronto tra loro e mettendone in evidenza le regolarità (ad esempio: l’accompagnamento è un momento generalmente ritenuto delicato per il bambino e in cui il genito-re è di fretta a causa degli impegni lavorativi, questi fattori compromettono una comunicazione serena con il personale educativo; il ritiro si presenta invece come un’occasione di confronto, in cui i genitori si soffermano qual-che minuto con gli educatori a scambiarsi informazioni e pareri, riguardanti soprattutto le esperienze intraprese dal bambino nel corso della giornata e il suo benessere fisiologico). Procedendo in questa maniera sono emersi alcuni temi ritenuti particolarmente importanti per i genitori, la cui analisi è servita a raggiungere in maniera approfondita gli obiettivi conoscitivi della ricerca.

Nelle prossime pagine, al fine di garantire l’anonimato degli intervistati, ci si riferirà a loro attraverso l’uso di acronimi, nei quali sarà indicato il nucleo familiare d’appartenenza (seguendo la numerazione mostrata dalla Tabella 3), indicando con la lettera P le interviste dei padri e con la M quelle delle madri (ad esempio: la mamma della famiglia 1 è stata etichettata come M1, il papà della famiglia 12 come P12, e così via). Inoltre, a questo scopo, si sono tolti tutti i riferimenti che potrebbero rendere riconoscibili gli intervistati, come ad esempio i nomi dei figli, il luogo di lavoro, il nome delle strutture per l’infanzia frequentate e così via.

Tabella 3 - La numerazione delle famiglie intervistate

Età dei figli

Ampiezza nucleo familiare 0-3 anni 3-6 anni

Coppia con un figlio Fam 1, Fam 2 Fam 3, Fam 4

Coppia con due figli Fam 5, Fam 6 Fam 7, Fam 8

Coppia con più di due figli Fam 9, Fam 10 Fam 11, Fam 12

Famiglia monogenitoriale Fam 13 Fam 14

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GENITORI, NONNI E AMICI: LA CURA

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3. Genitori, nonni e amici: la cura quotidiana dei figli al di fuori dei servizi all’infanziaNel presente capitolo ci si occuperà di comprendere i modi attraverso cui le madri e i padri delle famiglie intervistate provvedono alla cura dei propri figli quando questi non frequentano i servizi all’infanzia presenti sul terri-torio.

In maniera preliminare, appare necessario precisare che con il termine “lavoro di cura” non si intende indicare un’attività ben precisa e delimita-ta, bensì un lavoro multiplo che include un insieme di pratiche quotidia-ne (Piazza, 1994): il lavoro di cura è un lavoro materiale di cura della casa (lavare, stirare, cucinare), è un lavoro di consumo (ossia di mediazione tra il mercato privato e i bisogni della famiglia), è un lavoro di relazione (di risoluzione dei conflitti interni alla famiglia e all’esterno), è un lavoro di cre-atività (di inventare giochi e attività ludico-motorie per i propri figli), è un lavoro di mediazione con le istituzioni e le agenzie del welfare (nidi, scuole, ospedali, ecc.) e, infine, è un lavoro amministrativo (di gestione delle risorse monetarie e umane della famiglia).

Nel corso delle interviste ci si è concentrati su alcune di queste pratiche, ossia le azioni indirizzate alla cura riguardante i bambini presenti nelle fa-miglie intervistate e, in particolare, i figli di età compresa tra gli 0 e i 6 anni: le cure fisiche, l’accudimento, l’aiuto nello svolgimento dei compiti, le atti-vità ludiche, le attività di lettura, l’accompagnamento dei bambini al nido o alla scuola dell’infanzia e presso le attività sportive o ludiche pomeridiane, il rapportarsi con gli educatori e gli insegnanti dei servizi all’infanzia fre-quentati, ecc.

Innanzitutto ci si soffermerà sui modi attraverso cui le famiglie intervistate provvedono alla cura dei figli nella quotidianità, occupandosi prima delle coppie e poi delle famiglie monogenitoriali, successivamente si indaghe-ranno i tempi e le modalità con cui le reti parentali e amicali supportano i genitori in questo lavoro.

3.1 La suddivisione del lavoro di cura dei figli nelle coppie intervistate Diverse ricerche indicano che, pur essendoci stati notevoli miglioramenti ri-spetto al passato, le coppie italiane sono ben lontane dal modello “dell’equi-tà di genere”, in cui uomini e donne si occupano nella stessa maniera della

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cura della casa e delle persone non autosufficienti presenti in famiglia (bam-bini, anziani, disabili), raggiungendo un equilibrio tra lavoro retribuito e la-voro familiare (Micheli, 2002; Mencarini, Tanturri, 2003; Istat, 2010a). Al contrario, in questi contributi, si segnala che l’entrata nel mondo del lavoro da parte delle donne non è stata compensata da un altrettanto significativo ingresso nel lavoro di cura familiare da parte degli uomini: le donne, anche nel caso in cui lavorino retribuite, sembrano continuare a farsi carico della maggior parte del lavoro domestico. Infatti, nella maggior parte dei paesi mediterranei il lavoro di cura è ancora ritenuto “una cosa delle donne”, le quali sono circondate da norme e aspettative culturali che le vogliono mag-giormente adatte a svolgerlo e, quindi, spesso sovraccaricate di lavoro retri-buito e non retribuito da svolgere a cavallo tra la sfera pubblica, il luogo di lavoro, e la sfera privata, la famiglia (Saraceno, Piccone Stella, 1996; Mason, 2001; Di Nicola, 2008b).

Dalle interviste somministrate alle coppie residenti nella 2^ Circoscrizione del Comune di Verona (di cui 11 sono a doppio reddito e solo una a mono-reddito maschile), emergono tre modelli di suddivisione del lavoro di cura all’interno della coppia:

• il “male breadewinner model”: in cui l’uomo investe il suo tempo e le sue energie nella sfera lavorativa, mentre la donna è impegnata prevalen-temente nella sfera familiare, svolgendo la quasi totalità delle attività di cura della casa e dei figli (Becker, 1981; Mc Donald, 2000);

• il modello “dell’equità di genere”, in cui i membri della coppia perce-piscono entrambi un reddito lavorativo e si impegnano egualmente nei lavori di cura della casa e dei figli, senza nessuna relazione tra genere e ruoli specifici (Micheli, 2002);

• un modello intermedio, nel quale le donne e gli uomini della coppia percepiscono un reddito e sono impegnati nella cura della casa e della fa-miglia, ma con tempi e modi totalmente diversi. In questo caso le donne, oltre a lavorare, investono molto più tempo dei partner nel lavoro di cura e, all’interno di questo, svolgono le attività più impegnative e faticose.

Nelle prossime pagine ci soffermeremo sulle testimonianze delle diverse famiglie intervistate, confrontandole tra loro e riconducendole a questi tre modelli.

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3.1.1 Madri “in regia” e padri “in panchina”: le coppie sospese tra il “male breadwinner model” e l’equità di genere

La maggioranza delle coppie intervistate si discosta sicuramente dal “male breadwinner model”, dove il padre lavora e la madre rimane prevalente-mente a casa ad occuparsi dei figli, rimanendo però distante dal modello di “equità di genere”, in cui il genere non ha nessuna specifica relazione con il lavoro di cura dei figli (Micheli, 2002). Queste famiglie sembrano collocarsi in quell’insieme di coppie a doppio reddito considerate dall’Istat (2010b), in cui le donne, pur lavorando, continuano a svolgere la maggior parte del lavoro familiare (71,4%) e del lavoro di cura dei bambini (65,8%).

Mettendo a confronto i modi attraverso cui le donne e gli uomini delle cop-pie intervistate appartenenti a questo modello intermedio narrano una pro-pria giornata tipo, emergono diversi elementi interessanti inerenti la suddi-visione del lavoro di cura dei figli.

Allora l’organizzazione familiare è indispensabile, quindi siamo abbastanza … rigidi negli orari, insomma nel tenere la successione delle cose da fare, quindi i bambini comunque [devono essere accompagnati] entro le 8 e mez-za … a parte che le elementari chiudono alle otto, perché è una privata, entro le otto e mezza tutti e tre sono posizionati al nido, scuola materna, scuola elementare, per cui sulla fase che va dalla sveglia alla colazione fino alla scuola insomma nell’arco di un’ora siamo a posto (...) fino alle tre e un quar-to, cerco di lavorare fino alle tre e un quarto e poi parto e mi riprendo per cui sostanzialmente non cambia il … l’idea che dopo le tre e mezza io comunque non esisto più per il lavoro, o comunque rispondi al telefono e basta, ma sei qui ecco per cui … insomma mi son data quel tempo per il lavoro e quel tempo per i bambini. (M 10)

La mia giornata tipo, sveglia a un quarto alle sette … , sveglia ad un quarto alla sette, dopodiché sostanzialmente ad un quarto alle otto li carico tutti e tre in macchina … (...) otto e mezza diciamo comincia la giornata, cerco di risolvere queste cose qui, questo a grandissimi linee, alle 5, 5 mezza … alle quattro mia moglie va prendere i bambini, tra le tre mezza e le quattro li prende tutti e tre, io mediamente sono a casa tra le cinque e le sei ok? A quel punto lì io prendo i bambini, in carico, tra virgolette, nel senso che dò una mano a mia moglie tra le cinque e le otto aiuto a gestire i figli a casa ok? Quindi il piccolo farlo giocare, l’altra stare con lei, piuttosto che quando è ora di far la doccia, fare la doccia, cioè ci si dà una mano forte in casa, si-curamente molto di più di quello che era ai nostri tempi, nel senso che mio papà non era così attivo in casa, anche perché mio papà per orario d’ufficio

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arrivava a casa alle sette e mezza, noi eravamo già studiati, lavati, cambiati, dovevamo cenare e dopo andare a letto … mia moglie ha la fortuna di avere uno molto elastico sugli orari, se non sono in città per lavoro non torno, ma se sono in città io mediamente a quell’ora lì sono a casa, quindi dò molto una mano. (P 10)

Mah, se mio marito fa il turno di mattina allora devo andare per forza io, a portarlo a scuola, invece se lui va al pomeriggio a volte lo accompagna lui a scuola e io magari faccio con calma i letti, sistemo la casa prima di andare a lavorare ... si, dipende. Ecco, facendo due turni dipendiamo un po’ da lui, andarlo a prenderlo a scuola è esattamente così, magari se c’è da fare la spe-sa allora andiamo magari a prendere il bimbo tutti e due assieme e si prende la macchina e si fa la spesa (...) preparo la cena, si mangia e basta (…) noi andiamo presto a letto, diciamo una famiglia proprio che … di quelli che alle nove siamo in letto (....) uno magari finisce di lavare i piatti di fare il tutto e l’altro si occupa del bambino, è così. Ecco non abbiamo una suddivisione proprio rigida, ci diamo una mano, io ho un marito bravissimo che aiuta tantissimo sia in cucina che con il bambino. (M 3)

Se sono a casa io e mia moglie va a lavorare più tardi allora, ci organizziamo nel senso che gli facciamo fare la colazione e poi lo laviamo e tutto, cer-chiamo un po’ che anche lui si arrangi un pochino, ma insomma … e poi lo portiamo alla scuola materna e lui entro le otto e mezza deve essere lì, otto e mezza nove, per cui si cerca di essere sempre più o meno in orario e poi lo andiamo a prendere alle quattro e quindi al pomeriggio dopo … qua c’è il parco giochi, proprio affianco a casa nostra, per fortuna, quindi finito l’asilo lo portiamo qua così si sfoga un po’ e poi la sera tardi, sera tardi quindi sette e mezza andiamo a casa a mangiare. (P 3)

Da queste testimonianze emerge come gli uomini e le donne intervistate abbiano obblighi differenti all’interno della sfera domestica e come, in par-ticolare, alle donne venga assegnato un ruolo di “regia”, mentre gli uomini rimangano “in panchina” entrando in gioco nel caso vi sia la necessità (Ven-timiglia, 1996). La mattina e la sera, una volta rientrati dal lavoro, i padri supportano la partner nel lavoro di cura dei bambini e, in generale, della casa, dando però per scontato che la maggior parte di questo spetti natural-mente a quest’ultima. Ad esempio la mamma della famiglia 3 afferma che “ha un marito bravissimo perché dà una mano in cucina”, parallelamente il papà della famiglia 10 afferma che sua moglie è fortunata “ad avere un marito molto elastico negli orari che le dà una mano in casa” e che aiuta molto di più di quanto facesse suo padre quando era piccolo, suggerendo un confronto con gli uomini delle altre famiglie. In queste coppie è dato per

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scontato che i padri stiano “in panchina”, aiutando la madre in caso di ne-cessità, e che vengano giudicati in base alla loro capacità di svolgere questo ruolo, confrontandoli con i familiari, gli amici e i conoscenti dello stesso sesso. Questo può essere interpretato come un modo per non affrontare la disuguaglianza esistente tra uomini e donne all’interno delle coppie nella distribuzione del lavoro di cura, difficilmente accettabile in una società dove il valore dell’uguaglianza di diritti e doveri tra cittadini è ormai universa-le. Confrontando il carico di lavoro familiare svolto dal proprio marito con quello degli altri mariti o paragonandolo al padre dello stesso, si scelgono dei gruppi sociali dal cui confronto emerge l’idea di stare svolgendo una quantità di lavoro giusta e di non essere fautori o vittime di una condizione di ineguaglianza (Major, 1996).

Il modello di genere alla base della suddivisione del lavoro di cura familiare, in cui le donne svolgono un ruolo di “regia” e gli uomini stanno “in panchi-na”, porta a due conseguenze principali.

In primo luogo, come esemplificato nelle interviste appena riportate, nelle coppie riconducibili a questo modello intermedio di suddivisione del lavoro di cura, le donne hanno solitamente lavori meno impegnativi dal punto di vista del tempo richiesto, che permettono loro di tornare a casa prima e di occuparsi dei figli. Questo avviene proprio perché, come rilevato da diverse ricerche (ad esempio: Mencarini, Tanturri, 2003; Istat, 2008), dalla nascita del primo figlio il tempo del lavoro retribuito delle madri tende a contrarsi a favore del lavoro di cura, in modo da assicurare sia una fonte di reddito continuativa per la famiglia che una presenza costante e giornaliera nella cura dei figli. La richiesta del part-time da parte della madre, piuttosto che il cambio di lavoro o la riduzione delle ore destinate all’esercizio della propria professione, nel caso delle libere professioniste, sono alcune delle strategie familiari che emergono dalle interviste raccolte, volte a garantire la presen-za delle madri nella sfera familiare e a metterle nelle condizioni di svolgere il loro ruolo di “regia”.

P 9: Io mi chiedo … non so come faremmo se entrambi facessimo un orario fisso, non so se mia moglie facesse dalle 8 alle 4 tutti i giorni, sarebbe un di-sastro … lo stesso io, insomma … no, io faccio già così, cioè io sono lavorato-re vincolato, insomma … parto alle 8 e torno a casa alle 7, punto. Mia moglie fortunatamente fa i turni quindi magari cinque giorni lavorativi, magari fa due mattine, poi fa un giorno di riposo e un pomeriggio e una notte.

I: “e questa intercambiabilità di orari è stata una cosa che è subentrata dopo la nascita del figlio o c’era già ed è stata, diciamo, una fortuna?”

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P 9: Mah, ripeto lei è un’infermiera e quindi fa i turni, ha sempre fatto turni (interviene la mamma che nel frattempo sta cucinando).

M 9 : Intanto dopo il secondo ho chiesto il part-time! Perché è impossibile se no .... (...) anche se mi prendessi tanti turni, facessi tanti cambi, lavorando perfino il sabato e la domenica per stare a casa di più durante la settimana … scusate se sono intervenuta, forse questa qua era una cosa importante...

Io da * (città distante circa 120 Km da Verona) ho dovuto licenziarmi per-ché con tre [figli] comunque ecco .. io ero già stata in aspettativa due anni, per quello che però ... mentre ero in aspettativa là ho preso questa colla-borazione con l’università qua, per cui da tredici anni diciamo non ho mai smesso di lavorare, è vero anche che avevo smesso sostanzialmente *, poi ho avuto l’ultima gravidanza e poi ho detto “guardate ho la gravidanza e poi mi licenzio” nel senso che se fosse stato per me avrei fatto ancora avanti e indietro per come mi piaceva il lavoro, però logicamente con tre, insomma, ecco, fossi un uomo l’avrei fatto sicuramente, si se fossi stato un papà avrei fatto la pendolare ancora .... la mamma è insomma … è una presa di coscien-za perché se no uno non fa figli insomma generalmente. (M 10)

I due frammenti riportati sono interessanti, in quanto fanno luce su alcune delle strategie adottate dalle famiglie alla nascita dei figli. Nel caso della Famiglia 9, la madre, infermiera, dopo la nascita del secondo figlio ricorre al part-time, mentre nel caso della Famiglia 10 la madre, dopo aver chiesto l’aspettativa dal lavoro di giornalista part-time che svolgeva in un’altra città, alla nascita del terzo figlio si licenzia per poi ricominciare a lavorare come libera professionista da casa.

L’affermazione della mamma della Famiglia 10, “se fossi stata un uomo avrei continuato a fare la pendolare”, è esemplificativa di come vi sia una stretta correlazione tra la strategia familiare di ridurre l’orario di lavoro della madre e le norme e le aspettative culturali che danno per scontato e riproducono lo stereotipo di genere che attribuisce in maniera automatica alle donne caratteristiche tradizionalmente considerate come femminili e, in primo luogo, l’attitudine a prendersi cura dei bambini. Quindi, ritornan-do alla metafora utilizzata da Carmine Ventimiglia (1996), dalle donne ci si aspetta che lavorino e che svolgano un ruolo di “regia” nella cura familiare, nel caso in cui il ruolo lavorativo e il ruolo di cura entrino in collisione, le strategie messe in atto dalla coppia ridimensioneranno l’impegno nel pri-mo, in modo da permettere di svolgere al meglio il secondo.

In secondo luogo, madri e padri intervistati non solo differiscono notevol-mente nella quantità di tempo investito nel lavoro domestico e, in particola-

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re, nella cura dei figli, ma anche nel tipo di attività svolte con questi ultimi. Come indicato dalla sopra citata ricerca Istat (2010b), nelle coppie a doppio reddito i padri con figli piccoli tendono a giocare con i figli molto di più delle partner (44,2% contro 18,3%), mentre delegano a queste ultime la sorve-glianza e le cure fisiche dei bambini (36,6% contro 61,5%).

Pur essendo difficile definire, a partire dalle interviste effettuate, le tipologie di attività di cura del bambino svolte e la quantità di tempo esatta dedicata a queste da ciascuno dei genitori nel corso della giornata, le testimonianze raccolte sembrano confermare i dati macro appena riportati.

Allora mi alzo presto, preparo i bambini, se mia moglie è di lavoro, è di tur-no devo accompagnarli a scuola o all’asilo o a scuola materna tutti e tre (...) io vado a lavorare, lavoro fuori Verona e quindi non torno per la pausa pran-zo e rientro alla sera verso le sette, mediamente verso le sette, intorno alle sette insomma. Sto un’oretta con loro alla cena, ceniamo insieme e li metto a letto, è abbastanza monotona, ma è così. Se no sto con loro una mezz’oretta al mattino, un’ora e mezza, un’ora e un quarto prima di cena, dopo cena e dopo cena e basta (...) quando sto con loro generalmente … allora purtroppo questa ora qui è l’ora più brutta della giornata perché magari sono stanchi, un po’ stufi magari, un po’ appesantiti dalla giornata, quindi in genere dò una mano a lei, se lei è a casa, e in genere è a casa perché fa pochissimi po-meriggi, e quindi le dò una mano a sistemarli se non li ha già sistemati lei, gli dò da mangiare, si sistema casa, si lavano i piatti, ci si mette un’oretta insomma, fino alle nove, nove e mezza, così loro vanno a letto presto (...). Oppure ancora meglio, magari torno dal lavoro, mia moglie prepara da mangiare (...) magari li prendo e vado io al parco giochi mezz’oretta o vado a farmi un giretto in bicicletta nel quartiere, quella mezz’ora, quel quaranta minuti che sono indispensabili per lei per essere libera di preparare. (P 9)

Prepariamo la colazione, in genere, se ci riusciamo, impostiamo le cose la sera prima, ma quasi mai ci si riesce, cioè la colazione quelle cose lì... cioè ci piacerebbe che anche loro ci aiutassero un pochino, ma adesso stanno iniziando a farlo (...) Ci alziamo metti per uscire alle otto, otto meno dieci... sostanzialmente ci alziamo alle sei e cinquantacinque (...) io in genere torno a casa... se va bene alle quattro e mezza, ma in genere fra le quattro e mezza e le sei, [tranne] un giorno alla settimana praticamente torno a casa alle die-ci che è il martedì (...) quindi la giornata, diciamo, normalmente ricomincia in famiglia per quell’ora lì, diciamo, tra le quattro e mezza e le sei, in genere giochiamo abbastanza con i bambini, quando siamo cotti guardiamo la Tv (...) Poi dopo mangiamo verso le sette, sette e mezza al massimo, e tendiamo a metterli a letto verso le otto e mezza, nove se va male. (P 12)

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La giornata tipo è … che mi sveglio insieme a * (la moglie) … preparo la co-lazione di solito, o io o lei a seconda di chi è più avanti, poi qualche volta li porto all’asilo io … qualche volta, se non devo partire presto … e poi va beh li rivedo alla sera in sostanza … io a pranzo non torno mai, perché sono fuori in giro e perderei molto tempo a tornare e a ripartire, quindi la mia giornata può iniziare anche un po’ più tardi appunto, dipende dai giorni però, può iniziare anche alle 8 e mezza lavorativamente … parto per i miei giri e di solito rientro per le sette in sostanza (...) quindi poi arrivo verso le sette (...) sono via tutto il giorno, la sera mi reclamano, mi fa anche piacere … stare un po’ con loro, di solito preparo la cena, perché mi piace cucinare, mi rilasso un po’, loro [intanto] si preparano, si lavano, si sistemano e poi eee ceniamo quasi sempre assieme. (P 7)

Questi frammenti di intervista, aggiunti a quelli precedenti, sono utili per comprendere il tipo di apporto dei padri al lavoro di cura familiare. Dalle interviste emerge che è la mattina il momento in cui sono maggiormente attivi: seppur in maniera diversa da famiglia a famiglia, o sempre loro o alternati alla partner, preparano la colazione e sono coinvolti nell’attività di cura fisica dei bambini, preliminari all’uscita di casa e all’ingresso dei figli all’asilo o alla scuola dell’infanzia. In seguito, i padri accompagnano almeno uno dei due figli a scuola, questo presumibilmente per compensare il fatto che a venirli a prendere solitamente sono le partner, che nella gran parte dei casi finiscono di lavorare prima, o i nonni che, come vedremo successiva-mente, sono importanti per molte delle famiglie intervistate.

Nel pomeriggio, una volta tornati a casa, i padri sembrano essere poco par-tecipi al lavoro di cura dei figli, concentrandosi sulle attività meno faticose fisicamente e più appaganti. Nei frammenti appena riportati gli intervistati affermano di cucinare per rilassarsi, mentre la mamma lava i figli e li veste per la notte, di andare con loro al parco giochi oppure di guardare la televi-sione, mentre la partner cucina.

Nella maggioranza delle coppie intervistate, quindi, non solo sembra esser-ci una disuguaglianza legata al sesso degli intervistati, nelle ore dedicate alla cura del bambino, bensì emerge una evidente disparità nella fatica e nell’appagamento recato dalle attività di cura svolte solitamente dalle madri e dai padri intervistati. Le norme e le aspettative culturali legate a questo modello di genere e di divisione del lavoro delegano alle madri le attività più impegnative e faticose (curare la pulizia del bambino, lavare la bianche-ria, cucinare, pulire la casa, ecc.), nonostante siano anch’esse occupate in attività lavorative retribuite, mentre lasciano ai padri le attività ludiche e, in generale, ritenute da questi più appaganti.

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Le conseguenze negative di queste ineguaglianze, mostrate da un’infinità di ricerche e di cui le interviste effettuate sono l’ennesima conferma, sono molteplici e vanno dall’imponente carico di lavoro svolto giornalmente dalle madri, solo in parte retribuito e spesso superiore a quello dei partner (Istat, 2010b), fino all’estrema difficoltà da parte loro di realizzare le proprie aspi-razioni professionali e di accedere a ruoli di rilievo nel mondo del lavoro e, più in generale, nella società d’appartenenza (ad esempio: Saraceno, Picco-ne Stella, 1996; Naldini, Saraceno, 2007; Di Nicola, 2008b).

3.1.2 Madri a casa e padri al lavoro: il “male breadwinner model”

Seppur la gran maggioranza delle coppie intervistate si discosti dal modello tradizionale di suddivisione del lavoro di cura, le due famiglie migranti in-tervistate, sembrano avvicinarvisi notevolmente. Questo avviene principal-mente per due ragioni.

Innanzitutto le famiglie migranti coinvolte nella ricerca provengono da pae-si, Albania e Nigeria, in cui sono diffusi modelli tradizionali di suddivisione del lavoro di cura, legati fortemente ad un modello di genere tradizionale. Inoltre queste famiglie, come vedremo successivamente, sono pressoché prive di reti parentali su cui potersi appoggiare per l’accudimento dei propri figli, dovendo quindi contare solamente sulle proprie forze e sull’aiuto dei servizi all’infanzia presenti sul territorio.

Nel caso della famiglia 6, la madre è una collaboratrice domestica che lavora in nero dalle quattro alle sette ore al giorno, quando la figlia è all’asilo e, d’estate, lascia il lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla cura della bambina, mentre il marito lavora in maniera continuativa come manovale in un’im-presa edile. Per quanto riguarda la famiglia 8, la madre non lavora e il padre svolge lavori di diverso tipo, spesso discontinui e precari, principalmente nel campo dell’agricoltura.

E’ dura! Vuoi scrivere che l’è dura? Adesso dai... [ci] svegliamo alle sei e mezza... eh... bisogna vestire i bambini. Uno dopo l’altro. Dopo bisogna pre-pararsi lo zaino per il lavoro, per il pranzo, anche il panino o... così. Dopo si va a lavorare alle sette e dieci. Sì alle sette e torno alle cinque. Sì alle cinque finisco, poi c’è la strada e sono alle cinque e mezza a casa (...) poi vengo qua a casa, bevo una birretta e sto qua. “Sto qua”: vado anche al bar, cioè.... dopo, dopo un’ora magari vengo qua, gioco con i bambini, costruisco i castelli. Un po’ si fa ecco... quel che posso eh? I miracoli non li fa nessuno. Dalle sei fino

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alle otto che vado a dormire sono qua. (P 6)

La mattina io mi alzo alle sei e venti, così..., mi lavo, poi... vado... al lavoro, è a trenta minuti, di più, quaranta di strada. Inizio a lavorare alle otto, c’è la pausa a mezzogiorno, alle tredici ricominciamo e [andiamo avanti] fino alle cinque (...) Quando torno a casa... mia moglie è a casa a preparare qualcosa da mangiare (...) Sto con i miei figli, poi loro vanno a letto. (P 8)

In questi due casi la giornata dei padri avviene prevalentemente sul luogo di lavoro e le partner svolgono quasi la totalità del lavoro di cura dei figli. Non siamo più di fronte a dei padri “in panchina”, che aiutano la partner in caso di necessità e che sono comunque presenti nella vita dei figli, bensì siamo vicini al modello classico di padre che sostiene economicamente la famiglia ed ha un ruolo totalmente marginale nella cura e nella crescita del bambino. Ad esempio il padre della Famiglia 6 esce alle sette di mattina, lasciando alla madre il compito di accompagnare, ritirare e accudire il bambino fino alla sua uscita dal lavoro, che spesso non coincide con il rientro a casa. Analoga-mente il papà della Famiglia 8, esce quando la partner e i figli sono ancora a casa e rientra all’ora di cena, quando la partner sta cucinando.

In questi casi la quasi totalità del tempo e delle attività familiari dedicate alla cura del bambino spetta alle madri, mentre i padri si limitano ad essere presenti il mattino, nel tempo indispensabile per curare se stessi prima del lavoro, e la sera, nel corso della quale cenano e saltuariamente giocano con i propri figli, mentre la partner è impegnata nei lavori domestici.

3.1.3 Un esempio di famiglia “equa”

Parallelamente a questi due casi dove sono presenti forti asimmetrie di ge-nere nel tempo investito nella cura dei figli, vi è un caso particolarmente rappresentativo del percorso di “progressivo adattamento” (Gershuny, 1995) verso un’organizzazione familiare simmetrica del lavoro di cura intra-preso da diverse famiglie italiane.

Noi ci alziamo attorno alle sette, sette e mezza, questa è più o meno l’ora in cui ci alziamo, poi appunto colazione tutti insieme, questa è la cosa a cui teniamo e dopodichè si va all’asilo, qualche mattina lo accompagno io, qualche mattina lo accompagna * (la partner) e poi da lì parte la giornata lavorativa, perché insomma lei va in ufficio, il piccolo è sistemato all’asilo fino alle quattro e io mi faccio il mio giro, io come zona di competenza ho Verona, * e * (due città distanti rispettivamente 100 e 160 Km da Verona), per cui dipende da quella che è la mia programmazione, quindi può essere

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che … appunto se sono a * (la città più lontana) pernotto fuori, non succede spesso, se sono a * (la città più vicina) mi scapicollo … per tornare, se sono a Verona sono un po’ più tranquillo, perché * (la partner) è in ufficio fino alle 17 30, 18, per cui il .. * (il figlio) vado a prenderlo sempre io, all’asilo, alle 16. (P 1)

Allora, mi sveglio verso le sette meno un quarto, preparo tendenzialmente prima me, poi si sveglia lui, gli dò da bere il latte perché è la prima cosa che mi chiede quando si sveglia, e lo vesto lo preparo con tempi biblici perché ora che lo convinco a vestirsi, a fare, a brigare, è un po’ lunga … usciamo sempre super di corsa, lo porto al nido … spesso io, ci tengo perché se no * (il partner) lo va a prendere, lo porta e allora ci tengo a portarlo (...) quando ha cominciato l’asilo lo gestiva praticamente sempre * (il partner), lo portava e andava a prenderlo lui … adesso per fare un po’ più parte io della [mamma] … in questo tran tran ci tengo a portarlo io, e ovviamente per esigenze lavo-rative va a prenderlo sempre * (il partner) (...) [quindi] lo porto su all’asilo, lo saluto, vado in ufficio, sto in ufficio nove ore, perché in funzione di quan-do entro, esco …. torno a casa e ci sono loro, ultimamente mi sto dedicando anche ad un’altra cosa, ad un’altra attività che sto imbarcando, nel senso che è una cosa nuova (...) dipende cosa si cucina e lo mettiamo a letto tenden-zialmente tardi, perché ci tengo anche a passare un po’ di tempo con lui, non è un bambino che [ha sonno presto], ha sonno anche tardi nel senso che alle nove e mezza, non prima, lo metto a letto e finalmente respiro, mi siedo sul divano, mi addormento sul divano (l’intervistata a questo punto ride). (M1)

Queste esperienze presentano alcune notevoli differenze rispetto a quelle riportate fino ad ora. In primo luogo la mamma, architetto impiegata in una grande azienda, torna a casa dal lavoro dopo il padre, rappresentante farmaceutico, che sembra svolgere un carico di lavoro retribuito minore ri-spetto a quello della madre. In secondo luogo, la mamma, dopo la nascita del figlio, non solo non ha ridotto l’orario di lavoro, ma ha intrapreso anche un’attività da libera professionista aggiuntiva al suo impiego abituale.

Pur essendoci una suddivisione simmetrica del tempo dedicato alla cura del figlio, anzi una leggera prevalenza delle ore prestate dal padre, anche qui vi è una tendenza dell’uomo a svolgere le attività più leggere, di accudimento e di gioco, e della donna a prendersi carico della cura fisica del bambino, seppur aiutata dal partner. Inoltre le aspettative culturali che portano la maggior parte delle mamme intervistate a svolgere un ruolo di “regia”, sem-brano pesare sull’intervistata che, dopo un primo periodo in cui il partner portava e ritirava il figlio dall’asilo, si sente in dovere di provvedere all’ac-compagnamento in modo “da fare più la parte della mamma”, aumentando

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così la sua presenza nella vita del figlio.

Ad ogni modo, si può sicuramente affermare che questa coppia tende verso una simmetria nella suddivisione del carico di lavoro di cura dei figli, an-dando a far parte di quel gruppo di famiglie in cui le donne sono istruite e i padri hanno un titolo di studio minore o equivalente a quello della partner (Mencarini, Tanturri, 2003). In questo tipo di famiglie sembra esserci una maggiore disponibilità da parte dei padri ad impegnarsi nei lavori domesti-ci, rinunciando in parte al proprio tempo lavorativo, per garantire una equa distribuzione del lavoro di cura all’interno della coppia e per permettere alla partner di raggiungere le proprie aspirazioni lavorative e professionali.

3.1.4 Madri e padri a confronto nel lavoro di mediazione con i servizi all’infanzia

Dopo aver affrontato i modi con cui le coppie intervistate si suddividono il lavoro di cura dei figli, appare utile soffermarsi su una parte specifica del la-voro familiare: il lavoro di mediazione con i servizi educativi (Piazza, 1994), di cui fanno parte un insieme di attività svolte quotidianamente dai genitori (ad esempio: accompagnare e ritirare i figli, scambiarsi informazioni relati-ve al bambino con il personale educatore, partecipare a incontri e riunioni relative alla gestione dei servizi, svolgere attività di laboratorio con i bam-bini, ecc.).

Se precedentemente si è visto come le madri e i padri intervistati tendano, in quasi tutte le famiglie, a suddividersi in maniera asimmetrica il lavoro di cura dei figli, questa disuguaglianza si ripete anche nel lavoro di mediazione con i servizi all’infanzia frequentati dalle famiglie.

Innanzitutto nelle coppie riconducibili al “male breadwinner model”, i pa-dri delegano totalmente alla partner il lavoro di mediazione con i servizi all’infanzia. In questi casi i padri hanno accompagnato o ritirato il figlio solo qualche volta, in caso di emergenze particolari che hanno reso temporane-amente indisponibile la partner, e non hanno mai partecipato a riunioni e colloqui con il personale educativo, piuttosto che ad attività di diverso tipo organizzate dall’asilo nido o dalla scuola dell’infanzia frequentati.

Nelle altre coppie gli uomini tendono a svolgere un ruolo di “ponti tra la casa e il servizio” (Cacace, D’Andrea, 1996), in cui il genitore, oltre che ad accompagnare o ritirare i figli, si scambia con il personale educativo infor-mazioni e valutazioni sulle esperienze di questi ultimi, al fine di compren-derne i progressi e le difficoltà sviluppate nel percorso di crescita.

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Io sono abbastanza… nel senso, le [maestre del nido] le vedo cinque minuti alla mattina due volte a settimana. Non ho un gran rapporto. Due chiacchie-re e poi riparto. Mi piazzo in macchina e loro fanno le loro cose (...) Ogni tanto fanno degli incontri no, per raccontare come va il nido, come non va. Però, insomma, non ho mai partecipato a queste cose qua (...) mando la mamma [ride] (...) Gli incontri li fanno alle quattro, alle cinque del pome-riggio. Quando chiudono, le fanno alle cinque del pomeriggio e lei è già a casa. Io mi ero promesso che una volta ci andavo anche io, poi non ci sono più andato. (P 2)

[Alle riunioni della scuola materna ci va] più lei, più mia moglie che non io … perché con la scusa dei turni, poi sono sempre un po’ di corsa e allora magari è lei più … specialmente le riunioni va quasi sempre lei … io più che altro sento le nozioni, le notizie al mattino [quando lo accompagno] o alle quattro [ al ritiro], quando c’è qualche novità, qualcosa, o leggo oppure me lo dice la suora o … (P 3)

Viene accompagnata generalmente da me dalle otto e mezza alle nove, io solitamente rimango lì cinque, dieci minuti insomma, magari questo tem-po qua era maggiore quando era più piccola, anche perché lei era andata all’asilo [materna] l’anno prima, quindi era proprio piccolissima diciamo (...) dopo ovviamente mano a mano che passano gli anni non c’è neanche più bisogno, però non è che la mollo lì sulla porta e dopo scappo via, insom-ma … mi piace comunque star sempre lì un attimino. (P 4)

Come si può osservare dai frammenti appena riportati, i padri condividono il ruolo di "ponte" con le madri, prendendosi carico dell’accompagnamento e/o del ritiro giornaliero a seconda dei loro impegni lavorativi, e delegano alle partner la quasi totalità delle altre attività di mediazione con il servizio (riunioni, colloqui, attività organizzate all’interno del servizio, ecc.). Il ruolo di “ponte” dei padri può essere svolto con intensità differenti, se il papà 2 accompagna il figlio due volte alla settimana, interagendo fugacemente con le educatrici dell’asilo nido, il papà 4 accompagna la figlia alla scuola dell’infanzia quasi tutti i giorni e si sofferma più a lungo con le maestre a scambiare informazioni sulle esperienze della bambina.

Ad ogni modo, nella maggior parte delle coppie considerate, analogamente a quanto visto per l’accudimento pomeridiano del bambino, vi è una dif-ferenza tra madri e padri sia nel tempo che nei compiti svolti nel lavoro di mediazione con i servizi educativi. I padri tendono a svolgere una parte dei compiti che impegnano meno tempo, quelli legati al ruolo di “ponte”, dele-gando alla partner le altre forme di coinvolgimento all’interno del servizio, nel qual è richiesto un confronto più profondo con il personale educativo.

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Perché questo?

Innanzitutto l’investimento da parte dei padri di una minore quantità di tempo nella mediazione dei servizi è una conseguenza della suddivisione iniqua del carico totale del lavoro di cura osservata nella gran parte delle famiglie considerate, in cui le madri, terminata la giornata lavorativa, soli-tamente più breve di quella del partner, si dedicano totalmente alla cura dei figli. Quindi, come emerge dalle interviste ai papà delle famiglie 2 e 3, i padri spesso durante le riunioni inerenti la gestione del servizio sono al lavoro e non possono essere presenti.

A questa motivazione se ne aggiunge un’altra, infatti se le madri nella cura dei figli nell’ambito domestico si prendono carico di alcuni lavori attribuiti solitamente alle donne (cucinare, pulire la casa, lavare il bambino, ecc.), analogamente nella mediazione con i servizi all’infanzia le madri tendo-no a svolgere un insieme di attività che le aspettative e le norme culturali ritengono di competenza delle donne. In particolar modo, tutte le attività che richiedono empatia e intimità con le esigenze dei bambini, prevedendo l’espressione di stati d’animo negativi (preoccupazione e apprensione) e po-sitivi (gioia e soddisfazione), sembrano essere “cose delle donne”, alle quali viene attribuita una maggiore attitudine a svolgerle (Restuccia Saitta, 2002; Bertocchi, 2009).

Per comprendere meglio questo aspetto è utile soffermarsi sulle testimo-nianze della mamma e del papà della famiglia 1 che, come abbiamo visto precedentemente, si contraddistingue per una partecipazione particolar-mente significativa del padre nelle attività di cura del figlio.

Io personalmente [quando vado a prendere mio figlio all’asilo nido] mi leg-go sempre bene il registro, per cui non domando mai più di tanto “cos’ha fatto oggi, com’è andato” cioè ci sono quelle madri che vedo che stanno lì “allora oggi, questo, questo …” , cioè io mi leggo il registro, se vedo che sul registro c’è scritto qualcosa, che ne so, che … che ne so, “cacca sfatta”, o cose di questo genere, allora dico “magari mi fermo un attimo di più”, ma se no di fondo …tento di tirare lungo ecco, non è che mi metto a domandare come … anche perché il bimbo se io lo vedo sereno … per me, io sono già contento ecco, quando io vado a prenderlo devo portarlo via, cioè devo dirgli “dai andiamo” devo inventarmi “andiamo al parco giochi”, “andiamo a farci il giro in vespa”, cioè lui starebbe lì ecco, è sereno totalmente (...) con gli altri genitori ti dico, boh io sono un papà un po’ anomalo, perché sono quasi tutte mamme, io personalmente di mio tendo a farmi gli affari miei, per cui si conoscono i nomi, più dei bambini che delle altre mamme, “ciao, ciao” due chiacchiere, è ovvio che magari capita di, dei confronti su qualcosa, però …

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io più di tanto tendo a farmi gli affari miei, ecco per cui so chi sono, così, però non ho mai cioè non ho moltissime interazioni con gli altri genitori. (P 1)

Mi piacciono molto le maestre [dell’asilo nido], mi piace *, nello specifico, che è la sua ed è molto … competente, nel senso che comunque quando par-la di * (il figlio) è molto entusiasta, ha sempre voglia di condividere quello che fa lui, di raccontarti le sue esperienze, mmm non lo so (...) mi ha dato una bella sensazione, ecco, perché comunque il fatto che loro volessero rac-contarci come vedono nostro figlio, visto che ci passano molto tempo, più di quello quasi che ci passiamo noi, e comunque in una fase della giornata in cui ne fa di tutti i colori a me ha fatto molto piacere ecco che ci fosse un confronto di questo genere qui. (M1)

Leggendo i frammenti delle interviste appena riportati si ha l’opportunità di guardare all’interazione quotidiana tra genitori e personale educativo da due prospettive completamente differenti, comprendendo perché i padri tendano a delegare alle madri la maggior parte delle attività di mediazione con i servizi all’infanzia. Il papà intervistato tende a “tirare lungo”, vale a dire ad interagire il minimo indispensabile con le educatrici e a “farsi gli affari suoi” con gli altri genitori, in prevalenza mamme, tra le quali si sente “anomalo”. L’intervistato, nonostante investa nel lavoro di cura del bambi-no una notevole quantità di tempo, sembra essere a disagio per essere en-trato in una sfera che reputa femminile, popolata da mamme ed educatrici, che si soffermano a parlare a lungo tra loro. Al contrario, alla partner piace l’entusiasmo con cui l’educatrice la rende partecipe delle esperienze vissute dal figlio, condividendo informazioni, stati d’animo e valutazioni relative alla sua crescita, dandole una “bella sensazione”. Se per il padre il confronto con il personale educativo è ridotto al minimo indispensabile, nel caso della madre sembra ricercato continuamente e ritenuto appagante.

Nel caso degli altri padri, si veda ad esempio l’intervista al papà della fa-miglia 2, questi aspetti si accentuano, portandoli a svolgere il loro ruolo di “ponti” nella maniera più rapida e indolore possibile, fuggendo da una sfera relazionale in cui gli uomini sono “anomali” e delegando alle partner tutte le altre attività che prevedano un confronto con il personale educativo.

In tre delle famiglie intervistate i padri, oltre che a fungere da “ponti” tra la famiglia e il servizio, entrano in maniera più attiva nella vita dei servizi all’infanzia frequentati e partecipano assieme alle partner alla costruzione del servizio.

Le recite sono una macchina da guerra! Lì lasciamo che le donne abbiano

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il loro momento di gloria, cioè le mogli stanche che alla sera ci vanno an-che volentieri perché si distraggono un po’ … però noi per esempio, mariti, siamo un gruppetto adesso che stiamo dipingendo le finestre di legno delle suore [che gestiscono la scuola dell’infanzia] perché adesso stavano venen-do praticamente giù, ormai, quindi le abbiamo restaurate, dipinte, eccetera, per dire … abbiamo fatto un paio di cene fuori su questi tavoli [del parco giochi] quindi c’è un bellissimo clima. (P 7)

Dovevamo costruire un qualcosa, dovevamo inventarcelo, un qualcosa, era un’attività sul fare, un qualcosa che rimanesse lì; negli anni... “negli anni”, insomma... [all’asilo nido] hanno un altro anno, dove loro potevano... dove loro avrebbero potuto sperimentarsi: abbiamo pensato ad una ruota, una ruota che girava attorno ad un perno (...) abbiamo costruito con gli attrezzi, le viti, hanno dipinto degli animali, dopo abbiamo attaccato le foto... in-somma, c’era una girandola con dei bastoni che partono a raggiera, dove c’è appiccicata la foto di ogni bambino e loro la fanno girare. (P 5)

I padri intervistati, così facendo, entrano nel servizio sperimentando un li-vello di coinvolgimento maggiore di quanto fatto dai papà delle altre fami-glie coinvolte nella presente ricerca.

E’ interessante osservare come, in entrambi i casi, i padri si trovino a com-piere lavori tradizionalmente svolti dagli uomini che non richiedono l’in-gresso in sfere di relazioni e competenze ritenute femminili dagli intervista-ti. Queste attività, organizzate dai genitori assieme al personale educativo, raggiungono senz’altro l’obiettivo di aumentare la partecipazione dei padri all’interno dei servizi all’infanzia, permettendo loro di non svolgere un sem-plice ruolo di “ponti”. La loro criticità si trova nel riproporre una suddi-visione tradizionale dei ruoli di genere, riproducendo la credenza che gli uomini siano maggiormente adatti a svolgere alcune attività (ad esempio la manutenzione dell’edificio in cui è coinvolto il papà della famiglia 7) piutto-sto che altre (ad esempio le recite e la maggior parte delle attività che preve-dono capacità artistiche). In questo modo non si contribuisce ad aumentare il coinvolgimento dei padri nelle attività di mediazione con il servizio, quali ad esempio riunioni e incontri con il personale educativo, e, più in generale, in tutti quei lavori di cura tradizionalmente svolti dalle madri.

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3.1.5 Quando il padre non c’è: il caso delle famiglie monogenitoriali

Due delle famiglie intervistate sono definibili come famiglie monogenitoria-li femminili, nuclei familiari in cui il bambino vive con la mamma, mentre il padre è poco presente nella sua cura quotidiana, avendo solamente contatti sporadici con il figlio. Le due mamme intervistate, non potendo ricorrere all’aiuto del padre, sviluppano strategie differenti tra loro per riuscire a con-ciliare le proprie attività lavorative con le esigenze dei figli.

Alle 8 e mezza precise lo porto alla scuola [dell’infanzia], che è qui vicino comunque. Io 8 e 40 autobus, 9 e mezza lavoro, fino alle 19, dopo di che io tornavo a casa (...) Nel caso i vari nonni fossero occupati, per fortuna sono tutti e quattro vivi, tutti e quattro riescono ad andare a prenderlo, via... varie zie insomma, o cugini, zie. Non siamo mai ricorsi a baby sitter, e non siamo neanche ad altre strutture tipo baby parking o altre cose, nemmeno quando lui era più piccolo e frequentava il nido. Dopo di che alle 19 rientro. Alcune volte cena dai nonni per comodità, e sennò appunto cena qua a casa. (M 14)

Allora, la giornata tipo è sveglia alle sette e mezza. Cercare disperatamen-te di svegliare loro due che non avrebbero nessuna intenzione. Disperata-mente vestirli e fargli la colazione. Uscire entro le otto e mezzo da casa, e poi portarli a scuola, in base all’occupazione del momento. Prima, quando [lavoravo] dovevo essere al lavoro entro le nove e mezza. (...) Alle quattro e mezzo li prendo a scuola e rimaniamo, di solito, a scuola fino alle cinque e mezza (...)Tornati a casa ci cambiamo, ci laviamo, cominciamo a preparare per la cena. Mangiamo verso le sette e un quarto, sette e mezza. Finiamo la cena alle otto, e poi alle otto leggiamo una storia o guardiamo un cartone animato e, fra le otto e mezza e le nove, si comincia il tentativo di farli ad-dormentare (...) i nonni purtroppo, lavorano entrambi, quindi, raramente possono dare una mano [quando i bambini stanno male] (....) [i lavori che ho svolto in precedenza] prevedevano una frequenza. Mi sono trovata, però, [in caso di malattia del bambino], quando lavoravo a * (un’organizzazione di volontariato), oppure durante il periodo della ricerca che svolgevo per * (un istituto di ricerca pubblico) a dover dire al datore di lavoro che io non potevo andare e provare a proporre soluzioni alternative, tipo, magari, fac-cio una parte da casa, alcune parti di lavoro al computer, o alcune parti di contatti telefonici. (M 13)

Nel primo caso di famiglia monogenitoriale, risulta importante l’aiuto quo-tidiano dei nonni, che accudiscono quotidianamente il bambino, nel tempo che intercorre tra l’uscita dalla scuola dell’infanzia e il rientro a casa dal

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lavoro della madre. Come vedremo successivamente, questa è una tra le famiglie intervistate in cui i nonni sono più presenti, intervenendo anche durante la chiusura estiva della scuola e in caso di imprevisti di diverso tipo (scioperi della scuola, malattia del bambino, impegni lavorativi improvvisi della madre, ecc.).

Nel secondo caso, i nonni hanno una disponibilità limitata poiché lavorano, per questa ragione la madre, che al momento dell’intervista era tempora-neamente disoccupata, nel caso di malattia dei figli negozia con il datore di lavoro la possibilità di svolgere alcune attività lavorative da casa, riuscendo così ad accudire il bambino e, allo stesso tempo, a lavorare. Come conferma l’ultimo rapporto Istat inerente la conciliazione tra lavoro e famiglia (2008), la flessibilità degli spazi di lavoro, raggiunta o attraverso accordi informali con il datore di lavoro o tramite la forma del telelavoro, si rivela quindi uno strumento di conciliazione importante per le madri single, affiancandosi ad altri strumenti come ad esempio la flessibilità oraria e l’uso di contratti di lavoro part-time.

I due casi di famiglia monogenitoriale appena visti offrono, quindi, solo al-cuni esempi di strategie attuate dai genitori per provvedere alla cura dei figli, conciliando lavoro retribuito e cura del bambino e rimediando così all’assenza del partner.

3.2 Tra appoggio emergenziale e punto di riferimento quotidiano: l’importanza dei nonni nella cura del bambinoFino ad ora il focus della ricerca sono stati i modi in cui le madri e i padri intervistati provvedono alla cura dei figli, adesso verrà preso in considera-zione l’importante ruolo delle reti parentali e, in particolare, dei nonni (vale a dire dei genitori delle madri e dei padri intervistati).

La presente ricerca conferma quanto osservato da diversi studi riguardanti gli scambi di beni e servizi all’interno della parentela nella società contem-poranea (ad esempio: Ogg, Renault, 2006; Grundy, Henrietta, 2006): no-nostante la frammentazione della tradizionale famiglia allargata in famiglie nucleari legate da rapporti di parentela, spesso geograficamente distanti ed estremamente diverse tra loro sia per collocazione professionale che per status sociale, le reti parentali continuano ad essere molto importanti non solo dal punto di vista affettivo, ma anche pratico, fornendo un aiuto nella cura dei figli (Naldini, Saraceno, 2007). In particolar modo, dalle interviste

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raccolte emerge come particolarmente importante la figura dei nonni, molto più presenti nella vita familiare rispetto agli altri parenti.

I nonni sono i parenti a cui la grande maggioranza delle famiglie intervistate si appoggia per curare, accudire e crescere i propri figli; si è osservato infatti che le famiglie si differenziano tra loro per le occasioni e, conseguentemen-te, per la frequenza con cui ricorrono al loro aiuto. In particolare, i motivi per cui le famiglie richiedono più spesso l’aiuto dei nonni sono:

• gli imprevisti, quali ad esempio la malattia del bambino, gli scioperi del personale dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia, il sopraggiungere di impegni lavorativi improrogabili dei genitori, e così via;

• la chiusura estiva dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia;

• la discrepanza tra orari dei servizi educativi frequentati e orari di lavoro dei genitori.

Si è notato che solitamente le famiglie che ricorrono all’aiuto dei nonni in estate si appoggiano a questi anche in caso di imprevisti e, analogamente, nel caso che affidino ai nonni i figli per conciliare gli orari dei servizi con quelli lavorativi, tendono a farlo anche in concomitanza con la chiusura esti-va e con il sopraggiungere di eventi imprevisti. Seguendo questa regolarità, allo scopo di facilitare la comprensione dei differenti modi con cui le ma-dri e i padri intervistati ricorrono all’aiuto dei propri genitori, ossia i non-ni del bambino, si è ritenuto opportuno formulare delle tipologie d’aiuto familiare, dividendo l’aiuto dei nonni in: assente, emergenziale, variabile e integrativo. E’ bene specificare che le tipologie non hanno il fine di rappre-sentare il reale in maniera esaustiva, bensì sono delle approssimazioni dei possibili modi con cui si può presentare un determinato fenomeno sociale, in questo caso il sostegno nel lavoro di cura del bambino proveniente dalle reti parentali e, in particolar modo, dai nonni.

In primo luogo l’aiuto da parte dei nonni può essere assente: in questi casi la famiglia non riceve alcun aiuto significativo da parte dei nonni nella cura del bambino. A questa tipologia sono riconducibili tre delle famiglie inter-vistate, due delle quali sono le famiglie migranti incluse nel campione, i cui nonni vivono nel paese d’origine, ed una terza famiglia, nella quale l’unica nonna presente sul territorio si ritiene eccessivamente anziana per accudire un bambino dall’autonomia ancora limitata ed estremamente vivace.

Nel campione considerato, le famiglie senza possibilità d’appoggio da parte dei nonni tendono a prendersi carico della maggior parte del lavoro di cura dei figli, contando sulla completa disponibilità della mamma, oppure ad ap-

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poggiarsi ad altri parenti.

Noi abbiamo la suocera, che però ha ottant’anni e non se la sente di stare lì con il bimbo, perché lui è molto vivace, poi la capisco che non vuole re-sponsabilità, anche se in casa non è che … abbiamo eliminato tutte le cose che potrebbero cadere, guastarsi o fare del male, invece lei è proprio … forse vuole una sua tranquillità, anche un po’ di riposo, quindi [il bambino] ce l’abbiamo sempre dietro, quindi … sempre, sempre, sempre dappertutto! (...) con le mie sorelle vado sul sicuro (..) quando dico che ho bisogno loro si disfano in dieci per darmi una mano, è da quando * (il figlio) è piccolo … da quando l’ho portato all’asilo nido che è così, io lavoravo alla mattina e anche di pomeriggio, mio maritooo aveva chiesto tutte le mattine di stare a casa e di lavorare di pomeriggio e alla mattina lo teneva lui e alla sera di pomerig-gio lo teneva mia sorella. (M 3)

Se nella gran parte delle famiglie intervistate gli zii svolgono un ruolo del tutto secondario nella cura del bambino, nel caso della Famiglia 3, gli zii materni sembrano avere una presenza simile a quella dei nonni delle altre famiglie, intervenendo in caso di imprevisti o in estate, durante la chiusura della scuola dell’infanzia.

Quindi, da quanto emerge dalle interviste effettuate, l’assenza dei nonni può avere innanzitutto ragioni diverse, spaziando dalla distanza geografica fino alla loro eccessiva anzianità, tipica di una società dove la scelta di avere un figlio avviene sempre più tardi, dilatando la differenza d’età tra nonni e ni-poti. Inoltre, l’assenza dei nonni può essere compensata in modi differenti: da una parte con l’aumento del carico di lavoro di cura del bambino sulle spalle delle madri, dall’altra con un intensificarsi delle relazioni di scambio lungo le linee orizzontali della famiglia, vale a dire con i fratelli e le sorelle dei genitori.

In secondo luogo, l’aiuto da parte dei nonni può essere emergenziale, vale a dire avvenire in concomitanza con eventi circoscritti e sporadici, come ad esempio, la malattia del bambino, il sopraggiungere di impegni lavorativi improvvisi dei genitori, lo sciopero degli educatori o degli insegnanti dei servizi frequentati e così via.

Parenti diretti e acquisiti li ho, però ci appoggiamo pochissimo (...) mia mo-glie è molto autonoma in queste cose qui, preferisce essere autonoma da un lato, cioè è molto orgogliosa, ma non è una critica, “se posso fare da sola faccio da sola”, [quindi] io mi appoggio a mia mamma quando ho veramente bisogno. (P 10)

[I miei suoceri] son sempre stati molto molto disponibili, è chiaro che in-

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somma quando io avuto bisogno loro ci sono sempre stati, non hanno mai detto “no, io veramente, tientelo per i fatti tuoi”, certo c’è stato un momento in cui mi hanno fatto capire che … insomma avevano anche degli altri impe-gni no?! Io ho fatto un po’ fatica a digerire questa cosa, però poi uno diventa più grande e si rende anche conto che le persone non possono essere …. sopraffatte da te, insomma, e quindi giustamente mi sono contenuta (...) adesso sono un po’ meno invasiva nei loro confronti anche perché faccio un lavoro diverso, con il primo figlio, io appunto lavoravo fino alle sei, sette di sera. (M 11)

[I nonni sono presenti] in forma così blanda, tipo: andarlo a prendere, pen-so una volta alla settimana, che invece di andarlo a prendere mia moglie va a prenderlo mia mamma, [o a volte] mia sorella, dal pulmino (...) più raramente [intervengono] quando [i bambini] stanno male, può succede-re anche quiii, una volta, due volte al mese, però cerchiamo appunto, mia moglie compatibilmente con il suo lavoro cerca di esserci e anch’io quando sono disponibile (...) [quando rimangono con i nonni] non ci sono grosse divergenze dal punto di vista dell’impostazione [educativa], anche perché sono eventi saltuari (...) non cambiano la sostanza dell’impostazione che è quella che vive in famiglia ovvero a scuola. (P 11)

A differenza delle famiglie precedenti, in questo caso i nonni sono presen-ti e disponibili ad aiutare i genitori nella cura del bambino, accudendolo quando non è possibile farlo per i genitori o per gli educatori. L’appoggio ai nonni, però, avviene sporadicamente per tutto l’anno, in questi casi la mag-gior parte del lavoro di cura continua ad essere diviso tra genitori e servizi all’infanzia frequentati.

Le ragioni dell’aiuto limitato da parte dei nonni possono essere estrema-mente diverse tra loro, ad esempio, nel caso della Famiglia 11 i nonni hanno chiesto ai genitori di limitare le loro richieste d’aiuto nella cura del bambi-no, al contrario nel caso della Famiglia 10 è la mamma del bambino che ha scelto di fare in modo di poter stare il più possibile con i propri figli, chie-dendo aiuto ai parenti solo in casi di emergenza. In altre famiglie i genitori, pur avendo la massima disponibilità dei nonni, scelgono di chiederne un appoggio limitato perché ritengono il lavoro di cura eccessivamente fati-coso e impegnativo, in altri casi ancora i nonni sono disponibili in maniera limitata o perché lavorano o perché spesso non sono a Verona. Quindi, pur essendo molto diverse tra loro, le ragioni dell’aiuto limitato da parte dei nonni possono essere riconducibili o ad una scelta di quest’ultimi oppure ad una scelta dei genitori.

In queste famiglie i nonni possono essere visti dai genitori come simili nel-

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lo stile educativo utilizzato con i nipoti oppure, come eccessivamente per-missivi o, al contrario, rigidi nelle norme e nei comportamenti insegnati ai bambini. Ad ogni modo, l’apporto educativo dei nonni non è vissuto come rilevante per le madri e i padri intervistati, data la scarsa frequenza con cui gli affidano i figli.

In terzo luogo l’aiuto dei nonni può essere variabile, oscillando, a seconda dei periodi d’apertura dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia, tra l’emer-genziale e l’integrativo. In questa tipologia d’aiuto familiare, la più diffusa tra le coppie intervistate, le famiglie quando frequentano servizi all’infanzia full time, scelgono di prendersi cura dei figli senza ricorrere all’aiuto dei nonni, se non in caso di emergenza, affidandoli a quest’ultimi nel periodo estivo, quando i servizi chiudono.

In linea di massima [quando frequenta l’asilo ricorriamo ai nonni] il meno possibile, cioè se c’è un discorso di vacanza dell’asilo, sciopero dell’asilo … perché succede anche quello, ci sono degli scioperi quindi per forza ci dob-biamo affidare a loro (...) Se mio figlio non frequenta la scuola, partendo dal presupposto che è un dramma, ci sono i nonni che vengono in soccorso … per cui, in particolar modo, anzi esclusivamente, i genitori di * (la partner) (...) quest’estate è andata particolarmente bene perché ti dico è stato due settimane al mare con i nonni … e dopodichè noi abbiamo raggiunto i nonni e * (il figlio) e siamo stati … e ci siamo dati il cambio (...) questo per quanto riguarda luglio, perché l’asilo è terminato il trenta di giugno, per cui luglio è stato gestito in questo modo qua con la vacanza, mentre invece agosto l’ab-biamo fatto anche lì chiedendo una mano a loro e comunque io avevo solo una settimana di ferie e anche * (la partner), per cui i nonni se lo tenevano e poi noi anziché andare a prenderlo all’asilo, andavamo a prenderlo da loro (...) [dal punto di vista educativo] se si tratta di tenerlo un giorno è un conto, credo che non possa variare più di tanto, se invece si tratta che magari lo de-vono tenere una settimana, o due come succede al mare, è ovvio che magari quando vai a prenderlo ti accorgi che ci sono un po’ delle differenze perché comunque, come credo sai fisiologico e normale, credo che siano un po’ più permissivi rispetto a noi genitori. (P 1)

[Mi appoggio] ai suoceri o ai miei, i miei genitori insomma... se sono in difficoltà. [In caso di imprevisti] siamo abbastanza fortunati su questo, nel senso che abbiamo sempre un appoggio: i miei stanno bene ancora e i suoi (i suoceri) anche, perciò se c’è un’emergenza che io non riesco a prendermi ferie e non riesce neanche lei, comunque siamo coperti dai nonni (...) [quan-do i bambini non vanno all’asilo mi appoggio] suoceri o i miei [anche nelle vacanze di natale]. Ci sono sempre i suoceri e [l’aiuto dei familiari], a meno

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che noi non ci prendiamo ferie ed andiamo via (...) magari [quando stanno assieme mia figlia] si fa comprare troppe cose e allora magari li riprendo ecco. Magari ne approfittano, magari “piantano il chiodo” su farsi compra-re... che ne so... boh, una macchinetta in più rispetto a quello che potrebbe essere la normalità insomma... E allora se ne parla. (P 5)

Nei frammenti riportati, si può osservare come la presenza dei nonni vari estremamente a seconda del periodo dell’anno, concentrandosi in parti-colar modo in estate, mentre quando gli asili nido e le scuole dell’infanzia sono aperte i genitori tendono a prendersi carico della cura dei propri figli ricorrendo sporadicamente all’aiuto dei parenti. Anche qui, analogamente a quanto visto per le famiglie che si appoggiano ai nonni solo in caso di emergenza, le famiglie spesso adducono ragioni estremamente diverse tra loro per giustificare il limitato ricorso ai parenti nella cura dei figli, a volte presentandolo come una scelta, altre volte legandolo alla limitata disponi-bilità dei nonni. Queste motivazioni, però, non impediscono alle famiglie di chiedere aiuto ai nonni nel corso del periodo estivo, permettendo ai genitori di continuare a lavorare e andando a sostituire di fatto i servizi educativi. I nonni anche in questo caso non sono visti come particolarmente influenti sull’educazione dei figli, anche se, nel momento in cui si avverte una diver-genza nello stile educativo adottato, vi è qualche contrasto in più rispetto alle famiglie viste in precedenza.

Infine, l’aiuto dei nonni può essere integrativo, in questo caso le famiglie, oltre che per le emergenze, si appoggiano settimanalmente sui nonni per integrare l’azione dei servizi all’infanzia, ricorrendo a loro pressoché tutti i giorni lavorativi, e in estate, quando l’asilo o la scuola dell’infanzia sono chiusi. Qui i nonni fungono da congiuntura tra le esigenze lavorative dei genitori e gli orari e i periodi d’apertura dei servizi all’infanzia, andando a prendere i bambini, nel caso che all’ora di chiusura i genitori siano al lavoro, e accudendoli nel periodo della chiusura estiva.

Mia figlia rimane a scuola fino alle 4 (...) alle 4 la recupera una delle due nonne a seconda, [e la porta a casa sua] … anche lì si danno un pochino il cambio, alle 6 entrambi finiamo di lavorare quindi veniamo a prenderci la bambina [per le sei e mezza massimo] (...) [se c’è] una malattia ci sono orari e gestioni differenti, [la bambina] rimane a casa e quindi la nonna in que-stione viene a casa nostra (...) [il periodo estivo] se non siamo in vacanza, la gestiscono sempre le nonne, alternativamente, magari la mattina una non-na, il pomeriggio l’altra … io comunque torno sempre il pomeriggio a pran-zo, quindi ho sempre la possibilità di vederla in quel paio d’ore che sono a casa (...) diciamo che comunque sicuramente le nonne, vuoi per un’età

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differente dalla nostra, vuoi perché comunque ognuno di noi ha un modo di educare che è personale (...) ci sono state in passato delle situazioni in cui c’è stato magari uno scambio di opinioni, magari “guarda tu le dici così, ma io non sono d’accordo e siccome è figlia mia la educo come la voglio io”, quindi si ci sono state. (M 4)

[Mio figlio] alle 4, in genere esce da scuola alle 4, 4 e mezza, viene preso da scuola dai nonni. La maggior parte delle volte dai miei genitori, quindi dai nonni materni, alcune volte anche dai nonni paterni (...) ce li ho qua, nel senso io se la mattina appunto mi sveglio e lui ha la febbre riesco comunque ad andare a lavorare in tempo perché i miei genitori sono talmente vicini che basta solo che vengano di qui insomma (...) [in estate] * (il figlio) va con i nonni in montagna, in vacanza coi nonni. Abbiamo la fortuna che i nonni vanno in montagna magari per periodi anche di due o tre settimane eeeee quindiiiii lo lasciamo andare con i nonni (...) il nonno, tutti i nonni, hanno il problema che vogliono fare le veci dei genitori, e diverbi ce ne sono stati tantissimi e problemi tantissimi, cioè dall’idea mia se il bambino ha fame, mangia, se no può anche non mangiare tutto quello che ha nel piatto, oltre al fatto che la porzione deve essere proporzionale alla persona, mia mamma già gli dà un piatto da carrettiere, e dopo dice non hai mangiato tutto, cioè non lo avrebbe mangiato neanche un ottantenne insomma una cosa del ge-nere, e poi appunto non siamo fiscali sul devi mangiare tutto. (M 14)

Nei frammenti appena riportati i nonni, in particolare le nonne, sono delle figure che intervengono quotidianamente nella cura del bambino, costituen-do un punto di riferimento importante per le famiglie, in quanto permetto-no sia di fronteggiare gli imprevisti, sia di conciliare i tempi dei servizi con quelli lavorativi. Non è un caso che nelle due famiglie riconducibili a questa tipologia, tra cui vi è una famiglia monogenitoriale, vi siano le mamme con le giornate lavorative più lunghe rispetto alla media delle intervistate, dalle 9:00 alle 18:00, nel caso della prima intervistata, e dalle 9:00 alle 19:00, nel caso della seconda intervistata. E’ difficile dire se questo sia una causa o un effetto della presenza dei nonni, in ogni caso dalle interviste emerge che il loro aiuto giornaliero alleggerisce notevolmente il carico di cura sulle spalle della famiglia del bambino, permettendo alle madri, su cui solitamente ri-cade la maggior parte del lavoro domestico, di svolgere un carico di lavoro retribuito simile a quello dei partner.

In questi casi, data la frequenza con cui i bambini vengono affidati ai nonni, i genitori spesso hanno contrasti con questi ultimi relativamente allo stile educativo da adottare. A seguito di ciò, come mostrano i frammenti di in-tervista riportati, i genitori affermano il loro diritto di decidere quale stile

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educativo seguire, non vedendo i nonni come delle figure con cui condivide-re le scelte educative.

Le famiglie intervistate, quindi, si differenziano tra loro per le occasioni e per la frequenza con cui si appoggiano ai nonni, spaziando da un’autonomia totale fino ad un appoggio quotidiano per tutto l’arco dell’anno. Le tipologie di aiuto familiare formulate stimolano tre ordini di riflessioni, utili a colle-gare le testimonianze delle famiglie intervistate con alcune tendenze tipiche della società contemporanea.

Prima di tutto si può osservare che l’appoggio dei nonni può variare no-tevolmente da famiglia a famiglia, a seconda delle scelte dei genitori e dei nonni del bambino. In alcuni casi i genitori hanno deciso di andare a vivere in un paese diverso da quello della famiglia di provenienza dividendosi defi-nitivamente da questa, in altri hanno scelto di appoggiarsi in modo limitato ai nonni, in altri ancora sono i nonni ad aver dato una disponibilità limitata ad accudire i nipoti e, infine, in alcune famiglie nonni e genitori hanno deci-so di condividere quotidianamente la cura dei figli.

La variabilità dell’aiuto dei nonni da famiglia a famiglia può essere letta come un sintomo dell’indebolimento del senso del dovere e dell’obbligazio-ne nei rapporti di parentela, tipico della società contemporanea (Naldini, Saranceno, 2007). Infatti, seppur le reti parentali continuino a rimanere importanti fonti d’aiuto, diverse ricerche mostrano come le relazioni tra parenti siano più individualizzate di un tempo, vale a dire “più tagliate su misura del singolo o della singola famiglia, dei suoi bisogni, ma anche del-le preferenze e affinità elettive di coloro con cui si pongono in relazione” (Ivi: 72). Quindi, se in passato il fatto che i nonni contribuissero alla cura e alla crescita del bambino era dato per scontato, attualmente gli aspetti di doverosità ed obbligazione che la parentela comporta, sono indeboliti dall’importanza data nella società moderna ai valori, alle inclinazioni e, più in generale, alla libertà di scelta dei singoli individui. In altre parole, gli scambi tra parenti si possono intensificare o indebolire al variare di elemen-ti connessi con i progetti di vita, con le scelte educative, con le preferenze delle singole famiglie e dei loro componenti, estremamente diversificate e imprevedibili rispetto ad un tempo.

Un secondo elemento importante da osservare è la funzione di conciliazione tra lavoro e famiglia che svolgono i nonni quando sono presenti: infatti, sia essendo disponibili per le malattie del bambino e in caso di altri imprevisti, sia accudendo i bambini alla chiusura pomeridiana o estiva della scuola o del nido, permettono ai genitori di continuare a svolgere il proprio lavoro senza intoppi. Questo può essere letto come un segnale dell’importanza che

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le reti parentali continuano ad avere per le famiglie nucleari, sostenendo-le nel lavoro di cura dei figli e andando a colmare le mancanze dei servizi all’infanzia presenti sul territorio. Come vedremo successivamente, asili nido e scuola dell’infanzia spesso vengono reputati dalle famiglie intervista-te eccessivamente rigidi negli orari e nei periodi di apertura. I nonni, inter-venendo in caso di chiusura della scuola, temporanea o stagionale, oppure accudendo i figli nelle ore della giornata che intercorrono tra la chiusura dei servizi e la fine della giornata lavorativa, compensano gratuitamente le ca-renze dei servizi forniti dai soggetti pubblici e privati presenti sul territorio.

La centralità delle reti parentali nella cura dei bambini è tipica dei paesi me-diterranei in cui i servizi all’infanzia sono tradizionalmente meno sviluppati degli altri paesi europei, in particolar modo se confrontati con i paesi scan-dinavi e con quelli centro europei (Esping-Andersen, 1990). Il fatto che le lacune dei servizi all’infanzia siano compensate dall’intervento dei parenti ha come conseguenza negativa la riduzione della possibilità per molte don-ne di inserirsi pienamente nel mercato del lavoro. Infatti i genitori, nel caso non abbiano l’opportunità di appoggiarsi alle reti parentali o lo facciano in maniera limitata, saranno costretti a colmare le mancanze dei servizi rinun-ciando a parte del tempo dedicato al lavoro retribuito. Data la presenza di un modello di suddivisione del lavoro di cura ancora fortemente legato ad un modello di genere tradizionale, si suppone che in questi casi a farne le spese siano le donne, costrette a ridimensionare la propria presenza nella sfera lavorativa a favore di quella domestica.

Un terzo elemento rilevante, infine, si trova nella scarsa importanza data ai nonni nello stabilire la direzione di crescita e, con questa, le norme e i comportamenti verso cui indirizzare il bambino. Nel caso in cui l’appoggio dei nonni sia emergenziale o variabile i genitori non danno rilevanza alle eventuali differenze tra il proprio stile educativo e quello dei nonni, quando invece l’appoggio è integrativo, emergono diversi contrasti sull’impostazio-ne educativa da seguire, rispetto la quale i genitori affermano il loro diritto esclusivo di decidere come educare i propri figli.

Questi dati possono essere letti alla luce del fatto che nella contemporaneità i figli sono visti sempre più come frutto di una scelta della coppia, carica di aspettative ed emozioni, e analogamente anche la loro educazione è vissu-ta come il risultato di un patto tra genitori, in cui questi ultimi formulano un proprio stile educativo (Restuccia Saitta, 2002). Conseguentemente, gli stili educativi delle famiglie sono, sempre più, visti come il frutto delle scel-te dei singoli, nei quali difficilmente si ammette l’intromissione di esterni al nucleo familiare che non siano, come vedremo, educatori e insegnanti

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a cui viene affidata quotidianamente la cura dei propri figli. Parallelamen-te, come rilevato da alcune delle interviste riportate, gli stili educativi dei nonni vengono visti spesso come inadeguati all’educazione dei figli, proba-bilmente per le differenze inter-generazionali che separano genitori e figli. A causa di questi elementi, i nonni si presentano fondamentalmente come una importante fonte d’aiuto per molte famiglie intervistate, perdendo però il ruolo che svolgevano in passato nella vita dei bambini e dei genitori, cioè quello di fornire modelli educativi di riferimento per le nuove famiglie.

I nonni quindi si presentano come i parenti più presenti nella cura del bam-bino, sostenendo gran parte delle coppie intervistate, anche se in occasioni e con frequenze differenti. Dalle interviste effettuate, emerge con margina-lità il ruolo degli altri parenti e soprattutto degli zii e delle zie del bambino, che in alcune famiglie intervengono saltuariamente, sopratutto di fronte ad emergenze ed imprevisti. La causa principale della scarsa rilevanza degli zii e, in generale, delle persone con cui i genitori intrattengono rapporti di parentela orizzontali (sorelle, fratelli, cugini, nuore, generi) è la loro scarsa disponibilità, legata al fatto che spesso questi lavorano e hanno figli della stessa età. Solo nel caso della Famiglia 3, come già accennato in precedenza, le zie del bambino intervengono frequentemente nella sua cura, accuden-dolo in caso di emergenza e in estate, andando a svolgere un ruolo simile a quello che hanno i nonni in molte delle famiglie intervistate.

3.3 Le reti amicali: l’importanza di crescere assieme ad altre famiglieLe reti parentali e, in particolare, i nonni, risultano quindi particolarmente importanti per l’accudimento dei figli delle famiglie intervistate, permetten-do loro di fronteggiare imprevisti, conciliare i tempi lavorativi con gli orari dei servizi educativi e coprire i periodi di chiusura di questi ultimi. Affianco alle reti parentali, si rivelano importanti le reti amicali dei genitori, in cui sono inclusi individui e, sopratutto, famiglie con cui questi intrattengono rapporti di amicizia.

Innanzitutto un primo dato che emerge dalle interviste raccolte, è il ruolo del bambino nel selezionare le amicizie dei genitori, questo avviene princi-palmente in due sensi:

• I genitori sono portati a frequentare famiglie con figli di età simile, dotate di esigenze e tempi di vita analoghi.

Le famiglie intervistate frequentano prevalentemente altre famiglie con figli

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di età simile ai propri, le motivazioni che portano a questa scelta sono ben evidenziate dai seguenti frammenti di intervista.

Passiamo diverso tempo con nostri amici che nell’arco di questi due anni hanno avuto bambini anche loro, circa ci vediamo con una frequenza setti-manale direi (...) ceniamo … si, tendenzialmente ci troviamo per cena, per un aperitivo in città, con i passeggini, facciamo due passi, poi torniamo a casa, mangiamo qualcosa, una serata, come la facevamo prima adesso la facciamo con i bambini, con i loro tempi, ovviamente, con le pause dedicate a loro, alle loro pappe, alle loro cose (P 1)

Sia a me, che a * (il marito) piace stare con gli altri. Ed è venuto automatico poi. Non dico selezionare un po’ gli amici, ma hai altre esigenze quando hai dei figli. Quindi, è ovvio che ti viene di andare a mangiare la pizza alle sette di sera. Se lo proponi ai nostri amici vecchi, ti dicono: “ma devo ancora pen-sare di andare a fare l’aperitivo”. Quindi, le esigenze sono simili, la voglia di far le cose è simile, gli orari sono simili, le cose che ti piace fare sono quelle. Quindi è automatico scegliere persone che abbiano un po’ le tue esigenze. (M 2)

Le famiglie sembrano privilegiare famiglie con figli poiché queste tendono ad avere tempi di vita simili ai propri, costruite sulle esigenze dei bambini. L’esempio della cena proposto dal papà della Famiglia 1 e dalla mamma della Famiglia 2, è esemplificativo di come la presenza del bambino porti i genitori a cambiare i modi, i tempi e le compagnie con cui essi trascorrono il proprio tempo libero. Gli “amici vecchi”, vale a dire gli amici senza figli delle coppie intervistate, appaiono difficili da frequentare in quanto del tutto dif-ferenti nei tempi di vita e nei modi di occupare il tempo libero.

Dalle interviste riportate, ad influire sulle amicizie della coppia, sembra es-sere soprattutto la nascita del primo figlio, non è un caso che le riflessioni più esplicite sulla maggiore facilità nel frequentare coppie con figli proven-gano dalle due famiglie con figli con meno di 3 anni. Infatti, queste famiglie sono al centro di una fase di transizione, data dalla nascita del primo figlio, vale a dire un passaggio critico che influisce su molte dimensioni della vita della coppia, tra cui quella amicale, andando a incidere sul suo tessuto re-lazionale (Binda, 1997). Nelle interviste appena riportate, da una parte le relazioni con amici senza bambini, nate precedentemente alla nascita del primo figlio, sono ancora presenti, dall’altra gli intervistati si rendono conto di come sia difficile coltivarle quotidianamente, data l’evidente differenza che li separa nei tempi di vita e nei modi di trascorrere il tempo libero. Nelle altre famiglie questa transizione appare oramai completata e gli intervistati sembrano avere prevalentemente amicizie o con coppie di amici conosciute

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da tempo e che nel frattempo hanno avuto dei figli, oppure con famiglie con figli dove l’amicizia è nata successivamente alla nascita del primo figlio. Infatti, come vedremo adesso, una parte significativa delle amicizie delle famiglie intervistate è nata con i genitori di alcuni bambini che frequentano lo stesso asilo o scuola dell’infanzia dei figli

• I figli delle famiglie frequentando i servizi all’infanzia intrattengo-no relazioni preferenziali con altri bambini, favorendo la nascita di un rapporto di amicizia tra genitori.

In questi casi, come mostrano i seguenti frammenti di interviste, dall’amici-zia nata tra bambini nasce un’amicizia tra genitori.

Ho visto che si è legato molto con un paio di bambini, nel senso, che [mia moglie] ha cominciato a frequentare la madre anche nel week-end, nel tem-po libero, così. Si vede molto quando i bambini si frequentano, sembra im-possibile… però… eravamo tre, quattro coppie ed i bambini giocano. (P 2)

L’amicizia con i genitori degli altri bambini che frequentano la nostra stessa scuola dell’infanzia nasce] perché i bambini si trovano bene, intanto si co-noscono di più le mamme, si conoscono di più e ciaccolano in santa pace, perché di solito i bimbi stan bravi … e quindi insomma può essere utile, insomma, sempre piacevole ecco, diciamo che si unisce l’utile al dilettevole, cioè i bambini giocano, quindi si accudiscono i bambini, ma anche si sta un po’ a chiacchierare a … quindi le mamme chiacchierano e i papà discutono, però insomma (ride) … le due forme no? (...) [a volte nasce anche un amici-zia] tra i genitori, ma di solito si … si sta per fare stare assieme i bambini, noi adulti cerchiamo di gestire le relazioni, anche se insomma non è il massimo dell’amicizia, però insomma non è ... (...) se ci sono particolari differenze di stili educativi, ecco, allora lì in quel caso lì sono i genitori che dicono “Non si va perché …”, però non mi è mai capitato. (M 7)

La transizione da coppia senza figli a coppia con figli da una parte porta i genitori a cambiare le proprie preferenze riguardo alle famiglie da frequen-tare, dall’altra li porta a stringere amicizie seguendo le preferenze dei figli. I bambini, infatti, all’interno dei servizi all’infanzia non solo apprendono ad interagire con i pari, ma anche ad elaborare preferenze e, sulla base di queste, a stringere dei legami affettivi con altri bambini (Galardini, 2003). Come traspare dai frammenti di intervista riportati, i genitori, notando la preferenza dei bambini, tendono a costruire occasioni per trascorrere del tempo extrascolastico con la famiglia dell’amico, ponendo così le basi per una nuova amicizia. Chiaramente, come si intuisce dall’intervista della mamma della Famiglia 7, la relazione con le madri e i padri dei bambini non

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sempre diventa un’amicizia e può essere interrotta nel caso in cui, secondo i genitori, le differenze nello stile educativo adottato risultino talmente evi-denti da influire negativamente sulla crescita del bambino.

Le reti di amicizie delle famiglie intervistate sono quindi fortemente con-dizionate nella loro composizione sia dalle preferenze dei genitori, che pri-vilegiano le famiglie con figli, sia da quelle dei figli stessi, che elaborano rapporti affettivi con alcuni dei bambini conosciuti nei servizi all’infanzia. In entrambi i casi il bambino influisce, direttamente o indirettamente, sulle amicizie dei genitori andando ad incidere sul loro tessuto relazionale.

Le reti amicali sono senz’altro reputate importanti per gli intervistati, in particolare in tre tipi di occasioni:

1) L’aiuto degli amici in caso di necessità. In alcuni casi, i genitori utilizzano le reti amicali in maniera analoga alle reti parentali, servendosene in parti-colar modo nel caso di imprevisti di diverso tipo.

Beh, non [capita spesso che mi appoggi sulle mamme degli altri bambini che frequentano la stessa scuola]: insomma se posso evitare, con la scusa che ho questo orario qua e riesco a gestirmi abbastanza, a meno che non succeda l’imprevisto che c’è traffico e arrivo in ritardo allora chiamo e chiedo: “Scu-sa, per favore, puoi andare a prendermela tu?” (...) con lei mi è successo si, ti fai la delega tra amica o tra mamme e chiedi “Oggi puoi andare a pren-dermela tu?” Si, si, si è successo (…) più che altro se sono in ritardo o faccio tardi col lavoro... se devo fare una visita, insomma se ho degli imprevisti chiedo aiuto. (M 5)

[Quando è successo che ci appoggiamo sui nostri amici?] direi mai. Che non ci sono i nonni e che non ci siamo noi qui, non è mai successo (...) [cerco più] una condivisione che non delegare alla gestione di * (il figlio) a qualcun altro. Perché, di solito, l’organizzazione è prima. Quindi, o ci sono le nonne o ci sono io. E se ci sono io, mi sono già organizzata per gestirmi con… è già tutto organizzato prima, ecco. (M 2).

Le famiglie intervistate si appoggiano raramente a famiglie di amici, come nel caso della Famiglia 5, o mai, come nel caso della Famiglia 2, privile-giando, in caso di necessità, l’aiuto dei parenti. Nelle rare occasioni in cui le famiglie chiedono aiuto ad amici questo avviene all’uscita dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia, quando i genitori a causa di eventi imprevisti e circoscritti sono assenti e i nonni o altri parenti non sono disponibili.

2) Il gioco con i figli degli amici in assenza dei genitori. In altri casi, i figli degli intervistati trascorrono del tempo con le altre famiglie senza la presen-

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za dei genitori, non per necessità, ma per scelta del bambino.

E’ successo con mia figlia [che lasci uno dei miei figli da amici], perché lei vuole stare là a giocare o perché vengono a casa mia, perché, appunto loro decidono che vogliono stare assieme, che vogliono passare un pomeriggio insieme, si mettono insieme insomma (...) colorano, tagliano, adesso ti par-lo della parte femminile [cioè della figlia più grande], perché quella ma-schile, [vale a dire il figlio più piccolo], non so ancora come sarà, però so che tagliavano, disegnavano, coloravano, si truccavano, giocavano a Barbie, quando c’era più caldo andavano coi pattini. (M 5)

Di solito è sempre un po’ sull’ordine dell’invito, nel senso non c’è una neces-sità specifica, un vuoto da colmare, c’è magari la voglia di vedere l’amico o la voglia di invitare l’amico e allora ci si combina, ci si invita o ci si fa invitare, direi che nasce più da una necessità d’incontro che da una necessità di un problema da risolvere (...) [in queste occasioni] decidono loro cosa vogliono fare, se vogliono giocare fuori piuttosto che dentro, piuttosto che guardarsi un cartone animato, nel rispetto di tutti si decide cosa si fa. (M 9)

In questi casi, il bambino ha l’occasione di stringere relazioni affettive e di amicizia con altri coetanei, coltivando i rapporti preferenziali stabiliti all’in-terno dei servizi all’infanzia frequentati quotidianamente. In tali occasioni i bambini svolgono attività di gioco destrutturato prevalentemente in casa delle altre famiglie o in spazi aperti (cortili, parchi giochi, ecc.), con la pre-senza di adulti (madri, padri, nonni degli altri bambini).

3) Il tempo trascorso assieme alle famiglie di amici. Le occasioni in cui le famiglie intervistate trascorrono del tempo assieme alle famiglie con cui in-tercorrono legami di amicizia, sono senz’altro più frequenti delle precedenti e si rivelano importanti sia per i figli che per i genitori.

[Spesso andiamo da dei nostri amici che hanno la casa sul lago] qualche volta è capitato anche di stare lì fino alle due, da tanto che si ha tante cose da raccontare della vita, di come gestire il bambino … perché loro hanno … un ragazzo che … è … come si può dire … è professore di Oboe, suona in un’or-chestra, suonava in un’orchestra in * (un paese del centro Europa) e adesso suona invece in * (un paese europeo dell’area mediterranea) e allora loro hanno prospettato la loro vita sull’inquadramento del ragazzo, del bambino … sempre dietro a lui, portarlo dappertutto, seguirlo in ogni cosa e allora ci raccomandano spesso di, dicono “cercate di seguirlo più possibile perché dopo, un domani vedrete dei risultati” e allora si discute su queste cose, sempre ad un livello … normale insomma (...) [nel frattempo] il bambino gioca, oppure relaziona con noi, tranquillamente, però spesso e volentieri

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si incuriosisce di tutto, va a cercare ogni cosa da poter rompere oppure da poter prendere o guardare, allora bisogna stare più dietro a lui che non a chiacchierare. (P 3)

[Ci troviamo con famiglie di amici] per il puro piacere di trovarsi, far star bene loro che giocano e noi grandi che facciamo due chiacchiere, beviamo una bottiglia e mangiamo qualcosa (...) è lo scopo sai cioè uno impara a fare il genitore, la cosa migliore è imparare da chi come te ci sta provando in sostanza, quindi chi ha gli stessi problemi tuoi, ha gli stessi tempi tuoi, ha le stesse esigenze tue e quindi (…) è fondamentale … cioè il confronto …. siamo stati una settimana al mare, non so se ti ha detto la * (la moglie), due volte abbiamo fatto sta cosa, con la parrocchia di * … questa cosa è im-portantissima perché poi alla fine uno pensa di essere o incapace o l’unico sfigato del mondo, l’unica coppia che non riesce magari a parlare perché i bambini sono sempre in mezzo, invece poi scopri che sono i problemi comu-ni di tutti, insomma … e avere qualche arma, qualche suggerimento, qualche strumento in più, qualche esperienza in più … anche per esempio di coppie un po’ più grandi di noi, con figli magari adolescenti che però ci sono passati e dicono “guarda probabilmente ti succederà questo” e poi succede, non è male. (P 7)

Il tempo con le altre famiglie può essere trascorso in diversi modi: visite a casa, cene fuori o, ancora, gite, piuttosto che vacanze estive. A prescindere dal tipo di occasioni scelte dalle famiglie per stare assieme, questi momenti sono giudicati come estremamente importanti dagli intervistati per due ra-gioni. In primo luogo danno l’opportunità ai bambini di giocare liberamente con i propri coetanei, imparando a stare con gli altri e coltivando relazioni di affetto e amicizia, analogamente a quanto avviene quando questi trascorro-no del tempo a casa di altre famiglie senza la presenza dei genitori. In secon-do luogo, questi momenti si presentano come importanti per il confronto con gli altri genitori sia per lo scambio, come vedremo successivamente, di informazioni e valutazioni sui servizi all’infanzia sia per l’opportunità di raccontare le proprie esperienze e di farsi raccontare quelle altrui. In queste occasioni, infatti, madri e padri intervistati si trovano nella condizione di potersi confrontare, entrando in contatto con stili educativi differenti dal proprio, come nel racconto del papà della Famiglia 3, oppure di ricevere consigli, soluzioni e, più in generale, strumenti utili a risolvere problemati-che legate all’educazione dei figli e alla gestione del rapporto di coppia.

Le reti amicali, quindi, sono importanti per la cura e per la crescita del bam-bino, non tanto nel fornire opportunità di accudimento in caso di necessità dei genitori, ruolo svolto prevalentemente dalle reti parentali, ma in quanto

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offrono occasioni di socialità e, in particolare, di gioco per i bambini, al di fuori dei servizi all’infanzia. Infatti le famiglie di amici, o accudendo i figli degli intervistati o trascorrendo del tempo assieme a questi ultimi, danno ai bambini l’opportunità di coltivare tra loro relazioni di affetto e di amicizia, contribuendo così al loro benessere complessivo e alla loro crescita.

Inoltre, i momenti in cui le famiglie trascorrono del tempo assieme si rivela-no importanti per i genitori e per stabilire momenti di confronto e di scam-bio di informazioni ed esperienze, simili a quelli che, come si vedrà, avven-gono in momenti di interazione destrutturata tra genitori che frequentano lo stesso asilo nido o scuola dell’infanzia (attività dei genitori all’interno dei servizi, feste di compleanno dei bambini, etc), oppure che si sviluppano nei servizi all’infanzia integrativi (Tempi per la famiglia, ludoteche, associazioni che forniscono sostegno alla genitorialità, ecc.).

3.4 In sintesiGiunti alla fine del capitolo appare necessario ricapitolare brevemente i principali risultati emersi riguardo i modi con cui le famiglie provvedono alla cura dei figli al di fuori dei servizi all’infanzia:

• I diversi modelli di suddivisione del lavoro di cura dei figli nelle coppie intervistate. Nelle coppie considerate sembra prevalere un modello di suddivisione del lavoro di cura dei figli fortemente sbilanciato sulle ma-dri, che tendono a dedicarvi una quantità maggiore di tempo dei partner e a prendersi carico delle attività più faticose. I padri, seppur presenti nella cura quotidiana dei bambini, si limitano ad aiutare le partner, so-prattutto al mattino e alla sera, una volta rientrati dal lavoro, privilegian-do però le attività di cura più leggere e appaganti. Persiste, invece, nelle coppie migranti intervistate il “male breadewinner model”, vale a dire una suddivisione tradizionale del lavoro di cura familiare, in cui è esclu-sivamente la madre ad occuparsi della cura del bambino, mentre il padre sostiene economicamente la famiglia. Solo una delle famiglie intervista-te, invece, tende verso il modello “dell’equità di genere”, caratterizzando-si per una suddivisione simmetrica del lavoro di cura, in cui la quantità di tempo quotidianamente dedicato dai genitori alla cura dei figli sembra equivalere, in modo che entrambi i genitori possano realizzare le proprie aspirazioni professionali e di carriera.

• L’importanza dei nonni. I nonni, nel caso siano presenti e disponibili, si rivelano importanti nella cura dei figli delle famiglie intervistate, sep-

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pur in maniera variabile e non rilevante nella loro educazione, ritenu-ta sempre più il frutto esclusivo delle scelte dei genitori. In particolare, mentre in alcune famiglie i nonni si limitano ad intervenire solamente in caso di imprevisti (malattie del bambino, impegni lavorativi dei genito-ri, scioperi dei servizi all’infanzia, ecc.), in altre sono più presenti nella vita dei bambini, permettendo ai genitori di conciliare quotidianamente i tempi di lavoro con quelli dei servizi frequentati e/o coprendo il periodo di chiusura estiva di quest’ultimi.

• Il ruolo delle reti amicali. La nascita del bambino porta i genitori a fre-quentare prevalentemente famiglie con figli, alcune delle quali conosciu-te frequentando gli stessi servizi all’infanzia, intessendo reti di relazioni composte da famiglie con esigenze e tempi di vita simili. Le reti amicali si rivelano importanti non tanto nell’aiutare le famiglie intervistate nell’ac-cudimento dei figli, ma nel fornire occasioni di socialità a questi ultimi: i bambini trascorrendo del tempo con le famiglie degli amici dei genitori hanno l’opportunità di interagire con altri bambini, coltivando legami di affetto e amicizia. Parallelamente, le reti amicali danno agli intervistati la possibilità di scambiarsi con altri genitori informazioni, esperienze e strumenti utili alla crescita dei figli, supportandoli così nel loro ruolo ge-nitoriale.

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VIAGGIO ALL'INTERNO DEI SERVIZI PER L'INFANZIA

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4. Famiglie dentro i servizi: viaggio all’interno della rete dei servizi all’infanzia veronesiSe, fino ad ora, si sono affrontati i modi con cui i genitori provvedono alla cura dei propri figli nella quotidianità, ricorrendo all’aiuto delle reti paren-tali ed amicali, in questo capitolo ci si occuperà di comprendere come le famiglie considerate utilizzino i servizi all’infanzia presenti sul territorio, condividendo con questi la cura e la crescita dei propri figli.

Prima di tutto ci si soffermerà sul ruolo dei network interfamiliari nel per-mettere la circolazione di informazioni relative ai servizi all’infanzia, con-sentendo alle famiglie di orientarsi e scegliere tra le diverse opportunità educative presenti nella 2^ Circoscrizione. Successivamente, si considere-ranno le esperienze delle famiglie intervistate nei due servizi educativi mag-giormente diffusi sul territorio: gli asili nido e le scuole dell’infanzia. Infi-ne, si prenderanno in considerazione le testimonianze degli intervistati che hanno attraversato alcuni dei servizi integrativi nati negli ultimi anni con lo scopo di affiancare e sostenere l’attività di cura delle scuole dell’infanzia e degli asili nido.

4.1 Conoscere la rete dei servizi all’infanzia: l’importanza dei network interfamiliariSul territorio della 2^ Circoscrizione del Comune di Verona è presente una rete complessa ed eterogenea di servizi e, conseguentemente, di opportuni-tà indirizzate alle famiglie con figli in età prescolare. L’eterogeneità si trova sia nella natura dei servizi (a servizi educativi pubblici se ne affiancano mol-ti altri nati per iniziativa di privati), che nella loro tipologia di appartenenza (agli oramai consolidati asili nido e scuole dell’infanzia si affiancano gli in-novativi Nidi in famiglia e Tempi per la famiglia).

In che modo le famiglie intervistate vengono a conoscenza di quest’insieme variegato di servizi?

Della scuola materna * (una scuola dell’infanzia presente nella seconda Circoscrizione) abbiamo sentito in giro che funziona molto bene, che è una scuola molto al livello alto per cui abbiamo ... cioè poi essendo qua abbiamo ormai conosciuto tante famiglie che hanno bambini, che si conoscono, quin-di un po’ tutto ecco comodità che non devi spostare la macchina, il prezzo che è accessibile, la scuola che è buona, gli amichetti che abitano qua vicino per cuiiii abbiamo deciso di portarlo qua. (P 3)

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[Il passaparola] è la cosa che funziona molto di più, è chiaro che ci si fida di più della persona che dice “guarda che bello” così, piuttosto che … se magari si vede un manifesto … però insomma è chiaro che il passaparola dà più fiducia (....) dei Tempi per la famiglia sono venuta a conoscenza, non mi ricordo più perché era ancora tanti anni fa, forse è stata una cosa casuale, parlando con amici insomma … e poi sono andata … però ho visto che ha preso proprio piede in fretta, per cui si sono riempiti, il passa parola è fun-zionato proprio bene. (M 7)

Secondo me i canali [per conoscere le nuove tipologie di servizi all’infanzia] ci sono anche … certo che bisogna essere un po’ interessati, nel senso che uno non può pensare di stare a casa sua, non parlare con nessuno su cosa fa con i suoi figli e aspettare che gli arrivino le informazioni. O gli arrivano le informazioni per posta e comunque la gente le butterebbe via, butta via tutto, oppure ... cioè secondo me alla base di tutto c’è il confronto con le altre persone, ti puoi confrontare su qualsiasi cosa riguardo ai bambini … se hanno avuto i pidocchi, come hai fatto se, fino a “c’è questa attività piut-tosto che quest’altra”, “l’ho fatta, non l’ho fatta” (...) al di fuori della scuola, piuttosto che al parco giochi, momenti in cui si ha occasione di incontrare altre persone con figli, ci si confronta “cosa fai, cos’ho fatto”, ci si racconta, cose così. (M 9)

Come già visto in precedenza, le famiglie intervistate sono inserite in fit-ti network composti da altre famiglie, spesso e volentieri aventi figli di età simile, con le quali intrattengono relazioni di amicizia o di semplice cono-scenza, nate frequentando gli stessi servizi all’infanzia, lavorando assieme o, in altri casi, risalenti al periodo precedente alla formazione di un proprio nucleo familiare. I frammenti di intervista appena riportati, confermano come i reticoli sociali siano utili per dare risposte ai propri bisogni (Di Ni-cola, 2003), relativi, in questo caso, a delle scelte educative da compiere, orientando le famiglie di fronte all’offerta di servizi all’infanzia proveniente dai soggetti pubblici e privati presenti sul proprio territorio.

I network in cui gli intervistati sono inseriti appaiono come “condotti”, utilizzando una efficace metafora proveniente dalla sociologia economica (Owen-Smith, Powell, 2004), attraverso cui valutazioni e interpretazioni della realtà circolano rapidamente andando ad incrementare quotidiana-mente il bagaglio di conoscenze posseduto da ogni famiglia. Per quanto ri-guarda gli asili nido e le scuole dell’infanzia, l’interazione con le altre fami-glie serve a scegliere la “scuola che funziona meglio”, vale a dire la struttura ritenuta migliore nell’erogare un servizio la cui esistenza, come vedremo successivamente, è data ampiamente per scontata dagli intervistati. Per i

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servizi integrativi, invece, i network d’appartenenza appaiono come la via principale attraverso cui le famiglie arrivano a conoscerli.

Quindi, attraverso l’interazione avuta con altre famiglie aventi figli di età simile, le madri e i padri intervistati non solo apprendono dell’esistenza di diverse tipologie di servizi e delle strutture che li erogano, ma entrano in possesso di valutazioni provenienti dall’esperienza altrui.

Alle volte gli altri hanno figli con un’età maggiore e magari ti spiegano le loro esperienze, tipo alle elementari, che non ci siamo ancora in quella fase lì e quindi magari arrivi alle elementari che hai già un’infarinatura insomma, un’infarinatura di com’è la scuola (...) è sempre un’esperienza insomma, che dopo, che dopo ti serve per, non so, per iscriverla alla scuola migliore, si sen-te che maestre ci sono, magari là fanno l’inglese e nell’altra scuola no, che servizi hanno tutte quelle cose lì che ... si potresti andare là a chiedergli però è ovvio che a parlare di se stessi sono tutti belli e bravi, però se senti delle al-tre mamme, se senti degli altri pareri almeno ti fai un’idea più precisa. (P 4)

Come visto negli altri frammenti ed esplicitato in particolar modo da quello appena riportato, il bagaglio di informazioni ricevute da famiglie con esi-genze simili alle proprie viene ritenuto dagli intervistati solitamente più af-fidabile se confrontato con quello proveniente da depliant, siti web o dallo stesso personale educativo. Questo avviene poiché chi eroga il servizio viene ritenuto direttamente parte in causa e, quindi, scarsamente imparziale nel darne un’immagine completa e sfaccettata che espliciti sia i punti di forza che di debolezza.

L’importanza delle informazioni fornite dalle strutture responsabili dei ser-vizi all’infanzia aumenta nel caso delle famiglie migranti, spesso inserite in reti ristrette e costituite prevalentemente da famiglie della stessa etnia e che, quindi, forniscono conoscenze poco utili per affrontare i problemi e sfruttare le opportunità trovate nel paese ricevente (Ambrosini, 2008).

Quando è nell’età del nido il Comune ti manda una lettera a casa e in questa lettera c’è l’elenco dei nidi comunali e quelli privati e quelli convenzionati con il Comune, quindi vedendo la carta lì vedi. Però bisogna vedere se te li accettano anche in quelli convenzionati, se c’è posto, c’è una graduatoria, fai la domanda a febbraio. (M 6)

Quando fa tre anni solitamente ti arriva una lettera a casa che dice che è pronta per andare alla scuola materna. Allora sono andato lì a fare l’iscri-zione. Il Comune mi ha detto dove andare, c’erano due o tre scuole tra cui potevo scegliere, quelle più vicine a casa, quelle più comode... (P 8)

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Al momento di spiegare quali siano i canali informativi principalmente uti-lizzati nel venire a conoscenza dei servizi presenti sul territorio, le uniche due famiglie che attribuiscono un’elevata importanza alla lettera informati-va proveniente dal Comune di Verona, riguardante la possibilità di iscrivere il proprio figlio rispettivamente all’asilo nido e alla scuola dell’infanzia, sono le famiglie migranti. Se negli altri casi le informazioni provenienti dalle strutture all’infanzia sono indicate come “pubblicità che la gente butta via” o come “un manifesto appeso sul muro”, dai due frammenti di interviste ap-pena visti emerge come queste informazioni diventino importanti nel caso di queste famiglie, inserite in reti ancora scarsamente adatte a rispondere al proprio bisogno di conoscere le opportunità offerte dal territorio.

Dopo aver illustrato i modi attraverso cui le famiglie arrivano a conoscere la rete dei servizi all’infanzia presenti sul territorio, daremo spazio alle espe-rienze che gli intervistati hanno avuto utilizzando questi ultimi.

4.2 L’accesso, le interazioni e le valutazioni delle famiglie negli asili nido della 2^ CircoscrizioneIn questa sede si analizzeranno in profondità le difficoltà incontrate dalle famiglie intervistate nell’accedere agli asili nido presenti sul territorio, le motivazioni che le hanno spinte a farlo, le relazioni intrattenute con il per-sonale educativo e, infine, il grado di soddisfazione per il servizio ricevuto.

4.2.1 Nessuna cortesia all’entrata: le liste chiuse dei nidi comunali

Se per barriere d’accesso si intendono degli ostacoli che impediscono a qual-cuno di usufruire di un determinato servizio, le liste chiuse sono senz’altro percepite come tali dalle famiglie intervistate che hanno cercato di accedere agli asili nido comunali presenti sul territorio.

Le liste chiuse si presentano come graduatorie stilate dai soggetti responsa-bili dell’erogazione di un determinato servizio che, seguendo alcuni criteri, stabiliscono chi può accedervi e chi invece ne è escluso. Nel caso dei servi-zi all’infanzia le liste chiuse sono caratteristiche dei servizi pubblici quali asili nido comunali e scuole d’infanzia, statali e comunali: nel primo caso vengono stilate dall’Ufficio Iscrizioni Asili Nido Comunali, nel secondo caso

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sono di competenza rispettivamente dell’ Ufficio Iscrizioni Scuole Materne Comunali e degli Istituti Comprensivi.

Allora parliamo dell’asilo nido, per i bambini più piccoli: in tutti e tre ab-biamo fatto fatica ad entrare, nel senso che c’erano pochi posti e poi anche quando c’è il posto devi prendere quello che c’è, per esempio siamo riusciti a mandare un bambino all’asilo nido comunale qua vicino e gli altri due dob-biamo mandarli a * (un asilo comunale sempre interno alla Circoscrizione, ma più lontano), vuol dire che devi appoggiarti al pulmino, al pulmino devi aspettare l’orario del pulmino. (P 9)

[Riguardo ai miglioramenti da apportare ai servizi all’infanzia] io penso che il requisito di base sia la disponibilità, diciamo di posti, e penso in parti-colare all’asilo nido, perché mi ricordo che l’abbiamo un po’ vissuto come un problema l’iscrizione ... le liste ... stare attenti, fare in modo .... cioè c’è andata anche bene, ma un anno l’abbiamo mandata all’asilo privato, perché in quello pubblico non c’era posto, ci siamo iscritti al part-time, poi abbiamo perso il posto in graduatoria, eccetera, eccetera cioè alla fine ne abbiamo provate anche diverse e abbiamo dovuto tamponare con un asilo nido pri-vato, proprio perché in quello pubblico non abbiamo trovato posto. (P 11)

Gli asili comunali sono pieni, in quel momento poi c’è sempre il problema vuoi del reddito (…) perché lì [nelle liste chiuse del nido] ci sono criteri tipo non so ... del reddito, però non è che proprio siano equi … oppure non so a volte le ragazze madri hanno la precedenza, però sono ragazze madri che convivono semplicemente, sono una famiglia normale solo che non sono sposati, allora grazie! (...) è discriminante il fatto di essere ragazze madri nel senso che non c’è un papà, allora io capisco che debbano avere la pre-cedenza insomma, però se è una cosa di facciata allora questo è abbastanza fastidioso (...) cioè ho una collega che è ragazza madre, si fa per dire, perché comunque ha un compagno cioè esiste la figura del padre che guadagna, solo perché ha la residenza a casa della mamma, a casa del papà. (M 7)

Da questi frammenti di intervista si osserva che le famiglie intervistate con-siderano come un ostacolo le liste chiuse che regolano l’accesso agli asili nido pubblici, in cui vi è ancora un rapporto molto basso fra gli utenti del servizio e gli aventi diritto (12% al livello regionale nel 2008 - Istat, 2010), mentre al contrario per quanto riguarda le scuole d’infanzia, in cui la coper-tura della domanda è pressoché totale, le liste chiuse non vengono quasi mai reputate una barriera per l’accesso al servizio. Come appena visto, gli inter-vistati hanno avuto esperienze di esclusione, temporanea o definitiva, dagli asili nidi comunali, che riflettono al livello micro la capacità ancora scarsa di presa in carico dei bambini di età compresa tra 0 e 3 anni mostrata dai ser-

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vizi pubblici e segnalata dai dati statistici forniti dall’Istat a livello regionale.

Gli intervistati, una volta indicato come elemento maggiormente problema-tico lo scarso numero di posti a cui le liste chiuse permettono di accedere, contestano i criteri con cui si stabilisce quali famiglie si possono iscrivere al nido.

Le famiglie, nel Comune di Verona, come nel resto del territorio nazionale, al momento della domanda d’ammissione ai nidi comunali, presentano una documentazione sulla base della quale viene attribuito un punteggio che tiene conto della composizione del nucleo anagrafico di riferimento, della condizione occupazionale, del luogo di residenza, delle eventuali condizioni di invalidità dei membri del nucleo familiare del bambino e dell’attestazione I.S.E.E1 (allegato A, Regolamento del sistema di servizi della prima infan-zia dalla delibera n. 21 del 15 maggio 2008). Ad essere spesso criticati dagli intervistati sono questi criteri, ad esempio nel frammento d’intervista di M 7 viene contestata la precedenza data ai bambini con un solo genitore (art. 3 del regolamento), nei casi in cui questa condizione nasconda una conviven-za. Nel caso di P 9, invece, si contesta la scarsa importanza data alla vicinan-za territoriale nel determinare a quale asilo nido la famiglia possa accedere: secondo l’intervistato le famiglie, dopo aver indicato nella domanda di am-missione tre nidi a cui desiderano accedere (art. 10 del regolamento), spesso vengono mandati in nidi lontani dal luogo di residenza, con conseguenti disagi nell’accompagnare e nell’andare a prendere il bambino.

Si conferma, quindi, che uno dei problemi maggiori degli asili nido comu-nali è l’esistenza di liste chiuse le quali, seguendo diversi criteri di selezione, escludono dal servizio una parte consistente della popolazione (Di Nicola, 2008a). Nei diversi casi in cui gli intervistati non hanno potuto accedere all’asilo nido comunale, temporaneamente o fino all’ingresso dei propri figli alla scuola dell’infanzia, la strategia messa in atto dalla famiglia, consiste nel rivolgersi ad un privato.

La difficoltà con * (la figlia più piccola) è stata proprio che non si trovava il nido in nessuna maniera e per cui abbiamo trovato un posto [privato] che costava anche caro (...) e avevano solo mezza giornata, quindi io entro l’una e mezza dovevo andarla a prendere, però io spesso avevo la quinta ora e inse-gnavo in centro, finivo all’una, nel momento che metti a posto qualche scar-toffia e arrivavo sempre in ritardo ad andare a prendere la bambina. (M 11)

1. L’indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E) è uno strumento che permette di misurare la condizione economica delle famiglie, tenendo conto del reddito, del patrimonio e delle caratteristiche di un nucleo familiare. L’atte-stazione I.S.E.E può essere rilasciata dall’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (I.N.P.S), dai Comuni o dai Centri Assistenza Fiscale (C.A.F) autorizzati.

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Questo frammento di intervista racconta un percorso effettuato da diverse famiglie intervistate che, dopo essersi viste escluse dalle graduatorie, si ri-volgono ad uno dei numerosi nidi privati autorizzati presenti sul territorio della 2^ Circoscrizione. Il ricorso al nido privato solitamente è una scelta conseguente all’esclusione dalle graduatorie d’accesso ai nidi comunali, poi-ché questi, come vedremo nelle prossime pagine, sono solitamente reputati migliori dal punto di vista economico, nonché della qualità del servizio.

4.2.2 Le motivazioni per l’accesso agli asili nido

Ora è importante comprendere quali siano le diverse motivazioni che hanno spinto le famiglie intervistate ad usufruire degli asili nido presenti sul territorio. Queste ultime, quando devono spiegare cosa le ha portate a iscrivere i propri figli all’asilo nido, solitamente segnalano come punto di partenza una loro situazione di necessità lavorativa, a cui è conseguente-mente legato il bisogno di trovare per i propri figli un luogo sicuro per il loro accudimento.

[L’asilo nido] per me era fondamentale perché se no, cioè andando a lavora-re non avevamo alternative insomma … o il bambino andava all’asilo nido o se no non andavamo a lavorare noi, insomma (ironicamente) … questo per noi è la prima cosa fondamentale e importante per tutti e tre. (P 9)

[Ho scelto di mandare i miei figli al nido per motivi di tipo] lavorativo co-munque, perché voglio dire io adesso sono a casa, ma mi sto prendendo già delle collaborazioni quindi l’ho mandato perché ho detto “siccome cerco lavoro” se l’idea fosse stata tipo “No basta, non lavoro più, sto a casa e basta” allora me lo sarei tenuto a casa, ma siccome un’idea, cioè non l’ho mandato al nido, magari tante mamme dicono ‘no lo mando lo stesso perché vedo che è un bambino che va volentieri, che ha bisogno di socializzare’, ecco no, non è che lo mando al nido per socializzare perché comunque, ripeto, ha altre occasioni, preferisco tenermelo, non so come dire, però avendo l’idea di ri-prendere [con il lavoro] mi serviva comunque il paracadute del nido. (M 10)

Per quanto riguarda l’asilo nido la funzione più importante riconosciuta dalle famiglie al servizio è, quindi, quella che originariamente ne ha portato la sua nascita: accudire i bambini di famiglie i cui entrambi genitori lavo-rano (Galardini, 2003). Gli intervistati, nello spiegare cosa li ha portati ad accedere all’asilo nido, partono dal presupposto che dovendo continuare o ritornare a lavorare, come nel caso della mamma della Famiglia 10, si sono trovati a dover scegliere a chi affidare i propri figli.

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In questo importante momento di scelta le famiglie intervistate hanno do-vuto valutare diverse opzioni, che vanno dalla babysitter fino ai nonni, pas-sando per i servizi integrativi finalizzati all’accudimento dei bambini di età compresa tra gli 0 e i 3 anni.

[Abbiamo scelto di frequentare l’asilo nido] appunto per la base educativa di * (il figlio), cioè noi abbiamo fatto la scelta del nido, anche se i nonni anche allora li avevamo, per una questione educativa sua riteniamo che, sia io che il papà, che la struttura con delle educatrici e il confronto con gli altri bambini siano sicuramente una cosa più positiva per il bambino (...) [con i nonni] si innescano dei loop di capricci, di cose...cioè ripeto, secondo me il fatto di stare con altri bambini gli fa imparare a confrontarsi (...) Anche oggi alla festa ha avuto un diverbio con un bambino, cioè mi rendo conto che sono cose tra bambini. Un conto è il nonno, se il nonno gli dice “mi prendi quello”, “si”. Il bambino gli ha detto “no, non te lo dò”, e si sono messi a liti-gare. Cioè nel senso, ci sono altre dinamiche, del tutto. (M 14)

[Dei Nidi in famiglia] ne ho sentito parlare, ne ho sentito parlare … non mi sono informata più di tanto, perché mi piaceva di più l’idea dell’asilo, così come l’idea … nel senso l’ho frequentato io quando ero piccola, era un ser-vizio di cui ero a conoscenza, perché ovviamente sono andate le mie nipoti, che ormai sono grandine, le figlie dei miei cugini sono andate alle * (asilo nido presente nella Circoscrizione) come * (il figlio) … è un servizio garanti-to, chiamiamolo comunque … come testimonianze e quindi insomma … mi faceva … mi dava più fiducia (...) io ho un fratello che ha dodici anni più di me, i cui figli hanno fatto entrambi tutti gli step, quindi nido, materna … e quindi anche parlando con lui, come credo che sia normale, confrontandosi con persone che hanno già vissuto esperienze come quella di avere un figlio, ci abbiamo ragionato sopra e abbiamo detto ‘si secondo noi il nido’, il nido è importante ecco. (M 1)

Alla fine non ci vedo niente di male in realtà nell’asilo, come asilo, come scuola dove il bambino va là c’ha una classe, c’ha delle regole diverse, deve incontrare una sua relazionalità diversa, quindi... taggesmutter è una buona cosa, forse... io la vedo molto meglio per le età piccoline, ma dopo un certo punto verso... sono come le persone che tengono i bambini a casa e dicono: “No io fin che posso tengo il bambino a casa, si ammala...” ma la socialità la sviluppano lì (...) Ma ti dico a me piace proprio questa idea della pluralità; che la bambina c’ha in classe venti compagni... cioè non so ci vedo tante occasioni, rispetto a che non creare un ambiente necessariamente ovattato, cosa che magari anch’io faccio, creare un ambiente ad hoc [come nel caso delle tagesmutter] lo vedo come, comunque, limitante, ecco. (P 12)

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L’asilo nido penso che sia un’occasione importante di formazione e socia-lizzazione precoce con gli altri bambini, onestamente la scuola materna la vedo come indispensabile, l’asilo nido lo vedo come un plus. (P 11)

Dai frammenti riportati emerge che le famiglie, partendo da una condizione di necessità di custodia dei propri figli, valutano positivamente le finalità educative che il nido ha sviluppato negli ultimi decenni, emancipandosi da una funzione meramente assistenziale (Galardini, 2003).

L’apprezzamento verso la funzione educativa del nido emerge soprattutto se confrontata con le altre opzioni che la famiglia ha esaminato partendo dalla propria condizione di necessità. Ad esempio, la mamma della Famiglia 14 afferma che lasciando il figlio ai nonni sarebbe venuta meno l’interazione con gli altri bambini, o ancora, il papà della Famiglia 12, giudica il Nido in famiglia (chiamato in questo caso tagesmutter, nome del servizio a cui sono ispirati i Nidi in famiglia) eccessivamente protettivo e con minori possibi-lità di socializzazione con i pari, reputando l’asilo nido come la scelta più appropriata.

I genitori, nel motivare la scelta di accedere all’asilo nido, descrivono que-sto servizio come un’occasione importante per permettere al bambino di stabilire rapporti affettivi e di amicizia, di acquisire nuove regole e, più in generale, di compiere le prime esperienze socializzanti nel gruppo dei pari.

Le famiglie, una volta scelto di mandare i propri figli all’asilo nido, si tro-vano di fronte un ampia gamma di strutture, in parte nate per iniziativa di privati, che propongono tipologie di servizi uguali o simili (micronido, nido aziendale e nido integrato) a quelle comunali. Guardando alla mappatura effettuata, nel territorio della 2^ Circoscrizione sono presenti ben 10 nidi d’infanzia, di cui 3 asili nido comunali, 6 micronidi privati (4 accreditati e 2 autorizzati) e un nido aziendale autorizzato.

Perchè il comunale? Anche per il costo, però mi sento anche più sicura (...) Oddio, nei privati non sai se sono maestre che hanno finito una scuola pro-prio... da maestre di asilo nido! Cioè non mi fido, con tutto quello che si vede in televisione (...) Non è che sono troppo tranquilla. Così non è che mi fido più di tanto, mentre nel Comune magari c’è più controllo, c’è la coordinatri-ce che magari gira, non... (M 6)

Se devo mettere il figlio da qualcuno voglio che sia un ambiente che cono-sco, dove il bambino sai estremamente tutelato, curato, garantito e seguito e questo me lo dà il nido … più il comunale che il privato, secondo me, oggi come oggi (...) il servizio di nido che dà il Comune è superiore a quello che dà il privato, nella larga parte dei casi …E’ una percezione che ho (...) Allora

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il costo più o meno per singolo si equivale, perché mi ricordo per * (il figlio più grande) il primo anno pagavo quasi … 500 euro, il privato mi sarebbe costato, mi ero informato, 560, 450, insomma c’è una differenza tra i 50 e i 100 euro, la differenza la vedevo … non lo so, è una percezione, come se da una parte fosse più un parcheggio, ma lo creo come imprenditore piuttosto che come educatore, perché comunque è un … business, anche positivamen-te parlando! Però non percepivo un’alta qualità d’impegno come l’ho perce-pito nel nido [comunale]. (P 10)

Sappiamo che c’è un asilo nido privato la cui retta costa cinquecento euro, però … io credo di più nel servizio che mi dà il Comune con una struttura che non ha un anno, due anni di vita, ma che ne ha quindici, venti, c’è la coordinatrice che ha degli anni di esperienza … credo molto nella struttura … comunale, dell’asilo nido per esempio … non vorrei arrivare al punto di dire “purché mio figlio vada all’asilo nido, lo iscrivo all’asilo nido privato che c’è qua in quartiere”, per esempio, che voglio dire … non voglio parlar male, però … credo nella struttura comunale che venga incontro alle persone che hanno i nostri problemi, quindi il posto per lo meno garantito. (P 9)

Al momento di scegliere, le famiglie intervistate esprimono una spiccata preferenza per le strutture comunali, motivata principalmente da due ra-gioni, evidenziate dai frammenti di intervista appena riportati.

In primo luogo il servizio pubblico viene reputato preferibile per una que-stione economica, infatti dalla mappatura effettuata emerge che la retta mensile dei privati oscilla tra i 450 e i 750 euro, rivelandosi mediamente superiore a quella richiesta dalle strutture pubbliche, compresa tra i 76 e i 487 euro a seconda del punteggio I.S.E.E. La questione economica diventa meno importante nei casi di famiglie che, avendo punteggi I.S.E.E. alti, si trovano a dover pagare una retta molto simile a quella richiesta da alcuni asili privati.

A questa motivazione se ne aggiunge un’altra altrettanto importante: gli asi-li nido privati vengono solitamente reputati di qualità inferiore rispetto agli asili comunali. I genitori, nel dover giustificare questa preferenza, si rifanno alle maggiori garanzie offerte dalle strutture comunali, alle quali gli inter-vistati associano figure professionali più qualificate, progetti educativi più elaborati e, in generale, una maggiore esperienza e affidabilità nel curare ed educare i bambini. A cosa si può attribuire questa maggiore fiducia data dai genitori alle strutture comunali?

Innanzitutto, come visto nel frammento d’intervista al papà della Famiglia 9, una spiegazione si può trovare nel fatto che la maggior parte delle strut-

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ture private siano sorte negli ultimi anni, a seguito della bassa capacità mo-strata dagli asili nido comunali nel coprire la domanda proveniente dalle famiglie presenti sul territorio (Galardini, 2003). Questo rende le singole strutture ancora poco conosciute dalle famiglie, che come abbiamo visto, si orientano nella scelta attraverso i propri network relazionali, scambiandosi informazioni e valutazioni relative ai servizi all’infanzia frequentati.

Inoltre, in diverse occasioni, come emerge dall’intervista al papà della Fami-glia 10, le iniziative private vengono dipinte come imprese che hanno come scopo principale il lucro, mettendo in secondo piano le finalità di cura ed educazione dei bambini. Al contrario, ai nidi comunali vengono attribuiti degli scopi di benessere collettivo, indipendenti dal profitto economico, e si evidenzia come in questi nidi, ad avere la precedenza, siano i bisogni delle famiglie e, in particolare, dei loro figli.

4.2.3 Il coinvolgimento dei genitori all’interno dell’asilo nido

Nonostante l’asilo nido sia fondato su un contratto esplicito che prevede la delega temporanea del bambino dalla famiglia al personale educatore, in questo servizio vi è stata una crescente attenzione al coinvolgimento dei genitori (Catarsi, 2010).

Dalle interviste effettuate emerge, con evidenza, lo sforzo continuo com-piuto dal personale degli asili nido per rendere partecipi i genitori sia delle esperienze compiute dai figli all’interno del servizio sia della costruzione del progetto educativo. In questo senso i momenti più importanti di inclusione dei genitori nella vita dell’asilo nido sono quattro: l’interazione quotidiana tra genitori ed educatori ed educatrici; le riunioni collettive dell’asilo nido; gli incontri individuali dei genitori con il personale educativo e/o con le figu-re dirigenziali responsabili del servizio; le attività dei genitori dentro l’asilo.

Quando vado a prenderlo, sì [la maestra] mi racconta: cioè la mattina quan-do l’ho portato dopo un’ora ha fatto merenda, dopo un’ora ha giocato, dopo si è divertito perché è arrivato un nuovo amico, in questi giorni stanno arri-vando dei bambini nuovi, è contento perché gli piacciono i bambini, cioè sì... racconta la maestra tutto quando vado a prenderlo. Sono contenta di quel nido, devo dire la verità, ho due maestre stupende. (M 6)

Quando glieli porti alla mattina … è un “ciao ciao”, sarebbe sciocco fermarsi a parlare in quel momento lì, perché è comunque un momento di distacco per il bambino (....) quando vado a prenderlo, partendo dal presupposto che non c’è mai la maestra della mattina, perché ovviamente finisce prima,

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allora magari lì si fan due chiacchiere sulla giornata. (M 1)

Allora quando vado agli asili nido, quindi va beh piccolini, c’è sempre la con-segna che è il momento più importante e delicato della giornata, per cui da casa, dopo aver preparato la colazione, i vestiti e tutto, ci si avvia, c’è sempre la consegna, diciamo, all’educatrice che è sempre una persona di riferimen-to che è sempre la stessa … per cui si consegna solo il bambino, ci si saluta e basta insomma (...) alla consegna il pomeriggio viene dettooo come ha trascorso la giornata, cos’ha fatto, se ci sono particolari note o osservazioni da fare sul comportamento, su come ha passato la giornata, se ci sono stati dei problemi, cose diciamo della gestione quotidiana. (P 9)

C’è un’attenzione molto particolare per il bambino, per esempio una cosa su cui hanno sempre puntato tantissimo è, per esempio, quando arrivi con il bambino devi guardare … se c’è già dentro il genitore attendi, perché il fatto di lasciare il bambino è una cosa personale tra il genitore, il bambi-no e la maestra, cioè il genitore accompagna il bambino, c’è il momento del distacco, ti dicono “saluta il bambino”, perché ti devono vedere che stai andando via (...) c’è il quaderno dove scrivono tutto, per cui [quando lo vai a prendere] prima di entrare ti dicono leggete prima, in modo che quando venite dentro siccome il bambino ti salta addosso perché è sette ore che non ti vede … che non ci sia un momento per cui tu stai facendo altro, devi chie-dere alla maestra se ci sono stati problemi …. No, tu hai già letto prima che cos’ha fatto il bambino, se ha dormito, quanto ha dormito, se ha mangiato, se non ha mangiato, quando arrivi lì sei solo per il bambino e poi va beh per la maestra nel senso che la saluti. (M 10)

Innanzitutto, i genitori attraversano quotidianamente l’asilo nido, entrando in contatto con il personale educativo in due momenti della giornata: l’ac-coglienza mattutina e il momento dell’uscita. Tra i due, il secondo momento appare senz’altro più importante e ricco di interazioni, principalmente per le seguenti ragioni: la mattina i genitori sono all’inizio della giornata lavo-rativa, quindi spesso dopo aver accompagnato il bambino devono imme-diatamente recarsi sul luogo di lavoro; in secondo luogo, come segnalato nelle interviste appena riportate, la delicatezza del momento del distacco dal bambino impone al genitore di concentrarsi sul bambino e di andarsene appena possibile per garantire un inserimento sereno del figlio all’interno dell’asilo nido; in terzo luogo, anche se non emerge esplicitamente dalle in-terviste, si suppone che alla fine della giornata i genitori abbiano senz’altro più necessità e curiosità di ricevere informazioni e valutazioni inerenti al comportamento complessivo del figlio all’interno del servizio.

Per queste ragioni, le interazioni tra genitori e personale educativo sembra-

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no concentrarsi nel momento del ritiro, toccando sia gli aspetti fisiologici della vita del bambino sia gli aspetti inerenti alle interazioni e alle attività compiute nel corso della giornata appena trascorsa. Inoltre da alcuni inter-vistati (si veda ad esempio la mamma della Famiglia 10) viene segnalata positivamente la presenza di diari sintetici che riportano schematicamente questo insieme di informazioni, riducendo o, comunque, integrando la ne-cessità di interazione con gli educatori e le educatrici del servizio.

Durante l’anno hanno degli incontri specifici con i genitori, cioè tipo una riunione l’abbiamo già fatta perché legata all’inserimento dei bambini e poi si fanno anche dei colloqui personali … ce ne è uno, forse due in tutto l’anno, dove dicono, ti dicono il passaggio, come si sta sviluppando il percorso del bambino, oppure se ci sono problemi comunque tu vai dalla coordinatrice o dalla maestra e fissi un appuntamento. (M 10)

Si fanno più o meno 3 o 4 incontri all’anno, in plenaria. C’è un incontro iniziale dove viene presentato il progetto. Poi ci sono degli incontri di moni-toraggio, insomma, dove più o meno si chiude la parte intorno a natale, poi c’è l’incontro a metà tra natale e giugno, più o meno insomma, dove viene lanciata la festa di fine anno e si fa più o meno una verifica, una verifica di quello che è stato... e se hai voglia, insomma, e anche il tempo, si fa un in-contro singolo dove tu puoi raccontare, ma anche farti raccontare, del figlio ecco. (P 5)

Un altro momento ricorrente negli asili nido frequentati dalle famiglie in-tervistate sono le occasioni di incontro tra genitori e personale dell’asilo, in cui solitamente si rendono partecipi i genitori del progetto educativo del nido, incoraggiando il confronto e lo scambio di valutazioni. A questo si aggiungono gli appuntamenti individuali con i genitori del bambino che possono fare richiesta, in caso di problematiche o esigenze specifiche, di in-contrare il personale educativo o i responsabili dell’asilo nido. Quest’ultima possibilità d’incontro viene solitamente menzionata dagli intervistati che, però, quasi mai dichiarano di averla sfruttata, per mancanza di tempo o di un’esigenza specifica che la giustifichi.

Soprattutto al nido cercano di coinvolgerti moltissimo, cioè proprio... ades-so non so se sia una cosa specifica di questo nido o sia una cosa generale, ma loro cercano proprio di renderti partecipe alla vita del bambino e alla vita del nido. Io se posso si! Cerco di essere partecipe sempre in maniera un po’... insomma se me lo chiedono ci sono, sennò non sono quella che si... Però ecco quest’anno abbiamo fatto un progetto con i genitori in cui dove-vamo costruire qualcosa che restasse ai bambini in classe, perciò ci siamo trovati due tre sere tutti i genitori di questa classe a fare questo lavoro che

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era una ruota particolare con dei disegni. Due sere ed un sabato mattina, perciò insomma... Poi con lei (la figlia), invece, c’erano tre giornate dedicate ai genitori che un genitore andava in classe e passava la giornata con i bam-bini e... gli doveva far fare un’attività e con lei ero andata io ho fatto fare una cosa con le mani, con i colori... (M 5)

Durante l’anno ci sono anche molte riunioni con i genitori volute dalla di-rettrice e dalle insegnanti, c’è anche la festa di fine anno dove bene o male ti fanno vedere tutte le cose che hanno fatto i bambini, qui addirittura, l’anno scorso non l’ho fatto, ma c’è anche la possibilità per i genitori che lo vogliono di fare delle giornate all’interno della classe, con i bambini, per vedere cosa fanno, dove lo fanno e collaborare con gli insegnanti, da questo punto di vista è molto bello. (P 10)

[Le educatrici] chiedono anche chi ha disponibilità. Io non sono mai andata, per dire, perché non ho potuto lasciare il lavoro per stare una giornata con loro, che adesso va in porto sta roba qua che si offrono dei genitori vogliono passare una giornata con i bambini al nido, cioè passare una giornata con loro, per fare qualcosa di nuovo, cioè... o dipingere o far da mangiare, con loro. Si ci sono queste attività, belle. Io per il lavoro non sono andata, non sono potuta andare ... (M 6)

Infine, si stanno diffondendo sempre di più proposte volte a coinvolgere le famiglie non solo nel sostenere e seguire la crescita del bambino, ma anche per arricchire il nido, facendo tesoro della disponibilità e delle competenze personali delle madri e dei padri dei bambini che frequentano il servizio (Galardini, 2003; Catarsi, 2010). Questo può avvenire o attraverso attività di costruzione di piccoli lavori volti a rendere accoglienti e familiari gli spazi del nido, oppure facendo partecipare i genitori alle attività ludiche e manua-li svolte quotidianamente all’interno del servizio. In questo modo i genitori non sono più solamente degli utenti, ma diventano costruttori del nido e del suo progetto educativo. Come visto ad esempio dalle testimonianze del papà della Famiglia 10 e della mamma della Famiglia 6, a causa degli impegni lavorativi, non sempre le famiglie hanno tempo di partecipare a queste atti-vità, ma nonostante ciò, la consapevolezza dell’esistenza di queste proposte sembra incidere positivamente sulla loro soddisfazione per il servizio.

E’ importante però osservare come la voglia e il tempo di interagire con il personale e di partecipare al progetto educativo dell’asilo nido, sembri di-pendere non solamente dagli impegni lavorativi degli intervistati, ma anche dal numero di figli.

Allora già ti dico che con *, il primo, c’è stato un rapporto con la scuola e

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con i genitori, diverso da quello che ho oggi con * (il terzo e ultimo figlio), la scuola e la classe di *, e lo stesso con * (la seconda figlia), però probabilmen-te rispetto al primo molto di più perché era il primo figlio, lo senti di più, è la novità, ti fai coinvolgere molto di più dalle cose, poi ti arriva il secondo e il terzo, lo fai per scelta anche il secondo e il terzo, è Dio che te lo dà, e comin-ciano ad arrivare ritmi completamente diversi, non hai tempo di star lì alla mattina, che il bambino non lo puoi consegnare come un pacco, è vero che non è un pacco, ma io non posso stare dieci minuti lì a giochicchiare con * (il terzo figlio), quando lo vedo sereno io vado via subito, la mattina che piange mi fermo, ma siccome so che mio figlio tendenzialmente è sereno, lo accom-pagno, lo saluto, saluto la maestra, le dò il cambio, sto un minuto e mezzo al massimo e poi via, perché ne ho già portati due e devo correre magari a * [la sede di lavoro dell’intervistato, distante circa 20 Km da Verona], quando ne avevo uno, il tempo che oggi gestisco su tre, potevo farlo su uno, quindi data questa premessa ti dico che oggi io accompagno * (il terzo figlio) al nido e [ci impiego] un minuto, minuto e mezzo come ti dicevo. (P 10)

I: Voi in quanto genitori siete coinvolti nel progetto educativo del nido?

P 12: Sì, sì .... anche troppo! Al terzo figlio ti sembra anche pleonastica la cosa! Un po’ esagerata, però sì, si impegnano tantissimo a rendere partecipi i loro genitori, a spiegargli cosa stanno facendo, richiedono la loro presenza, magari per attività, che sia dopo rivolta ai bambini o attività con i bambini, con le insegnanti, cioè... sì, sì

Dai frammenti d’intervista appena riportati emerge che le famiglie con più figli talvolta possono rivelarsi meno disponibili a partecipare e ad essere coinvolte nella quotidianità del nido. Questo avviene innanzitutto per un problema pratico, infatti avere più figli significa avere meno tempo per ac-compagnare e andare a prendere ciascuno di questi dai servizi frequentati. In secondo luogo, come rilevato dai due intervistati, il ripetersi dell’espe-rienza di ingresso al nido, sembra togliere curiosità verso le attività propo-ste dal servizio e, conseguentemente, disponibilità ad essere coinvolti atti-vamente in queste.

4.2.4 La qualità del servizio negli asili nido

Dopo aver illustrato le motivazioni che hanno spinto le famiglie intervistate ad usufruire degli asili nido presenti sul territorio della 2^ Circoscrizione e i modi con cui queste vengono coinvolte al loro interno, appare necessario soffermarsi sul giudizio complessivo dato al servizio.

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A me il servizio (riferendosi ad uno dei nidi comunali presenti nella 2^ Circoscrizione) piace nella sua complessità, non trovo dei punti di forza o dei punti di sfavore, chiamiamoli … mi piacciono molto le maestre, mi piace * (nome di una educatrice), nello specifico, che è la sua, è molto … compe-tente, nel senso che comunque quando parla di * (il figlio) è molto entusia-sta, ha sempre voglia di condividere quello che fa lui, di raccontarti le sue esperienze, non lo so … la struttura anche mi piace, per quanto vecchia, per quanto … lo vedi che è datata e magari anche i giochi non sono nuovi, però è bello, lo vedi che è vissuta, che ci sono stati dei bambini, che ha una sua storia … mi piace l’ambiente, anche, come lo gestiscono, è tutto colorato, è tutto a loro dimensione … è fatto apposta per loro, è proprio … credo che sia il principale punto di forza il fatto che sia strutturato attorno a loro. (M 1)

Come sottolineato da questo frammento di intervista, esemplificativo di un atteggiamento prevalente tra le famiglie intervistate, la valutazione della qualità complessiva degli asili nido frequentati, per la maggioranza comu-nali, è senz’altro alta. Quali sono le caratteristiche che, per le famiglie inter-vistate, rendono l’asilo nido un servizio di qualità?

Prima di rispondere a questa domanda appare necessario definire cosa in-tendiamo esattamente con il termine “qualità”. “Un servizio è di qualità se soddisfa le finalità che dichiara di perseguire” (Bondioli, 2003: 100). Nel caso del nido questa definizione porta a concentrarsi sulle caratteristiche che un tale servizio deve avere per raggiungere le sue due finalità principali: la custodia e l’educazione infantile.

Come osservato da Anna Bondioli (2003), un nido raggiunge una alta qua-lità quando riesce a soddisfare le seguenti condizioni:

• fornire un servizio extradomestico full-time, regolare e continuativo;

• avere locali pensati per ospitare gruppi di bambini e offrire loro ricche occasioni di crescita motoria, intellettuale e sociale;

• avere un personale esperto, responsabile stabilmente di un gruppo in-fantile, in quantità tale da garantire momenti di interazione individualiz-zata col singolo bambino e possibilità di compiere esperienze complesse;

• seguire una gestione sociale della crescita infantile, in cui sia dato am-pio spazio ai tempi e agli incontri tra educatori e famiglie, facilitando la loro partecipazione alla definizione e all’attuazione del progetto forma-tivo.

Se si indaga quali siano le caratteristiche dei nidi maggiormente apprezzate dalle famiglie che esprimono la loro soddisfazione globale per il servizio,

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ad apparire come particolarmente importanti sono le ultime due. In altre parole, le famiglie reputano che i nidi frequentati siano adatti a raggiun-gere le loro finalità di custodia ed educazione, soprattutto nel caso in cui dispongano di educatrici ed educatori qualificati e di momenti di confronto con questi.

Il punto di forza era la maestra, sicuramente. Nel senso che se la maestra è in gamba e valida, cioè... il servizio va benissimo, [mentre] se c’è la ma-estra che è un disastro il servizio non vale niente, per quanto lì ci sia una coordinatrice molto in gamba e molto severa, se la maestra non funziona non funziona il servizio. Cioè te lo dico per esperienza con mia figlia aveva una maestra che era veramente... tant’è che è andata via di testa ad un certo punto, cioè... non riusciva proprio a gestire la classe, proprio era impaurita da questa coordinatrice, era... e questo lo percepivi. Tanto. Allora ti dico: se la maestra funziona, funziona il servizio, se la maestra non funziona, non funziona il servizio, cioè c’è poco da fare, e non funziona il gruppo, cioè i bambini sono ingestibili. (M 5)

[Il punto di forza dei servizi utilizzati è] la professionalità delle persone (de-cisa)! Io sono sempre stata molto fortunata evidentemente e io ho sempre trovato delle maestre, sia delle educatrici dei nidi che delle maestre molto competenti, molto, che affrontavano con serenità il loro ruolo importante, consapevoli della loro importanza e io l’ho sempre riconosciuta questa im-portanza. (M 11)

I nidi comunali mi piacciono moltissimo. Sono molto strutturati e, per lo meno lì al nido dove siamo stati noi, sono molto strutturati, bene, al di là dei problemi organizzativi legati al turn over delle persone... secondo me hanno una buona progettazione e una buona cura dei bambini. Impressione che è stata diversa, condivisa con altre mamme che magari li mandavano al nido privato. Se apparentemente sembra la stessa cosa, in pratica non lo è. Sono molto più formate le maestre al [nido comunale] sono più formate, l’impres-sione è questa alla fine, sono in realtà meno fai da te. Sempre come... discor-si condivisi con altre mamme, che valgono anche per le taggesmutter dove ci sono mamme molto.... cioè dedicate alla cosa sì, però la professionalità dal punto di vista pedagogico è diversa ed è data dalle singole capacità anche se ti fanno il corsettino. E’ un po’ diverso insomma. Questo discorso vale anche per gli asili nido privati. E’ basato sulle singole capacità e percepisci un po’ meno la formazione di un percorso educativo che si percepisce di più negli asili nido comunali. (M 12)

I genitori sembrano innanzitutto apprezzare la professionalità del personale educativo del nido, ritenuta fondamentale per fornire un servizio nel quale il

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bambino possa crescere serenamente, affrontando esperienze e interazioni importanti per la sua crescita. Come spiega efficacemente la mamma della Famiglia 5, l’educatrice è reputata il fulcro del servizio in quanto punto di ri-ferimento principale di bambini e genitori, nei casi in cui i genitori sono in-soddisfatti la causa principale viene imputata all’educatrice e alla sua scarsa professionalità. L’importanza della professionalità individuale è certamente un elemento tipico di tutti i servizi, infatti in questo caso ad essere fornito non è un bene materiale, ma un insieme di competenze e conoscenze messe a disposizione da chi eroga il servizio, il personale educativo, ai suoi fruitori, vale a dire i bambini e i genitori (Conti, De Risi, 2001). Un nido di qualità, a detta degli intervistati, è innanzitutto un nido in cui gli educatori e le edu-catrici si rivelano capaci di fornire un buon servizio di cura e di educazione, utilizzando capacità e competenze apprese nel corso del proprio percorso formativo e professionale.

Oltre la professionalità, l’inclusione continua dei genitori nella vita del nido sembra un elemento importante nel dare a questi ultimi l’impressione di usufruire di un servizio di qualità. Precedentemente, infatti, abbiamo vi-sto come i genitori valutino positivamente le iniziative attuate dal nido per coinvolgerli nel progetto educativo e per renderli partecipi delle esperienze svolte dai figli.

E’ tuttavia opportuno compiere una riflessione aggiuntiva relativamente a quella che Bondioli (2003) chiama la “gestione sociale del nido”. Infatti le iniziative volte a coinvolgere i genitori nel servizio, sembrano non solo im-portanti in sé, perché permettono di condividere con il personale i modi con cui il servizio raggiunge le sue finalità di cura ed educazione, ma anche in quanto occasioni importanti per mostrare ai genitori come i loro figli siano affidati a personale dotato di competenze di alto livello.

Infatti in un servizio in cui “i genitori rimangono sulla porta”, i colloqui quotidiani e periodici con il personale educativo si rivelano momenti im-portanti, in cui gli educatori e le educatrici possono mostrare le proprie ca-pacità fornendo quotidianamente informazioni e valutazioni sulle esperien-ze intraprese dai bambini nel corso della giornata, spiegando in maniera approfondita ai genitori i progetti educativi e mostrando che tipo di attività svolgono con i bambini. Analogamente, il fornire l’opportunità ai genitori di svolgere attività con i propri figli all’interno del nido, appare come un modo importante per osservare direttamente le interazioni tra questi e il perso-nale educativo, aumentando la loro soddisfazione globale verso il servizio.

Nonostante il giudizio complessivamente positivo rispetto alla qualità del servizio, buona parte delle famiglie intervistate reputa che gli asili nido non

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sempre garantiscano un servizio extradomestico full-time regolare e con-tinuativo, uno dei quattro elementi chiave sopra citati nel determinare la qualità del servizio (Bondioli, 2003).

L’altra cosa che avevo valutato che secondo me aveva poco senso era il di-scorso di fare … c’erano dei periodi nei quali era chiuso, che però noi aveva-mo ragionato che non aveva senso, perché la scuola è un conto, però l’asilo nido secondo noi … però dirti quale fossero questi periodi non mi ricordo, erano in coincidenza forse … forse fan le ferie come la scuola, capito? Cioè fan le vacanze come a scuola, allora quello non ha molto senso, cioè noi la-voriamo, non sono a scuola io che faccio il professore che si chiude la scuola ed è bella che finita per cui quando loro sono, se loro decidono di chiudere, non mi ricordo se era a Pasqua o una cosa del genere che c’erano … Carneva-le, giorni di chiusura un po’ lunghi che per me erano un po’ ... (P 1)

Solo che anche il prolungamento orario, in un certo senso è poco appetibile, perché è un parcheggio, perché comunque l’attività del nido finisce alle tre e mezza. Quindi anche quelle volte che ci è capitato di usarlo trovi il bambino disperato, in lacrime... cioè... rimane tutte quelle ore in attesa ecco. Per cui il prolungamento viene offerto, però... il pomeriggio non è prevista attivi-tà, per cui non è strutturato, il programma didattico, “didattico”: insomma per modo di dire, “pedagogico” ecco, alle tre e mezza finisce. Il bambino avverte. Comunque i compagni vanno via, rimane magari un bambino, vie-ne raggruppato con l’altro bambino, quindi... l’educatrice non è la stessa, i bambini con cui interagisce non sono quelli, cioè ne rimangono tre o quat-tro, sono pochissimi quelli che rimangono fuori orario, per cui come limite porrei questo, quindi il servizio viene anche offerto però... (M 12)

Nei frammenti di interviste appena riportati ad essere indicati come punti di debolezza del nido, nonostante una soddisfazione globale per la qualità del servizio ricevuto, sono, da una parte la scarsa appetibilità del prolun-gamento d’orario, ritenuto povero di opportunità formative per i bambini, dall’altra, l’uniformarsi del nido ai calendari scolastici comunali, che mette la famiglia in difficoltà nel trovare soluzioni di conciliazione tra tempi lavo-rativi e tempi familiari. Un altro punto debole riscontrato da diverse fami-glie si trova nel costo degli asili nido sia comunali che, come abbiamo visto in precedenza, privati.

Beh [un punto debole del nido comunale] sicuramente il prezzo esagerato … cioè se tu devi andare a lavorare e mia moglie faceva un part-time e guada-gnava anche 700-800 euro e 400 per tenere il figlio, obiettivamente, 50 di abbonamento al pullman … ci sono stati dei periodi che andava a lavorare per mantenere il posto, non per me, perché quel che entrava usciva, il che va

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bene perché guadagni per vivere e si vive anche spendendo, perché se non spendi che senso ha lavorare? Però sicuramente il costo è stato un fattore negativo. (P 10)

Certo che [il nido comunale] è un servizio che paghi, per esempio, cioè non vorrei che… non dico che debbano essere gratis, però paghi tanto, noi al comune di Verona gli abbiam dato un sacco di soldi per portare i bambini all’asilo (...) cioè le strutture ci sono, le paghi però … e le paghi anche tanto, qua ci sono e le paghi, punto (...) io lo mando perché io ci credo e mi piace e ci siamo trovati bene anche con le educatrici, abbiamo avuto la possibilità di frequentare due asili nidi diversi e quindi ci siamo fatti anche un’idea di quante strutture diverse con maestre ed educatrici diverse e tutto, ci siamo sempre trovati bene. Mi dispiace perché secondo me potrebbe esserci ma-gari un’offerta magari … stessa offerta, ma con delle agevolazioni in più, ecco, non dico che non bisogna pagare questi servizi ed è giusto pagarli però agevolarli insomma. (P 9)

Quindi, un altro elemento di debolezza riscontrato da alcuni intervistati è quello del costo del servizio che, anche se non previsto nella definizione di qualità data da Bondioli (2003), da altri autori viene definito come qualità economica (Conti, De Risi, 2001). I genitori, infatti, sono soddisfatti del ser-vizio ricevuto, ma in diversi casi, soprattutto quando gli vengono attribuiti punteggi I.S.E.E alti, ritengono il prezzo del servizio eccessivamente eleva-to. Per il papà della Famiglia 10, ad esempio, la scelta di lavorare compiuta dalla partner sembra svuotata di senso dal momento che il nido le assorbe quasi tutto lo stipendio, portando a rivalutare, come più vantaggiosa, la so-luzione dell’accudimento materno.

Si può dire, in ogni caso, che le famiglie intervistate siano soddisfatte della qualità dei nidi, in particolar modo di quelli comunali, e che i problemi prin-cipali rilevati da queste non riguardino tanto la bontà del servizio, bensì le modalità d’accesso e, in particolare, le liste chiuse reputate eccessivamente restrittive nei posti disponibili e nei criteri seguiti per stilare le graduatorie.

4.3 L’accesso, le interazioni e le valutazioni delle famiglie nelle scuole dell’infanzia della 2^ CircoscrizioneAnalogamente a quanto fatto per i nidi, nelle prossime pagine si esploreranno le motivazioni che hanno spinto le famiglie ad acce-dere alle scuole dell’infanzia presenti sul territorio, le relazioni in-

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trattenute con gli insegnanti e, infine, il grado di soddisfazione per il servizio ricevuto. In questo caso non verrà affrontata la tematica del-le liste chiuse poiché, come già detto in precedenza, queste non sono solitamente percepite dalle famiglie come un ostacolo per l’accesso al servizio, dato il rapporto molto alto tra famiglie aventi diritto al servizio e posti disponibili.

4.3.1 Le motivazioni per l’accesso alla scuola dell’infanzia

A differenza di quanto visto per gli asili nido, le famiglie accedono alle scuo-le dell’infanzia prevalentemente con finalità educative, ritenendole fonda-mentali per l’educazione e la crescita dei propri figli. A questo proposito è utile soffermarsi su alcune interviste raccolte.

I: Per quanto riguarda invece l’asilo e la materna?

P 10: Beh allora, la materna è obbligatoria no?

I: No

P 10: La maternaaaa … chi non manda i figli alla materna? si mandano sem-pre alla materna no?

I: Si, però le motivazioni possono essere diverse …

P 10: Allora ti dico che li mando alla materna perché vedo nella materna l’inizio di un ciclo scolastico, dove ancora giocano, però si inquadrano, in un ambito di regole, devono anche imparare questo, si relazionano con gli altri, il che è educativo senza dubbio e poi anche perché si lavora, però essendo il costo della materna molto limitato rispetto al nido ti dico fondamentalmen-te per le prime motivazioni, più che per il lavoro, se poi ci aggiungi che si lavora è indispensabile che vadano.

Stando a casa i bambini imparano relativamente, a scuola è tutto un copiare gli altri, è tutto un migliorarsi e poi gli insegnanti sono … almeno la nostra è molto preparata, quindi lo si vede proprio che quando va a scuola c’ha pro-prio uno sviluppo esponenziale di tutte le sue facoltà, che ne so ... vedi che migliora a disegnare, ad esempio teneva male la penna adesso la tiene bene, cioè migliora in tutto insomma, anche vedendo gli altri insomma, perché se sta in casa da sola anche lei non c’ha la possibilità di paragonarsi con gli altri, insomma … il confronto con gli altri serve per migliorarsi sicuramente. (P 4)

Credo che [la scuola materna] sia, credo che sia una cosa sostanzialmente

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necessaria, cioè non riesco neanche ad immaginare un bambino, che di pun-to in bianco va alla scuola elementare, cioè mi sembra una … che faccia parte del percorso formativo naturale, la scuola materna, quindi pre-scolastico, quindi … però molto importante per stabilire i ruoli, i comportamenti, so-cializzazione, interazione con altri bambini, interazione con la maestra, con all’interno di un’istituzione che comunque dà un po’ di disciplina sui tempi, sulle cose da fare, mi sembra un’attività molto formativa e propedeutica poi ad un inserimento più semplice e fruttuoso in quello che è un percorso sco-lastico (...) oltre che naturalmente c’è anche l’aspetto che senza questo tipo di ... di ... di meccanismo diciamo, sarebbe molto più difficile da gestire e di fatto non potrebbe lavorare mia moglie, però diciamo sicuramente alla base c’è la motivazione della valenza formativa e per la socializzazione della scuola. (P 11)

“Indispensabile”, “sostanzialmente necessaria”, “utile ad uno sviluppo esponenziale delle capacità”: questi frammenti d’intervista confermano il fatto che oramai tutte le famiglie vedono nella scuola dell’infanzia il primo gradino del percorso scolastico dei loro figli, reputandola essenziale per la loro crescita (Capaldo, Rondanini, 2008).

I genitori intervistati, seppur con sfumature differenti, sembrano quindi cogliere appieno le finalità perseguite oggigiorno dalla scuola dell’infan-zia, ossia “promuovere la formazione di una personalità ricca e armonio-sa del bambino, favorendo la curiosità verso la realtà che lo circonda, la motivazione all’apprendere, la fiducia nelle proprie competenze, la capacità di costruire in maniera collaborativa competenze e conoscenze nuove e il rispetto delle norme sociali” (dal cap. 1.2, Orientamenti programmatici per la scuola dell’infanzia). Se le Famiglie 10 e 11 pongono l’accento sulla funzione normativa della scuola dell’infanzia, essenziale a detta degli inter-vistati per potersi inserire con successo nel percorso scolastico dell’obbligo, il papà della Famiglia 4 si sofferma invece sull’utilità che l’interazione tra pari all’interno del servizio ha sull’apprendimento di nuove conoscenze e competenze da parte della figlia.

Si rovescia quindi quanto osservato per l’asilo nido, qui la funzione di ac-cudimento viene vista in subordine a quella educativa, vale a dire che le famiglie iscrivono i figli alla scuola dell’infanzia principalmente per motivi educativi, così facendo risolvono anche il problema della custodia del bam-bino durante l’orario di lavoro.

Le famiglie della 2^ Circoscrizione, una volta scelto di mandare i propri figli alla scuola dell’infanzia, si trovano di fronte un ampia gamma di strutture, di cui 7 pubbliche (6 comunali e una statale) e 9 private.

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A differenza di quanto visto per gli asili nido, le strutture private non sem-brano viste come una seconda scelta dai genitori delle famiglie intervistate. Innanzitutto, si può supporre che la minore differenza tra le rette mensili delle scuole pubbliche, di 103,5 euro, e quelle delle scuole private, che in media si aggirano attorno ai 130 euro (si veda la mappatura in appendice), porti le famiglie a prendere in considerazione tutte le strutture presenti sul territorio, senza dare la precedenza assoluta a quelle meno costose e utiliz-zando altri criteri oltre a quello del costo (prossimità, informazioni avute dalle altre famiglie rispetto alla qualità della struttura, tipo di offerta forma-tiva proposta, ecc.).

Altre due ragioni, inoltre, sono suggerite dal seguente frammento di inter-vista.

Mio marito ci teneva che andassimo lì (una scuola dell’infanzia paritaria presente nella 2^ Circoscrizione), perché è una scuola cattolica e diciamo che c’è una … poi conoscevamo le maestre, una maestra in particolare, ce l’hanno consigliato in molti, per cui insomma li abbiamo iscritti li, ed effet-tivamente abbiamo fatto bene insomma. (M7)

Da questa intervista emerge il fatto che la scuola frequentata dalla famiglia, analogamente ad altre scuole paritarie presenti sul territorio, esercita da diversi anni ed è conosciuta dalle famiglie residenti nella 2^ Circoscrizione. Questo sembra rassicurare i genitori che, al momento della scelta, sono in grado di reperire un ampio bagaglio di informazioni provenienti dalle espe-rienze delle altre famiglie.

Infine, tutte le scuole dell’infanzia private presenti nella 2^ Circoscrizione sono paritarie, vale a dire “istituzioni scolastiche non statali che corrispon-dono agli ordinamenti generali dell’istruzione” (legge n. 62 del 10/3/2001), e appartenenti alla Federazione Italiana Scuole Materne, costituita nel 1973 dalla Conferenza Episcopale Italiana. Per questa ragione, si può supporre che frequentare una scuola privata, analogamente a quanto affermato dalla mamma della Famiglia 7, sia visto da molti genitori come una scelta valo-riale.

4.3.2 Il coinvolgimento dei genitori all’interno della scuola dell’infanzia

Seppur con sfumature e implicazioni differenti rispetto all’asilo nido, anche in questo caso i momenti più importanti per il coinvolgimento dei genitori appaiono i seguenti: l’interazione quotidiana tra genitori e personale educa-

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tivo; le riunioni collettive; gli incontri individuali dei genitori con il persona-le educativo e/o con le figure dirigenziali responsabili del servizio; le attività dei genitori dentro il servizio.

Alla mattina ci si sofferma un pochino di più con la maestra, se non è neces-sario non tutti i giorni, però ci si sofferma a chiedere come sta andando, se ci sono dei problemii, ci danno la possibilità di prendere degli appuntamenti e in determinati orari, magari per parlare un po’ più con calma … mmm basta, al pomeriggio comunque la recuperano le nonne e penso che se la maestra ha qualcosa da dire in particolare lo riferisca alle nonne, ma di solito nove su dieci preferiscono aspettare la mattina dopo e parlare con i genitori. (M 4)

Quando [a scuola] non ho la prima ora, magari ho la terza ora, allora si sciala e posso scompagnarla io, il pulmino non lo utilizzo, e questa diven-ta un’occasione importante perché le maestre che ci sono su sono sempre molto disponibili e a differenza di altre scuole e quando tu arrivi, diciamo, c’è un clima abbastanza rilassato nella scuola materna *, per cui quando tu arrivi riesci a scambiare quelle due parole che ti servono per … sia dare delle informazioni su quello che o scambiare dei dubbi dei punti di vista su comportamenti, cose che ti vengono riferite eccetera e loro di solito sono molto disponibili sia quando la porti che quando la via a prendere, sono interazioni molto cordiali e tranquille e questo contribuisce, credo, in modo essenziale alla percezione della qualità del servizio. (M 11)

C’è la possibilità ogni giorno, se uno volesse, di andare prendendo il bam-bino, fermare la maestra e chiarire, capire, chiedere, se ci sono cose strane insomma … (ad esempio) non so: “ho notato che il bambino è molto nervo-so in questo periodo, maestra tu come lo vedi? In questi giorni, è successo qualcosa? Ha litigato con qualcuno, è stato richiamato?” e quindi si parla di ... (P 7)

Per quanto riguarda le interazioni quotidiane con il personale educativo, anche in questo servizio, i momenti utili allo scambio di informazioni sulle esperienze e i comportamenti del bambino sono dati dall’accompagnamen-to e dal ritiro. Nelle scuole dell’infanzia i bambini hanno però raggiunto una certa autonomia nel muoversi, nel parlare e nel gestire le relazioni, per queste ragioni il bambino appare meno dipendente dal genitore e, conse-guentemente, il momento del distacco si presenta come meno delicato. Per-ciò, le famiglie sembrano essere più libere di scegliere quale sia il momento più adatto alle loro esigenze per interagire con le educatrici, scambiandosi valutazioni e impressioni inerenti la crescita del bambino. Ad esempio, la mamma della Famiglia 4 afferma che l’interazione con le insegnanti avviene preferibilmente alla mattina, poiché il ritiro viene effettuato dalle nonne a

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cui vengono comunicate solamente le informazioni più urgenti. Analoga-mente la mamma della Famiglia 11, quando il suo lavoro di insegnante glielo permette, accompagna la bambina di persona, senza usare il servizio bus dell’asilo, approfittandone per scambiare informazioni e pareri con le in-segnanti. Al contrario, per il papà della Famiglia 7 il ritiro pomeridiano è il momento più opportuno per chiedere delucidazioni riguardo il comporta-mento del bambino e, in particolar modo, degli eventuali problemi emersi nel corso della quotidianità scolastica.

Beh, ci sono delle riunioni dove parlano a livello generale dell’andamento di tutto l’asilo [materno] e poi se si vuole parlare anche di quello che riguarda l’individuo, del bambino di per sé, allora glielo chiediamo e ci spiega un po’ come va l’andamento del bambino, di fatti mi pare l’anno scorso due o tre volte deve aver chiamato mia moglie per dirgli come va il bambino, come si comporta. (P 3)

Alla mattina ci si sofferma un pochino di più con la maestra, se non è neces-sario non tutti i giorni, però ci si sofferma a chiedere come sta andando, se ci sono dei problemi ci danno la possibilità di prendere degli appuntamenti in determinati orari, magari per parlare un po’ più con calma (...) [perché] alla mattina fai veramente fatica a a scambiare due parole, le scambi però la maestra ha sempre l’occhio al piccolo che arriva che quel giorno è in crisi, quindi se lo deve coccolare un po’ di più, all’altro genitore che dice “guar-da mio figlio oggi esce prima, ti lascio due righe di autorizzazione a farlo”, quindi non è mai un concentrarsi vero su quello che è la conversazione e (abbassando la voce) magari in certe situazione puoi avere dei discorsi un pochettino più personali, più impegnativi da fare e non è star sulla porta della classe che ti porta ad aver ‘sto genere di conversazione, assolutamente. (M 4)

Alla materna ci sono un paio di colloqui all’anno, dove si parla appunto con la maestra e si fa un po’ il punto della situazione sui comportamenti del bambino, i riflessi che questo ha percorso stando a casa, ci si confronta in-somma sulle varie reazioni che ha. (P 7)

I momenti di confronto sono, anche in questo caso, sia quelli collettivi all’in-terno della scuola sia quelli individuali su appuntamento. Nel caso delle fa-miglie intervistate non si accenna all’esistenza di colloqui individuali pro-grammati a inizio anno dalla scuola che, nonostante questo, sono adottati da diverse scuole dell’infanzia presenti sul territorio su modello delle scuole primarie e secondarie.

Come indicato dal papà della famiglia 7, i colloqui individuali sono fina-

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lizzati, oltre che a valutare le competenze apprese e le relazioni avute dal bambino in classe, anche a comprendere l’interazione tra educazione fami-liare e scolastica e, in particolare, i modi attraverso cui queste interagiscono. Gli scambi individuali con le maestre appaiono quindi come un momento importante per realizzare l’obiettivo di coordinamento tra scuola e famiglie, indicato dalle Indicazioni per il curriculo per la scuola dell’infanzia conte-nute nel decreto ministeriale del 2007, con una particolare attenzione alle peculiarità e alle differenze presenti tra queste ultime.

Le interazioni quotidiane avute da maestre e genitori, infatti, come indicato dalla mamma della Famiglia 4, possono talvolta essere troppo superficiali e frettolose per affrontare argomenti come questi, cruciali per la crescita del bambino.

Praticamente là ci sono delle feste, tipo quella di Natale, quella di fine anno, soprattutto, delle feste in cui i bambini hanno un’attività, cioè fanno uno spettacolino, diciamo, per i genitori, soprattutto le mamme perché è anche un’occasione per uscire alla sera, e i genitori fanno una recita anche loro, non so abbiamo fatto i musicanti di Brema, Cappuccetto rosso e quindi noi recitiamo e finito lo spettacolo dei bambini lo facciamo noi insomma, è una cosa però di questo asilo, non è una cosa che si faccia in tutti, è perché qui, diciamo, c’è un gruppo magari di mamme che cerca un attimo di darsi un po’ da fare, di rendere un po’ più vivace la vita dell’asilo perché altrimenti si (...) ci sonooo, c’è la preparazione all’avvento, la quaresima, c’è la riunione iniziale, di inizio anno, soprattutto per bambini piccoli, quelli che iniziano, ci sono poi ovviamente delle riunioni tipo a inizio o a fine anno per eleggere insomma i rappresentanti di classe, queste cose qui, poi abbiamo fatto an-che, richiesto l’anno scorso un incontro con lo psicologo su un tema partico-lare che ci interessava quindi insomma, ci sono alcune cose, si. (M 7)

Noi per esempio, mariti, siamo un gruppetto adesso che stiamo dipingendo le finestre di legno delle suore perché adesso stavano venendo praticamente giù, ormai, quindi le abbiamo restaurate, dipinte, eccetera, per dire. (P 7)

Anche nelle scuole dell’infanzia, come negli asili nido, sono diffuse inizia-tive volte a far partecipare i genitori alla vita della scuola e ad utilizzare le loro abilità e conoscenze per migliorarla e renderla più viva e accogliente. Nel caso delle scuole di ispirazione cattolica, tra i momenti di inclusione dei genitori nella vita della scuola vi sono cerimonie e rituali religiosi svolti all’interno dei complessi scolastici.

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4.3.3 La qualità del servizio nelle scuole dell’infanzia

Anche nel caso della scuola dell’infanzia appare utile domandarsi quali ca-ratteristiche debba avere per i genitori un servizio di qualità, inteso come un servizio capace di raggiungere appieno i suoi fini educativi e di custodia.

Si può dire senz’altro che le famiglie intervistate siano globalmente soddi-sfatte delle scuole dell’infanzia scelte, analogamente a quanto visto per gli asili nido, reputandole strutture educative di buona qualità.

Prima che cominciasse la scuola, lei non aveva così tanti amici. Adesso a casa ci sono tutti i giorni nuovi amici, nuovi nomi: Michela, Riccardo... Al-lora ha già imparato a far amicizia, no? e questo è un vantaggio, poi mangia a scuola ... una volta quando era a casa non voleva mangiare, adesso invece vedo che mangia di più e a scuola mangia di più (...) soprattutto io ho visto che le piace andare a scuola, perché ho visto che già [la] prima settimana che ha cominciato scuola era cresciuta, cresciuta. Sì, cresciuta, perché prima, non voleva... se io andavo fuori per dieci-venti minuti, piangeva sempre, adesso [se le dico] “aspetta io torno fra un pochino” lei dice: “si, si, si, va bene”. (P 8)

Dalle interviste effettuate emerge che le scuole dell’infanzia presenti nella 2^ Circoscrizione sono percepite come servizi di buona qualità, in grado di preparare i bambini al percorso scolastico dell’obbligo, mettendoli in grado sia di adempiere ai propri bisogni base, sia di tessere relazioni con i propri coetanei.

Quali caratteristiche deve avere una scuola dell’infanzia per poter rag-giungere questi obiettivi? Ovvero, quali sono per i genitori gli elementi più importanti per garantire un servizio di qualità? Anche in questo caso, gli insegnanti appaiono l’elemento centrale nel determinare la soddisfazione globale per il servizio ricevuto.

[Prima che mia figlia iniziasse la scuola le altre mamme] dicevano “guarda quell’insegnante è molto brava, c’è chi ha fatto richiesta di quella insegnan-te” ed io ho detto “io non conosco nessuno”, non conoscevo nessuno prima! Che mi potesse consigliare lei piuttosto che un’altra, abbiamo avuto la for-tuna di capitare con lei … ti dico, più che soddisfatta! (in tono minore) Vera-mente, più che soddisfatta (...) ho sempre trovato, non so se è stata una for-tuna la nostra, ma abbiamo trovato un’insegnante veramente valida, molto disponibile al dialogo e anche appunto ad aiutarci al di fuori di quelli che sarebbero magari i suoi compiti canonici … quindi ho il cellulare, per dirti, quindi per ogni cosa la posso chiamare, è molto disponibile, si, si. (M 4)

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Per la scuola materna sono proprio contenta della scuola, proprio bene (…) è una scuola materna che funziona benissimo per cui bene, quando si trova-no delle maestre appassionate al loro lavoro che accolgono i bambini con la dolcezza, con proprio un bel modo, basta, il genitore è soddisfatto, poi che ci sia più … alcuni dicono “ma li c’è più manualità fan più lavorare, fan più sport” a volte ci son queste … si dice così, però alla fine basta … quando i bambini stanno bene, sono a proprio agio, se uno impara dopo una cosa non mi cambia la vita, quindi questo è ... (M 7)

Da questi frammenti emerge come l’insegnante, con le sue competenze pro-fessionali e relazionali, appaia determinante per i genitori nel garantire un servizio di qualità: gli intervistati giudicano positivamente sia la passione del personale educativo nel mettere a disposizione dei bambini le proprie conoscenze che la loro capacità di relazionarsi positivamente, stringendo con loro legami affettivi. Quanto notato dai genitori sembra confermare che un buon insegnante non solo dev’essere in possesso di una significativa pre-parazione culturale, generale e specialistica, ma deve essere in grado di pro-muovere con i singoli bambini e con le loro famiglie una relazione positiva, indispensabile per svolgere il proprio ruolo educativo (Capaldo, Rondanini, 2008). Le famiglie sembrano apprezzare la crescente importanza data negli ultimi anni al personale docente, le stesse Indicazioni per il curriculo per la scuola dell’infanzia del 2007 concedono sempre più autonomia culturale e professionale che va a garantire la capacità di rispondere ad una utenza sempre più diversificata e, per questo, complessa.

Anche in questo caso, come per l’asilo, si suppone che la presenza di mo-menti quotidiani e periodici finalizzati alla relazione con le famiglie, contri-buisca a dare loro l’opportunità di valutare, in questo caso positivamente, le capacità professionali del personale educativo, incidendo sulla loro perce-zione riguardante la qualità del servizio ricevuto.

Qua ci troviamo bene alla scuola materna privata, c’è anche un prezzo accet-tabile e siamo molto contenti anche del servizio, che sono molto bravi. (P 3)

Le scuole dell’infanzia, inoltre, appaiono decisamente più economiche degli asili nido: dalla mappatura effettuata le rette mensili sono di 103,5 euro per le pubbliche e di circa 130 euro per le private. Conseguentemente, a diffe-renza di quanto visto per gli asili, sia per le scuole dell’infanzia pubbliche che per quelle private, le famiglie sembrano ritenere adeguato il prezzo ri-spetto al servizio erogato, questo in qualche caso è segnalato esplicitamente dagli intervistati, in altri è segnalato dal fatto che al momento di individuare i punti di debolezza degli asili nido spesso e volentieri affermano di reputare le rette troppo alte, mentre non dicono altrettanto per le scuole dell’infanzia.

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Anche in questo caso, nonostante un giudizio positivo sulla qualità del servi-zio, le famiglie indicano tra i punti deboli delle scuole dell’infanzia frequen-tate, sia pubbliche che private, la regolarità del servizio full-time offerto.

Beh ecco alla materna ... le otto e mezza era un po’ tardino, l’entrata alle otto e mezza [intendo]. Potevi chiedere l’anticipo, però quest’anno ci sono stati problemi, cioè dovevi avere proprio un orario rigido perché ti concedessero l’anticipo, insomma ci sono stati problemi, perché le otto e mezza era un po’ tardi e poi allora arrivare alle nove [al lavoro] era un casino... Infatti arrivo sempre in ritardo. (M 5)

Un servizio all’infanzia ideale dovrebbe appunto consentire, fare un’analisi dei bisogni e poi erogarlo di conseguenza, io sento molto il tema del vinco-lare gli orari eccetera, credo che in un’organizzazione diversa si dovrebbe dare un’offerta più varia dei moduli da poter scegliere secondo le necessità delle famiglie. (M 11)

Se nel caso degli asili ad essere criticata era soprattutto l’adesione al calen-dario scolastico di un servizio per la prima infanzia, qui ad essere reputata inappropriata è la copertura oraria delle scuole. In questo caso la finalità che viene raggiunta con poca soddisfazione non è quella educativa, ma quella di custodia, infatti i genitori reputano inadatti gli orari delle scuole dell’infan-zia per fornire un servizio che accudisca i bambini, oltre che educarli, nel corso dei giorni lavorativi.

Per quanto riguarda l’uscita, buona parte delle famiglie intervistate segna-lano la necessità di prevedere un posticipo. Infatti, come indicato dalla mappatura effettuata, pressoché tutte le scuole dell’infanzia presenti sul territorio cessano il servizio alle 16:30, senza prevedere la possibilità di un posticipo, come invece fanno quasi tutti gli asili nido pubblici e privati pre-senti sul territorio.

Per quanto concerne l’orario di apertura, solo le famiglie che frequentano le strutture comunali lo valutano limitante, poiché queste strutture preve-dono la possibilità di un anticipo nell’orario, solamente se viene presentata una documentazione sufficiente a testimoniarne la necessità della famiglia (come indicato dal Regolamento delle scuole dell’infanzia del Comune di Verona approvato dalla delibera n. 275 del 27 luglio 1995). Secondo la mamma della Famiglia 5, questa documentazione ha dei parametri eccessi-vamente rigidi che non agevolano tutte le famiglie che necessiterebbero di tale servizio.

Si può dire, quindi, che le famiglie considerate per ora siano soddisfatte della qualità delle scuole dell’infanzia presenti sul territorio, individuando

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come unico punto di debolezza la copertura oraria.

Una ulteriore criticità individuata dalla maggior parte delle famiglie intervi-state che frequentano le scuole dell’infanzia pubbliche, riguarda la diminu-zione dei finanziamenti prevista dalla manovra finanziaria del 2009, per un totale di circa 35 milioni di euro, che rischia di mettere in pericolo la qualità del servizio di queste strutture.

Stanno tagliando un sacco, ma le strutture pubbliche sono ancora delle buo-ne strutture, nel senso che alla materna, l’anno scorso si organizzavano delle gite, delle uscite, anche il materiale, c’erano dei soldi per i materiali, mentre quest’anno di uscite ne sono state fatte pochissime, cioè “pochissime”: sono state fatte meno gite, comunque, meno gite importanti e senti... sentivi le maestre affaticate. Almeno questo raccontano loro. Si. Cioè... tu lo percepi-sci e loro lo esplicitano anche. Cioè affaticate, le senti, come dire... va beh no... cioè... più che “affaticate” sono molto polemiche. Allora le vedi affati-cate perché hanno meno risorse e allora probabilmente devono fare di più di quello che prima... perché magari prima avevano più ore, non so... E sono polemiche perché, comunque, qualcosa sta... cambiando, a livello nazionale e locale, per i tagli alle risorse forse” (P 5)

Le strutture forse della scuola materna sono peggiori rispetto a quelle dei nidi e onestamente, politicamente, penso che quello che è stato fatto adesso nelle scuole materne con la riforma del contratto e [gli altri] i cambiamenti non valorizzi abbastanza queste professionalità veramente importanti che ci sono, fanno tanta differenza queste persone ... ” (M 11)

A preoccupare le famiglie intervistate sono le possibili conseguenze della diminuzione di finanziamenti sulla qualità dell’insegnamento, che sta por-tando alla riduzione degli insegnanti e delle risorse per svolgere attività for-mative all’interno e al di fuori della struttura scolastica. Conseguentemente, per il papà della Famiglia 5 “le maestre sono affaticate e devono fare di più di quello che facevano prima” e, secondo la mamma della Famiglia 11 “non sono valorizzate nella loro professionalità”. Ad essere a rischio è quindi il principale fattore di qualità individuato dagli intervistati, vale a dire gli in-segnanti, che non verrebbero messi nelle condizioni ottimali per svolgere in maniera professionale il loro lavoro.

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4.4 Le relazioni tra i genitori degli asili nido e delle scuole dell’infanziaDopo aver analizzato le interazioni dei genitori con il personale educativo negli asili nido e nelle scuole d’infanzia presenti sul territorio, appare ne-cessario soffermarsi sulle relazioni che le famiglie intessono tra loro attra-versando queste due tipologie di servizi all’infanzia, accomunate dall’essere servizi full time, continuativi e regolari. Per fare ciò verranno presi in con-siderazione alcuni momenti importanti per l’inclusione delle madri e dei padri intervistati in questi servizi (l’accompagnamento, il ritiro, le riunioni collettive e le attività per i genitori), con uno specifico focus sui modi tramite cui essi interagiscono con gli altri genitori ponendo talvolta le basi, come visto in precedenza, per delle relazioni di amicizia.

[Di interazioni con le altre mamme del nido] ne ho veramente poche, nel senso che arrivo, lo consegno, “ciao ciao” perché ovviamente di viso ci co-nosciamo un po’ tutti però più di qualche chiacchiera, magari occasionale perché ci si ferma a dire due stupidate, fondamentalmente, non ne abbiamo altre direi. (M 1)

[Al nido e alle materne al momento dell’accompagnamento e del ritiro] parli se è successo qualcosa, ti racconti com’è andata, parli di tuo figlio, chi è tuo figlio, come va tuo figlio, c’è proprio questo scambio esperienziale. Che in effetti è quello che cerchi (...) con queste famiglie che hanno altri figli ti fer-mi a parlare di loro: te la racconti...ci ridi su... fai anche dei piccoli progetti, “quando facciamo il compleanno facciamo così...” “potremmo farlo assie-me...” “perché non li mandiamo assieme?” (P 12)

I momenti dell’accompagnamento e del ritiro si rivelano quelli più poveri e superficiali nelle interazioni tra famiglie: i genitori appaiono privi di tempo, essendo concentrati sul benessere dei figli, intenti a conciliare gli orari dei servizi con quelli lavorativi e, infine, interessati a scambiarsi informazioni e pareri con educatori e insegnanti. Conseguentemente in questi momenti i genitori spesso si limitano a riconoscersi e salutarsi tra loro, talvolta scam-biando qualche conversazione ritenuta il più delle volte “superficiale e oc-casionale”. Nonostante ciò in alcuni casi, come dimostrato dall’intervista al papà della Famiglia 12, questi momenti possono essere ritenuti importanti in quanto occasioni di confronto e, in particolare, di scambio di informazio-ni e di pianificazione di attività extrascolastiche tra famiglie.

Più formali [sono] le riunioni, magari, dove comunque c’è un confronto con gli altri genitori. Per esempio, la settimana scorsa abbiamo fatto la riunione dove ci hanno spiegato le varie attività che fanno nel gruppo. Quelli, forse,

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sono i momenti più strutturati, più formali dove ti presentano la program-mazione, piuttosto che altro. (M 2)

Mah [divergenza di opinioni riguardo la scuola], importanti importanti … mm no! Diciamo … mmm mah c’è quella che magari ti dice “io vorrei che mio figlio passasse più tempo a giocare in giardino durante il giorno che invece di mezz’ora gli fosse dedicata un’ora, sparo, e trovi quello invece che dice “mah io vorrei un menù più vario perché secondo me sono sempre le stesse cose”, secondo me queste non sono cose veramente importanti ecco, sono opinioni che haiii che puoi esporre durante le varie riunioni che ven-gono fatte però non è una cosa grande, pesante che ti può cambiare proprio la gestione della classe, secondo me. (M 4)

Nel senso che all’inizio a fine anno c’è proprio questa … la presentazione dei temi e alla fine, un po’, la relazione su quello che è stato fatto a scuola quindi … e poi c’è un confronto, i genitori possono chiedere, fare domande e dire esperienze personali, ecco, questo si insomma … (M 7)

Le riunioni, nonostante siano presentate dagli intervistati come momen-ti rilevanti innanzitutto per il confronto tra genitori e personale educati-vo, appaiono anche occasioni per lo scambio tra famiglie di esperienze e valutazioni inerenti il servizio frequentato. Nel corso di questi momenti i genitori sembrano soffermarsi sugli aspetti pratici del servizio, descrivendo le esperienze dei propri figli al suo interno, i suoi aspetti migliorabili e, infi-ne, avanzando proposte migliorative. Come visto dai frammenti riportati, le riunioni non sembrano solitamente dare vita a interazioni particolarmente approfondite tra famiglie, principalmente per due ragioni.

In primo luogo i genitori interpretano le riunioni principalmente come un momento in cui il personale del servizio presenta le attività educative svolte e si apre alle famiglie, accogliendone le domande, le idee e le valutazioni. In questi momenti il confronto tra famiglie passa in secondo piano rispetto all’esposizione delle loro esperienze e delle loro opinioni: ciascun parteci-pante ascolta quanto hanno da dire gli altri, prendendo coscienza dei punti che lo accomunano e/o lo differenziano da questi.

In secondo luogo, questi incontri, di presentazione delle attività del servizio, per le famiglie sembrano contraddistinguersi per il fatto di essere “formali” e “istituzionali”. La verticalità di questi momenti sembra quindi impedire un confronto approfondito tra famiglie, in cui si scambino impressioni e desideri inerenti il servizio frequentato e si raccontino le proprie esperienze di genitori, entrando in contatto con stili educativi differenti dal proprio.

Queste occasioni emergono invece nel corso delle attività svolte dai genitori

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al fine di arricchire gli asili nido e le scuole dell’infanzia, partecipando alla costruzione del servizio con lavori manuali e/o proponendo attività ludiche e artistiche.

[Le recite delle mamme sono un momento importante] assolutamente si, assolutamente si, perché si racconta … un po’ di tutto … l’andazzo dell’edu-cazione dei figli, ma cosa fa il mio, cosa fa il tuo, così giustamente si impa-rano tante cose dagli altri … certamente è anche un momento di incontro, magari adesso andiamo noi, le mamme, ma dopo si danno da fare anche gli uomini … e altri momenti che parlano anche loro tra di loro e si, poi essen-do un quartiere che siamo un po’ tutti vicini qua ci incontriamo o al parco giochi o ... (M 3)

I genitori fanno una recita anche loro non so, abbiamo fatto i musicanti di Brema, Cappuccetto rosso e quindi noi recitiamo e finito lo spettacolo dei bambini lo facciamo noi insomma, è una cosa però di questo asilo, non è una cosa che si faccia in tutti, è perché qui, diciamo, c’è un gruppo magari di mamme che cerca un attimo di darsi un po’ da fare, di rendere un po’ più vivace la vita dell’asilo perché altrimenti si portano i bambini e si vengono a prendere, cioè è un po’ sterile arida come relazione tra famiglie, invece così è un po’ più vivace, si intessono anche belle amicizie, quindi insomma (...) [questi momenti] sono importanti perché ci si confronta sulla vita dei bambini, quindi se un bambino ha un problema, magari, l’ha avuto anche il figlio di una tua amica e ti dice “guarda, prova a far così, prova a far colà”, piuttosto che “a me ha funzionato questo”, quindi può essere utile in questo senso cioè per cercare di darsi una mano a vicenda insomma, piuttosto “che figata vai a comprarti i libri, vai prima che inizi la scuola che altrimenti poi è un macello”. (M 7)

Le famiglie coinvolte in attività interne al servizio frequentato, sembrano reputare questi momenti come occasioni importanti per conoscersi e, in particolare, per raccontarsi, mettendo a disposizione degli altri le proprie esperienze di genitori. Gli argomenti possono variare dalle semplici valu-tazioni inerenti i diversi servizi frequentati, fino a consigli utili ad affronta-re problematiche educative importanti per la crescita dei propri figli. Nello svolgere attività comuni i genitori mettono a disposizione non solo le pro-prie abilità e competenze manuali e/o artistiche, ma anche i propri vissuti, arrivando così a comprendere e ad essere compresi dagli altri.

Infine alcune famiglie intervistate indicano le feste di compleanno dei bam-bini, solitamente svolte al di fuori della struttura fisica dei nidi e delle ma-terne, come momenti di aggregazione informali e orizzontali tra le famiglie che frequentano lo stesso servizio.

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Dopo la cosa bella che io pensavo fosse da una parte un peso e in realtà mi sono … trovata a scoprirla bella, è il fatto dei compleanni dei vari bambini, quindi di solito ogni bambino che festeggia il compleanno invita anche tutti, o quasi, gli altri bambini e in automatico ci va almeno uno dei due dei ge-nitori. Io dico [questo] perché lì veramente hai modo di confrontarti anche con loro, di sentire le loro esperienze, i loro punti di vista (...) si parla … beh di solito si parla quasi esclusivamente della scuola, quindi opinioni su quella che può essere la gestione dell’insegnante … in sé, come può sentirsi il bambino, il bambino in determinate situazioni, “ma secondo te andava bene quella cosa organizzata così”, “si poteva fare in maniera diversa” o “mah tu alla riunione non c’eri, raccontami cosa è stato detto”, cioè tant … un’insie-me di tante cose ti dico, poi si può parlare anche di tante sciocchezze (riden-do), ma grosso modo ecco si parla quasi sempre della gestione della classe o di quello che può essere il comitato dei genitori che gestisce la scuola. (M 4)

Diciamo che il momento di interazione più forte sono le festine di comple-anno (...) credo che siano i momenti più approfonditi di confronto che ci sono, non essendo istituzionalizzati, perché normalmente quando c’è un gruppo che discute di qualche cosa c’è sempre un relatore, ci sono tutti quanti che dicono si e poi è difficile che ci siano poi degli scambi effettivi, in questi contesti non ufficiali, viene fuori, insomma si dice qualche cosa (....) [i temi possono essere] “come comportarsi di fronte a dei momenti, dei com-portamenti insoliti dei bambini” piuttosto che “quanta autonomia lasciare ai bambini”, una tematica importante è quella della fiducia nei confronti di … del prossimo, per uscire, per i bambini è una cosa importante, vengono fuori delle persone che sono molto preoccupate di questo, si insomma sono queste le tematiche … o “cosa fare, fargli fare”, “che cosa, quali servizi fargli utilizzare”, “qual è il pediatra più bravo”, insomma scambi di questo genere. (M 11)

Le feste di compleanno possono quindi rivelarsi occasioni di socialità in cui i genitori, mentre assistono ai giochi dei bambini, entrano in contatto con esperienze e interpretazioni della realtà differenti, arricchendosi e acqui-sendo nuovi strumenti utili all’educazione e alla crescita dei propri figli. I due frammenti di intervista danno una panoramica dei possibili argomenti di conversazione che si possono affrontare in queste occasioni: se la pri-ma intervistata giudica questi momenti interessanti per scambiare valuta-zioni riguardo alla scuola dell’infanzia frequentata, la seconda si sofferma sul confronto inerente a tematiche educative. E’ interessante notare come quest’ultima sottolinei l’importanza dell’informalità e dell’assenza di un “esperto”, nel favorire il confronto aperto tra i genitori.

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Quindi, se oggi il ruolo di genitori è privo delle certezze educative della fa-miglia allargata, essendo sempre più influenzato dai vissuti e dalle decisioni interne alle singole coppie (Restuccia Saitta, 2002), le attività svolte dal-le famiglie nei (recite, attività di manutenzione, creazione di piccoli lavo-ri artigianali, ecc.) e attorno (festine di compleanno, momenti di gioco tra bambini al parco giochi piuttosto che a casa delle famiglie, ecc.) ai servizi, appaiono importanti per venire a conoscenza dei molteplici stili educativi esistenti e per comprendere quali possano essere le vie migliori per supe-rare i problemi e, con essi, le ansie e le preoccupazioni tipiche dell’essere genitori. In queste occasioni vi è la disponibilità di tempo per l’interazione, che, generalmente, manca nell’accompagnamento e nel ritiro quotidiano, e non è presente il personale educativo, mettendo i genitori nelle condizioni di interessarsi agli altri e di intraprendere un dialogo con loro.

4.5 I servizi integrativi presenti nella 2^ CircoscrizioneDopo aver riportato le esperienze dei genitori intervistati all’interno degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, servizi da tempo diffusi sul territorio della 2^ Circoscrizione e utilizzati da un numero sempre crescente di fami-glie, ci si soffermerà sui modi con cui le famiglie intervistate percepiscono e attraversano i servizi integrativi.

I servizi integrativi presenti nella 2^ Circoscrizione e nelle zone limitrofe sono di diverso tipo: ai Nidi in famiglia, finalizzati alla custodia dei bam-bini fino ai 3 anni, si affiancano i Tempi per la famiglia, i Centri interge-nerazionali e altri servizi mirati a fornire occasioni di socialità e crescita per bambini e genitori. Nel trattare le esperienze delle famiglie nei servizi all’infanzia integrativi, si procederà diversamente a quanto fatto per gli asili nido e per le scuole dell’infanzia. In questo caso, dato il numero minore di famiglie che hanno attraversato questi servizi, non è possibile far emergere delle tendenze generali riguardanti le motivazioni, le interazioni con il per-sonale educativo e il grado di soddisfazione per il servizio ricevuto. Data la limitata quantità di dati a disposizione, si è ritenuto più adeguato analizzare in profondità le esperienze delle singole famiglie che hanno attraversato i servizi integrativi presenti sul territorio, dividendole per tipologia di servi-zio frequentato.

Prima, però, si cercherà di comprendere quali siano le ragioni per cui la maggior parte delle famiglie intervistate, hanno scelto di non accedere a questi servizi.

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4.5.1 Il mancato accesso ai servizi all’infanzia integrativi: alcune convinzioni diffuse tra le famiglie

Una buona parte delle famiglie intervistate sembra essere orientata a gestire i propri figli utilizzando alcuni e consolidati servizi all’infanzia, l’asilo nido e la scuola dell’infanzia e, in caso di necessità, affidandosi alle reti parentali e, raramente, a quelle amicali. Nel corso delle interviste effettuate si è cercato di comprendere quali siano le ragioni principali per cui queste famiglie, pur conoscendoli, non hanno mai utilizzato i servizi all’infanzia integrativi. In questo senso a sembrare particolarmente importanti sono alcune convin-zioni che orientano i genitori nella scelta dei servizi educativi e, in generale, dei modi con cui crescere i propri figli:

1) “L’ asilo nido è il servizio più affidabile”. Per quanto riguarda il Nido in famiglia, servizio finalizzato all’accudimento dei bambini da 0 a 3 anni, la principale ragione per cui, la quasi totalità delle famiglie intervistate, non lo ha utilizzato è la convinzione che l’asilo nido sia il servizio più adatto a cui affidare i propri figli.

[Del Nido in famiglia] ne ho sentito parlare, ne ho sentito parlare … non mi sono informata più di tanto, perché mi piaceva di più l’idea dell’asilo, così come l’idea … nel senso l’ho frequentato io quando ero piccola, era un ser-vizio di cui ero a conoscenza, perché ovviamente sono andate le mie nipoti, che ormai sono grandine, le figlie dei miei cugini sono andate al * (nido presente nella 2^ Circoscrizione) come * (il figlio) … è un servizio garantito, chiamiamolo comunque … come testimonianze e quindi insomma … mi fa-ceva … mi dava più fiducia quello (M 1)

Beh, insomma [ho scelto] il nido perché mi sembrava l’unica alternativa, cioè chiaro che la prima cosa che fai è una domanda al nido, poi se me la prendono bene, sennò seguo altre strade. Con lui (il figlio più piccolo) mi è andata bene subito e me l’hanno preso subito, con lei (la sorella più grande) ero andata ad un asilo privato, però le taggesmutter non c’erano ancora molto all’epoca sua (...) qua non ne sentivi ancora parlare sei anni fa, anzi, cioè... era una cosa proprio... è nata da poco questa cosa... e, cioè, viene in automatico, nel senso che c’è il nido, ci provi, capito (M 5)

Ti dico a me piace proprio questa idea della pluralità; che la bambina c’ha in classe venti compagni... cioè non so ci vedo tante occasioni, rispetto a che non creare un ambiente necessariamente ovattato [come nei Nidi in fami-glia], creare un ambiente ad hoc lo vedo come, comunque, limitante, ecco. Preferisco i problemi, preferisco [rischiare] lo sciopero [nei nidi] più che un ambiente fasullo, che non esiste dopo, cioè il bambino non sarà sempre in

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un ambiente con una mamma, no, c’è anche una maestra, magari nervosa e magari una delle due è pure antipatica, va bene, e allora? (P 12)

Al momento di scegliere a chi affidare i propri figli, gli intervistati sembrano non avere dubbi: nel momento in cui si deve affidare il proprio figlio a qual-cuno, iscriverlo al nido è “automatico”. Per la maggior parte delle famiglie intervistate i Nidi in famiglia non sembrano avere particolari vantaggi ri-spetto agli asili nido, presentandosi piuttosto come possibili seconde scelte in caso di esclusione.

Gli asili nido, infatti, sono servizi che negli ultimi trent’anni sono stati sem-pre più utilizzati dalle famiglie italiane (Galardini, 2003) e, come abbiamo visto, sono ritenuti solitamente luoghi appropriati per la cura e l’educazione dei propri figli. Gli intervistati spesso li hanno frequentati nel corso del-la loro infanzia e ne hanno sentito parlare diffusamente e in maniera ap-profondita da familiari e amici facenti parte dei propri network relazionali. Quindi, come testimonia la mamma della Famiglia 1, entrare in contatto con una molteplicità di esperienze positive riguardanti questo servizio, porta le famiglie a preferirlo ad altri servizi.

Conseguentemente, le famiglie al momento di scegliere il servizio a cui af-fidare i propri figli sono influenzate dalle proprie esperienze individuali e dalle valutazioni provenienti dagli amici e familiari che hanno frequentato l’asilo nido, arrivando già ad avere un’immagine positiva di questo servi-zio all’infanzia e preferendolo alle alternative presenti sul territorio. Il papà della Famiglia 12, ad esempio, afferma di avere scelto l’asilo nido in quanto ritenuto maggiormente ricco di stimoli e adatto ad abituare i bambini all’in-terazione con i pari e con figure adulte extrafamiliari, piuttosto dei Nidi in famiglia, reputati inadatti a preparare i bambini al “dopo”, vale a dire al per-corso scolastico e, più in generale, alla vita all’esterno della famiglia. Questa è una delle tante sfumature che può prendere la oramai diffusa convinzione che gli asili nido siano più adatti di altri servizi ad educare e crescere i propri figli.

2)“Al pomeriggio mio figlio è troppo stanco per fare altre attività”. Per quanto riguarda quell’insieme di servizi che si propongono di integrare la frequenza degli asili nido e delle scuole dell’infanzia (ludoteche, Tempi per la famiglia, Centri intergenerazionali, ecc.), mettendo a disposizione spazi e proponendo attività finalizzate alla socializzazione di bambini e genitori, le famiglie motivano il loro mancato accesso in maniera differente da quella appena vista.

Lui rimane all’asilo fino all’una o fino alle quattro e poi basta. Poi, al parco

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giochi andiamo con i nostri amici con figli. Poi, non potrei mai proporgli altre attività, altre cose, perché già il parco giochi con due bambini sclera. Cioè, ci sta otto ore al giorno ed è più che sufficiente. Dopo il nido, poi, han-no bisogno di uno spazio di basta, di stop, almeno così piccoli. Poi, adesso, è abbastanza piena la giornata, per cui non… Forse cercavo di più prima, nel primo anno quando, magari, ero a casa. (M 2)

In realtà avendo i bambini in questa giornata che stanno a scuola (asilo e scuola dell’infanzia) fino a tardi, poi non ho, oltre le quattro e mezza, non ho la necessità. Perché, comunque, dopo quell’ora non ho più impegni lavorati-vi dopo quell’ora. Poi, anche, mi sembrerebbe di caricarli un po’ troppo. Nel senso che hanno avuto tutta la giornata piena di socializzazione, a scuola piena di cose… oltre quell’ora mi sembra che possa essere meglio, anche un po’, rilassarsi e stare tranquilli. (M 13)

In questi frammenti, gli intervistati affermano di preferire il gioco e la socia-lità destrutturata, sviluppata al parco giochi piuttosto che nel cortile o nella piscina sotto casa, ai servizi finalizzati alla socializzazione delle famiglie e dei loro bambini.

Alla base di questa scelta vi è la convinzione che questi servizi proponga-no attività strutturate e ben definite che rischiano di stimolare e stancare eccessivamente il bambino, proveniente da una giornata svolta all’interno dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia. Gli intervistati interpretano il po-meriggio come un momento in cui il bambino ha il diritto e il bisogno di gio-care liberamente, rilassandosi e liberandosi temporaneamente dagli intensi stimoli ricevuti fino a quel momento della giornata.

3) “Quando lo vado a prendere non esiste che lo dia in mano a qualcun al-tro”. Infine, la scelta di trascorrere il tempo con i propri figli in luoghi aperti, o comunque non interni a servizi integrativi finalizzati alla socializzazione dei bambini e dei genitori, ha alla sua base un’altra convinzione: il bambino uscito dall’asilo o dalla scuola dell’infanzia deve stare con la sua famiglia.

Come mamma sono una di quelle che siccome stanno a scuola (intenden-do sia l’asilo nido che la scuola dell’infanzia) fino alle quattro e sono tante ore, dopo le quattro me li voglio tenere, cioè non esiste che li dia in mano a qualcun altro, quindi sono anche molto restia ad attività extrascolastiche che vadano ad intasare la settimana, perché comunque durante il giorno fanno già (...) dopo sette, otto ore di scuola dove comunque hanno tante attività … hanno bisogno di sfogarsi e basta un prato per sfogarsi (...) quindi tendenzialmente non li dò mai in mano a nessuno, stiamo a casa, li porto al parco giochi, abbiamo la fortuna di avere un cortile sotto casa, dove magari

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in inverno è più facile portarli, però se no andiamo sempre al parco giochi oppure pista ciclabile o va beh piscina d’estate o piuttosto preferiamo anda-re a camminare al sabato e alla domenica, con gente che preferisce il sabato e la domenica andare in montagna. (M 10)

Con l’espressione “dopo le quattro me li voglio tenere, non esiste che li dia in mano a qualcun altro”, l’intervistata sembra interpretare l’eventuale utilizzo di un servizio all’infanzia pomeridiano non come un modo di valorizzare e di potenziare il tempo trascorso con i propri figli, attraverso l’utilizzo di spazi attrezzati e l’interazione con personale educativo esperto, ma come un appaltare ulteriormente la loro gestione a qualcun altro. La mamma in-tervistata sembra quindi concepire i servizi all’infanzia come un luogo a cui affidare il proprio figlio temporaneamente e non come uno spazio che si può attraversare assieme, apprendendo nuovi modi di giocare tra adulti e bambini (per quanto riguarda le relazioni tra i figli e genitori), sviluppando nuove esperienze socializzanti (per quanto riguarda i bambini) ed entrando in contatto con le esperienze e i punti di vista di altri genitori (per quanto riguarda gli adulti).

I servizi integrativi, quindi, sembrano stretti tra l’ingombrante presenza dell’asilo nido, ritenuto dagli intervistati un servizio affidabile per l’accu-dimento e l’educazione dei propri figli, e la convinzione che i bambini, una volta usciti dall’asilo o dalla scuola dell’infanzia, debbano rimanere con la famiglia, non utilizzando altri servizi. Infatti, accedere a servizi integrativi pomeridiani, anche se prevedono la compresenza dei genitori, è percepito come un modo di delegare la funzione genitoriale a qualcun altro oppure come una scelta che sovraccarica il bambino di attività e, più in generale, di stimoli fisici e sociali.

4.5.2 I Nidi in famiglia

Dopo aver affrontato le motivazioni per cui, parte dei genitori intervistati, non hanno usufruito dei servizi all’infanzia integrativi, verranno ora presen-tate le esperienze delle famiglie che li hanno invece attraversati, iniziando dai Nidi in famiglia, nati con la finalità di rispondere alla domanda di luoghi predisposti per l’accudimento dei bambini in assenza dei genitori, lasciata in parte scoperta dagli asili nido comunali.

Io adesso l’unico servizio che ho utilizzato è quello delle tagesmutter, per-ché lui non aveva diritto al nido, perché era nato il 24 giugno e ci hanno detto che prendevano i nati entro il 31 maggio, quindi lui non aveva diritto a nessuna cosa, a nessun servizio per l’infanzia, salvo gli asili nidi privati.

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La tagesmutter, invece, che era una mamma di giorno ed è praticamente una, che ha avuto della formazione, che tu gli porti il bambino a casa e lei … fa quello che faresti tu, non tiene più di un tot di bambini a seconda della metratura della casa, lei per esempio non ne teneva più di sei, poteva esserci un giorno che ne teneva due, un giorno che ne teneva sei, un giorno che era da solo. Questo è l’unico servizio a cui noi abbiamo fatto riferimento, perché di fatto non esisteva altro, che va anche bene così, nel senso che io più di 9 mesi sono rimasta a casa (...) [Andare dalle tagesmutter] è stato proprio come andare al nido! Li fanno mangiare, li cambiano, li sistemano, solo che è in un ambiente casalingo piuttosto che in una struttura. (M 9)

In questo caso l’intervistata parte da una condizione di necessità di un servi-zio che accudisca suo figlio, conseguentemente alla temporanea esclusione dall’asilo nido comunale, e accede ad uno dei Nidi in famiglia convenzionati con la Regione Veneto presenti sul territorio.

Dovendo scegliere tra l’asilo nido privato e il Nido in famiglia l’intervistata, a differenza delle altre famiglie considerate che si sono trovate nella stessa situazione, opta per la seconda tipologia di servizio. In questo caso viene meno la convinzione che “il nido è il servizio più affidabile”, si può supporre che ciò avvenga per le seguenti ragioni:

• l’intervistata e il suo partner, in linea con la maggior parte delle fa-miglie considerate, giudicano i nidi privati di qualità inferiore rispetto a quelli pubblici;

• l’intervistata è venuta a conoscenza dei Nidi in famiglia da altre mam-me che li hanno utilizzati;

• l’intervistata è particolarmente incline ad informarsi, consultando ma-teriale informativo di diverso tipo, sulle opportunità educative presenti sul territorio.

A far la differenza, quindi, sembrano essere le informazioni ricevute dalla Famiglia 9 attraverso canali informativi di diverso tipo, portandola a prefe-rire il Nido in famiglia all’asilo nido privato.

E’ interessante notare che l’intervistata, dopo aver descritto la sua condi-zione di necessità iniziale, racconti la sua esperienza all’interno del servizio, accostandolo alle due principali sfere di cura ed educazione per i bambini con età compresa tra gli 0 a i 3 anni: l’asilo nido e la famiglia. Seppur il Nido in famiglia si presenti come una delle tipologie di servizi all’infanzia finaliz-zati all’accudimento del bambino che più si discostano dal modello dell’asilo nido (al contrario dei micro nidi e dei nidi aziendali, sostanzialmente simili

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a questo) l’intervistata sembra notare con entusiasmo più i punti in comune che le differenze tra questi servizi: andare in un Nido in famiglia “è proprio come andare al nido”, perché vi è un educatrice che accudisce i bambini e, allo stesso tempo, “fa quello che faresti tu”, perché la cura del bambino av-viene in un ambiente domestico.

In questa intervista si conferma quanto osservato da diverse ricerche ine-renti le forme organizzative innovative (Hargadon, Douglas, 2001; Sud-daby, Greenwood, 2005), in cui si sottolinea come queste abbiano maggiore successo quando presentano alcuni tratti che ricordano agli utenti forme organizzative già conosciute e ritenute condivisibili nei fini perseguiti e nei mezzi utilizzati per raggiungerli. In questo caso, il fine del Nido in fami-glia, l’accudimento e l’educazione di bambini di età compresa tra gli 0 e i 3 anni, viene raggiunto con dei mezzi familiari all’intervistata, la presenza di un’educatrice con competenze certificate, analogamente al nido, e di un ambiente domestico, simile a quello delle famiglia, dandole l’impressione di aver trovato un servizio adatto e appropriato per la crescita di suo figlio.

4.5.3 I Tempi per la famiglia

Un secondo servizio integrativo utilizzato da alcune famiglie intervistate è il Tempo per la famiglia, finalizzato a fornire opportunità di socializzazione e incontro tra famiglie con figli di età compresa tra gli 0 e i 3 anni. Questo servizio si caratterizza per il fatto di richiedere la presenza di un familiare, o comunque di un adulto accompagnatore e di essere precluso ai bambini iscritti agli asili nido comunali.

Le due famiglie che hanno scelto il Tempo per la famiglia, lo hanno fat-to quando i loro figli non stavano frequentando nessun altro servizio per l’infanzia, né pubblico né privato. Per questa ragione si può supporre che siano venute meno le due motivazioni che per altre famiglie costituiscono un ostacolo per l’accesso a servizi di questo tipo: “quando lo vado a prendere non esiste che lo dia in mano a qualcun altro” e “al pomeriggio mio figlio è troppo stanco per fare altre attività”.

Il Tempo per la famiglia, questo si, questo è stato molto utile, ci sono andati sia la * (la prima figlia) che * (il secondo figlio) … che comunque è per i bambini che prima dell’accesso alla scuola dell’infanzia, che non usufrui-scono dell’asilo nido (...) era molto utile avere un qualcosa dove portare i bambini prima dell’accesso alla scuola scuola dell’infanzia, in modo che ca-piscano che stiano in gruppo che c’è una regola da rispettare, che c’è la mae-

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stra, quindi questo è importante insomma (....) praticamente si portavan lì i bambini, poi l’educatrice coinvolgeva i bambini in attività varie e (...) doveva esserci presente una persona ad accudire il bambino in caso di emergenza, però il bambino diciamo che diventava più autonomo e stava lì a giocare con gli altri bambini e seguiva l’indicazione dell’educatrice, come se fosse un asilo, poi c’era il momento della merenda e poi insomma giocavano ancora, poi c’era il saluto e poi si tornava a casa (...) del Tempo per la famiglia l’idea è geniale, è geniale che abbiano pensato a questa cosa, è un servizio per quello che è bello perché proprio li prepara la scuola, preparazione, perché loro in teoria avrebbero potuto fare senza genitori, senza la nonna, senza un adulto, però è chiaro che non è un asilo nido e quindi devi essere presente altrimenti cambia tutto insomma (M 7)

[Al Tempo per la famiglia] l’attività principale era chiacchierare tra mam-me, credo, nel senso che come ti dicevo prima serviva sicuramente molto più a me che a * (il figlio), ci si confrontava sulle varie esperienze [perché] i bambini in quella fase … nella fase iniziale in cui l’ho iniziato a frequen-tare io erano molto piccoli quindi * (il figlio) non stava neanche seduto se non sbaglio, quindi ha cominciato a manipolare i giocattoli, vedeva gli altri bambini stupito, che si muovevano, quindi anche solo per imitazione o per simulazione degli altri qualche stimolo l’ha avuto anche dal Tempo per la famiglia e poi pian piano crescendo prendeva confidenza con gli spazi e tut-to, però non si faceva una vera e propria attività (...) [questo servizio mi è servito] innanzitutto per passare una giornata, perché quando sono piccoli non sai cosa fare praticamente tutto il giorno ed era carino passare il tempo con qualcuno con cui condividere i propri problemi principalmente e quindi quello è stato il motivo per cui l’ho frequentato (M 1)

Dai racconti delle due mamme che hanno frequentato i Tempi per la fami-glia del Comune di Verona, emergono esperienze molto differenti tra loro. In entrambi i casi abbiamo uno servizio in cui sono presenti uno spazio per bambini di età compresa tra gli 0 e i 3 anni, con giochi volti a facilitare la socializzazione infantile, e un angolo in cui gli adulti accompagnatori posso-no interagire tra loro, guardando i bambini mentre giocano con l’assistenza del personale educativo. Detto questo, le due mamme sembrano aver trova-to appagante l’esperienza nel medesimo servizio, per motivi estremamente diversi tra loro. Dove la prima descrive il Tempo per la famiglia come un servizio utile a “preparare il bambino prima della scuola dell’infanzia”, con l’opportunità di appoggiarsi in “caso di emergenza” ad una figura familiare, la seconda ne parla come un luogo in cui l’attività principale è “chiacchiera-re tra mamme” e che è servito “più a lei che al figlio”. In altre parole il Tempo per la famiglia viene descritto da una parte come un servizio la cui finali-

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tà principale è la socializzazione di bambini che non frequentano il nido, dall’altra come un luogo finalizzato all’incontro tra mamme, in cui queste possono confrontarsi e sostenersi reciprocamente, evitando la condizione di isolamento di cui molte volte soffrono le madri nel corso dei primi mesi di vita dei figli. Per quali ragioni le due intervistate sembrano parlare di due servizi diversi?

Prima di tutto ad apparire determinante è l’età dei figli, nel primo caso l’in-tervistata ha frequentato il Tempo per la famiglia quando i suoi figli avevano circa due anni, nel secondo, il figlio aveva meno di un anno. Quindi, i bam-bini avevano bisogni e abilità sociali e fisiche estremamente diverse tra loro, conseguentemente utilizzavano lo spazio in modi differenti, manipolando giocattoli seduti e interagendo saltuariamente con gli altri bambini, da una parte, e muovendosi in gruppo con l’assistenza ravvicinata dell’educatrice, dall’altra.

In secondo luogo, le madri stavano attraversando periodi completamente differenti tra loro: nel primo caso chi racconta è ancora a casa dal lavoro, a stretto contatto con il figlio e, di conseguenza, con sentimenti ancora nuovi come l’affetto, l’ansia e la preoccupazione per il nascituro (Restuccia, Saitta, 2002); nel secondo, l’intervistata è ormai rientrata al lavoro, appoggiandosi solitamente ai nonni, e accompagna i figli al Tempo per la famiglia, inca-strandone gli orari con quelli del suo impiego part-time.

Per queste ragioni le madri trovano nel Tempo per le famiglia opportunità diverse: da una parte l’occasione di incontrarsi con altre mamme, scam-biandosi informazioni, esperienze ed emozioni di diverso tipo; dall’altra un’opportunità di socializzazione del bambino con il gruppo dei pari e con un’educatrice, in preparazione della scuola dell’infanzia, perseguendo così gli obiettivi educativi simili a quelli del nido, ma con modalità differenti (Balduzzi, Gherardi, Manini, 2002). Conseguentemente, le educatrici assu-mono gradi d’importanza diversi nei due racconti, passando da essere uno sfondo alla socializzazione tra le madri, a divenire il fulcro del servizio e il motivo principale per accedervi.

La scarsa strutturazione del Tempo per la famiglia e la sua molteplicità di fini, che in alcuni casi viene reputata una debolezza (Bondioli, 2003), in questi racconti sembra essere un punto di forza per il servizio. Probabilmen-te se la prima intervistata si fosse trovata di fronte ad un servizio pensato esclusivamente per l’incontro tra mamme avrebbe smesso di frequentarlo immediatamente; viceversa, la seconda intervistata difficilmente sarebbe rimasta in un servizio pensato solamente per la socializzazione e il gioco infantile. Invece, le mamme, trovandosi di fronte uno spazio aperto, con-

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tenente differenti possibilità, hanno potuto decidere come parteciparvi a seconda delle proprie esigenze e di quelle del figlio, scegliendo con chi inte-ragire e a che scopo farlo.

4.5.4 I servizi finalizzati al sostegno della genitorialità

Un’altra esperienza interessante proviene da un’intervistata che ha frequen-tato la sede di un’associazione avente come principale obiettivo l’assistenza delle donne nel corso della maternità, della nascita e della prima infanzia. Questi servizi fanno parte di quell’insieme di opportunità per i genitori con bambini di età tra gli 0 e i 3 anni, volte a sostenerli valorizzando le risorse in loro possesso, mettendoli nelle condizioni di svilupparne nuove e, più in generale, permettendo loro di svolgere al meglio il loro ruolo di genitori (Di Nicola, 2002).

[Volevo] trovare delle cose da fare insieme, delle cose che potessi fare con mio figlio, che potessero aiutarmi a stare meglio con lui (il figlio). Quindi, sono andata alla ricerca di qualcosa che mi piacesse, che offriva il territorio. E tra questi c’era questa associazione. [L’ho scelta perché] era, va beh, vici-no casa. Perché era comoda. Perché ne avevo sempre sentito parlare bene (...) [li è] dove ho fatto i corsi con lui di ginnastica post-parto, dove ho fatto il corso di svezzamento, i corsi di… ogni scusa era buona, in realtà, per stare con le altre mamme (...) i corsi di ginnastica erano per le mamme, però coin-volgendo i bambini. Il corso di svezzamento, è vero, quello era per insegnare alle mamme, però c’erano sempre i bambini. A me la cosa che piaceva lì era che comunque, per qualsiasi cosa, ti portavi il bambino. (...) era un ambien-te bello, quindi molto accogliente, molto confortante. Dal tè con i pasticcini, per dirti, allo scambiare… era uno spazio che ti veniva offerto dove potevi incontrarti, confrontarti con le altre mamme. Anche per non dirsi niente, anche per dirti cosa fai se succede questa cosa. Per stare insieme, per vedere i bambini che interagiscono all’inizio, che interagiscono poi. A me è servito per creare, anche, dei rapporti di amicizia nel poi. Nel senso che non tutti i nostri amici di prima hanno fatto figli e, quindi, cambia un po’. Poi la vita cambia tanto. Quindi, conoscere queste persone serve anche a quello, e que-sti corsi direi che mi sono serviti molto a questo (...) È importante perché è un confronto fondamentale. Perché con il primo figlio vai ad imparare un sacco di cose. Perché ti senti perso. Perché non sai da che parte parti. Quindi che cosa faccio, perché, comunque, una giornata con un bambino piccolo è lunga. Perché * (il marito) va via alle sette di mattina e torna alle sette e mezza la sera. Sono tante, tante ore con un bambino. Poi * (il figlio) è nato in Settembre, quindi ho fatto tutto l’inverno con lui piccolo. Uno spazio

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dove puoi vedere altri, dove sai che ci puoi andare, sai che puoi stare, sai che puoi confrontarti su qualsiasi cosa ti viene in mente è fondamentale (...) [il rapporto con le operatrici qui] secondo me perdeva un po’ di importanza. Cioè, come se la relazione con le altre mamme fosse, al di là delle cose che dicevano, si cose interessanti, però forse la cosa più bella era quello che si creava. Al di là, questo, dell’ostetrica che ti poteva dir delle cose, oggettiva-mente, utili e importanti. Si, bello, ma era il gruppo, penso, una ricchezza per me importante. Poi, si, bello il professionista che comunque ti racconta, che ti dice… però ... (M 2)

In questo racconto ci troviamo di fronte ad una situazione simile a quella della Famiglia 1, in cui la mamma si trova a casa dal lavoro con un bambino di qualche mese che non frequenta ancora l’asilo nido. Anche qui l’intervi-stata si mette alla ricerca di uno spazio dove poter star con il figlio e poter avere appoggio in un momento delicato della propria vita, in cui si cambia modo di percepire se stessi e le relazioni con gli altri, entrando in contatto con nuovi sentimenti, necessità e paure. Le informazioni provenienti dal proprio network di relazioni e la prossimità della sede dell’associazione, porta l’intervistata a frequentare al suo interno un corso di ginnastica post-parto, poi un corso di svezzamento e, in seguito, altri corsi, avvicinandosi così al rientro nel mondo del lavoro, da parte sua, e all’ingresso all’asilo nido, da parte del figlio.

L’intervistata accede al servizio con una motivazione di generale necessità di sostegno nella fase di post-parto, frequentando i corsi proposti dall’asso-ciazione. A diventare importanti per lei non sono tanto le competenze offer-te dagli esperti presenti nel servizio, seppur apprezzate e ritenute d’aiuto, bensì la possibilità di incontrarsi con altre mamme che stanno attraversan-do una fase della vita simile. L’intervistata si iscrive alle attività in modo da poter stare con il gruppo di mamme conosciuto nella sede dell’associazione, creando e rafforzando le relazioni con loro e ponendo le basi per amicizie durature che vanno a sostituire, per lo meno in parte, quelle precedenti alla nascita del bambino.

Un secondo spunto di riflessione proviene dalla opportunità data alle mam-me dall’associazione vengono messi a disposizione delle mamme spazi at-trezzati in cui queste possano incontrarsi con i loro figli prima e dopo i corsi proposti. In questo modo, parallelamente all’offerta dei servizi di professio-nisti ed esperti, viene data la possibilità alle mamme di scambiarsi tra loro informazioni, esperienze ed emozioni, aiutandosi così a vicenda.

Analogamente a quanto visto per i Tempi per la famiglia, la flessibilità dell’apertura del servizio mette l’intervistata nelle condizioni di viverlo nella

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maniera che ritiene migliore, più interessante e più utile secondo le proprie esigenze. Se formalmente la mamma intervistata si iscrive per frequentare dei corsi di post-parto, il servizio, grazie al formarsi di un gruppo coeso di mamme e alle opportunità aperte dall’associazione, sembra divenire molto simile al Tempo per la famiglia frequentato dalla mamma della Famiglia 1: un luogo in cui le mamme possono stare tra loro, mentre i bambini giocano, con il supporto di personale esperto.

4.5.5 I Centri intergenerazionali

Un’ultima testimonianza spinge, invece, a riflettere sui rischi di una ecces-siva strutturazione delle attività e di uno spazio che non lascia agli adulti la possibilità di socializzare tra loro. In questo caso, la mamma intervistata racconta della sua breve esperienza in un centro comunale intergenerazio-nale per famiglie con bambini e anziani, in cui tra le diverse attività sono previsti laboratori rivolti a bambini in età prescolare. L’intervistata, preoc-cupata come altri genitori di non sovraccaricare troppo i figli, ha frequen-tato il servizio nei giorni festivi, in cui lei non lavorava e i due figli non fre-quentavano rispettivamente l’asilo nido e la scuola dell’infanzia.

[Durante la settimana] avendo i bambini in questa giornata che stanno a scuola fino a tardi, non ho la necessità [di frequentare altri servizi], per-ché, comunque, dopo quell’ora non ho più impegni lavorativi e poi, mi sem-brerebbe di caricarli un po’ troppo (...) [le due volte in cui siamo andati in questo Centro intergenerazionale] era sempre… in giorni in cui i bambini non andavano a scuola, [rispettivamente all’asilo nido e alla scuola dell’in-fanzia]. Quindi, o il sabato oppure durante l’estate, quelle settimane in cui non andavano a scuola (...) Lì fanno dei laboratori di lettura di fiabe, oppure fanno dei giochi guidati, attività guidate, tipo, non so, collage piuttosto che disegno. Sono un Centro intergenerazionale, nel senso che nel piano di sot-to c’è un centro per anziani, al piano di sopra c’è un centro per i bambini e cercano di fare attività congiunte tra gli anziani che frequentano il centro e i bambini (...) di solito, i centri tipo questo sono dei posti pensati esclusi-vamente per bambini, e quindi sono, come dire, per gli adulti è un po’ più difficile socializzare. Tendono a stare lì vicino ai bambini, non ci sono le sedie dove si può sedere un adulto. Quindi stanno, di solito, vicino ai bam-bini e stanno con loro. Rispetto alle attività, io in realtà ho poca esperien-za per parlare di questo in maniera approfondita. Però, mi sembra che, ad esempio, le volte che siamo andati a * (un laboratorio per bambini presente nella 2^ Circoscrizione) i miei bimbi fossero molto coinvolti in quello che

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succedeva lì. Qui un po’ meno, perché il ragazzo che cercava di proporre le attività, proponeva delle cose forse difficili, forse noiose, cercava di fargli fare dei collage a cui loro non erano interessati, per cui si sono poi dispersi e ogni bambino ha fatto le cose sue. (M 13)

Dal racconto appena riportato emerge un servizio più strutturato dei prece-denti, sia dal punto di vista delle attività ( vi è un educatore che le propone e dei gruppi occasionali di bambini aggregati attorno a lui), che da quello degli spazi, concepiti principalmente per i bambini.

Questo porta a due conseguenze principali.

In primo luogo, il fatto che le famiglie accedano al centro, non tanto per trascorrere il proprio tempo in un luogo d’incontro, ma per partecipare ad un’attività, mette in primo piano le abilità e le capacità dell’educatore, im-pegnato nella difficile impresa di coinvolgere gruppi occasionali di bambini, caratterizzati da interazioni incostanti e da legami labili (Balduzzi, Gherar-di, Manini, 2002). In secondo luogo, la mancanza di uno spazio reputato adeguato dall’intervistata per socializzare con gli altri genitori, la porta a trascorrere il tempo nel centro in funzione dei figli e delle attività svolte da questi.

Se nel caso della mamma della Famiglia 2, l’esistenza di uno spazio aperto e adatto alla socializzazione per gli adulti dava la possibilità all’intervistata di trovare nuovi stimoli per frequentare i servizi formalmente proposti (in quel caso corsi post-parto), in questo caso ciò viene a mancare. Si può supporre, quindi, che in queste condizioni l’intervistata sia stata attenta soprattutto alle capacità dell’educatore e all’interesse sviluppato dai figli verso le attività da lui proposte, cessando di frequentare il servizio una volta appurato il loro scarso coinvolgimento in queste ultime.

4.6 Pensare il servizio del futuro: la parola alle famiglie...A questo punto, dopo essersi soffermati sui differenti modi con cui le fami-glie hanno attraversato i servizi all’infanzia presenti sul territorio, appare importante dare spazio alle proposte avanzate dagli intervistati rispetto agli aspetti migliorabili nella rete di servizi all’infanzia esistenti.

Fino ad ora abbiamo visto come i genitori con figli in età prescolare valuti-no positivamente le esperienze avute sia in servizi integrativi, caratterizzati dall’essere spazi aperti e destrutturati, che nel corso di occasioni di incontro

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informale, dove è stata data loro la possibilità di incontrarsi con altre fami-glie (festine di compleanno, attività organizzate dalle scuola dell’infanzia e dagli asili nidi, ecc.).

L’impressione che i genitori cerchino innanzitutto un luogo adatto alla so-cialità infantile, che allo stesso tempo offra loro spazi e occasioni per in-contrarsi e confrontarsi con altri genitori (amici di lunga data, genitori di bambini che frequentano i medesimi asili nido o scuole dell’infanzia, piut-tosto che madri e padri fino ad ora sconosciuti), è rafforzata da alcune delle proposte avanzate dagli intervistati.

Ecco forse ci sono, non ci sono tanti punti di aggregazione … direi al chiuso, per stare d’inverno, per esempio che magari coprano un po’ tutte le fasce d’età, perché chiaramente un posto che vada bene per un bambino di due anni, non è quello che può andar bene per uno di cinque, purtroppo anche se .. d’inverno c’è poco da fare, in questa città (...) [servirebbe qualcosa che la rendesse] un po’ più interessante, qualche museo interattivo, piuttosto che ... (...) qualcosina in più insomma, qualche biblioteca che faccia qualche let-tura in più, anche appunto per questi piccoli, perché un conto se mi fai una cosa per bambini in età scolare, però parliamo di bambini in età prescolare, qualcosina in più si potrebbe fare forse sì (...) cioè creare una cosa così dove le famiglie si possano aggregare (M 9)

Allora [pensando a] quello che può essere un servizio innovativo ... se deve esserci lo vedo come un servizio ricreativo. Magari dove non sono solo i bambini a giocare, ma magari si va insieme. Qua, all’arsenale, lo hanno fatto recentemente. Un paio di domeniche fa che hanno fatto quei giochi con gli scatoloni e la lente. Mi raccontava qualcuno dove il papà costruiva… cioè, cose così, dove, non dico si insegna, ma anche se si insegna un po’ ai ge-nitori a giocare con i bambini. Perché, sai, anche a me mi vengono da fare quei quattro giochi deficienti (...) Ecco, magari qualche attività ricreativa, dove c’è e si mette in gioco una coppia. O il papà, o la mamma o entrambi insomma (P 2)

Quando avevamo la prima casa avevamo un cortile dove ovviamente tu non sei presente fisicamente, ma loro si incontrano e se anche si danno una sber-la imparano lo stesso, non c’è nessuno spazio, i parchi giochi come sono concepiti!? Sicuramente è uno spazio dove le persone incontrano le mam-me, scambiano … questi benedetti scambi educativi (ride) e ci sono questi scambi educativi, però voglio dire le mamme son fin troppo presenti, questi bambini sono molto poco autonomi e anche garantire uno spazio dove uno possa lasciare il parco giochi, che ovviamente ci sia un punto di riferimento per le occasioni eccetera, ma dove imparino, quello che una volta era un

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cortile, secondo me (ridendo) sarebbe un altro spazio da guadagnarsi (M 11)

Nei tre frammenti, appena riportati, gli intervistati, pur avanzando proposte parzialmente diverse tra loro, concordano nel chiedere un luogo adatto alle esigenze di socializzazione dei propri figli e da frequentare nel tempo libero, quando i bambini non sono al nido o alla scuola dell’infanzia e almeno uno dei due genitori non è al lavoro. Se la prima intervistata richiede un luogo d’aggregazione per le famiglie che offra delle attività specifiche per bambini di età differenti, nella seconda intervista riportata si propone un servizio che potenzi le risorse dei genitori rendendoli sempre più capaci di giocare con i propri figli, infine la terza intervistata rileva come vi sia bisogno di un luogo in cui i bambini possano socializzare liberamente, non per forza con la presenza ravvicinata dei genitori.

Gli intervistati, però, non si limitano a chiedere un luogo di aggregazione per i figli, sentendo l’esigenza di uno spazio che permetta anche ai genitori di so-cializzare e di entrare in contatto tra loro, in maniera libera e destrutturata.

[Nel Centro intergenerazionale che ho utilizzato] non c’è uno spazio pensato per gli adulti. Cioè, io credo che sia importante. Per inciso, io ho esperienza di vita in * (paese del Nord Europa) in cui ci sono questi posti pensati, pro-prio, per le mamme che portano i bambini e, gratuitamente, ci sono attività organizzate e laboratori e, all’interno di questi spazi, c’è sempre un luogo pensato per gli adulti. In cui, non so, si possono fare il caffè, preparare il tè, ci sono le sedie grandi e i tavoli e queste cose. Per cui, si, l’idea, secondo me è che il posto non debba essere pensato tanto solo sui bambini, perché poi i bambini si arrangiano quando sono in gruppo, si arrangiano abbastanza. È molto importante pensare alla socializzazione dei genitori, soprattutto, poi delle mamme, che sono quelle che fanno questo, di solito (...) penserei ad un posto per la fascia di età adulta e per la fascia di età infantile, insieme, che possano stare insieme e trovare, come dire, rispecchiate e soddisfatte le esigenze. Non solo dei bambini. poi, forse, non so, penserei ad orari di apertura, magari, più continuati, magari durante il week end se fosse possi-bile, o comunque non orari mattutini o troppo presto. Perché poi i bambini finiscono da scuola sul tardi. (M 13)

Secondo me [nei servizi presenti sul territorio manca] il lavoro sui genitori. Nel senso che stiamo parlando di una fascia di età 0-6 anni ed è una fascia di età in cui tu hai la possibilità di fare prevenzione. Di qualsiasi tipo, nel senso che hai neo-genitori e, perciò tutte le problematiche (...) [in questo modo] hai la possibilità di lavorare con dei genitori, con dei neo-genitori che stanno tentando di costruirsi, di costruire per sé, per i propri figli e per la propria fa-miglia, quindi, un futuro no? E se tu lavori con i genitori [che hanno figli] di

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quella fascia di età lì probabilmente fai la vera prevenzione, la prevenzione pura. Perché alla fine quello che fai dopo è lavoro di cura, perché ti arriva il ragazzino di 15 anni, 12 anni... te vè...e vai a lavorare sull’emergenza fonda-mentalmente. Lì invece no! (...) il servizio d’infanzia [che manca] potrebbe essere intanto un luogo d’incontro fondamentalmente. Non è che ci deve essere per forza “un esperto”, ma dovrebbe esserci una persona che facilita la comunicazione che significa che se io ho un problema chi mi facilita la comunicazione mi facilita il fatto che io possa raccontarmi e condividerla con altre persone, che magari io non conosco, ma però che all’interno di un servizio, di un centro per l’infanzia io riesco anche a portare a casa dei consi-gli o, comunque, dei momenti di altro tipo con queste famiglie e questo serve anche a non sentirmi solo con questo problema. (P 5)

Nel pensare ai miglioramenti alla rete dei servizi all’infanzia presenti sul ter-ritorio, i genitori indicano la necessità di un luogo in cui incontrarsi tra loro mentre i figli giocano, fornendo loro degli spazi e delle figure che facilitino queste attività.

La mamma della Famiglia 13, ad esempio, spiega come sul territorio ve-ronese vi sia la necessità di maggiori spazi pensati per genitori e bambini, ponendo l’enfasi sull’organizzazione spaziale e temporale che questi luoghi dovrebbero assumere. Il secondo intervistato si sofferma sulle potenzialità che uno spazio di incontro per i genitori potrebbe avere nella prevenzione di eventuali situazioni di disagio e marginalità sociale a cui i bambini posso-no andare incontro. In questo caso è interessante notare come l’intervistato sottolinei l’importanza della presenza di una figura pensata non tanto per dare delle risposte ai genitori, ma per facilitare il confronto tra adulti, lavo-rando attivamente per la costruzione di reti interfamiliari utili al sostegno reciproco.

Le interviste appena riportate sembrano chiedere degli spazi di aggregazio-ne che forniscano, da una parte, delle opportunità di interazione e di crescita per i bambini e, dall’altra, delle occasioni di incontro tra genitori, con la pos-sibilità di confrontarsi con operatori qualificati.

Le famiglie, quindi, non cercano solamente servizi di qualità per l’accudi-mento dei figli. Le proposte avanzate dai genitori, infatti, sembrano segna-lare l’esistenza di una domanda di spazi e servizi aggiuntivi rispetto a quelli offerti solitamente dai tradizionali servizi all’infanzia, quali la scuola dell’in-fanzia e l’asilo nido. In questa direzione vanno i servizi integrativi nati sul territorio negli ultimi anni e, più in generale, tutte quelle iniziative, tempo-ranee (ad esempio: manifestazioni periodiche indette dalla Circoscrizione per bambini in età prescolare, corsi di sostegno alla genitorialità svolti da

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associazioni competenti, e così via) o permanenti (ad esempio: Tempi per la famiglia, ludoteche, spazi bambini, spazi lettura e altri servizi integrativi di questo tipo), volte a offrire occasioni di socializzazione, ma anche di soste-gno, alle famiglie con bambini in età prescolare.

4.7 In sintesiArrivati a questo punto, dopo essersi soffermati sui modi con cui le famiglie attraversano i servizi all’infanzia presenti sul territorio, appare necessario ricapitolare brevemente i principali risultati presentati nel capitolo:

• L’importanza dei network interfamiliari nel conoscere la rete di servi-zi presente sul territorio. Le famiglie intervistate si orientano nella scel-ta dei servizi all’infanzia seguendo prevalentemente le informazioni e le valutazioni provenienti dal proprio network di relazioni e, in particolare, dalle famiglie con cui intrattengono relazioni di amicizia o di semplice conoscenza, aventi figli di età simile.

• Gli ostacoli incontrati dalle famiglie nell’accesso ai servizi all’infanzia. Nel caso degli asili nido comunali l’ostacolo principale si trova nelle liste chiuse, che hanno impedito a diverse famiglie intervistate di accedere a questo servizio, pur avendone diritto. Le famiglie contestano delle liste chiuse sia il numero di posti, eccessivamente basso, a cui queste danno accesso, sia alcuni dei criteri seguiti dal Comune nel stabilire quali fami-glie possano iscriversi al servizio. Per quanto riguarda i servizi integra-tivi, ad ostacolare l’accesso al servizio non è l’esistenza di una “selezione all’ingresso”, bensì la presenza di alcune convinzioni che orientano le famiglie nella scelta dei servizi educativi, portandole a frequentare sola-mente l’asilo nido e la scuola dell’infanzia.

• Le molteplici motivazioni alla base dell’accesso ai servizi all’infanzia. Le famiglie iscrivono i figli all’asilo nido soprattutto mosse da esigenze lavorative, cercando quindi un servizio a cui affidare i propri figli durante l’orario di lavoro. Le opportunità di socializzazione e di crescita offerte dal servizio sono apprezzate, ma non costituiscono la motivazione prin-cipale alla base dell’accesso. Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia prevalgono, invece, le motivazioni educative, essa, infatti, è ritenuta in-dispensabile dagli intervistati in prospettiva dell’inserimento dei figli nel percorso scolastico dell’obbligo.

Nel caso dei servizi integrativi le motivazioni cambiano a seconda della tipologia, per quanto riguarda il Nido in famiglia l’accesso è motivato

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dalla ricerca di un’alternativa per l’accudimento del proprio figlio, negli altri casi ad essere determinate è la ricerca di uno spazio di socializzazio-ne per i figli o per le mamme nei primi mesi di vita del bambino.

• Il coinvolgimento dei genitori nella rete di servizi all’infanzia. Per quanto riguarda gli asili nido e le scuole dell’infanzia il coinvolgimento dei genitori avviene attraverso l’interazione quotidiana e i colloqui indi-viduali con il personale educativo, la partecipazione a riunioni periodi-che e la possibilità di contribuire alla costruzione del servizio mettendo a disposizione le proprie abilità e conoscenze. In questo modo i genitori ricevono informazioni e valutazioni riguardo la crescita dei propri figli all’interno del servizio e partecipano alla costruzione del suo progetto educativo.

In tutti i servizi integrativi frequentati dalle famiglie intervistate, ecce-zion fatta per i Nidi in famiglia, il coinvolgimento dei genitori sembra dipendere sia dalle capacità del personale educativo che dal tipo di rela-zioni che si instaurano con gli altri genitori presenti. In alcuni casi sono queste ultime a divenire l’elemento più importante per gli intervistati, facendo passare in secondo piano le attività proposte dagli operatori del servizio.

• Le caratteristiche importanti nel determinare la qualità del servizio. Per quanto riguarda l’asilo nido e la scuola dell’infanzia, i genitori sem-brano apprezzare particolarmente la professionalità e l’esperienza del personale educativo, ritenuto fondamentale per fornire un servizio nel quale i figli possano affrontare esperienze e interazioni importanti per la loro crescita. Per gli intervistati, quindi, la qualità di questi servizi è strettamente correlata con le conoscenze e le capacità professionali degli educatori.

Nel caso dei servizi integrativi la soddisfazione globale dei genitori sem-bra connessa ad elementi molto diversi tra loro a seconda che si tratti di un servizio che si propone di accudire i bambini o di un servizio finalizza-to alla socializzazione di bambini e genitori. Per quanto riguarda il Nido in famiglia, facente parte della prima tipologia, a sembrare importanti sono i tratti in comune che i genitori riscontrano tra questo e forme orga-nizzative più familiari, in particolar modo l’asilo nido e la famiglia, dando loro l’impressione di aver trovato un servizio adatto e appropriato per la cura e la crescita dei figli. Per i servizi aventi come scopo principale quel-lo di fornire occasioni di socializzazione per i bambini e i genitori, invece, appare importante la capacità di offrire opportunità differenti alle fami-glie a seconda delle esigenze di figli e genitori, che possono attraversarli

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in fasi estremamente differenti delle loro vite.

• I modi con cui i diversi servizi si integrano tra loro. L’azione dei nidi comunali è integrata principalmente dalle iniziative di privati che ero-gano un servizio simile al loro. L’asilo nido comunale, infatti, si rivela la prima scelta delle famiglie con bambini di età compresa tra gli 0 e i 3 anni; in caso di mancata ammissione al servizio le famiglie si rivolgono principalmente ad asili nido privati, solo una delle famiglie intervistate, invece, ha scelto il Nido in famiglia.

Dalle esperienze delle due famiglie che hanno utilizzato i Tempi per la famiglia, questi sembrano essere stati utili nel fornire occasioni di socia-lizzazione ai figli, in entrambi i casi non iscritti all’asilo nido (né pubbli-co né privato), integrandone l’azione educativa. Analogamente, un’altra mamma intervistata ha trovato un punto di riferimento in un’associazio-ne presente sul territorio, in attesa del rientro al lavoro e dell’iscrizione al nido del figlio. Le attività proposte dall’associazione si sono rivelate importanti sia nel fornirle sostegno nel primo anno di vita del figlio, at-traverso il confronto con operatori e altri genitori, sia nel consentire a quest’ultimo di affrontare le prime interazioni con gli altri bambini. Nel caso della famiglia che ha frequentato il Centro intergenerazionale, l’uti-lizzo di questo servizio è servito per offrire ai figli, iscritti all’asilo nido e alla scuola dell’infanzia, occasioni di gioco e interazione con i coetanei nei giorni festivi.

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5. Riflessioni conclusiveDopo aver dato un’immagine approfondita dei modi con cui le famiglie pre-senti nella 2^ Circoscrizione utilizzano i servizi all’infanzia presenti sul ter-ritorio, verranno in conclusione offerte alcune riflessioni, suggerendo delle direzioni di cambiamento per il futuro, utili a venire in contro alle loro esi-genze.

Le famiglie intervistate risentono certamente dei cambiamenti avvenu-ti nella società italiana negli ultimi decenni, infatti si stanno distanziando dal modello tradizionale di famiglia, trovando però numerose difficoltà nel raggiungere un modello “equo” (Micheli, 2002), in cui madri e padri siano coinvolti allo stesso modo nella cura e nel percorso di crescita del bambi-no. Allo stesso tempo, i nonni non rappresentano più una risorsa illimitata e data per scontata nella gestione dei bambini che, nella gran parte delle famiglie considerate, trascorrono la maggior parte della loro giornata con i genitori e con il personale educativo. Siamo quindi di fronte a famiglie in cui sempre più spesso entrambi i genitori lavorano, anche se con modalità molto diverse tra loro, vedendo nei servizi all’infanzia presenti sul territorio degli importanti aiuti, sia nel permettere loro di conciliare gli impegni lavo-rativi con quelli familiari, che nel sostenerli nel loro ruolo educativo.

L’impressione che emerge dalle interviste effettuate è che le famiglie vero-nesi siano soddisfatte dei servizi all’infanzia utilizzati, ritenuti solitamente di buona qualità, soprattutto per merito di educatori, insegnanti ed ope-ratori qualificati, capaci di guidare i bambini nelle prime esperienze al di fuori del nucleo familiare, di relazionarsi efficacemente con i genitori e di sostenerli nel loro ruolo, fornendo loro gli strumenti per crescere ed edu-care i propri figli. Detto questo, appare utile compiere alcuni distinguo per i diversi servizi frequentati dalle famiglie, immaginando modi differenti di potenziarne e migliorarne l’azione sul territorio.

Per quanto riguarda gli asili nido, le strutture comunali sembrano essere ritenute molto soddisfacenti dai genitori, in quanto dotate di un personale educativo competente, in grado di coinvolgere le famiglie nel percorso di crescita dei figli, rendendole partecipi dei progressi, ma anche delle diffi-coltà, da loro incontrate all’interno dei servizi. Sembrano essere quindi pre-miati gli sforzi continui di educatori ed educatrici e, più in generale, del personale impiegato nel servizio, per coinvolgere i genitori, attraverso collo-qui individuali, riunioni e l’offerta di molteplici occasioni di partecipazione all’interno della vita del nido.

Il problema principale degli asili nido comunali appare il limitato numero di

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posti disponibili, inadeguato ad una società in cui la popolazione femminile è entrata ormai da quarant’anni nel mercato del lavoro, anche se in maniera minore rispetto alla maggior parte dei paesi europei (Eurostat, 2009). Gli asili nido comunali sono sempre più richiesti e il mancato accesso porta le famiglie a dover prendere in considerazione altri servizi indirizzati all’ac-cudimento dei bambini di età inferiore a 3 anni, ritenuti comunque delle seconde scelte. In particolar modo, gli asili nido privati sembrano essere ancora distanti dall’essere considerati delle alternative soddisfacenti, sia per le rette mensili ritenute eccessivamente alte che per la minore qualità del servizio percepita dai genitori al momento di scegliere dove iscrivere i figli. Le strutture private solitamente vengono prese in considerazione solo successivamente all’esclusione dagli asili comunali, in quel momento i nidi privati vengono scelti poiché forniscono un servizio conosciuto dalle fami-glie, venendo preferiti ad altri tipi di alternative, come ad esempio i Nidi in famiglia.

Le famiglie quindi sembrano chiedere ai privati delle rette mensili più si-mili a quelle comunali e delle maggiori rassicurazioni riguardo alla quali-tà del servizio. In quest’ultima direzione vanno i continui sforzi svolti da parte del Comune di Verona e della Regione Veneto per stabilire standard qualitativi sempre più alti per gli asili privati (si veda ad esempio il DGR 84 del 16/1/2007), indispensabili per ricevere l’autorizzazione ad esercitare e, in alcuni casi, l’accreditamento, vale a dire la possibilità di fornire ser-vizi che possono essere compensati con l’impiego di risorse pubbliche. Al fine di vincere la ancora persistente diffidenza mostrata dai genitori verso il “privato”, senza particolari distinzioni tra strutture autorizzate e strutture accreditate, sembra essere necessario un sempre crescente coordinamento tra enti pubblici e soggetti privati nel trovare modi per garantire la qualità delle strutture private e nel comunicare ai genitori le iniziative messe in atto a questo scopo.

Le scuole dell’infanzia, invece, non solo offrono dei servizi di qualità, ma oramai hanno raggiunto una copertura soddisfacente della domanda delle famiglie con bambini di età compresa tra i 3 e 6 anni, sia dal punto di vista dei posti disponibili nelle strutture pubbliche che da quello dalla qualità e dai costi richiesti da quelle private. Le scuole dell’infanzia private, ampia-mente accessibili nei prezzi, non sembrano essere viste come delle seconde scelte dalle famiglie che vi accedono. I genitori solitamente iscrivono i figli alle scuole private presenti sul territorio, in tutti i casi paritarie e aderenti alla Federazione Italiana Scuole Materne, sia per le valutazioni positive rice-vute da famiglie che le hanno frequentate che per una scelta di tipo valoriale.

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In questo caso ad essere reputata a rischio non è la qualità delle strutture private, ma quella delle scuole pubbliche, a causa degli ingenti tagli previsti dalla manovra finanziaria del 2009. Per i genitori intervistati la manovra governativa ha posto a repentaglio il fattore reputato maggiormente impor-tante per la qualità del servizio, anche in questo caso gli insegnanti, che non verrebbero messi nelle condizioni ottimali per svolgere in maniera profes-sionale il loro lavoro.

Gli asili nido e le scuole dell’infanzia, pur avendo problematiche molto di-verse tra loro, hanno in comune un fattore critico: lo scarso coinvolgimento dei padri all’interno del servizio, che tendono a svolgere prevalentemente il ruolo di “ponti tra casa e servizi”, delegando alle partner la maggior parte delle attività che prevedano un confronto con il personale educativo. I padri, pur essendosi distaccati nella maggior parte dei casi dal “male breadwin-ner model” (Becker, 1981; Mc Donald, 2000), sono ancora meno presenti delle madri nella sfera del lavoro familiare e, in particolare, nel lavoro di mediazione tra famiglia e servizi. Asilo nido e scuola dell’infanzia, i servizi all’infanzia più frequentati dalle famiglie intervistate, possono svolgere un ruolo importante per risolvere questa problematica. Al fine di aumentare la partecipazione dei padri sia all’interno dei servizi all’infanzia che, più in generale, nella sfera di cura del bambino sono necessarie iniziative non solo indirizzate a coinvolgere i padri, ma che lo facciano proponendo nuovi mo-delli di paternità e abbattendo così gli stereotipi di genere che considerano le donne più inclini e adatte alla cura dei figli. In questo modo si possono raggiungere diversi effetti positivi, sia per le singole coppie che per l’intera società, alleggerendo l’imponente carico di lavoro giornaliero svolto dalle madri lavoratrici e facilitando la rimozione degli ostacoli che impediscono loro di raggiungere le proprie aspirazioni professionali e di partecipare atti-vamente alla vita pubblica.

Le esperienze delle famiglie all’interno dei servizi integrativi sono anch’esse positive, sia nel caso dei Nidi in famiglia che per quanto riguarda l’insieme di servizi volti ad offrire spazi di socialità per bambini in età prescolare e per i loro genitori. Servizi come i Tempi per la famiglia, i Centri intergenerazio-nali e i diversi spazi volti a sostenere la genitorialità, sembrano soddisfare le famiglie soprattutto nel momento in cui non propongono solamente attività strutturate, come laboratori o corsi di diverso tipo, ma danno l’opportunità ai genitori e ai bambini di attraversarli liberamente. Ad esempio, le espe-rienze degli intervistati nei Tempi per la famiglia sono positive per motivi completamente differenti tra loro, lo stesso servizio può essere utilizzato per preparare i figli all’ingresso nella scuola dell’infanzia o per confrontarsi con altri genitori nel periodo della maternità, mentre i figli piccoli giocano e

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affrontano le prime esperienze fuori dal nucleo familiare.

Le testimonianze e le proposte raccolte spingono ad orientarsi, nella costru-zione di nuove strutture e nel miglioramento di quelle già esistenti sul ter-ritorio della 2^ Circoscrizione, verso tipologie di servizi come i Tempi per la famiglia o altri servizi per bambini e genitori come, ad esempio, gli Spazi bambini, gli Spazi lettura e le ludoteche. Infatti, le famiglie coinvolte nella ricerca sembrano necessitare di luoghi nei quali possano trovare opportu-nità eterogenee da cogliere a seconda delle loro necessità, avvalendosi delle conoscenze messe a disposizione da operatori qualificati oppure incontran-dosi e costruendo relazioni con altre famiglie in maniera destrutturata.

Solo andando in questa direzione si potranno vincere le diffidenze nutrite da una parte delle famiglie intervistate che, frequentando dei servizi educa-tivi full time, vedono i servizi integrativi come un sovrappiù che rischia di sovraccaricare i figli o di rubare ai genitori del tempo prezioso da trascorrere con loro. I servizi integrativi, piuttosto, vanno pensati e proposti come una continuazione di quei momenti di confronto e socialità che le famiglie vivo-no nel tempo libero, trascorrendo tempo assieme ad altre famiglie con figli. Fare questo attraverso un servizio educativo, però, avrebbe il valore aggiun-to, da una parte di dare l’occasione ai bambini di intraprendere esperienze di socialità e gioco in spazi attrezzati e assistiti da personale educativo pro-fessionale, dall’altra di aprire spazi di confronto e di relazione per i genitori con il supporto di professionisti qualificati.

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Mappatura dei servizi per le famiglie con bambini in età prescolare presenti nella 2^ Circoscrizione del Comune di Verona e nel quartiere San Zeno-San BernardinoLa presenta mappatura ha lo scopo di fornire una panoramica completa della rete di servizi indirizzati alle famiglie con bambini in età prescolare presenti nel territorio della 2^ Circoscrizione del Comune di Verona e nel quartiere San Zeno-San Bernardino, appartenente alla 1^ circoscrizione. In particolare ci si è soffermati sulle seguenti tipologie di servizi:

• Servizi educativi alla prima infanzia (Nidi, Micronidi, Nidi Aziendali, Nidi Integrati, Centri per l’infanzia)

• Scuole dell’infanzia

• Servizi integrativi (Nidi in famiglia e Tempi per la famiglia)

• Consultori familiari

Oltre ai servizi alla prima infanzia, si è scelto di includere nella mappatura i Consultori familiari, poiché anch’essi erogano diversi servizi di interesse per le famiglie con bambini di età compresa dai 0 e 6 anni

La mappatura è stata effettuata grazie alla collaborazione dell’Ufficio Am-ministrativo Nidi e Servizi per l’Infanzia del Comune di Verona, dell’Asses-sorato delle Politiche Sociali della Regione Veneto e delle strutture interes-sate. Nei casi in cui i dati relativi ad una struttura non siano disponibili, o per la loro irreperibilità o per indisponibilità a fornirli da parte dei respon-sabili del servizio, si è utilizzata la dicitura n.d (non disponibile).

Le pagine seguenti saranno suddivise in quattro sezioni, in ciascuna delle quali dapprima si darà una breve definizione delle tipologie di servizi con-siderate, accompagnata da una mappa geografica indicante la distribuzione spaziale delle strutture trovate, per poi illustrarne le caratteristiche salienti.

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I Servizi Educativi per la prima infanzia del Comune di Verona rappresen-tano il primo contesto educativo e concorrono, unitamente all’insostituibile ruolo educativo della famiglia, alla crescita e alla formazione dei bambini in un quadro di diritto all’educazione (Art 4, Regolamento del sistema dei servizi alla prima infanzia del comune di Verona).

In questa sede si sono mappati i Servizi Educativi alla prima infanzia che servono le famiglie presenti nella 2^ circoscrizione e nella zona di San Zeno e San Bernardino, segnalando gli indirizzi, i contatti telefonici, gli orari e i periodo di apertura, le rette di frequenza, i posti occupati nell’anno scola-stico 2009-2010. Come si può vedere dalla mappa, i Servizi Educativi alla prima infanzia presenti sul territorio di riferimento sono in tutto 15, suddi-visi nelle seguenti tipologie (Art 3, Regolamento del sistema dei servizi alla prima infanzia del comune di Verona):

• Asilo Nido: si presenta come un servizio educativo finalizzato ad ac-cogliere i bambini da 3 mesi a 3 anni d’età. L’organizzazione prevede la permanenza del bambino con la possibilità di usufruire del pasto e del riposo e una capacità ricettiva da un minimo di 30 ad un massimo di 60 bambini.

• Micronido: si presenta come un servizio educativo finalizzato ad accogliere bambini da 3 mesi fino ai 3 anni di età. L’organizzazione prevede la permanenza del bambino con la possibilità di usufruire del pasto e del riposo e una capacità ricettiva da un minimo di 12 ad un massimo di 32 bambini.

• Nido Aziendale: si presenta come un servizio educativo finalizzato ad accogliere i bambini dai 3 mesi ai 3 anni di età. L’organizzazione prevede la permanenza del bambino con la possibilità di usufruire del pasto e del riposo e una capacità ricettiva che va da un minimo di 30 ad un massimo di 60 bambini.

• Nido Integrato: si presenta come un servizio diurno strutturato in modo simile ad un Asilo Nido. La sua peculiarità si trova nell’essere collocato nello stesso edificio della Scuola dell’Infanzia e nel svolgere attività socio-educativa mediante collegamenti integrativi con le atti-vità della Scuola dell’Infanzia.

• Centro Infanzia: si presenta come un servizio educativo per l’infanzia finalizzato ad accogliere i bambini fino ai sei anni di età. L’organiz-zazione deve prevede la distinzione tra la fascia di età area nido e la fascia scuole dell’infanzia. Purché siano strutturati spazi distinti da quelli della restante utenza nonché specificatamente organizzati per i

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lattanti, è possibile che il servizio accolga i bambini dai tre mesi di età. La capacità ricettiva prevede un minimo di 12 ed un massimo di 60 bambini dai tre mesi ai tre anni.

Le strutture segnalate nella presente mappatura, inoltre, si possono divide-re per natura, distinguendo tra:

• Servizi comunali: sono erogati direttamente dal Comune di Verona, l’accesso avviene sulla base di ad una graduatoria, in cui si tiene conto della composizione del nucleo anagrafico di riferimento, della condizione occupazionale, del luogo di residenza, delle eventuali condizioni di inva-lidità dei membri del nucleo familiare del bambino e del suo punteggio I.S.E.E (Indicatore Situazione Economica Equivalente), sulla base del quale viene poi viene stabilita la retta di frequenza (allegato A, Regola-mento del sistema di servizi della prima infanzia).

• Servizi erogati da privati: questi a loro volta possono essere distinti in servizi accreditati e in servizi solamente autorizzati, sulla base dei loro requisiti funzionali, strutturali, tecnologici ed organizzativi. Attraverso l’autorizzazione all’esercizio si riconosce alla struttura la possibilità di operare fornendo liberamente al cittadino i servizi e le prestazioni dichia-rate, con l’accreditamento, invece, si riconosce ai soggetti autorizzati la possibilità di fornire prestazioni o servizi che possono essere compensati con l’impiego di risorse pubbliche (Allegato A – DGR 84 del 16/1/2007). Gli standard di autorizzazione all’esercizio e di accreditamento sono stati stabiliti a livello regionale con la partecipazione di operatori pubblici e privati, coordinati dalla Direzione dei Servizi Sociali e dalla Agenzia Re-gionale Socio Sanitaria, mentre l’autorizzazione o l’accreditamento ven-gono rilasciati dal Comune di Verona.

Data la grande presenza di strutture private con un amplio raggio di auto-nomia e con scarsi rapporti con le strutture comunali, non sempre è stato possibile avere dati completi e omogenei, in particolare con l’asterisco nella casella posti occupati si indica che il numero si riferisce ai posti autorizzati e non a quelli occupati nell’anno 2009-2010, data l’impossibilità di ottenere questo tipo di informazione attraverso la consultazione dei dati comunali e il contatto diretto con le strutture.

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Nome Indirizzo Orario Periodo di apertura

Retta

La Fiaba Asilo Nido(Comunale)68 Posti

Via Pisacane, 61^Circoscrizione(San Zeno, San Bernardino)Tel 045 8000824

Lun-VenTempo classico 7:30 – 16:00Tempo mattina7:30 – 13:30Tempo pomeriggio14:00-18:30

Settembre - Giugno con possibilità di nido estivo nel mese di Luglio

Calcolata sulla base del punteggio I.S.E.E della famiglia, varia da un minimo di 76 Euro ad un massimo di 487 Euro

Il Paese della Fantasia Asilo Nido (Comunale)68 Posti

Via Carso, 132^Circoscrizione(Borgo Trento, Arsenale)Tel 045 918315

Lun-VenTempo classico 7:30 – 16:00Tempo mattina7:30 – 13:30Tempo pomeriggio14:00-18:30

Settembre-Giugno con possibilità di nido estivo nel mese di Luglio

Calcolata sulla base del punteggio I.S.E.E della famiglia, varia da un minimo di 76 Euro ad un massimo di 487 Euro

Il nido del sole di ColombareAsilo Nido (Comunale)61 Posti

Via Castello San Felice, 362^Circoscrizione(San Mattia, Valdonega)Tel 045 918539

Lun-VenTempo classico 7:30 – 16:00Tempo mattina7:30 – 13:30Tempo pomeriggio14:00-18:30

Settembre-Giugno con possibilità di nido estivo nel mese di Luglio

Calcolata sulla base del punteggio I.S.E.E della famiglia, varia da un minimo di 76 Euro ad un massimo di 487 Euro

Il nido del sole di ColombareAsilo Nido(Comunale)50 Posti

Via Castello San Felice, 362^Circoscrizione(San Mattia, Valdonega)Tel 045 918539

Lun-VenTempo classico 7:30 – 16:00Tempo mattina7:30 – 13:30Tempo pomeriggio14:00-18:30

Settembre-Giugno con possibilità di nido estivo nel mese di Luglio

Calcolata sulla base del punteggio I.S.E.E della famiglia, varia da un minimo di 76 Euro ad un massimo di 487 Euro

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Nome Indirizzo Orario Periodo di apertura

Retta

La casa delle fiabeAsilo Nido(Privato Autorizzato)31 Posti

Via Scarsellini, 331^ Circoscrizione(San Zeno, San Bernardino)Tel 045 8036173

Lun-VenTempo classico7:30-16:00Possibilità di posticipo fino alle 18:00Tempo mattina7:30 -13:00di Agosto

Settembre-Luglio con possibilità di nido estivo le prime due settimane

Nido classico650 Euro

Con posticipo725 Euro

Nido mattina550 Euro

Celiacelib-lu Asilo Nido(Privato Au-torizzato)

Via Spagna, 201^ Circoscrizione(San Zeno, San Bernardino)Tel 045 592019

Lun-VenTempo classico7:30-18:30

Tutto l’anno n.d

Favolando MicronidoAsilo Nido(Privato Autorizzato)

Viale Bixio, 22/a2^ Circoscrizione(Borgo Trento, Arsenale)Tel. 045 8309626

n.d n.d n.d

Lo Scarab-occhio Mi-cronido(Privato Accreditato)25 Posti

Via Milani, 142^Circoscrizione(Parona)Tel. 045 942512

Lun-VenNido mattina7:30-13:00Nido classico7:30- 16:00Prolungamento18:00

Settembre-Luglio

Nido classico570 Euro

Nido Mattina450 Euro

Allegra Brigata Micronido(Privato Accreditato)

Via Milani, 9/a2^ Circoscrizione(Parona)Tel. 045 941435

Lun-Ven 7: 30 – 16: 00 Prolungamento 18:30

Tutto l’anno n.d

Gattomiao 1 Micronido(Privato Accreditato)18 Posti

Via Lungolorì, 18/202^ Circoscrizione(Avesa)Tel. 045 8302409

Lun-VenNido mattina 7:30-13:00Nido classico7:30-16:00

Settembre-Luglio

Nido classico600 euro

Nido mattina 500 euro

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Nome Indirizzo Orario Periodo di apertura

Retta

GirotondoMicronido(Privato Accreditato)24 Posti

Via Beltramini G., 132^ Circoscrizione(Parona)Tel. 045 942277

Lun-VenNido mattina7:30-13:00Nido classico7:30-17:00

Settembre-Luglio

Nido classico500 Euro

Nido mattina 450 Euro

La stanza dei colori Micronido(Privato Autorizzato)10 Posti

Via Santini, 352^ Circoscrizione(Ponte Crencano)Tel. 045 8302711

Lun-VenNido mattina7:30-13:00Nido classico7:30-16:00

Tutto l’anno tranne le prime due settimane di Agosto

Nido classico580 Euro

Nido mattina480 Euro

La casa della bepaNido Aziendale(Privato Autorizzato)30 Posti

Via Baganzani, 112^ Circoscrizione (Quinzano, Saval di Quinzano)Tel. 045 8080306

Lun-VenNido classico8:00-16:00

Settembre-Giugno su richiesta è possibile un ampliamento del servizio per il mese di luglio

Nido classico450 Euro

400 Europer i lavoratori della casa di riposo Villa Monga

Scuole AportianeNido Integrato(Privato Autorizzato)41 Posti

Piazza Broilo, 41^ Circoscrizione(Città Vecchia)Tel. 045 8002709

Lun-Ven8:00–16:00

Settembre-Giugno

Nido Classico495 Euro

La Corte dei bambini Centro d’infanzia(Privato Accreditato)45 Posti

Lungadige Attiraglio, 482^ Circoscrizione(Ponte Crencano)Tel. 045 8344643

Lun-VenTempo classico8:00-16:30Tempo mattina8:00-13:00

Settembre-Luglio

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La scuola dell’infanzia, istituita originariamente come Scuola Materna nel 1968 con la legge 444, concorre, nell'ambito del sistema scolastico, a pro-muovere la formazione integrale della personalità dei bambini dai tre ai sei anni di età, nella prospettiva della formazione di soggetti liberi, responsabili ed attivamente partecipi alla vita della comunità locale, nazionale ed inter-nazionale. Essa persegue sia l'acquisizione di capacità e di competenze di tipo comunicativo, espressivo, logico ed operativo, sia una equilibrata ma-turazione ed organizzazione delle componenti cognitive, affettive, sociali e morali della personalità, apportando con questo il suo specifico contributo alla realizzazione della uguaglianza delle opportunità educative (dal Decre-to Ministeriale del 3 giugno 1991).

In questa sede si sono mappate le scuole dell’infanzia che servono le fami-glie presenti nella 2^ circoscrizione e nella zona di San Zeno e San Bernar-dino, segnalando gli indirizzi, i contatti telefonici, gli orari di apertura, le rette di frequenza e i posti occupati. Le informazioni riguardanti gli iscritti e la capienza delle scuole riguardano l’anno scolastico 2009/2010, mentre le rette di frequenza e gli orari segnalati nella mappatura fanno riferimento al periodo di attività didattica delle Scuole d’Infanzia previsto dal Calenda-rio Regionale per l’anno scolastico 2010/2011, compreso tra il 13 settembre 2010 e il 9 giugno 2011. Come si può vedere dalla mappa le scuole dell’in-fanzia presenti nel territorio di riferimento sono in tutto 18, suddivise in:

• Scuole statali: sono organizzate per istituti comprensivi (legge 31/1/1994,n.97), che operano sotto la diretta responsabilità del Ministe-ro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca (M.I.U.R). L’azione delle scuole dell’infanzia segue i“Nuovi Orientamenti per l’attività educativa e didattica nelle scuole materne statali” (Disegno Ministeriale 2/6/1991) e i successivi documenti programmatici e indicazioni statali. L’accesso è aperto a tutti i bambini che compiono 3 anni entro il 31 dicembre dell’an-no in cui è effettuata l’iscrizione, viene compilata una graduatoria solo in caso di eccedenza di domande rispetto ai posti disponibili.

• Scuole comunali: la loro organizzazione viene affidata al Centro di Responsabilità Coordinamento Servizi Educativi, secondo gli indirizzi dettati dall’amministrazione comunale in accordo con le indicazioni del M.I.U.R.

• Scuole paritarie: sono definite dalla legge n.62 del 10/3/2001 come “istituzioni scolastiche non statali, che a partire dalla scuola dell’infanzia corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione, in particolare per quanto riguarda l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale”. Alle scuole paritarie, nonostante sia richiesta l’adesione ai prin-

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cipi costituzionali, è riconosciuta la piena autonomia nel loro operato. Tutte le scuole paritarie presenti nel territorio di riferimento aderiscono alla Federazione Italiana Scuole Materne, costituita nel 1973 dalla Con-ferenza Episcopale.

Nome Indirizzo Orario Retta Mensile

BarbaraniScuola dell’Infanzia(Comunale)50 Posti

Via Re Pipino, 11^Circoscrizione(San Zeno, San Bernardino)Tel. 045 8006440

8:30 –16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

Emma FoàScuola dell’Infanzia(Comunale)77 Posti

Vicolo San Bernardino, 101^ Circoscrizione(San Zeno, San Bernardino)Tel. 045 8007141

8:30– 16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

Orti di SpagnaScuola dell’Infanzia(Comunale)24 Posti

Via Lega Veronese, 8/a1^ Circoscrizione(San Zeno, San Bernardino)Tel. 045 596650

8:30 –16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

AlessandriScuola dell’Infanzia(Comunale)77 Posti

Via del Ponte, 132^Circoscrizione(Parona)Tel. 045 941928

8:30 –16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

AvesaScuola dell’Infanzia(Comunale)102 Posti

Piazza Avesa2^Circoscrizione(Avesa)Tel. 045 8345003

8:30 –16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

CarsoScuola dell’Infanzia(Comunale)78 Posti

Via Carso, 112^ Circoscrizione(Ponte Crencano)Tel. 045 915968

8:30 –16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

San MattiaScuola dell’Infanzia(Comunale)43 Posti

Viale dei Colli, 462^ Circoscrizione(San Mattia, Valdonega)Tel. 045 8349564

8:30 –16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

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Nome Indirizzo Orario Retta Mensile

Villa AreScuola dell’Infanzia(Comunale)78 Posti

Via Torricelle, 62^ Circoscrizione(San Mattia, Valdonega)Tel. 045 8345873

8:30 –16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

Villa ColombareScuola dell’Infanzia(Comunale)78 Posti

Via Castello S. Felice, 62^ Circoscrizione(San Mattia, Valdonega)Tel. 045 8344604

8:30 –16:30Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

103,5 Euro

GabbianoScuola dell’Infanzia(Statale)72 Posti

Via Morosini, 11^ Circoscrizione(San Zeno, San Bernardino)Tel. 045 918203

8:00 – 16:00Possibilità di anticipo alle 7:45

103,5 Euro

ArcobalenoScuola dell’Infanzia(Statale)71 Posti

Via Eleonora Duse, 15 2^ Circoscrizione(Ponte Crencano)Tel. 045 918447

8:00 - 16:00 103,5 Euro

Fortunata Gressner Scuola dell’Infanzia(Scuola Paritaria)81 Posti

Via A. Provolo, 43 1^ Circoscrizione(San Zeno, San Bernardino)Tel.045 8000015

8:00-16:00Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30 Possibilità di posticipo alle 18:00

130 Euro

Scuole AportianeScuola dell’Infanzia(Scuola Paritaria)86 Posti

Piazza Broilo, 4 1^ Circoscrizione(Città Vecchia)Tel. 045 8002709

8:00-16:00Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30Possibilità di posticipo alle 18:00

130 Euro

Suore Missionarie Pie Madri Della Nigrizia Scuola dell’Infanzia(Scuola Paritaria)52 Posti

Via Cesiolo, 462^ Circoscrizione(Ponte Crencano)Tel. 045 8340070

7:40-16:00Lun-Ven

130 Euro

Mater Gratiae Scuola dell’Infanzia(Scuola Paritaria)130 Posti

Via Don Giuseppe Baldo, 72^ Circoscrizione(Borgo Trento, Arsenale)Tel. 045 8342139

8:00-16:00Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30Possibilità di posticipo alle 16:30

145 Euro

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Nome Indirizzo Orario Retta Mensile

Angeli CustodiScuola dell’Infanzia(Scuola Paritaria)94 Posti

Lungadige Attiraglio, 482^ Circoscrizione(Parona)Tel. 045 8266025

8:00 – 16:00Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30

130 Euro

S. Vincenzo Scuola dell’Infanzia(Scuola Paritaria)77 Posti

Via Prato Santo, 152^ Circoscrizione(Borgo Trento)Tel. 045 8344433

7:45-16:00Lun-Ven

130 Euro

De VedrunaScuola dell’Infanzia(Scuola Paritaria)101 Posti

Via Calatafimi 122^ Circoscrizione(Borgo Trento)Tel. 045 8348470

8:00-16:00Lun-VenPossibilità di anticipo alle 7:30Possibilità di anticipo alle 7:30

130 Euro

I servizi all’infanzia integrativi si presentano come servizi con caratteristi-che educative, ludiche, culturali e di aggregazione sociale per bambini da zero a tre anni, che prevedono la presenza di genitori, familiari o adulti che quotidianamente si occupano della loro cura, organizzati secondo criteri di flessibilità (dalla Legge n.285, 5/9/1997).

In questa sede si sono considerati i servizi integrativi presenti nella 2^ cir-coscrizione, nel quartiere di San Zeno e San Bernardino e nella zone limitro-fe, segnalando gli indirizzi, i contatti telefonici, gli orari di apertura, le rette di frequenza e i posti occupati. Data la recente e ancora scarsa diffusione di queste tipologie di servizi, si è scelto di considerare una zona della città più ampia di quanto fatto per gli altri servizi all’infanzia, in modo da dare una panoramica del fenomeno il più esauriente possibile.

Come si può vedere dalla mappa, i servizi integrativi presenti sul territorio di riferimento sono in tutto 6, suddivisi nelle seguenti tipologie (Art 3, Re-golamento del sistema dei servizi alla prima infanzia del comune di Verona):

• Tagesmutter o Nido in famiglia: e’ rivolto a bambini dai 3 ai 36 mesi, si svolge presso il domicilio di mamme o educatori domiciliari che pro-fessionalmente forniscono educazione e cura a uno o più bambini di altri (massimo 6 bambini, compresi i propri figli, di età inferiore ai 13 anni, se presenti durante l’orario di servizio). I nidi in famiglia mappati sono tutti erogati da privati in convenzione con la Regione Veneto.

• Tempo per la Famiglia: e’ un luogo di incontro e formazione per bambi-

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ni dai 3 ai 36 mesi e per gli adulti che li accompagnano (genitori, nonni, fratelli, baby-sitter). Il servizio e’ organizzato per le attività dei bambini e la permanenza degli adulti, con spazi e attività differenziate ed integrate. I tempi per la famiglia sono servizi comunali che funzionano in collabo-razione con associazioni e/o cooperative presenti sul territorio.

Nome Indirizzo Orario Retta

La casa dei fioriNido in famiglia(Privato in conven-zione)4 Posti

Via Cà di Cozzi 2^ Circoscrizione (Quinzano, Saval di Quinzano)Tel. 333 5381876

Lun-Ven8:00-16:00Aperto tutto l'anno

400 Euro per 100 ore di frequenza

La casa dei monelliNido in famiglia(Privato in conven-zione)6 Posti

Via Poerio, 132^ Circoscrizione(Ponte Crencano)Tel. 328 6883327

Lun-Ven8:00-16:00Aperto tutto l'anno

300 Euro per 60 ore

Nido di Saerri LuisaNido in famiglia(Privato in conven-zione)

Via Meneghetti, 103^ Circoscrizione(Borgo Milano)Tel. 349 8490119

Lun-Ven8:30-12:30Aperto tutto l'anno

n.d

Il Cerchio Tempo per la famiglia(Comunale)Posti 63 bambini e 60 famiglie

Via Castello San Felice, 62^ Circoscrizione(San Mattia, Valdonega)Tel. 335 5785865

Lun-Ven 8:30-13:00Un pomeriggio a settimana dalle 15:30 alle 18:00Da Settembre a Giugno

50 Euro annuali

Il GranoTempo per la famiglia(Comunale)Posti 40 bambini e37 famiglie

Via Berardi, 93^ Circoscrizione(Chievo)Tel. 045 8103144

Lun-Ven 8:30-13:00Un pomeriggio a settimana dalle 15:30 alle 18:30Da Settembre a Giugno

50 Euro annuali

Il BoccioloTempo per la famiglia(Comunale)Posti 65 bambini e57 famiglie

Via Faliero, 793^ Circoscrizione(Saval)Tel. 045 8102182

Lun-Ven 8:30-13:00Un pomeriggio a settimana dalle 15:30 alle 18:30Da Settembre a Giugno

50 Euro annuali

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I consultori familiari, istituiti con la legge 405/75, si configurano come strutture aventi come finalità: l’erogazione di servizi socio-sanitari di as-sistenza psicologica, medica e sociale sui temi della sessualità e maternità; l’informazione e la consulenza su sessualità, controllo delle nascite, interru-zione di gravidanza, malattie a trasmissione sessuale; la tutela della salute della donna e del bambino.

In questa sede si sono considerati i consultori che servono le famiglie pre-senti nella seconda circoscrizione e nella zona di San Zeno e San Bernardi-no, segnalando gli indirizzi, i contatti telefonici, gli orari di apertura al pub-blico, il numero di utenti dell’anno 2009 e i servizi erogati e soffermandosi solamente sulle attività indirizzate ai genitori con figli di età compresa tra gli 0 e i 6 anni. Anche in questo caso, dato il numero limitato di consultori presenti nel territorio considerato, si è deciso di includere nella mappatura alcune strutture presenti in zone limitrofe. Come si può vedere dalla mappa i consultori segnalati sono in totale 6, suddivisibili in consultori dell’Unità Locale Socio Sanitaria 20 (1-3) e consultori privati (4-6), che svolgono alcu-ni servizi in collaborazione con l’Ulss 20 e con i servizi sociali del Comune di Verona. Di quest’ultimi il primo e l’ultimo sono di ispirazione cristiana, mentre i servizi del rimanente sono erogati dall’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica, di ispirazione laica.

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Contatti Servizi Offerti

Consultorio Familiare ULSS (Pubblico)

Indirizzo: Via Poloni, 11^ Circoscrizione(Cittadella,Valverde)

Tel. 045 596384

Orario:Mar 8:30-11:30Mer 8:30-11:30 14:30-17:30Gio 8:30-11:30

Periodo d’apertura Aperto tutto l’anno

Numero utenti 2009 3552 utenti di cui 185 coppie e 220 nuclei familiari.

L’equipe territoriale, allo stesso modo degli altri consul-tori ULSS 20, eroga: • interventi a tutela della salute della donna e del nas-cituro; • interventi al fine di promuovere o prevenire la gravi-danza; • interventi di consulenza e presa in carico relativa-mente a problemi determinati da relazioni familiari dif-ficili, in integrazione con i Servizi Sociali dei Comuni.

Inoltre, il consultorio familiare ULSS eroga i seguenti servizi:• percorso nascita: il servizio, tramite l’apporto di un equipe di professionisti, fornisce alle mamme e ai papà opportunità formative e consulenze ginecologiche, ostetriche, psicologiche ed educative riguardanti l’esperienza di diventare genitori.• centro adozioni: l’equipe del centro adozioni, formata da assistenti sociali, psicologi ed educatori accompagna i genitori adottivi sia nel periodo che precede l’adozione che nel periodo successivo all’arrivo del bambino, segu-endone l’inserimento nella famiglia e nella comunità.• spazio donna straniera: il servizio permette di real-izzare la tutela della maternità e della salute sessuale riproduttiva delle donne immigrate in situazioni di par-ticolare difficoltà.I servizi del consultori sono gratuiti e quindi non soggetti al pagamenti di ticket.

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Contatti Servizi Offerti

Coordinamento Consultori Familiari ULSS(Pubblico)

Indirizzo:Corso Porta Palio, 301^Circoscrizione (Città Vecchia)

Tel. 045 9287017

Orario:Lun-Ven 8:00-14:00 Mar-Gio14:00-17:30

Periodo d’apertura Aperto tutto l’anno

Numero utenti 2009 Utenti inclusi negli utenti attribuiti al consultorio USSL di Via Siracusa

Il coordinamento dei consultori familiari ULSS è attivo nell’ambito del progetto spazio genitori separati, il cui obiettivo principale è l’accompagnamento dei genitori attraverso l’esperienza separativa, offrendo servizi di sostegno psicosociale, consulenze legali e di mediazione familiare.I servizi del consultori sono gratuiti e quindi non soggetti al pagamenti di ticket.

Consultorio Familiare ULSS(Pubblico)

Indirizzo:Viale Siracusa, 4/a 3^ Circoscrizione (Saval)

Tel. 045 576059

Orario:Lun 8:30-11:30Mar 14:30-17:30Gio 8:30-11:30

Periodo d’apertura Aperto tutto l’anno

Numero utenti 2009 3000 utenti, di cui 150 coppie, 295 nuclei familiari

L’equipe territoriale, allo stesso modo degli altri consul-tori ULSS 20, eroga: • interventi a tutela della salute della donna e del nas-cituro; • interventi al fine di promuovere o prevenire la gravi-danza; • interventi di consulenza e presa in carico relativa-mente a problemi determinati da relazioni familiari dif-ficili, in integrazione con i Servizi Sociali dei Comuni. Inoltre, il consultorio familiare ULSS fornisce l’opportunità per i genitori, prima e dopo la nascita, di confrontarsi, in gruppo o individualmente, con gli operatori del consultorio familiare relativamente all’esperienza di diventare genitori.I servizi del consultori sono gratuiti e quindi non soggetti al pagamenti di ticket.

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Contatti Servizi Offerti

Consultorio Prematrimoniale e Matrimoniale (Privato in convenzione)

Indirizzo:Piazza Vescovado, 51^Circoscrizione (Città Vecchia)

Tel. 045 8032079

Orario:Lun-Mar 8:30-12:30 15:00-19:00Mer 15:00-19:00Gio-Ven 8:30-12:30

Periodo d’apertura Aperto tutto l’annoNumero utenti 2009 135 utenti, 50 coppie, 9 nuclei familiari.

Il consultorio si rivolge ai singoli, alle coppie, alle ai genitori e alle famiglie in difficoltà, offrendo servizi di tipo:• psicologico• psicopedagogico• legale• ginecologico • psichiatrico

I servizi del consultorio sono gratuiti e sono sostenuti dalle Parrocchie e dai soci sostenitori attraverso una quota associativa annuale.

Consultorio Familiare Aied(Privato in convenzione)

Indirizzo:Via Tito Speri, 7 1^Circoscrizione (Città Vecchia)

Tel. 045 8013043

Orario:Lun-Gio 9:30-12:30 15:30-18:30

Periodo d’apertura Aperto tutto l’annoNumero utenti 2009 1511 utenti, 52 coppie, 45 nuclei familiari

Il consultorio offre:• consulenze informative: contraccettive, ostetrico-ginecologiche, genetiche, sessuologiche, sociali• spazio famiglia: colloqui individuali, sostegno alla coppia in crisi, mediazione familiare, consulenze legali.• prestazioni psicologiche: colloqui individuali, colloqui di coppia, psicoterapie.• prestazioni ambulatorialiI servizi del consultorio sono a pagamento.

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Contatti Servizi Offerti

Consultorio Familiare Verona Nord (Privato in convenzione)

Indirizzo:Via Bresciani, 2 2^ Circoscrizione (Quinzano)

Tel. 045 8340074

Orario:Lun-Ven 9 00-12 00 15 00-19 00Mer 16 00-19 00Gio 14 00-19 00

Periodo d’apertura Aperto tutto l’anno Numero utenti 2009 n.d

Per le famiglie con bambini di età tra i 15 giorni e i 5 mesi, il consultorio effettua il corso “contatti” in cui sono compresi i seguenti servizi: corso sulla tecnica del massaggio, incontri che hanno per tema lo sviluppo psicomotorio nel primo anno di vita, incontri sul gioco e sulla comunicazione del bambini, incontri sul tema della cura all’interno della relazione madre-figlio.I servizi del consultorio sono a pagamento.

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Ringraziamenti Ringrazio innanzitutto le madri, i padri e gli operatori intervistati, senza i quali questa ricerca non sarebbe stata possibile.

Per la stesura della mappatura dei servizi presenti sul territorio sono stati necessari i dati e le informazioni fornite da Anna Pasqualin e Rosanna Zer-bato dell’ufficio Nidi e Servizi per l’infanzia del Comune di Verona, da Laura Nardini dell’Ufficio Politiche e Coordinamento Piani e Programmi Familiari della Regione Veneto e da Dino Verdolin e Maria Teresa Vantini della Fede-razione Italiana Scuole Materne.

Grazie all’aiuto di Stefano Molon Dirigente Famiglie Minori Accoglienza, Anna Pasqualin Dirigente Servizi Educativi ed a Elena Pietrogrande Assi-stente Sociale del Servizio Accoglienza Minori del Comune di Verona è stato possibile il contatto con le famiglie migranti poi coinvolte nella ricerca.

Desidero inoltre ringraziare Annalisa Murgia, Barbara Poggio, Beatrice Gusmano e Attila Bruni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Trento e Paola Di Nicola del Dipartimento Tempo, Spazio, Immagine e Società dell’Università degli Studi di Verona: i loro consigli e pareri sono stati importanti per la realizzazione del progetto di ricerca, lo svolgimento della fase empirica e la stesura della versione de-finitiva di questo lavoro.

Infine un ringraziamento speciale va a Francesco Della Puppa del Diparti-mento di Sociologia dell’Università degli studi di Padova che ha reso possi-bile la buona riuscita della presente ricerca, partecipando alla sua ideazione e intervistando alcune famiglie.

L’autore

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