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LA CROCE DI CRISTO, LA NOSTRA CROCE
Giancarlo Larossa
www.parolaviva.com
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LA CROCE DI CRISTO, LA NOSTRA CROCE
La croce di Cristo è un dovere, quando accettato, che ci mette in
relazione con l’opera di Dio con gli uomini. La nostra responsabilità
non consisterà più solo nella nostra scelta personale in riferimento
alle conseguenze del portare la nostra croce personale, ma nel
portare i pesi degli altri, misuratamente alla responsabilità e
vocazione che Dio ci ha affidato. Quindi la croce di Cristo è
intercessione. Intercede colui che per primo entra in una condizione
di sofferenze anticipate, ossia, entra prima degli altri nella prova che
cadrà sopra il popolo di Dio. Lo scopo è quello di essere pronto,
perché scelto da Dio stesso, a portare tale peso. I servi di Dio, quelli
veri, risolvono. Chi non ha sofferto, non può aiutare nessuno. La
perfezione si raggiunge a mezzo di sofferenze. Sofferenze che sono
il giudizio del Signore in modo molto diretto su noi stessi,
attraverso cui il servo viene disciplinato e preparato, purificato e
santificato. Dio sa chi mandare. Il popolo ha certi problemi e
bisogni; il Signore che conosce tutti trasforma il servo all’immagine
del bisogno e delle sofferenze che il popolo passerà. Trasformati
all’immagine del dolore, malattia, scoraggiamento, debolezza ecc.
Solo così l’uomo di Dio potrà portare la croce di Cristo, perché la
croce di Cristo consiste nel sacrificio per gli altri. Di fatti, Gesù soffrì,
portò la croce per tutti noi, non per se.
Salmo 42 “Un abisso chiama un altro abisso, al fragore delle tue
cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me”.
Il segno verticale delle cascate incontra il segno orizzontale delle
acque, lì lo scontro, l’impatto, e da lì il movimento delle acque che
diventano flutti ed onde che arrivano a riva dove la cerva è pronta
ad abbeverarsi… così l’anima mia anela a te. Questi due segni,
queste due linee si incrociano per formare la croce, l’incrocio
stabilisce un punto preciso che non è ne di una linea ne di un'altra.
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E’ la congiunzione, il punto di incontro il centro di equilibrio, il
Cristo. Da quel centro esce il fragore… la voce maestosa di Dio.
Anche Gesù diede un gran grido prima di spirare, sulla croce. La
voce del Signore è come la voce delle grandi acque Ap 1:15. Sl 29:3.
Paolo diceva ai Filippesi: “Poiché molti, dei quali vi ho spesse
volte parlato… camminano da nemici della croce di Cristo” (3:18).
In Galati 6:2 dice ancora: “Portate i pesi gli uni degli altri, e così
adempirete la legge di Cristo”.
Potremmo anche chiederci, qual è la legge di Cristo? E’ esattamente
quella di portare i pesi gli uni degli altri. Cristo morì sulla croce per
gli altri, per tutti, non per se stesso. Quindi, il portare i pesi anche
degli altri significa sacrificarsi per aiutare il prossimo. Se il sacrificio
di Gesù ci ha dato la possibilità di essere liberati dai nostri pesi, il
nostro sacrificio sarà di liberazione per i pesi di altri. Questa è la
legge di Cristo, la croce di Cristo nel mistero della pietà, Dio si è
manifestato in carne, Dio si è fatto come me affinché io potessi
farmi come altri.
Veniamo ai nemici. Chi sono essi? I nemici della croce di Cristo,
sono quelli che impediscono questo sacrificio altruistico; lo
reputano perdita di tempo. Amano sentenziare un giudizio,
piuttosto che sapere aspettare, sapersi sacrificare. La croce di Cristo
è intercessione! Intercede solo chi ama veramente, cioè, ama
dell’amore di Cristo, che desidera portare i pesi del proprio fratello.
Ci ricordiamo quando chiesero a Gesù qual’era il primo e il secondo
comandamento più importante: “Ama il Signore Iddio tuo, e il tuo
prossimo come te stesso” (Matteo 22:34-40), aggiungendo che da
questi due dipendono tutta la legge e i profeti. Sempre Gesù in altra
occasione disse: “Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini
vi facciano, fatele anche voi a loro, perché questa è la legge e i
profeti” (Matteo 7:12). La causa è l’amore di Dio, la misura e
paragone è noi stessi. “Come te stesso”; dobbiamo vedere il nostro
prossimo in noi medesimi per capire che come curiamo e amiamo
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noi stessi dobbiamo amare e aiutare il prossimo. Su questo principio
si basa anche il matrimonio; si rilegga Efesini 5:28,29.
Tutta la legge e i profeti si basano su questo principio perché la
stessa legge si adatta a seconda dei casi. Per legge intendiamo il
piano di Dio in ordinamenti regolari. Se la legge sarebbe la
protagonista, gli uomini sarebbero spacciati. Ma la sapienza di Dio
si adatta al bisogno dell’uomo fra legge e misericordia sulla base
della misura della fede di ciascuno. In Marco 5:33 è detto che Gesù
annunziava la parola secondo che le folle erano in grado di capire.
In 2Corinzi 1:13,14 è detto che Paolo scriveva le cose che erano in
grado di capire e che in parte già comprendevano. E nel capo dieci
verso sei della stessa, viene detto che era pronto a punire la
disubbidienza dei Corinzi quando la loro ubbidienza sarebbe
perfetta. Ancora nei Filippesi 3:15,16 un saggio incoraggiamento
sulla statura spirituale con la misura, come porzione, della fede che
Dio assegna; Romani 12:3.
Da questo possiamo vedere come il cuore della legge è
giustizia, che ottiene per metodi di grazia, l’amore: “Il fine (scopo)
del comandamento è l’amore” (1Timoteo 1:5). Quindi, la legge. i
comandamenti di Dio, il consiglio di Dio, che prende forma del
bisognoso.
Per la pietà di Cristo veniamo trasformati nei bisogni del
prossimo, portando i pesi, o meglio, aiutandolo a portarli
adempiamo la legge, questa legge, di Cristo. Non ci è detto di
portare la croce degli altri, ognuno deve portare la propria croce, chi
accetta la disciplina della legge di Cristo, si preoccuperà di portare
la croce di Cristo. Dalla intercessione viene il soccorso.
I nemici di questa croce, tendono al castigare, dare ultimatum,
imporre una conversione forzata sulla base di qualche apparente
disubbidienza o mancanza. Questo perché non amano di sporcarsi
le mani e perdere tempo vicino al bisognoso.
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Nel libro di Ester, vediamo come Haman voleva ostacolare
l’intercessione della regina Ester per salvare il suo popolo dal
massacro.
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OGNUNO PRENDA LA SUA CROCE
La croce personale che ognuno deve prendere è volontaria.
Essa riguarda la responsabilità che ognuno ha nei confronti di se
stesso, ossia della responsabilità della sua personale scelta di
seguire Cristo, nei confronti delle conseguenze che ne riceverà.
Gesù stesso avvisò che chi lo avrebbe seguito sarebbe stato
perseguitato. La persecuzione quindi è un ostacolo da cui non
possiamo sottrarci. E’ insita nella propria croce, con tutte le
conseguenze che le sono legate. Questo disse pure l’apostolo Paolo:
“Ma egli mi ha detto: la mia grazia ti basta, perché la mia potenza è
portata a compimento nella debolezza” 2Corinzi 12:9,10.
Questa debolezza a cui fa riferimento, è proprio la sua croce,
che ha preso e che lo rende debole, crocifisso al mondo (Galati
6:14). “Perciò io mi diletto nelle debolezze, nelle ingiurie, nelle
necessità, nelle persecuzioni, nelle avversità per amore di Cristo,
perché quando io sono debole, allora sono forte”.
Si noti il “quando sono debole”, cioè quando rimango sulla
scelta volontaria di prendere la mia croce. Gesù disse appunto: “Se
qualcuno mi vuole seguire, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e
mi segua” (Matteo 16:24).
L’elenco fatto dall’apostolo in merito all’accettare di essere
debole, riguardano la responsabilità sulla nostra scelta di seguire
Gesù. Questa è la croce di ognuno. E’ il prezzo del proprio biglietto
di viaggio. La croce di Cristo riguarda il caricarsi delle conseguenze
di intercedere per gli altri. Paolo scrive ai Filippesi: “Ora spero di
mandarvi presto Timoteo… Perché non ho alcuno d’animo uguale al
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suo e che abbia sinceramente cura delle vostre cose. Tutti infatti
cercano i loro propri interessi e non le cose di Cristo Gesù” (v.2:19-21).
“Cura delle vostre cose” Non delle sue! Tutti cercano il loro,
non quello che è di Cristo. Quel ch’è di Cristo, in questo verso, è
messo in relazione con l’avere riguardo agli altri.
Anche Paolo diceva che per lui desiderava andare col Signore
affrontando la morte il più presto possibile. Ma: “Il rimanere nella
carne è più necessario per voi” (Filippesi 1:21-24). Per dire queste
parole è evidente che aveva davanti agli occhi la croce di Cristo. E’
detto ancora: “Ora ricordatevi dei giorni passati nei quali, dopo
essere stati illuminati, avete sostenuto una grande lotta di sofferenza,
talvolta esposti ad oltraggi e tribolazioni (la croce personale), altre
volte facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo
modo (la croce di Cristo)” (Ebrei 10:32,33).
Siamo chiamati ad accettare i metodi misteriosi di Dio; anche
se ci sembrano strani a volte, dobbiamo crescere anche nel saper
soffrire. Rimanere, in questo caso, sulla propria croce. Alcuni hanno
sofferenze atroci a riguardo di qualche perdita cara. Altri, dovranno
sopportare la povertà, altri, particolari malattie (in questo caso, viste
come strumento nel piano di Dio per noi, vengono incluse nella
croce personale, altrimenti, comunemente no), altri, disastri.
Ognuno avrà a che fare con un insieme di prove che, se accetta la
sua croce, dovrà stare in una posizione di attesa per essere liberato
da Dio quand’egli vuole; se la respinge, affronterà le prove con le
proprie forze e secondo il suo discernimento. Questo non farà altro
che peggiorare le cose. Se guardiamo quando Gesù era sulla croce,
veniva provocato a scendere e far vedere se veramente era il Figlio
di Dio. Gesù rimase sulla croce, che definiamo sua, perché era anche
sua (diciamo, la responsabilità della sua scelta di ubbidire al Padre).
Non scese, non volle liberarsi da solo, con le sue forze, o ancor di
più, usando l’autorità di essere Figlio di Dio: Non reputò rapina
essere uguale a Dio (Filippesi 2:6), non fece valere, cioè, il suo
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diritto. Gesù accettò e sopportò con amore le conseguenze del
portare la nostra croce, di intercedere per noi. Questo ci è
d’esempio.
Troveremo sempre nel nostro cammino, nemici, che da quella
croce, di Cristo, vorranno farci scendere. In questo modo, il
bisognoso rimarrebbe senza un aiuto. Ricordiamoci le parole di
Elihu a Giobbe: “Ma se presso a lui vi è un angelo, un interprete, uno
solo fra i mille, che mostri all’uomo il suo dovere, Dio ha pietà di lui e
dice: Risparmialo dallo scendere nella fossa; ho trovato il riscatto per
lui” (Giobbe 33:23,24). Mediti il lettore su queste parole, fino a
morirci sopra. In queste espressioni è il centro dell’evangelo, il cuore
di Dio.
Di fronte la tentazione dunque, rimanere sulla croce, nostra, e
quella di Cristo. Se scendiamo, diventiamo salvatori di noi stessi e
dio di noi stessi. Per quanto riguarda la croce di Cristo lasceremo
solo il debole e bisognoso; solo senza un intercessore.
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(POESIA)
Sul tuo altare
Disteso sul tuo altare, o divin Signore accetta quest’oggi il mio dono
per Gesù tuo figliuolo.
Non ho gioielli per adornare il tuo tempio né sacrifici gloriosi da
fare;
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Ma ecco , che porto con mano tremante la mia volontà. Qualcosa
che appar essere poco ; ma , tu solo, o Signore comprendi che,
quando ho arreso a te questo; ho arreso tutto.
E’ bagnata con lacrime, coperta di gemiti, stretta nelle mie mani;
finché ha perso ogni bellezza.
Ora: allo sgabello dei tuoi piedi , dov’essa giace; sottomessa, sale
una preghiera:
“La tua volontà sia fatta! “
Prendila o Padre, prima che , il mio coraggio venga meno e fondila
così tanto con la tua; che se anche , in qualche ora disperata ,il mio
grido prevalga e, tu mi restituisci il dono fatto: Sia esso trasformato
e purificato, così uno con te, che non lo riconosca più come mio,
ma riavendo la mia volontà ,io scopra che è la tua!
Giancarlo Larossa
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