la comunicazione nel calcio moderno: il fenomeno …...setúbal, una cittadina del portogallo che...
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A mia nonna Vittoria
LA COMUNICAZIONE NEL CALCIO MODERNO:
IL FENOMENO MOURINHO
INDICE
• Pagina 7 – Introduzione
• Pagina 11 – Capitolo 1: Le origini
1.1 Dal campo alla panchina
1.2 Il traduttore
• Pagina 21 – Capitolo 2: L’allenatore
2.1 Il ritorno in Portogallo e la gavetta
2.2 La svolta: O rei do Porto
• Pagina 33 – Capitolo 3: The Special One (gli anni al Chelsea)
3.1 Un allenatore “Speciale”
3.2 Tre stagioni intense (trionfi, sconfitte e polemiche)
3.3 Rivalità inglesi (l’uragano Mourinho in Premier)
• Pagina 45 – Capitolo 4: L’approdo all’Inter
4.1 La presentazione dello Special One
4.2 Noi contro tutti: il metodo Mourinho
4.3 Il rumore dei nemici e la prostituzione intellettuale
4.4 La favola nerazzurra
4.5 Triplete e addio
• Pagina 67 – Conclusioni
• Pagina 69 – Bibliografia
• Ringraziamenti
INTRODUZIONE
Perché una tesi su Mourinho?
Prima di tutto per il più ovvio dei motivi, la stima e la gratitudine eterna
che non posso che nutrire nei confronti dell’allenatore che ha portato i
colori che amo sul tetto del mondo.
Cosa è stato e cosa rappresenterà per sempre Mourinho nel cuore di
un interista? Difficile da spiegare. Sicuramente è stato molto più di un
allenatore.
A sentire i suoi giocatori è stato allenatore, manager, psicologo, padre,
fratello, amico e persino giardiniere. Probabilmente è stato il
condottiero che ha guidato, come nessun altro avrebbe saputo fare, la
squadra all’impresa di una vita.
Il motivo fondamentale per cui ho deciso di dedicare la mia tesi di
laurea a questo particolare argomento è invece estremamente
pertinente al mio percorso di studi. Semplicemente José Mourinho
rappresenta, a mio modo di vedere, un esempio lampante e ottimale
del potere della comunicazione.
Mourinho ha saputo, più di chiunque altro, rivoluzionare e stravolgere
dall’interno un aspetto del calcio che sembrava ormai essere ben
definito e poco incline al cambiamento. Con le sue conferenze stampa
scoppiettanti, le dichiarazioni spiazzanti e il suo atteggiamento molto
spesso sopra le righe ha ridefinito il ruolo dell’allenatore nel calcio
moderno. Un ruolo non più limitato alla sola guida tecnica di una
squadra, ma che comprende innanzitutto la costruzione di un nuovo
rapporto, nel suo caso piuttosto burrascoso per la verità, con i media.
Fin dai suoi esordi in panchina Mourinho ha dimostrato una certa
parlantina piuttosto disinvolta, apparentemente spontanea, ma in
realtà in buona parte mirata e programmata.
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Negli anni gli sarebbero stati poi affibbiati diversi soprannomi relativi a
quella che in fin dei conti rappresenta una delle sue migliori qualità: la
capacità di comunicare.
Non è un caso che José Mourinho conosca e parli fluentemente 5 lingue.
Questo dimostra la curiosità e l’impegno verso quello che per lui non è
mai stato solo uno sport o un lavoro.
Ecco che di conseguenza Mourinho è diventato “il Motivatore” piuttosto
che “il Comunicatore”. Soprannomi utilizzati più che altro con accezione
negativa e dispregiativa, nati per sminuire e mettere in dubbio le sue
conoscenze tecniche e di conseguenza le sue capacità di allenatore.
Niente di più sbagliato. Se possiamo affermare con certezza che
Mourinho sia un ottimo comunicatore, possiamo altresì affermare che
la sua preparazione tecnico-tattica sia inappuntabile, nonché frutto di
uno studio e di un lavoro quasi maniacale.
Di lui si è detto e scritto di tutto: è stato definito arrogante, spavaldo,
sbruffone, presuntuoso, addirittura sopravvalutato. D’altra parte molti
non hanno potuto fare a meno di ammettere che Mourinho speciale lo
è davvero. Coinvolgente, affascinante e polemico. Un uomo che unisce
una combinazione di intelligenza, furbizia, provocazione e preparazione
calcistica notevole.
Obiettivo di questa tesi è quello di presentare un ritratto il più possibile
fedele di quello che senza dubbio è l’allenatore più discusso e
chiacchierato della storia calcistica recente. Un uomo in grado di
dividere l’opinione pubblica. Amato da molti, odiato da tanti, verso il
quale l’unico sentimento impossibile da provare è l’indifferenza.
La mia analisi si dividerà in 4 capitoli: nel primo di essi racconterò la
storia e le origini di Mourinho. Dalla sua innata passione per il calcio
con i tentativi di diventare giocatore, alla decisione di diventare
allenatore, gli studi, le prime esperienze in panchina.
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Nel secondo capitolo parlerò del suo ritorno in Portogallo. Dalle prime
esperienze da allenatore di provincia fino alla svolta col Porto.
Il terzo capitolo sarà incentrato sulla sua prima esperienza da
allenatore affermato, quella sulla panchina del Chelsea.
Nel quarto ed ultimo capitolo racconterò la sua indimenticabile ed
intensa esperienza all’Inter focalizzandomi sulle qualità fondamentali
che hanno reso l’allenatore portoghese uno dei personaggi più discussi
degli ultimi anni.
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CAPITOLO 1
LE ORIGINI
José Mário dos Santos Félix Mourinho nasce il 26 gennaio 1963 a
Setúbal, una cittadina del Portogallo che dista una cinquantina di
chilometri da Lisbona.
José nasce e cresce in una famiglia in cui il calcio rappresenta molto
più di una semplice passione. Il padre Félix (1938-2017) è stato infatti
calciatore, di ruolo portiere, con all’attivo persino una presenza nella
nazionale portoghese. Quando José nasce suo padre è il portiere della
squadra locale, il Vitória Setúbal, che gioca in Prima Divisione
portoghese.
Alla fine degli anni ’60 si trasferirà al Belenenses per concludere la sua
carriera da giocatore nel 1974.
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José trascorre un’infanzia agiata e spensierata vissuta nella magione di
Aires dello zio materno insieme al padre calciatore, la madre maestra e
una sorella maggiore, Teresa. La famiglia materna è molto ricca.
Lo zio Mário Ascensão Ledo è proprietario di una fabbrica ittica di
successo e presidente della Confindustria di Settore, oltre a far parte
dell’establishment dell’allora dittatore António Salazar.
Dopo il crollo della dittatura di Salazar la famiglia Mourinho subisce un
discreto contraccolpo, in quanto molte delle proprietà le vengono
sottratte.
Dopo una carriera ventennale divisa tra il Vitória Setúbal e il
Belenenses Mourinho senior decide, dopo il ritiro dal calcio giocato, di
dedicarsi alla carriera di allenatore.
Questo nuovo incarico lo vedrà alla guida tecnica di varie squadre
portoghesi, tra le quali, oltre al Rio Ave, proprio le due compagini per
le quali aveva giocato durante il suo periodo di attività, Belenenses e
Vitória Setúbal.
Nonostante il sogno di diventare calciatore José fin da bambino segue
il padre nel suo ruolo di allenatore avendo la possibilità di respirare
l’atmosfera dello spogliatoio e ben presto dimostra una spiccata
propensione all’analisi tecnico-tattica. Per questo motivo comincia a
redigere rapporti estremamente dettagliati sulle caratteristiche
tecniche e atletiche dei vari calciatori.
Notato da suo padre viene subito spedito a seguire i match degli
avversari con il compito di studiare i punti forti e quelli deboli di ogni
formazione, finanche ogni singolo giocatore. La successiva analisi degli
appunti avrebbe permesso alla squadra di scegliere la tattica più
adeguata e prepararsi al meglio per ogni match.
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José nel frattempo si dimostra un ottimo studente e un volenteroso
calciatore. Di ruolo difensore centrale, frequenta le giovanili nell’União
de Leiria e del Belenenses.
Nel 1981 approda con il ruolo di riserva al Rio Ave, squadra di prima
divisione portoghese allenata in quel periodo proprio dal padre Félix.
All’età di 19 anni, nel 1982, si verificherà un avvenimento
particolarmente segnante e significante per la vita e la carriera del
giovane Mourinho.
Ormai da tempo panchinaro fisso nel Rio Ave, gli si offre un giorno
l’occasione di debuttare nella massima serie portoghese quando lo stopper
della squadra si infortuna proprio alla vigilia della partita contro la
capolista Sporting Lisbona. Suo padre Félix è pronto a schierarlo e gli dice
di prepararsi, ma José non scenderà mai in campo. Infatti, quando il
presidente del Rio Ave minaccia di cacciarli entrambi, Félix è costretto a
desistere e a rimandare nuovamente il figlio in panchina.
Questa umiliazione cocente e insopportabile influirà molto sulla
prematura decisione di Mourinho di dedicarsi all’allenamento.
Dopo la brutta delusione rimediata col Rio Ave si trasferisce
nuovamente insieme al padre nel club dove entrambi avevano militato
anni prima (José nelle giovanili e suo padre in prima squadra), il
Belenenses. Se ne andranno entrambi l’anno successivo. Félix tornerà
al suo Vitória Setúbal, mentra José approderà in seconda divisione
portoghese, la nostra serie B, al Sesimbra. Dopo un paio di stagioni si
trasferirà nel suo ultimo club, il Comércio e Indústria, sempre
partecipante alla seconda divisione portoghese.
Dopo sei anni di professionismo e un centinaio di presenze racimolate
tra prima e seconda divisione portoghese José Mourinho decide, a soli
24 anni, di ritirarsi dal calcio giocato.
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1.1 DAL CAMPO ALLA PANCHINA
Rimasto estremamente scottato e deluso dall’esperienza col Rio Ave il
giovane Mourinho inizia a capire di non essere all’altezza del calcio che
conta e che il suo talento come calciatore non è sufficiente e non lo
porterà lontano.
E’ dopo questa batosta che Mourinho decide di reagire e metabolizzare
al meglio l’amara realtà, arrivando alla conclusione che il suo futuro, in
un modo o nell’altro, sarà comunque legato a quel pallone che tanto
ama. Pur continuando a giocare in squadre minori decide di iscriversi
all’Università scegliendo inizialmente Economia e Commercio, ma
trasferendosi quasi subito all’Isef di Lisbona, l’Istituto di educazione
fisica. Dopo pochi anni torna a Setúbal con un diploma in scienze
motorie e inizia ad insegnare educazione fisica in una scuola locale,
dove si occuperà anche di bambini disabili.
Nel 1985 inizia ad inseguire seriamente il suo sogno. Vola in Scozia,
dove segue il corso UEFA di Andy Roxburgh e prende il patentino da
allenatore.
Tornato in Portogallo continua contemporaneamente il suo lavoro di
professore e quello di calciatore, fino al definitivo ritiro nel 1987.
Dopo essere stato un prezioso assistente, più che un giocatore, durante
la sua esperienza al Rio Ave e al Belenenses, subito dopo essersi ritirato
dal calcio giocato inizia ad allenare gli Allievi del Vitória Setúbal, pur
portando avanti il suo impiego come professore di educazione fisica.
L’anno seguente, nel 1988, finalmente viene scelto come vice da João
Alves all’Estrela Amadora. Il club vincerà presto la Coppa di Portogallo
(stagione 1989-1990). Nei successivi due anni fa da assistente al
successore di Alves, Jesualdo Ferreira.
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Nel 1989 si sposa con una ragazza conosciuta ai tempi dell’università,
Matilde “Tami” Faria. La coppia avrà due figli, Matilde jr. “Tita” nel 1996
e José jr. “Zuca” nel 2000.
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1.2 IL TRADUTTORE
Dopo le modeste esperienze come allenatore degli Allievi del Vitória
Setúbal e come assistente tecnico all’Estrella Amadora, finalmente
arriva la grande occasione per Mourinho.
Nel 1992 viene scelto dall’allenatore inglese Sir Bobby Robson per
affiancarlo come traduttore nella sua avventura allo Sporting Lisbona.
Per José, che già mastica discretamente inglese e spagnolo, si rivelerà
l’occasione della vita.
Grazie alla fiducia di un lungimirante Robson Mourinho diverrà in breve
tempo molto più di un affidabile traduttore. L’allenatore inglese,
accortosi del potenziale del ragazzo, gli affiderà sempre più spesso
compiti chiave. Ad esempio lo incaricherà di preparare le partite e
allenare i portieri. Non passa molto tempo prima che Robson decida di
nominarlo suo vice-allenatore.
Nel dicembre del 1993, a causa dei continui scontri tra l’allenatore e la
società, Robson viene esonerato dallo Sporting Lisbona, nonostante il
momentaneo primo posto in Campionato.
Così nel 1994 Mourinho accetta di seguire il suo mentore al Porto, dove
assaporerà, seppur come vice, i primi trionfi di prestigio vincendo in
due anni altrettanti campionati e una coppa di Portogallo.
L’entrata nel calcio che conta arriva un paio d’anni più tardi. Questa
volta è il Barcellona a chiamare e nell’estate del 1996 Mourinho parte
alla volta della Catalogna ormai da fidato braccio destro di Robson.
Nascono proprio durante quell’esperienza le prime conferenze stampa
in cui Mourinho si fa già notare per spigliatezza, spirito critico e un
carattere da non sottovalutare.
Robson, che ormai nutre una stima enorme nei confronti del portoghese,
arriva ad affidargli il Barcellona B, la squadra delle riserve
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blaugrana. Nella loro prima ed unica stagione insieme il Barcellona si
aggiudicherà Coppa del Re, Coppa delle Coppe e Supercoppa Spagnola.
Oltre ad essere eletta squadra dell’anno dall’International Federation
of Football History & Statistics.
Proprio durante i festeggiamenti per la Coppa di Spagna, nel giugno del
1997, un Mourinho visibilmente brillo, si lascerà andare ad
un’esternazione per cui tempo dopo verrà preso di mira dai tifosi
blaugrana. Preso dall’euforia del momento Mourinho urlerà al
microfono: “Oggi, domani e sempre con il Barça nel cuore!”. Anni dopo
saranno proprio i suoi ex tifosi, irritati dal passaggio di Mourinho
all’Inter prima e al Real Madrid poi, a coniare uno dei suoi soprannomi:
Il traduttore.
Chiaramente un nomignolo che porta nuovamente con sé un antico
pregiudizio. Quasi a volergli ricordare che in fondo lui rimarrà sempre
un umile traduttore, un operaio del calcio e che gli allenatori veri sono
e saranno sempre altri.
Nella stagione 1997-1998, Robson fu nominato Direttore Sportivo per
poi separarsi definitivamente dal suo pupillo e tornare ad allenare il
PSV. Robson fu il primo vero maestro di calcio di Mourinho. Da lui lo
Special One dichiarerà di aver imparato molto sia a livello tecnico che
umano.
Mourinho con Robson durante un allenamento alla guida del Porto (1995)
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“A Bobby Robson non interessa studiare, rendere sistematico o
programmare l’allenamento. Lui è un uomo di campo, vuole allenare e
avere contatto diretto con i calciatori. Inoltre è portato al gioco
d’attacco. Il lavoro di Bobby Robson si conentra principalmente sulla
parte finale. Quello è il suo centro di interesse e la sua priorità. In
questo caso ho cercato di fare un passo indietro, ossia, pur
mantenendo la priorità d’attacco, ho cercato di organizzarlo al meglio;
e questa organizzazione deriva direttamente dalla difesa.”1
Dopo l’abbandono di Robson approdò alla corte del Barcellona
l’olandese Luis Van Gaal. Nonostante il nuovo tecnico intendesse il
calcio in maniera estremamente diversa rispetto al suo predecessore
Mourinho non si intestardì, ma anzi, decise di imparare quanto più
possibile in modo da carpire il meglio da entrambe le filosofie di gioco
e continuare la sua crescita professionale.
“Con Van Gaal potevo arrivare allo stadio anche solo mezz’ora prima
dell’allenamento. Non dovevo preoccuparmi di niente, perché il lavoro era
già tutto definito. Sapevo in anticipo ciò che avremmo fatto. Niente era
lasciato al caso, tutto era programmato nei dettagli. A me e agli altri
preparatori atletici restava solo l’allenamento sul campo. Perciò il mio
lavoro migliorò notevolmente in qualità perché, come ho detto, con
Robson non facevo molta pratica come allenatore sul campo.”2
Gli anni catalani saranno fondamentali nella formazione tecnica di
Mourinho. Oltre agli insegnamenti ricevuti dai due maestri Robson e
Van Gaal, il portoghese avrà la possibilità di apprendere e crescere
professionalmente sicuramente grazie al privilegio di poter ammirare e
lavorare con alcuni dei talenti più puri che il calcio moderno ci abbia
regalato. Mostri sacri come Figo, Rivaldo, Guardiola, Kluivert e niente
1 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p. 50
2 Ibidem
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meno che l’astro nascente del calcio mondiale Ronaldo, che di lì a poco
si sarebbe meritato il soprannome di “Fenomeno”.
“Non puoi fare a meno di imparare quando alleni giocatori di quel
calibro. Impari anche sulle relazioni umane. Calciatori di quel livello
non accettano ciò che gli si dice solo per l’autorità della persona che
parla. Dobbiamo mostrare loro di avere ragione.”3
Van Gaal e Mourinho al Barcellona nel 1999
3 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p. 51
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CAPITOLO 2
L’ALLENATORE
Il nome di Mourinho inizia a circolare nell’ambiente e già nel 1999 il
portoghese riceverà le prime offerte per allenare in patria.
Ciononostante è titubante all’idea di lasciare il Barcellona grazie al
quale vive una vita agiata e tranquilla da allenatore in seconda, senza
pressioni né particolari responsabilità.
Ma per come il mondo imparerà presto a conoscerlo Mourinho è un
uomo estremamente ambizioso e il suo ruolo comodo e privilegiato
inizierà ben presto a stargli stretto.
“Mourinho non era felice, quell’ultimo anno (l’ultimo di lavoro con Luis Van
Gaal), né dal punto di vista personale né da quello professionale. In
seguito mi confidò d’essere stato un allenatore frustrato in quel periiodo.
Mi spiegò di essere rimasto in Spagna perché da vice avrebbe guadagnato
più che da primo allenatore in Portogallo. Ma soprattutto rimase al
Barcellona perché riponeva ancora speranze nell’unico trofeo che non
aveva vinto da allenatore in seconda: la Champions League.”4
Nonostante il momento difficile il 16 maggio 2000 Mourinho guida per
la prima volta il Barça, su concessione di Van Gaal, e vince il suo primo
trofeo da allenatore, la Copa Catalunya, battendo in finale il Mataro per
3 reti a 0.
Al termine di una stagione abbastanza negativa Luis Van Gaal lascia il
Barcellona, così come il presidente Josep Nuñez. Sarà la fine di
un’esperienza fondamentale per la carriera e la vita di Mourinho, che
deciderà finalmente di buttarsi in una nuova ed entusiasmante
avventura, quella che in fin dei conti ha sempre sognato.
4 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p. 45
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2.1 IL RITORNO IN PORTOGALLO E LA GAVETTA
(Benfica e União de Leiria)
Conclusasi dopo quattro proficue stagioni l’esperienza col Barcellona
Mourinho torna in Portogallo carico di speranze e fiducioso delle proprie
capacità. Quello che fa ritorno a Setúbal è un José molto diverso da
quello partito pochi anni prima. Consapevole delle conoscenze che il
percorso intrapreso gli ha regalato e tutto sommato tranquillo grazie al
denaro messo da parte.
Ritornato in patria sa che lo aspetterà un periodo di inattività visto che
tutte le panchine sono occupate, ma questo non lo spaventa e saprà
aspettare l’occasione giusta.
“Non ho il minimo timore per il futuro. Ho una grande fiducia in me
stesso e nella mia preparazione. So di poter fare la differenza e di poter
vincere”5
Nell’estate del 2000 Mourinho si ritrova per la prima volta “libero”. Ne
approfitta per tornare dopo tanto tempo a Ferragudo, un villaggio in
Algarve. Finalmente avrà del tempo per sé e per la sua famiglia.
Nonostante la temporanea disoccupazione Mourinho di certo non
passerà un periodo di totale inattività, anzi. Quell’estate nascerà la
cosiddetta Bibbia, una raccolta di appunti tecnici iniziata sin dai tempi
dell’Estrela Amadora.
“Un documento che non dovrà mai essere pubblicato. Niente di più che
la versione scritta delle mie idee messe giù sistematicamente, giorno
per giorno, ora per ora. Se dovessi dargli un titolo, lo chiamerei
‘Evoluzione dei miei metodi di allenamento’.”6
5LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p. 49 6 MODEO S. L’alieno Mourinho. Milano: Isbn Edizioni, 2010
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Nel settembre del 2000 Mourinho è fiducioso di trovare una panchina
tutta per sé. Talmente fiducioso da rifiutare la chiamata del suo primo
mentore Sir Bobby Robson, che lo vorrebbe con lui nella sua nuova
avventura al Newcastle. Ma Mourinho non ha dubbi, non sarà mai più
il secondo di nessuno.
La sua perseveranza viene ben presto premiata. Una sera di metà
settembre il telefono di casa squilla e all’altro capo del telefono c’è un
grande amico di Mourinho, Eládio Paramés, allora direttore dell’ufficio
stampa del Benfica. L’amico gli comunica il prevedibile esonero
dell’allenatore delle aquile, il tedesco Jupp Heynckes e lo fa correre in
fretta e furia a Lisbona, per parlare col presidente del club, Vale e
Azevedo. Da quel colloquio Mourinho ne esce come nuovo allenatore
dello Sport Lisboa e Benfica. A 37 anni corona finalmente il suo sogno
e diventa allenatore di uno dei più antichi e blasonati club del mondo.
José Mourinho diventa quindi il più giovane allenatore portoghese della
storia del Benfica.
Il Benfica preso da Mourinho non vive esattamente un buon momento.
Il club anzi stava attraversando una profonda crisi finanziaria e
sportiva. L’euforia per la nuova opportunità durerà poco lasciando
presto spazio ai dissapori. Il primo disaccordo arriva quando Mourinho
rifiuta Jesualdo Ferreira, suo ex professore all’Isef, che la dirigenza
vorrebbe come suo secondo.
Nonostante tutto sotto la guida di Mourinho la squadra, malgrado gli
elementi non esattamente di prima scelta, dà chiari segni di ripresa,
vincendo anche il derby contro i “cugini”, nonché campioni in carica,
dello Sporting Lisbona, con un rotondo 3 a 0.
L’avventura a Lisbona però non durerà ancora a lungo. Nel novembre
del 2000 infatti, contro ogni aspettativa, João Vale e Azevedo viene
sconfitto nelle elezioni. Così Manuel Vilarinho diventerà il nuovo
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Presidente del Benfica. Questo cambio dirigenziale pregiudicherà
definitivamente la permanenza di Mourinho al Benfica. Vilarinho infatti
aveva promesso in campagna elettorale di portare Toni (ex giocatore
del Benfica) sulla panchina del club. Mourinho, sentendosi minacciato
dalla situazione tenterà di forzare la mano chiedendo un cospicuo
rinnovo di contratto. Vilarinho, che ha le mani legate, è costretto a
rifiutare la richiesta sancendo di fatto in questo modo la fine del legame
con il proprio allenatore.
Il 5 dicembre, dopo sole nove partite, Mourinho si dimette e lascia il
Benfica.
Dopo l’addio al Benfica iniziano a circolare voci che vorrebbero
Mourinho nientemeno che ai rivali dello Sporting. Le voci erano più che
fondate, ma dopo vari scontri interni tra dirigenza e soci il nome di
Mourinho verrà scartato perché non apprezzato dal Presidente Dias da
Cunha e da alcuni soci.
Finalmente a metà aprile del 2001 viene contattato dall’União de Leiria,
una modesta squadra di medio-bassa classifica. Mourinho accetta di
prendere il posto a fine stagione dell’ormai poco gradito Manuel José,
a condizione di potersi liberare senza troppi intoppi in caso lo cercasse
un top club.
A Leiria Mourinho ritrova un giovane preparatore atletico conosciuto ai
tempi del Barcellona, Rui Faria. Il giovane portoghese diventerà suo
braccio destro seguendolo durante tutta la sua carriera.
L’esperienza nell’União de Leiria si rivelerà particolare e molto utile.
Senza grande pressione Mourinho avrà la possibilità di lavorare al
meglio, tanto da ottenere ottimi risultati nei primi mesi di lavoro e
concludere il girone d’andata con un piazzamento strabiliante.
La bravura di Mourinho, come da lui stesso previsto, attirerà ancora
una volta l’interesse di molti club. Persino il Benfica tornerà a farsi sotto
per riaverlo, ma senza successo.
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2.2 LA SVOLTA: O REI DO PORTO
Al termine del girone d’andata del campionato portoghese 2001/2002
Mourinho fu contattato da diversi club, stregati dalla personalità e dalle
qualità dimostrate dall’allenatore nei pochi mesi di lavoro a Leiria.
Alla fine il Futebol Clube do Porto diventerà la sua nuova casa. Decisivo
sarà l’intervento personale e veemente del carismatico Presidente del
Porto, Jorge Nuno Pinto da Costa.
“Dopo difficili ma corrette trattative con la dirigenza della União de
Leiria, José Mourinho non fu solo il nostro prescelto: fu realmente
l’allenatore dell’FC Porto. Perché? Essenzialmente perché era il mio
sogno! Quanti allenatori, basandosi su niente di concreto,
rifiuterebbero un contratto con un grande club per accettare, con una
stretta di mano, il contratto con un altro club chissà quando? Mourinho
mi ha sempre colpito come grande allenatore e, più di questo, come
grande leader.”7
Il 23 gennaio 2002 José Mourinho verrà presentato come nuovo
allenatore del Porto, il club dove otto anni prima era approdato come
assistente di Bobby Robson.
La conferenza stampa, alla quale presenziano le più importanti testate
giornalistiche del paese, farà ovviamente scalpore. Sarà la prima di una
lunga serie di memorabili performance dell’allenatore lusitano.
Mourinho lancerà una vera e propria bomba, scatenando, come nel suo
stile, reazioni e controversie a non finire.
“Non ho il minimo dubbio che il prossimo anno saremo campioni”.8
7 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p.136
8 CUBEIRO J.C., GALLARDO L. Coaching Mourinho (tecniche e strategie vincenti del più grande allenatore del mondo). Milano: Antonio Vallardi Editore, 2012. p.89
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Stagione 2001/2002
All’arrivo di Mourinho il Porto non vince la Liga portoghese da ben tre anni,
cosa abbastanza insolita in un campionato nel quale storicamente erano
sempre le solite tre squadre a spartirsi le vittorie negli anni. La squadra si
trova in sesta posizione e nell’ambiente regna un clima di demotivazione,
rassegnazione e depressione generale.
Come già successo in precedenza Mourinho sarà in grado di risollevare in
men che non si dica il morale e la classifica del club e dei tifosi. Dal suo
arrivo disputerà quindici partite inanelando ottimi risultati (undici vittorie,
due pareggi e due sconfitte) grazie ai quali il Porto chiuderà la stagione al
terzo posto, qualificandosi di diritto all’allora Coppa Uefa.
Stagione 2002/2003
La stagione seguente sarà sensazionale. Come promesso da Mourinho
il Porto si aggiudica il campionato con dei numeri sorprendenti:
ventisette vittorie, cinque pareggi e soltanto due sconfitte, che valgono
il punteggio record di ottantasei punti sui centodue disponibili. Come
se non bastasse i Dragoni conquistano anche la Coppa di Portogallo e,
soprattutto, la Coppa Uefa, vinta a Siviglia dopo aver superato per 3 a
2 il Celtic Glasgow.
In pochi mesi l’uragano Mourinho ha rivoluzionato la sua squadra oltre
ad aver dato una svolta alla propria carriera. Nonostante l’entusiasmo
nessuno avrebbe potuto immaginare che la stagione successiva si
sarebbe rivelata addirittura migliore.
Stagione 2003/2004
La nuova stagione si apre con la conquista della Supercoppa
portoghese, ottenuta grazie alla vittoria per 1 a 0 sull’União de Leiria,
ex squadra di Mourinho.
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La Supercoppa europea verrà invece persa, sempre per 1-0 contro il
Milan campione d’Europa in carica. In maggio il Porto si laureerà
campione di Portogallo per il secondo anno consecutivo. Anche in
questo caso con risultati esaltanti, arriverà alla vittoria del titolo con
un passivo di sole due sconfitte e la conquista aritmetica del titolo con
ben cinque giornate di anticipo.
La ciliegina sulla torta non tarda ad arrivare. Il 26 maggio 2004 il Porto
di José Mourinho vincerà la Champions League, battendo in finale con
un perentorio 3-0 i francesi del Monaco.
“Guardai il cubo elettrico sospeso sopra il campo. Ottanta minuti, 3-0.
Analizzai la partita e sentii la fiducia, la tranquillità, la coesione e la
gioia della squadra. Mi girai verso André Villas-Boas e Rui Faria e dissi:
‘Ecco, siamo campioni d’Europa!’. Poi guardai la panchina e sorrisi agli
altri assistenti, che mi rivolgevano cenni e segnali di vittoria. Era fatta.
Cominciai a pensare a un mucchio di cose, un comportamento che non
avevo mai tenuto prima durante una partita: la strada intrapresa,
un’infanzia piena di sogni, gli ostacoli, i critici, il biasimo, la famiglia, le
convinzioni, gli instancabili tifosi, le minacce che avevo ricevuto il
giorno prima, la storia, l’immortalità. 26 maggio 2004, Gelsenkirchen:
eravamo immortali.”9
Mourinho ha appena portato il Porto sul tetto più alto e ambito
d’Europa, ma qualcosa di surreale si consumerà nelle ore e nelle
settimane seguenti.
Mentre la festa dei Dragoni per la conquista della Champions League
impazza Mourinho sarà letteralmente costretto a scappare. Dichiarerà
successivamente di avere ricevuto minacce di morte dirette alla sua
famiglia e a lui stesso nei giorni precedenti la finale. Nemmeno i giorni
successivi alla clamorosa vittoria saranno molto tranquilli. Mourinho dovrà
per la prima volta assumere delle guardie del corpo per
9 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008.
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proteggere sé stesso e i suoi cari dagli appostamenti, dalle minacce e
addirittura dalle aggressioni fuori della porta di casa. E così José
Mourinho invece di godersi le meritate lodi da fresco vincitore del
torneo calcistico più ambito al mondo, passerà paradossalmente,
insieme alla sua famiglia, delle autentiche settimane di terrore.
Mourinho campione d'Europa col porto nel 2004
Dopo l’inaspettata quanto sorprendente vittoria della Champions
League Mourinho è un allenatore fatto e finito. Mai come prima è
convinto dei suoi mezzi e pronto a nuove sfide. L’addio al Porto, sua
indimenticabile rampa di lancio, è inevitabile.
“I tifosi del Porto sanno chi sono e quello che ci metto e nessuno potrà
cancellare quello che ho fatto per quel club. Rendo omaggio al Porto. È
una società straordinaria, con giocatori fantastici, dirigenti sensazionali ed
è incredibile come i tifosi appoggino la squadra. Devono capire la mia
volontà, il mio desiderio, il mio sogno di raccogliere una nuova
30
sfida. Per me il Porto è una storia meravigliosa, però le storie
finiscono.”10
Mourinho è definitivamente entrato di diritto nell’Olimpo degli
allenatori e c’è la prestigiosa Premier League ad attenderlo.
10 CUBEIRO J.C., GALLARDO L. Coaching Mourinho (tecniche e strategie vincenti del più grande allenatore del mondo). Milano: Antonio Vallardi Editore, 2012. p.91
31
CAPITOLO 3
THE SPECIAL ONE
(Gli anni al Chelsea)
Nelle settimane precedenti alla finale di Champions League Mourinho
viene sommerso di richieste. Tutti lo vogliono nonostante l’epilogo
europeo non sia ancora stato scritto. Il Liverpool fissa un incontro
prima della finale a Manchester, Massimo Moratti lo vorrebbe vedere a
Nizza per portarlo alla sua Inter e persino il Chelsea di Abramovich
mostra interesse per il portoghese.
Mourinho inizialmente si nega, volendosi concentrare sulla stagione
ancora in corso e che sta per entrare nel vivo. Decide di rimandare ogni
discussione e decisione finita la stagione col Porto.
Il Chelsea nel frattempo esonera Claudio Ranieri, uno che negli anni
successivi, quelli italiani, diventerà bersaglio prediletto di Mourinho e
delle sue battute. L’italiano viene, tra le altre cose, ritenuto non
abbastanza “glamour” dal nuovo presidente. Oltre ad essere preso di
mira dalla stampa inglese che lo soprannomina “il primo dei secondi”.
(Claudio Ranieri a onor del vero si rifarà con gli interessi smentendo
tutti, Mourinho compreso. Sarà infatti protagonista di una delle più
belle favole che il calcio ci abbia regalato: l’eroica vittoria della Premier
League del Leicester City Football Club nel 2016.)
A far cambiare idea a Mourinho ci penserà Jorge Mendes, che di lì a
poco sarebbe diventato il procuratore del portoghese. Mendes chiama
Mourinho e lo informa che Roman Abramovich, fresco presidente del
Chelsea, lo vuole incontrare. Stavolta Mourinho, tranquillizzato dal
rapporto di fiducia tra Mendes e il Porto, decide di incontrare il ricco
magnate russo. Dal colloquio nasce la promessa da parte di Mourinho
di dare la precedenza al Chelsea una volta terminata la stagione col
33
Porto. Subito dopo Mourinho informa il suo club dell’intenzione di
lasciare Oporto.
Qualche settimana più tardi Mourinho, fresco campione d’Europa, si
presenta a Monaco dove passerà qualche giorno sul lussuoso yacht di
Abramovich. Ne discenderà da nuovo allenatore del Chelsea.
34
3.1 UN ALLENATORE “SPECIALE”
Dopo il weekend in barca trascorso nel Principato di Monaco, Mourinho
è ufficialmente il nuovo allenatore del Chelsea.
“Please don’t call me arrogant, but I’m European champion, so I’m not
one of the bottle. I think I’m a special one.” (“per favore, non
chiamatemi arrogante, ma sono campione d’Europa e mi considero una
persona speciale”).
Con queste parole il 2 giugno 2004, giorno della sua presentazione
ufficiale, Mourinho si farà conoscere dai media britannici presenti e
dall’intero mondo del calcio.
Da quel giorno per tutti José Mourinho sarà “The Special One”. Un
soprannome che in fin dei conti gli calza a pennello.
Che Mourinho fosse speciale ormai stavano iniziando a capirlo un po’
tutti, ma Abramovich era stato il più veloce e il più convincente.
Roman Abramovich è all’epoca un misterioso oligarca russo. Uno dei
nuovi ricchi generati dalla disgregazione dell’Unione Sovietica e dalla
dubbia distribuzione di patrimoni del Partito. La leggenda narra che un
giorno, sorvolando col suo jet privato Stamford Bridge, lo stadio del
Chelsea, Abramovich abbia deciso di punto in bianco di comprare la
squadra. Ovviamente Abramovich è ambizioso; vuole riportare ai
vertici il suo nuovo club e per farlo vuole il meglio: Mourinho.
35
3.2 TRE STAGIONI INTENSE
(Trionfi, sconfitte e tante polemiche)
Approdato al Chelsea Mourinho è tenuto a confermare quanto di buono
fatto nelle passate stagioni. È stato assunto con un obiettivo ben
preciso, il solito in realtà. È chiamato infatti a compiere l’ennesimo
miracolo. Dopo aver trascinato il Porto alla vittoria della Champions
League niente sembra impossibile, nemmeno riportare il Chelsea a
vincere un campionato dopo cinquanta lunghissimi anni.
A supporto dell’ambizioso obiettivo Mourinho avrà a disposizione un
budget praticamente illimitato, per costruire al meglio la squadra dei
suoi sogni.
Mourinho richiede giocatori “normali”. Ballack, Essien, Carvalho, Cech
e l’unica vera stella Didier Drogba. Dopo una campagna acquisti
sontuosa nelle cifre, ma di sostanza, inizierà la prima stagione del
Chelsea targato Mourinho.
La squadra parte inevitabilmente forte e a novembre è capolista della
Premier. Mourinho, interpellato da un giornalista, profetizzerà: “Penso
che potremo conquistare la Premier League a Bolton, il 30 aprile”. I
giornalisti non avranno nemmeno il tempo di criticarlo e dargli del
presuntuoso. Detto fatto: il 30 aprile, al Reebok Stadium, scoppierà la
festa del Chelsea dopo il 2-0 inflitto al Bolton.
Il Chelsea è campione d’Inghilterra dopo cinquant’anni, il primo e ultimo
titolo precedente risaliva infatti alla stagione 1954/1955. Chiuderà il
campionato con la quota di 95 punti, record assoluto della competizione.
Mourinho diventa istantaneamente l’idolo della tifoseria.
37
Mourinho festeggia la sua prima Premier League col Chelsea nel 2005
Oltre alla trionfale cavalcata in Premier League, Mourinho guida il
Chelsea anche alla conquista della coppa di Lega, la Carling Cup,
battendo 3 a 2 ai supplementari il Liverpool del rivale Rafa Benitez.
L’unica nota dolente della stagione sarà la partecipazione alla
competizione più ambita, la Champions League.
Il 23 febbraio 2005, il giorno in cui si gioca Chelsea-Barcellona, accade
uno dei primi grossi episodi di scontro di cui Mourinho si renderà
partecipe nel corso della sua carriera. Mourinho accuserà infatti
l’arbitro svedese Anders Frisk e l’allenatore del Barcellona Frank
Rijkaard di essersi parlati durante l’intervallo, violando le norme Fifa.
La dichiarazione di Mourinho scatena ovviamente un putiferio.
Nonostante ciò il Chelsea passerà il turno per poi però perdere in
semifinale dal Liverpool.
L’episodio di Barcellona non si chiuderà in maniera positiva per
nessuno. Mourinho verrà squalificato e costretto a pagare una multa,
oltre a crearsi inevitabilmente numerosi nemici nell’UEFA. Sorte ben
38
peggiore toccherà all’arbitro Frisk, che terrorizzato dalle minacce
ricevute dai tifosi del Chelsea deciderà di ritirarsi.
Nonostante tutto Mourinho verrà proclamato a fine stagione miglior
allenatore del mondo dall’IFFHS, l’Istituto Internazionale di Storia e
Statistica del Calcio.
La seconda stagione (2005-2006) vedrà nuovamente la perentoria
conquista della Premier League da parte del Chelsea. Ma ancora una
volta mancherà il trofeo più ambito, la Champions. Sarà il Barcellona
di Rijkaard a vendicarsi dell’anno prima ed eliminare i Blues agli ottavi
di finale. Nonostante vittoria in campionato e la conquista del
Community Shield per il secondo anno consecutivo, qualcosa inizierà
ad incrinarsi nel rapporto tra Mourinho e il suo Presidente. Abramovich
si dimostrerà piuttosto capriccioso e impaziente, iniziando a mettere in
dubbio le reali capacità del suo allenatore, nonché la sua permanenza
alla guida del Chelsea.
La terza stagione sarà praticamente anche l’ultima. Il clima teso creato
dallo stesso Abramovich porterà da subito risultati altalenanti. Il Chelsea
porterà a casa “solo” la Coppa di Lega e quella d’Inghilterra. In Premier
League verrà scalzato dal Manchester United di Sir Alex Ferguson,
interrompendo così l’egemonia dei due anni precedenti.
Sarà come prevedibile la Champions League a rivelarsi per l’ennesima
volta stregata e a dare il colpo di grazia alla già delicata situazione di
sfiducia tra Mourinho e Abramovich. Il Chelsea arriva in semifinale, ma
ancora una volta sarà il Liverpool a negargli la gioia della finale e nel
più crudele dei modi, i calci di rigore.
La quarta stagione al Chelsea dura soltanto pochi mesi. Il tempo della
preparazione estiva e qualche giorno di settembre. Dopo un inizio
stentato Abramovich deciderà che con Mourinho è finita.
Al termine di un incontro tutt’altro che amichevole il portoghese firmerà
le dimissioni, evitanto almeno l’umiliazione dell’esonero. Mesi dopo
39
Mourinho viene sostituito dall’’israeliano Avram Grant. Subito
soprannominato “The Normal One”. L’esonero dello Special One lascerà
per molti strascichi dovuti soprattutto al grande affetto dei tifosi nei
confronti dell’allenatore portoghese.
Lo stesso Mourinho avrà parole dolci per i suoi ormai ex tiifosi: “È stato
un bel periodo della mia carriera. Ringrazio i tifosi per quella che io
credo sia un’eterna storia d’amore”.
Abramovich tenterà un riavvicinamento qualche mese dopo
regalandogli una esclusivissima Ferrari Scaglietti, sogno proibito del
portoghese. Il loro rapporto sarà sempre fatto di alti e bassi che
riporteranno Mourinho a Londra nel 2013 per poi culminare in un
secondo burrascoso esonero nel 2015.
40
3.3 RIVALITÀ INGLESI
(L’uragano Mourinho in Premier)
Se c’è qualcuno a cui Mourinho mancherà molto dopo il suo addio al
Chelsea questi sono i giornalisti inglesi. Nelle sue proficue, quanto
sofferte, stagioni a Londra tutti hanno avuto finalmente modo di
conoscere, scoprire e godersi le famigerate conferenze
stampa/dichiarazioni del mai banale portoghese.
Mourinho non si fa problemi a dire quello che pensa. Affronta a testa
alta chiunque gli si pari davanti. Siano essi giocatori, allenatori,
squadre o chissà cos’altro. La stessa grinta che mette in mostra sul
campo la porta anche in sala stampa.
A farne le spese, durante la sua esperienza inglese, saranno in molti.
Tutto questo per la felicità dei media, che spesso però manterranno un
atteggiamento ipocrita nei confronti dello Special One.
Il bersaglio favorito di Mourinho sarà il francese Arsène Wenger, storico
allenatore dell’Arsenal. La rivalità tra i due club, entrambi londinesi,
basterebbe di per sé a giustificare qualche sano e fisiologico scontro
tra i due allenatori. Ma ovviamente Mourinho, per la gioia di tutti i
giornalisti, non si limiterà a due semplici alterchi.
La querelle più famosa nascerà da una dichiarazione rilasciata da
Wenger successivamente all’eliminazione del Chelsea dalla coppa di
Lega per mano del Bolton. Wenger semplicemente dichiarerà di
percepire la sconfitta del Chelsea come una sorta di indebolimento
emotivo della squadra di Mourinho. La risposta del portoghese non
tarderà ad arrivare, più audace e tagliente che mai.
“Lui (Wenger) è uno di quelli che godono a guardare gli altri: un voyeur.
C’è gente che a casa ha il telescopio per spiare le case altrui. Lui deve
41
pensare a sistemare casa sua, invece di occuparsi degli affari nostri. Il
voyeurismo è una malattia”.11
Questa dichiarazione decisamente sopra le righe di un arrabbiato
Mourinho scatenerà una vera e propria guerra a colpi di conferenze
stampa.
La risposta di Wenger non promette niente di buono: “Quando gli stupidi
hanno successo, a volte diventano ancora più stupidi. Adesso basta, siamo
agli attacchi sul piano personale. Niente a che vedere col calcio. Ho già
incaricato i miei avvocati di studiare un’azione legale”.12
Il botta e risposta tra i due andrà avanti per parecchie giornate. Da una
parte Wenger che sminuisce il lavoro di Mourinho, dall’altra il
portoghese che accusa il collega di occuparsi un po’ troppo degli
interessi del Chelsea. Finirà senza delle vere e proprie scuse da parte
di entrambi. Nel 2013 Mourinho tornerà sulla panchina del Chelsea e ci
vorrà poco tempo per capire che tra i due nulla è cambiato.
Le scintille non mancheranno neanche con il leggendario Sir Alex
Ferguson. Mourinho stima molto l’allenatore scozzese, lo considera un
maestro ed un esempio da seguire. Anche da parte di Ferguson
arriveranno attestati di stima e apprezzamento. Ciò nonostante i due
non mancheranno di beccarsi. Memorabile la discussione a tre nata da
un botta e risposta tra Mourinho e Cristiano Ronaldo, all’epoca
giocatore dei Red Devils, sui rigori assegnati contro la sua squadra.
Dopo un caustico intervento dello Special One sarà il composto Sir Alex
a sbottare: “Mourinho dovrebbe abbottonarsi le labbra e tenere la
bocca chiusa fino alla fine della stagione. Se c’è uno che non può
parlare di arbitri, è proprio lui.”
11 MOLA G. Mou! L’avventura nerazzurra di José Mourinho scudetti, coppe, provocazioni, l’addio.
Firenze: Mauro Pagliai Editore, 2010 12 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p.22
42
Quella con Ferguson nonostante gli scontri sarà una rivalità fortemente
basata sulla stima e sul rispetto reciproco.
Ferguson era solito regalare all’amico-rivale Mourinho una pregiata
bottiglia di vino portoghese da sorseggiare insieme dopo le partite.
Cosa che di certo non vedremo mai fare da un altro grande rivale di
Mourinho, ovvero Rafa Benitez.
I due non andranno mai e poi mai d’accordo. Che sia Inghilterra,
Spagna, Italia o persino Marte. In Inghilterra avvengono le prime
schermaglie, che continueranno anche quando i due lavoreranno in
campionati diversi, segno della profonda incompatibilità e disistima tra
i due. La storia più eclatante e curiosa avviene forse quando il
portoghese è ormai allenatore del Real Madrid, sostituito all’Inter
proprio dall’acerrimo nemico Benitez. Leggenda narra che Benitez,
arrivato al centro tecnico di Appiano Gentile, abbia preteso la rimozione
della foto di Mourinho dallo spogliatoio interista. Insomma, un amore
destinato a non sbocciare mai.
43
4
CAPITOLO 4
L’APPRODO ALL’INTER
Il 20 settembre 2007 José Mourinho formalizza la sua “separazione
consensuale” dal Chelsea. Una decisione senz’altro sofferta, ma ormai
inevitabile.
Lo aspettano nove lunghi mesi da disoccupato. Mourinho decide di
riprendersi dal deludente epilogo londinese tornando a casa, in
Portogallo, nella sua Setúbal. Recupera il tempo perduto, sta in
famiglia, vive la vita di paese di un tempo, quella che tanto ama.
Nel frattempo fa qualche viaggio di aggiornamento in Africa, digitalizza il
suo sacro archivio e, ovviamente, valuta le offerte di lavoro.
Nonostante il burrascorso addio al Chelsea José Mourinho è ormai
considerato un allenatore di prima categoria, un top, come si usa dire
oggi. Le offerte al portoghese quindi non tarderanno ad arrivare.
Una prima proposta gli arriverà dal Valencia, club che all’epoca si trova
ad attraversare una profonda crisi. Mourinho ringrazia, ma rifiuta senza
troppi dubbi.
L’offerta successiva lo interesserà decisamente di più. Mourinho ha
sempre dichiarato di avere l’ambizione di allenare prima o poi nella sua
carriera una Nazionale. Perciò quando si farà avanti l’Inghilterra il
portoghese vacillerà parecchio. Dopo molte riflessioni e ripensamenti
Mourinho decide però di declinare l’offerta.
A questo punto Mourinho scalpita, è impaziente di ritornare a sedere
in panchina. Dichiarerà: “Firmerò per il club che mi vorrà con tutte le
forze”. E così farà.
Massimo Moratti, Presidente dell’Inter dal 1995, corteggia il portoghese
da anni. Da prima del suo approdo al Chelsea. Finalmente il momento
45
di Mourinho all’Inter sta per arrivare. Tutto nasce il 12 marzo 2008
dall’ennesima umiliante eliminazione rimediata dai nerazzurri in
Champions League. Roberto Mancini, allora allenatore dell’Inter, perde
la testa e dopo la sconfitta annuncia le proprie dimissioni nella
conferenza stampa del post partita. Nonostante le minimizzazioni di
Moratti ormai il dado è tratto e il Presidente fissa un primo incontro con
Mourinho. Solo dopo aver vinto lo scudetto e terminato la stagione
avverrà l’appuntamento decisivo, a Parigi.
Sarà la Gazzetta dello sport a immortalare Moratti e un entusiasta
Mourinho per la prima volta insieme e quindi a svelare l’identità del
nuovo allenatore dell’Inter.
Mancini nel frattempo verrà licenziato senza troppi complimenti così
che finalmente il popolo interista potrà acclamare la sua nuova stella,
José Mourinho.
46
4.1 LA PRESENTAZIONE DELLO SPECIAL ONE
Il 3 giugno 2008 Mourinho viene presentato ufficialmente, nella sala
stampa di Appiano Gentile, come nuovo allenatore dell’FC
Internazionale. Una conferenza stampa spettacolare.
Quarantacinque minuti nei quali Mourinho si mostra brillante, sicuro di
sé ed estremamente impaziente per l’avventura che sta per
cominciare.
A stento contiene l’entusiasmo e scalpita parlando e concedendosi a
numerose domande sui più svariati argomenti. Dalla famiglia, al
mercato fino alle sue impressioni sul campionato italiano.
“Sono sicuro che, se lavoriamo bene, i risultati verranno di
conseguenza. Sono felice di essere in Italia, un paese fantastico in
termini calcistici, e ringrazio Moratti e Branca che mi hanno portato
qui”.13
13 CUBEIRO JC, GALLARDO L. Coaching Mourinho. Milano: Antonio Vallardi Editore, 2012 p.91
47
La grinta, la voglia e la serietà di Mourinho sono sotto gli occhi di tutti
sin dal primo istante, per un dettaglio in particolare: parla già in
italiano. Confesserà di studiarlo da un paio di mesi con un professore
dell’ambasciata italiana. Sarà grazie al suo già apprezzabile italiano che
renderà la sua prima conferenza stampa in nerazzurro epica.
All’ennesima domanda di mercato Mourinho tira fuori dal cilindro una
risposta straordinaria: “Tu parli dei giocatori del Chelsea, ma io non
rispondo. Perché non sono un pirla.”
Nessuno poteva aspettarsi una replica del genere. La sala stampa esplode
inevitabilmente in una risata spontanea che si trasforma poi in un
applauso più che meritato. Il portoghese ha già conquistato tutti.
48
4.2 NOI CONTRO TUTTI
(Il Metodo Mourinho)
“Una tribù si definisce come un gruppo di persone che condividono una
lingua, costumi, credenze e un territorio propri. Ogni tribù ha un capo
con l’autorità per governarla. Nel caso di una squadra di calcio, il capo
della tribù è Mourinho. Di che magia dispone, per far sì che tutti i suoi
giocatori si arrendano di fronte a lui? Qual è il suo obiettivo?
Semplicemente, sconfiggere le tribù avversarie.”
In quattro campionati diversi, in quattro paesi europei diversi, in
quattro lingue diverse, José Mourinho è riuscito a soddisfare i requisiti
basilari per guidare una tribù, che nel suo caso è una grande squadra
di calcio.
Innanzitutto Mourinho è un guerriero al servizio della sua società.
Come un Robin Hood contemporaneo combatte a spada tratta per
difenderla, proteggerla e farla trionfare, a costo di subire pesanti
critiche e di risultare antipatico. Con lui ti senti intoccabile. È
particolarmente calzante su questa capacità di Mourinho una
dichiarazione di Arrigo Sacchi, geniale allenatore del Milan: “Mourinho
è il leader indiscutibile del gruppo, il parafulmine e il catalizzatore, il
gestore e il creatore. È un fenomeno degno di essere studiato, un
esemplare unico di cui non esistono cloni.”
Non è un caso che in ogni squadra che abbia allenato Mourinho sia
riuscito a creare una sorta di esercito, fatto di giocatori, tifosi,
presidenti e dirigenti, tutti pronti a combattere per lui, a schierarsi al
suo fianco. Come è possibile tutto ciò? Semplicemente Mourinho è un
vero leader. Carismatico, autorevole, ma mai autoritario.
Fra le migliori qualità di Mourinho come allenatore vi è senza dubbio la
capacità di “fare gruppo”. Mentre altri allenatori puntano sulle
49
individualità, il portoghese privilegerà sempre il gruppo, senza
distinzioni né preferenze.
La squadra viene prima di tutto: “Ciò che rende forte una squadra è
poter giocare da squadra. Per me, è tutto molto chiaro. La miglior
squadra possibile non è quella che ha i migliori giocatori, ma quella che
gioca da squadra. Guarderò tutti i miei giocatori allo stesso modo,
perché i trofei li vincono le squadre”.
Così si crea un gruppo autentico: attraverso una visione condivisa. Questo
fa nascere la convinzione che l’obiettivo possa essere raggiunto soltanto
tramite l’unione. Così il tuo compagno diventa come un fratello e il tuo
allenatore come un condottiero, da seguire ad ogni costo.
A conferma di tutto ciò ci sono le innumerevoli dichiarazioni di giocatori
e non solo.
Zlatan Ibrahimovic, ad esempio, uno che di certo non le ha mai
mandate a dire a nessuno, nutrirà da subito una sconfinata fiducia nei
confronti di Mourinho. Dalle parole di Ibra si intende perfettamente il
sentimento condiviso da chi viene a contatto con José Mourinho.
“Io non l’avevo ancora incontrato, ma lui già era riuscito a stupirmi, mi
aveva legato a lui già prima che ci conoscessimo. Ed era destinato a
diventare una persona per la quale, più o meno, sarei stato disposto a
morire.”14
“Già durante gli Europei mi avvisarono che Mourinho mi avrebbe
telefonato a breve e io pensai: ‘Dio, è successo qualcosa?’. E invece voleva
solo parlarmi. Dire: ‘Che bello che lavoreremo insieme, non vedo l’ora di
conoscerti’, niente di strano insomma, se non che lui parlava in italiano.
Non lo capivo, cazzo. Mourinho non aveva mai allenato un club italiano
eppure parlava la lingua meglio di me. Se l’era imparata in un niente, in
tipo tre settimane, e io non riuscivo a seguirlo,
14 LAGERCRANTZ D. Io, Ibra. Milano: RCS Libri S.p.A., 2011
50
dovemmo passare all’inglese. Mi resi subito conto che lui è uno che si
interessa davvero, non fa le solite domande di circostanza solo perché
deve. Aveva uno scopo, voleva incoraggiare. Creare lealtà. Mi piacque
immediatamente, scattò subito una scintilla. Ci capivamo e mi dissi:
quest’uomo è uno che lavora duro. Si fa il culo il doppio degli altri.
Segue il calcio ventiquattr’ore al giorno e fa le sue analisi. Mourinho
sapeva tutto. Avevi la sensazione immediata che lui avesse il controllo
totale”.15
“Quando lo incontrai per la prima volta rimasi stupito. Era piuttosto
basso, con le spalle strette, e sembrava piccolo vicino ai giocatori.
Eppure intorno a lui l’aria vibrava. Metteva in riga chiunque, e poi non
gridava. Tanto la gente ascoltava comunque”.16
“Prima delle partite ci dava forza, fiducia. Ogni volta era come una
recita, un gioco psicologico. Picchiava il pugno contro il palmo della
mano, poi tirava un calcio alla lavagnetta facendola volare via per la
stanza, e noi avevamo così tanta di quell’adrenalina in corpo che
andavamo fuori disposti a tutto. Aveva questa qualità, dopo averlo
ascoltato avresti voluto uccidere per lui”. 17
Il metodo Mourinho consiste in questo: lealtà reciproca, fiducia e duro
lavoro.
15 LAGERCRANTZ D. Io, Ibra. Milano: RCS Libri S.p.A., 2011
16 Ibidem
17 Ibidem
51
2
4.3 IL RUMORE DEI NEMICI E LA PROSTITUZIONE
INTELLETTUALE
“Se non hai nemici vuol dire che la fortuna si è dimenticata di te.”
(Thomas Fuller)
Avere un nemico può spingerti a migliorare. Un nemico permette di
sentirsi parte di un gruppo, dà identità, motiva. Attraverso
l’identificazione di un nemico Mourinho riesce a costituire una fonte di
motivazione supplementare.
Ovunque abbia allenato ha utilizzato questo richiamo al nemico per
rafforzare in qualche modo la propria identità e rivendicare sé stesso
di fronte al rivale. Questo metodo ha rappresentato una efficace
costante all’interno di ogni suo percorso.
Tutto ciò ha innegabilmente un che di ultras. Mourinho può essere
considerato in qualche modo un “hooligan’”? Probabilmente sì.
“Voi esistete in quanto noi vi odiamo”
Possiamo in questo caso fare riferimento alla teoria di Benedict
Anderson, sociologo irlandese che negli anni ottanta ha coniato
l’espressione comunità immaginata.
“Secondo la teoria di Anderson, una comunità immaginata si distingue da
una comunità effettiva perché non si fonda su relazioni personali dirette,
faccia a faccia, fra i suoi appartenenti. Le tifoserie si percepiscono come
una comunità che presenta allo stesso tempo i tratti propri della comunità
immaginata e caratteristiche che sono invece tipiche di gruppi in cui
prevalgono relazioni faccia a faccia. I tifosi tendono a riconoscersi anche
in assenza di contatti personali. In quanto juventini, interisti o romanisti
si appartiene a una comunità di affini. La
53
comunità immaginata eredita e riproduce un complesso sistema di
relazioni sociali basate sull’opposizione fondamentale amico-nemico”.18
I nemici di Mourinho sono gli stessi della sua Società. In quanto
avversari essi sono nemici naturali. Questi nemici non spaventano
affatto il portoghese, che anzi trae vantaggio e linfa vitale dallo scontro
con essi.
“Qui (in Italia) ci sono molte cose che mi piacciono, e una di queste
l’ho sentita negli ultimi giorni, ed è il rumore dei nemici. Ho espresso
un’opinione e subito, vrrr, vrrr!, il rumore dei nemici. Mi piace avere
dei nemici, è una cosa che mi piace perché, anche se rende le cose più
difficili, io sono molto più motivato per l’inizio della stagione”.19
E di nemici Mourinho ne avrà tanti, ovunque vada. Durante le sue due
stagioni all’Inter ne collezionerà di ogni genere. Allenatori, giocatori,
dirigenti, presidenti, arbitri e ultimi ma non meno importanti,
giornalisti.
La conferenza stampa diventerà per Mourinho terreno di battaglia quasi
quanto il prato di San Siro. Mourinho è un gran provocatore in grado di
divertire o far arrabbiare chi lo ascolta, a suo piacimento. È capace di
utilizzare i media per dire quello che serve in ogni momento. Sono rari i
casi in cui lo vedremo davvero perdere la pazienza ed uscire quindi dal
suo personaggio. Sì, a detta di tanti Mourinho al di fuori del calcio
è una persona totalmente diversa. Un uomo sensibile, generoso e
riservato. Mourinho ha imparato a giocare le partite a cominciare dalla
conferenza stampa costruendosi un personaggio che sicuramente non
fa polemica tanto per, ma che spesso la costruisce, la fomenta e la
utilizza per motivare sé stesso e i suoi.
Di solito Mourinho inizia le conferenze stampa calmo e con poca voglia di
parlare. Usa risposte brevi, a volte sono monosillabi. Tutto calcolato.
18 PORRO N. Sociologia del calcio. Roma: Carocci Editore, 2008
19 CUBEIRO JC, GALLARDO L. Coaching Mourinho. Milano: Antonio Vallardi Editore, 2012. p. 121
54
Come un buon diesel si riscalda col passare dei minuti per arrivare dove
vuole quando vuole.
Innumerevoli saranno i battibecchi e le scaramucce con i vari nemici.
Alcuni a tratti comici e scherzosi, in cui lo Special One metterà in
mostra tutta la sua ironia.
Il primo nemico italiano di Mourinho sarà Claudio Ranieri, che in realtà
veramente nemico non lo sarà mai. I battibecchi tra i due risultano
perlopiù buffi.
“Io sono il contrario di Mourinho, non ho bisogno di vincere per essere
sicuro di quello che faccio.”
“Ranieri ha detto che non ha bisogno di vincere. Forse è per questa
mentalità che a quasi settant’anni ha vinto solo una Supercoppa.”
[Ranieri all’epoca di anni ne ha meno di sessanta]
Oppure il simpatico siparietto nei confronti dell’amministratore
delegato del Catania Pietro Lo Monaco. Al siciliano, che dopo Inter-
Catania attaccherà duramente il portoghese, Mourinho risponde così:
“Monaco? Io conosco Bayern Monaco, Monaco di Montecarlo, monaco
del Tibet, il Gran Premio di Monaco. Se questo Lo Monaco vuole farsi
pubblicità parlando di me deve pagarmi, come fanno i miei sponsor”.
Sfortunatamente ci saranno anche tante conferenze e dichiarazioni
dure e cariche di amarezza e frustrazione.
Storica sarà la conferenza stampa in cui lo Special One parlerà per la
prima volta della ormai celeberrima Prostituzione intellettuale. Sette
minuti di monologo in cui Mourinho si lamenterà della disparità di
trattamento ricevuta dalla sua squadra da parte della stampa rispetto
alle altre big che chiuderanno il campionato con Zero tituli.
55
“A me non piace la prostituzione intellettuale, a me piace l’onestà
intellettuale. Mi sembra che negli ultimi giorni ci sia stata una
grandissima manipolazione intellettuale, un grande lavoro organizzato
per cambiare l’opinione pubblica per un mondo che non è il mio. Negli
ultimi due giorni non si è parlato della Roma che ha grandissimi
giocatori, ma che finirà la stagione con zero titoli. Non si è parlato del
Milan che ha undici punti meno di noi e chiuderà la stagione con zero
titoli. Non si è parlato della Juve che ha conquistato tanti punti con
errori arbitrali. Io sono andato davanti alle telecamere per dire che la
mia squadra ha vinto a Siena con un errore dell’arbitro. Io ho un
contratto con l’Inter e l’Inter ha un contratto con i media. Io parlo con
la stampa perché sono obbligato. Spalletti invece parla prima della
partita, durante l’intervallo e dopo la partita. È amico di tutti. È
primetime. Io non sono così. Io non manipolo l’opinione pubblica.”20
A seguito di questo sfogo Mourinho verrà deferito dal procuratore
federale Stefano Palazzi. Sarà inoltre costretto a pagare una multa di
diecimila euro.
Altra grande polemica nascerà da una profonda e amara riflessione di
Mourinho sul calcio italiano.
“Io ho sentito in questi giorni un’espressione nuova per me e per il mio
italiano: dobbiamo abbassare i toni, abbassiamo i toni. Non parliamo di
niente e mettiamo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. È stato così
che voi italiani avete costruito una storia che a me come professionista di
calcio e come persona ha fatto provare una vergogna incredibile. In quel
momento lavoravo in Portogallo, ma mi ha fatto vergognare di dare da
mangiare alla mia famiglia col calcio. Voi tutti,
20 GASPORT. Mourinho ne ha per tutti “Prostituzione intellettuale”. Gazzetta.it [online] 03/03/2009.
Indirizzo: http://www.gazzetta.it/Calcio/Primo_Piano/2009/03/03/mourinho.shtml
56
col vostro silenzio avete costruito Calciopoli. Dico ancora una cosa. Io
sono arrivato in Italia onesto e ne uscirò altrettanto.”21
Ovviamente queste parole del portoghese scateneranno un putiferio,
oltre ad un’ipocrita indignazione generale. La dirigenza della Juventus
pretenderà le scuse del portoghese ma anche e soprattutto da parte
della società. Scuse di circostanza, perché chiaramente l’Inter sostiene
il suo condottiero, José Mourinho.
Mourinho fa il mitico gesto di protesta delle manette durante Inter-Sampdoria (22 febbraio 2010)
21 SPORTMEDIASET [online] 25/02/2010. Indirizzo: http://www.sportmediaset.mediaset.it/calcio/calcio/articoli/30223/-in-silenzio-costruiste-calciopoli-
.shtml
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4.4 LA FAVOLA NERAZZURRA
L’avventura di José Mourinho all’Inter comincia ufficialmente nel
pomeriggio del 3 marzo 2008, quando il portoghese si presenta
all’Italia intera sfoggiando il suo italiano carico di ironia e allo stesso
tempo di idee estremamente chiare.
L’obiettivo è uno soltanto e di certo Mourinho non si fa problemi a
dichiararlo: la Champions League. “La Champions è il sogno di tutti. Io la
reputo la competizione dei dettagli, quelli fanno la differenza. Dico solo
che nelle Coppe le mie squadre hanno sempre fatto bene”.22
Stagione 2008/2009
La prima stagione di Mourinho all’Inter inizia nel migliore dei modi. Il
25 agosto 2008 vince il suo primo titolo nerazzurro, la Supercoppa
italiana, battendo la Roma di Luciano Spalletti ai calci di rigore. Grazie
a questa vittoria diventerà il primo allenatore ad aver vinto le
Supercoppe di tre paesi diversi: Portogallo, Inghilterra e Italia.
La squadra chiuderà il girone d’andata con 41 punti, stabilendo un
record. Ma se da una parte, polemiche a parte, il campionato va a
gonfie vele, dall’altra la squadra si troverà per l’ennesima volta fuori
dalla massima competizione Europea solo in primavera. Dopo l’amara
eliminazione subita agli ottavi di finale per mano del Manchester United
Mourinho tornerà al lavoro per concetrarsi sull’obiettivo restante, lo
scudetto.
22 MOLA G. Mou! L’avventura nerazzurra di José Mourinho scudetti, coppe, provocazioni, l’addio.
Firenze: Mauro Pagliai Editore, 2010
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Il 17 maggio 2009 l’Inter batte a San Siro il Siena 3-0, conquistando
così lo scudetto con due giornate d’anticipo. In realtà la quadra di
Mourinho non avrà nemmeno bisogno di scendere in campo. La
certezza matematica del titolo era arrivata la sera prima grazie alla
sconfitta patita dal Milan contro l’Udinese.
Mourinho è entusiasta e dichiara: “Il campionato è una maratona e per
vincerlo siamo stati dei mostri a livello psicologico. In campionato alla
fine vince sempre il migliore. E noi lo siamo stati”.
Nonostante i rumour che si erano insinuati durante il corso della
stagione riguardanti il prepotente interessamento del Real Madrid allo
Special One, il 25 maggio, vinto il titolo nazionale, Mourinho rinnoverà
il suo contratto con l’Inter fino al 2012.
Se l’estate del 2010 verrà ricordata dagli interisti come quella più
esaltante e indimenticabile, grazie alla conquista dell’ambito Triplete,
una menzione d’onore va per forza concessa anche all’estate
precedente, quella del 2009, che ha visto la costruzione e la nascita
della squadra che di lì a breve sarebbe diventata “Campione di tutto”.
Dal Genoa, senza eccessivo entusiasmo da parte di molti tifosi, arriverà il
tandem composto dal bomber Diego Milito e dall’intelligente
centrocampista Thiago Motta. Trasferimento che rischierà di naufragare a
causa di problemi con il Presodente genoano Preziosi. Dal Bayern Monaco
arriva l’esperto centrale di difesa brasiliano Lucio, che affiancherà
egregiamente il Muro interista Walter Samuel. Verso la fine del mercato
verrà acquistato dal Real Madrid l’olandese Wesley Sneijder. Ma il vero
colpo di mercato sarà la cessione monstre di Zlatan Ibrahimovic al
Barcellona. Il club catalano pagherà all’Inter 46 milioni di euro più la
cessione del camerunense Samuel Eto’o, valutato 20 milioni. Col senno di
poi si rivelerà un affare d’oro.
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Stagione 2009/2010
La seconda stagione è quella dei sogni, ma ancora nessuno può
immaginare quanto lo diventerà. Nonostante la grande motivazione del
tecnico e della squadra, la stagione parte con una sconfitta. Sarà infatti la
Lazio ad aggiudicarsi la Supercoppa italiana, battendo i Campioni d’Italia
2-1. Anche il Campionato non parte col piede giusto e contro il Bari i
nerazzurri si dovranno accontentare di un deludente pareggio. La svolta
arriva solo una settimana più tardi. L’Inter stravince il derby distruggendo
il Milan per 4 reti a 0. Nel frattempo l’Inter fatica ad ingranare in
Champions League, incappando in una problematica serie di pareggi. Alla
fine si qualificherà seconda nel proprio girone, dietro al temibile
Barcellona. Agli ottavi di finale incontra ed elimina il Chelsea. Nei quarti
trova l’abbordabile Cska Mosca e vola in semifinale. Ancora una volta c’è
il Barcellona ad attendere gli uomini di Mourinho.
Le fatiche della Champions si fanno sentire e la squadra in Campionato
si fa piano piano rimontare dalla Roma. Un pareggio in casa della
Fiorentina sancirà il sorpasso dei giallorossi.
Il 20 aprile 2010 San Siro sarà teatro di una sfida epica. L’Inter schianta
3-1 i marziani del Barcellona di Pep Guardiola. Una settimana più tardi
arriva la più dolce delle sconfitte. Dopo una partita eroica, giocata in
10 per più di un’ora a causa dell’ingiusta espulsione di Thiago Motta,
l’Inter annienta la “Remuntada” catalana, elimina l’invincibile
Barcellona e vola in finale di Champions League.
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4.5 TRIPLETE E ADDIO
All’inizio del maggio 2010 l’Inter si trova in una sorta di limbo. È in
corsa per tutto, ma può quindi potenzialmente ancora perdere tutto. Il
vantaggio sulla Roma seconda in classifica è di soli 2 punti e ci sono
due finali all’orizzonte. Quella di Coppa Italia e il sogno di una vita, la
tanto agognata Champions League.
Detta così potrebbe sembrare un clima pesante, ma dal ricordo di chi
scrive non lo era affatto. C’era piuttosto una strana consapevolezza,
come se tutto sembrasse finalmente scritto e nulla potesse andare
storto. L’Inter sembrava avvolta da un’aura di intoccabilità.
5 maggio 2010 - Coppa Italia (Stadio Olimpico, Roma)
Il destino spesso è beffardo e vuole che la prima finale, quella di Coppa
Italia si disputi in una data fino ad allora odiosa ed insopportabile per ogni
interista. Il 5 maggio. Ci penserà Diego Milito a spazzare via col suo gol
vittoria i dolorosi ricordi. L’Inter si aggiudica la Coppa nazionale, per la
sesta volta, battendo una fallosissima Roma.
16 maggio 2010 – Campionato di Serie A (Stadio Artemio Franchi,
Siena)
Il Campionato si chiude, per fortuna, senza sorprese. Dopo un primo
tempo di ansie e timori, i nerazzurri battono il Siena 1-0, ancora una
volta grazie a Milito. È il quinto scudetto consecutivo, il diciottesimo
della storia e il secondo consecutivo per Mourinho.
22 maggio 2010 – Champions League (Stadio Santiago Bernabeu,
Madrid)
“Per noi la Champions è un sogno, non un’ossessione”. Questo è il
mantra che José Mourinho ripete senza sosta nei giorni antecedenti la
finale della Coppa più prestigiosa.
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Sarà una finale senza storia. Il Principe Milito nella notte di Madrid
diventerà Re. La sua doppietta regalerà all’Inter la gioia più grande.
Dopo 45 anni l’Inter torna a vincere la Champions League.
L'Inter è Campione d'Europa (22 maggio 2010)
L’addio del Vate di Setúbal
Durante buona parte del 2010 si rincorreranno a più riprese le stesse voci.
Quelle del pressing del Real Madrid su Mourinho. Florentino Perez,
presidente delle Merengues, vuole il portoghese con tutte le sue forze ed
è disposto a tutto pur di strapparlo all’Inter a fine stagione. Mourinho
d’altra parte è ovviamente lusingato dalla corte del club più importante
del mondo. E poi è stufo dell’Italia, del calcio italiano e di tutte le sue
contraddizioni. Deciderà di andarsene perché in Italia si sente ormai
davvero a disagio, perché non si sente libero di esprimersi senza essere
attaccato, pregiudicato e demolito ogni domenica.
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Nella notte di Madrid ci saranno tante lacrime. La maggior parte di esse
saranno di pura gioia, ma altre saranno amare lacrime d’addio.
Mourinho si mostrerà più umano che mai. È un Mourinho sovrastato
dalle emozioni quello che abbraccia il suo Presidente con tutte le sue
forze, esulta con tutti, solleva la Coppa e si concede infine un solitario
giro di campo per salutare i suoi tifosi. Perché Mourinho già sa da
tempo che quello sarà un addio. Diversamente dal resto della squadra
non tornerà a Milano per gli indimenticabili festeggiamenti nell’alba
nascente di San Siro. Fuori dallo stadio lo aspetta il suo futuro, l’auto
del Real Madrid. Mourinho ci sale, ma subito la fa fermare. Sceso
dall’auto torna indietro da Marco Materazzi e lo abbraccia a lungo, in
lacrime.
Il 28 maggio 2010, dopo giorni di speranze, trattative e qualche
dissapore, Mourinho diventa ufficialmente allenatore del Real Madrid.
“È una gioia incredibile. Ringrazio tutti e non dimentico nessuno, dal
magazziniere al Presidente. L’Inter resterà la mia casa. Quando tornerò
a San Siro, tornerò nella mia casa e piangerò”.
Figura 1José Mourinho saluta i tifosi interisti dopo la vittoria della Champions League (22 maggio 2010)
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CONCLUSIONI
L’avventura del viandante José Mourinho non termina di certo nella
notte di Madrid. Lo attendono infatti tre travagliate stagioni nella
capitale spagnola alla guida del Real Madrid. Ritorna poi al Chelsea
dopo sei anni di assenza, ma viene esonerato al principio della terza
stagione. Dal maggio 2016 è alla guida del Manchester United. Nelle
sue esperienze post Triplete ha già collezionato vari titoli: Una Liga
spagnola, una Copa del Rey e una Supercoppa spagnola con il Real
Madrid. Una Premier League e una Coppa di Lega inglese con il Chelsea.
Infine una Community Shield, una Coppa di Lega e una UEFA Europa
League con il Manchester United.
Più che di Mourinho il fenomeno, sarebbe giusto parlare del Fenomeno
Mourinho. Quello che ha contagiato l’ambiente calcistico e non solo.
Mourinho è stato in grado di spaccare in due l’opinione pubblica. Ha
diviso trasversalmente le tifoserie, spiazzato gli addetti ai lavori e
creato scompiglio in ogni luogo dove abbia messo piede. Più di ogni
altra cosa ha dato da scrivere e da parlare a tutti noi. Col suo modo di
fare spregiudicato, irriverente e mai banale si è fatto amare ed odiare,
di certo non ignorare.
Il suo metodo comunicativo è diventato fonte di studi. Gli è stata
dedicata una quantità inenarrabile di materiale: libri, articoli,
documentari e persino un numero di Topolino. È stato, è e sarà un divo
extracalcistico in grado di riempire pagine, discussioni e tanto altro
anche solo con un suo silenzio.
Chi è davvero José Mourinho?
Mourinho è stato, negli anni, paragonato, accostato ed erto ad
un’infinità di figure di ogni genere, epoca e provenienza. Gloriosi
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condottieri, filosofi e pensatori di ogni tempo, leader politici e celebri
ribelli; figure letterarie ed avvenenti attori in carne ed ossa.
“Culmine dell’esercizio analogico, soprattutto a scopo di irrisione, è la
metafora cristologica, alimentata dallo stesso Mourinho in più occasioni
(“nemmeno Gesù piaceva a tutti”) e qualche volta sviluppata nella sua
variante messianica portoghese, la credenza “sebastianista”. Il
riferimento è al Re Sebastiano, caduto nel 1578, a soli 24 anni, nella
battaglia di Alcazarquivir contro il Re del Marocco, ma senza testimoni
e senza che si ritrovasse il cadavere, e poi assurto a presenza salvifica.
E oggi, va da sé, per molti “il re che tornerà in un mattino brumoso” è
proprio lui, José Mourinho.”23
In definitiva, Mourinho ha cambiato il calcio e la comunicazione
attraverso un semplice meccanismo. Ha dato due possibilità ad ognuno
di noi: quella di amarlo fino a rasentare la mitizzazione e l’idolatria
oppure quella di disprezzarlo e prenderne le distanze.
L’unica possibilità che Mourinho ha negato a tutti è quella di ignorarlo.
23 MODEO S. L’alieno Mourinho. Milano: Isbn Edizioni, 2010.
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BIBLIOGRAFIA
Opere
LOURENÇO L. Mourinho: la biografia ufficiale dello Special One. Milano:
Arnoldo Mondadori Editore, 2008.
MODEO S. L’alieno Mourinho. Milano: Isbn Edizioni, 2010.
CUBEIRO J.C., GALLARDO L. Coaching Mourinho: tecniche e strategie
vincenti del più grande allenatore del mondo. Milano: Antonio Vallardi
Editore, 2012.
MOLA G. Mou! L’avventura nerazzurra di José Mourinho. Scudetti,
coppe, provocazioni, l’addio. Firenze: Mauro Pagliai Editore, 2010.
MASTROLILLI F. Mourinho immaginario. Una educazione sentimentale.
Milano: Limina, 2010.
COLLETTIVO BAÜSCIA 2 Triplete, ovvero la prostituzione intellettuale
non di ferma mai. Milano: Ugo Mursia Editore, 2010.
LAGERCRANTZ D., IBRAHIMOVIĆ Z. Io, Ibra. Milano: Rizzoli Editore,
2011
PORRO N. Sociologia del calcio. Roma: Carocci Editore, 2008.
OLIVEIRA B. Mourinho, questione di metodo. Tropea Editore, 2009.ù
RIOTTA G. Javier Zanetti, giocare da uomo. Milano: Mondadori
Editore, 2013
STANKOVIĆ D. Fortissimamente io. Milano: Mondadori Editore, 2010
Pagine web
José Mourinho [online] In: Wikipedia l’enciclopedia libera. Disponibile
all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Jos%C3%A9_Mourinho
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Inter [online] Disponibile all’indirizzo http://www.inter.it/it/hp
Gazzetta.it [online] Disponibile all’indirizzo http://www.gazzetta.it/
Sportmediaset [online] Disponibile all’indirizzo
http://www.sportmediaset.mediaset.it/
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RINGRAZIAMENTI
Sono tante le persone che vorrei ringraziare oggi.
Persone che in un modo o nell’altro, anche senza saperlo, hanno
contribuito al raggiungimento di questo traguardo.
Persone che mi hanno sostenuto ogni giorno, spronato a dare il meglio
o che semplicemente ci sono state nei momenti belli e in quelli meno
belli.
Comincio col ringraziare il mio relatore, prof. Ivan Berni, per avermi
consigliato e permesso di trattare un argomento tanto affine ai miei
interessi personali.
Ringrazio i miei compagni di avventura, diventati amici: Alexia, la
Cuggi, Lalla, Ele e Fede. Che dire? Senza di voi quest’esperienza non
sarebbe stata la stessa. Vi ringrazio per le risate, gli scherzi, le ore di
studio disperato, gli scleri e sì, vi ringrazio anche per gli appunti!
Ringrazio Federica, l’amica migliore che potessi desiderare. La mia
casa. La mia persona. Il mio Tom.
Ringrazio le amiche di una vita: Elliot e Basil. Sempre al mio fianco,
perché il TDM non si può dividere, mai.
Ringrazio Silvia, la mia Scemma che riesce sempre a farmi sentire
meno ansiosa di lei.
Ringrazio Emilie, la mia Rafi. Per la nostra pazza amicizia nata nella
culla.
Ringrazio “gli amici dello stadio”: Ale, Gloria, Roccia e Vez. Compagni
di tante vittorie e sconfitte, la stessa passione per i colori del Cielo e
della Notte.
Ringrazio Fabrizio, il fratello che ho scelto di avere.
Infine il Grazie più grande va a mia Madre e mio Padre, i miei
genitori, la mia Famiglia.
Grazie per aver creduto in me sempre e comunque, anche quando
probabilmente non lo meritavo affatto.
Grazie, di cuore.