la comunicazione nel calcio moderno: il fenomeno …...setúbal, una cittadina del portogallo che...

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A mia nonna Vittoria LA COMUNICAZIONE NEL CALCIO MODERNO: IL FENOMENO MOURINHO INDICE Pagina 7 – Introduzione Pagina 11 – Capitolo 1: Le origini 1.1 Dal campo alla panchina 1.2 Il traduttore Pagina 21 – Capitolo 2: L’allenatore 2.1 Il ritorno in Portogallo e la gavetta 2.2 La svolta: O rei do Porto Pagina 33 – Capitolo 3: The Special One (gli anni al Chelsea) 3.1 Un allenatore “Speciale” 3.2 Tre stagioni intense (trionfi, sconfitte e polemiche) 3.3 Rivalità inglesi (l’uragano Mourinho in Premier) Pagina 45 – Capitolo 4: L’approdo all’Inter 4.1 La presentazione dello Special One 4.2 Noi contro tutti: il metodo Mourinho 4.3 Il rumore dei nemici e la prostituzione intellettuale

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A mia nonna Vittoria

LA COMUNICAZIONE NEL CALCIO MODERNO:

IL FENOMENO MOURINHO

INDICE

• Pagina 7 – Introduzione

• Pagina 11 – Capitolo 1: Le origini

1.1 Dal campo alla panchina

1.2 Il traduttore

• Pagina 21 – Capitolo 2: L’allenatore

2.1 Il ritorno in Portogallo e la gavetta

2.2 La svolta: O rei do Porto

• Pagina 33 – Capitolo 3: The Special One (gli anni al Chelsea)

3.1 Un allenatore “Speciale”

3.2 Tre stagioni intense (trionfi, sconfitte e polemiche)

3.3 Rivalità inglesi (l’uragano Mourinho in Premier)

• Pagina 45 – Capitolo 4: L’approdo all’Inter

4.1 La presentazione dello Special One

4.2 Noi contro tutti: il metodo Mourinho

4.3 Il rumore dei nemici e la prostituzione intellettuale

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4.4 La favola nerazzurra

4.5 Triplete e addio

• Pagina 67 – Conclusioni

• Pagina 69 – Bibliografia

• Ringraziamenti

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INTRODUZIONE

Perché una tesi su Mourinho?

Prima di tutto per il più ovvio dei motivi, la stima e la gratitudine eterna

che non posso che nutrire nei confronti dell’allenatore che ha portato i

colori che amo sul tetto del mondo.

Cosa è stato e cosa rappresenterà per sempre Mourinho nel cuore di

un interista? Difficile da spiegare. Sicuramente è stato molto più di un

allenatore.

A sentire i suoi giocatori è stato allenatore, manager, psicologo, padre,

fratello, amico e persino giardiniere. Probabilmente è stato il

condottiero che ha guidato, come nessun altro avrebbe saputo fare, la

squadra all’impresa di una vita.

Il motivo fondamentale per cui ho deciso di dedicare la mia tesi di

laurea a questo particolare argomento è invece estremamente

pertinente al mio percorso di studi. Semplicemente José Mourinho

rappresenta, a mio modo di vedere, un esempio lampante e ottimale

del potere della comunicazione.

Mourinho ha saputo, più di chiunque altro, rivoluzionare e stravolgere

dall’interno un aspetto del calcio che sembrava ormai essere ben

definito e poco incline al cambiamento. Con le sue conferenze stampa

scoppiettanti, le dichiarazioni spiazzanti e il suo atteggiamento molto

spesso sopra le righe ha ridefinito il ruolo dell’allenatore nel calcio

moderno. Un ruolo non più limitato alla sola guida tecnica di una

squadra, ma che comprende innanzitutto la costruzione di un nuovo

rapporto, nel suo caso piuttosto burrascoso per la verità, con i media.

Fin dai suoi esordi in panchina Mourinho ha dimostrato una certa

parlantina piuttosto disinvolta, apparentemente spontanea, ma in

realtà in buona parte mirata e programmata.

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Negli anni gli sarebbero stati poi affibbiati diversi soprannomi relativi a

quella che in fin dei conti rappresenta una delle sue migliori qualità: la

capacità di comunicare.

Non è un caso che José Mourinho conosca e parli fluentemente 5 lingue.

Questo dimostra la curiosità e l’impegno verso quello che per lui non è

mai stato solo uno sport o un lavoro.

Ecco che di conseguenza Mourinho è diventato “il Motivatore” piuttosto

che “il Comunicatore”. Soprannomi utilizzati più che altro con accezione

negativa e dispregiativa, nati per sminuire e mettere in dubbio le sue

conoscenze tecniche e di conseguenza le sue capacità di allenatore.

Niente di più sbagliato. Se possiamo affermare con certezza che

Mourinho sia un ottimo comunicatore, possiamo altresì affermare che

la sua preparazione tecnico-tattica sia inappuntabile, nonché frutto di

uno studio e di un lavoro quasi maniacale.

Di lui si è detto e scritto di tutto: è stato definito arrogante, spavaldo,

sbruffone, presuntuoso, addirittura sopravvalutato. D’altra parte molti

non hanno potuto fare a meno di ammettere che Mourinho speciale lo

è davvero. Coinvolgente, affascinante e polemico. Un uomo che unisce

una combinazione di intelligenza, furbizia, provocazione e preparazione

calcistica notevole.

Obiettivo di questa tesi è quello di presentare un ritratto il più possibile

fedele di quello che senza dubbio è l’allenatore più discusso e

chiacchierato della storia calcistica recente. Un uomo in grado di

dividere l’opinione pubblica. Amato da molti, odiato da tanti, verso il

quale l’unico sentimento impossibile da provare è l’indifferenza.

La mia analisi si dividerà in 4 capitoli: nel primo di essi racconterò la

storia e le origini di Mourinho. Dalla sua innata passione per il calcio

con i tentativi di diventare giocatore, alla decisione di diventare

allenatore, gli studi, le prime esperienze in panchina.

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Nel secondo capitolo parlerò del suo ritorno in Portogallo. Dalle prime

esperienze da allenatore di provincia fino alla svolta col Porto.

Il terzo capitolo sarà incentrato sulla sua prima esperienza da

allenatore affermato, quella sulla panchina del Chelsea.

Nel quarto ed ultimo capitolo racconterò la sua indimenticabile ed

intensa esperienza all’Inter focalizzandomi sulle qualità fondamentali

che hanno reso l’allenatore portoghese uno dei personaggi più discussi

degli ultimi anni.

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CAPITOLO 1

LE ORIGINI

José Mário dos Santos Félix Mourinho nasce il 26 gennaio 1963 a

Setúbal, una cittadina del Portogallo che dista una cinquantina di

chilometri da Lisbona.

José nasce e cresce in una famiglia in cui il calcio rappresenta molto

più di una semplice passione. Il padre Félix (1938-2017) è stato infatti

calciatore, di ruolo portiere, con all’attivo persino una presenza nella

nazionale portoghese. Quando José nasce suo padre è il portiere della

squadra locale, il Vitória Setúbal, che gioca in Prima Divisione

portoghese.

Alla fine degli anni ’60 si trasferirà al Belenenses per concludere la sua

carriera da giocatore nel 1974.

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José trascorre un’infanzia agiata e spensierata vissuta nella magione di

Aires dello zio materno insieme al padre calciatore, la madre maestra e

una sorella maggiore, Teresa. La famiglia materna è molto ricca.

Lo zio Mário Ascensão Ledo è proprietario di una fabbrica ittica di

successo e presidente della Confindustria di Settore, oltre a far parte

dell’establishment dell’allora dittatore António Salazar.

Dopo il crollo della dittatura di Salazar la famiglia Mourinho subisce un

discreto contraccolpo, in quanto molte delle proprietà le vengono

sottratte.

Dopo una carriera ventennale divisa tra il Vitória Setúbal e il

Belenenses Mourinho senior decide, dopo il ritiro dal calcio giocato, di

dedicarsi alla carriera di allenatore.

Questo nuovo incarico lo vedrà alla guida tecnica di varie squadre

portoghesi, tra le quali, oltre al Rio Ave, proprio le due compagini per

le quali aveva giocato durante il suo periodo di attività, Belenenses e

Vitória Setúbal.

Nonostante il sogno di diventare calciatore José fin da bambino segue

il padre nel suo ruolo di allenatore avendo la possibilità di respirare

l’atmosfera dello spogliatoio e ben presto dimostra una spiccata

propensione all’analisi tecnico-tattica. Per questo motivo comincia a

redigere rapporti estremamente dettagliati sulle caratteristiche

tecniche e atletiche dei vari calciatori.

Notato da suo padre viene subito spedito a seguire i match degli

avversari con il compito di studiare i punti forti e quelli deboli di ogni

formazione, finanche ogni singolo giocatore. La successiva analisi degli

appunti avrebbe permesso alla squadra di scegliere la tattica più

adeguata e prepararsi al meglio per ogni match.

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José nel frattempo si dimostra un ottimo studente e un volenteroso

calciatore. Di ruolo difensore centrale, frequenta le giovanili nell’União

de Leiria e del Belenenses.

Nel 1981 approda con il ruolo di riserva al Rio Ave, squadra di prima

divisione portoghese allenata in quel periodo proprio dal padre Félix.

All’età di 19 anni, nel 1982, si verificherà un avvenimento

particolarmente segnante e significante per la vita e la carriera del

giovane Mourinho.

Ormai da tempo panchinaro fisso nel Rio Ave, gli si offre un giorno

l’occasione di debuttare nella massima serie portoghese quando lo stopper

della squadra si infortuna proprio alla vigilia della partita contro la

capolista Sporting Lisbona. Suo padre Félix è pronto a schierarlo e gli dice

di prepararsi, ma José non scenderà mai in campo. Infatti, quando il

presidente del Rio Ave minaccia di cacciarli entrambi, Félix è costretto a

desistere e a rimandare nuovamente il figlio in panchina.

Questa umiliazione cocente e insopportabile influirà molto sulla

prematura decisione di Mourinho di dedicarsi all’allenamento.

Dopo la brutta delusione rimediata col Rio Ave si trasferisce

nuovamente insieme al padre nel club dove entrambi avevano militato

anni prima (José nelle giovanili e suo padre in prima squadra), il

Belenenses. Se ne andranno entrambi l’anno successivo. Félix tornerà

al suo Vitória Setúbal, mentra José approderà in seconda divisione

portoghese, la nostra serie B, al Sesimbra. Dopo un paio di stagioni si

trasferirà nel suo ultimo club, il Comércio e Indústria, sempre

partecipante alla seconda divisione portoghese.

Dopo sei anni di professionismo e un centinaio di presenze racimolate

tra prima e seconda divisione portoghese José Mourinho decide, a soli

24 anni, di ritirarsi dal calcio giocato.

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1.1 DAL CAMPO ALLA PANCHINA

Rimasto estremamente scottato e deluso dall’esperienza col Rio Ave il

giovane Mourinho inizia a capire di non essere all’altezza del calcio che

conta e che il suo talento come calciatore non è sufficiente e non lo

porterà lontano.

E’ dopo questa batosta che Mourinho decide di reagire e metabolizzare

al meglio l’amara realtà, arrivando alla conclusione che il suo futuro, in

un modo o nell’altro, sarà comunque legato a quel pallone che tanto

ama. Pur continuando a giocare in squadre minori decide di iscriversi

all’Università scegliendo inizialmente Economia e Commercio, ma

trasferendosi quasi subito all’Isef di Lisbona, l’Istituto di educazione

fisica. Dopo pochi anni torna a Setúbal con un diploma in scienze

motorie e inizia ad insegnare educazione fisica in una scuola locale,

dove si occuperà anche di bambini disabili.

Nel 1985 inizia ad inseguire seriamente il suo sogno. Vola in Scozia,

dove segue il corso UEFA di Andy Roxburgh e prende il patentino da

allenatore.

Tornato in Portogallo continua contemporaneamente il suo lavoro di

professore e quello di calciatore, fino al definitivo ritiro nel 1987.

Dopo essere stato un prezioso assistente, più che un giocatore, durante

la sua esperienza al Rio Ave e al Belenenses, subito dopo essersi ritirato

dal calcio giocato inizia ad allenare gli Allievi del Vitória Setúbal, pur

portando avanti il suo impiego come professore di educazione fisica.

L’anno seguente, nel 1988, finalmente viene scelto come vice da João

Alves all’Estrela Amadora. Il club vincerà presto la Coppa di Portogallo

(stagione 1989-1990). Nei successivi due anni fa da assistente al

successore di Alves, Jesualdo Ferreira.

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Nel 1989 si sposa con una ragazza conosciuta ai tempi dell’università,

Matilde “Tami” Faria. La coppia avrà due figli, Matilde jr. “Tita” nel 1996

e José jr. “Zuca” nel 2000.

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1.2 IL TRADUTTORE

Dopo le modeste esperienze come allenatore degli Allievi del Vitória

Setúbal e come assistente tecnico all’Estrella Amadora, finalmente

arriva la grande occasione per Mourinho.

Nel 1992 viene scelto dall’allenatore inglese Sir Bobby Robson per

affiancarlo come traduttore nella sua avventura allo Sporting Lisbona.

Per José, che già mastica discretamente inglese e spagnolo, si rivelerà

l’occasione della vita.

Grazie alla fiducia di un lungimirante Robson Mourinho diverrà in breve

tempo molto più di un affidabile traduttore. L’allenatore inglese,

accortosi del potenziale del ragazzo, gli affiderà sempre più spesso

compiti chiave. Ad esempio lo incaricherà di preparare le partite e

allenare i portieri. Non passa molto tempo prima che Robson decida di

nominarlo suo vice-allenatore.

Nel dicembre del 1993, a causa dei continui scontri tra l’allenatore e la

società, Robson viene esonerato dallo Sporting Lisbona, nonostante il

momentaneo primo posto in Campionato.

Così nel 1994 Mourinho accetta di seguire il suo mentore al Porto, dove

assaporerà, seppur come vice, i primi trionfi di prestigio vincendo in

due anni altrettanti campionati e una coppa di Portogallo.

L’entrata nel calcio che conta arriva un paio d’anni più tardi. Questa

volta è il Barcellona a chiamare e nell’estate del 1996 Mourinho parte

alla volta della Catalogna ormai da fidato braccio destro di Robson.

Nascono proprio durante quell’esperienza le prime conferenze stampa

in cui Mourinho si fa già notare per spigliatezza, spirito critico e un

carattere da non sottovalutare.

Robson, che ormai nutre una stima enorme nei confronti del portoghese,

arriva ad affidargli il Barcellona B, la squadra delle riserve

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blaugrana. Nella loro prima ed unica stagione insieme il Barcellona si

aggiudicherà Coppa del Re, Coppa delle Coppe e Supercoppa Spagnola.

Oltre ad essere eletta squadra dell’anno dall’International Federation

of Football History & Statistics.

Proprio durante i festeggiamenti per la Coppa di Spagna, nel giugno del

1997, un Mourinho visibilmente brillo, si lascerà andare ad

un’esternazione per cui tempo dopo verrà preso di mira dai tifosi

blaugrana. Preso dall’euforia del momento Mourinho urlerà al

microfono: “Oggi, domani e sempre con il Barça nel cuore!”. Anni dopo

saranno proprio i suoi ex tifosi, irritati dal passaggio di Mourinho

all’Inter prima e al Real Madrid poi, a coniare uno dei suoi soprannomi:

Il traduttore.

Chiaramente un nomignolo che porta nuovamente con sé un antico

pregiudizio. Quasi a volergli ricordare che in fondo lui rimarrà sempre

un umile traduttore, un operaio del calcio e che gli allenatori veri sono

e saranno sempre altri.

Nella stagione 1997-1998, Robson fu nominato Direttore Sportivo per

poi separarsi definitivamente dal suo pupillo e tornare ad allenare il

PSV. Robson fu il primo vero maestro di calcio di Mourinho. Da lui lo

Special One dichiarerà di aver imparato molto sia a livello tecnico che

umano.

Mourinho con Robson durante un allenamento alla guida del Porto (1995)

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“A Bobby Robson non interessa studiare, rendere sistematico o

programmare l’allenamento. Lui è un uomo di campo, vuole allenare e

avere contatto diretto con i calciatori. Inoltre è portato al gioco

d’attacco. Il lavoro di Bobby Robson si conentra principalmente sulla

parte finale. Quello è il suo centro di interesse e la sua priorità. In

questo caso ho cercato di fare un passo indietro, ossia, pur

mantenendo la priorità d’attacco, ho cercato di organizzarlo al meglio;

e questa organizzazione deriva direttamente dalla difesa.”1

Dopo l’abbandono di Robson approdò alla corte del Barcellona

l’olandese Luis Van Gaal. Nonostante il nuovo tecnico intendesse il

calcio in maniera estremamente diversa rispetto al suo predecessore

Mourinho non si intestardì, ma anzi, decise di imparare quanto più

possibile in modo da carpire il meglio da entrambe le filosofie di gioco

e continuare la sua crescita professionale.

“Con Van Gaal potevo arrivare allo stadio anche solo mezz’ora prima

dell’allenamento. Non dovevo preoccuparmi di niente, perché il lavoro era

già tutto definito. Sapevo in anticipo ciò che avremmo fatto. Niente era

lasciato al caso, tutto era programmato nei dettagli. A me e agli altri

preparatori atletici restava solo l’allenamento sul campo. Perciò il mio

lavoro migliorò notevolmente in qualità perché, come ho detto, con

Robson non facevo molta pratica come allenatore sul campo.”2

Gli anni catalani saranno fondamentali nella formazione tecnica di

Mourinho. Oltre agli insegnamenti ricevuti dai due maestri Robson e

Van Gaal, il portoghese avrà la possibilità di apprendere e crescere

professionalmente sicuramente grazie al privilegio di poter ammirare e

lavorare con alcuni dei talenti più puri che il calcio moderno ci abbia

regalato. Mostri sacri come Figo, Rivaldo, Guardiola, Kluivert e niente

1 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p. 50

2 Ibidem

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meno che l’astro nascente del calcio mondiale Ronaldo, che di lì a poco

si sarebbe meritato il soprannome di “Fenomeno”.

“Non puoi fare a meno di imparare quando alleni giocatori di quel

calibro. Impari anche sulle relazioni umane. Calciatori di quel livello

non accettano ciò che gli si dice solo per l’autorità della persona che

parla. Dobbiamo mostrare loro di avere ragione.”3

Van Gaal e Mourinho al Barcellona nel 1999

3 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p. 51

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CAPITOLO 2

L’ALLENATORE

Il nome di Mourinho inizia a circolare nell’ambiente e già nel 1999 il

portoghese riceverà le prime offerte per allenare in patria.

Ciononostante è titubante all’idea di lasciare il Barcellona grazie al

quale vive una vita agiata e tranquilla da allenatore in seconda, senza

pressioni né particolari responsabilità.

Ma per come il mondo imparerà presto a conoscerlo Mourinho è un

uomo estremamente ambizioso e il suo ruolo comodo e privilegiato

inizierà ben presto a stargli stretto.

“Mourinho non era felice, quell’ultimo anno (l’ultimo di lavoro con Luis Van

Gaal), né dal punto di vista personale né da quello professionale. In

seguito mi confidò d’essere stato un allenatore frustrato in quel periiodo.

Mi spiegò di essere rimasto in Spagna perché da vice avrebbe guadagnato

più che da primo allenatore in Portogallo. Ma soprattutto rimase al

Barcellona perché riponeva ancora speranze nell’unico trofeo che non

aveva vinto da allenatore in seconda: la Champions League.”4

Nonostante il momento difficile il 16 maggio 2000 Mourinho guida per

la prima volta il Barça, su concessione di Van Gaal, e vince il suo primo

trofeo da allenatore, la Copa Catalunya, battendo in finale il Mataro per

3 reti a 0.

Al termine di una stagione abbastanza negativa Luis Van Gaal lascia il

Barcellona, così come il presidente Josep Nuñez. Sarà la fine di

un’esperienza fondamentale per la carriera e la vita di Mourinho, che

deciderà finalmente di buttarsi in una nuova ed entusiasmante

avventura, quella che in fin dei conti ha sempre sognato.

4 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p. 45

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2.1 IL RITORNO IN PORTOGALLO E LA GAVETTA

(Benfica e União de Leiria)

Conclusasi dopo quattro proficue stagioni l’esperienza col Barcellona

Mourinho torna in Portogallo carico di speranze e fiducioso delle proprie

capacità. Quello che fa ritorno a Setúbal è un José molto diverso da

quello partito pochi anni prima. Consapevole delle conoscenze che il

percorso intrapreso gli ha regalato e tutto sommato tranquillo grazie al

denaro messo da parte.

Ritornato in patria sa che lo aspetterà un periodo di inattività visto che

tutte le panchine sono occupate, ma questo non lo spaventa e saprà

aspettare l’occasione giusta.

“Non ho il minimo timore per il futuro. Ho una grande fiducia in me

stesso e nella mia preparazione. So di poter fare la differenza e di poter

vincere”5

Nell’estate del 2000 Mourinho si ritrova per la prima volta “libero”. Ne

approfitta per tornare dopo tanto tempo a Ferragudo, un villaggio in

Algarve. Finalmente avrà del tempo per sé e per la sua famiglia.

Nonostante la temporanea disoccupazione Mourinho di certo non

passerà un periodo di totale inattività, anzi. Quell’estate nascerà la

cosiddetta Bibbia, una raccolta di appunti tecnici iniziata sin dai tempi

dell’Estrela Amadora.

“Un documento che non dovrà mai essere pubblicato. Niente di più che

la versione scritta delle mie idee messe giù sistematicamente, giorno

per giorno, ora per ora. Se dovessi dargli un titolo, lo chiamerei

‘Evoluzione dei miei metodi di allenamento’.”6

5LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p. 49 6 MODEO S. L’alieno Mourinho. Milano: Isbn Edizioni, 2010

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Nel settembre del 2000 Mourinho è fiducioso di trovare una panchina

tutta per sé. Talmente fiducioso da rifiutare la chiamata del suo primo

mentore Sir Bobby Robson, che lo vorrebbe con lui nella sua nuova

avventura al Newcastle. Ma Mourinho non ha dubbi, non sarà mai più

il secondo di nessuno.

La sua perseveranza viene ben presto premiata. Una sera di metà

settembre il telefono di casa squilla e all’altro capo del telefono c’è un

grande amico di Mourinho, Eládio Paramés, allora direttore dell’ufficio

stampa del Benfica. L’amico gli comunica il prevedibile esonero

dell’allenatore delle aquile, il tedesco Jupp Heynckes e lo fa correre in

fretta e furia a Lisbona, per parlare col presidente del club, Vale e

Azevedo. Da quel colloquio Mourinho ne esce come nuovo allenatore

dello Sport Lisboa e Benfica. A 37 anni corona finalmente il suo sogno

e diventa allenatore di uno dei più antichi e blasonati club del mondo.

José Mourinho diventa quindi il più giovane allenatore portoghese della

storia del Benfica.

Il Benfica preso da Mourinho non vive esattamente un buon momento.

Il club anzi stava attraversando una profonda crisi finanziaria e

sportiva. L’euforia per la nuova opportunità durerà poco lasciando

presto spazio ai dissapori. Il primo disaccordo arriva quando Mourinho

rifiuta Jesualdo Ferreira, suo ex professore all’Isef, che la dirigenza

vorrebbe come suo secondo.

Nonostante tutto sotto la guida di Mourinho la squadra, malgrado gli

elementi non esattamente di prima scelta, dà chiari segni di ripresa,

vincendo anche il derby contro i “cugini”, nonché campioni in carica,

dello Sporting Lisbona, con un rotondo 3 a 0.

L’avventura a Lisbona però non durerà ancora a lungo. Nel novembre

del 2000 infatti, contro ogni aspettativa, João Vale e Azevedo viene

sconfitto nelle elezioni. Così Manuel Vilarinho diventerà il nuovo

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Presidente del Benfica. Questo cambio dirigenziale pregiudicherà

definitivamente la permanenza di Mourinho al Benfica. Vilarinho infatti

aveva promesso in campagna elettorale di portare Toni (ex giocatore

del Benfica) sulla panchina del club. Mourinho, sentendosi minacciato

dalla situazione tenterà di forzare la mano chiedendo un cospicuo

rinnovo di contratto. Vilarinho, che ha le mani legate, è costretto a

rifiutare la richiesta sancendo di fatto in questo modo la fine del legame

con il proprio allenatore.

Il 5 dicembre, dopo sole nove partite, Mourinho si dimette e lascia il

Benfica.

Dopo l’addio al Benfica iniziano a circolare voci che vorrebbero

Mourinho nientemeno che ai rivali dello Sporting. Le voci erano più che

fondate, ma dopo vari scontri interni tra dirigenza e soci il nome di

Mourinho verrà scartato perché non apprezzato dal Presidente Dias da

Cunha e da alcuni soci.

Finalmente a metà aprile del 2001 viene contattato dall’União de Leiria,

una modesta squadra di medio-bassa classifica. Mourinho accetta di

prendere il posto a fine stagione dell’ormai poco gradito Manuel José,

a condizione di potersi liberare senza troppi intoppi in caso lo cercasse

un top club.

A Leiria Mourinho ritrova un giovane preparatore atletico conosciuto ai

tempi del Barcellona, Rui Faria. Il giovane portoghese diventerà suo

braccio destro seguendolo durante tutta la sua carriera.

L’esperienza nell’União de Leiria si rivelerà particolare e molto utile.

Senza grande pressione Mourinho avrà la possibilità di lavorare al

meglio, tanto da ottenere ottimi risultati nei primi mesi di lavoro e

concludere il girone d’andata con un piazzamento strabiliante.

La bravura di Mourinho, come da lui stesso previsto, attirerà ancora

una volta l’interesse di molti club. Persino il Benfica tornerà a farsi sotto

per riaverlo, ma senza successo.

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2.2 LA SVOLTA: O REI DO PORTO

Al termine del girone d’andata del campionato portoghese 2001/2002

Mourinho fu contattato da diversi club, stregati dalla personalità e dalle

qualità dimostrate dall’allenatore nei pochi mesi di lavoro a Leiria.

Alla fine il Futebol Clube do Porto diventerà la sua nuova casa. Decisivo

sarà l’intervento personale e veemente del carismatico Presidente del

Porto, Jorge Nuno Pinto da Costa.

“Dopo difficili ma corrette trattative con la dirigenza della União de

Leiria, José Mourinho non fu solo il nostro prescelto: fu realmente

l’allenatore dell’FC Porto. Perché? Essenzialmente perché era il mio

sogno! Quanti allenatori, basandosi su niente di concreto,

rifiuterebbero un contratto con un grande club per accettare, con una

stretta di mano, il contratto con un altro club chissà quando? Mourinho

mi ha sempre colpito come grande allenatore e, più di questo, come

grande leader.”7

Il 23 gennaio 2002 José Mourinho verrà presentato come nuovo

allenatore del Porto, il club dove otto anni prima era approdato come

assistente di Bobby Robson.

La conferenza stampa, alla quale presenziano le più importanti testate

giornalistiche del paese, farà ovviamente scalpore. Sarà la prima di una

lunga serie di memorabili performance dell’allenatore lusitano.

Mourinho lancerà una vera e propria bomba, scatenando, come nel suo

stile, reazioni e controversie a non finire.

“Non ho il minimo dubbio che il prossimo anno saremo campioni”.8

7 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p.136

8 CUBEIRO J.C., GALLARDO L. Coaching Mourinho (tecniche e strategie vincenti del più grande allenatore del mondo). Milano: Antonio Vallardi Editore, 2012. p.89

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Stagione 2001/2002

All’arrivo di Mourinho il Porto non vince la Liga portoghese da ben tre anni,

cosa abbastanza insolita in un campionato nel quale storicamente erano

sempre le solite tre squadre a spartirsi le vittorie negli anni. La squadra si

trova in sesta posizione e nell’ambiente regna un clima di demotivazione,

rassegnazione e depressione generale.

Come già successo in precedenza Mourinho sarà in grado di risollevare in

men che non si dica il morale e la classifica del club e dei tifosi. Dal suo

arrivo disputerà quindici partite inanelando ottimi risultati (undici vittorie,

due pareggi e due sconfitte) grazie ai quali il Porto chiuderà la stagione al

terzo posto, qualificandosi di diritto all’allora Coppa Uefa.

Stagione 2002/2003

La stagione seguente sarà sensazionale. Come promesso da Mourinho

il Porto si aggiudica il campionato con dei numeri sorprendenti:

ventisette vittorie, cinque pareggi e soltanto due sconfitte, che valgono

il punteggio record di ottantasei punti sui centodue disponibili. Come

se non bastasse i Dragoni conquistano anche la Coppa di Portogallo e,

soprattutto, la Coppa Uefa, vinta a Siviglia dopo aver superato per 3 a

2 il Celtic Glasgow.

In pochi mesi l’uragano Mourinho ha rivoluzionato la sua squadra oltre

ad aver dato una svolta alla propria carriera. Nonostante l’entusiasmo

nessuno avrebbe potuto immaginare che la stagione successiva si

sarebbe rivelata addirittura migliore.

Stagione 2003/2004

La nuova stagione si apre con la conquista della Supercoppa

portoghese, ottenuta grazie alla vittoria per 1 a 0 sull’União de Leiria,

ex squadra di Mourinho.

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La Supercoppa europea verrà invece persa, sempre per 1-0 contro il

Milan campione d’Europa in carica. In maggio il Porto si laureerà

campione di Portogallo per il secondo anno consecutivo. Anche in

questo caso con risultati esaltanti, arriverà alla vittoria del titolo con

un passivo di sole due sconfitte e la conquista aritmetica del titolo con

ben cinque giornate di anticipo.

La ciliegina sulla torta non tarda ad arrivare. Il 26 maggio 2004 il Porto

di José Mourinho vincerà la Champions League, battendo in finale con

un perentorio 3-0 i francesi del Monaco.

“Guardai il cubo elettrico sospeso sopra il campo. Ottanta minuti, 3-0.

Analizzai la partita e sentii la fiducia, la tranquillità, la coesione e la

gioia della squadra. Mi girai verso André Villas-Boas e Rui Faria e dissi:

‘Ecco, siamo campioni d’Europa!’. Poi guardai la panchina e sorrisi agli

altri assistenti, che mi rivolgevano cenni e segnali di vittoria. Era fatta.

Cominciai a pensare a un mucchio di cose, un comportamento che non

avevo mai tenuto prima durante una partita: la strada intrapresa,

un’infanzia piena di sogni, gli ostacoli, i critici, il biasimo, la famiglia, le

convinzioni, gli instancabili tifosi, le minacce che avevo ricevuto il

giorno prima, la storia, l’immortalità. 26 maggio 2004, Gelsenkirchen:

eravamo immortali.”9

Mourinho ha appena portato il Porto sul tetto più alto e ambito

d’Europa, ma qualcosa di surreale si consumerà nelle ore e nelle

settimane seguenti.

Mentre la festa dei Dragoni per la conquista della Champions League

impazza Mourinho sarà letteralmente costretto a scappare. Dichiarerà

successivamente di avere ricevuto minacce di morte dirette alla sua

famiglia e a lui stesso nei giorni precedenti la finale. Nemmeno i giorni

successivi alla clamorosa vittoria saranno molto tranquilli. Mourinho dovrà

per la prima volta assumere delle guardie del corpo per

9 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008.

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proteggere sé stesso e i suoi cari dagli appostamenti, dalle minacce e

addirittura dalle aggressioni fuori della porta di casa. E così José

Mourinho invece di godersi le meritate lodi da fresco vincitore del

torneo calcistico più ambito al mondo, passerà paradossalmente,

insieme alla sua famiglia, delle autentiche settimane di terrore.

Mourinho campione d'Europa col porto nel 2004

Dopo l’inaspettata quanto sorprendente vittoria della Champions

League Mourinho è un allenatore fatto e finito. Mai come prima è

convinto dei suoi mezzi e pronto a nuove sfide. L’addio al Porto, sua

indimenticabile rampa di lancio, è inevitabile.

“I tifosi del Porto sanno chi sono e quello che ci metto e nessuno potrà

cancellare quello che ho fatto per quel club. Rendo omaggio al Porto. È

una società straordinaria, con giocatori fantastici, dirigenti sensazionali ed

è incredibile come i tifosi appoggino la squadra. Devono capire la mia

volontà, il mio desiderio, il mio sogno di raccogliere una nuova

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sfida. Per me il Porto è una storia meravigliosa, però le storie

finiscono.”10

Mourinho è definitivamente entrato di diritto nell’Olimpo degli

allenatori e c’è la prestigiosa Premier League ad attenderlo.

10 CUBEIRO J.C., GALLARDO L. Coaching Mourinho (tecniche e strategie vincenti del più grande allenatore del mondo). Milano: Antonio Vallardi Editore, 2012. p.91

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CAPITOLO 3

THE SPECIAL ONE

(Gli anni al Chelsea)

Nelle settimane precedenti alla finale di Champions League Mourinho

viene sommerso di richieste. Tutti lo vogliono nonostante l’epilogo

europeo non sia ancora stato scritto. Il Liverpool fissa un incontro

prima della finale a Manchester, Massimo Moratti lo vorrebbe vedere a

Nizza per portarlo alla sua Inter e persino il Chelsea di Abramovich

mostra interesse per il portoghese.

Mourinho inizialmente si nega, volendosi concentrare sulla stagione

ancora in corso e che sta per entrare nel vivo. Decide di rimandare ogni

discussione e decisione finita la stagione col Porto.

Il Chelsea nel frattempo esonera Claudio Ranieri, uno che negli anni

successivi, quelli italiani, diventerà bersaglio prediletto di Mourinho e

delle sue battute. L’italiano viene, tra le altre cose, ritenuto non

abbastanza “glamour” dal nuovo presidente. Oltre ad essere preso di

mira dalla stampa inglese che lo soprannomina “il primo dei secondi”.

(Claudio Ranieri a onor del vero si rifarà con gli interessi smentendo

tutti, Mourinho compreso. Sarà infatti protagonista di una delle più

belle favole che il calcio ci abbia regalato: l’eroica vittoria della Premier

League del Leicester City Football Club nel 2016.)

A far cambiare idea a Mourinho ci penserà Jorge Mendes, che di lì a

poco sarebbe diventato il procuratore del portoghese. Mendes chiama

Mourinho e lo informa che Roman Abramovich, fresco presidente del

Chelsea, lo vuole incontrare. Stavolta Mourinho, tranquillizzato dal

rapporto di fiducia tra Mendes e il Porto, decide di incontrare il ricco

magnate russo. Dal colloquio nasce la promessa da parte di Mourinho

di dare la precedenza al Chelsea una volta terminata la stagione col

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Porto. Subito dopo Mourinho informa il suo club dell’intenzione di

lasciare Oporto.

Qualche settimana più tardi Mourinho, fresco campione d’Europa, si

presenta a Monaco dove passerà qualche giorno sul lussuoso yacht di

Abramovich. Ne discenderà da nuovo allenatore del Chelsea.

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3.1 UN ALLENATORE “SPECIALE”

Dopo il weekend in barca trascorso nel Principato di Monaco, Mourinho

è ufficialmente il nuovo allenatore del Chelsea.

“Please don’t call me arrogant, but I’m European champion, so I’m not

one of the bottle. I think I’m a special one.” (“per favore, non

chiamatemi arrogante, ma sono campione d’Europa e mi considero una

persona speciale”).

Con queste parole il 2 giugno 2004, giorno della sua presentazione

ufficiale, Mourinho si farà conoscere dai media britannici presenti e

dall’intero mondo del calcio.

Da quel giorno per tutti José Mourinho sarà “The Special One”. Un

soprannome che in fin dei conti gli calza a pennello.

Che Mourinho fosse speciale ormai stavano iniziando a capirlo un po’

tutti, ma Abramovich era stato il più veloce e il più convincente.

Roman Abramovich è all’epoca un misterioso oligarca russo. Uno dei

nuovi ricchi generati dalla disgregazione dell’Unione Sovietica e dalla

dubbia distribuzione di patrimoni del Partito. La leggenda narra che un

giorno, sorvolando col suo jet privato Stamford Bridge, lo stadio del

Chelsea, Abramovich abbia deciso di punto in bianco di comprare la

squadra. Ovviamente Abramovich è ambizioso; vuole riportare ai

vertici il suo nuovo club e per farlo vuole il meglio: Mourinho.

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3.2 TRE STAGIONI INTENSE

(Trionfi, sconfitte e tante polemiche)

Approdato al Chelsea Mourinho è tenuto a confermare quanto di buono

fatto nelle passate stagioni. È stato assunto con un obiettivo ben

preciso, il solito in realtà. È chiamato infatti a compiere l’ennesimo

miracolo. Dopo aver trascinato il Porto alla vittoria della Champions

League niente sembra impossibile, nemmeno riportare il Chelsea a

vincere un campionato dopo cinquanta lunghissimi anni.

A supporto dell’ambizioso obiettivo Mourinho avrà a disposizione un

budget praticamente illimitato, per costruire al meglio la squadra dei

suoi sogni.

Mourinho richiede giocatori “normali”. Ballack, Essien, Carvalho, Cech

e l’unica vera stella Didier Drogba. Dopo una campagna acquisti

sontuosa nelle cifre, ma di sostanza, inizierà la prima stagione del

Chelsea targato Mourinho.

La squadra parte inevitabilmente forte e a novembre è capolista della

Premier. Mourinho, interpellato da un giornalista, profetizzerà: “Penso

che potremo conquistare la Premier League a Bolton, il 30 aprile”. I

giornalisti non avranno nemmeno il tempo di criticarlo e dargli del

presuntuoso. Detto fatto: il 30 aprile, al Reebok Stadium, scoppierà la

festa del Chelsea dopo il 2-0 inflitto al Bolton.

Il Chelsea è campione d’Inghilterra dopo cinquant’anni, il primo e ultimo

titolo precedente risaliva infatti alla stagione 1954/1955. Chiuderà il

campionato con la quota di 95 punti, record assoluto della competizione.

Mourinho diventa istantaneamente l’idolo della tifoseria.

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Mourinho festeggia la sua prima Premier League col Chelsea nel 2005

Oltre alla trionfale cavalcata in Premier League, Mourinho guida il

Chelsea anche alla conquista della coppa di Lega, la Carling Cup,

battendo 3 a 2 ai supplementari il Liverpool del rivale Rafa Benitez.

L’unica nota dolente della stagione sarà la partecipazione alla

competizione più ambita, la Champions League.

Il 23 febbraio 2005, il giorno in cui si gioca Chelsea-Barcellona, accade

uno dei primi grossi episodi di scontro di cui Mourinho si renderà

partecipe nel corso della sua carriera. Mourinho accuserà infatti

l’arbitro svedese Anders Frisk e l’allenatore del Barcellona Frank

Rijkaard di essersi parlati durante l’intervallo, violando le norme Fifa.

La dichiarazione di Mourinho scatena ovviamente un putiferio.

Nonostante ciò il Chelsea passerà il turno per poi però perdere in

semifinale dal Liverpool.

L’episodio di Barcellona non si chiuderà in maniera positiva per

nessuno. Mourinho verrà squalificato e costretto a pagare una multa,

oltre a crearsi inevitabilmente numerosi nemici nell’UEFA. Sorte ben

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peggiore toccherà all’arbitro Frisk, che terrorizzato dalle minacce

ricevute dai tifosi del Chelsea deciderà di ritirarsi.

Nonostante tutto Mourinho verrà proclamato a fine stagione miglior

allenatore del mondo dall’IFFHS, l’Istituto Internazionale di Storia e

Statistica del Calcio.

La seconda stagione (2005-2006) vedrà nuovamente la perentoria

conquista della Premier League da parte del Chelsea. Ma ancora una

volta mancherà il trofeo più ambito, la Champions. Sarà il Barcellona

di Rijkaard a vendicarsi dell’anno prima ed eliminare i Blues agli ottavi

di finale. Nonostante vittoria in campionato e la conquista del

Community Shield per il secondo anno consecutivo, qualcosa inizierà

ad incrinarsi nel rapporto tra Mourinho e il suo Presidente. Abramovich

si dimostrerà piuttosto capriccioso e impaziente, iniziando a mettere in

dubbio le reali capacità del suo allenatore, nonché la sua permanenza

alla guida del Chelsea.

La terza stagione sarà praticamente anche l’ultima. Il clima teso creato

dallo stesso Abramovich porterà da subito risultati altalenanti. Il Chelsea

porterà a casa “solo” la Coppa di Lega e quella d’Inghilterra. In Premier

League verrà scalzato dal Manchester United di Sir Alex Ferguson,

interrompendo così l’egemonia dei due anni precedenti.

Sarà come prevedibile la Champions League a rivelarsi per l’ennesima

volta stregata e a dare il colpo di grazia alla già delicata situazione di

sfiducia tra Mourinho e Abramovich. Il Chelsea arriva in semifinale, ma

ancora una volta sarà il Liverpool a negargli la gioia della finale e nel

più crudele dei modi, i calci di rigore.

La quarta stagione al Chelsea dura soltanto pochi mesi. Il tempo della

preparazione estiva e qualche giorno di settembre. Dopo un inizio

stentato Abramovich deciderà che con Mourinho è finita.

Al termine di un incontro tutt’altro che amichevole il portoghese firmerà

le dimissioni, evitanto almeno l’umiliazione dell’esonero. Mesi dopo

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Mourinho viene sostituito dall’’israeliano Avram Grant. Subito

soprannominato “The Normal One”. L’esonero dello Special One lascerà

per molti strascichi dovuti soprattutto al grande affetto dei tifosi nei

confronti dell’allenatore portoghese.

Lo stesso Mourinho avrà parole dolci per i suoi ormai ex tiifosi: “È stato

un bel periodo della mia carriera. Ringrazio i tifosi per quella che io

credo sia un’eterna storia d’amore”.

Abramovich tenterà un riavvicinamento qualche mese dopo

regalandogli una esclusivissima Ferrari Scaglietti, sogno proibito del

portoghese. Il loro rapporto sarà sempre fatto di alti e bassi che

riporteranno Mourinho a Londra nel 2013 per poi culminare in un

secondo burrascoso esonero nel 2015.

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3.3 RIVALITÀ INGLESI

(L’uragano Mourinho in Premier)

Se c’è qualcuno a cui Mourinho mancherà molto dopo il suo addio al

Chelsea questi sono i giornalisti inglesi. Nelle sue proficue, quanto

sofferte, stagioni a Londra tutti hanno avuto finalmente modo di

conoscere, scoprire e godersi le famigerate conferenze

stampa/dichiarazioni del mai banale portoghese.

Mourinho non si fa problemi a dire quello che pensa. Affronta a testa

alta chiunque gli si pari davanti. Siano essi giocatori, allenatori,

squadre o chissà cos’altro. La stessa grinta che mette in mostra sul

campo la porta anche in sala stampa.

A farne le spese, durante la sua esperienza inglese, saranno in molti.

Tutto questo per la felicità dei media, che spesso però manterranno un

atteggiamento ipocrita nei confronti dello Special One.

Il bersaglio favorito di Mourinho sarà il francese Arsène Wenger, storico

allenatore dell’Arsenal. La rivalità tra i due club, entrambi londinesi,

basterebbe di per sé a giustificare qualche sano e fisiologico scontro

tra i due allenatori. Ma ovviamente Mourinho, per la gioia di tutti i

giornalisti, non si limiterà a due semplici alterchi.

La querelle più famosa nascerà da una dichiarazione rilasciata da

Wenger successivamente all’eliminazione del Chelsea dalla coppa di

Lega per mano del Bolton. Wenger semplicemente dichiarerà di

percepire la sconfitta del Chelsea come una sorta di indebolimento

emotivo della squadra di Mourinho. La risposta del portoghese non

tarderà ad arrivare, più audace e tagliente che mai.

“Lui (Wenger) è uno di quelli che godono a guardare gli altri: un voyeur.

C’è gente che a casa ha il telescopio per spiare le case altrui. Lui deve

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pensare a sistemare casa sua, invece di occuparsi degli affari nostri. Il

voyeurismo è una malattia”.11

Questa dichiarazione decisamente sopra le righe di un arrabbiato

Mourinho scatenerà una vera e propria guerra a colpi di conferenze

stampa.

La risposta di Wenger non promette niente di buono: “Quando gli stupidi

hanno successo, a volte diventano ancora più stupidi. Adesso basta, siamo

agli attacchi sul piano personale. Niente a che vedere col calcio. Ho già

incaricato i miei avvocati di studiare un’azione legale”.12

Il botta e risposta tra i due andrà avanti per parecchie giornate. Da una

parte Wenger che sminuisce il lavoro di Mourinho, dall’altra il

portoghese che accusa il collega di occuparsi un po’ troppo degli

interessi del Chelsea. Finirà senza delle vere e proprie scuse da parte

di entrambi. Nel 2013 Mourinho tornerà sulla panchina del Chelsea e ci

vorrà poco tempo per capire che tra i due nulla è cambiato.

Le scintille non mancheranno neanche con il leggendario Sir Alex

Ferguson. Mourinho stima molto l’allenatore scozzese, lo considera un

maestro ed un esempio da seguire. Anche da parte di Ferguson

arriveranno attestati di stima e apprezzamento. Ciò nonostante i due

non mancheranno di beccarsi. Memorabile la discussione a tre nata da

un botta e risposta tra Mourinho e Cristiano Ronaldo, all’epoca

giocatore dei Red Devils, sui rigori assegnati contro la sua squadra.

Dopo un caustico intervento dello Special One sarà il composto Sir Alex

a sbottare: “Mourinho dovrebbe abbottonarsi le labbra e tenere la

bocca chiusa fino alla fine della stagione. Se c’è uno che non può

parlare di arbitri, è proprio lui.”

11 MOLA G. Mou! L’avventura nerazzurra di José Mourinho scudetti, coppe, provocazioni, l’addio.

Firenze: Mauro Pagliai Editore, 2010 12 LOURENÇO L. Mourinho (la biografia ufficiale dello Special One). Milano: Mondadori, 2008. p.22

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Quella con Ferguson nonostante gli scontri sarà una rivalità fortemente

basata sulla stima e sul rispetto reciproco.

Ferguson era solito regalare all’amico-rivale Mourinho una pregiata

bottiglia di vino portoghese da sorseggiare insieme dopo le partite.

Cosa che di certo non vedremo mai fare da un altro grande rivale di

Mourinho, ovvero Rafa Benitez.

I due non andranno mai e poi mai d’accordo. Che sia Inghilterra,

Spagna, Italia o persino Marte. In Inghilterra avvengono le prime

schermaglie, che continueranno anche quando i due lavoreranno in

campionati diversi, segno della profonda incompatibilità e disistima tra

i due. La storia più eclatante e curiosa avviene forse quando il

portoghese è ormai allenatore del Real Madrid, sostituito all’Inter

proprio dall’acerrimo nemico Benitez. Leggenda narra che Benitez,

arrivato al centro tecnico di Appiano Gentile, abbia preteso la rimozione

della foto di Mourinho dallo spogliatoio interista. Insomma, un amore

destinato a non sbocciare mai.

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CAPITOLO 4

L’APPRODO ALL’INTER

Il 20 settembre 2007 José Mourinho formalizza la sua “separazione

consensuale” dal Chelsea. Una decisione senz’altro sofferta, ma ormai

inevitabile.

Lo aspettano nove lunghi mesi da disoccupato. Mourinho decide di

riprendersi dal deludente epilogo londinese tornando a casa, in

Portogallo, nella sua Setúbal. Recupera il tempo perduto, sta in

famiglia, vive la vita di paese di un tempo, quella che tanto ama.

Nel frattempo fa qualche viaggio di aggiornamento in Africa, digitalizza il

suo sacro archivio e, ovviamente, valuta le offerte di lavoro.

Nonostante il burrascorso addio al Chelsea José Mourinho è ormai

considerato un allenatore di prima categoria, un top, come si usa dire

oggi. Le offerte al portoghese quindi non tarderanno ad arrivare.

Una prima proposta gli arriverà dal Valencia, club che all’epoca si trova

ad attraversare una profonda crisi. Mourinho ringrazia, ma rifiuta senza

troppi dubbi.

L’offerta successiva lo interesserà decisamente di più. Mourinho ha

sempre dichiarato di avere l’ambizione di allenare prima o poi nella sua

carriera una Nazionale. Perciò quando si farà avanti l’Inghilterra il

portoghese vacillerà parecchio. Dopo molte riflessioni e ripensamenti

Mourinho decide però di declinare l’offerta.

A questo punto Mourinho scalpita, è impaziente di ritornare a sedere

in panchina. Dichiarerà: “Firmerò per il club che mi vorrà con tutte le

forze”. E così farà.

Massimo Moratti, Presidente dell’Inter dal 1995, corteggia il portoghese

da anni. Da prima del suo approdo al Chelsea. Finalmente il momento

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di Mourinho all’Inter sta per arrivare. Tutto nasce il 12 marzo 2008

dall’ennesima umiliante eliminazione rimediata dai nerazzurri in

Champions League. Roberto Mancini, allora allenatore dell’Inter, perde

la testa e dopo la sconfitta annuncia le proprie dimissioni nella

conferenza stampa del post partita. Nonostante le minimizzazioni di

Moratti ormai il dado è tratto e il Presidente fissa un primo incontro con

Mourinho. Solo dopo aver vinto lo scudetto e terminato la stagione

avverrà l’appuntamento decisivo, a Parigi.

Sarà la Gazzetta dello sport a immortalare Moratti e un entusiasta

Mourinho per la prima volta insieme e quindi a svelare l’identità del

nuovo allenatore dell’Inter.

Mancini nel frattempo verrà licenziato senza troppi complimenti così

che finalmente il popolo interista potrà acclamare la sua nuova stella,

José Mourinho.

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4.1 LA PRESENTAZIONE DELLO SPECIAL ONE

Il 3 giugno 2008 Mourinho viene presentato ufficialmente, nella sala

stampa di Appiano Gentile, come nuovo allenatore dell’FC

Internazionale. Una conferenza stampa spettacolare.

Quarantacinque minuti nei quali Mourinho si mostra brillante, sicuro di

sé ed estremamente impaziente per l’avventura che sta per

cominciare.

A stento contiene l’entusiasmo e scalpita parlando e concedendosi a

numerose domande sui più svariati argomenti. Dalla famiglia, al

mercato fino alle sue impressioni sul campionato italiano.

“Sono sicuro che, se lavoriamo bene, i risultati verranno di

conseguenza. Sono felice di essere in Italia, un paese fantastico in

termini calcistici, e ringrazio Moratti e Branca che mi hanno portato

qui”.13

13 CUBEIRO JC, GALLARDO L. Coaching Mourinho. Milano: Antonio Vallardi Editore, 2012 p.91

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La grinta, la voglia e la serietà di Mourinho sono sotto gli occhi di tutti

sin dal primo istante, per un dettaglio in particolare: parla già in

italiano. Confesserà di studiarlo da un paio di mesi con un professore

dell’ambasciata italiana. Sarà grazie al suo già apprezzabile italiano che

renderà la sua prima conferenza stampa in nerazzurro epica.

All’ennesima domanda di mercato Mourinho tira fuori dal cilindro una

risposta straordinaria: “Tu parli dei giocatori del Chelsea, ma io non

rispondo. Perché non sono un pirla.”

Nessuno poteva aspettarsi una replica del genere. La sala stampa esplode

inevitabilmente in una risata spontanea che si trasforma poi in un

applauso più che meritato. Il portoghese ha già conquistato tutti.

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4.2 NOI CONTRO TUTTI

(Il Metodo Mourinho)

“Una tribù si definisce come un gruppo di persone che condividono una

lingua, costumi, credenze e un territorio propri. Ogni tribù ha un capo

con l’autorità per governarla. Nel caso di una squadra di calcio, il capo

della tribù è Mourinho. Di che magia dispone, per far sì che tutti i suoi

giocatori si arrendano di fronte a lui? Qual è il suo obiettivo?

Semplicemente, sconfiggere le tribù avversarie.”

In quattro campionati diversi, in quattro paesi europei diversi, in

quattro lingue diverse, José Mourinho è riuscito a soddisfare i requisiti

basilari per guidare una tribù, che nel suo caso è una grande squadra

di calcio.

Innanzitutto Mourinho è un guerriero al servizio della sua società.

Come un Robin Hood contemporaneo combatte a spada tratta per

difenderla, proteggerla e farla trionfare, a costo di subire pesanti

critiche e di risultare antipatico. Con lui ti senti intoccabile. È

particolarmente calzante su questa capacità di Mourinho una

dichiarazione di Arrigo Sacchi, geniale allenatore del Milan: “Mourinho

è il leader indiscutibile del gruppo, il parafulmine e il catalizzatore, il

gestore e il creatore. È un fenomeno degno di essere studiato, un

esemplare unico di cui non esistono cloni.”

Non è un caso che in ogni squadra che abbia allenato Mourinho sia

riuscito a creare una sorta di esercito, fatto di giocatori, tifosi,

presidenti e dirigenti, tutti pronti a combattere per lui, a schierarsi al

suo fianco. Come è possibile tutto ciò? Semplicemente Mourinho è un

vero leader. Carismatico, autorevole, ma mai autoritario.

Fra le migliori qualità di Mourinho come allenatore vi è senza dubbio la

capacità di “fare gruppo”. Mentre altri allenatori puntano sulle

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individualità, il portoghese privilegerà sempre il gruppo, senza

distinzioni né preferenze.

La squadra viene prima di tutto: “Ciò che rende forte una squadra è

poter giocare da squadra. Per me, è tutto molto chiaro. La miglior

squadra possibile non è quella che ha i migliori giocatori, ma quella che

gioca da squadra. Guarderò tutti i miei giocatori allo stesso modo,

perché i trofei li vincono le squadre”.

Così si crea un gruppo autentico: attraverso una visione condivisa. Questo

fa nascere la convinzione che l’obiettivo possa essere raggiunto soltanto

tramite l’unione. Così il tuo compagno diventa come un fratello e il tuo

allenatore come un condottiero, da seguire ad ogni costo.

A conferma di tutto ciò ci sono le innumerevoli dichiarazioni di giocatori

e non solo.

Zlatan Ibrahimovic, ad esempio, uno che di certo non le ha mai

mandate a dire a nessuno, nutrirà da subito una sconfinata fiducia nei

confronti di Mourinho. Dalle parole di Ibra si intende perfettamente il

sentimento condiviso da chi viene a contatto con José Mourinho.

“Io non l’avevo ancora incontrato, ma lui già era riuscito a stupirmi, mi

aveva legato a lui già prima che ci conoscessimo. Ed era destinato a

diventare una persona per la quale, più o meno, sarei stato disposto a

morire.”14

“Già durante gli Europei mi avvisarono che Mourinho mi avrebbe

telefonato a breve e io pensai: ‘Dio, è successo qualcosa?’. E invece voleva

solo parlarmi. Dire: ‘Che bello che lavoreremo insieme, non vedo l’ora di

conoscerti’, niente di strano insomma, se non che lui parlava in italiano.

Non lo capivo, cazzo. Mourinho non aveva mai allenato un club italiano

eppure parlava la lingua meglio di me. Se l’era imparata in un niente, in

tipo tre settimane, e io non riuscivo a seguirlo,

14 LAGERCRANTZ D. Io, Ibra. Milano: RCS Libri S.p.A., 2011

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dovemmo passare all’inglese. Mi resi subito conto che lui è uno che si

interessa davvero, non fa le solite domande di circostanza solo perché

deve. Aveva uno scopo, voleva incoraggiare. Creare lealtà. Mi piacque

immediatamente, scattò subito una scintilla. Ci capivamo e mi dissi:

quest’uomo è uno che lavora duro. Si fa il culo il doppio degli altri.

Segue il calcio ventiquattr’ore al giorno e fa le sue analisi. Mourinho

sapeva tutto. Avevi la sensazione immediata che lui avesse il controllo

totale”.15

“Quando lo incontrai per la prima volta rimasi stupito. Era piuttosto

basso, con le spalle strette, e sembrava piccolo vicino ai giocatori.

Eppure intorno a lui l’aria vibrava. Metteva in riga chiunque, e poi non

gridava. Tanto la gente ascoltava comunque”.16

“Prima delle partite ci dava forza, fiducia. Ogni volta era come una

recita, un gioco psicologico. Picchiava il pugno contro il palmo della

mano, poi tirava un calcio alla lavagnetta facendola volare via per la

stanza, e noi avevamo così tanta di quell’adrenalina in corpo che

andavamo fuori disposti a tutto. Aveva questa qualità, dopo averlo

ascoltato avresti voluto uccidere per lui”. 17

Il metodo Mourinho consiste in questo: lealtà reciproca, fiducia e duro

lavoro.

15 LAGERCRANTZ D. Io, Ibra. Milano: RCS Libri S.p.A., 2011

16 Ibidem

17 Ibidem

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4.3 IL RUMORE DEI NEMICI E LA PROSTITUZIONE

INTELLETTUALE

“Se non hai nemici vuol dire che la fortuna si è dimenticata di te.”

(Thomas Fuller)

Avere un nemico può spingerti a migliorare. Un nemico permette di

sentirsi parte di un gruppo, dà identità, motiva. Attraverso

l’identificazione di un nemico Mourinho riesce a costituire una fonte di

motivazione supplementare.

Ovunque abbia allenato ha utilizzato questo richiamo al nemico per

rafforzare in qualche modo la propria identità e rivendicare sé stesso

di fronte al rivale. Questo metodo ha rappresentato una efficace

costante all’interno di ogni suo percorso.

Tutto ciò ha innegabilmente un che di ultras. Mourinho può essere

considerato in qualche modo un “hooligan’”? Probabilmente sì.

“Voi esistete in quanto noi vi odiamo”

Possiamo in questo caso fare riferimento alla teoria di Benedict

Anderson, sociologo irlandese che negli anni ottanta ha coniato

l’espressione comunità immaginata.

“Secondo la teoria di Anderson, una comunità immaginata si distingue da

una comunità effettiva perché non si fonda su relazioni personali dirette,

faccia a faccia, fra i suoi appartenenti. Le tifoserie si percepiscono come

una comunità che presenta allo stesso tempo i tratti propri della comunità

immaginata e caratteristiche che sono invece tipiche di gruppi in cui

prevalgono relazioni faccia a faccia. I tifosi tendono a riconoscersi anche

in assenza di contatti personali. In quanto juventini, interisti o romanisti

si appartiene a una comunità di affini. La

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comunità immaginata eredita e riproduce un complesso sistema di

relazioni sociali basate sull’opposizione fondamentale amico-nemico”.18

I nemici di Mourinho sono gli stessi della sua Società. In quanto

avversari essi sono nemici naturali. Questi nemici non spaventano

affatto il portoghese, che anzi trae vantaggio e linfa vitale dallo scontro

con essi.

“Qui (in Italia) ci sono molte cose che mi piacciono, e una di queste

l’ho sentita negli ultimi giorni, ed è il rumore dei nemici. Ho espresso

un’opinione e subito, vrrr, vrrr!, il rumore dei nemici. Mi piace avere

dei nemici, è una cosa che mi piace perché, anche se rende le cose più

difficili, io sono molto più motivato per l’inizio della stagione”.19

E di nemici Mourinho ne avrà tanti, ovunque vada. Durante le sue due

stagioni all’Inter ne collezionerà di ogni genere. Allenatori, giocatori,

dirigenti, presidenti, arbitri e ultimi ma non meno importanti,

giornalisti.

La conferenza stampa diventerà per Mourinho terreno di battaglia quasi

quanto il prato di San Siro. Mourinho è un gran provocatore in grado di

divertire o far arrabbiare chi lo ascolta, a suo piacimento. È capace di

utilizzare i media per dire quello che serve in ogni momento. Sono rari i

casi in cui lo vedremo davvero perdere la pazienza ed uscire quindi dal

suo personaggio. Sì, a detta di tanti Mourinho al di fuori del calcio

è una persona totalmente diversa. Un uomo sensibile, generoso e

riservato. Mourinho ha imparato a giocare le partite a cominciare dalla

conferenza stampa costruendosi un personaggio che sicuramente non

fa polemica tanto per, ma che spesso la costruisce, la fomenta e la

utilizza per motivare sé stesso e i suoi.

Di solito Mourinho inizia le conferenze stampa calmo e con poca voglia di

parlare. Usa risposte brevi, a volte sono monosillabi. Tutto calcolato.

18 PORRO N. Sociologia del calcio. Roma: Carocci Editore, 2008

19 CUBEIRO JC, GALLARDO L. Coaching Mourinho. Milano: Antonio Vallardi Editore, 2012. p. 121

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Come un buon diesel si riscalda col passare dei minuti per arrivare dove

vuole quando vuole.

Innumerevoli saranno i battibecchi e le scaramucce con i vari nemici.

Alcuni a tratti comici e scherzosi, in cui lo Special One metterà in

mostra tutta la sua ironia.

Il primo nemico italiano di Mourinho sarà Claudio Ranieri, che in realtà

veramente nemico non lo sarà mai. I battibecchi tra i due risultano

perlopiù buffi.

“Io sono il contrario di Mourinho, non ho bisogno di vincere per essere

sicuro di quello che faccio.”

“Ranieri ha detto che non ha bisogno di vincere. Forse è per questa

mentalità che a quasi settant’anni ha vinto solo una Supercoppa.”

[Ranieri all’epoca di anni ne ha meno di sessanta]

Oppure il simpatico siparietto nei confronti dell’amministratore

delegato del Catania Pietro Lo Monaco. Al siciliano, che dopo Inter-

Catania attaccherà duramente il portoghese, Mourinho risponde così:

“Monaco? Io conosco Bayern Monaco, Monaco di Montecarlo, monaco

del Tibet, il Gran Premio di Monaco. Se questo Lo Monaco vuole farsi

pubblicità parlando di me deve pagarmi, come fanno i miei sponsor”.

Sfortunatamente ci saranno anche tante conferenze e dichiarazioni

dure e cariche di amarezza e frustrazione.

Storica sarà la conferenza stampa in cui lo Special One parlerà per la

prima volta della ormai celeberrima Prostituzione intellettuale. Sette

minuti di monologo in cui Mourinho si lamenterà della disparità di

trattamento ricevuta dalla sua squadra da parte della stampa rispetto

alle altre big che chiuderanno il campionato con Zero tituli.

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“A me non piace la prostituzione intellettuale, a me piace l’onestà

intellettuale. Mi sembra che negli ultimi giorni ci sia stata una

grandissima manipolazione intellettuale, un grande lavoro organizzato

per cambiare l’opinione pubblica per un mondo che non è il mio. Negli

ultimi due giorni non si è parlato della Roma che ha grandissimi

giocatori, ma che finirà la stagione con zero titoli. Non si è parlato del

Milan che ha undici punti meno di noi e chiuderà la stagione con zero

titoli. Non si è parlato della Juve che ha conquistato tanti punti con

errori arbitrali. Io sono andato davanti alle telecamere per dire che la

mia squadra ha vinto a Siena con un errore dell’arbitro. Io ho un

contratto con l’Inter e l’Inter ha un contratto con i media. Io parlo con

la stampa perché sono obbligato. Spalletti invece parla prima della

partita, durante l’intervallo e dopo la partita. È amico di tutti. È

primetime. Io non sono così. Io non manipolo l’opinione pubblica.”20

A seguito di questo sfogo Mourinho verrà deferito dal procuratore

federale Stefano Palazzi. Sarà inoltre costretto a pagare una multa di

diecimila euro.

Altra grande polemica nascerà da una profonda e amara riflessione di

Mourinho sul calcio italiano.

“Io ho sentito in questi giorni un’espressione nuova per me e per il mio

italiano: dobbiamo abbassare i toni, abbassiamo i toni. Non parliamo di

niente e mettiamo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. È stato così

che voi italiani avete costruito una storia che a me come professionista di

calcio e come persona ha fatto provare una vergogna incredibile. In quel

momento lavoravo in Portogallo, ma mi ha fatto vergognare di dare da

mangiare alla mia famiglia col calcio. Voi tutti,

20 GASPORT. Mourinho ne ha per tutti “Prostituzione intellettuale”. Gazzetta.it [online] 03/03/2009.

Indirizzo: http://www.gazzetta.it/Calcio/Primo_Piano/2009/03/03/mourinho.shtml

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col vostro silenzio avete costruito Calciopoli. Dico ancora una cosa. Io

sono arrivato in Italia onesto e ne uscirò altrettanto.”21

Ovviamente queste parole del portoghese scateneranno un putiferio,

oltre ad un’ipocrita indignazione generale. La dirigenza della Juventus

pretenderà le scuse del portoghese ma anche e soprattutto da parte

della società. Scuse di circostanza, perché chiaramente l’Inter sostiene

il suo condottiero, José Mourinho.

Mourinho fa il mitico gesto di protesta delle manette durante Inter-Sampdoria (22 febbraio 2010)

21 SPORTMEDIASET [online] 25/02/2010. Indirizzo: http://www.sportmediaset.mediaset.it/calcio/calcio/articoli/30223/-in-silenzio-costruiste-calciopoli-

.shtml

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4.4 LA FAVOLA NERAZZURRA

L’avventura di José Mourinho all’Inter comincia ufficialmente nel

pomeriggio del 3 marzo 2008, quando il portoghese si presenta

all’Italia intera sfoggiando il suo italiano carico di ironia e allo stesso

tempo di idee estremamente chiare.

L’obiettivo è uno soltanto e di certo Mourinho non si fa problemi a

dichiararlo: la Champions League. “La Champions è il sogno di tutti. Io la

reputo la competizione dei dettagli, quelli fanno la differenza. Dico solo

che nelle Coppe le mie squadre hanno sempre fatto bene”.22

Stagione 2008/2009

La prima stagione di Mourinho all’Inter inizia nel migliore dei modi. Il

25 agosto 2008 vince il suo primo titolo nerazzurro, la Supercoppa

italiana, battendo la Roma di Luciano Spalletti ai calci di rigore. Grazie

a questa vittoria diventerà il primo allenatore ad aver vinto le

Supercoppe di tre paesi diversi: Portogallo, Inghilterra e Italia.

La squadra chiuderà il girone d’andata con 41 punti, stabilendo un

record. Ma se da una parte, polemiche a parte, il campionato va a

gonfie vele, dall’altra la squadra si troverà per l’ennesima volta fuori

dalla massima competizione Europea solo in primavera. Dopo l’amara

eliminazione subita agli ottavi di finale per mano del Manchester United

Mourinho tornerà al lavoro per concetrarsi sull’obiettivo restante, lo

scudetto.

22 MOLA G. Mou! L’avventura nerazzurra di José Mourinho scudetti, coppe, provocazioni, l’addio.

Firenze: Mauro Pagliai Editore, 2010

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Il 17 maggio 2009 l’Inter batte a San Siro il Siena 3-0, conquistando

così lo scudetto con due giornate d’anticipo. In realtà la quadra di

Mourinho non avrà nemmeno bisogno di scendere in campo. La

certezza matematica del titolo era arrivata la sera prima grazie alla

sconfitta patita dal Milan contro l’Udinese.

Mourinho è entusiasta e dichiara: “Il campionato è una maratona e per

vincerlo siamo stati dei mostri a livello psicologico. In campionato alla

fine vince sempre il migliore. E noi lo siamo stati”.

Nonostante i rumour che si erano insinuati durante il corso della

stagione riguardanti il prepotente interessamento del Real Madrid allo

Special One, il 25 maggio, vinto il titolo nazionale, Mourinho rinnoverà

il suo contratto con l’Inter fino al 2012.

Se l’estate del 2010 verrà ricordata dagli interisti come quella più

esaltante e indimenticabile, grazie alla conquista dell’ambito Triplete,

una menzione d’onore va per forza concessa anche all’estate

precedente, quella del 2009, che ha visto la costruzione e la nascita

della squadra che di lì a breve sarebbe diventata “Campione di tutto”.

Dal Genoa, senza eccessivo entusiasmo da parte di molti tifosi, arriverà il

tandem composto dal bomber Diego Milito e dall’intelligente

centrocampista Thiago Motta. Trasferimento che rischierà di naufragare a

causa di problemi con il Presodente genoano Preziosi. Dal Bayern Monaco

arriva l’esperto centrale di difesa brasiliano Lucio, che affiancherà

egregiamente il Muro interista Walter Samuel. Verso la fine del mercato

verrà acquistato dal Real Madrid l’olandese Wesley Sneijder. Ma il vero

colpo di mercato sarà la cessione monstre di Zlatan Ibrahimovic al

Barcellona. Il club catalano pagherà all’Inter 46 milioni di euro più la

cessione del camerunense Samuel Eto’o, valutato 20 milioni. Col senno di

poi si rivelerà un affare d’oro.

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Stagione 2009/2010

La seconda stagione è quella dei sogni, ma ancora nessuno può

immaginare quanto lo diventerà. Nonostante la grande motivazione del

tecnico e della squadra, la stagione parte con una sconfitta. Sarà infatti la

Lazio ad aggiudicarsi la Supercoppa italiana, battendo i Campioni d’Italia

2-1. Anche il Campionato non parte col piede giusto e contro il Bari i

nerazzurri si dovranno accontentare di un deludente pareggio. La svolta

arriva solo una settimana più tardi. L’Inter stravince il derby distruggendo

il Milan per 4 reti a 0. Nel frattempo l’Inter fatica ad ingranare in

Champions League, incappando in una problematica serie di pareggi. Alla

fine si qualificherà seconda nel proprio girone, dietro al temibile

Barcellona. Agli ottavi di finale incontra ed elimina il Chelsea. Nei quarti

trova l’abbordabile Cska Mosca e vola in semifinale. Ancora una volta c’è

il Barcellona ad attendere gli uomini di Mourinho.

Le fatiche della Champions si fanno sentire e la squadra in Campionato

si fa piano piano rimontare dalla Roma. Un pareggio in casa della

Fiorentina sancirà il sorpasso dei giallorossi.

Il 20 aprile 2010 San Siro sarà teatro di una sfida epica. L’Inter schianta

3-1 i marziani del Barcellona di Pep Guardiola. Una settimana più tardi

arriva la più dolce delle sconfitte. Dopo una partita eroica, giocata in

10 per più di un’ora a causa dell’ingiusta espulsione di Thiago Motta,

l’Inter annienta la “Remuntada” catalana, elimina l’invincibile

Barcellona e vola in finale di Champions League.

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4.5 TRIPLETE E ADDIO

All’inizio del maggio 2010 l’Inter si trova in una sorta di limbo. È in

corsa per tutto, ma può quindi potenzialmente ancora perdere tutto. Il

vantaggio sulla Roma seconda in classifica è di soli 2 punti e ci sono

due finali all’orizzonte. Quella di Coppa Italia e il sogno di una vita, la

tanto agognata Champions League.

Detta così potrebbe sembrare un clima pesante, ma dal ricordo di chi

scrive non lo era affatto. C’era piuttosto una strana consapevolezza,

come se tutto sembrasse finalmente scritto e nulla potesse andare

storto. L’Inter sembrava avvolta da un’aura di intoccabilità.

5 maggio 2010 - Coppa Italia (Stadio Olimpico, Roma)

Il destino spesso è beffardo e vuole che la prima finale, quella di Coppa

Italia si disputi in una data fino ad allora odiosa ed insopportabile per ogni

interista. Il 5 maggio. Ci penserà Diego Milito a spazzare via col suo gol

vittoria i dolorosi ricordi. L’Inter si aggiudica la Coppa nazionale, per la

sesta volta, battendo una fallosissima Roma.

16 maggio 2010 – Campionato di Serie A (Stadio Artemio Franchi,

Siena)

Il Campionato si chiude, per fortuna, senza sorprese. Dopo un primo

tempo di ansie e timori, i nerazzurri battono il Siena 1-0, ancora una

volta grazie a Milito. È il quinto scudetto consecutivo, il diciottesimo

della storia e il secondo consecutivo per Mourinho.

22 maggio 2010 – Champions League (Stadio Santiago Bernabeu,

Madrid)

“Per noi la Champions è un sogno, non un’ossessione”. Questo è il

mantra che José Mourinho ripete senza sosta nei giorni antecedenti la

finale della Coppa più prestigiosa.

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Sarà una finale senza storia. Il Principe Milito nella notte di Madrid

diventerà Re. La sua doppietta regalerà all’Inter la gioia più grande.

Dopo 45 anni l’Inter torna a vincere la Champions League.

L'Inter è Campione d'Europa (22 maggio 2010)

L’addio del Vate di Setúbal

Durante buona parte del 2010 si rincorreranno a più riprese le stesse voci.

Quelle del pressing del Real Madrid su Mourinho. Florentino Perez,

presidente delle Merengues, vuole il portoghese con tutte le sue forze ed

è disposto a tutto pur di strapparlo all’Inter a fine stagione. Mourinho

d’altra parte è ovviamente lusingato dalla corte del club più importante

del mondo. E poi è stufo dell’Italia, del calcio italiano e di tutte le sue

contraddizioni. Deciderà di andarsene perché in Italia si sente ormai

davvero a disagio, perché non si sente libero di esprimersi senza essere

attaccato, pregiudicato e demolito ogni domenica.

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Nella notte di Madrid ci saranno tante lacrime. La maggior parte di esse

saranno di pura gioia, ma altre saranno amare lacrime d’addio.

Mourinho si mostrerà più umano che mai. È un Mourinho sovrastato

dalle emozioni quello che abbraccia il suo Presidente con tutte le sue

forze, esulta con tutti, solleva la Coppa e si concede infine un solitario

giro di campo per salutare i suoi tifosi. Perché Mourinho già sa da

tempo che quello sarà un addio. Diversamente dal resto della squadra

non tornerà a Milano per gli indimenticabili festeggiamenti nell’alba

nascente di San Siro. Fuori dallo stadio lo aspetta il suo futuro, l’auto

del Real Madrid. Mourinho ci sale, ma subito la fa fermare. Sceso

dall’auto torna indietro da Marco Materazzi e lo abbraccia a lungo, in

lacrime.

Il 28 maggio 2010, dopo giorni di speranze, trattative e qualche

dissapore, Mourinho diventa ufficialmente allenatore del Real Madrid.

“È una gioia incredibile. Ringrazio tutti e non dimentico nessuno, dal

magazziniere al Presidente. L’Inter resterà la mia casa. Quando tornerò

a San Siro, tornerò nella mia casa e piangerò”.

Figura 1José Mourinho saluta i tifosi interisti dopo la vittoria della Champions League (22 maggio 2010)

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CONCLUSIONI

L’avventura del viandante José Mourinho non termina di certo nella

notte di Madrid. Lo attendono infatti tre travagliate stagioni nella

capitale spagnola alla guida del Real Madrid. Ritorna poi al Chelsea

dopo sei anni di assenza, ma viene esonerato al principio della terza

stagione. Dal maggio 2016 è alla guida del Manchester United. Nelle

sue esperienze post Triplete ha già collezionato vari titoli: Una Liga

spagnola, una Copa del Rey e una Supercoppa spagnola con il Real

Madrid. Una Premier League e una Coppa di Lega inglese con il Chelsea.

Infine una Community Shield, una Coppa di Lega e una UEFA Europa

League con il Manchester United.

Più che di Mourinho il fenomeno, sarebbe giusto parlare del Fenomeno

Mourinho. Quello che ha contagiato l’ambiente calcistico e non solo.

Mourinho è stato in grado di spaccare in due l’opinione pubblica. Ha

diviso trasversalmente le tifoserie, spiazzato gli addetti ai lavori e

creato scompiglio in ogni luogo dove abbia messo piede. Più di ogni

altra cosa ha dato da scrivere e da parlare a tutti noi. Col suo modo di

fare spregiudicato, irriverente e mai banale si è fatto amare ed odiare,

di certo non ignorare.

Il suo metodo comunicativo è diventato fonte di studi. Gli è stata

dedicata una quantità inenarrabile di materiale: libri, articoli,

documentari e persino un numero di Topolino. È stato, è e sarà un divo

extracalcistico in grado di riempire pagine, discussioni e tanto altro

anche solo con un suo silenzio.

Chi è davvero José Mourinho?

Mourinho è stato, negli anni, paragonato, accostato ed erto ad

un’infinità di figure di ogni genere, epoca e provenienza. Gloriosi

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condottieri, filosofi e pensatori di ogni tempo, leader politici e celebri

ribelli; figure letterarie ed avvenenti attori in carne ed ossa.

“Culmine dell’esercizio analogico, soprattutto a scopo di irrisione, è la

metafora cristologica, alimentata dallo stesso Mourinho in più occasioni

(“nemmeno Gesù piaceva a tutti”) e qualche volta sviluppata nella sua

variante messianica portoghese, la credenza “sebastianista”. Il

riferimento è al Re Sebastiano, caduto nel 1578, a soli 24 anni, nella

battaglia di Alcazarquivir contro il Re del Marocco, ma senza testimoni

e senza che si ritrovasse il cadavere, e poi assurto a presenza salvifica.

E oggi, va da sé, per molti “il re che tornerà in un mattino brumoso” è

proprio lui, José Mourinho.”23

In definitiva, Mourinho ha cambiato il calcio e la comunicazione

attraverso un semplice meccanismo. Ha dato due possibilità ad ognuno

di noi: quella di amarlo fino a rasentare la mitizzazione e l’idolatria

oppure quella di disprezzarlo e prenderne le distanze.

L’unica possibilità che Mourinho ha negato a tutti è quella di ignorarlo.

23 MODEO S. L’alieno Mourinho. Milano: Isbn Edizioni, 2010.

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BIBLIOGRAFIA

Opere

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Arnoldo Mondadori Editore, 2008.

MODEO S. L’alieno Mourinho. Milano: Isbn Edizioni, 2010.

CUBEIRO J.C., GALLARDO L. Coaching Mourinho: tecniche e strategie

vincenti del più grande allenatore del mondo. Milano: Antonio Vallardi

Editore, 2012.

MOLA G. Mou! L’avventura nerazzurra di José Mourinho. Scudetti,

coppe, provocazioni, l’addio. Firenze: Mauro Pagliai Editore, 2010.

MASTROLILLI F. Mourinho immaginario. Una educazione sentimentale.

Milano: Limina, 2010.

COLLETTIVO BAÜSCIA 2 Triplete, ovvero la prostituzione intellettuale

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LAGERCRANTZ D., IBRAHIMOVIĆ Z. Io, Ibra. Milano: Rizzoli Editore,

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PORRO N. Sociologia del calcio. Roma: Carocci Editore, 2008.

OLIVEIRA B. Mourinho, questione di metodo. Tropea Editore, 2009.ù

RIOTTA G. Javier Zanetti, giocare da uomo. Milano: Mondadori

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STANKOVIĆ D. Fortissimamente io. Milano: Mondadori Editore, 2010

Pagine web

José Mourinho [online] In: Wikipedia l’enciclopedia libera. Disponibile

all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Jos%C3%A9_Mourinho

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Inter [online] Disponibile all’indirizzo http://www.inter.it/it/hp

Gazzetta.it [online] Disponibile all’indirizzo http://www.gazzetta.it/

Sportmediaset [online] Disponibile all’indirizzo

http://www.sportmediaset.mediaset.it/

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RINGRAZIAMENTI

Sono tante le persone che vorrei ringraziare oggi.

Persone che in un modo o nell’altro, anche senza saperlo, hanno

contribuito al raggiungimento di questo traguardo.

Persone che mi hanno sostenuto ogni giorno, spronato a dare il meglio

o che semplicemente ci sono state nei momenti belli e in quelli meno

belli.

Comincio col ringraziare il mio relatore, prof. Ivan Berni, per avermi

consigliato e permesso di trattare un argomento tanto affine ai miei

interessi personali.

Ringrazio i miei compagni di avventura, diventati amici: Alexia, la

Cuggi, Lalla, Ele e Fede. Che dire? Senza di voi quest’esperienza non

sarebbe stata la stessa. Vi ringrazio per le risate, gli scherzi, le ore di

studio disperato, gli scleri e sì, vi ringrazio anche per gli appunti!

Ringrazio Federica, l’amica migliore che potessi desiderare. La mia

casa. La mia persona. Il mio Tom.

Ringrazio le amiche di una vita: Elliot e Basil. Sempre al mio fianco,

perché il TDM non si può dividere, mai.

Ringrazio Silvia, la mia Scemma che riesce sempre a farmi sentire

meno ansiosa di lei.

Ringrazio Emilie, la mia Rafi. Per la nostra pazza amicizia nata nella

culla.

Ringrazio “gli amici dello stadio”: Ale, Gloria, Roccia e Vez. Compagni

di tante vittorie e sconfitte, la stessa passione per i colori del Cielo e

della Notte.

Ringrazio Fabrizio, il fratello che ho scelto di avere.

Page 68: LA COMUNICAZIONE NEL CALCIO MODERNO: IL FENOMENO …...Setúbal, una cittadina del Portogallo che dista una cinquantina di chilometri da Lisbona. José nasce e cresce in una famiglia

Infine il Grazie più grande va a mia Madre e mio Padre, i miei

genitori, la mia Famiglia.

Grazie per aver creduto in me sempre e comunque, anche quando

probabilmente non lo meritavo affatto.

Grazie, di cuore.