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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA
Tesi di Laurea
La colonscopia virtuale nella diagnosi
del tumore del colon-retto
Relatore: Prof. Santino Marchi
Candidato: Rosa Balducci
Anno Accademico 2006/2007
2
INDICE
RIASSUNTO ............................................................. 3
INTRODUZIONE ........................................................ 7
SCOPO DELLO STUDIO ............................................ 35
PAZIENTI E METODI ................................................ 37
PAZIENTI............................................................. 38
METODI............................................................... 40
ANALISI STATISTICA ............................................ 44
RISULTATI ............................................................. 45
DISCUSSIONE ........................................................ 52
CONCLUSIONI ........................................................ 59
BIBLIOGRAFIA........................................................ 63
3
RIASSUNTO
4
La Colonscopia Virtuale (CV), introdotta come metodica di studio
del colon nel 1994, consente di visualizzare da una prospettiva
endoluminare il colon, simulando un endoscopio a fibre ottiche.
Nella CV i dati acquisiti sono sottoposti ad una elaborazione e
ricostruzione volumetrica di superficie, interpolati strato per
strato, fino ad ottenere una navigazione intraluminare, segmento
per segmento, dal retto al cieco e viceversa.
Scopo di questo studio è stato quello di valutare l’accuratezza
diagnostica della CV nella diagnosi del Carcinoma del Colon-retto,
confrontando tale metodica con la Colonscopia Convenzionale
(CC), tuttora considerata il gold-standard nella diagnostica del
colon.
Oggetto dello studio sono stati 26 pazienti, risultati positivi al test
del sangue occulto nelle feci in tre determinazioni.
Tali pazienti sono stati sottoposti ad una CV e, quando possibile,
5
nella stessa giornata ad una CC, eseguita da un operatore ignaro
dell’esito della CV, ma affiancato da un collega a conoscenza del
risultato.
La CV ha individuato un totale di 43 formazioni polipoidi, delle
quali 40 sono state confermate alla CC.
La CV ha generato 3 falsi positivi e 2 falsi negativi, la sensibilità
della CV nell’individuare formazioni polipoidi è risultata del
95,24%, mentre la specificità è risultata del 50,0%, con un valore
predittivo positivo (VPP) del 93,0% ed un valore predittivo
negativo (PPN) del 60,0%; l’ accuratezza diagnostica del test è
risultata del 89,58% (p<0,0001).
La CV sembra essere una buona metodica di indagine per il
carcinoma del colon-retto, non sostitutva della CC, ma ausiliaria
ad essa, nei casi in cui quest’ultima non può essere eseguita per
6
intolleranza del paziente o per presenza di stenosi, che
impediscono il raggiungimento del cieco.
7
INTRODUZIONE
8
Il tumore del colon-retto rappresenta un argomento di interesse
medico di estrema attualità, in quanto è uno dei tumori maligni
più comuni nei Paesi occidentali, secondo come incidenza, sia nel
sesso maschile che nel sesso femminile, rispettivamente al
tumore del polmone ed al tumore della mammella.
In Italia si stimano circa 41000 nuovi casi all’anno di tumore del
colon-retto, e circa il 12% di tutti i tumori che colpiscono
annualmente la popolazione maschile italiana ha sede
colonrettale.
La presentazione clinica del carcinoma del colon-retto, risulta
essere condizionata dalla sede di insorgenza di tale tumore;
quando insorge nel colon destro, la sintomatologia è tardiva,
caratterizzata da un imponente anemizzazione dovuta alla
perdita ematica proveniente dalla lesione e mucorrea; nella fase
avanzata può essere reperibile anche una massa palpabile in
9
addome destro. Se il tumore insorge nel colon di sinistra, sia per
la sua natura stenosante, sia per il minore diametro colico, si
possono avere eventi sub-occlusivi, feci frammiste o verniciate di
sangue e mucorrea. Se la sede è rettale può esserci tenesmo, e
se la lesione è post-ampollare anche occlusione, naturalmente
sempre accompagnata da mucorrea e sanguinamento.
I fattori di rischio chiamati in causa nell’insorgenza del carcinoma
del colon-retto (CCR) sono: l’età superiore ai 50 anni, la presenza
di polipi adenomatosi, la storia familiare per CCR, sindromi
ereditarie a trasmissione autosomica dominante; è bene però
ricordare che, la maggior parte dei tumori insorge in forma
sporadica (75%). Inoltre tra i fattori di rischio vanno ancora
menzionati: storia di malattie infiammatorie croniche intestinali,
stati di immunodeficienza, radiazioni della regione pelvica, ed
erronee abitudini dietetiche.
10
Il picco di incidenza del CCR è compreso tra 60 e 79 anni di età ,
meno del 20% di casi si verifica invece prima dei 50 anni.
Il sesso maschile ha un rischio lievemente più alto (con un
rapporto 1,2:1 rispetto a quello femminile), anche se le lesioni
più prossimali colpiscono in ugual frequenza i due sessi.
Particolari considerazioni vanno fatte invece, per i soggetti che
presentano sindromi ereditarie quali Poliposi Adenomatosa
Familiare (FAP) e il Cancro-Rettale Non Poliposico Ereditario
(HNPCC). Entrambe trasmesse con modalità autosomica
dominante, la prima prevede la comparsa fin da giovane età di
migliaia di polipi adenomatosi con inevitabile trasformazione in
senso carcinomatoso, la seconda è correlata ad una forte
predisposizione a sviluppare il cancro in età adulta, in seguito a
mutazione germinale dei geni che formano il mismatch-repair
system (MMRS)(1).
11
In circa il 15-20% dei casi vi è una familiarità legata
all’insorgenza dei tumori del colon-retto: si parla di familiarità
semplice per i soggetti che hanno un solo familiare di primo grado
con CCR diagnosticato in età inferiore ai 50 anni, per questi vi è
un rischio doppio o triplo di riscontrare tale neoplasia rispetto alla
popolazione generale. Invece per familiarità complessa si intende
un soggetto che presenta nel nucleo familiare uno o più parenti
con CCR e che non rientra nella dizione di sindromi ereditarie.
Ulteriori fattori di rischio, sono sicuramente le malattie
infiammatorie croniche intestinali: infatti i pazienti affetti da
rettocolite ulcerosa (RCU) e Morbo di Crohn a localizzazione
colica hanno un rischio aumentato di sviluppare la neoplasia in
stretta correlazione con l’estensione e la durata della malattia.
Ulteriori fattori che possono influenzare l’insorgenza del cancro
del colon-retto sono le abitudini dietetiche, quali una
12
alimentazione ricca in grassi e una scarsa componente di fibre;
un possibile razionale in questo sta nel fatto che le fibre
promuovendo un rapido svuotamento intestinale e legando le
sostanze potenzialmente cancerogene ridurrebbero la durata del
contatto tra queste e le mucose.
Di fondamentale importanza per il decorso e la prognosi della
malattia è stato il riconoscimento di una ben definita
concatenazione di alterazioni genetiche che conduce
all’insorgenza di tale neoplasia. Il modello proposto da Fearon e
Vogelstein, basato sulla sequenza adenoma-carcinoma, è stato
ampiamente accettato come sequenza-tipo nello sviluppo del
carcinoma colorettale (1). Le osservazioni alla base di questa
teoria sono le seguenti:
- popolazioni con un alta prevalenza di adenomi hanno un’alta
incidenza di carcinomi colonrettali e viceversa;
13
- la distribuzione degli adenomi è sovrapponibile a quella dei
carcinomi;
- il picco di incidenza dei polipi adenomatosi precede di alcuni
anni quello dei carcinomi colonrettale;
- quando si identifica un carcinoma invasivo in uno stadio
precoce, è spesso presente tessuto adenomatoso circostante;
- il rischio di carcinoma è direttamente proporzionale al numero di
adenomi presenti;
- il programma di follow up per l’identificazione di adenomi, con
l’escissione delle lesioni sospette, riduce l’incidenza del carcinoma
colonrettale.
La sequenza di eventi che dall’epitelio normale, conduce
all’insorgenza prima di displasia a basso grado, poi ad alto grado
ed infine del carcinoma, vede la modificazione di diversi geni
(APC, ras, p53, DCC) in precisi momenti evolutivi.
14
Secondo lo schema delle alterazioni morfologiche e molecolari, a
partire dall’EPITELIO NORMALE si è ipotizzata la perdita di una
coppia normale del gene oncosoppressore APC precoce (primo
evento), la mutazione di un allele APC può essere addirittura
presente sin dalla nascita; segue poi la perdita della seconda
copia normale di APC (secondo evento) e a seguito di tale
mutazione si ha un quadro di IPERPROLIFERAZIONE EPITELIARE.
Segue poi l’ipometilazione del DNA, con l’insorgenza di ADENOMA
INIZIALE. La tappa successiva è la mutazione
dell’oncosoppressore K Ras che determina la stadio di ADENOMA
INTERMEDIO; poi la perdita del gene DCC, porta ad un quadro di
ADENOMA TARDIVO. Ulteriori mutazioni e perdite di eterozigoti
inattivano il gene oncosoppressore p53 (in 17p) e i geni SMAD2
SMAD4 (in 18p), portando infine all’insorgenza del CARCINOMA. È
importante notare che, benché sembri esistere una sequenza
15
temporale delle alterazioni, è l’accumulo di quest’ultime più che il
loro ordine di insorgenza, ad essere importante (2)(3).
Figura 1. – Evoluzione epitelio normale - carcinoma.
Da tutto ciò si evince l’importanza di una diagnosi precoce che
riesca così ad interrompere la sequenza.
In generale vengono ritenuti adenomi ad alto rischio, quelli con
diametro superiore a 10mm, con almeno il 25% di componente
Colon normale
Cripte aberranti e Piccolo Adenoma
Carcinoma
Inattivazione di APCInattivazione di APC
Accumulo mutazioni (K-ras, DCC, metil-DNA)
Accumulo mutazioni (K-ras, DCC, metil-DNA)
Inattivazione di p53Inattivazione di p53Largo Adenoma
16
villosa e con displasia di grado elevato. Secondo Lieberman et al.
il 69,3% dei carcinomi sono localizzati distalmente alla flessura
splenica (4).
Da queste considerazioni risulta chiara l’utilità di un adeguato
protocollo di screening per questa neoplasia, in quanto vi è la
possibilità di intervenire in una fase precoce, per così ridurre
significativamente la mortalità.
Il test di screening deve essere relativamente semplice, non
invasivo, accurato in termini di sensibilità e specificità e poco
costoso.
Per quanto riguarda le possibili metodiche di screening,
attualmente in uso anche in Italia, il sangue occulto nelle feci
(RSO), risulta essere il test di screening che attualmente
riscontra la maggiore compliance da parte del paziente, come
17
riportato in letteratura e nelle ultime ricerche effettuate da Nelson
e Schwartz (6).
La RSO si basa sulla capacità del guaiaco di evidenziare
l’emoglobina e i suoi derivati sui campioni fecali. Questo test
chimico sfrutta l’attività perossidasica dell’emoglobina dando una
risposta di positività, con metodo colorimetrico. Questo test
risulta avere alta specificità (specificità 90%) (7). Di contro i limiti
di tale metodica risultano essere sia falsi positivi che falsi negativi
che si possono ritrovare nei RSO che utilizzano il guaiaco, legati
alla dieta: infatti le emoglobine animali, presenti nella carne
potrebbero dare falsi positivi e, al contrario, un eccesso di
vitamina C potrebbe dare falsi negativi. Alcuni studi trattano
questo problema, tra cui quelli condotti da Mandel e Hardcastle,
ed in effetti sembra opportuno rispettare delle restrizioni
dietetiche un giorno prima del test (8) (9). Ulteriori falsi positivi
18
possono essere dati da sanguinamenti in altre sedi non correlate
a neoplasie, o ancora falsi negativi possono essere riscontrati
perchè polipi di piccole dimensioni non sanguinano.
L’importante problema del sanguinamento intermittente delle
lesioni precoci, è stato invece, in parte superato dal
campionamento di tre defecazioni successive, che ci danno quindi
un quadro più attendibile (10).
In conclusione, utilizzando i dati provenienti da quattro studi
randomizzati e controllati, è stata effettuata una metanalisi, che
ha dimostrato una riduzione significativa del 16 % della mortalità
per CCR, con lo screening del sangue occulto fecale (11). Tale
riduzione di mortalità è dovuta ad una riduzione della invasività
dei tumori rinvenuti e alla rimozione degli adenomi conseguente a
colonscopia totale con polipectomia, impiegata come esame di
secondo livello.
19
Inoltre la più elevata riduzione di mortalità (45%) è stata
ottenuta con la ripetizione del test su tre campioni eseguito
annualmente (12) (13).
Ampiamente discusso è il ruolo dello sigmoidoscopia come mezzo
di screening, attualmente in Italia non compreso nei protocolli
ufficiali.
Tale metodica endoscopica si avvale di un fibroscopio flessibile
della lunghezza di 60cm (anche se in Italia si usa ugualmente il
colonscopio di 130 cm, utilizzato nell’esame completo) limitando
l’esame all’esplorazione colica fino al giunto sigma-discendente.
Essendo una metodica endoscopica essa ha il vantaggio di
permettere la visualizzazione diretta dell’intestino e di consentire
la possibilità di effettuare biopsie; di contro tale metodica è in
grado di evidenziare al massimo il 50-60% dei polipi o cancri del
colon e poi si rende comunque necessaria l’esecuzione di una
20
colonscopia completa. Come preparazione per l’esame del colon
distale è sufficiente un clisma la sera prima e uno la mattina
dell’esame. La performance diagnostica della sigmoidoscopia è
sovrapponibile a quella della colonscopia per lo stesso tratto di
colon esaminato e cioè vengono evidenziati quasi tutti i cancri e i
polipi < 10mm e il 70-85% dei piccoli polipi. Salby ha dimostrato
che la sigmoidoscopia è associata ad una riduzione della mortalità
del 59% per CCR insorti nelle zone esplorate dal sigmoscopio
(14). Tuttavia circa un terzo dei pazienti con cancri ed adenomi
anche ad alto rischio prossimali, non presenta adenomi distali,
quindi in questi casi la validità di questo esame è praticamente
nulla.
I dati di compliance allo screening con sigmoidoscopia sono molto
variabili, comunque i fattori che sono associati ad una maggiore
21
adesione sono influenzati da, storia familiare, età avanzata, sesso
femminile, stato sociale avanzato e conoscenza della malattia.
Un ampio studio randomizzato inglese riferisce una sorprendente
adesione allo screening con sigmoidoscopia del 71% da parte dei
pazienti; di questi, solo il 5% ha reso necessaria una colonscopia
di secondo livello in base alle lesioni riscontrate (15).
Concludendo, quindi, la sigmoidoscopia, per il cancro e per i
grandi adenomi del colon sinistro ha sensibilità e specificità
rispettivamente del 96,7% e del 94%; invece per adenomi piccoli
la sensibilità e del 73,3% e la specificità è del 92% (16).
Tra le strategie proposte dall’American Cancer Society vi è un
protocollo che vede combinati la RSO da eseguire con scadenza
annuale, e la sigmoidoscopia da eseguire con scadenza
quinquennale (16).
22
In passato come metodica di screening in alternativa alla RSO e
alla colonscopia, veniva proposto il clisma opaco a doppio
contrasto. Tale metodica radiografica consente lo studio della
superficie colica e richiede una preparazione intestinale del
paziente, viene utilizzato come mezzo di contrasto il bario, che
viene inserito attraverso una sonda rettale e viene lasciato
defluire fino al cieco; quindi attraverso la sonda viene poi
insufflata aria, che fa aderire il bario alla superficie colica che
viene così come verniciata. Il paziente dovrà poi assumere vari
decubiti in modo da favorire la progressione del mezzo di
contrasto lungo il colon e per ogni decubito viene scattata una
radiografia. I limiti di tale metodica sono la necessità di effettuare
una preparazione, ed inoltre l’esposizione a radiazioni ( circa 7,0
mSv equivalenti alle radiazioni di 350 Rx torace).
23
Come è facile comprendere tale metodica non sembra soddisfare
i parametri di sensibilità e specificità di una metodica di
screening, né la possibilità del suo impiego quale esame
semplice, di basso costo ed accettabile.
Una nuova frontiera per lo screening può essere considerata il
Gene Based screening, cioè l’esame delle feci per individuare
alterazioni geniche. Gli studi condotti fino a questo momento
hanno il forte limite di non essere stati eseguiti su una
popolazione asintomatica, quindi non danno informazioni sulla
sensibilità di questo test nell’identificazione di uno stadio precoce
della malattia. A favore di questo test vi è il fatto che le cellule
neoplastiche sfogliano continuamente nel lume intestinale (a
differenza del sanguinamento che invece sappiamo essere
intermittente) e di più rispetto alla mucosa normale. Tra le
mutazioni del DNA sicuramente quelle del gene k ras sono le più
24
studiate (17) (18): la alterazione di questo gene è stata
riscontrata fino al 14% anche in persone senza neoplasia. La
sensibilità può essere poi incrementata andando a ricercare anche
mutazioni a carico di tp53 o anche di APC, marcatore della
repressione dell’apoptosi. Il grande limite di questo test è
rappresentato dall’alto costo dell’esecuzione.
La pancolonscopia che allo stato attuale è considerata ancora il
gold standard per la diagnostica del colon, si esegue utilizzando
un endoscopio di lunghezza variabile tra 130 e 160 cm, con fonte
luminosa e telecamera sull’estremità per la trasmissione delle
immagini su un monitor. Tale metodica endoscopica è l’unica che
permette una esplorazione completa ed affidabile di tutto il colon,
potendo essere inoltre contemporaneamente diagnostica e
terapeutica in quanto consente di fare biopsie e polipectomie
estemporanee. La specificità della colonscopia, si attesta tra il 90-
25
98% e la sensibilità è quasi del 100% (19). Per l’esecuzione di
questo esame si richiede una accurata preparazione del colon,
che prevede l’assunzione di lassativi e di ingenti quantità di
soluzioni catartiche, più precisamente l’attuale protocollo
prevede:l’assunzione di una preparazione a base di
polietilenglicole (PEG) da assumere con 4 litri di acqua il giorno
prima dell’esame ed una dieta priva di fibre, da tre giorni prima
dell’esame, inoltre in soggetti che presentano stipsi cronica è
consigliato anche l’utilizzo di 1 o 2 clismi evacuativi. Per ridurre il
disagio prodotto dall’esame può essere somministrata x via
endovenosa una sedazione cosciente, in modo tale che i pazienti
possano interagire con l’operatore in caso di dolore, così
cooperando nell’esecuzione dell’esame ed evitando anche
eventuali complicazioni che potrebbero più frequentemente
insorgere se la sedazione fosse completa (20). Nell’esecuzione
26
dell’esame, il cieco viene raggiunto nell’80%-95% dei casi,
secondo alcuni autori (21) (22), in realtà studi di screening
condotti da Anderson riportano dati più ottimistici e cioè, il cieco
viene raggiunto nel 98,6% e studi condotti da Lieberman
testimoniano che si arriva ad esaminare il cieco nel 97,2% dei
casi (25) . La qualità dell’esame dipende essenzialmente dal
grado di pulizia intestinale e dall’abilità ed esperienza
dell’endoscopista (23) (24). Comunque neanche la colonscopia è
in grado di evidenziare il 100% delle lesioni, in particolare quelle
di piccole dimensioni. Molti studi hanno valutato la sensibilità
della colonscopia per polipi di piccole dimensioni e, riassumendoli,
possiamo affermare che la colonscopia non individua il 25% di
polipi che presentano una dimensione inferiore a 5mm e il 10% di
polipi di dimensioni inferiori a 10mm (26) (27) (28) (29).
27
Con l’utilizzo di tale metodica è difficile riscontrare falsi positivi,
anche se circa in un terzo dei casi i polipi rimossi all’istologia non
presentano i caratteri di un adenoma. A testimonianza della
validità di questo esame, studi americani attestano che
l’asportazione dei polipi adenomatosi riduce l’insorgenza del CCR
nell’ 87,6% rispetto alla popolazione generale (30) (31).
Studi che hanno indagato il rapporto costo-efficacia della
colonscopia, indicano questo esame endoscopico come più
vantaggioso rispetto alla RSO, alla sigmoidoscopia e alle due
metodiche combinate insieme (32) (33).
I limiti di questa tecnica sono rappresentati dal fatto che, è un
esame invasivo, può essere in alcuni casi doloroso, serve una
adeguata preparazione intestinale, possono insorgere
complicanze e possono esserci limitazioni nell’esecuzione legate
a presenza di aderenze o alterazioni anatomiche.
28
Le possibili complicanze legate all’esecuzione dell’esame sono:
perforazioni, emorragie, dolore addominale transitorio e infezioni;
si è visto anche che l’incidenza di complicanze è incrementata nel
caso siano effettuate contestualmente all’esame delle
polipectomie (34). Oggi si ritiene che la colonscopia diagnostica
faccia riscontrare complicanze trascurabili . Nello studio di Nelson
et al. su 3196 colonscopie effettuate in pazienti asintomatici sono
state riscontrate complicanze nello 0,3% , rappresentate da 6
casi di sanguinamento , un caso di infarto, una ischemia
cerebrale, ed una tromboflebite, non sono state invece rilevate
perforazioni (35).
Per quanto riguarda la scadenza con cui la colonscopia deve
essere eseguita, considerando il lasso di tempo in cui i polipi si
possono trasformare in cancro in un colon normale, una
colonscopia di screening da effettuare ogni 10 anni sembra essere
29
sufficientemente protettiva, in assenza naturalmente di cancro o
polipi.
Negli ultimi anni si è sviluppata una nuova metodica radiologica:
la colonscopia virtuale, che si prefigge di essere un test ad
elevata accuratezza diagnostica, quasi comparabile a quella della
colonscopia convenzionale, accompagnata ad un maggior
gradimento da parte del paziente, in quanto meno invasiva. Tale
metodica è una tecnica radiologica introdotta nel 1994 che
consente di visualizzare l’intero colon, attraverso una TAC
dell’addome dopo l’insufflazione di aria nell’intestino. Lo scopo
dell’insufflazione di C02, è quello di distendere il colon per poter
individuare delle anomalie di parete. Vengono quindi acquisite
scansioni a respiro trattenuto, sia in posizione supina, che prona.
L’utilizzo di entrambi i decubiti consente di ottenere una
differente disposizione dell’aria nei vari segmenti intestinali e
30
l’eventuale mobilizzazione di possibili residui fecali solidi presenti.
Anche in questo caso la corretta esecuzione dell’esame prevede
una adeguata pulizia dell’intestino, che inizialmente era
sovrapponibile a quella utilizzata per la colonscopia tradizionale;
ora invece il protocollo è stato modificato rendendo molto più
confortevole al paziente la preparazione dell’esame, in quanto è
ridotta la quantità di lassativo osmotico da assumere il giorno
precedente all’esecuzione dell’esame. Le immagini ottenute
vengono poi elaborate da un software che consente la
ricostruzione del colon in 2-3 dimensioni offrendo la possibilità al
medico radiologo di studiarlo navigando virtualmente al suo
interno (36) (37). La navigazione avviene dal cieco al retto e poi
nuovamente in senso opposto. L’analisi delle immagini da parte
del radiologo è interattiva: il medico infatti, può scegliere l’angolo
di migliore visualizzazione, passare attraverso una stenosi e
31
guardare anche le strutture adiacenti alla parete colica, infatti
consente di visualizzare anche gli organi adiacenti al colon, anche
se la visualizzazione di questi risulta approssimativa a causa della
bassa dose (38). L’utilizzo di protocolli a una bassa dose radiante
per l’esame TC è consentito dall’elevato contrasto esistente tra
aria e tessuti molli nel colon dopo distensione gassosa.
Nei casi cui, si riscontrano lesioni con caratteristiche sospette per
carcinoma o viene richiesta una valutazione pre-operatoria di
tumori stenosanti del colon-retto viene somministrato un mezzo
di contrasto per via endovenosa. Attualmente i dati in letteratura
sulla sensibilità e specificità di questo esame sono discordanti. In
una recente metanalisi di Brian, condotta su 33 studi
comprendenti un totale di 6393 pazienti, la sensibilità della
colonscopia virtuale nell’individuare i polipi del colon-retto è
risultata eterogenea e crescente in base alle dimensioni dei polipi:
32
48% per i polipi di diametro <6mm; 70% per i polipi di diametro
compreso tra 6 e 9mm; l’85% per i polipi di diametro superire a
9mm. Tale eterogeneità è stata in parte attribuita alle modalità
tecniche di esecuzione dell’esame; al contrario la sensibilità è
risultata omogenea : 95% per i polipi <6mm ;93% per quelli con
un diametro compreso tra 6 e 9mm e 97% per i polipi di diametro
>9mm (39).
Allo stato attuale, questa metodica può essere considerata di
scelta, in alternativa al clisma opaco a doppio contrasto, per
pazienti con colonscopia incompleta, con tumore colico
stenosante, per pazienti anziani e soggetti in cui condizioni
cliniche non consentono l’esecuzione di una procedura invasiva
come la colonscopia convenzionale. I limiti di tale metodica sono:
l’esposizione a radiazioni ( 7.8 mSv equivalenti a 390 Rx torace),
la specificità non ancora perfetta in particolar modo quando si
33
tratta di piccoli polipi, la necessità di preparazione intestinale, e la
necessità di effettuare una colonscopia tradizionale se si
riscontrano più di tre polipi con diametro inferiore o uguale a 6
mm o almeno una lesione con diametro superiore a 6 mm. Inoltre
una volta riscontrata la presenza di polipi o tumori, questi
dovranno essere comunque rimossi tramite una colonscopia
tradizionale.
34
Figura 2. – Colonscopia virtuale: ricostruzione tridimensionale.
35
SCOPO DELLO STUDIO
36
Lo scopo del nostro studio è quello di verificare se la colonscopia
virtuale può essere utilizzata nella diagnosi del carcinoma del
colon-retto. Instaurando un parallelismo con la colonscopia
convenzionale, tuttora considerata il gold standard per la
diagnostica del colon, valutandone l’accuratezza diagnostica, i
limiti ed i vantaggi.
37
PAZIENTI E METODI
38
PAZIENTI
In questo studio sono stati valutati 26 soggetti risultati positivi
alla ricerca del sangue occulto in almeno 3 determinazioni.
Dal punto di vista demografico, i pazienti che hanno aderito al
nostro studio erano 12 di sesso femminile e 14 di sesso maschile.
L’età dei soggetti variava, tra il paziente più giovane di 32 anni e
il paziente più anziano di 79 anni, con età media di 59,7 anni.
Dalle informazioni anamnestiche raccolte prima dell’esecuzione
dell’esame, si evince che, 10 pazienti presentavano familiarità per
carcinoma per CCR, 3 per poliposi intestinale, 6 pazienti avevano
avvertito nell’ultimo periodo dolori addominali ricorrenti, 2
pazienti avevano una storia di pregresso carcinoma colonrettale,
4 pazienti presentavano diverticolosi del colon, 4 pazienti
avevano già subito, in passato, un intervento di polipectomia
endoscopica, ed infine 3 pazienti avevano una patologia di tipo
39
emorroidario. Dei 26 pazienti analizzati 5 avevano eseguito in
precedenza una colonscopia tradizionale senza il raggiungimento
del cieco, per diversi motivi, dall’intolleranza nei confronti
dell’esame alla presenza di aderenze. (Tab. 1)
Tabella 1. – Caratteristiche dei pazienti in esame.
Caratteristiche
Numero pazienti 26
Sesso (F/M) 12/14
Età media 59,7
Range di età 32-79
Anamnesi N. casi %
Familiarità per tumore del colon retto 9 23,7
Dolori addominali 7 18,4
Colonscopia precedente incompleta 5 13,2
Diverticoli 4 10,5
Pregressa polipectomia 4 10,5
Emorroidi 3 7,9
Familiarità per poliposi 2 5,3
Pregresso carcinoma del colon-retto 2 5,3
Alvo irregolare 2 5,3
40
METODI
I pazienti hanno osservato una dieta priva di scorie per i tre
giorni precedenti all’esecuzione dell’esame e la sera precedente
una dieta liquida. Il giorno prima degli esami i pazienti hanno
eseguito una preparazione per la pulizia intestinale con un
lassativo osmotico quale il polietilenglicole (PEG) disciolto in 4 litri
di acqua. In 9 soggetti è stata utilizzata la tecnica del fecal
tagging, che prevede l’assunzione di mezzi di contrasto baritati o
iodati per via orale nei giorni precedenti all’esame. Queste
sostanze caratterizzate da un alta densità, diventano commiste
alle feci e consentono di discriminare con maggiore accuratezza
eventuali lesioni parietali coliche, da residui fecali. Questa
tecnica di marcatura prevede una dieta priva di fibre e
41
l’assunzione di mezzo di contrasto nei due giorni antecedenti
all’esecuzione dell’ esame.
Nel nostro studio sono stati somministrati due diversi tipi di
mezzo di contrasto: il bario e un mezzo di contrasto iodato, il
Gastrografin.
La marcatura fecale con bario prevedeva all’assunzione
contemporanea di PEG disciolto in acqua (4 buste in 3 litri),
mentre la marcatura con mezzo di contrasto iodato prevedeva
invece l’assunzione di Gastrografin per un totale di 180 ml,
distribuiti in due giorni.
La colonscopia virtuale è stata eseguita presso la Divisione di
Radiologia Diagnostica ed interventistica dell’Ospedale di
Cisanello; nei pazienti che non presentavano controindicazioni ,
per ridurre la peristalsi intestinale, favorire la distensione colica e
migliorare la tolleranza del paziente, sono stati somministrati 20
42
mg di Bromuro di Joscina (Buscopan) endovena.
Successivamente è stato effettuato un pneumocolon con aria
ambiente mediante sonda rettale e sacca per clisma. Il volume di
aria introdotto, in media 1,5 L, è stato dosato in base alla
tolleranza del paziente. Prima dell’acquisizione TC, veniva
condotto scanogramma per valutare l’adeguatezza della
distensione colica. L’acquisizione volumetrica era ottenuta con
apparecchiatura multistrato (LightSpeedPlus; GE/Medical
Systems, USA), in condizioni basali e bassa dose radiante, nei
decubiti supino e prono.
Dopo l’acquisizione, gli esami TC sono stati visualizzati su
stazione di lavoro Advantage Windows 4.0 e valutati con
visualizzazione primaria 2D, utilizzando la prospettiva
endoscopica virtuale (Navigator) per la valutazione 3D dei reperti
dubbi.
43
L’esame di Colonscopia Convenzionale veniva eseguito, presso
l’unita operativa di Gastroenterologia ed Epatologia Universitaria
di Pisa, il pomeriggio stesso o la mattina dopo. L’endoscopista
operava in cieco rispetto ai risultati della Colonscopia Virtuale, pur
in presenza del collega radiologo. La preparazione intestinale era
la medesima, quindi con dieta priva di fibre nei tre giorni
antecedenti all’esame e , assunzione orale di PEG in 4 L. Quando
è stato possibile, contestualmente all’esame si è eseguita
polipectomia o biopsie per l’esame istologico
44
ANALISI STATISTICA
Per l’elaborazione statistica dei dati ottenuti, è stato utilizzato il
test statistico χ2 Chi – Quadro.
Sono stati considerati statisticamente significativi valori di p
<0,05.
45
RISULTATI
46
Con la Colonscopia Convenzionale, utilizzata come gold standard
di verifica, sono state riscontrate lesioni colon-rettali in 21 dei 26
(80,8%) pazienti.
La Colonscopia Convenzionale ha individuato in totale 42
formazioni polipoidi, di cui 11 polipi di dimensioni minori o uguali
a 6 mm in 9 pazienti e 31 polipi di maggiori dimensioni in 12
pazienti.
La Colonscopia Convenzionale, ha individuato dal punto di vista
topografico 9 formazioni polipoidi a livello del ceco, 8 a livello del
colon ascendente, 1 a livello della flessura colica destra, 3 a
livello del colon traverso, 5 a livello del colon discendente, 7 a
livello del sigma e 9 formazioni polipoidi a livello del retto.
In 6 pazienti è stata riscontrata la presenza di diverticoli, sia alla
Colonscopia Convenzionale che alla Colonscopia Virtuale.
47
La Colonscopia Virtuale ha individuato 40 formazioni polipoidi con
localizzazione e dimensioni pressoché sovrapponibili a quelle
riscontrate nella Colonscopia Convenzionale.
Nella Colonscopia virtuale sono state inoltre diagnosticate tre
formazioni polipoidi risultate falsamente positive mentre non ne
sono state individuate due diagnosticate precedentemente alla
Colonscopia Convenzionale ( quindi 3 falsi positivi e 2 falsi
negativi).
La sensibilità della Colonscopia Virtuale, nell’identificare la
presenza di formazioni polipoidi intestinali è risultata del 95,2%,
mentre la specificità è risultata del 50%, con un valore predittivo
positivo del 93%, un valore predittivo negativo del 60% e
un’accuratezza diagnostica del 89,6% (p<0,001).
48
Tabella 3. – Esiti incrociati colonscopia virtuale/colonscopia
convenzionale
Positivo Negativo
Positivo 40 3 43
Negativo 2 3 5
Totale 42 6 48
Totale
Colonscopia
convenzionaleColonscopia
virtuale
sensibilità = 95,24% specificità = 50,0% VPP = 93,0% VPN = 60,0% accuratezza diagnostica = 89,58%
49
Figura 3. – Polipo sessile di 5 mm.
Figura 4. – Polipo peduncolato.
50
Nella Colonscopia Convenzionale sono stati individuati 6 carcinomi
del colon-retto confermati successivamente all’esame istologico:
1 carcinoma in situ di 7mm in corrispondenza del ceco, 1
carcinoma di 5mm nel 1/3 medio del colon ascendente, 1
carcinoma della parete laterale del retto di 25mm, 1 carcinoma
del 1/3 medio del colon ascendente con base di impianto di circa
40mm, 1 carcinoma a carico della valvola ileo-cecale che
raggiunge il fondo cecale con base di impianto di 50mm ed 1
carcinoma a carico della flessura destra di diametro massimo di
40mm.
Di questi, solo per gli ultimi due alla Colonscopia Virtuale era
stata fatta diagnosi di sospetto carcinoma, gli altri quattro erano
stati classificati come polipi, pur in totale rispetto delle dimensioni
e della localizzazione.
51
Inoltre la Colonscopia Virtuale è stata in grado di individuare
reperti extracolici in 4 diversi pazienti, quali: un’incremento
dimensionale in toto del pancreas, una formazione litiasica di
8mm in sede calico-pielica sinistra, piccole formazioni cistiche
epatiche (la maggiore nel III segmento), cisti renali bilaterali ed
infine ha individuato la presenza di linfoadenomegalie pericoliche
locoregionali.
52
DISCUSSIONE
53
In questo studio la colonscopia virtuale è risultata un esame
altamente sensibile per l’identificazione di lesioni polipoidi
intestinali.
La presenza di 3 falsi positivi probabilmente può essere
riconducibile al mancato utilizzo in 17 dei 26 pazienti di
marcatura fecale. L’uso della preparazione con PEG, infatti, non
consentiva di distinguere accuratamente i residui fecali e fluidi da
lesioni parietali organiche, sebbene possano essere utilizzati per
l’identificazione delle lesioni alcuni criteri di semeiotica, come il
carattere disomogeneo dei residui o il fatto che i residui cambiano
posizione al variare dei decubiti. A questo segue la necessità di
eseguire delle colonscopie convenzionali di conferma, inutili e
dispendiose sia per il soggetto che per il Servizio Sanitario
Nazionale.
54
Maggiore attenzione desta la presenza di 2 falsi negativi, in
quanto rappresenta un problema ben più grave per la salute del
paziente.
Secondo diversi studi, tra cui quello condotto da Selçut et al., la
colonscopia virtuale presenta scarsa sensibilità per i polipi di
dimensioni inferiori ai 6 mm (40). Tale dato è confermato anche
nello studio condotto da Laghi et al. nel quale venivano studiati
66 pazienti sintomatici, prima sottoposti a colonscopia virtuale e
poi sottoposti a verifica tramite colonscopia convenzionale. La
colonscopia virtuale aveva confermato la presenza di tutti i
carcinomi, di 13 su 14 polipi di dimensioni superiori a 10mm
(sensibilità 92.8%), di 11 su 13 polipi di dimensioni comprese tra
6 e 9mm (sensibilità 84,6%) ma solo di 6 su 25 polipi di
dimensioni inferiori a 5mm (sensibilità 24%) (41). Quindi emerge
55
una radicale riduzione della sensibilità della colonscopia virtuale al
diminuire delle dimensioni dei polipi.
Ad uguali conclusioni giungeva lo studio condotto da Fenlon et al.
in cui in un gruppo di 100 pazienti ad alto rischio per CCR, la
colonscopia virtuale e quella convenzionale presentavano simile
efficacia nel riconoscere polipi di dimensioni superiori o uguali a
6mm, ma per polipi di dimensioni inferiori la colonscopia virtuale
risultava molto meno sensibile (sensibilità del 55%) (42).
Ulteriore limite da riconoscere alla colonscopia virtuale era la
mancata possibilità di visualizzare alterazioni a carico della
mucosa, quali iperemia, edema; oggetto di studio era invece il
significato clinico delle lesioni piatte.
Pickardt et al. hanno condotto uno studio che analizzava la
frequenza, l’istologia e l’identificazione con la colonscopia virtuale
delle lesioni piatte in una popolazione di screening asintomatica.
56
Gli autori concludevano affermando che la sensibilità della
colonscopia virtuale nell’identificare gli adenomi piatti era simile a
quella delle lesioni polipoidi vegetanti (42).
In letteratura diversi studi propongono la colonscopia virtuale
come metodica di screening (43):in uno studio condotto da parte
di un gruppo di esperti radiologi emergeva che la colonscopia
virtuale era una possibile metodica di screening per il CCR se
eseguita da radiologi esperti e con tecniche avanzate e poteva
essere considerata un’alternativa agli altri test di screening del
CCR in pazienti non tolleranti la colonscopia convenzionale (44).
Per quanto riguarda i polipi con dimensioni inferiori a 6mm
recentemente l’International Working Group on Virtual
Colonoscopy, riunendo i maggiori esperti in materia, concordava
che non dovrebbero essere segnalati nel referto (a meno che non
siano in numero superiore a 3 ) onde evitare la generazione di
57
falsi positivi. Questo approccio metodologico si basava sui dati
della letteratura (45) che dimostravano che i polipi di dimensioni
minori o uguali ai 6mm non presentavano, all’istologia,
degenerazione maligna. Quindi questi polipi sono stati considerati
come “non clinicamente significativi”; questo significava che,
anche se non rimossi non sarebbero evoluti in carcinoma
colorettale.
Sicuramente un grande limite alla possibilità di utilizzare la
colonscopia virtuale come metodica di screening è rappresentato
dai costi elevati e dalle alte dosi radianti alle quali vengono
sottoposti i pazienti durante l’esame, non conciliabili con i
requisiti che deve possedere un test di screening per essere
definito tale.
Heitman et al. hanno condotto uno studio nel quale si valutava il
rapporto costi-benefici della colonscopia virtuale, come potenziale
58
alternativa a quella convenzionale nello screening del CCR: da
tale studio emergeva che la colonscopia convenzionale risultava
essere la strategia migliore (46).
Un dato a favore della colonscopia virtuale era rappresentato dal
fatto che si possono identificare lesioni extracoliche.
Nello studio condotto da Xiong et al. veniva effettuata una
revisione sistematica dei tipi di lesione incidentali riscontrate
durante la colonscopia virtuale. L’analisi è stata condotta in 17
studi comprendenti un totale di 3488 pazienti. Nel 40% dei
pazienti sono state riscontrate delle alterazioni addominali ed in
particolare nel 2.7% si trattava di cancri extra colici e nel 0.9% di
aneurisma dell’aorta (47).
59
CONCLUSIONI
60
In base a quanto si può evincere dal nostro studio e dagli altri
studi presi in considerazione, si può affermare che la colonscopia
virtuale risulta essere una metodica di indagine con alta
sensibilità.
Può essere proposta come valida alternativa nei casi in cui la
colonscopia convenzionale non può essere eseguita, in particolar
modo in presenza di stenosi, che non consentono il passaggio del
colonscopio. Al contrario, la metodica radiologica ci consente
sempre la visualizzazione di tutto il colon oltre la stenosi,
consentendo una buona stadiazione in caso di tumori stenosanti ,
di lesioni neoplastiche sincrone, ed una più precisa localizzazione
delle lesioni coliche, importante negli interventi in laparoscopia.
Inoltre, sia per la migliore accettabilità da parte del paziente che
per la più precisa e completa qualità del referto, essa si candida
come sostituta del clisma opaco a doppio contrasto, anche perché
61
a quasi parità di dose radiante assorbita dal paziente, la
colonscopia virtuale offre migliori risultati.
In conclusione la colonscopia virtuale non può sostituire la
colonscopia convenzionale, che rimane allo stato attuale il gold
standard, ma la può affiancare nella diagnosi del cancro colo-
rettale e nelle lesioni pre-cancerose.
62
Figura 5. – Carcinoma stenosante del colon.
63
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78
Ringraziamenti
Un grazie speciale a tutti coloro che mi hanno aiutato a realizzare
il sogno della mia vita….
In primis alla mia FAMIGLIA, senza la quale tutto questo non
sarebbe stato possibile…
Alle amiche, che mi hanno sorretto nei momenti di crisi e
sconforto e che hanno condiviso con me le gioie e i
traguardi…Lucilla, Rita, Isa, Valeria
A Biagio, inseparabile compagno di imprese impossibili …o quasi..
Ad Elvira, che c’è sempre stata ed ha sfidato 800 Km pur di
essere qui al mio fianco oggi..
A Daniela, la mia famiglia pisana, senza la quale tutto qui sarebbe
stato più triste e difficile..
79
A Luigi, per il quale le parole più belle devono ancora essere
scritte…(un grazie speciale per l’aiuto tecnico/informatico, nella
stesura della tesi.. io sono una frana!)
Alla Dott.sa Linda Ceccarelli, un raggio di luce quando brancolavo
nel buio…
GRAZIE DI CUORE A TUTTI VOI!!!!!!
Rossella