la classe 2^d a.s.2014-2015 · 3 ai lettori quella che state per sfogliare è una raolta di ra onti...
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S.M.Don Milani – Seregno
LA CLASSE 2^D a.s.2014-2015
PRESENTA
Copertine di Gaia Crippa e Federica Ravì pinto
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I ragazzi e le ragazze
della classe 2^D
presentano
AVVENTURE di “CLASSE”
Anno scolastico 2014-2015
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AI LETTORI
Quella che state per sfogliare è una raccolta di racconti d’avventura.
I giovani autori dei testi sono alunni di una classe seconda media, sono i ragazzi e le ragazze della
2^D, a.s. 2014-2015, della scuola media Don Milani di Seregno.
Si sono cimentati con questo classico genere narrativo perché molti di loro sono appassionati
lettori e tutti quanti sono fantasiosi ideatori. Amano osservare la realtà ma, a partire da essa,
elaborarne delle variazioni, cercare il significato di ciò che vedono, porsi domande su quanto
accade e trovare risposte. Sono curiosi, e la curiosità, quella positiva, è la molla per imparare
davvero!
Le alunne e gli alunni della 2^D sono ragazze e ragazzi simpatici, amano stare insieme, accogliere
anche nuovi amici per conoscerli, ma soprattutto – dote rara al giorno d’oggi – sono sempre
interessati ad ascoltare il punto di vista degli adulti. Non si può eludere la loro voglia di
confrontarsi e di discutere, tipi così vanno presi sul serio, non possono essere “liquidati”.
In queste loro fatiche i ragazzi hanno dato voce all’immaginazione, la risorsa più autentica e
personale di cui dispongono, quella che nella vita permetterà loro di trovare soluzioni innovative ai
problemi che negli anni incontreranno, la facoltà che da sempre permette all’uomo di compiere
progressi e di non limitarsi a ciò che è già preconfezionato e proposto come inevitabilmente
necessario.
L’avventura spalanca mondi, invita a immaginare e stimola la creatività per trovare strade nuove,
nuove prospettive. I nostri ragazzi hanno dunque applicato alla lettera l’insegnamento e non si
sono limitati a “leggere” avventure scritte da altri, ma le hanno ideate loro stessi in prima
persona….. Le storie hanno ambientazioni varie, quasi sempre vedono in azione giovani
protagonisti e spesso contengono anche una morale, segno che la scrittura ha indicato ai nostri
autori tante possibilità: sognare, divertirsi, imparare e anche insegnare.
Buona lettura a voi!
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AVVENTURE tra i MARI
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LA RICERCA DI ANASTASIA
di Laura Bottoli Anastasia è una ragazza che ignora di avere un padre e una sorella. Affronterà molte avventure per trovarli, ma riuscirà veramente a scoprire dove vivono?
Anastasia è una ragazzina come tante altre della sua età, cioè come tutte le ragazzine di 12 anni. È
alta e magra, ha lunghi capelli neri, grandi occhi castani, naso a punta e lentiggini.
È stata separata da suo padre Giulio e da sua sorella gemella Alice che si sono trasferiti in un
paesino del centro Italia subito dopo la sua nascita. La mamma ha lasciato andare via solo Alice e
ha tenuto con sé Anastasia perché non voleva separarsi del tutto dalla sua famiglia bensì tenere
una parte di essa con lei nella speranza di riunirla in futuro.
Giulio e Alice si erano traferiti così presto, senza neanche conoscere la piccola Anastasia, perché la
madre si era infiltrata in un gruppo di malviventi che, appena avevano scoperto la vera identità
della donna, avevano minacciato lei, la sua famiglia e le due bambine.
Un giorno Anastasia andò a trovare sua nonna all’ospizio: mentre stava entrando, sentì la nonna
parlare al telefono con Alice del fatto che era giunto il momento in cui Anastasia avrebbe dovuto
sapere dell’esistenza di Giulio e Alice. La nonna era l’unica che parlava con i due e che talvolta li
andava a trovare. Però c’era un problema: come faceva la nonna a spiegare tutta la storia ad
Anastasia? Lei temeva che, conosciuta l’esistenza di Alice e Giulio, Anastasia sarebbe andata a
cercare i suoi famigliari mettendo a rischio la loro sicurezza e la sicurezza anche della madre che
tutti i malviventi credevano morta.
Visto che Anastasia era molto curiosa, entrò nella camera della nonna e le chiese di Alice, così la
nonna dovette spiegarle tutto. La ragazza sorpresa ma anche arrabbiata per il fatto che nessuno le
aveva detto nulla in quei 12 anni, come temeva la nonna, volle sapere dove vivevano suo padre e
sua sorella, quindi la nonna dovette dirle tutto ciò che sapeva. Tuttavia né la nonna né la mamma
conoscevano il luogo esatto in cui i loro cari vivevano, sapevano solo che vivevano in una isoletta
del centro Italia.
Una notte la madre di Anastasia sentì dei rumori strani che provenivano della stanza della figlia
però non dette loro troppa importanza. La mattina seguente Anastasia era scomparsa: non era a
casa, non era dalla nonna e non era neanche in giro per la città. La mamma era disperata. Le
vennero in mente tutti i lamenti di Anastasia: la sera precedente aveva insistito che voleva
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assolutamente conoscere suo padre e sua sorella. La mamma si recò all’aeroporto per cercare la
figlia e chiese a tutti gli impiegati di guardare se fosse salita su un aereo diretto in Italia centrale.
La mamma corse come non aveva mai fatto e riuscì a salire su quell’aereo dove, come aveva
previsto, trovò Anastasia. Le due parlarono a lungo e alla fine la ragazza accettò il fatto che la
mamma la dovesse seguire nel viaggio perché con il suo passato da infiltrata si sapeva difendere e
poteva difendere anche Anastasia.
Una volta atterrate, le due presero il telefono protetto che la mamma teneva sempre in tasca per
ogni emergenza e chiamarono Alice per chiederle dove vivessero. Mentre la ragazzina stava
dicendo che vivevano su un’isola sconosciuta da tutti, qualcuno la interruppe e si sentirono delle
grida. Le due preoccupate noleggiarono una barca e si avventurarono alla ricerca dell’isola
misteriosa. Il viaggio in mare durò diversi giorni. Mentre ancora si trovavano in mare, avvistarono
una piccola isoletta che in 30 minuti si attraversava da riva a riva.
Arrivate alla spiaggia, ancorarono la barca; videro subito dei segni che fecero capir loro subito che
qualcuno aveva vissuto lì, trovarono anche delle gocce di sangue che le fecero preoccupare molto.
Nel tentativo di capire chi potesse mai aver potuto rapire Giulio e Alice, alla mamma venne in
mente il capo del gruppo di malviventi in cui tempo addietro si era infiltrata e che, a quanto si
sapeva, non era mai stato catturato: il suo nome era Giorgio Casacchieri ma da tutti si faceva
chiamare “medico”.
Mentre stava camminando, la mamma trovò uno scatolone: era pieno di soldi e armi
evidentemente destinati al medico e ai suoi soci. Più in la videro una specie di grotta illuminata dal
sole. La mamma prese un fucile, la ragazza afferrò due bastoni e vi si addentrarono molto
cautamente. Alice e Giulio erano imbavagliati sotto il tiro del “medico” che puntava una pistola
sulla loro testa. “Consegnate i soldi e le armi” intimava il medico. Proprio in quel momento, la
mamma saltò fuori e gli disse: ”Ho io i soldi, loro non c’entrano, lasciali stare.” Ma il medico disse
molto prontamente che prima voleva il denaro e le armi, dopo li avrebbe lasciati andare. La
mamma fece come aveva detto il medico ma, come temeva, l’uomo non mantenne la promessa e
qui entrò in gioco Anastasia. La ragazza lanciò un bastone alla mamma che iniziò a combattere con
gli scagnozzi del medico mentre la ragazza liberava la sorella e il padre, a cui diede l’altro bastone.
I due con vari colpi mortali ebbero la meglio sul medico, uscirono dalla grotta e tornarono alla
barca. Prontamente raggiunsero una centrale di polizia che si trovava sulla costa italiana prima di
tornare tutti a casa. Anastasia e Alice si conobbero meglio e tutto finì felicemente.
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AVVENTURA TRA I MARI
di Gaia Crippa
La storia avvincente di alcuni ragazzi coraggiosi che lottano contro una banda di pirati inquinatori del mare. Per fortuna alla fine il bene trionfa e per gli oceani giustizia è fatta!
Mi trovavo a bordo della “Princess of the Sea”, una bellissima nave che aveva il compito di girare
per i mari e gli oceani con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente marino. Era bello guardare
l’orizzonte e sapere che tra le onde c’era tanta vita.
Stavamo attraversando una riserva marina al largo delle Isole dell’Oceano Indiano. Ero sul ponte
di comando con i miei amici studenti e insieme studiavamo le carte nautiche, non dimenticandoci
di osservare il mare che tranquillo si distendeva davanti a noi. All’improvviso apparve una macchia
nera, scura e oleosa che si disperdeva sulla superficie dell’acqua, si notavano qua e là contenitori
galleggianti con disegnato sopra un teschio e con la scritta “veleno” o “rifiuto tossico pericoloso”.
In lontananza scorgemmo una nave che lasciava una scia di inquinamento. Allarmati, decidemmo
di verificare cosa stesse succedendo. I motori della Princess of the Sea furono azionati alla
massima velocità e in breve tempo raggiungemmo la nave. I malviventi stavano ancora lanciando
in mare rifiuti tossici e alla nostra richiesta di smettere, per tutta risposta ci spararono contro colpi
di mitra. Erano pirati, criminali assunti da grandi compagnie petrolifere allo scopo di gettare in
mare rifiuti tossici senza preoccuparsi degli effetti devastanti sull’ambiente.
Avevo paura, ma quello era solo l’inizio. La prua della loro nave ci stava venendo addosso,
procurando un grosso danno alla nostra fiancata. La nostra nave cominciò a imbarcare acqua, in
breve tempo si inclinò e iniziò ad affondare. Salimmo tutti sulla scialuppa di salvataggio: eravamo
in 20, stretti stretti, impauriti, ma per il momento salvi. Purtroppo mancava all’appello solo il
capitano, che non aveva avuto il tempo di salire e forse era affogato.
La nave dei “pirati” si era allontanata, un po’ danneggiata, senza più preoccuparsi di noi, con il suo
carico di rifiuti tossici. Che paura, che freddo, eravamo con poco cibo e poca acqua e il mare
cominciava ad agitarsi. Fulmini riempivano il cielo sempre più vicini, annunciando una devastante
burrasca. Le onde sempre più alte mandavano spruzzi nella barca e il peggio sembrava dovesse
ancora arrivare. All’improvviso, oltre le onde apparve la terraferma. Ci mettemmo a remare con
tutte le nostre forze e finalmente arrivammo sulla spiaggia, salvi anche se completamente esausti.
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Era notte, e al di là della spiaggia c’era una foresta molto fitta da cui provenivano rumori di animali
selvatici e suoni incomprensibili.
Decidemmo di accendere un fuoco per riscaldarci e per tenere lontano gli animali feroci. All’alba ci
svegliammo con un bel sole e cominciammo a esplorare l’isola. In una baia scoprimmo che era
ancorata la nave pirata che ci aveva assalito il giorno prima. Dovevamo escogitare un piano per
dare una lezione a quei criminali: avremmo aspettato la notte e tentato di rubare loro la nave per
andare a denunciarli alla polizia.
Così, con il favore delle tenebre, mentre i pirati stavano intorno a un fuoco cantando ed
ubriacandosi, prendemmo la nostra scialuppa e ci avvicinammo alla loro nave. Un pirata, l’unico
che era rimasto a guardia della nave, si accorse di noi e diede l’allarme. Sentii un colpo di arma da
fuoco e un mio amico fu colpito ad un polpaccio. Non riusciva più a muoversi e mi chiese di
lasciarlo sulla scialuppa, mentre gli altri salivano già sulla nave. Io decisi allora di rimanere con lui.
Subito dopo udii altri spari, che per fortuna non avevano colpito nessuno. La nave pirata, ormai in
possesso dei miei amici, si stava allontanando, ma noi due fummo presi come prigionieri. I
criminali ci portarono, legati saldamente con una fune in una caverna, mentre il mio amico
continuava a perdere sangue. Eravamo soli, in mano ai pirati, che erano inferociti per aver perso la
nave. Passarono alcuni giorni senza che nulla accadesse. La ferita per fortuna andava meglio ma
eravamo stremati. Fu allora che, durante un cambio della guardia, attraverso le sbarre della porta
che chiudeva l’accesso alla caverna, riuscimmo a impadronirci delle chiavi dimenticate su una
vecchia cassa. Aprii, uscimmo in fretta e io diedi un colpo in testa alla guardia che si era accorta di
noi. C’erano però molte altre guardie e non era facile fuggire. Il mio amico ferito stava male e
soffriva molto. Nonostante tutto, con passo silenzioso, riuscimmo a non farci notare e a prendere
un po’ di distanza, nascondendoci dietro alcuni cespugli. Da una cassa, prima di fuggire, per
fortuna avevo preso un trasmettitore, una specie di telefono satellitare con cui i pirati potevano
comunicare. Con un’ansia terribile chiamai la Guardia Costiera. Poco dopo sentimmo il rumore di
un elicottero nel cielo. Era la polizia venuta a salvarci. Subito l’elicottero atterrò, salimmo a bordo
e volammo via, in men che non si dica liberi.
Il giorno dopo con la polizia e i nostri amici tornammo sul posto con una grande nave armata fino
ai denti. I pirati inquinatori furono arrestati e finalmente nel mare tornò la pace.
Tutti noi eravamo felici di aver contribuito a rendere il mondo più pulito. La giustizia aveva
trionfato e il mare poteva vivere!
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di Martina mandaglio
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IL VIAGGIO DI LUCA
Di Nicole Dell’Orto Luca e suo padre sono ostacolati nel loro viaggio dalle intemperie. Purtroppo Luca si ritroverà a combattere e a difendersi da solo.
In un tempo indefinito, un bel giorno un ragazzo di nome Luca e suo padre decidono di
intraprendere un viaggio in nave, solcando le acqua dell’oceano Pacifico. Il padre, infatti, da
esperto marinaio vuole insegnare i segreti della navigazione al figlio adolescente.
Una mattina illuminata da un sole splendente, salgono a bordo della piccola nave e aiutati da
alcuni marinai salpano. Dopo alcune ore di navigazione, spinta da un forte vento, la nave con le
vele gonfie si trova già al largo e Luca si gode lo splendido paesaggio che solo il mare sa regalare:
l’azzurro dall’acqua, il bianco della schiuma delle onde e il sole che scalda la pelle.
Il viaggio prosegue per parecchi giorni tra risate e divertimento; Luca è felice perché finalmente
non si sente più un bambino, ma un piccolo uomo con i propri compiti sulla nave, come un vero
marinaio. Il padre, dal canto suo, è fiero del figliolo e dell’impegno che ci mette nella navigazione.
Un giorno il piccolo marinaio quasi uomo ha un presentimento, infatti vede il mare che incomincia
a risucchiare tutto quello che trova; i marinai, il padre e Luca stesso lottano, fanno di tutto, la nave
capovolta ormai è distrutta, i pesci impazziscono, insomma in un gran turbinio di sensazioni il mare
è proprio arrabbiato e lo dimostra.
La nave ormai è ridotta a un relitto, i marinai morti, il padre di Luca disperso e il povero giovane si
trova senza sensi aggrappato a un trono arenato su una spiaggia cristallina e meravigliosa.
Al suo risveglio Luca ringrazia di essere in vita, sano e salvo, ma si sente solo e smarrito perché non
ci sono più i marinai e soprattutto gli manca suo padre; ha paura, prova tante emozioni e
sensazioni contrastanti, si sente come se fosse tornato piccolo.
Con un po’ di coraggio, si alza e comincia ad esplorare tutta l’sola: incontra animali, piante di tutti i
tipi, si costruisce una zattera con tronchi di albero e palme, insomma si arrangia e fa un bel lavoro.
Col passare dei giorni Luca matura il proposito di tornare a casa .
Una mattina accende un grande fuoco facendo un falò enorme, affinché le navi che dovessero
passare da quell’isola avrebbero notato Luca e lo avrebbero portato in salvo.
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E così accade. Quello stesso giorno transita una grandissima nave con vele e una scritta nera sul
lato “THE BIG”. Luca la nota, gesticola e lancia sassi e alla fine la nave si accorge di lui.
I marinai scendono a terra, Luca chiede aiuto per essere portato in salvo.
Salito sulla nave, i marinai gli offrono da mangiare e da bere, mentre il ragazzo racconta loro tutto
quello che gli è capitato fino a quando arriva alla città da dove è partito.
Luca viene riconosciuto come eroe e da allora la storia di Luca viene raccontata a tutti per
dimostrare alla gente che con un po’ di coraggio e di forza di carattere si possono superare anche i
momenti più difficili e brutti della vita.
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TITANILUS
di Federica Ravi Pinto
Sono imbarcata sul Titanilus nel suo viaggio di inaugurazione, ma un grave imprevisto impedirà per sempre al transatlantico di trasportare passeggeri…
“Un ICEBERG a prua!” urlò il comandante terrorizzato, ma con spirito combattivo, “la nave non
riuscirà a resistere! Dobbiamo fare qualche cosa!” .
“Non c’è nulla da fare, il transatlantico affonderà” disse Joan, il direttore di macchina. “Ma è
indistruttibile, non può affondare!” ribatté il cameriere. “Invece affonderà, è fatta di metallo,
signore, come tutte le altre!” continuò Joan.
Era una mattina di inverno, i passeggeri facevano colazione, il comandante si trovava in cabina di
manovra e il direttore di macchina beveva il suo caffè, mentre io, sì io, dormivo e stavo sognando
di essere su una nave, il cui nome era TITANILUS.
14 Gennaio 1902, il TITANILUS era arrivato al porto ed io, emozionata, stavo aspettando il
maggiordomo che aveva con sé le mie valigie.
Ero salita sulla nave, stavo prendendo il mio caffè e me ne stavo lì comoda a guardare il
maggiordomo che portava le mie valigie nella cabina, in cui avrei dovuto alloggiare per una
settimana, mentre i passeggeri di terza classe sgobbavano in fila uno per uno, portando con sé le
proprie valigie.
Era arrivata l’ora di pranzo ed io ero nella cabina ad osservare il mare che ondeggiava. Decisi di
andare a mangiare al ristorante, invece di farmi portare il pranzo in cabina.
Urlai “ Nick, Nick…” il nome del cameriere , “ lascia stare il pranzo, vado a prenderlo io!” “ Ma
milady…” ribatté il ragazzo, “ lascia stare Nick” dissi io.
18:15 martedì 15 gennaio 1902, ero affacciata sul ponte e stavo osservando il tramonto, ad un
certo punto vedo un’ onda gigantesca salire verso di me, pensavo che fosse la fine di tutto, invece
l’onda tutto d’un tratto si abbassò ed io scappai subito dentro la mia cabina.
20:35, filava tutto liscio, fino a quando il comandante entrò terrorizzato nella mia cabina, dicendo:
“ Faccia le valigie, abbandoni la cabina e corra verso l’atrio, non si serva dell’’ascensore, usi le
scale!”. “Cosa succede! Qualcuno sta male? ” chiesi io.
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“Corra senza fare storie!” disse il comandante.
Purtroppo avevo capito cosa stava succedendo: il TITANILUS stava affondando!
Corsi subito nel salone ma mi accorsi che Nick non c’era. Lo chiamai tantissime volte, ma non
rispose, allora mi incamminai verso le scialuppe di salvataggio, quando sentii la sua voce. Lo
chiamai ancora una volta …
Lo vidi sulla scialuppa che stava per essere calata in mare. Dalla disperazione mi buttai tra le onde
per stare con lui.
Ore 21:43, il TITANILUS era ormai stato inghiottito dal mare ed io ero in acqua con Nick, eravamo
appoggiati su un pezzo di ghiaccio senza sapere come fare ad arrivare a riva. Nick mi parlava
sottovoce, come se la sua voce fosse soffocata dalla massa pesante di acqua che ci circondava.
Piano piano lo vedevo chiudere gli occhi, come se si fosse addormentato tra le braccia del mare
che con le sue onde cullava tutte le persone che, come noi, stavano aggrappate ad una tavoletta
galleggiante.
Gli parlai anch’io sottovoce, ma lui non si mosse, non aprì nemmeno gli occhi. Ormai avevo capito
cosa gli era successo, ma non volevo arrendermi, così lo chiamai tante volte, ma Nick era morto.
Le scialuppe dei soccorritori arrivavano, ma io non volevo salire da sola senza Nick, così decisi di
gridare aiuto e intanto nuotavo trascinando il corpo inerte di Nick per farlo salire sulla scialuppa,
così non sarebbe affondato negli abissi del mare.
18 novembre 2014
Sono le 5:10, mi sveglio: sono sdraiata sul divano con la televisione ancora accesa su rai 1 che
trasmette il telegiornale. Tra le tante notizie c’è quella che riguarda il naufragio di una nave di
nome TITANILUS.
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IL VIAGGIO DI ARMANDO
di Francesco Vaccaro
Armando è cresciuto senza padre, ma desidera ritrovarlo. Vivrà un’avventura ai Caraibi prima di potersi ricongiungere a lui.
Questa è la storia di un ragazzo di 17 anni, Armando. È un ragazzo buono e gentile, con un senso
della giustizia così profondo che lotta sempre contro le ingiustizie. Ha i capelli scuri, è alto e magro,
solitamente indossa pantaloni scuri, maglietta rossa e scarpe un po’ rovinate. Vive in una fattoria
con la madre appena fuori da un paesino. Ogni giorno lavora nell’orto, mentre sua madre pensa
agli animali. Ogni sera, a cena, chiede a sua madre qualcosa sul padre che non ha mai conosciuto.
Egli non sa che sta per intraprendere una indimenticabile avventura.
Una mattina,mentre annaffiava le piante, pensava:”Voglio conoscere mio padre o, almeno, sapere
se è ancora vivo!”. Quella sera stessa chiese a sua madre il permesso di partire alla ricerca di suo
padre ed ella tristemente disse: ”Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato. E io non ti fermerò”.
La mattina prima di lasciarlo partire la mamma gli disse di andare nel paesino poco lontano a
cercare il vecchio amico del padre. Così Armando s’incamminò. La strada era agevole, perciò nel
giro di mezz’ora arrivò. In quel paesino non esistevano regole e ognuno faceva quello che voleva.
Armando non sapeva dove cercare, provò a entrare in una locanda che vide affollata.
La locanda ospitava ubriaconi della peggior specie. Armando andava in giro per il locale chiedendo
se qualcuno conoscesse suo padre: contava che il suo aspetto attirasse l’attenzione degli
interpellati, visto che, stando ai racconti della madre, Armando e suo padre erano due gocce
d’acqua. Purtroppo le risposte erano le seguenti: ”Chi è?” e ”Vattelo a cercare!”
All’improvviso vide un uomo che lo chiamava col gesto della mano. ”Conosco io tuo padre,
scommetto che vuoi andare a cercarlo”. Disse questo individuo ad Armando. Il ragazzo annuì.
”Molto bene,” continuò il tipo, “mi ricordo che tuo padre mi disse che stava per partire per
un’isola” e intanto tirò fuori la cartina dei Caraibi. Armando gli chiese come arrivare in quell’isola
visto che non aveva mezzi. L’individuo gli propose di usare la sua nave che era attraccata al porto
appena di fronte alla locanda. Però, prima che Armando se ne andasse ,il tizio gli disse: ”Rum no
mur!” Il ragazzo, piuttosto perplesso per quelle parole, si allontanò.
Appena arrivato al porto, vide tante navi, ma una, di colore marrone e giallo, era la più
imponente. Armando stava per salire a bordo, quando la ciurma lo fermò. ”Parola d’ordine” gli
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intimò un uomo forzuto. Il ragazzo rimase a lungo a pensare, quando si ricordò le parole del tizio,
così disse: ”Rum no mur!” Pronunciate queste parole i ceffi si dileguarono, lasciandolo passare.
Appena salito sul ponte, l’intera ciurma lo fissò con sguardo freddo, come si aspettassero da lui
chissà cosa. Dopo un po’ apparve un uomo che ruppe il ghiaccio dicendo: ”Avanti su! Il timone è
tuo!” Il ragazzo, sapendo che questo vuol dire che era diventato capitano, rivolgendosi ad un
marinaio donna intimò: ”Tu, al timone!” La donna, anche se contraria all’idea di avere Armando
come capitano, obbedì: ”Sì capitano! Ognuno ai propri posti!”. In men che non si dica la nave
salpò. Erano più o meno le 5 del pomeriggio quando l’intera ciurma cessò ogni attività.”Perché vi
siete fermati?”, chiese Armando. ”Siamo stufi di essere comandati da un marinaio d’acqua dolce
come te!” Rispose un mozzo. Era dunque in corso un ammutinamento. I marinai sguainarono le
spade per ucciderlo, così Armando propose: ”Sentite: so che per voi non è bello essere comandati
da un tipo come me, ma io voglio soltanto ritrovare mio padre!” Commossi da questo pensiero,i
pirati buttarono per terra le spade e lo invitarono a mangiare con loro. Da quel momento i marinai
trattarono Armando come un membro dell’equipaggio.
Era tarda notte quando la ciurma scorse un piccolo villaggio su un’isola che sulla cartina aveva il
nome di Puerto Rico, così decisero di attraccare per poter dormire più tranquillamente. Sarebbe
stato meglio se fossero rimasti in alto mare… Stavano dormendo, quando Armando sentì dei
rumori di passi e si svegliò. Sulla nave erano saliti altri pirati! Armando diede immediatamente
l’allarme e in un batter d’occhio i marinai di Armando erano in piedi con le spade in pugno. Iniziò
una battaglia per il controllo della nave. Ogni pirata lottava strenuamente per evitare di essere
ucciso. Un avversario si lanciò contro Armando, così un suo pirata gli passò una spada perché si
difendesse. Durante il duello Armando perse l’arma ed era sul punto di essere ucciso, quando con
una spettacolare prontezza di riflessi riuscì ad afferrare di nuovo l’arma e ad uccidere il nemico.
Per fortuna ebbe la meglio la ciurma di Armando. La mattina dopo il ragazzo ripartì con una grinta
mai vista prima.
Stavano navigando, quando il cielo diventò nero, l’aria era secca e il mare iniziò ad agitarsi. ”Un
uragano!” urlò un marinaio. A breve distanza si stava scatenando una tempesta. Tutta la ciurma
lottò strenuamente nel tentativo di invertire la rotta, ma l’acqua e il vento erano così violenti che
la nave sarebbe stata risucchiata dentro l’uragano. L’intera ciurma era nel panico: c’era chi si
gettava in mare, chi si uccideva e chi attendeva la morte passivamente. Armando era così
spaventato che non riusciva più a muoversi. Il vento si fece ancora più forte e in un attimo la nave
scomparve nell’occhio del ciclone. Fortunatamente sopravvissuto all’uragano, Armando si risvegliò
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sopra il ponte di una nave che stava per attraccare in un’isola. “Dove mi trovo?” domandò il
ragazzo ad un uomo accanto a lui. “Ti trovi su un mercantile”, rispose l’uomo, dicendogli anche
che l’avevano trovato svenuto su un pezzo di legno che galleggiava in mare. Armando gli chiese
dove stessero attraccando e l’uomo gli rispose, indicando su una cartina dei Caraibi proprio l’isola
dove era diretto Armando. Una volta arrivato, il ragazzo salutò e ringraziò la ciurma di quella nave
e si diresse al villaggio. Dopo poco, come per miracolo, Armando incontrò suo padre e i due si
abbracciarono piangendo.
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AVVENTURE nella NATURA
e sulle MONTAGNE
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L’UCCISIONE DEL DRAGO DI KOMODO
di Christian Corti e Tommaso Novara
Un ragazzo strappato ai genitori dai terribili draghi di Komodo e allevato dalle scimmie, una volta cresciuto affronta molte avventure per vendicare i suoi genitori.
Tanto tempo fa a Komodo viveva un ragazzo di 15 anni di nome Steve. Basso, moro e con gli occhi
marroni, era cresciuto come un selvaggio perché i suoi genitori erano stati uccisi dai draghi di
Komodo, quando lui aveva solo 2 anni. Era vissuto nella giungla di Komodo, adottato da un branco
di scimmie che gli avevano insegnato a sopravvivere nella natura. Non aveva imparato mai a
comunicare con gli umani, da cui era sempre stato lontano, perché le scimmie li ritenevano
pericolosi.
Un giorno un ranger che stava facendo un safari nella giungla lo notò e gli chiese chi fosse, ma lui
non poteva rispondere. Da quella volta però il ragazzo iniziò ad interessarsi agli uomini, li spiò e
ascoltandoli imparò presto la loro lingua. Un giorno arrivarono dei draghi di Komodo che cercarono
di azzannarlo: gli animali si ricordavano l’odore dei genitori del ragazzo che tempo addietro
avevano sbranato. Steve riuscì a scappare e a rifugiarsi in una grotta. Da allora cominciò a chiedersi
perché l’avessero aggredito. Un giorno, mentre stava uscendo per andare a procurarsi del cibo,
trovò un portafoglio con dentro molti soldi che usò per comprarsi dei vestiti e per cercare qualche
notizia sui draghi di Komodo. Mentre svolgeva le sue ricerche, vide un articolo che parlava di una
coppia con un bambino piccolo che era stata uccisa dai draghi di Komodo, nell’articolo c’era anche
una foto che ritraeva i due coniugi. I loro volti erano familiari al ragazzo, ma lui non riusciva a
riconoscerli. Dopo qualche un signore, amico dei genitori, vide il ragazzo e gli raccontò tutta la
verità: quelli sulla foto erano i suoi genitori e lui era stato lasciato alle scimmie perché i draghi non
lo trovassero. Steve ringraziò il signore e giurò vendetta ai draghi di Komodo.
Si incamminò verso la giungla dove fabbricò una lancia e andò a cercare i draghi di Komodo che
trovò dopo 3 giorni e 3 notti, grazie all’aiuto del saggio re delle scimmie. Entrò nella loro caverna,
uccise i primi due che erano a guardia della tana, e dopo tante altri scontri arrivò dal re che lo stava
aspettando. Tra i due si accese una lunga e sanguinosa lotta a colpi di lancia e Steve, cercando di
non farsi mordere, riuscì a trafiggere il re e a portarlo fuori dalla caverna in segno trionfo. In città lo
vendette per comprarsi una casa dove finalmente visse in pace.
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L'AVVENTURA DI PETER
di Thomas Colombo
Una notte Peter, ragazzino curioso e un po’ imprudente, vivrà un’avventura di cui presto si pentirà…
Peter era un ragazzo di circa 12-13 anni. Quella sera Peter aveva litigato in famiglia, cosi quando i
suoi genitori furono andati a letto, lui prese il lenzuolo del suo letto e si calò dalla finestra per
scappare portando con sé l'indispensabile. Allontanandosi sulla sua bicicletta raggiunse il suo
nascondiglio segreto, che si trovava in un edificio abbandonato.
Di solito quel palazzo era vuoto, ma quella sera così non sembrò a Peter, che con una lanterna
accesa si avvicinò per vedere chi ci fosse. C’erano due uomini che indossavano vestiti stracciati, si
riscaldavano le mani con un fuoco su cui stavano scaldando dei cibi in scatola e vicino tenevano
delle armi e dei coltelli. Peter si avvicinò un po’ troppo così fu visto: lui scappò e corse
abbandonando la bici a terra. Andò a rifugiarsi nel boschetto che veniva chiamato "MALVAGIO" e
si nascose dietro un enorme albero spoglio. Sulle sue tracce gli uomini si facevano luce con la
lanterna e imbracciavano un’arma pronti a sparare. Peter, tornando indietro per recuperare la sua
bicicletta, entrò nel rifugio, si impossessò anche lui di un’arma e scappò.
La sera seguente tornò per spiarli munito di arma. Quando gli uomini uscirono dal rifugio, Peter vi
si introdusse, costruì una specie di porta con del legno e ci mise davanti una vecchia poltrona per
sentirsi protetto mentre si trovava all’interno. I malviventi però riuscirono ad abbattere la
protezione e a catturare Peter.
I genitori del ragazzo, vedendo che il secondo giorno Peter non era ancora tornato a casa,
chiamarono la polizia e lo andarono a cercare. Trovarono la sua bici appoggiata alla ringhiera, così
la polizia fece irruzione nel nascondiglio. Trovarono i due uomini che si riscaldarono le mani
davanti al fuoco. Gli agenti, una volta entrati, perquisirono il rifugio abbandonato, trovando Peter
imbavagliato e con le mani legate.
I malviventi iniziarono a sparare contro la polizia e colpirono un poliziotto che rimase a terra,
mentre un altro poliziotto ferì i delinquenti. Finalmente, dopo tanta paura, gli agenti portarono
Peter in salvo a casa con i suoi genitori, mentre i malvagi finirono in galera a vita.
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AVVENTURA PER LA SALVEZZA
di Michela Colzani
Sembra una notte come le altre, ma un po’ oltre la mezzanotte il vulcano decide di eruttare e il giovane protagonista dovrà cercare di mettersi in salvo insieme al nonno e alla zia.
Ad un tratto della notte mio nonno Galù disse a zia Jenny: "Quella non è una semplice montagna
come tutti dicono, è...", ma non fece in tempo a finire che la zia ribatté prontamente:"No,non
pensarci più fino a che non esploderà".
Allora nonno Galù venne a svegliarmi perché doveva parlarmi. Mi disse: "Kenton, dolce nipote, a
malincuore mi tocca dirti che tutti gli abitanti del nostro villaggio sono in grave pericolo e che
dobbiamo scappare al...” ancora non fece in tempo a finire perché udimmo urla e vedemmo
bagliori intensi quasi toccare il cielo accompagnati da un caldo soffocante. In quell'istante un
pensiero mi passò per la testa e capii che la montagna che tutti chiamavano "la montagna che
suda" era un vulcano rimasto inattivo per tanti anni che ora minacciava l’uomo con le sue armi
incandescenti.
Mio nonno, che aveva sempre sospettato che la montagna potesse essere un vulcano, aveva
scavato qualche anno prima una galleria che partiva dalla nostra piccola casetta e arrivava al di là
dell'isola, in un altro villaggio.
La zia Jenny preparava le scorte di cibo e acqua, il nonno raccoglieva un po’ di legna e dei
fiammiferi e io mettevo in tasca dei soldi, in modo tale che, arrivati nell'altro villaggio, avremmo
potuto vivere per un po'. Ci mettemmo in viaggio.
Dopo cinque giorni di cammino ininterrotto, nella galleria incontrammo nove lupi pronti a
sbranarci.
Un lupo salta di scatto contro nonno Galù che, accendendo un fuoco, uccide i primi quattro, poi
conficca nel ventre del capo branco una pietra trovata a terra e con un coltello da cucina di zia
Jenny ne uccide altri tre. Rimaneva solo una cucciola che davanti a noi si sedette come per
implorarci di tenerla in vita. A quel punto il nonno la prese in braccio e continuò a camminare
dicendoci che solo a metà percorso avremmo fatto una sosta. Arrivati a metà mangiammo e poi
per la stanchezza crollammo tutti in un sonno profondo, compresa la lupacchiotta.
Ci svegliò l’animale quasi un giorno dopo e riprendemmo a camminare. Una volta giunti alla fine
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della galleria, nonno Galù mi disse: "Esco prima io e poi vi darò il via libera". In quel momento però
la lava, entrando nella galleria, trascinò via il nonno. Io e zia Jenny allora chiudemmo subito
l’accesso che dava sull'altra parte dell'isola.
Una volta giunti finalmente in salvo, piangemmo tutte e due insieme alla lupacchiotta: nonno Galù
era stato e sarebbe sempre stato l'eroe delle nostre vite.
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LA MINIERA ABBANDONATA
di Marta Corbetta
Riccardo decide di partire alla ricerca del padre scomparso. Durante il viaggio incontra degli amici che lo aiuteranno a superare le difficoltà, ma all’ingresso della miniera ci sarà una brutta sorpresa ad aspettarli…
Riccardo è un ragazzo di 13 anni, alto, magro, con gli occhiali, ha capelli castani e occhi azzurri
come il cielo. Indossa sempre una maglietta a maniche corte, una felpa, di solito blu, jeans con finti
strappi e scarpe da ginnastica. È di carattere gentile, generoso e sensibile, anche se non sembra.
Vive in campagna con la madre Melissa e la sorella Beatrice. Il padre è scomparso nel corso di una
spedizione misteriosa su una montagna vicino a una cascata.
Un bel giorno d' estate, Riccardo decide di partire alla ricerca di suo padre pensando che, se non
l'avesse trovato, sarebbe tornato indietro e avrebbe accettato l’idea che suo padre era morto. Con
lui decidono di andare due suoi cari amici, Francesco e Matte: era sicuro che nessuno di loro due
l'avrebbe mai abbandonato per nessun motivo.
Era in viaggio da tre giorni quando arrivano al margine della foresta: all' inizio esitano un po', ma
poi entrano nella boscaglia fitta e abbastanza scura. Il rumore del vento tra le foglie fa loro
compagnia e li fa sentire tranquilli. A mezzogiorno circa inizia a piovere e i ragazzi affrettarono il
passo, ma il fango, le foglie e la pioggia impediscono loro di andare avanti, così decidono di
accamparsi finché la pioggia non fosse diminuita. I ragazzi passano così tutto il giorno nella tenda a
parlare e a raccontarsi barzellette. All'alba la pioggia è cessata, il fango diminuito e il vento tra le
foglie è tornato a far loro compagnia. Questa volta però i tre amici decidono di fermarsi vicino al
fiume per poter pescare pesci. Quando i ragazzi decidono di riprendere la via della miniera, dopo
una fruttuosa pesca, sentono un verso simile a un grido che proviene dalla foresta. Prima che
possano scappare, si ritrovano un orso alle spalle che corre verso di loro. Sembra la fine per i
ragazzi, ma poi, proprio all'ultimo, una rete li cattura tutti e tre, tirandoli su, verso l'alto dell'albero
dove è situato un nido gigante, il riparo di una ragazzina di nome Greta.
La ragazza è alta, magra, ha capelli lunghi biondi e occhi verdi. Greta è un'amica di Riccardo, che
anche lei ha deciso di andare a cercare Michele, suo padre, scomparso con Stefano, padre di
Riccardo. Come loro, anche Greta si era trovata alle calcagna l'orso. I quattro amici decidono di
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restare sul nido per tutto il giorno e di ripartire poi alle prime luci dell' alba. Nella notte il cielo si
oscura e inizia a piovere a dirotto. Il giorno dopo i ragazzi riprendono il cammino, ma il fango, le
foglie e la pioggia continua rallentano il loro percorso.
Dopo tre giorni di cammino con il fango che arrivava alle caviglie e il digiuno prolungato, i quattro
amici arrivano in vista della montagna e della miniera ai suoi piedi. I ragazzi sono pieni di gioia, ma
la loro allegria dura poco perché scoprono che l’accesso alla miniera è bloccato da massi crollati da
giorni. Quando i ragazzi hanno ormai deciso di tornare indietro, Greta li ferma e rivela loro di avere
con sè della dinamite che suo padre aveva dimenticato il giorno della sua partenza. I tre amici
l'abbracciano e tentano di far esplodere i massi che bloccano l' entrata: tutto funziona a
meraviglia.
Appena l'accesso è libero, i ragazzi prendono le torce e si mettono alla ricerca degli scomparsi.
All'alba ancora nessuno dei ragazzi aveva trovato i genitori e allora decidono di fare un po' di
pausa. Il giorno dopo le ricerche continuano, ma stavolta volgono a buon fine perchè i ragazzi
trovarono Stefano e Michele seduti in un angolo a parlare davanti ad un fuoco su cui abbrustolisce
della carne, pronta per essere mangiata. Appena Riccardo e Greta vedono i genitori, corrono ad
abbracciarli felici di averli ritrovati. Quella sera i ragazzi raccontano la loro avventura e i due padri
a loro volta narrano ciò che era successo loro nella foresta e nella miniera, prima e dopo il crollo
dei massi.
Il giorno dopo si avviano insieme per tornare a casa: nella foresta il vento sembra felice per loro
perché sembra che faccia cantare le foglie! Appena la madre di Riccardo, quella di Greta e le
madri di Francesco e Matteo, li avvistano, si commuovono tanto da mettersi a piangere per la
gioia.
Quella sera Riccardo scopre che Greta è la bambina a cui da piccolo regalava una margherita ogni
volta che la vedeva vicino alla sua staccionata!
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LA GEMMA MAGICA
di Mohamed El Kaoutari
Un giorno Michele vede cadere dal cielo una gemma, la prende in mano e si accorge che si tratta di una pietra che può esaudire i suoi desideri. Purtroppo dovrà difenderla dalle cattive intenzioni di alcuni malvagi che se ne vogliono impossessare.
Mi chiamo Michele, ho 13 anni e abito assieme alla mia famiglia in Norvegia, una terra in cui fa
molto freddo, dove vi sono foreste con alberi secolari. A me piace molto passeggiare nella foresta
durante il periodo estivo, perché d’inverno fa troppo freddo. Una volta di notte, guardando dalla
finestra della mia stanza, vidi cadere un oggetto luccicante, che era diretto nella foresta. Uscii di
casa per capire cosa fosse quella luce. Faceva molto freddo, ma io, pian piano, mi avvicinai a quella
luce. Vidi una gemma che lampeggiava, aveva i colori dell’arcobaleno. Non appena la toccai però la
luce smise di lampeggiare. Ero decisamente stupito e cercavo di capire quello che stesse
succedendo. Mi guardai attorno e mi trovai circondato da un gruppo di persone con le armi
puntate contro di me. Immaginai che, per uscire dai guai, gli uomini scomparissero: come per
miracolo la gemma, con mia grande sorpresa, iniziò a lampeggiare e il mio desiderio fu esaudito.
Rimasi a bocca aperta e capii che ogni cosa che avrei immaginato sarebbe diventata realtà: ecco
perché quegli uomini volevano impossessarsi della gemma!
Per paura di essere ritrovato dai miei nemici, immaginai di abitare con i miei genitori in America, in
una città lontana e un po’ sperduta. Da quel giorno immaginai di diventare un uomo immortale
con dei superpoteri che usavo per salvare la brava gente dai criminali. Dopo tanto tempo decisi di
nascondere la gemma in un posto sicuro, conosciuto solo da me, così nessuno l’avrebbe potuta
usare per far del male. Intanto ho continuato ad aiutare la gente e sono diventato molto famoso.
Sono proprio felice e contento di aver trovato quella gemma magica, dei cui poteri non ho mai
approfittato né abusato.
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LA CASA PERICOLANTE
di Martina Mandaglio
Camilla è una bambina simpatica, testarda e molto curiosa. Grazie a questa sua dote si ritroverà a vivere avventure straordinarie, che le permetteranno di scoprire il vero miracolo della natura.
In una valle circondata da molte montagne s’intravede un paesello sulle rive di un fiume che
attraversa molti borghi antichi, io abito qui con i miei genitori in una casetta ai piedi di una
montagna chiamata dagli antichi abitanti “la montagna misteriosa”. A proposito mi chiamo
Camilla e sono una ragazza di tredici anni che ha vissuto storie difficili a causa del carattere
imprevedibile. Sono una ragazza coraggiosa e soprattutto curiosa e per queste doti ho potuto
vivere un’avventura emozionante che ebbe inizio così.
Quella mattina, mentre osservavo il cielo minaccioso per l’arrivo di un temporale, notai una
stranezza inspiegabile che si manifestava in cima alla “montagna misteriosa” che vedevo dalla mia
stanza. Spaventata cercai di mettere a fuoco la mia vista per comprendere meglio ciò che stavo
guardando. Insomma era proprio così: quello che immaginavo fosse la mia fantasia invece risultò
inconfondibile. C’era “una donna vestita di bianco”, contornata da un insieme di colori, improntata
sulla facciata di una “casa pericolante” ormai abbandonata da anni. Incuriosita mi spinsi a fare
delle indagini iniziando dai miei genitori che, increduli del mio racconto, ma consapevoli di fatti
strani accaduti in passato, mi consigliarono di rivolgermi alla persona più anziana del paese “nonna
Rosetta” che, avendo vissuta per ben novantotto anni nel paesello, sarebbe stata sicuramente di
grande aiuto alle mie indagini. È una donna conosciuta e ben voluta dalla gente del paese
soprattutto per la sua saggezza. Agitata mi recai da lei pensando a come avrei potuto ottenere
spiegazioni. La mia paura era quella che lei, sentendo la mia storia, fosse incredula come i miei
genitori, ma quando la sentii parlare ebbi una sensazione di serenità che mi rese più facile
spiegarle ciò che avevo visto.
Avevo suscitato in lei tristi ricordi del passato, che la portarono a raccontare con emozione i
misteri della montagna: “Ero ancora piccola” disse nonna Rosetta “in questo paese c’era molta
povertà e le famiglie spesso non riuscivano a sfamare i propri figli, tanto che nei momenti di
assoluta disperazione alla porta delle loro case appariva una donna vestita di bianco che nessuno
ha mai potuto spiegare chi fosse. Lei si presentava come la provvidenza: faceva trovare loro cibo
per sfamare le persone povere e poi in pochi attimi svaniva nel nulla. Alcuni la vedevano nel luogo
della casa pericolante, ma l’immagine era sempre sfuggente ai loro occhi. Solo poche persone
hanno potuto vedere la donna dal vestito bianco e scoprire quale fosse il miracolo della natura
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che appariva nel luogo della casa pericolante.” Mentre salutavo nonna Rosetta la mia mente
desiderava solo a una cosa, avventurarmi alla scoperta del miracolo della natura, e per fare questo
avrei dovuto con molto coraggio raggiungere la casa pericolante.
Il giorno dopo, percorrendo la strada che mi avrebbe portato al sentiero, avvertii una sensazione
di paura che mi impediva di proseguire, ma nello stesso tempo la convinzione di poter scoprire
qualcosa era talmente forte che fui spinta a imboccare quel sentiero. Percorrendolo mi accorsi che
era privo di segnali, costatazione che aumentò in me la paura di perdermi. Incontravo uccellini,
lucertole e osservavo l’erbacce che coprivano il sentiero. Fortunatamente il sole illuminava il
cammino e mi permetteva di vedere quanto io fossi ancora distante dalla casa. Poiché temevo che
non sarei riuscita a raggiungere il luogo prima del calar del sole, mi misi a correre scontrandomi
con i rami degli alberi. Ad un tratto mi trovai davanti alla casa ed esclamai:” E’ proprio pericolante
questa casa! chissà che fine hanno fatto i proprietari? Forse non sono più in vita …”
Con molto stupore vidi spuntare un cespuglio di fiori che si affacciava dal retro dell’edificio.
Incuriosita mi avvicinai scavalcando rovi e macerie che ormai sopprimevano l’erba che cercava di
spuntare dal terreno, la mia voglia di esplorare era talmente forte che feci un salto lanciandomi
contro il muro. Mi trovai così nella posizione di poter scoprire un giardino meraviglioso pieno di
fiori colorati così alti che ricoprivano la facciata della casa riversa alla valle. Sul muro i fiori
componevano la sagoma di una donna simile a quella che avevo visto da casa mia.
La scoperta mi deluse: consideravo la donna vestita di bianco un essere esistente, invece dovevo
constatare che si trattava di un …. disegno realizzato dalla natura. Almeno c’era un mistero da
scoprire, cioè il giardino fiorito che nessuno aveva mai potuto conoscere al di fuori della casa
pericolante. Sono sicura che nessuno può spiegare come possa esistere un giardino di fiori
profumati in mezzo ad un accumulo di macerie e di ferraglia arrugginita. In virtù di questo
miracolo forse la donna vestita di bianco esiste e io posso raccontare che il mistero della
montagna e il prodigio, della natura sono la stessa cosa cioè un unico grande mistero.
Per concludere quest’ avventura voglio divertirvi: sono rimasta nella casa pericolante fino al calar
del sole e spaventata di dover scendere la montagna al buio ho cominciato a correre senza
rendermi conto dove fossi. Fortunatamente presi come unico punto di riferimento una lucina
gialla che s’intravedeva nella valle. La mia testa era in preda al panico: correndo inciampavo e
rotolavo giù per il sentiero, sembrava quasi che qualcuno mi spingesse a calci nel sedere per fare
in fretta tra pirolette e salti contornati da “Ahi che dolore!!” Mi ritrovai davanti alla luce gialla che
mi aveva accompagnato per tutto il tragitto e l’ironia della sorta è che quella luce proveniva dalla
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mia stanza, facendomi pensare che l’avventura aveva avuto inizio dalla mia stanza guardando la
montagna e che si concludeva dalla montagna arrivando alla mia stanza.
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di Martina Mandaglio
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AL CEENTRO DELLA TERRA di Leonardo Piacentini
Due ragazzi, Talas e Micheto, un pomeriggio, mentre si stanno rilassando all’ombra di un albero, cadono in
una strana apertura e scivolando precipitano in una grotta al centro della terra. Il segreto per uscire sarà
restare uniti e non separarsi mai…
In un giardino c'erano due ragazzini Talas e Micheto. Erano due amici nati e vissuti sempre insieme,
come due fratelli. Entrambi avevano la stessa età. La madre di Talas aveva un bar nel quartiere,
mentre suo padre era morto nella guerra in Iraq. Invece i genitori di Micheto erano due avvocati
famosissimi. Talas passava tutto il giorno a casa di Micheto, perché i suoi genitori avevano una
grande villa sull'oceano con un vasto giardino sul retro.
Un sabato pomeriggio d'estate, finita la scuola, i due decisero di giocare a pallone sotto il sole
cocente. Dopo qualche tempo si misero all'ombra di un albero a riposare. A un certo punto il
tronco, sotto il loro peso, si divise in due e Talos e Micheto caddero e finirono in una caverna
profonda. I due amici a causa della caduta svennero. Quando ripresero i sensi, si ritrovarono con
delle ferite su tutto il corpo. Talos aveva capito dov'erano, erano quasi al centro della Terra, perché
c'era un gran caldo. Il padre di Talos, prima di andare in guerra in uno dei suoi racconti gli aveva
descritto proprio un viaggio al centro della Terra.
Micheto si spaventò a morte pensando che avrebbe potuto non ritornare mai più a casa e morire
in quel posto sconosciuto. Mentre Micheto piangeva disperato seduto su una roccia, Talos
rifletteva su come potevano uscire di lì; gli venne in mente che sul medaglione che gli aveva
regalato suo padre era raffigurata una strana mappa. Talos lo tirò fuori: sulla mappa c'era segnato
un sentiero uguale a quello che aveva di fronte. Il percorso tracciato sulla mappa conduceva fuori
di lì, ma dovevano affrontare ostacoli impegnativi per raggiungere la meta tanto desiderata.
I due si avviarono. Dopo alcuni giorni di cammino Micheto disse che ne aveva abbastanza e quindi
si fermarono. Nella mappa c'era una parte colorata di blu con una scritta in bianco che mostrava
come, risalendo il sentiero, avrebbero trovato freddo glaciale. Micheto prese dei rami secchi e se li
mise addosso. Intanto Talos, che stava esplorando i dintorni, scorse del ghiaccio sulle pareti
rocciose e per terra vide delle rocce incandescenti e dei rami. Talos chiamò Micheto ed insieme
accesero il fuoco, presero del ghiaccio e lo fecero sciogliere in una roccia concava, a mo’ di
pentolino. Ne ricavarono dell'acqua per dissetarsi. Una volta riprese le forze, i due si avviarono di
nuovo sul sentiero.
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All'improvviso il calore delle rocce aumentò. Camminando Talos mise un piede in una zona dove
c'erano sabbie mobili. Micheto, vedendo Talos sprofondare, entrò in agitazione, ma Talos lo calmò
invitandolo a raccogliere da terra delle radici e farne una corda per tirarlo fuori.
Fatta la corda, Micheto se la legò intorno alla vita e lanciò l'altra estremità a Talos. L’amico
cominciò a tirarsi fuori; quando la corda stava per spezzarsi, con un ultimo strattone di Micheto
Talos fu tratto in salvo dalle sabbie mobili. A quel punto i due intravidero l'uscita della caverna, ma
di fronte a loro c'era ancora un lago di sabbie mobili per attraversare il quale serviva un mezzo
ingegnoso. Afferrarono una liana e iniziarono a dondolare per prendere lo slancio: quando si
staccarono da terra, procedettero passando da una liana all'altra, liane che penzolavano dalla volta
della grotta. Micheto stava per perdere la presa perché la mano gli scivolava, ma appena in tempo
Talos lo afferrò e lanciò il compagno sull'altra sponda. Di seguito anche Talos si staccò dalla liana ed
atterrò facendo una capriola. I due ragazzi si rialzarono e si avviarono verso l'uscita, sbucando nel
deserto vicino alle piramidi. Finalmente in salvo.
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UNA SCALATA SPECIALE
di Simeone Giovanni Franco, un ragazzo di 13 anni, ha un sogno: scalare il Monte Bianco, la cima più alta d’Italia. Con tenacia si addestrerà per anni sotto la guida dell’amico Luca e dopo insidie e difficoltà riuscirà finalmente nell’impresa.
Franco è un ragazzo di 13 anni che vive in un paesino della valle d’Aosta. È rimasto solo con sua
mamma perché il padre, esperto escursionista, è morto durante un’escursione. Franco e la
mamma abitano in una casetta dove la mamma cucina quel che riescono a trovare nel freddo delle
montagne. Un giorno la mamma ritrova una vecchia bussola del marito e la regala a Franco per il
suo compleanno. Il ragazzo è molto contento del regalo e quando apre la bussola trova al suo
interno, tutta ripiegata, una mappa di suo padre, una vera e propria guida per l’ascesa al Monte
Bianco, la cima più alta d’Italia! Franco è deciso a partire per tentare l’impresa, ma da solo ha
poche probabilità di farcela e così si rivolge all’amico Luca che ha 21 anni ed è un istruttore di
alpinismo. Ovviamente Luca non è d’accordo con Franco, perché sa bene che un ragazzo di 13 anni
non può scalare una montagna di 4800 m.
Dopo 6 lunghi anni di un attento addestramento coordinato da Luca, i due sono pronti per
raggiungere il punto più a nord della valle d’Aosta, proprio là dove si innalza il Monte Bianco! La
scalata non dà nessun problema ai due perché ormai sono esperti e seguono scrupolosamente le
istruzioni lasciate dal padre di Franco e ritrovate a suo tempo.
I due sono quasi in cima (a 4730 m. rispetto ai 4800 della vetta), è buio e allora decidono che sia
opportuno aspettare che arrivi giorno. All’alba Luca e Franco si rimettono in cammino quando ad
un certo punto il percorso si biforca. Luca suggerisce a Franco di dividersi e ogni 3 minuti chiamarsi
ad alta voce per rassicurarsi delle condizioni dell’altro. Inizia una tempesta di neve davvero molto
violenta. Franco è a pochi metri dalla vetta e lancia un ultimo grido a Luca che però non risponde…
Allora Franco torna indietro e riprende il sentiero di Luca per vedere se l’amico sta bene.
Purtroppo Franco trova Luca semi assiderato ed è tentato di caricarsi sulle spalle Luca e tornare
giù per cercare soccorsi, ma non lo fa. Riscalda Luca con quel poco che ha e con le ultime energie
rimaste, aiutando anche Luca, arriva finalmente in cima. I due sono sani e salvi!
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AVVENTURE in CITTA’
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LA RINASCITA DELLA MUMMIA
di Emanuele Bomben
Giordana Shama parte con i suoi compagni per un viaggio scolastico in Egitto. Per distrazione con un compagno un po’ vivace schiaccia dei pulsanti e l’aereo atterra in una zona sconosciuta del paese. I ragazzi così vivranno avventure … inquietanti. Una ragazza ribelle di nome Giordana Shama viveva a Londra, non rispettava nemmeno una regola
e neanche ascoltava le cose che le venivano dette. Un giorno di primavera, Giordana e i suoi
compagni partirono per andare in Egitto. Giordana sperava che non venisse il suo amico, cioè il
suo compagno di banco, detto “studente curioso”, ma anche lui partecipò al viaggio. Durante il
viaggio Giordana non rispettò le regole e fece confusione: per colpa sua e dello studente curioso,
che sull’aereo aveva toccato qualche pulsante che non doveva toccare, dovettero atterrare in una
parte dell’Egitto sconosciuta.
Dopo avere camminato, camminato e camminato sotto il sole cocente, videro un’oasi, ma quando
vi si addentrarono s’innalzò un vento terribile. Tutti pensarono a una tempesta di sabbia, ma loro
ritenevano di essere al sicuro perché protetti dalla vegetazione. Non si trattava esattamente di
una bufera di sabbia: l’amica di Giordana osservò che era qualcosa di simile al ruggito di un
mostro. Anche un altro amico, che conosceva tutto sull’ Egitto, non sapeva che vento fosse e allora
disse: “È il ruggito di un animale molto grosso.” Apparvero alcuni uomini vestiti di nero che in
faccia avevano dei segni egizi e una benda che copriva i loro capelli. Uno di loro disse: “Dovete
andarvene da qui, perché siete in pericolo, avete già sentito, no? Andate via da quest’oasi, la città
è a ovest. Addio.” Così i ragazzi si allontanarono.
Dopo aver camminato in lungo e in largo per trovare la città indicata, ormai persi nel deserto,
trovarono una piramide. Entrarono e la esplorarono tutta; poi si imbatterono in un muro che li
bloccava e non poterono procedere. Piantato nel muro, sporgeva un bastone di pietra. Lo
prelevarono e dal muro cadde un sarcofago con un manoscritto e un oggetto strano, che
sembrava una specie di chiave. Il sarcofago non conteneva nulla, allora continuarono. Procedendo
scoprirono che quella specie di chiave apriva un plico. L’insegnante dei ragazzi sapeva leggere gli
ideogrammi egiziani e pronunciò le parole della prima pagina. Si originò un terribile terremoto,
tutti urlavano e scappavano. Quando il terremoto si placò, i ragazzi videro una figura in
lontananza: aveva per mano due bambini che gridavano aiuto. Man mano che l’immagine si
avvicinava, tutti si accorsero che le voci appartenevano a Giordana e allo studente curioso. La
figura si avvicinò un pochino e lanciò i due ragazzi contro gli altri. Così videro che era una mummia.
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La mummia provò a risucchiare un bambino, ma non ci riuscì, invece mangiò lo zaino di una
ragazza, e improvvisamente diventò un uomo con la pelle colorata. Tutti scapparono e risalirono la
piramide. Giordana e lo studente curioso videro dei furgoni color verde-scuro, che li portarono
all’aeroporto a ovest del paese. Così tornarono a casa sani e salvi.
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IO E L'ISPARK
di Laura Bonadiman
Francesca, una ragazza molto bella e sincera, un giorno andando dalla zia vede e prova ad
attingere dell’acqua, ma sporgendosi troppo cade in un altro mondo…
Tanto tempo fa, in un paese di cui non si conosce il nome, esisteva una ragazza di 12 anni di nome
Francesca. Francesca era alta, magra, povera e soprattutto sempre sincera.
Un giorno quando, come sempre, stava andando dalla sua cara zia molto malata, si imbatté in
qualcosa di strano: un pozzo nel mezzo della strada. Vicino al pozzo c'erano delle brocche vuote,
quindi la ragazza decise di prendere un po’ d’acqua per la povera zia.
Calò una brocca e provò a tirarla su, ma non ci riuscì perché era troppo pesante, provò e riprovò, e
intanto non si accorse di essersi sporta troppo, tanto che precipitò nel pozzo.
Cadde su una pianta enorme, che ammortizzò la caduta, ma rimase tramortita.
Si risvegliò solo dopo qualche ora e scoprì un mondo che non si sarebbe mai immaginata: c'erano
solo piante e animali sconosciuti, e il bello era che non c'era il tempo, in quel mondo non esisteva
la dimensione del tempo!
Esistevano animali che avevano fino a dodici, ventiquattro zampe.....
Siccome era molto stanca, Francesca si avvicinò a una strana pianta per potersi riposare, ma
appena si addormentò un rumore improvviso la svegliò: era una creatura con sei occhi, nove
bocche, quarantasette zampe e quattro orecchie grandissime, che voleva solo difendere il
territorio.
Francesca era all'angolo, ma arrivò un animale con quattro ali, un becco,e novanta occhi a salvarla.
Dopo tanto tempo i due giunsero in una specie di nido fatto di piante rinsecchite: sembrava che
quel volatile volesse fare da madre alla povera Francesca. La ragazzina però non riuscì a chiudere
occhio per tutta la notte.
Il giorno seguente il volatile la portò ai piedi di una scalinata che le permise di tornare al suo
mondo, precisamente nella cantina della zia malata.
Corse al piano superiore per spiegare tutto alla zia ed ella rispose che sapeva da tanto tempo che
esisteva quel mondo fantastico e che era stata lei a costruire la scalinata. Francesca chiese anche
dell'animale che l’aveva salvata e la zia rispose che era l'ispark della bontà, un animale che pensava
sempre prima agli altri e poi a se stesso.
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In quel momento Francesca scoprì che niente di quello che era accaduto esisteva nella realtà,
perché era stato solo un sogno stupendo che avrebbe poi raccontato.
Dopo qualche anno uscì un libro intitolato Io e l'ispark della bontà: parlava di un’amicizia mai
terminata proprio come quella del sogno.
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di Sara Moioli
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OLIVIA, FRANCO, CHARLIE E LA MAGIA DEL NATALE di Arianna Calì
Olivia, Franco e Charlie si avventurano in un luogo sconosciuto per salvare il caro vecchio Babbo Natale che è stato rapito. I tre saranno aiutati da due simpatici e strani amici …
In una grande città come New York era giunto il Natale! Tutta la città era in subbuglio, gente che
entrava in negozi, mille auto che sfrecciavano in tutte le direzioni, gente al telefono, mucchi di
persone che s’affrettavano a comprare regali per figli e parenti….. ma in un angolo appartato della
grande mela c’erano due ragazzini soli, probabilmente orfani. Erano molto magri, forse non
mangiavano da giorni: abbastanza alti, capelli biondi, occhi azzurri e sguardo deciso, erano vestiti
con abiti logori, tutti stracciati. Ad un certo punto si avvicinò un signore anziano con la barba
bianca che portò loro dei vestiti e del cibo. Poi chiese ad Olivia e Franco che cosa desiderassero
per Natale e i due bambini dissero con voce bassa: “Noi abbiamo chiesto solo una cosa a Babbo
Natale, ed è quella che una famiglia ci adotti, tutte e due!”. Il caro vecchietto rispose:“ Se potessi
lo farei io stesso! State tranquilli, bambini, Babbo Natale ascolta tutti! C’è nient’altro che
vorreste?”. I bambini sorridendo gli risposero: “Noi abbiamo due piccoli desideri: il primo è
conoscere Babbo Natale ed il secondo è avere un cagnolino con il quale giocare”. Ad un tratto
arrivò un soffio di vento e i bambini chiusero gli occhi. Riaprendoli non videro più il vecchio
signore, ma una strada buia davanti loro, come se quel soffio di vento avesse risucchiato tutto e in
quell’istante calò la notte.
Il mattino seguente Olivia si sentiva leccare la mano e Franco avvertiva uno strano odore di
bagnato. I due aprirono gli occhi e videro un cucciolo di cocker, color champagne, con orecchie
pelose. Erano felicissimi, sprizzavano gioia da tutti i pori. Discussero a lungo sul nome da dare a
quel cagnolino e alla fine scelsero Charlie, perché non sapevano con esattezza se il cucciolo fosse
maschio o femmina e Charlie andava bene in tutte e due i casi. Ad un tratto sentirono delle voci,
allora Olivia, Franco e Charlie si nascosero dietro una scala antincendio per vedere cosa stesse
accadendo e capirono che l’anziano signore era stato rapito da un malvivente, un certo Mister
John. I due ragazzi erano spaventatissimi e sentirono Mister John dire:“Lo Spirito del Natale non
esiste…. Natale è un’invenzione e il mio scopo è cancellare questa orribile festa, rendere tutti tristi,
pigri e con il cuore fatto in pietra! Solo allora potrò dominare il mondo!”. Davanti a lui il vecchietto
bisbigliando disse:“Ma per favore ….. tu sei uno stupido, cattivo, dal cuore arido come la sabbia nel
deserto, tu sei un granello di sabbia cioè nulla! Ma per favore non farmi ridere!”. L’uomo
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arrabbiato provocò una specie di piccolo uragano che risucchiò il vecchietto, Mister John e anche i
due gemelli con il loro amico a quattro zampe. In un battibaleno si ritrovarono in un castello nel
bosco: era tutto così grigio, buio e senza carattere. Al povero Charlie si drizzò il pelo dalla paura e
l’animale corse a nascondersi tra le gambe di Olivia. I bambini con passo felpato seguivano Mister
John, però non capivano dove stesse andando, perché più si inoltravano nella foresta e più calava
una fitta nebbia grigia che non permetteva di vedere niente.
Ad un certo punto Franco vide una fioca luce rossa in mezzo alla vegetazione e si mise a correre
trascinando con sé anche Olivia e Charlie. Davanti a loro si presentò una maestosa renna che,
come loro, si era persa in mezzo a quel labirinto: con lei c’era anche uno strano essere basso e
vestito in modo buffo …. era un elfo. Franco riconobbe quei due simpatici esseri: Rudolf, la renna,
e Pallino, l’elfo. Olivia non capiva proprio come Franco conoscesse quei due strani esseri. Rudolf e
Franco decisero di fermarsi per ricominciare la ricerca del vecchietto all’alba: a quell’ora era
praticamente impossibile camminare nella foresta che di notte si trasformava in un vero e proprio
labirinto dal quale non c’era via di scampo. Si sedettero tutti per terra e Rudolf spiegò che lui era
la fedele renna di Babbo Natale, Pallino era il fidato elfo, mentre l’anziano signore dalla barba
bianca si chiamava Nicolas, meglio conosciuto da tutti come Babbo Natale. I bambini, e perfino il
cane, rimasero sorpresi! Rudolf poi disse a Franco ed Olivia: “Voi siete i bambini scelti da Babbo
Natale …. voi avete tutto, anche se apparentemente sembra che non possediate niente, perché
voi, cari bambini, avete lo Spirito Natalizio, la cosa più bella che possa esistere!” La renna poi
chiese ai bambini di addormentarsi, perché così avrebbero presto conosciuto Babbo Natale di
persona.
La notte finì e all’alba ripresero il viaggio nella foresta. Camminarono per molto tempo finché non
videro un gigantesco ed imponente castello, che all’apparenza non presentava nessuna entrata.
Ad un certo punto Pallino cadde in un tunnel, trascinando con lui tutta la squadra.
Si trovarono in un’enorme sala piena di gabbie, ma non per animali, bensì per umani: in una di
queste era rinchiuso Babbo Natale! Immediatamente cercarono di liberarlo …. ma senza riuscirci:
allora Olivia prese dai suoi capelli una forcina con la quale aprì la gabbia. Babbo Natale uscì di
corsa e fischiò: si presentarono così tre renne, Mister John (il carceriere di Babbo Natale)
immediatamente si lanciò all’inseguimento, ma senza riuscirci, perché il suo cuore cattivo non
resse allo sforzo. Mister John si lasciò andare e morì, il suo scopo era fallito!
La squadra unita raggiunse il laboratorio di Babbo Natale e la magia del Natale ebbe il sopravvento
sul male. I bambini furono adottati da una famiglia che donò loro tanto amore e tanta serenità.
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di Arienna Calì
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LA STORIA DI FILIPPO
di Daniele Casati e Gabriele Vitagliano
Trasferitosi con la famiglia, Filippo è costretto a cambiare scuola. I compagni lo escludono e lui
fatica ad ambientarsi, fino a quando però, durante una gita in montagna,….
Questa è la storia di Filippo, un bambino di 12 anni che dovette cambiare città perché suo padre
era stato trasferito per lavoro da Roma a Milano. Fin dall’inizio non riusciva ad ambientarsi nella
nuova scuola perché i suoi compagni lo isolavano e spesso era preso in giro da loro.
A metà dell’anno scolastico venne organizzata una gita in montagna, sulla neve. Filippo amava
molto sciare, così decise di partecipare.
Nonostante i tentativi di fare amicizia con gli altri ragazzi nessuno lo considerava. Anche se il solito
gruppo, una volta sulle piste, più volte tentò di farlo cadere, con grande pazienza Filippo continuò
a sciare ignorandoli.
Giunse finalmente l’ultimo giorno e, dopo una lunga passeggiata, tutto solo Filippo si fermò a
riposare sotto un grande albero. Ad un tratto sentì una voce che gridava aiuto.
Si girò in direzione del richiamo e scorse un burrone dove un ragazzo, uno del gruppo che lo
prendeva in giro, si trovava in difficoltà. Senza esitare Filippo si precipitò ad aiutarlo: lo caricò
sulle sue spalle e lo portò al primo rifugio dove venne assistito.
La mattina dopo tutti erano pronti per partire. Caricate le valigie, i ragazzi salirono sul pullman.
Filippo salì per ultimo e, stupito per l’assoluto silenzio, si girò a guardare i compagni, i quali
cominciarono a battergli le mani e a congratularsi con lui per il gesto eroico che il giorno prima
aveva compiuto. Era partito vittima e ritornava eroe, semplicemente essendo stato se stesso!
Da quel giorno il rapporto con i suoi compagni migliorò e il ragazzo che Filippo aveva aiutato
divenne il suo migliore amico.
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L’AVVENTURA DI DAFNE
di Sara Di Michele e Isabella Furino
Dafne è una ragazza che vive con il padre e il fratello. Un triste giorno un improvviso tsunami la separa dalla sua famiglia. Quando tutto sembra perduto, l’amicizia le permetterà di superare i momenti difficili e di ritrovare la felicità.
Eccomi qua a raccontare quello che è successo a me e alla mia famiglia tre anni fa. Mi chiamo
Dafne, sono alta, snella, bionda, ho gli occhi azzurri e vivo sull’isola di Honolulu alle Hawaii, con
mio padre Nicholas e mio fratello Alex.
Era una mattina d’autunno, stavo camminando per andare a scuola mentre mio padre
accompagnava mio fratello Alex, quando ho sentito la terra tremare sotto i miei piedi e ho visto il
cielo incupirsi. Ho capito che stava succedendo qualcosa di orribile…. Era uno tsunami.
Ero molto preoccupata per mio padre e Alex, pensavo “magari potrei non rivederli mai più o loro
potrebbero non rivedere più me”. L’onda si avvicinava impetuosa verso di me, non ricordo cosa sia
successo dopo, so solo di essere stata travolta e di aver picchiato la testa. Mi sono svegliata
qualche ora dopo: il terribile tsunami si era calmato, la gente urlava disperata, chi chiamava un
figlio, chi la propria madre o piangeva perché aveva perso la casa. Io ero completamente sola, ero
impaurita e non sapevo cosa fare. Pensavo a papà e ad Alex, a cosa poteva essere successo loro.
Camminai a lungo alla ricerca della mia famiglia, ma senza alcun risultato. Tutto intorno a me era
devastato, non riconoscevo più alcun luogo, vagabondavo senza meta, volevo solo ritrovare i miei
cari. Quando avevo ormai perso ogni speranza, incontrai Mackenzie, una ragazza della mia stessa
età che fortunatamente era sopravvissuta con la sua famiglia. La sua era una famiglia splendida,
che mi accolse con dolcezza e si diede da fare per aiutarmi a cercare mio papà e mio fratello. La
loro casa era stata colpita ma non era distrutta, avevano ancora un tetto, anche se le finestre non
esistevano più. La linea telefonica non funzionava e ogni attimo che passava perdevo sempre più
la speranza di ritrovare i miei affetti. Con il papà di Mackenzie girai gli ospedali, cercai in mezzo ai
feriti, chiesi a tutti i passanti.
Nel frattempo erano stati organizzati dei centri in cui venivano raccolti i nomi dei sopravvissuti e
quelli di bambini e ragazzi che venivano ritrovati senza genitori, ma del papà e di Alex non c’era
ancora traccia. Pensavo al peggio, di essere rimasta sola al mondo, e la tristezza mi riempiva il
cuore; Mackenzie si accorse del mio stato d’animo e con un abbraccio cercò di darmi coraggio e di
sollevarmi il morale.
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In cuor mio sapevo che li avrei trovati, mi dicevo “lo so, devo ritrovarli, sono la mia vita”. C’era un
grande silenzio, una profonda tristezza nell’aria, nessuno aveva voglia di parlare, ma tutti si
rimboccavano le maniche per aiutare, per liberare la strade, per togliere i detriti.
Speravo tanto che mio papà e mio fratello fossero rimasti insieme, saperli da soli come me mi
metteva addosso una paura tremenda. Continuavo a recarmi al centro assistenza e speravo di
scorgere negli elenchi i loro nomi, intanto lasciai l’indirizzo della famiglia dove mi trovavo così il
mio papà avrebbe saputo dove trovarmi.
Non penso che nei 16 anni della mia vita avessi mai pregato così tanto prima e avessi tenuto così
tanto al mio zaino di scuola, l’unica cosa che mi era rimasta e che mi ricordava il passato. Avevo
fatto anche amicizia con una signora che mi aveva preso a cuore: regalava vestiti a chi ne aveva
bisogno, e così mi potei vestire con abiti puliti.
Per la prima volta in vita mia vedevo la povertà davanti a me. In tv avevo visto i bambini poveri,
senza cibo e acqua, con stracci per maglietta e piedi scalzi, ed io pensavo che in quella situazione
non mi sarei mai ritrovata e invece eccomi, come una vagabonda alla ricerca di qualche appoggio,
cercando invano le uniche persone che alla mia vita avevano dato un senso. Ormai, avevo perso
tutto! Solo Mackenzie mi dava la forza di andare avanti e di non abbattermi: mi disse più volte che
l’unione fa la forza e che saremmo rimaste insieme fin quando non avessi trovato la mia strada.
Un giorno, mentre riposavo vicino al parco in cui avevo visto crescere Alex e conosciuto
Mackenzie, mi decisi: dovevo camminare per chilometri ma ce l’avrei fatta, mi dissi “DEVO
CERCARE MIO PADRE E ALEX!”. Sapevo che sarebbe stata una richiesta folle, ma dissi così a
Mackenzie: “Ti va di venire con me a cercare mio padre e Alex?” e lei rispose un po’ imbarazzata e
allo stesso tempo dispiaciuta: ”Oh, Dafne sei un’amica speciale che non cambierei con
nessun’altra, ma sai anche tu che non posso accettare, ho qui la mia famiglia, la mia vita, e venire
con te significa lasciare tutti e percorrere tanti chilometri a piedi!”
La risposta che mi diede Mackenzie era sensata, come potevo chiederle una cosa simile?! Così mi
incamminai rattristata per recuperare il mio zaino, quando la mia amica mi fermò e mi disse: “Abbi
cura di te Dafne e non dimenticarti che io ci sarò sempre a proteggerti”. Ero commossa e le risposi
con un semplice “Grazie di tutto, a presto”, e me ne andai con lo zaino sulle spalle, pronta per il
lungo tragitto.
Erano passate due ore e stavo ancora camminando, sfinita ma determinata a raggiungere il mio
obiettivo. Pensavo che sarei morta per la stanchezza, ma fin a quel momento non avevo voluto
perdere la mia speranza. Ero veramente stremata e dopo un’altra mezz’ora mi accasciai a terra
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piangendo e chiedendomi PERCHÉ, ma purtroppo a questo perché nessuno, se non il Padre
Eterno, avrebbe potuto rispondere. Sentii la terra bagnata sotto i piedi, la pelle secca e non
sentivo più i muscoli del mio corpo, così mi addormentai.
Il mattino seguente mi svegliai ancora molto stanca, ma avevo energie a sufficienza per poter
percorrere un altro po’ di strada. Il bisogno di cibo e acqua mi metteva ancora di più alla prova,
così dovetti fermarmi a prendere qualche frutto da un frutteto lì vicino. Non sapevo di preciso
dove mi trovassi, ma stando a quello che mi aveva detto Mackenzie la direzione era giusta.
Continuai ancora per molto, fino a quando il buio calò e si alzò l’umidità togliendomi
ulteriormente le forze, ma pensavo che mio padre e mio fratello erano lì da qualche parte. La meta
era vicina, trascinavo le gambe e la stanchezza era tanta, mi sforzai di non dormire perché il mio
traguardo era vicino. Nonostante la vista annebbiata scorsi un enorme tendone blu, così entrai:
c’era moltissima gente. Alle pareti erano appese parecchie foto delle persone che in quel centro
venivano ospitate, diedi un’occhiata e ... no, non era possibile!! Tutta la mia stanchezza svanì, vidi
il faccino di Alex e il volto di mio padre. Ero al settimo cielo: quello fu il momento più bello della
mia vita. Corsi dal primo medico che vidi e chiesi informazioni di Nicholas e Alex Brown. Anche se il
medico non seppe rispondermi, poiché le foto erano appese io sapevo che i miei cari si trovavano
lì. Andai in tutti i reparti del centro gridando come una matta, ed ecco finalmente Alex. Gli corsi
incontro urlando il suo nome, lui si voltò verso di me e gridò anche lui vendendo verso di me:
“DAFNE, DAFNE!!!”. Ci abbracciammo forte, piangendo e ripetendoci a vicenda: “Siamo vivi!!!!”.
Tenendolo per mano per paura di perderlo ancora, insieme andammo da papà. Era disteso su una
barella ma ebbe la forza di dirmi:”Dafne, sei qui?!” e ci abbracciammo tutti e tre, felici di esserci
trovati.
Dopo qualche settimana papà stava meglio così insieme tornammo indietro. Quella strada, che
all’andata mi aveva fatto vivere una triste avventura, adesso mi aveva permesso un ritorno pieno
di gioia. “CON LA SPERANZA E L’AMORE SI SUPERA LA PAURA”
Dafne Brown
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L’HOTEL DELLE MILLE AVVENTURE
di Abdoul Diallo
Catline vive in un hotel con la tata perché sua madre è lontana per lavoro. In quell’ambiente interessante ne combina di tutti i colori …
In un grande hotel di Miami viveva una bambina di nome Catline, aveva sei anni ma era capace di
molto nonostante la giovane età! Viveva in quell'hotel da circa due anni, con la sua tata, che si
occupava di lei perché la madre era spesso lontana per lavoro, ed il padre era morto. La bimba
non era a disagio, anzi tutto il contrario, era ricca grazie al lavoro fiorente della madre, che faceva
l'attrice e non le faceva dunque mancare nulla. Catline non si annoiava mai, era una peste, tutti
ormai la conoscevano come una birbante in hotel e ne combinava di tutti i colori. Ma non aveva
cattive intenzioni, tanto che aveva moltissimi amici e ancora più conoscenti. In ogni occasione
speciale (come ad esempio per matrimoni, comunioni e altre cerimonie che venivano festeggiate
in hotel) lei non poteva mancare... e ovviamente ne combinava sempre una delle sue! Il
proprietario era una di quelle persone che ci tenevano alla propria reputazione e a fare un'ottima
figura, a dispetto di Catline che, nonostante ciò, continuava a fare quello che aveva sempre fatto:
marachelle. All'apparenza non sembrava assolutamente così vivace: era bionda, ben vestita,
pettinata e aveva sempre un'aria allegra, che metteva di buon umore. Subito dopo averla
conosciuta, però, a tutti l'umore volgeva al peggio. La madre, la signora Barton, di ciò non sapeva
nulla, per questo la lasciava vivere lì tranquillamente.
Una delle sue più note birichinate fu quando tutti stavano organizzando gli antipasti per un
matrimonio, e lei di nascosto cominciò ad assaggiare la torta nuziale, e ... assagiando assagiando,
un pezzo tira l'altro, la mangiò tutta. Nessuno aveva visto che era stata lei. “Ma chi poteva essere
stato?”, pensò il proprietario. Per questo motivo in occasione di ogni evento cercavano tutti, e in
ogni modo, di tenerla lontano dalla sala ospiti, ma invano. Il proprietario, il signor James, se ne era
fatto una ragione e aveva chiuso un occhio (magari due) per tutti i guai che Catline aveva
combinato, ma non si potevano correre rischi con l'evento tanto atteso, l'evento dell'anno! In
hotel avrebbe soggiornato il principe e tutto doveva essere in ordine, niente fuori posto, quindi
Catline non doveva assolutamente sapere niente, ma sfortunatamente non fu così.
Il principe sarebbe arrivato entro una settimana ed i preparativi erano già iniziati. Il giorno
successivo, in mezzo ad una folla di gente, Catline vide un bambino spaesato con cui fece subito
amicizia. Era un bambino molto educato, prima di conoscerla, ma ella gli insegnò un sacco di modi
per fare dispetti... insomma lo contagiò. Passarono diverse avventure insieme, insomma
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diventarono amici stretti, e si raccontarono i loro segreti. Il bambino disse di chiamarsi Andreas e
di avere anch'egli un genitore morto, la madre. Le disse che gli mancava molto e che quando
pensava a lei gli venivano in mente le stelle, perché pensava che la sua mamma fosse diventata
una stella. Poi le disse di essere stato sempre a casa sua, di non aver mai visitato Miami e così
Catline decise di fargli visitare la città. Proprio quello stesso giorno era il tanto atteso giorno
dell'arrivo del principe, i preparativi erano dunque giunti alla fine, ma del principe non c'èra
ancora nemmeno l'ombra.
Catline decise di comprare un biglietto per il planetario e lo portò ad Andreas, mentre lei tornò in
Hotel. Vide che il direttore, il signor James, era preoccupato e gliene domandò il motivo. Lui le
rivelò di aver scoperto che il principe era un bambino, aveva circa sette anni (proprio come
Andreas…) e che in vita gli era rimasto solo il padre. Allora lei gli raccontò di Andreas, senza
temere la reazione del signor James. Egli invece si infuriò, perdette le speranze, ormai deciso a
chiudere l'hotel, perché secondo lui, senza il principe, tutto sarebbe andato di male in peggio. Ad
un tratto si presentò il padre del principe, domandando dove si trovasse il figlio. Catline raccontò
l’accaduto all’uomo e tutti furono preoccupatissimi perché pensavano che il bimbo si fosse perso,
perché Andreas non era mai uscito da casa prima. Guidati da Catline il gruppo si diresse al teatro
delle costellazioni, dove lo trovarono subito. Il padre sollevato lo raggiunse dicendogli di tornare
immediatamente a casa, ma con stupore apprese dal figlio che quello era stato il giorno più bello
della sua vita, perché finalmente aveva visto Miami, conosciuto un'amica fedele, e si era sentito,
per la prima volta dopo la morte della madre, vicino a lei.
Così Catline non aveva fatto una cosa sbagliata, anzi da quel giorno grazie a lei l'hotel diventò
famoso e molto frequentato. Tutti cambiarono opinione su di lei, e soprattutto non fu più la solita
Catline di sei anni pestifera, ma da quel giorno era cresciuta, era cambiata. Venti anni dopo la
ragazza si sposò con il principe, ebbe dei figli e raccontò sempre le ormai vecchie avventure, senza
scordarsi mai della sua amata Tata!
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UNA RAGAZZA IN GAMBA
di Moioli Sara
Meredith, una ragazza povera, deve aiutare l’amico Robbie rapito da una nota banda, i Five Forces, nota in città per i numerosi furti commessi. La ragazzina si sente in debito con l’amico che ogni giorno le assicura un pasto caldo, ma una sera purtroppo… Attraversando Los Angeles, sulla collina di Hollywood, si scorge una piccola città, il suo nome è
Velpistich. In una strada poco trafficata vive Meredith, una ragazza di circa 17 anni, alta, magra
con capelli scuri, ricci e arruffati, e una faccia punteggiata di lentiggini.
La sua è una brutta storia: dopo la morte dei genitori si è trovata per strada, in povertà, ma visto il
suo carattere forte e combattivo è sempre riuscita a cavarsela.
Vive in una vecchia fabbrica abbandonata, all'interno della quale ci sono poche cose che arredano
la casa di Meredith: un letto con una coperta ed un borsone di abiti malconci e sporchi.
Nonostante tutto Meredith, nel suo vagare per strada, ha sempre il sorriso sulle labbra.
Le persone la scambiano per una senza tetto, vedendola vestita con abiti sporchi e sempre seduta
sul marciapiede mentre chiede l' elemosina, ma Meredith in realtà ha molti amici che l'aiutano.
Uno di questi è Robbie, un ragazzo più o meno della sua età, che lavora in un noto ristorante della
città. Lì Meredith si reca ogni sera, dopo la chiusura del locale, e Robbie, con quello che può, cerca
di sfamarla.
Una sera come tante Meredith si reca al ristorante dove Robbie l'aspetta , ma quella sera di
Robbie non c'è alcuna traccia. Meredith decide di aspettare, poi, mossa dalla curiosità, usa
l'entrata secondaria, che dà accesso diretto alla cucina, ma di Robbie ancora nessuna traccia. In
cucina però i fornelli sono ancora accesi, l'olio frigge e Meredith affamata decide di servirsi da
sola.
Dopo aver riempito lo stomaco, il ricordo torna a Robbie: è allora che vede un pezzo di carta
appoggiato accanto ad una delle dispense, lo legge come ne è capace , e riesce a capire che
Robbie ha voluto lasciare un messaggio per dire che è stato rapito dalla famosa banda di
malviventi noti in città come i Five Forces.
Spaventata indietreggia facendo cadere anche dei mestoli, esce di corsa dalla cucina con le lacrime
che le scendono dalle guance, l'istinto la fa correre in cerca di Robbie.
Si ferma di colpo davanti all'entrata del parco della città dove ad attirare la sua attenzione è un
lembo di stoffa bianca appeso ad un ramo: avvicinandosi riconosce che quel pezzo di stoffa è un
fazzoletto che Robbie tiene sempre al collo.
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Decide così di inoltrarsi nel bosco, e giunge in un prato molto grande dove si accorge che i pochi
alberi presenti sono piegati, si è quasi aperta tra loro una radura e la ragazza intuisce che un
elicottero potrebbe essere atterrato lì. Ne diviene certa quando, poco dopo, mentre cammina,
vede proprio un elicottero fermo.
I Five Force stanno portando Robbie dentro un edificio per entrare nel quale uno dei malviventi
digita un numero d'accesso, ma Meredith ,nella posizione in cui si trova, non può vedere né fare
nulla. Perché i malviventi hanno rapito Robbie? Merdith continua a domandarselo, ma non riesce
a darsi una risposta. Decide di agire. Si avvicina alla base e con sua meraviglia si accorge che la
porta d'entrata è rimasta aperta, entra e vede che Robbie è stato imprigionato sotto una campana
di vetro, protetta da raggi laser in modo tale che nessuno ci si possa avvicinare.
All'uscita dei malviventi Meredith attira l'attenzione di Robbie, e sul volto del ragazzo appare
un'espressione di sorpresa ma al tempo stesso anche di paura, al pensiero che Meredith possa
essere scoperta. La invita ad andarsene ma Meredith è molto caparbia e con determinazione vuole
liberare il suo amico. Gli chiede cosa c’entri lui con certa gente, ma Robbie le appare è molto
evasivo nella sua risposta. Meredith studia la situazione e nota che c'è una sorta di scatola
attaccata alla parete. Aprendola capisce che si tratta della centralina elettrica che regolai raggi
laser della prigione, infatti si ricorda che anche a casa sua (nella fabbrica abbandonata) c'erano
molte centraline dismesse che avevano i fili tagliati.
Così decide di provare a salvare il suo amico: trovato un pezzo di vetro per terra taglia prima il filo
rosso e poi quello giallo. Forse però non è quello l'ordine giusto, tant'è vero che l'allarme scatta
improvviso: ma Merdith non si fa prendere dal panico, la campana di vetro si solleva e lei incita
Robbie a seguirla , mentre i malviventi rientrano nella stanza. Purtroppo i malviventi si mettono a
sparare e Robbie viene colpito di striscio ad una coscia. Meredith lo aiuta a rialzarsi e i due
corrono fuori dall'edificio, dove poi si perdono nella folta vegetazione.
Rimangono tutta notte nel bosco nascosti in un giaciglio di fortuna che trovano tra due rocce; qui
Meredith si prende cura di Robbie fermando il sanguinamento della ferita e, abituata a vivere per
strada, accende un fuoco e sistema Robbie in sicurezza.
Durante la notte Meredith chiede spiegazioni all'amico e Robbie le racconta che lui in realtà non
è il cuoco del ristorante, ma il proprietario, o meglio la sua famiglia ne è proprietaria. La sua è una
famiglia di cui Meredith ha sentito molto parlare in città in quanto si tratta di persone molto
benestanti.
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Robbie le racconta che il ristorante è stato più volte preso di mira da quei malviventi e alla sua
famiglia è stato già intimato di chiudere il ristorante, ma Robbie in prima persona si è sempre
opposto alla chiusura del locale in quanto cucinare è la sua passione , e perché i malviventi non
avrebbero dovuto ottenere ciò che volevano, come invece era successo con altri commercianti.
Arriva l'alba e Meredith svegliandosi capisce che Robbie sta male, ha la febbre e la ferita si è
infettata. Copre Robbie con la sua sciarpa e decide di andare a cercare aiuto.
Purtroppo, visto il suo aspetto malconcio, viene allontanata da qualsiasi persona, decide così di
andare direttamente dal padre di Robbie.
Il custode della villa vedendola arrivare di corsa, tutta sporca la caccia subito, ma sentendola poi
parlare di Robbie, decide di chiamare il padre del ragazzo, che, ormai in apprensione per la
scomparsa del figlio, corre da lei, e se in principio l'accusa dell'accaduto, poi decide di fidarsi e di
seguire la ragazza.
Arrivano nel bosco e trovano Robbie privo di sensi; il ragazzo viene portato immediatamente in
ospedale dove viene curato. Intanto nessuno si interessa di Meredith che, in silenzio, torna alla
sua “casa”.
Una volta guarito Robbie fa di tutto per cercarla, e tornato al lavoro una sera riceve la visita di
Meredith che, come al solito, chiede un pasto caldo. Robbie è felice di rivederla e non solo la
sfama ma le dà una casa ed un lavoro: la prende a lavorare con sé nel ristorante in segno di
riconoscenza per l'accaduto.
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di Lorena Stabile
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FRANCO E LA MAGIA DEL NATALE
di Federica Longoni Nella grande New York Franco, solo e infreddolito, incontra Fabio, un orfano come lui. I due diventano amici, ma Franco non sa che Fabio è un elfo di Babbo Natale…
In una grande città come New York era giunto il Natale! Tutta la città era in subbuglio, gente che
entrava in negozi, mille auto che sfrecciavano in tutte le direzioni, gente al telefono, mucchi di
persone che si affrettavano a comprare regali per figli e parenti....., ma in un angolo appartato
della grande mela c'era un ragazzino, solo, probabilmente orfano, si chiamava Franco. Era molto
magro, forse non mangiava da giorni, era abbastanza alto, aveva capelli biondi, occhi azzurri e
sguardo deciso; era vestito con abiti più che logori, tutti stracciati.
Mentre il poveretto gelava dal freddo, gli si avvicinò un ragazzo pressappoco di 12 anni, orfano
pure lui, Fabio. I due iniziarono a conoscersi e diventarono subito fantastici amici. Franco chiese a
Fabio se avesse un posto in cui ripararsi durante l'inverno, e il ragazzo sorridendo rispose che
aveva una piccola casetta di legno costruita da lui in mezzo al parco, così offrì a Franco aiuto
invitandolo in quel piccolo alloggio. I due si avventurarono tra gli alberi fino ad arrivare alla
casettina. Franco ringraziò di cuore l'amico e si mise vicino al fuoco per scaldarsi. Ad un certo
punto bussò alla porta un vecchietto, basso, con una lunga barba bianca, un po' robusto, dall'aria
molto simpatica. I due ragazzi lo accolsero e gli chiesero il nome: il vecchietto si chiamava Nicolas
e veniva da molto lontano.
Dopo un po' Nicolas chiese: ''Ragazzi,voi avete desideri per Natale?''. Franco rispose: ''Io sono un
orfano e l'unica cosa che desidero è trovare una famiglia che mi voglia bene e che si prenda cura di
me''. Nicolas sorridendo disse: “Ohoho, ragazzo mio, il tuo è un bel desiderio, profondo, che viene
dal cuore e io sono sicuro che Babbo Natale ti ascolterà, ma dimmi un po', non hai altri desideri?''.
Franco sorpreso disse: ''Beh, in effetti un mio grande desiderio è conoscere Babbo Natale''. Nicolas
a quelle parole replicò: ''Figliolo, credo che questo accadrà molto presto...''.
In quell'esatto istante un forte vento inondò la casetta e il vecchio sparì misteriosamente. Franco e
Fabio si scambiarono uno sguardo pieno di paura e mistero chiedendosi dove il signor Nicolas
dopo quelle strane domande e quel forte vento fosse finito. L'unica cosa che sentirono furono dei
campanelli e un lontano ''ohoho'', e poi silenzio. Franco subito uscì e cercò Nicolas, ma non trovò
altro che un cappello rosso. Rientrato scoprì che anche Fabio era sparito, lo cercò nella casetta ma
senza trovarlo. Era preoccupatissimo, anche perché sapeva bene che non poteva fare nulla. Sì
addormentò nella speranza di risvegliarsi il mattino dopo con a fianco l'amico, ma ciò non
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accadde.
Il mattino seguente fuori da casa vide una renna, incuriosito si avvicinò all'animale e vide che
aveva un piccolo collare su cui era scritto ''Renna del signor Fabio, capo elfo, nonché braccio
destro di Babbo Natale''. Franco subito collegò i fatti accaduti la sera prima e finalmente capì:
Fabio non era un orfano e nemmeno un ragazzo, era un elfo, e non un elfo qualunque, ma il
braccio destro di Babbo Natale! Quindi Nicolas non era Nicolas, ma San Nicolà in persona, ovvero
Babbo Natale! Franco voleva mettersi in viaggio per una meta che nemmeno lui conosceva e non
sapeva davvero cosa fare.
Poi guardò la renna e decise di cavalcarla, magari lei sapeva dove portarlo! Non fece in tempo a
salire che l'animale subito partì correndo nel nulla, improvvisamente si formò in un piccolo vortice
che convogliava a una grande casa fatta interamente di legno.
Franco scese dalla renna, che si chiamava Rudolf e si avvicinò all'edificio. Vide sul cartello posto
davanti alla casa: ''E' qui che i desideri diventano realtà''. Sempre più incuriosito da quel magico
posto, Franco cercò l'entrata, ma invano. All'improvviso si ricordò del discorso fatto con il vecchio
Nicolas e gli vennero in mente le sue parole '' Questo è un bel desiderio che viene dal cuore ''.
Senza sapere nemmeno lui perché il ragazzo gridò: ''Desidero con tutto il cuore conoscerti, Babbo
Natale''. Subito dopo sentì lo stesso vento nel quale Nicolas (ovvero Babbo Natale) era sparito e un
trillo di campanelli. Davanti a lui apparve una porticina, Franco l'aprì ed entrò. Si ritrovò in un
immenso laboratorio, pieno di colori e forme con mille elfi scorazzanti di qua e di là. Osservò il
posto a lungo, finché non incrociò lo sguardo di Nicolas, ovvero Babbo Natale. Il vecchietto gli si
avvicinò e gli disse: ''Ben arrivato Franco, ci hai trovato e con questo hai avverato uno dei tuoi
desideri, che sarebbe quello di conoscere Babbo Natale: eccomi qua! Ma hai anche avverato il tuo
secondo desiderio: volevi una famiglia che ti volesse bene e che si prendesse cura di te, ebbene
puoi far parte di questa grande famiglia e diventare anche tu un elfo?'' Franco con un super sorriso
fu felice di accettare.
San Nicolà gli propose: ''Stanotte, ovvero la notte più importante di tutto l'anno, vuoi volare con
me a consegnare regali in tutto il mondo?''. Franco ancora più felice di prima e con un sorriso
ancora più grande di prima rispose: ''Certamente Babbo Natale!''. Allora Nicolas lo invitò a
prepararsi: gli consegnò un vestito rosso molto imbottito, con il caratteristico cappello abbinato,
che Franco indossò prontamente. I due partirono gridando: ''Ohohoh, BUON NATALE!''
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di Federica Longoni
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INDICE
AVVENTURE di “CLASSE” ........................................................................................................ 2
AVVENTURE tra i MARI ................................................................................................................ 4
- LA RICERCA DI ANASTASIA (L. Bottoli) .......................................................................... 5
- AVVENTURA TRA I MARI (G. Crippa) ............................................................................... 7
- IL VIAGGIO DI LUCA (N. Dell’Orto) .................................................................................. 10
- TITANILUS (F. Ravì Pinto) .................................................................................................... 12
- IL VIAGGIO DI ARMANDO (F. Vaccaro) ......................................................................... 14
AVVENTURE nella NATURA e sulle MONTAGNE ..................................................... 17
- L’UCCISIONE DEL DRAGO DI KOMODO (C. Corti e T. Novara) ............................... 18
- L'AVVENTURA DI PETER (T. Colombo) ........................................................................... 19
- AVVENTURA PER LA SALVEZZA (M. Colzani) ............................................................. 20
- LA MINIERA ABBANDONATA (M.Corbetta)............................................................... 22
- LA GEMMA MAGICA (M. El Kaoutari) ........................................................................... 24
- LA CASA PERICOLANTE (M. Mandaglio) ........................................................................ 25
- AL CENTRO DELLA TERRA (L. Piacentini) ................. Errore. Il segnalibro non è definito.
- UNA SCALATA SPECIALE (G. Simeone) .......................................................................... 31
AVVENTURE in CITTA’ ................................................................................................................. 32
- LA RINASCITA DELLA MUMMIA (E. Bomben) ........ Errore. Il segnalibro non è definito.
- IO E L'ISPARK (L. Bonadiman ) ........................................................................................... 35
- OLIVIA, FRANCO, CHARLIE E LA MAGIA DEL NATALE (A. Calì) .................... 38
- LA STORIA DI FILIPPO (D. Casati e G. Vitagliano) ......................................................... 41
- L’AVVENTURA DI DAFNE (S. Di Michele e I. Furino) ................................................... 42
- L'HOTEL DELLE MILLE AVVENTURE (A. Diallo) ..... Errore. Il segnalibro non è definito.
- UNA RAGAZZA IN GAMBA (S. Moioli) ........................................................................... 47
- FRANCO E LA MAGIA DEL NATALE (F. Longoni) ........................................................ 51
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I.C. STOPPANI – S.M. DON MILANI Seregno