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Direzione Generale per il Personale Scolastico Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca
Miur Multimedia Monitor (M3)
Progetto di Monitoraggio e Valorizzazione dei 4 Piani Nazionali sull’innovazione didattica
La qualità Promessa I Report
22 dicembre 2011
Direzione scientifica Prof. Mario Morcellini
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Miur Multimedia Monitor Report sulla qualità promessa
Indice
Introduzione. La carta della qualità formativa Ida Cortoni
Pag. 6
LIVELLO STRATEGICO
CAPITOLO I. Mission, obiettivi e impegni Ida Cortoni
10
CAPITOLO II. Verso la qualificazione: quadro normativo europeo Ida Cortoni
20
CAPITOLO III. La scuola italiana nel contesto europeo Elena Valentini
28
CAPITOLO IV. Verso una definizione di competenza Ida Cortoni
35
CAPITOLO V. Tutorship: le diverse attività del “prendersi cura” Patrizia Cinti
62
LIVELLO ORGANIZZATIVO
CAPITOLO VI. Diagramma di Gantt e strutturazione in fasi del monitoraggio Ida Cortoni
75
CAPITOLO VII. M3: la piattaforma di gestione Pierpaolo De Luca 82
LA QUALITA’ PROMESSA
CAPITOLO VIII. Introduzione concettuale Ida Cortoni 94
CAPITOLO IX. Analisi multilivello della letteratura scientifica, delle normative e degli studi a carattere empirico Maria Paola Faggiano
96
CAPITOLO X. I 4 Piani Nazionali. Analisi descrittiva Simone Mulargia, Daniela Cinque 109
CAPITOLO XI. La valutazione dei 4 Piani 137
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Bruno Ronsivalle CAPITOLO XII. I risultati della valutazione sui Piani Bruno Ronsivalle 153
CAPITOLO XIII. Analisi dei monitoraggi pregressi Simone Mulargia
165
CAPITOLO XIV La valutazione dei Piani di monitoraggio Bruno Ronsivalle
178
CAPITOLO XV. I risultati della valutazione sui monitoraggi Bruno Ronsivalle
191
CAPITOLO XVI. Le interviste in profondità Paola Panarese
199
Conclusione. Qualità erogata. Una dichiarazione di intenti 222 Glossario
226 Bibliografia 235 Ricerche internazionali 241 Normative 248
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Introduzione. La carta della qualità formativa Ida Cortoni1
“La carta della qualità formativa è il documento di presentazione e descrizione del processo formativo in tutte le sue fasi, dalla progettazione alla sua realizzazione didattica, strutturale e organizzativa, dalla sua sperimentazione sul territorio alla valutazione del percorso costruito”. Rispetto al monitoraggio, la carta della qualità rappresenta il documento di presentazione dell’attività di monitoraggio nella sua complessità che rispetti i criteri di trasparenza, di efficacia ed efficienza dell’intervento, nonché di coerenza fra dimensione teorica e metodologica.
Il concetto di qualità si pone alla base del processo e può essere esplorato a un duplice livello: il primo prevede la ideazione e applicazione di un percorso di interventi di osservazione e analisi delle esperienze formative pregresse a partire da un modello teorico di riferimento, nonché dall’individuazione di criteri e indicatori di analisi delle attività. Da questo punto di vista, l’obiettivo principale del monitoraggio consiste nel garantire la qualità dell’offerta formativa contemperando le esigenze, le richieste e i feedback degli utenti e l’impianto formativo proposto. Il secondo fa riferimento a un’attività di autoanalisi della qualità delle attività proposte all’interno dello stesso monitoraggio ai fini di ragionare, discutere e costruire un impianto metodologico standard di intervento, analisi e verifica della qualità formativa trasversale rispondente anch’essa ai criteri della trasparenza del processo, dell’efficacia dell’intervento e dell’efficienza delle metodologie di intervento. A tal proposito, l’allineamento dell’attività di monitoraggio con la certificazione ISO9001 può contribuire a costruire e sperimentare un modello di analisi della qualità formativa che applichi attività di autodiagnosi basandosi su criteri standard condivisi nel panorama europeo, senza trascurare la flessibilità delle pratiche, connesse alla continua ricontestualizzazione e all’adattamento delle dinamiche di ricerca all’eterogeneità delle situazioni formative riscontrabili nelle diverse realtà e alla natura stessa delle dinamiche e delle caratteristiche della formazione scolastica.
Il concetto di qualità è diventato strategico nel contesto delle politiche europee perché rappresenta uno strumento di competitività e di innovazione del servizio pubblico. Esso si pone alla base non solo del management e della gestione dei servizi, ma anche della governance e della sua organizzazione. In tal senso, assumono una responsabilità anche le risorse umane e il personale in termini di competenza e partecipazione attiva rispetto al funzionamento del sistema. La qualità di un sistema di istruzione, dunque, persegue alcuni obiettivi quali: la rispondenza fra domanda e offerta lavorativa, il raggiungimento dei risultati in termini di efficacia ed efficienza nel rispetto dei criteri minimi stabiliti a livello internazionale. Il primo documento a cui fare riferimento per la costruzione di un sistema di qualità è dunque la Carta dei servizi per la scuola, varata con il DPCM del 7 giugno 1995, la quale propone una serie di principi a cui la scuola si deve ispirare. In essa sono presenti: i principi
1 Ricercatrice del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza di Roma, per cui coordina l’Osservatorio Mediamonitor Minori e il Master in Multimedia Education
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fondamentali, i fattori di qualità, gli standard, i criteri di valutazione del servizio, le procedure di richiamo ad attività amministrativa, condizioni ambientali, attività didattica.
Il concetto di qualità è strettamente connesso a quello dell’autonomia scolastica (legge 59 del 1997 e DPR. 275/1999), ne consegue che l’obiettivo principale non è il raggiungimento di obiettivi programmati, ma consentire un miglioramento del sistema puntando sull’offerta formativa e sul grado di soddisfazione dei suoi attori (Annali, 2009). Altri riferimenti normativi e scientifici per l’elaborazione di un modello di qualità sono: -‐ PLAN-‐DO-‐CHECK-‐ACT (PDCA), il quale prevede 4 fasi: P-‐Plan (Pianificare); D-‐do (Attuare); C-‐Check (controllare); A-‐Act (agire). -‐ UNI EN ISO 9001: 2008. Linee guida per lo sviluppo e l’adozione di un sistema di qualità negli organismi di formazione. Esso indica i requisiti da soddisfare per istituire e tenere sotto controllo un sistema di qualità. Nello specifico le linee guida prevedono la considerazione dei seguenti elementi:
1. sviluppo e valutazione delle competenza professionali; 2. innovazione organizzativa; 3. innovazione metodologica sulla progettazione, l’erogazione e la valutazione; 4. sviluppo del know-‐how e anticipazione dei bisogni del cliente.
-‐ UNI EN ISO 9001: 2005 e Uni EN ISO 9004: 2009, che enfatizzano alcuni concetti-‐chiave di qualità:
1. orientamento al cliente; 2. leadership; 3. coinvolgimento del personale; 4. approccio ai processi; 5. approccio sistemico alla gestione; 6. miglioramento continuo; 7. decisioni basate su dati di fatto; 8. rapporti di reciproco beneficio con i fornitori.
L’obiettivo è il raggiungimento del successo nel lungo periodo attraverso un sistema di autovalutazione che prevede le seguenti attività:
-‐ pianificazione di medio e lungo periodo; -‐ monitoraggio continuo dell’organizzazione, delle aspettative e dei bisogni; -‐ informazione e coinvolgimento delle parti interessate; -‐ piani di formazione per lo sviluppo di competenze; -‐ pianificazione e monitoraggio dei processo; -‐ attività di monitoraggio della conformità e azioni correttive;
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-‐ azioni di miglioramento continuo nell’ottica dell’innovazione didattica (Annali, 2011: 286). -‐ UNI EN ISO 9001: 2000, sulla certificazione dei sistemi di qualità formativa. -‐ UNI EN ISO 9004: 2000, sistemi di gestione per il miglioramento delle prestazioni, fondato sull’analisi dell’efficacia e dell’efficienza dei sistemi organizzativi. Queste linee guida incentivano l’autovalutazione. -‐ Fondazione Europea per la Gestione della Qualità (EFQM), che si fonda sulla gestione della qualità totale (TQM) orientata sulla performance come strategia di miglioramento. Essa si basa su alcuni punti con i rispettivi pesi semantici:
1. orientamento ai risultati (15%); 2. attenzione verso il cliente (15%); 3. leadership e coerenza rispetto agli obiettivi (10%); 4. gestione in termini di processo e di fatti (10%); 5. coinvolgimento e sviluppo delle persone (10%); 6. apprendimento, innovazione e miglioramento continui (10%); 7. sviluppo di partnership (10%); 8. responsabilità pubblica (distinguibile in risultati relativi al personale – 10%-‐ e risultati relativi
alla società – 10%).
Questo modello è di autodiagnosi e autovalutazione e si fonda sul processo RADAR (Results, Approach, Deployment, Assessment, Revew) Per una descrizione puntuale della Carta della qualità del monitoraggio Miur Multimedia Monitor (M3), è possibile strutturare la “carta della qualità” in diversi livelli:
1. livello strategico, connesso alla mission, agli obiettivi e agli impegni del monitoraggio e degli Enti promotori dello stesso, da cui individuare le keywords scientifico-‐giuriche alla base del thesaurus del monitoraggio.
2. livello organizzativo, con sui si vuole intendere l’articolazione del monitoraggio nelle diverse fasi e attività operative.
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LIVELLO STRATEGICO
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CAPITOLO I Mission, obiettivi e impegni Ida Cortoni
Miur Multimedia Monitor è un progetto di monitoraggio della qualità formativa dei 4 Piani Nazionali del MIUR (Logos, Poseidon, [email protected], ISS), istituiti negli anni passati come corsi di formazione e ricerca-‐azione per l’innovazione della didattica nelle principali aree alla base degli assi culturali (DM 139/2007):
- area dei linguaggi: Poseidon e Logos - area matematica: [email protected] - area scientifico-‐tecnologica: ISS -
L’idea del monitoraggio nasce dall’esigenza di effettuare una ricognizione del lavoro fino ad oggi svolto al fine di valorizzare gli aspetti positivi e innovativi ed intervenire su quegli aspetti poco approfonditi e sviluppati durante lo svolgimento dei Piani. Particolare attenzione, poi, è rivolta ai monitoraggi regionali o nazionali realizzati negli anni precedenti sugli stessi Piani, al fine di valorizzare strumenti e metodologie di intervento già sperimentate sul campo.
L’elaborazione di un progetto di monitoraggio è partita da due analisi preliminari sullo scenario socioculturale europeo e italiano entro cui sono stati ideati i 4 Piani. Nello specifico, l’obiettivo è stato quello di inquadrare le trasformazioni a livello internazionale dei processi formativi secondo due prospettive: quella riformistica connessa all’orientamento delle politiche europee degli ultimi decenni e quella territoriale, in termini di ricaduta sui processi di apprendimento dei suoi utenti: i docenti e gli studenti.
Nel primo caso, il riferimento è rivolto agli sviluppi scientifico-‐normativi del Consiglio Europeo per incentivare lo sviluppo di competenze di base e trasversali, funzionali per lo sviluppo della cittadinanza attiva nella società della conoscenza. Da qui è possibile considerare anche le raccomandazioni in termini di innovazione formativa (metodologica e strumentale) e di valutazione per favorire la qualificazione delle carriere e delle professioni in un network europeo, nel rispetto di standard procedurali e di prodotti per favorire la cooperazione e lo scambio di competenze e titoli.
Nel secondo caso, l’attenzione si è focalizzata su quelle rilevazioni statistiche, in grado di riassumere la condizione del livello di apprendimento e di competenze sviluppate dagli studenti italiani rispetto al panorama europeo (cfr. dati OCSE Pisa degli ultimi anni). Questo tipo di analisi rappresenta il punto di partenza per comprendere l’orientamento dei processi formativi e il loro grado di incidenza nel tessuto territoriale ai fini di un miglioramento delle competenze degli attori scolastici.
La corrispondenza degli obiettivi formativi nazionali dei 4 Piani Nazionali, anche in termini di sviluppo di specifiche competenze negli attori del sistema scolastico, alle richieste e ai parametri del Consiglio Europeo, rappresenta, infatti, il primo obiettivo generale dell’attività di monitoraggio, in
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modo da verificare la linearità degli obiettivi strategici nazionali con quelli europei e individuare la loro collocazione nel panorama dei cambiamenti internazionali. L’analisi dell’apparato normativo nazionale e internazionale, dunque, consente di fornire le prime indicazioni sui profili di competenze, i quali in una prospettiva internazionale fanno riferimento alla Strategia di Lisbona 2000, mentre nell’ottica nazionale sono rintracciabili nel DM139/2007, nella duplice veste di competenze di base disciplinari, metacognitive e trasversali (riferibili alla dimensione comportamentale e strategico-‐relazionale all’interno di contesti situali).
La ricostruzione di un modello interpretativo delle competenze attese (II obiettivo strategico del monitoraggio), rappresenta un punto di partenza per procedere nelle fasi successive orientate a:
- Analizzare la coerenza dell’impianto formativo (in termini di offerta didattica e strutturazione
del processo e delle attività) rispetto ai profili di competenza attesi per i docenti, i tutor e gli studenti.
- Verificare le reali competenze acquisite dagli attori del processo formativo e la loro trasferibilità nei diversi contesti scolastici attraverso la realizzazione di sperimentazioni, esperienze didattiche, strategie e attività formative mirate, da svolgere nelle loro classi con gli studenti.
- Verificare le innovazioni strategiche, relazionali e didattiche in classe, a seguito dell’acquisizione di presunte competenze.
Il terzo macro-‐obiettivo, connesso ai precedenti, riguarda il riconoscimento della qualità
formativa dei 4 Piani Nazionali attraverso la valorizzazione metodologica, strutturale e didattica delle esperienze pregresse degli stessi. A riguardo, è importante spendere una nota sulla complessità della sfida della qualità e sulla conseguente difficoltà di identificare precisi confini. Così si è deciso di non adottare a priori alcune definizioni di qualità, ma si è cercato di integrare indicazioni provenienti da sistemi e impostazioni differenti, tratti dalla letteratura scientifica, dalle normative e dalle ricerche internazionali realizzate e proposte sul tema. Da qui una definizione di tipo “discreto” o “discontinuo” di qualità, che attribuisce maggiore peso agli indicatori di volta in volta emergenti sul monitoraggio.
Un ulteriore macro-‐obiettivo riguarda la dotazione della scuola di un kit di strumenti di analisi e di autovalutazione dei diversi processi di formazione, in modo da incentivare la gestione autonoma dei processi e dei risultati (pianificazione, piano attuativo, verifica dei risultati e dei processi e revisione) anche in prospettiva futura. In tal modo, si potrebbe procedere verso il “ri-‐orientamento metodologico e culturale in un’ottica di riqualificazione del servizio scolastico” (Annali, 2011: 15) tenendo conto della conformità dei processi rispetto alle normative, all’accertamento dei risultati e alla congruità dei risultati con gli obiettivi.
1. Il modello della qualità
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Il modello della qualità proposto nell’ambito del M3 è stato costruito tenendo conto del Quadro Comune per la garanzia della qualità (QCGQ)2, tenendo conto tuttavia anche delle normative ISO EN UNI e la Fondazione Europea per la gestione della qualità (EFQM).
QCGQ è articolato in quattro fasi: pianificazione, piano attuativo, valutazione dei risultati e revisione. Per ogni fase sono individuati i descrittori corrispondenti e gli indicatori dell’azione formativa. Così, il modello di qualità M3 si compone di quattro aree strettamente connesse fra loro, ma orientate a garantire la completezza procedurale e l’efficacia formativa sulle principali dimensioni che caratterizzano un processo formativo:
4. la progettazione formativa rispetto al contesto scientifico, normativo e sociale di riferimento; 4. l’erogazione formativa, intesa come strutturazione del percorso, la pianificazione didattica e
l’organizzazione delle attività formative, al fine di garantire la diffusione e lo sviluppo effettivo delle competenze attese nei tutor e nei docenti coinvolti;
4. la relazione formativa con i suoi utenti (siano essi tutor, docenti e studenti), al fine di comprendere il livello di coinvolgimento emotivo (il gradimento), il tipo di soddisfazione maturato rispetto alla proposta formativa (customer satisfation), il tipo e il grado di competenze maturate grazie all’erogazione del corso (certificazione della competenza);
4. la sperimentazione territoriale e la revisione. Nel primo caso si fa riferimento alla ri-‐contestualizzazione nelle micro-‐realtà scolastiche dei principi teorici del Piano e delle competenze acquisite per valorizzare le risorse locali attraverso progetti formativi contestualizzati. In questa dimensione sono valorizzate le best practices, ovvero quelle esperienze formative che hanno mostrato capacità di ri-‐contestualizzazione di competenze formative secondo una prospettiva creativo-‐attiva, tenendo conto delle caratteristiche locali della scuola, delle risorse disponibili e delle caratteristiche organizzative e logistiche all’interno delle dinamiche relazionali del microcontesto di riferimento. Attraverso la sperimentazione si è in grado, altresì, di analizzare e riflettere sugli strumenti didattici e di valutazione utilizzati che possono supportare adeguatamente l’impianto teorico. Nel secondo caso si attiva una riflessione e selezione dei migliori risultati emersi nelle fasi precedenti del monitoraggio, al fine di renderli standardizzabili e estendibili a livello territoriale.
Queste principali macro-‐azioni fanno riferimento a 4 componenti del modello di qualità:
1. la qualità promessa, relativa all’impianto progettuale del Piano e orientata ad approfondire il grado di completezza contenutistica dei progetti rispetto ad alcuni parametri, ormai condivisi nel panorama internazionale relativi alla progettazione, quali:
a. cornice di riferimento
2 RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 giugno 2009 sull’istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale
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i. la presentazione dei fattori che definiscono lo “scenario di riferimento” di un percorso (cornice giuridica scientifica);
ii. la descrizione dei risultati dell’analisi del fabbisogno formativo, in funzione degli obiettivi strategici e delle caratteristiche dei destinatari dell’intervento formativo (attività propedeutiche);
b. progettazione e delivery i. la definizione degli output delle attività di macro e micro progettazione (obiettivi didattici e risultati attesi);
ii. la presentazione della struttura logico-‐temporale del piano formativo, della sua articolazione in fasi, dei vincoli di propedeuticità fra le attività didattiche e del modello di governance del processo (metodologia didattica, strumenti, impianto didattico, attori, attività trasversali);
c. valutazione e monitoraggio i. la descrizione delle procedure di valutazione, di monitoraggio e di certificazione formale;
ii. la gestione amministrativa.
Questi criteri possono essere considerati come parte integrante degli indicatori della qualità promessa e tentano di raggiungere alcuni principali obiettivi: la corrispondenza dei progetti con la matrice normativa di riferimento, la ricostruzione delle parole chiave alla base dei processi formativi innescati, la valorizzazione nella fase progettuale di quegli aspetti processuali, metodologici e pedagogici che identificano e contraddistinguono questi Piani Nazionali nell’intero sistema scolastico italiano. Le principali azioni, dunque, compiute in questa fase del monitoraggio sono state prevalentemente tre:
1. La ricognizione scientifico-‐normativa, anche in prospettiva internazionale, indispensabile per focalizzare l’attenzione sulle parole-‐chiave del monitoraggio e dei Piani Nazionali;
2. L’analisi della documentazione progettuale dei quattro Piani e dei monitoraggi pregressi; 3. L’integrazione del progetto iniziale attraverso informazioni aggiuntive dei referenti per
sottolineare la sua evoluzione e trasformazione nel corso del tempo. Per ogni aspetto della proposta progettuale e del disegno generale dell’intervento formativo è stato considerato il grado di esaustività, la completezza informativa, la chiarezza esplicativa, l’adeguatezza terminologica e i diversi livelli di coerenza metodologica, giuridica e amministrativa.
2. la qualità erogata concerne sia il grado di corrispondenza tra la proposta progettuale e
l’implementazione effettiva delle varie fasi del processo (la delivery), sia l’analisi dei risultati concreti dell’intervento formativo in funzione dei risultati attesi. Gli obiettivi di questa area riguardano: la corrispondenza dell’impianto formativo proposto rispetto ai profili di competenza attesi dei tutor e dei docenti e, dunque, la valorizzazione dell’impianto processuale e del piano didattico in termini di efficacia rispetto ai risultati attesi. Un
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ulteriore obiettivo relativo a questa fase concerne la conoscenza del grado di diffusione dei 4 Piani a livello nazionale, tenendo conto del numero di scuole aderenti, dei tutor formati e dei docenti che hanno seguito i corsi di formazione dei 4 Piani Nazionali. Nell’ambito della qualità erogata, è opportuno prendere in considerazione l’analisi delle seguenti dimensioni:
a. educativa, intesa come relazione fra risultato e scopo e rilevabile in termini di risorse differenti funzionali per l’avvio del corso. Questa dimensione fa riferimento al momento dello Start up e del per-‐corso di un percorso formativo;
b. la dimensione didattica, relativa al momento dell’erogazione di un corso nelle sue diverse fasi;
c. la dimensione organizzativa, relativa anche questa al momento dell’erogazione del corso nelle sue diverse fasi;
d. la dimensione relazionale intesa come rielaborazione meta-‐cognitiva dei vissuti, come personalizzazione dei processi attraverso la partecipazione, la relazione e la comunicazione. Questa dimensione potrebbe essere sovrapponibile alla fase della valutazione di un percorso formativo, in cui si verifica la spendibilità delle competenze acquisite nella pratica scolastica.
Secondo l’OCSE Pisa 2006, infatti, la performance degli studenti è condizionata da 7 fattori: 1. Educational standards; 2. School autonomy; 3. Institutional differentiation; 4. Learning time; 5. Discipline; 6. Student support; 7. Students-‐teachers relations (Annali, 2011: 40).
Da ciò deriva la considerazione dei seguenti fattori generali nell’ambito della qualità erogata:
• il tipo e il grado di diffusione territoriale; • la percentuale di frequenza dei partecipanti in relazione alle varie attività didattiche previste (il
coinvolgimento); • il grado di partecipazione attiva dei destinatari del Piano formativo, sia nell’ambito delle attività
d’aula, sia per ciò che riguarda le attività di interazione e di apprendimento collaborativo online; • il livello di coerenza delle attività effettive di docenza, del materiale didattico erogato e delle
opzioni metodologiche messe in atto in funzione degli obiettivi generali del Piano e del disegno progettuale previsto;
• il grado di rispondenza tra l’architettura del piano formativo prevista e l’effettiva articolazione delle fasi durante il percorso realmente erogato;
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• i risultati concreti dell’attività formativa, in termini di conoscenze/abilità/competenze acquisite e in relazione al grado di efficacia generale del piano (in termini di strategie e metodi rispondenti a attese);
• il comportamento effettivo dei tutor e le correlazioni tra risultati effettivi e modalità di intervento, tenendo conto del profilo di competenze attese;
• la corrispondenza tra tempo di studio/apprendimento previsto e tempo effettivamente dedicato dai partecipanti per il raggiungimento degli obiettivi didattici generali;
• il grado di adeguatezza e di usabilità degli ambienti di apprendimento implementati, nonché l’efficacia dei flussi di comunicazione durante il percorso formativo;
• il livello di efficacia delle attività di assistenza tecnica e i tempi di risposta da parte dell’help-‐desk;
• il quadro complessivo in termini di efficienza del processo e di compliance, ossia di conformità delle procedure con la normativa e i modelli di riferimento descritti in fase progettuale.
Nell’ambito della qualità erogata è opportuno considerare i traguardi formativi orientati sul
“successo educativo” degli studenti, il quale, secondo il documento “Europa 2020”, si fonda sullo sviluppo di tre principali tipologie di competenze:
- competenze culturali (fondate sui saperi); - competenze sociali (per la cittadinanza); - competenze tecnico-‐professionali (per l’occupabilità); così i nuovi regolamenti formativi e didattici sembrano orientati sui seguenti punti: - la centralità dei risultati di apprendimento (competenze); - la centralità dello studente.
3. la qualità percepita focalizza la propria attenzione sugli attori dei processi formativi. La
qualità del servizio formativo, infatti, dipende anche, in modo significativo, dal contributo, dal comportamento e dal ruolo dell’utente che stabilisce un patto formativo con gli erogatori del corso. Così, questi esplicita i propri obiettivi e/o aspettative formative, collabora attivamente nelle attività proposte; mantiene un rigore comportamentale nei confronti di docenti, corsisti e dell’ente gestore dell’attività formativa e nei confronti delle strutture, delle attrezzature e dei materiali didattici messi a disposizione. La qualità percepita, allora, si riferisce alle modalità di interpretazione soggettiva della qualità promessa e della qualità erogata da parte dei destinatari del Piano Nazionale. In altri termini, essa esprime il grado di soddisfazione dei partecipanti rispetto all’intero processo -‐ o a specifiche fasi del corso -‐ attraverso una serie di indicatori di percezione più o meno speculari agli indicatori della qualità erogata (efficacia percepita del percorso formativo). Pertanto, per valutare la qualità percepita di un piano di formazione è necessario analizzare e confrontare i giudizi espressi dai destinatari del percorso in relazione ad alcune variabili, quali: • l’efficacia delle attività di docenza in aula;
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• l’adeguatezza e l’usabilità del materiale didattico; • il grado di coerenza tra i contenuti del Piano e il profilo professionale dei partecipanti; • l’efficacia del percorso formativo in relazione all’acquisizione di nuove
conoscenze/competenze/abilità; • l’efficacia dell’attività di tutoring; • l’adeguatezza del tempo dedicato alle attività didattiche in funzione dell’interesse
personale e degli obiettivi del Piano; • l’usabilità, l’efficienza e l’efficacia degli ambienti di apprendimento tradizionali e online; • la ricaduta dei Piani in termini di sperimentazione e diffusione sul territorio. La qualità percepita prevede un duplice percorso, connesso alle tipologie di target coinvolte nella formazione: i docenti e i tutor da un lato e gli studenti dall’altro. In entrambe i casi, diventerà importante analizzare la dimensione emotiva attraverso la customer satisfation e quella cognitiva attraverso l’analisi dei processi di apprendimento acquisiti rispetto ai profili di competenze attesi, avvalendosi in alcuni casi (quelli relativi agli studenti) delle prove INVALSI relative ai 4 Piani.
4. la qualità attesa fa riferimento a situazioni specifiche di eccellenza del Piano Nazionale – le best practices –, ossia tutti i casi concreti in cui qualità erogata e percepita hanno raggiunto valori massimi, tenendo conto di tutti i vincoli materiali, delle prassi gestionali, delle diverse aree geografiche di riferimento e delle caratteristiche dei destinatari. In questa fase del monitoraggio è possibile valorizzare l’impianto formativo, didattico, progettuale e metodologico dei 4 Piani al fine di individuare linee strategiche comuni di riprogettazione formativa. Nell’ambito della qualità attesa saranno valorizzate, altresì, metodologie di sperimentazione e ricontestualizzazione formativa locali, nonché sarà ricostruita la mappatura delle esperienze didattiche maturate a seguito della formazione dei 4 Piani. La valutazione della qualità attesa di un Piano costituisce dunque un’attività strategica volta alla definizione di linee guida per la riprogettazione dell’impianto didattico e per l’attivazione di interventi correttivi georeferenziati e/o mirati in funzione di specifiche condizioni generali di variabilità. In altri termini, attraverso un’analisi della qualità attesa è possibile ridefinire l’impianto didattico di un Piano e riconfigurare in maniera pragmatica il sistema di corrispondenza tra gli obiettivi generali e le varie opzioni metodologiche adottate. La qualità attesa si avvale di due principali azioni:
• L’analisi della ricaduta territoriale dei percorsi formativi erogati in termini di
progettazione, erogazione e valutazione tenendo conto del contesto situato di intervento. Questa azione è funzionale per valorizzare aspetti o parti del Piano proposto, che sono stati particolarmente efficaci e ben sviluppati.
• La ri-‐progettazione di percorsi e strumenti formativi che permettano di valorizzare le singole esperienze formative maturate nel territorio, che prendano in considerazione
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tutti i punti di forza emersi nelle precedenti fasi del monitoraggio per costruire basi comuni su cui articolare in modo coordinato e secondo una visione sistemica i Piani Nazionali nel prossimo futuro. La riprogettazione dei percorsi e degli strumenti di monitoraggio e di valutazione terrà inevitabilmente conto dello scenario normativo internazionale e nazionale.
È attraverso questa ultima fase del modello che cercheremo di sistematizzare le esperienze
maturate, non solo per fotografare gli strumenti e le strategie formative adottate, ma anche per valorizzare e trasferire le migliori pratiche, da cui ricostruire gli indicatori effettivi della qualità. In tal senso, il monitoraggio intende promuovere una politica fondata non tanto sul controllo dei processi e dei risultati, ma sul riconoscimento dei risultati e sul miglioramento costante delle pratiche.
In sintesi, il modello di qualità dei Piani Nazionali parte essenzialmente dall’analisi della progettazione che deve garantire completezza informativa, chiarezza terminologica e strutturale rispetto ai propositi e alla organizzazione dell’impianto, nonché alle modalità di svolgimento di tali azioni e al monitoraggio e alla valutazione delle stesse. Una progettazione dettagliata può facilitare il processo di erogazione del Piano, nel quale comunque deve essere verificata l’adeguatezza dei contenuti e dell’impianto formativo in funzione degli obiettivi, il livello di competenza dello staff didattico (docenti, tutor, progettisti, etc.), il grado di coerenza metodologica delle varie attività didattiche e, naturalmente, l’efficacia e l’efficienza dell’intero processo rispetto ai risultati attesi. A riguardo, l’analisi della reazione cognitiva ed emotiva dei destinatari del corso diventa un feedback fondamentale per cogliere aspetti della progettazione ed erogazione poco funzionali, non subito evidenti dalla semplice analisi della documentazione di partenza. Altrettanta importanza riveste l’analisi della ricaduta di una proposta formativa sul territorio attraverso la sua ricontestualizzazione e concretizzazione in progetti territoriali o nelle attività scolastiche, da cui ricavare indicazioni sulla validazione di processi e di strumenti formativi, tenendo conto di variabili sociali intervenienti.
Il modello di qualità introduce la riflessione su un aspetto molto importante nell’analisi della qualità: la valutazione, un altro termine-‐chiave della nostra attività di monitoraggio, anche questo di difficile inquadramento concettuale per la complessità del suo significato e per la molteplicità delle definizioni e degli orientamenti strategici di intervento costruiti. Alcuni riferimenti normativi a riguardo fanno riferimento al Quaderno Bianco sulla Scuola, del 21 settembre 2007, nel quale si enfatizza la costruzione di un sistema di valutazione nazionale e al consolidamento di pratiche di autovalutazione. Quest’ultima sembra particolarmente auspicata anche nella Direttiva del Ministro per le riforme e le innovazioni della pubblica amministrazione per una pubblica amministrazione di qualità del 16 dicembre del 2006. La valutazione diventa lo strumento per la garanzia della qualità da cui orientare l’offerta formativa, nell’ottica della valorizzazione delle migliori pratiche formative e del riconoscimento dei risultati. Particolare attenzione è rivolta all’autovalutazione come processo ideale di valutazione di un sistema scolastico, in quanto prevede la capacità di autoanalizzare punti di forza e di criticità del proprio sistema, in modo da costruire la propria identità culturale, educativa e organizzativa rispetto agli interlocutori esterni.
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A riguardo, è opportuno equilibrare sistemi di valutazione qualitativi e quantitativi. Nel primo caso, è possibile prevedere il coinvolgimento degli stessi soggetti in un processo di auto-‐valutazione e di discussione dei risultati, anche partendo dal vissuto e dal percepito, in cui motivazione/demotivazione, attività/passività, miglioramento/staticità, trovano la loro spiegazione e la chiave per un possibile superamento delle difficoltà. Nel secondo caso, si parte dall’accertamento dei risultati ottenuti dai docenti, dagli istituti, dai dirigenti scolastici e dal servizio erogato. Sebbene si è consapevoli che il lavoro dell’insegnante è complesso e che i risultati del suo lavoro dipendono da fattori esterni, la continua verifica e misurazione dei risultati è indispensabile per il raggiungimento delle prescrizioni di qualità definite. Nel modello di qualità proposto, il processo di valutazione è strutturato su più livelli:
1. Quello relativo al servizio formativo erogato. La relazione fra qualità promessa e erogata in termini di corrispondenza, coerenza o implementazione fra le intenzionalità dell’erogatore e la delivery dei servizi offerti. Ogni processo di valutazione, in questo caso, implica (a) la definizione di una serie di criteri volti a determinarne, ex ante, la solidità della proposta progettuale e (b), in fase di bilancio consuntivo, l’analisi dettagliata dell’evoluzione dell’intervento formativo e la verifica dell’effettiva capacità di impatto sul livello delle conoscenze/abilità/competenze dei destinatari, nonché, indirettamente, sul sistema scolastico in generale e, pertanto, sulle conoscenze stesse degli studenti. Rientra in questa area la valutazione delle scuole e del management…).
2. Quello fruitivo relativo ai docenti e agli studenti. In questo caso, il processo di valutazione si sviluppa su due piani: quello cognitivo e quello emotivo. Nel primo caso, sono verificate le competenze effettivamente acquisite durante il corso e il loro livello di sviluppo rispetto ai profili di competenza attesi (nell’ambito della qualità promessa). In questo caso è possibile parlare di valutazione dell’apprendimento degli studenti (ad esempio attraverso le prove INVALSI) e dei docenti. Nel secondo caso, si punta sul livello di gradimento e di soddisfazione dei soggetti rispetto al corso, puntando sull’individuazione degli elementi di forza e sugli aspetti didattici innovativi da valorizzare. In questo quadro, non possono essere trascurati quei fattori che condizionano l’apprendimento dei corsisti: l’ambito socio-‐culturale di provenienza (il contesto famigliare e il territorio), la presenza o meno di progetti di vita stimolanti per la motivazione allo studio, l’integrazione ai servizi scolastici offerti dal territorio, ma anche la qualità dell’insegnamento fornito (la cultura, la professionalità, la motivazione dei docenti, la capacità relazionale, …), la disponibilità di attrezzature e strumenti didattici, ecc., ed infine, il clima scolastico nel suo insieme, che il Dirigente crea con la sua leadership.
3. La dimensione sperimentale, frutto della connessione fra qualità erogata e qualità attesa. Questa fa riferimento al grado e al tipo di contestualizzazione del modello teorico in un contesto situato, enfatizzando la leadership, i processi organizzativi e gestionali dei Piani e la loro sperimentazione nel territorio. In questo caso, è possibile analizzare la capacità della scuola
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(dirigente e/o team di progettazione) di progettare e mettere in atto un processo formativo, considerando la natura della leadership, il tipo e il grado di coinvolgimento del personale in gruppi di lavoro e di progettazione, l’attenzione ai bisogni dell’utenza, il miglioramento sistematico dell’ambiente di lavoro e dell’organizzazione, la motivazione del personale al cambiamento e allo sviluppo delle competenze, la gestione delle informazioni e della comunicazione, il clima di accoglienza e valorizzazione di tutti gli studenti, la gestione dei rapporti con le istituzioni e i diversi soggetti territoriali, la gestione delle risorse finanziarie orientata ai processi didattici (controllo e monitoraggio dei risultati, ecc.). I risultati vanno utilizzati non soltanto per valorizzare le scuole e gli insegnanti migliori, ma per attuare interventi compensativi laddove ce ne sia più bisogno. La valorizzazione delle scuole migliori e degli insegnanti migliori va, quindi, accompagnata da interventi compensativi per le scuole che operano in situazioni critiche e da adeguata formazione per i docenti.
Altre forme di valutazioni, presenti in un sistema completo e complesso di valutazione anche se non considerate in questa sede, fanno riferimento a quelle relative agli istituti scolastici: è importante verificare che le strutture organizzative possano garantire un’ottimale progettazione, attuazione e controllo formativo. Questo tipo di valutazione fornirebbe informazioni contestuali in grado di supportare i risultati di apprendimento, enfatizzando le differenze fra scuole e fra regioni o città.
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CAPITOLO 2 Verso la qualificazione: quadro normativo europeo Ida Cortoni
Il punto di partenza per ricostruire il panorama normativo di riferimento Europeo, entro cui inserire l’attività di monitoraggio, è rappresentato dalle conclusioni del Consiglio Europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 per lo sviluppo dell’istruzione e della formazione per l’aumento della competitività dell’Europa. In questa circostanza, il Consiglio Europeo ha concordato un nuovo obiettivo strategico per l'Unione relativo al decennio (2000-‐2010) al fine di sostenere l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un'economia basata sulla conoscenza. Fra i temi affrontati, è possibile menzionare:
- innovazione e imprenditorialità, - riforma del welfare e inclusione sociale, - capitale umano e riqualificazione del lavoro, - uguali opportunità per il lavoro femminile, - liberalizzazione dei mercati del lavoro e dei prodotti, - sviluppo sostenibile.
Nel 2005 la Strategia di Lisbona è rinnovata (a seguito dei Consigli europei di Stoccolma -‐23 e 24 marzo 2001-‐, di Barcellona -‐15 e 16 marzo 2002-‐, di Bruxelles -‐20 e 21 marzo 2003 e 22 e 23 marzo 2005-‐), alla luce degli esiti poco positivi sviluppati in un quinquennio (dal 2000 al 2005), l’attenzione del Consiglio Europeo si è orientata su due principali obiettivi: la crescita economica e l’occupazione3. A partire da questa data, viene inoltre stabilita una programmazione triennale della strategia, alla scadenza della quale il Consiglio europeo avrebbe rifocalizzato gli obiettivi della strategia in coerenza con i risultati raggiunti. Per ogni ciclo triennale (il primo va dal 2005 al 2007, mentre il secondo dal 2008 al 2010) sono definiti gli indirizzi di massima per le politiche economiche a livello internazionale e nazionale. Così, nel 2010, con il completamento del ciclo decennale della strategia di Lisbona, le Istituzioni europee e gli Stati membri hanno avviato il dibattito per la definizione di una strategia post Lisbona 2010, attraverso una verifica dei risultati. La nuova strategia “UE 2020” dovrà rafforzare la dimensione sociale, coniugare in maniera efficace e coerente la strategia di ripresa economica, per la crescita e l’occupazione, lo sviluppo sostenibile e l’attenzione per i cambiamenti climatici. Questa
3 Il 18 dicembre 2006 il Parlamento e Consiglio Europeo propongono un documento sulle raccomandazioni in termini di competenze-‐chiave per l’apprendimento permanente –un quadro di riferimento europeo, relativo allo sviluppo di un’istruzione e di una formazione di qualità, orientate al futuro e specificamente concepite in funzione delle esigenze della società europea.
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strategia “UE 2020” a livello nazionale si traduce in “Italia 2020”. A partire dal Consiglio Europeo di Lisbona (marzo 2000) il concetto di competenza viene collegato ad una dimensione di sistema -‐ ponendolo al centro dei processi di innovazione ed integrazione tra sistemi educativi e formativi -‐ e ad una dimensione individuale -‐ che riguarda il processo soggettivo di acquisizione di competenze nei diversi contesti di apprendimento formali, informali e non formali. Tali principi sono stati affrontati già nel Libro bianco di J. Delors su istruzione e formazione Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva del 1995, dove si afferma l'importanza dell’individuazione, in tutti i Paesi europei, di “competenze-‐chiave” e di strumenti per acquisirle, valutarle, certificarle, puntando l’attenzione sull’importanza di “mettere in atto un processo europeo in grado di confrontare e diffondere tali definizioni, metodi, pratiche”. L'obiettivo ha riguardato la realizzazione di un sistema di accreditamento delle competenze al fine del riconoscimento formale, per ogni individuo, del proprio patrimonio di competenze e conoscenze.
Diversi documenti europei, alcuni dei quali sono stati approvati già prima del 2000, anche con riferimento agli interventi di formazione lungo tutto l’arco della vita 4 , usano l’espressione “competenze-‐chiave” e sottolineano il fatto che ogni cittadino deve acquisirle per poter raggiungere tre obiettivi fondamentali: a) perseguire obiettivi di vita personali, mossi dai propri interessi, dalle aspirazioni e dal desiderio di continuare a imparare durante tutta la vita; b) svolgere un ruolo di cittadino attivo nella società; c) ottenere un impiego nel mercato del lavoro (Pellerey, Education 2.0, 2010) Considerate queste premesse, gli otto obiettivi definiti da Lisbona sono stati(2000):
a) comunicazione nella lingua madre; b) comunicazione in lingua straniera; c) ambito matematico e scientifico di base; d) ambito delle competenze digitali; e) apprendere ad apprendere; f) competenze interpersonali e civiche; g) imprenditorialità; h) espressione culturale.
4 Tra questi documenti, si segnalano il Rapporto Lengrand, presentato alla Commissione Educazione Unesco nel 1970, il Documento OCSE Recurrent Education: a Strategy for a Lifelong Education, nel 1973, seguito l’anno successivo da L’Education récurrente: tendences et problémés, il Libro Verde sull’Innovazione nel 1995. Altri documenti di riferimento sono: J. Delors, Libro bianco su istruzione e formazione. Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva, Bruxelles, Commissione europea, 1995; J. Delors, Rapporto Nell'educazione un tesoro, 1997; OCSE, Apprendere a tutte le età. Le politiche educative e formative per il XXI, 1997, Comunicazione della Commissione europea Per un’Europa della conoscenza (1997)
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Attraverso tre Direttive (D. CEE 89/48; D. CEE 92/51; D. CEE 99/42)5, l'Unione è arrivata a definire tre principi fondamentali:
• la reciproca fiducia tra sistemi formativi-‐educativi dei paesi membri (EQF); • i meccanismi di riconoscimento interpretati nel modo più favorevole alla persona (Crediti formativi); • le attestazioni di competenza rilasciabili in seguito ad un “apprezzamento delle qualità personali, delle attitudini o delle conoscenze del richiedente da parte di un’autorità, senza preventiva formazione” (Certificazioni).
Attraverso la Dichiarazione di Copenaghen del 30 novembre 2002, i Ministri dell’Istruzione di 31 Paesi europei (Stati membri, Paesi candidati e Paesi See) hanno stabilito alcune priorità concrete (trasparenza, informazione, orientamento, riconoscimento delle competenze e delle qualifiche, garanzia di qualità) contenute all’interno della proposta di un Quadro unico europeo (European common framework), funzionale al conseguimento di diversi obiettivi, tra i quali:
1. incoraggiare la mobilità e l’apprendimento permanente attraverso la messa in trasparenza di qualifiche e competenze. A riguardo, si è sviluppata la prospettiva di un Quadro unico europeo per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze: Europass (Decisione n. 2241/2004). L’obiettivo è stato definire un codice di riferimento comune per i sistemi di istruzione e formazione (EQF) basato sui risultati dell’apprendimento, che permettesse di mettere in relazione e posizionare, in una struttura a 8 livelli, i diversi titoli (qualifiche, diplomi, certificati ecc.) rilasciati nei Paesi membri (Bruxelles marzo 2005)6. EQF, in inglese European Qualification Framework, è un dispositivo di traduzione – una griglia di conversione e lettura – che consente di mettere in relazione e posizionare, in una struttura a otto livelli, i diversi titoli (qualifiche, diplomi, certificati ecc.) rilasciati nei Paesi membri; il confronto si basa sugli esiti dell’apprendimento. In modo più specifico l’EQF: − semplifica la comunicazione fra gli attori coinvolti nei processi di istruzione e formazione dei diversi Paesi e all’interno di ciascun Paese; − permette la traduzione, il posizionamento e il confronto tra differenti esiti dell’apprendimento, consentendo il trasferimento e la spendibilità delle qualifiche e delle competenze anche al di fuori del paese in cui sono state conseguite; − facilita il matching tra i bisogni espressi dal mercato del lavoro e le opportunità di
5 la direttiva 89/48/CEE è relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni; la direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale che integra la direttiva 89/48/CEE; la direttiva 99/42/CE che istituisce un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali disciplinate dalle direttive di liberalizzazione e dalle direttive recanti misure transitorie e che completa il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche. 6 Sulla base delle conclusioni del processo di consultazione, il 5 settembre 2006 è stata presentata dalla Commissione una Proposta di Raccomandazione sulla realizzazione dell’European qualification framework per il lifelong learning (EQF), per poi arrivare alla definitiva Raccomandazione del 23 aprile 2008.
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istruzione e formazione offerte nei diversi Paesi; − sostiene i processi di validazione dell’apprendimento non formale e informale; − funge da riferimento comune per la qualità e lo sviluppo di istruzione e formazione; − contribuisce allo sviluppo di qualifiche a livello settoriale, facilitando l'identificazione da parte degli stakeholders; − stimola e guida riforme e sviluppo di nuove strutture nazionali di qualificazione. La proposta di EQF è caratterizzata da tre principali elementi: 1) la definizione di 8 livelli progressivi di riferimento, correlabili ai titoli di studio, ai contesti di istruzione e formazione, a risultati di apprendimento gradualmente più ampi e complessi. La struttura a livelli permette di articolare secondo un ordine crescente -‐ dalla minima alla massima complessità -‐ i risultati dell’apprendimento (learning outcomes7) raggiungibili nell’arco di vita, attraverso percorsi non solo formali, ma anche non formali e informali. In sintesi, nell’EQF i risultati di apprendimento sono rappresentati attraverso descrittori di conoscenze abilità e competenze, coerenti anche con la nuova formulazione delle competenze chiave.
2) un set di strumenti, che associati ai livelli, favoriscono la trasparenza e la spendibilità dei titoli. Questi strumenti sono: 1. un sistema integrato europeo di trasferimento e accumulo dei crediti per
l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (ECVET). In pratica, si tratta di un sistema in grado di attribuire dei crediti (credit points) alle qualifiche e/o alle sue componenti (units).
7 I risultati di apprendimento esplicitano ciò che ci si aspetta la persona conosca, comprenda e/o sia in grado di fare, al termine di un periodo di apprendimento. I risultati di apprendimento possono essere definiti per singoli corsi, unità, moduli e programmi. Essi possono anche essere definiti a livello nazionale per coprire tutte le qualificazioni. Infine, i risultati di apprendimento possono essere definiti a livello internazionale per favorire la trasparenza, la comparabilità, il trasferimento dei crediti e il riconoscimento.
I LIVELLI DI RIFERIMENTO DELL’EQF
1 7 6 5 4 2 3 8
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Una unit è definita come la parte “più piccola” di un curriculum, di un percorso di istruzione e formazione, di una qualificazione e corrisponde ad una specifica combinazione di conoscenze, abilità e competenze. Ogni unit può essere di diversa ampiezza, secondo il sistema nazionale di istruzione e formazione di riferimento. Ad essa corrisponde uno specifico risultato, in termini di risultati attesi, a livello individuale. Un’unità è ancorata ad una figura/profilo professionale, a sua volta inserito in un determinato livello della struttura delle qualifiche. I crediti sono attribuiti ai risultati di apprendimento raggiunti tenendo presente l’insieme delle conoscenze, delle abilità e delle competenze richieste per una qualifica o per un’unità. I requisiti per acquisire una qualifica o un’unità devono essere definiti dai competenti organismi a livello nazionale. Il sistema integrato europeo di trasferimento e accumulo dei crediti correla esplicitamente ai livelli dell’EQF le unità finalizzate alla capitalizzazione e all’accumulo dei crediti. L’ECVET, in inglese European credit system for vocational education and training, ispirato all’impianto ECTS (European credit transfer system 8 ), già in uso in ambito accademico, dovrebbe consentire il trasferimento e la capitalizzazione dei risultati dell’apprendimento in caso di transizione da un contesto di apprendimento ad un altro o di passaggi fra sistemi diversi (Maastricht Communiqué del 14 dicembre 2004 e Commission staff working document – ottobre 2006).
1. il portfolio Europass.
1. il database Ploteus sulle opportunità di apprendimento.
La costruzione di un Quadro Nazionale delle Qualificazioni (NQF) è vista nella proposta EQF come un passaggio opportuno per favorire la trasparenza e leggibilità delle qualificazioni e delle competenze definite da ciascun paese e riconducibili al quadro europeo. Ciò si traduce a livello nazionale in: • un sistema nazionale di descrizione per competenze; • un sistema di competenze chiave per tutti i cittadini; • un sistema nazionale di qualifiche; • repertori completi e coerenti di competenze, qualifiche, professioni; • un sistema nazionale di certificazione delle competenze comunque acquisite.
8 The Credit System Rappresenta un sistema in grado di attribuire dei crediti (credit points) alle qualifiche e/o alle sue componenti (definite Units).
• Una Unit è «la parte elementare (o la più piccola) di un curriculum, di una qualificazione o di un percorso di istruzione e formazione ed è orientata ai risultati di apprendimento».
• I crediti sono attribuiti alle unità o alle qualificazioni. I requisiti per acquisire una qualifica o un’Unità devono essere definiti dai competenti organismi a livello nazionale.
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3) un insieme di principi e di procedure che forniscono ai diversi Paesi le linee-‐guida per l’applicazione e la condivisione dell’EQF nel proprio sistema, con particolare riguardo all’assicurazione della qualità, alla validazione, all’orientamento e alle competenze chiave. Quest’ultimo punto introduce altri due aspetti approfonditi dalla Commissione Europea: la garanzia della qualità formativa e la validazione delle competenze.
2. Il secondo obiettivo del Quadro Unico Europeo è migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione professionale, attraverso la creazione di reti cooperative per consentire gli scambi transnazionali delle migliori pratiche messe in campo nei diversi Paesi (Documento del Consiglio dell'Unione europea del maggio 2004 e del 18 giugno 2009 sulla garanzia della qualità in materia di istruzione e formazione professionale -‐ QGGQ)9. La garanzia della qualità rientra nella strategia di Lisbona; non a caso nel 2001 il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno promosso la valutazione per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
i. un’istruzione di qualità, ii. la qualità dell’insegnamento, iii. l’autovalutazione del sistema scolastico, iv. la valutazione esterna, v. il miglioramento della qualità come strumento di risposta al mercato10.
3. Il terzo obiettivo del Quadro Unico Europeo è favorire l’accesso personalizzato di tutti i cittadini ai
percorsi di istruzione e formazione professionali attraverso il riconoscimento e la validazione dell’apprendimento non formale e informale (non-‐formal, informal learning) (DG Education and Culture e CEDEFOP, European Guidelines for the Validation of Non Formal and Informal Learning, Novembre 2007). Nello specifico, le competenze sono attribuibili a Unità Formative Capitalizzabili (UFC): esse descrivono il risultato atteso (learning outcomes), le attività necessarie per il raggiungimento del risultato, le competenze necessarie per realizzare tali attività. Si tratta di uno “standard minimo” che può essere personalizzato attraverso l’arricchimento dei suoi contenuti, della sua durata e dei suoi requisiti metodologici, a seconda dei contesti in cui è utilizzato. Ogni UFC è aggregabile ad altre unità in funzione di percorsi formativi mirati a profili professionali o a esigenze di aggiornamento, alternanza, formazione continua ed è quindi componibile, nel senso che deve contenere l’indicazione delle modalità che spieghino come collegarla con altre unità o crediti acquisiti in forma diversa dal percorso formativo. Tuttavia ogni UFC è autonoma, ovvero deve avere come obiettivo una unità di competenza trasformabile in un credito dal valore riconoscibile sul mercato del lavoro (unità di competenza ⇒ UFC ⇒ ECVET). L’ultima caratteristica è quella della pluridisciplinarità in quanto le competenze presuppongono
9 In ambito europeo si fa riferimento al European Quality Assurance Reference framework for vocational education and Training –EQAVET. 10 Recomandation of the European Parliament and of the Council of 12 February 2001 on European cooperation in quality evaluation in school education, European Commission (2006a)
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conoscenze e abilità riguardanti diverse discipline e la capacità di farle convergere sinergicamente in un idoneo comportamento professionale. La capitalizzazione delle competenze avviene attraverso il superamento di una prova di valutazione, a cui consegue una certificazione che costituisce un credito acquisito e, quindi, spendibile in qualsiasi altro percorso che comprenda lo stesso tipo di competenze. L’uso dello standard è ancora molto limitato nel panorama scolastico italiano, quantomeno nell’accezione di ‘standard di competenza’, vale a dire come condivisione in merito ai livelli minimi degli apprendimenti per l’ingresso nei percorsi e per la certificazione in uscita. Lo standard di descrizione o di ‘formato’, nel caso italiano consiste nella forma dell’U.C. (‘Unità di competenza’, ‘Unità capitalizzabile’, ‘Unità di certificazione’) che indica il set di descrittori minimi che fungono come ‘standard di trasparenza’ (consistenti nei descrittori delle competenze, ad esempio: ‘il soggetto è in grado di ...’; ‘il soggetto ha bisogno di sapere come...’) e descrittori di valutazione (‘il soggetto deve dimostrare.....’; ‘gli indicatori sono ....’). Mentre, nell’accezione di ‘standard di percorso’ si intendono le regole di composizione dei corsi delle diverse filiere (durata, struttura, competenze minime dei formatori, ecc.); il suo uso è pervasivo e forse viene ancora applicato rigidamente, essendo recente l’esperienza dell’autonomia delle scuole nella definizione dell’offerta formativa, nella gestione del monte ore, ecc. Gli standard metodologici, infine, riguardano le metodologie di analisi del lavoro (analisi per processi) per definire gli obiettivi formativi; la classificazione delle competenze nelle tre note tipologie; le metodologie di progettazione dei percorsi; il rapporto fra la U.C. e la corrispondente U.F.C.; le procedure e gli strumenti di certificazione e di attestazione, ecc. L’utilizzo di standard di competenze come ‘livello minimo degli apprendimenti attesi attraverso un percorso formativo’ fornisce la base per la definizione e condivisione del ‘patto formativo’ nella progettazione dei curricula. Gli standard (‘di competenza’), dunque, rappresentano il riferimento per la definizione degli obiettivi formativi del percorso, rendendo chiaro il rapporto fra corso e risultati attesi, favorendo il confronto fra corsi omologhi e la collaborazione fra progettisti e formatori, nell’analisi e valutazione dei crediti in ingresso. Lo standard, rappresentando in modo trasparente le competenze, rende possibile valutare i saperi di cui già i soggetti dispongono (anche maturati in contesti diversi da quelli formali), ai fini del riconoscimento di crediti per l’accesso al nuovo percorso, nelle attestazioni e nelle certificazioni intermedie e finali. È possibile certificare sia i percorsi che le competenze intermedie in caso di eventuali uscite precoci dal corso. Ciò facilita la circolazione dei crediti nello ‘spazio’ di spendibilità dello standard ed è condizione per l’apprendimento per l’arco della vita nella valorizzazione dei crediti in uscita. Le attestazioni (intermedie e finali) sono trasparenti sulle competenze, facilitando la leggibilità e il riconoscimento da parte di altri soggetti e altri sistemi, in altri luoghi, in tempi differiti, ecc.
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A qualification is described in units of learning outcomes
(dalla Raccomandazione sui crediti ECVET)
13
Unit
Knowledge
Skills
Competence
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CAPITOLO III La scuola italiana nel contesto europeo Elena Valentini11
I cambiamenti che, in tempi recenti, hanno modificato l’assetto del sistema scolastico italiano sono stati ispirati al principio dell’autonomia, come del resto è avvenuto nel mondo accademico. In tutti i paesi europei, a partire dagli anni Ottanta, sono state introdotte riforme che hanno portato gradualmente all’affermazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche: i Ministeri dell’Istruzione hanno, infatti, trasferito competenze sempre più ampie agli istituti scolastici, in modo più intensivo negli anni Novanta (Eurydice, 2007). Figura 1. Cronologia delle principali riforme12 che hanno introdotto l’autonomia scolastica nei paesi UE (1985-‐2007)
Fonte: Eurydice, 2007
Come mostra la Figura 1, in Italia l’anno di svolta è stato il 1997 con la L.59/97: la cosiddetta
Legge Bassanini ha introdotto la semplificazione e il federalismo in ambito amministrativo e, all’art. 21, ha definito i criteri generali dell’autonomia delle scuole. Sotto l’impulso di quella legge, le scuole hanno avviato una sperimentazione, accompagnata da uno specifico finanziamento e seguita da un’azione di monitoraggio (Bertonelli, Giaime, 2003). Nei paesi europei sono stati valorizzati in modo diverso i tre principali ambiti rispetto ai quali si esercita l’autonomia scolastica, ovvero gestione delle risorse finanziarie o umane e responsabilità didattiche. Paesi come Estonia, Irlanda, Lettonia e Regno Unito hanno privilegiato i primi due aspetti, mentre l’Italia ha concesso maggiore autonomia soprattutto nella definizione dell’offerta formativa, dei curricoli e dell’orario scolastico (Eurydice, 2007)13 .
11 Ricercatore presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma, in cui coordina l’osservatorio di ricerca sull’Università. 12 Il rapporto Eurydice ha preso in considerazione solo i principali provvedimenti legislativi o regolamentari che hanno permesso la realizzazione dell’autonomia scolastica. Non sono considerate misure specifiche e limitate, sebbene inerenti l’autonomia scolastica, che hanno spesso preceduto le riforme su larga scala. Per il Belgio e i Paesi Bassi non sono indicate date precise perché i due paesi vantano una lunga tradizione di autonomia scolastica e rappresentano in questo senso casi di eccezione in Europa. 13 In ogni caso in Europa “si osserva una relativa coerenza nelle riforme, nel senso che, anche se l'accento è maggiormente posto su un’area di competenze rispetto a un’altra, il grado di autonomia accordato non è diametralmente opposto da un’area all’altra. Non esiste infatti paese che abbia concesso una completa autonomia in un’area specifica (didattica, risorse finanziarie o umane) e che abbia bloccato i margini di intervento in un’altra” (Eurydice, 2007).
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L’Europa rappresenta il contesto di riferimento delle politiche nazionali in tema di formazione, non solo perché i cambiamenti che hanno portato all’affermazione dell’autonomia scolastica sono riconducibili a dinamiche più generali a livello europeo, ma anche perché l’Italia è tra i paesi che aderiscono alla cosiddetta strategia di Lisbona, ovvero quel programma di riforme approvato dai Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea nel 2000, con l’obiettivo di fare dell’Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010. In questo contesto, “Istruzione e Formazione 2010” è il programma integrato che sostiene l’attuazione della strategia di Lisbona nel settore dell’istruzione e della formazione. In particolare, il 25 maggio 2007 il Consiglio dell’Unione Europea ha definito un quadro coerente di indicatori e parametri di riferimento per monitorare i progressi nella realizzazione degli obiettivi in materia di istruzione e formazione. Tra i cinque benchmark, o standard, che ciascun Paese avrebbe dovuto raggiungere entro il 2010 – senza tuttavia esserci riuscito – tre riguardano direttamente il livello scolastico: un tasso di scolarizzazione secondaria all’85%; un tasso di abbandono della scuola inferiore al 10%; la riduzione del 20% rispetto ai valori del 2000 della percentuale di quindicenni con un basso livello di lettura. In continuità con questi programmi, i cui obiettivi entro il 2010 non sono stati raggiunti, è stata lanciata la strategia Europa 2020 che punta a rilanciare l’economia dell’UE nel prossimo decennio e a renderla “intelligente, sostenibile e solidale”, attraverso il raggiungimento di cinque obiettivi relativi a occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia da raggiungere entro il 2020.
La Tabella 1 mostra la situazione dell’Italia rispetto ai traguardi fissati dall’UE in comparazione con altri paesi europei. Prevalgono a livello generale quelli “in recupero”, ovvero con performance in crescita, ma ancora al di sotto del traguardo. È il caso dell’Italia rispetto ai primi due benchmark: tasso di scolarizzazione superiore e di abbandono. Critica è invece in molti paesi la capacità minima di lettura.
TAB. 1. Progressi dei paesi europei rispetto ai parametri relativi all’istruzione scolastica
Tasso di scolarizzazione superiore
Abbandoni Basse
performance nella lettura
UE Belgio Bulgaria Republica Ceca
Danimarca Germania Estonia Irlanda Grecia Spagna Francia
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Italia Cipro Lettonia Lituania Lussemburgo Ungheria Malta Olanda Austria Polonia Portogallo Romania Slovenia Slovacchia Finlandia Svezia Gran Bretagna
Croazia* Turchia* Islanda* Norvegia*
* paesi non membri UE14
Legenda
Al di sopra dello standard UE
Al di sotto dello standard UE
Performance in crescita
“in vantaggio” “in recupero”
Performance in calo
“stanno perdendo lo slancio”
“in peggioramento”
Fonte: adattamento da DG Education and Culture UE, Crell, Eurostat, , 200815
In Italia, la percentuale di popolazione di età compresa tra i 20 e i 24 anni che ha conseguito
almeno il diploma di scuola secondaria superiore è salito dal 69,4% del 2000 al 76,3% nel 2009, a fronte della media UE passata dal 76,6% al 78,6%. Il tasso di incremento è pari al 5%, ancora al di sotto dello standard richiesto dall’UE per il 2010 (85%). I paesi che nel 2009 hanno invece raggiunto e superato l’obiettivo dell’85% sono Austria (86%), Cipro (87,4%), Repubblica Ceca (91.9%); Finlandia (85.1%, ma ha avuto un decremento rispetto al 2000 quando registrava 87,7%), Irlanda (87%), Lituania (86,9%), Polonia (91,3%), Slovacchia (93,3%), Slovenia (89,4%), Svezia (86,4%). C’è poi la 14 La Croazia e la Turchia sono paesi candidati all’UE, l’Islanda e la Norvegia non hanno aderito. 15 DG Education and Culture UE, Crell, Eurostat, Progress towards the Lisbon objectives in education and training -‐ Indicators and benchmarks, 2008, 2008
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Croazia (95.1%), paese candidato all’adesione all’UE (Fonte: DG Education and Culture UE, Crell, Eurostat, 201116).
In Italia, dal 2000 al 2007 la percentuale di popolazione di età compresa tra i 18 e i 24 anni che non ha un diploma di scuola secondaria superiore è scesa passando dal 25,1% al 19,2%, ma è ancora lontano dal traguardo UE del 10%. In media i paesi UE sono passati dal 17,6% al 14,4% (DG Education and Culture UE, Crell, Eurostat, 2011). Sono da segnalare in questo contesto gli effetti prodotti dalla L.53/2003: essa ha introdotto l’obbligo di istruzione fino a 18 anni, che ha certamente favorito l’aumento dei diplomati e degli iscritti. Infatti, In Italia, circa il 70,3% dei giovani tra i 25 e i 34 anni ottiene un diploma di istruzione secondaria superiore, ma tale percentuale è inferiore alla media OCSE dell’81,5% per la stessa fascia d’età (posizionandosi al 29 posto su 35 Paesi). Tuttavia, l’Italia è uno dei sette Paesi in cui il numero di giovani tra i 25 e i 34 anni con diploma secondario superiore o universitario supera di almeno 30 punti percentuali il numero di individui tra i 55 e i 64 anni con livelli simili d’istruzione. Ciò indica che l’accesso all’istruzione secondaria superiore è aumentato notevolmente negli ultimi 30 anni (OECD, 2011). In Italia, come in altri paesi, l’estrazione socio-‐economica dei genitori condiziona la partecipazione degli studenti agli studi superiori. La tendenza è confermata anche da indagini nazionali, come quelle condotte dall’Istituto IARD sulla condizione giovanile17.
1. La scuola dell’autonomia e la valutazione
Completiamo la fotografia sul sistema scolastico italiano con dati che aiutano a comprendere meglio alcuni temi al centro del dibattito pubblico e degli intenti riformistici negli ultimi anni: investimenti nell’istruzione e valutazione del sistema scolastico e degli apprendimenti.
Finanziamenti e valutazione sono due temi strettamente legati, dal momento che si sta definendo un sistema per il quale ai risultati della valutazione del sistema è legato lo stanziamento delle risorse.
Se la spesa pubblica per la formazione universitaria non è cresciuta nell’ultimo decennio, la spesa per l’istruzione primaria e secondaria è cresciuta a un ritmo più sostenuto del numero di studenti, rispecchiando la tendenza registrata anche negli altri paesi OCSE (in oltre i due terzi dei quali è cresciuta persino più rapidamente del PIL pro capite). La spesa per studente in Italia nel 2009 è superiore alla media OCSE per la scuola primaria (8671 dollari a fronte della media OCSE pari a 7153 16 DG Education and Culture UE, Crell, Eurostat, Progress towards the common European objectives in education and training indicators and benchmarks 2010/2011, disponibile online all’indirizzo http://ec.europa.eu/education/lifelong-‐learning-‐policy/doc/report10/report_en.pdf 17 Si rimanda in particolare alla sesta indagine IARD (Buzzi C., Cavalli A., De Lillo A., 2007) che ha preso in considerazione quattro indicatori di successo e insuccesso per analizzare il problema più generale della “dispersione scolastica”: ripetizioni di anni scolastici, interruzioni di almeno un anno nel corso degli studi, trasferimenti da una scuola superiore a un’altra di tipo differente, debiti formativi contratti nel corso degli studi, insufficienze dei diversi gruppi disciplinari o nell’andamento scolastico complessivo. Come chiarito nel rapporto IARD, il fenomeno della dispersione scolastica è un fenomeno multiforme e designa fenomeni diversi di insuccesso scolastico, come lo scarso rendimento, le interruzioni e ripetenze nel corso degli studi e l’abbandono vero e proprio (Ress, 2007).
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dollari). Anche nella scuola secondaria inferiore, la spesa per studente è più alta rispetto alla media OCSE (9616 dollari a fronte della media OCSE pari a 8498 dollari). È invece inferiore alla media OCSE nella scuola secondaria superiore (in Italia 9121, media OCSE 9396).
Restando in tema di risorse economiche, e concentrando l’attenzione sul fonte delle uscite, gli stipendi dei docenti italiani sono sotto la media OCSE e UE. Gli insegnanti delle scuole secondarie inferiori raggiungono, in media nei Paesi OCSE, il livello più alto della loro fascia retributiva dopo 24 anni di servizio, mentre in Italia, ciò avviene solo dopo 35 anni di servizio. Nei Paesi OCSE, tra il 2000 e il 2009, gli stipendi degli insegnanti sono aumentati in media del 7%, in termini reali, ma in Italia sono leggermente diminuiti (-‐1%). Gli stipendi relativi degli insegnanti della scuola primaria, secondaria inferiore e secondaria superiore sono bassi in Italia, dove essi guadagnano meno dello stipendio medio di altri professionisti con livello d'istruzione terziaria. Gli stipendi degli insegnanti sono di circa il 40% inferiori agli stipendi di lavoratori con livello d'istruzione comparabile (OECD, 2011).
Passiamo al tema della valutazione18, in termini di qualità percepita dai genitori (il loro livello di soddisfazione rilevato dall’OCSE) e di risultati che emergono da alcune indagini internazionali sugli apprendimenti degli studenti: TIMSS -‐ Trends in International Mathematics and Science Study, condotta sugli studenti della IV classe della primaria e della III classe della secondaria di I grado (in matematica e scienze), PIRLS -‐ Progress in International Reading Literacy Study, sugli studenti della IV classe della primaria (in lettura) e OCSE-‐PISA, condotta sui quindicenni (in matematica, scienze e lettura).
Per quanto riguarda i risultati di apprendimento, lo scenario è positivo nella scuola primaria e tende a peggiorare salendo di ordine e grado. Infatti, gli studenti italiani delle classi quarte della scuola primaria ottengono risultati superiori alla media TIMSS19, sia in matematica (507 contro la media di 500) che in scienze (535), peraltro in miglioramento rispetto agli anni precedenti. In particolare, in scienze si tratta di un risultato di assoluta eccellenza, statisticamente inferiore solo a quello dei 4 paesi asiatici che hanno ottenuto i migliori punteggi in assoluto (Singapore, Taiwan, Hong Kong e Giappone), e superiore a quello di molti importanti paesi europei quali Austria, Paesi Bassi, Svezia (Invalsi, 2008).
18 IL tema della valutazione è molto dibattuto, sia in Italia che all’estero, soprattutto in relazione a modalità e strumenti per valutare gli apprendimenti. Negli Usa, ad esempio, durante la seconda amministrazione Bush è stato introdotto il No-‐Child-‐Left-‐Behind Act (2001), una batteria di test di valutazione nelle scuole statunitensi che misurano prevalentemente i risultati scolastici nel leggere, scrivere e far di conto. “L'intenzione di per sé non biasimabile era quella di premiare le scuole e gli insegnanti che conseguivano i migliori risultati. Sono stati però messi in evidenza diversi effetti collaterali: gli Stati abbassano gli standard per dare un'impressione di risultati migliori; le scuole privilegiano il teaching-‐to-‐test, l'insegnamento finalizzato a passare l'esame, e cancellano dal curriculum materie non coperte dai test, come storia e geografia, impoverendo culturalmente gli studenti e la società; i docenti insegnano a risolvere problemi troppo simili a quelli degli esami e gli studenti non sono in grado di generalizzare” (Roberto Casati, Paradossi della valutazione, Il Sole 24 Ore, 30 ottobre 2011, disponibile online all’indirizzo http://24o.it/11NjQL). 19 All’edizione 2007 hanno partecipato 59 paesi del mondo. “I risultati dei diversi paesi sono misurati su una scala che ha media 500 e deviazione standard 100; entrambi i parametri sono tenuti fissi nel tempo per consentire confronti diacronici” (INVALSI, 2008).
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La tendenza è analoga nel caso delle competenze linguistiche. L’indagine PIRLS 200620 mostra che gli studenti delle quarte classi delle scuole primaria hanno un punteggio significativamente più alto della media internazionale e con un’età media dei bambini partecipanti più bassa di tutti gli altri paesi (9,7 anni), anche in questo caso con un miglioramento rispetto all’indagine 2001 (Invalsi, 2008)21. Il quadro cambia passando alla scuola media inferiore: gli alunni della terza classe della scuola secondaria di primo grado ottengono risultati inferiori a quelli della media TIMSS, sia in scienze (495, dunque solo marginalmente più basso della media), sia matematica, con 480. In quest’ultimo caso, si tratta di un punteggio sensibilmente più basso della media TIMSS e ancor più basso rispetto alla gran parte dei paesi europei coinvolti nell’indagine (i paesi europei che hanno un punteggio inferiore a quello registrato dall’Italia sono solo Norvegia, Cipro, Bulgaria, Ucraina, Romania). Infine, passando alla scuola secondaria superiore, la rilevazione condotta dall’indagine OCSE-‐PISA 200922 sui quindicenni rivela punteggi medi degli studenti italiani nell’indagine inferiori alla media OCSE e UE, in particolare: -‐ in scienze è pari a 489 (nel 2006 era 475), contro una media OCSE pari a 50123; -‐ in matematica è pari a 483 (era 462 nel 2006), contro una media OCSE pari a 496 (con differenze a vantaggio degli studenti maschi)24; -‐ in lettura è pari a 486 (nel 2006 era pari a 469), a fronte della media OCSE a 493, con differenze a vantaggio delle studentesse e registrando un peggioramento dal 200625(Invalsi, 2011).
20 Lo Studio PIRLS (Progress in International Reading Literacy Study), realizzato ogni cinque anni, misura i livelli di comprensione della lettura dei bambini al quarto anno di scolarità in 40 paesi del mondo e analizza le esperienze familiari e scolastiche che possono influenzarne l'apprendimento. 21Vertecchi, in merito all’indagine PIRLS sottolinea che dai dati emergono due indicazioni importanti sulla scuola primaria: la dispersione dei punteggi nella parte inferiore della distribuzione è abbastanza contenuta e le differenze fra i generi sono minime. Dunque, “nella scuola elementare si presta una specifica attenzione a ridurre gli effetti che le condizioni di svantaggio proprie di una parte degli allievi si risolva in modo deterministico in insuccesso nell’apprendimento” (Vertecchi, 2003). 22 La rilevazione è triennale. 23 Osservando i punteggi medi conseguiti dai paesi che hanno partecipato a PISA 2009, quelli che ottengono risultati migliori sono la Finlandia (paese OCSE) con 554 punti sulla scala di scienze, Shangai e Hong Kong (paesi partner), con rispettivamente una media di 575 e 549 punti. Giappone, Corea e Singapore (paese partner) ottengono un punteggio medio rispettivamente di 539, 538 e 542, collocandosi al di sopra della media OCSE (501) di almeno mezzo livello di competenza. Si collocano al di sopra della media OCSE anche Australia, Belgio, Canada, Estonia, Germania, Irlanda, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Slovenia e Svizzera. Tra i paesi partner, conseguono un punteggio medio superiore a quello OCSE, il Liechtenstein, Macao e Taipei. Non si discostano da tale media Danimarca, Francia, Norvegia, Repubblica Ceca, Stati Uniti e Ungheria) (OCSE-‐PISA, 2009). 24Si segnala che il valore nasconde notevoli differenze interne alla popolazione, in relazione alle macroaree geografiche e alle diverse tipologie di scuola. Per quanto riguarda la comparazione internazionale, la Corea, con un media di 546 punti in matematica, ha la media più alta tra i Paesi OCSE. Due paesi partner, Shangai (600), e Singapore (562), hanno un punteggio medio che è circa un livello di competenza sopra la media OCSE. Altri paesi dell'OCSE con performance media superiore alla media includono Finlandia (541), Svizzera (534), Giappone (529), Canada (527), Paesi Bassi (526), Nuova Zelanda (519), Belgio (515), Australia (514), Germania (513), Estonia (512), Islanda (507), Danimarca (503) e Slovenia (501). Quattro paesi partner sono sopra la media: Hong Kong (555), Taipei (543), Liechtenstein (536) e Macao (525). Nove paesi OCSE sono attorno alla media: Norvegia, Francia, Repubblica Slovacca, Austria, Polonia, Svezia, Repubblica Ceca, Regno Unito e Ungheria. OCSE-‐PISA, 2009).
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I risultati di queste indagini internazionali testimoniano l’importanza delle azioni di monitoraggio e delle attività di valutazione. Infatti, “le indagini comparative offrono un’utile opportunità per rilevare i modelli di sviluppo della scuola nei paesi partecipanti e, insieme, sottrarre il confronto sulle scelte educative a fattori contingenti, che spesso all’interno dei singoli paesi spingono ad amplificare in modo arbitrario l’incidenza di determinati fattori” (Vertecchi, 2003).
Il Parlamento europeo e il Consiglio nel 2001 in un’apposita Recommendation hanno invitato i paesi membri dell’Unione a stabilire un sistema trasparente di valutazione della qualità nelle scuole, basato sull’equilibrio tra autovalutazione e valutazioni esterne. L’Europa, dunque, rappresenta il nostro contesto di riferimento non solo per il passato e per il presente, ma soprattutto in termini di prospettive per il futuro.
In Italia, quello della valutazione del sistema di istruzione è un problema aperto, “ampio e controverso” per l’assenza di uno standard di valutazione comune sul territorio nazionale (Buzzi C., Cavalli A., De Lillo A., 2007). Analogamente a quanto avvenuto nei paesi in cui le riforme sull’autonomia sono state introdotte e attuate solo di recente (ad esempio Bulgaria, Grecia e Francia), l’Italia non ha, infatti, ancora sviluppato un modello strutturato di valutazione delle scuole26 . Tuttavia ha deciso di mettere a punto strumenti per monitorare gli istituti scolastici e in particolare il valore aggiunto in termini di apprendimenti. (Eurydice 2007), assegnando un ruolo decisivo all’Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione.
La valutazione rappresenta, dunque, un terreno strategico, sul quale investire e sviluppare specifiche politiche e azioni, in modo da favorire un pieno esercizio dell’autonomia scolastica e una sua corretta e responsabile attuazione.
25La Corea presenta il punteggio medio più elevato fra i paesi OCSE (539), non significativamente diverso da quello della Finlandia (536), mentre la media più alta in assoluto è quella conseguita dalla provincia cinese di Shanghai (556). Hong Kong (533), Singapore (526), Canada (524), Nuova Zelanda (521) e Giappone (520) superano la media OCSE di almeno un quarto di deviazione standard. Anche Australia, Paesi Bassi, Belgio, Norvegia, Estonia, Svizzera, Polonia, Islanda e Liechtenstein ottengono un punteggio superiore alla media OCSE. Non significativamente diversi dalla media OCSE sono i punteggi conseguiti da Stati Uniti, Svezia, Germania, Irlanda, Francia, Taipei, Danimarca, Regno Unito, Ungheria e Portogallo. OCSE-‐PISA, 2009). 26“Sono pochi i paesi che hanno sviluppato una politica di accountability chiara parallelamente all’autonomia scolastica e in funzione del grado di libertà concessa, come in Inghilterra” (Euridyce, 2007).
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CAPITOLO IV Verso una definizione di competenza Ida Cortoni
Le radici del concetto di competenza si trovano già nell’impostazione filosofica di Aristotele, che distingue tra due tipi di competenza pratica:
a) produttiva: dal progetto, tramite la tecnica, che orienta al prodotto finale (poiesis); b) etica-‐sociale: dal bene-‐fine individuato, tramite la saggezza pratica, che orienta all’azione
(praxis). La prima descrizione della competenza si deve a Boyatzis27, nel libro The competent manager
(1982), in cui il termine viene definito come “una caratteristica personale intrinseca [...] una motivazione, un tratto, una skill, un aspetto dell’immagine di sé o d’un ruolo sociale, o il corpo di conoscenze usato da una persona”. Tale definizione pone l’accento sugli aspetti tipici e durevoli della competenza e fa riferimento all’eccellenza nella performance come un elemento fondamentale della competenza per garantire livelli di prestazione eccellenti.
D’accordo con questo approccio, Lyle e Signe Spencer definiscono la competenza come “una caratteristica intrinseca individuale che è causalmente correlata ad una performance efficace/o superiore in una mansione o in una situazione, e che è misurata sulla base di un criterio prestabilito”. Levati e Saraò (1998) identificano e analizzano quattro questioni principali connesse alla “competenza”:
1. competenza come caratteristica intrinseca. L’agire “competente” è quindi determinato dalle caratteristiche durevoli del singolo, dai bisogni, dalle motivazioni e dalla struttura interiore.
2. Il rapporto fra competenza e performance. La performance è costituita dall’insieme di comportamenti con cui l’individuo raggiunge gli obiettivi legati al proprio ruolo; rappresenta quindi un indicatore del livello di padronanza delle competenze.
3. Specificità delle mansioni in cui si manifesta la competenza. In questo caso si fa riferimento alla particolarità del contesto o della situazione in cui le mansioni devono essere espletate, chiamando in causa la cultura organizzativa.
4. Fattori costitutivi della competenza: le conoscenze, le esperienze finalizzate e le capacità, legandoli alle motivazioni individuali e al contesto.
27 Boyatzis è stato preceduto da David McClelland (con cui ha collaborato) nel suo celebre articolo Testing for competence rather than for "intelligence." In American Psychologist, 28, 1-‐14. In questo saggio McClelland cerca di dimostrare l’inadeguatezza dei classici test americani per misurare il QI in rapporto all’esigenza di valutare le abilità professionali degli esseri umani. Il paper include anche una proposta operativa per la creazione di nuovi sistemi per mappare e valutare le competenze (skill non tecniche legate alle variabili individuali).
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La competenza viene quindi descritta come una dimensione operazionale, che si attua in uno specifico contesto e che, per esprimersi, necessita di una motivazione, di un desiderio e di un processo di azione del singolo individuo.
Secondo queste prime interpretazioni la competenza fa riferimento alla praxis perché mobilita caratteristiche interiori del soggetto e caratteristiche metacognitive e trasversali di ricontestualizzazione di conoscenze e abilità acquisite; si riferisce alla poiesis nella misura in cui questa caratteristica intrinseca è legata ad una prestazione eccellente in una mansione definita. Questa definizione è utilizzata in modo consolidato in sede aziendale, o meglio tra chi si occupa professionalmente, in quel contesto, della selezione del personale (De Anna, F., Education 2.0, 2010). Secondo l’altra interpretazione aristotelica più pedagogica (praxis), le competenze costituiscono “la capacità dimostrata di utilizzare le conoscenze, le abilità, le attitudini personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio nello sviluppo professionale e/o personale. Tali competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”. Questo concetto di competenza è desunta dal quadro europeo delle qualifiche.
L’etimologia del termine, cum petere, rimanda al valore sociale della collaborazione e della cooperazione: “competente” è chi si muove insieme ad altri per affrontare un compito o risolvere un problema; si riferisce a chi dà sempre il meglio di sé nell’affrontare un compito, mobilitando la sua sfera cognitiva ed intellettuale, ma anche la sua parte emotiva, sociale, estetica, morale, religiosa.
A riguardo, Pellerey definisce la competenza come la capacità di far fronte a un compito, o a un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e a orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive, e ad utilizzare quelle esterne in modo coerente e fecondo (Pellerey, 2006)
Un’ulteriore interpretazione a riguardo è: “l'insieme delle conoscenze e delle regole grammaticali e linguistiche che permettono al parlante di comprendere e formare un numero infinito di frasi nuove” oppure “capacità di un soggetto di formare e comprendere un numero potenzialmente infinito di frasi” (Chomsky 1970).
Secondo Guy Le Boterf, la competenza non è uno stato, né una conoscenza posseduta. Non si riduce né a un sapere né a un saper fare. Non è assimilabile a un’acquisizione formativa. Possedere le capacità o le conoscenze non significa essere competenti. Si possono conoscere delle tecniche o delle regole di gestione contabile e non saperle applicare al momento opportuno (Le Boterf, 2000). Lo stretto legame tra la competenza come sapere, saper fare, saper essere e le situazioni in cui questa si esprime permette di definire diversi profili di competenza.
Così parlando di competenza, è opportuno partire dal Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, EQF, (Allegato I) che fornisce alcune definizioni-‐chiave28:
– Le conoscenze (definite da alcuni studiosi come conoscenze concettuali o dichiarative)
“indicano risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o
28 Cfr. le raccomandazioni del parlamento europeo e del consiglio del 23 aprile 2008.
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di studio. Nel contesto del quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche”;
– Le abilità (definite da alcuni studiosi anche come conoscenze procedurali) “indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-‐how per portare a termine compiti e risolvere problemi; le abilità sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti)”;
– Le competenze “indicano la capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Esse sono descritte in termine di responsabilità e autonomia”.
“Fronteggiare efficacemente richieste e compiti complessi comporta non solo il possesso di
conoscenze e di abilità, ma anche l’uso di strategie e di routines necessarie per l’applicazione di tali conoscenze e abilità, nonché emozioni e atteggiamenti adeguati e un’efficace gestione di tali componenti. Pertanto, la nozione di competenze include componenti cognitive, ma anche motivazionali, etiche, sociali e relative ai comportamenti. Costituisce l’integrazione di tratti stabili, risultati di apprendimento (conoscenze e abilità), sistemi di valori e credenze, abitudini e altre caratteristiche psicologiche” (OCSE).
I due documenti di riferimento europei: European Framework of Key Competences (http://ec.europa.eu/education/lifelong-‐learning-‐policy/doc42_en.htm) e The European Qualification Framework for lifelong learning (EQF, http://ec.europa.eu/education/lifelong-‐learning-‐policy/doc44_en.htm) utilizzano il modello della Demand oriented competence29, che articola la struttura interna della competenza, agita entro un contesto (la situazione in cui si determina la necessità di esprimere una competenza), come conoscenza, come abilità cognitiva, come abilità pratica, atteggiamento, emozione, valore e motivazione. Nello stesso modo, anche le grandi indagini IEA e Ocse utilizzano il modello della demand oriented competence, la esprimono come “competenza funzionale” e, iniziando dalla literacy, avviano la identificazione e definizione di ambiti e aree specifiche (civic education, numeracy ecc.). (Fierli, M., Gallina V,. Education 2.0). 1. Tipi di competenza
Boyatzis distingue le competenze soglia dalle competenze distintive. Le prime rappresentano le conoscenze generiche (ad esempio, il saper scrivere), le motivazioni, i tratti o le skill essenziali per svolgere una mansione (poiesis), ma che non sono correlate ad una performance superiore; le seconde sono insite nell’individuo e possono influenzarne il livello delle prestazioni (praxis). Le competenze distintive rappresentano le risorse-‐chiave, quelle che le consentono a un’organizzazione di differenziarsi rispetto alle altre; sono punti di forza specifici di un’organizzazione difficilmente trasferibili o replicabili in contesti diversi.
29 Cfr. D.S. Rychen e L.H. Salganik, Hogrefe & Hu-‐ ber Goettingen, 2003 “Key competencies for a successful life and a well-‐functioning society.
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Due sono le caratteristiche che qualificano tali competenze:
• il valore: la competenza ha valore elevato quando porta valore aggiunto e consente di apportare miglioramenti effettivi alla qualità i risultati;
• l’unicità: l’unicità è connessa alla difficoltà di riprodurre e imitare competenze in contesti organizzativi differenti.
Le competenze distintive sono rintracciabili nella conoscenza tacita. Esse non consistono
semplicemente nell’insieme di risorse esistenti, ma, spesso rappresentano un vero e proprio potenziale di risorse ancora inespresse. Boyatzis individua inoltre tre livelli delle competenze distintive:
1. un primo livello, costituito dalle motivazioni dell’individuo e dalle sue modalità naturali di reazione agli stimoli (i tratti);
2. un secondo livello, al quale corrisponde l’immagine e il giudizio che ciascuno ha di sé ed il ruolo sociale ricoperto;
3. un terzo livello, caratterizzato dalle skill e dalla capacità di raggiungere determinate performance attraverso il comportamento tenuto nelle diverse situazioni.
Spencer e Spencer individuano invece cinque caratteristiche alla base delle competenze:
1. Le motivazioni, che rappresentano gli schemi mentali e le spinte interiori ad agire; 2. I tratti, che sono delle caratteristiche individuali che possono generare una personale
disposizione ad agire in un certo modo sulla base di determinate sollecitazioni. 3. L’immagine di sé, che è determinata dal modo in cui l’individuo sviluppa un concetto di sé (es. la
fiducia in se stessi); 4. La conoscenza di discipline o argomenti specifici; 5. Le skill, che sono le capacità di eseguire determinati compiti intellettivi o fisici.
Per gli autori esistono due differenti tipologie di competenze, quelle di superficie (le conoscenze e le skill), che sono caratteristiche personali visibili relativamente facili da sviluppare (potrebbero corrispondere alle cosiddette competenze soglia e dunque alla poiesis) e le competenze profonde, del tipo tratto e motivazioni, più nascoste, ed è perciò più difficile incrementare mediante l’addestramento e la formazione” (potrebbero corrispondere alle competenze distintive e alla praxis).
Per concludere, esiste un’ulteriore distinzione fra le competenze organizzative o core competence e le competenze individuali. Tale suddivisione viene ricondotta a due diversi approcci sulle competenze: uno di tipo razionale-‐sistemico, orientato ad un’analisi delle competenze funzionale al raggiungimento degli obiettivi strategici aziendali e l’altro di tipo psicologico-‐culturale, focalizzato
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sulla dimensione individuale delle competenze. Seguendo il primo filone, Kochanski e Ruse individuano alcune classi di competenze organizzative definite come:
• Strategiche: che consentono un vantaggio competitivo, uniche e orientate al futuro; • Core: strumentali, consentono di ottenere le competenze strategiche; • Necessarie: l’azienda non può fare a meno di averle; • Inadeguate: fuori dalla direzione strategica, ridondanti.
Dall’ibridazione delle competenze organizzative e quelle individuali derivano le cosiddette
competenze manageriali. Queste possono essere definite meta-‐competenze30 e sono le abilità necessarie per gestire, valorizzare e sviluppare risorse, sistemi di conoscenze e capitale umano, per se stessi e per l’intera organizzazione. Sono, in sintesi, competenze di “gestione delle risorse umane” e possono essere distinte in:
• saper fare leva sulle competenze: questo tipo di competenza richiede di attivare e supportare
una serie di processi di analisi e identificazione delle risorse, di valutazione delle competenze, di crescita e sviluppo. Per fare ciò è necessario elaborare e gestire adeguati strumenti di indagine, sistemi di valutazione delle risorse umane;
• saper valorizzare e gestire l’archivio di conoscenze, ovvero implementare sistemi di knowledge management: mettere a punto sistemi di gestione delle conoscenze consente di conservare e codificare il bagaglio di risorse al fine di riflettere sulla storia della propria organizzazione, valorizzando le esperienze passate e individuando strategie future. Alla base di una simile competenza vi è una elevata capacità di analisi del contesto organizzativo;
• saper condividere la conoscenza: favorire processi di condivisione della conoscenza, sia all’interno della propria organizzazione sia all’esterno, con altre organizzazioni, è fondamentale per poter arricchire il bagaglio di risorse e costruire conoscenza nuova.
• favorire l’apprendimento come pratica abituale per costruire nuove competenze: l’apprendimento continuo garantisce la propensione al cambiamento, permette ad un’organizzazione di riadattarsi in modo flessibile ed efficace al contesto in continua evoluzione impedendole di divenire rigida e statica. L’apprendimento va pertanto stimolato e supportato attraverso l’adozione di strategie e strumenti adeguati.
Partendo da un esempio di modello di classificazione proposto dall’Agenzia delle entrate,
le competenze manageriali possono essere distinte in diverse dimensioni:
30 Le meta-‐competenze si basano sulla “capacità di avere visione del proprio contesto organizzativo e dell’ambiente circostante, sono fondamentali nel determinare politiche e strategie di gestione delle risorse umane”.
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-‐ quella cognitiva (o domino del sé), che comprende: integrità e coerenza, sicurezza di sé ed equilibrio e fa riferimento all’attitudine a coniugare capacità di analisi e creative e la promozione dello sviluppo e della condivisione delle conoscenze;
-‐ di leadership e di padronanza di sé, cioè la capacità di favorire – per uno scopo comune – la cooperazione, attiva e spontanea, delle persone e di promuoverne lo sviluppo e l’impegno. La leadership comprende: team leadership, empowerment e sviluppo dei collaboratori, assertività mentre il dinamismo cognitivo consiste nella capacità di pensiero ideativi, e di sviluppo e trasferimento del sapere;
-‐ relazionali, cioè la capacità di comprendere e di soddisfare i bisogni del “cliente”, interno ed esterno, e di lavorare efficacemente in diverse situazioni o con diverse persone o gruppi. Il dinamismo relazionale si articola in persuasività, orientamento all’altro e flessibilità;
-‐ realizzative, cioè la capacità di risolvere i problemi e di migliorare i metodi di lavoro, ponendosi anche obiettivi sfidanti. Il dinamismo realizzativo comprende iniziativa e tensione al risultato.
Un altro modello sulle competenze, con cui costruire forme di comparabilità, è quello proposto
dall’INPS e si fonda sulla distinzione fra competenze tecnico professionali (Work based-‐poiesis) e competenze logico comportamentali (worker based-‐ praxis). Le une privilegiano le conoscenze tecniche della persona con riferimento ai prodotti e ai servizi da sviluppare, possono consistere in conoscenze dichiarative o procedurali e/o in tecniche di lavoro – sono competenze diffuse e dunque utili nella prospettiva dell’inserimento o dello sviluppo professionale (es. conoscenze informatiche); le seconde privilegiano la persona in termini di comportamenti e processi cognitivi, attività di diagnosi, di relazione, di fronteggiamento di situazioni, risorse personali (quali attitudini, atteggiamenti, rappresentazioni del lavoro, senso di identità…). Queste competenze si possono identificare analizzando il modo in cui le persone si attivano le risorse che mettono in gioco nell’affrontare un compito lavorativo.
Nel primo caso è possibile parlare di LOGICA DI MANSIONE – la competenza professionale come insieme di attributi connessi alla posizione di lavoro. Secondo questo orientamento sono le caratteristiche della posizione di lavoro a definire le competenze. L’individuo è competente se possiede i requisiti per svolgere correttamente le attività relative alla posizione ricoperta e di adeguarsi ai compiti e alle mansioni previste dalla stessa.
Nel secondo caso si parla di LOGICA DELLA COMPETENZA – ovvero la competenza come attributo dell’individuo.
La competenza professionale è quindi costituita da risorse, capacità e attitudini che la persona non acquisisce in modo passivo, ma che accumula nel tempo attivamente. Inoltre essa non è strettamente connessa ad un unico contesto o compito, ma rappresenta un potenziale trasferibile a contesti e organizzazioni diverse. Da qui deriva un terzo tipo di competenza intesa come grado di interazione tra individuo e organizzazione di appartenenza che considera, oltre alle risorse dell’individuo, anche le caratteristiche del contesto e il modo in cui questi elementi si integrano
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La competenza si traduce in strategie di comportamento, conoscenze, ma anche rappresentazioni e idee che l’individuo costruisce attraverso l’interazione con altri soggetti e con il contesto organizzativo nel quale opera. In tal senso, la competenza non scaturisce esclusivamente dall’esperienza individuale, ma diviene il risultato di processi sociali di costruzione collettiva. Tuttavia, essa non è rigida, ma ha carattere dinamico: si evolve e si sviluppa in capacità più generali e flessibili che consentono di elaborare chiavi di lettura del proprio lavoro, di sviluppare visioni e interpretazioni dei contesti organizzativi.
Quadro di sintesi delle Competenze
Aristotele Boyatzis Spencer e Spencer Kochanski e Ruse INPS
poiesis soglia Di
superficie
Conoscenze organizzativ
e
strategiche Logica della mansione Work based
core
Skill necessarie inadeguate
praxis distintive profonde motivazioni
individuali Logica della
competenza Worker based
Tratti Immagine di sè
Anche in ambito formativo, si sviluppano la poiesis e la praxis, definibili come competenze di
base o competenze trasversali, orientate verso tre direzioni: lo sviluppo della padronanza di sé, la relazione con l’altro e l’integrazione socioculturale. Le competenze di base di Lisbona sono presenti entrambe le dimensioni della competenza, che rappresentano due livelli di maturazione della competenza. Nello specifico, la praxis fa riferimento allo sviluppo delle competenze metacognitive e, dunque, trasversali. 2. Italia: stato dell’arte sulla competenza
Quale concetto di competenza entra in questo modo nel sistema istruttivo e formativo italiano? Per riassumere tutto in un semplice modello operativo, un curricolo orientato alle competenze dovrebbe integrare tre dimensioni formative: a) Conoscenze, abilità e competenze che permettono alla persona di crescere nella propria cultura e professionalità e di orientarsi nel mondo sociale, civile e professionale e che costituiscono un quadro di riferimento permanente. Ad esempio:
-‐ Competenze nel gestire se stessi nell’apprendere (apprendere ad apprendere); -‐ Competenze nel progettare la propria vita e la propria professionalità (imprenditorialità); -‐ Competenze relazionali e comunicative (competenze interpersonali e civiche);
b) Competenze che radicano lo studente nella cultura, nella storia e nella geografia, favoriscono lo sviluppo e la valorizzazione delle forme espressive, lo sviluppo armonico del proprio corpo e la cura della propria e altrui salute, l’orientamento nel mondo civile, sociale, professionale e religioso. Ad
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esempio:
-‐ Competenze e sensibilità nell’ambito delle espressioni culturali (espressione culturale); -‐ Competenze tecniche e professionali (ambito delle competenze digitali); -‐ Competenze sociali e civiche (competenze interpersonali e civiche);
c) Competenze che fanno da fondamento sia alla prima, sia alla seconda dimensione. Ad esempio nell’obbligo istruttivo:
-‐ Competenze fondamentali nella lingua italiana (comunicazione nella lingua madre); -‐ Competenze fondamentali nella valorizzazione dei concetti e delle procedute matematiche sia
nella vita quotidiana, sia nello studio delle varie discipline (ambito matematico e scientifico di base);
-‐ Competenze che permettono di utilizzare concetti, principi, teorie scientifiche per dare significato ai fenomeni naturali, per dare fondamento ai processi e ai prodotti tecnologici, per comprendere e risolvere problemi sia di natura scientifica, sia di natura sociale (ambito matematico e scientifico di base);
-‐ Competenze fondamentali nella lingua inglese (comunicazione in lingua straniera) (Pellerey, 2010, Education, 2.0)
quadro sintetico del modello della Demand oriented competence
LISBONA 2000
Conoscenze, abilità e competenze rivolte alla
persona
Competenze nel gestire se stessi nell’apprendere
apprendere ad apprendere
Competenze nel progettare la propria vita e la propria professionalità
imprenditorialità
Competenze relazionali e comunicative
competenze interpersonali e civiche
Competenze di orientamento al mondo
civile
Competenze e sensibilità nell’ambito delle espressioni culturali
espressione culturale
Competenze tecniche e professionali ambito delle competenze digitali
Competenze sociali e civiche competenze interpersonali e civiche
Competenze rivolte alla persona e al mondo
civile
Competenze fondamentali nella lingua italiana
comunicazione nella lingua madre
Competenze fondamentali nella valorizzazione dei concetti e delle procedute matematiche
ambito matematico e scientifico di base
Competenze fondamentali nella lingua inglese
comunicazione in lingua straniera
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Gli 8 obiettivi di Lisbona sono stati tradotti in Italia nei 4 assi culturali per le competenze di base
(DM 139/2007), declinando ciascuna competenza in termini di abilità e conoscenza, e le competenze di cittadinanza come strategie e strumenti trasversali. Queste competenze-‐chiave sono traducibili negli 8 livelli di qualifiche europee (EQF), acquisendo caratteristiche differenti, di intensità e articolazione diversa.
Competenze-‐chiave: ipotesi di lettura
Lisbona 2000 DM 139/2007
Comunicazione nella madre lingua
C1
Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti
C1C1
ASSE LINGUAGGI
Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo
C1C2
Comunicazione nelle lingue straniere
C2 Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed operativi (C1)
C2C1
Competenza digitale
C3 Utilizzare e produrre testi multimediali C3C1
Consapevolezza ed espressione culturale
C4 Utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico
C4C1
Competenza matematica, scientifica e tecnologica
C5
Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle varie forme i concetti di sistema e complessità
C5C1
ASSE SCIENTIFICO TECNOLOGICO
Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza
C5C2
Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate
C5C3
Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica
C4C4 ASSE MATEMATICO
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Individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi
C5C5
Analizzare dati e interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di rappresentazioni grafiche, usando consapevolmente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni specifiche di tipo informatico
C5C6
Competenze sociali e civiche
C6
Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione, a tutela della persona, della collettività e dell’ambiente
C6C1
ASSE STORICO SOCIALE
Comprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali.
C6C2
Spirito di iniziativa e imprenditorialità
C7 Riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema socio economico per orientarsi nel tessuto produttivo del proprio territorio
C7C1
3. Corrispondenza con i modelli internazionali
Il progetto Definition and Selection of Key Competencies (DeSeCo)31, promosso dall’OCSE e dalla Commissione europea, ha condotto all’individuazione di tre categorie di competenze di base: l’uso interattivo di strumenti, l’interazione all’interno di gruppi eterogenei, l’agire in modo autonomo. Queste tre categorie, pur nella loro specificità, sono in relazione tra di loro e consentono di individuare l’insieme delle competenze di base. Alla prima categoria vengono ricondotte la capacità di utilizzare il linguaggio, i simboli e testi diversi; la capacità di utilizzare le conoscenze e le informazioni; la capacità di utilizzare la tecnologia. Della seconda categoria fanno parte competenze quali la capacità di porsi in relazione agli altri, la capacità di cooperare, la capacità di affrontare e risolvere i conflitti. Alla terza categoria appartengono la capacità di agire all’interno di un contesto ampio e differenziato, la capacità
31 Si veda il progetto Definition and Selection of Key Competencies all’indirizzo http://www.oecd.org/document/17/0,2340,en_2649_201185_2669073_1_1_1_1,00.html . Una sintesi dei risultati del progetto si trova all’indirizzo http://www.oecd.org/dataoecd/47/61/35070367.pdf . Si veda anche il volume pubblicato da Eurydice Key Competencies (Brussels, 2002).
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di costruire e realizzare progetti individuali e la capacità di riconoscere e sostenere i propri diritti, i propri interessi, i propri bisogni e i propri limiti sono le competenze di base.
DeSeCo
Uso interattivo degli strumenti
(1)
Capacità di uso di linguaggio, testi e simboli(A)
Literacy di lettura Literacy matematica Literacy scientifica
Capacità di uso della tecnologia (C)
-‐ riconoscere e determinare cosa non è noto; -‐ identificare, collocare e accedere in modo appropriato alle risorse informative -‐ valutare la qualità, l’appropriatezza e il valore dell’informazione e delle sue fonti organizzare la conoscenza e l’informazione.
Capacità di uso di conoscenze e informazioni (B)
Collaborare Accedere all’informazione Interagire con gli altri
Interazione in gruppi eterogenei
(2)
Relazionarsi bene agli altri (A)
Empatia Effettiva gestione delle emozioni
Cooperare e lavorare insieme (B)
Abilità di presentare le proprie idee e ascoltare gli altri Comprendere le dinamiche del dibattito e rispettare l’agenda Abilità di costruire alleanze tattiche e sostanziali Abilità di negoziare Capacità di prendere decisioni
Gestire e risolvere conflitti (C)
Analizzare gli argomenti e gli interessi delle parti (potere, divisione del lavoro, merito…), le origini del conflitto e le ragioni delle parti Identificare le aree di accordo e disaccordo Riformulare il problema Individuare obiettivi e bisogni prioritari pee i contendenti
Agire in modo autonomo (3)
Agire in un disegno più grande (A)
Comprendere i modelli (gli schemi) Comprendere il sistema in cui si vive (struttura, cultura, pratiche, regole formali e informali, aspettative, norme sociali…) Identificare gli effetti diretti e indiretti Scegliere fra corsi di azione diversi tenendo conto delle potenziali conseguenze, degli obiettivi, del target e le norme
Capacità di Riconoscere propri diritti, bisogni e interessi (C)
Comprendere gli interessi degli altri Saper scrivere regole e principi a cui ricondurre una situazione Costruire argomenti in base ai bisogni e ai diritti riconosciuti
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Suggerire arrangiamenti e soluzioni alternative Capacità di realizzare progetti personali (B)
Definire progetto e obiettivi Identificare e valutare le ricorse accessibili e i bisogni Definire priorità e obiettivi strategici Bilanciare le risorse fra obiettivi Comprendere dalle azioni passate, progettando risultati futuri Monitorare il processo producendo in progress aggiustamenti
La definizione delle competenze di base e, dunque, degli Assi Culturali, tiene conto di questa tripartizione nella definizione delle conoscenze e abilità di base del progetto DeSeCo che è opportuno sviluppare negli studenti. Il progetto DeSeCo è fortemente intrecciato al progetto PISA (Programme for International Student Assessment), il cui obiettivo principale è rilevare le competenze degli studenti quindicenni nella comprensione della lettura, nella matematica e nelle scienze.32 Il termine utilizzato da PISA per indicare le competenze di base in queste tre aree è literacy (di lettura, matematica, scientifica) attraverso l’utilizzo delle tecnologie. 33 Non a caso, queste tre aree corrispondono con le competenze-‐chiave 1A e sembrano corrispondenti ai 3 assi culturali del DM 139/2007:
• literacy di lettura = ASSE DEI LINGUAGGI; • literacy di matematica = ASSE MATEMATICO; • literacy scientifica = ASSE SCIENTIFICO TECNOLOGICO.
L’esplicitazione dell’uso trasversale della tecnologia per lo sviluppo della literacy induce a pensare alla Media Education, ovvero allo sviluppo e utilizzo critico dei media per raggiungere obiettivi di apprendimento.
La competenza-‐chiave 1B prevede la riflessione critica sulla natura dell’informazione (sia l’infrastruttura tecnica, il contesto ideologico, sociale e culturale e l’impatto). Questo tipo di competenza è chiamata “information competence” e si pone alla base della formazione di un’opinione, della comprensione delle diverse opzioni, del prendere decisioni e nell’assumersi azioni responsabili e informate quando sono coinvolte le tecnologie, e corrisponde allo sviluppo della competenza di analisi critica digitale.
La competenza 1C fa riferimento all’uso degli strumenti e servizi tecnologici per lavorare insieme, accedere alla molteplicità delle informazioni e l’interazione con gli altri. In quest’ultimo caso è possibile fare riferimento a quel livello di sviluppo della competenza digitale correlata alla produzione
32 In PISA 2003, sono state oggetto di rilevazione anche le competenze di problem solving. 33 Per una definizione delle tre competenze in PISA si veda PISA 2003. Valutazione dei quindicenni. Quadro di riferimento: conoscenze e abilità in matematica, lettura, scienze e problem solving, Roma, Armando, 2004. Il volume è la traduzione, curata dall’Invalsi, del framework di riferimento di PISA 2003.
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creativa e critica e alla progettazione media educativa in contesti situali (con un livello avanzato di consapevolezza fruitiva). 4. Sulle competenze di cittadinanza (allegato 2 del DM 139/2007)
Il Consiglio d’Europa ha dichiarato il 2005 anno europeo dell’educazione alla cittadinanza democratica (European Year of Citizenship through Education). Questa iniziativa rappresenta il coronamento di un impegno più che decennale del Consiglio d’Europa, che si è concretizzato nel progetto “Education for Democratic Citizenship”. Nell’ambito di questo progetto sono stati individuati gli obiettivi fondamentali dell’educazione alla cittadinanza democratica. Educare alla cittadinanza democratica è un compito non soltanto della scuola, ma dell’intera società e riguarda non soltanto le giovani generazioni, ma anche la popolazione adulta34.
L’espressione cittadinanza attiva è stata adottata all’interno dell’Unione europea con l’intento dichiarato di richiamare l’attenzione su una delle componenti ritenute di fondamentale importanza per la democrazia, quella della partecipazione dei cittadini. Accanto a questa dizione, viene spesso utilizzata quella di cittadinanza responsabile. In uno studio di Eurydice dedicato all’educazione alla cittadinanza nella scuola, quest’ultima viene definita come segue:
La nozione di “cittadinanza responsabile” si collega ai problemi della conoscenza e della consapevolezza
dei diritti e dei doveri. È anche strettamente collegata ai valori civici quali la democrazia e i diritti umani, l’eguaglianza, la partecipazione, la collaborazione, la coesione sociale, la solidarietà, la tolleranza della diversità e la giustizia sociale35.
L’idea implicita alla base di questa articolazione è che il “cittadino attivo” ha bisogno di conoscenze e abilità, che a loro volta contribuiscono – unitamente ad un insieme di atteggiamenti e di valori – allo sviluppo e al consolidamento del senso di identità personale (una identità multipla, in rapporto alla molteplicità di contesti di cui ogni cittadino è partecipe). Le abilità si riferiscono ad alcune categorie principali36: la creatività, la capacità di sostenere il proprio punto di vista, la capacità di fare ricerca (compresa la raccolta e la selezione delle informazioni), la riflessione critica, le abilità comunicative e la capacità di ascolto, il problem solving, la capacità di lavorare con gli altri in una dimensione collaborativa, la capacità di risoluzione di conflitti, la capacità di partecipare in modo autonomo e consapevole ai processi decisionali, la “competenza interculturale”.37
34 C. Harrison, B. Baumgartl, Stocktaking Research on Policies on Education for Democratic Citizenship and Management of Diversity in South-‐East Europe, Strasbourg, Council of Europe, 8 February 2002, Doc. DGIV/EDU/CIT (2001) 45 Final; Council of Europe (2004), All-‐European Study on Education for Democratic Citizenship Policies, Strasbourg, Council of Europe. 35 Cfr. Eurydice, Citizenship Education at School in Europe, Brussels, Eurydice, 2005, p. 13. 36 Il termine utilizzato è “principle factors”. 37 Cfr. European Commission -‐ Centre for Research on Lifelong Learning -‐ Council of Europe, Working towards Indicators for Active Citizenship, p. 22. Si tratta del documento preparatorio della conferenza internazionale organizzata dalla
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Schema delle competenze di cittadinanza (all.2 DM 139/2007)
Le competenze di cittadinanza sono trasversali, connesse alla metodologia didattica e allo sviluppo della metacognizione a prescindere dal livello di istruzione; nello specifico sono strettamente congiunte a tre dimensioni: lo sviluppo completo della persona, sia nella dimensione interiore (“nella costruzione del sé”), che nella dimensione relazionale (nella costruzione “di corrette e significative relazioni con gli altri”), nonché nella costruzione “di una positiva interazione con la realtà naturale e sociale”.
Competenze di cittadinanza
Al termine di 8 anni di studio
Al termine di 10 anni di studio
Commissione Europea presso il Joint Research Centre di Ispra il 20-‐21 settembre del 2006. Si veda anche H. J. Abs and R. Veldhuis, Indicators on Active Citizenship for Democracy. The social, cultural and economic domain, Paper by order of the Council of Europe for the CRELL-‐Network on Active Citizenship for Democracy at the European Commission’s Joint Research Center in Ispra, Italy, August 2006.
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Costruzione del sè
Imparare a imparare
organizzare il proprio apprendimento secondo metodi e tempi adeguati e implementarlo sapendo cercare e selezionare le opportune informazioni
organizzare il proprio apprendimento, individuando, scegliendo e utilizzando varie fonti e varie modalità di informazione e di formazione (formale, non formale ed informale), anche in funzione dei tempi disponibili, delle proprie strategie e del proprio metodo di studio e di lavoro
progettare utilizzare le conoscenze apprese per proporsi obiettivi ulteriori di studio e orientarsi in ordine a scelte future
elaborare e realizzare progetti riguardanti lo sviluppo delle proprie attività di studio e di lavoro, utilizzando le conoscenze apprese per stabilire obiettivi significativi e realistici e le relative priorità, valutando i vincoli e le possibilità esistenti, definendo strategie di azione e verificando i risultati raggiunti
Relazione con gli altri
Comunicare comprendere e produrre informazioni e messaggi di diversa natura (famigliare, amicale, vita quotidiana) e veicolati con diversi supporti (cartacei, informatici, multimediali)
comprendere messaggi di genere diverso (quotidiano, letterario, tecnico, scientifico) e di complessità diversa, trasmessi utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico, scientifico, simbolico, ecc.) mediante diversi supporti (cartacei, informatici e multimediali) – rappresentare eventi, fenomeni, principi, concetti, norme, procedure, atteggiamenti, stati d’animo, emozioni, ecc. utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico, scientifico, simbolico, ecc.) e diverse conoscenze disciplinari, mediante diversi supporti (cartacei, informatici e multimediali)
Collaborare interagire nel gruppo dei pari comprendendo i diversi punti di vista, sostenendo i propri, gestendo con successo le eventuali difficoltà
interagire in gruppo comprendendo i diversi punti di vista, valorizzando le proprie e le altrui capacità, gestendo la conflittualità, contribuendo all’apprendimento comune e alla realizzazione delle attività collettive, nel riconoscimento dei diritti fondamentale degli altri
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Agire in modo autonomo e responsabile
avvertire le possibilità e i limiti del proprio operare e comprendere quali effetti possano produrre scelte ed azioni personali nei confronti degli altri
sapersi inserire in modo attivo e consapevole nella vita sociale e far valere al suo interno i propri diritti e bisogni riconoscendo nel contempo quelli altrui, le opportunità comuni, i limiti, le regole, le responsabilità
Rapporto con la realtà sociale e naturale
Risolvere problemi
affrontare e risolvere situazioni problematiche costruendo e verificando ipotesi, utilizzando le risorse opportune e valutando secondo criteri dati i risultati ottenuti
affrontare e risolvere situazioni problematiche costruendo e verificando ipotesi, individuando le fonti e le risorse adeguate, raccogliendo e valutando i dati, proponendo soluzioni utilizzando, secondo il tipo di problema, contenuti e metodi delle diverse discipline
Individuare collegamenti e relazioni
cercare e trovare ciò che lega e divide oggetti, fatti, concetti diversi, lontani nello spazio e nel tempo, cogliendone la natura sistemica
individuare e rappresentare, elaborando argomentazioni coerenti, collegamenti e relazioni fra fenomeni, eventi e concetti diversi, anche appartenenti a diversi ambiti disciplinari, e lontani nello spazio e nel tempo, cogliendone la natura sistemica, individuando analogie e differenze, coerenze ed incoerenze, cause ed effetti e la loro natura probabilistica
Acquisire e interpretare l’informazione
comprendere valori ed effetti delle informazioni ricevute con strumenti diversi in ordine a diversi ambiti disciplinari, distinguendo i fatti dalle opinioni
acquisire e interpretare criticamente l’informazione ricevuta nei diversi ambiti e attraverso diversi strumenti comunicativi, valutandone l’attendibilità e l’utilità, distinguendo fatti e opinioni
Rispetto a questo sistema di competenze di cittadinanza è stato elaborato un modello di certificazione pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che ha creato la situazione paradossale di far diventare adempimento obbligatorio, da parte della scuola, la attestazione di apprendimenti per competenze. Possiamo definire certificazione il processo attraverso cui un soggetto istituzionalmente legittimato attesta l'esistenza o il possesso di determinati "oggetti". In ambito formativo questi ultimi possono riguardare:
-‐ l'esito della partecipazione individuale ad un determinato percorso formativo. In questo caso si
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parla di certificazione del percorso o di certificazione formativa; -‐ il tipo e il livello di competenze c acquisite da un soggetto attraverso un determinato percorso
formativo e/o attraverso la propria esperienza personale, professionale e formativa; -‐ la qualità di un prodotto formativo (materiale didattico, corso di formazione); -‐ la qualità del processo formativo; -‐ la qualità delle caratteristiche di una struttura deputata all'erogazione di interventi formativi; -‐ le competenze del personale operante nel sistema formativo.
Così molte scuole stanno studiando, proponendo e iniziando a sperimentare percorsi di
progettazione didattica orientata alle competenze e per ogni competenza è stato progettato un sistema di certificazione a tre livelli (essenziale, esperto, eccellente). Di seguito si propone un modello di certificazione delle competenze proposto in una scuola:
Competenze di cittadinanza Costruzione del sé imparare ad imparare Essenziale
progettare esperto eccellente
Relazione con gli altri comunicare essenziale Collaborare e partecipare esperto Agire in modo autonomo e responsabile eccellente
Rapporto con la realtà naturale e sociale
Risolvere problemi essenziale Individuare collegamenti e relazioni esperto Acquisire e interpretare l’informazione eccellente
Legenda Costruzione del sé (imparare ad imparare, progettare) Essenziale – lo studente sa utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite al fine di predisporre un piano di lavoro per implementarle. Esperto – lo studente organizza il suo apprendimento in ordine a tempi, fonti, risorse, tecnologie offerte dalla situazione scolastica. Eccellente – lo studente sa elaborare progetti di apprendimento, proponendosi obiettivi, formulando ipotesi, individuando risorse e opportunità e gli eventuali vincoli; sa valutare i risultati raggiunti. Relazioni con gli altri – comunicare -‐ collaborare e partecipare -‐ agire in modo autonomo e responsabile. Essenziale – lo studente è capace di collaborare con gli altri comprendendone i diversi punti di vista e di sostenere e argomentare le sue posizioni di partenza. Esperto – lo studente collabora positivamente con gli altri, discutendo i propri punti di vista e facendo valere le proprie posizioni con argomentazioni valide e puntuali. Eccellente – lo studente si comporta in modo autonomo e responsabile, capace di interagire positivamente con gli altri, comprendendone punti di vista, sostenendo con intelligenza critica le proprie posizioni, capace anche, se necessario, di modificarle. Rapporto con la realtà naturale e sociale – risolvere problemi -‐ individuare collegamenti e relazioni -‐ acquisire e
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interpretare l’informazione. Essenziale – lo studente comprende e utilizza con successo le informazioni necessarie a risolvere problemi semplici di diversa natura. Esperto – lo studente riconosce ed acquisisce le informazioni necessarie ad affrontare situazioni problematiche che risolve senza particolari difficoltà. Eccellente – lo studente è capace di ricercare e acquisire le informazioni necessarie, individuandone collegamenti e relazioni, al fine di affrontare una situazione problematica non nota e di una certa complessità e di risolverla con successo. Di seguito si propone una proposta di attribuzione di peso semantico alle competenze di cittadinanza: COSTRUZIONE DEL SÉ 1. imparare ad imparare come contingenza: le competenze si concretizzano in comportamenti efficaci e funzionali, nell’interazione tra un soggetto e uno specifico contesto. Ciò comporta l’assunzione di impegni e responsabilità:
1.1. Accetta esclusivamente i compiti di propria stretta competenza, e non desidera ampliare la propria sfera di responsabilità. Gli indicatori che consentono di valutare/misurare sono l’assunzione di impegni e responsabilità.
1.2. Accetta incarichi al di fuori delle proprie competenze solo se di modesta entità. 1.3. È disponibile ad assumersi nuovi incarichi, realizzandoli in modo affidabile. 1.4. Accetta con entusiasmo e spesso ricerca nuove responsabilità che considera un’opportunità di
arricchimento professionale. 2. progettazione come management: gestione ottimale delle risorse 2.1 capacità decisionale: scegliere tra diverse alternative con ponderatezza, lucidità, tempestività
anche in condizione di incertezza, carenza e complessità, stabilendo alternative possibili e valutando le conseguenze;
2.2 pianificazione e organizzazione: definire e implementare, in coerenza con le necessità interne ed esterne, i piani di sviluppo delle attività;
2.3 focus sul cliente: stabilire assidui contatti con partner e clienti, orientare le attività e i risultati verso le loro esigenze e priorità. Orienta le proprie azioni attraverso la corretta interpretazione dei bisogni e delle esigenze dei diversi clienti interni, in un’ottica di forte orientamento alla loro soddisfazione;
2.4 teamwork e motivazione collaboratori: capacità di guida, informazione e coinvolgimento per generare impegno e motivazione. Capacità di costruire legami nella squadra e capacità di gestire il clima interno.
RELAZIONE CON GLI ALTRI 1. Collaborare e partecipare come leadership: guidare l’organizzazione verso l’innovazione 1.1 capacità d’orientamento: orientare i comportamenti relazionali e comunicativi per guidare alla realizzazione dei risultati;
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1.2 leadership professionale: agire sapendo di rappresentare la cultura e i valori dell’organizzazione, promuovendo il cambiamento organizzativo. Ciò comporta rivedere le scelte alla luce dei feed-‐back ricevuti e guidare l’organizzazione verso la valorizzazione della partecipazione individuale;
1.3 orientamento al cambiamento: analizzare, comprendere ed interpretare il contesto di riferimento, per attuare una serie di comportamenti volti all’evoluzione organizzativa ed al cambiamento graduale dei comportamenti e delle prassi degli interlocutori per adeguarli all’evoluzione dello scenario di riferimento;
1.4 pensiero strategico: capacità di lettura del contesto e di comprendere gli scenari di sviluppo in atto guidando le attività in modo da cogliere gli aspetti più rilevanti per lo sviluppo della funzione.
2. Agire in modo autonomo e responsabile come disponibilità al cambiamento: individua la capacità e la disponibilità a rispondere positivamente alla richiesta di cambiamento di compiti e di modalità operative, sia internamente che esternamente alla propria struttura di appartenenza. 2.1. Resiste al cambiamento. 2.2. Accetta passivamente il cambiamento, diventa disponibile in presenza di pressioni esterne. 2.3. Accetta positivamente il cambiamento facendosi coinvolgere. 2.4. Promuove il cambiamento, accoglie positivamente le proposte attivandosi per realizzarle e coinvolgendo altri.
3. Comunicare come relazione e networking: cooperazione dentro e fuori l’organizzazione 3.1 comunicazione: curare l’efficacia della comunicazione in modo da favorire lo scambio di informazioni; 3.2 integrazione interna: capacità di costruire le condizioni organizzative per raggiungere gli obiettivi, operare in costante sensibilità con l’ambiente organizzativo di riferimento sviluppando l’integrazione organizzativa tra le diverse realtà dell’ente;
3.3 relazioni esterne: capacità di dialogare e di interfacciarsi con interlocutori esterni qualificati; 3.4 negoziazione e gestione dei conflitti: orientare i comportamenti relazionali e comunicativi ricercando margini di trattativa per raggiungere un risultato ottimale per l’organizzazione. Gestire le relazioni garantendo la più efficace rappresentazione degli interessi dell’Ente.
RAPPORTO CON IL CONTESTO SOCIALE 4. Problem solving come efficacia: raggiungimento degli obiettivi 4.1 problem solving: affrontare problemi, anche nuovi, sapendo supportare i processi decisionali per ricercare le risposte più adatte ed efficaci anche in situazioni difficili e complesse; 4.2 controllo e precisione: saper individuare i punti essenziali e le relazioni delle attività svolte, i risultati da conseguire al fine di garantire il rispetto dei requisiti di qualità previsti; 4.3 orientamento alla semplificazione: comprendere e razionalizzare le necessità interne ed esterne al fine di individuare una costante gestione della complessità soprattutto in termini di semplificazione delle procedure e di scomposizione dei problemi; 4.4 diffusione delle conoscenze: comprendere la rilevanza delle conoscenze fondamentali per l’impatto sulla prestazione, alimentarle e diffonderle superando le resistenze interne e supportando
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un ambiente creativo e dinamico. 5. Acquisizione e interpretazione delle informazioni come flessibilità: nonostante la natura contingente, vi sono competenze trasversali che non riguardano in modo esclusivo i contenuti specifici di un dato compito, ma consistono in modi di agire e strategie generali, trasferibili in situazioni diverse. La flessibilià individua la capacità di adattarsi e di lavorare efficacemente in situazioni e contesti diversi, all’interno dei quali comprendere ed apprezzare le diverse prospettive sui problemi; accettare o promuovere cambiamenti nella propria organizzazione o del proprio ruolo; adattare l’approccio personale alle mutate caratteristiche del contesto organizzativo. Esempi degli elementi valutativi adottati per misurare la flessibilità: 5.1. Non é disponibile a rivedere le sue opinioni. Manifesta resistenza ai cambiamenti. 5.2. Lavora con altri adattandosi moderatamente ai cambiamenti. Accetta consigli per modificare la sua idea di come si deve fare. 5.3. Lavora efficacemente in situazioni e contesti differenti. Apprezza i punti di vista diversi dai suoi ed è disponibile a cambiare il suo approccio originario. 5.4. Lavora con successo in una grande varietà di contesti e situazioni. Comprende velocemente i cambiamenti e vi si adatta. Si confronta costruttivamente con opinioni diverse dalla sua; ricerca spontaneamente nuovi approcci alle situazioni. Competenze di cittadinanza e competenze-‐chiave di Lisbona
Se lo schema delle competenze-‐chiave di cittadinanza si configura come efficace, ambizioso, elevato, in linea con gli obiettivi della “Strategia di Lisbona”, inevitabilmente determina spinte verso un costante processo di miglioramento degli standard di apprendimento, delle consuete prassi operative, delle piste di ricerca/azione. L’intento è volto alla progettazione di un’offerta formativa con peculiari caratteristiche che comunque possa “inserirsi” nel contesto internazionale. Di conseguenza, le otto competenze chiave risultano strettamente interconnesse al fine di promuovere lo sviluppo “ pieno” ed armonico della persona.
Il raggiungimento dell’obiettivo della cittadinanza, presente in molteplici documenti europei, comporta il raggiungimento di 8 competenze chiave (Nota del 31/01/2008 prot.n1296).
Matrice di competenze: ipotesi di lettura
Competenze chiave (Lisbona+DM139/2007)
Competenze di cittadinanza ⇓
C1 C1
C1C2
C2C1
C3C1
C4C1
C5C1
C5C2
C5C3
C5C4
C5C5
C5C6
C6C1
C6C2
C7C1
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Imparare ad imparare
Progettare
Comunicare
Collaborare e partecipare
Agire in modo autonomo e responsabile
Risolvere problemi
Individuare collegamenti e relazioni
Interpretare le informazioni
5. Similitudini con il Modello di competenze dell’ISFOL
Per l’Isfol, “competenza è l’insieme delle conoscenze teoriche e pratiche, delle abilità e delle capacità che consentono a un individuo un adeguato orientamento in uno specifico campo d’azione. La competenza si connota quindi come conoscenza in azione: in essa emerge la componente operativa della conoscenza, ossia la presenza di un costante orientamento a saldare sapere e saper fare, anche in situazioni contraddistinte da un elevato livello di complessità, che quindi esigono schemi altrettanto complessi di pensiero e di azione.” 38 Basato su questa definizione, l’ISFOL presenta il sistema di classificazione delle competenze, strutturato in tre macro-‐categorie:
1. competenze di base indispensabili per lo svolgimento efficace ed efficiente di una attività lavorativa.
38 La definizione è tratta dal sito Isfol, www.isfol.it
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• Lingua inglese • Informatica di base • Organizzazione aziendale • Diritto sindacale e del lavoro • Tecniche di ricerca attiva del lavoro • Economia di base
2. competenze tecnico professionali (corrispondenti con le competenze manageriali o meta-‐cognitive) che variano da un settore lavorativo ad un altro e vanno mappate e classificate empiricamente con una attenta analisi dei processi lavorativi, del loro svolgimento e della loro innovazione tecnica.
3. competenze trasversali. Sono un insieme di abilità implicate in numerosi tipi di compiti, dai più elementari ai più complessi, e che si esplicano in situazioni tra loro diverse e quindi ampliamente generalizzabili”. Si distinguono in: a. diagnosticare. Possedere una buona capacità diagnostica costituisce il presupposto per
instaurare e valorizzare relazioni professionali significative e affrontare situazioni e problemi in modo efficace. Essa, infatti, concorre a definire le rappresentazioni del contesto, che orientano la scelta e la costruzione dei piani di azioni e che aiutano ad attivare gli altri tipi di saperi e di capacità indispensabili per una valida risposta professionale. Questa competenza si divide in: • personali competenze e attitudini (imparare ad imparare), ovvero evidenziare le
proprie motivazioni principali in relazione al personale progetto professionale di sviluppo.
-‐ Esplicitare le proprie motivazioni e aspettative; -‐ Esplorare la propria prospettiva temporale e delineare un progetto professionale;
• contesto lavorativo (interpretare le informazioni) ovvero riconoscere e valutare situazioni e problemi di lavoro di diversa natura: tecnico-‐operativi, relazionali, organizzativi
-‐ Esaminare una situazione organizzativa operando su informazioni da fonti diverse; -‐ Utilizzare le tecniche per la raccolta delle informazioni di varia natura e su vari supporti; -‐ Utilizzare le tecniche per la diagnosi di problemi sia strutturati sia impliciti.
b. relazionarsi, ovvero una complessa gamma di abilità che permettono di stabilire un rapporto costruttivo con altri individui nello stesso contesto di lavoro o con membri di altri gruppi, con clienti o utenti e con il sistema tecnico che caratterizza l’ambiente lavorativo. Mettersi in relazione efficacemente con altri presuppone lo sviluppo di un’adeguata “competenza sociale”, intesa come un insieme di abilità di natura socio-‐
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emozionale (fiducia relazionale, espressione e controllo delle emozioni, gestione dell’ansia, etc.), cognitiva (leggere in modo adeguato la situazione, percepire correttamente l’altro e le sue richieste, ecc.) e comportamentale (stili di ascolto, di comunicazione, ecc.) messi in atto nell’interazione. Il potenziamento di queste abilità in ambito formativo, mediante metodi di apprendimento attivo, e la loro messa alla prova nell’incontro diretto con le realtà organizzative e di lavoro (stage, tirocini, ecc.), rappresentano una strategia efficace per consolidare o rinforzare la competenza relazionale. Centrali per la competenza relazionale sono considerate le altre differenti abilità comunicative, che richiedono, ad esempio, la capacità di registrare messaggi verbali e non verbali, di interpretarli e integrarli in maniera corretta e adeguata, di decentrarsi rispetto al ruolo e alla situazione in cui avviene lo scambio, di dominare i mezzi comunicativi più adatti per conseguire i risultati attesi, di adattarsi alle esigenze delle altre persone e della situazione. Questo tipo di competenza si articola in:
• comunicare ovvero "Comunicare in un contesto organizzativo e di lavoro" ovvero comunicare con altri nel contesto di lavoro, in situazioni di interazione diretta o mediata da strumenti di diversa natura (cartacei, informatici, telematici).
-‐ Dare e chiedere informazioni a livello interpersonale e di gruppo di lavoro; -‐ Adattare i propri stili e le proprie strategie comunicative alle esigenze del contesto e degli interlocutori individuali e collettivi; -‐ Differenziare i vari contesti comunicativi e interattivi, riconoscendo le specifiche strategie comunicative e di feed-‐back adottate dagli altri (colleghi, superiori, collaboratori); -‐ Dare e ricevere informazioni con l'ausilio di strumenti (comunicazione orale, scritta, telefonica, mediata dal computer ecc.); -‐ Codificare e decodificare i messaggi verbali e non verbali e quelli inviati con supporti di natura differente;
• lavorare in gruppo (collaborare e partecipare), ovvero operare attivamente nel gruppo di lavoro per affrontare problemi, progettare soluzioni, produrre risultati collettivi.
-‐ Inserirsi in modo efficace in una rete comunicativa e riconoscere i principali fenomeni dell'interazione in un gruppo; -‐ Confrontare con altri la propria rappresentazione di un problema o di una situazione; -‐ Riconoscere e modificare le proprie modalità di relazione sulla base dei feed-‐ back ricevuti; -‐ Riconoscere e controllare gli effetti dell' influenzamento sociale sulle attività di diagnosi collettiva e di decisione collettiva; -‐ Utilizzare tecniche di problem-‐setting collettivo Comparare le diverse soluzioni per facilitare la presa di decisione collettiva.
• negoziare (individuare collegamenti e relazioni) ovvero concertare e negoziare con altri soluzioni e risorse, in situazione interpersonale e di gruppo.
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-‐ Riconoscere i principali fenomeni che caratterizzano le dinamiche interne a un gruppo di lavoro e le relazioni tra gruppi; -‐ Valutare la natura delle divergenze, dei vincoli e delle risorse per definire obiettivi realistici di soluzione; -‐ Argomentare e utilizzare modalità di comunicazione persuasiva nelle relazioni interpersonali e nel gruppo di lavoro; -‐ Diagnosticare rapidamente situazioni di possibile conflitto interpersonale e di gruppo; -‐ Differenziare tecniche e stili di mediazione, concertazione e negoziazione, in relazione al contesto e agli scopi da raggiungere; -‐ Gestire situazioni di conflitto.
c. affrontare, ovvero l’insieme di abilità che permettono al soggetto di intervenire su un problema (uno specifico evento, una criticità organizzativa, una varianza e/o una anomalia tecnica, una richiesta del gruppo di lavoro, una disfunzione organizzativa, ecc.) con migliori probabilità di risolverlo. Più specificamente l’affrontare fa riferimento ad un insieme di abilità che permettono la costruzione e l’implementazione di strategie di azione, finalizzate al raggiungimento degli scopi personali del soggetto e di quelli previsti dal compito o dal ruolo lavorativo, e in generale dall’organizzazione in cui si è inseriti. Le competenze relative all’affrontare hanno una relazione forte con le competenze diagnostiche: per essere sviluppate e agite presuppongono che il soggetto sia in grado di definire in modo adeguato la situazione o il problema e di costruire una rappresentazione adeguata dell’evento, di definire e valutare le risorse che può mettere in campo, sia di tipo personale che organizzativo. Far fronte alle richieste diviene il momento di integrazione dei saperi di base e tecnico professionali realizzato attraverso la mediazione dei processi cognitivi, affettivi, relazionali e motivazionali.
• potenziare l’autoapprendimento (agire in modo autonomo e responsabile), ovvero migliorare le proprie strategie di apprendimento e di azione e le proprie prestazioni lavorative
-‐ Sviluppare strategie efficaci di apprendimento dall’esperienza in contesti diversi; -‐ Utilizzare tecniche per monitorare e regolare i propri percorsi di azione professionale; -‐ Utilizzare la diagnosi degli errori per migliorare i propri percorsi di azione; -‐ Mantenere un buon livello di coinvolgimento e di motivazione all’azione professionale;
• affrontare e risolvere problemi (problem solving), ovvero pianificare strategie di azione per fronteggiare situazioni e risolvere problemi di diversa natura (tecnico-‐ operativi, relazionali, organizzativi) tenendo conto anche delle logiche di contesto.
-‐ Valutare una situazione problematica o un compito complesso, mettendoli in relazione con le proprie capacità, i propri scopi e le risorse situazionali;
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-‐ Valutare il proprio grado di implicazione diretta e di responsabilità in una situazione o un problema o come (e se) delegare ad altri azioni e responsabilità; -‐ Definire con chiarezza obiettivi, risultati attesi e ambiti di azione possibili a fronte di un problema da risolvere di natura sociale, tecnica o organizzativa; -‐ Definire una strategia di azione per affrontare un problema o una situazione, valutando vincoli e risorse del contesto in relazione agli obiettivi da raggiungere, tenendo presenti le conseguenze delle azioni adottate; -‐ Definire criteri e modalità per monitorare e valutare i risultati di una strategia di azione, assumendo anche punti di vista diversi dal proprio.
• sviluppare soluzioni (progettare), “Gestire varianze organizzative”, ovvero impostare, decidere su progetti e piani di azione in condizioni non routinarie.
-‐ Produrre soluzioni creative in gruppo utilizzando specifiche tecniche di problem solving; -‐ Valorizzare i metodi per lo sviluppo della creatività, individuali e di gruppo; -‐ Organizzare le conoscenze individuali e di contesto per finalizzarle meglio alla attuazione dei progetti di routine e innovativi; -‐ Utilizzare in modo rapido le risorse esistenti (tecniche, strumentali, conoscitive ecc.) per riportare a norma il processo di lavoro; -‐ Gestire le relazioni interpersonali e di gruppo influenzate dalle situazioni impreviste o di emergenza.
Ipotesi di correlazione delle competenze trasversali con quelle di cittadinanza
Competenze di cittadinanza Competenze trasversali ISFOL Costruzione del sé imparare ad imparare
Diagnosticare personale
Progettare contesto Relazione con gli altri Comunicare Relazionarsi comunicare
Collaborare e partecipare Lavorare in gruppo
Agire in modo autonomo e responsabile
negoziare
Rapporto con la realtà naturale e sociale
Risolvere problemi affrontare Problem solving Individuare collegamenti e relazioni
Trovare soluzioni a problemi
Acquisire e interpretare l’informazione
Potenziare l’autoapprendimento
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6. Le competenze degli insegnanti
Per la ricostruzione del profilo di competenze degli insegnanti è possibile prendere in considerazione il Common European Principles for Teacher Competences and Qualifications (European Commission). Questo documento prevede per gli insegnanti tre categorie di competenze:
“Work with others: they work in a profession which should be based on the values of social inclusion and
nurturing the potential of every learner. They need to have knowledge of human growth and development and demonstrate self-‐confidence when engaging with others. They need to be able to work with learners as individuals and support them to develop into fully participating and active members of society. They should also be able to work in ways which increase the collective intelligence of learners and co-‐operate and collaborate with colleagues to enhance their own learning and teaching.”
“Work with knowledge, technology and information: they need to be able to work with a variety of types of
knowledge. Their education and professional development should equip them to access, analyse, validate, reflect on and transmit knowledge, making effective use of technology where this is appropriate. Their pedagogic skills should allow them to build and manage learning environments and retain the intellectual freedom to make choices over the delivery of education. Their confidence in the use of ICT should allow them to integrate it effectively into learning and teaching. They should be able to guide and support learners in the networks in which information can be found and built. They should have a good understanding of subject knowledge and view learning as a lifelong journey. Their practical and theoretical skills should also allow them to learn from their own experiences and match a wide range of teaching and learning strategies to the needs of learners.”
“Work with and in society: they contribute to preparing learners to be globally responsible in their role as EU
citizens. Teachers should be able to promote mobility and co-‐operation in Europe, and encourage intercultural respect and understanding. They should have an understanding of the balance between respecting and being aware of the diversity of learners’ cultures and identifying common values. They also need to understand the factors that create social cohesion and exclusion in society and be aware of the ethical dimensions of the knowledge society. They should be able to work effectively with the local community, and with partners and stakeholders in education – parents, teacher education institutions, and representative groups. Their experience and expertise should also enable them to contribute to systems of quality assurance. Teachers’ work in all these areas should be embedded in a professional continuum of lifelong learning which includes initial teacher education, induction and continuing professional development , as they cannot be expected to possess all the necessary competences on completing their initial teacher education.”
Queste tre categorie sembrano rispondere alle tre tipologie di competenze descritte nel progetto DeSeCo: agire in modo autonomo, usare le tecnologie e l’informazione e relazionarsi con gli altri. Queste tre categorie a loro volta possono intrecciarsi alle competenze di cittadinanza che rappresentano competenze trasversali connesse allo sviluppo di nuove strategie di insegnamento e di didattica. In questo caso si deve tener conto della continua e rapida innovazione tecnologica e le trasformazioni di socializzazione e dei processi di apprendimento dei protagonisti dell’istruzione: gli studenti.
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7. Conclusioni I profili di competenze si traducono spesso in risultati di apprendimento (learning outcomes), che possono essere operativizzati e individuati nel seguente modo:
• identificazione delle attività più specifiche degli studenti (Piani di studio della disciplina); • identificazione delle azioni nel dettaglio, in ottica disciplinare e interdisciplinare, a scuola
e all’esterno. Si tratta di Unità di Apprendimento (UdA) che costituiscono il Piano di sviluppo delle competenze;
• dopo aver definito le UdA, di procede alla progettazione della organizzazione al supporto delle attività formative.
Al fine di operativizzare le competenze relative ai 4 Assi Culturali, è possibile attivare i seguenti step:
1. costruzione di un profilo di utenti rispetto ai 4 assi culturali; 2. definizione la funzione formativa di ogni asse rispetto ai profili proposti; 3. indicazione dei criteri di progressione per lo sviluppo delle Competenze d’Asse e di Cittadinanza
con griglie-‐guida (tenendo conto dell’età) 4. costruzione della mappa di competenze per profilo come modello di valutazione per la
certificazione; 5. costruzione della matrice delle competenze; 6. definizione del modello di unità di apprendimento (UdA) relative alle competenze; 7. applicare le indicazioni relative alla certificazione delle UdA delle competenze; 8. costruzione di UdA da validare nelle classi (Annali, 2011: 149).
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CAPITOLO V Tutorship: le diverse attività del “prendersi cura” Patrizia Cinti
Il termine tutorship, con la sua derivazione latina prima e inglese poi, connota una attività di sostegno, di aiuto e cura, che un attore sociale competente svolge nei confronti di un altro attore che deve apprendere una nuova competenza o innovarne una già posseduta. Per questo, quella di tutorship è una attività che ricade tra quelle che vengono definite come azioni del “prendersi cura”, in risposta alla richiesta di una persona consapevole del suo bisogno, ma anche per rispondere al fabbisogno di una persona che ha scarsa o nulla consapevolezza di ciò di cui necessita. Il processo del “prendersi cura” è un particolare processo di servizio diretto o indiretto alla persona, nel quale gli elementi propri della comunicazione (in tutti i sui aspetti: verbale, non verbale, paraverbale, iconica, ecc.) assumono un ruolo prevalente e strategico. Le relazioni di aiuto e le relative azioni del “prendersi cura”, in ogni caso, sono molto differenziate, in funzione del contesto sociale e organizzativo, del contenuto della attività, del grado di fabbisogno esplicito o latente. Nella letteratura, con particolare riguardo alla relazione di sostegno e aiuto all’apprendimento di una competenza, troviamo descritte attività connotate da differenze che esplicitano da sole le opzioni possibili nella scelta e progettazione del “prendersi cura”. Sono queste le attività di:
• formazione, dove il formatore è l’esperto di un contenuto ed ha allo stesso tempo la capacità di trasmettere le relative conoscenze attraverso la scelta di una metodologia didattica appropriata;
• tutoring, nella quale il tutor guida nel processo di apprendimento, presidiando e coordinando il sistema tecnico, sociale e relazionale del contesto formativo;
• mentoring, dove il mentor rappresenta un punto di riferimento, sia professionale sia personale, per il discente in formazione;
• coaching, nella quale il coach allena una persona a raggiungere una prestazione elevata nella propria attività;
• counseling, nella quale il counselor è lo specialista certificato della relazione di aiuto nel superamento di una criticità lavorativa e personale.
Il processo del “prendersi cura”, come evidente, parte dall’ascolto delle esigenze dell’attore
utente; quest’ultimo, nella maggioranza dei casi è consapevole del suo bisogno immediato ma, frequentemente, non del suo reale fabbisogno di apprendimento, che scaturisce al termine dell’attività di esplorazione della domanda dal quale si avvia un corretto processo formativo.
L’attività di analisi del fabbisogno formativo iniziale, con la successiva fase di progettazione dell’intervento formativo, in alcuni casi, possono anche non vedere direttamente coinvolto il ruolo del tutor. A seconda della tipologia del percorso la rilevazione del fabbisogno e la progettazione dell’intervento possono essere attività assegnate al progettista e al docente/formatore: ma certamente
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nella fase di erogazione e in quella di valutazione degli esiti del percorso di apprendimento, è proprio il tutor la figura che presidia, senza soluzione di continuità tutti gli aspetti sociali, organizzativi e didattico-‐relazionali che determinano e garantiscono la qualità del progetto formativo.
Rielaborando il modello della la teoria e metodologia della Action Workflow Analysis proposta da Winograd e Flores39; possiamo individuare e mettere nella giusta evidenza le caratteristiche del processo del lavoro di tutoring, inteso come (fig.1):
• un flusso circolare e ricorsivo di comunicazioni e di informazioni tra persone intenzionate a perseguire un fine condiviso, attraverso l’individuazione di quattro fasi fondamentali: a) la richiesta o offerta, b) l’accordo, c) la realizzazione e d) il controllo di un effetto positivo per l’utente;
• un sistema di assunzione di impegni reciproci, che presuppongono un’attività di tipo cooperativo tra soggetti utenti ed erogatori per il raggiungimento di un risultato atteso;
• un percorso realizzato attraverso delle attività caratterizzate da un elevato grado di incertezza e indeterminatezza;
• un sistema di attività differenziate che, per essere efficaci, richiedono la progettazione di meccanismi di integrazione flessibili, ma non facilmente riconducibili ad una procedura.
fig. 1 -‐ Il modello della Action Workflow Analysis per l’attività di tutoring fonte: P. Cinti (a cura di), Prendersi cura, FrancoAngeli, Milano, 2011
In altre parole, il processo di tutoring, assume in maniera definitiva come essenziali gli aspetti
sociali e comunicativi che vengono agiti dall’erogatore con la cooperazione, più o meno consapevole e partecipata, dell’utente; due attori sociali che diventano così coautori corresponsabili delle loro proprie attività. 39 Winograd T., Flores F., Calcolatori e conoscenza, Mondadori, Milano 1987.
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1. Il Tutor tra presenza e attività online: processi presidiati e attività assegnate
Nel sistema scolastico nazionale, la denominazione di tutor è servita a definire attività e funzioni differenti40. E, in particolare, negli ultimi anni al termine tutor si affianca e si sostituisce quella di coach, non sempre con una sufficiente chiarezza nell’uso corretto dei termini41. Il ruolo del tutor è diventato oggetto di studio e di dibattito crescente con il diffondersi delle attività di formazione online, ma in particolare con la formazione in rete per l’apprendimento cooperativo e collaborativo supportato da computer (CSCL) centrata sul costruttivismo sociale. Sono questi i percorsi formativi interamente svolti online o con modalità blended, quindi con alternanza tra aula in presenza e attività cooperative e collaborative, dove accanto all’apprendimento individuale viene adottata una metodologia didattica con l’integrazione dei discenti in piccoli gruppi.
Utile al riguardo è riproporre in sintesi la tipologia ripresa dal Vademecum42 del CNIPA (oggi DigitPA), che distingue tra:
• l’auto-‐apprendimento asincrono attraverso la fruizione di contenuti preconfezionati disponibili sulla piattaforma di erogazione;
• l’apprendimento in sincrono attraverso l’utilizzo della videoconferenza e delle aule virtuali; • l’apprendimento collaborativo attraverso le attività della comunità virtuale di apprendimento.
Ed è in quest’ultima tipologia di formazione che il tutor diventa a tutti gli effetti un e-‐tutor.
In funzione degli obiettivi formativi prevalenti, per il tutor o e-‐tutor viene fatta nella letteratura una distinzione tra:
• istruttore o esperto: presente nel modello centrato sul docente, per favorire il trasferimento di conoscenze;
• facilitatore: opera nel modello centrato sul discente, per sostenere lo sviluppo di abilità; • mediatore o moderatore: agisce nel modello centrato sul gruppo in apprendimento, per favorire
il cambiamento di modelli e atteggiamenti individuali. Calvani e Rotta43 sintetizzano così i compiti del tutor:
• Individuazione di potenzialità: facilitare nel soggetto il riconoscimento di risorse da lui utilizzabili.
• Scaffolding affettivo e motivazionale: incoraggiare, aiutare ed approvare. 40 Giuseppe Bertagna, “Tutorato e tutor nella riforma”, Scuola e didattica, n.15, 15 aprile 2004, Editrice La Scuola 41 Elena Mosa, “Coach”: chi era costui? Dal tutoring ai processi di accompagnamento e assistenza sul campo, sito AGENAS, 27 gennaio 2010 42 Cnipa, Vademecum per la realizzazione di progetti formativi in modalità e-‐learning nelle pubbliche amministrazioni, II edizione, quaderno n. 32, 2007 43 Antonio Calvani, Mario Rotta, Fare formazione in Internet, Centro Studi Erickson, 2000
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• Orientamento: mostrare come si fa, rendere espliciti gli obiettivi, delineare delle possibilità. • Comunicazione: favorisce l’interscambio e le integrazioni di conoscenze teorico -‐ pratiche tra i
diversi partecipanti.
Ma è sempre con il Vademecum predisposto dal CNIPA che viene data una distinzione condivisa tra i differenti modelli didattici online che prevedono differenti tipologie di tutorship. Gli approcci metodologici utilizzati nel campo dell’e-‐learning sono molteplici e possono essere analizzati focalizzando l’attenzione su differenti aspetti. Una modalità di descrizione efficace può essere quella che analizza le metodologie didattiche in base al livello di interattività tra gli attori in gioco, al livello di regia didattico-‐organizzativa, al grado di strutturazione e di flessibilità che esse consentono. Seguendo questa linea e procedendo con una necessaria semplificazione, si possono definire tre principali modelli rappresentativi:
1. Il primo modello, definibile come apprendimento individuale, si basa su attività didattiche che prevedono lo studio individuale da parte dei discenti. La tipologia di interazione è collegata alla fruizione dei contenuti e degli strumenti a supporto delle attività. I discenti possono eventualmente interagire con i tutor e i docenti che forniscono loro supporto e assistenza (tecnica, sui contenuti e sulla metodologia). Tale modello prevede un basso intervento in termini di gestione didattica e permette un alto grado di libertà e flessibilità nella gestione dei ritmi di fruizione (ogni discente procede su un percorso individuale quindi secondo le proprie capacità, necessità e volontà) e dei percorsi che possono essere sia pre-‐selezionati, che liberi. L’apprendimento individuale assegna grande rilevanza alla progettazione di attività individuali strutturate e di contenuti a supporto di tali attività. Tale modello viene prevalentemente applicato nello sviluppo di competenze di base e, in parte, di competenze tecnico-‐professionali.
2. Il secondo modello, definibile come apprendimento collaborativo (wrap around), prevede lo sviluppo di attività di collaborazione e cooperazione all’interno di gruppi di discenti: le persone interagiscono per conseguire un obiettivo comune e, di conseguenza, l’apprendimento individuale è concepito come il risultato di un processo di gruppo. In questo caso la “mediazione didattica” è totalmente affidata a risorse umane qualificate e il focus dell’attività si sposta verso la costruzione di interazione tra i soggetti coinvolti, cioè tra discenti, tutor, docenti ed esperti. Flessibilità e libertà risiedono, in questo caso, nell’organizzazione delle attività all’interno dei gruppi e nella fruizione dei contenuti che diventano un supporto alle attività e possono essere più o meno consultati dal gruppo di discenti a seconda della necessità. La progettazione, l’organizzazione e la selezione delle attività e dei contenuti deve essere guidata dalla necessità di attivare processi di scambio e di collaborazione tra le persone. Il modello dell’apprendimento collaborativo si
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applica prevalentemente allo sviluppo di competenze tecnico-‐professionali e, in parte, all’apprendimento di competenze trasversali.
3. Il terzo modello didattico, basato sulle interazioni di gruppo (team-‐based o community-‐based), è caratterizzato da bassa regia didattico-‐organizzativa e da elevata interazione tra gli attori in gioco (tra i quali si sviluppano meccanismi di interdipendenza e reciprocità). Il focus della progettazione è quindi incentrato sui meccanismi di interazione sociale tra le persone e sui ruoli che devono presidiare l’intero sistema. Le attività da progettare sono slegate dalla presenza di contenuti strutturati e devono stimolare la creazione di una comunità attiva che interagisca costantemente e produca conoscenza sulla base dell’interazione. I contenuti, prevalentemente interni all’organizzazione, in quanto derivano da esperienze locali, casi e pratiche di successo, sono spesso inseriti nel sistema sotto forma di pillole di conoscenza intorno alle quali innescare il dibattito e attivare un processo di socializzazione orientato al problem-‐solving. Gli esiti di tali attività, previa codifica, vanno ad alimentare con nuove pillole la base di conoscenza iniziale: il contenuto costituisce in questo caso l’input e l’output del processo. Questo modello si applica soprattutto nello sviluppo di competenze trasversali e nelle situazioni in cui occorre stimolare un apprendimento organizzativo.
Leggendo ancora il Vademecum, troviamo questa distinzione dei ruoli di docente, tutor e mentor: Spesso i termini docente, tutor, mentor si sovrappongono. D’altro canto, spesso le organizzazioni utilizzano lo stesso termine intendendo ruoli più o meno diversi. È dunque importante, al di là delle differenze terminologiche, distinguere almeno quattro funzioni (che potranno essere svolte o meno dalla stessa persona):
• il supporto cognitivo all’apprendimento, gestito da un ottimo conoscitore della materia oggetto del percorso formativo (meglio se con competenze didattiche);
• il supporto organizzativo e motivazionale, gestito da una figura non necessariamente esperta della materia ma esperta dei processi di apprendimento e insegnamento a distanza tramite le nuove tecnologie;
• l’offerta didattica specialistica, erogata in aggiunta al percorso formativo e ai moduli online, che può essere rappresentata per esempio dall’intervento sincrono da remoto di un esperto in un particolare ambito della materia oggetto del percorso;
• l’animazione del gruppo che si trova in situazione di apprendimento o di lavoro “collaborativo” e contemporaneamente la gestione degli aspetti di regolazione (regole, compiti, rispetto dei tempi, ecc.)
Di queste attività sono responsabili:
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• Docente/ mentor / tutor di contenuto: cura l’erogazione del percorso formativo e delle attività didattiche, valutando il raggiungimento degli obiettivi e mettendo in atto strategie e iniziative conseguenti. Motiva lo studente supportando la fruizione del modulo da un punto di vista metodologico e contenutistico. Fornisce chiarimenti e approfondimenti. Valuta l’efficacia didattica delle soluzioni proposte per l’erogazione dei contenuti, ne suggerisce l’integrazione e l’evoluzione sia didattica, che multimediale. Utilizza diversi strumenti di comunicazione sincrona e asincrona assistendo gli allievi nella fase di fruizione dei corsi e garantendo risposte in un arco di tempo adeguato all’efficacia didattica e ai contenuti del patto formativo. Gestisce e monitora l’andamento del corso, le attività e i risultati del singolo studente e della classe. Predispone e guida le attività collaborative. Opera a stretto contatto con il project manager, l’instructional designer, l’esperto di contenuti, il tutor di processo. Utilizza i principali prodotti software per elaborare testi/dati e per organizzare presentazioni. Ha una formazione universitaria.
• Tutor di processo (o animatore): è il riferimento del singolo utente e della classe virtuale nello sviluppo del percorso formativo. Supporta gli studenti nell’organizzazione del percorso e del carico didattico (modalità e tempi di studio). Interviene per sostenerne la motivazione, facilitare l’accesso ai diversi ambienti didattici e alla conoscenza disponibile. Valuta l’efficacia delle soluzioni proposte per la fruizione dei contenuti in base ai feedback degli studenti, ne suggerisce l’evoluzione (sia didattica che dei supporti multimediali) e propone aggiornamenti dei contenuti. Utilizza diversi strumenti di monitoraggio delle attività e di comunicazione sincrona e asincrona, garantendo le risposte in un arco di tempo adeguato all’efficacia didattica, alle regole del patto formativo e della comunità virtuale, delle quali garantisce il rispetto. Anima i forum e le attività della classe virtuale, comunicando in modalità sincrona e asincrona. Collabora al monitoraggio del percorso formativo attraverso la redazione e la consultazione di report. Opera a stretto contatto con il tutor (docente), con l’instructional designer e con l’esperto di contenuti. Ha formazione universitaria, spesso con adeguata specializzazione. La figura del tutor di processo è sempre determinante e il suo peso nel processo formativo è direttamente correlato con il livello di cooperazione e di interazione che il percorso sollecita nei partecipanti. I compiti del tutor (didattico e di processo) in un percorso formativo completamente online potrebbero essere i seguenti: 1. programmazione del lavoro; 2. controllo della puntualità nel rispettare le scadenze del processo didattico; 3. conoscenza dei materiali didattici diretti ai corsisti; 4. all’inizio di ogni fase, spiegazione (attraverso uno o più messaggi sul forum) ai corsisti degli obiettivi della fase/del modulo e del lavoro che dovranno svolgere;
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5. accesso giornaliero alla piattaforma per rispondere tempestivamente alle domande degli studenti (per esempio sul forum) e per verificare l’agenda delle attività e degli appuntamenti; tempo massimo di risposta 48 ore (meglio 24); 6. raccolta sistematica, attraverso gli strumenti dedicati, delle informazioni sulla partecipazione dei propri studenti; 7. confronto continuo con lo staff di progetto (gestore, coordinatore, figure tecniche) per eventuali modifiche e migliorie; 8. incentivazione e guida della comunicazione/interazione tra corsisti e tutor e tra corsisti stessi; 9. eventuale predisposizione di materiale didattico o informativo aggiuntivo; 10. partecipazione agli appuntamenti sincroni, previa preparazione/pianificazione dell’evento e della sua agenda; 11. valutazione dei corsisti tenendo conto delle informazioni relative alle attività svolte da ognuno di loro.
Per Piccardo e Benozzo44 queste le aree di attività (e relative competenze) presidiate dal tutor: • Culturale – simbolica: di costruzione di senso e significato durante l’azione formativa. • Socio – affettiva: ascolto dei segnali deboli che provengono dagli interventi dei corsisti. • Politico – integrativa: di mediazione e di problem solving, all’interno della rete di relazioni tra
corsisti, docenti, responsabili del corso e committenti. • Educativo – processuale: di presidio del processo formativo e di monitoraggio
dell’apprendimento. • Tecnico – organizzativa: la cura di ogni aspetto operativo e tecnologico che consente la messa
in essere dell’evento formativo. • Normativo – formale: in altre parole, garanzia, esplicitazione e invito al rispetto delle regole.
Una descrizione articolata delle attività di tutorship, dell’intero processo dalla fase iniziale fino alla conclusione, è stata fornita da Gilly Salmon45, che ha classificato così il percorso dell’e-‐learning:
44 Claudia Piccardo, Angelo Benozzo, Tutor all’opera. Ruolo, competenze e percorsi formativi, Guerini e Associati, 2002 45 Gilly Salmon, E-‐tivities, Routledge, 2002
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Le attività (e-‐tivities) individuate da Salmon sono cinque e vengono gestite in modo congiunto
dall’e-‐tutor e dal referente tecnico. Durante le cinque fasi è compito del tutor sostenere e favorire le relazioni tra i partecipanti, per far loro percorrere un processo di apprendimento progressivo, verso la piena realizzazione di una comunità di apprendimento:
1. accesso e motivazione, per il benvenuto e il sostegno della motivazione; 2. socializzazione online su più livelli, per facilitare le comunicazioni tra i partecipanti; 3. scambio di informazioni, per far circolare i materiali disponibili; 4. costruzione della conoscenza, per facilitare i processi di produzione della conoscenza; 5. sviluppo, per sostenere l’implementazione;
Concludiamo con le indicazioni di Trentin46, che elenca le abilità indispensabili per i tutor in azione:
• Ascoltare prima di parlare • Non eccedere nel quoting • Essere brevi • Non far circolare lunghi stralci di documenti • Scusarsi ma con moderazione • Non fare flame/rise • Capire prima di reagire
46 Guglielmo Trentin, Apprendimento in rete e condivisione delle conoscenze, FrancoAngeli, 2004
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• Evitare lo spamming • Non annoiare • Scegliere bene il titolo (oggetto) • Non chiedere “aiuto” inutilmente • Rispettare la privacy • Badare al tono
In conclusione, il ruolo del tutor è complesso e determinante. Ma nei percorsi previsti nei
progetti analizzati non si riscontra una scelta strategica riguardo l’attività di tutoring. In alcuni casi, il docente-‐tutor si è prevalentemente auto formato, in altri ha prevalentemente acquisito le sue competenze seguendo corsi a lui dedicati; non sembra così evidente la presenza di una scelta univoca nella fase di progettazione della tipologia di tutorship da assumere. In particolare, per il Piano ISS, negli Annali della Pubblica Istruzione47 si legge:
“Il modello formativo sotteso alle azioni predisposte dal Piano ISS prevede che i tutor e gli insegnanti dei presìdi che decidono di partecipare al Piano si autoformino, svolgendo attività di ricerca-‐azione in interazione con la comunità e con la guida e il supporto forniti dal Piano. Questa attività attraversa tre fasi, che devono essere adeguatamente documentate per consentire la riflessione e il confronto in itinere con gli altri: progettazione del percorso didattico, sperimentazione in classe e rielaborazione finale”. “I tutor svolgono, all’interno dei presìdi, anche funzioni rivolte ai docenti delle scuole afferenti al presidio in cui operano. Fra queste ci sono le attività di formazione.” Per il Piano [email protected] troviamo una funzione del tutor in parte differente48:
“Il modello PuntoEdu, realizzato dall’INDIRE, permette agli insegnanti di confrontare le loro esperienze concrete in tempo reale sotto la guida di un Tutor e quindi di validare la potenzialità formativa delle attività didattiche proposte nonché l’effettiva acquisizione di competenze da parte degli studenti”. “Nelle varie fasi il Tutor funge da moderatore del gruppo: guida i docenti nella realizzazione delle attività; facilita la soluzione dei problemi incontrati nel gruppo, di natura concettuale, metodologica o tecnica; raccoglie le osservazioni dei docenti e ne compie una sintesi da archiviare; approfondisce, eventualmente, le problematiche emerse. Sarà anche cura del Tutor, alla conclusione dei lavori, raccogliere le problematiche emerse e le eventuali integrazioni didattiche proposte dai corsisti.” Il Piano Poseidon sembra prevedere una particolare figura di e-‐tutor49, definendo il progetto come:
“un ambiente di apprendimento di docenti con funzione tutoriale in ambiente di formazione e-‐learning integrato (d’ora in avanti denominati docenti tutor), che oltre ad essere esperti di contenuti, sono chiamati a
47 Miur, Il Piano ISS, Annali della Pubblica Istruzione, nn. 5-‐6 2009 -‐ 2 2010 48 Miur, Progetto [email protected], documento di base, 4 aprile 2006 49 Miur, Progetto Poseidon, documento di base, 13 aprile 2006
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svolgere funzioni di tutoraggio a tutto campo, per le quali sono necessarie competenze comunicativo-‐relazionali, pedagogiche, tecnologiche e gestionali”. “La gestione dei flussi e delle modalità delle interazioni che si sviluppano nel gruppo di lavoro è compito del docente-‐tutor, figura che deve avere competenze di tipo disciplinare e tecnologico, essere esperto nella gestione del gruppo e capace di mantenere un clima di lavoro favorevole”. 2. Il tutor tra competenze tecnico-‐professionali e trasversali /sociali
Un aspetto rilevante per la qualità del processo di tutoring è quello della distinzione delle competenze che il tutor deve possedere, o per le quali dovrebbe avviare un percorso di formazione. Già nel 2000 Calvani e Rotta, nel loro classico manuale sulla formazione online50, propongono per il le differenti tipologie di tutor compiti e attività e relative competenze chiave, rappresentate nella figura che segue.
Ruolo del tutor Istruttore Facilitatore Moderatore/ animatore
Modello didattico Instructor centered Learner centered Learning team centered
Cosa dovrebbe saper fare il tutor in generale
Saper sviluppare contenuti, saper analizzare risorse e informazioni
Saper sviluppare abilità interpretative e competenze critiche
Saper sviluppare atteggiamenti orientati ad affrontare problemi condividendo con altri esperienze ed opinioni, saper gestire gruppi di lavoro
Tecnologie che il tutor dovrebbe saper utilizzare
Linguaggio HTML, E-‐mail, Audio/video conferenza
Pagine Web, E-‐mail, Mailing list, Forum, Lavagne condivise
Pagine Web, E-‐mail, Mailing list o Forum, Chatting
Per una individuazione più dettagliata delle competenze distintive del tutor, facciamo riferimento in particolare a tre modalità di classificazione, largamente condivise a livello internazionale. La prima classificazione è quella proposta dall’Isfol, che distingue tra:
• competenze di base, ritenute indispensabili per lo svolgimento efficace ed efficiente di una attività lavorativa, sono le seguenti: Lingua inglese, Informatica di base, Organizzazione aziendale, Diritto sindacale e del lavoro, Tecniche di ricerca attiva del lavoro, Economia di base.
50 Antonio Calvani, Mario Rotta, op. cit.
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• competenze tecnico professionali, che variano da un settore lavorativo ad un altro, e vanno mappate e classificate empiricamente con una attenta analisi dei processi lavorativi, del loro svolgimento e della loro innovazione tecnica.
• competenze trasversali, che sono "un insieme di abilità di ampio spessore che sono implicate in numerosi tipi di compiti, dai più elementari ai più complessi, e che si esplicano in situazioni tra loro diverse e quindi ampliamente generalizzabili”, come le abilità di diagnosi, di comunicazione, di decisione, di problem solving, ecc.
La seconda classificazione è l’indicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che individua come rilevanti le life skill, come indicazione di sviluppo per i sistemi educativi e scolastici. Questo concetto mostra molte affinità con le competenze trasversali dell’Isfol: sono infatti life skills l’insieme della abilità personali e individuali che permettono al giovane di affrontare le esigenze della vita quotidiana. Il nucleo fondamentale delle life skills può essere ricondotto a dieci tipologie di competenze:
1. capacità di leggere dentro se stessi (autocoscienza); 2. capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri (gestione delle emozioni); 3. capacità di governare le tensioni (gestione dello stress); 4. capacità di analizzare e valutare le situazioni (senso critico); 5. capacità di prendere decisioni (decision making); 6. capacità di risolvere problemi (problem solving); 7. capacità di affondare in modo flessibile ogni genere di situazione (creatività); 8. capacità di esprimersi (comunicazione efficace); 9. capacità di comprendere gli altri (empatia); 10. capacità di interagire e relazionarsi con gli altri in modo positivo (skills per le relazioni
interpersonali). Infine la terza modalità di classificazione, quella presentata nell’allegato 2 del “Decreto Ministeriale 22 agosto 2007, N. 139, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione”, nel quale vengono declinate le otto competenze di cittadinanza: Utilizzando queste tre classificazioni, è possibile declinare le competenze distintive del tutor in uno schema come quello che segue: Tipologia Competenza Indicatori di comportamento trasversale (ripreso dalla classificazione Isfol e dalla declinazione delle competenze di
1. diagnosticare le caratteristiche dell’ambiente e del compito
2. relazionarsi, mettersi in relazione adeguata con l’ambiente, le persone e le cose di un certo contesto per rispondere alle richieste
1. mostra di conoscere in dettaglio le caratteristiche tecniche e sociali dell’ambiente di apprendimento (in presenza e nella piattaforma online); dimostra conoscenza e consapevolezza dei compiti assegnati al suo ruolo
2. interagisce con i discenti rispondendo in modo tempestivo e con efficacia alle loro richieste; interagisce
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cittadinanza)
3. affrontare, fronteggiare 4. progettare 5. comunicare, comprendere
messaggi di genere diverso e di complessità diversa, trasmessi utilizzando linguaggi diversi mediante diversi supporti
6. rappresentare eventi, fenomeni, principi, concetti, norme, procedure, atteggiamenti, stati d’animo, emozioni, ecc. utilizzando linguaggi diversi e diverse conoscenze disciplinari, mediante diversi supporti
7. collaborare e partecipare 8. agire in modo autonomo e
responsabile 9. risolvere problemi 10. individuare collegamenti e
relazioni 11. acquisire e interpretare
l’informazione 12. capacità di riconoscere le proprie
emozioni e quelle degli altri 13. capacità di governare le tensioni 14. capacità di analizzare e valutare le
situazioni 15. capacità di prendere decisioni 16. capacità di affondare in modo
flessibile ogni genere di situazione 17. capacità di comprendere gli altri
con gli altri ruoli facilitando la comunicazione con i discenti
3. gestisce e trova soluzioni ai problemi tecnici e didattici dei discenti, con tempestività e sicurezza
4. progetta in autonomia le proprie attività, a breve e medio termine
5. utilizza in modo appropriato e selettivo gli strumenti disponibili, adattando i linguaggi ai destinatari della comunicazione
6. elabora sintesi con diverse modalità (report e comunicazioni verbali) delle attività svolte nell’ambiente formativo
7. mostra un atteggiamento e comportamento collaborativo con i diversi ruoli del progetto
8. agisce in autonomia e si assume le responsabilità assegnate al suo ruolo
9. definisce i problemi, sceglie e sperimenta possibili soluzioni risolvendo i problemi con tempestività
10. gestisce in modo efficace la rete delle relazioni tra i diversi ruoli, assumendo la responsabilità della mediazione per favorire la collaborazione e gestire i conflitti
11. raccoglie e diffonde informazioni utili per il progetto formativo (per i discenti e per gli altri ruoli), scegliendo fonti attendibili
12. gestisce le proprie emozioni nella relazione con gli altri ruoli
13. gestisce lo stress lavorativo e cognitivo 14. dimostra senso critico nella gestione delle situazioni 15. sa prendere decisioni in autonomia e con responsabilità 16. sa risolvere i problemi tecnici, didattici e relazionali di cui
è responsabile 17. mostra creatività e non ritualità nell’affrontare situazioni
impreviste e differenti 18. mostra empatia riuscendo a comprende il punto di vista
dei diversi ruoli
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LIVELLO ORGANIZZATIVO
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CAPITOLO VI Diagramma di Gantt e strutturazione in fasi del monitoraggio Ida Cortoni
Miur Multimedia Monitor (M3) è strutturato in 7 fasi, di cui la prima di Project Management relativa al disegno del monitoraggio, nello specifico alla gestione delle varie fasi del processo, con indicazioni sulle risorse disponibili, delle scadenze temporali e le relazioni di propedeuticità fra le diverse attività, i ruoli e le competenze del team di lavoro (Piano di project management). In questa fase di avviamento è stato inoltre predisposto un ambiente di apprendimento virtuale per il gruppo di lavoro con la funzione di comunicazione, scambio dei materiali, condivisione degli strumenti di lavoro, spazi di discussione e confronto sulle diverse attività in itinere, nonché spazi e strumenti per la registrazione, la raccolta e l’archiviazione del materiale relativo al monitoraggio (dispositivi e strumenti del monitoraggio).
La prima fase del monitoraggio (agosto-‐settembre 2011) corrisponde alla ricerca di sfondo (relativa alla qualità promessa rispetto al modello teorico di riferimento) che intende analizzare l’impianto riformistico dei quattro Piani Nazionali, rispetto agli orientamenti normativi europei in termini di sviluppo di competenze di base e trasversali nei suoi attori (docenti o studenti) e di attivazione di strategie didattiche innovative per raggiungere questi obiettivi, nonché strumenti di osservazione, verifica e valutazione dei processi innescati. A riguardo, il processo di analisi è stato indirizzato su diverse tipologie di documenti:
• le normative, i documenti scientifico-‐letterari (articoli di rivista, report, saggi, atti di convegni,
libri) e le ricerche internazionali; • I Piani Nazionali; • I monitoraggi pregressi.
Nel primo caso lo strumento di rilevazione utilizzato è una scheda di analisi dei documenti e
l’output finale è un database online, in grado di raccogliere tutta la documentazione selezionata per renderla disponibile ai fruitori del monitoraggio attraverso filtri di ricerca e tag-‐cloud. Il risultato atteso, in questo caso, riguarda la mappa dei concetti-‐chiave che si pongono alla base della chiarificazione semantica del monitoraggio, utili per definire meglio il modello della qualità. Fra questi concetti-‐chiave è possibile includere l’ipotesi di un modello di competenze attese per i docenti e per i tutor.
Nel secondo e terzo caso, si è partiti dalla descrizione del Piano a partire da una semplice griglia, per poi analizzare il grado di vicinanza delle informazioni progettuali fornite rispetto a un set di indicatori della qualità promessa, concordate nell’ambito del gruppo di lavoro. L’output finale è l’item analysis dei 4 Piani in grado di rilevare gli aspetti progettuali più critici e quelli maggiormente valorizzati, ponendo particolare attenzione al calcolo dell’indice di selettività e di difficoltà.
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Particolarmente rilevanti, a riguardo, sono le informazioni emerse dalle interviste in profondità a testimoni privilegiati, quali i referenti dei 4 Piani e i responsabili ministeriali, e rilevate dalle pubblicazioni collaterali prodotte nel corso del tempo dagli stessi Piani Nazionali.
La seconda fase del monitoraggio (ottobre-‐novembre 2011) corrisponde all’analisi dell’impianto formativo (relativo alla qualità erogata del modello descritto) che indaga le strategie e i metodi formativi dei 4 Piani, messe in atto per consentire lo sviluppo del profilo di competenze attese dei partecipanti dei percorsi formativi. In tal senso, l’analisi sarà orientata prevalentemente in due direzioni: l’articolazione formativa e il piano curriculare e prevedrà l’utilizzo di strumenti quantitativi e qualitatitivi, nonché il coinvolgimento di altri attori, quali l’ANSAS, gli USR e i CTS (Comitati Tecnici Scientifici) per il reperimento delle informazioni. Particolare rilevanza in questo caso sarà attribuita all’analisi del grado di diffusione territoriale, nonché al numero dei soggetti coinvolti nel ruolo di tutor e di docenti-‐corsisti e al tipo e/o al livello di interazione e coinvolgimento degli stessi protagonisti. Altre aree oggetto di indagine riguarderanno, dunque, gli aspetti comunicativi, quello gestionale e temporale, nonché quello economico e amministrativo. L’output finale in questo caso sarà la ricostruzione della mappatura degli attori (istituzioni, tutor, docenti) coinvolti nei 4 Piani Nazionali, evidenziando i profili di competenza in ingresso, la coerenza dell’impianto formativo ai profili di competenza attese in termini di strategie didattiche, di valutazione e di curriculum formativo nonché indicazioni sul modello pedagogico e didattico messo in atto nell’erogazione del corsi. Nello specifico, la qualità erogata focalizza la propria attenzione sui seguenti items:
1. nel caso dei materiali didattici: -‐ la corrispondenza del curriculum con gli obiettivi e con le normative ministeriali vigenti; -‐ l’impatto dei singoli moduli didattici sulla struttura complessa del Piano Nazionale; -‐ il grado di completezza della presentazione dei moduli in termini di codici linguistici (ad es, l’uso
di learning object); -‐ lo stile narrativo (ipertestuale, ipermediale, lineare...) a cui corrisponde un modello pedagogico
sotteso; il riferimento a più fonti informative (bibliografia, sitografia, collegamento ad ulteriori ambienti formativi...);
2. nel caso del percorso formativo: -‐ il bilanciamento fra teoria e pratica (moduli teorici e attività laboratoriale); -‐ la presenza di momenti di progettazione/ condivisione e scambio di esperienze e conoscenze; -‐ la presenza o meno di spazi/momenti di interazione, comunicazione, confronto e scambio; -‐ la presenza di strumenti di interazione e creatività espressiva; -‐ la presenza di strumentazione di lavoro orientativa per il lavoro in classe (storyboard, strumenti
di valutazione dell’apprendimento dei ragazzi...); -‐ la presenza di linee guida per accompagnare i docenti nella sperimentazione; -‐ l’approccio formativo.
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La terza fase (dicembre 2011-‐gennaio 2012) corrisponde alla verifica dell’impatto sui docenti (relativo alla qualità percepita del modello descritto) dei 4 Piani Nazionali e si fonda su due principali azioni: la verifica delle competenze acquisite e l’analisi del livello di gradimento e di soddisfazione del percorso formativo. Gli strumenti utilizzabili concernono dati secondari sul tipo e il profilo di competenze acquisite dai corsisti alla fine del percorso formativo, nonché questionari e focus group con i soggetti direttamente coinvolti nella formazione. Il risultato atteso della fase riguarda la ricostruzione della qualità dell’impianto formativo dei 4 Piani Nazionali attraverso la mediazione dei suoi principali attori, l’analisi dell’interazione. Gli strumenti di analisi saranno costruiti partendo da un modello teorico di partenza e da indicatori della qualità erogata. La rilevazione, in questo caso, sarà effettuata su base campionaria partendo dalla popolazione di riferimento di tutor e di docenti-‐corsisti, ottenuta dalla mediazione dell’ANSAS e dell’USR.
La quarta fase del monitoraggio (febbraio-‐marzo 2012) corrisponde al repository delle esperienze (relativo alla qualità attesa del modello precedentemente descritto) e focalizza la propria attenzione sulla sperimentazione dei Piani a livello territoriale, ovvero alla ricostruzione di una mappatura delle scuole in cui si è verificata la ricaduta della formazione dei 4 Piani attraverso la sua concretizzazione in progetti e interventi mirati a scuola con gli studenti. Anche in questo caso la mediazione dell’ANSAS e dell’USR sarà fondamentale per individuare le scuole a livello regionale. Lo strumento di rilevazione adottato sarà una scheda descrittiva delle esperienze formative e costruita a partire da alcuni indicatori di qualità attesa, definiti dal gruppo di lavoro. Il risultato atteso e l’output finale è un database tridimensionale critico sulle esperienze formative dislocate a livello territoriale. La rilevazione delle esperienze sarà effettuata su segnalazione dei tutor coinvolti.
La quinta fase del monitoraggio (dicembre 2011-‐gennaio 2012) corrisponde alla verifica dell’impatto formativo sugli studenti (relativo alla qualità percepita del modello precedentemente presentato) e intende indagare la qualità del modello formativo partendo dalla percezione dei suoi attori in termini di innovazione didattica e metodi strategici formativi (livello di gradimento e soddisfazione del corso). Altro aspetto da indagare sarà il grado di competenze acquisito dai ragazzi dopo il percorso formativo, attraverso l’analisi delle prove di apprendimento INVALSI oppure attraverso prove di verifica realizzate ad hoc a riguardo. L’output finale di questa fase è la ricostruzione del profilo di competenze di base e trasversali degli studenti da cui evincere l’efficacia del processo formativo dei Piani Nazionali. La rilevazione sarà effettuata su base campionaria, la cui scelta delle classi e, quindi, degli studenti sarà orientata dalla avvenuta sperimentazione territoriale a livello nazionale, su segnalazione delle scuole attraverso la mediazione degli USR e attraverso la mediazione dell’INVALSI.
La sesta ed ultima fase del monitoraggio (febbraio–marzo 2012) corrisponde con il collaudo della formazione (relativa alla qualità attesa del modello descritto), ovvero con l’intervento correttivo dei Piani Nazionali a partire dalle osservazioni emerse nelle fasi precedenza. Dall’elaborazione e analisi dei risultati emersi nelle fasi precedenti è possibile rilevare la positività, l’efficacia dei metodi, delle strategie formative e dei piani curriculari emerse attraverso i Piani nel corso degli anni, sia in fase di formazione che di sperimentazione territoriale. L’output finale è un set di strumenti operativi e guide per attivare la formazione relativamente ai 4 Piani Nazionali.
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1. Proposta di un Sistema di auto-‐valutazione di M3 -‐ MIUR MULTIMEDIA MONITOR51
Nell’ambito del progetto M3 MIUR MULTIMEDIA MONITOR è stato attivato un sistema di auto-‐valutazione con l’obiettivo di certificare i processi e le attività realizzate nell’ambito del gruppo di lavoro. Partendo dall’assunto che non ci sono dei canoni prestabiliti ma diversi modi per “misurare” la qualità all’interno di un gruppo di lavoro e avere di conseguenza un’idea oggettiva relativamente al suo andamento, si è pensato di attivare un sistema di auto-‐valutazione attraverso una raccolta puntuale e costante dei principali indicatori. Tra le prospettive e modalità possibili di auto-‐valutazione, la “descrizione e analisi dei processi” messi in atto dal gruppo di lavoro per raggiungere gli obiettivi del progetto sembra quello più adatta alle finalità di M3. L’approccio per processi, oltre ad avere uno statuto scientifico ormai consolidato nella letteratura delle scienze organizzative, è anche il principio guida della famiglia di norme ISO 9000 sui
51 Il paragrafo è stato scritto da Anna Totaro, Dottore di ricerca presso il Dipartimento di Comunicazione e ricerca Sociale della Sapienza di Roma.
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Sistemi Gestione Qualità. L'approccio per processi alla gestione per la qualità consiste nella capacità di gestire le attività di una determinata organizzazione attraverso l'identificazione e il controllo dei relativi processi e interazioni in modo sistematico ed organico. L’approccio per processi permette, quindi, di andare oltre i criteri di efficacia ed efficienza, superando la visione del processo come mera attività orientata al soddisfacimento del bisogno dell’utente. Partendo da questi assunti, si è pensato di affiancare al sistema di monitoraggio e valorizzazione dei Piani Nazionali sull’innovazione didattica un impianto di auto-‐valutazione dei processi, attività, metodi e risultati prodotti dal gruppo di ricerca, al fine di individuare punti di forza e aree di criticità su cui intervenire, in un’ottica di miglioramento continuo. Il sistema di autovalutazione è articolato nelle seguenti attività. Prima Attività: costruzione della mappa dei processi attivati nell’ambito del progetto M3 Individuazione e rappresentazione dei principali processi. Partendo da: obiettivi, strategie, metodologia si individueranno:
• Processi Primari: sono i processi principali, quelli che producono il risultato (output); nel nostro caso sono le fasi della ricerca (esempio Fase 1. Qualità promessa con relative attività e output)
• Processi di Supporto: sono invece quei processi che permettono la realizzazione dei processi primari (processi di coordinamento: gestione delle risorse umane; programmazione, gestione finanziaria)
• Processi di Pianificazione e controllo: sono trasversali ai processi primari e di supporto e ne controllano l’esecuzione (quelli messi in atto dall’auto-‐valutazione)
Strumento: scheda mappa dei processi Seconda attività: descrizione generale del singolo processo Si descriverà ogni singolo processo in termini di:
-‐ Informazioni generali -‐ Attività -‐ Input e Output -‐ Risultati attesi
Strumento: Scheda Processo Terza attività: individuazione degli indicatori misurabili di qualità Si identificheranno gli indicatori di qualità per il singolo processo. Strumento: Griglia di valutazione dei processi
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Quarta attività: descrizione del processo in termini di attività e responsabilità Per ragionare in termini di processi è indispensabile identificare tutte le attività che lo compongono e chi è responsabile di cosa. Pertanto, si procederà a:
-‐ scomporre il processo nelle sue attività componenti -‐ identificare le funzioni, esterne e interne, comunque coinvolte nel processo -‐ indicare per ogni funzione a quale titolo è coinvolta nel processo (ogni figura può essere per
ciascun processo responsabile, coinvolta e informata. Strumento: Matrice Attività/Funzioni 2. Risorse professioanli
Per lo svolgimento del monitoraggio, gli attori istituzionali coinvolti sono i CTS e i referenti dei 4 Piani Nazionali, nonché gli USR, l’ANSAS e l’INVALSI, oltre al MIUR e al Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma. Fra le competenze coinvolte nel team di progettazione sono presenti ricercatori, consulenti e professionisti esperti in diversi ambiti:
• quello della didattica, della progettazione e della valutazione nel campo formativo; • quello metodologico; • quello informatico multimediale; • quello sociologico e media educativo.
Team di ricerca
Direzione Scientifica Mario Morcellini
Referente Universitario per il MIUR
Nicola Vittorio
Comitato Scientifico Angela Cattaneo, Luciano Chiappetta, Antonietta Censi, Paolo De Nardis, Giovambattista Fatelli, Paolo Montesperelli
Coordinamento Scientifico Ida Cortoni, Maurizio Piscitelli
Team di coordinamento Daniela Cinque, Patrizia Cinti, Pierpaolo De Luca, Maria Paola Faggiano, Simone Mulargia, Paola Panarese, Stefano Penge, Bruno Ronsivalle, Elena Valentini
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Referenti trasversali per il Miur Maurizio Piscitelli, Giovanni Margiotta
Referenti per il MIUR dei Piani Nazionali
-‐ Logos Francesco Butturini
-‐ Poseidon Silvana Marra
-‐ Mat@bel Amelia Di Marco
-‐ ISS Filomena Rocca
Referenti per il MIUR -‐ ANSAS
-‐ Logos Elena Mosa
-‐ Poseidon Loredana Camizzi
-‐ Mat@bel Massimiliano Naldini
-‐ ISS Serena Goracci
Referente trasversale per il MIUR -‐INVALSI
Daniele Vidoni
Team di Ricerca Arianna Accardo, Raffaele Ardivelo, Amleto Ciafrey, Valeria Covato, Francesca D’Alisa, Giovanna D’Alisa, Claudia D’Antoni, Stefania Di Mario, Emanuela Fanelli, Alessia Mandato, Antonella Marra, Ettore Maurantonio, Donatella Poliandri, Salvatore Satta, Laura Serranti, Paolo Tommasini, Anna Totaro, Anna Zanconato.
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CAPITOLO VII M3: la piattaforma di gestione Pierpaolo De Luca52
Il sistema di monitoraggio M3 – Miur Multimedia Monitor, si avvale di un ambiente online che svolge un duplice ruolo:
3. la facilitazione della gestione delle attività in termini di coordinamento di processi,
archiviazione dei materiali progressivamente prodotti e comunicazione fra i diversi membri del gruppo di lavoro. In tal senso, la piattaforma facilita lo sviluppo delle varie fasi di ricerca svolte anche per i singoli quattro Piani Nazionali.
3. La piattaforma rappresenta uno strumento di valorizzazione e visualizzazione dell’attività del monitoraggio: nel sito di M3 sono presenti le informazioni generali del progetto: obiettivi, cronogramma, team di ricerca, descrizione dell’articolazione delle molteplici fasi di ricerca. In essa sono descritti i risultati progressivamente emergenti dalle singole attività, le informazioni sugli attori coinvolti, in particolare le reti di scuole coinvolte, l’insieme delle attività svolte, tutti i prodotti audiovisivi e multimediali che fanno parte dei risultati attesi del presente progetto.
La struttura della piattaforma riflette il modello basato sulle 4 declinazioni della qualità:
promessa, erogata, percepita e attesa ,organizzate in un sistema a matrice in cui le colonne sono rappresentate dai nostri case studies: i 4 Piani Nazionali (Logos, [email protected], ISS, Poseidon), analizzati singolarmente e in modo complessivo. In riga si collocano i quattro tipi di Qualità, su cui si struttura il modello di monitoraggio proposto da M3. Ogni cella della matrice è frutto dell’intersezione fra le 4 Qualità e i 4 Piani Nazionali e al cui interno sono descritte tutte le attività e i risultati emergenti corrispondenti, nonché gli output. In tal modo, il sito diventa uno strumento interattivo di consultazione della metodologia del monitoraggio (attraverso l’analisi degli strumenti e delle tecniche di rilevazione), gli indicatori di riferimento utilizzati in relazione agli obiettivi del monitoraggio e ai risultati progressivamente emergenti. Al fine di descrivere la piattaforma, è possibile partire dalla prospettiva della tipologia di utente e dalle sue esigenze di fruizione. Così per gli utenti non registrati, gli obiettivi della piattaforma sono:
52 Direttore della Promedia2000, produttore, autore e regista di documentari per la Rai, TV2000; project manager per la didattica in e-‐learning. Docente a contratto presso di Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale della sapienza di Roma.
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• Illustrare lo spirito, le finalità e gli obiettivi del monitoraggio secondo il mandato ricevuto dal Ministero dell’Istruzione Università Ricerca, Ufficio VI della Direzione Generale per personale scolastico.
• Informare tempestivamente delle attività in corso d’opera attraverso un sistema di news e tramite l’aggiornamento delle mappe interattive relative alle varie fasi di lavoro.
• Pubblicare il materiale multimediale – testi, audio, video, immagini – in appositi spazi dedicati, nonché i risultati progressivamente emergenti.
• Permettere di seguire in diretta streaming gli eventi, i seminari e gli incontri previsti dal programma di attività del monitoraggio.
Per gli utenti registrati (prevalentemente costituiti dal gruppo di lavoro, dai referenti dei Piani Nazionali e dal MIUR…) gli obiettivi sono:
• Agevolare lo scambio di file e documenti fra i componenti del team di lavoro. • Comunicare attraverso servizi di virtual meeting, grazie al quale sono gestiti i meeting intermedi
di aggiornamento del lavoro svolto • Tracciare lo svolgimento delle attività e mantenere testimonianza del lavoro, non solo
attraverso il deposito dei materiali, ma anche l’assiduità e l’intensità partecipativa nelle diverse fasi, nei forum, nei virtual meeting, nelle diverse sezioni della piattaforma
• Disporre di uno spazio per archiviare, catalogare e depositare materiale multimediale. Si tratta di un repository distinto per tipologia di qualità, fase di lavoro e tipo di attività realizzata, per ognuna delle quali sono depositati i materiali grezzi, i format relativi agli strumenti di rilevazione e gli output previsti nelle singole fasi e consultabili anche dall’utente esterno: database online, report, spot e video interviste, visualizzazioni tridimensionali, pubblicazioni, tutorial interattivi.
• Riflettere e confrontarsi su specifici aspetti del monitoraggio, utilizzando strumenti di scambio e comunicazione online (forum). Nello specifico, quest’ultimo, diviso per aree corrispettive alle 4 qualità del monitoraggio, è utilizzato come strumento per depositare gli strumenti di lavoro e i risultati o le elaborazioni in progress del monitoraggio.
• Mantenersi aggiornati sulle scadenze e gli appuntamenti previsti dal piano operativo M3 attraverso il calendario degli appuntamenti di ricerca del monitoraggio.
1. ACCESSO ALLA PIATTAFORMA M3 L’accesso alla piattaforma è disponibile attraverso una homepage pubblica all’indirizzo www.miur-‐m3.it .
a. Descrizione Homepage
La homepage ha l’obiettivo di fornire un unico punto di accesso per gli utenti registrati e non registrati.
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Sotto il logo M3, è situata una barra di comandi che permette di accedere ad alcune informazioni:
– Team di ricerca, che include tutti i partecipanti alle attività di monitoraggio, il comitato scientifico, i referenti per i quattro Piani Nazionali, ANSAS, INVALSI.
– News, in cui sono archiviate le notizie che via via sono state pubblicate nel corso della ricerca. – Glossario. Attraverso definizioni univoche, si è ritenuto specificare il significato di alcuni termini
che si pongono alla base dell’attività del monitoraggio, anche molto usati ma suscettibili di diverse interpretazioni.
– Database bibliografico online, costruito nell’ambito della qualità promessa ma trasversale a tutte le fasi del monitoraggio. Il database ripropone il background scientifico e normativo su cui è stato costruito il modello di monitoraggio e sono state strutturate le singole attività.
– Sulla stessa barra sono inoltre presenti il login, per l’accesso all’area riservata al gruppo di ricerca, e un motore di ricerca interno per individuare i documenti e le pagine tramite parole chiave.
1.2 Le quattro mappe della qualità Al centro della homepage è presente la matrice interattiva della qualità con varie schermate scorrevoli: la prima rimanda agli eventi più importanti o più attuali, come convegni, seminari, interviste attività recentemente concluse, presentazione di report, e cosi via. Le schermate successive riguardano la rappresentazione in mappe delle molteplici attività di monitoraggio -‐ per i 4 Piani Nazionali e complessive – secondo le fasi di lavoro e le quattro declinazioni della qualità. Le mappe indicano anche gli output previsti per ciascuna fase. Le attività associate ad un output, collocate all’interno di una mappa, diventano link via via interattivi appena concluse.
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Lo schema della qualità promessa
Il monitoraggio sulla qualità promessa coincide con la “fase1: ricerca di sfondo” e prevede
attività trasversali e attività specifiche per ciascun Piano. Le attività trasversali sono: ricognizione normativa, analisi della letteratura scientifica, analisi delle ricerche internazionali. Le attività specifiche per ciascun Piano sono: analisi dei monitoraggi pregressi, analisi dei piani nazionali e interviste in profondità. Un’area dedicata agli output raccoglie tutta la documentazione multimediale prodotta nella fase 1.
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Lo schema della qualità erogata
Il monitoraggio sulla qualità erogata coincide con la “fase 2: analisi dell’impianto formativo” e
prevede tre attività principali e specifiche per ciascun piano: analisi del percorso, analisi dei materiali didattici ed elaborazione proposta metodo di strutturazione dei percorsi formativi e materiali didattici. Anche per questa fase è presente un’area dedicata agli output con link alla documentazione multimediale prodotta nella fase 2.
La qualità percepita si sviluppa invece in due fasi cronologicamente non consecutive e riguardano la verifica dell’impatto di ciascun Piano sui suoi attori. L’impatto sui docenti (fase 3) si monitora attraverso un’indagine quantitativa e qualitativa al fine di rilevare le competenze metodologico didattiche e il livello di gradimento e soddisfazione.
Per la verifica dell’impatto sugli studenti (fase 5), invece, si prendono in considerazione i risultati delle prove INVALSI, nonché il livello di soddisfazione e gradimento degli stessi rispetto al processo formativo vissuto.
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Lo schema della qualità percepita
La qualità attesa è l’ultima delle quattro definizioni di qualità monitorate e si sviluppa in due
fasi ben distinte (fase 4 e 6), di cui una (fase 4) si incrocia temporalmente con l’analisi della qualità percepita (fase 5). La fase 4 consiste nella realizzazione di un “repository” delle pratiche particolarmente significative per i 4 Piani Nazionale, i cui dati complessi possono essere letti, filtrati e visualizzati attraverso ausili grafici tridimensionali.
La fase 6 è il collaudo delle esperienze e conclude le attività del monitoraggio M3. Si tratta di una fase di autovalutazione, in cui si offrono strumenti di lavoro, kit di ricerca e di valorizzazione delle esperienze formative, affinché possano essere esportabili e utilizzabili anche in altri contesti scolastici e formativi
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Lo schema della qualità attesa
2. Lo spot di presentazione
Nella parte inferiore della homepage è presente una breve descrizione del monitoraggio M3, con
un link a una descrizione più approfondita del progetto. Accanto al testo di sintesi è presente una finestra in cui è possibile avviare uno spot video. E’ realizzato utilizzando la tecnica detta Kinetic Typography, il nome specifico che si riferisce ai video in cui il testo animato è il soggetto protagonista, scandito ritmicamente da musiche e da voci fuori campo. Il testo dello spot, della durata di 30 secondi fornisce le informazioni sintetiche ed essenziali riguardanti il progetto M3:
“Miur Multimedia Monitor è il primo monitoraggio nazionale sulla qualità formativa di quattro piani nazionali: Logos Mat@bel, Poseidon e ISS. Promosso dal Ministero dell’Istruzione e il Dipartimento di comunicazione e ricerca sociale della Sapienza, Miur Multimedia Monitor intende indagare l’impianto riformistico, promuovere la valorizzazione e l’innovazione della formazione, e approfondire le competenze dei suoi atori, fra promesse, attese, percezioni e percorsi didattici erogati.”
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3. I video di approfondimento
Nella parte inferiore a destra della homepage sono presenti alcuni video che approfondiscono alcuni temi riguardanti lo spirito, le motivazioni e gli obiettivi del monitoraggio. In particolare sono presenti tre interviste istituzionali ai sostenitori giuridici e scientifici del progetto e alcuni video di approfondimenti tematici composti da interviste ai protagonisti e ai referenti dei 4 Piani Nazionali: Interviste Istituzionali – La vision del monitoraggio (intervista a Mario Morcellini) – Il significato del concetto di innovazione dei processi formativi (intervista a Luciano Chiappetta) – I quattro piani nazionali (intervista a Maurizio Piscitelli)
Approfondimenti tematici o La questione delle competenze o L’origine dei piani o L’innovazione didattica dei piani nazionali o Il disegno riformistico dei piani nazionali o La qualità formativa o Il valore del monitoraggio o I passi futuri
2. L’ACCESSO PER GLI UTENTI REGISTRATI 2.1 Livelli di accesso Vi sono 4 livelli di accesso alla piattaforma MIUR-‐M3, ciascuno con specifici permessi.
• Utenti non registrati: possono accedere a tutte le pagine “aperte” della piattaforma relative al sito. Possono assistere agli eventi on-‐line tramite web-‐streaming e comunicare con il team di lavoro M3 tramite e-‐mail.
• Utenti registered: possono entrare nell’area riservata e leggere o scaricare tutti i documenti presenti nella piattaforma, possono partecipare al forum ma non possono caricare materiale di nessun genere e non possono modificare i testi. Per alcune specifiche attività, come l’inserimento di dati in database, l’amministratore potrà fornire accessi ad aree limitate e circoscritte. Rientrano in questa tipologia i referenti Miur, i referenti dei quattro Piani Nazionali, ANSAS, INVALSI e il team di ricerca.
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• Utenti publisher: possono entrare nell’area riservata e caricare e scaricare documenti e materiale in genere da tutte le aree della piattaforma predisposte e aperte agli utenti (ad esclusione delle aree gestite dall’amministratore). Ogni materiale caricato è registrato con il nome del file, la data di inserimento, l’utente registrato. Gli utenti publisher sono il direttore scientifico e il team di coordinamento.
• L’amministratore: può accedere a tutti livelli della piattaforma, registrare nuovi utenti o cancellare quelli esistenti, assegnare password, creare nuovi spazi di condivisione, intervenire sulla progettazione del database e inserire nuovi tools di lavoro.
Il kit degli strumenti a disposizione trasversalmente per il team di ricerca di M3 in senso lato è costituito da due principali strumenti trasversali, quali il profilo e il calendario, che appaiono nella colonna centrale a seguito dell’accesso in piattaforma, e un “menu interattivo” sulla colonna di sinistra che accompagna in modo permanente l’utente durante tutta la sua navigazione all’interno della piattaforma. Questo secondo strumento è come se fosse una “bussola di navigazione” per il ricercatore, in cui compaiono i link alle seguenti aree: glossario, organizzazione, tutte le 6 fasi del monitoraggio e i forum. L’accesso ad ogni area del menu determina l’accesso ad un sotto-‐menu in cui sono elencate tutte le attività e i prodotti dell’area considerata. Tutto quello che viene prodotto nel monitoraggio (strumenti di lavoro, prodotti, documenti, etc.) è depositato in questi spazi e ordinato nelle singole fasi o nell’area trasversale organizzazione/glossario, a seconda della natura dei documenti e della loro afferenza alle diverse fasi della ricerca. 2.2 Il profilo
Gli utenti sono stati registrati dall’amministratore della piattaforma, il quale ha comunicato un nome utente e una password provvisoria a ciascun membro del team di lavoro. Lo strumento Profilo permette di personalizzare il proprio account, con il nome, l’e-‐mail, la propria password di accesso ed eventuali specifiche aggiuntive, come la lingua del sito o il fuso orario, che non sono utilizzate dagli utenti della piattaforma, vista la dimensione nazionale del progetto. 2.3 Il calendario
Lo strumento calendario mostra la lista degli eventi e degli appuntamenti previsti dal piano di lavoro del team: le scadenze di consegna di documenti, le riunioni operative, gli appuntamenti e i termini di scadenza di ciascuna fase. La visualizzazione è mensile e costituisce la homepage per chi effettua il login, per agevolare gli utenti nel ricordo degli appuntamenti. Tutti gli utenti registrati possono schedulare gli appuntamenti in base agli incarichi che sono stati loro assegnati. 2.4 Organizzazione
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In Organizzazione sono depositati tutti i documenti, prodotti dagli utenti registrati, che non riguardano le singole fasi del progetto, bensì le attività trasversali, quelle organizzative e i verbali delle riunioni di lavoro. In ogni riunione viene incaricato un verbalizzante che registri tutte le decisioni prese e le attività svolte o da svolgere, le scadenze e il programma per i giorni successivi. Nello spazio Organizzazione sono presenti anche gli ordini del giorno delle riunioni organizzative. Come per gli altri documenti caricati in piattaforma, per questi sono indicati la data di uploading, l’autore e il numero di visite da parte degli altri utenti. 2.5 Glossario
In Glossario sono inserite le definizioni di alcuni termini complessi ma fondamentali, il cui significato potrebbe essere interpretato, seppur legittimamente, in maniera non univoca. Il glossario si arricchisce di nuovi termini via via che il monitoraggio si svolge nelle sue 6 fasi principali. Questo strumento viene gestito dal gruppo di ricerca ma i suoi risultati sono progressivamente agli utenti esterni dal sito del monitoraggio. 2.6 Fasi 1-‐6
È la parte più corposa e ricca di materiale testuale e multimediale: ognuna delle 6 fasi di lavoro, cui corrispondono le 4 definizioni di qualità, come illustrato precedentemente, ha riservata una specifica sezione della piattaforma. Ognuna contiene gli strumenti necessari per l’inserimento e la condivisione dei materiali. A seconda delle attività previste per ciascuna fase sono presenti apposite sezioni, tra le quali, la possibilità di caricare articoli (registrati secondo il titolo, l’autore, la data e il numero di visite), compilare questionari, visualizzare e caricare capitoli del report, inserire nuovi record nei database appositamente predisposti, modificare record inseriti, selezionare i documenti di interesse tramite filtri specifici (anno, tipologia, autore, fonte, contesto, o anche per parola presente nell’abstract). 2.7 Forum
È la sezione della piattaforma dedicata alla discussione del monitoraggio fra gli utenti registrati. È utilizzata come prosecuzione in modalità asincrona delle riunioni di lavoro. Ogni utente registrato può inserire una nuova discussione, o topic, o intervenire in una già esistente. Un forum è dedicato a ciascuna delle fasi del monitoraggio. Un forum è riservato ai topic relativi all’organizzazione. Nelle fasi successive sarà aperto il forum per gli utenti registrati di II livello, che non fanno parte del team di lavoro, ma parteciperanno alle specifiche attività di monitoraggio. Gli interventi presenti nei vari forum rimangono in piattaforma come materiale di archivio anche dopo la conclusione del monitoraggio M3.
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3. L’INFRASTRUTTURA
I servizi offerti tramite la piattaforma M3 sono resi disponibili grazie all’uso di alcuni software proprietari e anche grazie alla personalizzazione di Content Management System (CMS) preesistenti. Joomla! nella versione 1.5 permette l’organizzazione e la creazione di contenuti online in modo efficiente e modulare. Attraverso le “extension”, moduli applicativi specifici, l’ambiente M3 si arricchisce di funzioni utili allo svolgimento delle fasi di lavoro. Joomla! opera in un ambiente che prevede Linux come sistema operativo, un web server Apache e un database management system MySQL. La piattaforma MIUR-‐M3 è depositata su un server Linux dedicato. I requisiti per visualizzare correttamente la piattaforma sono minimi: un PC con sistema operativo a scelta fra Microsoft Windows Xp, Vista, 7, Mac OS 10.4 o superiore, oppure un Tablet Pc con sistema operativo Android 2.2 o superiore. Si può utilizzare un browser qualunque fra quelli più diffusi (IE, Firefox, Chrome, Safari, Opera, ecc.) purché aggiornato e dotato di Adobe Flash Player. Per visualizzare i documenti saranno necessari i relativi software compatibili (es. Acrobat Reader, o Microsoft Office, ecc.) Per le specifiche applicazioni presenti in piattaforma sono stati utilizzati sia moduli (extension) che operano nell’ambiente Joomla! -‐ come K2, Akeeba backup, Flexi e JCEn -‐ sia strumenti esterni. Per le applicazioni di webstreaming sono stai utilizzati strumenti esterni all’ambiente Joomla!, come ad esempio il servizio make.tv (www.make.tv), che permette di trasmettere in diretta streaming, eventi, manifestazioni, conferenze e multivideoconferenze. Oltre ai servizi appena citati su make.tv sono presenti anche canali televisivi on-‐line. Per il convegno “La scuola che cambia”, svoltosi il 15 novembre a Roma, presso il Centro Congressi della “Sapienza” Università di Roma, in Via Salaria 113, è stato allestito un servizio di webstreaming che ha trasmesso l’intera conferenza per un totale di 46 visitatori, 11 punti di accesso in tutta Italia, 263 minuti di trasmissione. La conferenza è stata registrata dal sistema ed è tuttora disponibile in piattaforma miur-‐m3 e sul canale make.tv/miur
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LA QUALITÀ PROMESSA
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CAPITOLO VIII INTRODUZIONE CONCETTUALE Ida Cortoni La qualità promessa ha rappresentato la prima fase operativa di Miur Multimedia Monitor tesa a: 1. individuare la mappa delle parole-‐chiave alla base dei 4 Piani Nazionali, attraverso l’excursus bibliografico, 2. ricostruire la cornice normativa (anche internazionale) al fine di ripristinare la connessione delle pratiche educative e valutative e della certificazione della qualità dei processi formativi, innescati a livello nazionale, con i parametri internazionali, 3. analizzare le ricerche internazionali realizzate su argomenti affini, al fine di ricostruire lo stato dell’arte sulla qualità e sulla competenza, nelle sue diverse definizioni, ed esplorare metodi, modelli di inquadramento teorico e di intervento operativo, valorizzando le best practices. La ricostruzione scientifica e normativa del contesto di riferimento dei 4 Piani Nazionali è stata funzionale per stabilizzare il modello di monitoraggio proposto dal team di ricerca e per individuare il grado di corrispondenza degli stessi Piani con standard e criteri di orientamento internazionale. Lo stesso quadro normativo è risultato indispensabile per definire e costruire gli strumenti di rilevazione e per individuare gli indicatori delle diverse fasi del monitoraggio. A partire dall’inquadramento concettuale, la qualità promessa ha tentato di comprendere la natura dei 4 Piani Nazionali, la loro mission educativa, la loro rilevanza normativa, nonché l’innovazione didattica nelle strategie e negli strumenti educativi proposti. A riguardo, l’intervento si è articolato in due fasi: la prima, meramente descrittiva, si è occupata della riconfigurazione dei 4 Piani all’interno di una scheda descrittiva proposta e compilata dal team di ricerca. Il materiale di consultazione ha riguardato la documentazione progettuale dei 4 Piani Nazionali, depositata al MIUR, al fine di comprendere se le promesse dei progetti fossero contenute già nei primissimi documenti o se avessero subito qualche trasformazione in itinere, a partire dalle interazioni e dalle dinamiche organizzative e gestionali dei suoi attori nel corso del tempo. La prima scheda descrittiva, dunque, è stata integrata con le osservazioni e le integrazioni dei referenti nazionali dei 4 Piani al fine di completare il quadro informativo degli stessi. La scheda descrittiva è stata progettata tenendo conto di una serie di indicatori standard, che rispecchiano i criteri standard della progettazione formativa, al fine di comprendere il grado di articolazione e completezza degli stessi 4 Piani (cfr. capitolo X). Ogni indicatore è stato inserito in una macro area semantica più ampia, a cui è stato attribuito un peso semantico dal gruppo di ricerca, il cui valore è stato proporzionale al peso e al numero dei suoi singoli items nel determinare la completezza dell’articolazione del processo descritto all’interno di ogni area (cfr. capitolo XI). Nell’ambito della qualità promessa, dunque, abbiamo ottenuto diversi output:
• La ricostruzione del quadro scientifico e normativo di riferimento del monitoraggio, organizzato all’interno di un database on line sul sito di M3 e consultabile attraverso una tag cloud per parole-‐chiave oppure attraverso i filtri del motore di ricerca (cfr. capitolo IX)
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• 2 schede descrittive dei 4 Piani, la prima ottenuta attraverso l’analisi dei documenti di progetto ufficialmente depositati al MIUR, e la seconda costruita grazie alla mediazione dei suoi referenti nazionali (capitolo X).
• 2 analisi valutative corrispondenti alle due schede descrittive, le quali hanno rilevato l’indice di difficoltà e di selettività dei 4 Piani, ovvero gli items della progettazione particolarmente enfatizzati nei 4 Piani, tanto da determinarne la loro distintività e identità, e quegli items meno sviluppati o approfonditi, tanto da esigere ulteriore cura da parte del gruppo di ricerca in fase di progettazione (cfr. capitolo XI).
• L’analisi dei monitoraggi pregressi dei 4 Piani partendo dai materiali forniti dai referenti dei 4 Piani Nazionali attraverso lo stesso iter metodologico utilizzato nella descrizione dei 4 Piani: la descrizione dei monitoraggi partendo da una semplice scheda (cfr. capitolo XIII), e l’analisi valutativa dei risultati emersi attraverso la loro comparabilità con una struttura idealtipica, che prevedesse indicatori di riferimento (capitoli XIV e XV).
• Le interviste in profondità della qualità promessa rappresentano l’ultimo output della qualità promessa e restituiscono la storia, le radici, le sfumature e il vissuto dei 4 Piani non descrivibili e rilevabili attraverso la progettazione su carta (cfr. capitolo XVI).
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CAPITOLO IX Analisi multilivello della letteratura scientifica, delle normative e degli studi a carattere empirico Maria Paola Faggiano53
1. Il censimento effettuato: obiettivi e aspettative
Il Progetto di monitoraggio e valorizzazione dei quattro Piani Nazionali sull’innovazione didattica ha previsto, come noto, una fase preliminare54 articolata e complessa destinata alla ricerca di sfondo. Rientra in quest’ultima un censimento di documenti e testi, calibrato sui concetti-‐chiave e sugli obiettivi dell’indagine, finalizzato all’allestimento di un background teorico di riferimento, utile sia al gruppo di ricerca, sia agli utenti della strumentazione complessiva e dei risultati del presente studio (cfr. destinazione d’uso della piattaforma virtuale). Pertanto, sulla base dei temi più strettamente connessi – per così dire, l’“ossatura concettuale” – con il progetto di indagine (tra cui competenze, valutazione, qualità e innovazione formativa) e della loro articolazione in un più ampio sistema di key-‐words, è stata realizzata un’ampia ricognizione di documenti normativi (nazionali e internazionali), di testi scientifici e di studi empirici (realizzati a livello nazionale e internazionale).
I contributi selezionati ed analizzati55 sono complessivamente recenti ed in alcuni casi riferiti all’anno in corso (si forniranno maggiori dettagli nei paragrafi successivi); si tratta più specificamente di:
• 16 testi scientifici; • 24 studi empirici; • 16 documenti normativi.
Attraverso lo studio attento e mirato dei testi selezionati, condotto seguendo costantemente un
approccio comparativo-‐trasversale, si sono poste le basi per il raggiungimento (in questa e nelle fasi successive dell’indagine) di numerosi importanti obiettivi:
1. approfondire concettualmente i temi-‐chiave -‐ utilizzati a monte per compiere il lavoro di
censimento dei testi -‐ e avviarne il processo di operativizzazione, ponendosi in un’ottica di ricostruzione dei significati/chiarificazione semantica;
53 Dottore di ricerca in Metodologia delle scienze sociali, Responsabile tecnico-‐scientifico del Laboratorio CorisLab presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale della Sapienza di Roma. 54 Svoltasi in concomitanza con la creazione di una piattaforma virtuale finalizzata alla raccolta in forma sistematica dei risultati dell’indagine, degli strumenti di ricerca adottati, di database (rispetto a testi bibliografici e norme, è stato predisposto un database con un motore di ricerca interno per key-‐words), ecc. 55 Cfr. portale (griglie) per i riferimenti bibliografici puntuali.
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2. ottenere un aggancio fruttuoso tra piattaforma concettuale e piano empirico (individuazione di indicatori e loro validazione; progettazione di strumenti per valutare e misurare);
3. individuare nuove dimensioni concettuali associate con gli obiettivi dell’indagine; 4. redigere una mappa concettuale solida, entro la quale collocare in connessione l’Italia e gli altri
Paesi europei; 5. individuare e vagliare le strategie e gli strumenti di ricerca più comunemente utilizzati nel
macrocosmo della formazione scolastica (in Italia e in Europa); 6. valorizzare le risorse già impiegate, immaginare correttivi laddove ve ne sia la necessità,
avanzare proposte ai diversi livelli. 2. La metodologia di rilevazione e sistematizzazione del materiale raccolto
Una volta ultimato il censimento dei documenti – normativi, scientifici e di ricerca -‐, il materiale raccolto è stato sottoposto ad analisi del contenuto condotta come inchiesta (Losito, 1996). L’utilizzo di uno strumento di rilevazione tendenzialmente standardizzato 56 ha consentito di confrontare agevolmente i testi (la comparazione è avvenuta sia all’interno della singola sezione – ad es. tra “documenti normativi” –, sia tra unità testuali di sezioni differenti), di individuare le loro caratteristiche strutturali salienti e i nodi sostantivi più interessanti ai fini dell’indagine, di ottenere spunti di riflessione utili per approfondimenti nelle fasi più avanzate della ricerca.
Sul piano delle caratteristiche strutturali del singolo documento figurano i seguenti indicatori-‐variabili:
• Tipo di testo (testo normativo, monografia/curatela, articolo, saggio in un volume, report di
ricerca, ecc.); • Titolo e sottotitolo; • Autore/fonte; • Ambito della pubblicazione (casa editrice, città, istituzione, ecc.); • Anno di riferimento; • Rilevanza del documento/diffusione (nazionale/internazionale).
Le schede predisposte sono state utilizzate anche al fine di rilevare le principali key-‐words (per
un massimo di 5 parole o espressioni-‐chiave) presenti nei testi in analisi57, in considerazione della significatività di tale elemento nell’economia di un qualunque testo scritto chiaramente tematizzato. Rispetto a ciascuna key-‐word, i rilevatori hanno provveduto a redigere una nota interpretativa, utile al
56 Tutti gli strumenti di ricerca predisposti nel corso dell’indagine sono disponibili sul portale; l’intento di tale scelta di trasparenza è duplice: 1. consentire un controllo della base empirica predisposta; 2. agevolare la comunicazione e lo scambio sugli strumenti in uso all’interno della comunità scientifica. 57 I rilevatori, ampiamente addestrati ad un utilizzo adeguato, responsabile e trasparente dello strumento di rilevazione, hanno collaborato strettamente tra loro, al fine di realizzare sinergicamente una piattaforma empirica omogenea, equilibrata, obiettiva, pienamente rispondente ai requisiti fondamentali di scientificità.
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gruppo di ricerca ai fini della più adeguata collocazione semantica del singolo elemento testuale valorizzato. Ciò ha consentito, in altri termini, di mettere in atto una comunicazione efficace all’interno del gruppo di ricerca ai suoi diversi livelli, di “ricostruire” e rendere esplicita una vasta gamma di significati, di mappare l’archivio bibliografico per macrotematiche senza compiere errori di riconduzione. L’esigenza di trovare un accordo sui significati e di disambiguare il più possibile i termini e le espressioni salienti sono obiettivi portati avanti sin dall’avvio del progetto da parte dei componenti dell’équipe di ricerca (cfr. anche realizzazione di glossari, anch’essi disponibili online58).
Le schede di analisi hanno, inoltre, risposto all’obiettivo di raccogliere, in seguito ad un’opportuna predisposizione dei documenti di sintesi (attenta, in prospettiva, alle esigenze degli utenti finali del portale), un abstract59 di ciascun testo confluito nell’archivio (sia in forma breve, che analitica).
Infine, rispetto a ciascun documento selezionato, si è registrata l’eventuale connessione con esperienze di ricerca empirica; pertanto, si è proceduto a rilevare analiticamente:
• la strategia di ricerca prevalente; • il tipo (se effettuato) di campionamento messo in atto; • le caratteristiche salienti dell’apparato grafico-‐tabellare; • le tecniche/gli strumenti di rilevazione adottati; • il contesto di rilevazione-‐azione.
Concluso il lavoro di schedatura, è stata predisposta, per ciascuna sezione di testi (normativi,
scientifici, di ricerca), una griglia (del tutto rispondente alla struttura delle schede di analisi del contenuto) entro cui riportare in forma sistematica, semplificata e confrontabile il materiale raccolto. Ciò al fine di poter successivamente comparare le unità testuali, evidenziare rispetto ad esse trend e specificità, rinviarle a dimensioni comuni, riportarle a quadri concettuali univoci. 3. I risultati emersi: struttura e contenuti dei testi analizzati
Si riportano anzi tutto, in sintesi, le caratteristiche strutturali emergenti con riferimento ai testi censiti, distinti per tipo (normative, documenti scientifici, ricerche). Rispetto alle normative è possibile dire sinteticamente che:
• Si tratta di documenti redatti nell’arco temporale che va dal 1988 al 2010. I testi risultano essere ripartiti in modo piuttosto bilanciato nel tempo (testi “datati” – si tratta, in ogni modo, di
58 Cfr. www.miur-‐m3.it 59 Si pensi all’utilità degli abstracts dei testi segnalati per gli utenti del portale. Essi non solo dispongono di riferimenti bibliografici mirati sui temi in esame (resi disponibili online in forma integrale laddove possibile) e di griglie entro le quali i documenti risultano essere scomposti in forma ragionata e sistematica; difatti, la presenza di schede riassuntive può orientare anche nella selezione di alcuni specifici testi da approfondire, così come può essere di ausilio nell’operare confronti tematici tra unità e sezioni.
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premesse essenziali rispetto ad una serie di unità selezionate più “fresche”; testi “recenti”; testi “del presente”).
• I documenti selezionati – decreti, regolamenti, direttive, ecc. (5 riferibili al contesto nazionale, 11 a quello internazionale) – richiamano una serie di soggetti istituzionali: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; Presidente della Repubblica; Consiglio Europeo; Commissione Europea; Parlamento Europeo, ecc.
• In nessun caso essi rinviano ad esperienze di ricerca empirica, né riportano dati o percentuali; tutti i testi si caratterizzano per un linguaggio teorico-‐astratto, tipico dell’ambiente giudico.
L’analisi delle key-‐words ha consentito di giungere a risultati interessanti; esse – e ciò vale
complessivamente anche per gli altri tipi di documento presi in considerazione – sono state ricondotte (anche con l’aiuto delle note interpretative riportate nelle schede dagli analisti) ad una serie di macro-‐tematiche. Rispetto a queste ultime è possibile stilare una vera e propria graduatoria, sulla base dei conteggi di parole ed espressioni-‐chiave operati con riferimento al singolo tema emerso.
La maggior parte delle espressioni linguistiche conteggiate (25 in valore assoluto) ha a che fare con il blocco tematico denominato “Sistema formativo europeo integrato” (Risorse, investimenti e scommesse per il futuro: mobilità, lingue straniere, occupazione giovanile, comunicazione, cooperazione e scambio). Al secondo posto (20 occorrenze) figura un altro tema particolarmente ricorrente, quello dell’“Innovazione formativa” (si tratta di ciò che rinvia in forma sintetica a Formazione e istruzione; Iniziative di aggiornamento e nuovi obiettivi formativi). Al terzo posto (14 occorrenze) si posizionano le “Competenze” (Area dei saperi, dello sviluppo di nuove competenze e del riferimento agli assi culturali). A notevole distanza da quelli che risultano i primi temi in classifica (che rappresentano, trasversalmente, il filo conduttore dei documenti in esame) sono emersi altri interessanti riferimenti: “Autonomia formativa” (didattica, organizzativa, di ricerca); “Qualità della/nella formazione” (compresi Metodi e strumenti per la misurazione della Qualità); “Criticità del sistema scolastico e della società”.
Rispetto ai macro-‐temi maggiormente ricorrenti (per il resto si rinvia alle griglie disponibili sul portale), si riportano, a titolo esemplificativo, alcune parole ed espressioni-‐chiave particolarmente significative:
• “Sistema formativo europeo integrato”: Aumento degli investimenti, Mobilità, Europass,
Riconoscimento titoli, Creazione di reti cooperative. • “Innovazione formativa”: Iniziative di aggiornamento, Nuovi percorsi, Modernizzare i sistemi di
istruzione e formazione, Promuovere l'attrattiva dell'istruzione superiore, Migliorare il livello dell’apprendimento.
• “Competenze”: Cittadinanza attiva, Imparare e progettare, Comunicare e collaborare, Agire e risolvere, Individuare collegamenti e acquisire informazioni, Riconoscimento delle conoscenze e delle competenze.
Con riferimento ai documenti scientifici i principali risultati sono i seguenti:
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• Sono documenti pubblicati nel periodo 1996-‐2011; tra essi prevalgono nettamente quelli più recenti.
• I documenti presi in esame – saggi, monografie, relazioni a convegno, rapporti di ricerca, ecc. – rinviano in 9 casi al contesto nazionale, in 7 a quello internazionale.
• Essi si dividono equamente tra testi di ricerca e testi di natura teorica; sulla base dei riferimenti espliciti riportati nelle schede, è possibile concludere che prevalga una metodologia di ricerca qualitativa (analisi di documenti, focus group) o mista (abbinamento di tecniche quantitative – tra cui figura in primis l’inchiesta con questionario – e qualitative).
Nuovamente, attraverso l’analisi delle key-‐words, si è potuto risalire ai principali macro-‐temi
oggetto di analisi. Veniamo alla loro graduatoria. Anche per i testi scientifici il maggior numero di espressioni linguistiche conteggiate (19 in valore assoluto) si riferisce al macro-‐tema “Sistema formativo europeo integrato”; in seconda posizione (11 occorrenze), pari merito, figurano i temi dell’“Innovazione formativa” e della “Valutazione” (Valutazione dell'offerta formativa e dell'apprendimento; Metodi e strumenti per la valutazione). A distanza da questi temi ne ricorrono, con minore frequenza, altri: “Competenze”, “Qualità della/nella formazione”, “Riforme”. Ancora una volta, rispetto ai macro-‐temi più citati, si riportano le parole ed espressioni-‐chiave più rilevanti:
• “Sistema formativo europeo integrato”: E–learning, Lifelong learning, Tecnologie e strutture organizzative, Cooperazione, Trasparenza, Europass, Pari opportunità.
• “Innovazione formativa”: Continuità degli obiettivi formativi, Comunità educante, Innovazione, Tutorship, Apprendimento.
• “Valutazione”: Valutazione, Sperimentazione, Monitoraggio, Indicatori. Veniamo, infine, all’analisi delle ricerche internazionali censite:
• Si tratta di testi pubblicati tra il 2003 e il 2011 (si può concludere che i dati di riferimento siano complessivamente “freschi”, se si tiene conto della continua evoluzione nel tempo dei fenomeni sociali). Tre contributi sono molto recenti (2010/2011); 16 sono recenti (2007-‐2009); 5 meno recenti (2003-‐2006).
• I testi esaminati sono sostanzialmente saggi e articoli in cui si riassumono esperienze e risultati di ricerca assumendo un approccio comparativo. Solo in 3 casi (e comunque adottando una prospettiva di confronto tra Paesi) il contesto su cui si concentra l’analisi è nazionale; nel resto dei casi è internazionale (i 30 paesi della rete Eurydice; Europa, Asia, America; Paesi UE e Paesi EFTA-‐SEE).
• Rispetto alla strategia prevalente di ricerca, si può dire che vinca la scelta di abbinare tecniche di rilevazione ed analisi quantitative e qualitative (16 contributi su 24); 6 saggi fanno esclusivo riferimento ad esperienze di ricerca quantitative e 2 a ricerche condotte solo con metodologie
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non standard. Tra le tecniche esplicitate gode di un indiscusso primato l’inchiesta campionaria con questionario (generalmente si parla di campioni non probabilistici); di nuovo il riferimento all’analisi di documenti, alla realizzazione di focus group, alla conduzione di interviste in profondità. Talvolta, si fa cenno all’analisi secondaria dei dati (banche dati internazionali – fonti: Eurostat, PISA, PIRLS, TALIS, ecc.). In tutti i casi i dati, al di là della tecnica di ricerca prevalente, sono analizzati e presentati in modo semplice (tabelle e grafici agevoli da leggere e consultare).
Nel caso dei contributi internazionali l’analisi delle key-‐words conduce alla seguente graduatoria
dei macro-‐temi. La maggior parte delle espressioni linguistiche conteggiate (23 in valore assoluto) si riferisce in questo caso al macro-‐tema della “Valutazione” (la discriminante è il taglio “di ricerca”); in seconda posizione (19 occorrenze) si attesta il tema dell’“Innovazione formativa”, seguito da quello del “Sistema formativo europeo integrato”. I temi minoritari in tal caso sono: “Competenze” e “Criticità”. Le parole ed espressioni-‐chiave più significative, rispetto a ciascuna area, sono le seguenti:
• “Valutazione”: Monitoraggio comparativo, Prova di valutazione standardizzata, Efficienza ed efficacia, Test, Punteggi di rendimento medio.
• “Innovazione formativa”: Formazione professionale iniziale e continuativa degli insegnanti, Stage e tirocini, Inserimento e Formazione nei Paesi Europei, Accesso alla formazione, Inclusione e formazione, Cambiamento della cultura pedagogica, Innovazione, Tutoring.
• “Sistema formativo europeo integrato”: Sviluppo sostenibile, Pratiche innovative, Cooperazione, Inclusione sociale nel campo dell’istruzione, Cooperazione, Responsabilità e Trasparenza. Chiudendo con uno sguardo trasversale rispetto a tutti i contributi analizzati, si può affermare
che il tema più rappresentato sulla base delle parole ed espressioni-‐chiave raccolte attraverso le schede di analisi (numero e varietà delle key-‐words) è il “Sistema formativo europeo integrato”; seguono, in seconda e terza posizione, quelli dell’“Innovazione formativa” e della “Valutazione”; in quarta posizione, infine, si attesta quello delle “Competenze”. Come si avrà modo di osservare più avanti, in quanto a macro-‐temi trattati, vi è una perfetta comunicazione tra griglie (analisi e trattamento delle key-‐words) e abstracts dei documenti selezionati ai fini dell’indagine (cfr. par. successivo per un’analisi approfondita delle sintesi messe a punto dal gruppo di analisti). 4. Uno zoom sugli abstracts: temi ricorrenti, aspetti innovativi, criticità
Le macro-‐tematiche emerse sulla base delle key-‐words –di fatto, si tratta dei pilastri concettuali dell’indagine – si sono prestate ad una lettura sia verticale (confronto tra casi all’interno della stessa sezione-‐griglia), sia orizzontale (confronto tra sezioni differenti) degli abstracts predisposti.
Come nel caso delle griglie sopra presentate, anche in questo è possibile stilare delle graduatorie (sulla base del conteggio degli stralci di testo più significativi dal punto di vista semantico), quasi del
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tutto coerenti60 con quelle viste in precedenza. Rispetto alle normative, è possibile segnalare come il riferimento dominante sia rappresentato dal “Sistema formativo europeo integrato”, seguito dall’“Innovazione formativa”. Con riferimento ai documenti scientifici la sequenza è la seguente: “Innovazione formativa”, “Valutazione”, “Sistema formativo europeo integrato”; mentre per i contributi di ricerca è: “Innovazione formativa”, “Sistema formativo europeo integrato”, “Valutazione”. Di fronte a tale risultato, è possibile concludere che tra griglie ed abstracts sussista una perfetta comunicazione; di fatto, le espressioni-‐chiave individuate costituiscono i fondamenti semantici dei testi sviluppati in forma di scheda riassuntiva. Non solo: sulla base del confronto trasversale tra sezioni, si può parlare di “dialogo inter-‐area” significativo, di una vera e propria “osmosi interdisciplinare”.
Ora, senza badare all’ordine di trattamento e di approfondimento dei singoli temi (cui verranno abbinati ulteriori criteri di classificazione dei testi in analisi), ma puntando a fornire al lettore una panoramica di tutti gli aspetti emersi con riferimento a ciascuno di essi (sulla base di un confronto trasversale tra i documenti selezionati), si tenterà di rileggere – attraverso un “montaggio” ad hoc – l’insieme degli abstracts messi a punto.
Partiamo dal tema delle “Competenze”, riportando alcune definizioni rintracciate. Con il termine competenza si fa riferimento ad un concetto complesso che comprende attitudini e capacità, le quali, a livello individuale, contribuiscono ad una vita di successo e, a livello aggregato, garantiscono il buon funzionamento della società; di queste ultime tutti i cittadini hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, per l’acquisizione della cosiddetta “cittadinanza attiva”, di cui alcune espressioni tangibili sono l'inclusione sociale e l'occupazione in età adulta. A proposito di cittadinanza attiva, si può riferire come spesso siano emerse riflessioni sulle “competenze chiave” o “di cittadinanza”, definite come uno strumento indispensabile da inserire nei programmi scolastici e nella formazione degli insegnanti; di nuovo, facendo esplicito riferimento alla realizzazione personale e allo sviluppo individuale, in altri termini, agli elementi indispensabili per diventare un cittadino attivo, pienamente inserito nella società e immesso nel mercato del lavoro. In tale processo di acquisizione di competenze speciali, che certamente vanno al di là del tipico bagaglio nozionistico o di base acquisibile sui banchi di scuola (ciò a cui si fa riferimento è una vera e propria “scuola di vita”), il mondo dell’istruzione viene investito di un ruolo cruciale riconosciuto e sancito anche dalle numerose riforme istituite a livello nazionale ed europeo. I pilastri dell’educazione cui si fa continuo riferimento sono quattro: imparare a conoscere, imparare a fare, imparare a vivere insieme e imparare ad essere. Ad un livello meno astratto essi si traducono in otto competenze speciali (che richiederebbero di essere tradotte operativamente nel caso si intenda progettare strumenti di osservazione e rilevazione):
-‐ la comunicazione nella lingua madre; -‐ la comunicazione nelle lingue straniere; -‐ competenza in matematica, scienze e tecnologia; -‐ competenza digitale; -‐ imparare ad imparare;
60 Laddove cambia l’ordinamento, permangono comunque i riferimenti ai singoli temi.
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-‐ competenze interpersonali e civiche; -‐ senso di iniziativa ed imprenditorialità; -‐ consapevolezza ed espressione culturale.
In alcuni contributi emerge come la cittadinanza attiva vada contestualizzata in un processo di
apprendimento permanente, oramai ampiamente riconosciuto nel settore dell'istruzione e della formazione. Considerato il rimando ad un processo educativo che dura tutta la vita, si può dire che l'accostamento alla cittadinanza attiva possa intendersi come un processo di acquisizione di conoscenze, attitudini e competenze che non può prescindere dai più generali valori della collettività (in senso locale, ma anche globale). La cittadinanza attiva non consiste esclusivamente nell'esercizio dei diritti civili, ma si lega anche ad una serie di questioni socio-‐culturali, tra cui quella dell’integrazione delle minoranze (urgenza sociale che contraddistingue qualsiasi realtà nazionale). L’obiettivo ultimo consiste nel riuscire a dare “voce alla gente”, ad esempio incentivandola a partecipare a discussioni o dibattiti, agevolandone un maggior coinvolgimento sociale, stimolandola alla vita associata, ai valori della tolleranza e della non-‐violenza, al riconoscimento e all’esercizio in prima persona dei diritti umani.
Il tema delle competenze viene affrontato non solo con riferimento agli studenti (destinatari principali di ogni processo di apprendimento), ma anche rispetto agli insegnanti, secondo una logica di formazione continua, che investe anche le abilità interpersonali e sociali, e rivede profondamente la tradizionale metodologia di lavoro e lo stesso ruolo. In tale prospettiva di formazione professionale continua, gli insegnanti dovrebbero caratterizzarsi per una conoscenza approfondita del linguaggio e della lettura, per capacità di ideare strategie didattiche differenziate rispetto ad ogni tipo di studente, per doti di connessione tra scrittura e lettura, per utilizzazione di tecniche di valutazione adeguate (in tal senso viene spesso sottolineata, per gli stimoli e l’arricchimento che può comportare, l’importanza dei contatti tra Scuola e Università, così come la necessità di partecipare assiduamente a corsi di aggiornamento, tirocini e stage). Lo sviluppo professionale permanente (CPD) viene visto come un dovere professionale per gli insegnanti, e ciò vale per la maggior parte dei Paesi europei.
Si affronta anche il tema del rapporto tra competenze e competitività. L’introduzione delle nuove tecnologie nei processi produttivi crea una crescente domanda di lavoratori altamente qualificati in diversi settori e ciò genera come conseguenza che quelli meno o non affatto qualificati scontino particolari difficoltà a trovare lavoro o, quando lo trovino, siano costretti ad accettare paghe piuttosto basse. In molti studi si sottolinea come la lettura sia, tra le competenze di base, quella fondante, come essa rappresenti il principale mezzo di apprendimento, in ogni sfera della vita e per tutta la vita (dai primi anni di scuola fino all’età adulta), anche nel mercato del lavoro, in continua evoluzione e sempre più connesso con le nuove tecnologie.
Tra le competenze citate, che rappresentano vere e proprie sfide europee sulle quali tutti i Paesi dovrebbero impegnarsi attraverso programmi e iniziative congiunti, figura l’educazione allo sviluppo sostenibile; altri spunti interessanti sono il rinvio all’acquisizione – secondo un approccio internazionalistico che supera in via definitiva gli stretti confini nazionali della singola realtà socio-‐culturale – di competenze plurilinguistiche, così come l’insistenza sul necessario rafforzamento delle
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competenze degli insegnanti e del personale scolastico nel suo complesso in relazione agli alunni a rischio di esclusione e di discriminazione.
Anche rispetto al tema dell’“Innovazione formativa” sono state rintracciate alcune interessanti notazioni. Ciò a cui si fa costante riferimento, sempre in un’ottica europea, è una nuova pedagogia scolastica sotto la piena responsabilità del personale docente (principi di responsabilità e trasparenza; sperimentazione e tecniche di formazione innovative). Al di là dei loro ruoli tradizionali, gli insegnanti sono sempre più visti come attivamente impegnati in attività extrascolastiche (organizzazione del lavoro di squadra, individuazione di strategie a garanzia dell’inclusione, risoluzione dei problemi tra studenti, lancio di iniziative che coinvolgano anche l’ambiente familiare e sociale più ampio). Fondamentale, al fine di poter contare su un corpo docente di qualità, è la sua preparazione ed allenamento attraverso uno sviluppo professionale continuo (partecipazione degli insegnanti a stage, corsi intensivi a livello individuale o per piccoli gruppi, esperienze di ricerca, networking, workshop; uso di materiali didattici ad hoc; presenza in classe di specialisti; lavoro in équipe, ecc.).
Veniamo al “Sistema formativo integrato europeo”, ovvero alla sezione tematica che complessivamente rinvia a risorse, investimenti e scommesse per il futuro. Le finalità-‐obiettivi cui si dovrebbe tendere in un’ottica di sforzo comune sono in sintesi: pari opportunità di apprendimento per gli studenti (senza distinzione di estrazione sociale, provenienza geografica, appartenenza culturale, condizioni psico-‐fisiche, ecc.); inclusione sociale ed occupazione in età adulta; coesione sociale; sviluppo della persona; creazione di un ponte tra scuola e mercato del lavoro; scambio e libera circolazione di competenze tra Paesi in un’ottica di riconoscimento di titoli, expertise, esperienze maturate; continuo aggiornamento-‐allineamento rispetto alle nuove tecnologie; diffusione di comportamenti eco-‐compatibili; cooperazione, competitività e dinamismo; sostegno alla ricerca.
Con riferimento al tema della “Valutazione”, si ribadiscono in modo trasversale una serie di punti-‐chiave: l’importanza di un approccio comparativo che vada oltre un punto di vista esclusivamente locale; l’esigenza di allestire forme di monitoraggio rispetto ad ogni fase saliente del processo formativo (di studenti e docenti); la necessità di disporre di strumenti operativi standard e di dati di riferimento (indicatori, strumenti di rilevazione e scale d’atteggiamento collaudati, piani di selezione delle unità, tecniche di analisi promettenti, ecc., ma anche statistiche, parametri, valori-‐soglia a cui rapportarsi), stante, contemporaneamente, l’opportunità di valorizzare al meglio le specificità contestuali (“a problemi speciali, soluzioni speciali”), grazie anche ad approfondimenti ottenibili attraverso l’utilizzo di tecniche non standard (Bezzi, 2010 e 2011). La valutazione fondata su dati di ricerca ha lo scopo di aiutare i decisori politici a comprendere in che misura i loro sistemi educativi competono con gli altri Paesi (necessità di indicatori comparativi internazionali al fine di mettere in pratica la evidence-‐based policy making nella realtà scolastica di pertinenza). Essa, d’altra parte, facendo chiarezza sull’andamento di una data realtà scolastica (articolata in tutte le sue figure-‐chiave) può attivare la tendenza al miglioramento continuo. L’utilizzo di dati di ricerca, può, peraltro, consentire l’individuazione di “buone pratiche” e il loro trasferimento in forma più diffusa nel mondo della scuola (studenti e insegnanti).
Una serie di spunti tra quelli rintracciati (obiettivi, scommesse, strumenti, novità, ecc.) convoglierebbero – secondo un’immagine non completamente nitida, sulla quale è necessario fare
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chiarezza dotandosi di una piattaforma al contempo concettuale ed operativa – nell’idea di “Qualità” (dei processi di apprendimento, della didattica, dei materiali e degli strumenti in uso, delle competenze messe in campo, dei contenuti e dei valori trasmessi, delle modalità di valutazione, della figura del docente e del dirigente scolastico, della capacità di amministrare e allocare le risorse, ecc.). Qualità anche come capacità di ascoltare, di adattarsi ad esigenze diverse, di aprirsi al mondo esterno, di farsi promotore delle novità, di risolvere problemi, di portare avanti alcuni valori. A sostegno della Qualità, anche l’“Autonomia formativa”, che coinvolge contemporaneamente più piani: didattico, gestionale-‐organizzativo, di ricerca e sviluppo, decisionale-‐politico.
Spesso vengono segnalate alcune “Criticità”; si tratta di quei problemi e di quelle urgenze sociali da affrontare – attraverso un coinvolgimento a tutti i livelli delle istituzioni e della società civile – al fine di rispondere pienamente ad obiettivi di innovazione, qualità e acquisizione democratica di competenze. I riferimenti rintracciati (spesso fondati su dati di ricerca empirica) sono i seguenti: carenze nelle competenze di base degli studenti (ad es. capacità di lettura); bullismo; scarsa integrazione nella realtà scolastica di minoranze etniche (tra cui, ad es., i rom); forme di esclusione rispetto a categorie di studenti “deboli” (a bassa estrazione sociale, disabili, meno capaci di apprendere, ecc.); dispersione e abbandono scolastico; precarietà del mercato del lavoro (che investe anche il corpo docente).
Alcune riflessioni conclusive sui documenti analizzati possono consentire di fare ulteriore chiarezza sui temi e sugli aspetti trattati.
• Gli “attori” di riferimento e i contesti citati sono molteplici e vengono considerati in costante
interazione e comunicazione. Si tratta di: studenti (anche disagiati, “bulli”, disabili, problematici in senso lato); personale docente interno (anche di sostegno) ed esterno (si pensi alla figura dei professionisti del mondo della formazione che intervengono sulla base di specifici progetti nelle diverse realtà scolastiche, o alla figura del tutor, o ancora a quella del mediatore culturale); dirigenti scolastici e personale amministrativo; associazioni ed enti locali; istituzioni politiche nazionali e internazionali (i politici, coloro che mettono a punto i processi di riforma, i decisori); famiglie e genitori; ricercatori e valutatori; Europa; società civile; lavoratori e mercato del lavoro; Università.
• I “valori” cui tendere, richiamati molto spesso anche in considerazione dei contorni sovranazionali del tema dell’istruzione, sono i seguenti: collaborazione, cooperazione e scambio; inclusione sociale; pari opportunità; mobilità; produttività e competitività; successo individuale; trasparenza e obiettività; partecipazione sociale; qualità; plurilinguismo ed interculturalità.
• Ricorre, infine, continuamente il riferimento alla “ricerca”, vista come elemento essenziale nell’ambito del variegato e complesso sistema della formazione, specie in uno scenario in cui ciascun Paese è legato al resto d’Europa e del mondo. La ricerca – metodologicamente rigorosa, orientata alla comparazione, dotata di strumenti collaudati di misurazione e valutazione – è rappresentata come una risorsa dalle grandi potenzialità in ogni fase di analisi di un processo di apprendimento e con riferimento ai molteplici attori e contesti coinvolti, ciascuno portatore di specifici interessi, problematicità, esigenze. Si pensi a sfere di ricerca ed intervento come
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l’analisi dei bisogni (come quelli connessi a categorie speciali o particolarmente disagiate), agli ambiti in cui si è creata una robusta tradizione di studi empirici anche in una prospettiva diacronica (bullismo, abbandono scolastico, disagio e dispersione), alle diverse forme di monitoraggio (con l’ausilio di strumenti sia qualitativi che quantitativi) del processo di apprendimento ed acquisizione di competenze (rispetto a docenti e studenti), alle analisi volte ad individuare i fattori connessi con forme di eccellenza o, al contrario, con criticità da affrontare con urgenza. Molti sono gli strumenti e le tecniche citati (a volte sono esplicitate nel dettaglio specifiche scelte operative: tipi di campionamento, set di indicatori selezionati, scale d’atteggiamento utilizzate, ecc.); inoltre, seppure venga più volte ribadita l’esigenza di poter contare su una strumentazione standard valida a livello transnazionale/transculturale, si riconosce l’opportunità di disporre al contempo di risorse in grado di far cogliere specificità positive e negative a carattere locale, da cui attingere o a cui porre rimedio secondo formule mirate. Ciò che si coglie, in ultima analisi, è l’imprescindibilità di un maggior raccordo, di un più fitto scambio ed una più proficua comunicazione a livello internazionale (pur preservando i principi dell’autonomia e della libertà espressiva), così come l’esigenza di una maggiore continuità e sistematicità nel fare ricerca. Fa da sfondo l’idea secondo la quale, di fronte a tale complessità, non possano che collaborare e combinarsi molteplici saperi diversi (politico, economico, scientifico, educativo) secondo una logica multidisciplinare e interculturale.
5. Il sistema di visualizzazione dei risultati: il database bibliografico61
Il database bibliografico online rappresenta l’output dell’analisi della letteratura scientifica, delle
normative e delle ricerche internazionali della qualità promessa di M3. Con tale termine si vuole intendere un contenitore di informazioni, registrate secondo uno schema logico, che permette di classificare in maniera coerente ogni elemento al suo interno e agevola l’individuazione, la ricerca e il riconoscimento delle singole componenti del database, a fronte di un numero molto elevato di documenti inseriti. Il database rappresenta uno strumento di consultazione che può essere “interrogato” dall’utente esterno: questi può visualizzare specifici elementi, che rispondono a determinati parametri, e di escludere dalla propria ricerca tutto ciò che non riguarda le caratteristiche desiderate (il termine tecnico per questa “interrogazione” è query). Nello specifico, il database propone tre modalità di navigazione e consultazione per l’utente:
61 Il paragrafo è stato scritto da Salvatore Satta, laureato in Scienze della Comunicazione, Sapienza Università di Roma, esperto in CMS e strumenti di formazione in e-‐learning.
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- La visualizzazione di tutti i documenti inseriti nel database, distribuiti in modo sequenziale nella pagina centrale;
- La visualizzazione a partire dalla ricerca semantica per parole-‐chiave evidenziate attraverso il tag cloud del database, presente nella colonna sinistra della pagina;
- La visualizzazione attraverso filtri di ricerca per categorie pre-‐definite dal team di ricerca di M3, le quali sono state distinte nelle seguenti aree:
o Tipologia di documento (libro, saggio/ articolo, ricerca scientifica, normativa, slide/report);
o Anno di pubblicazione; o Autore/ fonte della pubblicazione; o Contesto (nazionale/internazionale) o Presenza di ricerche o meno nel documento o Nel caso dei libri, la ricerca delle keyword viene effettuata in ulteriori aree specifiche del
documento: § Abstract; § IV di copertina
Dal punto di vista informatico, il software di creazione del database utilizzato si chiama MySQL,
il quale permette la creazione di database relazionali scalabili, cioè virtualmente capaci di gestire un numero infinito di dati e basati sulla relazione fra i suoi elementi. Le informazioni si presentano in forma tabellare, in cui le righe rappresentano i record (i singoli elementi del database) e le colonne i campi (le caratteristiche degli elementi), ogni tabella è a sua volta legata alle altre. Per gestire in maniera coerente i documenti del progetto è stato usato K2 Content, un componente esterno a Joomla, il quale si relaziona direttamente al database del sito, creando al suo interno le tabelle necessarie, senza usufruire di un database esterno. Si può dire dunque che il database bibliografico di M3 è in realtà un insieme di tabelle poste all’interno del più ampio database del sito. L’utilizzo di K2 si è reso necessario per consentire la creazione di campi che corrispondessero alle caratteristiche individuate per ogni singolo elemento, favorendo così la ricerca di elementi con caratteristiche simili e la catalogazione coerente dei documenti. Gli elementi del database consistono in schede di catalogazione che presentano le seguenti caratteristiche:
- Tipologia di documento, - autore, - casa editrice, - anno di pubblicazione, - contesto nazionale o internazionale, - abstract, - keyword (fino a un massimo di 5), - individuazione dell’area semantica di appartenenza,
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- presenza di ricerca, - presenza di stratefia, - presenza di grafici/tabelle, - tecnica di rilevazione, - contesto di rilevazione.
Nel caso specifico dei libri, sono aggiunte altre voci di inserimento:
- IV di copertina - Indice - Incipit - conclusione
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CAPITOLO X I 4 PIANI NAZIONALI. Analisi descrittiva Simone Mulargia, Daniela Cinque62 1. Nota metodologica. La Scheda descrittiva63
La Scheda descrittiva dei Piani Nazional64 riassume le informazioni fondamentali che caratterizzano l’architettura complessiva dei Piani Nazionali. La scheda schematizza e organizza coerentemente le informazioni reperite dall’analisi della documentazione prodotta come ricaduta delle attività dei Piani Nazionali. La scheda descrittiva operativizza il modello generale di qualità promessa disegnato dal gruppo di ricerca M3 della Sapienza, declinandolo in variabili di contesto, obiettivi, organigramma e soggetti coinvolti nel piano di formazione, modello formativo, strategie di valutazione previste, coerenza con il contesto scolastico territoriale e ricadute in termini attività didattiche con i docenti e gli studenti.
Al fine di comprendere la coerenza dei Piani di formazione analizzati, la scheda pone particolare attenzione al contesto normativo e scientifico di riferimento, per valorizzare gli interventi formativi che fanno proprie le indicazioni contenute nei documenti di indirizzo della formazione e che sappia mettere in pratica i risultati delle più recenti acquisizioni della ricerca in tema di strategie per l’apprendimento. Tale collegamento viene analizzato sia a livello di dichiarazioni progettuali, sia per la sua capacità di tradursi in attività propedeutiche finalizzate a non rendere il ricorso alle norme e alle ricerche scientifiche un mero omaggio di maniera.
La scheda descrittiva enfatizza, altresì, la coerenza dei piani rispetto agli obiettivi, declinandoli in obiettivi strategici (generali e di lungo periodo) e obiettivi didattici, analizzati a differenti livelli di genericità. Attraverso l’analisi della documentazione progettuale e dei percorsi di formazione effettivamente messi in atto dai piani, l’obiettivo è individuare il modello formativo che dà forma e coerenza alle singole attività, considerando tale coerenza un elemento di pregio, al fine di sottolineare la buona pratica di azioni di sistema che superino la logica dell’estemporaneità e si pongano in un percorso di coerenza progettata e dichiarata (e per questo potenzialmente formalizzabile e valutabile). Proprio il modello formativo è al centro di un ulteriore approfondimento all’interno della scheda descrittiva che chiede di evidenziare le teorie pedagogiche di riferimento, la metodologia didattica (con esplicito riferimento alle attività didattiche previste dai Piani) e gli strumenti veri e propri messi a disposizione o progettati all’interno della formazione per gli insegnanti.
62 Simone Mulargia è assegnista di ricerca del Dipartimento di Comunicazione e ricerca Sociale della sapienza Università di Roma, Daniela Cinque è dottoranda del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma e lavora nell’ambito dell’Osservatorio Mediamonitor Minori. 63 Il paragrafo è stato scritto da Simone Mulargia. 64 Per la visualizzazione della scheda descrittiva dei quattro Piani Nazionali si rimanda al sito del monitoraggio www.miur-‐m3.it, nella sezione della qualità promessa della mappa dei 4 Piani Nazionali.
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Per quanto consapevoli della difficoltà di formalizzare i percorsi di apprendimento, il modello della qualità proposto considera tra gli aspetti di pregio: la capacità di inserire elementi di gestione dei processi, necessari a rendere intellegibile il disegno complessivo delle attività svolte. Tale possibilità di lettura offre, infatti, l’opportunità di calibrare al meglio gli sforzi organizzativi e di predisporre elementi di autoriflessione sulle attività svolte. Per questo ordine di ragioni, la scheda interroga la documentazione progettuale per predisporre l’articolazione del piano in fasi distinte, con la possibilità di inserire il diagramma di flusso delle attività svolte. A ciò si aggiunge l’attenzione alla distribuzione dei finanziamenti che coprono l’impegno economico delle differenti fasi. Un’omogenea armonizzazione delle risorse, coerente con gli obiettivi dichiarati è, infatti, una caratteristica che deve essere presente sin dalle iniziali fasi di progettazione dei corsi per offrirsi come elemento di trasparenza nella gestione delle disponibilità economiche e consentire di valutare dall’esterno le scelte strategiche attuate dai progettisti dei piani.
Il tema della valutazione è poi coerentemente inserito nei focus della scheda descrittiva che chiede di analizzare quali elementi del piano sono oggetto di specifica analisi all’interno delle azioni promosse dal Piano stesso. Un progetto di formazione deve, infatti, prevedere la valutazione delle conoscenze, delle abilità e delle competenze iniziali dei corsisti al fine di calibrare al meglio le attività, ma deve altresì valutare l’apprendimento in quanto output del progetto stesso e il gradimento/soddisfazione dei protagonisti della formazione. Tale declinazione della valutazione è coerente con il modello di qualità proposto dal gruppo di ricerca M3 che distingue tra qualità promessa, qualità erogata, qualità percepita e qualità attesa. Per ognuna delle dimensioni richiamate, la scheda descrittiva distingue il momento della valutazione (se ex-‐ante, in itinere o ex-‐post) e i soggetti incaricati (se interni al progetto o se individuati tra soggetti terzi). Un ulteriore momento di approfondimento riguarda la considerazione dei target specifici della valutazione (docenti, studenti ecc.) e il tipo di strumentazione utilizzata per la valutazione stessa (distinguendo tra strumenti quantitativi o qualitativi).
Al fine di valutare i meccanismi di trasparenza e di auto-‐riflessività predisposti dal progetto, la scheda descrittiva analizza la presenza di strumenti di valutazione predisposti dai Piani di formazione (es. diari di bordo), distinguendo anche in questo caso tra l’approcci quantitativi e qualitativi. L’obiettivo è verificare tutti gli accorgimenti che consentono di mappare i processi interni al Piano, anche al fine di riorientare in tempo reale le attività svolte in un ciclo continuo di feed-‐back che, opportunamente considerati, contribuiscono alla riprogettazione gli elementi che hanno evidenziato eventuali criticità.
Ultimo fattore di formalizzazione dei processi di formazione e, più in generale, componente essenziale per valutare la qualità della progettazione è la presenza di attività di monitoraggio. Il gruppo di ricerca M3 considera il monitoraggio un elemento essenziale del progetto che, oltre a predisporre la lista delle attività da svolgere, mette a sistema un modello coerente di obiettivi e di output previsti. È il progetto stesso, infatti, che deve prevedere le attività finalizzate alla sua valutazione, in linea con le prassi ormai definite in termini di project managing. Per questo, la scheda descrittiva richiede di considerare la presenza di un monitoraggio distinguendo gli aspetti del Piano che saranno monitorati, i soggetti esecutori del monitoraggio stesso e la presenza di specifici dispositivi atti a raccogliere e
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analizzare le informazioni (es. piattaforma LMS-‐MCMS, software gestionale ecc.). In linea con tali considerazioni, la scheda descrittiva considera la presenza di un’adeguata esplicitazione dei risultati attesi, anche al fine di acquisire elementi per la valutazione dell’efficacia del progetto. Le semplici dichiarazioni di principio, però, non sono sufficienti a tale scopo e non consentono di verificare la qualità dell’intervento formativo. Se è evidente, infatti, che una progettazione accorta non può formalizzare del tutto la complessa dinamica dei processi di formazione e di acquisizione delle competenze (anche in virtù della natura sperimentale delle attività di formazione), è altresì vero che il modello generale dei Piani deve sin dall’inizio considerare in maniera analitica gli elementi rispetto ai quali si propone di attuare un miglioramento, anche per consentire di confrontare modelli e strategie di intervento differenti.
Un Piano di qualità richiede un forte coinvolgimento dei soggetti che erogano la formazione stessa ma non può prescindere dall’impegno che i destinatari della formazione dovranno spendere nelle attività proposte. È la natura stessa dell’apprendimento, infatti, a chiamare in causa una sorta di fiducia nel patto formativo, nella convinzione che sia di fatto impossibile generare un cambiamento culturale e nelle pratiche professionali a prescindere dalla intenzionalità degli attori in formazione. Per questo, la scheda considera in ultima analisi la presenza di un riconoscimento formale della partecipazione al Piano come elemento conclusivo del percorso di formazione, chiedendo di considerare anche la spendibilità formale (in termini di certificazione delle competenze acquisite, anche per eventuali progressi di carriera) della partecipazione al Piano. 2. Poseidon65
Poseidon nasce nel 2005 – per iniziativa del MIUR – dalla collaborazione delle Associazioni disciplinari ADI-‐SD, AICC, GISCEL, LEND e dell’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica (ANSAS).
L’indagine comparativa Ocse-‐PISA –Project for International Students’ Assessment – promossa nel 2003 dall’OCSE si configura come momento di riflessione sullo stato dell'insegnamento in Italia e può essere considerata uno spartiacque per i progetti di formazione impegnati a invertire la preoccupante tendenza fotografata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. I quindicenni Italiani, infatti, mostravano carenze decisive nell'ambito delle competenze di base, indispensabili non solo per una piena efficacia dei percorsi scolastici e professionali, ma centrali per il completo sviluppo dei futuri cittadini della società della conoscenza. L'attenzione al tema delle competenze, che va oltre la mera acquisizione di nozioni, ha interrogato, tra gli altri, il sistema scolastico italiano alla ricerca di nuove modalità di mediazione didattica. Le lacune evidenziate nella reading literacy, infatti, hanno evidenti ricadute nella vita pratica: la difficoltà di padroneggiare il linguaggio parlato e scritto non consente di avere accesso a molte informazioni che sono formalizzate nei testi e impedisce al soggetto di esprimere chiaramente il proprio punto di vista.
65 Il paragrafo è stato scritto da Simone Mulargia
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Poseidon si pone, quindi, come risposta a questo stato di crisi, intervenendo sulla formazione (sia iniziale che in servizio) dei docenti. Il punto di vista adottato cerca di riformulare le modalità attraverso le quali gli insegnanti coinvolgono gli studenti nell’apprendimento delle lingue, con l'impegno attivo del MIUR, delle maggiori associazioni italiane di educazione linguistica (ADI, AICC, GISCEL, LEND) e dell’ANSAS. Un intervento di lungo periodo che coinvolge la scuola secondaria di primo grado e il biennio della scuola secondaria di secondo grado.
Le indicazioni contenute nel Quadro comune europeo di riferimento per le lingue sono ben presenti in Poseidon e rappresentano un’ulteriore cornice all’interno della quale considerare le attività del Piano. Se a un livello di base, infatti, si richiede all’allievo la capacità di comprendere e utilizzare espressioni familiari di uso quotidiano e formule molto comuni per soddisfare bisogni di tipo concreto, l’orizzonte ideale del percorso di sviluppo delle competenze linguistiche mira a un soggetto in grado di comprendere senza sforzo praticamente tutto ciò che ascolta o legge, valorizzando la capacità di triangolare fonti diverse, distinguendo argomentazioni e informazioni per la piena espressione delle idee anche in contesti complessi. Oltre alla progressione verticale, che prevede un graduale aumento degli stimoli proposti al discente nell’ottica dell’acquisizione di livelli via via più raffinati di competenze, Poseidon attua una prospettiva transdisciplinare con l’obiettivo di promuovere un modello di plurilinguismo nella didattica delle lingue.
2.1. I destinatari e gli obiettivi del Piano
Poseidon è rivolto ai docenti di Italiano e Lingue moderne della scuola secondaria di primo grado e i docenti di Italiano, Lingue moderne e Lingue classiche della scuola secondaria di secondo grado (biennio), in servizio a tempo indeterminato o determinato. Il Piano cerca di fornire ai docenti elementi di innovazione rispetto all’educazione linguistica e letteraria, basati su alcuni aspetti fondamentali: la competenza semantico-‐lessicale, la riflessione grammaticale, le abilità linguistiche di lettura, scrittura, ascolto, parlato, l’analisi, la comprensione e la rielaborazione dei testi non letterari e letterari, fino allo studio dell’intertesto, dei temi e dei generi letterari66.
La possibilità di offrire soluzioni al basso livello di competenze degli studenti italiani, messo in evidenza dall’indagine PISA-‐OCSE, è l’obiettivo generale di Poseidon. Per fare ciò il Piano predilige un approccio che si propone di innovare le forme della didattica sollecitando un approccio plurilingue e pluriculturale. I vincoli di contenuto legati alla singola materia di insegnamento vengono messi in discussione attraverso un invito a progettare curricoli trasversali e verticali: i docenti in formazione devono quindi sperimentare un approccio che dialoghi con gli altri insegnanti di lingua e che accompagni lo sviluppo dello studente nel suo percorso scolastico. Il docente in formazione, secondo gli obiettivi dichiarati da Poseidon, deve essere saper agire all’interno dei Consigli di classe dialogando con i colleghi per la costruzione di percorsi didattici in linea con gli Assi culturali e le competenze
66 Cfr. il docimento “Linee guida per l’organizzazione dell’attività di formazione presso gli UU.SS.RR. Piano nazionale Poseidon a. s. 2011-‐2012, a cura del Comitato Tecnico Scientifico.
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messe in evidenza dalla più accorta riflessione sui meccanismi dell’apprendimento. Oltre a questo, Poseidon incoraggia un adeguamento del modo di fare scuola che tragga ispirazione anche dalla strumentazione digitale e multimediale all’interno del quadro fornito dall’Asse dei linguaggi. 2.2 Le fasi del Piano
Il periodo che precede l’ufficializzazione del Piano si caratterizza per alcune attività di preparazione che hanno avuto il compito di valorizzare il coinvolgimento degli attori istituzionali che poi avrebbero preso parte alle attività di formazione. Oltre all’individuazione e alla formazione del Comitato Tecnico Scientifico, nel periodo 2002-‐2005 si è proceduto alla preparazione dei percorsi del Piano (in sostanza i contenuti che fanno da sfondo alla sperimentazione didattica proposta come elemento caratterizzante il Piano) e all’intesa con l’ANSAS. La seconda fase del progetto insiste sulle due annualità 2005/2007 e 2007/2009 concentrandosi sulla formazione dei formatori: i docenti tutor che vanno a costituire l’elemento di congiunzione tra gli intendimenti di Poseidon e le attività concrete di sperimentazione nei contesti scolastici del territorio. Nel biennio 2009/2011 Poseidon esce dalla fase di “preparazione” e si rivolge, attraverso i docenti-‐tutor, ai docenti veri e propri. La cornice metodologica del Piano è la formazione tra pari: i tutor formati nelle fasi precedenti (a livello nazionale) si muovono sul territorio coordinati dagli UU.SS.RR per moderare classi in cui coinvolgere i docenti in formazione secondo le direttive che danno forma al Piano. 2.3 Le fasi della formazione
Queste le attività che compongono il percorso formativo approntato da Poseidon: un primo momento di familiarizzazione con la piattaforma online e con gli strumenti di interazione e collaborazione; lo studio dei materiali presenti in piattaforma da intendersi più come spunti e opportunità di sperimentazione che come fonti per l’aggiornamento dei saperi esperti; la scelta delle aree tematiche e una prima progettazione degli interventi in classe; la messa alla prova della sperimentazione con il contributo dei destinatati (gli studenti, che diventano i soggetti principali attraverso cui validare le ipotesi di didattica innovativa); il confronto con i colleghi da svolgersi attraverso la piattaforma per arrivare a una valutazione condivisa con la comunità di pratica costituita a livello territoriale.
Il modello formativo consigliato prevede un corso di 100 ore da completare in un periodo di circa 9 mesi (ferma restando la possibilità, da parte di ciascun Gruppo di coordinamento regionale, di modificare il modello a seconda di specifiche esigenze). 36 ore di attività in presenza (sia con incontri nelle scuole presidio che attraverso interazioni sincrone in piattaforma); 19 ore di attività asincrone (attraverso gli strumenti della classe virtuale predisposta); 25 ore di attività della ricerca-‐azione (studio, progettazione e presentazione dei risultati); 12 per la sperimentazione vera e propria, da attuarsi nei reali contesti di lavoro; 8 ore per la partecipazione a un seminario regionale in cui si presentano le progettazioni attuate e i risultati e le evidenze emerse durante il lavoro in classe.
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Le classi sono formate dai docenti che hanno aderito ai corsi, selezionati dagli UU.SS.RR in collaborazione con il Gruppo operativo. Le indicazioni predisposte da Poseidon prevedono che le classi siano composte da insegnanti di lingue diverse e di differenti ordini di scuola e che non superino i 25 partecipanti. Il Direttore del corso (attivato presso la scuola presidio) convoca i corsisti e dà il via alle attività dopo aver verificato la loro iscrizione alla piattaforma online.
Il modello di formazione proposto è, in linea con i principali della ricerca-‐azione, connotato da forti elementi di autoriflessione e ricorsività delle azioni svolte. La prima fase, infatti, prevede un’analisi e autoanalisi di contesto, in cui i docenti prendono possesso della piattaforma tecnologica e dei contenuti in essa organizzati e individuano da soli i bisogni formativi propri del gruppo con cui attueranno la formazione stessa. La seconda fase, guidata dai tutor esperti, prevede l’approfondimento di 2 tematiche, da sviluppare secondo i principi della trasversalità e della verticalità. In questa fase viene chiesto ai docenti in formazione di progettare un breve percorso didattico e di condividere con il resto del gruppo il protocollo che sarà poi sperimentato in classe ai fini di una sua validazione e valutazione. Nella terza fase, i docenti mettono in pratica quanto hanno ipotizzato: si realizza l’ipotesi di lavoro in aula e poi si condividono con gli altri insegnanti risultati e criticità emerse. Dopo la sperimentazione, la quarta fase è dedicata alla condivisione delle esperienze nell’ottica di una loro trasferibilità. Le scelte metodologiche fatte e opportunamente messe alla prova sul campo diventano un ideale archivio a disposizione anche delle altre scuole. Al termine del percorso di formazione il corsista riceve un attestato generato in modo automatico dall’ANSAS su indicazione dei tutor e firmato dal Direttore del corso. Tale documento riporta tutte le attività svolte dal corsista in formazione comprensive delle attività online e off line e delle ore di studio necessarie alla realizzazione dei compiti previsti. Allo stesso modo, i tutor ricevono un attestato di conduzione del corso che contiene i dettagli delle attività svolte. 2.4 Modello pedagogico e contenuti
Dagli elementi sinora analizzati risulta evidente che Poseidon attui un modello blended-‐learning che integra gli incontri in presenza con il confronto che ha luogo sulla piattaforma online. Il docente in formazione è così oggetto e soggetto di una proposta metodologica innovativa. Come partecipante al corso non subisce lezioni frontali volte ad aumentare la gamma di contenuti a sua disposizione, ma è invitato a progettare esperienze didattiche innovative, in linea con i principi individuati dal Piano Poseidon; come soggetto attivo in aula non riproduce la classica lezione frontale, ma sperimenta i percorsi didattici condivisi con gli altri colleghi durante la sua formazione e utilizza il fare scuola per mettere alla prova le ipotesi e i progetti fatti. Le esperienze didattiche, a questo punto, non appartengono al singolo tutor o al gruppo di esperti nazionali ma sembrano emergere – attraverso step successivi – dall’interazione tra tutti i soggetti coinvolti (non ultimi gli studenti). Questo percorso è svolto sotto la guida di due esperti che agiscono da facilitatori, coordinando il lavoro dei gruppi di ricerca e compiendo un indispensabile azione di formalizzazione dei risultati ottenuti attraverso la redazione della sceneggiatura e del report finale per l’U.S.R.
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I docenti in formazione sono inseriti in una comunità di pratica che progetta e realizza esperienze didattiche innovative nell’ambito di una ricerca-‐azione. I confini delle singole materie vengono superati da un approccio plurilingue facilitato dalla composizione dei gruppi di lavoro all’interno di Poseidon: i docenti in formazione provengono infatti da aree linguistico-‐culturali differenti e spesso anche da Istituti scolastici diversi e anche i tutor non sono esperti della stessa disciplina. Di seguito l’elenco delle tematiche che compongono l’offerta formativa di Poseidon: – Sviluppo della competenza semantico-‐lessicale – Interlingua e analisi degli errori – Educazione linguistica in un curriculum plurilingue – Didattica della mediazione linguistica – La riflessione grammaticale nell’apprendimento linguistico – La didattica della lettura, comprensione e riscrittura dei testi – La valutazione degli apprendimenti linguistici – Didattica della scrittura – La centralità del testo e la didattica – Topoi e temi letterari – Lavorare per generi: l’educazione linguistico-‐letteraria nell’educazione di base – Il parlato – L’ascolto
Ogni area tematica ha il proprio materiale di studio che fornisce al docente in formazione il riferimento teorico relativo al tema dell’area. Ci sono poi i percorsi, che articolano le attività del docente sviluppando i principali nodi dell’area. Largo spazio è lasciato alla compenetrazione tra teoria e pratica: i percorsi contengono, infatti, esempi di attività didattiche e strumenti che possono essere utilizzati dal docente. I progetti e le esperienze didattiche sono divisi per area tematica, il risultato del modello ricorsivo del Piano e contengono modelli per il lavoro in classe derivati dalle esperienze dei corsisti delle passate edizioni di Poseidon.
2.5 Applicazione del modello blended. I presìdi e le attività online
I presìdi costituiti presso gli Istituti scolastici e la piattaforma online costituiscono, coerentemente con il modello di formazione blended, i contesti attraverso i quali si attua la proposta per la didattica innovativa di Poseidon. L’individuazione delle scuole presidio è a cura del U.S.R. che cerca di scegliere le scuole presso le quali i tutor sono in servizio, sentita la disponibilità del Dirigente scolastico. Quest’ultimo è il Direttore del corso ed è il responsabile del corretto svolgimento della formazione: collabora con i tutor, predispone l’intervento del personale tecnico-‐amministrativo, si assicura della funzionalità dei laboratori e rilascia gli attestati conclusivi dei corsi.
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Un ulteriore attore della complessa architettura organizzativa di Poseidon è il gruppo di coordinamento regionale, costituito per iniziativa dell’U.S.R insieme ai referenti del CTS e delle Associazioni disciplinari partner del progetto. Ne fanno parte anche tutor di prima e seconda generazione, i Dirigenti dei presìdi e gli autori dei materiali. In questo modo si cerca di collegare le realtà territoriali ai principi condivisi a livello nazionale, bilanciando le specificità e il necessario riferimento ai reali contesti d’adozione delle sperimentazioni con il quadro generale di cui Poseidon è portatore. Questa funzione di collegamento – e la necessità di avere a disposizione luoghi per il confronto tra pari – rende le funzioni di comunicazione tra i differenti attori fondamentali per evitare che ci sia eccessiva disomogeneità tra le attività svolte a livello regionale e di singolo presidio.
La piattaforma online è la risposta tecnologica a questo bisogno di continuo confronto e ha la doppia funzione di essere insieme luogo di riflessione sulla didattica innovativa e strumento attraverso il quale porre in essere questo cambiamento nella didattica dei linguaggi, con particolare attenzione all’integrazione con la multimedialità. Ogni gruppo di lavoro ha, in piattaforma, la propria area dedicata e la possibilità di interagire con i colleghi attraverso la bacheca, il forum, la chat, il calendario e l’area condivisione materiali, un repository dei semilavorati dei gruppi. Oltre a questi strumenti sono presenti applicazioni software per la videoconferenza, pensata come sorta di laboratorio sincrono a disposizione per un confronto diretto e il quanto più possibile immediato con gli altri partecipanti alla formazione. Al fine di consentire una forte condivisione del lavoro svolto e opportuni spazi di pubblicazione di notizie, la piattaforma online ospita al suo interno un blog e uno spazio Wiki. La piattaforma è progettata per mappare l’effettivo utilizzo fatto dai partecipanti; ciascun utente potrà poi controllare le attività svolte e il monte ore acquisito come risultato delle proprie azioni. Completa il ventaglio di strumenti a disposizione, l’assistenza fornita da un help desk dedicato, da raggiungere attraverso la posta elettronica.
2.6 Innovazione didattica: punti di forza e criticità
La formazione dei docenti non si limita alla somministrazione di contenuti ma ambisce a una profonda rivalutazione del ruolo dell’insegnante, chiamato a un continuo lavoro di riflessione sugli strumenti del suo fare scuola. La dimensione collaborativa mira a far emergere una progettazione didattica condivisa tra i docenti, eliminando gli schemi tradizionali di formatore-‐formato, mettendo tutti i soggetti del Piano al centro dell’esperienza. Tale impostazione, poi, è coerentemente riprodotta all’interno della classe dove gli insegnanti sperimentano approcci all’insegnamento della lingua che superano la tradizionale lezione frontale per andare incontro alle nuove esigenze degli studenti valorizzando le loro competenze e non solo la mera trasmissione del sapere. A testimonianza della buona riuscita del modello, c’è la qualità dei materiali prodotti dagli insegnanti in formazione. La dimensione collaborativa sembra aver prodotto buoni risultati in termini di produzione di strumenti per l’apprendimento efficaci e di progettazione di percorsi didattici in linea con gli aspetti più raffinati della riflessione scientifica sul tema.
La scelta dell’approccio plurilingue e l’attenzione alla costruzione di curriculi verticali sono emblematici di una innovazione che non riguarda soltanto le modalità della formazione, ma si sforza di
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cambiare profondamente il contenuto dell’attività trasmissiva rivolta agli studenti. Nel tentativo di dar vita a un cambiamento non episodico, che sappia riformare dall’interno i meccanismi della scuola, Poseidon raccomanda un impegno diretto dei tutor e degli insegnanti in formazione per far sì che le scelte e le opportunità derivanti dalle nuove metodologie applicate sia il più possibile condiviso e possa essere vissuto non come un corpo estraneo calato dall’alto ma come il frutto di un percorso condiviso a più livelli di governance.
L’utilizzo della strumentazione tecnologica diventa, così, funzionale alla gestione delle interazioni e alla condivisione del materiale nell’ottica di una sua integrazione con un ragionamento che coinvolge più in generale i linguaggi di comunicazione (siano essi rappresentati dallo studio della lingua o dalle potenzialità della mutimedialità).
Accanto ai punti di forza sopra ricordati emergono, però, alcune questioni aperte che è bene mettere in evidenza al fine di un futuro intervento di riprogettazione del Piano di formazione. Il forte investimento sul protagonismo degli insegnanti in formazione determina un impegno che non sempre si concilia con le risorse cognitive e di tempo a disposizione degli insegnanti. In quest’ottica devono essere letti gli abbandoni dei corsisti che, fortemente motivati all’inizio del corso, si sono poi scontrati con un impegno forte e di lungo periodo che non era compatibile con l’organizzazione complessiva del loro lavoro. Anche la strutturazione del monte ore (e del tempo previsto per messa a punto delle singole attività) non sempre è sembrata in linea con l’effettivo svolgimento delle attività generando, anche in questo caso, alcuni disguidi. Se il forte investimento nel modello blended e nell’utilizzo della piattaforma online è stato ricordato come punto di forza del piano, di contro tale impostazione necessità di un corpo insegnante dotato di un buon grado di competenze informatiche all’ingresso. L’opportuna confidenza con gli strumenti informatici presenti in piattaforma consente, infatti, un migliore dialogo con gli altri componenti del gruppo e risulta indispensabile per la progettazione condivisa che è uno degli assi portanti di Poseidon. La scommessa dell’approccio multilingue e multiculturale non sempre è stata accompagnata dalla necessaria eterogeneità dei corsisti: il dialogo con punti di vista differenti, infatti, è la necessaria premessa per arrivare a sperimentazioni didattiche che vadano oltre i tradizionali confini disciplinari per attuare una sintesi che sappia andare oltre la singola materia di insegnamento. Il forte impegno del singolo insegnante deve poter contare su un’opera di sostegno che non si limita ai soli tutor di progetto, ma coinvolge in prima persona i Dirigenti scolastici coinvolti. Da questo punto di vista, non tutti i DS sembrano essere stati in grado di valorizzare il loro contributo al Piano e, in alcuni casi, sembrano essersi mossi con eccessiva autonomia allontanando le attività del presidio dagli orientamenti condivisi a livello nazionale.
In prospettiva, Poseidon dovrà cercare una rimodulazione dell’impegno del singolo corsista per evitare la concentrazione degli impegni e favorire più in generale una tempistica più distesa, in grado di concedere il tempo necessario per assimilare le proposte innovative del progetto formativo. L’indispensabile autonomia concessa a livello territoriale dovrà comportare maggiore coordinamento a livello nazionale per evitare che i contesti scolastici virtuosi siano i protagonisti del Piano a discapito delle scuole e delle reti di scuole che, svantaggiate da oggettive difficoltà di contesto, non possano prendere pienamente parte al processo di innovazione che è alla base di Poseidon. Al termine del
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percorso fatto, resta un auspicio per un riconoscimento maggiore della formazione svolta dagli insegnanti. A tale proposito, sarà indispensabile un attento lavoro di mappatura dell’impegno messo in campo dal singolo docente e di valutazione della qualità della progettazione didattica che emerge come risultato del percorso di formazione. Tale riconoscimento formale potrà agire positivamente come stimolo per una completa adesione al corso, riducendo i tassi di abbandono e motivando ulteriormente i docenti in formazione.
3. ISS. INSEGNARE SCIENZE SPERIMENTALI67
La nascita del Piano ISS è connesso alla firma del protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, le associazioni disciplinari (AIF, Associazione per l’Insegnamento della Fisica; ANISN, Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali; SCI-‐DDC, Società Chimica Italiana – Divisione di Didattica Chimica) e i Musei (Fondazione Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano; Città della Scienza di Napoli), avvenuta nel novembre 2005.
ISS si inserisce esplicitamente nel processo di riforma dei sistemi di istruzione posto in essere, a livello europeo, come ricaduta del Consiglio europeo di Lisbona del 2000, con l’obiettivo di elevare il livello di literacy (competenze) matematico-‐scientifica degli studenti italiani, sostenendo la formazione continua degli insegnanti con lo scopo di promuovere, attraverso i docenti stessi, un’innovazione nelle esperienze educative in ambito scientifico.
L’Unione Europea, come noto, collegava in maniera esplicita la competitività in ambito di sviluppo economico al miglioramento dei sistemi scolastici nazionali, promuovendo iniziative per lo sviluppo della qualità della formazione e dell’istruzione in Europa. Formazione permanente e di qualità; sistemi educativi efficaci ed efficienti; compatibilità tra i sistemi di formazione dei paesi membri (nell’ottica di una cittadinanza sempre più in grado di circolare liberamente tra i differenti sistemi paese): queste le linee generali del disegno di riforma elaborato a Lisbona che poneva l’orizzonte temporale dei 10 anni per mettere a sistema questo nuova attenzione agli aspetti immateriali della società della conoscenza. ISS, insieme agli altri Piani Nazionali, che prendono le mosse all’inizio degli anni 2000, si pone in accordo con il quadro brevemente ricordato sopra e si propone di essere la risposta alle azioni di indirizzo europee.
ISS declina l’impegno di miglioramento del sistema di educazione e formazione rispetto al versante delle competenze matematico-‐scientifiche degli studenti italiani, mettendo al centro delle sue attività la formazione di insegnanti e formatori. Nello specifico il Piano parte dalla costruzione di nuovi modelli di formazione rivolti agli insegnanti della scuola dell’obbligo.
67 Il paragrafo è stato scritto da Simone Mulargia
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3.1 Start up. Contesto, fabbisogni formativi e nuove proposte per l’insegnamento delle
discipline scientifiche
ISS è il risultato di un lungo processo di riflessione sullo stato della didattica delle discipline scientifico-‐sperimentali messo in campo, nella prima fase, dalle associazioni di docenti. Tale processo inizia simbolicamente nel 2001 quando il neoeletto Presidente della DD/SCI (Divisione Didattica/Società Chimica Italiana), chiede un incontro con i Presidenti di AIF (Associazione per l’Insegnamento della Fisica) e ANISN (Associazione degli Insegnanti di Scienze Naturali) per un confronto volto a uniformare le riflessioni che le singole associazioni portavano avanti.
Il Piano ha avuto, dunque, una gestazione, frutto di un dibattito interno ai soggetti impegnati in prima persona nell’insegnamento delle materie scientifiche. In questo senso il Piano ha messo a sistema una fase preparatoria precedente alla sua realizzazione. È negli anni immediatamente prima della nascita di ISS che vari soggetti (con un ruolo di primo piano delle associazioni disciplinari degli insegnanti) hanno di fatto svolto attività propedeutiche, i risultati delle quali sarebbero poi confluite nell’architettura generale del Piano.
Già, quindi, nel 2002 ci fu la presentazione a Firenze di un documento dal titolo “Appello dei Docenti delle Discipline scientifiche contro l’impoverimento culturale e materiale dell’Italia” e la firma di un protocollo d’intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, per individuare comuni strategie di azione in ordine ai contenuti e alle modalità delle attività di formazione. Con l’appello congiunti del 2002 sono state raccolte 3000 firme, a testimonianza di un sentire comune circa la situazione di emergenza della didattica delle discipline scientifiche. A partire da quel momento si sono susseguiti incontri e riflessioni con l’apporto determinante dei Comitati Scientifici delle associazioni che, dopo un periodo di lavoro isolato, hanno iniziato a collaborare in forma via via più strutturata. Un elemento centrale di questo processo è stato il riconoscimento, da parte del Ministero, delle Associazioni disciplinari come Enti di formazione, capaci dunque di gestire direttamente la formazione disciplinare senza dover ricorrere all’approvazione della Direzione Generale del Personale Scolastico. Nel 2002 le tre Associazioni hanno presentato un progetto dal titolo “Le Scienze a scuola. Didattica e strumenti di lavoro per le Scienze”, con richiesta di finanziamento per la creazione di un portale, al servizio dei docenti di Scienze sperimentali di ogni scuola. L’idea, poi convogliata nel disegno complessivo di ISS, è stata quella di coadiuvare i docenti di discipline scientifiche attraverso la raccolta, la validazione e la diffusione di buone pratiche didattiche. La ricaduta concreta del dibattito culturale di preparazione a ISS, è stata l’istituzione di alcune scuole estive che da subito hanno scelto di caratterizzarsi per l’impegno alla riforma delle strategie didattiche. La Scuola Primaria è diventata perciò il primo ambito su cui mettere in atto una rivisitazione dei modelli e delle strategie di insegnamento delle discipline scientifiche. Le più significative (perchè di livello nazionale) sono state quella di Assergi nel luglio del 2003, e quella di Triuggio (MI) nel settembre 2004).
Nel 2005, a seguito del seminario organizzato dal MIUR per presentare i risultati dell’indagine
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OCSE-‐PISA sulla preparazione scientifica degli studenti, si è giunti alla firma del protocollo di intesa con il Ministero: alle Associazioni si sono aggiunte due tra i più rappresentativi Musei scientifici italiani: il Museo di Scienza e Tecnologia «Leonardo da Vinci» di Milano e la Fondazione «Città della Scienza» di Napoli. Il protocollo faceva esplicita menzione alla realizzazione di iniziative di formazione in servizio sostenute da laboratori di ricerca-‐azione finalizzati al miglioramento dell’insegnamento-‐apprendimento in ambito scientifico con l’individuazione della centralità del rinnovamento delle metodologie didattiche. 3.2 Le fasi del Piano
Nell’anno scolastico 2006-‐2007 il Piano è diventato operativo a livello regionale, con l’adesione degli USR e la selezione, a livello locale, dei docenti a cui è stata somministrata la formazione iniziale. I tutor sono stati selezionati e formati nel periodo compreso fra novembre-‐dicembre 2006 nel corso di seminari nazionali rivolti ai docenti di Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte; Veneto, Lombardia, Trento, Bolzano, Val d’Aosta, Umbria; Puglia, Sicilia, Basilicata; Sardegna, Calabria e Campania e organizzati presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano e Città della Scienza di Napoli. I docenti che hanno partecipato alla formazione iniziale sono stati divisi in gruppi, guidati da un coordinatore e da un discussant, declinati secondo i quattro Temi caratterizzanti ISS: «Luce, colore e visione»; «Le trasformazioni»; «Leggere l’ambiente»; «Terra e Universo». Al fine di rendere più significativa l’esperienza di formazione e di porre l’attenzione più alle modalità di innovazione della didattica che alla mera questione del livello di conoscenze dei docenti sulle materie oggetto di formazione, si è scelto di inserire i docenti (soprattutto quelli della scuola Secondaria di Secondo Grado) in temi che fossero distanti dalla loro disciplina di riferimento. I gruppi erano formati da insegnanti provenienti dai diversi ordini di scuole. Gli elementi centrali nella formazione dei docenti-‐tutor analizzati nella documentazione68 predisposta dal Comitato Scientifico e fornita durante i seminari erano: la verticalità dei curricoli, la didattica laboratoriale, la funzione del tutor nella formazione degli adulti, il sistema dei presìdi territoriali, suggerimenti per la produzione di resoconti delle esperienze di formazione, educazione formale e informale, gli esiti dell’indagine OCSE-‐PISA/INVALSI.
Oltre ai seminari nazionali, sono stati organizzati 3 seminari tematici: «Le trasformazioni», dedicato all’area disciplinare «chimica» (Cagliari aprile 2007); «Leggere l’ambiente» dedicato all’area disciplinare «scienze naturali» (Bagheria-‐Palermo maggio 2007) e «Luce, colore e visione» e «Terra e Universo» per l’area disciplinare fisica (Lamezia Terme maggio 2007). I tre seminari hanno visto la partecipazione di circa quattrocento persone, in prevalenza tutor provenienti dalle varie Regioni italiane69.
All’inizio dell’anno scolastico 2007-‐2008 sono state svolte due azioni: un nuovo seminario di formazione iniziale per le regioni mancanti (Milano, ottobre 2007), al quale hanno partecipato 109 68 Per un approfondimento dei lavori svolti in questa fase, si rimanda alla pubblicazione che raccoglie gli atti dei seminari di Milano e Napoli. 69 Gatti I. (2007), Piano ISS, in Annali della Pubblica Istruzione n. 1, pp. 37-‐90.
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insegnanti distribuiti in 35 presìdi, e un incontro per i tutor che avevano completato un anno di attività. Nell’ottica di una rimodulazione dell’intervento formativo, l’impianto di questi seminari è stato rivisto dal Comitato Scientifico alla luce di un questionario distribuito nel febbraio 2007, in riferimento alle attività della piattaforma PuntoEdu. I tutor entrati nel Piano l’anno precedente, invece, hanno preso parte ai seminari successivi (Napoli ottobre 2007 e Milano novembre 2007). Tali attività seminariali hanno, di fatto, completato l’avvio di ISS per tutto il territorio nazionale.
Nell’autunno 2008 i tutor e i presìdi sono stati invitati a produrre un piano di attività (sia per quel che riguarda lezioni svolte in classe, sia complessivamente come presìdio) con l’obiettivo di mettere a sistema le pratiche di ISS con le “Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione”. Alcuni esperti indicati dalle Associazioni disciplinari hanno gestito la discussione all’interno dei Forum, mentre il Comitato Scientifico redigeva un nuovo documento dal titolo “Suggerimenti ai tutor per una riprogettazione efficace”, anche come supporto alla programmazione per l’a.s. 2008-‐2009. Il Comitato Scientifico ha, inoltre, progettato un’azione di monitoraggio/sostegno esteso a tutte le regioni. 3.3 Modello pedagogico e strumentazione didattica: ISS tra presìdi e attività online
Il ripensamento delle modalità di gestione della didattica predisposto all’interno di ISS è coerente con alcune ricerche internazionali70 relative alla didattica delle discipline scientifiche per quel che riguarda: la centralità della formazione agli insegnanti per migliorare l’approfondimento degli studenti; la capacità di distinguere tra ciò che risulta evidente e ciò che è interpretato, è plausibile; la cooperazione tra pari per l’autoformazione; l’attenzione agli elementi di continuità e discontinuità nelle differenti età dei discenti.
In generale, il modello adottato da ISS fa riferimento ai principi della ricerca-‐azione per quel che attiene la sperimentazione di pratiche condivise tra i docenti come chiave per lo sviluppo professionale. La verticalità, la didattica laboratoriale, la trasversalità e la ricerca didattica sono quindi elementi che caratterizzano fortemente il Piano. Coerentemente con tali premesse, quest’ultimo enfatizza il coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti nella progettazione, evitando la classica distinzione tra compiti direttivi e operativi. Per questo, la pianificazione, la realizzazione e la valutazione delle azioni intraprese viene condivisa sia a livello locale che a livello nazionale. La scommessa insita nel modello dei presìdi, prevede che i centri di innovazione locale possano contaminare con le loro buone pratiche tutti i centri messi in rete, sino a coprire l’intero sistema scolastico.
Se queste sono le indicazioni a livello macro, a livello di reale scenario di interazione il docente è chiamato a predisporre egli stesso i percorsi di approfondimento in classe, utilizzando le indicazioni e
70 Il riferimento viene esplicitato da Silvano Sgrignoli nel suo intervento “Il modello per il miglioramento della didattica scientifica proposto dal piano iss «insegnare scienze sperimentali» in Annali della Pubblica Istruzione n. 5-‐6-‐1/2009-‐2010. Per un approfondimento cfr. R.A. Duschl R. A., Schweingruber H.A., Shouse A.W (2007) (a cura di), Taking Science to School, The National Academies Press e Confrey J., The evolution of design studies as methodology, disponibile all'indirizzo http://www.uky.edu/~jwi229/PBLE/readings/Confrey.pdf
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gli spunti forniti dai docenti-‐tutor e dalla documentazione del Piano. La pratica scolastica, opportunamente valorizzata, incide poi in termini di auto-‐riflessione sul percorso adottato fornendo le chiavi per successive fasi di aggiustamento. Per questo, i progressi conoscitivi degli allievi sono solo un elemento della valutazione della bontà del lavoro svolto. ISS ha, infatti, l’ambizione di accrescere complessivamente il livello di consapevolezza dei docenti, predisponendo anche meccanismi di motivazione che possano spingere il singolo docente a ulteriori momenti di approfondimento disciplinare visti non come risposta a un obbligo, ma come strategie per il miglioramento di un processo in cui si percepiscono come protagonisti. Il docente ideale che partecipa a ISS è inserito a pieno titolo nella comunità di pratica che, attraverso l’apprendimento collaborativo tra pari, accresce la sua performance didattica; è un professionista che non esegue mansioni, ma riflette in tempo reale sulla sua professionalità, autocorreggendo il suo comportamento in ragione del contesto della sua classe. Non viene formato secondo una logica trasmissiva del sapere (dove esperti della disciplina lo aggiornano sulle ultime tendenze) ma viene stimolato a innovare le modalità dell’insegnamento. Il docente diventa, secondo tale modello, un ricercatore che pone ipotesi e cerca conferme e nuovi orientamenti all’azione nell’ambito del contesto nel quale interviene. Il docente diventa, nella prospettiva di ISS, un mediatore attivo, in grado di muoversi trasversalmente ai contesti formali e informali valorizzando le dinamiche cognitive dei ragazzi e anche il sapere che deriva dall’esperienza comune.
La trasversalità dei contenuti è un altro elemento caratterizzante il modello formativo di ISS. L’impostazione della progettazione didattica mira esplicitamente a superare la tradizionale divisione tra saperi e discipline, scommettendo sulla capacità dei soggetti coinvolti di oltrepassare il proprio punto di vista e la sicurezza data dal padroneggiare i contenuti della propria materia per cercare il coinvolgimento dei saperi altri. Per attuare il processo descritto, il Piano di formazione ISS utilizza un modello in linea con le indicazioni del blended learning, mescolando momenti di formazione in presenza con attività online attraverso la piattaforma PuntoEdu.
Il presidio è l’unità organizzativa atta a realizzare l’intervento del Piano a livello locale. I presìdi territoriali sono animati dai docenti-‐tutor che, attraverso il supporto degli USR e delle altre istituzioni, hanno il compito di promuovere iniziative di formazione che coinvolgano le scuole e le reti di scuole del territorio. Il presidio è dunque un modello organizzativo attento al territorio e alle sue specificità, ma è anche un luogo fisico che può ospitare gli incontri tra docenti-‐tutor e insegnanti in formazione. Le tre fasi dell’intervento formativo di ISS (progettazione del percorso didattico, sperimentazione in classe e rielaborazione finale) prevedono, infatti, sia incontri in presenza sia specifiche attività nella piattaforma online secondo il modello del blended learning sopra ricordato. Le attività di ricerca-‐azione promosse da ISS vengono così attuate nel territorio all’interno del presidio secondo le linee guida concordate a livello nazionale. I docenti-‐tutor, all’interno del presidio, svolgono attività di auto-‐formazione. Progettano, infatti, attività didattiche, le sperimentano in classe, producono riflessioni sullo svolgimento delle attività per suggerire e apportare modifiche emerse nella relazione con gli studenti. Ma svolgono, altresì, azioni di formazione rivolte agli insegnanti delle scuole afferenti al presidio. Particolare attenzione è posta alla coerenza tra le azioni intraprese dai tutor a livello locale e le linee-‐guida nazionali. È compito dei Gruppi di Pilotaggio Regionali far sì che i tutor mantengano il
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modello formativo della collaborazione all’interno di una comunità di pratiche evitando di concepire la formazione dei colleghi come trasferimento di competenze. L’aggiornamento disciplinare, laddove necessario, deve essere svolto parallelamente a ISS ma non ne costituisce la principale attività.
Come integrazione e valorizzazione delle azioni svolte in presenza all’interno dei presìdi e tra le scuole coinvolte in rete, ISS prevede l’utilizzo della piattaforma online, predisposta dalla Direzione Generale per il personale della scuola del MIUR in collaborazione con ANSAS e con le Associazioni disciplinari di settore. L’ambiente offre il supporto per la socializzazione alle indicazioni nazionali del Piano (presenti nella documentazione a disposizione), ma soprattutto gli strumenti per la progettazione dell’intervento didattico (per cui è necessario il confronto con gli altri partecipanti alla sperimentazione nel presidio) e per la conservazione e valorizzazione delle indicazioni emerse e dei materiali prodotti. Forum tematici, repository di materiale, discussione online per la validazione dei materiali caricati in piattaforma sono alcuni degli strumenti. Puntoedu ha visto quindi l’attività di circa 400 docenti-‐tutor suddivisi equamente tra i 4 temi di ISS. I moderatori presenti in piattaforma hanno avuto responsabilità formalizzate relative alla gestione delle attività degli altri docenti e alla relazione del lavoro svolto. 3.4 La sfida per l’innovazione della didattica e la rete delle eccellenze
L’azione di ascolto e di monitoraggio delle esperienze dei docenti-‐tutor si è svolta durante lo svolgimento stesso di ISS in linea con l’impianto della ricerca-‐azione: gli spunti innovativi, emersi insieme alle difficoltà, sono presi in considerazione per riorientare l’attività svolta71.
Un primo elemento di pregio del Piano è la volontà di valorizzare le esperienze che partono dalla scuola, prendendo in considerazioni le opportunità e i limiti (strutturali, organizzativi ecc.) che gli insegnanti si trovano quotidianamente a vivere, rispetto alla scelta di soluzioni preconfezionate e calate dall’alto. In linea con questa sensibilità, il Piano ha cercato di mettere in atto il massimo coinvolgimento dei differenti soggetti protagonisti della ricerca-‐azione, sia in termini di apporto alla progettazione degli interventi didattici, sia per quanto riguarda l’analisi del lavoro svolto e le proposte di modifica delle azioni intraprese. ISS ha concesso ampi margini di libertà e iniziativa ai docenti-‐tutor che, in linea con le indicazioni generali condivise a livello nazionale nei momenti di formazione, hanno avuto la possibilità di agire in sintonia con le esigenze particolari emerse a livello di presidio.
La scelta di un modello non prescrittivo è stata, però, in alcuni casi fonte di criticità. Sembra, infatti, che alcuni contesti locali particolarmente virtuosi si siano giovati della possibilità di mettere a sistema il portato delle esperienze anche pregresse, contaminando positivamente il Piano di formazione con quanto fatto anche in altri contesti. Ma questo modello sembra essere stato in altri casi fonte di ambiguità e disguidi che devono essere tenuti in considerazione nell’ottica di un aggiustamento delle attività da svolgere. In altri termini, il territorio con le sue criticità e le zone di eccellenza sembra essere il vero protagonista. ISS ha saputo valorizzare i picchi di qualità emersi, ma
71 Per una riflessione sulle azioni svolte all'interno di ISS cfr. «Il Piano insegnare scienze sperimentali» Annali della Pubblica Istruzione n. 5-‐6-‐1/2009-‐2010.
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non sempre è riuscito a migliorare la performance globale del sistema scuola. Il modello flessibile sembra contenere al suo interno un’ulteriore criticità: l’assenza di un
quadro sufficientemente unitario e coerente per la rilevazione e valutazione dei processi messi in atto nelle reti ISS del territorio. La pratica di auto-‐riflessione (e una sottesa cultura del monitoraggio) sembra, anche in questo caso, pienamente attuata solo in quei contesti che hanno interpretato al meglio il Piano, mentre risulta carente per le zone già sottoposte a stress organizzativo. È chiaro, infatti, che la scommessa più ambiziosa dei piani di formazione – il cambiamento culturale nei modelli e nella prassi didattica – è anche la più difficile da realizzare. Un cambiamento di lungo periodo si scontra ancora con alcuni colli di bottiglia rappresentati dalle esigenze organizzative quotidiane della scuola e con i vincoli dei programmi e dell’organizzazione del lavoro. I docenti sono quindi i protagonisti della loro formazione: ciò risulta la formula perfetta per intercettare e valorizzare i contesti di eccellenza, ma rischia di penalizzare quei sistemi scolastici che, vittima di un ritardo di lungo corso, avrebbero bisogno di essere accompagnati in maniera più solida e strutturata.
4. [email protected]. Matematica. Apprendimenti di base con e-‐learning72
4.1 Origine del Piano
Il Piano Nazionale [email protected], indirizzato ai docenti italiani di matematica, nasce nel 2006, per iniziativa del MIUR, dalla collaborazione di diverse Istituzioni, Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica (ex INDIRE), USR (Uffici Scolastici Regionali) e Associazioni disciplinari -‐ UMI-‐CIM (Unione Matematica Italiana – Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica), SIS (Società Italiana di Statistica), ciascuna delle quali presente con diversi esperti nelle differenti fasi del Piano. d. Il punto di partenza originario di [email protected] è costituito dai materiali, opportunamente selezionati e rielaborati, prodotti in un piano di lavoro pluriennale, La Matematica per il cittadino, realizzato tra il 2000 e il 2005 nell’ambito delle finalità previste da un Protocollo d’Intesa, sottoscritto nel 1993 e tutt’ora in vigore, dall’allora Ministero della Pubblica Istruzione e dall’UMI (Unione Matematica Italiana) ed esteso nel 1999 alla SIS (Società Italiana di Statistica)73. e. [email protected], indirizzato ai docenti italiani di matematica, nasce dalla sentita esigenza di un decisivo miglioramento dell’insegnamento della materia all’interno dell’istituzione scolastica, a partire da una riflessione avviata e fortemente voluta dalla Direzione Generale per il personale della scuola del MIUR, inserita all’interno di un quadro culturale più ampio di raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e in considerazione delle carenze rilevate dalle indagini internazionali sugli apprendimenti degli studenti. Vi è un particolare riferimento, in tal senso, alle carenze in termini di competenze matematiche degli allievi, rilevate dall’indagine Ocse-‐PISA -‐ Project For International Students’ Assessment -‐ promossa nel 2003. 72 Il paragrafo è stato scritto da Daniela Cinque. 73 La Matematica per il cittadino 2001 e 2003, Collana dei Quaderni MPI.
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f. Tale indagine rilevava nei quindicenni italiani forti mancanze proprio nell’area delle competenze di base, ritenute decisive per la formazione culturale del cittadino del domani e indispensabili allo sviluppo, nel soggetto, delle capacità di acquisizione di consapevolezza critica e autonomia d’azione all’interno del tessuto sociale. g. La riflessione di partenza sul piano [email protected] insiste, non a caso, sul processo di innovazione di strategie, metodi, strumenti per la costruzione di ambienti di formazione che favoriscano lo sviluppo professionale dei docenti, inteso come un processo in fieri, che punta al consolidamento e all’aggiornamento continuo di metodi, strategie e competenze legate al modus di fare didattica, in una più vasta prospettiva di miglioramento complessivo della reputazione e del recupero del ruolo di mediazione dell’istituzione scolastica e, di conseguenza, dei risultati di apprendimento e di risposta culturale degli studenti. h. Si gettano, dunque, le basi di una strada da percorrere in una prospettiva di acquisizione e potenziamento di competenze e strategie didattiche, da parte dei docenti, più vicine e affini ai linguaggi e alle modalità di apprendimento dei giovani moderni74. 4.2 I destinatari dell’intervento formativo e gli obiettivi del Piano
Il Piano [email protected] punta inizialmente alla formazione dei docenti della scuola secondaria di primo
grado e del primo biennio delle scuola secondaria di secondo grado, attraverso una metodologia di approccio all’insegnamento-‐apprendimento della matematica che intende far leva sulla dimensione laboratoriale.
Obiettivo primario è il miglioramento della matematica nella scuola italiana, in particolare nella fascia di età 11-‐16 anni, la più “carente” in tal senso come evidenziato dalle indagine sopraccitate. Attraverso la formazione degli insegnanti sull’innovazione delle strategie didattiche, si intende migliorare ed elevare il livello di competenza degli studenti. In particolare, oltre all’acquisizione da parte degli studenti di competenze strumentali adatte ad eseguire calcoli, risolvere equazioni e leggere dati, è sempre presente un aspetto culturale di fondo, che intende collegare tali competenze specifiche e strumentali alla capacità del soggetto di orientarsi nella complessità della realtà quotidiana: entrambi i tipi di competenze costituiscono obiettivi di lungo termine strettamente connessi, che pongono al centro dell’attenzione lo studente e il suo bisogno formativo.
Entrando maggiormente nel dettaglio degli obiettivi dichiarati, il Piano intende sostenere la formazione continua dei docenti, organizzati in comunità di pratiche e sostenuti da presìdi territoriali, capofila di reti di scuole, all’interno dei quali operano insegnanti (Docenti-‐tutor) precedentemente coinvolti in attività di formazione e sperimentazione, con il compito di svolgere una funzione tutoriale.
74 Cfr. Linee di Orientamento per l’adesione al Piano [email protected], a.s. 2006/2007, Ministero della Pubblica Istruzione – Dipartimento per l’Istruzione -‐ Direzione Generale per il personale della scuola (http://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2006/allegati/matabel.pdf)
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Il piano intende altresì concretizzare il concetto di autonomia didattica, attraverso la promozione nella scuola di esperienze di ricerca e sperimentazione in ambito matematico, contribuendo anche alla riflessione sugli standard formativi relativi ai livelli di competenze matematiche, da raggiungere progressivamente in una logica di curricolo verticale.
4.3 Struttura, attori e fasi del Piano
Il Piano [email protected], come sopradetto, vede il concorso di diverse Istituzioni -‐ MIUR, ANSAS, USR e le Associazioni disciplinari UMI-‐CIIM e SIS. Il Piano è coordinato a livello nazionale da un Comitato Tecnico Scientifico (CTS), costituito da rappresentanti di MIUR, ANSAS, UMI-‐CIIM e SIS. All’attuazione del Piano concorrono le istituzioni scolastiche individuate come presìdi territoriali per la matematica e insegnanti con funzione di Docente-‐tutor. Il Piano, come dichiarato nelle linee guida, si articola in quattro fasi75:
I fase: progettazione a cura del CTS (ottobre-‐dicembre 2005) II fase: rielaborazione e immissione in piattaforma del materiale didattico (gennaio-‐marzo 2006) III fase: individuazione e formazione di ulteriori Docenti-‐tutor (marzo-‐dicembre 2006) IV fase: realizzazione delle attività di formazione, a partire dall’a.s. 2006/2007 ad oggi. Quanto al coinvolgimento attivo degli attori del processo, il CTS elabora il piano di formazione, ne
cura e supervisiona l’attuazione, seleziona i Docenti-‐tutor e ne verifica i risultati attraverso un primo monitoraggio della fase pilota; gli USR individuano i presìdi territoriali, promuovono gli incontri con i Docenti-‐tutor e scelgono, tra questi ultimi, due Coordinatori regionali; curano, inoltre, l’organizzazione e la realizzazione dei corsi di formazione. I Coordinatori regionali, curano i rapporti con gli USR per l’organizzazione e la realizzazione dei corsi a livello locale e con il CTS per il monitoraggio dell’iniziativa.
I presìdi territoriali coordinano le attività di formazionI Docenti-‐tutor, in numero di 112, hanno il compito di guidare i corsisti nella loro formazione e risultano così ripartiti:
- 22 docenti di scuola secondaria di primo e di secondo grado, preparati sia sotto il profilo delle competenze matematiche sia dal punto di vista delle metodologie, comprese le tecnologie informatiche proprie della matematica e dell’e-‐learning, i quali, sotto la supervisione del CTS, hanno rielaborato e riattualizzato i materiali tratti dai testi La Matematica per il cittadino e hanno curato la formazione dei successivi Docenti-‐tutor;
- 90 docenti, scelti su base regionale in numero proporzionale alle scuole esistenti nel territorio, con riferimento alle loro competenze matematiche, all’esperienza nell’uso delle tecnologie per l’insegnamento e in generale alle capacità relazionali per la conduzione di gruppi di lavoro.
4.4 La realizzazione: le fasi della formazione
75 Cfr. F. Antonello, L.Ciarrapico, G.Margiotta, La formazione dei docenti di matematica. Il Piano [email protected], in Annali della Pubblica Istruzione, 1/2007, pp. 91-‐107.
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L’attività di formazione dei docenti prevede una presentazione alle scuole e due fasi di lavoro, una
pilota, realizzata nell’anno scolastico 2006/2007, e una a regime avviata dall’a.s. 2007/2008, ad oggi. In particolare, c’è da precisare che a partire dall’a.s. 2009/2010 l’offerta formativa è stata arricchita -‐ PON -‐ [email protected] -‐ con l’intento di garantire una riflessione organica sull’intero curriculum di matematica nella secondaria dell’obbligo scolastico76.
La presentazione del Piano alle scuole è effettuata dagli USR che, in collaborazione con i Docenti-‐tutor, lo illustrano ai rappresentanti delle scuole. Gli istituti interessati esprimono l’adesione al piano, in base alla quale gli USR concordano con i Coordinatori regionali un programma di formazione per l’a.s. 2006/2007.
La fase pilota si svolge nel periodo dicembre 2006-‐maggio 2007 ed ha come obiettivo la validazione del piano stesso e la sua messa a punto. La formazione è articolata in incontri in presenza e on-‐line, e in sperimentazione in classe, che rappresenta il ‘ritorno’ del docente, la ricontestualizzazione di quanto appreso nel suo ambiente professionale.
Viene stabilito un numero massimo di incontri in presenza (3 della durata di 3 ore ciascuno) a cadenza settimanale, di ciascun gruppo con il Docente-‐tutor e un incontro, sempre in presenza, a ‘conclusione’ del processo di formazione. Nel periodo che intercorre tra gli incontri iniziali e quello di chiusura, le attività proseguono on-‐line, all’interno della classe virtuale, per 25/30 ore.
Obiettivi della formazione iniziale in presenza sono la presentazione del Piano e delle sue finalità, l’illustrazione dei materiali didattici che si ritroveranno on line, la socializzazione alla Piattaforma e-‐learning ‘Apprendimenti di Base’ dell’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS), e la definizione di un protocollo di sperimentazione di una delle attività. Scopo primario della formazione on-‐line è l’affinamento e l’approfondimento del materiale didattico, il supporto all’attività di sperimentazione in classe, la condivisione di metodi e strumenti per l’innovazione didattica, con la valorizzazione dell’apprendimento peer-‐to-‐peer, sotto la guida del tutor.
Nella fase di sperimentazione in classe, ciascun docente sceglie una o due attività coerenti con il proprio piano didattico e avvia una sperimentazione in classe, secondo il protocollo concordato. Durante il tempo della sperimentazione il gruppo condivide on line sia le problematiche che i punti di forza che emergono, nonché impedimenti o input positivi legati al fattore tecnologico. Nella fase di sperimentazione il corsista ha il compito di redigere un “Diario di bordo” secondo le indicazioni di una scheda di lavoro presente a margine delle attività.
L’incontro di chiusura in presenza è finalizzato alla discussione face to face delle attività realizzate e alla valutazione dell’esperienza vissuta.
Nelle varie fasi il Docente-‐tutor fa da moderatore/mediatore del gruppo: guida i docenti nella realizzazione delle attività, facilita la risoluzione di problemi di varia natura (tecnica, metodologica o
76 Alla data di uscita del presente Report, risultano infatti aperte le iscrizioni ai corsi [email protected] di I e II livello, a.s. 2011/2012 (http://www.indire.it/ponmatematicacorso1/)
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altro) sorti nel gruppo, raccoglie le osservazioni dei docenti e le sintetizza, nell’ottica di una revisione e affinamento continuo dell’intero processo messo in atto.
Alla conclusione dei lavori ciascun Coordinatore regionale, in collaborazione con gli altri Docenti-‐tutor, sintetizza gli esiti dell’attività di formazione in una relazione che fa pervenire al CTS entro una data stabilita.
Durante la fase a regime il Piano è esteso ad una popolazione più ampia di docenti di matematica, secondo la programmazione predisposta dal MIUR in accordo con gli USR. La formazione si svolge secondo il modello utilizzato nella prima fase, con gruppi di persone, il cui numero è definito localmente in base all’entità della domanda di formazione. In caso di una richiesta elevata, può capitare che svolgano funzione di Docente-‐tutor anche alcuni dei corsisti della fase pilota, opportunamente selezionati dagli USR. 4.5 Modello formativo e contenuti
Nella denominazione completa del Piano -‐ [email protected]. Matematica. Apprendimenti di base con e-‐
learning -‐ è già insito il modello di formazione di riferimento: l’adozione del modello blended-‐learning consente di mettere in atto una metodologia basata sull’apprendimento collaborativo e cooperativo, dapprima ‘in presenza’, in secondo luogo ‘a distanza’, attraverso la piattaforma ‘Apprendimenti di Base’ dell’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS).
I docenti di matematica hanno la possibilità, in tal modo, di accedere ad un tipo di formazione professionale che coniuga la condivisione di strategie didattiche in piattaforma attraverso tutti gli strumenti, sincroni e asincroni, messi a disposizione (forum, chat, blog, gruppi di discussione, esercitazioni, ecc.) fino alla sperimentazione e riattualizzazione, nel proprio contesto scolastico di riferimento, delle buone pratiche acquisite.
Il modello che viene proposto nella piattaforma Apprendimenti di Base consente agli insegnanti di attivare processi di condivisione e confronto reciproco, sotto la guida di un tutor, in un ambiente flessibile, interattivo e in continuo divenire, grazie alle sollecitazioni legate alla dimensione del fare e dell’agire, affinché l’apprendimento si concretizzi in classe e abbia un effetto di breve, medio o lungo periodo, sull’apprendimento degli studenti.
La logica sottostante al processo è quella dell’apprendimento continuo e della trasferibilità delle competenze metodologiche acquisite durante il processo di formazione, con una cura particolare nei confronti dei processi di cambiamento, sotto diversi punti di osservazione. Un cambiamento da innescare nel docente, dal punto di vista dell’allineamento delle sue competenze tecnologiche a quelle degli studenti; un cambiamento in termini di innovazione dei processi all’interno dell’istituzione scolastica; non da ultimo, un cambiamento-‐miglioramento nello studente, nel suo modo di approcciarsi alla comprensione della disciplina matematica e della sua capacità di orientarsi autonomamente al tempo moderno.
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Di seguito viene riportata l’offerta formativa dichiarata nel Piano [email protected]: Il piano si avvale, come accennato nel paragrafo 1, dei materiali prodotti nel piano di lavoro pluriennale La Matematica per il cittadino che riguardano l’insegnamento della matematica ad un target 6-‐19 anni, comprendente 200 esempi di attività da svolgere in classe e di elementi per le relative prove di verifica. Essi sono raccolti in tre volumi, editi a cura del MIUR: Matematica 2001 (Scuola primaria e secondaria di primo grado), Matematica 2003 (Ciclo secondario-‐primo e secondo biennio), Matematica 2004 (Ciclo secondario-‐quinta classe). Tutte le attività propongono un insegamento-‐apprendimento della matematica attraverso tre aspetti fondamentali:i contenuti disciplinari, le situazioni e i contesti in cui i problemi sono posti, i processi che l’allievo deve attivare per collegare la situazione problematica affrontata con i contenuti matematici. I contenuti sono riconducibili a quattro Nuclei fondamentali, presenti nei curricoli di molti paesi del mondo e nelle prove OCSE-‐PISA, anche se con terminologia diversa. Si tratta di Nuclei di contenuto identici per tutto il percorso scolastico considerato:
- Numeri - Geometria - Relazioni e funzioni - Dati e previsioni
Le situazioni e i contesti fanno riferimento ad alcune tipologie fondamentali, anch’esse identiche in diverse proposte curricolari:
- Situazioni personali - Situazioni scolastiche o di lavoro - Situazioni pubbliche - Situazioni scientifiche
I processi sono legati alle competenze degli allievi: queste ultime consistono nella capacità di individuare, tra le conoscenze possedute, quelle che consentano di fronteggiare una determinata situazione problematica e di ricontestualizzarle adeguatamente al fine di risolvere il problema. Tra i processi fondamentali:misurare, progettare, visualizzare, classificare, congetturare, verificare, dimostrare, definire. Il Piano [email protected] ha selezionato, ristrutturato e rielaborato 24 esempi, tra i più significativi, della Matematica per il cittadino, opportunamente adattati alla Piattaforma on line da un gruppo di docenti esperti e organizzati in egual numero attorno a 4 Nuclei di contenuto che coincidono con i principali nodi concettuali della matematica: numeri, geometria, relazioni e funzioni, dati e previsioni.
77 Cfr. F. Antonello, L.Ciarrapico, G.Margiotta, La formazione dei docenti di matematica. Il Piano [email protected], in Annali della Pubblica Istruzione, 1/2007, pp. 98-‐99.
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4.6 Innovazione didattica per la matematica. Il Piano [email protected] tra punti di forza e criticità
Le parole-‐chiave maggiormente rappresentative del progetto [email protected] e, dunque, dei suoi punti di forza possono essere così sintetizzate: laboratorio, apprendimento collaborativo e cooperativo, interattività, sperimentazione, cambiamento, formazione e autoformazione, centralità dello studente, apprendimento continuo.
I punti di forza sono da individuarsi nell’impianto culturale e didattico che chiama in causa le reti di scuole, con l’obiettivo altamente qualificante di una formazione continua in servizio, ‘peer to peer’, che avviene sulla base della condivisione dell’esperienza didattica e del supporto e sostegno da parte dei docenti già formati. Altro punto di forza, sotto il profilo dell’organizzazione e della distribuzione del lavoro, è la realizzazione di presìdi territoriali, che si assumo il compito di portare avanti la sperimentazione e la validazione di pratiche didattiche innovative, anche attraverso momenti di formazione in presenza.
L’offerta culturale e didattica risulta essere di ampio respiro, in linea con i più recenti input provenienti a livello internazionale, così come risulta fondamentale lo sviluppo di un curricolo verticale di matematica, proprio nella fase di ‘passaggio’ tra la scuola secondaria di primo e secondo grado, la più delicata e ‘a rischio’.
Il modello metodologico adottato risulta essere uno dei ‘cavalli di battaglia’ del Piano, poiché riesce a coniugare, attraverso il blended-‐learning, momenti di confronto in presenza, condivisione e costruzione dei contenuti, nonché l’avvio di riflessioni metodologiche on line, per poi tornare ad un’ulteriore concretizzazione e ricontestualizzazione di quanto appreso, in presenza, ciascuno nelle proprie aule scolastiche, nel proprio vissuto quotidiano. La teoria e la pratica didattica si fondono e il modello della cosiddetta ‘didattica frontale’ e della formazione tradizionale viene messo in crisi e riconsiderato secondo standard innovativi. Altro elemento di positività sta nella raccolta, valorizzazione e produzione di materiali didattici anche multimediali, che diventano per definizione ‘open’, vale a dire malleabili, flessibili, aperti all’implementazione da parte dei docenti stessi che partecipano al processo di ‘immersione formativa’.
Elementi di criticità risultano essere, talvolta, una difficile gestione e dilatazione dei tempi di formazione che determina un sovraccarico in termini di impegno richiesto ai docenti, una sovrapposizione dei tempi di formazione con il tempo libero personale, un disorientamento rispetto alla quantità di informazioni, materiali e comunicazioni disponibili online.
Si tratta evidentemente di criticità che emergono in considerazione della ‘mole’ di contenuti, materiali e stimoli che il piano [email protected] ha inteso portare avanti; una rimodulazione in tal senso potrà certamente contribuire a ridurre gli abbandoni durante il corso e ad affinare sempre più un metodo già avviato sulla strada di un produttivo consolidamento
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5. LOGOS – DIDATTICA DELLA COMUNICAZIONE DIDATTICA
5.1 Origine del piano
Il Piano Nazionale LOGOS -‐ Didattica della Comunicazione Didattica, nasce nella primavera del 2007, è indirizzato a docenti e dirigenti scolastici di scuole di ogni ordine e grado di tutte le regioni d’Italia, e intende promuovere, all’interno del curricolo, lo sviluppo dell'area dei linguaggi non verbali e multimediali e l’uso delle tecnologie digitali nella didattica di ciascuna disciplina. Le motivazioni alla base della nascita del Piano risiedono proprio nella presa di coscienza dell’importanza assunta dai processi comunicativi nella nostra società e dall’evolversi delle tecnologie multimediali e digitali, dunque dall’esigenza che i docenti le applichino e le sappiano adeguatamente ricontestualizzare all’interno della didattica quotidiana.
È fondamentale lavorare sul crescente divario generazionale, soprattutto in termini di comunicazione e di nuovi media: per poter riuscire a comunicare con gli adolescenti è necessario allinearsi ai loro linguaggi e l’istituzione scolastica, in questo, sembra ancora faticare alquanto.
Fanno da sfondo alla nascita del Piano Logos alcuni documenti di base di fondamentale rilevanza nel panorama dell’innovazione didattica e della cittadinanza: in primis, le Raccomandazioni del Parlamento e del Consiglio europeo del 18 dicembre 200678, che prevedono nelle Otto competenze chiave la conoscenza, competenza, abilità nella fruizione e nella produzione di materiali e strumenti multimediali (linguaggio digitale, cinema, musica, teatro, televisione ecc.); il D.M. 22 agosto 2007 n. 13979 che nell’Asse dei Linguaggi conferma quanto raccomandato dal Parlamento e dal Consiglio europeo e nell’asse Scientifico-‐tecnologico precisa le competenze digitali80.
Dal punto di vista istituzionale, nella primavera del 2007 il MIUR istituiva con Decreto Direttoriale una Cabina di regia, coordinata dal Dirigente Scolastico F. Butturini del Liceo ‘Maffei’ di Verona e composta dal personale del Ministero, della Scuola e dell’Università, con il compito di studiare, progettare e realizzare un progetto ministeriale dedicato alla sensibilizzazione delle problematiche della comunicazione didattica nelle scuole di ogni ordine e grado. Nasce così il progetto Didattica della comunicazione didattica e viene scelto il Liceo Classico “Scipione Maffei” di Verona come scuola capofila, perché, oltre a essere stato annoverato tra le scuole di eccellenza nel gruppo autonomia del 1997, dall’anno scolastico 1997/98, nelle opzioni Liceo Classico della Comunicazione, Liceo Classico delle Lingue Straniere e Liceo Linguistico è previsto l’insegnamento della disciplina “Linguaggi non Verbali e multimediali”.
Il 20 agosto 2009 viene pubblicata la Raccomandazione relativa all’alfabetizzazione mediatica che definisce gli ambiti di alfabetizzazione secondo il Parlamento e il Consiglio europeo, coerenti con le precedenti Raccomandazioni. Il 3 settembre 2009 viene ratificato un Protocollo d’intesa per la formazione in ingresso e in servizio in collaborazione fra le Facoltà di Scienze della Comunicazione e il
78 http://eur-‐lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:394:0010:0018:IT:PDF 79 http://www.indire.it/obbligoistruzione/content/index.php?action=read_doc&id_m=3929&id_sez=4065&id_cnt=4078 80 Cfr. Trattato di Lisbona, 2008 (http://europa.eu/lisbon_treaty/index_it.htm)
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Dipartimento per l’istruzione del MIUR, tramite il progetto “Didattica della comunicazione didattica”. Alle Facoltà di Scienze della Comunicazione si sono unite alcune facoltà di Scienze della Formazione81.
5.2 I destinatari dell’intervento formativo e gli obiettivi del Piano
Il progetto Didattica della comunicazione didattica ha inteso realizzare, fin dal momento della sua nascita, interventi formativi mirati a fornire ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado elementi di teoria, metodologie e strumenti da utilizzare nella didattica dei linguaggi non verbali e multimediali.
Tra gli obiettivi strategici dichiarati nel Piano, che risultano certamente esserne, accanto a quelli didattici, punti di forza:
- Creare nei docenti e nei dirigenti scolastici la consapevolezza dell'importanza di far conseguire ai docenti e agli studenti competenze relative all'area dei linguaggi non verbali e multimediali, anche in vista del raggiungimento degli obiettivi di Lisbona 2020;
- creare una rete di scuole articolate in gruppi regionali e gruppi provinciali come poli di diffusione della cultura della comunicazione didattica e di supporto alle altre scuole per la realizzazione di curricoli che sviluppino le competenze relative ai linguaggi non verbali e multimediali, come strumento quotidiano di comunicazione-‐recezione di tutte le discipline;
- riportare in dibattito, dialogo e confronto le migliori pratiche delle scuole, rendendole esplicite e visibili;
- formare alla pratica delle codocenze e, dove e quando possibile, delle compresenze - addestrare alla realizzazione di curricoli interdisciplinari tramite i linguaggi non verbali e
multimediali; - appassionare e rimotivare per mezzo di un rinnovato sistema di comunicazione in classe; - predisporre piani di insegnamento-‐apprendimento secondo le strategie derivanti dalle nuove
intelligenze digitali e dai nuovi sistemi di recezione-‐comunicazione dei nativi digitali, facendo loro scoprire o riscoprire tutta la varia strumentazione della comunicazione multimediale: cinema, televisione, teatro, danza, musica, arte;
- sviluppare il senso di appartenenza alla scuola, vissuta come centro di contemporaneità e non più come “semplice” luogo di trasmissione di nozioni: docenti e studenti imparano ad “abitare” le proprie scuole e le aule di studio, di ripresa, di montaggio, ma anche la biblioteca, che viene riscoperta come punto di riferimento per ripercorrere in maniera nuova i contenuti che una scuola “tradizionale” fa sempre più fatica a trasmettere.
Tra gli obiettivi didattici del Piano:
81 Cfr. Documento di progetto Piano Nazionale Logos, Progetto nazionale per la formazione in servizio di docenti e dirigenti della rete Didattica della comunicazione didattica in trasformazione in Piano Logos -‐ Didattica della comunicazione didattica.
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- approfondire le metodologie per lo sviluppo nel curricolo di percorsi di apprendimento rinnovati, grazie ai linguaggi non verbali e multimediali: cinema, televisione, teatro, danza, musica e linguaggio digitale;
- Approfondire il ruolo nella didattica delle strategie comunicative mediate dalle tecnologie digitali come trasferimento semplificato (e provvisorio) della multimedialità;
- aggiornare sulle nuove tecnologie e sul loro impiego nell’insegnamento e nell’apprendimento, con particolare riferimento ai linguaggi digitali, come trasferimento semplificato (e provvisorio) della multimedialità;
- fornire ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado elementi di teoria, metodologie e strumenti da utilizzare nella didattica con i linguaggi non verbali e multimediali;
- facilitare e incrementare le pratiche laboratoriali e quelle multimediali, con particolare riferimento all’uso delle Lavagne Interattive Multimediali (LIM) come supporto di riferimento semplificato della multimedialità;
- migliorare, nei docenti e negli studenti, la padronanza degli strumenti espressivi e argomentativi nell’interazione comunicativa verbale e non verbale in vari contesti comunicativi: cinema, televisione, teatro, danza, musica come aeree di trasmissione generale e particolare: umanistico-‐scientifica, tecnica, artistica;
- acquisire piena consapevolezza della complessità della comunicazione a vari livelli disciplinari (docenti e studenti);
- usare con consapevolezza la strumentazione multimediale e arricchire le proprie abilità critiche nella relazione/uso con gli strumenti e i prodotti della multimedialità (docenti e studenti);
- sviluppare l’attenzione critica ai linguaggi digitali per una maggiore consapevolezza delle loro espansioni e necessità nella recezione-‐comunicazione didattica (docenti e studenti);
- migliorare, nei docenti e negli studenti, la comprensione e l’interpretazione dei testi scritti di vario tipo e di differente spessore comunicativo.
5.3 Struttura, attori e fasi del piano Il Piano Logos si articola in quattro fasi di lavoro:
I fase: formazione di un gruppo di lavoro che comprende un docente per ciascuna delle scuole polo sperimentali ed esperti di Università italiane.
II fase: predisposizione di un progetto III fase: preparazione di materiali cartacei e on line per la formazione dei docenti in servizio e in
ingresso. IV fase: predisposizione di piani di studio e di ricerca per la formazione. Durante l’a.s. 2006/2007 vengono realizzati i primi incontri della cabina di regia, si avvia la
definizione dei poli sperimentali e inizia il consolidamento degli incontri del gruppo di lavoro, al fine di sistematizzare la dimensione progettuale e laboratoriale. Agli inizi del 2008 avviene la diffusione dei
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poli nelle regioni e la produzione dei materiali formativi. Durante gli a.s. 2008/2009 e 2009/2010 vengono sviluppati il progetto e la rete.
Il Piano Logos si avvale, dal punto di vista delle risorse organizzative, di una Cabina di regia, di una Commissione Scientifica e di un Comitato nazionale; coinvolge dal punto di vista istituzionale tutti gli Uffici Scolastici Regionali con il ruolo di rafforzare e confermare la rete regionale, le Facoltà di Scienze della Comunicazione firmatarie del protocollo d’intesa e le Facoltà di Scienze della Formazione che vi hanno aderito.
Durante l’anno 2010 vengono organizzati numerosi seminari regionali (Piemonte, Friuli, Puglia, Campania, Sardegna, Basilicata, Marche, Lazio), nonché un seminario nazionale frequentato dai referenti provinciali e dai referenti scientifici e tecnici.
Scendendo nel dettaglio delle competenze degli attori, la Cabina di regina ha il compito di studiare, progettare e realizzare il progetto dedicato alla sensibilizzazione delle problematiche della comunicazione didattica nelle scuole di ogni ordine e grado; si riunisce a Roma presso il MIUR con frequenza quadrimestrale ed è presieduta dal coordinatore responsabile del progetto. La Cabina di regia ha inoltre il compito di seguire in itinere le azioni di formazione in servizio, fornire consulenze generali, accompagnare i lavori del Comitato Nazionale; si riunisce insieme con il Comitato Nazionale e partecipa ai seminari e alle riunioni della Commissione scientifica.
Il Comitato nazionale, istituito nel gennaio 2008 con Decreto Direttoriale del Direttore Generale per il personale scolastico del MIUR, ha il compito di coordinare la rete regionale, tenere i rapporti con i referenti designati dai direttori regionali degli Uffici Scolastici Regionali, ideare e realizzare giornate di studio e seminari regionali, collaborare con la Cabina di regia per i seminari nazionali. Compito del Comitato nazionale è, in sintesi, quello di allargare e consolidare la rete regionale delle scuole aderenti al progetto, articolandola in reti provinciali e di progettare azioni di ricerca di collaborazione con le Università locali e tra le scuole delle reti e altre (per predisporre in accordo con le direzioni regionali piani di formazione in servizio a livello regionale e interregionale).
Per quanto concerne i seminari di formazione, a partire dall’ottobre 2007 fino al 201082 sono stati realizzati otto seminari residenziali nazionali, di impronta laboratoriale, dedicati alle pratiche di innovazione didattiche, con una sensibile attenzione e una cura particolare nei confronti della comunicazione multimediale, delle potenzialità e delle criticità ad essa connesse. I seminari, intesi come un modello di formazione in servizio, hanno l’obiettivo di avviare un processo di socializzazione e condivisione delle esperienze didattiche svolte nei differenti contesti scolastici, attuare un confronto ‘peer-‐to-‐peer’ tra metodi didattici legati all’innovazione, attivare e consolidare il dialogo con la ricerca universitaria, elaborare nuove esperienze e produrre materiali per la formazione e l’aggiornamento continuo dei docenti.
82 Per i primi cinque seminari, dal 2007 al 208, sono stati pubblicati gli Atti -‐ Quaderno n. 8 del MIUR -‐ distribuiti a tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado. Per il sesto e settimo seminario sono previsti gli Atti; l’ottavo seminario si è svolto a Bussolengo nel 2010.
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5.4 Modello formativo e contenuti del Piano
Di enorme rilevanza è la penetrazione del principio fondamentale della ricerca-‐azione didattica per una “comunicazione multimediale quotidiana”. Il modello di riferimento formativo adottato dal Piano Logos è blended-‐learning, in quanto alterna a momenti di formazione in presenza, di tipo seminariale, un’acquisizione di competenze e metodologie didattiche innovative on line, sulla piattaforma realizzata nel 200983. La piattaforma del progetto (Comunicazione didattica) è destinata in primis alle scuole della rete; la cabina di regia ha affidato a sei referenti regionali l’assistenza delle sei aree di Linguaggi presenti in piattaforma: Giornalismo, Cinema, Televisione, Musica, Teatro e Danza, Linguaggio digitale.
La rete iniziale delle scuole aderenti al progetto Didattica della comunicazione didattica (95 scuole) di ogni ordine e grado, si è progressivamente sviluppata ed oggi comprende oltre mille scuole. Le scuole delle singole reti regionali hanno iniziato a dialogare fra di loro con azioni comuni di informazione e formazione, instaurando un clima di reciproca e condivisa collaborazione. Si attribuisce, dunque, grande rilevanza alle forme di apprendimento collaborativo in rete, alla condivisione di idee ed esperienze didattiche, alla progettazione e revisione, attraverso il confronto in presenza e on line, delle pratiche didattiche in un’ottica di innovazione e di aggiornamento continuo, senza mai perdere di vista la centralità dello studente, dal punto di vista della formazione culturale, professionale, umana. 5.5 Il processo di Innovazione didattica: il Piano Logos tra punti di forza e implementazioni
I punti di forza del Piano Logos, oltre a quelli già individuati negli obiettivi dichiarati del Piano (paragrafo 2), sono molteplici: il primo risiede nella volontà dichiarata di intraprendere percorsi di ricerca-‐azione -‐ innovativa – finalizzati al rinnovamento della didattica delle discipline del curricolo nell’ambito disciplinare dei Linguaggi non Verbali e Multimediali, imprescindibile per la ‘formazione ultima’, indirizzata allo studente, concepita anche come formazione del cittadino del domani. In secondo luogo, la valorizzazione delle esperienze realizzate dai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, che costituiscono una preziosa risorsa da cui ‘attingere’, al fine di riflettere e restituire forme di innovazione didattica ‘dal basso’, calate nei contesti reali di chi vive e segna profondamente la scuola. Altri punti di forza si rintracciano nell’aver stabilito rapporti di consulenza scientifico-‐laboratoriale con Università, ANSAS e con Istituti di alta cultura, l’aver permesso un sistema di archiviazione e documentazione on line dei materiali di formazione provenienti dai diversi attori del Piano.
Non da ultima, una logica sottostante a tutto il processo innovativo, vale a dire l’apprendimento continuo e collaborativo e la trasferibilità delle competenze metodologiche acquisite dai docenti durante il processo di formazione e ri-‐negoziate e condivise all’interno dei propri contesti scolastici di appartenenza, nonché all’interno della comunità scientifica on line.
83 http://logos.digizen.it/
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Il cambiamento futuro dovrà insistere sulla ‘messa a sistema’ delle pratiche e dei metodi individuati, affinchè diventino pratiche sempre più consolidate per il futuro, che potranno insistere sul cambiamento della ‘testa’ di chi oppone ancora qualche resistenza nel considerare l’innovazione didattica, a livello tecnologico e metodologico, un aspetto di secondo piano per la formazione del docente, dello studente e per la riconquista, da parte dell’Istituzione scolastica, del suo ruolo di mediazione, di ambiente formativo deputato per eccellenza allo sviluppo della persona e del cittadino del domani e della sua funzione vitale di allineamento alle culture giovanili.
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CAPITOLO XI La valutazione dei 4 Piani Bruno Ronsivalle84
La Griglia di valutazione dei Piani costituisce uno strumento operativo per l’analisi della “qualità promessa” di un Piano formativo e si basa sui dati riportati nella Scheda descrittiva dei Piani. Quest’ultima include una serie di informazioni sintetiche sugli elementi fondamentali che caratterizzano il Documento di progetto del Piano formativo in esame nel momento in cui è stato ammesso al finanziamento dal MIUR, a prescindere da tutta l’eventuale documentazione integrativa prodotta in fase di delivery e dai report elaborati durante i vari piani di monitoraggio precedenti.
La Griglia trae ispirazione dal modello di qualità della formazione elaborata dal team M3 della Sapienza, con un focus specifico sulle variabili rilevanti della “qualità promessa”, ossia di tutti i fattori che descrivono l’impianto della proposta progettuale prima dello start-‐up e che contribuiscono a determinare le condizioni iniziali per il buon esito dell’intero intervento formativo. In particolare, nell’individuazione degli indicatori della “qualità promessa”, il team M3 ha fatto esplicito riferimento, in ordine di priorità, ai documenti ufficiali dell’Unione Europea sul tema della qualità della formazione degli insegnanti, alle specifiche degli standard internazionali ISO per la gestione della qualità e, infine, ad alcuni modelli scientifici anglosassoni per l’integrazione degli standard di qualità e del metodo di analisi per processi nell’ambito dei piani educativi e formativi85. Fra le normative europee, ne riportiamo alcune di seguito:
1. Documenti dell’Unione Europea
a. Conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea, del 25 maggio 2007, relative ad un quadro coerente di indicatori e parametri di riferimento per monitorare i progressi nella realizzazione degli obiettivi di Lisbona in materia di istruzione e formazione;
b. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio: Migliorare la qualità della formazione degli insegnanti, [Bruxelles, 3.8.2007 -‐ COM(2007) 392];
c. Relazione sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti [2008/2068(INI));
d. Commissione per la cultura e l'istruzione -‐ Relatrice: Maria Badia i Cutchet];
84 Consulente scientifico del dipartimento di formazione dell'ABI (Associazione Bancaria Italiana), nonché membro del Comitato di indirizzo di Foragri (Fondo nazionale paritetico per la formazione in agricoltura) e socio proprietario di Label Formazione srl. Docente a contratto del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza di Roma. 85 Per approfondimenti si vedano Romiszowski A.J., Designing Instructional Systems, Kogan Page, London, 1999; Popham W.J., Modern Educational Measurement. Practical Guidelines for educational Leaders, Boston, 2000; Bonstingl J.J., Schools of Quality: An Introduction to Total Quality Management in Education Corwin Press, 2001; Baker B.D., Richards C.E., The Ecology of Educational Systems. Data, Models, and Tools for Improvisational Leading and Learning, Columbus, Ohio, 2004; Dick W., Carey L., Carey, J.O., The systematic design of instruction, MA: Pearson, Boston, 2005.
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e. Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale [(Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/C 155/01)];
i. Allegato I: Il quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità: criteri di qualità e descrittori indicativi;
ii. Allegato II: una serie di riferimento di indicatori di qualità selezionati per valutare la qualità dell'istruzione e formazione professionale;
2. Standard Internazionale ISO a. ISO 9001.2008 -‐ Norme di gestione per la qualità e di assicurazione della qualità; b. ISO 9004:2009 – La norma 9004.2 – Elementi di gestione per la qualità e del sistema
qualità; 1. La Griglia di valutazione
La Griglia rappresenta l’output finale di una procedura in 2 step – (1) analisi della documentazione e (2) integrazione delle informazioni fornite dal referente nazionale di ciascun piano -‐ e prende in considerazione le tre aree fondamentali di un progetto formativo:
1) l’area della cornice di riferimento, ossia la macrosezione in cui sono descritti le finalità
generali, le premesse di partenza e i risultati delle analisi preliminari sul fabbisogno formativo e le caratteristiche specifiche dei destinatari del piano.
2) l’area di progettazione e delivery, che include sia la presentazione dettagliata degli elementi costitutivi del “progetto” formativo – dalla formulazione degli obiettivi didattici generali all’enunciazione dei risultati attesi -‐, sia una descrizione della metodologia didattica, del disegno complessivo e degli attori coinvolti.
3) l’area di valutazione e monitoraggio, in cui sono riportate le procedure e gli strumenti di verifica in itinere ed ex post dell’efficacia del percorso formativo, nonché una definizione delle logiche di ripartizione delle voci di costo in funzione delle varie risorse allocate.
Le tre aree che compongono la Griglia contribuiscono al valore finale attribuito a ogni Piano in maniera proporzionale al grado di rilevazione o incidenza nella determinazione della qualità promessa:
• cornice di riferimento = 30% del valore complessivo; • progettazione e delivery = 40% del valore complessivo; • valutazione e monitoraggio = 30% del valore complessivo.
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La preminenza dell’area relativa alle voci di “progettazione e delivery” deriva, come avremo modo di approfondire in seguito, dalla concentrazione all’interno dell’area stessa delle variabili corrispondenti agli aspetti più caratteristici e sostanziali di un Piano formativo. 2. La struttura della Griglia di valutazione
Ciascuna area della Griglia si articola in una serie di variabili corrispondenti alle voci su cui i vari membri del team M3 determinano collegialmente una valutazione quantitativa relativa all’impianto progettuale dei Piani in esame. Tale giudizio consiste nella selezione di un valore che esprime il grado di adeguatezza della descrizione relativa all’elemento in esame in funzione di una scala di rango triadica. Ad esempio, in corrispondenza della voce “Obiettivi strategici”, relativa alla descrizione delle finalità generali del piano formativo, è possibile selezionare uno dei seguenti valori: “(Descrizione) Assente”, “(Descrizione) Generica/Parziale”, “(Descrizione) Dettagliata”.
La struttura della Griglia prevede altresì la ponderazione a priori di ogni variabile mediante l’attribuzione di un valore compreso tra 1 (*) e 5 (*****), in funzione della maggiore o minore rilevanza dell’indicatore in esame rispetto al quadro complessivo della qualità promessa, . L’assegnazione dei pesi riflette le indicazioni espresse nei documenti istituzionali e risponde ai seguenti criteri generali: Peso Descrizione Criterio di attribuzione del peso
1 Non rilevante La variabile contribuisce esclusivamente a dettagliare ed esplicitare alcuni aspetti meno rilevanti del Piano formativo. La sua assenza non determina alcun effetto negativo in relazione alla qualità (promessa) della proposta progettuale.
2 Poco rilevante La variabile costituisce un fattore di contorno, non particolarmente decisivo per la validità della proposta progettuale. La sua assenza non produce un impatto significativo sulla qualità (promessa) del Piano formativo.
3 Mediamente rilevante
La variabile contribuisce a garantire la qualità (promessa) della proposta progettuale, senza però costituire un elemento strategico per il Piano formativo. La sua assenza indebolisce l'impianto complessivo, la cui validità generale però, non viene in alcun modo pregiudicata.
4 Molto rilevante La variabile costituisce una condizione necessaria, ma non sufficiente, per determinare la validità di una proposta progettuale. La sua assenza compromette seriamente la qualità (promessa) del Piano formativo.
5 Estremamente rilevante
La variabile costituisce una condizione necessaria e sufficiente per determinare la validità di una proposta progettuale. La sua assenza pregiudica totalmente la qualità (promessa) del Piano formativo e rende il percorso privo di senso.
Il valore sintetico che esprime il giudizio complessivo sulla “qualità promessa” di un Piano
formativo deriva pertanto dalla somma aritmetica ponderata dei singoli giudizi corrispondenti alle differenti voci della griglia. Tale valore è compreso tra 0 e 100, e tiene conto dei pesi attribuiti alle aree e alle variabili dello schema.
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3. Le variabili della Griglia di valutazione 3.1. Area 1: “cornice di riferimento”
La prima area della Griglia è dedicata agli elementi di scenario del piano formativo e gioca un ruolo fondamentale nella definizione della qualità progettuale del Piano formativo, poiché – come più volte sottolineato nelle fonti istituzionali di riferimento -‐ consente di esplicitare il disegno e la visione strategica entro la quale si inscrive l’intervento. Ciò risulta particolarmente evidente nella descrizione dei criteri per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale86, da cui emergono una serie di indicazioni concrete per la definizione degli indicatori di qualità nella proposta progettuale di un Piano formativo per gli insegnanti:
• formulazione di scopi e obiettivi formativi a medio e a lungo termine; • collegamento tra scopi/obiettivi e obiettivi europei; • definizione di “meccanismi e procedure per definire i fabbisogni di formazione” (che implica un
meccanismo articolato di individuazione e selezione del target in funzione dei profili e delle aspettative professionali);
• introduzione di “norme e linee guida per il riconoscimento, la convalida e la certificazione delle competenze delle persone”.
In ragione di tali considerazioni, questa sezione contribuisce per il 30% al giudizio complessivo sulla qualità progettuale e si articola in almeno otto variabili distinte:
1. Riferimenti giuridici 2. Riferimenti scientifici 3. Contesto di riferimento 4. Obiettivi strategici 5. Modello di competenze 6. Target 7. Analisi del fabbisogno formativo 8. Formazione formatori
3.1.1. Distribuzione dei pesi
Il grafico rappresenta la distribuzione in ordine descrescente dei pesi attribuiti agli 8 indicatori dell’area “cornice di riferimento” in rapporto alla valutazione complessiva del Piano formativo. 86 Allegato I: Il quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità: criteri di qualità e descrittori indicativi. Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale [(Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/C 155/01)]
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Esso evidenzia l’assoluta rilevanza delle descrizioni relative alle caratteristiche dei destinatari del piano (“target”) e allo studio preliminare sulle effettive esigenze formative dei partecipanti (“analisi del fabbisogno formativo”) nel determinare il grado di qualità progettuale dell’impianto didattico. Assoluta rilevanza che deriva dall’assunto – confermato dalle fonti europee e dalla letteratura scientifica – secondo cui la progettazione efficace di un corso di formazione rivolto ai docenti di ruolo non può prescindere da una conoscenza approfondita e dettagliata del sistema di conoscenze/abilità/competenze iniziali degli utenti finali, del loro livello di motivazione e delle ragioni che ne giustificano il coinvolgimento all’interno del Piano di formazione. Dal grafico si evince altresì il ruolo fondamentale delle finalità generali (“obiettivi strategici”) e del nesso tra il Piano e la normativa nazionale e internazionale (“riferimenti giuridici”), attraverso cui è possibile valutare il livello di coerenza della proposta progettuale con le specifiche comunitarie sul tema dell’istruzione pubblica e le politiche del MIUR in materia di formazione e aggiornamento dei docenti. 3.1.2. Criteri di valutazione
La valutazione relativa agli elementi che compongono l’area della “cornice di riferimento” si basa sui seguenti criteri:
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Variabile Valutazione Criterio di valutazione
Riferimenti giuridici
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento alla normativa nazionale o internazionale.
Generica/Parziale I riferimenti alla normativa sono lacunosi, non aggiornati e/o poco pertinenti con gli obiettivi del piano formativo e/o debolmente contestualizzati.
Dettagliata I riferimenti alla normativa sono puntuali, aggiornati, pertinenti con gli obiettivi del piano formativo e ben contestualizzati.
Riferimenti scientifici
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento alla letteratura scientifica o a precedenti progetti sperimentali nazionali e/o internazioni affini.
Generica/Parziale
I riferimenti alla letteratura scientifica o a precedenti progetti sperimentali affini sono lacunosi, non aggiornati e/o poco pertinenti con gli obiettivi del piano formativo e/o debolmente contestualizzati e/o approssimativi.
Dettagliata
I richiami alla letteratura scientifica o a precedenti progetti sperimentali affini sono aggiornati, accompagnati da riferimenti bibliografici puntuali, pertinenti con gli obiettivi del piano formativo e ben contestualizzati.
Contesto di riferimento
Assente
Il documento di progetto non contiene alcuna descrizione dello scenario, dello stato dell’arte e delle condizioni iniziali del sistema scolastico rispetto agli obiettivi del piano formativo.
Generica/Parziale La descrizione dello scenario di partenza è approssimativa e/o scarsamente documentata e/o priva di riferimenti quantitativi.
Dettagliata La descrizione dello scenario di partenza è puntuale, ampiamente e rigorosamente documentata e accompagnata da riferimenti quantitativi.
Obiettivi strategici (vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcuna descrizione delle finalità generali del piano.
Generica/Parziale La descrizione delle finalità generali del piano è approssimativa e/o priva di nessi logici con lo scenario di riferimento e/o priva di riferimenti quantitativi.
Dettagliata La descrizione delle finalità generali del piano è puntuale, accompagnata da riferimenti quantitativi e coerente con lo scenario di partenza.
Modello di competenze
(vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento a un modello di competenze relativo al profilo/ruolo dei destinatari del piano formativo.
Generica/Parziale
Il riferimento al modello di competenze è approssimativo e/o poco coerente con lo scenario di riferimento e/o debole e privo di indicatori osservabili relativi alle conoscenze/abilità/competenze connesse con gli obiettivi del piano e con il ruolo/profilo dei destinatari.
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Dettagliata
Il riferimento al modello di competenze è puntuale, rigoroso e corredato da indicatori osservabili relativi alle conoscenze/abilità/competenze connesse con gli obiettivi del piano e con il ruolo/profilo dei destinatari.
Target
Assente Il documento di progetto non contiene alcuna descrizione dei destinatari del piano formativo.
Generica/Parziale
La descrizione dei destinatari è lacunosa, approssimativa e/o non corredata con una declaratoria degli attributi di ruolo/profilo e/o poco coerente con lo scenario, con gli obiettivi strategici del piano e/o con il modello di competenze.
Dettagliata
La descrizione dei destinatari è puntuale, rigorosa, corredata con una declaratoria degli attributi di ruolo/profilo e include vari riferimenti allo scenario, agli obiettivi strategici del piano e al modello di competenze.
Analisi del fabbisogno formativo (vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento all’attività di analisi del fabbisogno formativo dei destinatari del piano
Generica/Parziale
La descrizione dei risultati dell’analisi del fabbisogno formativo è approssimativa e/o non coerente con lo scenario di riferimento e/o priva di riferimenti quantitativi e/o priva di riferimenti metodologici sulle fasi e le tecniche di analisi.
Dettagliata
La descrizione dei risultati dell’analisi del fabbisogno formativo è puntuale, contiene vari richiami allo scenario di riferimento, include riferimenti quantitativi e/o una presentazione del metodo di analisi.
Formazione formatori
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento all’attività di formazione del team di formatori del piano.
Generica/Parziale La descrizione delle attività di formazione formatori è approssimativa e/o priva di riferimenti metodologici.
Dettagliata La descrizione delle attività di formazione formatori è rigorosa, puntuale e include vari riferimenti alle metodologie adottate.
3.2. Area 2: “progettazione e delivery”
La seconda area della Griglia è dedicata agli elementi che caratterizzano l’impianto didattico del piano formativo e riveste un’importanza fondamentale nel determinare le condizioni per l’attuazione di un corso di qualità, in quanto direttamente connessa alle due fasi cruciali del processo formativo: (a) la macro e micro progettazione dei contenuti, delle risorse didattiche e del percorso, (b) l’erogazione delle informazioni, lo svolgimento delle attività e la condivisione dei materiali. Un’importanza confermata dalle specifiche incluse negli standard ISO per la gestione della qualità nei
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processi, dalla letteratura scientifica sul tema e, soprattutto, da alcune indicazioni ufficiali della Commissione europea, come evidenziato nei seguenti frammenti relativi all’efficacia formativa:
“[…] la qualità della formazione degli insegnanti si riflette nella pratica dell'insegnamento e ha conseguenze
dirette non solo sul livello di conoscenza degli studenti ma anche sulla formazione della loro personalità, in particolare nel corso dei primi anni della loro esperienza scolastica, […] esiste una correlazione chiara e positiva tra una formazione di alta qualità degli insegnanti e il raggiungimento di elevati tassi di riuscita degli studenti”87
“Alcune ricerche dimostrano una stretta e sicura correlazione fra la qualità professionale degli insegnanti e
i risultati degli alunni, l'aspetto più significativo all'interno dell'ambiente scolastico che determina il rendimento scolastico (la sue conseguenze superano di gran lunga quelle dell'organizzazione scolastica, della direzione o della situazione finanziaria). Peraltro, altri studi hanno messo in evidenza un rapporto positivo tra la formazione continua degli insegnanti e i risultati degli allievi e suggeriscono che "un programma di formazione continua… […] ha migliorato le prestazioni degli alunni …(e) indica che la formazione degli insegnanti può essere uno strumento meno costoso per migliorare i risultati degli esami rispetto alla riduzione del numero di allievi per classe o al prolungamento dell'orario scolastico".”88
“Gli obiettivi sono stabiliti e monitorati tramite indicatori specifici (criteri di successo). […] La valutazione e
la revisione riguardano i processi e i risultati della formazione, compresa la valutazione della soddisfazione dei discenti nonché delle prestazioni e della soddisfazione del personale.”89
Pertanto, questa sezione contribuisce per il 40% al giudizio complessivo sulla qualità progettuale e si articola in ben quattordici variabili distinte:
1. Obiettivi generali del Piano di formazione 2. Obiettivi didattici di dettaglio 3. Efficacia formativa erogata 4. Efficacia formativa percepita 5. Efficacia dell'attività di docenza (erogata -‐ prove invalsi) 6. Efficacia dell'attività di docenza (percepita -‐dallo studente) 7. Modello/i pedagogico/i di riferimento 8. Metodi e strategie didattiche 9. Strumenti e ambienti formativi 10. Architettura del Piano formativo 11. Staff didattico 12. Attività online
87 Relazione sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti [2008/2068(INI))] 88 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio: Migliorare la qualità della formazione degli insegnanti, [Bruxelles, 3.8.2007 -‐ COM(2007) 392] 89 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale [(Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/C 155/01)]
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13. Pubblicazioni 14. Convegni
3.2.1. Distribuzione dei pesi
Il grafico riflette le considerazioni espresse dal legislatore europeo e rappresenta la
distribuzione in ordine descrescente dei pesi associati ai 14 indicatori dell’area “progettazione e delivery” in rapporto alla valutazione complessiva del Piano formativo. Infatti, l’analisi dei valori in esso riportati evidenzia l’importanza strategica degli “obiettivi generali” e dell’”architettura del Piano formativo” nell’economia complessiva della qualità promessa. In altri termini, nel verificare la solidità dell’impianto progettuale, assume un ruolo decisivo il duplice giudizio sulle modalità di fomulazione delle finalità didattiche dell’intervento formativo e, di conseguenza, sul grado di coerenza della sua struttura logico-‐temporale e delle attività in cui il Piano stesso è articolato. Tale esigenza primaria di un riscontro oggettivo del livello di coerenza tra i vari elementi del disegno didattico trova conferma nella successiva declinazione dei punti di osservazione in corrispondenza della descrizione dei risultati attesi (“efficacia formativa erogata” ed “efficacia docenza erogata”) e della presentazione dettagliata dei vari nodi che compongono la metodologia formativa del Piano (“metodi/strategie didattiche” e “strumenti/ambienti formativi”). Da cui segue un focus sulle componenti più soggettive del feedback fornito dai destinatari del corso, i docenti, sull’efficacia della formazione (“efficacia formativa percepita”) e dai destinatari impliciti del Piano di formazione, i loro studenti (“efficacia docenza percepita”).
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3.2.2 Criteri di valutazione
La valutazione relativa agli elementi che compongono l’area di “progettazione e delivery” si basa sui seguenti criteri:
Variabile Valutazione Criterio di valutazione
Obiettivi generali del Piano di formazione (vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcuna descrizione degli obiettivi didattici/formativi/d’apprendimento generali del Piano.
Generica/Parziale
La formulazione degli obiettivi didattici generali del piano è approssimativa e/o priva di nessi logici con gli obiettivi strategici e/o priva di riferimenti quantitativi. Inoltre, gli obiettivi non sono descritti in termini di comportamenti osservabili.
Dettagliata
La formulazione degli obiettivi generali del piano è puntuale, chiara, coerente con gli obiettivi strategici e include riferimenti quantitativi alle soglie minime attese. Inoltre, gli obiettivi sono descritti in termini di comportamenti osservabili.
Obiettivi didattici di dettaglio
(vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcuna declinazione degli obiettivi didattici del piano.
Generica/Parziale
La formulazione degli obiettivi didattici di dettaglio è approssimativa e/o priva di nessi logici con gli obiettivi didattici generali e/o priva di riferimenti quantitativi. Inoltre, gli obiettivi non sono descritti in termini di comportamenti osservabili.
Dettagliata
La formulazione degli obiettivi didattici generali del piano è puntuale, chiara, coerente con gli obiettivi didattici generali e include riferimenti quantitativi alle soglie minime attese. Inoltre, gli obiettivi sono descritti in termini di comportamenti osservabili.
Efficacia formativa erogata
(vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento ai risultati attesi in termini di efficacia formativa erogata.
Generica/Parziale La descrizione dei risultati attesi in termini di efficacia formativa erogata è approssimativa e/o priva di riferimenti quantitativi.
Dettagliata La descrizione dei risultati attesi in termini di efficacia formativa erogata è puntuale e include riferimenti quantitativi.
Efficacia formativa percepita
(vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento ai risultati attesi in termini di efficacia formativa percepita.
Generica/Parziale La descrizione dei risultati attesi in termini di efficacia formativa percepita è approssimativa e/o priva di riferimenti quantitativi.
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Dettagliata La descrizione dei risultati attesi in termini di efficacia formativa percepita è puntuale e include riferimenti quantitativi.
Efficacia dell'attività di docenza (erogata -‐
prove invalsi) (vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento ai risultati attesi in termini di efficacia dell'attività di docenza (valutata attraverso le prove Invalsi).
Generica/Parziale La descrizione dei risultati attesi in termini di efficacia dell'attività di docenza (valutata attraverso le prove Invalsi) è approssimativa e/o priva di riferimenti quantitativi.
Dettagliata La descrizione dei risultati attesi in termini di efficacia dell'attività di docenza (valutata attraverso le prove Invalsi) è puntuale e include riferimenti quantitativi.
Efficacia dell'attività di docenza (percepita
dallo studente) (vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento ai risultati attesi in termini di efficacia dell'attività di docenza (percepita dallo studente).
Generica/Parziale La descrizione dei risultati attesi in termini di efficacia dell'attività di docenza (percepita dallo studente) è approssimativa e/o priva di riferimenti quantitativi.
Dettagliata La descrizione dei risultati attesi in termini di efficacia dell'attività di docenza (percepita dallo studente) è puntuale e include riferimenti quantitativi.
Modello/i pedagogico/i di riferimento
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento alla cornice teorica pedagogica su cui si basa l’impianto progettuale del piano formativo.
Generica/Parziale La descrizione della cornice teorica pedagogica di riferimento è approssimativa e/o non coerente con gli obiettivi didattici generali del piano.
Dettagliata
La descrizione della cornice teorica pedagogica su cui si basa l’impianto progettuale è puntuale, accompagnata da riferimenti bibliografici e coerente con gli obiettivi didattici generali del piano.
Metodi e strategie didattiche
(vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene una descrizione della metodologia didattica del piano formativo.
Generica/Parziale
La descrizione della metodologia didattica del piano formativo è approssimativa e/o non include esempi applicativi e/o non è coerente con gli obiettivi didattici generali e di dettaglio.
Dettagliata La descrizione della metodologia didattica del piano formativo è puntuale, include esempi applicativi ed è coerente con gli obiettivi didattici generali e di dettaglio.
Strumenti e ambienti formativi
(vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene una descrizione degli strumenti implementati nel piano formativo.
Generica/Parziale La descrizione degli strumenti formativi è approssimativa e/o non include esempi applicativi e/o non è coerente con la metodologia didattica del piano formativo.
Dettagliata La descrizione degli strumenti formativi è puntuale, include esempi applicativi ed è coerente con la metodologia
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didattica del piano formativo.
Architettura del Piano formativo (vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene una descrizione delle fasi e delle attività didattiche in cui si articola il piano formativo.
Generica/Parziale
La descrizione delle varie fasi e delle attività didattiche del piano formativo è approssimativa, e/o non include riferimenti alle propedeuticità e/o non prevede alcuna rappresentazione logico-‐temporale dell’impianto formativo.
Dettagliata
La descrizione delle varie fasi e delle attività didattiche del piano formativo è puntuale, include riferimenti alle propedeuticità e prevede una rappresentazione logico-‐temporale dell’impianto formativo mediante un diagramma di flusso.
Staff didattico
Assente Il documento di progetto non contiene una descrizione degli attori coinvolti nel processo formativo.
Generica/Parziale La descrizione degli attori del processo formativo è approssimativa e/o non include una declaratoria di ruoli e funzioni specifiche.
Dettagliata La descrizione degli attori del processo formativo è puntuale e include una declaratoria di ruoli e funzioni specifiche.
Attività online
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento alla pubblicazione di siti o portali a supporto delle attività del progetto formativo.
Generica/Parziale La descrizione delle attività online è approssimativa e/o non include riferimenti concreti alle attività previste.
Dettagliata La descrizione delle attività online è puntuale e include riferimenti concreti alle attività previste.
Pubblicazioni
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento ad attività relative a pubblicazioni nell’ambito del progetto formativo.
Generica/Parziale La descrizione delle attività relative a pubblicazioni è approssimativa e/o non include riferimenti concreti a specifici saggi, report o monografie.
Dettagliata La descrizione delle attività relative a pubblicazioni è puntuale e include riferimenti concreti a specifici saggi, report o monografie.
Convegni
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento all’organizzazione di convegni, seminari o conferenze nell’ambito del progetto formativo.
Generica/Parziale La descrizione di convegni, seminari o conferenze nell’ambito del progetto formativo è approssimativo e/o privo di riferimenti concreti.
Dettagliata La descrizione di convegni, seminari o conferenze nell’ambito del progetto formativo è puntuale e include riferimenti concreti alle attività previste.
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3.3. Area 3: “valutazione e monitoraggio”
La terza area della Griglia è dedicata agli elementi relativi alle procedure e tecniche di misurazione, verifica e valutazione dei risultati attesi del piano formativo, nonché alle modalità di allocazione e distribuzione delle risorse economiche. Il valore strategico di queste variabili è sottolineato in vari passaggi inclusi nella Raccomandazione sui criteri (e relativi descrittori indicativi) nell’ambito del quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità90. In particolare, per ciò che concerne la gestione dei fondi, nel documento, si sostiene che i piani attuativi devono comprendere “un esame delle risorse necessarie, delle capacità degli utenti e degli strumenti e delle linee guida di sostegno necessari” e che le risorse allocate devono risultare “opportunamente allineate/attribuite ai fini del conseguimento degli obiettivi fissati nei piani attuativi”. D’altra parte, con riferimento alle procedure di valutazione e di monitoraggio, il legislatore europeo ribadisce la duplice esigenza di “una metodologia di valutazione applicabile alla valutazione interna e a quella esterna” e, soprattutto, di “una rilevazione di dati pertinente, regolare e coerente per misurare i successi e individuare le aree da migliorare.”. In tal senso, si afferma la necessità di (a) definire “metodi appropriati di rilevazione dei dati, per esempio questionari e indicatori/criteri misurabili”, (b) descrivere “chiaramente” le modalità di “partecipazione dei soggetti interessati al processo di monitoraggio e di valutazione”, (c) applicare veri e propri “indicatori di prestazione”; (d) elaborare delle procedure di valutazione e revisione che “riguardano i processi e i risultati della formazione, compresa la valutazione della soddisfazione dei discenti nonché delle prestazioni e della soddisfazione del personale”, (e) definire a vari livelli “procedure, meccanismi e strumenti per organizzare le revisioni”, (f) prevedere strumenti per registrare “il giudizio dei discenti sulla loro esperienza di apprendimento individuale e sull'ambiente di apprendimento e di insegnamento”, e (g) integrare le “procedure di feedback e di revisione” in seno al “processo strategico d'apprendimento”.
In tal senso, questa sezione contribuisce per il 30% al giudizio complessivo sulla qualità progettuale e si articola in sei variabili distinte:
1. Procedura di valutazione 2. Procedura di certificazione 3. Procedura di monitoraggio 4. Tutoring 5. Dispositivi di monitoraggio 6. Gestione del finanziamento
3.3.1. Distribuzione dei pesi
90 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale [(Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/C 155/01)];
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Il grafico rappresenta la distribuzione in ordine descrescente dei pesi attributii ai vari indicatori dell’area “valutazione e monitoraggio”, da cui si evince sia l’estrema rilevanza del giudizio sulla descrizione del modello di misurazione e verifica dei risultati dell’attività formativa (“procedura di valutazione”), sia l’esigenza di un riferimento esplicito alla ripartizione delle risorse economiche tra le varie voci del processo (“gestione del finanziamento”). Tale attenzione sul duplice aspetto della valutazione e della gestione economica sottende un orientamento essenzialmente pragmatico del metodo di analisi e un forte richiamo alle indicazioni del Parlamento Europeo e del Consiglio. Pragmatico, istituzionale e, nel contempo, scientifico, in quanto volto a ricercare e individuare nella proposta progettuale alcuni riscontri oggettivi sulle tecniche di registrazione del sistema di conoscenze, abilità e competenze che i destinatari del Piano dovranno acquisire, al fine di contestualizzare adeguatamente e legittimare l’erogazione di fondi pubblici e la mobilitazione di un grande numero di dipendenti statali nell’ambito dei vari progetti. Orientamento che, nel circoscrivere i concetti di “efficacia” ed “efficienza” nell’ambito del “misurabile”, pone altresì enfasi sulle modalità previste di attestazione e certificazione formale degli esiti (“procedura di certificazione”), nonché sull’impianto e la strategia complessiva di monitoraggio delle attività didattiche e dell’intero processo formativo (“procedura di monitoraggio”).
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3.3.2. Criteri di valutazione
La valutazione relativa agli elementi che compongono l’area di “valutazione e monitoraggio” si basa sui seguenti criteri:
Variabile Valutazione Criterio di valutazione
Procedura di valutazione
(vedi Glossario)
Assente
Il documento di progetto non contiene alcuna descrizione delle attività, del metodo e delle tecniche di misurazione, verifica e valutazione delle conoscenze/abilità/competenze e del livello di soddisfazione dei destinatari del piano.
Generica/Parziale
La descrizione della procedura di valutazione del piano è approssimativa e/o non coerente con gli obiettivi didattici generali e/o non include alcun nesso con modelli docimologici e/o non contiene riferimenti quantitativi.
Dettagliata
La descrizione delle attività, del metodo e delle tecniche di misurazione, verifica e valutazione delle conoscenze/abilità/competenze e del livello di soddisfazione dei destinatari del piano è puntuale, coerente con gli obiettivi didattici generali e include collegamenti rigorosi con modelli docimologici e contiene riferimenti quantitativi.
Procedura di certificazione
(vedi Glossario)
Assente
Il documento di progetto non contiene alcun riferimento a procedure di attestazione della partecipazione o di attestazione degli esiti o di certificazione formale delle conoscenze/abilità/competenze acquisite.
Generica/Parziale
La descrizione della procedura di attestazione/certificazione è approssimativa e/o non prevede alcun riferimento a modelli formali nazionali e/o internazionali.
Dettagliata
La descrizione della procedura di attestazione/certificazione è puntuale, include una presentazione delle varie fasi e dei criteri di valutazione e prevede riferimenti a modelli formali nazionali e/o internazionali.
Procedura di monitoraggio
(vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcuna descrizione del piano di monitoraggio
Generica/Parziale
La descrizione del piano di monitoraggio è approssimativa e/o non coerente con le procedure di valutazione e/o non include una presentazione della metodologia di analisi e/o non prevede riferimenti quantitativi.
Dettagliata
La descrizione del piano di monitoraggio è puntuale, coerente con le procedure di valutazione, include una presentazione della metodologia di analisi e prevede riferimenti quantitativi.
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Tutoring
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento alle attività di tutoring.
Generica/Parziale
La descrizione delle attività di tutoring è approssimativa e/o non coerente con le procedure di monitoraggio e/o non include una presentazione della metodologia e degli strumenti adottati.
Dettagliata
La descrizione delle attività di tutoring è puntuale, coerente con le procedure di monitoraggio, include una presentazione della metodologia e degli strumenti adottati e prevede riferimenti a strategie di intervento correttivo.
Dispositivi di monitoraggio
(vedi Glossario)
Assente Il documento di progetto non contiene alcuna descrizione degli strumenti e degli ambienti di monitoraggio.
Generica/Parziale La descrizione degli strumenti e degli ambienti di monitoraggio è approssimativa e/o priva di esempi concreti.
Dettagliata La descrizione degli strumenti e degli ambienti di monitoraggio è puntuale e include esempi concreti.
Gestione del finanziamento
Assente Il documento di progetto non contiene alcun riferimento ai criteri di ripartizione e di allocazione delle risorse economiche rispetto alle varie attività del progetto.
Generica/Parziale
La presentazione dei criteri di ripartizione e di allocazione delle risorse economiche è poco coerente con la distribuzione dei pesi della griglia di valutazione e/o approssimativa e/o priva di riferimenti quantitativi e/o non argomentata.
Dettagliata
La presentazione dei criteri di ripartizione e di allocazione delle risorse economiche è coerente con la distribuzione dei pesi della griglia di valutazione, puntuale, argomentata e include riferimenti quantitativi.
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CAPITOLO XII I risultati della valutazione dei Piani Bruno Ronsivalle
2 Introduzione: i dieci step dell’analisi
L’analisi delle proposte progettuali corrispondenti ai quattro Piani formativi si è articolata in 10 step fondamentali:
1. individuazione e ponderazione degli indicatori della qualità promessa di un Piano formativo
all’interno della Griglia di valutazione dei piani; 2. elaborazione di una scheda descrittiva dei Piani comprensiva di tutte le informazioni connesse
agli indicatori della Griglia di valutazione; 3. consultazione della documentazione con le proposte progettuali e compilazione delle schede
descrittive relative ai quattro Piani di formazione; 4. revisione delle schede descrittive e della griglia di valutazione alla luce delle riflessioni emerse
in fase di analisi della documentazione; 5. prima valutazione dei piani in armonia con le informazioni incluse nelle rispettive schede
descrittive; 6. integrazione dei dati sulla qualità promessa mediante la richiesta di ulteriori informazioni ai
referenti nazionali dei piani; 7. seconda valutazione dei piani in funzione di tutte le informazioni archiviate durante gli step
precedenti; 8. elaborazione di una serie di grafici volti a rappresentare in maniera schematica i punti di forza e
di debolezza delle varie proposte progettuali; 9. analisi dei contenuti delle interviste di profondità inerenti agli indicatori della qualità promessa; 10. formulazione di una serie di indicazioni generali per favorire un’evoluzione formale e
sostanziale della qualità delle proposte progettuali connesse ai piani formativi nazionali.
2 Risultati dell’analisi
I risultati delle attività di valutazione – step 5 e 7 – e di interpretazione dei contenuti delle interviste di profondità – step 9 -‐ hanno evidenziato i diversi livelli di adeguatezza relativi ai quattro Piani nazionali, nonché una serie di punti di forza e alcune criticità generali connesse alle modalità di costruzione dell’impianto didattico e alla descrizione dei vari elementi che contribuiscono a definire il modello di “qualità promessa”.
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.1. Punti di forza e aree di miglioramento
Nel Grafico 1 sono riportati i dati di sintesi relativi ai quattro Piani nazionali ed esprimono in termini positivi il livello medio di adeguatezza delle quattro proposte progettuali rispetto ai criteri imposti dalla griglia di valutazione.
Il grado di adeguatezza – mutuato dall’indice di facilità dell’Item Analysis91 -‐ è compreso tra 0 (valore minimo corrispondente all’assenza di informazioni sulla variabile in esame) e 1 (valore associato al massimo livello di dettaglio e accuratezza delle informazioni sulla variabile). Esso equivale al rapporto tra il punteggio effettivamente conseguito dai quattro Piani sul singolo item e il punteggio atteso92. In tal senso, i valori si riferiscono sia ai risultati della prima analisi (linea blu), basata esclusivamente sulla documentazione di progetto, sia ai risultati dell’analisi che integra le informazioni condivise con i referenti nazionali dei singoli piani (linea rossa).
91 L’indice docimologico di facilità di un item (una domanda inclusa in una prova strutturata) equivale al rapporto tra il numero di candidati che ha risposto in maniera corretta all’item stesso e il numero totale dei candidati. Tale indice può assumere valori compresi tra 0 (min) e 1 (max) ed esprime in maniera sintetica la percentuale di candidati in grado di risolvere il quesito incluso nell’item. 92 Il procedimento per calcolare l’indice di adeguatezza di una variabile della nostra griglia di valutazione è molto simile a quello adottato per ricavare l’indice di facilità di un item incluso in questionario e si articola in quattro momenti: 1. in primo luogo, bisogna calcolare, per ogni piano, il punteggio effettivamente conseguito in corrispondenza della
variabile in esame durante la fase di valutazione ( Peff(Poseidon), Peff(Matabel), Peff(ISS), Peff(Logos)); 2. in secondo luogo, è necessario ricavare la somma dei punteggi effettivamente conseguiti dai quattro piani (SPeff =
Peff(Poseidon) + Peff(Matabel) + Peff(ISS) + Peff(Logos)); 3. in terzo luogo, si tratta di definire la somma dei punteggi massimi attesi in relazione a tutti i piani (SPatt = Patt(Poseidon)
+ Patt(Matabel) + Patt(ISS) + Patt(Logos) = 1 + 1 + 1+ 1 = 4); 4. infine, bisogna calcolare il rapporto tra la somma dei punteggi effettivamente conseguiti dai piani (SPeff ) e la somma dei
punteggi massimi attesi (SPatt).
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Grafico 1
Dalla lettura dei dati sintetici riportati nel Grafico 1 emergono innanzitutto i quattro elementi di maggiore solidità in relazione alle diverse proposte progettuali:
1. in tutti i Piani la presentazione dei destinatari (target) appare sempre piuttosto accurata, ricca di dettagli e coerente con le finalità generali dell’intervento formativo. Ciò testimonia, in fase di progettazione, sia una particolare attenzione nei confronti dei partecipanti e delle loro esigenze professionali, sia una forte sensibilità in rapporto alle dinamiche di selezione e di coinvolgimento dei docenti nell’ambito dei piani di formazione;
2. gli obiettivi didattici di dettaglio sono sovente formulati in maniera analitica e consentono una ricostruzione adeguata del disegno complessivo del piano, del programma di formazione e delle finalità specifiche di ogni attività didattica;
3. la descrizione dei metodi e delle strategie didattiche che saranno adottati durante l’erogazione dei contenuti è generalmente ricca di informazioni, di riferimenti puntuali e di annotazioni sulle modalità di integrazione tra formazione in aula e formazione a distanza;
4. la composizione dello staff didattico e i diversi ruoli degli attori coinvolti sono illustrati in modo dettagliato e con una particolare attenzione rispetto alle differenti funzioni e alle aree di
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competenza in seno ai progetti. Tale attenzione è certamente correlata con il grado di complessità dei piani e con l’obiettivo di ottimizzarne gli aspetti organizzativi e gestionali.
D’altra parte, il grafico evidenzia almeno cinque aree di criticità e di sostanziale debolezza,
riscontrate durante l’analisi della documentazione dei piani e in fase di confronto con i referenti nazionali:
1. la presentazione dei riferimenti scientifici e di eventuali progetti nazionali e/o internazionali
affini è quasi sempre approssimativa e poco dettagliata. Ciò contribuisce a sfumare il nesso di continuità dei piani in rapporto alle esperienze precedenti e indebolisce la descrizione dello scenario complessivo che ne ha determinato e orientato la progettazione;
2. la descrizione del metodo e dei risultati dell’analisi del fabbisogno formativo appare talora lacunosa e priva di informazioni rilevanti. Tale approssimazione nella presentazione del livello di conoscenze/abilità iniziali dei partecipanti non agevola la comprensione del sistema di coerenze tra la selezione del target e la definizione degli obiettivi generali;
3. la documentazione di progetto relativa ai quattro Piani si rivela piuttosto approssimativa nell’individuazione dei risultati attesi dell’attività didattica in termini di apprendimento (efficacia formativa) e di impatto sul livello delle conoscenze degli studenti (efficacia della docenza). La genericità di riferimenti a indicatori qualitativi e quantitativi per una valutazione complessiva dell’efficacia dei vari interventi formativi determina un accentuato senso di vaghezza rispetto alla effettiva misurabilità dei risultati finali;
4. le procedure di valutazione e di certificazione sono illustrate in termini molto generici e sembrano giocare un ruolo piuttosto marginale nell’economia complessiva dei quattro piani formativi. Da ciò deriva un discreto grado di approssimazione delle informazioni relative ai criteri, alle tecniche e agli strumenti di verifica che costituiscono gli elementi del modello di valutazione di ciascun piano;
5. dalla carenza di indicazioni sui criteri di ripartizione delle risorse economiche è possibile inferire un livello piuttosto basso di attenzione nei confronti delle variabili e delle modalità di gestione dei fondi pubblici associati ai quattro progetti.
.1.1. Il Piano Poseidon
La proposta progettuale relativa al Piano formativo Poseidon non presenta difformità rilevanti rispetto al quadro generale fornito in precedenza. Infatti, i dati riportati nel Grafico 2 mostrano chiaramente che la qualità promessa del Piano è ancorata ai quattro punti di forza rappresentati dalla definizione del target, dalla formulazione degli obiettivi didattici di dettaglio, dalla presentazione dei metodi e delle strategie didattiche e dalla descrizione dello staff didattico.
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Grafico 2
Nel contempo, dall’analisi si evince che il Piano presenta una serie di criticità in corrispondenza
dei riferimenti giuridici e normativi, dell’analisi del fabbisogno formativo, della descrizione dei risultati attesi (con particolare riferimento alle due voci dell’efficacia della docenza) e della presentazione dei criteri per la distribuzione delle risorse economiche. Vale però la pena di sottolineare che, a differenza degli altri progetti, la documentazione del Piano Poseidon include un richiamo, seppur generico, al modello di valutazione e alla procedura per l’attestazione finale degli esiti dell’intervento formativo (procedura di certificazione). .1.2. Il Piano IIS
Anche nel caso del Piano IIS (vedi Grafico 3) è possibile rilevare una certa coerenza con le considerazioni espresse a livello generale, ad eccezione di due punti di attenzione:
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Grafico 3
1. la documentazione e le informazioni inviate dal referente nazionale mettono in evidenza
l’importanza dell’analisi preliminare del contesto in fase progettuale. Tale caratteristica non è riscontrabile nei rimanenti tre piani e conferisce alla proposta formativa maggiore solidità per ciò che concerne il disegno complessivo e le finalità generali dell’intervento;
2. dai risultati emerge una certa sensibilità nei confronti della dichiarazione dei risultati attesi, con un focus particolare sulla voce dell’efficacia della docenza erogata, anche se non è indicato alcun criterio per una misurazione effettiva della variabile in oggetto.
2.1.3. Il Piano Logos
I risultati dell’analisi del Piano Logos evidenziano vari punti di discontinuità rispetto agli altri progetti, sia in termini di distribuzione dei punti di eccellenza, sia in relazione alle voci più critiche.
Con riferimento alle variabili che caratterizzano la qualità promessa del Piano, dai dati riportati nel Grafico 4 si deduce che la proposta progettuale è piuttosto solida in corrispondenza dei riferimenti giuridici, della formulazione degli obiettivi strategici e generali, dell’individuazione del target e del modello di competenze, nonché in relazione alla descrizione dello staff didattico delle attività trasversali.
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Grafico 4
D’altra parte, il Piano presenta vari punti di significativa debolezza in corrispondenza di alcune voci rilevanti, quali i riferimenti scientifici, la definizione dei risultati attesi (tutti le voci relative all’efficacia), la descrizione della procedura di certificazione e del piano di tutoring. 2.1.4. Il Piano [email protected]
Per ciò che concerne il Piano [email protected], innanzitutto, è importante sottolineare il fatto che, a differenza degli altri tre piani, non è stato possibile confrontare i risultati derivanti dall’analisi della documentazione con il parere del referente nazionale. Inoltre, da una lettura dettagliata dei dati riportati nel Grafico 5, appare evidente che, in relazione alle varie voci connesse alla qualità promessa, il Piano presenta un unico punto di forza, la descrizione del target, e un numero significativo di aree di miglioramento.
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Grafico 5
In particolare, è interessante rilevare la totale assenza di riferimenti scientifici, di un collegamento al modello di competenze, di una descrizione del modello pedagogico, di una definizione del piano di monitoraggio e di indicazioni relative alla gestione delle risorse economiche. Tali caratteristiche contribuiscono a indebolire la dimensione progettuale del Piano e non consentono di esprimere alcuna valutazione sul grado di coerenza tra i vari elementi della proposta formativa. 2.2. Livello di selettività degli indicatori della griglia di valutazione
L’individuazione del livello di selettività dei vari indicatori della Griglia in relazione ai quattro Piani Nazionali fornisce un’ulteriore chiave di lettura per interpretare i risultati dell’attività di valutazione. L’indice di selettività di un indicatore esprime infatti la rilevanza dell’indicatore stesso nel discriminare tra proposte progettuali ben formulate e proposte generiche. Esso si basa su un confronto tra i risultati dei due Piani con valori estremi – il progetto “migliore” e il “peggiore” -‐ ed equivale al rapporto tra (a) la differenza tra i punteggi effettivamente conseguiti dai due piani e (b) il punteggio massimo atteso. Il valore del’indice è compreso tra -‐1 (in caso di selettività negativa) e +1 (in caso di selettività positiva).
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Attraverso il calcolo dell’indice di selettività è dunque possibile individuare le caratteristiche distintive di un progetto formativo di livello in relazione al modello di qualità promessa. In tal senso, è possibile affermare che l’indice di selettività contribuisce a definire in maniera analitica l’identità dei quattro Piani Nazionali, a prescindere da una valutazione positiva o negativa sulle singole variabili. In particolare, il Grafico 6 rappresenta la distribuzione dei vari indici di selettività corrispondenti alle ventotto voci della griglia di valutazione,
Grafico 6
evidenziando la presenza di almeno cinque indicatori con un grado di selettività significativa (ossia maggiore o uguale a 0,5):
1. la descrizione del target; 2. la formulazione degli obiettivi di dettaglio; 3. l’esposizione di metodi e strategie didattiche; 4. la descrizione della procedura di valutazione; 5. la presentazione della procedura di certificazione.
I primi tre elementi della lista costituiscono altrettanti punti di forza della qualità progettuale
dei piani nazionali, come ampiamente dimostrato nei paragrafi precedenti. Tale risultato rappresenta
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una duplice conferma. In primo luogo contribuisce a rinforzare il principio per cui la progettazione di un piano formativo non può prescindere da una forte correlazione tra i criteri di selezione dei partecipanti, la declinazione analitica degli obiettivi e la puntuale esplicitazione delle modalità di attuazione e organizzazione delle varie attività didattiche. In secondo luogo, testimonia l’acquisizione de facto di questo principio nell’attuale prassi di progettazione dei Piani di formazione nazionale.
D’altra parte, però, è importante sottolineare il fatto che gli ultimi due elementi della lista – le procedure di valutazione e di certificazione –, pur giocando un ruolo fondamentale nel discriminare tra piani ben formulati e piani generici, coincidono con due aree di sostanziale e comune debolezza delle proposte progettuali analizzate. Considerata l’assoluta centralità del sistema di valutazione e di certificazione formale degli esiti all’interno di un Piano di formazione nazionale sostenuto attraverso fondi pubblici, tale discrasia costituisce sicuramente un punto di attenzione e di riflessione allo scopo di un miglioramento complessivo della qualità promessa. 3. Considerazioni finali
I risultati dell’analisi comparata dei quattro Piani nazionali – IIS, Logos, [email protected] e Poseidon – impongono una serie di riflessioni sul tema della “progettazione formativa” e sul peso della qualità promessa nell’economia generale di un intervento destinato ai docenti e finalizzato allo sviluppo di competenze strategiche per l’innovazione del sistema scolastico italiano. 3.1. Qualità promessa e progettazione formativa
Il Grafico 7 descrive in maniera sintetica i punteggi complessivi attribuiti ai singoli Piani e i differenti valori rappresentano il diverso grado di adeguatezza di ciascun Piano in rapporto al modello generale di qualità promessa su cui si basa l’attività di valutazione. Ogni valore è stato ricavato mediante la somma ponderata dei punteggi pesati corrispondenti alle varie voci della griglia.
Grafico 7
Senza ombra di dubbio, i dati riportati nel grafico sottolineano uno scostamento deciso tra il
valore massimo di adeguatezza previsto (100%) e il valore effettivo di qualità promessa associato ai
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quattro Piani in esame. Il gap risulta piuttosto manifesto, anche alla luce del fatto che il Piano con il punteggio maggiore (52%), Logos, si trova comunque ben al di sotto del livello atteso.
Una prima considerazione concerne pertanto la necessità evidente di un miglioramento generale nel processo di costruzione dell’impianto progettuale e nella descrizione dei vari elementi che contribuiscono a determinare l’architettura e il disegno di un percorso formativo realmente efficace, coerente con le finalità del MIUR, adeguato agli standard internazionali di qualità e conforme alle direttive europee in tema di formazione continua degli insegnanti. I vari documenti di progetto, infatti, non denotano una particolare attenzione da parte degli estensori nei confronti di alcuni requisiti essenziali per la descrizione dettagliata del processo didattico e per l’esplicitazione del sistema di coerenze che dovrebbe garantire la coerenza tra opzioni metodologiche, obiettivi e risultati attesi. Ciò si evince sia dalla genericità delle informazioni relative ai riferimenti scientifici, sia dal mancato approfondimento delle modalità di analisi del fabbisogno formativo dei destinatari del piano, sia dall’assenza di specifiche e criteri volti a garantire la misurabilità dei risultati attesi (più volte invocata nei vari documenti programmatici del Parlamento Europeo in tema di formazione degli insegnanti93). 3.2. Qualità promessa e misurazione dei risultati attesi
Un secondo punto di riflessione – direttamente connesso al primo – riguarda l’esigenza di una maggiore focalizzazione in fase progettuale sulle procedure di valutazione delle competenze effettivamente acquisite da parte dei destinatari dei piani e del loro livello di soddisfazione. Esigenza che i dati riportati nel grafico 8 – che rappresenta i punteggi conseguiti dai vari Piani in relazione alle tre aree della Griglia -‐ sembrano sottolineare in maniera piuttosto decisa:
Grafico 8
93 Relazione sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti [2008/2068(INI))]; Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio: Migliorare la qualità della formazione degli insegnanti, [Bruxelles, 3.8.2007 -‐ COM(2007) 392]
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Nella documentazione relativa ai quattro piani, infatti, la descrizione degli strumenti di
misurazione dell’apprendimento e dei diversi metodi di verifica dell’efficacia dell’intervento risulta quasi sempre piuttosto sfumata e priva di dettagli rilevanti per una corretta contestualizzazione del processo formativo. In altri termini, come evidenziato dai punteggi conseguiti nell’area “valutazione e monitoraggio”, sembra quasi che nel progettare i corsi sia stata posta maggiore attenzione nei confronti delle modalità di svolgimento delle attività didattiche, senza enfatizzare sufficientemente la rilevanza del processo di osservazione, validazione e certificazione dei risultati concreti dei vari piani formativi. Sottovalutando, forse, in tal modo, le indicazioni e raccomandazioni del Parlamento europeo finalizzate a ribadire il ruolo prioritario della metodologia di valutazione fra i criteri di qualità dei percorsi di istruzione e di formazione professionale degli adulti94. 3.3. Qualità promessa e gestione delle risorse economiche
La terza e ultima considerazione è relativa alla dimensione economico-‐amministrativa dei Piani nazionali e, seppur non direttamente connessa alle peculiarità della metodologia didattica, si collega a uno dei nodi nevralgici della qualità promessa di un intervento formativo promosso dal MIUR, ossia il grado di sostenibilità ed efficienza di un progetto finanziato attraverso fondi pubblici. Anche in questo caso, infatti, le informazioni incluse nei documenti di progetto mantengono un livello piuttosto generico, senza peraltro fornire un quadro analitico dei criteri adottati per la ripartizione dei finanziamenti sulle varie voci del percorso formativo e con pochi dettagli relativi alle modalità di allocazione delle risorse economiche disponibili. In tal senso, coerentemente con le specifiche del Parlamento europeo95, si sottolinea l’opportunità di valorizzare maggiormente la descrizione del metodo di pianificazione, amministrazione e organizzazione del processo, ponendo adeguata enfasi sulle variabili di costo e sul modello di gestione generale del progetto.
94 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale [(Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/C 155/01)] 95 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale [(Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/C 155/01)]
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CAPITOLO XIII Analisi dei monitoraggi pregressi Simone Mulargia
1. POSEIDON96
Il Piano di formazione Poseidon è stato oggetto di diverse attività di monitoraggio.
1.1 Il monitoraggio del gruppo territoriale lombardo dell’ANSAS (ex IRRE Lombardia). Una prima attività di monitoraggio è stata predisposta a cura del gruppo territoriale lombardo
dell’ansas (ex IRRE Lombardia). Il monitoraggio distingue tra 2 fasi del progetto Poseidon: un primo momento di coinvolgimento di 50 docenti per la loro formazione al ruolo di docente-‐tutor e una fase successiva di implementazione, a sua volta strutturata in quattro fasi. Il coinvolgimento di 400 docenti per l’approfondimento del materiale proposto è l’inizio della seconda fase; la costituzione delle classi virtuali (che ha coinvolto 230 dei 400 docenti iniziali) costituisce il presupposto della seconda e terza fase dedicate all’elaborazione di percorsi da sperimentare a scuola e alla produzione di materiali per la formazione dei docenti online; la sperimentazione individuale del ruolo di tutor, conclude la seconda fase del progetto.
Le azioni svolte
L’ANSAS, insieme ai membri del CTS ha curato la raccolta di dati e informazioni sul progetto, attraverso lo strumento dell’intervista online. Dall’analisi dei dati di partenza, il gruppo di monitoraggio ha selezionato le regioni in cui realizzare i focus group con i docenti e le interviste ai tutor e al referente dell’USR. Sono stati poi analizzati i materiali prodotti da 6 classi virtuali, attraverso una griglia di valutazione predisposta ad hoc.
Il monitoraggio ha poi utilizzato un questionario online per rilevare il punto di vista dei protagonisti del Piano così suddivisi: docenti attivi (iscritti a una classe virtuale); docenti non attivi (non iscritti a una classe virtuale) e tutor del Piano. Attraverso la realizzazione di focus group, è stato rilevato il punto di vista di 6 gruppi di docenti appartenenti a 6 regioni che hanno partecipato al Piano Poseidon (Lombardia, Emilia-‐Romagna, Puglia, Calabria, Piemonte e Marche). Per le stesse 6 regioni, è stata predisposta una intervista ad alcuni tutor. Una parte del monitoraggio ha poi analizzato le interazioni avvenute all’interno della piattaforma (con attenzione ai forum), recuperando dati statistici sui messaggi scambiati da 6 classi virtuali.
96 Il paragrafo è stato scritto da Simone Mulargia
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1.1.1. Gli strumenti del monitoraggio
Gli strumenti utilizzati nel monitoraggio sono stati: questionario; focus group e interviste; analisi della documentazione e dei forum. Per quanto riguarda il questionario, è stato proposto ai docenti attivi, ai docenti non attivi e ai tutor. Per ognuna delle 6 regioni individuate dal gruppo del monitoraggio (secondo il principio della disponibilità dei docenti e dell’equa distribuzione geografica) sono stati predisposti un focus group con un gruppo di docenti, una intervista a un piccolo gruppo di tutor e una intervista al referente dell’USR. Le aree tematiche di questa ricognizione qualitativa erano in armonia con quelle del questionario online.
Con l’obiettivo di analizzare le attività svolte attraverso la piattaforma online, il monitoraggio ha scelto 6 classi virtuali da analizzare. Alcuni docenti delle classi avevano già preso parte ai focus: il confronto con quanto detto è servito a focalizzare le differenze tra la percezione dei docenti (emersi nei focus group) e quanto realmente prodotto in piattaforma. Per ogni classe virtuale sono stati analizzati i documenti archiviati nella sezione “condivisione materiali” e le interazioni all’interno dei forum. Il gruppo di monitoraggio ha analizzato il numero dei documenti presenti e ha altresì valutato la cura con cui sono stati redatti (leggibilità da parte di un soggetto esterno, completezza, articolazione etc.) al fine di formalizzare il livello di scambio tra i partecipanti all’aula e la produttività della stessa. Per quanto riguarda i forum, sono stati utilizzati alcuni dati numerici: numero di topic, numero di post per argomento, il periodo di vita del topic e numero di post scritti dal singolo membro. 1.1.2 Obiettivi del monitoraggio e principali risultati
Il monitoraggio a cura del gruppo di lavoro ANSAS Lombardia ha avuto l’obiettivo di rilevare l’efficacia del modello formativo proposto attraverso Poseidon, con particolare attenzione alla sua dimensione collaborativa. Tale obiettivo generale è stato sviluppato in 4 dimensioni: la funzionalità dei materiali di partenza; le attività all’interno della classe virtuale (confronto e collaborazione); la figura del tutor e l’efficacia della strumentazione della classe virtuale.
Il gruppo di lavoro del monitoraggio ha sintetizzato i risultati del lavoro svolto nei seguenti “punti di attenzione”: materiali, funzione tutoriale, azioni di sistema, apprendimento collaborativo, funzione e utilizzo della tecnologia, fasi e tempi.
Per quanto riguarda i materiali, il monitoraggio distingue tra materiali proposti per la formazione e materiali prodotti come risposta alle sollecitazioni del progetto. In generale il monitoraggio ha rilevato un buon apprezzamento per i materiali da parte dei docenti, anche se in alcuni casi è emersa una considerazione negativa circa la loro eccessiva abbondanza. I docenti delle lingue classiche hanno apprezzato il carattere innovativo dei materiali proposti, mentre i docenti delle altre lingue li hanno trovati in linea con altra documentazione con cui erano precedentemente entrati in contatto. I docenti hanno altresì espresso una certa contraddizione tra l’impostazione innovativa del modello formativo di Poseidon (con l’enfasi sulla dimensione multimediale e ipertestuale) e i materiali che hanno avuto spesso la forma di documenti tradizionali pensati per essere stampati. Il
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coinvolgimento delle associazioni disciplinari è stato valutato positivamente dai partecipanti a Poseidon per la loro capacità di offrire un collegamento più diretto tra il Piano di formazione e il fare scuola.
Pur nel generale apprezzamento per i materiali proposti, il monitoraggio mette in evidenza alcune criticità:
- la mancanza di materiali di approfondimento per alcuni argomenti (il monitoraggio segnala
questa lacuna per quanto attiene al tema dell’interazione orale). - la non completa aderenza dei materiali con le competenze formalizzate dall’indagine PISA - la valorizzazione dell’ottica plurilingue come giustapposizione di approcci più che come reale
integrazione. Sempre sul versate della multiculturalità, alcuni docenti suggeriscono di integrare il modello proposto con l’aggiunta di lingue che valorizzi la presenza nelle classi di studenti extracomunitari o di paesi da poco entrati nell’Unione Europea.
Per quanto riguarda, invece, i materiali prodotti dai docenti in formazione, il monitoraggio ha
evidenziato una certa insoddisfazione per la gestione organizzativa della tempistica e delle procedure di validazione dei materiali stessi. Un altro elemento emerso è la sovrabbondanza di alcuni materiali prodotti, come riflesso di una certa tendenza al narcisismo da parte di alcuni docenti.
Il ruolo del tutor risulta centrale nel modello formativo proposto da Poseidon ed è per questo oggetto di un approfondimento dedicato all’interno del monitoraggio. Il ricorso a un tutor, selezionato esplicitamente da Poseidon in quanto esperto disciplinare, è la scelta che addensa intorno a sé valutazioni ambivalenti. Da una parte la possibilità di poter contare su una figura di riferimento esperta nelle discipline e nell’approccio proposto è stata considerata positivamente da alcuni docenti; ma più in generale la composizione della coppia dei tutor non sempre è stata in grado di affrontare i problemi relativi, ad esempio, alla presenza dei docenti in piattaforma (il ricorso a un tutor esplicitamente competente per quanto riguarda le tecnologie avrebbe potuto mitigare questo aspetto). In generale, sembra che il Piano abbia posto al centro del suo modello formativo la figura del tutor senza però riuscire a formare i docenti-‐tutor secondo standard qualitativi condivisi. Alcuni tutor sono stati quindi in grado di svolgere al meglio il loro compito, ma altri si sono dimostrati inefficaci. I tutor stessi – secondo quanto riportato dal monitoraggio – testimoniano questa ambiguità: alcuni, rispetto ad esempio alla questione della validazione dei materiali, dichiarano di non aver ricevuto indicazioni precise (e questo può essere in parte la fonte dei problemi relativi alla validazione del materiale prodotto sopra menzionati).
Alcune criticità messe in evidenza dal monitoraggio coinvolgono evidentemente una dimensione più ampia, che ha a che fare con le indispensabili azioni di sistema a sostegno del corretto svolgimento del processo formativo. Rispetto a questa dimensione il monitoraggio pone al centro la questione fondamentale del mancato riconoscimento formale del percorso di formazione svolto dai docenti. Questa ambiguità, insieme al grande impegno richiesto per la partecipazione a Poseidon, sembra essere la chiave per interpretare gli alti tassi di abbandono del corso (155 docenti non attivi contro 199 attivi). Altra mancanza nelle azioni di sistema: la condivisione dei criteri per la valutazione del percorso dei
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docenti, che ha avuto l’effetto di far sentire i docenti impegnati in una formazione che li coinvolgeva a livello personale e non come parte di un’istituzione. Il mancato collegamento tra il disegno nazionale del Piano e il livello del territorio chiama in causa il ruolo degli UU. SS. RR. che, come sottolineato dal monitoraggio, hanno svolto la loro funzione con impegno ed efficacia molto differenti da regione a regione. Il gruppo di lavoro di ANSAS Lombardia sostiene che da parte degli USR non sia stata presa iniziativa affinché le scuole dei docenti selezionati per Poseidon fossero informate che il loro personale era impegnato in un Piano Nazionale. Questo contribuisce alla grande variabilità nell’efficacia del Piano Nazionale: i singoli docenti poco integrati e il ruolo difforme dell’USR creano, infatti, le condizioni ideali per una scarsa omogeneità dell’intervento e dei risultati del Piano stesso.
Il monitoraggio sottolinea, tra gli aspetti caratterizzanti Poseidon, l’apprendimento collaborativo. I risultati generali mostrano un ampio apprezzamento per questa modalità di gestione delle interazioni tra docenti in formazione, soprattutto alla luce della composizione delle classi che, secondo le indicazioni condivise a livello nazionale, hanno al loro interno docenti dei differenti gradi di istruzione. Tale giudizio positivo viene condiviso dal gruppo di monitoraggio anche come risultato dell’analisi delle interazioni all’interno della piattaforma, vissuta come vero e proprio ambiente di socializzazione. Rispetto a questo aspetto, però, è necessario porre attenzione a non cadere in un errore di impostazione deterministica: la piattaforma online offre le condizioni per lo scambio tra i docenti ma non determina l’automatica buona riuscita dello stesso.
L’utilizzo dell’ambiente online è, coerentemente con quanto detto, oggetto specifico di monitoraggio. Poseidon, infatti, si caratterizza per la scommessa di fondere gli aspetti disciplinari e di didattica innovativa con l’ambiente online per l’apprendimento collaborativo. È naturale, dunque, che la piattaforma concentri su di sé aspetti positivi e negativi. Secondo lo schema interpretativo proposto dal monitoraggio, essi si distinguono in limiti oggettivi della piattaforma (ritardi, malfunzionamenti etc.) e criticità soggettive, legate, ad esempio, alla scarsa formazione specifica dei tutor. In sisntesi, la piattaforma consente di estendere i limiti spazio-‐temporali che insistono sui docenti in formazione, consentendo spazi maggiori per l’approfondimento, ma ponendosi come sorta di arena in cui esercitare il narcisismo dei docenti.
L’analisi della tempistica, inerente lo svolgimento delle differenti fasi di Poseidon, mette in evidenza uno scarso bilanciamento delle singole fasi del Piano. La prima parte del progetto, infatti, dedicata alla lettura dei documenti e quindi alla formazione dei docenti, è risultata troppo onerosa e confusa, con troppi materiali da dover consultare. La seconda e terza fase, al contrario, di taglio più operativo e basate sulla messa in atto dell’approccio collaborativo, è risultata venire incontro al gradimento dei corsisti, che hanno altresì sottolineato la validità dello strumento “sceneggiatura”. La quarta fase è risultata anch’essa troppo costretta nel tempo e il gruppo di monitoraggio sottolinea come i corsisti l’abbiano trovata faticosa e ripetitiva. In generale, la non ottimale gestione dei tempi e delle fasi (con momenti di vuoto a cui si sostituivano momenti di sovraccarico di lavoro) viene considerata un altro dei motivi per spiegare gli alti tassi di abbandono dei docenti corsisti.
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1.2 UNIVERSITÀ DI GENOVA: COMUNICARE IN RETE. GLI INSEGNANTI E I FORUM DI PUNTOEDU97
L’Università di Genova, in collaborazione con l'ANSAS, sotto la direzione scientifica di Luisa Ribolzi ha predisposto un monitoraggio della piattaforma Puntoedu Apprendimenti di Base, dal titolo "Comunicare in rete. Gli insegnanti e i forum di Puntoedu Apprendimenti di Base". Tale azione di monitoraggio e valutazione della piattaforma tecnologica si pone come attività trasversale ai Piani nazionali e offre preziose indicazioni metodologiche per comprendere i comportamenti online dei docenti in formazione. 1.2.1 Obiettivi del monitoraggio
Il modello di monitoraggio proposto dal gruppo di lavoro dell’Università di Genova ha analizzato due dimensioni fondamentali: l’evaluation (ossia la valutazione del processo) e l’assessment (la valutazione espressa dai partecipanti al corso). Per quanto riguarda la prima macro-‐dimensione, il monitoraggio ha avuto l’obiettivo di analizzare: la qualità dei contenuti presenti in piattaforma (qualità dei materiali didattici, coerenza dei materiali rispetto al target di utenza, possibilità di customizzazione in relazione ai bisogni degli utenti); usabilità della piattaforma (coerenza dell’organizzazione della strumentazione software a disposizione rispetto agli obiettivi dei Piani e alle caratteristiche degli utenti); qualità del supporto tecnologico (ruolo del tutor come facilitatore dei processi in piattaforma, disponibilità e tempestività dell’assistenza tecnica, presenza di eventuali disservizi); qualità della strutturazione del processo (che comprende la chiarezza del patto formativo, la condivisione degli obiettivi del percorso formativo, la qualità degli incontri in presenza e online e la loro integrazione in modalità blended, la chiarezza circa i ruoli all’interno del processo); qualità di gestione (compiti svolti dai tutor, dai coordinatori e dai moderatori della piattaforma). Per quanto riguarda invece la percezione dei corsisti che hanno effettivamente preso parte alle iniziative formative svolte attraverso la piattaforma Puntoedu, l’azione di monitoraggio ha analizzato: l’efficacia del processo di apprendimento (declinata in termini di acquisizione e padronanza dei contenuti; capacità di riportare le metodologie apprese nei reali contesti d’uso della scuola; innalzamento delle capacità metacognitive rispetto al proprio lavoro; modifica degli atteggiamenti); l’efficienza del processo di apprendimento (monitorato attraverso l’analisi dell’uso delle risorse disponibili, il tasso di restituzione delle esercitazioni proposte, delle eventuali prove e dei questionari, la partecipazione alle azioni legate al modello di apprendimento collaborativo). 1.2.2 Gli strumenti del monitoraggio e le azioni svolte
Il gruppo di monitoraggio attivo presso il DISA (Dipartimento di Scienze Antropologiche dell’Università di Genova) ha utilizzato una vasta gamma di strumenti: questionario online; focus group
97 il paragrafo è stato scritto da Simone Mulargia
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online; intervista via e-‐mail. A ciò si aggiunge un’attenta analisi delle interazioni avvenute all’interno della piattaforma e dei materiali prodotti dai corsisti in formazione.
Il questionario online, somministrato ai corsisti della piattaforma, è stato strutturato secondo le seguenti dimensioni di analisi: le opinioni, sensazioni e giudizi sull’esperienza vissuta; l’impatto della formazione erogata, in termini di applicazione all’interno delle attività quotidiane del fare scuola; il valore aggiunto (reale o presunto) del modello di formazione blended rispetto alla formazione frontale tradizionale; le percezioni dei corsisti rispetto alla formazione (adempimento burocratico vs opportunità per incrementare le competenze); le motivazioni dei corsisti, suddivise in estrinseche (per così dire strumentali ad esempio l’acquisizione di crediti) o intrinseche (il miglioramento della propria professionalità).
Il monitoraggio ha poi proseguito la sua analisi attuando un’integrazione tra tecniche di rilevazione standard e non standard. A tale proposito, sono stati condotti focus group online, realizzati attraverso la piattaforma Centra Symposium disponibile nei laboratori informatici della Facoltà di Scienze della Formazione di Genova. I docenti che hanno preso parte ai focus sono stati selezionati sulla base di tre variabili fondamentali: il genere, la regione sede di lavoro e la tipologia di istituto presso la quale prestano servizio. Al fine di evitare una sovra rappresentazione, il gruppo di monitoraggio ha effettuato un campionamento per quote a partire dai nominativi forniti dall’ANSAS. Se attraverso il questionario e i focus group è stato possibile mappare le opinioni e le percezioni dei docenti che hanno preso parte alle attività di formazione, attraverso la piattaforma Puntoedu, il monitoraggio ha voluto altresì integrare queste informazioni con il punto di vista dei moderatori dei forum, analizzato attraverso la somministrazione di una intervista via email. Attraverso 9 domande si è voluto monitorare: la presenza di eventuali difficoltà nella moderazione dei forum; lo stile di coordinazione delle interazioni tra corsisti; le particolari strategie di comunicazione adottate; le tematiche maggiormente dibattute; le funzioni di moderazione abilitate dalla strumentazione software a disposizione. Più in generale, si è cercato di comprendere il clima all’interno dei gruppi di lavoro online.
Con l’obiettivo di rendere conto delle interazioni dei corsisti all’interno della piattaforma, il gruppo di monitoraggio ha poi condotto un’analisi descrittiva sugli spazi di interazione all’interno di Puntoedu. Il primo punto dell’analisi ha osservato i docenti che hanno effettivamente utilizzato gli strumenti di interazione rispetto al numero totale dei corsisti iscritti. Due le dimensioni proposte: gli spazi in cui si è registrato il maggior livello di interazione (classi virtuali e forum di discussione) e la descrizione del profilo dei partecipanti che hanno mostrato i maggiori tassi di attivismo all’interno della piattaforma. Per quanto riguarda i forum di discussione (presi a unità minima su cui svolgere l’analisi), il monitoraggio ha messo in evidenza: le classi virtuali in cui i soggetti si sono scambiati il maggior numero di messaggi (relativamente all’area linguistica e matematica); i forum tematici più popolati (per quanto riguarda l’area linguistica); i forum di community più attivi (area linguistica e matematica); la quantità e il tipo di allegati inseriti in piattaforma; la direzione della partecipazione (post legati al lavoro vs interventi di natura socializzante); la dispersione degli utenti (docenti che hanno partecipato a forum estranei alla loro area tematica); la presenza di forum poco utilizzati. Nella seconda parte, l’attenzione si è spostata dallo strumento agli utenti, mettendo al centro dell’analisi le
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azioni dei docenti attivi in piattaforma nel loro percorso di formazione. Il monitoraggio ha così mappato tutti i messaggi inseriti dal singolo corsista, consentendo di costruire profili idealtipici di partecipazione, secondo i seguenti punti di attenzione: numero di messaggi postati da ogni individuo; rapporto tra numero di messaggi medio postati e caratteristiche socio-‐demografiche degli utenti; il rapporto tra l’inserimento di materiale allegato e le caratteristiche dei docenti. Come risultato di questo lavoro di analisi, il gruppo di lavoro del DISA propone una serie di indicatori, utili a rendere meno impressionistica l’analisi della effettiva utilità della piattaforma, dividendo l’attività dei docenti secondo due fondamentali dimensioni: un utilizzo degli strumenti finalizzato al raggiungimento del compito preciso e un uso più legato alla necessità di costruire un legame con gli altri partecipanti, cercando di venir meno a quel senso di isolamento che è stato riscontrato essere un pericolo di fondo comune a tutti i Piani di formazione. Ecco gli indicatori proposti: lunghezza dei thread (numero medio di post per topic); numero medio di topic per spazio di interazione; numero medio di post per spazio di interazione; incidenza partecipazione di tutor e moderatori (% di post da loro inseriti); incidenza dei topic senza risposta (topic muti); partecipazione (numero medio di post per partecipante); partecipanti rispetto agli iscritti; profilo corsisti più “attivi” (inseriscono un numero di elevato di post); profilo corsisti “trainanti” (inviano attachment).
L’incrocio degli indicatori proposti consente di avere un’immagine sintetica dei profili di partecipazione idealtipici al lavoro della piattaforma. Ma queste misure nulla dicono circa il significato dei messaggi inseriti, che è stato oggetto – attraverso il ricorso alla tecnica dell’analisi del contenuto – di un momento di riflessione opportunamente dedicato. Il gruppo di lavoro ha così analizzato, con tecniche di analisi testuale, i messaggi inseriti dagli utenti al fine di una loro categorizzazione all’interno di aree tematiche, utili alla definizione della rete di significati espressi dai docenti in formazione. TALTAC è stato il software utilizzato per l’analisi, volta a comprendere: l’atteggiamento generale (positivo vs negativo) dei docenti che inserivano messaggi; la presenza e il grado di esperienze di lavoro collaborativo e, più in generale, di momenti di socializzazione all’interno della piattaforma; l’eventuale emersione di comunicazione asimmetrica (data, ad esempio, dalla presenza di utenti maggiormente attivi o competenti, che possono aver assunto il ruolo di leader naturali della discussione). L’utilizzo del software ha consentito di analizzare tre dimensioni fondamentali: tematica (cioè l’argomento del testo, considerato a partire dal contenuto del corpus analizzato); semantica latente (analizzata considerando lo studio delle partizioni e l’analisi delle corrispondenze); morfosintattica (strategie discorsive all’interno dei messaggi postati). In generale, il gruppo di monitoraggio ha optato, per questa fase di analisi, per un approccio legato alla grounded theory, più interessato a costruire le condizioni per l’emersione di profili di utilizzo della piattaforma che alla verifica delle ipotesi proposte dai ricercatori ex-‐ante. A causa del gran numero di post presenti in piattaforma, è stata necessaria una preliminare operazione di scelta dei messaggi da sottoporre ad analisi del contenuto. La selezione ha tenuto conto dei seguenti parametri: selezione dei topic con maggiore coerenza rispetto agli obiettivi dell’analisi (atteggiamento del corsista; grado di socializzazione all’interno della piattaforma; presenza di momenti di apprendimento collaborativo); eliminazione dei topic con pochi messaggi (perché ritenuti meno rilevanti); classificazione dei topic rimanenti in macro-‐categorie.
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2 MONITORAGGIO ISS
2.1 Un monitoraggio per il miglioramento del Piano nazionale Il Piano è stato oggetto, a livello nazionale, di un monitoraggio volto a sostenere lo sviluppo del piano stesso. La motivazione di fondo è stata valorizzare e comprendere i processi virtuosi all’interno del progetto secondo la logica della riprogettazione ricorsiva. Non un semplice controllo degli aspetti positivi o negativi, ma un’azione di sistema che si integra nel progetto stesso nell’ottica di un suo miglioramento continuo, secondo quanto illustrato da Maria Paola Giovine, Anna Maria Mancini, Livia Mascitelli e Anna Pascucci98. Rispetto a tale riferimento generale, il monitoraggio ha avuto le seguenti finalità: osservazione del comportamento dei tutor (a livello di presidio, nelle classi e in generale sul territorio); autovalutazione ragionata del percorso dei tutor; diffusione delle informazioni e delle potenzialità osservate, a livello regionale e nazionale; promozione della confrontabilità tra le esperienze in atto.
2.2 I punti di interesse del monitoraggio La strutturazione dell’impianto del monitoraggio utilizza una declinazione delle variabili secondo la formula dei seguenti punti di interesse: i presìdi e gli osservatori; le modalità di intervento; gli indicatori e i punti di attenzione; la modalità delle rilevazioni; le analisi e le prospettive; gli esiti da restituire. Il gruppo di monitoraggio ha individuato, per l’a.s. 2008-‐2009, due presìdi per regione sulla base di autocandidature, volte a preselezionare ambiti territoriali che fossero pronti e motivati a collaborare nell’ottica di una auto-‐osservazione finalizzata al miglioramento del percorso di formazione. Si sono così formati 19 team di osservazione dei presìdi, formati da un osservatore della regione (scelto dal Gruppo di Pilotaggio Regionale fra i rappresentanti delle associazioni o dei Musei) e due osservatori esterni (scelti dal Gruppo di Pilotaggio Nazionale). L’azione di monitoraggio e sostegno si è svolta in due fasi: nella prima sono stare coinvolte Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna e Sicilia. Nella seconda fase Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Puglia, Toscana, Valle D’Aosta e Veneto. L’osservatore deve possedere alcune caratteristiche necessarie all’operazione di ascolto e valorizzazione delle esperienze territoriali. Questi sono stati selezionati per la loro provenienza da ambiti disciplinari diversi e sono stati “formati” attraverso una preliminare analisi dei materiali prodotti dai presìdi presso cui avrebbero svolto il loro compito. A tale riguardo, i presidenti delle
98 Per un’analisi dettagliata dei risultati del monitoraggio e per la presentazione analitica degli strumenti utilizzati e dei risultati emersi, cfr. Annali della Pubblica Istruzione n. 5-6-1/2009-2010.
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associazioni di insegnanti sono stati coinvolti nella selezione degli osservatori. I team così formati hanno avuto un ulteriore momento di condivisione della strumentazione e degli obiettivi del monitoraggio durante un seminario svoltosi a Roma nel gennaio del 2009. Particolare attenzione è stata posta nella gestione del portato qualitativo dell’analisi. Anche in virtù di una certa vicinanza percepita tra osservatore e osservato, si è cercato di istruire il primo affinchè sapesse stimolare l’espressività dei partecipanti, senza cadere nell’errore di considerare acriticamente il portato di queste espressioni. Da sottolineare come i protocolli di conduzione dell’osservazione all’interno dei presìdi, soprattutto per quanto riguarda la strumentazione qualitativa adottata, è stato condiviso e progettato dai singoli team del monitoraggio, anche se in accordo con le indicazioni generali.
2.3 Il dettaglio dell’intervento di monitoraggio Il monitoraggio ha previsto un modello di interventi a tre fasi: nella prima, il gruppo di coordinamento nazionale ha testato la strumentazione metodologica predisposta in due presìdi delle Marche (Pesaro e Sinigallia), apportando le modifiche emerse dall’ascolto dei tutor coinvolti; nella seconda fase, dopo un’analisi della significatività degli strumenti utilizzati nella prima, tutti i presìdi selezionati sono stati monitorati; per la terza fase, infine, si è provveduto all’analisi e alla disseminazione a livello nazionale dei risultati emersi. Il gruppo di monitoraggio ha cercato di non essere percepito come un corpo estraneo al progetto, valorizzando la costruzione di modalità di osservazione rispettose dei processi di formazione che si stavano svolgendo nei presìdi oggetto di analisi. Per questo, i primi punti di attenzione analizzati sono state le sceneggiature e le progettazioni effettivamente messe in atto dai docenti in formazione. Questo per osservare i tutor in una condizione di lavoro quanto più prossima ai reali contesti di interazione all’interno dei presìdi. Le progettazioni sono state analizzate tenendo conto dei seguenti indicatori di coerenza rispetto al modello generale: gli aspetti disciplinari del curriculum (con particolare attenzione ai percorsi longitudinali e trasversali); la mediazione didattica messa in atto (centrale, a questo proposito, la dimensione laboratoriale); la metodologia a progressiva organizzazione concettuale; la promozione dell’apprendimento collaborativo all’interno del presidio; le procedure di documentazione (importanti per l’autoanalisi e per la gestione dei feedback). Tali punti di osservazione privilegiata rappresentano una indicazione sintetica di un quadro molto più dettagliato che è stato la guida del team di monitoraggio. Gli osservatori, infatti, avevano a disposizione uno schema che conteneva, nel dettaglio, i sotto-‐indicatori da tenere in considerazione99.
2.4 La strumentazione metodologica utilizzata e i principali risultati emersi. Una innovazione in prospettiva che si scontra contro le rigidità del sistema scuola
Il monitoraggio presenta una strumentazione che mescola approccio quantitativo e qualitativo.
99 Una tabella riassuntiva dei sottoindicatori è disponibile in Maria Paola Giovine M. P., Mancini A. M., Mascitelli L., Pascucci A., “L’azione di sostegno e monitoraggio”, in Annali della Pubblica Istruzione n. 5-6-1/2009-2010.
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Durante la visita al presidio, il team ha incontrato il Dirigente scolastico e i tutor: entrambe le figure hanno compilato una apposita scheda di rilevazione. Il gruppo di monitoraggio ha altresì partecipato a un’attività del tutor (lezione in classe, attività di laboratorio, progettazione fra pari etc.) al fine di osservare direttamente le azioni di formazione all’interno del loro reale contesto. A seguito di questa fase di osservazione, il team ha dialogato con il tutor (secondo una modalità prossima all’intervista strutturata) e, attraverso una scheda sull’indicazione dei principali aspetti da considerare, ha annotato le questioni salienti emersi dall’incontro. Anche se la sensibilità di questi colloqui è in linea con le indicazioni per la moderazione dei focus group, l’esperienza di ascolto dei tutor non si attiene strettamente a questa tecnica di indagine. I colloqui, però, si sono mostrati utili a determinare il grado di corrispondenza tra il quadro generale proposto da ISS e le esperienze del territorio (sia di quelle svolte, sia di quelle ancora da attuare). Al termine della fase di ascolto, il team di monitoraggio ha annotato le questioni più rilevanti emerse al fine di compilare una scheda sinottica. Un ulteriore documento che compone il quadro della strumentazione metodologica del monitoraggio è il diario di bordo, elaborato a cura degli osservatori. Il monitoraggio ha analizzato le attività di 34 presìdi, di cui 29 costituiti presso Scuole Secondarie di Secondo Grado, 5 presso Istituti Comprensivi o Scuole Secondarie di Secondo Grado. Le Scuole Secondarie di Secondo Grado mostrano di aver avuto un ruolo centrale nel mettere a disposizione le loro strutture laboratoriali e il personale tecnico necessario allo svolgimento delle attività di ISS. Nel complesso, è stata condotta un’analisi particolareggiata, attenta a mappare le differenti attività proposte all’interno dei Presìdi territoriali: presentazione da parte degli studenti di un percorso didattico (9 casi su 6 in Scuole Secondarie di Secondo Grado, 3 in Istituti Comprensivi); attività di laboratorio condotte dal docente-‐tutor di Scuola Secondaria nella Scuola elementare (2 casi); attività di laboratorio eseguite in classe dagli studenti (21 casi, di cui 6 nella Scuola Primaria, 11 in Istituti Comprensivi e 4 nella Secondaria di Secondo Grado); incontri tra docenti (11 casi). Il monitoraggio ha scelto di implementare un atteggiamento metodologico coerente con il quadro generale di ISS. Se il Piano di formazione, infatti, scommette su uno stile di apprendimento consapevole, frutto delle attività di collaborazione tra pari, messe in campo nei Presìdi, il monitoraggio dichiara un approccio altrettanto consapevole, che mette i soggetti osservati al centro delle dinamiche di costruzione del significato della loro esperienza. Questa considerazione posiziona il monitoraggio sul versante qualitativo: la complessità del Piano è stata, infatti, affrontata privilegiando l’attenzione ai processi messi in atto dai soggetti personalmente e come risultato delle azioni collaborative. È però evidente che l’analisi svolta funziona bene come momento di riflessione circa le attività del Piano (ed è coerente con le finalità di sostegno riorganizzativo dichiarate) ma non può pretendere di estendersi con significatività statistica all’intero assetto di ISS. In generale, il monitoraggio evidenzia la forte motivazione espressa dai tutor, veri elementi chiave di ISS, ma denuncia una sorta di limite strutturale del Piano: le originalità e le eccellenze osservate a livello locale non sembrano essere condivise a livello nazionale come standard qualitativo. Il Piano, dunque, mette in condizione i soggetti in formazione di esprimere originalità e avanguardie di innovazione, ma non estende automaticamente la sua portata innovativa al sistema scuola. Per questo motivo, il monitoraggio evidenzia alcuni nodi critici strutturali, comuni a tutte le azioni di sistema che
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provano a innovare un’istituzione come la Scuola, spesso ingabbiata in alcune rigidità organizzative (i tempi stretti per la didattica, il grande impegno richiesto ai tutor, i finanziamenti e la carenza delle attrezzature). Nell’ottica di un ripensamento propositivo dell’azione di ISS, il monitoraggio sottolinea altri aspetti decisivi per un rilancio dell’azione di formazione. Le questioni legate alle azioni di sistema: la dislocazione territoriale dei Presìdi, non sempre omogenea e funzionale a “fare rete”; le relazioni istituzionali tra tutor e Dirigenti Scolastici; gli accordi interni alla rete di scuole (che necessitano di un forte impegno per un coordinamento che non sia episodico); le relazioni tra il Presidio, l’USR e USP (anch’esse a volte rallentate da eccessiva burocrazia); relazioni tra tutor, GPR e Associazioni professionali; relazioni tra presìdi e Regione; relazioni con il Ministero (per la gestione della tempistica del Piano e la produzione degli atti necessari al buon funzionamento delle attività) e più in generale la necessità di coordinare la tempistica dell’erogazione dei finanziamenti per allinearla alle necessità di programmazione curricolare e progettazione didattica. Sussistono ulteriori difficoltà relative alla piattaforma messa a disposizione da ANSAS. Alcuni dei soggetti intervistati hanno espresso un malcontento per la scelta della piattaforma; in altri casi, le eccessive rigidità del software (es. gestione archiviazione documenti) sono state oggetto di critiche; alcuni corsisti (probabilmente non troppo alfabetizzati all’uso delle tecnologie) hanno lamentato l’eccessivo impegno che è necessario dedicare alla piattaforma stessa (impegno che coinvolge corsisti e tutor). Il profilo fortemente innovativo del Piano scommette su un cambiamento che investe il profilo delle professionalità del mondo della scuola. Questo cambiamento culturale è un elemento di ambiguità: sembra, cioè, che gli insegnanti (nei differenti ruoli che ricoprono all’interno del Piano) siano chiamati ad andare oltre i tradizionali confini dei loro compiti, pensandosi anzitutto come ricercatori della mediazione didattica; tale opportunità, però, si scontra con una rigidità di ruoli e funzioni che non è stato ancora possibile superare. Così, anche la progettazione condivisa, che è alla base di ISS, non viene considerata da tutti gli attori come dimensione fondamentale (e la documentazione prodotta non sempre è condivisa tra tutti i corsisti). L’extracurricularità e la trasversalità dei percorsi è vissuta, in alcuni contesti, come una limitazione alla libertà didattica, invece di essere percepita come opportunità per il confronto con i colleghi. La volontà di coinvolgere, all’interno della sperimentazione didattica, docenti di differenti ordini porta con sé il pericolo di non riuscire a venire incontro alle necessità di insegnanti con una formazione pregressa non uniforme: se i corsisti di ISS che insegnano nelle Scuole Secondarie di Secondo Grado si sentono in possesso delle adeguate competenze disciplinari e rivolgono la loro attenzione verso i contenuti innovativi in termini di didattica sperimentale, i colleghi della Scuola Primaria hanno espresso un certo senso di inadeguatezza relativamente al loro livello di competenze. Insieme alle criticità di sistema “interne” a ISS, il monitoraggio ha evidenziato alcune questioni proprie del sistema scuola nel suo insieme. I docenti manifestano una certa incertezza sul futuro che mal si concilia con la fiducia necessaria a impegnarsi per un cambiamento professionale e culturale che, per definizione, insiste sul lungo periodo. Anche la questione delle compresenze (che è alla base del superamento delle rigidità disciplinari) è difficile da applicare nel quotidiano perché si scontra con
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vincoli burocratico-‐organizzativi non sempre flessibili. Emerge poi un certo disallineamento tra le innovazioni proposte dal Piano di formazione e gli obiettivi e gli strumenti della valutazione delle “prove d’esame”: alcuni docenti manifestano la difficoltà a impegnarsi con convinzione nel percorso didattico che si propone agli studenti, perché tale percorso non sembra essere in linea con le prove finali a cui gli studenti saranno sottoposti (e che in maniera indiretta valutano anche la qualità dell’insegnamento).
2.5 Il Piano Nazionale sotto la lente dei “diari di bordo” Ulteriori indicazioni, soprattutto qualitative, emergono dall’analisi dei diari di bordo, strumento di annotazione delle esperienze e dei vissuti dei partecipanti al Piano. Con una certa chiarezza, il monitoraggio afferma la caratteristica principale di ISS che, soprattutto nei contesti che già mostravano elementi di eccellenza, attua un vero salto di qualità nella didattica. L’obiettivo dichiarato è quello di estendere il livello qualitativo medio del sistema scolastico per quanto riguarda l’insegnamento delle discipline scientifiche. E qui, però, l’attività di monitoraggio dichiara che è difficile esportare le condizioni che determinano le punte di eccellenza comunque individuate. La chiave del cambiamento di ISS sta nel confronto tra i docenti e nel sistema dell’autoriflessione continua delle pratiche didattiche che mette al centro gli insegnanti in formazione. L’analisi dei diari di bordo mette in evidenza come il tema dell’estensione delle buone pratiche sia l’aspetto sui cui è necessario il maggiore impegno (anche futuro). ISS, infatti, mostra di funzionare egregiamente nelle scuole Presidio (e nelle scuole che sono il luogo di lavoro dei tutor), ma si scontra con alcuni problemi di logistica e di organizzazione che rendono la disseminazione delle buone pratiche ancora in una fase embrionale. Il cambiamento nella percezione della professionalità dei docenti (che da semplici esecutori dei programmi nazionali devono diventare ricercatori della didattica) investe anche la figura del Dirigente Scolastico. I DS non possono rimanere attuatori del Piano, ma devono interpretare con maggiore convinzione il ruolo di manager dell’innovazione. Proprio con questo obiettivo, il monitoraggio sottolinea il modello organizzativo del Dipartimento disciplinare come luogo che può dare attuazione istituzionale alle pratiche di condivisione tra docenti e di superamento dei confini disciplinari. A un livello più concreto, ISS sembra aver veicolato in maniera soddisfacente la sua idea di laboratorio: non il luogo fisico che contiene la strumentazione per gli esperimenti, ma un modello che modifica alla radice la didattica delle discipline scientifiche. Restano, però, alcune rigidità soprattutto nel rapporto tra gli insegnanti dei diversi ordini. Emerge, infatti, una certa sudditanza degli insegnanti della Scuola Primaria nei confronti dei colleghi della Secondaria di Secondo Grado. Tale aspetto è un doppio problema: primo, perché mette in discussione il modello di collaborazione tra pari; secondo perché proprio gli insegnanti della Secondaria di Secondo Grado sono quelli che hanno mostrato le maggiori resistenze verso un ripensamento del loro modo di fare scuola. Ma questo cambiamento è necessario per far sì che l’innovazione principale alla base di ISS possa attuarsi nel concreto: la messa al centro dello studente, che viene accompagnato in tutto il suo percorso di crescita mettendo momentaneamente tra parentesi le differenze degli ordini di scuola. In questo il ragazzo diventa soggetto attivo della sua formazione (pensata in maniera organica e non frammentata) e non semplice oggetto della divisione disciplinare e
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di ordini di scuola.
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CAPITOLO XIV La valutazione dei Piani di monitoraggio Bruno Ronsivalle
La Griglia di valutazione dei Piani di monitoraggio rappresenta uno strumento operativo per l’osservazione e la verifica del grado di adeguatezza delle variabili caratteristiche di un Piano di monitoraggio della formazione. Essa si basa sulle informazioni incluse nella Scheda descrittiva dei Piani di monitoraggio, ossia su una serie di dati relativi agli elementi fondamentali che definiscono l’architettura complessiva degli interventi di monitoraggio dei Piani nazionali commissionati dal MIUR e attuati da osservatori interni e/o interni. Informazioni generalmente reperibili nell’ambito dell’eventuale documentazione prodotta in fase di presentazione del progetto di monitoraggio e grazie alla consultazione dei relativi report finali.
La Griglia è integrata con il modello generale di qualità della formazione elaborata dal team M3 della Sapienza, con un focus specifico sulle variabili che descrivono l’oggetto, la dimensione, gli strumenti e gli output delle attività di monitoraggio. Secondo il suddetto modello un piano di monitoraggio può essere definito come un sistema che integra attività, procedure, ambienti e sistemi volti alla registrazione e rappresentazione quali/quantitativa dei vari stati del processo formativo durante le fasi di delivery. In particolare, un p.d.m. prevede sempre un controllo dell’evoluzione dell’iter formativo attraverso una verifica degli indicatori di qualità, con un focus sulle variabili relative (a) alla dimensione didattica, (b) ai fattori di efficacia ed efficienza del piano, (c) alla qualità percepita, attraverso l’adozione di specifici strumenti – registro d’aula, piattaforma e-‐learning LMS, ecc – e la produzione di output descrittivi (statistiche accessi, report, schede informative, ecc.).
L’integrazione di tali variabili recepisce i principi fondamentali degli standard di qualità ISO 9001.2008 e ISO 9004:2009, adottando una metodologia di analisi dinamica del processo di formazione, secondo criteri di verifica quali-‐quantitativa degli input e degli output di ogni fase attraverso descrittori indicativi, in funzione dei ruoli e dei profili degli attori coinvolti. Inoltre, la griglia trae ispirazione dai seguenti punti di attenzione inclusi nell’Allegato I della Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale100:
100 2009/C 155/01
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Criteri di qualità
Descrittori indicativi a livello di sistema di istruzione e formazione professionale
Descrittori indicativi a livello dell'erogatore di istruzione e formazione professionale
La pianificazione riflette una visione strategica condivisa dai soggetti interessati e comprende scopi/obiettivi, azioni e indicatori espliciti.
[…] Gli obiettivi sono stabiliti e monitorati tramite indicatori specifici (criteri di successo) […] È stata prevista una politica d'informazione per garantire una diffusione ottimale dei risultati nel rispetto delle prescrizioni nazionali/regionali in materia di protezione dei dati […]
[…] Sono definiti e monitorati scopi/obiettivi e traguardi espliciti […] Gli erogatori di istruzione e formazione professionale dispongono di un sistema di qualità esplicito e trasparente
[…]
[…]
[…]
Una valutazione dei risultati e dei processi è effettuata regolarmente con l'aiuto di misurazioni
È definita una metodologia di valutazione applicabile alla valutazione interna e a quella esterna La partecipazione dei soggetti interessati al processo di monitoraggio e di valutazione è concordata e chiaramente descritta […] I sistemi sono sottoposti ad un'autovalutazione e, se del caso, a un esame interno ed esterno. Sono attuati sistemi di preallarme Sono applicati indicatori di prestazione
Un'autovalutazione è effettuata periodicamente nell'ambito di quadri/regolamenti nazionali e regionali o su iniziativa degli erogatori di istruzione e formazione professionale La valutazione e la revisione riguardano i processi e i risultati della formazione, compresa la valutazione della soddisfazione dei discenti nonché delle prestazioni e della soddisfazione del personale La valutazione e la revisione includono meccanismi adeguati ed efficaci per coinvolgere soggetti interessati interni ed esterni
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È effettuata una rilevazione di dati pertinente, regolare e coerente per misurare i successi e individuare le aree da migliorare. Sono definiti metodi appropriati di rilevazione dei dati, per esempio questionari e indicatori/criteri misurabili
Sono attuati sistemi di preallarme
Revisione Procedure, meccanismi e strumenti per organizzare le revisioni sono definiti a tutti i livelli I processi sono riesaminati regolarmente e sono elaborati piani d'azione. I sistemi sono adeguati di conseguenza Le informazioni sui risultati della valutazione sono rese pubbliche
È raccolto il giudizio dei discenti sulla loro esperienza di apprendimento individuale e sull'ambiente di apprendimento e di insegnamento. Esso è utilizzato come base per nuove azioni unitamente al giudizio degli insegnanti Le informazioni sui risultati della revisione sono rese pubbliche Le procedure di feedback e di revisione fanno parte di un processo strategico d'apprendimento nell'organizzazione I risultati del processo di valutazione sono discussi con i soggetti interessati e sono realizzati piani d'azione appropriati
1.2. La Griglia di valutazione
La Grigia di valutazione si articola in tre sezioni, corrispondenti ad altrettante aree fondamentali di analisi:
1. l’area del disegno del monitoraggio, ossia la macro-‐sezione in cui sono descritti il
piano di project management, il metodo di individuazione dell’eventuale campione per
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l’analisi, i dispositivi e gli strumenti adottati, le varie procedure, i modelli e gli schemi di report, i riferimenti metodologici e teorici, gli indicatori di qualità e i piani di intervento correttivo;
2. l’area del monitoraggio delle attività didattiche, che include la registrazione e la valutazione di una serie di item relativi alla dimensione didattica del piano formativo, quali la frequenza dei partecipanti, la coerenza della metodologia didattica e degli strumenti formativi, l’adeguatezza dell’impianto didattico, i risultati in termini di efficacia e il sistema di tutoring di contenuti. Tal fattori costituiscono oggetto di analisi sia in funzione di ciò che è stato effettivamente erogato durante il piano formativo (“qualità erogata”), sia in relazione al modo in cui le attività sono state percepite dai singoli partecipanti (“qualità percepita”);
3. l’area del monitoraggio del processo e delle risorse amministrative, che prevede una serie di punti di osservazione sugli aspetti più gestionali e organizzativi di un piano formativo, quali la gestione del tempo, l’efficacia degli ambienti di apprendimento e dei flussi di comunicazione, il meccanismo complessivo di tutoring e il livello di compliance. Anche in questo caso, la registrazione dei risultati concerne i due livelli della qualità erogata e percepita.
2. La struttura generale della Griglia di valutazione
Le aree della Griglia includono una serie di variabili connesse alle voci su cui i membri del team M3 esprimono collegialmente una valutazione quantitativa concernente l’impianto progettuale dei diversi Piani di monitoraggio. Il valore attribuito a ciascuna voce rappresenta il grado di adeguatezza della descrizione dell’item in oggetto secondo una scala di rango triadica. Ad esempio, in corrispondenza della voce “Descrizione metodologia di monitoraggio”, relativa alla presentazione della cornice teorica del modello di monitoraggio adottato, è possibile selezionare uno dei seguenti valori: “(Descrizione) Non dettagliata”, “(Descrizione) Parzialmente dettagliata”, “(Descrizione) Dettagliata”.
La Griglia prevede inoltre la ponderazione a priori di ogni variabile mediante l’attribuzione di un valore compreso tra 1 (*) e 5 (*****). L’assegnazione dei pesi risponde ai seguenti criteri generali: Peso Descrizione Criterio di attribuzione del peso
1 Non rilevante La variabile contribuisce esclusivamente a dettagliare ed esplicitare alcuni aspetti meno rilevanti delle varie attività. Il suo valore minimo non determina alcun effetto negativo in relazione alla qualità del monitoraggio.
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2 Poco rilevante La variabile costituisce un fattore di contorno, non particolarmente decisivo per la validità delle attività. La sua assenza non produce un impatto significativo sulla qualità del monitoraggio.
3 Mediamente rilevante
La variabile contribuisce a garantire la qualità delle attività, senza però costituire un elemento strategico per il Piano di monitoraggio. La sua assenza indebolisce l'impianto complessivo, la cui validità generale però, non viene in alcun modo pregiudicata.
4 Molto rilevante La variabile costituisce una condizione necessaria, ma non sufficiente, per determinare la validità delle varie attività. La sua assenza compromette seriamente la qualità del Piano di monitoraggio.
5 Estremamente rilevante
La variabile costituisce una condizione necessaria e sufficiente per determinare la validità delle attività. La sua assenza pregiudica totalmente la qualità del Piano di monitoraggio e lo rende privo di senso.
Il valore sintetico che rappresenta la qualità di un Piano di monitoraggio viene calcolato attraverso la somma aritmetica ponderata dei singoli valori attribuiti alle differenti variabili della griglia. Tale valore sintetico è incluso tra 0 e 100, e dipende dai pesi associati alle aree e alle variabili dello schema. 3. Le variabili della Griglia di valutazione 3.1. Area 1: “disegno del monitoraggio”
La prima area della Griglia è dedicata alle variabili generali del piano di monitoraggio, contribuisce per il 30% al giudizio complessivo sulla qualità progettuale e si articola in nove punti di osservazione:
Variabile o punto di osservazione Descrizione
Piano di project management
Specifiche per la gestione delle varie fasi del processo di monitoraggio, con indicazioni sulle risorse allocate, sulle scadenze temporali, sui flussi di comunicazione tra gli attori e sulle relazioni di propedeuticità fra le diverse attività. Quasi sempre, tali informazioni sono incluse in un documento di PM (esempio: Diagramma di Gantt).
strategie di selezione delle unità di monitoraggio
Indicazioni sul metodo e le tecniche di individuazione e/o campionamento dei soggetti coinvolti nelle attività di monitoraggio.
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Dispositivi e strumenti di monitoraggio
Software applicativi, tool, documenti, schede, ambienti, sistemi per la registrazione e rappresentazione qualitativa/quantitativa dei vari stati del Piano formativo durante le varie fasi di delivery.
Procedure di monitoraggio
Istruzioni sul flusso delle attività di monitoraggio, sulla sequenza di input e output delle singole fasi e sui vari ruoli delle risorse umane in seno al processo, con eventuali riferimenti a modelli di qualità o standard internazionali.
Reportistica
Specifiche su modelli, template, grafici, schede, schemi, commenti e documenti per la presentazione dei risultati delle varie fasi del monitoraggio in sede di analisi e di comunicazione.
Descrizione metodologia di monitoraggio Informazioni relative alla cornice teorica di riferimento, al modello di monitoraggio adottato e alle strategie messe in atto per il raggiungimento degli obiettivi.
Analisi qualità promessa Informazioni sulla qualità progettuale del piano formativo sottoposto a monitoraggio.
Definizione qualità attesa
Indicazioni sul rapporto tra i risultati attesi del Piano formativo in fase di progettazione (qualità promessa) e i migliori risultati effettivamente conseguiti (qualità erogata) nell'ambito dei casi di eccellenza.
Piano di intervento correttivo Specifiche sulle attività volte alla mitigazione del rischio di non efficacia del piano formativo.
In corrispondenza delle nove variabili sono previsti altrettanti criteri di valutazione:
Variabile Valutazione Criterio di valutazione
Piano di project management
Non esplicitato La documentazione del piano di monitoraggio non include alcuna descrizione relativa a questo item.
Esplicitato parzialmente
La descrizione del piano di p.m. è approssimativa e/o non include alcun riferimento al team di lavoro e/o non prevede la definizione puntuale dei vari elementi di governo mediante un documento tecnico (Gantt).
Ben esplicitato La descrizione del piano di p.m è dettagliata e prevede una definizione delle varie attività mediante documentazione tecnica specifica (Gantt)
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strategie di selezione delle unità di monitoraggio
Non esplicitato La documentazione del piano di monitoraggio non include alcuna descrizione relativa a questo item.
Esplicitato parzialmente La descrizione delle tecniche di selezione del campione di osservazione è approssimativa e non include riferimenti di tipo metodologico e quantitativo.
Ben esplicitato La descrizione delle tecniche di selezione del campione di osservazione è puntuale e include riferimenti di tipo metodologico e quantitativo.
Dispositivi e strumenti di monitoraggio
Non previsti Il piano di monitoraggio non è supportato da alcun dispositivo e/o strumento.
Previsti Il piano di monitoraggio prevede esclusivamente l’adozione di strumenti di monitoraggio non informatici (registri d’aula, report cartacei, etc.)
Previsti:Software Il piano di monitoraggio prevede l’adozione di strumenti di monitoraggio informatici (software gestionali, piattaforme LMS, etc.)
Procedure di monitoraggio
Non previste Il piano di monitoraggio non si avvale di alcuna procedura per la registrazione dei dati e l’osservazione del percorso formativo.
Previste Il piano di monitoraggio include una o più procedure per l’attività di registrazione e osservazione.
Previste:Qualità Il piano di monitoraggio include una o più procedure per l’attività di registrazione e osservazione in linea con un modello certificato di qualità ISO
Reportistica
Non dettagliata
I contenuti dei report e delle relazioni finali delle attività di monitoraggio sono generici, non includono grafici e riferimenti quantitativi e non sono connessi agli obiettivi del piano formativo
Parzialmente dettagliata
I contenuti dei report e delle relazioni finali delle attività di monitoraggio includono grafici e riferimenti quantitativi e sono connessi agli obiettivi del piano formativo
Dettagliata
I contenuti dei report e delle relazioni finali delle attività di monitoraggio includono grafici e riferimenti quantitativi, sono connessi agli obiettivi del piano formativo e a un modello specifico di qualità della formazione.
Descrizione metodologia di monitoraggio
Non dettagliata La presentazione della metodologia di monitoraggio è approssimativa e non include alcun riferimento alla letteratura scientifica sul tema.
Parzialmente dettagliata La presentazione della metodologia di monitoraggio è puntuale e include riferimenti alla letteratura scientifica sul tema.
Dettagliata La presentazione della metodologia di monitoraggio è puntuale, include vari riferimenti alla letteratura
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scientifica sul tema e prevede uno specifico modello di qualità della formazione.
Analisi qualità promessa
Non dettagliata L’analisi della qualità progettuale del piano formativo è approssimativa e non include alcun riferimento alla letteratura scientifica sul tema.
Parzialmente dettagliata L’analisi della qualità progettuale del piano formativo è puntuale e include riferimenti alla letteratura scientifica sul tema.
Dettagliata
L’analisi della qualità progettuale del piano formativo è puntuale, include vari riferimenti alla letteratura scientifica sul tema e prevede uno specifico modello teorico di sfondo.
Definizione qualità attesa
Non dettagliata I criteri per l’individuazione e la descrizione delle “prassi virtuose” sono approssimativi e non è previsto alcun riferimento alla letteratura scientifica.
Parzialmente dettagliata I criteri per l’individuazione e la descrizione delle “prassi virtuose” sono puntualmente descritti, con vari riferimenti alla letteratura scientifica sul tema.
Dettagliata
I criteri per l’individuazione e la descrizione delle “prassi virtuose” sono puntualmente descritti con vari riferimenti alla letteratura scientifica sul tema e in armonia con un modello specifico di qualità della formazione.
Piano di intervento correttivo
Non esplicitato Il piano di monitoraggio non prevede un quadro di attività correttive per la gestione delle criticità.
Esplicitato parzialmente Il piano di monitoraggio prevede un quadro generico di attività correttive per la gestione delle criticità non connesso con criteri quantitativi
Ben esplicitato Il piano di monitoraggio prevede un quadro analitico di attività correttive per la gestione delle criticità ancorato a criteri quantitativi.
3.2. Area 2: “monitoraggio delle attività didattiche”
La seconda area della Griglia è dedicata alla dimensione didattica del piano formativo, contribuisce per il 40% al giudizio complessivo sulla qualità del piano di monitoraggio e si articola in ben nove variabili o punti di osservazione:
Variabile o punto di osservazione Descrizione
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Frequenza Dati relativi alle presenze/assenze dei singoli partecipanti, con eventuale riferimento alle soglie minime richieste dal Piano formativo
Partecipazione attiva
Grado di interazione e di coinvolgimento attivo dei destinatari del Piano durante le attività didattiche (esempio: indici di partecipazione alle attività online, contributi nell'ambito di project work)
Docenza Livello delle competenze professionali dei docenti, sia in relazione ai contenuti erogati, sia in funzione delle abilità trasversali connesse all'interazione didattica.
Materiale didattico
Livelli di funzionalità, usabilità, accessibilità ed esaustività delle dispense, delle slide utilizzate in aula, degli eventuali learning object, dei materiali di approfondimento e delle risorse didattiche volte alla condivisione dei contenuti del corso
Metodologia didattica Coerenza dei metodi didattici e delle strategie formative in relazione agli obiettivi didattici del Piano e dei risultati attesi.
Impianto e percorso formativo Livelli di sostenibilità e coerenza dell'architettura del piano formativo in funzione delle esigenze dei destinatari, degli obiettivi e dei risultati attesi
Efficacia formativa docenti (competenze in uscita)
Adeguatezza complessiva del piano formativo in funzione delle competenze acquisite dai docenti alla fine del percorso. Per ciò che concerne la qualità erogata, si calcola mediante il rapporto tra valore aggiunto e fabbisogno formativo.
Efficacia formativa studenti (competenze in uscita)
Adeguatezza complessiva del piano formativo in funzione delle competenze acquisite dagli studenti dei docenti che hanno partecipato al percorso. Nel caso della qualità erogata ci si riferisce ai risultati delle Prove Invalsi.
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Tutoring di contenuti Adeguatezza delle attività di supporto didattico mediante esperti di contenuti
La valutazione relativa agli elementi che compongono l’area “monitoraggio delle
attività didattiche” si basa sui seguenti criteri:
Variabili Valutazione Criterio di valutazione
Frequenza Partecipazione attiva
Docenza Materiale didattico Metodologia didattica
Impianto e percorso formativo Efficacia formativa docenti Efficacia formativa studenti
Tutoring di contenuti
Non prevista Il Piano di monitoraggio non prevede il punto di osservazione in oggetto.
Prevista: Non misurabile
Il Piano di monitoraggio prevede il punto di osservazione in oggetto, ma non include alcun metodo o strumento per attribuire un valore quantitativo alla variabile.
Prevista: Misurabile
Il Piano di monitoraggio prevede il punto di osservazione in oggetto e include metodi e/o strumenti per attribuire un valore quantitativo alla variabile.
3.3. Area 3: “monitoraggio del processo e delle risorse amministrative”
La terza area della Griglia è dedicata alla dimensione gestionale-‐organizzativa del processo formativo, contribuisce per il 30% al giudizio complessivo sulla qualità del piano di monitoraggio e si articola in sette punti di osservazione:
Variabile o punto di osservazione Descrizione
Gestione del tempo Adeguatezza e coerenza della pianificazione temporale e delle scadenze in relazione ai risultati attesi e alle esigenze dei destinatari
Ambienti di apprendimento Funzionalità, accessibilità, usabilità e adeguatezza delle aule, delle piattaforme LMS e, in generale, delle strutture adibite alle attività formative.
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Comunicazione Livelli di efficacia dei flussi e dei strumenti di informazioni operative. organizzative e amministrative che coinvolgono lo staff didattico e i destinatari
Tutoring di processo Adeguatezza delle attività di supporto didattico mediante esperti di processi formativi
Assistenza tecnica Adeguatezza delle attività di supporto tecnico ai destinatari del Piano
Efficienza Dati sul grado di coerenza del processo in funzione della pianificazione economica e gestionale
Compliance Informazioni sulla conformità del Piano formativo in relazione alla normativa, e ai regolamenti di settore (interno e/o esterni)
La valutazione relativa agli elementi che compongono l’area “monitoraggio del
processo e delle risorse amministrative” si basa sui seguenti criteri:
Variabili Valutazione Criterio di valutazione
Gestione del tempo Ambienti di apprendimento
Comunicazione Tutoring di processo Assistenza tecnica
Efficienza Compliance
Non prevista Il Piano di monitoraggio non prevede il punto di osservazione in oggetto.
Prevista: Non misurabile
Il Piano di monitoraggio prevede il punto di osservazione in oggetto, ma non include alcun metodo o strumento per attribuire un valore quantitativo alla variabile.
Prevista: Misurabile
Il Piano di monitoraggio prevede il punto di osservazione in oggetto e include metodi e/o strumenti per attribuire un valore quantitativo alla variabile.
4. Distribuzione dei pesi
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La distribuzione dei pesi in corrispondenza delle diverse variabili della griglia riflette i vari gradi di rilevanza degli elementi che caratterizzano un Piano di monitoraggio di un percorso formativo.
In tal senso, il grafico 1, che rappresenta le voci che compongono la Griglia di valutazione, evidenzia l’assoluta priorità delle variabili relative al monitoraggio dell’efficacia formativa. Tale priorità deriva dal ruolo strategico della misurazione in itinere ed ex post dei risultati attesi in termini di apprendimento – da parte degli studenti -‐ e di acquisizione di competenze distintive – da parte degli insegnanti coinvolti nei Piani di formazione.
Grafico 1
Seguono, in ordine decrescente, una serie di variabili relative alle modalità di
partecipazione alle attività didattiche, allo svolgimento delle lezioni e ala qualità della docenza, la cui rilevanza è data dal fatto che esse corrispondono ad altrettanti fattori decisivi per il raggiungimento degli obiettivi e il conseguimento dei risultati previsti in fase di progettazione.
Direttamente connessi a tali voci, ma con un peso lievemente inferiore, risultano essere le voci associate ai servizi di tutoring e di comunicazione, agli ambienti di apprendimento e ai vari dispositivi di monitoraggio. Tali variabili giocano un importante
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ruolo strumentale a supporto delle voci con un peso semantico maggiore, condizionando la qualità del piano di monitoraggio in maniera sostanziale, me non decisiva.
Ancor meno rilevanti sono i punti di osservazione legati alla descrizione delle procedure di monitoraggio, all’analisi della qualità progettuale, alla gestione del tempo, all’efficienza, alla compliance e alla definizione dei piani correttivi, in ragione del loro carattere accessorio rispetto alle variabili più strategiche per l’analisi dell’evoluzione di un intervento formativo. Completano infine l’elenco alcune voci con un peso semantico minore – definizione del metodo di project management, modalità di campionamento, descrizione della reportistica, etc. – la cui assenza può indebolire il Piano di monitoraggio, senza però pregiudicarne di fatto la validità generale.
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CAPITOLO XV I risultati della valutazione sui monitoraggi Bruno Ronsivalle 1. Introduzione: i sette step dell’analisi
L’analisi dei vari Piani di monitoraggio relativi ai 4 percorsi nazionali si è articolata in sette step fondamentali:
1. individuazione e ponderazione degli indicatori della qualità di un Piano di
monitoraggio all’interno della Griglia di valutazione dei piani di monitoraggio; 2. elaborazione di una scheda descrittiva dei Piani di monitoraggio comprensiva di tutte
le informazioni connesse agli indicatori della Griglia di valutazione; 3. individuazione dei Piani di monitoraggio, consultazione della relativa documentazione
e compilazione delle schede descrittive; 4. revisione delle schede descrittive e della griglia di valutazione alla luce delle riflessioni
emerse in fase di analisi della documentazione; 5. valutazione dei piani in armonia con le informazioni incluse nelle rispettive schede
descrittive; 6. elaborazione di una serie di grafici volti a rappresentare in maniera schematica i punti
di forza e di debolezza dei Piani di monitoraggio analizzati; 7. formulazione di una serie di indicazioni generali per favorire un’evoluzione formale e
sostanziale della qualità delle attività di monitoraggio connesse ai piani formativi nazionali.
2. Risultati dell’analisi L’analisi si è focalizzata sui seguenti Piani di monitoraggio:
1. Piano di monitoraggio del Piano Nazionale IIS (M_IIS); 2. Piano di monitoraggio del Piano Nazionale Poseidon, a cura dell’USR Lombardia
(M_Poseidon_Lomb); 3. Piano di monitoraggio del Piano Nazionale Poseidon, a cura dell’ANSAS
(M_Poseidon_Ansas).
Nel Grafico 1 sono riportati i dati di sintesi relativi ai Piani di monitoraggio in esame. Tali valori esprimono in termini positivi il livello medio di adeguatezza delle attività pianificate e svolte rispetto ai criteri imposti dalla griglia di valutazione.
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Grafico 1. Dati sintetici sui tre piani di monitoraggio
Il grado di adeguatezza – mutuato dall’indice di facilità dell’Item Analysis101 -‐ è
compreso tra 0 (valore minimo corrispondente all’assenza di informazioni sulla variabile in esame) e 1 (valore associato al massimo livello di dettaglio e accuratezza delle informazioni sulla variabile). Esso equivale al rapporto tra il punteggio effettivamente conseguito dai tre Piani di monitoraggio sul singolo item e il punteggio atteso102.
101 L’indice docimologico di facilità di un item (una domanda inclusa in una prova strutturata) equivale al rapporto tra il numero di candidati che ha risposto in maniera corretta all’item stesso e il numero totale dei candidati. Tale indice può assumere valori compresi tra 0 (min) e 1 (max) ed esprime in maniera sintetica la percentuale di candidati in grado di risolvere il quesito incluso nell’item. 102 Il procedimento per calcolare l’indice di adeguatezza di una variabile della nostra griglia di valutazione è molto simile a quello adottato per ricavare l’indice di facilità di un item incluso in un questionario e si articola in quattro momenti:
1. in primo luogo, bisogna calcolare, per ogni piano di monitoraggio pregresso, il punteggio effettivamente conseguito in corrispondenza della variabile in esame durante la fase di valutazione ( Peff(M_IIS), Peff(M_Poseidon_Lomb), Peff(M_Poseidon_Ansas));
2. in secondo luogo, è necessario ricavare la somma dei punteggi effettivamente conseguiti dai piani di monitoraggio (SPeff = Peff(M_IIS) + Peff(M_Poseidon_Lomb) + Peff(M_Poseidon_Ansas));
3. in terzo luogo, si tratta di definire la somma dei punteggi massimi attesi in relazione a tutti i piani (SPatt = Patt(M_IIS) + Patt(M_Poseidon_Lomb) + Patt(M_Poseidon_Ansas) = 1 + 1 + 1 = 3);
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I risultati della valutazione del team M3 – step 5 – hanno evidenziato i diversi livelli di adeguatezza relativi ai Piani di monitoraggio analizzati, nonché una serie di punti di forza e di criticità generali connesse alle attività incluse nei Piani stessi. 2.1. Punti di forza
Dalla lettura dei dati sintetici riportati nel Grafico 1 emergono innanzitutto alcuni elementi di maggiore solidità in relazione alle diverse attività di monitoraggio:
• tutti i Piani di monitoraggio prevedono l’implementazione di specifici dispositivi e di
strumenti per la registrazione e il controllo del percorso formativo, grazie anche all’adozione di una metodologia rigorosa che consente di valorizzare le relazioni tra le variabili osservate;
• il monitoraggio si focalizza in maniera specifica sui dati relativi alla frequenza e alle modalità di coinvolgimento e di partecipazione attiva dei vari destinatari del Piano di formazione nazionale;
• l’usabilità e l’accessibilità degli ambienti di apprendimento (soprattutto online) costituiscono altrettante variabili rilevanti nel processo di monitoraggio e di valutazione della qualità del percorso formativo.
Infine, può essere interessante sottolineare che, nel caso del Piano di monitoraggio del
Piano Nazionale Poseidon a cura dell’ANSAS (Grafico 2), gli osservatori hanno prestato una particolare attenzione anche nei confronti dell’analisi della qualità promessa del Piano in oggetto, con un focus articolato sulle caratteristiche dell’impianto progettuale.
4. infine, bisogna calcolare il rapporto tra la somma dei punteggi effettivamente conseguiti dai piani di
monitoraggio (SPeff ) e la somma dei punteggi massimi attesi (SPatt).
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Grafico 2: Monitoraggio del Piano Poseidon (ANSAS)
2.2. Aree di miglioramento
Al di là dei vari punti di forza, i dati riportati nel Grafico 3 evidenziano un gap rilevante tra il valore massimo di adeguatezza previsto (100%) e il valore effettivo associato ai tre Piani di monitoraggio in esame. Da ciò si evince (a) l’esigenza di un miglioramento complessivo nel metodo di organizzazione e attuazione delle attività di monitoraggio dei Piani nazionali e (b) la necessità di un’evoluzione nel processo di progettazione delle verifiche in itinere, coerentemente con gli obiettivi del MIUR, con gli standard internazionali di qualità e in linea con le indicazioni europee sulla qualità della formazione continua degli insegnanti.
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Grafico 3. Livello di adeguatezza dei tre piani di monitoraggio
Tali considerazioni sono confermate dai valori riportati nel Grafico 4, i quali
esprimono in modo più specifico i vari scostamenti tra i livelli di adeguatezza attesi in corrispondenza delle tre macroaree della griglia di valutazione e i livelli effettivi:
Grafico 4. Livelli di adeguatezza in relazione alle differenti aree della griglia
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D’altra parte, i risultati sintetici rappresentati nel Grafico 1 ci consentono di evidenziare con estremo rigore le varie criticità significative e le comuni aree di sostanziale debolezza nell’ambito delle modalità di pianificazione e di svolgimento delle attività di monitoraggio:
• le strategie di selezione delle unità di monitoraggio non sono quasi mai esplicitate e manca una descrizione accurata delle modalità di campionamento e dei livelli di significatività dell’analisi svolta;
• i tre piani di monitoraggio non prevedono alcuna procedura standardizzata e non includono riferimenti a modelli nazionali e/o internazionali di qualità del processo;
• non si rileva in alcun piano di monitoraggio una specifica attenzione nei confronti della qualità attesa e dell’individuazione di eventuali casi esemplari nell’ambito dei Piani nazionali;
• i tre progetti non comprendono tecniche per la revisione – in itinere o ex post -‐ dei corsi in esame, né definiscono opportuni piani di intervento correttivo al fine di gestire eventuali criticità durante il percorso;
• non è prevista alcuna verifica dell’efficacia formativa e dell’impatto dei Piani nazionali in termini di miglioramento e di evoluzione complessiva del livello di conoscenze degli studenti nei vari ambiti disciplinari in oggetto;
• nessun piano di monitoraggio sembra attuare una procedura di analisi delle strategie adottate dallo staff didattico dei Piani nazionali al fine di organizzare i flussi di comunicazione, gestire con efficienza le risorse umane ed economiche del progetto e garantire la piena compliance delle attività didattiche in funzione dei vincoli normativi e delle politiche di indirizzo del MIUR.
Inoltre, nell’analizzare in maniera dettagliata i dati relativi ai singoli Piani di
monitoraggio, emergono ulteriori zone d’ombra nell’organizzazione delle attività di verifica, accompagnate da circoscritte aree di miglioramento e di potenziale evoluzione delle prassi adottate dagli organismi di controllo:
• il monitoraggio del corso Poseidon svolto dall’USR Lombardia (Grafico 5) non include alcun riferimento alle modalità di Project management ed è privo di strumenti per la valutazione della qualità delle attività di docenza;
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Grafico 5: Monitoraggio del Piano Poseidon (USR Lombardia)
• a differenza del Piano di monitoraggio svolto dall’ANSAS, i due progetti dedicati
all’analisi di IIS – Grafico 6 – e di Poseidon (USR Lombadia) – Grafico 5 – non prevedono alcun dispositivo o processo di analisi dedicato alla verifica della qualità promessa dei corsi in esame, rivelando in tal modo uno scarso interesse nei confronti dell’architettura progettuale dei percorsi formativi;
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Grafico 6: Monitoraggio del Piano IIS
• il Piano di monitoraggio svolto dall’ANSAS (Grafico 2) si basa su un modello di analisi
che non comprende alcuna verifica della qualità del materiale didattico erogato durante le varie lezioni e/o prodotto dai partecipanti durante i diversi project work e in fase di sperimentazione.
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CAPITOLO XVI Le interviste in profondità Paola Panarese103 Nota metodologica
La ricerca di sfondo sul Monitoraggio – e dunque sulla qualità promessa del modello di
intervento presentato – si conclude con la realizzazione di interviste in profondità a testimoni privilegiati. L’intervista in profondità è una metodologia d’indagine volta ad attivare un tipo di «conversazione provocata dall’intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e in numero consistente, avente finalità di tipo conoscitivo, guidata (…) sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione» (Corbetta 1999, p. 405). Si tratta di uno strumento di analisi che si pone a metà strada tra colloquio clinico e intervista direttiva. Rispetto al primo, ha una traccia più strutturata e una vocazione più operativa. Rispetto alla seconda, è meno rigida e vincolante. Il suo oggetto d’indagine, in ogni caso, è stabilito dal ricercatore, che analizza la relazione tra l’intervistato e il tema d’interesse attraverso una serie di domande, poste generalmente con la stessa formulazione e con un ordine costante. Di fatto, quindi, si tratta di un’intervista che prevede un insieme fisso e ordinato di quesiti aperti, indirizzati a un campione selezionato di persone.
Le interviste realizzate nell’ambito della ricerca M3 sono state funzionali a ricostruire la cornice culturale, storica e politica che ha accompagnato l’evoluzione e lo sviluppo dei quattro Piani Nazionali. L’obiettivo è stato quello di ottenere quelle informazioni non rilevate dalla scheda descrittiva e dai decreti ministeriali, ma che derivano dalle intenzioni e dall’azione dei suoi principali attori e promotori.
Sulla base di questo primo orientamento, sono state strutturate tracce di interviste differenti per testimoni diversi per tipo e grado di coinvolgimento nei Piani considerati. Così, una parte delle interviste si è orientata prevalentemente sull’approfondimento dei concetti chiave che si pongono alla base della stessa attività di monitoraggio, quali quelli di competenza, innovazione, valutazione e qualità. La rilevanza di questi concetti è stata sottolineata anche nella breve ricostruzione dello scenario formativo internazionale e nell’analisi delle normative di riferimento, quale forma d’investimento formativo a cui tutti i paesi dell’UE sono chiamati ad allinearsi. È stato dunque interessante indagare quanto e come queste predisposizioni, condivise nel glossario della comunità europea, fossero recepite, condivise e tradotte in termini di predisposizioni politiche all’interno del sistema scolastico
103 Ricercatrice presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della sapienza Università di Roma, in cui coordina l’Osservatorio Mediamonitor minori e la gestione degli eventi del dipartimento.
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Italiano. In tal senso, il confronto con referenti del ministero della Pubblica Istruzione è risultato strategico. Tra i rappresentanti ministeriali, sono stati scelti Luciano Chiappetta, direttore generale per il personale scolastico del Dipartimento per l'istruzione del Miur, e Maurizio Piscitelli, dirigente dell’Ufficio VI, Formazione personale docente e accreditamento enti, della Direzione generale del Miur per il personale scolastico. Per conto dell’Università, in quanto soggetto promotore del monitoraggio, è stato invece intervistato Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza. L’obiettivo in questo caso è stato quello di approfondire le stesse questioni etiche e culturali del monitoraggio, già discusse e descritte dai referenti ministeriali, partendo da una diversa lente d’osservazione: quella accademico-‐scientifica che studia le tematiche della formazione attraverso la mediazione delle ricerche e della letteratura scientifica. Una parte delle interviste, invece, si è focalizzata prevalentemente sulle origini, la storia e le prospettive future dei singoli Piani, nonché sulle trasformazioni organizzative e didattico-‐pedagogiche maturate nel corso del tempo. In questo secondo caso, il confronto con i referenti dei quattro Piani è stato utile per completare l’identità di Logos, [email protected], Poseidon e ISS. Nello specifico, sono stati intervistati:
− Francesco Butturini, referente del piano nazionale Logos − Amelia Di Marco, referente del piano nazionale [email protected] − Silvana Marra, referente del piano nazionale Poseidon − Filomena Rocca, referente del piano nazionale ISS
Dei tre principali tipi di interviste in profondità – non direttivo, esplorativo o proiettivo – abbiamo utilizzato la seconda, quella cioè che sonda un tema e raccoglie informazioni relative a un ambito di interesse circoscritto e lo fa concentrandosi su punti predefiniti, secondo una traccia precisa104.
Sebbene sia presente un percorso costante e comune per i due gruppi di intervistati, la conduzione dell’intervista è variata leggermente sulla base delle risposte raccolte e in virtù delle diverse situazioni in cui essa si è svolta (talvolta, infatti, l’intervistato ha anticipato la trattazione di alcuni temi, altre volte l’intervistatore ha sentito il bisogno di modificare l’ordine delle domande o di precisarne il senso). Ogni testimone privilegiato è stato lasciato relativamente libero di esprimere le sue opinioni e i suoi atteggiamenti, contribuendo, così, a dirigere l’intervista insieme a chi lo ha interrogato.
Il primo gruppo di interviste (quelle rivolte a Chiappetta, Piscitelli e Morcellini) si è focalizzato prevalentemente sui seguenti temi comuni:
104 Per una visualizzazione dello strumento di rilevazione adottato si rimanda al sito del monitoraggio: www.miur-‐m3.it nella mappa interattiva – sezione qualità promessa.
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− La visione del monitoraggio − Il significato dell’innovazione − Il concetto di qualità nella formazione − La nozione di competenza − Il disegno riformistico dei Piani Nazionali
Le uniche differenziazioni sono rilevabili nella domanda sul valore del monitoraggio
per un Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, nel caso di Mario Morcellini, e in quelle sull’origine dei Piani e sulle prospettive per il futuro, rivolte a Piscitelli e Chiappetta. L’intento, in questo caso, era quello di cogliere alcune delle ragioni alla base della scelta di finanziare i Piani Nazionali in termini di caratteristiche specifiche, obiettivi e scenari di sviluppo.
Il secondo gruppo di interviste, invece, quelle rivolte ai quattro referenti nazionali, ha previsto le seguenti aree:
− L’origine e la natura dei Piani − Il significato dell’innovazione nei singoli Piani − Il concetto di qualità nella formazione − Il concetto di competenza − La presenza di forme di monitoraggio pregresse − L’evoluzione dei singoli progetti − Le prospettive per il futuro
Come è facile notare, anche le aree tematiche del secondo gruppo d’interviste sono in larga parte sovrapponibili, per questo motivo i risultati sono stati analizzati parallelamente.
In ogni caso, la scelta metodologica compiuta ci è parsa particolarmente apprezzabile non solo per l’accesso alle opinioni e alle dichiarazioni consapevoli che essa ha offerto, ma anche per il legame che ha fornito ai termini e alle categorie linguistiche con cui gli intervistati hanno costruito il loro glossario e la descrizione delle proprie attività.
L’obiettivo di fondo di questa porzione di indagine è stato quello di andare in profondità per svelare la complessità del fenomeno indagato, attraverso le diverse prospettive dei testimoni privilegiati contattati.
Gli esiti del lavoro sono costituiti dal contenuto dell’intervista stessa, ovvero dalle motivazioni, dalle opinioni, dagli atteggiamenti, dalle credenze, dai comportamenti e da tutte le altre informazioni prodotte dall’intervistato. Per questo, la trascrizione dell’intervista è stata integrale, parola per parola, per mantenerne inalterato lo svolgimento e permettere un’analisi ermeneutica puntuale.
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Nonostante lo strumento prescelto abbia il limite della ridotta generalizzabilità delle conclusioni, esso si è rivelato prezioso nel ricostruire ricche configurazioni di opinioni, atteggiamenti e comportamenti individuali, illuminanti nel delineare la percezione dei temi indagati nel progetto M3. 1. Lo scenario
La crisi della scuola, tema molto dibattuto nella letteratura sociologica degli ultimi anni (Morcellini, 2004; Besozzi, 2006; Morcellini Cortoni, 2007; Donati 2008;), è la prima immagine di scenario che emerge dall’analisi ermeneutica delle interviste. Il riferimento ricorrente è a uno stato (transitorio) di radicale cambiamento e potenziale difficoltà, ormai quasi perenne, in parte preannunciato e accelerato dalle normative europee e dalle riforme nazionali e in parte percepito dal basso dal contatto con generazioni che utilizzano linguaggi, orientano i loro pensieri e proiettano i loro desideri in mondi impercettibili e incomprensibili all’universo adulto, e dunque agli stessi docenti. Questo è quanto emerge da uno stralcio di intervista di Maurizio Piscitelli:
La scuola attraversa un momento di crisi mondiale, non è in crisi soltanto la scuola italiana, né tanto meno quelle europee. C’è una ricca letteratura a riguardo, basti pensare agli studi di Bottani da una parte, della Mortari dall’altra, tutti incentrati su un tentativo di definizione del nuovo docente, un docente che è passato dalla scuola dell’insegnamento alla scuola dell’apprendimento, dalla scuola delle conoscenze alla scuola delle conoscenze e delle competenze, a quella scuola che vuole aggiungere anche le abilità, da una scuola che formava un futuro professionista a una scuola che forma un cittadino che vive consapevolmente il suo tempo, che non demonizza le tecnologie, ma le usa senza farsi asservire da queste, e un cittadino che è capace di filtrare la nebulosa di notizie che lo avvolge tutti i giorni.
Una condizione che una buona parte degli intervistati riconduce alla distanza generazionale tra docenti e studenti, dovuta soprattutto al diverso approccio e alle differenti competenze d’uso delle tecnologie multimediali.
La seconda immagine di scenario chiama direttamente in causa la Media Education e tutte questioni socioculturali ed etiche, determinate dall’immersione dei giovani nei contesti del digitale e dalla contemporanea esclusione di questi ambienti e strumenti dagli spazi deputati alla formazione (Buckingham, 2007; Jenkins, 2010; Ferri, 2011). Così, Butturini sostiene:
Noi siamo all’inizio di un’era di comunicazione digitale, ne abbiamo parlato (…) del problema dei nativi digitali e del regresso che noi stiamo avvertendo nei confronti del
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dialogo fra nativi digitali e immigranti digitali. Si sta formando come una specie di spaccatura che può portare a conseguenze negative nella scuola, in particolare con il rifiuto da parte dei migranti che non vogliono migrare e dei nativi digitali che ormai hanno un’abitudine digitale nel pensiero e non tanto nell’uso della strumentazione.
La questione della comunicazione nei processi formativi non è affrontata e discussa
nella prospettiva sostitutiva e competitiva rispetto agli altri saperi e altre competenze alla base della mission scolastica. La prospettiva auspicata riguarda dunque l’ibridazione e l’integrazione per la valorizzazione interculturale. Ciò comporta una condizione di mobilità progressiva della scuola, come sostiene Chiappetta, rispetto alle dinamiche del contesto sociale e culturale circostante:
da sempre non è mai rimasta ferma, per fortuna. È stata mossa da spinte endogene ed esogene. (…) Le ultime spinte endogene che mi vengono a mente sono l’autonomia scolastica nata nel 1999/2000, quindi ormai una dozzina d’anni fa. Precedentemente le grandi sperimentazioni degli anni Settanta e Ottanta nell’istituto secondario di secondo grado. Poi ci sono state invece delle spinte legislative, le varie leggi di riforma della scuola media, della scuola primaria. Tutto però era un po’ segmentato, cioè una grande riforma di tutto il segmento o meglio di tutto l’iter della formazione non si era avuta dalla riforma Gentile in poi.
Una mobilità in ogni caso ancora troppo lenta rispetto alla rapidità delle avanguardie moderne e tecnologiche
un possibile viaggiatore dell’800 che venisse nelle nostre scuole le riconoscerebbe, mentre non riconoscerebbe una sala chirurgica, una sala di un dentista, neanche un bar, ma l’aula di scuola la riconoscerebbe. C’è qualcosa che non va e non è una questione di posizione […] l’aula è uno spazio di costrizione. Come si può educare alla libertà della ricerca-‐azione in uno spazio di costrizione?
Questa è la domanda che si pone il referente del progetto Logos, che tuttavia non pensa di poterla trovare nella mera e rigida adozione di alcune tecnologie nuove.
L’ingresso delle LIM in tutte le aule è un passo fondamentale, ma non risolverà il problema da sola se noi non riconquistiamo i territori della comunicazione quotidiana. Quotidianamente un giovane, un adolescente, un bambino, una bambina usa tanta strumentazione per relazionarsi con se stesso e con gli altri. Usa tutto ciò che a scuola spesso non c’è. (…) Cosa c’è da cambiare allora, direi che ci sono da cambiare le teste, e vorrei ricordare quello che Umberto Eco diceva nel trattato di semiotica generale del 1975, possiamo anche insegnare le manie sessuali delle foche, però bisogna anche
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insegnare un metodo di ricerca. Si può insegnare qualsiasi cosa purché ci sia un metodo che porta all’insegnamento, il metodo oggi deve assolutamente incrociare costantemente la comunicazione multimediale.105
C’è una rivisitazione generale della programmazione generale di tutte le scuole di ogni ordine e grado alla luce di ciò che conviene per le competenze fondamentali che sono quelle viste dai 4 assi: linguaggi scientifico-‐matematico, tecnologico, storico, sociale. (…) C’è da cambiare la testa di chi pensa che usare uno strumento di comunicazione multimediale sia un premio, quando invece è una necessità. C’è da mettere al centro la scuola e l’università, e quindi tutto ciò che è il processo per i giovani, se vogliamo credere che sia fondamentale che questi giovani incrocino il loro futuro in modo positivo per competenze. Al di là delle soluzioni proposte, il profilo della scuola disegnato dai suoi principali
attori è caratterizzato da arretratezza e anacronismo, da difficoltà sistemiche e culturali, oltre che strutturali, per le quali alcune delle soluzioni proposte passano per l’adozione profonda di strumenti, approcci, processi e obiettivi innovativi. Ed è proprio il concetto di innovazione quello su cui più si è concentrata la traccia di intervista sottoposta ai nostri testimoni privilegiati. 2. L’innovazione
Per quanto sia anch’esso un concetto dilapidato dall’abuso dei moderni, soprattutto in ambito di impresa, è difficile non capire che questa è una delle parole essenziali a cui la formazione moderna si deve ispirare. Se vuole segnalarsi come nuova rispetto a quella un po’ stanca, affaticata e un po’ tradizionalistica del passato, e quindi se vogliamo anche salvare l’aspetto profondo della tradizione, è chiaro che la formazione deve essere innovativa e che anche il monitoraggio deve ispirarsi a vedere quanta innovazione c’è e soprattutto quanto essa è profonda. Noi sappiamo che l’innovazione non dà risultati immediati e quindi c’è una forte differenza rispetto alle logiche aziendali. L’innovazione dà risultati nel medio periodo, è un ambiente culturale e formativo. I soggetti colgono l’aspetto d’innovazione quando forse sono ormai lontani dall’ambiente formativo, ma proprio per questo la mettiamo in testa. L’innovazione è il valore che più deve trasudare dagli esperimenti di verifica, di valutazione e di monitoraggio. Se l’innovazione non è quasi la cifra semantica dei progetti, significa che stiamo soltanto coltivando tradizione. Questa è la prima definizione di innovazione proposta da Mario Morcellini, che punta
soprattutto sulla sua natura di elemento chiave per l’efficacia di qualunque processo 105 Corsivo nostro.
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formativo. Il direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale evidenzia poi la distanza tra dimensione dell’innovazione ed educazione tradizionalista, mette in guardia dalla sua mera applicazione secondo i dettami tipici di logiche aziendali e ne sottolinea la temporalità media o lunga, necessaria per coglierne i frutti. Un diverso tentativo di definizione p quello di Chiappetta, secondo cui:
il significato di innovazione significa innovare non solo l’aspetto giuridico
legislativo, ma innovare le metodologie di formazione del personale e soprattutto le metodologie di mantenimento standard del livello qualitativo del personale. I docenti hanno un livello di ingresso del sistema scolastico alto, lo possono avere perché hanno partecipato a concorsi negli anni Settanta e Ottanta, lo possono avere perché hanno partecipato alle scuole di specializzazione delle SIS, lo avranno perché parteciperanno ai nuovi sistemi TFA e nuove lauree magistrali. Sul fatto che siano sistemi che assicurano la qualità in ingresso non ci piove (…). Quello che purtroppo è mancato (…) è il mantenimento dei livelli, cioè il mettersi continuamente al pari con la realtà, perché facendo uno degli esempi più banali, l’ottimo laureato in scienze della formazione primaria, che quindi sa tutto delle metodologie d’insegnamento della scuola primaria, se ci riesce, esce dall’università dopo un anno o dopo un mese, e insegna. Chiaramente il bagaglio culturale che ha acquisito è valido se ha fatto un buon corso, se ha seguito bene quello che doveva seguire. Dopo cinque anni la società si è evoluta, basti pensare che noi non pensavamo mai che gli Stati Uniti potessero avere una crisi come quella di Lehmann Brother, eppure c’è stata. Pochi avrebbero scommesso dieci anni fa che oggi ci sarebbero stati sul mercato paesi concorrenti con l’Europa sul piano dell’informatica o dell’alta tecnologia. La scuola è la stessa cosa, quindi il docente se pur ottimamente formato che entra nel sistema scolastico oggi, noi dobbiamo pensare che con cadenze regolari (…), deve essere aggiornato professionalmente su tutte le novità che riguardano non solo i saperi disciplinari, ma soprattutto le metodologie dell’apprendimento. E nell’innovazione chiaramente ci metto fra i primissimi posti la capacità di usufruire personalmente e soprattutto di spiegare ed insegnare all’utilizzo di tutti i nuovi mezzi multimediali. Oggi noi riteniamo di aver fatto una cosa grandiosa con le LIM, che sono già state superate con le tablet e con tutte le innovazioni continue. Il modo stesso di fare scuola cambia e se noi non riusciamo a seguire questi processi di innovazione che sono nella società rischiamo di avere la scuola che è fuori dalla società.
L’innovazione è dunque la capacità di stare al passo con i tempi, quella di aggiornare
continuamente, conoscenze e competenze, anche attraverso l’uso di tecnologie il cui ciclo evolutivo è sempre più rapido.
I referenti dei diversi piani monitorati, poi, leggono il quesito relativo all’innovazione alla luce dei progetti curati. Se per Butturini, «significa entrare nel nuovo», nella contemporaneità, ma anche essere continuamente proiettati verso il futuro, per Marra, nel
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progetto Poseidon, «l’innovazione è data dalla caratteristica dei percorsi che non propongono dei materiali già precostituiti, ma presuppongono una ricerca-‐azione e soprattutto una collaborazione» e l’innovazione è anche nella trasversalità delle competenze richieste ai docenti e create tra gli studenti.
Al di là dei casi specifici e delle loro caratteristiche peculiari, il concetto di innovazione è concepito da tutti in una prospettiva di ampio respiro. Presuppone la capacità di seguire e leggere il cambiamento, ma anche quella di tradurlo in conoscenze e competenze in continua evoluzione. Prospettive necessarie per far superare alla scuola la crisi che sembra segnarla drammaticamente da qualche tempo. 3. La qualità
Al concetto di innovazione si affianca un’altra parola-‐chiave fondamentale per la
lettura delle caratteristiche e delle prospettive dei Piani Nazionali, quella di qualità, ciò che per Morcellini è:
il contrario della quantità, e cioè immaginare che non siano soltanto parametri
standardizzati e quantitativi a restituire la forza spirituale dello scambio formativo. Esso per definizione è legato alla qualità, cioè a un progetto in cui il docente e lo studente si sfidano a cambiare e a qualificare i loro rapporti.
Su questo tema vi sono posizioni contrastanti che sintetizzano il complesso dibattito
sulla natura del concetto di qualità. Da un lato, questo termine sembra essere connaturato a qualunque percorso formativo che non si leghi a rapporti standardizzati e o processi comunicativi unidirezionali (secondo quanto afferma Mario Morcellini); dall’altro, lo studente di qualità è quello che, indipendentemente dai voti, ha acquisito particolari competenze certificate o certificabili (secondo Luciano Chiappetta), chiamando in causa la progettazione di strumenti e processi standardizzabili e misurabili.
Erogare 200 o 300 ore per l’insegnamento di una lingua straniera, se un obiettivo minimo è quello di farlo, l’obiettivo di qualità è di farlo bene e di fare in modo che l’ex alunno, nel momento in cui esce dal sistema scolastico, spenda questa sua competenza in modo reale. Quindi la qualità del docente si misura con la qualità dell’alunno, la qualità dell’alunno si misura con la capacità che l’alunno ha nel momento in cui viene in contatto esterno, quindi non il contatto interno che è autoreferenziale e che purtroppo ha caratterizzato molto il nostro sistema negli anni passati. Ciò che conta è il contatto esterno, vale a dire la capacità di superare un colloquio di lavoro, la capacità di superare un test, la capacità di superare un test di lavoro o un test d’ingresso in una facoltà universitaria.
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(…) Più è capace di superare test, più vuol dire che quello studente ha incamerato quegli elementi di qualità che gli permetteranno di farsi strada nel mondo del lavoro o universitario. E quindi ecco che la qualità dello studente si rovescia. L’ottimo studente non è quello che prende 10 in tutte le materie, quello è un elemento valido, ma non è certo l’indicatore primario, l’indicatore primario che lo studente avrà un mese dopo aver preso il titolo è quella capacità di poter continuare a dimostrare le proprie abilita non più nelle aule della scuola, ma nel mondo del lavoro.
Il concetto di qualità, dunque, può essere considerato e analizzato sui processi di
apprendimento degli studenti, ma anche su quelli di insegnamento dei docenti. Come afferma Francesco Butturini, «quando parliamo di qualità nell’insegnamento e quindi nell’apprendimento, il processo è unico non c’è insegnamento se non c’è apprendimento».
Io ricorderò sempre la battuta di uno studente che alla sua insegnante diceva non ho detto che non ho udito ma ho detto che non ho capito. È un po’ diverso, è un processo unitario dove la qualità si misura sul percorso d’arrivo per competenze non per conoscenze (…). La conoscenza porta alla competenza se è matura e diviene attraverso i processi metacognitivi proprietà prima, voglio dire sovrana di chi apprende. Allora come qualificare la qualità’? Io credo che lo si possa fare solo negli obiettivi raggiunti. (…) E allora quali sono i livelli di competenza raggiunti? Io lo posso verificare nel momento in cui scopro e faccio scoprire che non ho più bisogno di conoscere alcune cose. Questo fa spesso spavento ai docenti. Io mi sono dimenticato quasi tutto quello che ho studiato però so dove andarlo a prendere, allora se uno studente ricorda tutto io ho paura che non abbia mai competenze, non le abbia mai raggiunte, perché continua a tornare indietro per andare avanti, perde tempo. Il primo processo è il lancio in avanti. Se sono capace di liberarmi, questo è il processo di qualità.
A questa riflessione, Butturini aggiunge qualche altro pensiero sulla relazione tra formazione e qualità:
C’è il discorso della formazione per la qualità, questo è un discorso difficilissimo.(…) E quindi si apre tutto il discorso della rigenerazione di tutta la classe docente, discorso ampio, immenso, siamo solo all’inizio anche se sono anni che diciamo che ci siamo dentro, ma di fatto l’arrivo dei nati digitali nelle scuole secondarie di secondo grado sta mettendo in crisi moltissimi docenti.
La qualità della formazione chiama in causa argomenti già descritti, quindi, quello
dell’aggiornamento necessario dei percorsi formativi e dei docenti, quello della crisi di un modello educativo ormai superato, quello del bisogno di adeguamento della scuola ai tempi
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che cambiano. E se su questo sembra che una buona parte degli intervistati converga, Rocca crede che il concetto di qualità applicato alla formazione sia ancora sfuggente.
La didattica di qualità non ha una definizione perché si sta costruendo lentamente
e, ci tengo a dirlo, soprattutto dalla base e dalla scuola, che ci tiene a dare indicazioni didattiche di qualità. La didattica di qualità sta dentro la scuola, sta dentro gli studenti, sta dentro gli insegnanti, è tutto collegato. L’ambiente di apprendimento è quello che fa da collante, se l’ambiente è un ambiente favorevole e cioè che favorisce l’apprendimento, la didattica intesa come strategia diventa automaticamente di qualità, e il docente e lo studente anche loro parteciperanno. È l’ambiente che li mette in sintonia, quindi c’è una sinergia. Ne deriva che, nel punto di vista della Rocca, la qualità è innata o, comunque, da
istillare in processi formativi specifici. In ogni caso, è lontana da una sua sistematizzazione e formalizzazione nel contesto scolastico, sebbene questa sia per tutti una prospettiva auspicabile, se non addirittura tanto necessaria quanto inevitabile, secondo le ultime disposizioni europee. 4. La competenza
In qualunque modo si intenda il concetto di qualità e il suo ruolo nei percorsi formativi, sembra abbastanza chiaro che esso sia inestricabilmente connesso con la dimensione della competenza. Per Butturini:
Quando parliamo di qualità intendiamo di poterla verificare nella competenza. La competenza è la capacità di svolgere funzioni necessarie per il lavoro che farò e che faranno i nostri ragazzi e di svolgerle correttamente, non solo svolgerle, ma ampliarle, andare oltre, cioè continuare nello spirito e nel metodo della ricerca. Noi non pensiamo mai ai ragazzi esecutori, pensiamo a ragazzi creatori quando nell’insegnamento cerchiamo la qualità per competenze. Allora io vorrei riprendere in mano la parola (…): “competenza” mi dice che devo lavorare insieme, la parola è composta di un “cum” e il verbo “peto”, chiedere per ottenere, per ottenere che cosa? Per ottenere dei risultati. Allora non posso pensare che lo faccio da solo, se no il “cum” non ci sarebbe e avrei solo “petenza”, invece ho competenza, vuol dire che la prima competenza è quella di saper lavorare insieme e qui crolla un castello della scuola. (…) Pensare di lavorare da soli è qualcosa che ha a che vedere con la follia e con la depressione. Da soli non si va da nessuna parte.
Se Butturini concentra l’attenzione sulla dimensione collaborativa della competenza,
Chiappetta ne ha una visione più strategica.
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Nel momento in cui io chiedo di valorizzare e di verificare la competenza allora dovrò pensare quali saranno i traguardi che devono essere superati, qual è il momento in cui io dichiaro che c’è una competenza. Qui la scuola fa fatica, dobbiamo dircelo che fa fatica. Più spesso chiede le conoscenze e raramente chiede le competenze, però è assurdo. (…) Poi c’è un’altra questione che ritengo debba essere affrontata, parliamo di gradini di competenza o competenza assoluta? Il tema non è semplice e ciò è piuttosto evidente nel momento in cui si pongono
domande a cui è difficile fornire una risposta univoca, ma anche quando si rilevano alcune distanze nelle prospettive degli intervistati. Piscitelli, per esempio, mette in evidenza la stretta correlazione tra conoscenze e competenze, precisando che:
Il saper fare presuppone il sapere e non credo che si possa saper fare qualcosa se
non si è qualcuno, allora non vorrei che sembrasse che la competenza sia migliore della conoscenza. Una competenza senza conoscenza è vuota, non servirebbe a niente. È vero che gli studi sulla meta-‐cognizione hanno fatto credere forse che i contenuti siano meno importanti di altre specialità, come per esempio la metodologia didattica, come la definizione degli step da far raggiungere ai ragazzi, e così via, ma credo che invece la formula migliore sia la sintesi delle conoscenze quindi del sapere puro, del saper fare, del saper essere. La scuola dovrebbe seguire questo ideale per formare una persona intera, una persona nella sua completezza, nelle sue varie sfaccettature, ma soprattutto in questa capacità di applicare quello che impara alla vita e al lavoro.
Ancora diversa è la prospettiva di Morcellini, secondo cui:
è la competenza che ha la forza di ricapitolare una serie di investimenti di cui il nostro progetto, ma soprattutto i progetti di innovazione didattica, hanno portato. Che cosa vogliamo fare? Aumentare le competenze di tutti i soggetti coinvolti nel patto formativo, ovviamente quella degli studenti, quella dell’accumulazione dei saperi, di capitale sociale, quella dei docenti e di tutti i responsabili del progetto formativo. Dobbiamo sapere che la parola competenza accanto a quella di innovazione e di qualità è capace di restituire un salto di qualità nelle politiche formative.
È questo un punto di vista, più vicino a quello di Piscitelli che a quello di Butturini, che
chiama in causa la necessità di relazionare sapere, saper fare e capitale sociale. Una prospettiva che evidenzia lo stretto legame tra le parole chiave indagate nella nostra intervista.
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In ogni caso, anche altri intervistati condividono la complessità dello scenario in cui le competenze si inseriscono e la loro contemporanea rilevanza nei moderni processi formativi. Marra, per esempio, sostiene:
Dare una definizione di competenza non è molto semplice, perché è l’insieme della personalità di un individuo. In essa entrano in gioco delle qualità personali, degli attributi che vengono via via affinati e delle conoscenze, cioè la capacità di risolvere dei problemi in base alle conoscenze acquisite e anche l’attitudine nei confronti delle problematiche.
Si tratta dunque di un ambito articolato e non semplice. Un contesto che va di pari
passo con conoscenze e identità, previsto in parte anche dalla normativa. Secondo la stessa Marra, per esempio,
il discorso di competenza nasce anche nella media dell’Unione Europea, che da più anni si sta interrogando su quello che devono essere le competenze, che non sono considerate solo nell’ambito scolastico, ma anche nell’ambito collaborativo. Per cui nell’Europa Unita è chiaro che bisogna dare dei bench-‐mark, e cioè definire dei criteri comuni di valutazione delle competenze.
Il tema della competenza, quindi, si lega non solo a quello del’innovazione e a quello
della qualità, come sostiene chiaramente Morcellini, ma anche alla necessità di criteri di misurazione, centrali nelle pratiche di monitoraggio, altro focus di interesse della nostra intervista. 5. Il monitoraggio
A proposito del ruolo che il monitoraggio ha nel panorama formativo contemporaneo e del modo in cui esso può essere inteso, gli intervistati forniscono risposte tendenzialmente convergenti. Morcellini, per esempio, ne dà una prima definizione, affermando che:
la funzione del monitoraggio consiste nell’idea che i progetti messi in campo debbano essere sottoposti a indicatori possibilmente previi, cioè che non arrivano dopo che si sviluppano i lavori e (che siano) quindi debitamente preannunciati.
È una definizione che non si limita a descrivere le azioni di monitoraggio, ma le pone in
una prospettiva problematica, quella di una supervisione che si basi su criteri solidi e trasparenti, noti prima della valutazione stessa. A ciò lo stesso Morcellini aggiunge:
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Qui ovviamente c’è il doppio compito, quello di comunicare in anticipo i parametri su cui sono valutati e quello di persuadere e allargare la cultura del monitoraggio: occorre cioè far capire che il monitoraggio è importante se non è una serie quantitativa di algoritmi, parametri percentuali e statistici, ma se è una convinzione culturale. Se il monitoraggio viene incorporato nella cultura della valutazione, ma anche nella valutazione dei programmi d’innovazione didattica è chiaro che già una parte dell’innovazione si è realizzata, e cioè migliora le prestazioni degli operatori e fa diventare la consapevolezza culturale uno degli ingredienti decisivi del comportamento innovativo dei docenti e delle reti formative.
A riguardo è opportuno considerare lo stretto legame riconosciuto nel rapporto tra
monitoraggio e innovazione, ma anche la prospettiva che venga assimilato dalla cultura della valutazione e che possa, a sua volta, alimentare la consapevolezza nella progettazione e l’innovazione, tanto che il Direttore del CoRiS aggiunge:
la funzione del monitoraggio è quella spiritualmente più forte ma anche più moderna, accanto ovviamente all’innovazione e a una mission culturale che dobbiamo dare a questo lavoro.
Inoltre, sempre per Morcellini,
non è possibile riformismo senza monitoraggio. Tutte le prove di riformismo che sono state fatte in passato non si sono dotate di un kit di autovalutazione e di miglioramento delle performance, ma si sono destinate alla frustrazione, cioè sono state poi quasi inevitabilmente superate da altre proposte, quindi significa che non hanno inciso sulla storia della formazione italiana.
Similmente, Butturini enfatizza come la validità di un monitoraggio sia connessa alla
sua frequenza di applicazione, definendolo come «un esame di coscienza per capire (…) giorno dopo giorno a che punto sono del mio cammino». Ne ha dunque un visione globale, non legata solo al raggiungimento di obiettivi prestabiliti, ma piuttosto connessa alla necessità periodica di valutare il punto cui si è arrivati. Di Marco, invece, declina il discorso legandolo al caso del progetto M3:
Mi sembra una tipologia di monitoraggio molto valida, perché è su base scientifica,
un po’ come fanno per vedere se un farmaco è efficace o meno. Si sta cercando di portare in questa direzione il tipo di monitoraggio, e quindi quello che mi aspetto è di vedere se appunto i risultati che io ho verificato nel mio ambito scolastico, efficaci delle attuazioni delle unità di lavoro del piano [email protected], sono stati efficaci anche per gli altri, ovviamente.
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È dunque una verifica incrociata quella che auspica Di Marco, mentre per Rocca:
il monitoraggio è indispensabile perché se c’è stato un percorso di laboratorio, un percorso di progettualità non ancora definita, bisogna mettere un punto per poi andare a capo. Nel mettere il punto bisogna sapere a che punto si è. Il piano ISS si è diffuso molto nel territorio nazionale, i docenti lo conoscono, quindi non stiamo lavorando su piccoli numeri. Però è anche vero che si è fermato per quanto riguarda i contenuti disciplinari. Dove si è fermato? Quali sono stati i punti di arresto e quindi che poi dovranno essere i punti di partenza? Avere queste informazioni è fondamentale e sapere soprattutto come gli insegnanti hanno recepito questo tipo di informazione e se soprattutto l’hanno portata in classe, che questo poi è il vero obiettivo che si pone il piano e il ministero.
E a proposito della relazione tra ministero e monitoraggio, Piscitelli afferma:
Il progetto nasce da un’esigenza, all’esigenza si risponde con una serie di azioni che appunto costituiscono il progetto. Le azioni del progetto si realizzano e poi se vanno a buon fine il progetto si istituzionalizza, altrimenti si lascia al suo destino. Quindi, come si vede, di solito il progetto ha un respiro anche temporale abbastanza corto. Diverso invece è il piano. La logica della pianificazione, che noi mutuiamo dall’economia, essenzialmente è quella che ben al di là del programma annuale di azioni in un determinato settore, nel caso nostro la scuola. Il piano è qualcosa di più ambizioso che magari mira alla formazione di un particolare tipo di docente come nel nostro caso che abbia fatto determinate esperienze per poi riversarle nell’attività didattica e a cascata trasmetterle agli alunni. Quindi, questi piani hanno un’origine molto sperimentale, si possono tutti definire come ricerche-‐azione perché hanno avuto trasformazioni continue durante l’applicazione e sono stati revisionati varie volte. Questo ci ha spinto a fare un’azione di sistema necessaria e dovuta come appunto questo monitoraggio che stiamo facendo adesso.
Il monitoraggio è necessario nelle esistenze individuali per Butturini; è utile nei
percorsi formativi sperimentali per Di Marco; è naturalmente legato all’innovazione per Morcellini. In ogni caso, è un elemento chiave per valutare i quattro Piani Nazionali, registrandone l’efficacia e l’efficienza. 6. I Piani
A proposito dei diversi Piani Nazionali, sono state poste domande specifiche ai quattro
referenti dei progetti, per indagare le origini, le connessioni con la normativa di riferimento, i percorsi di sviluppo e le prospettive future, nelle intenzioni di chi li ha ideati o finanziati. Tra questi ultimi, Chiappetta si augura che il risultato dell’applicazione dei Piani sia «la capacità di
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elevare la qualità dell’apprendimento», ma soprattutto afferma: «da questi Piani noi ci attendiamo che finalmente ci sia una vera interazione tra ciò che il mondo esterno già sa e ciò che stenta un po’ a entrare nel campo dell’insegnamento». Per Piscitelli:
Noi abbiamo compiuto quest’anno soltanto un’azione di sistema di monitoraggio
solo per mettere a punto quello che si è fatto, per fare un bilancio provvisorio per capire in che modo dobbiamo declinare questi progetti e questi piani nell’immediato futuro in base all’esigenza della riforma, in base all’esigenza dei tempi che cambiano, ma soprattutto in base all’esigenza dei ragazzi, cioè noi vogliamo sapere non se esiste un progetto Poseidon, ma se esiste uno studente Poseidon. Qual è il valore aggiunto di uno studente che segue un percorso di un docente che è stato formato da noi? E qual è quello di un ragazzo che di queste cose non ne ha mai sentito parlare? Ci sono delle differenze? Allora solo così potremo decidere in che modo continuare, la nostra volontà è chiara, continuare nel migliore dei modi possibili però dobbiamo recepire le indicazioni che verranno da questo momento di riflessione che abbiamo voluto.
La fiducia nei Piani è diffusa, ma si vuole sistematizzare, nel Ministero, la valutazione
dei risultati perseguiti. I singoli Piani, comunque, hanno avuto ispirazioni, obiettivi e percorsi diversi. Poseidon, per esempio, è nato, secondo la sua referente, «a seguito delle difficoltà rilevate dalle indagini OCSE Pisa, soprattutto nella capacità di lettura, (…) ossia la capacità di comprendere e utilizzare i testi scritti, di riflettere su di essi, di dare delle risposte coerenti e di rispondere correttamente alle richieste. Nasce nel 2002, si sviluppa piano piano e viene creato un comitato tecnico-‐scientifico incaricato di preparare una serie di percorsi metodologico-‐didattici, perché l’intenzione era quella di cambiare la metodologia, perché se i nostri ragazzi non erano in grado di leggere era un problema prevalentemente metodologico-‐didattico.» Marra aggiunge anche che:
Poseidon risponde in particolare alle direttive di Lisbona, che immaginavano entro
il 2010 una società estremamente competitiva e in quella sede i ministeri dell’economia e delle finanze chiedevano alle scuole una migliore qualità didattica e soprattutto più lingue. La risposta è stata data dalla riforma del primo ciclo nella quale è stato introdotto il plurilinguismo a livello di scuola primaria. E quindi è chiaro che il Poseidon avendo all’interno la componente lingue risponde in questo, ed essendo poi un progetto di rinnovamento metodologico-‐didattico che richiede le nuove tecnologie, inserisce anche la TIC e la LIM e risponde quindi esattamente a quelle che sono le indicazioni dei Piani Nazionali.
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Ma il Piano ha molti punti di contatto anche con la normativa italiana, tanto che la referente dichiara:
quando è entrata in vigore la riforma del primo ciclo il Piano ha risposto alle nuove esigenze, per esempio la pluralità linguistica. Anche Butturini cita alcune norme italiane in riferimento agli obiettivi del progetto
Logos, come il «d.p.r. 249 relativo alla formazione per i nuovi docenti, dov’è chiarissima la obbligatorietà di una conoscenza metodologica di comunicazione di ordine multimediale.» E Rocca sostiene che: «Lisbona è stata l’ispiratrice di questo Piano. Come sappiamo dalla letteratura, anche le indagini OCSE Pisa hanno riscontrato delle difficoltà nei ragazzi nell’apprendimento delle scienze, e quindi Lisbona ci indica di occuparci di più di strategie di formazione non solo di contenuti. Il piano ISS deve rispondere alla grande a questa richiesta perché si è occupato solo di metodologie e strategie didattiche.» E Rocca afferma che il suo Piano, «nato da un’esigenza della scuola, dove i docenti hanno sentito il bisogno di migliorare e riformare la formazione degli insegnanti, (…) si adegua continuamente alle due poste della riforma.» In particolare, «si fonda sul regolamento dell’autonomia, il dpr 275 del 1999. Ha voluto in qualche modo attuarlo, aprendo le aule e la didattica alla flessibilità e alle strategie organizzative». Similmente, Di Marco sostiene che:
L’impianto culturale del [email protected] è di ampio respiro perché intanto ha preceduto
in qualche maniera la riforma e quindi è in linea con la riforma stessa, sia quella iniziata da Berlinguer e poi a continuare con quella attuale del ministro Gelmini, e conforme alla literacy matematica dell’OCSE Pisa, infatti tutto è partito dal fatto che appunto gli alunni italiani quindicenni non avevano raggiunto risultati brillanti nelle prove OCSE Pisa.
L’origine del progetto Logos, invece, è descritta con queste parole da Butturini:
Si chiama Logos proprio per il significato delle parole (…) Logos è il principio della
comunicazione storica, profetica, spirituale dove non è solo la parola, è molto di più della parola, ha a che vedere proprio con i processi comunicativi generali. In Giovanni è la salvezza, noi non pretendiamo di essere portatori di quella salvezza, noi speriamo di essere portatori di un’altra salvezza quella che apre le porte della comunicazione. Su questo abbiamo cominciato a ragionarci in tante scuole da tantissimo tempo, già negli anni Settanta.
Su queste basi, Logos
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nasce nella primavera del 2007, nasce in un momento in cui raccogliendo le indicazioni del ministero Moratti, per capirci quindi il 2001-‐2006, e poi anche quell’esperienza che il ministero Moratti aveva raccolto dal ministero precedente Berlinguer, e cioè una lunga ricerca di riformulazione (…) dell’impianto generale della struttura della scuola italiana. Non solo nella scuola dell’infanzia, non solo nella scuola secondaria di primo e secondo grado, ma tutti insieme in quella legge 30 che poi fu abrogata, e che prevedeva i 12 anni complessivi, ad esempio. Ma dentro questo che era un calderone (…) c’erano già degli input molto chiari e il primo input era quello della riformulazione dei procedimenti e dei processi di comunicazione didattica. (…)
Non può essere dimenticato un altro punto forte, il confronto con l’Europa, io ci torno spesso su questo argomento, forse perché siamo sempre stati in difficoltà economiche e quindi abbiamo avuto paura di pensare a una rivoluzione strutturale degli strumenti dell’insegnamento, eppure bisognerà arrivarci… cioè voglio dire la televisione, il cinema… Pensate che sul cinema c’è una circolare del sottosegretario Luppi del 1923 che indica l’obbligo per la scuola elementare di adoperare il cinema in classe.
È da un po’ di tempo che la scuola si è accorta che occorre un’altra strumentazione oltre al libro di testo. Dentro questo flusso lungo che viene da molto lontano noi ci siamo messi con molta forza raccogliendo le esperienze sparse in tutta Italia, ce ne sono tantissime, le abbiamo raccolte, sono nel nostro portale e non tutto ovviamente, parliamo di circa 300 ore di esperienze ma possono essere molte molte di più. Non è qualcosa d’archivio lontano nel tempo, è ciò che centinaia e centinaia di scuole di ogni ordine e grado compiono in modo corretto didatticamente parlando, legittimo nella quotidianità dell’insegnamento e dell’apprendimento.
Il piano ISS, invece, racconta la sua referente, «è nato da un’esigenza per migliorare la
strategia didattica dell’insegnamento delle scienze nella scuola dell’obbligo, quindi parliamo di primaria, secondaria di primo grado, primo biennio della secondaria di secondo grado. È partito nel 2005 per rispondere un po’ agli obiettivi di Lisbona, cioè migliorare non solo i contenuti o gli approfondimenti disciplinari dell’area scientifica, bensì migliorare le strategie didattiche che poi sono diventate necessarie, anche perché i ragazzi chiaramente sono cambiati, quindi l’aula non dovrà essere più l’aula dove si trasmettono conoscenze ma un’aula laboratorio dove appunto i ragazzi hanno la possibilità di sviluppare il loro sapere».
Tutti i piani, quindi, sono nati sotto la spinta di un riformismo diffuso, ma anche sulla base dell’esigenza di innovare metodologie didattiche in settori diversi a fronte della percezione della loro inefficacia o in seguito a esiti di ricerche come quelle di OCSE Pisa che hanno svelato le lacune degli studenti italiani. D’altronde, lo stesso Ministero comunica la centralità del riferimento alla normativa europea e nazionale nella scelta dei piani.
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Pensiamo queste nostre azioni proprio nell’alveo di quell’insieme di azioni che il Ministero sta portando avanti sotto il nome di Europa 2020. Siamo partiti dalla vecchia strategia di Lisbona, abbiamo fatto nostre le indicazioni del 2007 per poi poter arrivare a risultati più attuali confrontandoci con l’attuale riforma in atto adesso. Che cosa sostiene essenzialmente la riforma? Sappiamo bene che sono stati ridisegnati, semplificati i percorsi di istruzione professionale e tecnica. Meno incisiva è stata la trasformazione del profilo dei licei, però nello stesso tempo sono nati nuovi licei, credo che sia un evento davvero eccezionale la nascita del liceo musicale. Sono esigenze avvertite da molti anni di cui tanti si sono fatti carico che però nessuno aveva mai realizzato, quindi è vero che la riforma non prevede uno stacco netto con il passato, viviamo in una riforma continua, potremmo dire che abbiamo sposato la teoria della rolling riformal inglese, continuamente siamo in riforma perché la società cambia, la scuola pure e di conseguenza anche i docenti, i nostri comportamenti operativi, le prospettive metodologiche nelle quali ci muoviamo.
Pur avendo origini piuttosto simili, se non per temi e tempi, almeno per ispirazione,
ogni Piano ha vissuto sviluppi diversi. 7. Il percorso dei Piani e le prospettive future
Per Rocca, il piano ISS «ha subito delle evoluzioni, è nato come un progetto e poi è diventato piano. Il passaggio di questi due termini è un passaggio non soltanto di significato, ma è un processo, è diventato un piano perché ha messo in campo più strumenti, più attività, ha messo in campo anche la figura professionale, la crescita professionale dell’insegnante. Quindi da che era partito solo nell’individuare, con la ricerca, le strategie, le tematiche della scienza che potevano essere più vicine ai ragazzi, poi è diventato invece un grosso contenitore dove il docente doveva trovare la sua crescita professionale. Quindi, adesso è facilmente adattabile a diventare un Piano di formazione nazionale. Ed è anche poi molto distribuito, cioè lo troviamo su tutto il territorio nazionale, quindi un lavoro già avviato e che potrà essere tranquillamente continuato.»
[email protected], invece, è nato, secondo la parole del suo referente, intorno al 2000, per poi cambiare nel tempo.
Tra il 2000 e il 2005 sono stati prodotti una serie di materiali e argomenti di matematica che sono stati poi stampati in tre libri, uno diciamo per ogni ordine di scuola: il primo chiamato Matematica per il cittadino nel 2001 che riguardava argomenti per la scuola primaria, il secondo Matematica per il cittadino nel 2003 che riguarda argomenti di matematica per il quadriennio della scuola superiore, quindi il primo biennio della scuola secondaria e secondo biennio, e infine Matematica per il cittadino nel 2004 per il quinto anno della scuola media superiore di secondo grado. Questi materiali sono stati poi utilizzati appunto per il piano [email protected] e devo dire che fu il ministro Moratti a volere fortemente un aggiornamento degli insegnanti che poi si è finalizzato a migliorare gli
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apprendimenti di base degli alunni anche a causa dei risultati non positivi che si erano avuti nelle prove OCSE Pisa (…).
Il piano [email protected] nacque utilizzando questi strumenti che si trovavano nei volumi che ho appena citato e ci fu una prima fase in cui furono rielaborati questi argomenti e furono adattati a una piattaforma, e in seguito a questo un gruppo di docenti eletti come tutor iniziarono la fase vera e propria dell’aggiornamento, perché a livello nazionale cominciarono l’aggiornamento per altri insegnanti che poi a loro volta diventarono tutor. In un certo senso si diffuse in questa maniera e si sta diffondendo ancora in questa maniera l’idea di aggiornamento. (…)
Dal 2008, questo mi pare abbastanza importante, nelle regioni che partecipano al Pon, quindi Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, la direzione degli affari internazionali ha potenziato la diffusione di queste attività e ha collaborato anche all’ampliamento delle stesse. Inoltre, dal 2010, altro punto importante, è stata avviata sempre dalla direzione affari internazionali un’attività di monitoraggio su base triennale, fatto con un criterio scientifico. (…) Un’altra cosa interessante che si può dire è che da quest’anno scolastico 2011-‐2012 la piattaforma Ansas con la quale si è lavorato sempre per il piano [email protected] da quest’anno è disponibile per tutti i docenti. Mentre prima potevano accedere soltanto i tutor e i docenti che partecipavano alla formazione adesso tutti gli insegnanti possono utilizzare questa piattaforma.
Qualunque sia il percorso seguito, comunque, i piani dovrebbero avere come obiettivo,
per Piscitelli, quello di una professionalizzazione del ruolo del docente.
Stiamo andando verso un docente sempre più professionista, un docente sperimentatore, quello dove in letteratura troviamo scritto come docente ricercatore, cioè non più il docente che tramanda saperi di generazione in generazione, forse anche in maniera un po’ stanca, ma un docente che inventa ogni giorno il suo lavoro, lo adegua senza piegarsi alle trasformazioni della realtà circostante, un docente che modifica il suo stile sulla scorta delle esigenze che segnalano la società, i ragazzi, i progressi della scienza, della tecnica, l’innovazione della comunicazione veloce.
Un docente nuovo dunque, che i Piani potrebbero continuare a sviluppare soprattutto se questa esperienza continuerà nel tempo e si rafforzerà. Piscitelli prosegue, infatti, dicendo:
vorrei dire che c’è un futuro, cioè che è impensabile che la scuola abdichi, e in
questo caso nel ministero la nostra attività si svolge qui, abdichi al suo ruolo di formare in servizio dei docenti. Quando si parla di qualità di una scuola non si può prescindere dalla qualità dei docenti, non bastano le strutture e le tecnologie ma la qualità del docente si misura sulla scorta della sua preparazione complessiva e del suo stile educativo, quindi i piani devono avere per forza un futuro.
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E ancora:
la formazione in Italia non è un dovere ma è un diritto-‐dovere come tutti sanno, ma noi vorremmo che qualcosa di più. Da ciò nasce l’idea di immaginare dei percorsi formativi che si concludano magari con un titolo accademico, quindi anziché corsi stiamo ipotizzando di realizzare corsi di perfezionamento o master in modo da dare ai docenti che seguiranno queste attività anche un riconoscimento concreto del loro sforzo e del loro impegno.
Per Butturini, le prospettive correlate al ruolo dei Piani Nazionali chiamano in causa
alcune considerazioni:
La trasformazione deve assolutamente passare attraverso un’appropriazione forte e direi costante della nuova metodologia di insegnamento-‐apprendimento del nuovo metodo scuola per scuola, e quindi ogni scuola dovrebbe avere il suo progetto e aver sempre lo spazio nel confronto per la ricerca-‐azione, quindi da un lato mantenere sicuramente la struttura del comitato nazionale come organismo e insieme con la cabina di regia si sono sempre uniti insieme per una verifica una o due volte l’anno, non c’è bisogno di tanti spazi da questo punto di vista, c’è bisogno di una relazione forte allora se noi ci dessimo due appuntamenti all’anno diciamo all’inizio dell’anno scolastico e alla fine dell’anno scolastico per verificare insieme quanto si è trasformato in comunicazione didattica quotidiana. A un certo punto io credo che il piano dovrebbe scomparire in se stesso, non so se rendo l’idea, dovrebbe diventare un riferimento come avviene nella meta cognizione, il piano diventa una competenza, scompare la conoscenza del piano ma restano gli input che il piano ha dato. Non so se questo è un sogno, però è come quando s’impara a sciare e finchè non si è dimenticato tutto quello che il maestro ha detto non si sa sciare. E la stessa cosa è per il piano nazionale.
I Piani Nazionali, quindi, nelle prospettive dei diversi intervistati, sono uno strumento
fondamentale per potenziare quell’innovazione, qualità, competenza (unità a conoscenza) che tutti riconoscono come centrali nel ripensamento di una scuola moderna. È certo infatti che il nostro sistema scolastico sia in crisi, o perlomeno in movimento. È condivisa l’idea che debba puntare di più sull’aggiornamento delle prassi e dei metodi. È percepito come centrale l’obiettivo di sviluppare competenze solide, un ambito su cui però si registrano le maggiori distanze tra gli intervistati. È forte la percezione che nei Piani, ma anche nella routine formativa, il monitoraggio abbia un ruolo centrale, come è evidente nelle parole di Morcellini:
il riformismo vero è questo, non è quello delle cornici ma quello di affidarsi sempre a adempimenti e a nuove aspettative. Non saranno le circolari che cambiano lo spirito della formazione ma il modo in cui le circolari riescono a movimentare il clima della
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scuola, ad agire contro la noia e la ripetitività, e a credere fortemente alla formazione. Quindi ancora una volta il mix di questi tre concetti, innovazione dichiarata e praticata, qualità del processo e qualità percepita da parte degli utenti, e aumento delle competenze diventano tre parole strategiche che devono far diventare il riformismo non una grida manzoniana ma un cambiamento culturale del nostro sistema.
8. In conclusione
Se l’obiettivo delle interviste realizzate nell’ambito della ricerca M3 era quello di ricostruire la cornice culturale, storica e politica che ha accompagnato l’evoluzione e lo sviluppo dei quattro Piani Nazionali considerati, soprattutto recuperando informazioni che non fossero presenti nella scheda descrittiva e nei decreti ministeriali, allora si può dire che esso sia stato raggiunto.
I testimoni privilegiati hanno rivelato, infatti, sia le intenzioni alla base dei quattro Piani sia le azioni messe in atto per progettarli e realizzarli. I Piani sono parsi decisamente omogenei per origine. Hanno dimostrato, infatti, di avere orizzonti culturali comuni, di legarsi saldamente alla normativa di riferimento, di fare spesso riferimento agli esiti delle indagini OCSE Pisa e alla volontà di integrare le conoscenze e competenze degli studenti italiano. Nonostante i molti punti di contatto, però, i Piani sono parsi abbastanza diversi per settore in cui operano, origini e percorso di sviluppo. Alcuni sono nati come progetti per poi diventare piani, altri hanno vissuto diverse fasi di sperimentazione, altri ancora sono essenzialmente in nuce. Alcuni hanno subìto già aggiustamenti organizzativi e didattici, altri devono ancora sperimentarli in parte o del tutto.
In ogni caso, comunque, appare chiaro un orientamento culturale condiviso e alcune opinioni trasversali presenti nei discorsi di intervistati diversi. Sullo sfondo c’è, per esempio, la diffusa percezione della “crisi” della scuola, travolta da un radicale cambiamento di scenario, annunciato, ma anche in buona misura velocizzato, dalle normative europee e dalle riforme nazionali. Un cambiamento così drastico da richiedere urgenti revisioni e ridimensionamenti di processi, attori e formati dei contesti formativi tradizionali. Un mutamento urgente e saldamente legato alla contemporanea evoluzione comunicativa, che aumenta la distanza linguistica tra studenti e insegnamenti e chiama in causa la Media Education, o perlomeno una didattica che consideri la comunicazione non in una prospettiva sostitutiva rispetto ad altri saperi, ma in un’ottica di integrazione e valorizzazione interculturale.
Non è un caso che tra i primi risultati dell’analisi emerga l’urgenza di un’innovazione non solo dichiarata o imposta dalle riforme, ma anche assimilata in profondità dal sistema scolastico, intesa come capacità di stare al passo con i tempi, di aggiornare continuamente conoscenze e competenze, anche attraverso l’uso di quelle tecnologie il cui ciclo evolutivo è sempre più rapido. Se lo sfondo su cui si stagliano i Piani è dunque quello di un cambiamento
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dirompente e talvolta drammatico, lo scenario che gli intervistati auspicano si verifichi, anche grazie ai Piani nazionali, è quello di un sistema di qualità in cui più solide e diffuse siano specifiche competenze.
Sebbene non abbia un valore propriamente scientifico, una word cloud che evidenzia le ricorrenze delle singole parole presenti nei discorsi degli intervistati rende chiare le priorità dei loro pensieri (Cfr. Graf. 1). Graf. 1 – Word Cloud delle risposte alle interviste
Al centro dei discorsi analizzati c’è, prevedibilmente, la scuola, parola che ricorre con la maggiore frequenza. Non stupisce che essa sia affiancata, a distanza limitata, da competenza e qualità, termini esplicitamente sottoposti all’attenzione dei testimoni privilegiati con la traccia d’intervista. Colpisce, però, che essi abbiano un peso maggiore di altre espressioni come monitoraggio e innovazione, ugualmente presenti nell’intervista. La loro maggiore frequenza potrebbe essere spiegata dal minor accordo degli intervistati su tali ambiti. Quello della qualità, per esempio, ha registrato una maggiore distanza, rispetto ad altri, dei punti di vista dei testimoni privilegiati.
Interessante, comunque, è la rilevanza attribuita alla parola docente e probabilmente anche al suo ruolo nel processo di cambiamento del sistema scolastico percepito da tutti come urgente e necessario.
Una certa rilevanza si nota anche a proposito della parola riforma, forse in virtù della conoscenza piuttosto solida e diffusa della normativa italiana ed europea, piuttosto centrale
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nelle diverse attività di progettazione dei referenti dei piani, o perlomeno nelle intenzioni dichiarate.
Interessante, comunque, la posizione della comunicazione, che resta sullo sfondo, ma dimostra di occupare uno spazio non irrilevante nei discorsi analizzati, pari quasi a quello del termine formazione.
Alla luce di tali considerazioni sommarie, ma soprattutto valutando gli esiti dell’analisi effettuata nella pagine precedenti, sembra chiaro che per gli intervistati sia urgente una revisione radicale dei processi scolastici, che metta al centro la figura di un docente di qualità, dalle competenze solide, costantemente aggiornate e in qualche modo misurabili, che riguardino non solo i processi formativi, ma anche la capacità di gestire mezzi e flussi comunicativi inestricabilmente legati ai tempi che cambiano.
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CONCLUSIONE Qualità erogata, Una dichiarazione di intenti L’inquadramento concettuale della qualità promessa del modello di qualità di M3, l’analisi
di contesto, nonché l’excursus progettuale dei 4 Piani Nazionali ha consentito la ricostruzione di un primo inquadramento teorico dei Piani e del loro percorso storico, funzionale per procedere nelle successive fasi del monitoraggio. I risultati emersi nella ricerca di sfondo, dunque, hanno costituito la premessa per elaborare un modello teorico-‐concettuale di partenza focalizzato su due concetti chiave alla base di M3: la natura e il livello di competenza dei protagonisti (docenti, tutor, studenti) e la qualità dei processi innescati secondo i prerequisiti e gli standard di intervento, previsti nella regolamentazione europea e indispensabili nell’ottica della certificazione delle competenze e delle qualifiche dei protagonisti della formazione. La Qualità Erogata rappresenta la seconda fase del monitoraggio, corrispondente all’analisi
dell’impianto formativo e, dunque, tesa ad approfondire sia la dimensione strutturale dei Piani nelle sue diverse fasi e attività, sia la dimensione curriculare didattica per le diverse tipologie di target coinvolte nel processo formativo (docenti-‐corsiste, tutor, studenti). L’obiettivo principale di questa parte del monitoraggio consiste nel verificare la corrispondenza fra l’impianto progettuale, con i suoi obiettivi e le intenzionalità teoriche, e la strutturazione formativa (delivery o erogazione) in termini di attività, laboratori, esercitazioni o simulazioni, e moduli teorici. Nello specifico, attraverso la qualità erogata si intende rilevare o scoprire sia il diagramma
di flusso del percorso formativo, attraverso la comparabilità di tutte le azioni svolte con il quadro delle procedure standard di messa in atto dello stesso Piano; sia il modello di competenze sotteso alla strutturazione didattica e formativa dei 4 Piani Nazionali. Particolare attenzione poi sarà rivolta alle dinamiche comunicative in orizzontale e verticale, al grado e al tipo di interazione e partecipazione degli attori in tutto il percorso, tenendo conto anche dell’aspetto valutativo nelle sue diverse manifestazioni (apprendimento, gradimento, processo formativo…). Particolare attenzione sarà rivolta all’individuazione dei cosiddetti “risultati positivi”, ovvero aspetti imprevisti, o inattesi, del Piano, progressivamente costruiti dal basso attraverso l’interazione e la sperimentazione dei suoi attori. Per raggiungere il primo obiettivo è opportuno individuare indicatori misurabili; per il
secondo è possibile raccogliere dati e provare a far emergere valori anche non previsti. Questi ultimi altro non sono che obiettivi impliciti, non dichiarati nel Piano perché più generali e condivisi da tutti gli attori, sia perché il sistema dei criteri di riferimento utilizzati nel Piano non è completo. Occorre rendere esplicito ciò che è condiviso e (quindi) non dichiarato, attraverso interviste e analisi della documentazione di riferimento, e facendo ricorso a informazioni esterne, e successive, alla stesura dei documenti progettuali dei Piani.
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Questo tipo di riflessioni ha un valore metodologico e “politico”: sono istanze che il mondo della scuola (in particolare quella Italiana) ha presenti e che sicuramente hanno costituito i riferimenti per tutti gli attori del processo, dai referenti ministeriali, ai responsabili scientifici, dai ricercatori ANSAS agli e-‐tutor e infine ai docenti stessi. E' perciò opportuno nel progetto di monitoraggio della Qualità Erogata M3 seguire due logiche in maniera complementare.
1. Breve quadro sinottico di intervento
Partendo dai risultati del monitoraggio della Qualità Promessa, è possibile rilevare il grado di efficacia ed efficienza degli strumenti e delle risorse, ma anche la consapevolezza, da parte di tutti i partecipanti, di obiettivi e metodi. Oltre all'organizzazione efficace delle azioni, la comunicazione tra i vari attori è uno dei fattori determinanti per far sì che ci sia collaborazione tra docenti e discenti, che a sua volta è necessaria perché i risultati della didattica siano positivi e duraturi, e non puramente formali. In generale, i Piani monitorati sono costruiti come progetti a cascata, su tre macro-‐fasi, con attori e destinatari diversi e con modalità (tempi, risorse) altrettanto differenti. fase modalità attori destinatari
I preparazione presenza esperti tutor
II formazione blended e-‐tutor docenti di classe
III sperimentazione in presenza docenti di classe studenti In teoria ognuna di queste macro-‐fasi andrebbe analizzata come autonoma, ognuna delle quali analizzabile secondo uno schema temporale di questo tipo:
− startup − pre-‐corso − erogazione (delivery) − valutazione
Tuttavia ad una prima osservazione sembrerebbe emergere come in alcuni Piani la prima macro-‐fase non sia esplicitamente presente, ma data per acquisita: i tutor vengono selezionati tra quelli appartenenti all'albo ANSAS e non vengono formati espressamente per il Piano. Così ogni Piano risulta così composto:
1. pre-‐corso (e formazione dei formatori) 2. erogazione
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3. valutazione (e sperimentazione) Questa scansione, prevedibile a priori sulla base degli standard di progettazione della formazione, viene dettagliata in una griglia che contiene anche i flussi di dati e le dipendenze. Schematicamente, potremmo dire che ogni fase richiede queste almeno attività:
− una definizione delle risorse, dei metodi, degli obiettivi e degli strumenti di verifica; − la condivisione di quanto definito e il supporto agli attori (orizzontale e verticale), oltre
alla raccolta dei feedback; − il lavoro vero e proprio di formazione, a distanza come in presenza.
Per ogni fase possiamo quindi andare ad individuare le azioni che appartengono ad una delle tre attività fondamentali: A. Organizzative: preparazione, gestione, chiusura B. Comunicative: diffusione (e definizione comune) di obiettivi, strumenti, risorse, risultati C. Didattiche: apprendimento di contenuti, metodi e tecniche; valutazione Le attività si svolgono, o dovrebbero svolgersi, in maniera continua, lungo tutta la fase; ovviamente ci sono delle dipendenze tra i risultati dell'una e i requisiti dell'altra. E' utile avere quindi uno schema di riferimento che ipotizzi, per ogni fase e per ogni attività, i documenti e i dati interpretativi che possono fungere da indicatori del processo, evidenziando cosa deve essere ricevuto in ingresso da una attività e cosa deve essere prodotto in uscita per poter funzionare adeguatamente. Per converso, si può utilizzare come indicatore negativo di Qualità Erogata l'assenza di dati in ingresso (che necessariamente portano ad attività “autoalimentate”, cioè organizzate autonomamente e svincolate dal processo generale) o in uscita (che necessariamente vanno a inficiare ogni processo di controllo). Per disegnare gli strumenti di indagine in grado di rilevare gli indicatori di Qualità Erogata,
dobbiamo definire valori e indicatori relativi. Per ognuna delle tipologie di attività, individuiamo il valore / i valori centrali:
− V(A) efficienza − V(B) consapevolezza / coinvolgimento − V(C)apprendimento
Per ogni valore, cerchiamo degli indicatori generali:
− I(A) pianificazione, uso delle risorse, controllo, ... − I(B)flusso delle informazioni / costruzione di spazi e contenuti condivisi, ... − I(C) miglioramento strategie e nuove competenze, ...
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Attività V(alore) I(ndicatori)
A organizzazione efficienza 9. pianificazione 10. uso delle risorse 11. controllo
B comunicazione collaborazione
consapevolezza coinvolgimento
1. flusso delle informazioni 2. costruzione di spazi condivisi 3. costruzione di contenuti condivisi
C didattica apprendimento 5. miglioramento strategie 6. acquisizione nuove conoscenze e
competenze 7. acquisizione di metacompetenze
Le informazioni da raccogliere saranno di due tipi:
- dati quantitativi e documenti - interpretazioni e valutazioni soggettive
Le tipologie generali di strumenti di indagine sono quindi quattro, due rivolte direttamente agli attori e due ai documenti.
Dati/documenti Interpretazioni
Qualitativo Analisi documenti Interviste
Quali-‐quantitativo Analisi dati Questionari
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Glossario Analisi del fabbisogno formativo (a.d.f.f.) Insieme integrato di metodi, strumenti e tecniche per la rilevazione delle conoscenze/abilità/competenze che i soggetti devono possedere e possono acquisire attraverso processi di apprendimento formale, informale e non-‐formale al fine di operare in modo competente in accordo con gli obiettivi strategici e il sistema di valori dell’organizzazione di appartenenza. I risultati dell’a.d.f.f. contribuiscono definiscono le linee guida per la progettazione di un piano formativo e contribuiscono a circoscrivere l’ambito dell’intervento e la definizione dei risultati attesi. Attività propedeutiche e trasversali Insieme di procedure e fasi di lavoro volte a:
• supportare, ex ante, la progettazione di un piano formativo, l’individuazione dei destinatari, la definizione dei risultati attesi in relazione agli obiettivi strategici e alle finalità dell’organizzazione e del progetto specifico (analisi del fabbisogno formativo, studio del modello di competenze, analisi dei riferimenti normativi e scientifici, etc.)
• favorire, in itinere ed ex post, i flussi di comunicazione tra gli attori coinvolti nel processo didattico, la condivisione interna ed esterna delle informazioni relative al piano e la valorizzazione dei risultati conseguiti (conferenze, pubblicazioni, etc.).
Competenza Le radici del concetto sono rintracciabili nell’impostazione filosofica di Aristotele, che distingue tra due tipi di competenza pratica: a. produttiva: dal progetto, tramite la tecnica, che orienta al prodotto finale (praxis); b. etica-‐sociale: dal bene-‐fine individuato, tramite la saggezza pratica, che orienta all’azione
(poiesis). La prima definizione della competenza si deve a Boyatzis, nel libro The competent manager (1982), in cui il termine viene definito come “una caratteristica personale intrinseca [..] una motivazione, un tratto, una skill, un aspetto dell’immagine di sé o d’un ruolo sociale, o il corpo di conoscenze usato da una persona”. Tale definizione pone l'accento sugli aspetti tipici e durevoli della competenza. Boyatzis inoltre fa riferimento all’eccellenza nella performance come un elemento fondamentale della competenza. In tal senso, quest’ultima non consente di ottenere una normale prestazione, ma garantisce di raggiungere livelli di prestazione eccellenti. D’accordo con questo approccio, Lyle e Signe Spencer definiscono la competenza come “una caratteristica intrinseca individuale che è causalmente correlata ad una performance
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efficace/o superiore in una mansione o in una situazione, e che è misurata sulla base di un criterio prestabilito”. Levati e Saraò (1998)identificano e analizzano quattro questioni principali connesse alla “competenza”: 1. La competenza come caratteristica intrinseca. L’agire “competente” è quindi determinato
dalle caratteristiche durevoli del singolo, dai bisogni, dalle motivazioni e dalla struttura interiore.
2. Il rapporto fra competenza e performance. La performance è costituita dall’insieme di comportamenti con cui l’individuo raggiunge gli obiettivi che gli sono posti dal proprio ruolo; rappresenta quindi un indicatore del livello di padronanza delle competenze.
3. La specificità delle mansioni in cui si manifesta la competenza. In questo caso si fa riferimento alla particolarità del contesto o della situazione in cui le mansioni devono essere espletate, chiamando in causa la cultura organizzativa.
4. I fattori costitutivi della competenza: le conoscenze, le esperienze finalizzate e le capacità, legandoli alle motivazioni individuali e al contesto. La competenza viene quindi descritta come una dimensione operazionale, che si attua in uno specifico contesto e che, per esprimersi, necessita di una motivazione, di un desiderio e di un processo di azione del singolo individuo.
Secondo queste prime interpretazioni la competenza fa riferimento alla praxis in quanto caratteristica intrinseca legata ad una prestazione eccellente in una mansione definita. Questa definizione è utilizzata in modo consolidato in sede aziendale, o meglio tra chi si occupa professionalmente, in quel contesto, della selezione del personale (De Anna, F., Education 2.0, 2010). Secondo l'altra interpretazione aristotelica più pedagogica (poiesis), le competenze costituiscono “la capacità dimostrata di utilizzare le conoscenze, le abilità, le attitudini personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio nello sviluppo professionale e/o personale. Tali competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia” È la definizione desunta dal quadro europeo delle qualifiche. L’etimologia del termine, cum petere, rimanda al valore sociale della collaborazione e della cooperazione: “competente” è chi si muove insieme ad altri per affrontare un compito o risolvere un problema; chi dà sempre il meglio di sé nell’affrontare un compito, mobilitando la sua sfera cognitiva ed intellettuale, ma anche la sua parte emotiva, sociale, estetica, morale, religiosa. A riguardo, Pellerey definisce la competenza come la capacità di far fronte a un compito, o a un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive, e a utilizzare quelle esterne in modo coerente e fecondo (Pellerey)
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Un’ulteriore interpretazione a riguardo è: “l'insieme delle conoscenze e delle regole grammaticali e linguistiche che permettono al parlante di comprendere e formare un numero infinito di frasi nuove” oppure “capacità di un soggetto di formare e comprendere un numero potenzialmente infinito di frasi” (Chomsky 1970). Secondo Guy Le Boterf, la competenza non è uno stato, né una conoscenza posseduta. Non si riduce né a un sapere né a un saper fare. Non è assimilabile a un’acquisizione formativa. Possedere le capacità o le conoscenze non significa essere competenti. Si possono conoscere delle tecniche o delle regole di gestione contabile e non saperle applicare al momento opportuno. Una persona può conoscere il diritto commerciale e redigere male un contratto (Le Boterf, 2000). Lo stretto legame tra la competenza come sapere, saper fare, saper essere e le situazioni in cui questa si esprime permette di definire diversi profili di competenza. Nell’ambito della formazione per il lavoro si possono distinguere le competenze professionali, relative alla attività lavorativa, dalle competenze tecnico-‐scientifiche da quelle polifunzionali. Così parlando di competenza, è opportuno riproporre la distinzione fra:
– Conoscenze (definite da alcuni come conoscenze concettuali o dichiarative): indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze possono essere teoriche e/o pratiche.
– Abilità (definite da alcuni anche come conoscenze procedurali): indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-‐how per portare a termine compiti e risolvere problemi; le abilità sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).
– Competenze: indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Esse sono descritte in termine di responsabilità e autonomia.“Fronteggiare efficacemente richieste e compiti complessi comporta non solo il possesso di conoscenze e di abilità ma anche l’uso di strategie e di routines necessarie per l’applicazione di tali conoscenze e abilità, nonché emozioni e atteggiamenti adeguati e un’efficace gestione di tali componenti. Pertanto la nozione di competenze include componenti cognitive ma anche componenti motivazionali, etiche, sociali e relative ai comportamenti. Costituisce l’integrazione di tratti stabili, risultati di apprendimento (conoscenze e abilità), sistemi di valori e credenze, abitudini e altre caratteristiche psicologiche” (OCSE)
Efficacia Adeguatezza metodologica e operativa del piano formativo in funzione degli obiettivi e dei risultati attesi. In tal senso, un piano formativo può essere considerato efficace se è in grado di:
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(a) produrre un effettivo incremento delle conoscenze/abilità dei docenti che partecipano al piano di aggiornamento – “efficacia formativa erogata” ; (b) determinare nei docenti (destinatari del corso di aggiornamento) una percezione positiva del grado di adeguatezza metodologica e operativa del piano – “efficacia formativa percepita”; (c) sviluppare competenze distintive concretamente spendibili dai docenti all’interno dell’attività professionale quotidiana ed effettivamente misurabili, sia attraverso una valutazione dei risultati conseguiti dagli studenti in termini di apprendimento, sia mediante una rilevazione del modo in cui gli studenti stessi percepiscono l’attività di docenza – “efficacia dell'attività di docenza (erogata e percepita)”. Tale declinazione della categoria di “efficacia formativa” concerne la verifica dell’impatto di un corso di aggiornamento sul grado di adeguatezza metodologica effettiva delle opzioni del docente, sia in termini di progettazione del materiale didattico, sia per ciò che riguarda stile di erogazione dei contenuti, sia in funzione delle modalità di gestione dell’aula, di interazione con gli studenti e di organizzazione delle attività formative.; (d) generare un valore aggiunto complessivo in funzione degli obiettivi strategici del sistema in cui i docenti operano quotidianamente – “efficacia di sistema” -‐, con particolare riferimento al grado di spendibilità delle conoscenze acquisite dagli studenti nell’ambito del mercato del lavoro. Efficienza Adeguatezza economica, amministrativa e organizzativa del piano formativo in funzione dei risultati attesi, dei modelli nazionali e internazionali di qualità, delle procedure di finanziamento pubblico della formazione e dei vari gradi di efficacia – “formativa”, “professionale” e “di sistema”. EQF L'EQF è la struttura europea delle qualificazioni è intesa come un quadro comune di riferimento per facilitare il riconoscimento e la trasferibilità delle qualificazioni nell’ambito sia dell’istruzione (secondaria e post secondaria), sia dell’istruzione e formazione professionale. Lo scopo principale dell’EQF è di agevolare (agli studenti, ai genitori, ai fornitori dei servizi formativi, ai lavoratori e ai decisori politici) la comprensione del significato e del valore di un titolo (come si raggiunge, a che livello si situa, come si progredisce, da chi è riconosciuto, ecc La proposta di EQF è caratterizzata da tre principali elementi:
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• la definizione di 8 livelli progressivi di riferimento, correlabili ai titoli di studio, ai contesti di istruzione e formazione, a risultati di apprendimento gradualmente più ampi e complessi;
• un set di strumenti, che associati ai livelli, favoriscono la trasparenza e la spendibilità dei titoli (un sistema integrato europeo di trasferimento e accumulo dei crediti; il portafoglio Europass, il database Ploteus);
• un insieme di principi e di procedure che forniscono ai diversi Paesi le linee-‐guida per l’applicazione e la condivisione dell’EQF nel proprio sistema, con particolare riguardo all’assicurazione qualità, alla validazione, all’orientamento e alle competenze chiave.
La costruzione di un Quadro Nazionale delle Qualificazioni (NQF) è vista nella proposta EQF come un passaggio opportuno per favorire la trasparenza e leggibilità delle qualificazioni e delle competenze definite da ciascun paese e riconducibili al quadro europeo. Impianto didattico Struttura logico-‐temporale del piano di formazione, che consente di rappresentare attraverso un diagramma di flusso le varie fasi di un percorso didattico, la distribuzione delle varie attività di erogazione dei contenuti e di valutazione, i nessi di propedeuticità fra i diversi step del processo e le meodalità di integrazione fra i vari attori coinvolti nel piano stesso. Learning outcomes I risultati di apprendimento esplicitano ciò che ci si aspetta la persona conosca, comprenda e/o sia in grado di fare, al termine di un periodo di apprendimento. I risultati di apprendimento possono essere definiti per singoli corsi, unità, moduli e programmi. Essi possono anche essere definiti a livello nazionale per coprire tutte le qualificazioni. Infine, i risultati di apprendimento possono essere definiti a livello internazionale per favorire la trasparenza, la comparabilità, il trasferimento dei crediti e il riconoscimento. Metodologia didattica Sistema integrato di metodi, strategie e strumenti finalizzati al raggiungimento di obiettivi didattici attraverso l’erogazione di contenuti e la valutazione dei risultati dell’attività formativa. In particolare, la m.d. si articola in:
• Metodi didattici: Modalità di svolgimento dell’attività didattica (Case Study, Esercitazione, Esposizione teorica, Seminario, Workshop, Role Playing, ecc.
• Strategie didattiche: Applicazione di schemi di apprendimento (Self-‐learning, Cooperative learning, Experiential learning, Blended learning, ecc.
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• Modalità di gestione didattica: Tipologie di controllo dell’attività di erogazione dei contenuti (Multi-‐docente, Assistito dal docente, Auto-‐gestito, Non gestito/spontaneo, ecc.)
• Livelli di organizzazione didattica: Modalità di gestione delle attività dei partecipanti (Individuale, A coppie, In piccoli gruppi, ecc.)
• Strumenti didattici: attività, sistemi e/o ambienti attraverso i quali è possibile applicare una o più metodologie didattiche allo scopo di raggiungere un obiettivo (aula tradizionale, aula virtuale, chat, e-‐book, wbt, cbt, forum, wiki, etc.)
Obiettivo didattico Indicatore osservabile atto a descrivere in maniera chiara e misurabile l’acquisizione di un dato sistema di conoscenze, di un’abilità e/o di una competenza. In tal senso, un o.d. deve essere elaborato in maniera chiara, pragmatica, comprensibile ed esplicita, al fine di evitare ogni possibile ambiguità semantica ed eventuali problemi di interpretazione. Inoltre, esso deve essere formulato in termini di comportamento osservabile al fine di consentirne la misurazione mediante l'adozione di uno strumento coerente. Obiettivo strategico Finalità generale “non didattica” di un Piano di formazione, con riferimento (a) agli orientamenti della normativa nazionale e internazionale, (b) alle prospettive ministeriali di evoluzione e innovazione del settore dell’Istruzione pubblica, (c) alle direttive comunitarie e alle raccomandazioni sulla struttura dei vari assi tematici, (d) alla concreta ed effettiva spendibilità delle conoscenze, abilità e competenze acquisite dagli studenti, etc. A differenza di un obiettivo didattico, facilmente osservabile nel corso e all’interno del processo formativo, la valutazione di un obiettivo strategico richiede un’attività di osservazione distribuita lungo un intervallo temporale più ampio, necessita di strumenti di analisi complementari alla didattica e può essere svolto anche grazie al supporto di funzioni esterne alla formazione e con strumenti di verifica mutuati dalle tecniche di Internal Audit, del controllo di gestione, di Project management, di analisi di bilancio, etc. Piano di monitoraggio Sistema che integra attività, procedure, ambienti e sistemi volti alla registrazione e rappresentazione quali/quantitativa dei vari stati del processo formativo durante le fasi di delivery. In particolare, un p.d.m. prevede sempre un controllo dell’evoluzione dell’iter formativo attraverso una verifica degli indicatori di qualità, con un focus sulle variabili relative (a) alla dimensione didattica, (b) ai fattori di efficacia ed efficienza del piano, (c) alla qualità percepita, attraverso l’adozione di specifici strumenti -‐ registro d’aula, piattaforma e-‐
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learning LMS, ecc – e la produzione di output descrittivi (statistiche accessi, report, schede informative, ecc.). Piano di valutazione Sistema che integra attività e strumenti di misurazione, verifica e di valutazione dell’apprendimento, dell’efficacia e della qualità percepita. In particolare, il p.d.v. prevede una serie di attività volte a rilevare (a) il sistema di conoscenze/abilità/competenze iniziali dei partecipanti, nonché il loro grado di interesse e di motivazione rispetto ai temi del percorso formativo – valutazione diagnostica –, (b) l’adeguatezza delle opzioni metodologiche in funzione degli obiettivi e la necessità di interventi correttivi in itinere – valutazione formativa –, (c) i risultati finali del piano formativo, sia in termini di apprendimento, sia in relazione alle opinioni espresse dai partecipanti sulla coerenza del percorso – valutazione sommativa –,(d) la validità e attendibilità dell’intero processo e dello stesso piano di valutazione – meta valutazione. In alcuni casi, il sistema di valutazione può includere l’attestazione formale degli esiti del piano formativo, nonché la certificazione ufficiale delle conoscenze/abilità/competenze acquisite dai partecipanti. Qualità attesa La qualità attesa concerne le situazioni specifiche di eccellenza del Piano formativo – le best practices –, ossia tutti i casi concreti in cui qualità erogata e qualità percepita hanno raggiunto valori massimi, tenendo conto di tutti i vincoli materiali, delle prassi gestionali, delle diverse aree geografiche di riferimento e delle caratteristiche dei destinatari. La valutazione della qualità attesa di un Piano formativo costituisce dunque un’attività strategica volta alla definizione di linee guida per la riprogettazione dell’impianto didattico e per l’attivazione di interventi correttivi georeferenziati e/o mirati in funzione di specifiche condizioni generali di variabilità. In altri termini, attraverso un’analisi della qualità attesa è possibile ridefinire l’impianto didattico di un piano formativo e riconfigurare in maniera pragmatica il sistema di coerenze tra gli obiettivi generali e le varie opzioni metodologiche finora adottate. Qualità erogata La qualità erogata concerne sia il grado di corrispondenza tra la proposta progettuale e l’implementazione effettiva delle varie fasi del processo (la delivery), sia l’analisi dei risultati concreti dell’intervento formativo in funzione dei risultati attesi. Da ciò deriva che la valutazione della qualità erogata deve prendere in considerazione i seguenti fattori generali:
• la percentuale di frequenza dei partecipanti in relazione alle varie attività didattiche previste;
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• il grado di partecipazione attiva dei destinatari del Piano formativo, sia nell’ambito delle attività d’aula, sia per ciò che riguarda le attività di interazione e di apprendimento collaborativo online;
• il livello di coerenza delle attività effettive di docenza, del materiale didattico erogato e delle opzioni metodologiche messe in atto in funzione degli obiettivi generali del Piano e del disegno progettuale previsto
• il grado di rispondenza tra l’architettura del piano formativo prevista e l’effettiva articolazione delle fasi durante il percorso realmente erogato;
• i risultati concreti dell’attività formativa, in termini di conoscenze/abilità/competenze acquisite e in relazione al grado di efficacia generale del piano;
• la corrispondenza tra tempo di studio/apprendimento previsto e tempo effettivamente dedicato;
• il grado di adeguatezza e di usabilità degli ambienti di apprendimento implementati, nonché l’efficacia dei flussi di comunicazione durante il percorso formativo;
• il livello di efficacia delle attività di assistenza tecnica e i tempi di risposta da parte dell’help-‐desk;
• il quadro complessivo in termini di efficienza del processo e di compliance, ossia di conformità delle procedure con la normativa e i modelli di riferimento descritti in fase progettuale.
Qualità percepita La qualità percepita si riferisce alle modalità di interpretazione soggettiva della qualità promessa e della qualità erogata da parte dei destinatari del Piano formativo. In altri termini, essa esprime il grado di soddisfazione dei partecipanti rispetto all’intero processo – o a specifiche fasi del corso – attraverso una serie di indicatori di percezione speculari agli indicatori della qualità erogata. Pertanto, per valutare la qualità percepita di un piano di formazione è necessario analizzare e confrontare i giudizi espressi dai destinatari del percorso in relazione alle seguenti variabili:
• efficacia delle attività di docenza; • adeguatezza e usabilità del materiale didattico; • grado di coerenza tra i contenuti del piano; • efficacia personale del percorso in relazione all’acquisizione di nuove
conoscenze/competenze/abilità; • efficacia dell’attività di tutoring; • adeguatezza del tempo dedicato alle attività didattiche in funzione dell’interesse
personale e degli obiettivi del piano • usabilità, efficienza ed efficacia degli ambienti di apprendimento tradizionali e online.
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Qualità promessa La qualità promessa può essere sottoposta a verifica attraverso l’analisi della documentazione di progetto e concerne il grado di esaustività, la chiarezza esplicativa, l’adeguatezza terminologica e i diversi livelli di coerenza metodologica, giuridica e amministrativa che caratterizzano la proposta progettuale e il disegno generale dell’intervento formativo. Pertanto, nel valutare la q.p. di un progetto didattico, è necessario prendere in considerazione
• la presentazione dei fattori che definiscono lo “scenario di riferimento” di un percorso; • la descrizione dei risultati dell’analisi del fabbisogno formativo, in funzione degli
obiettivi strategici e delle caratteristiche dei destinatari dell’intervento formativo; • la definizione degli output delle attività di macro e micro progettazione; • la presentazione della struttura logico-‐temporale del piano formativo, della sua
articolazione in fasi, dei vincoli di propedeuticità fra le attività didattiche e del modello di governante del processo;
• la descrizione delle procedure di valutazione, di monitoraggio e di certificazione formale.
Unit and credit system Rappresenta un sistema in grado di attribuire dei crediti (credit points) alle qualifiche e/o alle sue componenti (definite Units).
• Una Unit è «la parte elementare (o la più piccola) di un curriculum, di una qualificazione o di un percorso di istruzione e formazione ed è orientata ai risultati di apprendimento».
• I crediti sono attribuiti alle unità o alle qualificazioni. I requisiti per acquisire una qualifica o un’Unità devono essere definiti dai competenti organismi a livello nazionale.
Key competences Si tratta delle abilità «richieste a ciascuno nella società della conoscenza», nell’ottica dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Le competenze chiave rappresentano un insieme (trasferibile e multifunzionale) di conoscenze, abilità e comportamenti di cui tutti gli individui hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, l’inclusione e l’impiegabilità. Ciò riguarda, in particolare: “apprendere ad apprendere”, “competenze interpersonali e civiche”, “intraprendenza” ed “espressione culturale” che sono state raggruppate nella categoria “competenze personali e professionali”.
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Normative Carta dei servizi per la scuola, varata con il DPCM del 7 giugno 1995 COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO . Migliorare la qualità della formazione degli insegnanti, Bruxelles, 3.8.2007 Decisione n. 2241 del 2004 Dichiarazione di Copenaghen del 30 novembre 2002 Direttiva 89-‐48 CEE Direttiva 99 42 CE Direttiva 9251 CEE Direttiva MIUR 45/2005 DG Education and Culture e CEDEFOP, European Guidelines for the Validation of Non Formal and Informal Learning, Novembre 2007 DL 227 del 17/10/2005 DM 139/2007 DM n.209 del 15 giugno 1995 DM per le riforme e le innovazioni della pubblica amministrazione per una pubblica amministrazione di qualità del 16 dicembre del 2006. Documento del Consiglio dell'Unione europea del maggio 2004 DPR 275/99 EUROPA 2020 European Quality Assurance Reference framework for vocational education and Training –EQAVET
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Gli obiettivi concreti futuri dei sistemi di istruzione del 31/01/2001 Italia 2020 Legge 273 dell’11 luglio 1995 Lisbona 2000 Maastricht Communiqué del 14 dicembre 2004 New skills for new jobs (2009) PISA 2003 Valutazione dei quindicenni Quadro di riferimento conoscenze e abilità in matematica, lettura, scienze e problem solving Roma Armando 2004 Proposta di Raccomandazione sulla realizzazione dell’European qualification framework per il lifelong learning (EQF), del 5 settembre 2006 e del 23 aprile 2008 Quaderno bianco sulla scuola del 21 settembre 2007 Quadro unico europeo per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze: Europass (Decisione n. 2241/2004) Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale [(Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/C 155/01)] Raccomandazioni del parlamento europeo e del consiglio del 23 aprile 2008 Recomandation of the European Parliament and of the Council of 12 February 2001 on European cooperation in quality evaluation in school education, European Commission (2006a) Relazione sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti [2008/2068(INI))]
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