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La biblioteca di Leonardo Appunti e letture di un artista nella Milano del Rinascimento Castello Sforzesco Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana Sala Weil Weiss 30 ottobre ~ 22 novembre 2015 Guida alla mostra

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La biblioteca di Leonardo Appunti e letture di un artista nella Milano del Rinascimento

Castello Sforzesco Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana

Sala Weil Weiss 30 ottobre ~ 22 novembre 2015

Guida alla mostra

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La biblioteca di Leonardo Appunti e letture di un artista nella Milano del Rinascimento

Milano • Castello Sforzesco Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana • Sala Weil Weiss

30 ottobre ~ 22 novembre 2015

Sindaco Giuliano Pisapia

Assessore alla Cultura Filippo Del Corno

Direttore Centrale Cultura Giulia Amato

Direttore Settore Soprintendenza Castello, Musei Archeologici e Musei Storici Claudio Salsi

Ufficio Stampa Elena Conenna

Soprintendente Castello Sforzesco Claudio Salsi

Responsabile Servizio Castello Giovanna Mori

Comunicazione Maria Grazia Basile

Funzionario Responsabile Isabella Fiorentini

Staff Maria Cristina Albizzati, Andrea Bolognesi, Guido Crema, Giacomina Crotti, Stefano Dalla Via, Luca Devecchi, Luca Dossena, Barbara Gariboldi, Giuliana Massetti, Loredana Minenna, Katia Moretto, Giuseppina Petrotta, Marzia Pontone, Flavio Rossi, Luigi Spinelli, Angela Vailati, Angelo Valdes

Esposizione realizzata da Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana

Coordinamento Isabella Fiorentini, Marzia Pontone

Progetto scientifico Pietro C. Marani, Marco Versiero

Testi Marco Versiero

Editing, coordinamento grafica e web Loredana Minenna

Manutenzione conservativa Stefano Dalla Via

Segreteria amministrativa Guido Crema, Luca Devecchi

Logistica Flavio Rossi, Giuliana Massetti, Angela Vailati

Allestimento e grafica in mostra CSC Allestimenti Srl

Sito web TAI Sas di Marino Delfino e Paolo Ongaro

Traduzioni Promoest Srl – Ufficio Traduzioni Milano

Servizio di custodia Corpo di Guardia del Castello Sforzesco

Si ringraziano Rachele Autieri, Lucia Baratti, Civica Stamperia, Valeria Colombo, Cinzia Consonni, Mariateresa D’Angelo, Ilaria De Palma, Benedetta Gallizia di Vergano, Maria Leonarda Iacovelli, Arlex Mastrototaro, Claudio Pedersoli, Michele Stolfa, Giacomo Tirozzi

Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana

Partner istituzionale del Castello Sforzesco

UNIVERSITÀ

DEGLI STUDI

DI MILANO

Dipartimento di Studi Letterari,

Filologici e Linguistici

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Per la ricostruzione della biblioteca di Leonardo Una breve introduzione

Pietro C. Marani

Il tema della ricostruzione della biblioteca di Leonardo ha affascinato generazioni di studiosi: cercare di ricomporre in sequenza i suoi libri significa capire quali siano state le sue letture e le sue fonti e meglio comprendere le sue ricerche e i suoi studi, sia negli eventuali apporti esterni sia nella loro originalità. Dai tre più significativi elenchi di libri da lui stesso redatti (codice Trivulziano 2162, p. 3; codice Atlantico, f. 559r; codice di Madrid 8936, ff. 2v-3r) prende avvio anche il tentativo presente, volutamente circoscritto nelle intenzioni, nelle scelte per pochi temi essenziali e nei materiali esposti (esclusivamente provenienti dai fondi della Biblioteca Trivulziana), teso a fornire una prima idea dei testi che Leonardo poteva aver consultato1. I volumi che contengono tali opere vengono qui disposti intorno al codice Trivulziano che, oltre a trasmettere un primo stringatissimo elenco di testi molto probabilmente posseduti da Leonardo («Donato, Lapidario, Plinio, Abacho, Morgante»), testimonia precocemente (ca. 1487-1490) e con esattezza lo studio e il lavorio di trascrizione da parte dell’artista di migliaia di vocaboli e di citazioni tratti da diversi libri e autori che aveva letto o che si accingeva a compulsare2. Resta fondamentale la considerazione che il solo possesso di un libro non significa automaticamente che Leonardo lo abbia anche letto o addirittura studiato, essendo ben note le difficoltà dell’artista nell’avvicinarsi soprattutto ai testi greci e latini. Questo motivo di prudenza non fu sufficientemente tenuto presente da uno dei pionieri dello studio delle fonti vinciane, Pierre Duhem, che, all’inizio del secolo scorso, dedicò un imponente lavoro all’analisi delle opere che Leonardo poteva aver letto3. Contemporaneamente, in Italia, Edmondo Solmi tracciava anch’egli in due tempi un quadro piuttosto vasto delle fonti e delle letture di Leonardo con due saggi che, sebbene tuttora di grande utilità, rivelano in Solmi la stessa fiducia nelle capacità dell’artista di addentrarsi in testi che per lui erano forse troppo difficili e complessi4. Riportare Leonardo alle sue reali capacità di comprensione di antichi testi matematici, filosofici e scientifici, posseduti o meno, al suo

tempo e al clima in cui egli si formò fu il compito che si assunse Eugenio Garin, orientando le ricerche verso la più facile letteratura in volgare o verso quegli zibaldoni o raccolte di testi abbreviati che circolavano anche presso gli illetterati5. Tale realtà trovava conferma nel lungo elenco di libri vergato da Leonardo intorno al 1490-1492 (ora nel codice Atlantico) che a quel tipo di letture fa esplicito riferimento. L’orientamento di Garin veniva vigorosamente ripreso subito dopo da Carlo Dionisotti in un importante studio del 1962 in cui erano segnalate nuove e inaspettate fonti in volgare, e quindi più accessibili, attraverso le quali le idee dei grandi pensatori e soprattutto il platonismo potevano raggiungere anche l’«omo sanza lettere» Leonardo6. Dionisotti si opponeva non solo all’immagine di un Leonardo tutto immerso nel neoplatonismo fiorentino e nell’ambiente letterario che orbitava intorno alle figure di Lorenzo de’ Medici e Poliziano, cara a una certa storiografia artistica di quel momento7, ma anche alla sopravalutazione della sua cultura letteraria e delle sue capacità come prosatore e poeta8. Sulla scorta dell’analisi del Dionisotti, penetranti anche le considerazioni e le precisazioni di Anna Maria Brizio che concorda sullo scarto fra riferimenti letterari e culturali di Leonardo nella Firenze tra 1470 e 1480 (tutti ancorati a una produzione popolareggiante in volgare) e sue innovazioni nel campo più specificamente artistico-figurativo9. La scoperta dei due codici di Leonardo nella Biblioteca Nacional de España di Madrid, avvenuta nel 1967, riapriva tuttavia la questione. Nel secondo di questi codici, il manoscritto 8936, è infatti contenuto il più lungo fra i tre sopracitati elenchi di libri dell’artista che ci sono pervenuti. Ricco di ben 116 titoli (diversi dei quali tuttavia già presenti nelle liste precedenti, mentre un altro gruppo di volumi è riferibile a ‘libri’ o album dello stesso Leonardo), il nuovo elenco contiene non solo nuovi esempi di letteratura in volgare (sono scomparsi tuttavia Petrarca e il Morgante del Pulci), ma aggiunge testi per l’apprendimento del latino e della matematica, trattati e testi tecnici e altri di filosofia e filosofia naturale di notevole difficoltà per Leonardo: da opere didattiche e dai trattati

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d’architettura di Leon Battista Alberti e Francesco di Giorgio Martini si passa infatti, per esempio, alla menzione di un «libro di G‹i›org‹i›o Valla» (il De expetendis et fugiendis rebus) al «ploblema d’Arisstotile», all’ «Ovidio Metamorfoseos» (le Metamorfosi di Ovidio), ad «Alberto di Sassonia» e così via10. Va considerato che circa un decennio separa l’elenco dei libri del codice Atlantico da quello del codice di Madrid 8936 e che il periodo trascorso da Leonardo a Milano e, più ancora, i primissimi anni del Cinquecento, come ricordano i diretti testimoni, sono un tempo in cui Leonardo andò approfondendo i suoi studi di architettura, di scienza delle costruzioni, di meccanica, di luce e d’ombra, di ottica, di balistica, di matematica e geometria, avvalendosi anche dell’aiuto di dotti amici come Luca Pacioli, che potevano leggere il latino per lui. Sono gli stessi anni in cui si concretizza la volontà di teorizzare e dare forma scritta alle sue idee attraverso l’abbozzo di ‘trattati’ (come quello sulla pittura) o di ‘libri’ (forse mai portati a compimento, come il ‘Libro degli elementi macchinali’ o quello sulle acque). Da qui, forse, la necessità di ampliare le sue conoscenze teoriche attingendo sempre più a un maggior numero di auctores. Il nuovo elenco di libri contenuto nel codice di Madrid 8936 ha così dato modo agli studiosi di osservare un’enorme crescita nel tempo della cultura scientifica di Leonardo e di tenere nella dovuta considerazione l’elemento cronologico e l’evoluzione di un pensiero in cui vanno sempre più intrecciandosi i rapporti fra le varie discipline, i campi di indagine e di applicazione nella pratica, sia architettonica o artistica in senso lato11. Per esempio, solo in tempi recenti è stato provato come una sua celebre asserzione relativa alla bellezza e, insieme, alla funzionalità delle fortezze («Non po essere belleza e utilità, chome apare nelle forteze e nelli omini ‹?›»), in un foglio databile al 1490 circa (codice Atlantico, f. 399r), derivi dal De civitate Dei di Agostino12, un testo che non compariva nella lista di titoli del codice Atlantico, ma che appare invece nella più tarda elencazione contenuta nel codice di Madrid 8936. Oppure si ricordi la citazione, come di presa in giro, del Petrarca («Se ‘l Petrarcha amò sì forte i’ laur[o], fu perch’egli è bon fra la salsicia e ‘l tor[do]. I’ non posso di lor giance far tesauro») proprio nel codice Trivulziano qui esposto, dove nel breve elenco di testi della pagina 3 il Petrarca non figura, e al

quale fa eco la presenza di un generico «Petrarcha» nella lista del codice Atlantico. Molti altri esempi si potrebbero fare a proposito del continuo trascorrere di un prestito letterario o di una fonte da un campo disciplinare all’altro, a riprova della grande libertà con la quale Leonardo utilizzava i suoi libri, le sue letture o le sue fonti. Solo esaminando il significato profondo di quei pochi ornamenti che ‘adornano’, per esempio, il celebre dipinto con La Dama con l’ermellino (presunto ritratto di Cecilia Gallerani), come la collana d’agata nera intorno al collo, è stato possibile ipotizzare che Leonardo avesse presente13 un testo allora attribuito a Luciano di Samosata, come per esempio il De domo. Luciano è peraltro quello stesso autore che ci parla della famosa Calunnia di Apelle che Alberti e Leonardo citano infatti più volte nei loro scritti e che era un topos noto a tutti gli artisti, anche se non sapevano il latino o il greco. L’esposizione presente vuole dunque mostrare alcune delle possibili letture di Leonardo, ma non dimentichiamoci infatti che la trasmissione delle idee e delle informazioni avveniva anche, e soprattutto, per tradizione orale e che per un artista come Leonardo, perseguitato dalla mancanza di tempo e dall’assillo dei committenti a finire e a consegnare le sue opere, questa sembra essere stata, in qualche caso, la via più breve per impossessarsi di qualche notizia o nozione. All’opposto, possediamo invece intere sue pagine in cui egli sembra proprio trascrivere i passi che gli interessano da un libro a stampa o da un manoscritto che ha davanti a sé: sia questo il trattato sulla prospettiva di Peckham (forse la Perspectiva communis citata come «Prospettiva comune» nella lista del codice di Madrid e in parte trascritta anche in un foglio del codice Atlantico, f. 543r), oppure il Trattato di architettura civile e militare di Francesco di Giorgio Martini (citato come «Francesco da Siena» nella lista del codice di Madrid e una cui versione del testo viene copiata, per pagine e pagine, proprio in questo manoscritto, per esempio ai ff. 88-97). Ma gli esempi potrebbero moltiplicarsi, così come molto più numerosi potrebbero essere i volumi di questa esposizione nella prospettiva di dar forma a quello che rimane ancora l’utopistico desiderio di ricostruire integralmente la ‘biblioteca’ di Leonardo.

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Note

1. Per un primo tentativo in questo senso, vd. G. D’ADDA, Leonardo da Vinci e la sua libreria. Note di un bibliofilo, Milano, Tip. G. Bernardoni, 1873.

2. Per la scoperta che gran parte degli ottomila vocaboli trascritti in questo manoscritto derivino dal volgarizzamento del De re militari del Valturio, vd. A. MARINONI, Gli appunti grammaticali e lessicali di Leonardo da Vinci, I-II, Milano, Castello Sforzesco, 1944-1952; per ulteriori scoperte e precisazioni, vd. ora Il Codice di Leonardo da Vinci nel Castello Sforzesco (Milano, Castello Sforzesco, Sala delle Asse, 24 marzo – 21 maggio 2006), a cura di P.C. Marani, G.M. Piazza, Milano, Electa, 2006.

3. P. DUHEM, Études sur Léonard de Vinci. Ceux qu’il a lus et ceux qui l’ont lu, I-III, Paris, Hermann, 1906-1913.

4. E. SOLMI, Le fonti dei manoscritti di Leonardo da Vinci. Contributi, «Giornale storico della letteratura italiana», Supplemento 10-11 (1908); e ID., Nuovi contributi alle fonti dei manoscritti di Leonardo da Vinci, «Giornale storico della letteratura italiana», 58 (1911), pp. 297-358, entrambi ripubblicati in ID., Scritti vinciani. Le fonti dei manoscritti di Leonardo da Vinci e altri studi, Firenze, La Nuova Italia, 1976, pp. 1-344 e 345-405.

5. E. GARIN, Il problema delle fonti del pensiero di Leonardo, in Atti del convegno di studi vinciani, Firenze, Olschki, 1953, p. 157 e sgg.; ID., La cultura filosofica del Rinascimento italiano. Ricerche e documenti, Firenze, Sansoni, 1961, p. 388 e sgg.

6. C. DIONISOTTI, Leonardo uomo di lettere, in Manoscritti e stampe dell’Umanesimo. Studi in onore di Giovanni Mardersteig, «Italia medioevale e umanistica», 5 (1962), pp. 183-216.

7. Per esempio vd. A. CHASTEL, Art et Humanisme à Florence au temp de Laurent le Magnifique. Études sur la Renaissance et l’Humanisme platonicien, Paris, Les Presses Universitaires de France, 1961 (ed. italiana: Torino, Einaudi, 1964).

8. In opposizione per esempio a G. FUMAGALLI, Leonardo prosatore, Milano-Roma-Napoli, Società Editrice Dante Alighieri di Albrighi, Segati & c., 1915; EAD., Leonardo omo sanza lettere, Firenze, Sansoni, 1939 (altre edd. 1943, 1952, 1970).

9. A.M. BRIZIO, [Recensione a] C. DIONISOTTI, Leonardo uomo di lettere, «Raccolta Vinciana», 20 (1964), pp. 393-399.

10. Un primo esame di quest’elenco è stato fatto da L. RETI, The Two Unpublished Manuscripts of Leonardo da Vinci in the Biblioteca Nacional of Madrid - I, «Burlington Magazine», 110, 778 (1968), pp. 10-22 e ID., The Two Unpublished Manuscripts of Leonardo da Vinci in the Biblioteca Nacional of Madrid - II, «Burlington Magazine», 110, 779 (1968), pp. 81-89; e da C. MACCAGNI, Riconsiderando il problema delle fonti di Leonardo. L’elenco di libri ai fogli 2 verso - 3 recto del Codice 8936 della Biblioteca Nacional di Madrid (Vinci, Biblioteca Leonardiana, 15 aprile 1970), Firenze, Giunti Barbèra, 1971, poi in Leonardo da Vinci letto e commentato da Marinoni, Heidenreich, Brizio, Reti, De Toni, Mariani, Salmi, Pedretti, Steinitz, Maccagni, Garin, Vasoli, Firenze, Giunti Barbèra, 1974, pp. 275-307.

11. Per una nuova considerazione di questo sviluppo che pone in discussione anche gli strumenti di conoscenza posseduti da Leonardo, vd. per esempio A. MARINONI, I libri di Leonardo, in Leonardo da Vinci. Scritti letterari, Milano, Rizzoli, 1974, pp. 239-257; ID., La Biblioteca di Leonardo, «Raccolta Vinciana», 22 (1987), pp. 291-342; vd. anche E. VILLATA, La biblioteca, il tempo e gli amici di Leonardo. Disegni di Leonardo dal codice Atlantico (Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana, 3 dicembre 2009 – 28 febbraio 2010), Novara, De Agostini, 2009.

12. C. PEDRETTI, Leonardo da Vinci architetto militare prima di Gradisca, in L’architettura militare veneta del Cinquecento. Atti del seminario internazionale (Vicenza, 1983), Milano, Electa, 1988, pp. 76-81, p. 81.

13. P.C. MARANI, Leonardo. Una carriera di pittore, Milano, Motta, 1999, p. 172.

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Il codice Trivulziano 2162 di Leonardo da Vinci Il Libretto d’appunti autografo di Leonardo da Vinci è un manoscritto cartaceo di piccole dimensioni su cui l’artista tracciò tra il 1487 e il 1490, durante gli anni del primo soggiorno milanese, disegni raffiguranti studi di fisiognomica, bozzetti architettonici per il Duomo e altri edifici della città, schemi di strumenti meccanici e macchine belliche. Su sette pagine del codice si scorgono anche disegni vinciani realizzati non a inchiostro, bensì a punta metallica; in alcuni casi l’incisione fu poi ripassata a inchiostro da altra mano, che seguì solo approssimativamente la traccia originaria. Il Libretto d’appunti di Leonardo contiene anche note e osservazioni, spesso accompagnate da schizzi, relative ad alcuni argomenti di fisica particolarmente interessanti per l’artista, tra cui gli appunti di ottica sul tema delle ombre e dei lumi. Da ultimo Leonardo aggiunse di suo pugno lunghe liste di vocaboli, che documentano il tentativo dell’artista di arricchire il proprio patrimonio lessicale impadronendosi di termini derivati dal latino, per sostenere la piena dignità scientifica del suo lavoro e accedere in modo più completo a scritti di umanisti e uomini di scienza. La maggior parte dei vocaboli copiati nel manoscritto sono infatti latinismi e termini dotti attinti da varie fonti, tra cui il Novellino di Masuccio Salernitano, il Vocabulista di Luigi Pulci e il De re militari di Roberto Valturio volgarizzato da Paolo Ramusio. Queste liste di vocaboli furono vergate da Leonardo nella sua

caratteristica corsiva da destra verso sinistra. L’artista, come molti uomini del suo tempo formatisi attraverso percorsi di apprendimento distinti da quelli canonici, aveva appreso a scrivere in una corsiva semplificata di base ‘cancelleresca’, con elementi di ‘mercantesca’. L’essere mancino lo spinse però a sperimentare una modalità di scrittura da destra a sinistra che ovviava all’inconveniente delle sbavature d’inchiostro che la prassi consueta avrebbe necessariamente prodotto. Il codice Trivulziano testimonia questa personalissima esperienza scrittoria. Il Libretto d’appunti è qui aperto sulle pagine 2 e 3 numerate in inchiostro rosso. Sulla pagina 3, accanto al disegno di una nave corazzata che assalta dal mare una torre nemica, Leonardo vergò una lista di cinque titoli che, con ogni verosimiglianza, corrispondevano a opere presenti nella sua personale e più antica collezione di volumi: «Donato, Lapidario, Plinio, Abacho, Morgante». Grazie a questo e ai due successivi e più corposi elenchi, il primo redatto da Leonardo intorno al 1490-1492 (o leggermente più tardi, ca. 1495) sulle carte del codice Atlantico (Milano, Biblioteca Ambrosiana) e il secondo redatto intorno al 1503-1504 nel codice di Madrid 8936, è possibile trovare conferme o formulare ipotesi in merito alle letture predilette e agli interessi di studio del più importante artista della Milano del Rinascimento.

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LEONARDO DA VINCI, Libretto d’appunti

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Cod. Triv. 2162 (riproduzione della p. 59).

La biblioteca di Leonardo

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La storia collezionistica del Libretto d’appunti Dopo la morte di Leonardo da Vinci, il Libretto d’appunti fu lasciato in eredità all’allievo Francesco Melzi, che lo segnò con la lettera F. Insieme ad altri autografi del maestro, alla fine del XVI secolo entrò in possesso dello scultore Pompeo Leoni. Nel 1632 fu acquistato dal conte Galeazzo Arconati, che lo donò nel 1637 alla Biblioteca Ambrosiana, ma che lo riprese in seguito in cambio di un altro autografo vinciano, il manoscritto D. Le tracce del codice si perdono poi fino alla metà del Settecento, quando don Carlo Trivulzio (1715-1789), raffinato erudito milanese e appassionato raccoglitore di codici, lo acquistò dal cavaliere novarese Gaetano Caccia in cambio di «un orologio d’argento di ripetizione» usato. Il lungo cammino percorso dal codice Trivulziano attraverso i secoli, passando per le mani di diversi possessori, è documentato dall’assetto codicologico attuale, che presenta alcuni fascicoli rilegati capovolti e la perdita, prodottasi già in età antica, di una decina di carte.

Infatti, la moderna paginazione a inchiostro rosso corre da 1 a 102, per un totale di 51 fogli, ma le più antiche cartulazioni a inchiostro bruno, ancora visibili, attestano una precedente consistenza di almeno 62 fogli. La legatura, antica ma non originaria, fu più volte ricucita al blocco delle carte. Nel 1935 il Comune di Milano acquistò da Luigi Alberico Trivulzio gran parte delle collezioni artistiche e librarie raccolte nel corso dei secoli dalla nobile famiglia milanese. Le raccolte librarie dei Trivulzio, proprio con il nome di Biblioteca Trivulziana, furono annesse al preesistente Archivio Storico Civico e collocate al Castello Sforzesco, nel Cortile della Rocchetta, dove tuttora si trovano. Tra i cimeli di maggior pregio entrò così a far parte del patrimonio dell’odierno Istituto di conservazione anche il celebre Libretto d’appunti di Leonardo. L’autografo vinciano tornava così, dopo oltre quattrocento anni, negli ambienti che ancora ricordano la presenza di Leonardo a Milano alla fine del Quattrocento.

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LEONARDO DA VINCI, Libretto d’appunti

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Cod. Triv. 2162 (riproduzione della p. 27, rilegata al contrario).

La biblioteca di Leonardo

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Il codice Trivulziano di Leonardo digitalizzato Il Libretto d’appunti di Leonardo da Vinci è stato oggetto di una iniziativa di valorizzazione, ideata e sviluppata dalla Biblioteca Trivulziana grazie al finanziamento di Bank of America Merrill Lynch nell’ambito dell’Art Conservation Project 2012. Con la realizzazione di questo progetto è possibile offrire ai visitatori, attraverso postazioni di consultazione dedicate, una modalità di fruizione digitale del manoscritto, che – nel pieno rispetto delle esigenze di tutela e conservazione dell’originale – consente non solo di sfogliarlo virtualmente in diverse condizioni di luce e di scoprirne la struttura codicologica, ma anche di avere informazioni di base sui suoi contenuti e di visualizzare le ricostruzioni 3D di alcuni schizzi vinciani in esso presenti. Il progetto è stato affidato alla società novarese Haltadefinizione, che ha realizzato per l’occasione immagini in altissima risoluzione, acquisendole in diverse condizioni di luce (frontale, radente, in retroilluminazione), con un metodo a basso

impatto energetico, testato e validato nei laboratori dell’Istituto Centrale per la Conservazione ed il Restauro e già utilizzato in occasione delle riprese dell’Ultima Cena di Leonardo. L’applicativo per la consultazione del manoscritto digitalizzato prevede due distinte modalità d’indagine. La prima, più agile e per pagine affiancate, consente lo ‘sfogliamento’ virtuale del manufatto riprodotto in dimensioni pari a quelle dell’originale, con la possibilità ulteriore di una navigazione per temi significativi. La seconda modalità, denominata LAB, più articolata e complessa, permette di concentrare l’attenzione sulle singole pagine, visualizzabili sia con luce normale sia con luce radente, con la possibilità di rotazione verticale e resa speculare. L’ingrandimento delle singole pagine in modalità full screen, grazie anche a uno zoom molto potente, permette di apprezzare anche i più remoti dettagli del tratteggio vinciano.

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LEONARDO DA VINCI, Libretto d’appunti

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Cod. Triv. 2162 (riproduzione della p. 59, a luce radente).

La biblioteca di Leonardo

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La selezione dei materiali e i criteri espositivi Questa esposizione riunisce attorno al codice Trivulziano una selezione di esemplari di antiche edizioni a stampa relative a opere che possono identificarsi con alcuni dei titoli citati da Leonardo nello stesso manoscritto e nei codici Atlantico e Madrileno. I volumi in mostra, per quanto non necessariamente corrispondenti alle edizioni davvero lette e possedute da Leonardo, costituiscono nondimeno un repertorio evocativo della sua ricca biblioteca personale e rappresentativo dei suoi interessi di studio e di lettura. La scelta è stata condotta all’interno del patrimonio della Biblioteca Trivulziana nel rispetto di alcuni criteri fondamentali. In primo luogo per ogni opera citata da Leonardo è stata individuata un’edizione la cui data di stampa fosse congruente con l’evoluzione degli interessi culturali di Leonardo e, più in particolare, con la testimonianza dei vari elenchi-inventari che ci lasciano memoria della sua collezione personale di volumi: a partire proprio dalla succinta lista di libri a pagina 3 del codice Trivulziano (5 titoli, ca. 1487-1490), cui si ricollegano i più ampi inventari

autografi del codice Atlantico, f. 559r (40 titoli, ca. 1490-1492, o leggermente più tardi, ca. 1495) e del codice di Madrid 8936, ff. 2v-3r (116 titoli, ca. 1503-1504). In secondo luogo, sono stati privilegiati, ove disponibili (e compatibili con le titolazioni, sia pur approssimative e abbreviate, delle liste autografe), i volgarizzamenti alle versioni latine, essendo note le difficoltà di lettura e comprensione del più antico idioma da parte di Leonardo, per sua stessa definizione «omo sanza lettere». Infine, la preferenza per le edizioni a stampa, rispetto a esemplari manoscritti, è stata dettata dalla volontà di rappresentare realisticamente una raccolta di volumi d’uso, di costo accessibile e di agevole reperimento sul mercato librario nei secoli passati, sebbene sia sempre opportuno ipotizzare in una biblioteca di epoca rinascimentale la presenza di copie manoscritte, soprattutto per alcuni ambiti disciplinari. Per l’allestimento, si è scelto di ricorrere a una articolazione tematica, raggruppando i volumi secondo alcuni ambiti disciplinari, ordinando così idealmente gli altrimenti ‘caleidoscopici’ elenchi di libri di Leonardo.

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LEONARDO DA VINCI, Libretto d’appunti

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Cod. Triv. 2162 (riproduzione della p. 3).

A pagina 3 Leonardo scrive «Donato, Lapidario, Plinio, Abacho, Morgante».

La biblioteca di Leonardo

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Gli interessi letterari di Leonardo Nelle vetrine di questa sezione espositiva si offre una scelta di opere corrispondenti agli interessi propriamente letterari di Leonardo. Alla generica menzione «Petrarcha», che si ritrova nella sola lista di libri del codice Atlantico, corrisponde in mostra l’edizione del Canzoniere e dei Trionfi di Francesco Petrarca (Milano, 1473). Nel corso della vita Leonardo risulta essersi dedicato in particolare allo studio di qualcuno dei Trionfi, dal momento che tra i suoi fogli di appunti se ne ritrovano alcune frammentarie trascrizioni. Per esempio, dal Trionfo d’Amore (I, vv. 67-68) è presa la citazione «Di qui appocho tempo tu ‘l saprai […]» (codice Atlantico, f. 195r). Similmente, Leonardo si esercitò a più riprese nella copia e trascrizione di brani stralciati dalle Metamorfosi di Ovidio, ricordate nell’inventario madrileno della sua libreria personale con rinvio forse al volgarizzamento edito a Venezia nel 1497 a cura di Giovanni Bonsignore. Sicuramente però le Metamorfosi erano a lui note sin dal periodo sforzesco in una delle edizioni del testo latino, come quella milanese del 1475, qui presentata.

Infatti, due consistenti citazioni e tentativi di traduzione dai libri XIII, vv. 13-15 e XV, vv. 234-236 (rispettivamente «O Greci, io non penso che miei fatti vi sieno d[a raccon]tare, però che voi li avete veduti […]» e «O tempo, consumatore delle chose, o antichità tu divori ciò che si vede […]») si ritrovano sullo stesso f. 195r del codice Atlantico, che ospita anche la trascrizione del Trionfo petrarchesco I, vv. 67-68. Tuttavia, il classico ovidiano dovette costituire fonte di ispirazione intellettuale e artistica sino agli ultimi anni di vita di Leonardo, se è vero, come molti studiosi ritengono, che l’icastica immagine del sommovimento di flutti marini nella tempesta fomentata da Eolo, descritta nel libro I, v. 262, è stata ripresa sia in un testo del 1515 circa nel Ms G dell’Institut de France (f. 6v: «Nectunno si vedea in mezo alle acque col tridente, e vedeasi Eulo cholli sua venti ravvilupare notanti piante diradichate, miste cholle inmensse onde») sia in un coevo spettacolare disegno della serie dei Diluvi (Windsor, RL 12376r).

FRANCESCO PETRARCA, Canzoniere, Trionfi, [Milano], Antonio Zarotto, 1473.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. Petrarca 4, ff. [103]v-[104]r.

Nel codice Atlantico Leonardo scrive «Petrarcha».

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PUBLIUS OVIDIUS NASO, Metamorphoses, Milano, Filippo da Lavagna, 5 VI 1475.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. A 109, ff. [146]v-[147]r (riproduzione del f. [147]r).

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Ovidio Metamorfoseos».

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Gli interessi letterari di Leonardo Questa sezione prosegue con un’interessante edizione illustrata, contenete un’opera da identificarsi con un titolo più volte ricorrente nelle liste autografe di Leonardo: si tratta della versione volgare in versi, con testo latino a fronte, delle Favole di Esopo (Verona, 1479). Nell’inventario madrileno Leonardo cita l’opera sia come «Favole d’Isopo» sia come «Isopo in versi», e forse ne possedeva pure una versione in francese: «Isopo i‹n› lingua francosa». Non a caso, si tratta di una fonte leonardesca considerata dagli esperti (con la Historia naturalis di Plinio e l’Acerba di Cecco d’Ascoli) come un serbatoio di spunti per il cosiddetto Bestiario di Leonardo nel Ms H dell’Institut de France (ca. 1494). Persino l’illustrazione che si è scelto qui di presentare ben dimostra l’influenza di questa fonte nel suggestionare la fantasia dell’artista nella rappresentazione, sia letteraria sia figurativa, del mondo animale. La selezione di opere che documentano gli interessi letterari di Leonardo si chiude con tre interessanti esempi della passione dell’artista-scienziato per la letteratura cortigiana e di intrattenimento, genere nel quale egli stesso si

distinse per una notevole produzione durante il suo periodo sforzesco. La menzione «Burchiello» è sicura attestazione del possesso di un’edizione dei sonetti del poeta toscano Domenico di Giovanni, soprannominato il Burchiello, in ragione della definizione che lui stesso dà dei propri componimenti poetici come «sonetti alla burchia», ovvero «alla piratesca». Da quest’opera Leonardo trasse sicuramente spunto, per esempio, nello scrivere facezie e indovinelli. Altrettanto precisa è la menzione «Gieta e Biria», che rimanda al poemetto in ottave così intitolato, scritto a quattro mani da Filippo (detto Ghigo) Brunelleschi e Domenico da Prato, sulla base del testo teatrale del commediografo Vital de Blois. L’operetta, qui esposta nell’edizione veneziana del 1477-1478, dovette godere al tempo di un discreto successo, se persino Machiavelli ne attesta puntuale conoscenza. Infine, di stretta pertinenza milanese, i «Sonetti di meser Guasparri Bisconti» sono da identificare con i Ritmi (Milano, 1493) del poeta e condottiero sforzesco Gasparo Visconti, noto per essere stato anche amico e committente di Bramante.

BURCHIELLO, Sonetti, Venezia, Antonio da Strà, 24 VII 1485.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. C 36, ff. e2v-e3r.

Nel codice Atlantico Leonardo scrive «Burchiello». Nel codice di Madrid «Sonetti del Burchiello».

GHIGO BRUNELLESCHI, DOMENICO DA PRATO, Geta e Birria, [Venezia, nel Beretin Convento, 1477-1478].

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. B 196, f. a1r.

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Gieta e Biria».

GASPARO VISCONTI, Ritmi, Milano, [Antonio Zarotto, post 26 II 1493].

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. C 188, ff. a2v-a3r.

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Sonetti di meser Guasparri Bisconti».

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AESOPUS, Aesopus moralisatus, trad. it. Accio Zucco, Verona, Giovanni e Alberto Alvise, 26 VI 1479.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. D 113, ff. k2v-k3r (riproduzione del f. k2v).

Nel codice Atlantico Leonardo scrive «Isopo». Nel codice di Madrid «Favole d’Isopo».

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Architettura civile e militare Il De re aedificatoria di Leon Battista Alberti, ultimato nel 1452, anno di nascita di Leonardo, deve essere stato noto all’artista nell’editio princeps del 1485 sin dal periodo della sua permanenza a Milano (ca. 1482-1499), anche se l’opera risulta citata per la prima volta solo nella più tarda lista del codice di Madrid: «Batista Alberti in architettura». Leonardo potrebbe averne inizialmente ricevuto una copia in consultazione da Luca Fancelli, suo conoscente attivo a Milano, che era stato collaboratore dell’Alberti a Mantova. L’importanza del magistero albertiano per l’evoluzione intellettuale di Leonardo è stata universalmente rilevata. Il grande umanista-architetto rappresentò, infatti, per l’artista-ingegnere ‘illetterato’ di Vinci un ineguagliabile modello di riferimento, per la raffinata padronanza concettuale e linguistica che Leon Battista aveva dispiegato nella sua copiosa produzione di trattati, avidamente collezionati e letti da Leonardo (che possedeva anche il De navi e i Ludi mathematici e conosceva sicuramente il De pictura, gli Elementa picturae e il De statua). Sono soprattutto i libri IV e V del De re aedificatoria, dedicati alla fondazione di una nuova città, a essersi sedimentati nel pensiero architettonico e urbanistico di Leonardo, al punto che alcuni studiosi hanno ipotizzato che svariati suoi

progetti per una ‘città ideale’ (principalmente quelli raccolti nel Ms B dell’Institut de France, ca. 1487-1489) possano costituire una diretta risposta di Leonardo ai corrispondenti dettami albertiani. L’arrivo di Leonardo a Milano, per porsi al servizio di Ludovico il Moro, segna tuttavia anche un intensificarsi della sua attività progettuale nei campi dell’ingegneria bellica e dell’architettura militare, dando seguito proprio a quelle prerogative di valente maestro dell’arte della guerra, che erano state promesse nella celebre lettera di presentazione del codice Atlantico (f. 1082r) al belligerante patrono per ottenerne l’ingaggio a corte, più come tecnico militare che come artista o architetto civile. In conseguenza di ciò, anche le letture di Leonardo si indirizzano in parte sulle inerenti tematiche. Esplicita è per esempio la citazione, nel solo inventario madrileno, di un «Cornazano de re militari», con la precisazione «l’a Gug‹li›elmo de’ Pazi» (chiaro riferimento a un volume dato in prestito), che è certamente il poema Dell’arte militare di Antonio Cornazzano, già intellettuale alla corte di Francesco Sforza e autore di una Sforzeide. La prima edizione del poema in terzine, come da colophon, fu stampata a Venezia nel novembre del 1493.

LEON BATTISTA ALBERTI, De re aedificatoria, Firenze, Nicolò di Lorenzo, 29 XII 1485.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. B 198, ff. π1v-a1r.

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Batista Alberti in architettura».

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ANTONIO CORNAZZANO, Dell’arte militare, Venezia, Cristoforo de’ Pensi, ed. Piero Benagli, 8 XI 1493.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. B 40, f. a1r (riproduzione del f. a1r).

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Cornazano de re militari, l’a Gug‹li›elmo de’ Pazi».

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Tra storia e filosofia Delle opere rappresentate in questa sezione tematica, due risultano già menzionate nella lista di libri del codice Atlantico. Si tratta delle Deche di Livio (prima, terza e quarta; poi citate anche nell’inventario del codice di Madrid), qui nella prima delle edizioni quattrocentesche del testo volgarizzato (Roma, 1476) e di «Iustino», ovvero l’epitome che Marco Giuniano Giustino scrisse degli Historiarum Philippicarum Libri XLIV di Pompeo Trogo, che probabilmente Leonardo lesse nel volgarizzamento a cura di Girolamo Squarzafico (Venezia, 1477). Al compendio di Giustino, peraltro, Leonardo fa esplicito e polemico riferimento in un brano annotato su un suo più tardo foglio di studi anatomici (Windsor, RL 19084r, ca. 1511-1513): «Come fecie Giusstino, abreviator delle storie scritte da Troco Pompeo. Il quale scrisse ornatamente tuti li ecelletti fatti delli sua antichi, li quali eran pieni di mirabilissimi ornamenti; e così conpose una cosa inuda, ma sol degnia d’i‹n›gegni inpatienti». Gli altri due incunaboli in mostra rinviano a titoli presenti nel solo codice Madrileno. La «Clonicha del mondo» è verosimilmente il Supplementum chronicarum di Iacopo Filippo Foresti, ovvero la

(Venezia, 1491), opera di compilazione largamente desunta da diverse fonti precedenti, tra cui la Genealogia deorum del Boccaccio. L’incunabolo è aperto ai ff. 82v-83r, che ospitano due suggestive xilografie con vedute prospettiche di Milano e Pavia, nel loro aspetto urbanistico ancora pienamente medievale, quasi due ‘istantanee’ di località lungamente e ripetutamente frequentate da Leonardo. Il De civitate Dei di Agostino, che circolava volgarizzato sin dal 1476-1478, si ritrova menzionato anche in altre carte di Leonardo, a riprova di un suo interesse duraturo per il capolavoro teologico-politico del vescovo di Ippona. Sembra, tuttavia, che già al tempo del soggiorno sforzesco Leonardo ne avesse consultato una copia. Infatti, in un suo breve cenno sul f. 399r del codice Atlantico («Non po essere belleza e utilità, chome apare nelle forteze e nelli omini ‹?›»), databile al 1490 circa, si è riconosciuto un riferimento al libro XII, cap. 24 del trattato agostiniano. L’artista si procurò per sé una copia dell’opera solo più tardi, come lascerebbe sospettare la menzione nel codice di Madrid.

Chronica de tutto el mondo vulgare qui esposta

TITUS LIVIUS, Historiae Romanae decades, trad. it., Roma, apud S. Marcum [Vitus Puecher], 1476.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. A 15, ff. [8]v-[9]r.

Nel codice Atlantico Leonardo scrive «Deca prima; Deca terza; Deca quarta». Nel codice di Madrid «Prima decha di Livio; Terza decha; Quarta decha».

MARCUS IUNIANUS IUSTINUS, Epitome in Trogi Pompei historias, trad. it., Venezia, Giovanni da Colonia e Johann Manthen, IX 1477.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. B 154, f. a2r.

Nel codice Atlantico Leonardo scrive «Iustino».

AURELIUS AUGUSTINUS, De civitate Dei, trad. it., [Firenze o Venezia, Antonio Miscomini, ante 1483].

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Mor. Inc. B 3, ff. g9v-g10r.

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Agosstino De civitate Dei».

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IACOBUS PHILIPPUS BERGOMENSIS, Supplementum chronicarum, trad. it. Francesco C., Venezia, Bernardino Rizzo, 8 X 1491.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. A 88, ff. 82v-83r (riproduzione del f. 82v).

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Clonicha del mondo».

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L’amore per le scienze e la natura I primi tre volumi esposti in questa sezione corrispondono a titoli elencati da Leonardo nell’ultimo inventario autografo della sua biblioteca personale, quello del codice di Madrid, a documentare un’espansione dei suoi interessi di studioso e bibliofilo all’aprirsi del nuovo secolo, in direzione di nuove conoscenze nei campi di indagine e sperimentazione che più lo occupavano e appassionavano, di ambito scientifico e naturalistico. Per «Arimetricha di maestro Luca» Leonardo intende senz’altro la Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità (Venezia, 1494) del matematico Luca Pacioli, frate francescano di Borgo Sansepolcro, che al suo arrivo a Milano nel 1496 stabilì un duraturo sodalizio con l’artista, desideroso di esercitarsi sui testi euclidei, di cui Pacioli era erudito conoscitore. Come è noto, la loro collaborazione culminò nel 1498, quando Leonardo approntò le splendide illustrazioni dei poliedri platonici per il maggiore trattato dell’amico, il De divina proportione. La Summa, citata nell’elenco di Madrid, risulterebbe invero conosciuta, se non addirittura posseduta, da Leonardo già dal 1495, subito dopo la sua pubblicazione, come dimostrano alcuni suoi appunti in manoscritti di quel tempo, incentrati sulla teoria delle proporzioni.

In linea con i suoi interessi geo-cartografici e matematico-proporzionali è anche la presenza nella sua libreria di una «Prospettiva comune», che è sicuramente la Perspectiva communis di John Peckham, qui esposta nell’edizione del principio degli anni Ottanta del Quattrocento, con commentario di Fazio Cardano. Già dal 1490 Leonardo entrò in contatto con il Cardano, che probabilmente gli fece da tramite per l’accesso a questo testo di teoria prospettica. La «Fisonomia di Scoto» citata nel codice di Madrid allude invece al Liber physiognomiae del filosofo scozzese Michael Scot (qui nell’edizione di Colonia databile al 1495), un breve testo di teoria fisiognomica la cui menzione nell’inventario madrileno lascia supporre come l’appassionato esercizio di Leonardo nella rappresentazione figurativa dei più disparati tipi somatici, nei suoi famosi disegni di teste caricaturali o grottesche, trovasse anche fondamento nella trattatistica medievale diffusa al suo tempo. Questa sezione tematica si chiude con riferimento a uno dei cinque titoli appuntati nella piccola lista del codice Trivulziano: la Historia naturalis di Plinio, fondamentale testo paradigmatico del naturalismo antico, che resterà costante punto di riferimento per Leonardo nel corso della sua vita.

IOHANNES PECKHAM, Prospectiva communis, [Milano], Pietro da Corneno, [1482-1483?].

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. B 121, ff. a6v-a7r.

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Prospettiva comune».

MICHAEL SCOTUS, Liber physiognomiae, [Colonia, Ulrich Zell, ca. 1495].

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. C 243/1, ff. a2v-a3r.

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Fisonomia di Scoto».

CAIUS PLINIUS SECUNDUS, Historia naturalis, trad. it. Cristoforo Landino, Venezia, Nicolas Jenson, 1476.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. A 121, f. [21]r.

Nel codice Trivulziano Leonardo scrive «Plinio». Nel codice Atlantico «Plinio». Nel codice di Madrid «Plinio».

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LUCA PACIOLI, Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità, Venezia, Paganino de’ Paganini, 10-20 XI 1494.

Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Inc. B 78, ff. 60v-61r (riproduzione del f. 60v).

Nel codice di Madrid Leonardo scrive «Arimetricha di maestro Luca».

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I contenuti della mostra e la digitalizzazione integrale del codice Trivulziano 2162 sono disponibili in rete: http://graficheincomune.comune.milano.it/GraficheInComune/bacheca/bibliotecadileonardo

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Milano Civica Stamperia

Ottobre 2015