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BIBLIOTECA Pietro Gibellini (ed.) La Bibbia nella letteratura italiana VI Dalla Controriforma all’Età napoleonica O

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BIBLIOTECA

Pietro Gibellini (ed.)

La Bibbianella letteratura italiana

viDalla Controriformaall’Età napoleonica

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LA BIBBIA NELLA LETTERATURA ITALIANA

1. Dall’Illuminismo al Decadentismo2. L’età contemporanea3. Antico Testamento4. Nuovo Testamento5. Dal Medioevo al Rinascimento6. Dalla Controriforma all’Età napoleonica

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LA BIBBIANELLA LETTERATURA ITALIANA

Opera diretta da Pietro Gibellini

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Dalla Controriformaall’Età napoleonica

a cura di Tiziana Piras e Maria Belponer

MORCELLIANA

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© 2017 Editrice MorcellianaVia Gabriele Rosa 71 - 25121 Brescia

Prima edizione: ottobre 2017

www.morcelliana.com

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm), sono riservati per tutti i Paesi.Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di pe-riodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana n. 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org.

ISBN 978-88-372-3065-4

Litos s.r.l - Via Pasture, 3 - 25040 Gianico (BS)

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Paolo Quazzolo

GOLDONI SACRO

1. Goldoni autore sacro

Nella cospicua produzione goldoniana, spazio modesto occupano i componimenti di argomento sacro. Uomo non particolarmente dedi-to alle pratiche religiose, il commediografo veneziano ha ritratto con mano felice il mondo borghese a lui contemporaneo, descrivendo so-prattutto gli aspetti sociali, i vizi e le virtù della classe media, i proble-mi che quotidianamente affollavano la vita di metà Settecento. In que-sto quadro così variegato, la tematica religiosa è quasi del tutto assente e, anzi, l’autore non ha mai dimostrato di credere che nelle vicissitudini umane possa intervenire, in alcun modo, una volontà sovrannaturale. Questo non autorizza a sostenere che Goldoni fosse uomo senza fede: più volte nelle sue opere ha avuto modo di dichiararsi credente, come avviene ad esempio nella Cabala:

La mia Cabala dunque veritiera Sopra l’F ammirai risponder Fede: Fede è dell’uom felicità primiera. Infelice è colui che nulla crede; Oppresso è in vita dai rimorsi in seno, E dell’orror al capezzal s’avvede. [...] Dir: col corpo morrà lo spirito anch’esso, Non solo è falsità chiara e patente, Ma l’amor proprio vi rimane oppresso1.

Appare chiaro, in questi versi, che per l’autore veneziano la fede era l’aspirazione a una forma di vita serena, tranquilla, in pace con se stesso, dove i sentimenti religiosi non dovevano essere regolati da leg-gi terrene. D’altra parte, nel suo teatro, l’autore non ha mai posto i vizi

1 Carlo Goldoni, La Cabala. Zibaldone detto dall’Autore nell’Accademia degl’Industriosi eretta in casa de’ Signori Conti Cataneo in Venezia, in Tutte le opere di Carlo Goldoni, xiii, a cura di Giuseppe Ortolani, Milano, Mondadori, 1943-1955, p. 652.

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o le virtù dei personaggi in diretto rapporto con la fede: i protagonisti delle sue commedie agiscono in modo assolutamente indipendente ri-spetto a qualsiasi forma di credo e, addirittura, sembra che la società si muova e pensi senza mai porsi problemi di natura religiosa. E an-che quando talora i personaggi, venendosi a trovare in situazioni estre-me, invocano l’aiuto delle forze sovrannaturali, ciò avviene in termini esclusivamente teatrali. Non a caso la parola “Dio” è sostituita quasi sempre dal termine molto più vago “numi”, che non presuppone ne-cessariamente un significato religioso. Afferma infatti Ginette Herry:

Il est certain que Goldoni pratique, sans excès, la religion catholique: com-ment porrai-il faire autrement dans sa ville et en son siècle?[...] Le monde comique de Goldoni est rigourosement sans Dieu, sans Ciel, et pas seulement pour des raisons de censure; il est contruit à deux dimensions seulement, celle de l’homme et celle du monde2.

A conferma del rapporto che Goldoni aveva con la fede e, soprattut-to, con i rappresentanti delle istituzioni religiose, basti rileggere alcuni passi dei Mémoires, come quello in cui, ancora giovane e in viaggio verso Chioggia, incontra sul battello un religioso che, fingendo di vo-lerlo confessare, gli sottrae abilmente i danari in suo possesso3; oppure, più avanti, lo spassoso racconto di un amore giovanile per una ragazza posta sotto l’interessata custodia delle monache4. È ben noto che molti passi dei Mémoires sono frutto di invenzione o amplificazione di fatti accaduti in modo del tutto diverso, ma è innegabile che descrizioni come quelle ricordate pongono il mondo religioso sotto una vaga luce boccaccesca.

Da quanto scritto appare evidente che il riferimento alla fede, ai te-sti sacri e a tutto quanto costituisce la spiritualità non supera una serie di luoghi comuni che vedono nel borghese un uomo onesto, lavoratore, responsabile delle proprie azioni e timorato di Dio. Nelle pur numero-se commedie di Goldoni, è dunque inutile ricercare temi o personag-

2 Ginette Herry, Goldoni: le ciel vide, le théâtre et le monde, in Religione t culture dans la cité italienne de l’Antiquité à nos jours, Strasbourg, Université de Strasbourg, 1981, p. 159. «È certo che Goldoni pratica, senza eccessi, la religione cattolica: come potrebbe fare altrimenti nella sua città e nel suo secolo? Il mondo comico di Goldoni è rigorosamente senza Dio e senza Cielo, e non solamente per ragioni di censura; è costruito su due sole dimensioni, quella dell’uomo e quella della società».

3 Vedi Carlo Goldoni, Mémoires, in Tutte le opere di Carlo Goldoni, cit., i, Premiere Partie, cap. xiv, pp. 59-63.

4 Ivi, cap. xix, pp. 86-92.

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gi ispirati alle fonti bibliche, e anche la sua produzione librettistica, contrariamente a quanto solitamente accadeva all’epoca, non appare sensibile ad argomenti suggeriti dalle Sacre Scritture.

Eppure, il vasto catalogo delle opere goldoniane rivela che l’auto-re veneziano, nel corso della sua esistenza, ha messo più volte mano a componimenti di argomento religioso. Si tratta di lavori per lo più d’occasione, talora commissionati da uomini influenti, ispirati da ri-correnze religiose, svolti in occasione di particolari eventi quali mo-nacazioni e, in generale, scritti per diplomatica convenienza sociale. Può forse stupire che la prima opera in assoluto data alle stampe dal giovane Goldoni sia un Quaresimale in epilogo del Padre Giacomo Cataneo, pubblicato a Udine nel 1726 dallo stampatore Gianbattista Fongarino. L’occasione è del tutto curiosa: nel 1725 il giovane Carlo viene espulso dal Collegio Ghislieri di Pavia a seguito di uno scandalo causato da un componimento satirico – il perduto Colosso – contro le giovani pavesi. Tornato a Chioggia, ove al tempo risiedeva la sua fami-glia, Carlo, assieme al padre, si reca a Udine. Profondamente turbato da quanto avvenuto, deciso a redimersi e a dare buona impressione di sé al padre e alla società udinese, egli pone mano a questo Quaresimale in cui riassume, in trentotto sonetti, altrettante prediche pronunciate da padre Giacomo Cataneo: sorta di atto penitenziale per riabilitare se stesso, ma anche componimento attraverso il quale vengono rivissuti alcuni episodi dei Vangeli. E, curiosamente, tra i sonetti della raccolta, spicca il xxxii, Delle lagrime di Maddalena, in cui il pentimento della protagonista consente alla donna non solo di ottenere il perdono del Si-gnore, ma anche di conquistare «un cuor ma più innocente»5. Evidente riferimento a se stesso, ma anche interessante preannuncio di un tema – quello del pentimento della Maddalena, appunto – che qualche anno più tardi diverrà argomento di un Oratorio sacro. «Scrivere i trentotto sonetti fu dunque per Carlo chiedere perdono, far penitenza, consolarsi e farsi coraggio»6. Penitenza che ottenne il suo effetto, se è vero che il padre Giulio si assunse le spese della pubblicazione.

Non è questo il luogo ove analizzare i numerosi altri scritti goldo-niani di argomento sacro, non fosse altro perché essi non costituiscono rivisitazione delle Sacre Scritture, quanto piuttosto una serie di medi-tazioni sulle ricorrenze religiose e sul proprio modo di vivere la fede.

5 Carlo Goldoni, Il Quaresimale in epilogo di padre Giacomo Cataneo, in Tutte le opere di Carlo Goldoni, cit., xiii, p. 66.

6 Ginette Herry, Carlo Goldoni. Biografia ragionata, Tomo i, Venezia, Marsilio, 2007, p. 79.

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Vanno comunque ricordati, per lo meno, I riti e le cerimonie nella ve-stizione dell’abito monacale, ossia le Stanze per la monacazione della nobil donna Marina Falier, componimento in versi alquanto modesto, che ha tuttavia il pregio di restituirci l’imponenza e l’importanza che cerimonie di questo genere avevano presso la società settecentesca: una sorta di rito collettivo cui tutte le classi sociali partecipavano. An-cora La visita delle sette Chiese, devozione offerta a Dio dal Goldoni in occasione di una sua visita a Roma nel 1760: anche questo è un componimento ispirato in occasione di una “vestizione”, quella di Te-resa Milesi. Lavoro di scarsa qualità, ma interessante per la spontaneità e per le inedite immagini con cui Goldoni descrive se stesso nell’atto di prostrarsi all’altare per chiedere la comunione, nel salire faticosa-mente ginocchioni la Scala Santa, o «Movendo il pie’ colla Corona in mano / Per il lungo, fangoso, arduo cammino»7. E infine la Settimana Santa, ottave in dialetto veneziano composte nel 1760 in occasione della “professione” di Teresa Milesi, in cui rivive l’antica spiritualità di Venezia e le tradizioni religiose della settimana che precede la Pasqua.

2. Magdalenae conversio

Due soli sono i lavori di genere drammatico per i quali Goldoni ricorse alle fonti bibliche: un oratorio in lingua latina dal titolo Magda-lenae conversio e l’azione sacra L’unzione del reale profeta Davidde8. Per quanto esempi isolati nella vasta produzione del commediografo veneziano, tuttavia questi due componimenti non ci devono troppo me-ravigliare: essi infatti si collocano con assoluta naturalezza all’interno della vasta messe di oratori e drammi sacri prodotti in ambito venezia-no a cavallo tra Sei e Settecento. È infatti ben nota la vivacità musicale nella Venezia del tempo, la presenza di numerosi compositori di spic-co, nonché l’esistenza di una committenza ben disposta che richiedeva costantemente nuovi prodotti di tale genere.

L’Oratorio Magdalenae conversio viene composto nel 1739 ed ese-guito probabilmente il 22 luglio dello stesso anno dal coro dell’Ospe-

7 Carlo Goldoni, La visita alle sette chiese, in Tutte le opere di Carlo Goldoni, cit., xiii, p. 513.8 Magdalenae conversio venne pubblicato una prima volta a Venezia da anonimo editore

(forse lo stesso autore) nel 1739 e in seguito nel 1934 nel xxxiii volume dell’Edizione del Muni-cipio di Venezia; L’unzione del reale profeta Davidde fu pubblicato a Venezia da Pitteri nel 1759 e nel Tomo xxxvi dell’edizione Zatta (1794); in seguito è apparso nell’Edizione del Municipio di Venezia.

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dale dei Mendicanti di Venezia. La musica è opera del maestro Giusep-pe Giacomo Saratelli9. Non sappiamo chi sia stato il committente di questo lavoro, ma è molto probabile che lo stesso Ospedale dei Mendi-canti – secondo una tradizione ampiamente diffusa presso queste opere laiche di misericordia – avesse richiesto ai due giovani autori la com-posizione del pezzo sacro. Allo stesso tempo, è molto probabile che l’Ospedale avesse pure suggerito il tema, dal momento che numerose istituzioni di questo genere erano poste sotto la protezione della Mad-dalena, la cui festa veniva al tempo celebrata, appunto, il 22 luglio, con l’esecuzione di un oratorio.

È probabile che Goldoni, all’epoca giovane autore ancora in cerca di un’affermazione definitiva, avesse accettato l’incarico per motivi di ordine economico e per convenienze diplomatiche, ma non è escluso, come suggerisce Françoise Decroisette, che l’autore «l’abbia scritta anche per convinzione religiosa giovanile, e con una devozione sincera di cui abbiamo ancora tracce negli ulteriori scritti per monacazioni»10. Comunque stiano le cose, Goldoni si pone nel folto numero di autori che, sin dall’epoca della Sacra rappresentazione medioevale, si erano confrontati con il tema della Maddalena: infatti in ogni epoca la con-versione della peccatrice era stata capace di suscitare emozioni profon-de e di divenire un mezzo di facile presa per indurre le masse alla peni-tenza e alla fuga dal peccato. Senza risalire troppo indietro nel tempo, in Italia settentrionale e in area veneta in particolare, troviamo negli ultimi decenni del Seicento numerosissimi componimenti drammatici che hanno per tema la Maddalena. E non è da escludere che lo stesso Goldoni avesse avuto occasione di assistere all’esecuzione di qualcu-na di queste opere. Che il commediografo veneziano nutrisse tuttavia un particolare interesse verso la figura della santa, ci è testimoniato da almeno due episodi letterari particolarmente vicini nel tempo. In-nanzitutto il già ricordato Quaresimale in epilogo del 1726, all’interno del quale trova spazio un sonetto dedicato alle lacrime della santa; in secondo luogo i Sonetti sacri a norma de’ punti evangelici dal celebre predicatore Don Nicolò Maria Bona proposti e provati dal pulpito di

9 Giuseppe Giacomo Saratelli (o Seratelli, Padova 1714 - Venezia 1762) fu dapprima organista nella Basilica di S. Antonio da Padova. Nel 1736 venne nominato organista provvisorio a San Mar-co e nel 1739 maestro del coro del Conservatorio di San Lazzaro dei Mandicanti. Nel 1741 divenne vice maestro di cappella a San Marco, ottenendo poi nel 1747 la titolarità del ruolo nella medesima Basilica. Di lui, oltre all’oratorio Magdalene conversio, si ricordano alcune cantate e motteti.

10 Françoise Decroisette, I semi della riforma nel Goldoni sacro: l’oratorio Magdalene Con-versio (1739), in «Problemi di critica Goldoniana», xv (2009), p. 262.

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S. Zaccaria di Venezia nella Quaresima del 1737, ove l’autore tratta il tema della penitenza. La predica xxxii è intitolata Della penitenza coll’esempio di Maria Maddalena. La Maddalena si pentì, ove Gol-doni dà una nuova prova del suo interesse verso questo personaggio.

Di respiro completamente diverso è, naturalmente, l’oratorio, sia per l’estensione del componimento, sia per l’articolazione del raccon-to. Il libretto è suddiviso in due parti di lunghezza pressoché uguale e nel suo alternarsi tra arie, recitativi e parti assegnate al coro, non si discosta dai canoni allora in voga per i componimenti di questo genere. Le fonti d’ispirazione più autorevoli sono i Vangeli: in tutti quattro è infatti nominata una Maddalena appartenente al gruppo delle pie don-ne. Ma è nel Vangelo secondo Luca (8,2), che si legge di una Maria detta Maddalena – quindi, forse da intendersi come originaria di Mag-dala – liberata dagli spiriti maligni:

In seguito se ne andava egli di città in città e di villaggio in villaggio, predi-cando e annunziando la buona novella del regno di Dio, mentre i Dodici erano con lui, come pure alcune donne che erano state liberate da spiriti maligni e da malattie: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, procuratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni11.

Dall’espressione «liberata da sette demoni» nacque la leggenda di una Maddalena liberata dal peccato e in seguito dedita a una vita di pe-nitenza e santità. A questa immagine si sovrappone quella trasmessaci dalla liturgia latina, che ha voluto identificare questa Maddalena, forse arbitrariamente, con l’anonima peccatrice di cui ci parla lo stesso Luca (7,36-50) nel celebre passo in cui una donna piangente lava i piedi di Gesù con le lacrime e li asciuga con i propri capelli. E la stessa donna viene infine identificata con Maria di Betania, sorella di Marta e di Lazzaro (Luca 10,38-42). In verità, gli esegeti per lo più respingono tali identificazioni, riconoscendo in Maria Maddalena esclusivamente la pia donna alla quale appare il Cristo risorto.

Ma, nell’immaginazione popolare, Maria Maddalena è soprattutto la donna di cui ci parla a lungo Jacopo da Varagine12 nella sua celebre

11 Luca 8,1-3.12 Jacopo da Varazze o Giacomo da Varagine (1228-1298) fu frate domenicano, arcivescovo

di Genova e agiografo. La Legenda Aurea è una raccolta di vite dei santi che l’autore iniziò a scrivere verso il 1260. Dell’opera sopravvivono circa 1400 codici manoscritti, a testimonianza della sua enorme diffusione e importanza.

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Leggenda Aurea. Dopo una rapida genealogia della santa, il da Va-ragine narra la vita corrotta della Maddalena, ponendola in contrasto con quella morigerata dei fratelli Marta e Lazzaro. In un secondo mo-mento si assiste alla conversione della peccatrice la quale, rapita dalla voce di Gesù, accorre a lavargli i piedi con le proprie lacrime. Infine si accenna brevemente alla presenza della Maddalena sotto la croce e al suo incontro con il Cristo dopo la resurrezione. Frutto evidente di un’abile commistione tra parti diverse dei Vangeli ed elementi inven-tati, tuttavia il racconto contenuto nella Leggenda Aurea è divenuto punto di riferimento sia per l’immaginario popolare, sia per le innu-merevoli drammatizzazioni della storia della Maddalena. E lo stesso Goldoni non sembra del tutto immune da tale tradizione: anche nel suo Magdalenae conversio si mescolano elementi ora di provenien-za evangelica, ora mutuati da Varagine, che testimoniano sostanzial-mente la sua fedeltà a uno stereotipo tramandatosi nei secoli. E, come nei numerosi oratori di fine Seicento, anche nel Goldoni ritroviamo i consueti tre personaggi principali: Maddalena la peccatrice, Marta la sorella giudiziosa che gestisce la casa e Lazzaro il fratello milite che viene resuscitato da Gesù. Scompaiono viceversa numerosi personaggi secondari posti a rappresentare il mondo corrotto in cui si muove la Maddalena, abilmente riassunti in un personaggio di medioevale me-moria, quell’Hostis infernalis che si presenta quale biblico tentatore della debolezza umana, forse citazione dei sette demoni presenti nel Vangelo di Luca.

Ma nell’oratorio goldoniano appaiono alcuni elementi di assoluta novità. Innanzitutto la presenza sulla scena di Gesù, figura che nei pre-cedenti oratori barocchi era solo evocata; e, in secondo luogo, la cen-tralità della figura della Vergine, alla quale è attribuito il ruolo catartico nella conversione della Maddalena, contrariamente a quanto avveniva nei lavori precedenti che riservavano questa funzione a Marta. Tutto ciò contribuisce a infondere ai personaggi del componimento un carat-tere più realistico e, allo stesso tempo, a renderli più vicini all’ascol-tatore. Non a caso la descrizione che Marta ci offre di Gesù prima del suo ingresso in scena è quella di un «ritratto stereotipato secondo le rappresentazioni pittoriche popolari nelle quali Cristo appare giovane, con capelli d’oro, viso bianco, occhi scintillanti»13. La stessa Madda-lena non è più la peccatrice tante volte ritratta dagli autori precedenti,

13 Françoise Decroisette, I semi della riforma nel Goldoni sacro, cit., p. 268.

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ma appare piuttosto come una giovane popolana dal carattere vivace e talora ingenuo. E il suo concetto dell’amore non è quello peccaminoso e lascivo su cui tanti autori hanno voluto calcare la mano, quanto piut-tosto un inedito e spontaneo sentimento capace di accomunare univer-salmente tutti gli esseri viventi.

L’aspetto più nuovo in questa interpretazione goldoniana della Mad-dalena, è tuttavia costituito dal fatto che l’autore, forse volendo prende-re le distanze dai componimenti seicenteschi, volle alleggerire l’aspetto miracolistico e meraviglioso della conversione, soprattutto «negando la centralità del tema delle lagrime»14, facendo quindi dell’eroina biblica un personaggio dai tratti meno teatrali e più sentitamente umani.

La parte conclusiva dell’oratorio introduce un’ultima novità rispet-to il consueto topos drammaturgico: una serie di allusioni alla Passione di Cristo e il desiderio espresso dalla Maddalena, nell’ultima sua aria, di poter essere assunta in Cielo al fianco di Cristo, la trasformano da peccatrice redenta a donna prediletta, assegnando a questa figura fem-minile un ruolo del tutto nuovo all’interno della tradizione cattolica. Una interpretazione estremamente moderna e per alcuni aspetti ardita, che può trovare eco in alcune riletture contemporanee fatte del ruolo della Maddalena nei confronti di Gesù.

Resta da commentare l’uso del latino che in Goldoni è del tutto ec-cezionale. Anche in questo caso si può ipotizzare che la lingua sia stata imposta dalla committenza. I risultati ottenuti non sono tra i migliori e in buona parte si può condividere l’opinione di Giuseppe Ortolani secondo cui «il suo povero latino non è al di sopra delle cognizioni d’un dottor di legge di quei tempi»15. Ben lontano, sia nel lessico che nelle costruzioni sintattiche dalle forme accademiche, Goldoni utilizza un latino di immediata comprensione, riuscendo tuttavia a mescolare con abilità espressioni tratte dalla liturgia romana con altre provenienti dai brani evangelici, quasi a fornire testimonianza di una solida co-noscenza delle fonti trattate. L’oratorio Magdalenae Conversio, ben lungi dall’essere un capolavoro, appartiene al periodo di apprendistato del Goldoni, gli anni tra il 1734 e il 1743, in cui il giovane autore, al servizio dei teatri di Michele Grimani, cercava una propria via, spe-rimentando linguaggi tra i più diversi: dalla tragedia all’intermezzo, dalla commedia a soggetto al melodramma, sino alle cantate e agli ora-tori. Nonostante tutto, un lavoro, secondo il parere della Herry, di cui

14 Ibidem.15 Tutte le opere di Carlo Goldoni, cit., vol. xii, p. 1199.

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il Goldoni «poteva essere soddisfatto [...] con sette personaggi tra cui Judas Iscariote e un demonio tentatore inseriti in un’azione drammati-ca ben condotta»16.

3. L’unzione del reale profeta Davidde

Vent’anni separano la stesura dell’oratorio Magdalenae conversio da quella dell’Azione sacra L’unzione del reale profeta Davidde, che vide la luce a Roma, nel 1759. Dedicata al cardinale Gioachino Porto-carrero che ospitò il Goldoni durante un suo soggiorno nella città pa-pale, questa azione sacra non ebbe molta fortuna. Sappiamo infatti che a Roma non conobbe alcuna esecuzione e solo in seguito Goldoni, tor-nato a Venezia, chiese al giovane maestro romano Antonio Boroni17 di musicarla. L’esecuzione ebbe luogo nel marzo del 1760, a spese dello stesso autore e con l’aiuto di cantanti e strumentisti che parteciparono benevolmente all’iniziativa, per onorare così l’amico commediografo divenuto ormai celebre18.

È lo stesso Goldoni, ne L’autore a chi legge, a indicarci la fonte bi-blica da cui trasse ispirazione per questo componimento drammatico: «Nel primo Libro de’ Re, al Capo 16, sta registrata l’azione ch’io ho scelto per argomento della presente Operetta spirituale»19. In verità la vicenda si trova nel Primo Libro di Samuele 16,1-13, ma i due libri di Samuele e i due dei Re, che formano un blocco compatto, nella versio-ne dei Settanta e nella Vulgata di san Gerolamo venivano menzionati come i quattro libri dei Re, denominazione destinata a restistere alme-no fino all’Ottocento.

L’azione sacra è suddivisa in due parti di simile estensione, la pri-ma strutturata in dieci scene, la seconda in nove. La vicenda, tra le

16 G. Herry, Carlo Goldoni, cit., pp. 310-311.17 Antonio Boroni (o Buroni, Roma 1738-1792) parente e maestro di Clementi, lavorò a

Venezia tra il 1763 e il 1766. In seguito fu a Praga con una compagnia di musici. Dopo un nuovo soggiorno a Venezia, nel 1771 successe a Jommelli nel ruolo di maestro di cappella del duca di Württemberg a Stoccarda. Nel 1778 si stabilì a Roma, ove divenne maestro di cappella in San Pietro. Fu autore di una quindicina di melodrammi (alcuni su libretto di Goldoni), di alcune mes-se, cantate, motteti e sinfonie.

18 La notizia è riferita da Gaspare Gozzi nell’articolo apparso sulla «Gazzetta Veneta» del 29 marzo 1760. Nell’articolo è riferito, tra l’altro, che si esibirono con vivo successo, in qualità di cantanti, Teresa Colonna, Marianna Mangini detta la Padovana, Teresa Everardi, Cecilia Maublan e Giuseppe Baldini.

19 Tutte le opere di Carlo Goldoni, cit., vol. xii, p. 919.

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più note della Bibbia, viene riproposta dal Goldoni con particolare fe-deltà soprattutto nella prima parte del componimento, laddove il pro-feta Samuele riconosce tra gli otto figli di Isai il nuovo re di Israele. La seconda parte, viceversa, pur ispirandosi all’episodio famoso della lotta tra Davide e il gigante Golia (Samuele i 17), in verità propone una rivisitazione del racconto biblico, posticipando l’unzione di Da-vide alla vittoria di questi su Golia. La scelta è di ordine strettamente drammaturgico, volendo l’autore rafforzare agli occhi del pubblico la predestinazione di Davide: la miracolosa vittoria del giovane figlio di Isai prima sul leone e poi sul temibile guerriero Filisteo è infatti segno inconfutabile della volontà divina, tanto da convincere definitivamente Samuele e tutti gli astanti che il predestinato da Dio è proprio il giova-ne Davide. Peraltro la scelta drammaturgica di posporre gli episodi è annunciata dallo stesso Goldoni ne L’autore a chi legge: «Quantunque questi due fatti si leggano posteriori all’unzione del Reale Profeta, in ogni modo penso che non sia disdicevole ad un tale componimento un simile anacronismo»20. Il che rivendica, da parte dell’autore, anche la volontà di porsi in modo autonomo rispetto l’autorevole fonte, riser-vandosi la possibilità, ai fini teatrali, di intervenire, laddove necessario, sul dettato biblico.

I pochi giudizi che la critica ha espresso su questo componimento goldoniano non sono lusinghieri, in quanto in esso viene riconosciuto un lavoro frettoloso, d’occasione e scritto più per omaggiare il dedi-catario che non per un intimo convincimento personale. Resta tuttavia indubbio che si tratta di un’opera, certamente modesta, ma di autore maturo, padrone quindi del mestiere, abile nella tecnica drammaturgi-ca, capace di gestire con decoro le varie situazioni sceniche. Come già nel precedente Magdalenae conversio, anche nell’Unzione del reale Profeta Davidde Goldoni – fedele a una concezione ormai consolidata della sua drammaturgia –, tende a trasferire su un piano più realistico i personaggi biblici, togliendo loro distacco e ieraticità, e avvicinandoli così alla platea. Non è quindi casuale che, nella generale piattezza e semplificazione che contraddistingue quasi tutti i personaggi, emerga-no di più le figure portatrici degli umani difetti, che non quelle desti-nate a rappresentare il piano divino. E infatti Eliabo e Abinadar, i due fratelli maggiori di Davide, paiono i meglio caratterizzati, il primo nel suo anelito a divenire re, il secondo nell’astuta dissimulazione delle

20 Ivi, p. 920.

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proprie mire al potere. Il profeta Samuele viceversa, ricondotto su un piano più umano perde buona parte della sua forza drammaturgica, e lo stesso si può dire di Isai che non va oltre a generici sentimenti di meraviglia e soddisfazione per quanto sta accadendo al figlio predi-letto. D’altra parte, è lo stesso Goldoni che, ancora una volta, spiega la scelta drammaturgica: «Per adornare l’azione di qualche intreccio e di qualche carattere, acciò non sia solamente un Oratorio da recitare sedendo, ma possa con qualche diletto de’ spettatori essere ancora rap-presentato, immaginai la gara di due fratelli di Davide ambiziosi del trono, con diverso animo a procacciarselo intenti»21. La conclusione di questa azione sacra, tuttavia, rientra nella più tradizionale casistica del lieto fine, ove tutte le tessere del mosaico tornano al loro posto: i fratelli ambiziosi si sottomettono alla volontà divina e riconoscono nel loro giovane fratello il futuro re d’Israele.

Uno degli elementi di maggiore distacco di questo componimento rispetto alla fonte biblica è certamente lo scarso peso che viene dato alla figura di Saul, il predecessore di Davide ripudiato da Dio perché disobbediente. Sebbene il cuore di questa azione drammatica sia l’un-zione di Davide, tuttavia nel racconto biblico questa è posta in diretta contrapposizione con il regno di Saul. Goldoni viceversa non si spinge oltre alcuni generici accenni pronunciati da Samuele, eliminando così qualsiasi elemento di contrapposizione tra Saul e il suo successore.

Si accennava, sopra, ai giudizi negativi che i pochi commentatori hanno espresso su questo lavoro goldoniano: Giuseppe Ortolani so-steneva che «oggi nulla resta da ammirare nell’Unzione del reale pro-feta Davidde [...] nessuna scena più ci commuove e la poesia è tutta morta»22; mentre per Luigi Falchi «quest’oratorio [...] rappresenta uno sforzo mal riuscito per cantare l’unzione di un re, e nel medesimo tem-po, per manifestare sentimenti religiosi»23. Unico giudizio positivo è quello manifestato, all’epoca della prima esecuzione, da Gaspare Goz-zi, sulla «Gazzetta Veneta» del 19 marzo 1760: «Molti squarci morali e felicemente espressi trovansi nell’Oratorio del sig. Goldoni, e l’azione è guidata da suo pari, come nell’altre sue opere»24. Che tuttavia il lavo-ro fosse di modesta portata e che lo sforzo non riuscito di avvicinarsi a

21 Ivi, p. 919.22 Ivi, p. 1200.23 Luigi Falchi, Intendimenti sociali di Carlo Goldoni, Roma, Società Editrice Dante Ali-

ghieri, 1907, p. 11.24 Cito da Tutte le opere di Carlo Goldoni, cit., p. 1200.

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una tematica a lui così lontana fosse motivato esclusivamente da ragio-ni di convenienza, lo testimonia Goldoni stesso il quale, significativa-mente, scrive nella premessa: «Dello stile, con cui l’opera è scritta, non parlo. Ciascuno lo conosce bastantemente, e sa che io non soglio al-zarmi più di così. L’ho fatto per obbedire: contento di avere contribui- to all’opera meritoria di chi con tanto zelo s’impegna per la Dottrina Cristiana, nel di cui nuovo Tempio dovrà essere la presente Azione in Venezia rappresentata»25.

L’azione sacra goldoniana riconduce, inevitabilmente, a un altro lavoro, ben più celebre e di valore assai diverso, il Saul di Vittorio Alfieri. Composta ventitré anni più tardi (1782), la tragedia alfieriana s’ispira al medesimo passo biblico cui era ricorso il Goldoni. Diversa è tuttavia l’impostazione data da Alfieri alla vicenda, non solo perché in questo caso il protagonista è il vecchio re Saul, ma soprattutto perché si tratta di un lavoro lontano da qualsiasi intendimento religioso e nel quale domina il dramma psicologico incentrato sulla complessa e con-trastante personalità del protagonista. Se nell’oratorio goldoniano la fi-gura di Saul è pressoché ignorata, viceversa nella tragedia dell’Alfieri il personaggio di Davide è non tanto l’antagonista, quanto colui che si fa portatore di valori diametralmente opposti a quelli rappresentati dal re d’Israele. Il dramma della vecchiaia vissuto da Saul è infatti acuito dalla giovinezza e dalla bellezza di Davide; la certezza del proprio ine-vitabile declino e le ossessioni legate alle congiure di palazzo, si con-trappongono all’entusiasmo con cui Davide è acclamato dal popolo, che vede in lui la salvezza dai Filistei; l’incapacità di Saul di instaurare un rapporto con i propri figli, si contrappone alla capacità di Davide nel trovare un’intesa con Gionata e Micol. Ma soprattutto ciò che si consuma sulla scena alfieriana è il dramma del potere, l’inevitabile contrapposizione tra colui che, per volontà divina, diverrà il nuovo re d’Israele e Saul il quale, punito da Dio per i propri errori, vede escluso dalla successione al trono il figlio Gionata. Un tema, quello dell’eredi-tarietà del potere, particolarmente vivo nel corso del Settecento, e che trova in Alfieri uno degli interpreti più acuti.

Appare chiara, dunque, la profonda diversità tra le due opere, non solo e non tanto per la qualità drammaturgica, quanto soprattutto per i contenuti: da un lato un’opera d’occasione, scritta quale atto di gra-titudine verso un personaggio potente; dall’altro il lavoro di un autore

25 Ivi, p. 920.

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ateo che nel racconto biblico vede non l’opportunità per una riflessione a carattere religioso, ma la fonte autorevole in cui sono mirabilmen-te descritte le debolezze dell’animo umano. Si tratta sostanzialmente di un uso profondamente diverso della medesima fonte, che nel caso dell’Unzione diviene traccia da seguire abbastanza fedelmente per dare vita a un lavoro che nulla aggiunge (ma forse qualcosa toglie) al dettato biblico; nel caso del Saul, viceversa, la fonte sacra, seppure trattata con maggiore libertà – eppure profondamente studiata dall’autore all’atto della stesura della tragedia – diviene il punto di partenza per lo studio di un carattere, per delle riflessioni di ordine politico, per un insegna-mento morale da impartire, attraverso il mezzo biblico, alla società tardo settecentesca.

Due lavori profondamente diversi, che tuttavia danno testimonian-za, a noi lettori dell’età contemporanea, del vivo interesse che le te-matiche bibliche erano capaci di suscitare anche in autori scarsamente religiosi. E attraverso tali tematiche, ancora una volta, si concretizza l’antico ruolo del teatro: quello di divenire specchio implacabile dei mali che affliggono la società e mezzo privilegiato per ricondurre gli uomini verso una condotta morale più rigorosa.

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SOMMARIO

introduzione di Tiziana PirasBibbia e letteratura dalla svolta tridentina alla Rivoluzionefrancese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

ennio FerraglioLa Bibbia in volgare nella prima età moderna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

1. Un nuovo testo per nuovi lettori, 39 - 2. Le Bibbie volgarizzate nel con-testo culturale del Cinquecento italiano, 43 - 3. La Bibbia all’Indice, 47

Simona morando - myriam ChiarlaLa Bibbia nella prima lirica barocca, da Torquato Tasso ad An-gelo Grillo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

1. Premessa, 55 - 2. La Bibbia fonte di narrazione, di storia e di epos, 56 - 3. La via epico-narrativa di Chiabrera: la Bibbia come testo dell’Antico, 60 - 4. Marino e il variare lirico su traccia biblica, 64 - 5. L’amplificazione emotiva: la Bibbia matrice dell’affectum movere, 67

edoardo ripari«Nei divini libri al servizio del nostro intelletto». La Bibbia nel-l’opera di Giordano Bruno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

1. La Bibbia nella rilettura di Bruno, 77 - 2. «Cinerem tamquam panem manducabam». La Cena tra veritas e lex, 81 - 3. Genesi 1 : «del metafori-co e vero», 84 - 4. Libri di verità: Giobbe e l’Ecclesiaste, 89 - 5. L’«organo degli organi»: torsione della fonte e superamento del paradigma giudaico-cristiano, 95

patrizia FarinelliLe salmodie di Tommaso Campanella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

1. Premessa, 103 - 2. «Canto, lodo, descrivo», 104 - 3. Il salmodiare cam-

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panelliano, 112 - 4. Nel senso dell’imitatio e del rinnovamento, 125 - 5. Il sistema e le sue fughe, 126

paSquale guaragnellaPaolo Sarpi teologo e l’«affissione alle divine scritture» . . . . . . . . . 129

1. La Vita del Padre Paolo, 129 - 2. La Bibbia dei Pensieri, 137 - 3. Sarpi e il Nuovo Testamento nella polemica con il cardinale Bellarmino, 152 - 4. L’Istoria del Concilio Tridentino e la Bibbia, 158

alFredo damanti«Levar la repugnanza della Scrittura». Galileo Galilei e la Bibbia . . 167

1. Galileo e i libri, 167 - 2. Galileo e la Sacra Scrittura, 169 - 3. La questio-ne della lingua, 172 - 4. L’interpretazione, 175 - 5. Il Libro della Legge, 187

Sabrina StroppaLe mistiche e la Bibbia del Seicento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191

1. La Bibbia in latino come Bibbia interdetta?, 191 - 2. Salmi e Cantico come voce del cuore, 199 - 3. I Salmi come memoria quotidiana, 204 - 4. Latitanze e presenze del testo biblico, 213

gabriele SCaleSSaInsegnare, muovere, dilettare. Il ruolo della Bibbia nell’eloquen-za sacra di Paolo Segneri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219

1. Premessa, 219 - 2. La Bibbia nella biografia di Segneri, 220 - 3. La Bib-bia nelle prediche di Segneri, 223 - 4. Un esempio di utilizzo delle Sacre Scritture: la rappresentazione della regione infernale, 228 - 5. Bibbia e sapere scientifico, 230

giorgio ForniFederico Della Valle e la Bibbia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235

1. Tra politica e spiritualità, 235 - 2. La «martire reina», 238 - 3. Ester e Iudit, 248

erminia ardiSSinoI poemi biblici dal Barocco all’Arcadia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261

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1. Il contesto, 261 - 2. Bibbia in veste eroica ed epica, 265 - 3. Poemi sacri, 274 - 4. Poemi (semplicemente), 279 - 5. Altri generi, 283

FeliCe milaniIl poema «Iesus puer» di Tommaso Ceva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291

1. Tommaso Ceva e le sue osservazioni intorno alla poesia, 291 - 2. Trama e stile del poema Iesus puer, 294 - 3. Funzione dei Vangeli apocrifi e della letteratura patristica e agiografica nella trama del poema, 299 - 4. Tradi-zione letteraria e riferimenti biblici nel Iesus puer, 302 - 5. L’intreccio di modelli biblici e profani nella rielaborazione fantastica di Ceva, 304

giovanna zanlonghiLa tragedia biblica nella riflessione e nella drammaturgia italia-na fra Sei e Settecento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309

1. Morte e tragedia cristiana, 309 - 2. Morte del corpo e salvezza dell’ani-ma: la riflessione sulla tragedia nel Seicento italiano, 310 - 3. La Gezabele di Giuseppe Gorini Corio: la tragedia del rifiuto, 316 - 4. Padre Granelli e Il Manasse, re di Giuda: la tragedia della conversione, 324

marCo bizzariniL’usurpatrice Atalìa nelle tragedie sacre in musica . . . . . . . . . . . . . . . 333

1. Premessa, 333 - 2. L’azione sacra per musica Joaz di Apostolo Zeno e la Bibbia, 334 - 3. Un confronto tra le partiture musicali di Antonio Caldara e di Benedetto Marcello, 347

alberto beniSCelliLa Bibbia nella letteratura libertina: Genesi i,8, tra riscritture,parodia, secolarizzazione del sacro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 357

1. «Un sentiero lastricato di ghiaccio», 357 - 2. A immagine di Eva: sedu-zione e misoginia, 359 - 3. «Vite di Adamo», un dibattito tra gli Incogniti, 366 - 4. Casanova e la bella teologa, 374 - 5. Tradizione mosaica: narra-zioni e impostura, 381 - 6. Crescite et multiplicamini: la matrice e i diluvi, 388 - 7. Altre genesi, 395

vinCenza perdiChizziGli oratori sacri di Metastasio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401

1. Forma poetica e impegno politico dell’oratorio di Metastasio, 401 - 2.

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Il paradigma del buon sovrano, 404 - 3. Sogni e favole di fronte al Vero, 411 - 4. Adattamento delle Sacre Scritture negli oratori, 414

Filippo SaniIl tema delle tentazioni nella spiritualità settecentesca . . . . . . . . . . . 421

1. Un palinsesto spirituale, 421 - 2. Gian Pietro Pinamonti e le tentazioni, 426 - 3. Giovanni Battista Scaramelli e le tentazioni, 428 - 4. Sant’Alfon-so e le tentazioni, 431

maria belponerIl peccato originale nel pensiero di Vico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 437

1. Lo stato postedenico, 437 - 2. La castità di Adamo e la caduta, 442 - 3. Pudor e legislazione, 444 - 4. Verso la Scienza nuova, 448 - 5. Il dibattito giusnaturalistico, 452

paolo quazzoloGoldoni sacro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 455

1. Goldoni autore sacro, 455 - 2. Magdalenae conversio, 458 - 3. L’unzio-ne del reale profeta Davidde, 463

alberto CadioliLa Bibbia in versi tra Sette e Ottocento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 469

1. Premessa, 469 - 2. Le traduzioni della Bibbia di Saverio Mattei, 471 - 3. Le traduzioni del Libro di Giobbe e del Cantico de’ Cantici, 475 - 4. Traduzioni poetiche della Bibbia nell’Ottocento, 480

Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 493

Indice dei luoghi biblici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 513

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Questo volume completa l’opera che per la prima volta esamina sistematica-mente l’eredità biblica nella letteratura italiana. Dei sei volumi che la com-pongono, due sono strutturati per temi e dedicati rispettivamente alle riprese dall’Antico e dal Nuovo Testamento, mentre quattro tracciano un percorso sto-rico-letterario dal Medioevo ai giorni nostri. Le pagine del presente volume coprono l’arco cronologico che conduce dall’età della Controriforma all’av-vento di Napoleone, dunque dal secolo barocco alla stagione neoclassica e preromantica. La traumatica frattura dell’Europa cristiana tra cattolici e lute-rani comporta, tra le sue conseguenze epocali, anche un confronto con il Libro sacro, con i problemi della tradizione e della rivelazione, della traduzione e dell’interpretazione. Ma si guarda alla Bibbia anche come fonte d’ispirazione per la scrittura creativa e i suoi messaggi, tra derive ereticali e pedagogia orto-dossa, tra slanci devozionali, ripensamenti etici, criticismo razionalista. I capi-toli, affidati a diversi studiosi, trattano singoli scrittori e generi pluriautoriali. Si va dalle Bibbie in volgare della prima età moderna per arrivare alle Bibbie verseggiate tra Sette e Ottocento, passando attraverso la lirica di Tasso, Grillo e Marino, Bruno, Campanella, Sarpi, Galileo, le mistiche, Segneri, Della Valle, i poemi biblici, Ceva, la tragedia sacra, il teatro in musica, le parodie scritturali dei libertini, la spiritualità settecentesca, Vico, Metastasio, Goldoni. Spesso rimossa e sempre riemergente, la Bibbia torna a manifestare, all’alba del Romanticismo, il fascino del «meraviglioso cristiano» e la forza di una perenne attualità.

Tiziana Piras insegna Letteratura italiana all’Università di Trieste. Ha pubblicato stu-di su autori dell’Ottocento e del Novecento quali Leopardi, Fogazzaro, D’Annunzio, Saba, Montale. Si è occupata del rapporto tra Bibbia e scrittori e ha già contribuito alle opere in più volumi pubblicate da Morcelliana Il mito nella letteratura italiana e La Bibbia nella letteratura italiana.

Maria Belponer ha conseguito il Dottorato di ricerca all’Università Ca’ Foscari di Venezia e insegna latino e greco al Liceo classico Arnaldo di Brescia. Ha pubblicato studi di carattere critico e curato le edizioni commentate di D’Annunzio, Alcyone, e di Pascoli, Poemi conviviali. I suoi studi indagano il rapporto tra letteratura italiana e classici antichi. Ha già contribuito alle opere in più volumi pubblicate da Morcelliana Il mito nella letteratura italiana e La Bibbia nella letteratura italiana.

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ISSN 1828-8324

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Pietro Gibellini (ed.)

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ISBN 978-88-372-3065-4

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