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I.T.I.S. "Antonio Meucci" di Roma Il regime sinusoidale a cura del Prof. Mauro Perotti Anno Scolastico 2009-2010

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Il regime sinusoidale

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Sommario

1. Elementi di base ....................................................................................................3 2. Il resistore .............................................................................................................3 3. Il condensatore .....................................................................................................4 4. L'induttore ............................................................................................................5 5. Aspetti energetici ..................................................................................................5 6. Segnali...................................................................................................................9

6.1 Segnale a gradino...................................................................................... 10 6.2 Segnale a rampa........................................................................................ 10 6.3 Segnale sinusoidale.................................................................................... 11 6.4 Segnale triangolare.................................................................................... 11 6.5 Segnale ad onda quadra ............................................................................ 12

7. Il valore efficace .................................................................................................. 12 8. Il valore efficace dei segnali periodici canonici – Approfondimento –..... 13

8.1 Valore efficace di un segnale sinusoidale alternato....................................... 13 8.2 Valore efficace di un segnale ad onda quadra alternato................................ 15 8.3 Valore efficace di un segnale ad onda triangolare alternato .......................... 15 8.4 Valore efficace di un segnale periodico non alternato ................................... 16

9. I circuiti in regime sinusoidale ........................................................................... 17 9.1 La funzione sinusoidale .............................................................................. 17 9.2 Rappresentazione vettoriale delle grandezze sinusoidali ............................... 21

9.2.1 Il metodo simbolico................................................................................................. 22 9.3 Somma di due grandezze sinusoidali - Approfondimento - ............................ 25

10. I componenti passivi lineari in regime sinusoidale..........................................26 10.1 Il resistore............................................................................................... 26 10.2 Il condensatore........................................................................................ 27 10.3 L'induttore............................................................................................... 28

11. Circuiti serie.......................................................................................................29 11.1 Circuito RC serie ...................................................................................... 29 11.2 Circuito RL serie....................................................................................... 31 11.3 Circuito RLC serie..................................................................................... 32 11.4 Osservazioni conclusive ............................................................................ 34

12. Circuiti parallelo................................................................................................34 12.1 Circuito RC parallelo................................................................................. 35 12.2 Circuito RL parallelo ................................................................................. 36 12.3 Circuito RLC parallelo ............................................................................... 38 12.4 Osservazioni conclusive ............................................................................ 39

13. Circuiti serie-parallelo.......................................................................................39

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1. Elementi di base

Una rete elettrica è costituita da più componenti variamente collegati fra loro. Ognuno di questi componenti presenta un comportamento elettrico che è possibile descrivere in modo analitico - cioè per mezzo di un'equazione – e in modo grafico.

Una proprietà molto importante dei circuiti elettrici è la linearità. E' importante sapere se una rete è lineare in quanto, in tal caso, è possibile studiarne gli effetti (dovuti a più eccitazioni indipendenti) separatamente sommandoli poi, algebricamente, per ottenere la risposta complessiva. Ad ogni rete lineare, in altri termini, si può applicare il principio della sovrapposizione degli effetti. E ciò semplifica notevolmente, sotto l'aspetto matematico, l'analisi di una rete. La linearità di una rete può essere verificata anche sperimentalmente: è sufficiente applicare al suo ingresso un segnale sinusoidale verificando se, in uscita, è ancora presente un segnale sinusoidale isofrequenziale.

Ma quando possiamo affermare che una rete elettrica è lineare? Quando tutti i componenti in essa presenti sono lineari. E quando un componente elettrico è lineare? Quando i parametri che lo caratterizzano sono indipendenti dai valori della tensione e della corrente che lo interessano.

Da un punto di vista grafico la linearità di un componente elettrico è esprimibile per mezzo di una curva caratteristica rettilinea. La figura 1 illustra il caso di un componente non lineare. In figura 2, invece, è mostrata la caratteristica di un componente lineare.

I componenti elettrici possono anche dipendere dal tempo. Consideriamo, ad esempio, il caso di un resistore. Se oggi la misura della sua resistenza ci restituisce un valore di 1000Ω e domani di 1010Ω diremo che esso è un resistore tempo-variante. Quei componenti i cui parametri non dipendono dal tempo si dicono tempo-invarianti.

2. Il resistore

Il resistore è quel componente elettrico per il quale vale la seguente definizione: ad ogni valore di tensione v applicato ai suoi capi corrisponde un valore i di corrente in esso circolante. Inoltre, per v = 0 si

ha i = 0. In altri termini il comportamento di un resistore è descritto da una curva matematica nel piano IV passante per l'origine degli assi.

Il resistore lineare e tempo-invariante possiede un comportamento esprimibile con la relazione:

(1) v(t) = R i(t)

dove il parametro R rappresenta la grandezza fisica resistenza la cui unità di misura è l' ohm [Ω]. La

proprietà di linearità del resistore impone che il parametro R non deve dipendere dai valori assunti da i e

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da v. La proprietà di tempo-invarianza, invece, richiede che il parametro R non debba dipendere dal tempo.

Se definiamo con G l'inverso di R la precedente relazione può scriversi nella forma:

(2) i(t) = G v(t)

dove il parametro G rappresenta la grandezza fisica conduttanza la

cui unità di misura è il siemens [S]. Le considerazioni espresse per

R in relazione alla linearità ed alla tempo-invarianza valgono anche

per G.

Un resistore reale non è mai ideale. La corrente che in esso circola, infatti, produce (per effetto joule) un aumento della temperatura e, conseguentemente, un aumento della resistenza. Si viene così ad avere una dipendenza di R da i.

Anche un diodo può essere considerato un resistore non lineare. La sua caratteristica nel piano IV, infatti, passa per l'origine degli assi (vedi figura 3).

3. Il condensatore

Il condensatore è un componente costituito da una coppia di conduttori, o armature, separati da un isolante (o dielettrico). Se si applica una d.d.p. tra le armature le cariche si separano concentrandosi sul bordo che è a contatto con il dielettrico. Si viene così a costituire un campo elettrico tra le due armature e l'energia elettrostatica accumulata dal condensatore si viene a localizzare nel materiale dielettrico interposto tra esse.

Il legame tra la quantità di carica presente sulle armature e la d.d.p. ai loro capi è, istante per istante, descritto dalla relazione:

(3)

dove il parametro C rappresenta la grandezza fisica capacità la cui unità di misura è il farad [F]. Le

considerazioni espresse per R in relazione alla linearità ed alla tempo-invarianza valgono anche per C. La relazione (3), analogamente a quella che rappresenta un resistore, è anch'essa una curva passante per

l'origine degli assi nel piano QV.

Consideriamo ora un condensatore lineare e tempo-invariante ai capi del quale vi è la d.d.p. v (vedi figura 4). Se incrementiamo tale tensione di una piccola

quantità ∆ν si avrà, corrispondentemente, un incremento della quantità di carica:

(4)

dividiamo primo e secondo membro per l'intervallo di tempo ∆t in cui avviene tale variazione di tensione. Si ottiene:

(5)

passando alle variazioni infinitesime e ricordando la definizione di corrente elettrica:

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la (5) può essere riscritta come:

(6)

che mette in relazione la corrente circolante in un condensatore con la tensione applicata ai suoi capi. Si tratta dell' equazione di funzionamento di un condensatore.

4. L'induttore

L'induttore è un componente elettrico che genera un campo magnetico quando in esso circola una corrente elettrica. L'energia elettrica assorbita dall'induttore è immagazzinata nel campo magnetico prodotto.

L'induttore è un componente bipolare capace di presentare, istante per istante, un flusso di induzione magnetica Φ(t) legato alla corrente i(t) in esso circolante da una curva che passa per l'origine degli assi del piano, secondo la relazione:

(7)

dove il parametro L rappresenta la grandezza fisica induttanza la cui unità di misura è l' henry [H]. Le considerazioni espresse per R in relazione alla linearità ed alla tempo-invarianza valgono anche per L.

Considerando il caso di un induttore lineare e tempo-invariante (vedi figura 5) e procedendo con considerazioni analoghe a quelle presentate per il condensatore si può ricavare l'equazione di funzionamento di un induttore:

(8)

5. Aspetti energetici

Per ciascuno dei tre componenti esaminati è possibile considerare i relativi aspetti energetici. La resistenza è un componente che non conserva l'energia che gli viene fornita dal generatore ma la dissipa trasformandola in calore. La relazione che lega la potenza, che si misura in watt [W], alla resistenza si ottiene da quella più generale:

(9)

dove, prima in luogo di i e poi in luogo di v, si è sostituita l'espressione della legge di Ohm. L'energia

elettrica, che si misura in joule [J], dissipata in un intervallo ∆t è:

(10)

nel caso di corrente continua la potenza assumerà un valore costante, istante per istante, e potremo scrivere:

(11)

se invece la corrente è variabile nel tempo dovremo sommare tutti i singoli contributi che esprimono l'energia nei singoli istanti di tempo. Quindi:

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(12)

in cui (t0,t1) rappresenta l'intervallo di tempo considerato.

Vediamo ora il caso del condensatore. L'energia posseduta da un condensatore è pari al lavoro che è stato speso per caricarlo. Supponiamo di avere un condensatore di capacità C con carica +q su

un'armatura e –q sull'altra. Per portare una piccola quantità dq da un'armatura all'altra si dovrà spendere l'energia:

13)

la differenza di potenziale v tra due punti, infatti, è il lavoro che occorre spendere per spostare, tra questi due punti, una determinata quantità di carica.

Dalla 3) possiamo scrivere:

sostituendo nella 13) si trova:

(14)

integrando questa equazione tra gli estremi q = 0 (condensatore scarico) e q = Q (quantità di carica presente tra le armature del condensatore al termine del processo di carica):

(15)

dove V indica la d.d.p. raggiunta dal condensatore dopo aver immesso sulle sue armature la carica Q.

Per ottenere la relazione che esprime l'energia immagazzinata da un induttore possiamo seguire una strada alternativa a quanto visto per il condensatore. Seguendo tale strada per il condensatore, ovviamente, otterremmo sempre lo stesso risultato (ovvero la 15).

Partiamo dalla definizione generale di potenza elettrica indicata dalla prima relazione delle (9). Sostituiamo al posto della tensione l'equazione di funzionamento dell'induttore, cioè la (8). Otteniamo:

(16)

separiamo le variabili:

integrando entrambi i membri:

il primo membro rappresenta l'energia spesa per “caricare” l'induttore. Più correttamente è l'energia spesa per costituire il campo magnetico circostante l'induttore. Sviluppando il secondo membro si ottiene:

(17)

Si osservi la dipendenza temporale di questa equazione. Ciò sta a significare che l'energia dipende dal tempo attraverso la dipendenza, dal tempo stesso, della corrente. Nel caso più generale, infatti, di

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corrente variabile, si ha che il campo magnetico prodotto dipenderà dal valore che assume in quell'istante, la corrente (causa del campo medesimo). Per ogni valore di corrente, quindi, si avrà un differente valore di energia immagazzinata nell'induttore.

Si potrebbe obiettare che, nel caso del condensatore, la relazione ottenuta (la 15) non mostra la dipendenza temporale. Ma quella relazione, infatti, rappresenta l'energia posseduta dal condensatore in un particolare istante: quando ai capi di questo vi è la d.d.p. V. Se cambia tale d.d.p. si avrà, corrispondentemente, una mutazione dell'energia immagazzinata nel dielettrico del condensatore. Più in generale, pertanto, scriveremo per il condensatore:

(18)

formalmente analoga alla 17.

Considerazioni energetiche possono essere svolte anche per i generatori indipendenti di tensione e di corrente. Limitiamoci qui al caso del generatore di tensione costante (considerazioni formalmente

analoghe potranno essere svolte per il generatore di corrente e per i generatori variabili nel tempo).

Consideriamo la figura 6. Vogliamo determinare le condizioni che deve rispettare RL affinché il generatore trasferisca al carico il massimo flusso di corrente, o la massima c.d.t. o, infine, la

massima potenza(1)

. Possiamo senza difficoltà affermare che in tale circuito vi è presenza contemporanea di tensione e di corrente per ciascuno dei tre componenti mostrati. La corrente, infatti, è costante ed eguale in ciascuno dei tre elementi. Essa vale:

(19)

Per quanto concerne la d.d.p. si può dire che ai capi del generatore vi è la tensione E ed ai capi di ciascun resistore vi è una c.d.t. facilmente determinabile con le regole già note (ad esempio con il partitore di tensione).

Ciascuno dei tre componenti, pertanto, è sede di potenza elettrica e, quindi, eroga (il generatore) o dissipa (i resistori) energia nel tempo.

E' facile determinare le condizioni di massimo trasferimento di tensione e di corrente dal generatore al carico. Se, infatti, scriviamo la relazione che esprime la c.d.t. sul carico:

(20)

si può notare che quanto più RL è grande rispetto ad Ri tanto maggiore sarà la c.d.t. sul carico. Al limite,

per RL che tende ad infinito, si ha che VRL coincide con E (che è la massima tensione disponibile ai capi del generatore). In altri termini:

(21)

E' altresì facile determinare la condizione che il carico deve rispettare per aversi il massimo trasferimento di corrente su di esso. Se, infatti, scriviamo la relazione che esprime la corrente circolante nel carico (che è poi la medesima per ciascuno dei tre elementi del circuiti essendo questi connessi in serie):

(22)

ci accorgiamo che per renderla massima occorre che il carico sia pari a zero.

1 Va precisato, a questo proposito, che la nostra variabile è RL e che E ed Ri sono costanti

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Più articolata dal punto di vista matematico risulta la condizione che deve rispettare RL per aversi il massimo trasferimento di potenza su di essa. Scriviamo la relazione che esprime la potenza ai capi del carico combinando la 20 con la 22.

23)

riscriviamo la 23 nel seguente modo:

dividiamo numeratore e denominatore per RL. Si ottiene:

Dobbiamo cercare la condizione che deve rispettare RL affinché PL sia massima. Essendo una frazione il

cui numeratore non dipende da RL è evidente che il massimo di PL si otterrà imponendo che il denominatore sia minimo. Concentriamo ora la nostra attenzione sul denominatore. Questo è formato dalla somma di due termini di cui il secondo è costante. Affinché tale somma sia minima è necessario che sia quindi minimo il primo termine della somma. Essendo questo un numero positivo (in quanto rapporto tra due numeri sicuramente positivi) il minimo valore che potrà assumere è zero. E zero lo assumerà imponendo la condizione:

(24)

Tale risultato è anche noto come teorema del massimo trasferimento di potenza o di Carson.

L'andamento di PL rispetto ad RL è riportato in figura 7. Si nota

che per RL=0 si ha una potenza trasferita al carico che è nulla (com'era lecito attendersi dal momento che in tale situazione la tensione sul carico è zero). E si nota ancora un annullamento di PL per RL che tende ad infinito (com'era lecito attendersi dal momento che in tale situazione la corrente sul carico è nulla). Il massimo valore di PL si ha, invece, per RL=Ri (RL=3, nella

simulazione riportata in figura 7 si è ipotizzata una Ri pari a 3).

Consideriamo, infine, l'andamento del rendimento del generatore. E' utile ricordare che il rendimento di una macchina elettrica è definito dal rapporto tra la potenza effettivamente trasferita al carico e quella generata. In formule:

(25)

si noti che è sempre:

(26)

dove l'uguaglianza ad 1 si ha per un carico pari ad infinito. E l'eguaglianza a zero si ha per RL=0.

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In figura 8 si può osservare l'andamento del rendimento in funzione del valore del carico. Si noti come la curva parte da zero, per RL=0 e tende ad 1 per

RL che tende ad infinito.

Si osservi, infine, che non è possibile ottenere, simultaneamente, massima potenza trasferita al carico e massimo rendimento. Nel caso, infatti, in cui si voglia trasferire al carico la massima potenza si dovrà lavorare con un rendimento del 50%. Ciò significa che il 50% della potenza generata da E è trasferito al carico e l'altro 50% viene dissipato sulla resistenza interna. Se si desidera limitare la perdita di potenza sulla resistenza interna occorrerà aumentare RL rispetto ad Ri avvicinando così il rendimento all'unità. Ma ciò comporterà un minor trasferimento di potenza sul carico.

6. Segnali

Il segnale è una grandezza elettrica variabile nel tempo utilizzata per trasportare l'informazione.

L'informazione, che ha sempre carattere di non prevedibilità(2)

, può essere contenuta nell'ampiezza di un segnale, oppure nella sua frequenza o, ancora, nella sua fase.

I segnali possono essere bipolari (fig. 9) o unipolari (fig. 10). Nel primo caso essi assumono, nel tempo, sia valori positivi che negativi. Nel secondo, invece, assumono valori di un solo segno algebrico. Si può passare da un segnale bipolare ad uno unipolare aggiungendo o sottraendo una costante (segnale costante o componente continua o, anche, offset; Vdc nel caso della fig. 10).

Un'altra caratteristica posseduta da un segnale elettrico è la periodicità. Sono periodici quei segnali che si ripetono dopo un certo intervallo di tempo, detto periodo (generalmente indicato con T). Il numero di cicli nell'unità di tempo è la frequenza (indicata con f). I segnali periodici sono descrivibili da una funzione matematica (ne sono un esempio i segnali sinusoidali, triangolari e quadri). I segnali periodici, se a valor medio nullo, sono detti alternati.

In elettronica vi sono alcuni segnali non periodici, detti canonici, estremamente utili quando si vogliono misurare le caratteristiche di un sistema non noto. Tra questi vi è il segnale a gradino e quello a rampa.

2 L’informazione, per sua natura, è sconosciuta e quindi non prevedibile. Un’informazione nota non ha più valore dal punto di vista informativo.

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6.1 Segnale a gradino

E' un segnale che sperimentalmente può essere ottenuto con una batteria ed un interruttore (vedi figura 11). Tra i punti A e B vi è una tensione eguale a zero, quando l'interruttore è aperto, ed eguale ad E, quando l'interruttore è chiuso.

Se l'interruttore viene chiuso all'istante t = 0 abbiamo che la tensione

VAB si comporterà secondo il grafico indicato in figura 12. Si definisce gradino unitario (indicato in figura 13) quel segnale che per t < 0 è nullo e per t 0 è pari ad 1.

Analiticamente lo esprimiamo in questo modo:

(27)

Il segnale di figura 12 è un gradino di ampiezza E. Analiticamente lo si può esprimere per mezzo della

u(t) nel modo:

(28)

Nella letteratura del settore il segnale a gradino viene ulteriormente distinto in segnale a gradino in salita ed in discesa. Il segnale a gradino (unitario o di ampiezza E) in salita è quello mostrato nelle figure 12 e 13. Nella figura 14 è invece mostrato il segnale a gradino unitario in discesa. Analiticamente lo esprimiamo in questo modo:

(29)

6.2 Segnale a rampa

Il segnale a rampa è definito eguale a zero, per t < 0, ed eguale a t per t > 0. Si tratta, pertanto, di una retta inclinata a 45° che interessa il primo quadrante.

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E' indicato in figura 15.

Può essere anch'essa espressa, analiticamente, in funzione del gradino unitario in salita. Ovvero:

(30)

E' possibile considerare rampe non unitarie, ovvero di pendenza differente. Esse si ottengono a partire da gradini anch'essi non unitari. Ad esempio, con un gradino di 2 volt si ottiene una rampa che per t = 0 vale 0, per t =1 vale 2, per t = 2 vale 4.

6.3 Segnale sinusoidale

Il segnale sinusoidale è tra i più usati ed importanti segnali in elettronica. Analiticamente lo rappresentiamo nel modo:

(31)

dove VM rappresenta l' ampiezza, ω la pulsazione angolare (espressa in radianti/s) e ϕ la fase (espressa in radianti). Un segnale sinusoidale è univocamente determinato quando sono noti questi tre parametri. La pulsazione angolare è legata al periodo ed alla frequenza dalle relazioni:

La figura 16 illustra un segnale sinusoidale unipolare positivo. La figura 17, invece, mostra un segnale sinusoidale alternato.

L'ampiezza, indicata in figura 17 con VM, è altresì indicata come valore massimo o valore di picco. Il valore di picco-picco, invece, corrisponde alla differenza tra il valore massimo e quello minimo.

6.4 Segnale triangolare

Il segnale triangolare alternato è mostrato in figura 18. Sostanzialmente può essere pensato come derivato dal segnale a rampa (più segmenti finiti di questo).

Analiticamente lo dobbiamo esprimere con due funzioni: una per la parte ascendente e l'altra per la parte discendente. Per il primo periodo scriveremo:

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(32)

6.5 Segnale ad onda quadra

Il segnale ad onda quadra alternato è mostrato in figura 19. Esso può essere pensato come derivato dal segnale a gradino (in salita e in discesa).

Analiticamente lo dobbiamo esprimere con due funzioni: una per il livello alto e l'altra per il livello basso. Per il primo periodo scriveremo:

(33)

7. Il valore efficace

Il valore efficace di un segnale periodico rappresenta quel valore di segnale continuo che fornirebbe, nel periodo T, la stessa energia del segnale periodico. Per poterlo ricavare dobbiamo scrivere un'equazione che rappresenti proprio tale affermazione. Consideriamo la figura 20. Nella parte destra di essa è rappresentato un generatore di tensione variabile, v(t), che alimenta un carico R.

Supponiamo, per semplicità, che v(t) sia periodico(3)

. In tale circuito il generatore trasferisce al carico, nel periodo

T, un certa quantità di energia elettrica. Ebbene, il valore efficace di v(t) corrisponde a quel valore che un generatore di tensione continua dovrebbe avere per trasferire, allo stesso carico e nello stesso tempo T, la stessa energia trasferita da v(t). Tale generatore, di valore Veff, è mostrato nella parte sinistra della figura.

Scriviamo ora la potenza istantanea trasferita al carico da v(t):

L'energia trasferita in un intervallo infinitesimo, diciamo dt, vale:

ora, per determinare l'energia trasferita dal generatore al carico per un intervallo di tempo corrispondente al periodo T, dovremmo sommare gli infiniti dw che sono presenti in un periodo.

Dobbiamo quindi integrare, tra 0 e T, entrambi i membri della precedente equazione:

3 Si può dimostrare, comunque, che anche per segnali non periodici è possibile definire – fisicamente in modo analogo – il concetto di valore efficace.

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(34)

Calcoliamo ora l'energia fornita allo stesso carico, R, nello stesso intervallo di tempo, T, dal generatore di

tensione continua Veff.

(35)

eguagliando la (34) con la (35) vogliamo imporre che le due quantità di energia sono eguali.

dalla cui eguaglianza possiamo agevolmente ricavare il valore della tensione efficace:

(36)

che rappresenta, quindi, l'espressione del valore efficace di una tensione periodica.

Nota di approfondimento

Come già accennato, è possibile determinare il valore efficace di una tensione variabile nel tempo e non periodica. Da un punto di vista concettuale la relazione alla quale si perviene la si argomenta con un ragionamento sostanzialmente analogo a quello proposto sopra per il calcolo del valore efficace di una tensione periodica. L'unica differenza consiste nella sostituzione del periodo con l'intervallo di tempo preso in considerazione. In pratica si afferma che il valore efficace di un segnale non periodico in un intervallo (t0,t1) rappresenta quel valore di segnale continuo che fornirebbe, nell'intervallo (t0,t1), la stessa energia del segnale non periodico fornita nel medesimo intervallo.

Seguendo considerazioni matematiche sostanzialmente analoghe a quelle proposte per un segnale periodico si perviene a:

(37)

8. Il valore efficace dei segnali periodici canonici – Approfondimento –

8.1 Valore efficace di un segnale sinusoidale alternato

Dimostriamo la relazione che ci consente di calcolare il valore efficace di un segnale sinusoidale alternato. Sia:

un segnale sinusoidale di ampiezza Vp e di pulsazione ω (e quindi di frequenza e di periodo ).

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Dalla definizione di valor efficace:

sostituiamo l'espressione analitica della v(t) e svolgiamo i calcoli.

dove si è portato fuori dal segno di integrazione Vp2 in quanto non dipendente da t.

Dalle formule di duplicazione:

otteniamo:

ponendo:

da cui:

essendo nullo il secondo termine del radicando, si ottiene:

Questa relazione, pertanto, ci consente di determinare direttamente il valore efficace di un segnale sinusoidale alternato a partire, esclusivamente, dalla conoscenza della sua ampiezza.

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8.2 Valore efficace di un segnale ad onda quadra alternato

Consideriamo il segnale quadro alternato di figura 19 (pag. 12) descritto analiticamente dalla (33). Sostituiamo quindi tale espressione nella (36) e svolgiamo i calcoli. Vista la discontinuità della funzione in T/2, inoltre, sarà necessario spezzare l'integrale in due parti: il primo esteso al semiperiodo (0,T/2) ed il

secondo esteso al semiperiodo (T/2,T).

Si ottiene:

essendo costante Vp2 lo possiamo portar fuori dal segno di integrazione:

Risultato che fisicamente si spiega abbastanza agevolmente. Se ci si pensa, infatti, l'onda quadra è sostanzialmente un segnale continuo di valore Vp. Da un punto di vista termico, inoltre, non vi è

differenza tra i livelli Vp e –Vp: il cambio di segno, infatti, non influisce sul valore assunto dalla corrente ma solo sul suo verso di circolazione; e ciò non produce differenze dal punto di vista termico (una corrente di 2A che attraversa una resistenza da 3Ω produce una dissipazione di potenza di 12W, a prescindere dal suo verso di circolazione!).

8.3 Valore efficace di un segnale ad onda triangolare alternato

Consideriamo il segnale ad onda triangolare alternato di figura 18 (pag. 11) descritto analiticamente dalla (32). Sostituiamo quindi tale espressione nella (36) e svolgiamo i calcoli. Dal momento che la funzione cambia forma in T/2 sarà necessario spezzare l'integrale in due parti: il primo esteso al semiperiodo

(0,T/2) ed il secondo esteso al semiperiodo (T/2,T).

Così operando si ottiene:

Sviluppiamo i quadrati inerenti le funzioni integrande di ciascuno dei due integrali:

e per la proprietà di additività dell'integrale:

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Il regime sinusoidale

pag. 16

risolvendo gli integrali e sostituendo i rispettivi estremi di integrazione:

8.4 Valore efficace di un segnale periodico non alternato

Vogliamo qui ricavare la formula per il calcolo del valore efficace di un segnale periodico qualunque. Un segnale, quindi, con componente continua Vm diversa da zero.

Supponiamo che v(t) sia un segnale periodico avente una componente continua che indichiamo con Vm.

Indichiamo con v0 il corrispondente segnale privo di componente continua (e quindi alternato). Si avrà, quindi:

Calcoliamo il valore efficace di tale segnale applicando la formula (36):

che, considerando Vm non dipendente da t, possiamo anche riscrivere nella forma:

Il primo integrale corrisponde al quadrato del valore efficace di v0 (il segnale periodico a v(t) relativo) –

che chiameremo V0eff - ed il terzo, sviluppato, conduce a Vm2. Il secondo integrale, inoltre, essendo v0,

per ipotesi, periodico ed alternato, è pari a zero. Quindi:

dalla quale segue la relazione cercata.

(38)

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Il regime sinusoidale

pag. 17

Facciamo un esempio. Supponiamo di voler calcolare il valore efficace del segnale periodico di figura 21. Si tratta di un'onda quadra unidirezionale non alternata di valore massimo 6V, valore minimo 0V,

periodo 1ms.

Calcoliamo, dapprima, il valor medio nel periodo:

Sottraendo a v(t) tale valore si ottiene l'onda quadra alternata riportata in figura 22. Ovvero:

Per applicare la (38) occorre conoscere V0eff. Esso corrisponde al valore efficace di un'onda quadra alternata di ampiezza pari a 3V, cioè al

valore efficace di v0(t). Quindi:

Allo stesso risultato, naturalmente, si può giungere applicando la formula generale per il calcolo del valore efficace di un segnale periodico qualunque. Ovvero:

9. I circuiti in regime sinusoidale

9.1 La funzione sinusoidale

L'analisi della risposta di un circuito eccitato da uno o più generatori di segnale variabile nel tempo è, generalmente, un'attività articolata e complessa.

Sapere come reagisce un circuito ad eccitazioni tipiche può risultare di grande aiuto. Tra le eccitazioni

tipiche di maggiore interesse vi è quella sinusoidale(4)

.

Il segnale sinusoidale è descritto dalla funzione matematica:

(39)

4 L'eccitazione sinusoidale è importante in quanto, come si dimostrerà in una successiva unità, qualunque segnale periodico e limitato in ampiezza può essere ricondotto ad una somma di segnali sinusoidali di ampiezza, fase e frequenza opportune.

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pag. 18

ed il suo andamento è quello rappresentato in figura 23. Sull'asse delle x è riportato il valore dell'angolo, espresso in radianti (e non in gradi), e su quello delle y il valore della funzione. Si noti che la funzione seno varia tra -1 e 1, passa per l'origine degli assi, e si annulla in

corrispondenza di valori dell'angolo pari a ±π radianti e suoi multipli.

E' interessante osservare come avviene la genesi di una funzione sinusoidale. Consideriamo un sistema di riferimento cartesiano xy ed un vettore di ampiezza A avente un estremo fisso nell'origine degli assi. Supponiamo, inoltre, che tale vettore ruoti in senso antiorario con velocità angolare costante ω. I valori della

funzione sinusoidale possono essere ottenuti proiettando tale vettore lungo l'asse y. Tale proiezione,

infatti, se indichiamo con α l'angolo compreso tra l'asse delle x ed il vettore A, vale:

(40)

Se ora facciamo assumere ad

α tutti i valori compresi tra 0 e

2π radianti e riportiamo, su un altro grafico, le coppie, otteniamo una funzione sinusoidale. E' da notare che in questo caso i valori massimo e minimo assunti da tale funzione sono A e -A (e non

più 1 e -1). La figura 24 illustra quanto affermato.

In elettronica ed in elettrotecnica la funzione sinusoidale viene utilizzata per rappresentare grandezze elettriche - tensioni, correnti, potenze, - che variano istantaneamente il proprio valore in modo sinusoidale. La descrizione analitica di tali grandezze, pertanto, utilizza quale variabile indipendente il

tempo t in luogo dell'angolo α. Per esprimere la (40) in funzione del tempo è sufficiente osservare che la

velocità angolare è legata al tempo dalla relazione(5)

:

(41)

sostituendo nella (40) la (41) si ottiene:

(42)

la velocità angolare, in questo contesto, prende il nome di pulsazione angolare. Il tempo impiegato dal vettore rotante per coprire un angolo giro lo indichiamo con T, periodo, e lo misuriamo in secondi (s). Il

numero di giri compiuti dal vettore rotante nell'unità di tempo è la frequenza, f, che misuriamo in hertz (Hz). La pulsazione angolare è legata al periodo ed alla frequenza dalla relazione:

(43)

5 Così come una velocità lineare è il rapporto tra lo spazio percorso ed il tempo impiegato a percorrerlo, una velocità angolare è il rapporto tra l'angolo coperto dal segmento rotante ed il tempo impiegato per coprirlo.

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Per giustificare la (43) è sufficiente considerare che la velocità di rotazione è costante e che, per

definizione di periodo, l'angolo coperto dal vettore rotante in tale intervallo di tempo è 2π radianti. Periodo e frequenza, inoltre, sono uno l'inverso dell'altra.

Se all'istante t=0 il vettore rotante forma con l'asse delle x un angolo φ la sua espressione analitica sarà:

(44)

tale angolo prende il nome di fase (vedi figura 25). Si afferma, nel caso di φ>0, che il vettore è in anticipo e, nel caso di φ<0, che il vettore è in ritardo. Queste affermazioni confrontano, implicitamente, un vettore con fase φ≠0 ed un altro con fase nulla (φ=0). Si tiene implicitamente conto, inoltre, del fatto che la rotazione dei vettori è antioraria.

Per conoscere completamente una grandezza sinusoidale è sufficiente sapere il valore dell'ampiezza (A), della pulsazione angolare

(ω) e della fase (φ). Naturalmente in luogo della pulsazione angolare si può conoscere il periodo o la frequenza e poi, tramite la (43) ricavare la pulsazione angolare.

Osserviamo ora alcuni esempi di coppie di grandezze sinusoidali

isofrequenziali(6)

aventi ampiezze e fasi differenti tra loro. La figura 26, ad esempio, mostra il caso di due sinusoidi aventi ampiezze AM

e BM e fasi α e β. Dal momento che i vettori girano con la stessa

velocità angolare l'angolo φ = α -

β è costante e non dipende dalla scelta del sistema di riferimento. L'angolo φ è detto differenza di fase, o sfasamento, della grandezza a rispetto alla grandezza b.

Nelle figura 27, invece, si propone il caso di due grandezze aventi la stessa fase ma ampiezze differenti. I vettori rotanti sono fra loro paralleli e mantengono questo parallelismo istante per istante: ciò in quanto ruotano alla stessa velocità. Le sinusoidi che questi vettori rappresentano non mostrano differenza di fase: infatti, entrambe attraversano l'asse dei tempi negli stessi istanti. I valori assunti negli istanti di picco (t=T/4, t=3T/4), invece, sono diversi in quanto le ampiezze sono diverse.

6 Di pari frequenza. Nei circuiti lineari in regime sinusoidale tutte le tensioni e le correnti hanno la medesima frequenza.

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La figura 28 mostra il caso di due grandezze sinusoidali di fasi ed ampiezze differenti. La differenza di fase tra i due vettori rotanti, in particolare, è

di π/2 radianti. Da un punto di

vista della variabile t ciò equivale ad una differenza di un quarto di periodo. Si può notare, infatti, che i punti di

inizio(7)

delle due sinusoidi distano tra loro proprio un

quarto di periodo. In situazioni di questo tipo si dice che le due grandezze sinusoidali sono fra loro in quadratura.

Un altro interessante caso è quello illustrato dalla figura 29. Qui la differenza di fase è pari

a π radianti. Si può notare che il punto di inizio di una sinusoide coincide con un valore dell'altra sempre eguale a zero ma individuato dal rispettivo vettore rotante adagiato sull'asse delle ascisse ed orientato verso le x decrescenti. Le due grandezze sinusoidali sono, in tal caso, in opposizione di fase.

E' frequente il caso in cui occorre combinare algebricamente due o più grandezze sinusoidali. Supponiamo di voler eseguire la somma di due tensioni sinusoidali:

Si può dimostrare che la somma di tali tensioni è ancora una tensione sinusoidale con ampiezza Vs e fase

γ:

dove:

7 Il punto di inizio di una sinusoide, per il quale l'ordinata è nulla, è in corrispondenza con la posizione del vettore rotante a 0 gradi (o radianti).

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Il regime sinusoidale

pag. 21

La figura 30 illustra graficamente i vettori associati alle tre tensioni in gioco: v1, v2, vs, e le rispettive grandezze sinusoidali (vedi approfondimento successivo).

Il lettore che avrà avuto cura di leggere con attenzione l'approfondimento proposto comprenderà la ragione per la quale, come vedremo nel paragrafo successivo, sia preferibile operare con le grandezze sinusoidali per mezzo dei loro rappresentanti

vettoriali piuttosto che direttamente con le grandezze sinusoidali stesse.

9.2 Rappresentazione vettoriale delle grandezze sinusoidali

Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, che la rappresentazione grafica di una grandezza sinusoidale

può essere effettuata mediante un vettore di ampiezza A, rotante con velocità angolare ω, e fase ϕ. L'ampiezza del vettore corrisponde al valore di picco della sinusoide. La velocità angolare alla pulsazione

angolare. E la fase della sinusoide(8)

corrisponde alla fase del vettore, ovvero all'angolo che questo forma con l'asse delle x all'istante t=0.

La rappresentazione vettoriale offre innegabili vantaggi sul piano del calcolo. Vediamolo con un esempio. Supponiamo di voler sommare i vettori a e b indicati in figura 31. Conoscendo le ampiezze di questi vettori e le rispettive fasi possiamo determinare l'ampiezza del vettore somma, c, applicando il teorema di Carnot.

la fase del vettore c può essere determinata ricorrendo alla definizione di tangente trigonometrica. Indicando con

γ tale angolo possiamo scrivere:

Osservando la figura possiamo notare che il segmento è la somma dei segmenti ed , inoltre, il segmento è la somma dei segmenti ed . Ciascuno di questi segmenti può poi essere ricavato ricorrendo alle definizioni di seno e coseno. In particolare:

8 La fase di una sinusoide, se dipendente da variabile angolare, coincide con la fase del vettore rotante. Se dipendente dalla variabile t, invece, equivale alla distanza temporale tra il punto di inizio della sinusoide e l'origine degli assi.

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Il regime sinusoidale

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( coincide con ). Sostituendo le espressioni trovate:

Osservazione - Osservando la figura 31 è facile rendersi conto che per il calcolo dell'ampiezza del

vettore c è possibile applicare il teorema di Pitagora al triangolo rettangolo . E' sufficiente determinare le ampiezze dei cateti e . Cateti che, peraltro, sono già stati determinati per il calcolo

della fase γ. Quindi:

9.2.1 Il metodo simbolico

Verso la fine del secolo scorso è stato proposto un metodo per l'analisi dei circuiti lineari in regime sinusoidale, grazie a Steinmetz e Kennelly, basato sull'uso dei numeri complessi (in figura 32 è riportato il frontespizio interno della pubblicazione di Steinmetz).Tale metodo, che va sotto il nome di metodo simbolico, rappresenta il vettore con un numero complesso, denominato fasore. Questo è un vettore rotante in senso antiorario con velocità e ampiezza (o modulo) pari a quella della grandezza sinusoidale di cui ne è rappresentante e fase pari all'angolo che tale vettore forma con l'asse x all'istante t=0.

La rappresentazione grafica dei fasori avviene in uno speciale sistema di riferimento cartesiano denominato piano di Argand-Gauss. I numeri complessi vengono rappresentati in questo piano individuando la loro parte reale sull'asse delle x (denominato per tale motivo asse reale) e la loro parte immaginaria sull'asse delle y (denominato asse immaginario).

La figura 33 mostra la rappresentazione grafica di un numero complesso c avente parte reale pari ad a e parte immaginaria pari a b. L'unità immaginaria, indicata con la lettera j (in matematica con la lettera i), equivale a:

La lunghezza di tale vettore, che viene indicata modulo, si determina applicando il teorema di Pitagora:

(45)

e la fase, ovvero l'angolo che tale vettore forma con l'asse reale, ricorrendo alla definizione di tangente trigonometrica, si trova con la:

e quindi:

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Il regime sinusoidale

pag. 23

(46)

Un numero complesso può essere rappresentato analiticamente in quattro forme possibili:

• la forma cartesiana, o binomia, o algebrica • la forma trigonometrica • la forma esponenziale • la forma polare

La forma cartesiana è quella che evidenzia le parti reale e immaginaria del numero complesso. Nel caso dell'esempio della figura 33:

(47) c = a + jb

La forma trigonometrica mette in luce, di un numero complesso, il suo modulo e la sua fase. Osservando la figura 33 e ricordando la definizione del seno e del coseno di un angolo possiamo scrivere:

(48)

(49)

che, sostituite nella (47) conducono alla forma trigonometrica:

(50)

Per la forma esponenziale è necessario introdurre la relazione di Eulero:

che sostituita nella (50) porta, appunto, alla forma esponenziale:

(51)

La forma polare evidenzia, di un numero complesso, esclusivamente il suo modulo e la sua fase:

(il simbolo tra r e ϕ sta ad indicare che, appunto, è la fase di c).

Tra queste rappresentazioni quella che meglio si presta ad eseguire calcoli di somma e sottrazione è quella cartesiana. Ad esempio, se si vuole eseguire la somma dei numeri complessi c1 e c2 si procede sommando algebricamente tra loro le rispettive parti reali e parti immaginarie:

c1 = 3 + j7

c2 = 5 - j3

s = c1 + c2 = 3 + j7 + 5 - j3 = 8 + j4

Se invece si vuole eseguire un prodotto oppure un rapporto tra due numeri complessi è preferibile fare uso della forma polare o esponenziale:

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Il regime sinusoidale

pag. 24

Quindi, riepilogando, il prodotto tra due numeri complessi è ancora un numero complesso avente modulo pari al prodotto dei rispettivi moduli e fase pari alla somma algebrica delle rispettive fasi.

Il rapporto tra due numeri complessi è ancora un numero complesso avente modulo pari al rapporto tra i rispettivi moduli e fase pari alla differenza delle rispettive fasi (fase del numero complesso che è al numeratore meno la fase del numero complesso che è al denominatore).

Se si desidera passare dalla forma cartesiana a quella polare o esponenziale è necessario determinare il valore del modulo e della fase a partire dalla conoscenza della parte reale e della parte immaginaria. Per far ciò si utilizzano le formule (45) e (46). Se invece si vuole realizzare il passaggio inverso è necessario determinare la parte reale e la parte immaginaria a partire dalla conoscenza del modulo e della fase. Per far ciò si devono utilizzare le formule (48) e (49).

Un'ultima osservazione sull'unità immaginaria j. Questa può anche essere vista come un operatore di

rotazione di π/2. Consideriamo, infatti, un numero complesso costituito da una parte reale positiva ed una parte immaginaria nulla. Ad esempio:

c = 3

Nel piano di Argand-Gauss questo numero complesso equivale ad un vettore di ampiezza pari a 3 e fase nulla (vedi figura 34a). Se lo moltiplichiamo per j otteniamo:

c1 = j3

che è un vettore di analoga ampiezza e fase π/2. La ragione di ciò è che il

vettore c1 è posizionato sull'asse immaginario positivo e, quindi, ha una fase

di 90° (vedi figura 34b). Se ora moltiplichiamo c1 per j otteniamo:

c2 = j23 = -3

in quanto:

Nel piano di Argand-Gauss il numero complesso c2 equivale ad un vettore di

ampiezza pari a 3 e fase pari a π (vedi figura 34c). Se lo moltiplichiamo ulteriormente per j otteniamo:

c3 = -j3

che è un vettore di analoga ampiezza e fase 270° (vedi figura 34d).

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Il regime sinusoidale

pag. 25

9.3 Somma di due grandezze sinusoidali - Approfondimento -

Consideriamo due grandezze sinusoidali isofrequenziali, a(t) e b(t), di ampiezze A e B e fasi α e β.

Vogliamo determinare la somma di tali grandezze:

Dalla formula di addizione per il seno, rintracciabile su questo stesso sito: (http://www.lepaginedelprof.eu/gotri_formule.htm) possiamo riscrivere a(t) e b(t) nel seguente modo:

mettiamo in evidenza i termini in seno e coseno dipendenti dal tempo e otteniamo:

i termini tra parentesi, che non dipendono dal tempo, li indichiamo rispettivamente con M ed N. Sostituiamo ed otteniamo:

Possiamo porre l'ultima espressione eguale ad una grandezza sinusoidale di ampiezza C e fase ϕ. Otteniamo:

(A1)

Dal momento che, applicando ancora le formule di addizione per il seno, risulta:

(A2)

confrontando la A1 con la A2 possiamo quindi scrivere:

(A3)

(A4)

Se ora eseguiamo il rapporto tra la A4 e la A3 otteniamo:

(A5)

Dalla quale è possibile ricavare l'angolo ϕ invertendo la tangente. Per ricavare C, invece, procediamo in

questo modo. Eleviamo a quadrato sia il primo che il secondo membro della A3 e della A4:

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Il regime sinusoidale

pag. 26

ed eseguiamo, membro a membro, la somma di queste ultime due:

avendo applicato l'identità fondamentale della trigonometria. Per C, quindi, si ha:

(A6)

Riepilogando, la somma di due grandezze sinusoidali isofrequenziali è ancora una grandezza sinusoidale

isofrequenziale di ampiezza C e fase ϕ. Queste si determinano applicando la A5 e la A6.

10. I componenti passivi lineari in regime sinusoidale

Scopo di questo paragrafo è quello di evidenziare il comportamento dei componenti R, L e C in regime sinusoidale. La trattazione, volutamente semplificata, suppone per ipotesi che tali componenti siano lineari e tempo-invarianti.

10.1 Il resistore

Consideriamo un resistore di resistenza R ai capi del quale vi è una tensione sinusoidale di ampiezza Vp,

pulsazione ω e fase ϕ. Una tensione funzione del tempo che quindi scriviamo in questo modo:

Utilizzando l'algebra dei vettori possiamo dire che la tensione v(t) è un vettore di ampiezza Vp e fase ϕ

che ruota con velocità angolare ω in senso antiorario.

Vogliamo conoscere, in tali condizioni, l'andamento nel tempo della corrente circolante nel resistore. Poiché la legge di Ohm vale istante per istante, avremo:

si conclude, quindi, che anche la corrente ha un andamento sinusoidale, isofrequenziale, di pari fase ed ampiezza:

Se osserviamo la forma della i(t) concludiamo che essa ha la stessa pulsazione angolare della v(t) e la

stessa fase; l'ampiezza è pari al rapporto tra l'ampiezza della v(t) ed R.

Utilizzando l'algebra dei vettori possiamo dire che la corrente i(t) è un vettore di ampiezza Ip e fase ϕ che

ruota con velocità angolare ω in senso antiorario. Quindi è un vettore parallelo a quello che rappresenta

la tensione v(t). Graficamente si tratta della situazione già descritta in figura 27 (pag. 19).

Vettorialmente scriveremo:

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Il regime sinusoidale

pag. 27

10.2 Il condensatore

Consideriamo un condensatore di capacità C ai capi del quale vi è una tensione sinusoidale di ampiezza

Vp, pulsazione ω e fase ϕ. Ovvero:

Anche in questo caso possiamo dire che la tensione v(t) è un vettore di ampiezza Vp e fase ϕ che ruota

con velocità angolare ω in senso antiorario.

Vogliamo conoscere, in tali condizioni, l'andamento nel tempo della corrente circolante nel condensatore. Dalla legge di funzionamento del condensatore scriviamo:

si conclude, quindi, che anche la corrente ha un andamento sinusoidale, isofrequenziale (nel processo di

derivazione la pulsazione non si è modificata), di fase aumentata di π/2 ed ampiezza:

Utilizzando l'algebra dei vettori possiamo dire che la corrente i(t) è un vettore di ampiezza Ip e fase che

ruota con velocità angolare ω in senso antiorario. Quindi è un vettore in anticipo di 90° rispetto

a quello che rappresenta la tensione v(t). Graficamente si tratta della situazione già descritta in figura 28 (pag. 20), nella quale i vettori ivi rappresentati sono posti in quadratura.

Vettorialmente scriveremo:

Questa scrittura può essere compresa nel seguente modo. Il vettore corrente si ottiene moltiplicando il

vettore tensione per la grandezza jωC. Questa moltiplicazione genera un vettore la cui ampiezza è pari al

prodotto dell'ampiezza di V moltiplicata per la costante ωC e la cui fase è quella del vettore V aumentata di π/2.

Tale relazione può anche scriversi:

La grandezza XC è un numero complesso, omogeneo con la resistenza (essendo il rapporto tra una

tensione ed una corrente) ed è definito reattanza capacitiva La sua unità di misura è l'ohm [Ω]. Da un punto di vista matematico si tratta di un numero complesso a parte reale nulla, cioè un numero

immaginario puro. Il segno algebrico è sempre negativo, essendo sia C che ω definiti sempre positivi. Infatti, moltiplicando numeratore e denominatore per l'unità immaginaria si ottiene:

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Il regime sinusoidale

pag. 28

La reattanza capacitiva, quindi, è sempre un numero immaginario puro negativo.

La reattanza capacitiva, fisicamente, rappresenta il modo con cui il condensatore reagisce alla sollecitazione elettrica. Per analogia si può pensare alla deformazione meccanica che subisce un corpo elastico (o parzialmente elastico). Quando viene sollecitato esso si deforma ed immagazzina energia potenziale. Al cessare della sollecitazione il corpo restituisce l'energia accumulata tornando alla forma geometrica precedente alla sollecitazione (se puramente elastico). La reattanza capacitiva è il fenomeno fisico equivalente da un punto di vista elettrico: essa immagazzina energia elettrica potenziale e la restituisce al cessare della sollecitazione.

Un'ultima osservazione. Il modulo della reattanza capacitiva dipende dalla frequenza della tensione sinusoidale che la sollecita. E vi dipende in modo proporzionalmente inverso. Ciò significa che all'aumentare della frequenza la reattanza capacitiva diminuisce e viceversa. Per frequenze molto basse tende ad assumere il comportamento di un circuito aperto. Per frequenze molto alte tende ad assumere il comportamento di un corto circuito. Il caso limite, a bassa frequenza, è quando il generatore è costante: il condensatore si carica completamente e, a quel punto, la corrente non circola più. Aumentando la frequenza, invece, la reattanza capacitiva diminuisce e la corrente diviene sempre più intensa. Ciò in quanto, alle alte frequenze, la corrente cambia verso così rapidamente che non c'è tempo sufficiente per caricare il condensatore. Di conseguenza la carica sulle armature del condensatore non è mai molto elevata e quindi questo offre una resistenza molto bassa al passaggio delle cariche.

10.3 L'induttore

Consideriamo un induttore di induttanza L attraversato da una corrente sinusoidale di ampiezza Ip,

pulsazione ω e fase ϕ. Ovvero:

Ricorrendo alla rappresentazione vettoriale possiamo affermare che la corrente i(t) è un vettore di

ampiezza Ip e fase ϕ che ruota con velocità angolare ω in senso antiorario.

Vogliamo conoscere, in tali condizioni, l'andamento nel tempo della tensione presente ai capi dell'induttore. Dalla legge di funzionamento dell'induttore scriviamo:

si conclude, quindi, che anche la tensione ha un andamento sinusoidale, isofrequenziale (nel processo di

derivazione la pulsazione non si è modificata), di fase aumentata di π/2 ed ampiezza:

Utilizzando l'algebra dei vettori possiamo dire che la tensione v(t) è quindi un vettore di ampiezza Vp e

fase che ruota con velocità angolare ω in senso antiorario. Quindi è un vettore in anticipo di

90° rispetto a quello che rappresenta la corrente i(t). Ancora una volta, da un punto di vista grafico, si può ricorrere alla situazione già descritta in figura 28 (pag. 20), nella quale i vettori ivi rappresentati sono posti in quadratura.

Vettorialmente scriveremo:

Questa scrittura può essere compresa nel seguente modo. Il vettore tensione si ottiene moltiplicando il

vettore corrente per la grandezza jωL. Questa moltiplicazione genera un vettore la cui ampiezza è pari al

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Il regime sinusoidale

pag. 29

prodotto dell'ampiezza di I moltiplicata per la costante ωL e la cui fase è quella del vettore I aumentata

di π/2.

Tale relazione può anche scriversi:

La grandezza XL è un numero complesso, omogeneo con la resistenza (essendo il rapporto tra una

tensione ed una corrente) ed è definito reattanza induttiva. La sua unità di misura è l'ohm [Ω]. Da un punto di vista matematico si tratta di un numero complesso a parte reale nulla, cioè un numero

immaginario puro. Il segno algebrico è sempre positivo, essendo sia L che ω definiti sempre positivi. La reattanza induttiva, fisicamente, rappresenta il modo con cui l'induttore reagisce alla sollecitazione elettrica. Si può pensare, per analogia meccanica, ad una massa collegata ad una molla con capacità di muoversi lungo una direzione di un piano orizzontale. Quando la molla si decomprime si ha una trasformazione di energia potenziale – immagazzinata nella molla - in energia cinetica: la massa, infatti, si mette in movimento ed acquista una certa velocità v. La reattanza induttiva è il fenomeno fisico equivalente da un punto di vista elettrico: essa immagazzina energia elettromagnetica e la restituisce al cessare della sollecitazione.

Un'ultima osservazione. Il modulo della reattanza induttiva dipende dalla frequenza della corrente sinusoidale che la sollecita. E vi dipende in modo proporzionalmente diretto. Ciò significa che all'aumentare della frequenza la reattanza induttiva aumenta e viceversa. Per frequenze molto alte tende ad assumere il comportamento di un circuito aperto. Per frequenze molto basse tende ad assumere il comportamento di un corto circuito. Ciò si può facilmente capire se si ricorda che la tensione ai capi di un induttore ha un'intensità proporzionale alla variazione nel tempo della corrente in esso circolante. Perciò maggiore è la frequenza, più rapidamente varia la corrente nel tempo e quindi maggiore è la tensione ai capi dell'induttore.

11. Circuiti serie

Affrontiamo qui l'analisi di circuiti costituiti dalla serie di due o più componenti base (resistore, induttore e condensatore). E' possibile ricorrere ai principi ed ai teoremi validi per l'analisi di circuiti in corrente continua sostituendo ai valori istantanei della tensione e della corrente i rispettivi valori vettoriali.

Lo scopo di tale analisi è quello di individuare i moduli e le fasi delle grandezze, tensioni e/o correnti, incognite.

Nei circuiti serie la grandezza comune è la corrente. Per comodità il vettore rappresentante la corrente verrà posto sull'asse dei numeri reali. Gli altri vettori saranno posizionati di conseguenza.

11.1 Circuito RC serie

La figura 35 illustra un circuito RC alimentato da un generatore di tensione sinusoidale alternato ed il relativo grafico vettoriale. La prima operazione è quella di porre sul semiasse positivo dei numeri reali il vettore rappresentante la grandezza comune. Essendo un circuito serie si tratta della corrente I. Gli altri vettori vengono quindi posizionati di conseguenza. La tensione ai capi di R, indichiamola con VR, essendo in fase con la corrente viene posta sul semiasse positivo dei numeri reali.

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Il regime sinusoidale

pag. 30

La tensione ai capi di C, indichiamola con VC, essendo in ritardo di 90° rispetto alla corrente viene posta sul semiasse negativo dei numeri immaginari.

Inoltre, essendo un circuito serie, si dovrà avere:

Ovvero, la tensione ai capi dell'intero circuito serie è la somma vettoriale delle due cadute di tensione VR

e VC (eseguibile, graficamente, con la regola del parallelogramma).

Possiamo allora fare alcune considerazioni: la tensione complessiva V è in ritardo rispetto alla corrente I di un angolo ϕ compreso tra 0 e π/2. Tale angolo sarà tanto più vicino a zero quanto maggiore sarà il

modulo del vettore VR rispetto al vettore VC. E viceversa.

Per determinare l'angolo di fase tra i vettori corrente e tensione ed il modulo del vettore tensione partiamo dall'ultima espressione ed operiamo per mezzo dei numeri complessi.

Dove il termine tra parentesi, indicato con Z, è detto impedenza del circuito. L'impedenza è un numero

complesso omogeneo con la resistenza. Pertanto si misura in ohm [Ω]. Esso esprime il rapporto

complesso tra il vettore tensione V ed il vettore corrente I.

Per comprendere ancor meglio i legami tra i moduli e le fasi dei vettori coinvolti è preferibile passare alla forma esponenziale (vedi precedente relazione 51).

Rappresentiamo quindi i vettori V, I e Z nelle forme:

e sostituiamo nella precedente espressione. Otteniamo:

Ricordiamo che due numeri complessi sono eguali fra loro se, e solo se, sono simultaneamente eguali i rispettivi moduli e le rispettive fasi. Quindi:

e

In conclusione possiamo affermare che il modulo del vettore tensione lo determiniamo moltiplicando fra loro i moduli del vettore corrente e del vettore impedenza. La fase del vettore tensione la otteniamo sommando fra loro le fasi del vettore corrente e del vettore impedenza.

Calcoliamo il modulo del vettore impedenza.

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Il regime sinusoidale

pag. 31

Per la fase del vettore tensione osserviamo che questa è eguale a quella del vettore impedenza. Ciò in quanto avendo scelto di porre sul semiasse reale positivo la corrente abbiamo imposto, implicitamente, che la fase di tale vettore sia zero.

Calcoliamo quindi tale angolo:

11.2 Circuito RL serie

La figura 36 illustra un circuito RL serie alimentato da un generatore sinusoidale ed il relativo grafico vettoriale. La prima operazione è quella di porre sul semiasse positivo dei numeri reali il vettore rappresentante la grandezza comune. Essendo un circuito serie si tratta della corrente I. Gli altri vettori vengono quindi posizionati di conseguenza. La tensione ai capi di R, indichiamola con VR, essendo in fase con la corrente viene posta sul semiasse positivo dei numeri reali.

La tensione ai capi di L, indichiamola con VL, essendo in anticipo di 90° rispetto alla corrente viene posta sul semiasse positivo dei numeri immaginari.

Inoltre, essendo un circuito serie, si dovrà avere:

Ovvero, la tensione ai capi dell'intero circuito serie è la somma vettoriale delle due cadute di tensione VR

e VL.

Possiamo allora fare alcune considerazioni: la tensione complessiva V è in anticipo rispetto alla corrente I di un angolo ϕ compreso tra 0 e π/2. Tale angolo sarà tanto più vicino a zero quanto maggiore sarà il

modulo del vettore VR rispetto al vettore VL. E viceversa.

Per determinare l'angolo di fase tra i vettori corrente e tensione ed il modulo del vettore tensione ricorriamo, anche in questo caso, ai numeri complessi.

Dove il termine tra parentesi, indicato con Z, è l' impedenza di questo circuito.

Passiamo ora alla forma esponenziale.

Rappresentiamo quindi i vettori V, I e Z nelle forme:

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Il regime sinusoidale

pag. 32

e sostituiamo nella precedente espressione. Otteniamo:

Quindi, affinché questa eguaglianza sia verificata si dovrà avere:

e

In conclusione possiamo affermare che il modulo del vettore tensione lo determiniamo moltiplicando fra loro i moduli del vettore corrente e del vettore impedenza. La fase del vettore tensione la otteniamo sommando fra loro le fasi del vettore corrente e del vettore impedenza.

Calcoliamo il modulo del vettore impedenza.

Anche in questo caso, ragionando come per il caso precedente, osserviamo che la fase di V è eguale a

quella di Z.

Calcoliamo quindi tale angolo:

11.3 Circuito RLC serie

La figura 37 mostra un circuito RLC alimentato da un generatore sinusoidale ed il relativo grafico

vettoriale. Poniamo, procedendo come per i casi precedenti, il vettore I sul semiasse positivo dei numeri

reali. La tensione ai capi di R, indichiamola con VR, essendo in fase con la corrente viene posta anch'essa sul semiasse positivo dei numeri reali.

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Il regime sinusoidale

pag. 33

La tensione ai capi di L, indichiamola con VL, essendo in anticipo di 90° rispetto alla corrente viene posta sul semiasse positivo dei numeri immaginari.

La tensione ai capi di C, indichiamola con VC, essendo in ritardo di 90° rispetto alla corrente viene posta sul semiasse negativo dei numeri immaginari.

Inoltre, essendo un circuito serie, si dovrà avere:

Ovvero, la tensione ai capi dell'intero circuito serie è la somma vettoriale delle tre cadute di tensione VR,

VL e VC. Anche in questo caso si può usare la regola del parallelogramma. Per comodità si sommeranno

prima i vettori VL e VC (figura 37b) e poi, il vettore risultante tra i due, lo si sommerà con VR (figura 37c).

La tensione complessiva V sarà in anticipo o in ritardo rispetto alla corrente I di un angolo ϕ compreso

tra 0 e π/2. In anticipo se il modulo di VL è maggiore del modulo di VC; e viceversa per il ritardo.

Per determinare l'angolo di fase tra i vettori corrente e tensione ed il modulo del vettore tensione ricorriamo, anche in questo caso, ai numeri complessi.

Dove il termine tra parentesi, indicato con Z, è l' impedenza di questo circuito.

Passiamo ora alla forma esponenziale.

Rappresentiamo quindi i vettori V, I e Z nelle forme:

e sostituiamo nella precedente espressione. Otteniamo:

Quindi, affinché questa eguaglianza sia verificata si dovrà avere:

e

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Il regime sinusoidale

pag. 34

In conclusione possiamo affermare che il modulo del vettore tensione lo determiniamo moltiplicando fra loro i moduli del vettore corrente e del vettore impedenza. La fase del vettore tensione la otteniamo sommando fra loro le fasi del vettore corrente e del vettore impedenza.

Calcoliamo il modulo del vettore impedenza.

Anche in questo caso, ragionando come per il caso precedente, osserviamo che la fase di V è eguale a

quella di Z.

Calcoliamo quindi tale angolo:

11.4 Osservazioni conclusive

Concludiamo con alcune osservazioni. Il circuito serie RC è anche detto ohmico-capacitivo. In un tale

circuito la corrente è in anticipo sulla tensione. Il circuito serie RL è definito ohmico-induttivo. In tal caso

è la tensione ad essere in anticipo sulla corrente. Anche il circuito serie RLC è di tipo ohmico-capacitivo o ohmico-induttivo. E' del primo tipo se la reattanza capacitiva è maggiore di quella induttiva. E' del secondo tipo nel caso contrario.

L'impedenza di un bipolo è un numero complesso avente, quindi, una parte reale ed una parte immaginaria. In generale scriviamo:

la parte reale coincide con la resistenza offerta dal bipolo tra i due terminali. La parte immaginaria coincide con la reattanza offerta, anch'essa, tra i terminali del bipolo stesso. Se la reattanza è positiva si tratta di un bipolo ohmico-induttivo. Se la reattanza è negativa si tratta di un bipolo ohmico-capacitivo.

Un resistore puro può essere visto anch'esso come un'impedenza la cui parte immaginaria è nulla. Allo stesso modo, un condensatore o un induttore, puri anch'essi, possono essere visti come un'impedenza la cui parte reale è nulla.

12. Circuiti parallelo

Affrontiamo qui l'analisi di circuiti costituiti dal parallelo di due o più componenti base (resistore, induttore e condensatore). Anche in questo caso è possibile ricorrere ai principi ed ai teoremi validi per l'analisi di circuiti in corrente continua sostituendo ai valori istantanei della tensione e della corrente i rispettivi valori vettoriali.

Lo scopo di tale analisi è quello di individuare i moduli e le fasi delle grandezze, tensioni e/o correnti, incognite.

Nei circuiti parallelo la grandezza comune è la tensione. Tale vettore, per comodità, verrà posto sull'asse dei numeri reali. Gli altri vettori saranno posizionati di conseguenza.

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Il regime sinusoidale

pag. 35

12.1 Circuito RC parallelo

La figura 38 illustra il circuito in esame ed il relativo grafico vettoriale. La prima operazione è quella di porre sul semiasse positivo dei numeri reali il vettore rappresentante la grandezza comune. Essendo un circuito parallelo si tratta della tensione V. Gli altri vettori vengono quindi posizionati di conseguenza. La corrente circolante in R, indichiamola con IR, essendo in fase con la tensione viene posta sul semiasse positivo dei numeri reali.

La corrente circolante in C, indichiamola con IC, essendo in anticipo di 90° rispetto alla tensione viene posta sul semiasse positivo dei numeri immaginari.

Inoltre, essendo un circuito parallelo, si dovrà avere, applicando il primo principio di Kirchhoff:

Ovvero, la corrente entrante nel nodo A è la somma vettoriale delle due correnti IR e IC (eseguibile, graficamente, con la regola del parallelogramma).

Possiamo allora fare alcune considerazioni: la corrente I è in anticipo rispetto alla tensione V di un angolo

ϕ compreso tra 0 e π/2. Tale angolo sarà tanto più vicino a zero quanto maggiore sarà il modulo del

vettore IR rispetto al vettore IC. E viceversa.

Per determinare l'angolo di fase tra i vettori corrente e tensione ed il modulo del vettore tensione partiamo dall'ultima espressione ed operiamo per mezzo dei numeri complessi.

Dove il termine tra parentesi, indicato con Y, è detto ammettenza del circuito. Esso esprime il rapporto

complesso tra il vettore corrente I ed il vettore tensione V. E' quindi un numero complesso omogeneo

con la conduttanza. Pertanto si misura in siemens [S].

Per comprendere ancor meglio i legami tra i moduli e le fasi dei vettori coinvolti è preferibile passare alla forma esponenziale.

Rappresentiamo quindi i vettori V, I e Y nelle forme:

e sostituiamo nella precedente espressione. Otteniamo:

Page 36: I.T.I.S. Antonio Meucci di Roma - lepaginedelprof.eu regime sinusoidale.pdf · corrente variabile, si ha che il campo magnetico prodotto dipenderà dal valore che assume in quell'istante,

Il regime sinusoidale

pag. 36

Ricordiamo che due numeri complessi sono eguali fra loro se, e solo se, sono simultaneamente eguali i rispettivi moduli e le rispettive fasi. Quindi:

e

In conclusione possiamo affermare che il modulo del vettore corrente lo determiniamo moltiplicando fra loro i moduli del vettore tensione e del vettore ammettenza. La fase del vettore corrente la otteniamo sommando fra loro le fasi del vettore tensione e del vettore ammettenza.

Calcoliamo il modulo del vettore ammettenza.

Per la fase del vettore corrente osserviamo che questa è eguale a quella del vettore ammettenza. Ciò in quanto avendo scelto di porre sul semiasse reale positivo la tensione abbiamo imposto, implicitamente, che la fase di tale vettore sia zero.

Calcoliamo quindi tale angolo:

12.2 Circuito RL parallelo

La figura 39 illustra il circuito in esame ed il relativo grafico vettoriale. La prima operazione è quella di porre sul semiasse positivo dei numeri reali il vettore rappresentante la grandezza comune. Cioè la tensione V. Gli altri vettori vengono quindi

posizionati di conseguenza. La corrente circolante in R,

indichiamola con IR, essendo in fase con la tensione viene posta sul semiasse positivo dei numeri reali.

La corrente circolante in L, indichiamola con IL, essendo in ritardo di 90° rispetto alla tensione viene posta sul semiasse negativo dei numeri immaginari.

Inoltre, essendo un circuito parallelo, si dovrà avere, applicando il primo principio di Kirchhoff:

Ovvero, la corrente entrante nel nodo A è la somma vettoriale delle due correnti IR e IL.

Possiamo allora fare alcune considerazioni: la corrente I è in ritardo rispetto alla tensione V di un angolo

φ compreso tra 0 e π/2. Tale angolo sarà tanto più vicino a zero quanto maggiore sarà il modulo del

Page 37: I.T.I.S. Antonio Meucci di Roma - lepaginedelprof.eu regime sinusoidale.pdf · corrente variabile, si ha che il campo magnetico prodotto dipenderà dal valore che assume in quell'istante,

Il regime sinusoidale

pag. 37

vettore IR rispetto al vettore IL. E viceversa.

Per determinare l'angolo di fase tra i vettori corrente e tensione ed il modulo del vettore tensione partiamo dall'ultima espressione ed operiamo per mezzo dei numeri complessi.

Dove con Y si è indicato l'ammettenza del circuito.

Per comprendere ancor meglio i legami tra i moduli e le fasi dei vettori coinvolti è preferibile passare alla forma esponenziale.

Rappresentiamo quindi i vettori V, I e Y nelle forme:

e sostituiamo nella precedente espressione. Otteniamo:

Ricordiamo che due numeri complessi sono eguali fra loro se, e solo se, sono simultaneamente eguali i rispettivi moduli e le rispettive fasi. Quindi:

e

In conclusione possiamo affermare che il modulo del vettore corrente lo determiniamo moltiplicando fra loro i moduli del vettore tensione e del vettore ammettenza. La fase del vettore corrente la otteniamo sommando fra loro le fasi del vettore tensione e del vettore ammettenza.

Calcoliamo il modulo del vettore ammettenza.

Per la fase del vettore corrente osserviamo che questa è eguale a quella del vettore ammettenza. Ciò in quanto avendo scelto di porre sul semiasse reale positivo la tensione abbiamo imposto, implicitamente, che la fase di tale vettore sia zero.

Calcoliamo quindi tale angolo:

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Il regime sinusoidale

pag. 38

12.3 Circuito RLC parallelo

La figura 40 illustra il circuito in esame ed il relativo grafico vettoriale. La prima operazione è quella di porre sul semiasse positivo dei numeri reali il vettore rappresentante la tensione V. Gli altri vettori vengono quindi posizionati di conseguenza. La corrente circolante in R, indichiamola con IR, essendo in fase con la tensione viene posta sul semiasse positivo dei numeri reali.

La corrente circolante in L, indichiamola con IL, essendo in ritardo di 90° rispetto alla tensione viene posta sul semiasse negativo dei numeri immaginari.

La corrente circolante in C, indichiamola con IC, essendo in anticipo di 90° rispetto alla tensione viene posta sul semiasse positivo dei numeri immaginari.

Inoltre, essendo un circuito parallelo, si dovrà avere, applicando il primo principio di Kirchhoff:

Ovvero, la corrente entrante nel nodo A è la somma vettoriale delle tre correnti IR, IL e IC. Possiamo

allora fare alcune considerazioni: la corrente I sarà in anticipo o in ritardo rispetto alla tensione V di un

angolo ϕ compreso tra 0 e π/2. In ritardo se il modulo di IL è maggiore del modulo di IC; e viceversa per l'anticipo.

Per determinare l'angolo di fase tra i vettori corrente e tensione ed il modulo del vettore tensione partiamo dall'ultima espressione ed operiamo per mezzo dei numeri complessi.

Dove con Y si è indicato l'ammettenza del circuito.

Per comprendere ancor meglio i legami tra i moduli e le fasi dei vettori coinvolti è preferibile passare alla forma esponenziale.

Rappresentiamo quindi i vettori V, I e Y nelle forme:

e sostituiamo nella precedente espressione. Otteniamo:

Page 39: I.T.I.S. Antonio Meucci di Roma - lepaginedelprof.eu regime sinusoidale.pdf · corrente variabile, si ha che il campo magnetico prodotto dipenderà dal valore che assume in quell'istante,

Il regime sinusoidale

pag. 39

Ricordiamo che due numeri complessi sono eguali fra loro se, e solo se, sono simultaneamente eguali i rispettivi moduli e le rispettive fasi. Quindi:

e

In conclusione possiamo affermare che il modulo del vettore corrente lo determiniamo moltiplicando fra loro i moduli del vettore tensione e del vettore ammettenza. La fase del vettore corrente la otteniamo sommando fra loro le fasi del vettore tensione e del vettore ammettenza.

Calcoliamo il modulo del vettore ammettenza.

Per la fase del vettore corrente osserviamo che questa è eguale a quella del vettore ammettenza. Ciò in quanto avendo scelto di porre sul semiasse reale positivo la tensione abbiamo imposto, implicitamente, che la fase di tale vettore sia zero.

Calcoliamo quindi tale angolo:

12.4 Osservazioni conclusive

L'ammettenza di un bipolo è un numero complesso avente, quindi, una parte reale ed una parte immaginaria. In generale scriviamo:

la parte reale coincide con la conduttanza offerta dal bipolo tra i due terminali. La parte immaginaria è definita suscettanza.

Una conduttanza pura può essere vista come un'ammettenza la cui parte immaginaria è nulla. Allo stesso modo una suscettanza pura, capacitiva o induttiva, può essere vista come un'ammettenza la cui parte reale è nulla.

13. Circuiti serie-parallelo

Si tratta di circuiti che:

• sono costituiti da due o più rami in parallelo; uno o più di questi rami, poi, è costituito dalla serie di due o più componenti (vedi figura 41).

• sono costituiti da due o più bipoli in serie; uno o più di questi bipoli, poi, è costituito dal parallelo di due o più componenti (vedi figura 42).

L'analisi di questi circuiti viene condotta applicando iterativamente quanto visto per l'analisi dei circuiti serie e dei circuiti parallelo.