iter: il tokamak sperimentale internazionale

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ITER: il tokamak sperimentale internazionale Questo reattore a fusione, risultato della collaborazione di Europa, Giappone, Stati Uniti ed ex Unione Sovietica, è progettato per essere il più potente tra quelli finora costruiti o ancora in fase di realizzazione di Robert W. Conn, Valery A. Chuyanov, Nobuyuki Inoue e Donald R. Sweetman A I vertice di Ginevra del novembre 1985, Mikhail Gorbaciov e Ro- nald Reagan affrontarono di- versi temi di interesse mondiale: fra gli altri, la difesa strategica, il controllo de- gli armamenti, i diritti umani. Molti ignorano una decisione, contenuta nel comunicato finale, che ha portato a un progetto senza precedenti nella storia della collaborazione internazionale in campo scientifico e tecnologico: lo svi- luppo dell'energia da fusione «a vantag- gio dell'intera umanità». In risposta a questa richiesta del vertice, scienziati e tecnici impegnati nei principali pro- grammi mondiali di ricerca sulla fusione - sotto la guida della Comunità euro- pea, del Giappone, dell'Unione Sovieti- ca (ora Comunità di Stati Indipendenti) e degli Stati Uniti - si impegnarono, con un accordo del 1987, in una impresa congiunta di ricerca per la progettazione di un impianto sperimentale per la fusio- ne, che prese il nome di International Thermonuclear Experimental Reactor, in breve ITER. ITER si trova attualmente a circa 13 anni dal proprio completamento. La sua capacità di generare una potenza oltre 1000 volte superiore a quella degli at- tuali reattori a fusione farà di ITER il penultimo esperimento nella ricerca fi- nalizzata a una applicazione pratica di questo tipo. La conoscenza scientifica e Nei tokamak la superficie interna della camera del plasma, come questa della macchina JT-60 a Naka, in Giappone, è rivestita con piastrelle di materiale com- posito in fibra di carbonio. Questa co- siddetta «prima parete» costituisce la prima barriera protettiva dall'enorme calore prodotto. I portelli servono per operazioni di rifornimento e controllo. ingegneristica acquisita con ITER do- vrebbe condurre a una centrale per la produzione di energia basata su un reat- tore a fusione, forse fra 30 anni. In effetti, la speranza di poter disporre di energia da fusione utilizzabile è stata alla base dell'enorme impegno assunto dalle potenze industriali coinvolte. Nel luglio scorso i partecipanti si sono ac- cordati su un programma di sei anni per realizzare il progetto definitivo del reat- tore ITER. I centri di progettazione sa- ranno stabiliti presso l'Università del- la California a San Diego, presso il Max-Planck-Institut fijr Plasmaphysik di Garching e presso il Naka Fusion Re- search Establishment del Japan Atomic Energy Research Institute. Un consiglio per ITER, con sede a Mosca, sarà inca- ricato della supervisione del progetto. Ogni gruppo ha preventivato una spesa annuale di circa 40 milioni di dollari (circa 50 miliardi di lire) per finanziare la progettazione nonché la ricerca, lo sviluppo e gli esperimenti necessari. Nello spirito di cooperazione (e in os- sequio alla diplomazia), le quattro parti hanno insieme deciso di assegnare a un europeo il ruolo di coordinatore del gruppo centrale di progettazione, a un giapponese il ruolo di principale rappre- sentante, a un russo il coordinamento del centro di San Diego, a un americano la direzione del centro di Garching, a un europeo quella del centro di Naka e a un russo la presidenza del consiglio di ITER. Il fatto che queste complesse no- mine siano state fatte in un periodo re- lativamente breve (meno di nove mesi) è indicativo dell'impegno di tutte le parti coinvolte nel progetto. Perché questo impegno, perché la fu- sione, perché ora? E ancora, che aspetto potrà avere la macchina ITER, e che co- sa sarà in grado di compiere? Abbiamo concentrato la nostra attenzione su que- sti punti, mentre prestavamo servizio presso il Scientific and Technical Advi- sory Committee di ITER, durante la pri- ma fase concettuale del progetto. Le ri- sposte che diamo in questo articolo sono il frutto degli sforzi del gruppo interna- zionale, nonché il risultato della ricerca scientifica in corso da oltre 40 anni (si veda l'articolo Reattori a fusione a con- finamento magnetico di Robert W. Conn in «Le Scienze» n. 184, dicembre 1983). I a ricerca di un reattore di utilità pra- ' tica continua perché dalla fusione si può ottenere una enorme quantità di energia a partire da una modesta quan- tità di combustibile. Il processo è lo stes- so che avviene nel Sole e nelle stelle; fu illustrato per la prima volta da Hans A. Bethe della Cornell University sul finire degli anni trenta. Per produrre energia, i reattori a fusione si basano su due iso- topi dell'idrogeno: il deuterio (chiamato anche «idrogeno pesante»), che ha un neutrone aggiuntivo, e il trizio, che ha due neutroni in più. La fusione di questi nuclei è molto più efficiente di quella di qualunque altra combinazione di nuclei leggeri. L'idrogeno ordinario, bruciato dal Sole, si consuma troppo lentamente (per fortuna, perché altrimenti la vita del Sole e dell'universo sarebbe tutto som- mato troppo breve). Altro importante fattore è la facile di- sponibilità del combustibile. Il deuterio si trova in natura nell'acqua: circa un atomo di idrogeno su 6700 possiede un nucleo di deuterio. Il trizio è meno dif- fuso: è infatti radioattivo e ha un tempo di dimezzamento di 12,3 anni, perciò non si trova in natura in grandi quantità, ma si può ottenere in abbondanza dai de- positi geologici di litio. I reattori per la fusione nucleare pro- mettono inoltre di non essere nocivi al- l'ambiente. Non si può infatti verificare una reazione incontrollata accidentale, poiché la quantità di deuterio e trizio è, LE SCIENZE n. 286, giugno 1992 51

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Page 1: ITER: il tokamak sperimentale internazionale

ITER: il tokamaksperimentale internazionale

Questo reattore a fusione, risultato della collaborazione di Europa,Giappone, Stati Uniti ed ex Unione Sovietica, è progettato per essere ilpiù potente tra quelli finora costruiti o ancora in fase di realizzazione

di Robert W. Conn, Valery A. Chuyanov, Nobuyuki Inoue e Donald R. Sweetman

A

I vertice di Ginevra del novembre1985, Mikhail Gorbaciov e Ro-nald Reagan affrontarono di-

versi temi di interesse mondiale: fra glialtri, la difesa strategica, il controllo de-gli armamenti, i diritti umani. Moltiignorano una decisione, contenuta nelcomunicato finale, che ha portato a unprogetto senza precedenti nella storiadella collaborazione internazionale incampo scientifico e tecnologico: lo svi-luppo dell'energia da fusione «a vantag-gio dell'intera umanità». In risposta aquesta richiesta del vertice, scienziati etecnici impegnati nei principali pro-grammi mondiali di ricerca sulla fusione- sotto la guida della Comunità euro-pea, del Giappone, dell'Unione Sovieti-ca (ora Comunità di Stati Indipendenti)e degli Stati Uniti - si impegnarono, conun accordo del 1987, in una impresacongiunta di ricerca per la progettazionedi un impianto sperimentale per la fusio-ne, che prese il nome di InternationalThermonuclear Experimental Reactor,in breve ITER.

ITER si trova attualmente a circa 13anni dal proprio completamento. La suacapacità di generare una potenza oltre1000 volte superiore a quella degli at-tuali reattori a fusione farà di ITER ilpenultimo esperimento nella ricerca fi-nalizzata a una applicazione pratica diquesto tipo. La conoscenza scientifica e

Nei tokamak la superficie interna dellacamera del plasma, come questa dellamacchina JT-60 a Naka, in Giappone, èrivestita con piastrelle di materiale com-posito in fibra di carbonio. Questa co-siddetta «prima parete» costituisce laprima barriera protettiva dall'enormecalore prodotto. I portelli servono peroperazioni di rifornimento e controllo.

ingegneristica acquisita con ITER do-vrebbe condurre a una centrale per laproduzione di energia basata su un reat-tore a fusione, forse fra 30 anni.

In effetti, la speranza di poter disporredi energia da fusione utilizzabile è stataalla base dell'enorme impegno assuntodalle potenze industriali coinvolte. Nelluglio scorso i partecipanti si sono ac-cordati su un programma di sei anni perrealizzare il progetto definitivo del reat-tore ITER. I centri di progettazione sa-ranno stabiliti presso l'Università del-la California a San Diego, presso ilMax-Planck-Institut fijr Plasmaphysik diGarching e presso il Naka Fusion Re-search Establishment del Japan AtomicEnergy Research Institute. Un consiglioper ITER, con sede a Mosca, sarà inca-ricato della supervisione del progetto.Ogni gruppo ha preventivato una spesaannuale di circa 40 milioni di dollari(circa 50 miliardi di lire) per finanziarela progettazione nonché la ricerca, losviluppo e gli esperimenti necessari.

Nello spirito di cooperazione (e in os-sequio alla diplomazia), le quattro partihanno insieme deciso di assegnare a uneuropeo il ruolo di coordinatore delgruppo centrale di progettazione, a ungiapponese il ruolo di principale rappre-sentante, a un russo il coordinamento delcentro di San Diego, a un americano ladirezione del centro di Garching, a uneuropeo quella del centro di Naka e a unrusso la presidenza del consiglio diITER. Il fatto che queste complesse no-mine siano state fatte in un periodo re-lativamente breve (meno di nove mesi)è indicativo dell'impegno di tutte le particoinvolte nel progetto.

Perché questo impegno, perché la fu-sione, perché ora? E ancora, che aspettopotrà avere la macchina ITER, e che co-sa sarà in grado di compiere? Abbiamoconcentrato la nostra attenzione su que-sti punti, mentre prestavamo servizio

presso il Scientific and Technical Advi-sory Committee di ITER, durante la pri-ma fase concettuale del progetto. Le ri-sposte che diamo in questo articolo sonoil frutto degli sforzi del gruppo interna-zionale, nonché il risultato della ricercascientifica in corso da oltre 40 anni (siveda l'articolo Reattori a fusione a con-finamento magnetico di Robert W. Connin «Le Scienze» n. 184, dicembre 1983).

I a ricerca di un reattore di utilità pra-' tica continua perché dalla fusione sipuò ottenere una enorme quantità dienergia a partire da una modesta quan-tità di combustibile. Il processo è lo stes-so che avviene nel Sole e nelle stelle; fuillustrato per la prima volta da Hans A.Bethe della Cornell University sul finiredegli anni trenta. Per produrre energia, ireattori a fusione si basano su due iso-topi dell'idrogeno: il deuterio (chiamatoanche «idrogeno pesante»), che ha unneutrone aggiuntivo, e il trizio, che hadue neutroni in più. La fusione di questinuclei è molto più efficiente di quella diqualunque altra combinazione di nucleileggeri. L'idrogeno ordinario, bruciatodal Sole, si consuma troppo lentamente(per fortuna, perché altrimenti la vita delSole e dell'universo sarebbe tutto som-mato troppo breve).

Altro importante fattore è la facile di-sponibilità del combustibile. Il deuteriosi trova in natura nell'acqua: circa unatomo di idrogeno su 6700 possiede unnucleo di deuterio. Il trizio è meno dif-fuso: è infatti radioattivo e ha un tempodi dimezzamento di 12,3 anni, perciònon si trova in natura in grandi quantità,ma si può ottenere in abbondanza dai de-positi geologici di litio.

I reattori per la fusione nucleare pro-mettono inoltre di non essere nocivi al-l'ambiente. Non si può infatti verificareuna reazione incontrollata accidentale,poiché la quantità di deuterio e trizio è,

LE SCIENZE n. 286, giugno 1992 51

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MAGNETE

MAGNETE

MAGNETE

DEL CAMPO

CENTRALE

DEL CAMPO

TORO IDALE

VERTICALE

Il principio del tokamak si basa su tre gruppi di elettromagneti. Un primo gruppoproduce un campo toroidale, che funge da «manicotto» e confina il plasma. I ma-gneti centrali del trasformatore servono per indurre una corrente elettrica nelplasma, la quale fluisce toroidalmente e riscalda il plasma. I magneti del campoverticale agiscono in modo da stabilizzare il plasma e mantenerlo al centro del toro.

019 10 19 102°

PARAMETRO DI CONFINAMENTO (SECONDI PER METRO CUBO)

1 021

I tokamak attuali, TFTR, DIII-D, JET e JT-60, si stanno av-vicinando al breakeven, una condizione in cui il parametro diconfinamento, ossia il prodotto della densità del plasma per iltempo medio necessario a liberare energia, deve essere almeno

5>< 1019 secondi per metro cubo. ITER è progettato per supe-rare tale valore di un fattore 10 a una temperatura del plasmadi circa 20 000 eV. Si dovrebbe così raggiungere l'ignizione,uno stato in cui l'energia prodotta mantiene la combustione.

40

o

20

in ogni istante, modesta. Qualunque fe-nomeno di combustione non controllataesaurirebbe rapidamente tutto il combu-stibile a disposizione. Inoltre, la fusionedi deuterio e trizio genera soltanto neu-troni di alta energia e particelle alfa (nu-clei di elio), che non sono radioattivi. Sipuò avere però radioattività da un pro-cesso secondario. I neutroni di alta ener-gia possono infatti trasformare i nucleidei materiali impiegati nella strutturadel reattore e dei suoi componenti ren-dendoli radioattivi. Fortunatamente, unascelta opportuna dei materiali da costru-zione dovrebbe essere in grado di man-tenere molto basso il livello di questa ra-dioattività indotta.

Nonostante gli anni di lavoro sulla fu-sione, non si è finora riusciti a combina-re i nuclei, carichi positivamente, perprodurre quantità utili di energia. Per su-perare la naturale repulsione elettrostati-ca, i nuclei devono raggiungere elevatilivelli di energia. Il deuterio e il triziodevono arrivare ad almeno 50 milioni dikelvin (come termine di paragone, latemperatura al centro del Sole è di circa15 milioni di kelvin). Misurata in elet-tronvolt (eV), questa temperatura è paria 4500 eV e rappresenta la temperaturadi ignizione del combustibile.

A tali temperature, i nuclei vengonospogliati degli elettroni (di fatto sono ne-cessari solo 13,56 eV per ionizzare l'i-drogeno). La miscela di deuterio e trizio,più propriamente denominata «plasma»,è un insieme elettricamente neutro di nu-clei carichi positivamente e di elettronicon carica negativa.

Mantenere elevata la temperatura del

plasma è stato uno dei compiti di impor-tanza cruciale nella ricerca sulla fusione.L'energia si perde attraverso vari pro-cessi: per esempio le particelle carichedel plasma irradiano energia elettroma-gnetica quando interagiscono fra loro.La fusione produce una enorme quantitàdi neutroni di alta energia, che facilmen-te sfuggono dal plasma. La radiazione,la conduzione termica e la convezioneturbolenta delle particelle del plasma so-no soltanto alcuni dei processi che ab-bassano, nel tempo, la temperatura delplasma stesso.

Naturalmente si potrebbe alimentarecon continuità la combustione del pla-sma immettendo energia dall'esterno,mediante onde di radiofrequenza o fascidi particelle neutre di alta energia. Esi-ste, tuttavia, una efficiente sorgente dicalore addizionale, in grado di autoali-mentarsi: le particelle alfa di elevataenergia prodotte nella fusione. Questinuclei di elio sono la cenere primariadelle reazioni di fusione; hanno un'ener-gia di circa 3,5 MeV, e, poiché hannouna doppia carica positiva, vengono fa-cilmente confinati dai campi magnetici.I nuclei di elio, quando collidono con leparticelle del plasma, liberano la propriaenergia sotto forma di calore, ma finoranessun esperimento è stato in grado digenerare un numero di particelle alfa dialta energia sufficiente a compensare deltutto la perdita di energia termica.

Con «tempo di confinamento» dell'e-nergia si indica il tempo medio globalenecessario perché il calore venga libera-to dal plasma. Se indichiamo questotempo con T, il prodotto di T per la den-

sità del plasma, n, è detto «parametro diconfinamento» e rappresenta la capacitàdel plasma di trattenere il calore prodot-to. In pratica, affinché una reazione difusione sia contemporaneamente in gra-do di autoalimentarsi e di fornire energiautilizzabile, è necessario che nt sia mag-giore di 2 x 10 20, in unità di secondi permetro cubo, a una temperatura, T, di 10KeV (circa 100 milioni di kelvin). L'o-biettivo della ricerca sulla fusione è,quindi, quello di raggiungere, per il tri-plo prodotto di n, e T, il valore di circa2 x 1024 secondi per elettronvolt al me-tro cubo.

T a tecnica di progettazione che più si-1—J è avvicinata finora al conseguimentodi queste condizioni è il tokamak. Ideatonei primi anni cinquanta dai fisici russiAndrej D. Sakharov e Igor' Y. Tamm, iltokamak mutua il nome dalle parole rus-se che stanno per camera magnetica to-roidale. I principi alla base di questamacchina sono relativamente semplici.Il plasma viene prima di tutto prodottoin una camera a vuoto di forma toroida-le. Una serie di elettromagneti, all'ester-no, produce un campo magnetico toroi-dale lungo l'asse della camera, il qualeriesce a stabilizzare la pressione entro ilplasma e nel contempo a tenerlo lontanodalle pareti della camera.

Un'altra serie di elettromagneti ester-ni, disposti al centro del toro, induce nelplasma una corrente che fluisce all'inter-no dell'anello. Questa riscalda il plasmafino a una temperatura di circa 1000 eV.La corrente del plasma produce un cam-po magnetico che si avvolge attorno al

toro e impedisce alle particelle del pla-sma di allontanarsi dalla regione princi-pale di confinamento magnetico. Infinevi sono conduttori esterni che generanoun campo magnetico verticale che impe-disce al plasma di muoversi lateralmentee verticalmente.

L'ex Unione Sovietica è stata la solanazione a perseguire con costanza l'ideadel tokamak, fino alla metà degli annisessanta. Allora, Lev A. Artsimovié ecolleghi dell'Istituto di energia atomicaIgor' V. Kuréatov di Mosca erano riu-sciti ad allungare il tempo di confina-mento dell'energia e ad aumentare latemperatura del plasma in modo signifi-cativo. Sono stati i loro successi a pro-muovere la ricerca sui tokamak in tuttoil mondo.

Il progetto è quindi progredito sostan-zialmente. Verso la metà degli anni set-tanta i dispositivi tokamak raggiunserotemperature di 3000 eV e valori del pa-rametro di confinamento di circa 1018secondi per metro cubo. Oggi gli espe-rimenti sui tokamak di maggior potenza- il Joint European Torus (JET), il to-kamalc JT-60 in Giappone, il TokamakFusion Test Reactor (TFTR) e i tokamakDIII-D negli Stati Uniti - hanno raggiun-to temperature del plasma di 30 000 eVe valori del parametro di confinamentodi 2 x 10 19 secondi per metro cubo. Glo-balmente, il triplo prodotto di densità,tempo di confinamento e temperatura èaumentato di un fattore superiore a 100durante gli ultimi 20 anni.

Nell'ottobre scorso il gruppo del JETriuscì a compiere un ulteriore passoavanti. Usando deuterio e trizio, la mac-china produsse più di un milione di wattdi energia da fusione per due secondi,una quantità superiore di due ordini digrandezza a quella prodotta in preceden-ti esperimenti. E altrettanto significativoche questo risultato abbia confermato leprevisioni. Risultati ancora più impor-tanti potranno essere ottenuti dopo l'e-state del 1993, quando inizieranno sulTFTR gli esperimenti deuterio-trizio. Cisi augura che quelle reazioni siano ingrado di generare 30 milioni di watt dienergia da fusione, un valore approssi-mativamente uguale a quello necessarioper mantenere il plasma nello stato co-siddetto «di pareggio» (breakeven), unostadio intermedio in cui il plasma pro-duce tanta energia quanta ne viene im-piegata per scaldarlo.

Vanno considerati altri due indicatoridi progresso non altrettanto evidenti. Inprimo luogo il fattore «beta», ovvero ilrapporto fra la pressione del plasma equella esercitata dal campo magneticoesterno che tiene assieme il plasma. Es-senzialmente, è una misura dell'efficien-za con cui i magneti confinano il plasma.Per una data pressione del plasma, quan-to più alto è il valore di beta tanto mi-nore è il campo magnetico, e quindi tan-to più piccoli ed economici i magneti.Verso la metà degli anni settanta, negliesperimenti si raggiungevano valori di

beta dell'ordine dell'uno per cento, il2-6 per cento in meno di quanto richie-sto da tokamak di uso pratico. Si è au-mentato beta avvalendosi di varie tecni-che, per esempio cambiando la formadella sezione trasversale del plasma daun cerchio a un'ellisse verticale. Il to-kamak DIII-D, alla General Atomics diSan Diego, ha raggiunto il massimo va-lore di beta, il 10 per cento circa. Questovalore supera quello desiderato in modosostanziale, e dimostra un aspetto im-portante della validità economica di que-sti schemi di confinamento magnetico.

In secondo luogo c'è il problema dimantenere il flusso di corrente nel pla-sma. Ricorderemo che questa corrente èindotta da elettromagneti esterni. In baseai principi dell'elettrodinamica una cor-rente continua indotta può essere ali-mentata solo da un campo magneticoche aumenti costantemente d'intensità;non può fluire corrente se il campo ma-gnetico si mantiene costante. I magnetiesterni che inducono la corrente nel pla-sma devono perciò generare un campoche aumenti indefinitamente, cosa im-possibile a livello pratico. Dopo un pocova quindi interrotta l'attività del plasmae riportata al valore iniziale la quantitàdi corrente fra i magneti. Solo un mezzoesterno, non induttivo, di alimentazionedella corrente del plasma può far funzio-nare il plasma con continuità.

Nel 1971 Roy J. Bickerton, Jack W.

Conner e J. Bryan Taylor del CulhamLaboratory di Abingdon, in Gran Breta-gna, suggerirono un modo per stabiliz-zare la corrente. Essi prevedevano che ilgradiente radiale di pressione e le forzeviscose parallele al campo si sarebberocombinati in plasmi sufficientementecaldi da produrre una corrente toroidaleautoindotta. Questo flusso elettrico auto-indotto viene chiamato anche «correntedi bootstrap». Qui, finalmente, sembra-va che la natura potesse fornire gratuita-mente qualche cosa in grado di consen-tire ai tokamak di funzionare in regimestazionario. Gli esperimenti per confer-mare l'esistenza di una corrente autoin-dotta si rivelarono inutili fino al 1989,quando con TFTR, e poi con JET e JT--60 si giunse infine alla sua scoperta.

I risultati ottenuti con questa correntenel JT-60 sono di particolare importanzaper la fusione; in certi casi essa ammon-tò fino all' 80 per cento dei 500 000 am-pere di corrente circolanti nel plasma. Inesperimenti distinti, si riuscì a mantene-re nel plasma una corrente toroidale didue milioni di ampere.

Nonostante i progressi nella ricerca

sui tokamak, restano aperti molti in-terrogativi. Non si capisce ancora la na-tura fondamentale del trasporto turbo-lento di particelle e di calore attraversole linee di forza del campo magnetico,un processo che riduce la temperatura

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LE SCIENZE n. 286, giugno 1992 53

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Il tokamak ITER

Questo reattore sperimentale, alto circa 25 metri, sarà il più grande tokamak finora realizzato. La sola ca-

mera del plasma misurerà 4,3 per 8,4 metri. Lo spaccato(qui sotto) mostra le caratteristiche essenziali della mac-china. Fra le più importanti, gli elementi del sistema diprotezione dal calore, molti dei quali sono ora soltanto infase di progetto concettuale. Il sistema protettivo (a) con-

sisterebbe di tre parti fondamentali: la prima parete, ilmantello e lo schermo. Esso non solo fungerebbe da iso-lante, ma potrebbe anche produrre trizio. Il calore irradia-to dal plasma incontrerebbe all'inizio la prima parete co-stituita da piastrelle di materiale composito in fibra di car-bonio montate su tubi raffreddati ad acqua. Il mantelloassorbirebbe i neutroni prodotti nella reazione. Per rige-

nerare il trizio, il mantello potrebbe contenere litio e forse berillio in barre diacciaio inossidabile. Lo schermo consisterebbe di strutture in acciaio inossi-dabile raffreddate ad acqua e assorbirebbe tanto le radiazioni quanto il calore.Un altro importante componente sarebbe la piastra del cosiddetto “divertore»(b), che assorbirebbe l'energia delle particelle cariche provenienti dal plasma.Potrebbe essere costruita con piastrelle di materiale composito in fibra di car-bonio montate su tubi raffreddati ad acqua.

STRUTTURA DI SUPPORTO/RECIPIENTE CRIOSTATICO

(CONTENENTE IL REFRIGERANTEPER I MAGNETI) PORTELLI

DI ACCESSOE MANUTENZIONE

MAGNETECENTRALE

CAMERA DEL PLASMA

MAGNETEDEL CAMPO TOROIDALE

PORTELLO DI ACCESSOALLA CAMERA DEL PLASMA

MAGNETEDEL CAMPO VERTICALE

a PIASTRELLEIN FIBRA

DI CARBONIO

TUBIRAFFREDDATIAD ACQUA

TUBI RAFFREDDATIAD ACQUA

BARREDI ACCIAIO INOSSIDABILE

CONTENENTI LITIO

BLOCCO DI ACCIAIOINOSSIDABILE

MORSETTO CHE TIENEUNITE LE VARIE PARTI

ISOLAMENTOELETTRICO

PRIMAPARETE MANTELLO SCHERMO

PIASTRELLEIN FIBRADI CARBONIO

REFRIGERANTE

STRUTTURA DI SUPPORTOIN ACCIAIO INOSSIDABILE

del plasma. Non è ancora completa laconoscenza della fisica della ignizione edella fusione continuata. Con ITER sicercherà di rispondere a questi interro-gativi. Ci si prefigge infatti di raggiun-gere le condizioni di ignizione e di com-bustione del plasma tipiche di un veroreattore a fusione, per poi valutare e sot-toporre a verifica le tecnologie necessa-rie per la fusione commerciale.

Gli scopi del programma ITER sonostati stabiliti da una collaborazione inter-nazionale di 40-60 scienziati, tra i qualinoi e i nostri colleghi del comitato diconsulenza. Il gruppo ha collaborato perlunghi periodi al Max-Planck-Institut fiirPlasmaphysik, dal 1987 al 1990, e imembri si sono spesso incontrati con ilcomitato di consulenza alla InternationalAtomic Energy Agency di Vienna, la se-

de di rappresentanza ufficiale del pro-gramma. Dopo aver definito le caratte-ristiche tecniche del tokamak ITER, si èpassati alla realizzazione di un progettoconcettuale per l'impianto. Si è quindisviluppato un piano per il programma diattività e di ricerca, un argomento digrande importanza dato che la macchinafunzionerà per almeno 15 anni.

Il gruppo ha anche stabilito un calen-dario: la costruzione avrà luogo dal 1997al 2004 e il reattore sarà consegnato nel2005. Naturalmente il calendario dipen-derà dal grado di accordo fra i parteci-panti e dalla stabilità politica delle partiin causa. Ci aspettiamo, tuttavia, che sipossa decidere il sito per la costruzioneentro quattro anni, anche se sarà dispo-nibile ancora un anno per ufficializzarela decisione finale a procedere.

Stimiamo che si spenderà un miliardodi dollari per completare il progetto in-gegneristico e per compiere ricerca esviluppo relativi. Questo costo dovrà es-sere equamente diviso tra le quattro po-tenze coinvolte e distribuito nell'arcodei sei anni di progetto. Il costo di co-struzione è valutato intorno ai 5,8 miliar-di di dollari, durante i 6-7 anni necessariper realizzare ITER. Resta ancora da de-cidere se il costo di costruzione sarà di-viso in parti uguali fra i partecipanti, ose la nazione ospite del progetto pagheràuna quota maggiore per controbilanciarei benefici che ne verranno alla propriaeconomia. Durante la costruzione, sononecessari altri 500 milioni di dollari perricerca e sviluppo. Sommando tutte que-ste cifre, si arriva a un costo totale diprogetto e costruzione di circa 7,5 mi-

liardi di dollari nell'arco di 13 anni.Alla costruzione seguiranno, secondo

il programma, due fasi importanti. Laprima, quella fisica, avrà una durata di6-8 anni e durante il suo svolgimento sicercherà di raggiungere condizioni diignizione e di combustione del plasmaanaloghe a quelle che si dovrebbero ave-re in un reattore a fusione operativo. Do-po l'avvio e il completamento della spe-rimentazione, l'impegno si concentreràsul funzionamento stazionario del pla-sma e sui requisiti tecnici perché avven-ga la fusione di deuterio e trizio. Si stu-dieranno inoltre gli effetti del riscalda-mento del plasma da parte delle particel-le alfa, la dinamica e il controllo dellacombustione del plasma, la diffusione ela rimozione dell'elio una volta che ab-bia esaurito tutta la propria energia.

La fase successiva sarà un programmapluriennale riguardante soprattutto gliaspetti tecnologici e ingegneristici. Mol-te tecnologie saranno già state sperimen-tate nella fase fisica, come il funziona-mento dei magneti superconduttori, i si-stemi di riscaldamento del plasma e dialimentazione della corrente, i dispositi-vi per il rifornimento del combustibile eper l'eliminazione delle scorie, gli stru-menti di manutenzione a distanza e i si-stemi ausiliari esterni. La fase tecnolo-gica verificherà insieme prestazioni edurevolezza della strumentazione, non-ché materiali e progetti alternativi.

Il progetto dovrebbe condurre allarealizzazione di un reattore ITER in gra-do di generare 1000 megawatt di poten-za dalla fusione di deuterio e trizio. Que-sto risultato sarebbe un successo. La

produzione prevista di energia da fusio-ne è di tre ordini di grandezza superiorea quella raggiunta dal JET, il più potentereattore a fusione attualmente esistente.Il sistema a plasma funzionerà inizial-mente a impulsi della durata di oltre treminuti prima che si debba ripristinare lacorrente nei magneti del trasformatore.Alla fine il plasma dovrebbe funzionarein regime stazionario, se si riuscirà asfruttare qualche combinazione di cor-rente autoindotta e di un sistema supple-mentare per pilotarla. Una soluzione diquesto tipo è attualmente allo studio perJT-60 e TF"TR. La corrente del plasmadovrebbe raggiungere circa 25 milioni diampere, superando così di 20 milioni diampere la corrente raggiunta nel JET. Ledimensioni del tokamak ITER sarannoapprossimativamente il doppio di quelledel più grande tokamak attualmente infunzione: la sezione trasversale ellitticadel toro avrà una larghezza di 4,3 metrie un'altezza di 8,4, e il raggio esternomisurerà un po' più di 6 metri.

L'intenso campo magnetico toroidalenecessario per confinare il plasma saràgenerato da 16 magneti superconduttori,a forma di D. Con un'altezza di 14,8 me-tri e una larghezza di 7,1, questi magnetisuperconduttori saranno i più grandi delmondo. L'elio liquido manterrà allatemperatura di circa 4,5 kelvin il cavosuperconduttore che, costruito in leganiobio-stagno incorporata in una matricedi rame, sarà in grado di trasportare35 000 ampere di corrente. Ogni magne-te consterà di 240 avvolgimenti.

Il sistema potrà così generare un cam-po magnetico di 4,85 tesla al centro delplasma, ma per la configurazione toroi-dale del confinamento, il massimo cam-po che si ha sul lato interno dell'asta del-la D è di 11,2 tesla. Questo campo, paria 200 000 volte il campo magnetico me-dio della Terra, riesce a immagazzinareun'energia otto volte superiore a quelladei magneti degli attuali tokamak. Altrimagneti superconduttori genereranno ilflusso del trasformatore e modellerannola sezione trasversale del plasma.

I magneti superconduttori vanno iso-lati dal plasma adiacente, perché l'enor-me quantità di calore generata dalle rea-zioni di fusione renderebbe impossibilela loro refrigerazione. In più i neutronidi alta energia liberati nella reazionedanneggerebbero i materiali di cui sonfatti i magneti. Questi neutroni contri-buiscono per 1'80 per cento al calore li-berato da ogni reazione di fusione, men-tre il restante 20 per cento viene depo-sitato nel plasma dalle particelle alfa. Ilcalore del plasma sfugge sotto forma diradiazione elettromagnetica (principal-mente raggi X) e di particelle caricheche riescono a diffondere dal corpo prin-cipale del plasma.

La superficie interna della camera delplasma costituisce il primo strato di pro-tezione termica. Questa «prima parete»sarà costruita con pannelli di acciaioinossidabile raffreddati ad acqua. Un ri-

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vestimento di protezione, in fibra com-posita di carbonio, impedirà ai pannellidi fondere o di deteriorarsi. Questa so-luzione è analoga a quella già adottataper la superficie inferiore dello spaceshuttle, che si è dimostrata in gradodi resistere a condizioni estreme comequelle incontrate dalla navetta in fase dirientro. Si tratta di un rivestimento inpiastrelle in fibra di carbonio, rimovibiliper consentire le operazioni di manuten-zione e in grado di resistere a tempera-ture di oltre 1800 kelvin. Questo mate-riale ha anche la proprietà di irradiare lamaggior parte del calore che assorbe.

Il calore liberato sotto forma di parti-celle cariche seguirà le linee di forza delcampo magnetico verso l'alto e verso ilbasso della camera del plasma. Qui, unsistema speciale di piastre, il «diverto-re», assorbirà circa 100 megawatt di po-tenza. Questo sistema è uno degli ele-menti più critici di ITER poiché può es-sere sottoposto a un carico che può av-vicinarsi anche a 25 milioni di watt permetro quadrato, contro i circa 1300 wattper metro quadrato di radiazione solareche raggiungono in media gli stratiesterni dell'atmosfera della Terra. An-che in questo caso è stato proposto unrivestimento in fibra composita di car-bonio fatto di piastrelle collegate a unpozzo di calore, ma in proposito vannofatte ulteriori ricerche e sperimentazioni.

nietro alla prima parete vi sarà un ul-teriore sistema di protezione avente

uno spessore di 1,5 metri e costituito dadue elementi: un mantello e uno scher-mo. Questo sistema è il punto crucialedella fase tecnologica di ITER ed è il so-lo sistema di rilievo che non sia stato an-cora sperimentato. I progetti proposti so-no diversi, ma quello finale sarà sceltoentro i prossimi sei anni, durante la faseingegneristica del progetto.

Secondo una prima proposta il man-tello dovrebbe consistere di barre cavedi acciaio inossidabile. All'interno diqueste barre si troverebbero delle sfere,di un millimetro di diametro, in materia-le ceramico a base di litio, come ossidoo alluminato. (In alternativa, il litio po-trebbe avere la forma di strati di mate-riale sinterizzato.) L'acqua di raffredda-mento passerebbe all'esterno delle barreper rimuovere il calore, mantenendo latemperatura delle sfere all'interno tra i670 e gli 870 kelvin.

Strutturato in questo modo, il mantel-lo dovrebbe essere in grado di rimuoverela maggior parte dell'energia dei neutro-ni (sotto forma di calore). I neutroni sa-ranno rallentati abbastanza da poter es-sere assorbiti con elevata efficienza dalmantello. L'assorbimento è in effetti unmetodo per produrre, o rigenerare, piùcombustibile. Gli isotopi naturali del li-tio, specialmente il litio 6, catturano fa-cilmente i neutroni di alta energia e sidisintegrano in elio e trizio. In effetti, sipuò produrre più trizio di quanto se neconsumi se nel mantello verrà incorpo-

rata una certa quantità di berillio. Quan-do assorbe un neutrone di energia eleva-ta, il berillio infatti produce due neutronisecondari addizionali, che possono esse-re catturati dal litio.

Il trizio prodotto nelle barre si diffon-de dalle sfere di ceramica a base di litio.L'elio gassoso a bassa pressione passaall'interno dei tubi di acciaio eliminandole impurezze e trasportando il trizio a unsistema di recupero e riciclaggio. L'elioin forma di gas serve anche a trasferireil calore dall'involucro delle sfere di li-tio alle pareti del tubo contenitore.

Dietro questa zona di rigenerazionedel trizio e di rimozione del calore si tro-va l'ultima barriera di protezione: loschermo raffreddato ad acqua. Benchécostruito soprattutto in acciaio inossida-bile, lo scudo contiene anche carburi dipiombo e di boro, una combinazione ef-ficiente nel rallentare i neutroni chesfuggono dal mantello. Per ogni watt dipotenza neutronica che attraversa la pri-ma parete, meno di 60 microwatt rag-giungono il sistema dei magneti. Inoltrelo schermo blocca la radiazione gammaprodotta dall'interazione dei neutronicon gli atomi del mantello. Lo schermoserve quindi anche a proteggere gli ad-detti all'impianto e il pubblico dall'e-sposizione alle radiazioni.

Perché il reattore ITER possa divenirecompletamente operativo andranno mes-si a punto molti altri sistemi, per esem-pio quello per l'iniezione di deuterio etrizio per il rifornimento del plasma equello di scarico per la rimozione dell'e-lio e per il mantenimento del vuoto. Perla manutenzione del toro si dovrà proba-bilmente ricorrere a robot a causa dellaradioattività.

Un impianto di energia da fusione ve-ro e proprio, ossia che produca elettrici-tà, richiederà da ultimo un sistema cherecuperi il calore generato dalla reazio-ne. Il refrigerante del mantello e delloschermo servirebbe allo scopo e verreb-be utilizzato per trasportare i circa 2500megawatt di energia termica che il reat-tore produce. Il refrigerante cederebbe ilproprio calore a un generatore di vaporee il vapore andrebbe ad alimentare unaturbina per la produzione di circa 1000megawatt di potenza.

Benché il reattore ITER venga co-struito essenzialmente per verificare icomponenti integrati di un tokamalc, es-so non produrrà energia elettrica. I re-quisiti per un reattore che generi elettri-cità saranno sperimentati nella secondaparte del programma operativo di ITER,il che potrà tradursi nella necessità di ap-portare modifiche ai materiali e ai pro-getti dei meccanismi adottati per ITER.

Questa seconda parte del programmasarà perciò dedicata allo studio di nuovimateriali e concezioni più adatti a unacentrale di potenza. Per il mantello e loschermo verranno sperimentati materia-li, come leghe di vanadio e ceramicherinforzate con fibre di carburo di silicio,che non diventano radioattivi quanto

l'acciaio inossidabile. Si è altresì propo-sto di usare litio o una lega litio-piomboin forma liquida, per generare il trizio:allo stato liquido il litio agirebbe ancheda refrigerante.

per verificare l'idoneità dei progetti, si

deve fissare l'intensità del flusso dineutroni a un livello sufficientemente al-to da rendere i risultati trasferibili allascala di una centrale di potenza. In ITERil flusso di neutroni primari prodotti dal-la fusione sarà di 1,2 megawatt per me-tro quadrato, sufficiente per valutare co-me si comporta una particolare configu-razione di mantello e schermo. Le varia-zioni nelle proprietà termiche e fisichedella ceramica saranno osservabili nelcorso di un mese circa di esposizionecontinua, o per un periodo equivalente.Dopo un tempo che va da uno a tre anni,si potranno analizzare le variazioni nelleproprietà delle strutture metalliche.

A causa della durata, questa speri-mentazione sulle variazioni di proprietàpuò essere effettuata in un reattore a fu-sione diverso e molto più piccolo diITER. Gli esperimenti eseguiti su ITERrichiederanno che il dispositivo funzionicontinuamente per una settimana o più,ogni volta. Combinando il numero deicollaudi e il tempo necessario per ognu-no di essi, nonché la molteplicità deiprogetti, appare evidente la ragione percui si rende indispensabile un program-ma pluriennale. Il programma, inoltre,dimostra l'importanza dell'impresa tec-nologica ITER come centrale pilota perl'energia da fusione.

Il programma ITER può anche aprireun nuovo mondo in un altro senso. I pro-getti della cosiddetta big science, qualiil Supercollisore a magneti supercondut-tori e il Progetto genoma umano, stannospingendo al limite le risorse degli StatiUniti. ITER, invece, è stato completa-mente internazionale fin dalla sua idea-zione e può perciò dimostrarsi para-digmatico per i progetti scientifici digrande scala. Ma anche se così non fos-se, possiamo essere sicuri che ITER cicondurrà alla prossima frontiera della ri-cerca sulla fusione.

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