italiana morfologia

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LIMBA ITALIANĂ CONTEMPORANĂ Lector univ. drd. GETA POPESCU OBIECTIVE Cursul îşi propune să prezinte într-o formă sintetică părŃile de vorbire, flexibile şi neflexibile, probleme de primă importanŃă pe care limba italiană le ridică studentului din anul I, zi, frecvenŃă redusă sau învăŃământ la distanŃă, interesat de achiziŃionarea unor structuri şi construcŃii specifice limbii. În prezentarea categoriilor morfologice se insistă asupra regulilor şi excepŃiilor, având ca suport numeroase exemple, şi pe diferenŃele faŃă de limba română, respectându-se caracterul specific al limbii italiene. Semestrul II MORFOLOGIA 5. IL VERBO Il verbo è la parte variabile del discorso indispensabile alla chiarezza, alla compiutezza del significato del contesto in cui si trova. Esso può indicare: - un’azione compiuta o subita dal soggetto: Il bambino ascolta i consigli dei genitori. Il quadro è stato acquistato da un collezionista. - un’azione che si compie indipendentemente dal soggetto: Fa molto freddo. - uno stato, un modo di essere del soggetto: Andrea è felice. - la semplice esistenza del soggetto: La sensibilità vive in ciascun essere umano. - il rapporto tra soggetto e nome del predicato o complemento predicativo: Ogni cane sembra fedele. Il cane è considerato la guardia della casa. Classificazione dei verbi ausiliari copulativi predicativi transitivi attivi passivi riflessivi propri apparenti reciproci intransitivi assoluti relativi pronominali servili fraseologici impersonali difettivi sovrabbondanti 5.1. I verbi ausiliari Essere è l’ausiliare caratteristico per i tempi composti dei verbi riflessivi e pronominali, dei verbi impersonali e di parecchi intransitivi, specie i verbi di moto; inoltre serve per tutti i tempi della coniugazione passiva: mi sono lavato (riflessivo), ti sei pentito (pronominale), si è lavorato molto (impersonale), siamo partiti (intransitivo), è stato lodato (passivo). Nella categoria dei verbi di moto rientrano: arrivare, andare, cadere, entrare, tornare, ritornare, salire, scendere, uscire, venire, ecc. più diventare = divenire, nascere, rimanere = restare.

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Page 1: Italiana Morfologia

LIMBA ITALIAN Ă CONTEMPORANĂ

Lector univ. drd. GETA POPESCU OBIECTIVE Cursul îşi propune să prezinte într-o formă sintetică părŃile de vorbire, flexibile şi neflexibile,

probleme de primă importanŃă pe care limba italiană le ridică studentului din anul I, zi, frecvenŃă redusă sau învăŃământ la distanŃă, interesat de achiziŃionarea unor structuri şi construcŃii specifice limbii. În prezentarea categoriilor morfologice se insistă asupra regulilor şi excepŃiilor, având ca suport numeroase exemple, şi pe diferenŃele faŃă de limba română, respectându-se caracterul specific al limbii italiene.

Semestrul II

MORFOLOGIA

5. IL VERBO

Il verbo è la parte variabile del discorso indispensabile alla chiarezza, alla compiutezza del significato del contesto in cui si trova. Esso può indicare:

- un’azione compiuta o subita dal soggetto: Il bambino ascolta i consigli dei genitori. Il quadro è stato acquistato da un collezionista.

- un’azione che si compie indipendentemente dal soggetto: Fa molto freddo. - uno stato, un modo di essere del soggetto: Andrea è felice. - la semplice esistenza del soggetto: La sensibilità vive in ciascun essere umano. - il rapporto tra soggetto e nome del predicato o complemento predicativo:

Ogni cane sembra fedele. Il cane è considerato la guardia della casa.

Classificazione dei verbi

ausiliari copulativi predicativi transitivi attivi passivi riflessivi propri apparenti reciproci intransitivi assoluti relativi pronominali servili fraseologici impersonali difettivi sovrabbondanti

5.1. I verbi ausiliari

Essere è l’ausiliare caratteristico per i tempi composti dei verbi riflessivi e pronominali, dei verbi impersonali e di parecchi intransitivi, specie i verbi di moto; inoltre serve per tutti i tempi della coniugazione passiva: mi sono lavato (riflessivo), ti sei pentito (pronominale), si è lavorato molto (impersonale), siamo partiti (intransitivo), è stato lodato (passivo).

Nella categoria dei verbi di moto rientrano: arrivare, andare, cadere, entrare, tornare, ritornare, salire, scendere, uscire, venire, ecc. più diventare = divenire, nascere, rimanere = restare.

Page 2: Italiana Morfologia

Avere è l’ausiliare caratteristico per i tempi composti di tutti i verbi transitivi e di vari

intransitivi: ho mangiato (transitivo), ho parlato (intransitivo), impersonali, servili (quando il successivo infinito è transitivo), fraseologici (comincio a …/ inizio a…).

Come verbi autonomi, essere significa: esistere, esser nativo, stare, trovarsi, vivere, mentre

avere significa: conquistare, contenere, ottenere, possedere. Vi sono verbi che possono presentare entrambi gli ausiliari: - i verbi impersonali, di natura meteorologica: nevicare, piovere, ecc.; - i verbi servili: dovere, potere, volere, seguiti dall’infinito di un verbo intransitivo; - alcuni verbi di moto: ho corso per due ore – sono corso incontro a lui; - altri verbi di moto particolari, che possono assumere ora valore transitivo più complemento

oggetto, ora intransitivo: ha salito le scale / è salito per le scale. Possono assumere funzione di ausiliare i verbi servili: dovere, potere, volere. Usati da soli,

prendono l’ausiliare avere: Gli ho voluto molto bene. Quando invece hanno funzione di verbi servili, assumono l’ausiliare richiesto dal verbo che

accompagnano: Ho dovuto studiare. Sono voluto partire. funzioni degli ausiliari copulativo (copula): Giulia è contenta. essere predicativo: Il libro è sulla scrivania. ausiliare: Gianni è arrivato. avere predicativo: I ragazzi hanno molta vitalità. ausiliare: Gli anziani hanno acquisito molte esperienze. 5.2. Verbi copulativi

I verbi copulativi hanno un senso generico e servono a collegare il soggetto a un nome (= nome del predicato) o a un aggettivo; hanno quindi una funzione analoga a quella del verbo “essere”, che si chiama copula. Rientrano in questa categoria:

- verbi copulativi veri e propri o effettivi: sono tutti intransitivi, quindi hanno la sola forma attiva ed esprimono uno stato: restare, rimanere, stare; un’apparenza: parere, sembrare; una trasformazione: diventare, divenire:

Rimaneva immobile a scrutare qualcosa... Tu sembri un principe. Il cielo diventa nuvoloso. - verbi appellativi: sono transitivi e possono trovarsi nella forma attiva o passiva: chiamare,

denominare: Federico II era chiamato il Barbarossa. - verbi elettivi: sono transitivi e possono trovarsi nella forma attiva o passiva: eleggere,

nominare: Il professor Neri è stato eletto vicario dal Preside. - verbi estimativi e giudicativi: hanno le stesse caratteristiche dei precedenti: considerare,

ritenere, giudicare, stimare: Qualcuno aveva considerato un affare vantaggioso la cattura delle belve. 5.3. Verbi predicativi

I verbi predicativi hanno senso compiuto, cioè non hanno bisogno né di una parte nominale né di una parte verbale per esprimere un significato. Essi, che comprendono la maggior parte dei verbi italiani, possono appartenere a due gruppi:

- verbi transitivi: esprimono un’azione che passa, che transita direttamente dal soggetto che la compie all’oggetto che la riceve;

- verbi intransitivi: esprimono un’azione che rimane sul soggetto che la compie. 5.4. Verbi transitivi

Si chiamano transitivi i verbi che possono avere un complemento oggetto. Nella frase: Luca legge un libro. l’oggetto del verbo “leggere” è esplicitamente indicato.

Invece nella frase: Luca legge.

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manca l’oggetto determinato, anche se implicitamente esiste, in quanto l’azione di leggere non si può concepire se non in rapporto a qualcosa che costituisca oggetto della lettura. Nei tempi composti l’ausiliare è avere: Gli allievi avevano salutato il docente.

Nella frase: Il giornale è letto da Paolo. l’azione è ricevuta dal soggetto. Nei tempi composti si usa l’ausiliare essere.

Nella frase: Ilaria si pettina. l’azione, compiuta dal soggetto, si riflette sul soggetto stesso. Nei tempi composti l’ausiliare è essere.

5.5. Verbi intransitivi

Sono intransitivi i verbi che esprimono un’azione che rimane sul soggetto che la compie. Essi possono appartenere a tre gruppi:

- assoluti: dopo questi verbi è possibile trovare complementi indiretti (introdotti da una preposizione):

Presto verremo ad Amsterdam da voi. Sono intransitivi assoluti i verbi copulativi effettivi: restare, sembrare, diventare, ecc.: Pare una persona degna di fiducia. Questi verbi possono essere coniugati con l’ausiliare essere o avere, ma non ci sono indicazioni

precise in merito. Solo l’uso e la verifica eventuale sul vocabolario possono aiutare. - relativi: possono essere usati sia transitivamente che intransitivamente, in relazione al

significato ed al contesto: Il cane passa il ponte di corsa. A volte il tempo non passa mai. I verbi intransitivi usati transitivamente sostituiscono l’ausiliare essere con avere: Luca ha corso bene il suo tracciato. - pronominali: possono essere definiti anche riflessivi intransitivi, perché nella coniugazione si

avvalgono dei pronomi atoni mi, ti, si, ci, vi, come i verbi riflessivi veri. Nei tempi composti alcuni verbi usano essere (quelli di moto), gli altri avere: Sono caduti per le scale. Avete parlato per delle ore. Sono intransitivi anche i verbi: aderire, giovare, rinunciare, che hanno un complemento indiretto

introdotto dalla preposizione a: Tutti aderirono all’iniziativa. La ginnastica giova al fisico. Non rinunciare mai a ciò che ti spetta. Verbi normalmente intransitivi diventano transitivi quando sono seguiti da un “complemento

oggetto interno”, cioè un sostantivo che ha la stessa base del verbo: dormire sonni tranquilli, morire una morte gloriosa, parlare parole chiare, piangere lacrime amare; si può facilmente osservare che tra verbo e complemento oggetto c’è un rapporto semantico molto stretto.

Alcuni verbi possono essere transitivi oppure intransitivi col cambiare del significato: attendere (= aspettare) un amico / attendere (= dedicarsi) ai propri affari; aspirare il fumo / aspirare (= anelare) al successo.

5.6. Verbi sovrabbondanti

Sono pochi verbi che avvendo la stessa radice appartengono a due coniugazioni diverse. Si possono avere:

- verbi che mantengono lo stesso significato: adempiere = adempire; annerare = annerire; colorare = colorire; scolorare = scolorire;

compiere = compire; dimagrare = dimagrire; riempiere = riempire; starnutare = starnutire. - verbi che cambiano il significato, sono quindi coppie di verbi diversi: abbrunare (= mettere il lutto) / abbrunire (= diventare bruno); atterrare (= posarsi sulla

terra) / atterrire (= incutere spavento); fallare (= commettere un errore) / fallire (= non raggiungere il fine); impazzare (= fare chiasso) / impazzire (= diventare pazzo); imboscare (= nascondere in un bosco) / imboschire (= ridurre un terreno a bosco); sfiorare (= passare accanto toccando leggermente); (scremare) / sfiorire (= appassire).

5.7. Verbi difettivi

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Sono verbi dei quali si adoperano solo alcune forme, hanno quindi una coniugazione incompleta; molto spesso si presentano solo alla III persona singolare o plurale:

addirsi: si addice, si addicono; si addiceva, si addicevano; (che) si addica, si addicano; si addicesse, si addicessero;

solere: soglio, suoli, suole, sogliamo, solete, sogliono; solevo…; (che) io soglia, tu soglia, egli soglia, noi sogliamo, voi sogliate, essi sogliano; io solessi…; solito; solendo;

urgere: urge, urgono; urgeva, urgevano; urgerà, urgeranno; urga, urgano; urgesse, urgessero; urgerebbe, urgerebbero; urgente; urgendo;

vigere: vige, vigono; vigeva, vigevano; vigerà, vigeranno; viga, vigano; vigesse, vigessero; vigerebbe, vigerebbero; vigente; vigendo.

5.8. Verbi impersonali

Si chiamano impersonali quei verbi che non hanno un soggetto determinato e si usano soltanto nei modi indefiniti e nella III persona singolare dei tempi dei modi finiti:

Nevica; nevicava; nevicò; nevicherà. Comincia a nevicare. Sta nevicando. Si possono raggruppare in alcune categorie: - verbi che indicano fenomeni atmosferici: nevicare, piovere, tuonare, lampeggiare, grandinare,

albeggiare, annottare: Tanto tuonò che piovve. Adoperati in senso figurato, questi verbi diventano personali: Una voce tuonò all’improvviso. Anche il verbo fare può essere usato in forma impersonale: fa freddo; faceva caldo. - verbi di solito impersonali (ma usati anche personalmente) e locuzioni formate dal verbo essere

più un aggettivo o un nome: accadere = avvenire = capitare = succedere, bisognare = occorrere, bastare, convenire, importare, necessitare; è necessario = è opportuno, è bene, è certo = è chiaro = è evidente = è ovvio, è sufficiente:

Bisogna affrettarsi. Sembra che tutto vada bene. E’ necessario avere pazienza. E’ opportuno che tu parta subito. Questi verbi possono avere la coniugazione personale: Non bastano pochi minuti per prendere una decisione davvero importante. - verbi impropriamente impersonali: sembrare = parere, piacere, (di)spiacere = rincrescere: Spiace sempre non soddisfare gli altri. Questi verbi, come pure i precedenti, hanno in realtà un soggetto, si tratta dell’infinito o della

proposizione soggettiva: Mi piace ascoltare buona musica. Sembra che possiamo essere soddisfatti dei risultati ottenuti. Anche questi verbi possono essere usati personalmente: Le automobili viste dall’ultimo piano di un grattacielo sembrano formiche. - verbi usati impersonalmente preceduti dalla particella pronominale si alla III persona singolare

di ogni tempo (con funzione di soggetto indeterminato): Si dice; si pensava; si vide, ecc. Troppo spesso si parla senza riflettere. Ai verbi riflessivi e pronominali, nei quali è già presente la particella si, si ricorre ad un’altra,

ci: Ci si lava; ci si pentì; ci si accorse, ecc. (= Qualcuno si lava) In quella situazione ci si muoveva con difficoltà. La particella ci sostituisce quindi un pronome indefinito del tipo: “uno”, “qualcuno”, “un tale”. Per ciò che riguarda i tempi composti, c’è la sostituzione dell’ausiliare avere (nel caso, ad

esempio, del verbo lavare) con essere, secondo la regola che tutti i verbi preceduti dalla particella pronominale si coniugano con questo ausiliare:

Si è visto Ugo in città. (= Qualcuno ha visto Ugo in città) I verbi che indicano fenomeni atmosferici possono usare l’ausiliare essere, se si vuole indicare il

fatto in se stesso: L’inverno scorso è nevicato molto. e l’ausiliare avere, se si vuole indicare il perdurare dell’azione: Ieri ha piovuto per tre ore.

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5.9. Verbi servili

Non solo gli ausiliari essere e avere, ma anche i verbi servili e fraseologici servono come appoggio ad altri verbi.

I verbi servili propriamente detti sono: dovere, potere, volere; essi reggono l’infinito di un altro verbo, del quale indicano una modalità (rispettivamente la necessità, la possibilità, la volontà):

Ho dovuto camminare molto. (la necessità) Non ha potuto aiutarmi. (la possibilità) Monica vuole leggere tutto il giorno. (la volontà) Un verbo servile ha l’ausiliare del verbo che lo segue: Ho dovuto (potuto, voluto) parlargli. Sono dovuto (potuto, voluto) tornare subito. La presenza di un pronome atono, che si può collocare prima o dopo il verbo servile, ha effetto

sulla scelta dell’ausiliare: Non ho potuto andarci. Non ci sono potuto andare. A questi verbi si aggiungono solere e sapere (= essere capace) che diventano servili quando sono

seguiti da un verbo all’infinito: Soleva leggere sdraiato sul divano. Sa fare molte cose. Anche altri verbi reggono l’infinito: desiderare, lasciare, osare, preferire, tentare, vedere:

Desiderava tornare a casa. Lo lascio dire tutto. Non oserebbe chiedertelo. Preferirei andarci da solo. L’ho visto partire ieri sera.

5.10. Verbi fraseologici

I verbi fraseologici, detti anche aspettuali per il particolare aspetto che conferiscono all’azione del verbo che li accompagna, possono essere seguiti da un gerundio o da un infinito preceduto da preposizione. Talvolta assumono l’aspetto di vere e proprie perifrasi:

Sto (stavo) parlando. (azione durativa) Sto (stavo) per partire. (azione imminente) Cominciò (= iniziò) a parlare. (inizio dell’azione) Continuava (= seguitava) a dire. (proseguimento dell’azione) Smisi di parlare. (fine dell’azione) Finisco (= cesso) di annoiarti. Vi sono anche locuzioni con valore fraseologico: essere sul punto di, andare avanti: Era sul punto di partire quando si sentì chiamato. Andai avanti alle sue proposte perché giuste. I verbi fraseologici costituiscono un unico predicato con il verbo che li accompagna. 5.11. Forma attiva e passiva

Secondo la relazione che stabilisce con il soggetto, il verbo può essere attivo o passivo. Nella forma attiva il soggetto del verbo è l’agente della frase:

I turisti ammiravano il panorama. Mio padre è andato a Roma. Tutti i verbi transitivi e intransitivi hanno la forma attiva. La forma passiva è possibile solo con i verbi transitivi; la loro coniugazione avviene

esclusivamente con l’ausiliare essere, tanto nei tempi semplici, quanto nei tempi composti. Nella forma passiva il vero agente della frase non è il soggetto, ma il complemento, che si

chiama infatti “complemento d’agente o di causa efficiente”:

Forma attiva: La polizia insegue i ladri. (soggetto) (verbo (compl. oggetto) alla forma attiva)

Forma passiva: I ladri sono inseguiti dalla polizia. (soggetto) (verbo (compl. d’agente) alla forma passiva) La forma passiva è caratterizzata in italiano dall’ausiliare essere, seguito dal participio passato

del verbo. Il verbo deve appartenere alla categoria dei transitivi, perché solo questi possono trasformarsi in passivi, in quanto il complemento oggetto diventa soggetto nella forma passiva. Il soggetto della frase attiva diventa nella frase passiva complemento d’agente, introdotto dalla

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preposizione da. Si può avere la forma passiva anche senza che il complemento d’agente sia specificato:

L’orologio è stato riparato. I suoi consigli non furono seguiti. Il significato di una frase di forma attiva è identico a quello della corrispondente frase di forma

passiva. 5.12. Forma riflessiva

Si chiama riflessiva ogni costruzione in cui il soggetto e il complemento oggetto coincidono; dunque il fatto espresso dal verbo riflessivo “si riflette” sul soggetto stesso:

Io mi lavo equivale a io lavo me stesso; Tu ti pettini “ tu pettini te stesso; Andrea si veste “ Andrea veste se stesso. In tutti questi casi il soggetto e il complemento oggetto sono la stessa persona. Il complemento

oggetto di un verbo riflessivo è sempre costituito dai pronomi personali atoni mi, ti, si, ci, vi. Quando invece queste particelle non svolgono la funzione di un complemento oggetto, ma di un

complemento indiretto (o di termine), non si ha una forma riflessiva vera e propria, ma una forma riflessiva indiretta o apparente. La frase

Io mi lavo le mani equivale a io lavo le mani a me. In questo caso la particella mi significa a me (non me) e il soggetto io non coincide con il

complemento oggetto le mani. Si tratta in questo caso di forma riflessiva apparente (o transitiva pronominale), chiamata così perché nell’aspetto esterno è uguale a una forma riflessiva, ma nella sostanza equivale a una forma transitiva con il complemento oggetto e con un complemento indiretto espresso da un pronome personale atono:

Io mi taglio le unghie. Tu ti pettini i capelli. Carla si prepara la cena. A volte il verbo riflessivo può esprimere una reciprocità d’azione; si parla in tal caso di forma

riflessiva reciproca: amarsi, abbracciarsi, odiarsi, riconciliarsi, ecc. I due fidanzati si amano moltissimo. Ugo e Renato si odiano. Ognuna di queste proposizioni corrisponde in pratica ad almeno due proposizioni coordinate,

non riflessive: Ugo odia Renato e Renato odia Ugo. I due soggetti sono al tempo stesso complementi oggetti l’uno rispetto all’altro. I verbi intransitivi pronominali sono verbi intransitivi preceduti nella coniugazione dalle

particelle pronominali atone mi, ti, si, ci, vi: Io mi vergogno di ciò che ho fatto. In questa frase la particella mi non è riflessiva, ma semplicemente fa parte in modo indissolubile

del verbo, quindi appare in tutta la coniugazione. Il verbo *vergognare non esiste, dunque nemmeno la forma *vergogno; esiste invece un verbo intransitivo pronominale vergognarsi.

Rientrano in questa categoria: - alcuni verbi che hanno solo la forma pronominale, quindi non si possono adoperare senza le

particelle, le quali costituiscono un tutto con il verbo: accorgersi, arrendersi, congratularsi, impadronirsi, pentirsi, ribellarsi, ricordarsi, vergognarsi, ecc.;

- alcuni verbi transitivi che, coniugati con le particelle pronominali, assumono valore intransitivo: addormentarsi, allontanarsi, alzarsi, annoiarsi, avvicinarsi, destarsi, fermarsi, irritarsi, muoversi, offendersi, rattristarsi, scoraggiarsi, spaventarsi, svegliarsi, ecc.

- alcuni verbi intransitivi che si usano anche con le particelle pronominali: approfittarsi, sedersi, ecc.

- alcuni verbi, transitivi o intransitivi, possono anche avere una forma intransitiva pronominale, a volte con significato diverso:

Non trovo più il libro. / Luca si trova a New York. altre invece senza sostanziali differenze:

Non ricordo nulla. / Non mi ricordo nulla. 5.13. Modo e tempo

Il verbo possiede un complesso sistema di forme per esprimere le categorie del modo, del tempo, della persona e del numero; tale sistema si chiama coniugazione o flessione.

5.13.1. Coniugazione del verbo Esistono in italiano tre coniugazioni:

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- la I coniugazione comprende i verbi che all’infinito escono in –are: parlare, aspettare, cercare, pregare, ecc.

- la II coniugazione comprende i verbi che all’infinito escono in –ere: - piani: temere, tenere, possedere; - sdruccioli: credere, prendere, leggere, scrivere.

- la III coniugazione comprende i verbi che all’infinito escono in –ire: offrire, partire, servire, udire; agire, finire, ecc.

I verbi della I coniugazione sono i più numerosi; la II comprende una categoria chiusa di verbi, derivati dalla seconda e terza coniugazione latina; infine la III coniugazione è poco produttiva.

In ogni verbo esistono: - un elemento costante, chiamato radice: parl- in parlare, tem- in temere, fin- in finire; - una vocale tematica, che caratterizza la coniugazione: -a- (I coniugazione), -e- (II

coniugazione), -i- (III coniugazione); - una parte variabile, la desinenza, che consente di individuare il modo, il tempo, la persona e il

numero: -re per l’infinito. La radice e la vocale tematica formano insieme il tema di un verbo, mentre tutto ciò che segue la

radice viene chiamato desinenza: -are, -ere, -ire sono le desinenze dell’infinito. In alcune forme manca la vocale tematica; ciò accade nella I persona dell’indicativo presente: in

parl-o non c’è la -a-, in tem-o non c’è la -e-, in part-o non c’è la -i- (che si ritrova però in fin-i-sco). All’interno della desinenza si può distinguere ancora, in certe forme verbali, una parte che

caratterizza il tempo e un’altra che caratterizza la persona: in parl-a-v-o, tem-e-v-o, part-i-v-o abbiamo una radice (parl-, tem-, part-), una vocale tematica (-a-, -e-, -i-), una caratteristica temporale (-v-) dell’imperfetto indicativo, comune a tutte le coniugazioni, una caratteristica della persona (-o), anch’essa comune alle tre coniugazioni.

I tempi composti di tutti i verbi si formano con l’aiuto dei verbi essere o avere, chiamati verbi ausiliari; il verbo di cui si vuol formare il tempo composto si unisce all’ausiliare nella forma del participio passato: hai cercato, è arrivato, ecc.

5.13.2. Il modo Il parlante può presentare il fatto espresso dal verbo in diversi modi. A volte l’uso di un

determinato modo può dipendere anche da ragioni stilistiche, da una scelta di “registro” o di livello linguistico. Nelle subordinate rette da verbi del tipo parere, ad esempio, si usa di solito il congiuntivo: Mi pare che Luigi abbia ragione.

Ma anche l’indicativo, a un livello d’espressione più popolare: Mi pare che Luigi ha ragione. Esistono in italiano sette modi verbali: - quattro modo finiti (o definiti): indicativo: io amo; congiuntivo: che io ami; condizionale: io amerei; imperativo: ama! - tre modi infinitivi (o indefiniti): infinito: amare; participio: amante; gerundio: amando. Mentre i modi finiti determinano il tempo, la persona e il numero, i modi indefiniti non

determinano la persona e il numero, tranne il participio (che determina solo il numero). L’infinito, il participio e il gerundio sono detti anche “forme nominali del verbo”, perché sono

usati spesso in funzione di sostantivo o di aggettivo: l’infinito : l’essere, il dare, gli averi; il participio presente: l’amante, il participio passato: la (donna) amata; il gerundio: il laureando, il reverendo, ecc.

Il modo indicativo esprime l’azione o lo stato in modo reale. E’ il modo dell’obbiettività positiva: Egli canta. o negativa: Egli non canta.

Esso assume tutte le persone e tutti i numeri, come pure il congiuntivo e il condizionale. Il modo congiuntivo è il modo della soggettività e nelle proposizioni principali esprime un fatto,

un’azione, come possibile, desiderabile. Più frequente è l’uso di questo modo nelle proposizioni dipendenti, che si uniscono alla principale mediante le congiunzioni: che, se, affinché, ecc.: Non voglio che tu mi mentisca.

Il modo condizionale esprime un’azione subordinata a una “condizione”, espressa o sottintesa, indica quindi un’azione che avviene a patto che se ne verifichi un’altra: Se tu fossi fatto frate, saresti

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diventato un buon predicatore. Il modo imperativo esprime un comando (Sta’ zitto una buona volta!), ma anche un consiglio

(Segui la via giusta!), una preghiera (Lasciami, ti prego!). Esso ha solo la II persona singolare (Va’!) e plurale (Andate!), a volte anche la I plurale (Andiamo!). Per la III persona singolare e plurale si ricorre al congiuntivo (Vada!, Vadano!). Nella forma negativa della II persona singolare è sostituito dall’infinito : Non commettere imprudenze!

Il modo infinito indica genericamente l’azione ed ha doppia natura, di nome e di verbo: - come nome equivale a un “nome di azione”, e può avere l’articolo o le preposizioni: Il ridere (= il riso) è indice di allegria. - come verbo appare in varie proposizioni indipendenti: Essere o non essere... questo è il problema! Il participio presenta l’azione come attributo di un nome. Esso conserva il significato d’azione e

al tempo stesso ha due generi e due numeri. Si presenta in due forme: participio presente: -ante / -ente:

I coniugazione: cantante, cantanti; II coniugazione: sorridente, sorridenti; III coniugazione: morente, morenti,

- e participio passato: -to, -ta, -ti, -te: I coniug.: -a-: colorato, colorata, colorati, colorate; II coniug.: -u-: creduto, -a, -i, -e, temuto, ecc. II coniug.: -i-: insistito, -a, -i, -e; piaciuto, taciuto, ecc. III coniug.: -i-: partito, -a, -i, -e, sentito, finito, capito, ecc. III coniug.: -u-: venuto, -a, -i, -e, ecc.

Il participio presente ha raramente funzione di verbo: Voglio la pratica concernente la costruzione dell’edificio.

ha invece spesso funzione di aggettivo (due occhi ridenti) o di aggettivo sostantivato (i partecipanti al convegno).

Molti participi presenti sono diventati: - aggettivi: abbondante, arrogante, eloquente, potente, sorridente; - sostantivi: l’affluente, gli abitanti, l’insegnante, il presidente: Gli affluenti del Po sono numerosi. Anche dal participio passato sono derivati: - aggettivi: ferito, ornato; - sostantivi: l’accaduto, i banditi, ecc. Il latino aveva anche un participio in -urus, che ha lasciato tracce in italiano negli aggettivi:

futuro = venturo, imperituro = duraturo. Uso del participio passato Quando è unito con l’ausiliare avere, il participio passato rimane invariato: L’insegnante ha illustrato la lezione. Se il complemento oggetto precede il verbo, il participio passato si accorda in genere e numero: Questi fiori io ho colti per te. Se davanti al verbo si ripete il complemento oggetto con i pronomi lo, la, li, le, l’accordo è

obbligatorio: Quelle donne io non le ho conosciute molto bene. Quando è unito con l’ausiliare essere, il participio passato deve essere sempre accordato in genere

e numero: Laura è tornata. I soldati sono partiti. Con i verbi riflessivi apparenti, che reggono un complemento oggetto, l’accordo può avvenire

tanto con il soggetto che con il complemento: Mi sono lavato le mani. Mi sono lavate le mani. In costruzione assoluta, unito cioè a un nome o a un pronome, il participio passato deve essere

sempre accordato: Partiti loro, partimmo pure noi. Caduta la neve, il sole tornò a brillare.

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5.13.3. Il tempo tempi finiti semplici composti presente passato prossimo indicativo imperfetto trapassato prossimo passato remoto trapassato remoto futuro semplice futuro anteriore congiuntivo presente passato imperfetto trapassato condizionale presente passato imperativo presente tempi indefiniti semplici composti infinito presente passato participio presente passato gerundio presente passato Il tempo indica qual è il rapporto cronologico esistente tra l’azione o lo stato espressi dal verbo

e il momento in cui viene pronunciato l’enunciato. Il tempo grammaticale (o linguistico) è costituito da un sistema di relazioni temporali che permettono di collocare l’azione prima, durante o dopo il momento in cui viene pronunciata la frase e di indicare l’ordine di successione dei due avvenimenti.

Per esprimere il tempo grammaticale il parlante ha a disposizione, oltre al sistema dei tempi verbali, gli avverbi e le locuzioni avverbiali di tempo: prima, dopo, fra tre mesi, per due anni, ecc.

Il rapporto cronologico tra l’azione o lo stato espressi dal verbo e il momento in cui viene pronunciato l’enunciato può essere di:

- contemporaneità: il fatto avviene nel momento in cui si parla: Renata scrive; - anteriorità: il fatto avviene in un momento anteriore a quello in cui si parla: Carlo scriveva (ha

scritto, scrisse); - posteriorità: il fatto avviene in un momento posteriore a quello in cui si parla: Maria scriverà. Il tempo che esprime la contemporaneità è il presente; il tempo che esprime l’anteriorità è il

passato dell’indicativo: imperfetto, passato prossimo o remoto, trapassato prossimo o remoto; del congiuntivo: imperfetto, passato, trapassato; il tempo che esprime la posteriorità è il futuro semplice o anteriore.

Sotto l’aspetto formale, i tempi si distinguono in semplici, quando le forme verbali consistono in una sola parola, e in composti, quando le forme verbali risultano dall’unione del participio passato del verbo con una forma dell’ausiliare essere o avere: ho aspettato, avevo pensato; fu arrivato, sarà partito, ecc.

5.13.3.1. Tempi dell’indicativo E’ il modo più articolato, ha otto tempi, quattro semplici (presente, imperfetto, passato remoto,

futuro semplice) e quattro composti (passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro anteriore).

Presente, passato e futuro sono i tempi fondamentali del verbo. Mentre il presente è uno solo, il passato e il futuro possono avere diverse gradazioni di significato cui corrisponderanno diversi tempi secondari, atti a esprimere con maggior precisione il momento dell’azione.

Il presente indica azione che avviene nel momento in cui si parla oppure si immagina che avvenga nel momento in cui si parla: Dico la verità.

Può riferirsi anche ad azione futura: Parto domani alle 12. Il presente viene adoperato anche per indicare azione che può essere considerata attuale in ogni

tempo. E’ ancora adoperato nelle narrazioni → presente storico: Annibale attraversa le Alpi e scende in Italia.

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Il passato prossimo indica azione avvenuta in un tempo passato: Ieri non ho fatto nulla. - azione i cui effetti durano ancora: Cristoforo Colombo ha scoperto l’America. - o azione compiuta che ha tuttavia relazione con il presente: Questa settimana non l’ho visto. L’ imperfetto indica azione passata, cui è connessa l’idea di una certa durata. Molto spesso è

usato in correlazione con altri tempi, specie con un passato remoto: Finalmente arrivò: era molto stanco. Per il suo carattere di continuità è il tempo preferito nelle descrizioni → imperfetto descrittivo:

Era una notte oscura; non una stella brillava in cielo. Il trapassato prossimo è un tempo relativo, perché sempre posto in relazione con un altro tempo.

Esprime azione passata, anteriore ad altra passata: Non avevamo ancora finito che già scendeva la pioggia. Può essere in relazione con l’imperfetto o con il passato remoto: Ciò che avevano costruito con tanta cura crollò in un attimo. Il passato remoto indica azione passata, conclusa, senza relazione col presente: Alcuni anni fa Francesco fece un viaggio in Australia. Il trapassato remoto è anch’esso un tempo relativo. Indica azione passata, anteriore ad altra

pure passata, espressa col passato remoto. Le due azioni sono sentite come distinte, e tale distacco è sottolineato da una congiunzione temporale del tipo: quando, come, non appena, dopo che:

Dopo che loro furono partiti, chiudemmo la porta e andammo a letto. Il futuro semplice indica azione futura: Domani partirò. - presente, ma incerta: Che farà mai in questo momento quel ragazzino? - dubitativa: Sarà un brav’uomo, ma io non lo credo. - o comandata: Partirai immediatamente! Il futuro anteriore indica azione futura, anteriore ad altra pure futura: Quando avrò cambiato idea, ne riparleremo. Può anche sottolineare incertezza, dubbio nel passato: Cosa pensate che avrà fatto quel

bambino? - o anche possibilità: Ci avrà probabilmente fregati.

5.13.3.2. Tempi del congiuntivo Come tempi assoluti, indicano varie sfumature: desiderio, incertezza, dubbio, e specialmente la

possibilità eventuale (nel presente, congiuntivo presente; nel passato, congiuntivo passato) o l’irrealità (nel presente, congiuntivo imperfetto, nel passato, congiuntivo trapassato).

Come tempi relativi, si usano nelle proposizioni dipendenti in rapporto con i tempi delle proposizioni reggenti:

Non so chi sia il tuo amico. Vorrei che fosse vero! Io approvo chiunque abbia parlato così. Come avrei voluto che tu mi avessi raggiunto!

5.13.3.3. Tempi del condizionale Il presente indica: - desiderio: Vorrei girare il mondo. - supposizione: La sua affermazione dovrebbe essere vera. - azione realizzabile subordinata ad altra che la condizioni: Gli parlerei, se venisse. Il passato indica azione che poteva attuarsi a determinate condizioni: Se avessi saputo la verità, te l’ avrei detta. Lo schema dei modi e dei tempi del verbo

modo tempo presente passato futuro indicativo presente imperfetto futuro semplice passato prossimo futuro anteriore passato remoto trapassato prossimo

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trapassato remoto congiuntivo presente imperfetto - passato trapassato condizionale presente passato - imperativo presente - - infinito presente passato - participio presente passato - gerundio presente passato - 5.14. L’aspetto e l’azione del verbo

5.14.1. L’aspetto L’ aspetto verbale è la maniera in cui il parlante considera lo svolgimento dell’azione espressa dal

verbo. In italiano l’aspetto verbale non è grammaticalizzato, cioè non possiede marche formali ben definite.

Nelle frasi: Monica tornò a casa – l’aspetto è perfettivo; l’azione è considerata conclusa; il passato remoto

interpreta un’azione momentanea; Mario tornava a casa – l’aspetto è imperfettivo; l’azione è in via di svolgersi; Franco è tornato a casa – l’aspetto è compiuto; l’azione è considerata compiuta; Paolo torna a casa - il verbo indica un’azione nel suo svolgersi, collocata nel tempo presente. L’azione considerata nel suo svolgersi può essere espressa anche mediante una costruzione

perifrastica del tipo stare + gerundio che corrisponde all’aspetto progressivo: Paolo sta tornando a casa. Paolo stava tornando a casa.

5.14.2. L’azione Nelle frasi: Luigi arriva alle sette precise – l’azione è momentanea; Paola fa la professoressa – l’azione è durativa. Possiamo individuare due sottoclassi di verbi durativi: i verbi stativi (fare l’avvocato) e i verbi

continuativi (riparare, lavorare, ecc.). Le frasi: Andrea si accorse dell’inganno – azione momentanea; Maria disegna un paesaggio – azione durativa

indicano un’azione che tende ad un risultato. Se partire, morire sono chiamati verbi trasformativi, disegnare, costruire sono verbi risultativi.

Se l’aspetto è essenzialmente una categoria di natura morfologica, legata alla coniugazione del verbo, l’azione è una categoria semantica, perché riguarda il significato intrinseco del verbo.

5.15. Coniugazione passiva

Oltre che con l’ausiliare essere: sono lodato / lodata, sono stato / stata lodato / lodata, ecc., il passivo si può formare:

- con il verbo venire, esclusivamente nei tempi semplici: io vengo lodato = io sono lodato: La sua onestà viene riconosciuta da tutti. - con il verbo andare, quando è unito al participio passato di verbi come perdere, smarrire,

sprecare: Tutti i documenti andarono smarriti nel naufragio. (= furono)

oppure quando si vuol esprimere un’idea di necessità: Questo lavoro va fatto meglio. (= deve essere) - con la particella pronominale si, soltanto alla III persona singolare e plurale dei tempi

semplici dei verbi transitivi attivi: “si passivante”: Il nuovo prodotto si vende bene. (= è venduto) 5.16. Coniugazione riflessiva

Qualsiasi tipo di riflessivo si coniuga come l’attivo, ovviamente premettendo al verbo la particella pronominale: mi lavo, ti lavi, si lava, ci laviamo, vi lavate, si lavano, ecc. Nei tempi composti richiedono l’ausiliare essere: mi sono lavato / lavata, ecc.

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Le particelle pronominali seguono il verbo e si uniscono ad esso nei modi indefiniti e nell’imperativo, eccetto la III persona singolare e plurale:

lavarsi lavantesi lavandosi essersi lavato lavatosi essendosi lavato lavati laviamoci / si lavi lavatevi si lavino Nella forma negativa della II persona singolare e plurale dell’imperativo la particella

pronominale può essere proclitica o enclitica: non ti lavare = non lavarti non vi lavate = non lavatevi Se il riflessivo è accompagnato da un verbo servile, si ha l’ausiliare essere quando la particella

pronominale è proclitica: Si è voluto lavare. e l’ausiliare avere quando la particella pronominale è enclitica: Ha voluto lavarsi.

6. L’AVVERBIO L’ avverbio è la parte invariabile del discorso che serve a modificare e precisare il significato di

una frase o di un suo componente. Esso serve a determinare varie unità grammaticali: - un nome: la quasi totalità; - un aggettivo: molto lieto; - un avverbio: troppo tardi; - un’intera frase: Certamente, Rita abita in questa villa. 6.1. Formazione dell’avverbio

In relazione alla loro forma gli avverbi si distinguono in: - semplici: formati da una sola parola: bene, dove, forse, già, mai, qui, più. - composti: formati da due o più elementi diversi: almeno, dappertutto, infatti, perfino. - derivati: provengono da altre forme mediante l’aggiunta di un suffisso: -mente, -oni: allegro → allegramente; ciondolare → ciondoloni,

oppure l’aggettivo vero e proprio che viene usato con valore avverbiale: parlar chiaro, camminare veloce, ecc.

Le locuzioni avverbiali sono costrutti del tipo: all’improvviso, a più non posso, d’ora in poi, poco fa, press’a poco, ecc. Spesso una locuzione avverbiale può essere sostituita con un avverbio derivato: all’improvviso = improvvisamente.

6.2. Avverbi derivati

La maggior parte degli avverbi derivati si ottiene aggiungendo il suffisso –mente: - al femminile degli aggettivi in –o: certo, -a → certamente; raro, -a → raramente; ultimo, -a → ultimamente; - all’unica forma singolare degli aggettivi in –e: forte → fortemente; grande → grandemente; veloce → velocemente; - se l’ultima sillaba di questi aggettivi è –le o –re, si elimina la –e finale: generale → generalmente; particolare → particolarmente. Forme particolari sono: altrimenti, benevolmente, leggermente, ridicolmente, violentemente. Gli avverbi indicanti una particolare posizione del corpo sono spesso formati col suffisso –oni

che si aggiunge a un nome o ad un verbo: bocca bocconi; dormire bocconi (= con la faccia in giù) ciondolare ciondoloni dondolare dondoloni (= dondolando) ginocchio ginocchioni (= in ginocchio) tastare tastoni; camminare tastoni tentare tentoni (= alla cieca) Alcuni di questi avverbi si usano anche con la preposizione a: a tastoni, a tentoni. 6.3. Tipi di avverbi

Secondo il loro significato, gli avverbi si distinguono in: - avverbi di modo (o qualificativi); -

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avverbi di luogo; - avverbi di tempo; - avverbi di giudizio; - avverbi di quantità; - avverbi interrogativi.

6.3.1. Avverbi di modo (o qualificativi) Indicano appunto il modo in cui si svolge un’azione. Appartengono a questo tipo: - gli avverbi in –mente: timidamente, lievemente, facilmente, leggermente; - gli avverbi in –oni: dondoloni (= penzoloni); - gli avverbi che si ottengono ricorrendo alla forma maschile singolare dell’aggettivo

qualificativo: certo, chiaro, forte, lento, piano, sicuro; bianco, nero, rosso; rientrano anche avverbi riferiti al mondo musicale: adagio, allegretto, allegro, andante, lento, moderato, pianissimo, presto, vivace:

- altri avverbi: bene, male, apposta, così, volentieri. Locuzioni avverbiali di modo: a memoria, a più non posso, di corsa, di solito, di sicuro, in fretta,

in un batter d’occhio, ecc. 6.3.2. Avverbi di luogo Specificano la collocazione di un oggetto nello spazio, la sua posizione, il luogo in cui si svolge

un’azione: qui, qua, quaggiù, quassù; lì, là, laggiù, lassù; altrove, contro, dappertutto = dovunque, davanti = dinanzi, dentro, dietro, fuori, lontano, oltre, presso, sopra, sotto, vicino.

- qui, qua e i composti indicano un luogo vicino a chi parla e a chi ascolta; - lì, là e i composti indicano un luogo lontano da chi parla e da chi ascolta. Anche le particelle ci, vi, ne possono essere usate come avverbi di luogo: - ci, vi = in questo, in quel luogo: Ora entro e ci resto. Roma è bella, vi sono restato tre anni. - ne = da questo, da quel luogo: Me ne vado subito. Locuzioni avverbiali di luogo: di qua, di là, di sopra, di sotto, in su, in giù, per di qua, per di là. 6.3.3. Avverbi di tempo Servono a determinare il tempo quando si svolge un’azione: adesso = ora, allora, ancora,

domani, dopo, finora, già, ieri, mai, oggi, ormai, poi, prima, presto, sempre, spesso, subito, talora = talvolta, tardi.

Per quanto riguarda l’arco di una giornata, l’italiano ha a disposizione la serie: l’altro ieri (= ieri l’altro ), ieri, oggi, domani, dopodomani.

Quando vogliamo insistere, nel passato o nel futuro, su un numero di giorni a partire dall’oggi, ad esempio, dobbiamo ricorrere alle locuzioni:

numerale + nome indicante tempo + fa → tre giorni fa = tre giorni or sono; fra + numerale + nome indicante tempo → fra tre giorni = di qui a tre giorni. L’avverbio mai è usato anche nel significato di “qualche volta”: Se mai capiti a Milano, vieni a trovarmi! Hai mai visto uno spettacolo simile? - più spesso serve a rafforzare la negazione: Non obbedisce mai. - con valore negativo, preposto al verbo, si trova in frasi enfatiche: Mai sentito dire! - da solo è usato in risposte negative: - Volete arrendervi? – Mai! Locuzioni avverbiali di tempo: a un tratto = tutto a un tratto, d’ora innanzi = d’ora in poi, di

quando in quando, di buon’ora, in un batter d’occhio, in tempo, ogni tanto, quando, un giorno, ecc. 6.3.4. Avverbi di giudizio Servono per affermare, negare o mettere in dubbio un’azione. Si dividono in: - avverbi di affermazione: certo = sicuro, certamente = sicuramente, davvero, già, perfetto =

perfettamente, per l’appunto, proprio, sì; - avverbi di negazione: affatto, non, neanche = nemmeno = neppure, mica, per niente = per

nulla, punto; - avverbi di dubbio: eventualmente, forse, probabilmente, può darsi, quasi, se mai. Gli avverbi neanche, nemmeno, neppure si costruiscono con la negazione non quando seguono il

verbo: Non lo voglio nemmeno vedere. Non ci penso neanche! mentre si usano da soli quando lo precedono: Nemmeno lo voglio vedere.

L’avverbio “non” precede sempre il verbo: Non sono riuscito a trovarlo. Sì e no hanno una funzione sostitutiva, analoga a quella dei pronomi. Non servono a determinare

altre unità grammaticali (funzione propria degli avverbi), ma servono invece a sostituire un’intera frase (vengono chiamati “avverbi olofrastici”):

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- L’hai visto? – No (= non l’ho visto) - Sì (= l’ho visto) Locuzioni avverbiali di giudizio: di sicuro = di certo, neanche per idea, per l’appunto, senza

dubbio. 6.3.5. Avverbi di quantità Indicano una quantità in modo indefinito: abbastanza, alquanto, altrettanto, appena, assai =

parecchio, meno, mezzo, molto, niente = nulla, più, parecchio, poco, quasi (= all’incirca), quanto, tanto, troppo.

Molti aggettivi indefiniti dunque, nella forma maschile singolare, assumono funzione di avverbi di quantità: Andrea studia molto, ma scrive poco.

Gli avverbi tanto e quanto sono usati spesso come correlativi: Non s’impegna tanto quanto potrebbe. L’avverbio affatto significa “del tutto”: Hanno dei punti di vista affatto diversi. - oggi è usato come rafforzativo della negazione: Non ho affatto sonno. (= Non ho sonno

per niente) - è usato anche nelle risposte negative: Hai freddo? – Affatto! (= Per niente) Locuzioni avverbiali di quantità: all’incirca = press’a poco, né più né meno, più o meno. 6.3.6. Avverbi interrogativi Introducono una domanda che può riguardare: - il modo: come? - il luogo: dove? - il tempo: quando? - la misura o il valore: quanto? - la causa: perché? Sono usati nelle interrogazioni dirette: Come stai? Dove abitate? Quando arriverà tua sorella?

Quanto tempo impiegherai? Perché non leggi di più? Perché equivale a “come mai”: Perché hai fatto questo? (= Come mai hai fatto questo?) Nelle interrogazioni indirette funzionano come congiunzioni subordinanti: Non so proprio come fare. Fammi sapere quando verrà. Non mi ha detto quanto ha speso ieri al supermercato. Spiegami perché lo fai. L’avverbio dove, oltre ad avere funzione interrogativa, può avere anche funzione relativa: Quella

è la casa dove abitiamo. (= in cui, nella quale) 6.4. Gradi e alterazioni dell’avverbio

Come gli aggettivi, anche numerosi avverbi hanno il comparativo e il superlativo. Si tratta prevalentemente degli avverbi di modo (o qualificativi), però non il tipo in –oni, e di alcuni avverbi di tempo e di luogo:

positivo comparativo superlativo fortemente più fortemente fortissimamente; lontano più lontano lontanissimo; tardi più tardi tardissimo.

Alcuni avverbi hanno forme organiche di comparativo e superlativo: positivo comparativo superlativo bene meglio benissimo (ottimamente); grandemente maggiormente massimamente; male peggio malissimo (pessimamente); molto più moltissimo; poco meno pochissimo.

Ci sono avverbi che hanno pure forme alterate: bene benino benone; poco pochino; presto prestino; tardi tardino. 6.5. Posizione dell’avverbio

Di solito l’avverbio si colloca prima dell’aggettivo: Sono troppo stanco. e dopo il verbo: Abitano lontano.

Gli avverbi di modo hanno di solito una posizione libera:

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Improvvisamente scoppiò un temporale. Scoppiò improvvisamente un temporale. Scoppiò un temporale, improvvisamente. In altri casi la posizione dell’avverbio modifica le sue relazioni con il resto della frase: Sinceramente, non so se risponderti. Non so se risponderti sinceramente.

7. LA PREPOSIZIONE E’ una parte invariabile del discorso che serve a precisare i rapporti sintattici esistenti tra le

varie parti della proposizione: Vado con Maria a casa di Giulia.

o fra la reggente e una o più subordinate: Andiamo a casa di Giulia per studiare, non per divertirci. Le preposizioni hanno funzione subordinante e introducono una subordinata implicita (con un

verbo ad un modo indefinito): Digli di tornare! Esse si distinguono in: - preposizioni proprie: di, a, da, in, su, con, per, tra, fra. Queste preposizioni (eccetto tra e fra)

si uniscono all’articolo determinativo dando luogo alle preposizioni articolate. - preposizioni improprie: - sopra, davanti, giù, prima, dopo, derivate da avverbi; - lungo, secondo, salvo, derivate da aggettivi; - mediante, durante, nonostante, derivate da participi presenti; - eccetto, dato, derivate da participi passati. - locuzioni preposizionali: possono essere formate da due preposizioni: davanti a, insieme con,

vicino a, lontano da, prima di; o da raggruppamenti formati da un nome preceduto e seguito da preposizione: in cambio di, a favore di, in mezzo a, ecc.

Sempre più numerosi sono gli accostamenti di due termini, uniti o no da trattino, là dove prima c’era una preposizione: sala riunioni (= sala per le riunioni), conto spese (= conto delle spese).

La soppressione delle preposizioni è indispensabile nel linguaggio telegrafico, negli annunci pubblicitari ed economici: Cercansi coniugi (per la) custodia (della) portineria (di un) palazzo (del) centro.

Infine la preposizione di, semplice o articolata, può essere confusa con l’articolo partitivo. Solo l’osservazione del contesto può evitare l’errore:

Ho incontrato i genitori dei miei amici. (prep. art.) Ho incontrato degli amici. (art. part.) 7.1. La preposizione di

Regge i seguenti complementi: - di specificazione: l’albero dell’ulivo; l’automobile di mio padre; la cupola di Michelangelo; la

partenza del treno; - partitivo: molti di noi; due dei ragazzi; una parte della squadra; - dopo un superlativo relativo: il più intelligente di tutti; - di denominazione: la città di Venezia; il mese di agosto; - di paragone: è più bravo di me; una giornata più bella dell’altra; oggi fa meno freddo di ieri; - di moto da luogo: esco di casa; - in correlazione con “in”: ha girato di città in città; di male in peggio; - di moto per luogo: passiamo di qui; - di moto a luogo: vado di là; - di stato in luogo: dorme di là; - di origine, provenienza: sono di Atene; nativo della Toscana; un giovane di buona famiglia; - di argomento: una rivista di filosofia; un libro di fiabe; un trattato di medicina; parlarono di

affari, di politica; - in titoli di opere: “Dei delitti e delle pene”; - di materia: una statua di marmo; un foglio di carta; fatto di pietra; - di modo o maniera: arrivai di corsa; bevve d’un fiato; mi sembra di buona fede;

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- di causa: tremo di freddo; ha pianto di gioia; siamo morti di fame; - di qualità: un orologio di alta precisione; un uomo di bassa statura; sono di cattivo umore; - di tempo: di notte; d’estate; di buon mattino; - in correlazione con “in”: di giorno in giorno; - di età: un bambino di otto mesi; - di prezzo: un appartamento di cento milioni; un quadro di altissimo valore; - di quantità, misura: un grattacielo di ottanta piani. Seguita da un verbo all’infinito, la preposizione di introduce le seguenti proposizioni: -

soggettiva: Mi sembra di averlo già conosciuto. - oggettiva: E’ sicuro di avere ragione. - finale: Ti prego di fare silenzio. - causale: Mi spiace di non poter restarci. - consecutiva: E’ degno di essere ricordato. La preposizione di forma: - locuzioni avverbiali: di qua, di là, di sopra, di sotto, di nascosto, di recente; - locuzioni preposizionali: a causa di, dopo di, fuori di, invece di, per mezzo di, prima di; - locuzioni congiuntive: di modo che, dopo di che. 7.2. La preposizione a

Mostra la direzione e regge i seguenti complementi: - di termine: regalai un disco a un amico; - di stato in luogo: abita a Roma; vissi a Malta; resterò a casa; - di moto a luogo: vado a Napoli; si recherà all’estero; correva a scuola; - di tempo: si svegliò all’alba; partirò al tramonto; arrivai a mezzogiorno; fu rimandato al

prossimo anno; - di età: Leopardi morì a trentanove anni. - di modo: parlava a bassa voce, a voce alta; imparai a memoria; ho amato alla follia; - di mezzo: andai a piedi, a cavallo; giocava a palla; motore a benzina; barca a vela; - di causa: rise alla mia battuta; - di fine: è andato a caccia, a pesca; - di prezzo (o misura): vendeva a tremila lire l’etto; andavo a cento chilometri l’ora; - predicativo: lo presi a modello; fu eletto a presidente dell’assemblea; - distributivo: sono entrati a uno a uno; si disposero a due a due; Seguita da un verbo all’infinito, la preposizione a introduce le seguenti proposizioni: - causale:

Hai fatto male ad andare via. - condizionale: A dire la verità, le cose non stanno in questo modo. - finale: Cosa vuoi darmi a intendere? - temporale: Al vederlo, fui arcicontenta. - limitativa: Fu più facile a dirsi che a farsi.

La preposizione a forma: - locuzioni avverbiali: a caso, a poco a poco, a precipizio, a stento; - locuzioni preposizionali: a favore di, ad opera di, a seguito di, davanti a, dietro a, di fronte a,

fino a, in mezzo a, oltre a, vicino a. 7.3. La preposizione da

Mostra la provenienza e regge i seguenti complementi: - di moto da luogo: vengo da Milano; - in correlazione con “a” o “ in”: Si è trasferito da Palermo a Napoli. Caddi dalla padella nella brace. - di moto a luogo: arrivò subito da me; andai dal barbiere; - di stato in luogo: ti aspetto dall’avvocato; - di moto per luogo: fuggirono dall’uscita di sicurezza; passava da Bologna; - di agente (o di causa efficiente): è stimato da tutti; bagnato dalla pioggia; una barca travolta

dalle onde; - di causa: piangeva dalla gioia; sono morto dallo spavento; tremavi dal freddo; - di separazione, allontanamento: un muro ci divide dal giardino; estraevano il ferro dalle

miniere;

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- di origine (o provenienza): l’italiano deriva dal latino; apprese la notizia dai giornali; - nei nomi di persona: Francesca da Rimini; Leonardo da Vinci; Francesco d’Assisi; - di tempo: non lo vidi da molti anni; aspetta da ieri; - in correlazione con “a”: lavorava dalla mattina alla sera; - di fine: carte da gioco; sala da pranzo; spazzolino da denti; abito da sera; uva da tavola;

occhiali da sole; servizio da caffè; cane da caccia; rete da pesca; - di qualità: una bambina dagli occhi azzurri, dai capelli neri; un oratore dalla parola facile; - di limitazione: zoppo da una gamba; cieco da un occhio; - di prezzo: un’automobile da cinquanta milioni; - di modo: lo trattava da amico; - in correlazione con un pronome personale: lo farò da solo (= da me); - predicativo: gli farò da padre; funse da presidente per due anni. Seguita da un verbo all’infinito, la preposizione da introduce le seguenti proposizioni: -

consecutiva: Ho una fame da morire. - finale: Mi dia un libro da leggere, per favore! La preposizione da forma: - locuzioni avverbiali: da capo, da lontano, dappertutto, da vicino; si elide in: d’altronde, d’altro

canto, d’ora in poi; - locuzioni preposizionali: da parte di, di qua da, di là da, fuori da. 7.4. La preposizione in

Regge i seguenti complementi: - di stato in luogo: sto in ufficio; vive in città; abitai in via Dante; ha una villa in Toscana; ebbe

molta fiducia in me; studiamo nella biblioteca; - di moto a luogo: va in Francia; ho cambiato lei in euro; si gettò in acqua; - di moto per luogo: correva nei campi; passeggio in giardino; ha viaggiato in Italia; - di tempo determinato: sono nato nel 1965; verrò in estate; - di tempo continuato: finì il lavoro in due giorni; un libro che si legge in poche ore; - di modo: è in collera, in dubbio; stavo in ansia; vive in solitudine; mi trovai in pericolo; stava

in pigiama; verrà in abito da sera; tagliò il pane in due; - di limitazione: bravo in matematica; dottore in lettere; commerciante in agrumi; si è

perfezionato nel francese; - di mezzo: andava in treno; - di materia: scultore in bronzo; - di fine: mi venne in soccorso; accorreva in aiuto; ho ricevuto in premio; una festa in onore

della figlia. La preposizione in forma: - locuzioni avverbiali: di tanto in tanto, in alto, in apparenza, in avanti, in basso, in conclusione, in

effetti, in fondo, in fretta e furia, in là, in qua, in realtà, in su; - locuzioni preposizionali: in armonia con, in base a, in cambio di, in cima a, in compagnia di,

in conseguenza di, in considerazione di, in mezzo a, in relazione a, in quanto a, in seguito a, in virtù di;

- locuzioni congiuntive: nel caso che, nella maniera che, nel modo che, nel senso che, nel tempo che.

7.5. La preposizione con

Regge i seguenti complementi: - di compagnia, unione: vado con lui; arrosto con patate; - di relazione: un appuntamento con il medico; si sposò con una straniera; - di mezzo: si asciugava col fazzoletto; battevi con un martello; sono arrivato con l’aereo,

lavoro con l’uncinetto, spaghetti col pomodoro; - di modo: agì con prudenza; guardavo con attenzione; ha lavorato con impegno, con cura; - di causa: con questo caldo è difficile lavorare; - di tempo: sono uscito col sole; le rondini se ne vanno con i primi freddi. 7.6. La preposizione su

Regge i seguenti complementi:

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- di stato in luogo: il libro è sul tavolo; siediti su questa poltrona; stette sulla cima della montagna; ha posto la bandiera sulla torre;

- indica vicinanza: una casa sul mare; - di moto a luogo: Andiamo sul terrazzo! - di argomento: una mostra sul Rinascimento italiano; discutarono sulla situazione economica; - di tempo determinato: vediamoci sul tardi; sul far del mattino; - di età: un uomo sui trent’anni; - di prezzo: costa sulle diecimila lire; - di modo: lavorò su ordinazione; un abito su misura; - distributivo: tre analfabeti su mille abitanti. 7.7. La preposizione per

Regge i seguenti complementi: - di moto per luogo: è passato per Torino; passeggio per il giardino; usciva per la porta; - di moto a luogo: partì per l’America; - di stato in luogo: era seduta per terra; - di tempo continuato: ha lavorato per tutta la notte; - di tempo determinato: l’appuntamento è fissato per stasera; - di mezzo: capì per intuizione; comunicavo per telefono; - di causa: stanchi per la fatica; tremavano per il freddo; ho sofferto per la lontananza; - di fine: hanno combattuto per la libertà; un impianto per la lavorazione della seta; - di modo: chiama per ordine alfabetico; raccontava per filo e per segno; - distributivo: in fila per due; l’interesse è del 5 per cento. Seguita da un verbo all’infinito, la preposizione per introduce le seguenti proposizioni: - finale:

Mi ha telefonato per annunciarmi il suo matrimonio. - consecutiva: Sono troppo stanco per concentrarmi. - causale: Sarà premiato per aver scritto il migliore componimento. La preposizione per forma: - locuzioni avverbiali: per caso, per di qui, per il momento, per l’appunto, per lo più, per ora,

per sempre; - locuzioni congiuntive: per il fatto che, per la qual cosa, per quanto, per via che. 7.8. Le preposizioni tra e fra

Reggono i seguenti complementi: - di stato in luogo: una casa tra gli alberi; - di moto a luogo: torna tra noi; - di moto per luogo: un raggio di luce passava tra le imposte socchiuse; - di distanza: tra due chilometri c’è un benzinaio; - di tempo: fra mezz’ora, tra due ore; parlava tra il sonno; - di relazione: una discussione tra amici.

8. LA CONGIUNZIONE La congiunzione è la parte invariabile del discorso che serve a congiungere due o più parole in

una proposizione oppure due o più proposizioni in un periodo. A seconda della funzione sintattica che esse svolgono nella frase, si distinguono in due categorie:

- congiunzioni coordinanti: uniscono parti di proposizione oppure proposizioni sintatticamente equivalenti:

Devo andare a Parigi e a Londra per affari. dove a Parigi, a Londra equivalgono dal punto di vista sintattico e sono complementi di moto a luogo.

- congiunzioni subordinanti: uniscono proposizioni sintatticamente non equivalenti, mettono cioè in rapporto di dipendenza le proposizioni subordinate rispetto alle proposizioni reggenti.

Rispetto alla forma, le congiunzioni sono: - semplici: e, o, ma, come, che, né: Vado e torno subito. Non mangio né bevo. - composte: allorchè, neanche, nondimeno, oppure, sebbene; - locuzioni congiuntive: dal momento che, di modo che, per il fatto che, per la qual cosa.

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8.1. Congiunzioni coordinanti

Possono essere: - copulative: segnalano un collegamento puro e semplice: e (ed), anche, né, neanche, nemmeno,

neppure, nonché, pure: Non posso, né voglio dargli una mano. - aggiuntive: altresì, inoltre; - disgiuntive: segnalano separazione tra i termini collegati: o, oppure, ovvero: Stasera che fai, resti a casa oppure esci? - avversative: segnalano contrapposizione: anzi, bensì, eppure, invece, ma, nondimeno, peraltro,

però, piuttosto, tuttavia: Ci sono poche probabilità, eppure tenteremo. - dichiarative (o esplicative): segnalano una dichiarazione, una spiegazione: cioè, difatti, infatti,

ossia, ovvero, vale a dire: Tornerò fra due mesi, vale a dire alla fine di luglio. - conclusive: segnalano una conclusione, una conseguenza: allora, dunque, ebbene, perciò,

pertanto, quindi: Penso, dunque sono. - correlative: stabiliscono una corrispondenza o una relazione tra due o più elementi: e…e, o…o,

né…né, non solo…ma anche, ora…ora, sia…sia: Ora ride, ora piange. Mi piace sia la musica leggera sia quella classica. E’ un lavoro non solo interessante, ma anche ben stipendiato. La congiunzione e può diventare ed per eufonia, cioè quando è seguita da parola che inizia per

vocale: Amiche ed amici carissimi, vi voglio vedere subito. 8.2. Congiunzioni subordinanti

Secondo il loro significato e il tipo di rapporto che stabiliscono, si possono dividere in: - dichiarative: introducono una dichiarazione: che, come: Afferma che non ha visto niente. - condizionali o ipotetiche: indicano una condizione, senza la quale il fatto espresso nella

principale non potrebbe realizzarsi: a condizione che, a patto che, caso mai, nel caso che, posto che, purchè, qualora, se:

Se fossi in te, agirei diversamente. Se fossi stato in te, avrei agito diversamente. - causali: indicano una causa, un motivo: considerato che, dal momento che, dato che, giacchè,

in quanto, perché, poiché, per il fatto che, siccome, visto che: Tremo tutto perché ho paura. - finali: indicano il fine per il quale un fatto si realizza: acciocchè, affinchè, che, perché: Grido affinchè mi sentano. Parla a voce alta perché tutti lo possano sentire. - concessive: indicano una concessione, negando nello stesso tempo la conseguenza: anche se,

benchè, con tutto ciò, malgrado che, nonostante che, per quanto, pure se, sebbene, seppure: Benchè fosse giugno, faceva freddo. Sebbene stanco, continuò a camminare. - consecutive: indicano la conseguenza di quello che è stato detto nella principale: a tal punto

che, (così)…che, di maniera (di modo) che, talmente che, (tanto)…che: Aveva così fame che mangiò tutto in un secondo. - temporali: indicano una circostanza di tempo: allorchè, appena che, dacchè, dal momento che,

dopo che, finchè, mentre, nel tempo che, ogni volta che, prima che, quando = come: Dobbiamo prendere una decisione prima che sia troppo tardi. Uscirai quando avrai finito. - comparative: stabiliscono una comparazione: anziché, (così)…come, nel modo che, meglio che,

meno…che, peggio che, più...che, piuttosto che, tanto…quanto: Fa’ come ti ho detto! - modali: come, come se, nel modo che, quasi, secondo che, siccome:

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Urlava quasi fosse impazzito. - interrogative indirette e dubitative: introducono una domanda o un dubbio: come, dove,

quando, quanto, perché, se: Dimmi perché, come e quando è successo. - avversative: introducono una contrapposizione: laddove, mentre, quando: Hai agito molto precipitato, mentre avresti dovuto aspettare. - eccettuative, esclusive, limitative: a meno che, a patto che, eccetto che, fuorchè, per quello che,

per quanto, purchè, salvo che, senza che, tranne che: Per domani abbiamo in programma una gita, a meno che non piova. E’ libero di andare, salvo che non sa dove.

9. L’INTERIEZIONE L’ interiezione è la parte invariabile del discorso che esprime una sensazione, uno stato d’animo,

un sentimento, una preghiera, un ordine, un saluto, ecc. Si possono dividere in tre gruppi: - proprie: ah!, ahi!, beh!, oh!, ohi!, deh!, ehi!, uffà!, ohibò!, mah!, uff!, urrà!: - Capirà di avere sbagliato? - Mah, non lo so! -improprie: accidenti!, accipicchia!, bene!, bravo!, coraggio!, evviva!, guai!, mannaggia!,

peccato!, zitto!: Guai ai vinti! - locuzioni: che fortuna!, mamma mia!, perbacco!, perdio!, porco mondo!, santo cielo!: Mamma mia, che impressione! A differenza delle parti del discorso, l’interiezione non ha una precisa funzione sintattica; si può

anzi considerare equivalente a un’intera frase, in quanto esprime da sola un messaggio compiuto: Zitti!; Ciao!

L’ onomatopea è un’unità lessicale consistente nell’imitazione di un suono o rumore naturale: - (di animale): baù baù, chicchirichì, coccodè, cip cip, miao, zzz; - (di oggetto): bum, drindrin, dindon, tic tac, trac.

LISTA DE SUBIECTE PENTRU EXAMEN

SEMESTRUL II 1. Pronomi personali soggetto e complementi, forme toniche e atone. 2. Pronomi allocutivi. 3. Pronomi indefiniti e relativi. 4. Modi e tempi del verbo. 5. Verbi ausiliari, regolari, irregolari. 6. Tipi di avverbi, preposizioni, congiunzioni.

BIBLIOGRAFIE Obligatorie

Angelo Chiuchiù, Fausto Minciarelli, Marcello Silvestrini, In italiano – Grammatica italiana per stranieri, Edizioni Guerra, Perugia, 1990.

Carlo Iandolo, Italiano giovane - Grammatica italiana, Fratelli Ferraro Editori, Napoli, 1992.

Facultativă Michele Dardano, Pietro Trifone, Grammatica italiana, Zanichelli, Bologna, 1995. Alfredo Ghiselli, Carlo Casalgrande, Lingua e parola, Sansoni Editore, Firenze, 1986. Luca Serianni, Grammatica italiana, Utet, Torino, 1988.