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Istituto di Istruzione Superiore ITC “Crescenzi” - ITG “Pacinotti” - Bologna Classe 3^ Costruzione, Ambiente, Territorio Docente: Giuseppe Falivene APPUNTI DI GEOPEDOLOGIA A.S. 2012/13 NB: i seguenti appunti sono parte integrante delle lezioni frontali ARGOMENTI TRATTATI: PEDOLOGIA “Il suolo è uno dei beni più preziosi dell’umanità. Consente la vita dei vegetali, degli animali, e dell’uomo sulla superficie della terra”. (Carta Europea del Suolo, Consiglio d’Europa, 1972) Il suolo è una risorsa limitata (non rinnovabile se non in tempi molto lunghi) di fondamentale importanza, che assicura una serie di funzioni chiave a livello paesaggistico, sociale ed economico. Il suolo è un corpo naturale che ricopre, interrotto solo dai ghiacci, dalle acque e dalle rocce nude, la maggior parte delle “terre” emerse della superficie terrestre (1/16 della superficie del pianeta) e rappresenta il supporto di tutta l'attività biotica all'interno degli ecosistemi terrestri. La crosta terrestre è spessa circa 50 km, ma noi ne usiamo appena lo 0,01% per le fondazioni delle nostre case... e lo 0,0005% (poche decine di cm) per le coltivazioni. Rappresenta, inoltre, un corpo vivente costituito da una componente solida - particelle inorganiche, sostanze organiche -, componente liquida e gassosa, in cui si esplicano i cicli biogeochimici necessari per il mantenimento degli esseri viventi sulla superficie del pianeta. Il paesaggio italiano è caratterizzato da una grande complessità climatica, litologica e morfologica che condiziona lo sviluppo dei diversi processi pedogenetici e si traduce in una forte variabilità dei tipi di suolo presenti anche a scala locale. Il suolo è un sistema complesso in continua evoluzione, risultato dell’interazione di alcuni fattori: Clima: (temperatura, umidità) Organismi viventi: (piante, funghi, batteri, insetti, animali, e naturalmente l’uomo) Rilievo: (rilievo, pendenza del versante, esposizione) Litotipi: (roccia madre, materiale di partenza) Tempo: (tempo trascorso dall’inizio della trasformazione del suolo). Le funzioni del suolo sono innumerevoli: 1. Ecologica: habitat di una grandissima varietà di specie animali e vegetali e perché in esso si completano i cicli dell’acqua e di altri elementi naturali; 2. Produttiva: base produttiva della maggior parte dell’alimentazione umana e animale, del legname e di altri materiali utili all’uomo; è inoltre deposito e fonte di materie prime come argilla, ghiaia, sabbia, torba e minerali 3. Insediativa: supporto fisico per la costruzione di infrastrutture, impianti industriali e insediamenti umani; 4. protettiva e regolatrice: ha funzione di mantenimento dell’assetto territoriale, in quanto fattore determinante per la stabilità dei versanti e per la circolazione idrica sotterranea e superficiale. Un suolo di buona qualità protegge l’acqua potabile, filtrando potenziali inquinanti. Inoltre cattura il 20% circa del carbonio immesso nell’atmosfera dalle attività dell’uomo; 5. Storico-culturale: è un importante elemento del paesaggio che ci circonda e fa parte del nostro patrimonio storico e culturale

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Istituto di Istruzione Superiore

ITC “Crescenzi” - ITG “Pacinotti” - Bologna

Classe 3^ Costruzione, Ambiente, Territorio Docente: Giuseppe Falivene

APPUNTI DI GEOPEDOLOGIA A.S. 2012/13 NB: i seguenti appunti sono parte integrante delle lezioni frontali

ARGOMENTI TRATTATI: PEDOLOGIA

“Il suolo è uno dei beni più preziosi dell’umanità. Consente la vita dei vegetali, degli

animali, e dell’uomo sulla superficie della terra”.

(Carta Europea del Suolo, Consiglio d’Europa, 1972)

Il suolo è una risorsa limitata (non rinnovabile se non in tempi molto lunghi) di fondamentale

importanza, che assicura una serie di funzioni chiave a livello paesaggistico, sociale ed

economico.

Il suolo è un corpo naturale che ricopre, interrotto solo dai ghiacci, dalle acque e dalle rocce

nude, la maggior parte delle “terre” emerse della superficie terrestre (1/16 della superficie del

pianeta) e rappresenta il supporto di tutta l'attività biotica all'interno degli ecosistemi terrestri.

La crosta terrestre è spessa circa 50 km, ma noi ne usiamo appena lo 0,01% per le fondazioni

delle nostre case... e lo 0,0005% (poche decine di cm) per le coltivazioni.

Rappresenta, inoltre, un corpo vivente costituito da una componente solida - particelle

inorganiche, sostanze organiche -, componente liquida e gassosa, in cui si esplicano i cicli

biogeochimici necessari per il mantenimento degli esseri viventi sulla superficie del pianeta. Il

paesaggio italiano è caratterizzato da una grande complessità climatica, litologica e

morfologica che condiziona lo sviluppo dei diversi processi pedogenetici e si traduce in una forte

variabilità dei tipi di suolo presenti anche a scala locale.

Il suolo è un sistema complesso in continua evoluzione, risultato dell’interazione di alcuni fattori:

Clima: (temperatura, umidità)

Organismi viventi: (piante, funghi, batteri, insetti, animali, e naturalmente l’uomo)

Rilievo: (rilievo, pendenza del versante, esposizione)

Litotipi: (roccia madre, materiale di partenza)

Tempo: (tempo trascorso dall’inizio della trasformazione del suolo).

Le funzioni del suolo sono innumerevoli:

1. Ecologica: habitat di una grandissima varietà di specie animali e vegetali e perché in esso

si completano i cicli dell’acqua e di altri elementi naturali;

2. Produttiva: base produttiva della maggior parte dell’alimentazione umana e animale, del

legname e di altri materiali utili all’uomo; è inoltre deposito e fonte di materie prime come

argilla, ghiaia, sabbia, torba e minerali

3. Insediativa: supporto fisico per la costruzione di infrastrutture, impianti industriali e

insediamenti umani;

4. protettiva e regolatrice: ha funzione di mantenimento dell’assetto territoriale, in quanto

fattore determinante per la stabilità dei versanti e per la circolazione idrica sotterranea e

superficiale. Un suolo di buona qualità protegge l’acqua potabile, filtrando potenziali

inquinanti. Inoltre cattura il 20% circa del carbonio immesso nell’atmosfera dalle attività

dell’uomo;

5. Storico-culturale: è un importante elemento del paesaggio che ci circonda e fa parte del

nostro patrimonio storico e culturale

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Le funzioni sono complesse e correlate: l’intervento dell’uomo su una funzione ne influenza

tutte le altre.

Ad esempio l’agricoltore che agisce sulla funzione produttiva agisce anche sulla funzione

protettiva, influenzando la capacità di immagazzinamento dell’acqua, di stoccaggio del carbonio,

può agire contro l’erosione, la compattazione ed altre proprietà dei suoli.

La conoscenza dei suoli è alla base di qualsiasi valutazione sullo stato ambientale dei suoli,

sulle minacce di degradazione che ne mettono a rischio la funzionalità e sulle misure volte a

ridurre tale rischio.

Tale conoscenza può essere acquisita solo attraverso uno studio sistematico delle caratteristiche

dei suoli di un territorio che ha nella pedologia, ed in particolare nella cartografia dei suoli, le

proprie basi scientifiche e metodologiche.

Il suolo è essenziale per la vita e occorre quindi un uso razionale di queste pregevole risorsa. Una

utilizzazione che coniughi la funzionalità della pedosfera con la pressione esercitata dall’attività

dell’uomo.

Il suolo è costantemente minacciato da pericoli quali l'erosione, la progressiva perdita di

sostanza organica, la compattazione con relativa impermeabilizzazione, la salinizzazione,

accumulo di inquinanti, impoverimento di elementi nutritivi, cementificazione.

Una eccessiva e cattiva pressione antropica porta ad una perdita delle sue funzionalità

difficilmente recuperabili essenzialmente per tre tipi di limitazioni:

1. Profondità totale del suolo piuttosto ridotta. La porzione superficiale della pedosfera, la più

fertile per la crescita delle piante, limita la profondità delle pratiche agronomiche, viene

investita per prima dagli agenti inquinanti, può essere facilmente erosa.

2. La dimensione saziale finita e ridotta (vedi quanto detto precedentemente)

3. Limitazione temporale delle funzionalità del suolo, della sua formazione ed evoluzione

LA CARTA EUROPEA DEL SUOLO

1. Il suolo è uno dei beni più preziosi dell'umanità. Consente la vita dei vegetali, degli animali

e dell'uomo sulla superficie della terra.

2. Il suolo è una risorsa limitata che si distrugge facilmente.

3. La società industriale usa i suoli sia a fini agricoli sia a fini industriali o d'altra natura.

Qualsiasi politica di pianificazione territoriale deve essere concepita in funzione delle

proprietà dei suoli e dei bisogni della società di oggi e di domani.

4. Gli agricoltori ed i forestali devono applicare metodi che preservino la qualità dei suoli.

5. I suoli devono essere protetti dall'erosione.

6. I suoli devono essere protetti dagli inquinamenti.

7. Ogni impianto urbano deve essere organizzato in modo tale che siano ridotte al minimo le

ripercussioni sfavorevoli sulle zone circostanti.

8. Nei progetti di ingegneria civile si deve tener conto di ogni ripercussione sui territori

circostanti e, nel costo, devono essere previsti e valutati adeguati provvedimenti di

protezione.

9. È indispensabile l'inventario delle risorse del suolo.

10. Per realizzare l'utilizzazione razionale e la conservazione dei suoli sono necessari

l'incremento della ricerca scientifica e la collaborazione interdisciplinare.

11. La conservazione dei suoli deve essere oggetto di insegnamento a tutti i livelli e di

informazione pubblica sempre maggiore.

12. I governi e le autorità amministrative devono pianificare e gestire razionalmente le risorse

rappresentate dal suolo.

Consiglio d'Europa, 1972

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Una digressione sul suolo urbano

Il suolo è uno degli elementi chiave dell'ecosistema città in quanto supporta diverse importanti

attività che vi avvengono.

Il termine suolo urbano è una generalizzazione che viene usata per intendere un qualsiasi suolo,

naturale, modificato o creato dall'uomo, che esiste in un'area urbana od industriale. In queste

aree il suolo esplica una serie di funzioni del tutto particolari (già inserite nell’elenco precedente)

che si sovrappongono a quelle classiche: ricreativa, valorizzazione estetica, conservazione del

patrimonio culturale.

Quello di suolo urbano è quindi un concetto molto vasto e, in accordo con le funzioni specifiche

che esso svolge, anche le forme con cui si presenta sono diverse.

Le pressioni antropiche, associate ai fattori naturali, hanno un significativo impatto sulla fisica,

sulla chimica e sulla biologia di questi suoli, tanto che le loro caratteristiche possono allontanarsi

moltissimo da quelle naturali arrivando a costituire un insieme di caratteri tipici e ricorrenti.

La fisionomia dei suoli urbani è completamente differente da tutti gli altri suoli sia naturali, sia agrari poiché essa è più influenzata dall’azione umana che dagli agenti naturali. Alla base della formazione di un suolo urbano non ci sono processi pedogenetici, ma, fondamentalmente, la stratificazione di detriti, materiali di riporto ed edili. Da questo punto di vista, i suoli urbani possono essere considerati gli ultimi componenti di un continuum caratterizzato da un graduale incremento dell’attività umana, che va dai suoli naturali indisturbati, ai suoli agricoli, fino ai suoli urbani, i quali, subendo l’azione antropica in maniera ingente, costituiscono il risultato della sovrapposizione di molti pedon giovani in un suolo policiclico. Per la varietà dei materiali che può contenere e per il dinamismo dei processi che può subire, il suolo urbano, a differenza di quello naturale o seminaturale, è caratterizzato da un’estrema variabilità, che si evidenzia non solo in aree a differente destinazione d’uso, ma anche all’interno di un medesimo spazio, fino anche ad una scala metrica.

Sempre riguardo le caratteristiche fisiche, la componente grossolana di diametro superiore a 2 mm, fino a 10 cm circa, è presente in quantità a volte notevole e contribuisce alla caratteristica eterogeneità del suolo urbano. La struttura del terreno, intesa come insieme degli aggregati formati per unione di singole particelle di sabbia, limo e argilla, è generalmente molto debole o assente nei suoli urbani, a causa della forte manipolazione e della compattazione dovuta a calpestamento.

Il volume di terreno a disposizione delle radici, per l’accumulo di acqua disponibile per le piante e di nutrienti, è spesso fortemente limitato dalla presenza di impedimenti come edifici e marciapiedi, ma anche dall’ingente quantità di scheletro. La sostanza organica ha generalmente valori bassi, non potendosi avvalere di apporti naturali né artificiali. Questo diminuisce le qualità strutturali, idriche e nutritive del terreno, rendendolo inoltre facilmente aggredibile dall’erosione eolica. L’assenza di struttura , di sostanza organica e la

carenza di una copertura vegetale, possono causare l’insorgere di uno strato superficiale impermeabile, una crosta compatta che impedisce scampi idrici e gassosi con l’atmosfera. Relativamente al chimismo, i suoli urbani hanno tipicamente valori di pH alterati rispetto ai suoli naturali. Infatti il pH spesso aumenta a causa della presenza di materiali calcarei di origine edile o dall’irrigazione con acque dure. Lo spostamento dei pH ha conseguenze sulla vegetazione. A pH troppo elevati o troppo bassi, infatti, determinati nutrienti formano composti insolubili, non utilizzabili dalle piante, mentre alcuni ioni non dannosi in piccole concentrazioni, si solubilizzano diventando tossici. Un ulteriore caratteristica dei suoli urbani è la forte incidenza di diversi gruppi di contaminanti chimici come i fitofarmaci, i contaminanti organici e i metalli pesanti (arsenico, piombo, zinco, nichel, mercurio, rame, cadmio e cromo) che derivano da attività domestiche, inceneritori, trasporti e industrie. Funzioni dei suoli nell’ecosistema urbano Nelle aree urbane il suolo e parte essenziale dell’ecosistema e contribuisce, direttamente o

indirettamente, alla qualità di vita dei cittadini. L’esistenza di spazi verdi ed aree rurali nel tessuto urbano (anche se frutto casuale di uno sviluppo disordinato della città), svolgono un ruolo molto importante di riequilibrio ambientale ed ecologico. Tali spazi, infatti, possono costituire elementi importanti per le reti ecologiche, per la conservazione della biodiversità e per la promozione dell’agricoltura e della forestazione urbana. Parchi e giardini, inoltre, hanno un’importante funzione estetico-paesaggistica e possono costituire luogo di ricreazione e di educazione ambientale.

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Nelle aree urbane, le pressioni ambientali che il suolo deve sostenere sono molto intense. La presenza dell’uomo, inoltre, espone direttamente la popolazione alle conseguenze dovute all’alterazione del sistema suolo: − il notevole carico di inquinanti può diminuire la capacità del suolo di immagazzinarli o degradarli, favorendo il loro passaggio alla falda o alle piante. L’inalazione e ingestione durante la frequentazione di aree verdi di particelle di suolo, possono diventare pericolose per il carico di inquinanti inglobato nel suolo;

− non va inoltre sottovalutato il contributo che il suolo può dare al particolato atmosferico, specie se le condizioni chimico-fisiche lo rendono incline all’erosione eolica; − la progressiva impermeabilizzazione altera i flussi idrici, facendo confluire sul suolo scoperto acque ed elementi in esse contenuti in quantità superiori alla norma, accentuando in tal modo la lisciviazione dei contaminanti verso la falda; − infine, la funzione ecologica fondamentale di ecosistema tamponato viene indebolita dalla

ridotta superficie di suolo scoperto, su cui si concentrano i fattori di pressione.

COSTITUENTI DEI SUOLI I suoli sono costituiti da una componente solida, da una componente

liquida e da una gassosa FASE SOLIDA La componente solida è rappresentata dalla sostanza organica e dai componenti minerali. La maggior parte dei suoli ha un contenuto di

materiali organici compreso tra 1 e 10 % in peso (mediamente 5% in volume), ma in certe particolari condizioni, quali zone lacustri prosciugate, paludi, marcite ecc..., la sostanza organica può anche essere oltre il 90%. Sono considerati

organici i suoli che superano il 20 % ; essi, benché molto importanti dal punto di vista produttivo, rappresentano una piccola parte della “risorsa suolo”. Gli spazi vuoti, occupati da aria e/o acqua, rappresentano circa la metà del volume ed il resto è prevalentemente materiale minerale e solo secondariamente organico.

La componente inorganica del suolo ha origine dalla roccia madre, cioè dai minerali contenuti nelle rocce consolidate o non consolidate della crosta terrestre. La frazione minerale è molto variabile nelle dimensioni, da quelle grossolane dei clasti ciottolosi a quelle fini delle sabbie

e dei limi o finissime delle argille. Essa può essere distinta in primaria, se conserva i minerali della roccia originaria, e secondaria, se deriva dalla disgregazione fisica e dall’alterazione chimica della precedente (ereditata) o, ancora, se neoformata a partire dai prodotti del disfacimento. La frazione minerale primaria, generalmente formata da frammenti di roccia da grossolani a moderatamente fini, fornisce i materiali per la neoformazione di detriti minerali di dimensioni più piccole, da cui derivano molte della proprietà del suolo. La frazione minerale secondaria condivide, con le altre frazioni fini organiche, generalmente indicate con il termine humus, la

capacità di controllare dinamicamente gran parte delle proprietà chimiche e fisiche del suolo. I detriti più fini, come le argille, presentano, per unità di volume, più ampie superfici di separazione fra “spazio pieno” e vuoti interstiziali e una maggiore disponibilità di siti adatti all’adesione di ioni; questi sono quindi meno soggetti all’azione di asporto dell’acqua e possono essere rilasciati più lentamente, costituendo così un rifornimento continuo di elementi essenziali per l’assunzione radicale dei vegetali. Gli ioni, avendo cariche elettriche positive o negative, sono anche in grado di formare “ponti” tra le particelle e “contatti” con la frazione più grossolana, contribuendo in modo essenziale alla formazione e al mantenimento di una struttura più o meno granulata e stabile. Da questa dipende l’aerazione e la circolazione dell’acqua nel suolo e, quindi, la possibilità di esplorazione da parte degli apparati radicali delle piante. Ciò è alla base della capacità del suolo di mantenere una copertura vegetale e quindi dell’attitudine alla coltivazione.

La componente organica comprende la biomassa (la massa dell’insieme degli organismi vivi) e la sostanza organica residuale (resti e spoglie di organismi). Essa contribuisce in modo essenziale alla formazione del suolo, per quanto riguarda lo stato di

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aggregazione delle particelle che lo compongono, il bilancio idrico e termico, l’attività biologica di cui è sede e la fertilità. La componente organica del suolo infatti è la più importante sorgente di rifornimento naturale di azoto per i vegetali ed è anche una consistente riserva di elementi quali fosforo, potassio e zolfo, ecc.... La componente organica consiste di organismi terricoli viventi, dei loro residui e di radici di vegetali superiori vive o morte. Le parti morte si accumulano e vanno incontro ad una progressiva demolizione che può essere di tipo:

• meccanico, operata dalla meso e macrofauna (animali di varie dimensioni, ma comunque visibili ad occhio nudo; • chimico, prevalentemente con processi di dissoluzione idrolitici ed ossidativi; • biochimico, grazie ai processi di degradazione, enzimatica ed ossidativa, ad opera dei microrganismi. La trasformazione della materia organica, o mineralizzazione, giunge fino alla completa

formazione di sostanze inorganiche semplici quali come CO2, H2O, NH3, ecc.... La sostanza organica è la più importante sorgente di energia per gli organismi del suolo, senza la quale l’attività biochimica andrebbe rapidamente scemando. La biomassa del suolo varia dall’1 al 10 % del peso secco della componente organica totale e comprende batteri, funghi, vegetali ed animali. Gli animali del suolo si distinguono, per dimensioni, in micro-, meso- e macrofauna.

La microfauna, con dimensioni inferiori ai decimi di millimetro, comprende individui

unicellulari, prevalentemente protozoi e nematodi, le cui forme attive, normalmente saprofite, sono presenti nell’acqua del suolo.

La mesofauna (dimensioni massime di un centimetro) è rappresentata da piccoli artropodi (aracnidi, miriapodi e insetti) prevalentemente saprofiti.

La macrofauna (dimensioni superiori al centimetro) è costituita da vermi terricoli, soprattutto lombrichi, da artropodi, miriapodi ed insetti allo stato preimmaginale e adulto (le formiche e le termiti sono i più attivi), sia da gasteropodi. L’azione di questi migliora le condizioni

fisiche del suolo; in particolare contribuiscono allo sminuzzamento dei residui vegetali freschi e ad un più completo rimescolamento delle frazioni organica e minerale. Grazie alla loro presenza si osserva un miglioramento dello stato di aggregazione delle particelle e ne risulta facilitata la formazione di complessi organo-minerali. A quelli sopra citati occorre aggiungere altri animali quali anfibi, rettili e piccoli mammiferi (topolini, topiragno, arvicole, ecc...) fra i quali sono presenti erbivori, detritivori e predatori. Essi dipendono strettamente dal suolo e dal soprassuolo (tutto ciò che si trova sopra la superficie del terreno, essenzialmente la

parte aerea della vegetazione) e costituiscono parti importanti della catena alimentare. FASE LIQUIDA L’acqua del suolo, per il contenuto di soluti, è detta anche soluzione circolante, contenente significative concentrazioni di sali essenziali per la crescita vegetale. Il rifornimento di ioni in soluzione deriva dagli scambi tra acqua, la frazione solida del suolo e le radici. L’acqua nel suolo non solo è essenziale in quanto sopperisce ai fabbisogni idrici dei vegetali e trasporta elementi nutritivi in soluzione, ma è anche un fattore pedogenetico, perché interviene nei processi di alterazione dei minerali, umificazione, mineralizzazione delle sostanze organiche, mobilizzazione di materiali e successivo trasporto ed eventuale ridistribuzione entro il profilo. Il bilancio idrico del suolo, all’interno del ciclo idrologico, dipende

1. dalle precipitazioni che giungono al netto dell’intercettazione dei vegetali, 2. dal ruscellamento superficiale in funzione della geomorfologia, 3. dalla capacità del suolo di trattenere l’acqua infiltrata,

4. dal movimento di percolazione attraverso il profilo, 5. dalle perdite per evaporazione dalla superficie 6. ed infine, da quelle per traspirazione dalle piante.

L’acqua persa per percolazione profonda e per drenaggio può raggiungere una falda (acqua sotterranea) e da questa essere allontanata e contribuire all’alimentazione di sorgenti e di corsi d’acqua superficiali. Nel suolo l’acqua è sottoposta a specifiche energie di legame, cui corrisponde una tensione che ne determina il comportamento e la disponibilità per i vegetali. L’acqua è trattenuta all’interno dei pori del suolo con diversa forza in relazione alla quantità presente e alla dimensione dei pori (interstizi vuoti). In condizioni di scarso rifornimento, o di prevalenza di porosità fine, la forza di trattenuta dei solidi per capillarità può diventare competitiva nei confronti della forza di suzione delle radici. Ne consegue che non tutta l’acqua presente nel suolo è utilizzabile dalle piante e che, in ogni caso, la quantità disponibile è funzione della tessitura e della struttura del suolo.

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Gli spazi vuoti del suolo (che nel loro insieme, in rapporto con il volume totale del terreno rappresentano la porosità) sono più o meno saturi d’acqua. L’umidità del suolo è il volume d’acqua trattenuto da un determinato volume del suolo stesso. Normalmente il contenuto d’acqua non supera il 25% del volume del suolo e questo è quindi insaturo. In conseguenza delle condizioni idrologiche e climatiche il suolo può, con una frequenza variabile, essere saturato ad una certa profondità. Se le condizioni di saturazione sono ricorrenti o permanenti si possono osservare gli effetti della formazione di una falda freatica il cui livello s’innalza e si abbassa

secondo le stagioni, rendendo asfittica la zona del profilo interessata da una temporanea saturazione. L’acqua nel suolo è in primo luogo sottoposta alla forza di gravità che le impone un movimento verso il basso attraverso gli orizzonti, ma è contrastata dalla forza capillare. Grazie alla porosità capillare più fine (l’insieme degli interstizi di dimensioni sufficientemente piccole da consentire tale fenomeno), l’acqua può muoversi nel suolo in tutte le direzioni e quindi anche risalire dalla

falda verso la superficie, contrastando la forza di gravità. Le molecole d’acqua sono polari (possiedono cioè cariche opposte alle estremità) e ciò è causa di interazioni elettrostatiche tra esse, con gli ioni in soluzione e con particelle quali soprattutto quelle delle argille e delle sostanze umiche; le superfici di queste ultime presentano cariche elettriche non saturate che attraggono e orientano le molecole d’acqua che viene cosi a formare uno strato bagnato intorno alle particelle stesse. Le cariche superficiali attraggono anche cationi e anioni che a loro volta sono ricoperti da una sorta di guscio d’idratazione che contribuisce a limitare la

perdita di minerali causata dal dilavamento. Nel suolo esistono anche forze osmotiche, legate alla presenza di sali solubili che provocano movimento dell’acqua dalle zone a minor concentrazione verso quelle a maggior concentrazione salina. Tale fenomeno è importante dal punto di vista agronomico in conseguenza della somministrazione di fertilizzanti minerali solubili. FASE GASSOSA

L’aria, o meglio l’atmosfera del suolo, è importante, sia dal punto di vista edafico, in quanto regolatrice dei fenomeni respiratori radicali e dei microrganismi, sia da quello pedogenetico, sia per il controllo dei processi chimici, sia per i rapporti con l’atmosfera esterna. Poiché aria e acqua sono in competizione nel riempimento degli spazi vuoti del suolo, il contenuto dell’una è inversamente proporzionale al contenuto dell’altra; si può passare dalle condizioni di completa saturazione d’acqua a quelle di completa assenza d’acqua con i pori completamente pieni d’aria.

La composizione dell’atmosfera all’interno del suolo è differente da quella esterna. La respirazione della biomassa, compresa quella radicale, l’arricchisce circa 10 volte in CO2 negli orizzonti superficiali rispetto

all’ambiente esterno (0,03 %), mentre in profondità l’anidride carbonica può raggiungere il 10 % e l’ossigeno scendere a valori talmente bassi da compromettere la respirazione delle radici. Non sempre la concentrazione di ossigeno scende in modo correlato con l’aumento di quella della CO2. Spesso non è tanto la carenza di ossigeno a indurre asfissia radicale, quanto l’eccesso di anidride carbonica o la saturazione d’acqua. Gli scambi con l’atmosfera esterna sono regolati dalla permeabilità del suolo all’aria e dalla diffusione causata dalla differenza di pressione parziale di O2 e CO2 tra suolo ed esterno. In generale fuori del suolo la pressione di O2 è maggiore e quella di CO2 è minore; quindi il primo tende a passare nel suolo e la seconda a fuoriuscire con un fenomeno detto respirazione o aerazione del suolo.

Concentrazioni (% in volume) di ossigeno (O2) e di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera

e nell’aria presso la superficie dei diversi tipi di suolo.

O2 CO2

atmosfera 20,9 0,03

suolo franco a maggese 20,7 0,10

suolo franco letamato 20,4 0,20

suolo franco non letamato 20,3 0,40

suolo sabbioso letamato 20,3 0,60

suolo sotto prato 18 ÷ 20 0,5 ÷ 1,5

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FASI EVOLUTIVE DELLA FORMAZIONE DEL SUOLO ALTERAZIONE GEOLOGICA (agenti disgreganti di natura ROCCIA fisica-meccanica chimica e biologica) MADRE

formazione dovuta quasi esclusivamente al biotopo (regolite) vegetazione pioniera SUBSTRATO sostanza organica PEDOGENETICO

umificazione

ALTERAZIONE PEDOLOGICA Asportazione PROFILO ORIZZONTI SUOLO Concentrazione

Trasferimento azione dell’uomo Trasformazione

terreno agrario Come abbiamo già affermato, il suolo è il risultato dell’azione combinata dei diversi elementi dell’ecosistema:

1. Clima: (temperatura, umidità) 2. Organismi viventi: (piante, funghi, batteri, insetti, animali, e naturalmente l’uomo) 3. Rilievo: (rilievo, pendenza del versante, esposizione) 4. Litotipi: (roccia madre, materiale di partenza) 5. Tempo: (tempo trascorso dall’inizio della trasformazione del suolo).

Fra quelli elencati il clima è

probabilmente il fattore che esercita la maggiore influenza sulle proprietà del suolo. Le componenti climatiche che intervengono al momento della nascita del corpo suolo sono l'umidità e la temperatura: esse iniziano immediatamente a controllare la velocità dei fenomeni chimici, fisici e biologici della pedogenesi, soprattutto i processi di alterazione della roccia madre e di lisciviazione. L'umidità agisce in funzione dell'intensità e della distribuzione annua delle precipitazioni, dell'evaporazione e

della possibilità dell'acqua di scorrere sulla superficie o penetrare nel suolo

secondo la morfologia e la permeabilità della roccia. La temperatura influenza in vario modo il processo di pedogenesi, controlla la velocità delle reazioni chimiche e biologiche ed è fattore essenziale della vita del suolo. Definisce l'entità dell'evapotraspirazione e regola, quindi, la presenza dell'acqua e dell'aria. Agisce sullo sviluppo radicale delle piante superiori, influisce sul tipo e sulla quantità di vegetazione che si insedia sul suolo e, quindi, sul tipo e la quantità di residui organici che arrivano al suolo. La distribuzione in profondità del calore nel suolo varia con il ciclo giornaliero e stagionale. Si ha passaggio di calore verso gli strati più profondi del suolo durante le ore di insolazione e allontanamento di calore dal suolo durante le ore notturne. Alla profondità di circa 20 metri nel suolo il livello termico resta però pressoché stazionario nel corso dell'anno. Le quantità di radiazioni solari che pervengono al suolo variano con la latitudine; con l'aumentare della distanza dall'equatore è minore l'energia termica che giunge sulla superficie terrestre.

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In linea generale al diminuire della temperatura ed all'aumentare del contenuto idrico i colori del suolo tendono al grigio, con sfumature bluastre e verdastre, ed il contenuto di sostanza organica diventa più importante. L'eccesso d'acqua e le basse temperature infatti rallentano l'alterazione della sostanza organica che così può accumularsi in grande quantità mentre il colore grigio deriva dalla presenza di ferro non ossidato. All'aumentare della temperatura il colore del suolo tende ad essere meno grigio e più rossastro. Questo è dovuto al fatto che il processo di alterazione con conseguente accumulo in superficie di ossidi di ferro è molto spinto, così come la decomposizione

della sostanza organica. I principali fenomeni di disgregazione fisica delle rocce sono legati agli effetti del gelo e disgelo o crioclastismo. L'acqua negli interstizi allo stato di ghiaccio aumenta di volume ed esercita pressioni tali da fratturare la roccia. In genere il massimo di efficacia si verifica entro 50 cm di profondità, ad eccezione delle regioni periglaciali che possono essere gelate anche per decine di metri (permafrost) e sulle rocce permeabili.

Organismi viventi.

La vegetazione come fattore della pedogenesi agisce in particolare attraverso: la fissazione di energia sotto forma chimica (funzione clorofilliana) l’accumulo di sostanza organica alla superficie del suolo (foglie, rami) e in profondità

(radici) la disgregazione della roccia madre (= materiale parentale) per azione fisicomeccanica

delle radici l’alterazione chimica della roccia madre per azione chimica delle radici e degli acidi umici l’azione sulla formazione dell’humus e sulle sue caratteristiche la modifica del ciclo degli elementi nutritivi l’azione sul bilancio termico del suolo l’azione sul bilancio idrico del suolo la protezione del suolo contro l’erosione idrica ed eolica (copertura della superficie,

strutturazione) L’azione dell’uomo entra a pieno titolo nella pedogenesi.

La morfologia gioca un ruolo essenziale nella pedogenesi. Infatti, la forma delle superfici, insieme alla natura delle rocce, è responsabile dei fenomeni di asportazione, trasporto e deposizione, tipici dei processi geomorfologici. Il rilievo e la posizione occupata da un determinato suolo nel paesaggio provocano variazioni

locali nella disponibilità di acqua e nella temperatura. L’acclività, la forma e le lunghezza di un pendio sono molto importanti per la formazione del suolo, perché influenzano le diverse proporzioni di acqua che possono scorrere sopra o dentro di esso. Se non protetti da vegetazione i suoli in pendio possono essere facilmente erosi. E’ intuibile che una superficie piana rallenti i processi erosivi. La formazione delle catene montuose innesca notevoli processi erosivi. In questi ambienti solo su quelle superfici di versante che si presentano piane o debolmente inclinate si possono trovare suoli ben conservati. Le superfici terrazzate, infatti, danno tempo alla pedogenesi di progredire e impediscono ai fenomeni erosivi di smantellare il suolo e alla forza di gravità di agire sulle particelle del suolo. L’esposizione influenza la temperatura del suolo e l’evapotraspirazione.

I litotipi. Il materiale roccioso mostra una grande influenza sul tipo di suolo che si forma da esso, così come sulla velocità con cui avviene la formazione di quel suolo.

L'effetto della roccia madre si manifesta in maniera preponderante soprattutto all'inizio della pedogenesi; con il procedere dei processi di alterazione dei minerali della roccia, le caratteristiche iniziali si perdono a favore di quelle indotte dagli altri fattori - soprattutto climatici - e le proprietà della fase minerale del suolo vengono a dipendere da quelle dei nuovi minerali che si formano.

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Il tempo è il quinto fattore della pedogenesi. Più a lungo una data superficie è stata sottoposta all’azione degli altri fattori pedogenetici, maggiore potrà essere lo sviluppo del profilo e dei suoi orizzonti. I suoli formatisi su materiali recenti, alluvioni, sedimenti eolici, oppure su pendii ripidi, mostrano un profilo poco sviluppato, al contrario su superfici più antiche e stabili.

Paragonati ai “tempi geologici” i “tempi pedologici”, necessari alla formazione di un suolo, sono sicuramente più brevi. La velocità della pedogenesi varia notevolmente man mano che il suolo si forma e, se all'inizio può essere molto rapida, in seguito rallenta molto. Per questa ragione è praticamente impossibile prevedere quanto tempo ci voglia perché un suolo raggiunga la sua condizione di equilibrio dinamico: cioè quanto tempo ci vuole perché la curva che rappresenta la pedogenesi diventi asintotica e permetta di anticipare, la quantità di suolo prodotto in un determinato

lasso di tempo. Il processo di formazione di un suolo procede attraverso varie tappe che nell’insieme costituiscono la pedogenesi. La prima fase della pedogenesi è rappresentata dall’alterazione della roccia madre la quale a poco a poco viene ricoperta da una coltre di detriti che si chiama regolite. Una volta che la roccia madre è stata alterata superficialmente su di essa si insediano i cosiddetti organismi pionieri in

grado di vivere in condizioni ambientali molto difficili, principalmente licheni e muschi. Questi organismi frammentano ulteriormente la roccia con il loro metabolismo. A questo punto cominciano ad insediarsi i vegetali dotati di vere radici che penetrando nelle fessure portano ancora avanti il processo di frammentazione. Con il passare del tempo la roccia madre diviene sempre più alterata e prosegue l’insediamento degli organismi vegetali e di microorganismi che decomponendo il corpo di animali e vegetali morti formano la sostanza organica del suolo. I componenti di un suolo sono suddivisi in strati, chiamati orizzonti; ogni orizzonte ha una sua tessitura (dimensioni, forma, e distribuzione spaziale delle particelle) e una sua composizione. Una sezione trasversale di un suolo maturo è chiamata profilo del suolo ed ogni strato nel profilo è chiamato orizzonte. Per distinguere i tipi di suolo dei vari terreni e delle varie zone climatiche, cui sono legate diverse associazioni vegetali, si fa riferimento a questi profili. Per

individuare gli orizzonti di un suolo, bisogna osservare dove cambia colore e aspetto generale. Gli orizzonti si indicano con lettere dell’alfabeto e si descrivono a partire dall’alto e cioè dall’orizzonte che raccoglie il detrito superficiale (foglie morte, funghi, escrementi, ecc). Partendo dalla superficie possiamo trovare:

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- orizzonte O, ricco di materia organica non decomposta o parzialmente decomposta; - orizzonte A, ricco di minerali erosi dagli agenti atmosferici e di humus derivante da sostanze organiche provenienti dalla decomposizione degli organismi; presenta elevata attività biologica e abbondanti radici; - orizzonte E, caratterizzato dalla presenza di particelle minerali (silicati, ferro, alluminio); - orizzonte B, presenta una minore attività bilogica e contiene argille e ossidi di ferro e alluminio provenienti dagli strati superiori;

- orizzonte C, nel quale arrivano le radici degli alberi; presenta scarsa attività biologica; - orizzonte R, consistente in un letto roccioso generalmente costituito dalla roccia madre non disgregata.

LE PROPRIETA’ DEI SUOLI

I suoli presentano alcune proprietà che sono interrelate fra di loro. Proprietà fisiche, chimiche e biologiche. Noi prenderemo in considerazione solo quelle fisiche:

a. tessitura; b. struttura c. porosità d. plasticità e. tenacità f. adesività g. colore

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TESSITURA. La distribuzione percentuale delle frazioni granulometriche prende il nome di TESSITURA. In termini generali : i suoli possono essere classificati in base alla granulometria del sedimento in essi contenuto. Si distinguono, quindi, suoli "sabbiosi", "argillosi" e "limosi" a cui si associano caratteristiche differenti. La Tessitura regola molteplici funzioni e proprietà specifiche del terreno, quali i fenomeni di

ritenzione idrica e dei nutrienti, gli scambi gassosi e la permeabilità, la plasticità e la lavorabilità. Nella tabella a destra sono evidenziate le diverse classi di particelle costituenti il terreno. Una prima suddivisione granulometrica divide le particelle in scheletro (con diametro > di 2 mm) e terra fine (diametro < a 2 mm)

Costituente Caratteristiche conferite al terreno Scheletro Incoerenza; scarsa capacità di trattenere acqua; impedimento alle

lavorazioni; impedimento allo sviluppo radicale Sabbia: Scioltezza; elevata permeabilità; facilità di lavorazione; buona aerazione;

rapidità di mineralizzazione della sostanza organica; rischio di lisciviazione dei concimi

Limo: Intermedie fra sabbia e argilla (ma tendenti all’argilla); difficoltà a

strutturare; predisposizione a formare croste superficiali Argilla: Compattezza; scarsa permeabilità;

difficoltà di lavorazione; scarsa

aerazione; difficile movimento dei nutrienti (P e K)

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POROSITA’: Il volume complessivo degli spazi vuoti rapportato al volume totale del terreno in loco fatto uguale a 100, costituisce la porosità. Per la misura della porosità si ricorre al metodo indiretto attraverso i dati della densità assoluta (D) e della densità apparente (d) del terreno in esame. La D corrisponde al peso specifico delle sole particelle solide e il suo valore è dato dal rapporto tra il peso di un determinato volume di particelle solide del terreno in esame, asciutto e assestato, e il peso di un equale volume di acqua. Tale valore si esprime in Kg/dm3 in condizioni

standard (T di 4 °C e pressione di 1 atm). La D varia quindi in base ai minerali costituenti il terreno. Un normale terreno ha un valore di D = 2,65 Kg/dm3

Prendendo in considerazione non soltanto le particelle solide, ma anche gli spazi vuoti presenti in un terreno si può valutare il peso specifico apparente o densità apparente. Un valore medio è di 1,3 Kg/dm3.

La porosità di un terreno in percentuale sarà data da: P = [ (D – d) / D ] * 100

es. P = [ (2,65 – 1,3) / 2,65 ] * 100 = 50,9 % Microporosità: volume totale di dei pori aventi diametro inferiore a 10 micron. La

microporosità identifica la capacità di un terreno a trattenere acqua. Macroporosità: volume complessivo dei pori con diametro > ai 10 micron. La

macroporosità identifica la capacità di un terreno a trattenere aria.

PLASTICITÀ: proprietà di cambiare forma in maniera continua sotto l’azione di una forza e di

mantenerla dopo che la forza ha finito di agire.

La plasticità determina la lavorabilità di un terreno, che deve essere lavorato quando non è

plastico. Stato di TEMPERA: la terra si sgretola senza impastarsi e offre la minima tenacità:

condizioni ideali per la lavorazione.

TENACITÀ O COESIONE: resistenza del suolo a penetrazione e schiacciamento, fattore di

resistenza all’avanzamento degli organi lavoranti. Aumenta diminuendo l’umidità; a pari umidità è

max nei suoli argillosi, minima in quelli sabbiosi. Buona struttura e sostanza organica riducono la

tenacità.

ADESIVITÀ: tendenza del terreno ad aderire agli organi lavoranti. Troppa adesività è un

problema per l’aratura.

- - - tenacità __ adesività 1 = tempera

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substrato pedogenetico (parent material) = una fase di alterazione della roccia madre costituita da frammenti minerali; esso può derivare dalla disgregazione della roccia sottostante, materiale autoctono, o essere un insieme di frammenti alloctoni . roccia madre = materiale che si trova sotto il suolo e che non è stato modificato dai fattori della pedogenesi.

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Soprassuolo Il soprassuolo è tutto ciò che si trova sopra il suolo. Se escludiamo le aree fortemente antropizzate, quelle “cementificate”, cioè “coperte” da strade, ferrovie, case, fabbriche, ecc... e quelle utilizzate per fini agricoli, cioè quelle sottoposte a coltivazione e quindi “coperte” da vegetali utilizzati dall’uomo per fini alimentari e zootecnici, le restanti superfici delle terre emerse vengono dette suoli naturali e possono essere distinte essenzialmente in deserti e foreste. I primi sono da considerarsi “suoli nudi” senza soprassuolo; le seconde presentano suoli più o meno evoluti sui quali sono presenti complessi ecosistemi. In un ecosistema forestale gli alberi costituiscono, da soli, circa il 95 % della biomassa totale della biocenosi costituente il soprassuolo. Considerato quindi che gli alberi costituiscono la componente più rilevante, in termini quantitativi, delle superfici naturali delle terre emerse (escludendo i deserti), si ritiene utile descrivere le caratteristiche essenziali dei boschi e delle foreste la cui evoluzione è strettamente legata a quella dei suoli.

Di un bosco, oltre a considerare la fascia altimetrica sulla quale è impostato occorre soprattutto osservarne la struttura, cioè l’aspetto esterno dell’insieme degli alberi, che può essere il risultato di una storia dominata dalla natura oppure condizionata dalle attività dell’uomo.

L’età approssimativa degli alberi si può capire dalla loro altezza. Se hanno tutti, più o meno, la stessa altezza, vuol dire che hanno la stessa età; si dice allora che si tratta di un bosco coetaneo. Se invece gli alberi hanno età diverse (altezze diverse), si parla di bosco disetaneo. Ci sono anche situazioni intermedie come, per esempio, uno strato di alberi maturi, con al di sotto

giovani piante; in questo caso si tratta di un bosco a popolamento stratificato. Infine, nel caso in cui il bosco fosse formato da gruppi di alberi di età diverse, allora si tratta di un

popolamento disetaneo a gruppi. Se il bosco è naturale, cioè non influenzato dall’azione dell’uomo, si presenta generalmente disetaneo o disetaneo per gruppi; infatti, man mano che un vecchio albero muore, lo spazio rimasto vuoto viene occupato da giovani piante. L’azione dell’uomo (tagli e rimboschimenti) favorisce invece la formazione di popolamenti coetanei. La fustaia è un bosco dove tutti, o quasi tutti, gli alberi sono nati da seme.

Si definisce inoltre fustaia naturale quella che si è sviluppata da semi provenienti dalle piante presenti

nelle aree intorno. Si definisce fustaia artificiale quella che si è sviluppata dallo spargimento di semi da parte dell’uomo e provenienti da altri luoghi (in genere vivai forestali); la fustaia artificiale si riconosce in quanto, quasi sempre, le piante sono disposte in modo regolare sul terreno. Un bosco a fustaia coetanea si può classificare in base all’età degli alberi: • perticaia giovane; alberi piccoli e molto fitti;

• fustaia adulta; dominanza di alberi adulti; • fustaia matura; con presenza di alberi vecchi o molto vecchi e prossimi a deperire. Se da un ceppo escono più fusti, chiamati polloni, ci troviamo di fronte ad un bosco ceduo, ossia un bosco formato dal taglio di piante preesistenti e dal cui ceppo sono stati emessi i polloni. I boschi cedui sono utilizzati dall’uomo per la rapida produzione di legname da ardere o per la costruzione di piccoli

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pali. Non tutti gli alberi possono emettere polloni dopo il taglio. Alcuni boschi presentano sia alberi cedui, sia fusti; in tal caso si tratta di boschi cedui composti. Se le piante sono tutte della stessa specie avremo un bosco puro. In natura tale situazioni sono rare e si formano solitamente in situazioni ambientali estreme (per esempio in alta montagna dove si possono trovare lariceti e abetine pure). Spesso l’intervento dell’uomo agevola la formazione di tali boschi, sia con gli impianti artificiali monospecifici (cioè con piante tutte della stessa specie), sia favorendo una specie rispetto alle altre, spesso a scapito della fertilità forestale. Per bosco misto, si intende un

popolamento formato da due o più specie; se una è molto più abbondante rispetto alle altre, si definisce dominante. La deforestazione Molto spesso si usano impropriamente i termini “bosco” e “foresta” con lo stesso significato. In genere si ritiene che la foresta altro non sia che un bosco grande e più fitto. In realtà il bosco è una foresta, o una sua porzione, in qualche modo rimaneggiata, coltivata, usata dall’uomo. Non si

può parlare di bosco nel caso di una piccola area di foresta amazzonica abitata dagli aborigeni e poi abbandonata. Si usa correttamente il termine “bosco” dove l’uomo, in modo abbastanza massiccio, ha sostituito le piante che vi crescono spontanee con altre che sono a lui più congeniali o che, per un lungo periodo, ha raccolto, tagliato ed usato le piante della stessa foresta. In Italia, per la presenza massiccia dell’uomo, non esistono più vere foreste. In alcune regioni sono state completamente distrutte o, in limitate porzioni di territorio, sostituite da boschi. Nella pianura padana le antiche foreste di quercia e di carpino (climax querco - carpineto) sono ormai sostituite

da campi coltivati e da boschi di pioppi. Su tutte le regioni emerse delle Terra, a parte i deserti e le latitudini ed altitudini più elevate, prevale il climax forestale. Le condizioni fisico - climatiche di tali regioni sono cioè tali che, in assenza di fattori antropici, tendono a dare origine alla foresta. Quivi essa è in equilibrio con l’ambiente e tende a mantenersi tale se non intervengono cause esterne a modificare le condizioni naturali del clima e del suolo. Ad eccezione degli abitanti delle praterie del Nordamerica e dell’Asia centrale e forse di quelli delle savane africane e di poche altre regioni del

globo, in tutte le altre zone l’uomo ha abbattuto le foreste per ottenere aree per coltivare, allevare animali e costruire edifici e vie di comunicazione. Questo fenomeno interessa praticamente tutto il mondo, in particolare le nazioni di più antica civiltà come quelle che si affacciano sul Mediterraneo. Vaste zone sono state disboscate e quasi tutte le regioni mediterranee sono pressoché prive di foreste. Nella catena del Libano sono state abbattute quasi totalmente le formazioni forestali di cedro ed i pochi esemplari sopravvissuti sono racchiusi in un recinto. In Italia il disboscamento è

stato particolarmente pronunciato sull’Appennino, sia per ottenere legname da costruzione e da ardere, sia per destinare spazi sempre più ampi al pascolo. Nella catena dei monti Sibillini il disboscamento è stato talmente intenso che ora si trovano poche faggete residue, mentre su vaste pendici il suolo, non più trattenuto dalla vegetazione (e soprattutto dalle redici, fig. 3.13), è stato asportato; attualmente la roccia nuda affiora ovunque, con una magra vegetazione erbacea. Alcune specie forestali, quali l’abete bianco ed il pino mugo, una volta presenti sui Sibillini, ora sono scomparsi da questo settore dell’Appennino e altrove sono limitati a poche località. In Sicilia una specie endemica di abete bianco è ridotta a pochi esemplari in natura ed in qualche giardino privato; questo albero formava un tempo estese foreste. Sulle Alpi, nonostante il disboscamento, grazie alle condizioni ambientali più sfavorevoli per gli insediamenti umani, i boschi hanno potuto conservarsi meglio rispetto a quanto accaduto sull’Appennino. In pianura residui di foresta sono rimasti in aree limitate in quanto utilizzate un tempo come riserve di caccia ed oggi protette con l’istituzione di parchi. Quanto è successo in Italia ed in Europa nei secoli scorsi a spese della foresta mediterranea e boreale è avvenuto recentemente (e sta avvenendo)

anche in Africa ed in Sudamerica. Esempi di disboscamenti potrebbero essere illustrati per quasi tutte le regioni della Terra, determinando gravi problemi per l’erosione del suolo. Il disboscamento, oltre a privare gli ambienti naturali di una importante ricchezza vegetale, è causa di notevoli modificazioni geomorfologiche ed idrologiche di vaste porzioni di territorio che ospitano complesse comunità biologiche. Le caratteristiche del terreno vengono rapidamente alterate, anche soprattutto per la mancata azione di “tenuta” del terreno offerto dagli apparati radicali delle piante. In primo luogo si ha un forte aumento dell’irraggiamento solare; si tenga conto che un bosco con fitta vegetazione assorbe fino all’80 % della luce incidente. Aumenta la temperatura del terreno con conseguente perdita di umidità, essenziale per la crescita dei vegetali. La progressiva perdita di acqua comporta l’alterazione fisica e chimica del suolo sconvolgendo l’equilibrio che esso aveva acquisito, in tempi molto lunghi, con l’ambiente circostante. Le acque delle piogge, non più trattenute dall’orizzonte più superficiale, comportano un aumento dell’erosione e contribuiscono ulteriormente alla modificazione della tessitura e

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composizione del terreno. Questa rivoluzione ambientale determina un cambiamento della comunità biologica impoverendola con la scomparsa di molte specie animali e vegetali. La distruzione di un bosco, in sintesi, determina la scomparsa di un ambiente caratterizzato da un delicato equilibrio raggiunto dopo una evoluzione avvenuta in tempi molto lunghi, la diminuzione della biodiversità (scomparsa di specie vegetali ed animali), un aumento dell’erosione, del trasporto solido e dell’accumulo di sedimenti nei bacini, cioè di quell’insieme di fenomeni che sono caratteristici del dissesto idrogeologico.

Da queste considerazioni deriva la necessità di tutelare il suolo con il massimo impegno, impedendo che gli agenti della disgregazione fisica (acqua e aria) lo distruggano. Naturalmente non è possibile annullare l’erosione, in quanto si tratta di un insieme di fenomeni naturali che esistono da sempre, ma è fondamentale ridurne almeno l’efficacia, soprattutto in quelle situazioni dove cause di tipo antropico hanno determinato un accentuarsi di tali fenomeni (erosione accelerata). Versanti privati dalla copertura vegetale per svilupparvi le colture agrarie, sono

frequentemente soggetti ad erosione accelerata. Oppure aree un tempo coltivate e poi abbandonate possono essere soggette, prima che la vegetazione spontanea possa costituire una protezione efficacie, a vistosi fenomeni di erosione a causa dell’assenza delle cure di manutenzione delle strutture (canali di drenaggio, muretti di sostegno, ecc....) utili per la difesa del terreno. La grandiosità del fenomeno erosivo risulta evidente dalla grande quantità di suolo che viene annualmente asportata dai campi e dai prati che, per esempio, negli Stati Uniti è stata valutata pari a circa tre miliardi di tonnellate. In Italia l’asportazione del suolo derivato dal

disfacimento delle formazioni argillose (sei milioni di ettari, circa l’80 % della superficie agraria) è pari a 1.000 - 7.000 m3, con valori massimi di 11.000 m3. È evidente che le opere di difesa, soprattutto con le tecniche della bioingegneria naturalistica (che utilizza metodi basati non tanto sul cemento, ma sulla capacità della vegetazione di colonizzare e consolidare i terreni) dovrebbero essere adeguate alla gravità dei fenomeni erosivi, ma fino ad ora, in tutte le nazioni del mondo, tali opere sono nettamente inferiori alle necessità. Circa il 40 % della superficie dei continenti non è adatta a colture agricole ed oltre il 30 % è ancora ricoperta da foreste che

andrebbero conservate. I terreni più fertili coltivati costituiscono solo il 10 % della superficie totale. Negli ultimi due secoli la produzione agraria mondiale è continuamente cresciuta con l’incremento della messa a coltura di porzioni sempre più vaste di terreni naturali. Tale processo è stato facilitato dallo sviluppo industriale che ha fornito i mezzi meccanici utili per le attività agrarie le quali, tra l’altro, hanno ampiamente goduto dei vantaggi derivati dallo sviluppo di nuove conoscenze nel campo della crescita è sviluppo dei vegetali. Si potrebbe quindi pensare che esistano le condizioni per soddisfare le crescenti necessità della popolazione mondiale. Tuttavia vi

sono alcune osservazioni che smentiscono le posizioni ottimistiche sul futuro del nostro pianeta. Nel mondo esistono vaste aree, produttive in passato, ora diventate sterili. Questo deterioramento è dovuto a variazioni climatiche (Asia centrale), all’incremento dell’erosione (Europa meridionale, U.S.A. orientali, aree tropicali umide), alla salinizzazione ed alcalinizzazione di terreni irrigati (Mesopotamia, Egitto, Africa meridionale, California). Lo sfruttamento irrazionale del terreno e scorrette pratiche agrarie sono causa della perdita di fertilità del terreno. Infine occorre ricordare il progressivo estendersi dei deserti in tutto il mondo, sia per fenomeni naturali, sia per l’eccessivo sfruttamento delle aree limitrofe. Pertanto qualunque aumento della produzione agraria ottenuto con l’impoverimento e con la degradazione del terreno è assai deleteria in quanto, in tempi medi e lunghi, comporta inevitabilmente un impoverimento delle risorse. Lo sfruttamento del terreno deve avvenire in modo tale da assicurare la sua produttività anche per il futuro.