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pag. 1 ISDE Italia Medici per l’Ambiente Via della Fioraia, 17/19 52100 Arezzo Ordine dei Medici chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Nùoro Via Gramsci, 59 NUORO Sassari, 23 Ottobre 2014 Al Direttore del Servizio S.A.V.I. dell’Assessorato della difesa dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna, [email protected], e p. c. alla Commissione Europea, [email protected], al Direttore generale delle Valutazioni Ambientali del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare,

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pag. 1

ISDE Italia

Medici per l’Ambiente

Via della Fioraia, 17/19 52100 Arezzo

Ordine dei Medici chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di

Nùoro

Via Gramsci, 59 NUORO

Sassari, 23 Ottobre 2014

Al Direttore del Servizio S.A.V.I. dell’Assessorato

della difesa dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna,

[email protected],

e p. c. alla Commissione Europea,

[email protected],

al Direttore generale delle Valutazioni Ambientali del

Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del

Mare,

pag. 2

[email protected], [email protected],

Al Direttore del Servizio S.A.V.I. dell’Assessorato della difesa

dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna, Via Roma, 80

09123 Cagliari

Al Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, Via Roma, 80

09123 Cagliari

Al Direttore dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente -

Dipartimento di Nùoro- Via Roma, 85 - 08100 Nuoro

Al Dipartimento di Prevenzione – A.S.L.Nuoro - via Demurtas, 1 -

08100 - Nuoro

Al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Via

Cristoforo Colombo, 44 00154 Roma

Oggetto: Osservazione sul progetto di “realizzazione di una nuova

linea di termovalorizzazione da 30 MWt presso il sistema di

trattamento Rifiuti di Macomer/Tossilo” - Studio di Impatto

Ambientale

I sottoscritti dott. Vincenzo Migaleddu e dott. Domenico Scanu , in nome e per conto

dell’ISDE - Italia Medici per l’Ambiente - e dell’Ordine dei Medici chirurghi ed

Odontoiatri della Provincia di Nuoro , elettivamente domiciliati presso la sede

dell’Ordine dei Medici chirurghi ed Odontoiatri di Sassari (via Cavour n.71 - posta

elettronica: [email protected]) e Nuoro (Via Gramsci,59 Nuoro- posta

elettronica: [email protected]),

PREMESSO CHE: Il Consorzio per la zona industriale di Macomer ha depositato

presso il Servizio Sostenibilità ambientale, valutazione impatti e sistemi informativi

ambientali (SAVI) dell'Assessorato regionale della Difesa dell'ambiente l’istanza di

Valutazione di impatto ambientale (VIA), corredata della relativa documentazione,

per il progetto “Realizzazione di una nuova linea di termovalorizzazione da 30 MWt

presso il sistema di trattamento rifiuti di Macomer/Tossilo” ubicato nel Comune

Macomer”. Le pubblicazioni sono state effettuate nel quotidiano La Nuova Sardegna

in data 20 giugno 2014, e l’integrazione dell’avviso in data 25 luglio 2014.

Pertanto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 24, commi 4°-6°, del decreto

legislativo n. 152/2 006 e s.m.i., inoltrano alla vostra attenzione le seguenti

osservazioni:

pag. 3

Premesso che:

A) Il progetto dell’impianto riguarda una nuova linea di incenerimento finalizzata

allo smaltimento e alla “valorizzazione energetica” dei rifiuti solidi urbani e

l’organizzazione della stessa nel contesto impiantistico di Tossilo Tecnoservice

S.p.A.

B) Il progetto proposto prevede la realizzazione di una linea da 30 MWt nominali,

che dovrebbe assicurare un flusso termico medio di 28 MW nell’arco dell’anno,

con combustione su griglia in sostituzione delle due linee esistenti a tecnologia a

letto fluido.

C) La nuova linea consentirà una produzione a pieno carico pari circa 6.4 MWe al

lordo degli autoconsumi.

D) A detta del proponente il tutto costituirebbe una soluzione ottimale per

determinare il minor impatto e consentire di contenere le interferenze derivanti

dalle attività di realizzazione della nuova linea rispetto alle linee esistenti

consentendo in questo modo a Tossilo di proseguire con le attività di

smaltimento dei rifiuti il più a lungo possibile.

E) i è scelto quindi di realizzare la nuova linea, in affiancamento a quelle esistenti,

nell’area compresa tra la recinzione prossima all’ingresso 2 e l’edificio

preselezione, attualmente destinata a officina, deposito oli e autorimessa.

Si rilevano le seguenti criticità.

Quadro programmatico

A) Criticità procedurale.

Il bando di gara (Bando di gara procedura aperta cig: 40294718A7 C.U.P:

H86D11000100009) per un nuovo inceneritore della capacità doppia rispetto a

quello in esercizio viene proposto dal Commissario liquidatore del Consorzio

Industriale di Tossilo in scioglimento dal 2008; ciò comporta da parte del

Commissario l’ingerenza sulla scelta programmatica di uno scenario

impiantistico regionale con 3 poli di incenerimento andando di fatto oltre le sue

competenze prettamente relative alla contingenza amministrativa;

Il Commissario si sostituisce di fatto nel ruolo di indirizzo all’Organo

Amministrativo della Giunta Regionale della RAS come stabilito dalle

Deliberazioni n. 21/59 del 8.4.2008 e n. 73/7 del 20.12.2008; tali delibere

riguardano rispettivamente l’adozione e approvazione del Piano Regionale

Gestione dei Rifiuti e del Rapporto Ambientale. Seppure tali delibere non siano

mai state convertite in legge attraverso il dibattito e l’approvazione consiliare,

risultano comunque atti di indirizzo, per cui, sentiti i pareri competenti, si

sarebbe dovuto procedere all’affidamento della gestione degli impianti di

pag. 4

trattamento/smaltimento dei rifiuti e, quindi, anche degli inceneritori, mediante

procedure ad evidenza pubblica tramite l’Autorità Unica d’Ambito Territoriale

Ottimale. Già tale osservazione costituisce motivo di rigetto della procedura

autorizzativa

Nell’atto di approvazione del Piano Regionale sulla Gestione dei Rifiuti la

Giunta regionale in carica allora stabiliva che: “Alla luce degli studi effettuati il

Piano regionale definisce uno schema impiantistico di riferimento caratterizzato

dall’individuazione di due centri di termovalorizzazione, di cui uno già esistente e da

adeguare ed uno, per l’area centro nord, da inserire preferibilmente in un impianto

di potenza già esistente. Questa configurazione prevede inoltre l’adeguamento

dell’impianto esistente a Macomer almeno per la gestione del transitorio necessario

per il raggiungimento della configurazione a regime”. Nella sostanza la Giunta

regionale “approva” una schema impiantistico a 2 poli di incenerimento,

riservando all’impianto di Macomer la “gestione del transitorio” e

prevedendone il suo adeguamento e non il revamping che comporterebbe lo

scenario C a 3 poli. D’altra parte la Giunta regionale, con deliberazione n. 48/34

del 21.11.2006, aveva già provveduto a stanziare circa 2.970.000,00 di € per il

potenziamento del ciclo termico dell’impianto di Tossilo, al fine di consentire

l’efficientamento utile ad un maggiore produzione di energia elettrica; ciò

avrebbe consentito sul piano amministrativo un sensibile contenimento dei costi

di esercizio dell’intero impianto; Il Commissario liquidatore non utilizzando tale

stanziamento (disponibile al momento della delibera) per l’adeguamento

dell’impianto di Tossilo dimostra ancora una volta scarsa attenzione ai suoi

doveri di Istituto .

La delibera di Giunta regionale di approvazione del Piano prevede inoltre.

“L’istituzione di un unico Ambito Territoriale Ottimale coincidente con l’intero

territorio regionale, con conseguente individuazione di un’unica Autorità d’ambito

cui sarà affidato il servizio regionale integrato di gestione dei rifiuti urbani

(costituito dall’insieme dei servizi pubblici di raccolta, trasporto, recupero e

smaltimento dei rifiuti), ottenendo la semplificazione del sistema organizzativo

attualmente incentrato su una pluralità di enti di riferimento. L’Autorità prenderà in

carico gli impianti pubblici di trattamento/smaltimento dei rifiuti e ne garantirà

l’affidamento della gestione mediante procedure ad evidenza pubblica. Il Piano

individua inoltre, in base a criteri di efficacia ed economicità, due livelli di gestione

integrata, coordinati dall’Autorità d’ambito regionale:

1. il livello provinciale per l’organizzazione della fase di raccolta e trasporto dei

materiali, in cui avranno un ruolo preponderante le Province e gli Enti Locali;

2. il livello regionale per la gestione della filiera del recupero e della filiera del

trattamento/smaltimento del rifiuto residuale, attraverso le fasi di

termovalorizzazione, garantendo la determinazione di una tariffa, rapportata a

tali lavorazioni, unica per tutto l’ambito regionale e la minimizzazione del

ricorso allo smaltimento in discarica”.

pag. 5

B) Criticità programmatiche

Nel Quadro di Riferimento Programmatico e in altri parti dello SIA i

proponenti affermano che:

1. il progetto proposto sarebbe in linea con le previsioni impiantistiche previste dal

Piano Regionale in quanto:

“Per quanto riguarda l’articolazione impiantistica futura, sia la comparazione

energetico ambientale che quella economica evidenziano la preferibilità degli

scenari che prevedono il conferimento del secco residuo a valorizzazione energetica

presso la centrale di potenza di Fiumesanto.

Vanno pertanto perseguiti prioritariamente gli assetti impiantistici che massimizzano

l’avvio del residuo, preferibilmente non pre-trattato, presso la citata piattaforma

termoelettrica; va tuttavia considerato che, stante l’opzione di Fiumesanto, non

sussiste una grande differenza tra configurazione caratterizzate da due o tre poli di

termovalorizzazione. (pag. 13)

“... l’intervento è connesso all’opzione della scelta di un sistema regionale a 3 poli

di valorizzazione energetica (mentre l’impianto va dismesso nel caso di attuazione

dello scenario a due poli) “ (pag. 17)

“ Il “Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti – Sezione Rifiuti Urbani” approvato e

tuttora vigente come atto di indirizzo , riconferma la centralità dell’Impianto di

Termovalorizzazione di Macomer, ...” (pag. 17)

2. Il progetto proposto rispetterebbe le previsioni di revamping dell'impianto di

Tossilo previste dal Piano regionale in quanto:

1) Il progetto proposto si inserisce coerentemente con gli intenti e le indicazioni

previste dal Piano Regionale di gestione dei rifiuti urbani adottato con Delibera

n. 21/59 del 28/04/2008”.

2) “Il Piano prevede il completo revamping dell’impianto esistente con

realizzazione di nuova linea atta a portare la capacità e la funzionalità ai limiti

sopra segnati (Scenario C).

3) “Nella proposta di organizzazione tecnica del sistema regionale di gestione dei

rifiuti urbani a regime, per il sub ambito provinciale di Nuoro sono previsti tra

l’altro, interventi di revamping dell’impianto di termovalorizzazione di Macomer

per una potenzialità termica di 25 Gcal/h e potenzialità massica di circa 60.000

t/a (...)”

4) “L’impianto oggetto di progettazione (…) si affianca alle linee esistenti.”

Il Piano regionale sulla Gestione dei Rifiuti succitato in vero propone ben 5

diversi scenari per la scelta delle localizzazioni degli impianti di incenerimento,

valutati secondo una scala prioritaria di vantaggi in termini di efficienza ed

economicità. In questa visione gli scenari più vantaggiosi individuati dal Piano

sono quelli a due poli: A (Macchiareddu/Capoterra + Ottana) e B

(Macchiareddu/Capoterra + Nord Sardegna). Per lo scenario C con un terzo

polo a Macomer/Tossilo, il Rapporto Ambientale del Piano Rifiuti sostiene che è

quello più sfavorevole da un punto di vista economico-ambientale e poco

pag. 6

significativo nel sistema regionale di gestione dei rifiuti e quindi non necessario

per il mantenimento del sistema di incenerimento, né tantomeno per rafforzarlo;

il Rapporto Ambientale del Piano di Gestione dei Rifiuti stabilisce anche che “la

scelta di mantenere in attività, nella configurazione a regime, il terzo polo dedicato

di Macomer, va affrontata in sede di Piano d'ambito con analisi che tenga conto

della funzionalità e versatilità del sistema complessivo, atteso che l'analisi sviluppata

nel presente Piano ne evidenzia la non significativa influenza nel bilancio economico

ed ambientale del sistema complessivo”.

Occorre sottolineare inoltre che il Piano Regione di Gestione dei Rifiuti ha

previsto per ognuno dei 5 scenari due opzioni di conferimento a

termovalorizzazione. Nella prima opzione dello scenario C il Piano stabilisce:

“Il bacino di riferimento dell’impianto di termovalorizzazione di Macomer

comprende le Province di Nuoro, Ogliastra, Oristano, per un quantitativo totale di

circa 58.000 t/a ed un flusso termico di circa 24 Gcal/h. La distanza media

(ponderata) di trasporto dagli impianti di accentramento all’impianto di

termovalorizzazione di Macomer è di 50 km/t. L’impianto esistente di Macomer

necessita interventi di revamping per adeguamento al surplus richiesto di capacità

massica per circa 22.000 t/a e del sostanziale raddoppio della capacità termica

rispetto all’attuale. Scorie e ceneri inertizzate, per circa 17.500 t/a, vengono avviate

a discarica per rifiuti speciali non pericolosi, da realizzare ex novo entro un raggio

di circa 40 km dall’impianto, dal momento che la discarica esistente nelle vicinanze

verrà saturata nel periodo transitorio”, mentre nella seconda opzione prevede il

conferimento a termovalorizzazione del solo sovvallo degli impianti di pre-

trattamento del secco residuo nei termini seguenti: “Il bacino di riferimento

dell’impianto di termovalorizzazione di Macomer comprende le Province di Nuoro,

Ogliastra e Oristano, per un quantitativo totale di circa 45.000 t/a ed un flusso

termico di circa 20 Gcal/h. La distanza media (ponderata) di trasporto dagli

impianti di accentramento all’impianto di termovalorizzazione di Macomer è di 50

km/t. L’impianto di Macomer ha necessità di un revamping per adeguamento della

capacità termica, rispetto all’esistente, per circa 8 Gcal/h; inoltre la capacità

massica dell’attuale deve essere adeguata per garantire un surplus di portata di

circa 9.000 t/a. Scorie e ceneri inertizzate, per circa 14.000 t/a, vengono avviate a

discarica per rifiuti speciali non pericolosi, da realizzare ex novo in un raggio di

circa 40 km dall’impianto, dal momento che la discarica esistente nelle vicinanze

verrà saturata nel periodo transitorio”.

Il progetto proposto dal Consorzio industriale fa riferimento alla prima opzione dello

scenario C, ma lo SIA non giustifica in nessun modo non solo la scelta dello

scenario C, come richiesto dal Rapporto Ambientale, ma neppure la scelta della

prima opzione all’interno dello scenario C che risulterebbe fra l’altro la più onerosa e

la meno rispondente alle esigenze di smaltimento del secco residuo prodotto sia in

tutta la Sardegna sia nell’ipotizzato bacino di riferimento dell’impianto di Tossilo

(Nuoro, Ogliastra e Oristano), anche in relazione alle dotazioni di pre-trattamento già

esistenti. La prima opzione dello scenario C prevede infatti il trattamento

complessivo di 307.000 ton/anno di rifiuto secco indifferenziato per tutta la

pag. 7

Sardegna e 58.600 ton/anno per il bacino Nuoro, Ogliastra e Oristano, quote

significativamente superiori a quelle che saranno disponibili con il

raggiungimento della percentuale obbligatoria del 65% di Raccolta Differenziata

(RD). Dai dati dell’ultimo rapporto ISPRA, relativo al 2013, la produzione dei

rifiuti in Sardegna si è attestata infatti a 741.972 tonn/anno con una diminuzione

di circa 120.000 tonn/anno dal 2006 (860.966), anno di riferimento del Piano

Regionale sulla Gestione dei Rifiuti per commisurare l’impiantistica di

trattamento/smaltimento alla produzione dei rifiuti. Con una raccolta differenziata al

65% il secco residuo indifferenziato in Sardegna non supererà le 260.000

tonn/anno, evidenziando un surplus di capacità dell’impiantistica di circa

50.000 tonn/anno, non giustificato. Se poi si prende in esame il bacino di

conferimento di Tossilo (Nuoro, Ogliastra e Oristano) che nell’insieme hanno fatto

già registrare una RD di circa il 60%, il secco indifferenziato disponibile sarà

inferiore ai 48.000 tonn/anno, quantitativi che non giustificano un nuovo

inceneritore in grado di trattare 60.000 tonn/anno e quindi oltremodo

sovradimensionato. Occorre comunque rimarcare che, rispetto a tali dati, al trend in

continua e costante diminuzione dei rifiuti prodotti in Sardegna e del relativo secco

residuo sin dal 2004, nonché alla possibilità concreta di crescita delle R.D.,

soprattutto nel Nord Sardegna, le previsioni impiantistiche relativamente

all’incenerimento previste dal Piano regionale sono oramai ampiamente superate

anche per la realizzazione degli scenari a due poli e al mantenimento dell’esistente.

Un altro elemento di criticità programmatica proposto è rappresentato dal fatto

che la delibera della Giunta regionale di approvazione del Piano sostiene che:

“Ai fini della comparazione degli scenari evolutivi alternativi occorre tener conto

(…) omissis (…)

di altre possibili opzioni, purché coerenti col principio di minimizzazione del numero

dei punti emissione e con il criterio tecnico sulla base del quale è da privilegiare la

realizzazione di strutture dedicate alla termovalorizzazione che garantiscano una

potenzialità minimale pari a 20-25 Gcal/h, articolate comunque secondo almeno 2

linee indipendenti”.

Nel quadro progettuale riportato nello SIA (punto 3. 3 - Illustrazione generale del

progetto proposto - Quadro di Riferimento progettuale) per il nuovo inceneritore di

Tossilo, si prevede che “La nuova centrale sarà essenzialmente costituita da una

nuova linea di trattamento e in concomitanza con la sua entrata in esercizio a regime

si prevede lo smantellamento delle due linee preesistenti”. Si riafferma inoltre in

diversi punti dello SIA che “l’impianto opererà con una sola linea”, confermando

quindi che l’attuale sistema di incenerimento, costituito da due linee, sarà

definitivamente chiuso con la demolizione dello stabile che le contiene (senza

indicare fra l’altro con quali risorse) e quindi non seguendo le indicazioni del piano

più volte citato che, nell’articolazione impiantistica dedicata alla

“termovalorizzazione”, chiede comunque la presenza di almeno due linee di

incenerimento.

pag. 8

C) Criticità normative.

Nel quadro normativo di riferimento presente nello S.I.A. - Quadro di riferimento

programmatico (pag 6-9) - la scelta dell’incenerimento viene giustificata in

relazione ad un quadro normativo Comunitario e Statale (Direttive 75/439/CE e

87/101/CE riguardanti l’eliminazione degli oli usati ; Direttiva 91/156/CE relativa ai

rifiuti; Direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti;Direttiva 1999/31/CE

concernente le discariche di rifiuti; Allegato VII del Dlg 152/2006 e s.m.i e del

DPCM 27 Dicembre 1988); seppur citata non si tiene peraltro conto dell’attuale

normativa comunitaria e statale che attraverso la Direttiva quadro 2008/98/CE,

indica la scala delle priorità nella gestione dei rifiuti e afferma come prioritaria

“la preparazione per il riutilizzo, il riciclo”, per cui, all’interno del recupero

diverso dal riciclo, va privilegiato il recupero di materia rispetto al recupero di

energia, tale scala gerarchica è stata già recepita nella normativa italiana con la

modifica dell'art. 179 del D.Lgs n. 152/2006 operata dal D. lgs n. 295/2010; lo

stesso Sesto Programma di Azione per l’ambiente della UE, in materia di

riduzione dei rifiuti prevede la riduzione della produzione dei rifiuti del 20% al

2020 e del 50% al 2050 rispetto alla produzione del 2000 e, inoltre, la

sostituzione di tutti i termovalorizzatori in attività in Europa con impianti di

riciclo completo entro il 2020.

Nello S.I.A. - Quadro di riferimento progettuale, pag. 8 - il proponente liquida

semplicisticamente il problema posto da alternativa zero, IPPC e MTD (BAT)

affermando che:

“Nel caso in esame, parte delle alternative risultano già escluse sia in relazione alle

previsione di pianificazione regionale, sia riguardo alla specificità dell’intervento di

adeguamento di un impianto esistente; di conseguenza, non saranno esaminate le

alternative strategiche e l’alternativa zero, così come le alternative di

localizzazione”.

Il proponente sembra non voler recepire la Direttiva quadro 2008/98/CE, recepita

con il D.LGS 205/2010, in cui in particolare al comma 1 dell’articolo 179,

stabilisce le priorità secondo cui deve essere gestita qualsiasi frazione

merceologica dei rifiuti; tali normative privilegiano il recupero di materia

rispetto al recupero di energia. Il proponente di proposito ignora le BAT che, nel

senso del recupero delle materia attraverso “la preparazione per il riutilizzo, il

riciclo”, si sono oggi notevolmente evolute sotto il profilo tecnologico,

dell'impatto ambientale e dell'economicità, rispetto al momento in cui nel Piano

Regionale dei Rifiuti venne adottata la scelta tecnica dell’incenerimento dei rifiuti

con recupero di energia per altro a bassa efficienza, così come è notevolmente

cambiato rispetto al 2006 (anno di riferimento del Piano Regionale) il quadro

generale di riferimento della gestione dei rifiuti in Sardegna, come evidenziato dalla

valutazione dei dati riferiti al 2013, riportati dall’ISPRA nel Rapporto Rifiuti Urbani,

Edizione 2014.

pag. 9

Secondo questo rapporto infatti le quantità di rifiuti prodotte in Sardegna sono

diminuite dal 2006 di circa il 15% (circa -120.000 tonn/anno), con quote sempre

minori di rifiuti indifferenziati inviati ad incenerimento sia a Tossilo (-48%) che al

CACIP (-30%), con raccolte differenziate che hanno già superato il 65% (Medio

Campidano 65,6%). Tale situazione non giustifica più la previsione impiantistica di

incenerimento proposta dal piano, altrimenti il Medio Campidano ed eventualmente

le altre province sarde che stanno raggiungendo la quota del 65% di RD non potranno

più superarla, salvo scaricare i maggiori costi per il minor conferimento sulle tariffe e

quindi sulle tasche dei cittadini. D’altra parte sia nell’Isola che nella Penisola diverse

province e comuni hanno già raggiunto quote molto superiori al 65% (Treviso 78,2%,

Pordenone 75,8%, Belluno 70,7%) dimostrando che con buone pratiche di RD è

possibile non solo incenerire di meno, ma anche superare il costoso, inutile,

inquinante e antieconomico sistema di incenerimento di Rifiuti perché in questo

modo si bruciano materiali ancora riciclabili, possibili generatori di ulteriore

sviluppo e occupazione. Si segnala a tal proposito come già dai primissimi anni

2000 si sono sviluppati nel mondo sistemi impiantistici di trattamento a freddo

(senza emissioni e con recupero energetico attraverso la conservazione delle

materia di oltre lo 80% v/s il 30 % circa dell’incenerimento) in grado di

sottrarre fino all'80% di rifiuti residui (a valle delle politiche di riduzione e di

raccolta differenziata) dalle discariche e dall'incenerimento. Si tratta di sistemi

che, sviluppando tecnologie di "estrazione" di scarti ancora riciclabili e inviando

a compostaggio le frazioni biodegradabili, consentono di minimizzare in

quantità e in pericolosità i rifiuti da conferire in discarica e agli inceneritori.

L’“alternativa zero” (il cosiddetto do nothing) non va intesa naturalmente nel senso

che, senza il nuovo inceneritore proposto per Tossilo, il territorio resterà privo di un

qualunque sistema di trattamento dei rifiuti e la frazione secca degli RSU dovrà

essere bruciata altrove. Va intesa nel senso di ipotizzare scenari alternativi come

principalmente l’avvio di una raccolta porta a porta spinta e, in secondo luogo, la

sostituzione e la riconversione dell'inceneritore attualmente esistente con tecnologie

più aggiornate per la selezione, preselezione ed estrusione “a freddo”, che evitino

emissioni nocive nell'ambiente e costi esorbitanti di realizzazione e di esercizio a

carico delle amministrazioni e dei cittadini.

Di tali tecniche non viene fatta alcuna menzione nello S.I.A. che si limita a

descrivere esclusivamente le scelte progettuali relative all’incenerimento senza

affrontare neanche le tecniche di preparazione e omogenizzatone della qualità e

del potere calorifico inferiore (PCI) del rifiuto da portare a combustione; d’altra

parte non si prendono in considerazione le alternative tecnologiche “a freddo”

più aggiornate per la preselezione, selezione ed estrusione, rendendo carente e

non esaustivo lo S.I.A. del proponete anche sotto tale aspetto e quindi va

rigettato come supporto alla procedura autorizzativa

pag. 10

Quadro progettuale

1) Criticità scelte tecnologiche adottate.

Nello S.I.A. - Quadro di riferimento progettuale (Pag. 8 ) - si dichiara “ Nella

vigente Pianificazione Regionale è espressamente previsto che l’impianto in

questione sia un termovalorizzatore. Detto documento prevede inoltre, come ipotesi

primaria, l’impiego di forni a griglia, che considera affidabili e flessibili. Tale

indicazione è completamente condivisa dai Proponenti e recepita nella proposta

progettuale di gara.” È già stato sottolineato come i quadri programmatico e

normativo Comunitario, Statale e Regionale siano fortemente datati e ciò

nonostante la scelta dell’incenerimento non viene messa in discussione neanche

nella scelta di altre opzioni praticabili. L’analisi dell’alternativa zero e il

conseguente confronto delle MTD (Migliori Tecniche Disponibili), sono previsti

dal D. L.gs 372/99 (note anche BAT Best Available Techniques ) e dal BREFs (Best

Available Techniques Reference documents) secondo le Linee guida per

l’identificazione delle migliori tecniche elaborato dall’ufficio IPPC della UE.

I documenti citati in particolare definiscono le migliori tecniche disponibili

come “la più efficiente e avanzata fase di sviluppo dell’attività e relativi metodi di

esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di

massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si

riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente

nel suo complesso.” In realtà il quadro di riferimento progettuale presentato

nello SIA risale al 2011 quindi fortemente datato relativamente al D. lgs 48/2014

dove sono state introdotte delle modifiche relativamente ai requisiti degli

inceneritori (ad esempio l'obbligo del monitoraggio dei PCB nelle emissioni);

tali requisiti non sono previsti nel progetto come sarà spiegato in seguito e

costituiscono motivo di rigetto della procedura autorizzativa.

Inoltre l’“affidabilità e versatilità dei sistemi dotati di forni a griglia

(caratteristiche importanti soprattutto per impianti come quello in oggetto), i quali

possono trattare rifiuti molto variabili nel tempo per caratteristiche, pezzatura e

composizione: RSU indifferenziato, frazione secca risultante da raccolta

differenziata, residui dei trattamenti di recupero delle frazioni differenziate e CSS

(Combustibili Solidi Secondari). i quali possono trattare rifiuti molto variabili nel

tempo per caratteristiche, pezzatura e composizione: RSU indifferenziato, frazione

secca risultante da raccolta differenziata, residui dei trattamenti di recupero delle

frazioni differenziate e CSS (Combustibili Solidi Secondari).” (come si legge nel

S.I.A. - Quadro di riferimento progettuale-Pag. 8) la scelta della tecnologia a griglia

viene giustificata con la possibilità di portare a combustione nel tempo diversi

tipologie di rifiuto. Ciò pone seri dubbi non solo sulla disponibilità certa di una

quantità di rifiuto da portare a combustione necessario al raggiungimento della

potenza termica di 30 MW ma anche sulla indeterminatezza della qualità del rifiuto

pag. 11

che potrebbe variare dal tal quale fino al combustibile solido secondario (CSS).

Per quest’ultimo si verifica il paradosso che il DM 14 febbraio 2013, n. 22,

avendone definito caratteristiche e destinazioni, esclude il CSS dalla qualifica di

rifiuto. Infatti non è previsto che sia bruciato in inceneritori ma in cementifici e

centrali termoelettriche dotate di AIA. E’ evidente che manca una analisi seria

sulla produzione e sulla composizione delle frazione dei rifiuti reperibili

nell’ambito territoriale di pertinenza; infatti i diversi poteri calorifici inferiori

(PCI) dei rifiuti giustificano la minore o maggiore quantità di rifiuti da portare

a combustione. Il quadro progettuale mostra in tale giustificazione della scelta

tecnologica una debolezza di fondo pertanto già tale osservazione costituisce

motivo di rigetto della procedura autorizzativa.

Tale ambiguità si ripropone sul piano della analisi dei costi economici e

finanziari (Allegato 01 allo SIA) relativamente al progetto proposto. Tra i costi

del combustibile (nonostante l’alta variabilità di PCI) per i forni si ipotizzano

60.000 €, cifra di molto inferiore (circa 4 volte meno) rispetto alla gestione

passata; nel 2013 sono stati spesi 288.620 € per alimentare le due linee che

bruciano secco residuo da R.D. (con relativamente basso PCI ma non così

dissimile da quello medio considerato 13.188KJ/kg-3.150Kcal/Kg) cosi da dover

essere “sostenute” con combustibili aggiuntivi per il miglioramento del

rendimento. Tra i ricavi invece vengono compresi quelli relativi alla produzione

di energia elettrica incentivata (peraltro con una conversione tra energia

termica ed elettrica al di sotto del 25,7%) valutata in 50 GWh, contro i 3,7 GWh

prodotti attualmente. La sovrastima è evidente, considerando che da una

tonnellata di RSU con un PCI medio già citato si possono ricavare al massimo

0,60 MWh, e, quindi, da 60.000 ton/a, un massimo di 36 GWh. Queste

sottostime e sovrastime sono tese a giustificare una tariffa di conferimento di

100 €/ton non sostenibile con le suddette premesse ma utili ad una azione di

marketing al ribasso tenendo conto che l’attuale tariffa sfiora i 199,15 €/ton più

IVA. Il piano economico-finanziario è pertanto incongruente sia sul piano dei

costi che dei ricavi; tale osservazione costituisce motivo di rigetto della

procedura autorizzativa.

Nello S.I.A. - Quadro di riferimento progettuale, pag. 11 - si dichiara per

quanto riguarda l’esistente:”le attuali due linee di incenerimento autorizzate con

AIA di cui alla Determina n° 1964/201° della Provincia di Nuoro, sono costituite da

due sezioni termiche pressoché identiche ciascuna delle quali con una potenzialità

termica nominale di 14,66 MW ed una potenzialità nominale di smaltimento di 3 t/h

di sovvalli (considerando un PCI di 2 500 kcal/kg o10500KJ/Kg), oppure 5,2 t/h di

RSU tal quale. La fossa di accettazione dei RSU tal quali, comune alle due attuali

linee, ha un volume a raso di 960 mc, corrispondenti a circa 500 ton, mentre la

fossa di stoccaggio della frazione di sopravaglio prodotta dalla adiacente selezione

dei RSU tal quali, ha un volume pari a 720 mc con capacità di circa 300 ton. Il

raffreddamento dei gas di combustione, per ciascuna linea esistente, avviene in un

generatore di vapore a recupero, a tubi d’acqua, che è in grado di produrre 4,5/5 t/h

pag. 12

di vapore surriscaldato a 38 bar e 370°C. Il vapore prodotto dai due attuali

generatori di vapore viene inviato ad un impianto di produzione di energia elettrica,

che comprende una turbina a vapore a condensazione, azionante un alternatore

della potenza nominale di 2 MW. Ciascuna delle linee esistenti è dotata di proprio

sistema di depurazione fumi costituito da: 1) reattore a semisecco per

l’assorbimento degli acidi alogenati presenti nei fumi con utilizzo di un reagente

alcalino come il latte di calce; 2) dosatore pneumatico di carbone attivo per

l’assorbimento dei microinquinanti organici clorurati (diossine); 3)filtro a maniche

in grado di trattenere le ceneri di combustione, i carboni attivi e i prodotti di

reazione degli acidi alogenati; 4)un reattore catalitico con dosaggio di soluzione

ammoniacale per la denitrificazione (sistema DeNOx) dei fumi di combustione; 5)

un camino per la dispersione dei fumi depurati in atmosfera;5) un inertizzatore a

matrice cementizia per l’inertizzazione delle ceneri leggere.”

Nello S.I.A. - Quadro di riferimento progettuale, pag. 12 - per quanto riguarda

il nuovo impianto si dichiara: il nuovo impianto in oggetto, costituito da una sola

linea di produzione, è progettato per operare alla condizione di normale esercizio

continuo e prevede un’attività, al massimo carico di esercizio, variabile, in termini

di tonnellate di rifiuto incenerite, in funzione esclusivamente della tipologia del

rifiuto e del suo potere calorifico. La potenzialità giornaliera della nuova linea sarà

pari a 7,64 t/h, corrispondenti a 183,6 t/d e 61 120 t/a, di rifiuto smaltito con una

produzione di energia termica, al CTN, pari a 27,97 MW con una potenza resa ai

morsetti del generatore pari a 7,06 MW con una produzione annua di energia

elettrica di circa 56 480 MWh. In particolare il proponente precisa che il progetto

delle opere è stato sviluppato per conseguire i seguenti obiettivi principali: 1)

garantire una capacità di smaltimento rifiuti a valenza combustibile pari a ~61.000

t/anno; 2) consentire il trattamento delle scorie per il recupero delle parti

ferrose;3)assicurare la continuità di esercizio della centrale in modo da ridurre al

minimo, in caso di guasti o di manutenzioni di componenti dell’impianto, il ricorso

alla discarica; ridurre al minimo il consumo di acqua e la produzione di reflui

liquidi; 4) utilizzare tecnologie consolidate ed affidabili per la combustione dei

rifiuti, per il recupero e l’utilizzo del calore prodotto, per la depurazione dei fumi di

combustione e per il controllo delle emissioni;5) massimizzare l’energia elettrica

producibile dalla combustione dei rifiuti; ridurre al minimo i materiali di risulta

della centrale da inviare a discarica; 6)ridurre al minimo l’impiego del personale di

conduzione tramite automazione dell’impianto;7) ridurre al minimo le emissioni

acustiche sia in valore assoluto, sia come valore incrementale della situazione

attuale; 8) curare l’impatto architettonico degli impianti ed apparecchi installati

all’esterno dei fabbricati; 9) realizzare una centrale ad elevata automazione, in

modo da ridurre al minimo la necessità di interventi manuali in campo e

conseguentemente garantire un’efficiente protezione nei riguardi sia della sicurezza

delle apparecchiature e delle persone, sia della salute degli operatori.

E’ evidente come si punti prevalentemente a quasi triplicare i quantitativi di

residuo secco da portare a combustione (oltre 60.000 ton/anno) peraltro con un

pag. 13

sistema impiantistico a bassissima efficienza con un rendimento lordo

dichiarato (dato dal rapporto tra energia elettrica generata ai morsetti

dell’alternatore e carico termico in ingresso) che si assesta al 25,71% (S.I.A. -

Quadro di riferimento progettuale, pag. 22). Infatti non è previsto nessun sistema

di coogenerazione con il recupero del vapore prodotto quindi non in linea con il

nuovo PEARS del 2013 che vede come prioritario l’efficientamento degli

impianti con il recupero e non con il dissipamento dell’energia termica prodotta

sotto forma di vapore.

Figura 6; Diagramma di combustione (S.I.A. - Quadro di riferimento progettuale

PAG. 22)

Il grafico riporta l’ampio range del PCI del combustibile compreso tra 9,2 fino

a 18,9 MJ/kg, accettabile per il forno progettato dai proponenti. E’ evidente che

anche in questo caso si va da una sottostima del potere calorifico dei sovvalli

con un PCI di 2 500 kcal/kg o10500KJ/Kg della precedente gestione ad a una

sovrastima di 13,18 MJ/kg (13.180KJ/Kg o 3147,9 Kcal/Kg) del PCI “teorico”

medio dei rifiuti da conferire come riportato nel quadro progettuale; tutto ciò

per potere sostenere la condizione di funzionamento di riferimento (CTN)

ipotetico.

pag. 14

(S.I.A. - Quadro di riferimento progettuale PAG. 22)

E’ evidente come le caratteristiche nominali di funzionamento riportate nella

tabella e riferite al CTN siano “forzate” e tese al raggiungimento dell’obbiettivo

di produzione di energia termica dichiarata. Va rimarcata la dichiarazione di

come la linea di combustione sia in grado inoltre di funzionare con combustili

con potere calorifico inferiore ben al di sopra a quello attribuibile al RSU; ciò

presuppone l’ipotesi che per il raggiungimento dell’obbiettivo termico possano

essere impiegati non solo RSU ma rifiuti di altra natura di cui non viene mai

riportato il CER o combustibili fossili addizionali. Il quadro progettuale mostra

una evidente incertezza sulla qualità e sui quantitativi dei RSU da portare a

combustione; una tale debolezza di fondo del quadro progettuale costituisce

motivo di rigetto della procedura autorizzativa.

Sul PCI adottato nel progetto non si valuta l'andamento della RD nell'area di

conferimento prevista e quanto indicato nel quadro programmatico dello SIA in

termini di pianificazione locale come già rilevato anche nelle osservazioni sul piano

economico. Sono oramai numerosi i casi in cui i PCI reali ottenibili nell'area di

conferimento risultano inferiori rispetto a quelli ipotizzati nel quadro

progettuale in relazione al miglioramento e all’estensione della RD avvenuta tra la

approvazione e la messa in esercizio. In tal caso l’impianto dovrebbe dedicarsi

principalmente a rifiuti speciali per compensare la riduzione quantitativa di PCI di

quelli urbani o, come nella gestione odierna, sopperire con combustibili aggiuntivi.

A pag. 76 vengono riportate sommariamente delle valutazioni quantitative riprese

dal piano regionale 2008, che non tengono conto dell’evoluzione della situazione

della gestione rifiuti nella zona interessata come già fatto osservare; questo progetto

quindi come molti di quelli “importatati” nell’Isola amplifica le carenze sull’analisi

della situazione locale. Non è un caso che a pag. 78 si dichiari: “Quindi in

prospettiva l’eventuale fluttuazione dell’offerta potrà essere affrontata prevedendo

di trattare tipologie di rifiuto diverse dal CSS, quali scarti di piattaforme di

valorizzazione delle RD, rifiuti speciali non pericolosi non riciclabili, fanghi

essiccati da trattamento depurativo, frazione organica stabilizzata non utilizzabile

altrimenti, eccetera.” Si ribadisce, come già riportato precedentemente, il paradosso

del CSS (Combustibile solido secondario) che il DM 14 febbraio 2013, n. 22 ne ha

definito caratteristiche e destinazioni, escludendolo dalla qualifica di rifiuto.

pag. 15

E’ evidente che manca una analisi seria sulla produzione e sulla composizione

delle frazione dei rifiuti reperibili nell’ambito territoriale di pertinenza; infatti i

diversi poteri calorifici inferiori (PCI) dei rifiuti giustificano la minore o

maggiore quantità di rifiuti da portare a combustione. Bruciare il CSS

significherebbe riportarlo allo status di rifiuto in piena contraddizione con le

finalità del DM su menzionato.

Un aspetto a cui prestare particolare attenzione, non presente nel quadro

progettuale, è l'elenco dei rifiuti (codici CER) per i quali si intende richiedere la

autorizzazione; una puntuale verifica di tale aspetto ripropone la debolezza di

fondo del quadro progettuale e costituisce motivo di rigetto della procedura

autorizzativa.

I livelli di emissione indicati nella tabella a pag. 24, sono quindi inficiati dalla

indefinitezza del piano progettuale che non può non influire negativamente sul

piano gestionale. Non possono comunque essere quelli autorizzati in quanto si tratta

di valori medi su lungo periodo (un anno); i limiti delle autorizzazioni, anche

quando sono inferiori a quelli di legge, devono tener conto delle variazioni per

evitare continui, puntuali, superamenti che possono determinare non

conformità con le modalità di legge di verifica dei limiti; è evidente che non

siano conservativi rispetto al quadro ambientale dello SIA e questo quindi

costituisce motivo di rigetto della procedura autorizzativa.

A pag. 57 si prefigura il funzionamento ad isola dell’impianto in tutte le situazioni

possibili a sottolineare la piena indipendenza elettrica dell’impianto rispetto alla rete

esterna, forse per tutelarne la correttezza gestionale in continuo dello stesso; il

proponente sicuramente conosce la vulnerabilità delle rete dell’Isola

caratterizzata dall’elevata frequenza di interruzioni improvvise; comunque in

altri inceneritori (vedi Brescia) tali dichiarazioni si sono rilevate non veritiere

ripercuotentesi negativamente sul piano gestionale dell’impianto con evidenti

variazioni dei livelli emissivi in condizioni di stop e di riavvio; tali osservazioni

costituiscono motivo di rigetto della procedura autorizzativa.

Poco persuasiva e non chiara è la spiegazione dei singoli passaggi nelle sezioni di

abbattimento a pag. 65; si impiega il temine polveri ma si suppone comunque che

il proponente voglia indicare le ceneri del flusso emissivo che risulterebbero essere

(espresse in mg/Nmc) all’uscita dell'elettrofiltro 15,8 mg/Nmc. Nel reattore con

bicarbonato ne entrano 40,42 mg/Nmc si presume per l’aggiunta al flusso di

bicarbonati e carboni attivi anche se non vengono menzionati (tanto meno si

dichiarano i quantitativi); dal reattore escono 2.868 mg/Nmc e anche in questo caso

si presume per l’aggiunta di additivi solidi (non vengono fornite specifiche). Queste

quantità corrispondono a 181,45 kg/h in entrata al filtro a maniche da cui esce

un flusso pari a 0,75 mg/Nmc di polveri ovvero un rendimento di abbattimento

del 99,9738%. Tali risultati sono credibili solo sul piano del marketing nel

pacchetto “garanzie” offerto dai costruttori e ciò nonostante si omettono, per

essere più credibili, le valutazioni delle polveri in termini dimensionali e non

solo quantitativi; il tutto diventa ancora meno credibile considerano inoltre i

pag. 16

rendimenti dichiarati di abbattimento per acido cloridrico (98 %) e zolfo

(98%). Si omette di menzionare le inevitabili criticità gestionali dell’impianto su

descritte che certamente non possono non interessare anche i sistemi di

abbattimento. Tale parte del quadro progettuale dello SIA é del tutto

inattendibile e costituisce motivo di rigetto della procedura autorizzativa.

Il proponente sottolinea la valenza di una ulteriore riduzione delle emissioni delle

diossine attraverso il DeNox catalitico. Viene infatti citata la proposta di Area

Impianti (proposta anche a Parma ma al momento non realizzata). Nel quadro

progettuale non viene riportato alcun dettaglio; occorre tenere in conto che la

funzionalità di tale sistema (anche come ulteriore DeDioxin) è correlato a dei range e

regole di funzionamento da rispettare come: a) condizioni di disattivazione

reversibile del catalizzatore; b) presenza di ammonio bisolfato (ABS); c) ABS nei

fumi a temperatura inferiori al punto di rugiada ; d) irreversibile presenza di metalli

alcalini per sodio e potassio; e) Sali di calcio e magnesio; f) temperature eccessive

oltre 425 °C; g) temperature di esercizio inferiori a 275 °C; l’assenza di dettagli

non chiarisce se sono previste modalità di monitoraggio per evitare il verificarsi

di tali condizioni che, oltre a rendere inefficaci le azioni di abbattimento degli

inquinanti, ne costituiscono ulteriore condizione di incremento; a tutto ciò va

aggiunto l’assenza della previsione di un sistema di riscaldo fumi a monte del

DeNox. Il passaggio così delicato di tale aspetto, come dimostrato, viene trattato

con superficialità quasi con il solo intento di marketing; quindi il risultato è del

tutto inattendibile e ciò costituisce ulteriore motivo di rigetto della procedura

autorizzativa.

A ridurre l’efficacia dei sistemi di abbattimento non manca la presenza (usuale) di

bypass di tali sistemi, in questo caso viene indicata la sola presenza di un bypass del

filtro a manica (a pag 68) ma anche in questo caso non si trovano altre indicazioni.

Nel concreto questi bypass vengono attivati automaticamente anche in caso di

anomalie gravi quali il blocco dei ventilatori per evitare gravi danni alla parte

termica, ma queste emissioni in emergenza sono cospicue (come avviene spesso a

Brescia) e più frequenti di quanto si tenda a indicare. Si parla (pag 70) di motore

di emergenza per i ventilatori in caso di mancanza di energia elettrica ma occorre

vedere se ciò è possibile in tutte le condizioni di anomalia come nel caso di arresto

dell’impianto. Abbiamo già descritto l’impossibilità del considerare l’impianto come

isola energetica; anche sotto tale aspetto il quadro progettuale dello SIA risulta

del tutto inattendibile e ciò costituisce ulteriore motivo di rigetto della

procedura autorizzativa.

Nello S.I.A. - Quadro di riferimento progettuale, pag. 60 - a proposito delle

Generalità sui sistemi di abbattimento degli inquinanti presenti nei fumi il

proponente dichiara: “La gamma delle emissioni atmosferiche prodotte dalla

termovalorizzazione dei combustibili è di norma più complessa e variegata rispetto

ai normali processi di combustione. Questo è da ricondursi sostanzialmente alla

forte eterogeneità del combustibile utilizzato. Nelle emissioni, oltre alla presenza

pag. 17

degli inquinanti caratteristici delle combustioni convenzionali, si trovano forme

ossidate di sostanze organiche o inorganiche già presenti nei combustibili e

composti inorganici vaporizzati o mobilizzati per adsorbimento sul particolato

emesso. In aggiunta a questi vanno poi considerati i processi di riformazione che, a

partire da sostanze elementari e precursori, attraverso reazioni eterogenee a bassa

temperatura che coinvolgono il particolato e i gas di combustione, originano

microinquinanti organoclorurati. In linea generale, si suole distinguere il complesso

delle emissioni atmosferiche in due classi: i macroinquinanti, presenti in

concentrazioni rilevanti (mg m-3), ed i microinquinanti che, pur se presenti in livelli

molto più modesti ( mg m-3 o ng m-3) possono costituire un rischio ambientale per

la loro tossicità e persistenza. Alla prima categoria appartengono inquinanti

tradizionali dei processi di combustione quali monossido di carbonio (CO), ossidi di

azoto (NOx), biossido di zolfo (SO2), gas acidi (HCl, HF) e materiale particolato. I

microinquinanti si dividono invece in inorganici, costituiti essenzialmente da alcuni

metalli pesanti (Pb, Cd, Hg), e organici, quali diossine, idrocarburi policiclici

aromatici (IPA), PCB.”

E’ evidente che al proponente non sfugge che le analisi delle emissioni dei

termovalorizzatori sia più complessa rispetto a quella relativa ad altri processi

di combustione in relazione all’eterogeneità della composizione e del PCI del

rifiuto portato a combustione. Abbiamo già sottolineato come il quadro

progettuale mostra una evidente incertezza sulla qualità e sui quantitativi degli RSU

e di “quant’altro” portare a combustione con conseguente imprevedibilità delle

emissioni. Ma già nell’introduzione sui sistemi di abbattimento su riportati e nello

sviluppo successivo si deduce la superficialità con cui viene trattato il problema con

richiamo a voci bibliografiche datate e non più attendibili sul piano scientifico. In

realtà gli impianti di incenerimento di rifiuti rientrano, per la normativa italiana, fra

le industrie insalubri di classe I ed indipendentemente dalla tecnologia adottata,

danno origine a diverse migliaia di inquinanti, di cui solo una minima parte è

conosciuta (1). La formazione di tali inquinanti dipende, oltre che dai materiali

combusti, dalla loro combinazione casuale nei forni, dalle temperature di esercizio e

soprattutto dalle variazioni di queste ultime nei diversi scomparti (2). Fra le

principali categorie di inquinanti emessi distinguiamo: particolato - inalabile

(PM10, con diametro inferiore a 10 micron, μ), fine (PM2.5, inferiore a 2.5μ) ed

ultrafine (PM0.1, minore di 0.1μ) - metalli pesanti (oltre 20 sostanze), diossine,

composti organici volatili, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, altri gas serra ed

ozono. Gli inquinanti emessi possono esplicare i loro effetti nocivi, neoplastici e non

neoplastici, o per inalazione, o per contatto cutaneo, o per contaminazione dell’acqua

e della catena alimentare. Per quanto attiene il particolato, sono da tempo

riconosciute le conseguenze sulla salute umana, tanto più gravi quanto minore è il

diametro delle particelle (3 e 4).

Gli inceneritori sono fonte non trascurabile di particolato; uno studio condotto in una

città Svedese ha stimato che un moderno impianto di incenerimento produce dal 17

al 32% del PM2.5 urbano (5) e un altro ha stimato che a Parigi le tre maggiori

pag. 18

fonti di particolato siano rappresentate dal locale inceneritore, dal traffico

veicolare e dal riscaldamento (6). Sempre più attenzione desta poi il rischio

rappresentato dal particolato ultrafine (7), prodotto in misura del tutto

ragguardevole dai “moderni” inceneritori a causa delle elevate temperature di

esercizio (8). Le particelle di dimensioni inferiore a 0.1μ non vengono trattenute

neppure dai più moderni sistemi di abbattimento e non sono soggette ad alcun

tipo di monitoraggio. Grazie alle loro dimensioni queste particelle sono in grado di

attraversare la parete degli alveoli polmonari, entrare nel circolo sanguigno e

giungere in ogni distretto dell’organismo; i danni che ne conseguono sono

rappresentati da stress ossidativo, stato di infiammazione generalizzato, aumento

della viscosità del sangue, alterazione delle più delicate funzioni cellulari (9). Tra gli

inquinanti emessi dagli inceneritori sono incluse sostanze tossiche, mutagene,

persistenti, bioaccumulabili e distruttori endocrini. In particolare ricordiamo:

Arsenico, Benzene, Berillio, Cadmio, Cromo, Diossine, Furani, Idrocarburi

Policiclici Aromatici (IPA), Mercurio, Nichel, Piombo, Policlorobifenili. Molti

agenti sono classificati dall’International Agency for the Research on Cancer

(IARC) come cancerogeni certi, probabili e possibili per l’uomo (Gruppo 1, 2A,

2B). Per i cancerogeni non esistono soglie di assoluta sicurezza, pertanto è

plausibile che le emissioni degli inceneritori rappresentino un fattore di rischio

per molteplici patologie incluso i tumori umani.

Numerosi test di mutagenesi effettuati su colture cellulari hanno dimostrato che

le emissioni prodotte dagli inceneritori di rifiuti solidi urbani (RSU) presentano

un’attività mutagena ben più rilevante rispetto alle emissioni prodotte da altri

processi di combustione (10 e 11). Si è stimato, ad esempio, che la mutagenicità

delle emissioni di un inceneritore equivalga a quella di diverse migliaia di

autovetture (12). Nell’analisi delle emissioni riportata dal proponente vengono

omesse tali evidenze scientifiche manifestando ulteriormente la debolezza di

fondo del quadro progettuale che costituisce ulteriore motivo di rigetto della

procedura autorizzativa.

1. Rowa SC Incinerator toxic emissions: a brief summary of human health effect with a note on

regulatory control. Medical Hypothesis, 52 (5), 389-396(1999)

2. Cormier SA, Lomnicki S. Backes W. Dellinger B. - Origin and health impacts of emissions of

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5. Aboh I.J.K Henriksson D, Laursen J, Lundin M, Pind N, Lindgren ES, Wahnstrom T. EDXRF

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12. DeMarini DM. Induction of mutation spectra by complex mixtures: approaches, problems, and

possibilities. Environ Health Perspect 1994; 102 Suppl 4:127-130.

Quadro ambientale e sanitario

A) Qualità dell’aria ed emissioni

Le criticità relative all’analisi delle emissione presente nel quadro progettuale si

accompagna all’inadeguatezza dei sistemi di controllo delle qualità dell’aria

presente in Sardegna. L'ARPA Sardegna è il soggetto competente a gestire la rete di

monitoraggio della qualità dell'aria. La rete è costituita da 44 centraline automatiche

di misura, di cui 4 non attive o di recente sostituzione, dislocate nel territorio

regionale; nella Provincia di Nuoro sono presenti 6 centraline cosi dislocate:

Macomer (1), Nuoro città (3), Ottana (1), Siniscola (1). E’ evidente come non possa

essere considerato sufficiente l’impiego di una singola centralina per un’adeguata

caratterizzazione della qualità dell’aria dell’area industriale di Tossilo e in particolare

per l’analisi delle ricadute sui centri abitati limitrofi; la rete di controllo dell’Isola è

oltremodo carente anche in relazione all’adeguamento al Decreto Legislativo del

13 agosto 2010, n. 155 (recepimento della direttiva europea 2008/50/CE) che

prevede la riduzione del 20% dell'esposizione al PM2,5 entro il 2020 rispetto ai

valori del 2010 e l’obbligo di riduzione al di sotto di 25 μg/m3 sempre entro il

2020.

Lo stesso proponente, al momento di presentare la modellistica diffusionale, non può

fare a meno di affermare a pag. 148 del quadro progettuale dello SIA: “Nella

sovrapposizione degli effetti i dati sulla qualità dell’aria “attesa” stimati dalla

modellistica diffusionale nell’esatta posizione della centralina di rilevamento, sono

stati sommati agli omologhi dati misurati nello stesso anno di riferimento, 2011,

presso la medesima stazione MACOMER CENMA1. Si tratta di una scelta obbligata

in quanto è l’unica posizione geografica a disposizione della quale si conoscono i

dati sulla qualità dell’aria.” (Fig. 16 Quadro di riferimento ambientale). L’analisi

dello “Stato ex ante della componente Atmosfera“ si riduce, nel “quadro di

riferimento ambientale”, a sole due pagine (pag. 31-32) con prevalenti note

introduttive e riferimenti normativi; l’analisi vera e propria che prende in

considerazione i dati del periodo di campionamento compreso tra aprile 2010 e

dicembre 2010 si limita ad affermare “concentrazioni annuali di metalli, di IPA

(benzo(a)pirene nella frazione PM10 delle polveri atmosferiche tendenti al rispetto

dei valori obiettivi prescritti dalla normativa. Inoltre le concentrazioni annuali di

diossine e furani nella frazione PM10 delle polveri atmosferiche sono tendenti al

rispetto dei valori di riferimento indicati nel documento “Air Quality Guidelines for

Europe” WHO Regional Office for Europe.”

pag. 20

Nella Relazione annuale sulla qualità dell’aria in Sardegna per l’anno 2012,

pubblicata a Settembre 2013 si riafferma il piano regionale di risanamento dell’aria il

quale prevede di ridurre la popolazione esposta all’inquinamento atmosferico

superiore ai valori limite, come per il biossido di zolfo, il PM 10 e l’ozono; nella

zonizzazione il territorio di Macomer viene inserito nella “Zona di

Mantenimento” (fig. 2 della Relazione Annuale 2012) cioè in quell’insieme delle

aree che non necessitano di interventi di risanamento e dove ogni intervento

pag. 21

antropico non deve portare ad un peggioramento dell’attuale qualità dell’aria

ambiente. Nella stessa Relazione annuale vengono segnalati elementi di “incertezza”

non rassicuranti sui risultati del monitoraggio” ( …) si ritiene utile ricordare che la

rete pubblica è stata progettata e realizzata in un periodo di tempo relativamente

lontano, approssimativamente nel decennio 1985-1995 “…)” viene fatto notare

inoltre come prudentemente si proponga e si includa Macomer nell’elenco di aree

appartenenti alla “Zona di Mantenimento” da tenere sotto controllo con un adeguato

monitoraggio, oltre naturalmente le “zone” da risanare. Considerando comunque i

dati del monitoraggio 2010 impiegati nella modellistica diffusionale si riporta un

valore di fondo del PM10 di 47,74 micro/mc (oltre gli sforamenti, vedi tabella

sotto) che risulta essere molto elevato da caratterizzare Macomer come aree

industriale e/o fortemente urbanizzata e quindi da inserire nelle zone da

risanare.

Tenendo conto della modellistica diffusionale vengono riportati dei valori di

ricaduta (a partire da pag. 136) per alcuni parametri per i quali non si capisce quali

siano valori di input (concentrazione emissione) utilizzata, quale sistema di calcolo

(si accenna ad Aermod) e quali condizioni meteoclimatiche sono state utilizzate nella

modellizzazione. Fermo quanto sopra, nelle valutazioni circa il contributo

aggiuntivo rispetto alla situazione attuale della qualità dell'aria, si nota che per

alcuni parametri (Sox, Nox) vi è un incremento superiore al 10% dovuto

all'inceneritore. Ciò risulta essere significativo secondo i criteri di tecnica

adottati. Anche per il PM10 si rileva un ulteriore incremento pari a 0,11μg/m3

in aggiunta al valore già molto elevato come già ricordato.

I problema relativo alla presenza di diossine / furani ante e post operam non viene

preso in considerazione nonostante che l’ASL n. 3 abbia già accertato la presenza di

diossine nel distretto di Macomer, come dichiarato in un comunicato del mese di

maggio del 2010, in relazione alla presenza di un grosso inceneritore.

pag. 22

Se si considera le valutazioni che si possono fare relativamente alle autocertificazioni

vediamo quanto possano avere già inciso sul territorio in esame le emissioni

dichiarate “a norma” negli allegati sopra riportati; moltiplicando Portata dichiarata

26254Nm3 /h × 24= 630.096 Nm3 ; se questa portata la moltiplichiamo per 0,098

ng/ Nm3 c= 98 pg/ Nm3 picogrammi di diossina, dichiarati presenti in un Nm3,

otteniamo la considerevole quantità di 61.749.408 pg/die di diossina/furani; se

dividiamo questo valore per 140 picogrammi/die che è il valore che la comunità

europea, secondo le indicazione dell’OMS (2 picogrammi/Kg peso), assegna ad un

individuo di 70 Kg (trascurando quindi i bambini) otteniamo il valore di 441.067,2

dosi/individuo adulto/die; l’area di Macomer comprende i Comuni di Birori,

Borore, Bortigali, Macomer e Sindia per una popolazione di 17.573 abitanti

(censimento2001). Se valutiamo ora il nuovo progetto, su base annua, si

dichiarano fumi al camino per un quantità 435.493.682 Nm3; se moltiplichiamo gli

stessi per 70 pg/ Nm3 (accettando la buona volontà espressa dal proponente di

abbattere le emissione di diossina del 30%; abbiamo già esaminato le criticità dei

pag. 23

sistemi di abbattimento proposti ) otteniamo 30.484.557.740 pg/anno; se dividiamo

gli stessi per 140 picogrammi (di questo dato abbiamo già spiegato il significato)

otteniamo 217.746.841 dosi/individuo adulto/anno; se dividiamo per 365 gg

abbiamo 596.566,687dosi/individuo adulto/ die. Quindi il carico di diossine/furani

aumenta del 13% nonostante i buoni propositi del proponente. Tenendo conto che

questi valori vanno ad accumulo anno per anno (la emivita della diossina è di circa

20 anni) dobbiamo considerare che le vie di assunzione gastrointestinale e

respiratoria (il 95% e la respiratoria il 5% circa) attraverso i prodotti locali (in questo

caso, latte, formaggi, ortofrutta) oltre aria e l’acqua, disporranno di un’ulteriore fonte

di carico tossico corporeo. A tale proposito la Sesta Sezione della Corte di Giustizia

della Comunità Europea, con una sentenza del 29 settembre 1999 ha dichiarato che:

“(…) la nozione di scarico di cui all’art. 1 n. 2,lett. D della direttiva del Consiglio 4

maggio 1976,76/464/CEE, concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze

pericolose scaricate nell’ambiente idrico della Comunità, deve essere interpretata nel

senso che in essa rientra l’emissione di vapori inquinanti che si condensano e cadono

su acque e nei suoli di superficie”.

Relativamente alle modalità di gestione dei residui finali prodotti dall’impianto il

proponente dichiara (escludendo ceneri leggere per 1.166 t e prodotti solidi di

reazione per 1.449 t) 7.296 t/a di scorie pesanti (11,9%), una valutazione

sottostimata considerando che secondo il quadro progettuale dello SIA i rifiuti

avviati a incenerimento vengono prima trattati in un impianto di selezione

secco/umido con sottrazioni degli inerti/metalli considerando inoltre che gli

inceneritori a griglia, come quello scelto per il nuovo inceneritore di Tossilo,

producono una quantità maggiore di scorie e ceneri rispetto agli inceneritori a

letto fluido, come quello attualmente in esercizio. Se confrontiamo le due

tecnologie nei due impianti già operanti in Sardegna ciò appare evidente; secondo i

dati del 14° Rapporto sulla gestione dei rifiuti urbani in Sardegna, anno 2012,

l’inceneritore del CACIP (Capoterra/Macchiaredu), che opera con 3 forni a griglia,

ha prodotto scorie e ceneri nella misura del 32% del rifiuto secco bruciato, quello di

Tossilo che attualmente utilizza il sistema a letto fluido ne ha prodotto il 20%.

Nello SIA la discarica per ceneri e scorie non è indicata se non in volumetria, è

del tutto assente l'indicazione della localizzazione, né risulta in essere alcun progetto

approvato a livello comunale, provinciale o regionale relativo ad una discarica al

servizio dell'inceneritore di Tossilo. La volumetria prevista è di 70.000 m3 per 10

anni, una evidente sottostima destinata ad innescare polemiche future. L'impianto

produrrà infatti quasi il doppio delle 10.000 ton/anno di scorie e ceneri dichiarate

nello SIA, come si può desumere dalla tabella di sintesi dello scenario a 3 poli

relativa alla prima opzione di rafforzamento del sistema di incenerimento a Tossilo

riportata nel Piano regionale, che prevede una produzione di score e ceneri pari a

17.500 tonn/anno, a conferma anche della scarsissima capacità di questo tipo di

scelta di smaltimento di risolvere il problema delle discariche. Inoltre non vengono

pag. 24

mai menzionati la caratterizzazioni dei rifiuti solidi del trattamento che oltre

scorie e ceneri pesanti da incenerimento (CER 190112 – rifiuto non pericoloso)

comprendono, come abbiamo visto, anche 1.166 t /a di Ceneri volanti (CER 19

01 13*/190114 – rifiuto pericoloso/rifiuto non pericoloso) in uscita dalle caldaie e

dagli elettrofiltri del trattamento fumi e 1.449 t/a di PSR, prodotti solidi di

reazione (CER 19 01 05* – rifiuto pericoloso) in uscita dai filtri a maniche della

linea fumi contenenti una miscela di ceneri volanti residue e chemicals esausti

(bicarbonato di sodio e carboni attivi etc.). Per questi residui per lo più tossico-

nocivi si prevede lo stoccaggio il loco (pag. 72 del quadro di riferimento

progettuale dello SIA) non vengono indicati comunque i siti di trattamento/

inertizzazione e di smaltimento finale. Oltre che sul piano ambientale queste

sottostime quantitative e qualitative incidono anche sul calcolo della tariffa per il

nuovo assetto che non comprende tra i costi/spese quelli relativi al conferimento in

discarica, quelli del trasporto in discarica (variabili in funzione della distanza e della

tipologia di rifiuto). Il calcolo della tariffa perciò non può considerarsi attendibile e

cosi come gli impatti ambientali e sanitari;

Tali parti del quadro progettuale dello SIA sulle emissioni e sui rifiuti residui al

processo di incenerimento ante e post operam sono del tutto inattendibili e

costituiscono motivo di rigetto della procedura autorizzativa.

B) Inquinanti e catene alimentari; danni sanitari e economici sulla

filiera agro-alimentare locale

Gli inquinanti dispersi dai camini degli inceneritori e che si accumulano

nell’ambiente (in questa area particolarmente nei pascoli), vengono ingeriti dal

bestiame e quindi trasferiti nel latte, in quanto principale mezzo di eliminazione

delle tossine dall’organismo animale, si accumulano nel grasso animale e si

concentrano nei prodotti lattiero caseari. Il passaggio diretto di queste sostanze

nel latte è dovuto, almeno per quanto riguarda le diossine, alla loro liposolubilità,

cioè alla caratteristica di essere solubili in sostanze grasse, come appunto il latte, e

può portare questi inquinanti ad essere assunti, lungo la catena alimentare, anche

dall’uomo. Al punto 8.1.2 (Stato del sistema insediativo, delle condizioni socio-

economiche e dei beni ambientali ) del Quadro di riferimento Ambientale il

proponente Consorzio Industriale afferma che “Nelle vicinanze non è presente, come

riscontrabile dalla documentazione grafica, nessun centro abitato ma soltanto

capannoni industriali, agricoli e artigianali....Da quanto detto appare evidente che

nelle zone immediatamente limitrofe al lotto di Tossilo, di nostro interesse, non

risiedono stabilmente persone e si può considerare nulla la popolazione.”

Se da una parte può sembrare corretta l’affermazione che nelle immediate adiacenze

dell’attuale inceneritore non risiedono stabilmente persone, dall’altra non si può

trascurare che entro un raggio di 1 km sono presenti stabilmente durante l’intera

giornata oltre 300 persone. Dai dati disponibili presso il sito del Consorzio

industriale, che purtroppo non viene aggiornato da 2 anni, risulta infatti che

nell’agglomerato industriale di Tossilo, al 31.12.2011, erano insediate 32 Aziende,

pag. 25

23 delle quali hanno dichiarato che occupavano 243 addetti. Occorre fra l’altro

rilevare che proprio la presenza dell’inceneritore di Tossilo ha costituito e costituirà

nell’immediato e nel prossimo futuro, uno dei maggiori ostacoli per l’insediamento

di nuove attività, in particolare di tipo agro-alimentare. Il Consorzio Industriale da

circa 15 anni ha ampliato l’agglomerato industriale a Nord dell’insediamento

originario, proprio a ridosso dell’inceneritore, infrastrutturandolo regolarmente, ma

senza riuscire ad assegnare finora alcun lotto, anche a causa della presenza

dell’inceneritore, che è un impianto insalubre di 1^ classe, elemento che sicuramente

non sfugge alle valutazioni di un imprenditore dell’agro-alimentare.

Il proponente dunque non tiene in alcuna considerazione le specifiche attività che si

svolgono nel territorio circostante e che possono subire effetti negativi dall’attività di

incenerimento. A Nord, a circa 1 km in linea d’aria, è presente un’area di diverse

decine di ettari adibita a coltivazioni agricole e legnose prevalentemente ad uso

familiare. A Nord-Est e a Sud, rispettivamente in località Chirchizzu e Uore, Rios

de Laconi, Uazzo, distanti approssimativamente 2,5/3 km, sono presenti i più

importanti insediamenti agricoli adibiti a orti, vigneti, frutteti e oliveti degli

abitati di Macomer, Borore e Birori. Viene inoltre del tutto ignorato che il

territorio circostante è caratterizzato da una forte e importante vocazione agro-

pastorale, che vede la presenza di numerose aziende operanti nel raggio di 20 km

dal sito dell'inceneritore di Tossilo. Dai dati ufficiali della statistica nazionale al

2013, comunicati alla UE, risultano presenti 1.370 aziende di allevamenti bovini e

ovi-caprini, con un totale di oltre 350.000 capi, che producono circa 30 milioni

di litri di latte ovino/a e oltre 40.000 q.li di formaggio/a e impiegano 1.974

addetti. Non risultano controlli e monitoraggi sul bioaccumulo di sostanze

tossiche e cancerogene che tengano conto anche degli effetti di dosi basse e

bassissime a lungo termine, né di analisi sull'eventuale relazione tra esposizione

a fattori cancerogeni (diossine soprattutto) e l'insorgenza di neoplasie maligne,

tenendo conto del fatto che le manifestazioni possono verificarsi anche a

distanza di molti anni dal rischio.

La nuova politica comunitaria in agricoltura è orientata alla sostenibilità e alla qualità

dei prodotti agroalimentari, politica che mal si concilia con la presenza di un

inceneritore in prossimità della aziende produttrici. Anche il D.L. 228 del

18.05.2001 prevede una sostanziale inidoneità delle zone agricole, caratterizzate

per qualità e tipicità dei prodotti, ad ospitare inceneritori.

In particolare l’art. 21 che detta “Norme per la tutela dei territori con produzioni

agricole di particolare qualità e tipicità” stabilisce:

1. Fermo quanto stabilito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come

modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e senza nuovi o maggiori

oneri a carico dei rispettivi bilanci, lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano,

nell'ambito delle rispettive competenze:

a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le

tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a

denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine

pag. 26

controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a

indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT);

b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura

biologica ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24

giugno 1991;

c) le zone aventi specifico interesse agrituristico.

2. La tutela di cui al comma 1 è realizzata, in particolare, con:

a) la definizione dei criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla

localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, di cui

all'articolo 22, comma 3, lettera e), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.

22, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo 8 novembre 1997, n.

389, e l'adozione di tutte le misure utili per perseguire gli obiettivi di cui al

comma 2 dell'articolo 2 del medesimo decreto legislativo n. 22 del 1997;

b) l'adozione dei piani territoriali di coordinamento di cui all'articolo 15,

comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e l'individuazione delle zone non

idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti ai

sensi dell'articolo 20, comma 1, lettera e), del citato decreto legislativo n. 22 del

1997, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 389 del 1997.

Tale articolato è stato recepito nel capitolo 11 del Piano Regionale di Gestione dei

Rifiuti, dove il divieto di realizzazione di impianti di gestione rifiuti “si applica

alle aree caratterizzate da prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine

controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a

denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e

a indicazione geografica tutelata (IGT); alle aree agricole in cui si ottengono

prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento (CEE) n.

2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991; alle zone aventi specifico interesse

agrituristico”.

La localizzazione di inceneritori a Tossilo è in evidente contraddizione anche con la

pianificazione adottata dai comuni di Macomer e Borore nei rispetti P.U.C., in

quanto quasi tutte le aree agricole adiacenti al sito di Tossilo vengono classificate

“Zone E1”, cioè “aree caratterizzate da una produzione tipica e specializzata”, come

fra l’altro risulta dalla presenza di numerose aziende che si fregiano dei marchi a

indicazione geografica protetta e a denominazione di origine protetta e controllata.

Nell'area di Macomer, come indicato nella figura 1, vengono prodotti 5 alimenti

e 7 vini a marchio: Agnello di Sardegna IGP, Fiore Sardo DOP, Pecorino

Romano DOP, Pecorino Sardo DOP, Olio extravergine di oliva Sardegna DOP,

Cannonau di Sardegna DOC, Monica di Sardegna DOC, Moscato di Sardegna

DOC, Sardegna Semidano DOC, Vermentino di Sardegna DOC, Isola dei

Nuraghi IGT, Provincia di Nuoro IGT. Gli allevatori inseriti nel sistema di

controllo dell’ ”Agnello di Sardegna IGT” dei comuni che hanno costituito il

consorzio industriale di Tossilo sono oltre 200 (http://www.sardegna

agricoltura.it/documenti/144320141009125632. pdf).

pag. 27

La produzione del Pecorino Romano DOP è talmente importante per l'area intorno al

comune di Macomer, che la sede del Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino

Romano DOP si trova proprio a Macomer anziché nel Lazio. Il Pecorino Romano

viene infatti prodotto per la quasi totalità nella nostra zona e un'enorme fetta

della produzione del pecorino romano dell'azienda F.O.I., sita accanto

all'inceneritore, viene esportato. Nel 2011 l'Organizzazione Produttori

La.Ce.Sa., con sede in Bortigali, ha prodotto 15.000 q.li di pecorino romano e

5.000 q.li di pecorino sardo. L'Agnello di Sardegna IGP viene allevato in tutti i

comuni del circondario e viene macellato ovviamente anche nella nostra area

(aziende Forma e Milia). Secondo il disposto legislativo citato la diffusione delle

produzioni a indicazione geografica protetta (IGT) e a denominazione di origine

protetta (DOP), nel territorio circostante all’intervento e nell’area vasta di

riferimento costituisce fattore escludente per la localizzazione di impianti di

incenerimento.

Le sostanze inquinanti emesse sotto forma gassosa da un impianto di incenerimento

si diffondono inevitabilmente nell’ambiente circostante. In realtà il problema non è

solo circoscritto all’area attigua all’impianto, in quanto le particelle solide, i

composti organici volatili e semivolatili (come diossine e PCB) possono essere

trasportati per mezzo di correnti aeree anche a notevoli distanze dalla fonte di

emissione. Secondo alcuni studi (Lorber et al. -1998) (1) solo il 2% circa delle

diossine disperse in aria si deposita nel terreno circostante un inceneritore mentre la

maggior parte viene trasportata a grandi distanze. La diffusione degli inquinanti

prodotti dagli inceneritori, in particolare PM 2.5 e particolato ultrafine, diossine,

furani, metalli pesanti, fortemente influenzata da fattori meteorologici e le particelle

sono bioaccumulabili e si trasmettono per via alimentare.

1. Chemosphere. 1998 Oct-Nov;37(9-12):2173-97. Relationships between dioxins in soil, air, ash,

and emissions from a municipal solid waste incinerator emitting large amounts of dioxins.

Lorber M1, Pinsky P, Gehring P, Braverman C, Winters D, Sovocool W.

pag. 28

Figura 1. I Prodotti Tipici con denominazione registrata nel SL di Macomer

(tratta da: Atlante nazionale del territorio rurale. Dossier del Sistema locale di Macomer, 2007-2013 -

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali)

C) Situazione sanitaria locale

Nel rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti nelle aree interessate

da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna, Annibale Biggeri

et al. (E&P 2006), esaminando la situazione sanitaria dell’area industriale di

Macomer, relativamente ai Comuni di Birori, Borore, Bortigali, Macomer e

Sindia per una popolazione di 17.573 abitanti (censimento2001), hanno valutato

i seguenti parametri:

Mortalità ISTAT 1997-2001 e schede di ricovero ospedaliero 2001-2003.

Nell’area si osserva una ridotta mortalità per le donne rispetto alla media

regionale (-20%), mentre questa tra gli uomini è superiore alla media (+5%).

In questi ultimi vi è un eccesso, anche se non significativo, per il linfoma non

pag. 29

Hodgkin, dato confermato dai ricoveri e ricoverati nel 2001-2003 anche per

le donne (circa +43% la prevalenza basata sulle diagnosi secondarie in entrambi

i sessi), e dei dati sui ricoveri per l’insieme dei tumori del sistema

linfoematopoietico, anche questi superiori alla media regionale. Per il resto

delle patologie i dati sui ricoveri ospedalieri mostrano valori simili alla media o

inferiori. In dettaglio, oltre quanto descritto, sono in eccesso nei ricoveri o

ricoverati negli uomini il tumore della prostata e in minor misura della

vescica, i tumori dei tessuti molli e l’insieme dei tumori infantili.

Mortalità per cause evitabili. È in eccesso rispetto alla media regionale,

particolarmente per le cause legate alla prevenzione primaria (del 25%

negli uomini e del 64% nelle donne) e nella popolazione immigrata. Si tratta di

una mortalità precoce (entro i 64 anni) sostanzialmente legata a malattie

circolatorie, traumatismi, tumore del polmone, del fegato e della vescica.

Confronto locale. Usando come riferimento la mortalità osservata nelle

popolazioni residenti in un cerchio di 27 km centrato sul Comune di

Macomer, invece della mortalità media regionale, si nota tra gli uomini

l’attenuazione degli eccessi per la mortalità generale, per le malattie del

sistema circolatorio, i traumatismi, i tumori maligni, e l’aumento invece dei

differenziali per i tumori del sistema linfoematopoietico e i linfomi non

Hodgkin. Nelle donne si mantengono i bassi differenziali di mortalità, tranne

che per i linfomi non Hodgkin che risultano in eccesso del 98% usando lo

standard locale (nel cerchio si registrano 9 casi di Linfoma non Hodgkin di cui 3

nei comuni dell’area indagata). L’aggiustamento per deprivazione materiale

porta a stime generalmente simili a quelle ottenute con lo standard regionale.

Analisi geografica. I tassi di mortalità per l’area di Macomer rispetto al

territorio circostante presentano discontinuità per la mortalità generale, per

le malattie dell’apparato circolatorio e respiratorio. Tali discontinuità non sono

specifiche dell’area in esame ma rappresentano pattern geografici comprensivi di

più zone della regione. Per i ricoveri e ricoverati emerge un forte pattern

geografico con rischi localizzati all’area in studio per i tumori della prostata e

della vescica tra gli uomini.

Andamenti temporali nel 1981-2001. Mostrano tra gli uomini, rispetto alla

media regionale, una diminuzione per la mortalità generale, per le malattie

circolatorie e respiratorie, e una tendenza all’aumento per i tumori maligni

totali, per i tumori linfoematopoietici e per i linfomi non Hodgkin (da 2 casi

nel periodo 1981-88 a 10 casi nel periodo 1994-2001). Nelle donne, la

mortalità generale, le malattie circolatorie e le malattie respiratorie sono in

diminuzione. Aumentano invece i tumori maligni totali, passando da +4%

nel 1981-83 a +132% nel triennio 1999-2001. I linfomi non Hodgkin hanno

un andamento altalenante rispetto alla regione e non si registrano casi fino al

1988 e 7 casi dal 1989 al 2001.

pag. 30

Gli autori concludono “ (…) riguardo all’aumento per tumore della vescica

ricordiamo che l’osservazione di un rischio aumentato per questo tumore

nell’industria tessile, possibilmente per l’esposizione a coloranti, è alla base

della valutazione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, secondo

la quale sono presenti esposizioni possibilmente cancerogene per l’uomo.” Per

quanto riguarda il linfoma non Hodgkin, l’incidenza e la mortalità per il

linfoma non Hodgkin sono in costante aumento negli ultimi decenni, sia

negli uomini sia nelle donne. Per quello che riguarda i possibili fattori di

rischio per il linfoma non Hodgkin viene ricordata l’esposizione a

inquinanti chimici come le diossine (1- 5).

1. Biggeri A, Catelan D, Mortality for non Hodgkin lymphoma and soft-tissue sarcoma in the

surrounding area of an urban waste incinerator. Campi Bisenzio (Tuscany, Italy) 1981-2001

Epidem Prev (2005) May-Aug;29(3-4):156-9.

2. Bianchi F, Minichilli F Mortality for non Hodgkin lymphoma in the period 1981-2000 in 25

Italian municipalities with urban solid waste incinerators Epidem. Prev (2006) Mar-

Apr;30(2):80-1.

3. Institut de Veille Sanitaire – Etude d’incidence des cancers à proximité des usines d’incinération

d’ordure ménagères (2008) http://www.cniid.org/espace_mailing/cp_20080402.htm

4. Floret N, Mauny F, Challier B, Arveux P, Cahn JY, Viel JF et al-Dioxin emissions from a solid

waste incinerator and risk of non Hodgkin lymphoma- Epidemiology 2003;14(4):392-98.3.

5. Floret N, Lucot E, Badot PM, Mauny F, Viel JF -A municipal solid waste incinerator as the

single dominant point source of PCDD/Fs in an area of increased non –Hodgkin’s lymphoma

incidence - Chemosphere (2007) Jul; 68(8): 1419-26.

Dal Registro tumori di Nuoro, i dati ufficiali relativi al triennio 2003-2005

mettono in evidenza, relativamente ai numeri complessivi 4200 nuove

insorgenze tumorali di cui 2328 uomini e 1872 donne). Sempre dai numeri

complessivi del triennio 2003-2005 si osserva che gli uomini si ammalano di

più di tumore alla prostata ed al polmone e che le donne si ammalano di più

di tumore mammario, apparentemente in linea con il trend nazionale.

L’incidenza cumulativa di tumore nella popolazione di età inferiore ai 75 anni,

cioè il rischio complessivo di ciascun residente della ASL Nuoro di contrarre

una neoplasia entro tale età è risultato pari a 32,62 % negli uomini (1 caso ogni

3) e a 22,62% nelle donne (1 caso su 4,4). Ma il dato interessante è relativo al

numero di nuovi casi e all'incidenza percentuale calcolata in relazione al

carico demografico dei singoli distretti come si evince dalla tabella allegata:

cioè il numero maggiore di nuovi casi calcolato percentualmente sul totale

degli abitanti per distretto; il numero di nuovi casi e l'incidenza percentuale

calcolata in relazione al carico demografico è di ben 681 nuovi casi e del

2.7% nel distretto di Macomer su un totale 24.985 abitanti. L’incidenza

percentuale come risulta dalla tabella sotto riportata è superiore nel

distretto di Macomer rispetto agli altri distretti. I dati del Registro tumori

sono ancora in elaborazione e aggionamento fino al 2008; è interessante notare

come da comunicazioni personali con i responsabili del servizio ad un controllo

sui dati relativi al periodo 2003-2008 si rilevano 3 sarcomi delle parti molli

pag. 31

tutti nel triennio 2006-2008. Per tali tumori viene riportata in vari studi la

correlazione con le esposizione ad inquinati chimici quali le diossine (1- 4).

1. Biggeri A, Catelan D, Mortality for non Hodgkin lymphoma and soft-tissue sarcoma in the

surrounding area of an urban waste incinerator. Campi Bisenzio (Tuscany, Italy) 1981-2001

Epidem Prev (2005) May-Aug;29(3-4):156-9.

.

2. Zambon, P Ricci P, Bovo M, Casula A, Gattolin M, Fiore AR, Chiosi F, Guzzinati S. - Sarcoma

risk and dioxin emissions from incinerators and industrial plants: a population based case-control

study (Italy), Environmental Health( 2007) Jul 16;6:19.

3. Institut de Veille Sanitaire – Etude d’incidence des cancers à proximité des usines d’incinération

d’ordure ménagères (2008) http://www.cniid.org/espace_mailing/cp_20080402

4. Comba P, Ascoli V, Belli S, Benedetti M, Gatti L, Ricci P, Tieghi A. et al “ Risk of soft tissue

sarcomas and residence in the neighbourghood of an incinerator of industrial wastes”

Occup.Environ.Med 2003; 60: 680-683.

Come già ricordato l’ASLNuoro ha già accertato la presenza di diossine nel

distretto di Macomer, come dichiarato in un comunicato del mese di maggio

del 2010. In quella occasione la stessa ASL approvò un “Progetto di ricerca

denominato Valutazione dello stato di salute della popolazione e dei

lavoratori della zona industriale di Macomer (delibera n. 859 del 20 maggio

2010) che si poneva “come primo obiettivo la verifica dell’impatto sulla salute

che le attività dell’area industriale di Macomer, dove tra gli altri insiste un

grosso inceneritore, potrebbero aver determinato sia nella popolazione

residente, sia in quella che ha lavorato in quella zona”. Tale studio veniva

esteso, con deliberazione ASL n. 1474 del 28.11.2010, anche alla zona

industriale di Ottana ove sono insediati importanti gruppi industriali legati alle

produzioni chimiche e metalmeccaniche. Le suddette deliberazione venivano poi

sostituite da una successiva (deliberazione n. 311 del 23.03.2011) che assumeva

in premessa l’onere di “…rimodularlo utilizzando risorse interamente aziendali”

e disponeva di approvare il progetto suddetto e “d’incaricare il Servizio CEA

(centro epidemiologico aziendale) per la predisposizione di tutti i necessari

adempimenti per l'immediata attuazione della presente deliberazione”. Tale

progetto, che prevedeva anche il coinvolgimento dell’Istituto Zooprofilattico

Sperimentale della Sardegna di Sassari e dell’ARPAS Sardegna per l'avvio di

una collaborazione sistematica finalizzata a completare il progetto con dati

riferiti al contesto produttivo e ambientale di tali aree. L’obiettivo dichiarato del

pag. 32

progetto era quello di “rispondere alle preoccupazioni espresse e alla percezione

diffusa di un maggior rischio di ammalarsi per i residenti in alcune zone della

ASL di Nuoro, a causa di problemi di inquinamento ambientale dovuto alla

presenza di industrie chimiche e dell’inceneritore di Macomer, al fine di rilevare

l’incidenza di tumori e altre patologie potenzialmente legate all’inquinamento

ambientale nel 2010 con successiva revisione nel 2011-13”. I denominatori usati

per il calcolo dei tassi nei periodi e per le aree indicate sono stati forniti su

richiesta specifica dall’ISTAT. La popolazione utilizzata è la popolazione media

per periodo suddivisa per classi di età e distinta per area in studio. La

popolazione standard utilizzata è quella della regione Sardegna al 1 gennaio

2011 (fonte Istat).

1. Birori, Borore, Bortigali, Dualchi, Macomer, Silanus, Sindia.

2. Bolotana, Lei, Noragugume, Olzai, Oniferi, Orani, Orotelli, Ottana, Sarule.

3. Aritzo, Atzara, Austis, Belvì, Desulo, Gadoni, Meana Sardo, Ortueri, Ovodda,

Sorgono, Teti, Tiana, Tonara.

4. Galtellì, Irgoli, Loculi, Lodè, Onifai, Orosei, Posada, Siniscola, Torpè.

5. Bitti, Dorgali, Fonni, Gavoi, Lula, Mamoiada, Nuoro, Oliena, Ollolai, Onanì,

Orgosolo, Orune, Osidda, Lodine.

6. Tutti i comuni rientranti nella provincia di Nuoro con indicazione per ogni

singola area considerata di:

Per ogni singola area si sono considerati:

Mortalità generale

Mortalità per grandi gruppi di cause:

Tumori (codifica ICD10 ISTAT C00-D48);

Mal. sistema cardiocircolatorio (codifica ICD10 ISTAT I00-I99);

Altre patologie

I dati di mortalità sono stati aggregati per area e per due quadrienni 2000-2003 e

2006-2009. La valutazione dei dati aggregati per quadrienni consente una

maggiore attendibilità e stabilità dei risultati. Il 2004 e 2005 non sono stati

considerati perché non disponibili. L’aggiornamento interessa il triennio 2011-

2013.

MORTALITA’ GENERALE (M+F) NEI 3 PERIODI PRESI IN

CONSIDERAZIONE DALL’ASL DI NUORO

pag. 33

Distretti 2000-2003 2006-2009 2011-2013 Differenza

2011-2013/

2000-2003

Differenza

2011-2013/

2006-2009

MACOMER 98,82 78,73 88,11 -10,71 +9,38

OTTANA 110,70 94,29 95,25 -15,45 +0,96

SORGONO 104,12 92,25 87,89 -16,23 -4,36

SINISCOLA 104,34 82,25 83,67 -20,67 +1,42

NUORO 107,10 93,33 93,93 -13,17 +0,6

ASL 3 105,41 89,41 90,84 -14,57 +1,43

Interessante notare come l’andamento temporale dell’incremento del tasso di mortalità

per tutte le cause confrontando i dati del triennio 2011-2013 con il quadriennio 2006-

2009 sia notevolmente più alto nel distretto di Macomer rispetto agli altri distretti presi in

esame con un +9,38.

MORTALITA’ PER TUMORE (M+F) NEI 3 PERIODI PRESI IN

CONSIDERAZIONE DALL’ASL DI NUORO

Distretti 2000-2003 2006-2009 2011-2013

Differenza

2011-2013/

2000-2003

Differenza

2011-2013/

2006-2009

MACOMER 26,91 24,21 29,60 + 2,69 + 5,39

OTTANA 28,17 28,52 29,72 + 1,55 + 1,20

SORGONO 29,05 28,04 25,75 - 3,30 - 2,29

SINISCOLA 26,40 23,48 25,30 - 1,10 + 1,82

NUORO 31,55 30,67 29,83 - 1,72 - 0,84

ASL 3 29,33 27,91 28,43 - 0,90 + 0,52

Ciò è evidente anche per quanto riguarda l’andamento temporale dell’incremento del

tasso di mortalità per tumori che risulta essere per i dati aggregati M+F di +2,69 (

differenza 2011-2013/ 2000-2003) e di + 5.39 (differenza2011-2013/2006-2009 )

MORTALITA’ PER MALATTIE DEL SISTEMA CARDIO-CIRCOLATORIO

(M+F) NEI 3 PERIODI PRESI IN CONSIDERAZIONE DALL’ASL DI NUORO

Distretti 2000-2003 2006-2009 2011-2013 Differenza

2011-2013/

2000-2003

Differenza

2011-2013/

2006-2009

MACOMER 36,06 27,16 29,79 -6,27 +2,63

OTTANA 41,92 33,08 34,56 -7,35 +1,48

SORGONO 40,95 31,67 33,30 -7,65 +1,63

SINISCOLA 44,56 31,76 32,58 -11,97 +0,82

NUORO 40,91 30,70 34,26 -6,65 +3,56

ASL 3 40,86 30,83 33,34 --7,52 +2,51

L’andamento temporale dell’incremento del tasso di mortalità confrontando i dati del

triennio 2011-2013 con il quadriennio 2006-2009 mostra anche per le patologie del

sistema cardio-circolatorio un valore più alto nel distretto di Macomer rispetto agli altri

distretti presi in esame con un +2,63.

pag. 34

Tabella 1.2.3. Tassi di mortalità per 10.000 ab. standardizzati in maniera diretta.

Popolazione di ferimento: popolazione della Sardegna all’ l1 gennaio 2013; le

tabelle del primo studio sono state aggregate a quelle delle integrazioni del 2013. I

dati originali sono stati confrontanti per cogliere l’andamento temporale

dell’incremento del tasso di mortalità.

E’ evidente come il rilievo dei tassi di mortalità per 10.000 ab. standardizzati in

maniera diretta mettendo insieme M+F a partire dai dati Istat senza ulteriori

standardizzazioni (indice di deprivazione) e senza ulteriori livelli di controllo

come le schede di dimissione Ospedaliere (SDO) e la verifica Istopatologica

possa in qualche modo limitare il rigore metodologico di tale studio e non serva

a spiegare alcuni dati che emergono. Per esempio la riduzione quasi costante

nei vari distretti dei tassi di mortalità generali, per tumore e per patologie

cardio-circolatorie che emerge dal confronto tra dati del triennio 2011-2013 e il

quadriennio 2000-2003; verosimilmente tale elemento è dovuto ad un maggiore

impatto delle diagnosi precoce e alle cure offerte negli anni dalle strutture

sanitarie del territorio; tale dato andrebbe confermato con un confronto con le

schede di dimissione Ospedaliere (SDO) e la verifica Istopatologica. Va rilevato

comunque che tale dato non si ritrova nel confronto tra i dati del triennio 2011-

2013 e il quadriennio 2006 - 2009. Anzi al contrario dal confronto del triennio

2011-2013 e il quadriennio 2006-2009 dai dati dall’andamento temporale dei

tassi di mortalità generale, per tumore e per patologie cardio-circolatorie

(rispettivamente +9,38/+5,39/+2,63) emerge nel distretto di Macomer un

evidente maggiore incremento rispetto a gli altri distretti. Tali dati devono

destare preoccupazione e predisporre per ulteriori approfondimenti. Va da se

che relativamente a ulteriori insediamenti impattanti sull’ ambiente e sulla

salute della popolazione si debba andare oltre il Principio di Precauzione

entrato a far parte del Trattato dell'Unione Europea (Maastricht, 1994) “ (…)

quando esiste il rischio di danni gravi e irreparabili, la mancanza di certezze

scientifiche non può essere un pretesto per rimandare l'adozione di misure

efficaci, anche a costo zero, per prevenire il degrado ambientale”) ma si

debbano porre in essere azioni concrete per il risanamento ambientale e per

migliorare le condizione di salute delle popolazioni interessate.

D) Inceneritori e salute: evidenze scientifiche

Dopo un accenno agli studi sugli effetti non neoplastici ed una rapida rassegna di

quelli mirati alle neoplasie pubblicati prima del 2004 e già esaminati da Franchini e

coll. (1) valuteremo, in modo sintetico, gli studi successivi al 2004 che riteniamo

particolarmente informativi.

Effetti non neoplastici

pag. 35

Fra gli effetti non neoplastici sono segnalati quelli ascrivibili soprattutto alle diossine

ed altri distruttori endocrini, nonché del particolato, metalli pesanti, degli ossidi di

azoto e di zolfo. Sono stati descritti: alterazione nel metabolismo degli estrogeni (2),

incremento di malformazioni congenite, abortività spontanea (3,4,5), disturbi nella

pubertà e nell’infanzia (6,7).

Effetti neoplastici emersi dagli Studi antecedenti il 2004

Una revisione del 2004 su 46 studi condotti con particolare rigore ha evidenziato

un’associazione statisticamente significativa in due terzi dei risultati attinenti il

cancro in termini di mortalità, incidenza e prevalenza (8).

Alcuni studi hanno evidenziato incrementi di incidenza o mortalità per tumore al

polmone in relazione alla vicinanza ad inceneritori. Fra questi va citato lo studio

caso-controllo condotto a Trieste (9) che ha mostrato un aumento statisticamente

significativo del rischio di morte per tumore polmonare associato alla vicinanza con

un inceneritore, rispetto ad altre fonti di rischio presenti nel territorio.

Anche uno studio geografico condotto a Prato (10) ha evidenziato una diminuzione

di incidenza e mortalità per cancro al polmone all’allontanarsi da un inceneritore di

fanghi di depurazione. Tale diminuzione, riscontrata in entrambi i sessi, è, per i

maschi, statisticamente significativa.

Un ampio ed importante studio geografico-ecologico condotto in Inghilterra (11) su

72 inceneritori e su una popolazione di 14 milioni di persone ha evidenziato che,

all’allontanarsi dagli impianti, diminuiva significativamente l’incidenza dell’insieme

dei tumori attribuibile particolarmente al cancro al polmone, stomaco, colon e

fegato. Questo studio appare particolarmente importante per numerosità della

casistica e tipologia delle neoplasie esaminate.

La relazione tra tumori pediatrici ed esposizione ad inquinanti emessi da inceneritori

è stata analizzata da Knox (12) in Inghilterra: è stato analizzato il ruolo svolto

nell’insorgenza dei tumori infantili dall’esposizione precoce (alla nascita, in utero e/o

esposizione materna) alle emissioni prodotte da impianti di incenerimento (70 di

RSU e 307 piccoli inceneritori ospedalieri) e a 460 discariche di rifiuti tossici.

Analizzando i decessi per cancro infantile (0-14 anni) dei soggetti che avevano

trasferito la loro residenza durante il periodo compreso tra la nascita e la morte ed

esprimendo il Rischio Relativo (RR) sotto forma di rapporto tra i casi che si erano

allontanati e quelli che si erano avvicinati rispetto alla sorgente, lo studio ha

evidenziato che tutti i rischi sono significativamente superiori ad 1; in particolare

1.85, 2.01 e 1.73 per cerchi di raggio uguale a 4, 5 e 6 km, rispettivamente.

Viceversa, per le discariche non è emerso alcun risultato significativamente diverso

da 1.

Alcuni studi hanno poi associato l’emissione di diossine da parte di inceneritori con

specifiche patologie tumorali, in particolare linfomi non Hodgkin (LNH) e sarcomi

dei tessuti molli (STM).

Due studi sono stati condotti in Francia nel 2000 e nel 2003 in prossimità di uno

stesso inceneritore di RSU. Il primo (13) ha messo in evidenza eccessi

statisticamente significativi di incidenza sia per i STM (RR =1.44; p = 0.004) che per

pag. 36

i LNH (RR = 1.27; p = 0.0003). Lo studio successivo (14) che ha riguardato il rischio

di incidenza per i soli LNH, ha evidenziato, dopo aggiustamento per stato

socioeconomico, un RR di 2.3 (IC 95% = 1.4 – 3.8) per gli abitanti dell’area a

maggiore esposizione rispetto a quelli a minore esposizione.

Nel 2003, uno studio caso-controllo condotto a Mantova (15) ha valutato il rischio di

incidenza per STM associato alla residenza nei dintorni di un inceneritore di rifiuti

industriali. Lo studio ha esaminato 37 casi e 171 controlli ricostruendone la storia

residenziale per circa 30 anni ed ha trovato un altissimo rischio (Odds Ratio: OR)

associato alla residenza entro 2 km dalla sorgente (OR = 31.4; IC 95% = 5.6 - 176.1).

Studi successivi al 2004

Gli studi pubblicati dal 2004 hanno confermato molti risultati precedenti, specie

quelli riferiti all’associazione tra emissioni di diossine e LNH e STM ed hanno fatto

emergere nuove evidenze.

Linfomi non Hodgkin

Due studi francesi (16, 17) hanno proseguito le precedenti indagini. Il primo, ha

escluso che gli effetti trovati nel precedente studio (18) potessero essere attribuiti a

diossine provenienti da fonti diverse dall’inceneritore; il secondo ha indagato

l’associazione tra emissioni di diossina e LNH, estendendo lo studio a quattro

dipartimenti in cui operavano 13 inceneritori di RSU. E’ stato usato un modello

computerizzato per la stima della dispersione atmosferica delle diossine e si è trovata

una relazione statisticamente significativa tra rischio di LNH ed esposizione a

diossine, con un RR = 1.120 (IC 95% = 1.002-1.251) per i soggetti più esposti.

Anche altri studi italiani su esposti a diossine emesse da inceneritori hanno

confermato eccessi di mortalità per linfomi, significativi nei maschi (29,30).

Sarcomi

Un ampio studio caso-controllo effettuato in provincia di Venezia (19) ha confermato

i risultati dei precedenti studi. Lo studio ha considerato 33 impianti (inceneritori di

rifiuti industriali ed ospedalieri ed altre fonti industriali di diossine) ed ha considerato

186 casi e 588 controlli. E’ stata ricostruita sia la storia abitativa dei soggetti sia

quella emissiva degli impianti. L’inquinamento da diossine è stato stimato con un

modello di dispersione. Dallo studio dell’insieme dei soggetti (entrambi i sessi) con

maggior esposizione – valutata per durata e per livello – è emerso un rischio

altissimo e statisticamente significativo correlato alle emissioni degli inceneritori di

RSU (OR = 3.3). L’analisi è apparsa particolarmente rigorosa per quanto riguarda la

stima delle emissioni, la ricostruzione della storia abitativa, la validazione dei casi e

la loro revisione diagnostica.

Studio dell’Institut de Veille Sanitarie (2008)

Lo studio, condotto in Francia dall’Institut de Veille Sanitarie (20), ha considerato

135.567 casi di cancro insorti nel periodo 1990-1999 nelle popolazioni residenti

nell’area di ricaduta degli inquinanti emessi da 16 inceneritori di RSU attivi tra il

1972 ed il 1990.

pag. 37

Lo studio, di tipo geografico-ecologico, ha considerato l’esposizione a diossine

stimata con un modello di dispersione atmosferica. Suddivisa l’esposizione in

percentili, sono stati espressi i risultati sotto forma di rischi relativi (RR)

confrontando l’incidenza delle neoplasie tra le aree maggiormente esposte (90°

percentile) e quelle a minore esposizione (2,5° percentile). Sono state considerate

l’insieme delle neoplasie ed i tumori che avevano già evidenziato un’associazione

positiva con le emissioni degli inceneritori. I risultati presentano RR maggiori di 1

per la quasi totalità delle patologie tumorali considerate.

Incrementi di rischio statisticamente significativi si osservano in particolare nelle

femmine per l’insieme dei tumori (RR = 1.06; IC95% = 1.01-1.12), per il tumore

alla mammella (RR = 1.09; IC95% = 1.01 -1.18) e per il LNH (RR = 1.18; IC95% =

1.01-1.38).

Nei maschi risulta elevato il mieloma multiplo (RR= 1.23; IC95%= 1.00-1.52).

I LNH appaiono aumentati anche nell’insieme dei sessi (RR = 1.12; IC95% =

1.00-1.12).

Appaiono molto prossimi alla soglia di significatività statistica convenzionale gli

incrementi per sarcomi (RR = 1.22; IC95% = 0.98-1.22), tumori al fegato (RR

=1.16; IC95% = 0.99-1.37) e mieloma multiplo (RR= 1.16; IC95% = 0.97-1.40) in

entrambi i sessi.

Studio Enhance Health (2007)

L’aumento di rischio per tutti i tumori nella popolazione femminile trova conferma

anche in uno studio condotto in Italia (21), sulla popolazione residente dal 1990 al

2003 nel raggio di 3.5 km da due impianti di incenerimento (rifiuti urbani e

ospedalieri) strettamente contigui. Pur trattandosi di uno studio su piccola area, la

metodologia adottata e l’impianto generale di sicuro rispetto ne rendono i risultati

particolarmente emblematici. L’esposizione a metalli pesanti (cadmio, nichel,

mercurio e piombo) assunta come indicatore dell’inquinamento di tali impianti, è

stata valutata in base ad un modello di dispersione in aria e suddivisa in 4 livelli

crescenti, rispetto ai quali è stata georeferenziata la popolazione residente. Lo

studio ha calcolato i RR nei diversi livelli rispetto a quello a più bassa esposizione,

evidenziando danni importanti specie nel sesso femminile con aumento del rischio

di morte per tutti i tumori e soprattutto per tutte le cause, nonché per cancro allo

stomaco, colon-retto e mammella. In figura 1 è rappresentato il rischio di morte per

tutti i tumori nelle donne al variare del livello di esposizione. In tabella 1 sono

riassunti i risultati più significativi di mortalità per le donne.

Nello studio di Coriano sono stati indagati anche, tramite le SDO (Schede di

Dimissione Ospedaliera), altri molteplici danni alla salute. In particolare sono emersi,

specie per le donne, effetti già segnalati in letteratura come aumenti statisticamente

significativi di ricoveri per patologie respiratorie, renali, cardiache, diabete ed

abortività spontanea. Complessivamente, nel sesso femminile, nei tre livelli di

esposizione superiori a quello di riferimento, sono stati registrati solo 11 RR con

valori inferiori ad 1, a fronte di 42 RR superiori ad 1. Da questo studio si evince che

la presenza dei due impianti è stato associato a molteplici patologie nelle donne.

pag. 38

Questo può essere conseguenza della maggior esposizione dovuta alla maggior

permanenza nell’area inquinata.

Figura 1.

TABELLA 1

Studio Enhance Health: mortalità nelle donne per tutte le cause, tutti i tumori e

specifici tumori. Rischi Relativi (RR) nei livelli di esposizione considerati

Metalli

pesanti

(ng/m3)

Tutte

le cause

Tutti i

tumori

Cancro

Colon-

Retto

Cancro

Stomaco

Cancro

Mammella

RR

N°Osser.

RR RR RR RR

<1.9

(Rif.)

1 538 1 1 1 1

2.0-3.8 1.17* 502 (1.08-1.28)

1.17

(0.93-1.47)

1.32

(0.63-2.79)

1.75

(0.83-3.69)

1.21

(0.67-

2.21)

3.9-7.3 1.07

452 (0.98-1.16)

1.26*

(1.01-1.57)

2.03*

(1.0-4.13)

2.88*

(1.47-5.65)

1.10

(0.60-2.01)

7.4-52.0 1.09

162 (0.96-1.23)

1.54 *

(1.15-2.08)

2.47*

(1.0-6.10)

2.56*

(1.04-6.28)

2.16*

(1.10-

4.27)

*Statisticamente significativi

Enhance Health: Mortalità per l’insieme dei tumori nelle donne residenti per oltre 5 anni nelle aree con differente livello di metalli pesanti. Rischi relativi (RR) ed intervalli di confidenza al 95% (IC95%)

0

0,5

1

1,5

2

2,5

0 5 10 15 20 25 30 35

Esposizione: valori medi di metalli pesanti (ng/m 3 )

Rischi Relativi

(RR)

Mortalità per tutti i tumori (RR) Limite superiore dell’Intervallo di confidenza (al 95%) Limite inferiore dell’Intervallo di confidenza (al 95%)

pag. 39

Tumori nell’infanzia

Gli studi precedenti hanno omesso di analizzare i tumori in età pediatrica. La rarità di

questi tumori rende qualche volta difficile realizzare studi epidemiologici in grado di

evidenziare con sufficiente potenza statistica la correlazione di tali tumori con le

emissioni degli impianti di incenerimento.

Restano per questo particolarmente significativi i molteplici studi di EG Knox, che

hanno messo in relazione il rischio di morte per cancro nell’infanzia con

l’esposizione precoce a fonti emissive di vari inquinanti, compresi inceneritori per

rifiuti. In uno studio del 2005 (22) l’autore ha valutato le esposizioni in base alle

mappe del National Atmospheric Emissions Inventory relative alle emissioni di

diversi inquinanti. Ciò ha permesso di analizzare l’associazione tra il rischio di morte

per tutti i tumori infantili (solidi e leucemie) e l’esposizione alla nascita a numerose

sostanze chimiche emesse da sorgenti puntuali ad alta intensità (hotspot), tra cui

inceneritori. Sono stati evidenziati RR statisticamente significativi per distanze alla

nascita entro 1 km da sorgenti emissive di: monossido di carbonio, particolato PM10,

Composti Organici Volatili (COV), ossidi di azoto, benzene, 1-3 butadiene, diossine e

benzo(a)pirene. I RR variano da 1.92 per il benzo(a)pirene a 2.21 per le diossine, fino a

3.81 per l’1-3 butadiene. Si noti che le emissioni degli inceneritori sono caratterizzate

dalla presenza di tutte quelle sostanze a cui nello studio è associato un RR maggiore di

1 in modo statisticamente significativo.

Dibattito in coso

Un problema aperto è rappresentato dalla determinazione degli effettivi livelli di

esposizione dei soggetti indagati; nella maggior parte degli studi si è proceduto con

stime indirette, ponendo in relazione i livelli di inquinamento con la residenza

anagrafica dei soggetti. Alcuni studi hanno assunto come proxi dell’esposizione la

distanza dall’inceneritore (analisi per anelli). Altri, più correttamente, hanno

utilizzato modelli di dispersione degli inquinanti basati sulle caratteristiche emissive

della sorgente e su parametri meteorologici ed orografici del luogo (analisi per

livelli). Anche questi metodi considerano, tuttavia, solo l’esposizione per via aerea

(inalatoria o cutanea), ma non tengono conto dell’esposizione per via alimentare, che

rappresenta la fonte prioritaria di assimilazione di diossine e composti diossino-

simili, di cui gli inceneritori sono indiscutibili sorgenti. Attraverso la catena

alimentare anche soggetti residenti fuori dalle aree di ricaduta degli inquinanti

possono subire una importante esposizione. Se poi queste popolazioni fossero

ritenute – come spesso succede - gruppi di riferimento negli studi epidemiologici, si

produrrebbe inevitabilmente una errata sottostima del vero rischio della popolazione

in studio.

Comunque vi è sufficiente accordo nel riconoscere i danni alla salute, specie

tumorale, originati dai “vecchi” impianti di incenerimento. Ne fa fede la posizione

dell’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) che afferma: “gli impianti di

vecchia generazione hanno certamente comportato l’esposizione ambientale della

popolazione residente a livelli elevati di sostanze tossiche. […] Studi

metodologicamente robusti e difficilmente contestabili hanno messo in evidenza

eccessi di tumori riconducibili all’esposizione a diossine” (23). Viceversa è aperto il

pag. 40

dibattito circa i rischi rappresentati dai “nuovi” impianti che, per alcuni sarebbero del

tutto trascurabili, per altri viceversa degni di nota (24). Nel documento AIE (23) si

riconosce che “a causa del poco tempo trascorso dall’introduzione delle nuove

tecnologie d’incenerimento e a causa delle difficoltà di condurre studi di dimensioni

sufficientemente grandi da rilevare eventuali effetti delle nuove concentrazioni dei

tossici emessi, non sono ad oggi disponibili evidenze chiare di rischio legato agli

impianti di nuova costruzione”, tuttavia si sostiene che i moderni inceneritori non

dovrebbero comportare rischi in quanto: “le concentrazioni di molte sostanze

tossiche sono notevolmente ridotte. In particolare i limiti per le concentrazioni

ammesse di diossine sono passati nel nostro Paese da 4000 ng/m3 a 0.1 ng/m3.

Questa opinione si fonda su due assunti non dimostrati: che i “nuovi limiti” imposti

alle emissioni dalle normative attuali siano davvero restrittivi e che l’applicazione

delle migliori tecnologie disponibili (Best Available Tecnology, BAT) riduca

concretamente le emissioni inquinanti a livelli trascurabili. La vigente normativa,

viceversa, non differisce in modo significativo dalla precedente e per le diossine, ad

es. il confronto fra i 4.000 ng/m3 della vecchia normativa e gli 0.1 ng/m3 dell’attuale,

è errato in quanto il primo valore si riferisce al peso totale delle diossine, mentre il

secondo riguarda solo 17 specie ed è ponderato in base alla loro tossicità equivalente

(TEQ), che per alcune può essere fino a 4 ordini di grandezza inferiore al valore

grezzo.

Per l’applicazione delle BAT, poi, rimangono aperti numerosi aspetti critici, legati

alle caratteristiche dei sistemi di abbattimento, alla composizione dei rifiuti, al

controllo delle fasi critiche di accensione e spegnimento, durante le quali i processi

di combustione - e di conseguenza le emissioni - sono difficilmente controllabili. Il

costo e la complessità dei nuovi sistemi di abbattimento comportano poi una

dimensione assai maggiore dei “nuovi” impianti e ciò si traduce inevitabilmente in

un aumento della massa di inquinanti immessi in atmosfera.

Una maggiore efficacia dei sistemi di abbattimento determina comunque il

trasferimento degli inquinanti più pericolosi e persistenti dai fumi ai residui dei

sistemi di depurazione e quindi una ridislocazione nel tempo e nello spazio

dell’impatto sanitario e ambientale, con conseguenze difficilmente quantificabili.

Esistono ormai convincenti evidenze circa l’aumento del rischio di cancro e

patologie non neoplastiche connesso con l’esposizione alle emissioni dei “vecchi”

inceneritori, ed in particolare circa gli “eccessi di tumori riconducibili

all’esposizione a diossine” (23). Non esistono invece sul piano scientifico-

epidemiologico evidenze in grado di far ritenere che gli inceneritori attualmente in

funzione comportino minore impatto sanitario, in particolare a lungo termine, sulle

patologie cronico-degenerative, incluso quelle neoplastiche. Ciò è avvalorato dal

fatto che la quantità di rifiuti combusti dai singoli impianti e il numero stesso di

impianti, tende a crescere costantemente. Quindi, nonostante i sistemi di

abbattimento, saranno immesse nell’ambiente agenti cancerogeni e soprattutto

quantità ingenti di particolato ultrafine. L’incenerimento, non risolve il problema dei

rifiuti, ma lo sposta in atmosfera e in discarica dove vengono conferiti anche i residui

tossici derivanti dai sistemi di depurazione dei fumi. E’ assolutamente

pag. 41

raccomandabile pertanto che vengano promosse altre procedure di minor impatto

ambientale e sanitario come quelli che prevedono riduzione, recupero e riciclo, in

grado già oggi di mantenere nel ciclo produttivo la quasi totalità dei materiali, con un

risparmio energetico complessivo ben superiore a quello proveniente dalla loro

combustione. L’adozione di tali pratiche, in sostituzione della combustione, darebbe

un sostanziale contributo all’economia ed alla prevenzione primaria.

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24. Lettera aperta ai Colleghi dell’AIE E&P anno 32(4-5) luglio- ottobre 2008 pag 188

E) Criticità studio di incidenza ambientale

Il progetto non prende in considerazione la sua prossimità di localizzazione con la

Zona di protezione speciale denominata “Altopiano di Abbasanta” (Z.P.S.

ITB023051), di rilevante interesse conservazionistico europeo, distante circa 2 Km

dall’intervento proposto, né gli effetti sugli habitat e le specie che caratterizzano il

sito della Rete Natura 2000

L’altopiano, già classificato come Important Bird area (IBA 179 Altopiano di

Abbasanta e Lago Omodeo) include un comprensorio esteso 20.120 ha, situato tra

Borore, Birori, Silanus, Bolotana, Ottana e Sedilo, di grande pregio ornitologico per

la presenza del Nibbio reale, Gallina prataiola, Occhione, Piviere dorato,

Ghiandaia marina, Calandra e di numerose altre specie che sono elencate

nell’allegato I della direttiva Uccelli 2009/147/CE e/o che godono della particolare

protezione per le quali la Regione Sardegna adotta provvedimenti prioritari atti ad

istituire un regime di rigorosa tutela dei loro habitat (Allegato alla L.R. n. 23/1998).

La Gallina prataiola (Tetrax tetrax), specie simbolo di questa ZPS, costituisce una

delle specie di maggiore interesse conservazionistico (specie prioritaria) fra quelle

presenti nel territorio dell’Unione Europea a causa del forte declino subito dalle sue

popolazioni europee e della riduzione degli ecosistemi erbacei naturali e

seminaturali, una volta assai diffusi e attualmente soggetti a importanti

trasformazioni dovute al loro crescente utilizzo agricolo e insediativo. La Regione

Sardegna ha commissionato nel 2011 un “Piano d’Azione per la salvaguardia e il

monitoraggio della Gallina prataiola e il suo habitat in Sardegna”1, che costituisce il

riferimento principale per la tutela di questa specie prioritaria. Il piano attribuisce un

grado di minaccia alto agli insediamenti commerciali e industriali e alla loro

espansione nell’habitat della specie, in particolare nella ZPS “Altopiano di

Abbasanta”, che ospita attualmente circa 1/3 della popolazione italiana, seriamente

minacciata di estinzione. La Gallina prataiola infatti figura nell’elenco delle specie

1 Nissardi, S., C. Zucca & C. Pontecorvo, 2011. Piano d’azione regionale per la salvaguardia della

Gallina prataiola Tetrax tetrax e del suo habitat in Sardegna, Regione Autonoma della Sardegna,

Cagliari.

pag. 43

“in pericolo” (Endangered) della recente Lista Rossa dei Vertebrati italiani2 e il suo

status di conservazione viene considerato a livello nazionale e regionale sfavorevole/

cattivo.

La ZPS “Altopiano di Abbasanta” è caratterizzata inoltre dalla presenza di habitat

prioritari rappresentati da Percorsi substeppici, Matorral arborescenti di Laurus

nobilis e Stagni mediterranei temporanei (questo ultimo non citato nella scheda

formulario standard della ZPS), e altri habitat di interesse conservazionistico quali

Dehesas, Fiumi mediterranei a flusso intermittente e permanente, etc.

Anche gli altri elementi forniti dal proponente non consentono di valutare la

posizione baricentrica dell’intervento proposto, nel contesto dei numerosi siti della

Rete Natura 2000 presenti al suo intorno.

Nel capitolo 7 “Ambiente naturale” del Quadro ambientale la società proponente

sostiene che “L’area di progetto non risulta altresì inserita all’interno di corridoi

ecologici ed inoltre non si trova all’interno di aree protette Regionali (L.R. 7 giugno

1989, n. 31) o Nazionali (L.N. 6 dicembre 1991, n. 394) e, nemmeno in aree finitime

alle stesse, allo stesso modo non è assoggettata a vincoli comunitari in base alla

Direttiva Habitat 92/43/CEE (Area SIC), ne Direttiva Uccelli 79/409/CEE (ZPS).

Le aree SIC più vicine sono quelle denominate Stagno di Molentargius e territori

limitrofi (4 km a SO), Riu S. Barzolu (7 km a N), Monte dei Sette Fratelli e Sarrabus

(8,5 km a E), Bruncu de su Monte Moru- Geremeas (Mari Pintau) e Costa di

Cagliari (da 13,5 km a SE). Le aree ZPS più prossime si trovano a SO, e sono lo

Stagno di Molentargius e lo Stagno di Cagliari”, evidenziando una errata

localizzazione dei siti della rete Natura 2000, un’analisi approssimativa e una

sottovalutazione della componente ambientale e quindi degli effetti dell’intervento

sulla stessa.

Questa affermazione fra l’altro è in contraddizione con la “Carta delle Aree di

interesse naturalistico con ubicazione intervento” (figura 27), che riporta SIC e ZPS

ben più vicini di quelli dell’area di Cagliari, ma non viene indicata la presenza della

ZPS Altopiano di Abbasanta, né altri siti della rete Natura 2000.

In realtà l’indagine e l’analisi ambientale sono il risultato di una prassi scorretta ma

ormai diffusa, del copia/incolla in quanto risultano ampi stralci di relazioni

appartenenti ad altri studi interessanti solo in parte l’area del progetto, con

conclusioni infondate, non supportate da dati ed elementi scientifici originali e attuali

del territorio e volte unicamente a supportare le loro tesi. Per esempio l’analisi

faunistica è stata letteralmente copiata dallo Studio di Impatto Ambientale per la

realizzazione del Parco eolico di Putzu Oe (Borore-Macomer), attualmente in fase di

valutazione di impatto ambientale e oggetto di osservazioni e criticità segnalate dal

circolo Legambiente di Macomer, come si evince dal contenuto che, appunto, fa

riferimento all’impianto eolico anziché al progetto dell’inceneritore. La stessa analisi

faunistica risulta inoltre incongrua rispetto all’area piccola (circa 3 kmq) e a quella

vasta (oltre 300 kmq), indicata nel presente studio e si sviluppa invece su una

2 Rondinini, C., A. Battistoni, V. Peronace & C. Teofili, (compilatori) 2013. Lista Rossa IUCN dei

Vertebrati Italiani. Comitato Italiano IUCN e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e

del Mare, Roma.

pag. 44

superficie rispettivamente di 7 e 92 kmq, non coincidenti, sia per estensione che per

localizzazione, con quella presa come riferimento.

L’intervento dunque al contrario di quanto affermato si inserisce in un contesto di

rilevante interesse naturalistico e di elevata sensibilità ambientale per la presenza di

numerosi siti appartenenti alla rete natura 2000 (S.I.C./Z.P.S.), di diverse Important

Bird Areas (I.B.A.) e di altre aree faunistiche di importanza regionale/provinciale.

In particolare sono presenti oltre alla ZPS “Altopiano di Abbasanta”, la Z.P.S. “Piana

di Semestene, Bonorva, Macomer e Bortigali” (ITB023050), il S.I.C. “Catena del

Marghine e del Goceano (ITB011102), il S.I.C. "Altopiano di Campeda"

(ITB021101) e l’I.B.A. “Altopiano di Campeda” (I.B.A. 177), a nord dell’area

dell'impianto, ad una distanza compresa tra i 5 e 6,5 km in linea d’aria; il S.I.C.

“Media valle del Tirso, Altopiano di Abbasanta - Riu Siddu” (ITB031104), a sud alla

distanza di circa 12 km.; la Z.P.S. “Costa e entroterra di Bosa, Suni e Montresta

(codice ITB023037) e la Z.P.S. “Costa di Cuglieri” (codice ITB033036), distanti,

rispettivamente, circa 17 km e 21 km, a ovest; infine le I.B.A. “Costa tra Bosa ed

Alghero” (codice I.B.A. 176) e “Costa di Cuglieri” (codice I.B.A. 180), localizzate a

16 km e 20 km.

In prossimità del proposto inceneritore sono inoltre presenti 3 aree di interesse

faunistico regionale (Rio Tossilo - Riu Murtazzolu - Riu s’Adde; Tanca Melchiorre

Murenu; Montigu) e 2 di interesse provinciale (Frades Faeddas e Macomer est), così

come classificate da Schenk3 .

Il progetto del nuovo inceneritore, pur non sovrapponendosi con le aree della Rete

Natura 2000 citate, si colloca tra tali siti, su una superficie che si configura pertanto

come importante corridoio ecologico per la presenza di aree di riproduzione,

alimentazione e transito di diverse specie faunistiche sottoposte a tutela da

convenzioni internazionali.

L’inserimento dell’area industriale, fatto in tempi di minore attenzione alle

potenzialità ambientali di sviluppo ecosostenibile, ha stravolto questa situazione

soltanto in una piccola parte di questo sistema. Pertanto non si giustifica

l’affermazione che l’area è già compromessa o degradata.

La Società proponente, nonostante la presenza, in prossimità del proposto

inceneritore, delle aree protette citate, non ha comunque predisposto lo studio per la

Valutazione d’Incidenza di cui all'art. 5 del D.P.R. 8.9.1997 e s.m.i., ritenendo

evidentemente che l’Incidenza non sia dovuta.

A questo proposito occorre rimarcare che, in applicazione delle direttive comunitarie,

deve essere svolta una Valutazione di incidenza anche per interventi che, pur

collocati all'esterno dei Siti, possono avere effetti indiretti e comportare ripercussioni

sullo stato di conservazione degli habitat e delle specie, nonché sulla coerenza

complessiva della Rete Natura 2000, come quello in esame.

L’art. 6 della Direttiva Habitat (92/43/CEE), prevede infatti che qualsiasi piano o

progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa

3 Schenk, H., 2011. Parco eolico di Borore - Macomer (Nuoro). Valutazione di Impatto Ambientale.

Relazione Faunistica. Sardeolica S.r.l. Cagliari.

pag. 45

avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri

piani e progetti, sia soggetto a procedura di valutazione di incidenza ambientale,

tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. La valutazione si

applica inoltre anche a qualsiasi piano o progetto che, pur sviluppandosi all'esterno,

può comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati

nel sito.

Anche l’art. 4, paragrafo 4, della Direttiva Uccelli (2009/147/CE) stabilisce che “Gli

Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai

paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le

perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative in

considerazione degli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercano inoltre

di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone

di protezione”. Tale concetto viene rafforzato nella “Guida all'interpretazione dell'art.

6 della direttiva Habitat" della Commissione europea che sottolinea l’importanza

dell’applicazione delle salvaguardie di cui all’art. 6, paragrafo 3, alle pressioni di

sviluppo all’esterno di un sito Natura 2000, che possano avere incidenze significative

su di esso. Viene tra l’altro evidenziato che “la procedura dell’art. 6, paragrafi 3 e 4,

è attivata non dalla certezza ma dalla probabilità di incidenze significative sugli

habitat e sulle specie derivanti non solo da piani o progetti situati all’interno di un

sito protetto, ma anche da quelli ad di fuori di esso”.

Inoltre l’art. 5 (comma 4) del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre

1997, n. 357, come modificato dal DPR n. 120 del 12 marzo 2003, prevede che “Per

i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi

dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del decreto del Presidente della

Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7

settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti

siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di

conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è

ricompressa nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche

gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti

siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale

predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del

progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo

riferimento agli indirizzi di cui all'allegato G.”

La valutazione di incidenza fra l’altro è dovuta anche quando i progetti all’interno o

in prossimità di siti della Rete Natura 2000, come in questo caso, riguardano la

realizzazione di nuovi impianti in sostituzione di quelli precedenti.

Il progetto proposto quindi non fornisce gli elementi necessari che possano escludere

incidenze significative sulla ZPS “Altopiano di Abbasanta”, come prevede la

normativa comunitaria e nazionale in materia che - è bene ricordare - è finalizzata ad

assicurare la salvaguardia della biodiversità e il mantenimento delle specie selvatiche

e degli habitat presenti nei siti della Rete Natura 2000 in uno stato di conservazione

favorevole. Né sono state svolte nello SIA valutazioni adeguate e documentate sugli

effetti indiretti dell’impianto nei confronti di habitat e specie sia nelle fasi di cantiere

e sia in quelle di esercizio, nel rispetto delle procedure previste in materia dalle

pag. 46

Direttive Habitat (92/43/CEE) e Uccelli (2009/147/CE), anche in considerazione del

fatto che gli inceneritori di rifiuti sono giudicati dalla legislazione vigente tra quelli

più pericolosi e inquinanti, e pertanto classificati dall’art 216 del Testo Unico

Sanitario (G.U. n. 220 del 20/9/1994) come “impianti insalubri di I^ classe”.

I sottoscritti Dr Vincenzo Migaleddu e Dr Domenico Scanu chiedono pertanto,

che le osservazioni sopra esposte siano motivatamente considerate nell’ambito

del procedimento di V.I.A. in argomento, con conseguenti provvedimenti, ai

sensi e per gli effetti di cui agli artt.9 e ss. della legge n.241/1990 e s.m.i., 24,

comma 4°, del decreto legislativo n.152/2006 e s.m.i, 15 e ss. della legge regionale

n.40/1990. Si richiede altresì comunicazione del responsabile del procedimento

al domicilio eletto ovvero all’indirizzo di posta di posta elettronica

[email protected]; [email protected]; ai sensi degli artt.7 e ss.

della legge n.241/1990 e s.m.i.

Vincenzo Migaleddu

Domenico Scanu

Presidente ISDE-Medici per l’Ambiente Sardegna

Delegato per Ambiente OMCEO-NU