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GIAN FRANCO POLI - GLORIA CONTI (a cura),
Quaresima e Pasqua con papa Francesco,
Introduzione
C’e un testo nel libro del profeta Osea particolarmente espressivo dell’amore misericordioso di
Dio per l’umanità:
A Èfraim io insegnavo a camminare, ma essi non compresero che avevo cura di loro, lo
li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore, ero per loro come chi solleva un
bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. [...] Come potrei
abbandonarti, Efraim [...] Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme
di compassione [...] perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non
verrò da te nella mia ira (Os 11,3-4.8-9).
Sono parole che ci guidano e ci accompagnano non solo nel cammino quaresimale verso la
Pasqua, ma in tutto questo anno giubilare voluto da papa Francesco ed esplicitamente dedicato alla
consapevolezza e all’esperienza della misericordia di Dio per noi.
Francesco ha fatto della misericordia il fondamento, la pietra miliare del suo magistero e il pri-
mato della sua azione pastorale, indicandola anche come tema della giornata mondiale della
gioventù che si terrà prossimamente a Cracovia, perché, come scrive nella Bolla d’indizione
dell’Anno della misericordia:
Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra
trovare in questa parola la sua sintesi. [...] Abbiamo sempre bisogno di contemplare il
mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della
nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità.
Misericordia: è l'atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia:
è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi
sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce
Dio e l'uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il
limite del nostro peccato (Misericordiae Vultus, n.1).
Questo piccolo libretto che ritma le nostre giornate nel tempo forte della Quaresima vuol essere
un semplice strumento per aiutarci a capire che uno degli aspetti essenziali della misericordia di Dio
è la gratuità del perdono. Un perdono che è incontro, pace e riconciliazione e che si è fatto carne e
umanità in Cristo Gesù.
Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con
un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in
abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua
grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna (Tt 3,4-7).
La misericordia non si compra e non si può scontare con le buone opere: essa è assolutamente
gratuita da parte del Padre, chiede di essere creduta e accolta; non che la dobbiamo pretendere o
sottovalutare, perché è costata il sangue di suo Figlio, ma si tratta di un amore che va oltre ogni
umana possibilità, perché solo un amore come questo è capace di rinnovare dal di dentro, di
restituire la dignità perduta, di far rifiorire vita nuova.
E Francesco, nella Bolla si augura che «la parola del perdono possa giungere a tutti e la chiamata
a sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente». Per questo, non teme di rivolgere un
accorato e insistente appello alla conversione non solo ai vicini, a quelli che si trovano dentro il
recinto dell’ovile, ma espressamente a quelle persone e a quei gruppi ritenuti lontani, più peccatori
degli altri, per i quali forse umanamente sembra ben più difficile il ritorno alla casa del Padre.
Ebbene, proprio a loro - come un tempo Gesù verso i pubblicani e le prostitute - chiede apertura e
disponibilità ad accogliere la grazia di Dio:
Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo
criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita. Ve lo
chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato
nessun peccatore. [...]; alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga
putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle
fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro
con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e
schiaccia i più poveri. [...] Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è
il tempo di lasciarsi toccare il cuore [...] di ascoltare il pianto delle persone innocenti
depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita (Miseri- cordiae Vultus,
n19).
Alla misericordia non si chiede il conto: «O siamo gente che si lascia amare da Dio o siamo degli
ipocriti», dice papa Francesco. È esattamente questo l’intento del presente libretto: aiutare a fare
esperienza dell’amore misericordioso di Dio narrato nella Parola di ogni giorno e tradotto
concretamente nella vita e nel magistero del papa. Di qui la struttura del testo che contiene la
pericope evangelica della liturgia quotidiana, un breve commento tratto dall’insegnamento di papa
Francesco e, infine, alcuni interrogativi o qualche impegno concreto da prendersi come sprone alla
conversione o una provocazione a convertire la rotta e cambiar vita.
«La gioia di Dio è perdonare!», dice forte il papa durante l’Angelus di una domenica battuta
dalla pioggia eppure affollata di gente corsa ad ascoltare una parola di speranza. Perché, dice, «Dio
è gioioso» e la misericordia «è la vera forza che può salvare l’uomo e il mondo dal cancro che è il
peccato, il male morale, il male spirituale».
Misericordia e gioia chiede il papa ai cristiani, «ma guardate - avverte - che essa non è
buonismo».
Mercoledì delle ceneri
Vi supplichiamo in nome di Cristo:
lasciatevi riconciliare con Dio
(2 Cor 5,20)
Inizia oggi, mercoledì delle ceneri, l’itinerario quaresimale di quaranta giorni che ci condurrà al
triduo pasquale, memoria della passione, morte e risurrezione del Signore, cuore del mistero della
nostra salvezza. La Quaresima ci prepara a questo momento tanto importante, per questo è un
tempo forte, un punto di svolta che può favorire in ciascuno di noi il cambiamento, la conversione.
Tutti noi abbiamo bisogno di migliorare, di cambiare in meglio. La Quaresima ci aiuta e così
usciamo dalle abitudini stanche e dalla pigra assuefazione al male che ci insidia; è un momento
favorevole per convertirsi all’amore verso Dio e verso il prossimo; un amore che sappia fare proprio
l’atteggiamento di gratuità e di misericordia del Signore, il quale «si è fatto povero per arricchirci
della sua povertà» (cf. 2Cor 8,9). Meditando i misteri centrali della fede, la passione, la croce e la
risurrezione di Cristo, ci renderemo conto che il dono senza misura della redenzione ci è stato dato
per iniziativa gratuita di Dio.
(Udienza generale, 5 marzo 2014)
Impegno
In questo cammino, vogliamo invocare con particolare fiducia la protezione e l'aiuto della
Vergine Maria: sia lei, la prima credente in Cristo, ad accompagnarci nei giorni di preghiera intensa
e di penitenza, per arrivare a celebrare, purificati e rinnovati nello spirito, il grande mistero della
Pasqua del suo Figlio.
(Udienza generale, 5 marzo 2014)
Giovedì dopo le ceneri
Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene,
la morte e il male
(Dt 30,15)
Tutti noi abbiamo da fare delle scelte nella vita. Infatti, il Signore ci ha dato la libertà, una libertà
per amare, per camminare sulle sue strade. E così noi siamo liberi e possiamo scegliere. Purtroppo
però, non è facile scegliere. È più comodo vivere lasciandosi portare dall'inerzia della vita, delle
situazioni, delle abitudini. Per questo oggi la Chiesa ci dice: «Tu sei responsabile; tu devi
scegliere». Scegliere fra Dio e gli altri dèi, quelli che non hanno il potere di darci niente, soltanto
piccole cosine che passano. Oggi la Chiesa ci dice: «Fermati e scegli». È un buon consiglio. Inco-
mincia la Quaresima così con piccole domande che aiuteranno a pensare: «Come la mia vita?»,
«Chi è Dio per me?», «Io scelgo il Signore?», «Come il rapporto con Gesù?». E poi: «Come il
rapporto con i tuoi genitori, con i tuoi fratelli, con la tua sposa, col tuo sposo, con i tuoi figli?».
Infatti, bastano queste domande e sicuramente troveremo cose che dobbiamo correggere.
(Omelia Santa Marta, 19 febbraio 2015)
Impegno
Oggi, nel momento in cui noi ci fermiamo per pensare a queste cose e prendere decisioni,
scegliere qualcosa, sappiamo che il Signore è con noi, è accanto a noi, per aiutarci. Mai ci lascia
andare da soli. È sempre con noi. Anche nel momento della scelta.
(Omelia Santa Marta, 19 febbraio 2015)
Venerdì dopo le ceneri
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro
(Salmo 50)
È importante riconoscere di aver peccato e di aver bisogno del perdono di Dio. Non si devono
trovare scuse e scaricare la colpa sugli altri. Forse l’altro mi ha aiutato a peccare, ha facilitato la
strada per farlo: ma l’ho fatto io. E se noi facciamo questo, quante cose buone ci saranno: saremo
uomini. Inoltre, con questo atteggiamento di pentimento siamo più capaci di essere misericordiosi,
perché sentiamo su di noi la misericordia di Dio. Tanto che nel Padre nostro non preghiamo
soltanto: «Perdona i nostri peccati», ma diciamo: «Perdona come noi perdoniamo». Infatti, se io non
perdono sono un po' fuori gioco. Il secondo atteggiamento per essere misericordiosi è allargare il
cuore. Proprio la vergogna, il pentimento, allarga il cuore piccolino, egoista, perché dà spazio a Dio
misericordioso per perdonarci. Ma cosa significa allargare il cuore? Anzitutto, nel riconoscersi
peccatori, non si guarda a cosa hanno fatto gli altri. E la domanda di fondo diventa questa: «Chi
sono io per giudicare questo?», «Chi sono io per chiacchierare di questo?», «Chi sono io, che ho
fatto le stesse cose o peggio?». Per essere misericordiosi bisogna, dunque, invocare il Signore -
perché è una grazia - e avere questi due atteggiamenti: riconoscere i propri peccati vergognandosi e
dimenticare i peccati e le offese degli altri.
(Omelia Santa Marta, 17 marzo 2014)
Impegno
Avere il cuore largo, grande, tu puoi ricevere di più! E un cuore grande non s'immischia nella
vita degli altri, non condanna, ma perdona e dimentica, proprio come Dio ha dimenticato e
perdonato i miei peccati.
(Omelia Santa Marta, 17 marzo 2014)
Sabato dopo le ceneri
Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi t'invoca.
(Salmo 85)
Tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca l'uomo, gli offre il suo amore, lo
accoglie. Ha chiamato Abramo a essere padre di una moltitudine, ha scelto il popolo di Israele per
stringere un’alleanza che abbracci tutte le genti, e ha inviato, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio
perché il suo disegno di amore e di salvezza si realizzi in una nuova ed eterna alleanza con
l’umanità intera. Quando leggiamo i Vangeli, vediamo che Gesù raduna intorno a sé una piccola
comunità che accoglie la sua parola, lo segue, condivide il suo cammino, diventa la sua famiglia, e
con questa comunità egli prepara e costruisce la sua Chiesa. Ancora oggi qualcuno dice: «Cristo sì,
la Chiesa no». Come quelli che dicono: «Io credo in Dio ma non nei preti». Ma è proprio la Chiesa
che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo, ha
anche aspetti umani; in coloro che la compongono, pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni,
peccati, anche il papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere pecca-
tori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona. Non dimenticatelo: Dio sempre
perdona e ci riceve nel suo amore di perdono e di misericordia. Alcuni dicono che il peccato è
un’offesa a Dio, ma anche un’opportunità di umiliazione per accorgersi che c’è un’altra cosa più
bella: la misericordia di Dio. Pensiamo a questo.
(Udienza generale, 29 maggio 2013)
Interrogativi
Domandiamoci oggi: quanto amo io la Chiesa? Prego per lei? Mi sento parte della famiglia della
Chiesa? Che cosa faccio perché sia una comunità in cui ognuno si senta accolto e compreso, senta la
misericordia e l'amore di Dio che rinnova la vita? La fede è un dono e un atto che ci riguarda
personalmente, ma Dio ci chiama a vivere insieme la nostra fede, come famiglia, come Chiesa.
(Udienza generale, 29 maggio 2013)
Prima domenica di Quaresima
Dopo aver esaurito ogni tentazione,
il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
(Lc 4,13)
Neanche per Gesù è stato facile. Il diavolo, nel deserto, nelle tentazioni, gli ha fatto vedere altre
strade, ma non si trattava della volontà del Padre e lui lo ha respinto. Lo stesso accade quando Gesù
non viene capito e lo lasciano; tanti discepoli se ne vanno perché non capiscono come la volontà del
Padre, mentre Gesù prosegue nel fare questa volontà. Una fedeltà che ritorna anche nelle parole:
«Padre, sia fatta la tua volontà», pronunciate «prima del giudizio», la sera in cui pregando nell’orto
chiede a Dio di allontanare «questo calice», questa croce. Gesù soffre tanto. Ma dice: «Che sia fatta
la tua volontà!». Questo è il cibo di Gesù, ed è anche la strada del cristiano. Lui ci ha fatto strada
per la nostra vita, e non è facile fare la volontà di Dio, perché ogni giorno ci presentano su un
vassoio tante opzioni: fa’ questo che va bene, non è male. Invece bisognerebbe subito chiedersi: «È
la volontà di Dio»?, «Come faccio per compiere la volontà di Dio?». La preghiera per voler fare la
volontà di Dio e la preghiera per conoscere la volontà di Dio. E quando conosco la volontà di Dio,
anche una terza preghiera: per realizzarla. Per compiere quella volontà, che non è la mia, ma è
quella di lui.
(Omelia Santa Marta, 27 gennaio 2015)
Interrogativi
Occorre pregare e chiedere la grazia di voler fare la volontà di Dio. Successivamente occorre
anche domandarsi: «lo prego che il Signore mi dia la voglia di fare la sua volontà o cerco i
compromessi, perché ho paura della volontà di Dio?».
Omelia Santa Marta, 27 gennaio 2015)
Lunedì della prima settimana di Quaresima
Non ti vendicherai
e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo,
ma amerai il tuo prossimo come te stesso.
Io sono il Signore. (Lv 19,18)
Dal cuore dell'uomo, rinnovato secondo Dio, provengono i comportamenti buoni: parlare sempre
con verità ed evitare ogni menzogna; non rubare, ma piuttosto condividere quanto si possiede con
gli altri, specialmente con chi è nel bisogno; non cedere all'ira, al rancore e alla vendetta, ma essere
miti, magnanimi e pronti al perdono; non cadere nella maldicenza che rovina la buona fama delle
persone, ma guardare maggiormente al lato positivo di ognuno. Si tratta di rivestirci dell’uomo
nuovo, con questi atteggiamenti nuovi. Possiamo parlare della speranza di Dio: nostro Padre ci
aspetta sempre, non solo ci lascia la porta aperta, ma ci aspetta. Lui è coinvolto in questo aspettare i
figli. E questo Padre non si stanca nemmeno di amare l’altro figlio che, pur rimanendo sempre in
casa con lui, tuttavia non è partecipe della sua misericordia, della sua compassione.
(Omelia, 28 marzo 2014)
Impegno Se tu vai a lui con tutta la tua vita, anche con tanti peccati, invece di rimproverarti fa' festa:
questo è nostro Padre. Questo dovete dirlo voi, dirlo a tanta gente, oggi. Chi sperimenta la
misericordia divina, è spinto a farsi artefice di misericordia tra gli ultimi e i poveri. In questi
«fratelli più piccoli» Gesù ci aspetta (cf. Mt 25,40); riceviamo misericordia e diamo misericordia!
Andiamogli incontro e celebreremo la Pasqua nella gioia di Dio!
Martedì della prima settimana di Quaresima
... e rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6,13)
I santi hanno sentito il bisogno di dare al popolo la cosa più grande, la ricchezza più grande: la
misericordia del Padre, il perdono. «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri
debitori». In queste parole del Padre nostro c’è tutto un progetto di vita, basato sulla misericordia.
La misericordia, l’indulgenza, la remissione dei debiti, non è solo qualcosa di devozionale, di
intimo, un palliativo spirituale, una sorta di olio che ci aiuta a essere più soavi, più buoni, no! È la
profezia di un mondo nuovo: misericordia è profezia di un mondo nuovo, in cui i beni della terra e
del lavoro siano equamente distribuiti e nessuno sia privo del necessario, perché la solidarietà e la
condivisione sono la conseguenza concreta della fraternità. Non è una fuga, non è un’evasione dalla
realtà e dai suoi problemi, è la risposta che viene dal vangelo.
(Discorso, Isernia, 5 luglio 2014)
Impegno
Sappiamo anche che siamo peccatori, che noi per primi siamo sempre tentati di non seguire
questa strada e di conformarci alla mentalità del mondo, alla mentalità del potere, alla mentalità
delle ricchezze. Perciò ci affidiamo alla misericordia di Dio, e ci impegniamo a compiere con la sua
grazia frutti di conversione e opere di misericordia. Queste due cose: convertirsi e fare opere di
misericordia.
(Discorso, Isernia, 5 luglio 2014)
Martedì della prima settimana di Quaresima
Dio vide le loro opere,
che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia (Gn 3,10)
Non dubitare mai del dinamismo del vangelo e neppure della sua capacità di convertire i cuori a
Cristo risorto, e di condurre le persone lungo il cammino della salvezza che attendono nel più
profondo di se stesse. Pertanto, è necessario che la fede, di cui i cristiani rendono testimonianza, sia
vissuta nel quotidiano. La vita deve essere coerente con la fede affinché la testimonianza sia
credibile. Vi invito anche a suscitare nelle vostre comunità, a tutti i livelli, un lavoro di ap-
profondimento della fede per viverla in modo sempre più vigoroso. Il sacerdozio e la vita consacrata
non sono strumenti di ascesa sociale, ma un servizio a Dio e agli uomini. Lo stesso vale per il
rapporto con i beni temporali e la prudenza nella loro gestione. La contro testimonianza in tale
ambito è particolarmente disastrosa per lo scandalo che provoca, soprattutto di fronte a una
popolazione che vive nell’indigenza.
(Discorso ai vescovi del Madagascar, 28 marzo 2014)
Impegno
Preghiamo insieme la Vergine Maria, perché ci aiuti, vescovo e popolo, a camminare nella fede e
nella carità, fiduciosi sempre nella misericordia del Signore: lui sempre ci aspetta, ci ama, ci ha
perdonato con il suo sangue e ci perdona ogni volta che andiamo da lui a chiedere il perdono.
Abbiamo fiducia nella sua misericordia!
(Angelus, 7 aprile 2013)
Mercoledì della prima settimana di Quaresima
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca (Salmo 137)
L’incontro con la parola di Cristo è in grado di trasformare completamente la nostra vita. Non è
possibile ascoltare questa Parola e restare fermi al proprio posto, restare bloccati sulle proprie
abitudini. Essa ci spinge a vincere l’egoismo che abbiamo nel cuore per seguire decisamente quel
Maestro che ha dato la vita per i suoi amici. Ma è lui che con la sua parola ci cambia; è lui che ci
trasforma; è lui che ci perdona tutto, se noi apriamo il cuore e chiediamo il perdono. Anche noi, se
per caso cadessimo nei peccati più gravi e nella notte più oscura, Dio è sempre capace di
trasformarci, come ha trasformato Pietro e Paolo; trasformarci il cuore e perdonarci tutto,
trasformando così il nostro buio del peccato in un’alba di luce. Dio è così: ci trasforma, ci perdona
sempre, come ha fatto con Pietro e come ha fatto con Paolo.
(Angelus, 29 giugno 2014)
Impegno
Pietro ci insegna a guardare i poveri con sguardo di fede e a donare loro ciò che abbiamo di più
prezioso: la potenza del nome di Gesù. Questo ha fatto con quel paralitico: gli ha dato tutto quello
che aveva, cioè Gesù (cf. At 3,4-6). Dio ci chiede di mettere tutta la nostra esistenza a servizio del
vangelo.
(Angelus, 29 giugno 2014)
Giovedì della prima settimana di Quaresima
Se dunque tu presenti la tua offerta sull'altare
e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,
lascia lì il tuo dono davanti all'altare,
va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono (Mt 5,23-24)
Tante persone forse non capiscono la dimensione ecclesiale del perdono, perché domina sempre
l’individualismo, il soggettivismo, e anche noi cristiani ne risentiamo. Certo, Dio perdona ogni
peccatore pentito, personalmente, ma il cristiano è legato a Cristo, e Cristo è unito alla Chiesa. Per
noi cristiani c’è un dono in più, e ce anche un impegno in più: passare umilmente attraverso il
ministero ecclesiale. Questo dobbiamo valorizzarlo; è un dono, una cura, una protezione e anche è
la sicurezza che Dio mi ha perdonato. Io vado dal fratello sacerdote e dico: «Padre, ho fatto
questo...». E lui risponde: «Ma io ti perdono; Dio ti perdona». In quel momento, io sono sicuro che
Dio mi ha perdonato! E questo è bello, questo è avere la sicurezza che Dio ci perdona sempre, non
si stanca di perdonare. E non dobbiamo stancarci di andare a chiedere perdono. Si può provare
vergogna a dire i peccati, ma le nostre mamme e le nostre nonne dicevano che è meglio diventare
rosso una volta che non giallo mille volte. Si diventa rossi una volta, ma ci vengono perdonati i
peccati e si va avanti.
(Udienza generale, 20 novembre 2013)
Impegno
Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che
sempre può restituirci la gioia. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti,
accada quel che accada. Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti.
(Evangelii gaudium, n. 3)
Venerdì della prima settimana di Quaresima
Infatti, se annate quelli che vi amano,
quale ricompensa ne avete?
Non fanno così anche i pubblicani? (Mt 5,46)
Il racconto evangelico continua, infatti, con la descrizione di Gesù seduto a tavola con
pubblicani e peccatori, per una festa con tutti quelli che non erano precisamente la crema della
società, anzi, erano quelli scartati dalla società. È la contraddizione della festa di Dio: il Signore fa
festa con i peccatori, mentre raramente la fa con i giusti. Si festeggia l’incontro con Gesù, la
misericordia di Dio: lui guarda con misericordia, cambia la vita e fa festa. La festa è incominciare
una nuova strada, ma poi deve esserci il lavoro quotidiano, che si deve alimentare con la memoria
di quel primo incontro. Proprio come avvenuto nella vita di Matteo, che questo lavoro lo ha fatto,
andando «a predicare il vangelo». In questo caso, non si tratta di «un momento»; si tratta di «un
tempo», che si protrae «fino alla fine della vita».
(Omelia Santa Marta, 5 luglio 2013)
Impegno
Quanti deserti, anche oggi, l'essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c'è dentro
di lui, quando manca l'amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere
custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire
anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cf. Ez 37,1-14).
(Messaggio, 31 marzo 2013)
Seconda domenica di Quaresima
Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto
e la sua veste divenne candida e sfolgorante
(Lc 9,29)
Ascoltare, la grazia di ascoltare, e la grazia di purificare gli occhi. Quando il Signore si trasfigura
davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni, questi sentono la voce di Dio Padre, che dice: «Questo è mio
Figlio! Ascoltatelo!». Purificare gli occhi! Io sono invitato ad ascoltare Gesù e Gesù si manifesta e
con la sua trasfigurazione ci invita a guardarlo. E guardare Gesù purifica i nostri occhi e li prepara
alla vita eterna, alla visione del cielo. Forse i nostri occhi sono un po’ ammalati perché vediamo
tante cose che non sono di Gesù, anche sono contro Gesù: cose mondane, cose che non fanno bene
alla luce dell’anima. E così questa luce si spegne lentamente e senza saperlo finiamo nel buio
interiore, nel buio spirituale, nel buio della fede: un buio perché non siamo abituati a guardare, a
immaginare le cose di Gesù. Ascoltare Gesù, per rendere più forte la nostra fede; guardare Gesù,
per preparare i nostri occhi alla bella visione del suo volto.
(Omelia, 16 marzo 2014)
Interrogativi
Quali sono i compiti del cristiano? Il primo compito del cristiano è ascoltare la parola di Dio,
ascoltare Gesù, perché lui ci parla e lui ci salva con la sua Parola. Ma vi faccio una domanda:
«Prendiamo un po' di tempo, ogni giorno, per ascoltare Gesù, per ascoltare la parola di Gesù?». A
casa, noi abbiamo il Vangelo? E ogni giorno ascoltiamo Gesù nel Vangelo, leggiamo un brano del
Vangelo? 0 abbiamo paura di questo, o non siamo abituati?
(Omelia, 16 aprile 2014)
Lunedì della seconda settimana di Quaresima
Siate misericordiosi,
come il Padre vostro è misericordioso
(Lc 6,36)
Gesù è l’incarnazione del Dio vivente, colui che porta la vita, di fronte a tante opere di morte, di
fronte al peccato, all’egoismo, alla chiusura in se stessi. Gesù accoglie, ama, solleva, incoraggia,
perdona e dona nuovamente la forza di camminare, ridona vita. In tutto il Vangelo noi vediamo
come Gesù con i gesti e le parole porta la vita di Dio che trasforma. Dio, il Vivente, è
misericordioso. Siete d’accordo? Diciamo
lo insieme: Dio, il Vivente, è misericordioso! Gesù ci porta la vita di Dio, lo Spirito Santo ci
introduce e ci mantiene nella relazione vitale di veri figli di Dio. Ma spesso l’uomo non sceglie la
vita, non accoglie il «vangelo della vita», ma si lascia guidare da ideologie e logiche che mettono
ostacoli alla vita, che non la rispettano, perché sono dettate dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto,
dal potere, dal piacere e non sono dettate dall’amore, dalla ricerca del bene dell’altro.
(Omelia, 16 giugno 2013)
Impegno
Il cristiano è un uomo spirituale, e questo non significa che sia una persona che vive «nelle
nuvole», fuori della realtà, come se fosse un fantasma. No! Il cristiano è una persona che pensa e
agisce nella vita quotidiana secondo Dio, una persona che lascia che la sua vita sia animata, nutrita
dallo Spirito Santo perché sia piena, da veri figli. E questo significa realismo e fecondità. Chi si
lascia condurre dallo Spirito Santo è realista, sa misurare e valutare la realtà, ed è anche fecondo: la
sua vita genera vita attorno a sé.
(Omelia, 16 giugno 2013)
Martedì della seconda settimana di Quaresima
Lavatevi, purificatevi,
allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni
(Is 1,16)
Di fronte alle sollecitazioni del profeta: «Allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni»,
ce chi dice: «Ma, Signore, io non faccio il male; vado a messa tutte le domeniche, sono un buon
cristiano, faccio tante offerte». Ma tu sei entrato nel tuo cuore? Sei capace di accusare te stesso
nelle cose che trovi lì? E nel momento in cui si avverte la necessità della conversione, ci si può
anche chiedere: «Ma come posso convertirmi»? La sporcizia del cuore non si toglie come si toglie
una macchia: andiamo in tintoria e usciamo puliti. Si toglie col fare. La conversione è fare una
strada diversa, un’altra strada da quella del male. Conversione significa, quindi, che siamo chiamati
a fare il bene «ai più bisognosi: la vedova, l’orfano, gli ammalati, gli anziani abbandonati, che
nessuno ricorda»; ma anche «i bambini che non possono andare a scuola» o i bambini «che non
sanno farsi il segno della croce». In una città cattolica, in una famiglia cattolica ci sono bambini che
non sanno pregare, che non sanno farsi il segno della croce. E allora occorre andare da loro a
portare l’amore del Signore.
(Omelia Santa Marta, 3 marzo 2015)
Impegno
Mettiti in cammino per convertirti, per fare il bene; sempre troviamo una strada che non è quella
giusta, per sembrare più giusti di quello che siamo: è la strada dell'ipocrisia.
(Omelia Santa Marta, 3 marzo 2015)
Mercoledì della seconda settimana di Quaresima
Tra voi non sarà così;
ma chi vuole diventare grande tra voi,
sarà vostro servitore
e chi vuole essere il primo tra voi,
sarà vostro schiavo
(Mt 20,26-27)
La nostra forza, la nostra certezza, perché è la via sicura: umiltà, solidarietà, servizio. Non ce
un’altra via. E guardando Gesù noi vediamo che lui ha scelto la via dell’umiltà e del servizio. Anzi,
lui stesso in persona è questa via. Gesù non è stato indeciso, non è stato «qualunquista»: ha fatto
una scelta e l’ha portata avanti fino in fondo. Ha scelto di farsi uomo, e come uomo di farsi servo,
fino alla morte di croce. Questa è la via dell’amore: non ce n’è un’altra. Perciò vediamo che la
carità non è un semplice assistenzialismo, e meno un assistenzialismo per tranquillizzare le
coscienze. No, quello non è amore, quello è negozio, quello è affare. L’amore è gratuito. La carità,
l’amore è una scelta di vita, è un modo di essere, di vivere, è la via dell’umiltà e della solidarietà.
Non c’è un’altra via per questo amore: essere umili e solidali.
(Discorso, Cagliari, 22 settembre 2013)
Impegno
Questa parola, «solidarietà», in questa cultura dello scarto: quello che non serve si butta fuori per
rimanere soltanto quelli che si sentono giusti, che si sentono puri, che si sentono puliti... Poveretti!
Questa parola, «solidarietà», rischia di essere cancellata dal dizionario, perché è una parola che dà
fastidio, dà fastidio. Perché? Perché ti obbliga a guardare all'altro e darti all'altro con amore.
(Discorso, Cagliari, 22 settembre 2013)
Giovedì della seconda settimana di Quaresima
C'era un uomo ricco,
che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo,
e ogni giorno si dava a lauti banchetti
(Lc 16,19)
In realtà, il testo non dice che era cattivo: era piuttosto un uomo di vita agiata, si dava alla buona
vita. In fondo il Vangelo non dice che si divertisse alla grande; la sua era piuttosto una vita
tranquilla, con gli amici. E forse era anche un uomo religioso, a suo modo. Recitava, forse, qualche
preghiera; e due o tre volte l’anno sicuramente si recava al tempio per fare i sacrifici e dava grosse
offerte ai sacerdoti. In fin dei conti, il ricco non era cattivo, era ammalato: ammalato di mondanità.
E la mondanità trasforma le anime, fa perdere la coscienza della realtà: vivono in un mondo
artificiale, fatto da loro. La mondanità anestetizza l’anima. Del resto, con il cuore mondano non si
possono comprendere la necessità e il bisogno degli altri. Con il cuore mondano si può andare in
chiesa, si può pregare, si possono fare tante cose. E la mondanità è un peccato sottile, è più di un
peccato: è uno stato peccaminoso dell’anima.
(Omelia Santa Marta, 5 marzo 2015)
Impegno I mondani hanno perso il nome e anche noi, se abbiamo il cuore mondano, abbiamo perso il
nome. Però non siamo orfani. Fino alla fine, fino all'ultimo momento c'è la sicurezza che abbiamo
un Padre che ci aspetta. Affidiamoci a lui. E il Padre si rivolge a noi dicendoci «figlio», anche in
mezzo a quella mondanità: «figlio». E questo significa che «non siamo orfani».
Venerdì della seconda settimana di Quaresima
Ascoltate un'altra parabola:
c'era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna.
La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio
e costruì una torre.
La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano
(Mt 21,33)
Dei peccatori non è necessario parlare troppo, perché tutti noi lo siamo. Ci conosciamo da
dentro e sappiamo cosa è un peccatore. E se qualcuno di noi non si sente così, vada a farsi una visita
dal medico spirituale: qualcosa non va. I contadini ai quali la vigna è affidata si sono sentiti forti, si
sono sentiti autonomi da Dio. E così si sono impadroniti di quella vigna; e hanno perso il rapporto
con il padrone della vigna: i padroni siamo noi! E quando va qualcuno a ritirare da loro la parte del
raccolto della vigna che spetta al padrone, lo bastonano, lo insultano, lo ammazzano. Questo si-
gnifica perdere il rapporto con Dio, non avvertire più il bisogno di quel padrone. È ciò che fanno i
corrotti, quelli che erano peccatori come tutti noi, ma hanno fatto un passo avanti: si sono
consolidati nel peccato e non sentono il bisogno di Dio. O almeno, si illudono di non sentirlo,
perché nel codice genetico ce questo rapporto a Dio. E siccome non possono negarlo, si fanno un
Dio speciale: loro stessi.
(Omelia Santa Marta, 3 giugno 2015)
Impegno
Nella parabola del Vangelo i santi sono quelli che vanno a prendere l'affitto e loro sanno cosa li
aspetta. Ma devono farlo e fanno il loro dovere. I santi: quelli che ubbidiscono al Signore, quelli che
adorano il Signore, quelli che non hanno perso la memoria dell'amore con il quale il Signore ha
fatto la vigna. I santi nella Chiesa. E così come i corrotti fanno tanto male alla Chiesa, i santi fanno
tanto bene.
(Omelia Santa Marta, 3 giugno 2013
Sabato della seconda settimana di Quaresima
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia
(Salmo 102)
Si tratta di un messaggio al quale frequentemente ci abituiamo, lo ripetiamo quasi
meccanicamente, senza però assicurarci che abbia una reale incidenza nella nostra vita e nelle
nostre comunità. Come pericolosa e dannosa questa assuefazione che ci porta a perdere la
meraviglia, il fascino, l’entusiasmo di vivere il vangelo della fraternità e della giustizia! La parola di
Dio insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’incarnazione per ognuno di
noi: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»
(Mt 25,40). Quanto facciamo per gli altri ha una dimensione trascendente: «Con la misura con la
quale misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,2); e risponde alla misericordia divina verso di noi: «Siate
misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non
condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato [...] con la
misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,36-38). Ciò che esprimono
questi testi è l’assoluta priorità dell’“uscita da sé verso il fratello” come uno dei due comandamenti
principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul
cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio. Per ciò
stesso «anche il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è
espressione irrinunciabile della sua stessa essenza»(BENEDETTO XVI, Intima Ecclesiae natura).
Come la Chiesa è missionaria per natura, così sgorga inevitabilmente da tale natura la carità
effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove».
(Evangelii gaudium, n. 179)
Impegno
Ci farà bene domandarci: io semino pace? Per esempio, con la mia lingua, semino pace o semino
zizzania? Quante volte abbiamo sentito dire di una persona che ha una lingua di serpente, perché fa
sempre quello che ha fatto il serpente con Adamo ed Èva, ha distrutto la pace. E' un male, questa è
una malattia nella nostra Chiesa: seminare la divisione, seminare l'odio, non seminare la pace.
Sarebbe bene porsi tutti i giorni: «lo oggi ho seminato pace o ho seminato zizzania?». E a nulla vale
provare a giustificarsi dicendo «ma alle volte si devono dire le cose perché quello e quella...».
(Omelia Santa Marta, 4 settembre 2015)
Terza domenica di Quaresima
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono
(Salmo 102)
Un Anno Santo straordinario, dunque, per vivere nella vita di ogni giorno la misericordia che da
sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si
stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi
la sua vita. La Chiesa sente in maniera forte l’urgenza di annunciare la misericordia di Dio. La sua
vita è autentica e credibile quando fa della misericordia il suo annuncio convinto. Essa sa che il suo
primo compito, soprattutto in un momento come il nostro colmo di grandi speranze e forti
contraddizioni, è quello di introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio,
contemplando il volto di Cristo. La Chiesa è chiamata per prima ad essere testimone veritiera della
misericordia professandola e vivendola come il centro della Rivelazione di Gesù Cristo. Dal cuore
della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande
fiume della misericordia.
(Misericordiae vultus, n. 25)
Impegno
In questo Anno Giubilare la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio che risuona forte e
convincente come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi
mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia
voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: «Ricordati, Signore, della tua
misericordia e del tuo amore, che è da sempre» (Sai 25,6).
(Misericordiae vultus, n. 25)
Lunedì della terza settimana di Quaresima
C'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia [...];
ma a nessuna di esse fu mandato Elia,
se non a una vedova in Sarepta di Sidone
(Lc 4,25-26)
Lo stile di Dio è la semplicità: inutile cercarlo nello spettacolo mondano. Anche nella nostra vita
egli agisce sempre nell’umiltà, nel silenzio, nelle cose piccole. Mentre la gente sentiva con piacere
quello che diceva Gesù, a qualcuno non è piaciuto quello che diceva, e forse qualche chiacchierone
si è alzato e ha detto: questo è il figlio del falegname e ben lo conosciamo! Tutti cercavano lo
spettacolo; Dio agisce nell’umiltà, nel silenzio, nelle cose piccole. E se noi vediamo tutta la storia
della salvezza, troveremo che sempre il Signore fa così, sempre, con le cose semplici (Omelia Santa
Marta, 9 marzo 2015). Un’altra lezione che la Chiesa deve ricordare sempre è che non può
allontanarsi dalla semplicità, altrimenti disimpara il linguaggio del mistero e resta fuori dalla porta
del mistero, e, ovviamente, non riesce a entrare in coloro che pretendono dalla Chiesa quello che
non possono darsi da sé, cioè Dio. A volte, perdiamo coloro che non ci capiscono perché abbiamo
disimparato la semplicità, importando dal di fuori anche una razionalità aliena alla nostra gente.
Senza la grammatica della semplicità, la Chiesa si priva delle condizioni che rendono possibile
«pescare» Dio nelle acque profonde del suo mistero.
(Discorso, 27 luglio 2013)
Impegno
Sarà [...] utile in questo periodo ricordare le tante volte in cui nella nostra vita il Signore ci ha
visitato con la sua grazia e abbiamo capito che l'umiltà e la semplicità sono il suo stile.
Martedì della terza settimana di Quaresima
Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome,
non infrangere la tua alleanza;
non ritirare da noi la tua misericordia
(Dn 3,34-35)
Oggi chiediamo misericordia. Azaria, chiede perdono del peccato del suo popolo. Il profeta,
quindi, nella prova non si lamenta davanti a Dio, non dice: ma tu sei ingiusto con noi, guarda cosa
ci accade adesso... Egli invece afferma: abbiamo peccato e noi meritiamo questo. Ecco il dettaglio
fondamentale: Azaria «aveva il senso del peccato». Azaria non dice al Signore: scusa, abbiamo
sbagliato. Infatti, chiedere perdono è un'altra cosa, è un’altra cosa che chiedere scusa. Si tratta di
due atteggiamenti differenti: il primo si limita alla richiesta di scuse, il secondo implica il
riconoscimento di aver peccato. Il peccato, infatti, non è un semplice sbaglio. Il peccato è idolatria,
è adorare i tanti idoli che noi abbiamo: l’orgoglio, la vanità, il denaro, il me stesso, il benessere.
L’altra faccia del perdono: dal perdono chiesto a Dio al perdono dato ai fratelli.
(Omelia Santa Marta, 10 marzo 2015)
Interrogativi
Qual è la misura del mio perdono? Se io non sono capace di perdonare, non sono capace di
chiedere perdono. Perciò, Gesù ci insegna a pregare così il Padre: «Rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori».
(Omelia Santa Marta, 10 marzo 2015)
Mercoledì della terza settimana di Quaresima
Bada a te e guardati bene dal dimenticare
le cose che i tuoi occhi hanno visto,
non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita:
le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli
(Dt 4,9)
E Lui è venuto per noi, quando noi riconosciamo che siamo peccatori. Ma se noi siamo come
quel fariseo, davanti all’altare: «Ti ringrazio Signore, perché non sono come tutti gli altri uomini, e
nemmeno come quello che è alla porta, come quel pubblicano» (Cfr. Lc 18,11-12), non conosciamo
il cuore del Signore, e non avremo mai la gioia di sentire questa misericordia! Non è facile affidarsi
alla misericordia di Dio, perché quello è un abisso incomprensibile. Ma dobbiamo farlo! «Oh,
padre, se lei conoscesse la mia vita, non mi parlerebbe così!». Perché? cosa hai fatto? «Oh, ne ho
fatte di grosse!». Meglio! Vai da Gesù: a Lui piace se gli racconti queste cose! Lui si dimentica, Lui
ha una capacità di dimenticarsi, speciale. Si dimentica, ti bacia, ti abbraccia e ti dice soltanto:
«Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,11). Soltanto quel consiglio ti
dà. Dopo un mese, siamo nelle stesse condizioni... Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di
perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono.
(Omelia, 17 marzo 2013)
Impegno Chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare.
Chiediamo questa grazia.
Giovedì della terza settimana di Quaresima
Camminate sempre sulla strada che vi prescriverò,
perché siate felici
(Ger 7,23)
Dio chiama a scelte definitive, ha un progetto su ciascuno: scoprirlo, rispondere alla propria
vocazione è camminare verso la realizzazione felice di se stessi. Dio ci chiama tutti alla santità, a
vivere la sua vita, ma ha una strada per ognuno. Vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di
andare contro corrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in
fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci
di amare veramente. Abbiate il coraggio di «andare contro corrente». E abbiate anche il coraggio di
essere felici. Ma ce anche una fame più profonda, la fame di una felicità che solo Dio può saziare.
Fame di dignità. Non ce né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell’uomo, quando
si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una nazione, i suoi beni immateriali.
(Discorso, 28 luglio 2013)
Impegno
Gesù è tutto misericordia, Gesù è tutto amore: è Dio fatto uomo. Ognuno di noi, ognuno di noi, è
quella pecora smarrita, quella moneta perduta; ognuno di noi è quel figlio che ha sciupato la propria
libertà seguendo idoli falsi, miraggi di felicità, e ha perso tutto. Ma Dio non ci dimentica, il Padre
non ci abbandona mai. È un Padre paziente, ci aspetta sempre!
(Angelus, 15 settembre 2013)
Venerdì della terza settimana di Quaresima
Amerai il tuo prossimo come te stesso.
Non c'è altro comandamento più grande di questi
(Mc 12,31)
Noi saremo giudicati da Dio sulla carità, su come lo avremo amato nei nostri fratelli,
specialmente i più deboli e bisognosi. Certo, dobbiamo sempre tenere ben presente che noi siamo
giustificati, siamo salvati per grazia, per un atto di amore gratuito di Dio che sempre ci precede; da
soli non possiamo fare nulla. La fede è anzitutto un dono che noi abbiamo ricevuto. Ma per portare
frutti, la grazia di Dio richiede sempre la nostra apertura a lui, la nostra risposta libera e concreta.
Cristo viene a portarci la misericordia di Dio che salva. A noi è chiesto di affidarci a lui, di
corrispondere al dono del suo amore con una vita buona, fatta di azioni animate dalla fede e
dall’amore
(Udienza generale, 24 aprile 2013).
Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro
di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere
custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire
anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cf. Ez 37,1-14).
(Messaggio, 31 marzo 2013)
Impegno
Pensate bene a questo: chi pratica la misericordia non teme la morte! Siete d'accordo? Lo
diciamo insieme per non dimenticarlo? Chi pratica la misericordia non teme la morte. E perché non
teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l'amore di Gesù
Cristo.
(Udienza generale, 27 novembre 2013)
Sabato della terza settimana di Quaresima
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro
(Salmo 50)
Il Signore non si stanca mai di avere misericordia di noi, e vuole offrirci ancora una volta il suo
perdono - tutti ne abbiamo bisogno -, invitandoci a tornare a lui con un cuore nuovo, purificato dal
male, purificato dalle lacrime, per prendere parte alla sua gioia. Questo sforzo di conversione non è
soltanto un’opera umana, è lasciarsi riconciliare. La riconciliazione tra noi e Dio è possibile grazie
alla misericordia del Padre che, per amore verso di noi, non ha esitato a sacrificare il suo Figlio
unigenito. Infatti il Cristo, che era giusto e senza peccato, per noi fu fatto peccato (cf. 2Cor 5,21)
quando sulla croce fu caricato dei nostri peccati, e così ci ha riscattati e giustificati davanti a Dio.
«In lui» noi possiamo diventare giusti, in lui possiamo cambiare, se accogliamo la grazia di Dio e
non lasciamo passare invano questo «momento favorevole» (2Cor 6,2). Per favore, fermiamoci,
fermiamoci un po’ e lasciamoci riconciliare con Dio.
(Omelia, 18 febbraio 2015)
Impegno «Convertitevi e credete nel Vangelo» (cf. Me 1,15). È un richiamo alla verità dell'esistenza
umana: siamo creature limitate, peccatori sempre bisognosi di penitenza e di conversione. Quanto è
importante ascoltare e accogliere tale richiamo in questo nostro tempo!
(Omelia, 18 febbraio 2015)
Quarta domenica di Quaresima
Se uno è in Cristo, è una nuova creatura;
le cose vecchie sono passate;
ecco, ne sono nate di nuove
(2Cor 5,17)
C’è bisogno di cristiani che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua
tenerezza per ogni creatura. Sappiamo tutti che la crisi dell’umanità contemporanea non è
superficiale, è profonda. Per questo la nuova evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio
di andare controcorrente, di convertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che usare il
linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole. La Chiesa
in mezzo all’umanità di oggi dice: venite a Gesù, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e troverete
ristoro per la vostra vita (cf. Mt 11,28-30). Venite a Gesù. Lui solo ha parole di vita eterna. Il Figlio
di Dio è «uscito» dalla sua condizione divina ed è venuto incontro a noi. Incontrare tutti, perché
tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro
a tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza.
(Omelia, 14 ottobre 2013)
Impegno C'è bisogno dell'ossigeno del Vangelo, del soffio dello Spirito di Cristo risorto, che lo riaccenda
nei cuori. La Chiesa è la casa in cui le porte sono sempre aperte non solo perché ognuno possa
trovarvi accoglienza e respirare amore e speranza, ma anche perché noi possiamo uscire a portare
questo amore e questa speranza.
(Omelia, 14 ottobre 2013)
Lunedì della quarta settimana di Quaresima
Ecco, [...] io creo nuovi cieli e nuova terra;
non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente,
poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare,
poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio
(Is 65,17-18)
Siamo noi il sogno di Dio che, da vero innamorato, vuole cambiare la nostra vita. Per amore
appunto. A noi chiede solo di avere la fede per lasciarlo fare. E così possiamo solo piangere di gioia
davanti a un Dio che ci «ri-crea». Parecchie volte abbiamo parlato di queste due creazioni di Dio: la
prima, quella che è stata fatta in sei giorni, e la seconda, quando il Signore «rifà» il mondo, rovinato
dal peccato, in Gesù Cristo. Abbiamo detto tante volte che questa seconda è più meravigliosa della
prima. Infatti, la prima è già una creazione meravigliosa; ma la seconda, in Cristo, è ancor più
meravigliosa. In sostanza, il Signore pensa a quello che farà, pensa che lui, lui stesso sarà nella
gioia con il suo popolo. È come se fosse un sogno del Signore, come se il Signore «sognasse» di
noi: come sarà bello quando ci troveremo tutti insieme, quando ci troveremo là o quando quella
persona, quell’altra, quell’altra camminerà...
(Omelia Santa Marta, 16 marzo 2015)
Impegno
Dio pensa a ognuno di noi, ci vuole bene, sogna di noi, sogna della gioia di cui godrà con noi. Ed
è proprio per questo il Signore vuole ri-crearci, fare nuovo il nostro cuore, ri-creare il nostro cuore
per fare trionfare la gioia.
(Omelia Santa Marta, 16 marzo 2015)
Martedì della quarta settimana di Quaresima
Vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, [...]
e dove giungono quelle acque, risanano,
e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà
(Ez 47,1.9)
La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il
peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere. L’esperienza del
profeta Osea ci viene in aiuto per mostrarci il superamento della giustizia nella direzione della
misericordia. L’epoca di questo profeta è tra le più drammatiche della storia del popolo ebraico. Il
Regno è vicino alla distruzione; il popolo non è rimasto fedele all’alleanza, si è allontanato da Dio e
ha perso la fede dei Padri. Secondo una logica umana, è giusto che Dio pensi di rifiutare il popolo
infedele: non ha osservato il patto stipulato e quindi merita la dovuta pena, cioè l’esilio. Le parole
del profeta lo attestano: «Non ritornerà al paese d’Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno
voluto convertirsi» (Os 11,5). Eppure, dopo questa reazione che si richiama alla giustizia, il profeta
modifica radicalmente il suo linguaggio e rivela il vero volto di Dio: «Il mio cuore si commuove
dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non
tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò
da te nella mia ira» (11,8-9). Sant’Agostino, quasi a commentare le parole del profeta dice: «E più
facile che Dio trattenga l’ira più che la misericordia». E proprio così. L’ira di Dio dura un istante,
mentre la sua misericordia dura in eterno.
(Misericordiae vultus, n. 21)
Impegno
Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni
persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il
balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi.
(Misericordiae vultus, n. 5)
Mercoledì della quarta settimana di Quaresima
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza
si espande su tutte le creature
(Salmo 144)
E lo stesso accadde a Paolo, anche se in modo diverso. Paolo da giovane era nemico dei cristiani,
e quando Cristo risorto lo chiamò sulla via di Damasco la sua vita fu trasformata: capì che Gesù non
era morto, ma vivo, e amava anche lui, che era suo nemico! Ecco l’esperienza della misericordia,
del perdono di Dio in Gesù Cristo: questa è la buona notizia, il vange
lo che Pietro e Paolo hanno sperimentato in se stessi e per il quale hanno dato la vita. Misericordia,
perdono! Il Signore sempre ci perdona, il Signore ha misericordia, è misericordioso, ha un cuore
misericordioso e ci aspetta sempre. Che gioia credere in un Dio che è tutto amore, tutto grazia!
Questa è la fede che Pietro e Paolo hanno ricevuto da Cristo e hanno trasmesso alla Chiesa.
Lodiamo il Signore per questi due gloriosi testimoni, e come loro lasciamoci conquistare da Cristo,
dalla misericordia di Cristo.
(Angelus, 28 giugno 2013)
Impegno
Il Vangelo dice che i discepoli rimasero meravigliati che il loro Maestro parlasse con quella
donna. Ma il Signore è più grande dei pregiudizi, per questo non ebbe timore di fermarsi con la
Samaritana: la misericordia è più grande del pregiudizio. Questo dobbiamo impararlo bene! La
misericordia è più grande del pregiudizio, e Gesù è tanto misericordioso, tanto!
(Angelus, 23 marzo 2014)
Giovedì della quarta settimana di Quaresima
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna:
sono proprio esse che danno testimonianza di me.
Ma voi non volete venire a me per avere vita
(Gv 5,39-40)
«Dalla parola del Signore furono fatti i cieli» (Sal 33,6). Così ci viene indicato che il mondo
proviene da una decisione, non dal caos o dalla casualità, e questo lo innalza ancora di più. Vi è una
scelta libera espressa nella parola creatrice. L’universo non è sorto come risultato di un’onnipotenza
arbitraria, di una dimostrazione di forza o di un desiderio di autoaffermazione. La creazione
appartiene all’ordine dell’amore. [...] Così, ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le
assegna un posto nel mondo. Perfino l’effimera vita dell’essere più insignificante è oggetto del suo
amore, e in quei pochi secondi di esistenza, egli lo circonda con il suo affetto. Diceva san Basilio
Magno che il Creatore è anche «la bontà senza calcolo», e Dante Alighieri parlava de «l’amor che
move il sole e l’altre stelle». Perciò, dalle opere create si ascende «fino alla sua amorosa
misericordia».
(Laudato sì, n. 77)
Impegno
Una persona tende a morire com'è vissuta. Se la mia vita è stata un cammino con il Signore, un
cammino di fiducia nella sua immensa misericordia, sarò preparato ad accettare il momento ultimo
della mia esistenza terrena come il definitivo abbandono confidente nelle sue mani accoglienti, in
attesa di contemplare faccia a faccia il suo volto.
(Udienza generale, 27 novembre 2013)
Venerdì della quarta settimana di Quaresima
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò:
«Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono.
Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero,
e voi non lo conoscete, io lo conosco,
perché vengo da lui ed egli mi ha mandato (Gv 7,28-29)
Siamo amati da Dio, che è nostro Padre e che ha inviato il suo Figlio Gesù per farsi vicino a
ciascuno di noi e salvarci. Ha inviato Gesù a salvarci, a perdonarci tutto, perché lui sempre perdona:
lui sempre perdona, perché è buono e misericordioso. Tre parole: accoglienza, festa e missione.
Queste parole non siano solo un ricordo di ciò che è avvenuto a Rio, ma siano anima della nostra
vita e di quella delle nostre comunità. (Udienza generale, 4 settembre 2013). L’essenziale del
vangelo è la misericordia. Dio ha inviato suo Figlio, Dio si è fatto uomo per salvarci, cioè per darci
la sua misericordia. «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).
Misericordia. E allora la Chiesa si comporta come Gesù. Non fa lezioni teoriche sull’amore, sulla
misericordia. Non diffonde nel mondo una filosofia, una via di saggezza.
(Udienza generale, 10 settembre 2014)
Interrogativi
Può esistere un cristiano che non sia misericordioso? No. Il cristiano necessariamente deve
essere misericordioso, perché questo è il centro del Vangelo. E fedele a questo insegnamento, la
Chiesa non può che ripetere la stessa cosa ai suoi figli: «Siate misericordiosi», come lo è il Padre, e
come lo è stato Gesù.
Udienza generale, 10 settembre 2014)
Sabato della quarta settimana di Quaresima
Costui è il Cristo!
(Gv7,41)
La settimana santa è un tempo di grazia che il Signore ci dona per aprire le porte del nostro
cuore, della nostra vita, delle nostre parrocchie - che pena tante parrocchie chiuse! - dei movimenti,
delle associazioni, e «uscire» incontro agli altri, farci noi vicini per portare la luce e la gioia della
nostra fede. Uscire sempre! E questo con amore e con la tenerezza di Dio, nel rispetto e nella
pazienza, sapendo che noi mettiamo le nostre mani, i nostri piedi, il nostro cuore, ma poi è Dio che
li guida e rende feconda ogni nostra azione. Gesù non vive questo amore che conduce al sacrificio
in modo passivo o come un destino fatale; certo non nasconde il suo profondo turbamento umano di
fronte alla morte violenta, ma si affida con piena fiducia al Padre. Gesù si è consegnato
volontariamente alla morte per corrispondere all’amore di Dio Padre, in perfetta unione con la sua
volontà, per dimostrare il suo amore per noi. Sulla croce Gesù «mi ha amato e ha consegnato se
stesso per me» (Gal 2,20). Ciascuno di noi può dire: mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
Ciascuno può dire questo «per me».
(Udienza generale, 27 marzo 2013)
Impegno
Siamo un po' come san Pietro. Non appena Gesù parla di passione, morte e risurrezione, di dono
di sé, di amore verso tutti, l'apostolo lo prende in disparte e lo rimprovera. Quello che dice Gesù
sconvolge i suoi piani, appare inaccettabile, mette in difficoltà le sicurezze che si era costruito, la
sua idea di Messia.
(Udienza generale, 27 marzo 2013)
Quinta domenica di Quaresima
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.
Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo,
si alzò e disse loro:
«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno,
cominciando dai più anziani (Gv 8,6-9)
Gesù solo sul monte, pregando. Gesù in mezzo al popolo. E poi, alla fine, lo lasciarono solo con
la donna. Quella solitudine di Gesù! Ma una solitudine feconda: quella della preghiera con il Padre
e quella, tanto bella, che è proprio il messaggio di oggi della Chiesa, quella della sua misericordia
con questa donna. Anche noi credo che siamo questo popolo che, da una parte vuole sentire Gesù,
ma dall’altra, a volte, ci piace bastonare gli altri, condannare gli altri. E il messaggio di Gesù è
quello: la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore: la
misericordia. Ma lui stesso l'ha detto: io non sono venuto per i giusti; i giusti si giustificano da soli.
Va', benedetto Signore, se tu puoi farlo, io non posso farlo! Ma loro credono di poterlo fare. Io sono
venuto per i peccatori (cf. Mc 2,17).
(Omelia, 18 febbraio 2015)
Impegno Come popolo di Dio incominciamo il cammino della Quaresima, tempo in cui cerchiamo di
unirci più strettamente al Signore, per condividere il mistero della sua passione e della sua
risurrezione.
(Omelia, 18 febbraio 2015)
Lunedì della quinta settimana di Quaresima
Io sono la luce del mondo;
chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita
(Gv 8,12)
È lui la luce del mondo, lui la luce della nostra vita! Con la certezza della sua vittoria sulla morte
e della nostra partecipazione ad essa, possiamo affrontare la sfida di essere suoi discepoli oggi, nelle
nostre situazioni di vita e nel nostro tempo. Ciascuno ha un posto e un contesto proprio nei quali
siete chiamati a riflettere l’amore di Dio. Non abbiate paura di portare la sapienza della fede in ogni
ambito della vita sociale! Al tempo stesso, come cristiani, sapete anche che il Vangelo ha la forza di
purificare, elevare e perfezionare questo patrimonio. Mediante la presenza dello Spirito Santo dato a
voi nel battesimo e sigillato nella confermazione, in unione con i vostri pastori, potete apprezzare i
molti valori positivi delle diverse culture dell’Asia. Siete inoltre capaci di discemere ciò che è
incompatibile con la vostra fede cattolica, ciò che è contrario alla vita di grazia innestata in voi col
battesimo, e quali aspetti della cultura contemporanea sono peccaminosi, corrotti e conducono alla
morte.
(Omelia, 17 agosto 2014)
Impegno
Dobbiamo essere come Cristo, che risponde a ogni domanda d'aiuto con amore, misericordia e
compassione. Nella vostra vita cristiana sarete molte volte tentati, come i discepoli nel Vangelo di
oggi, di allontanare lo straniero, il bisognoso, il povero e chi ha il cuore spezzato.
(Omelia, 17 agosto 2014)
Martedì della quinta settimana di Quaresima
Colui che mi ha mandato è con me:
non mi ha lasciato solo,
perché faccio sempre le cose che gli sono gradite.
A queste sue parole, molti credettero in lui
(Gv 8,30)
Pensiamo che l’incarnazione di Gesù sia un fatto solo del passato, che non ci coinvolge
personalmente? Credere in Gesù significa offrirgli la nostra carne, con l’umiltà e il coraggio di
Maria, perché lui possa continuare ad abitare in mezzo agli uomini; significa offrirgli le nostre mani
per accarezzare i piccoli e i poveri; i nostri piedi per camminare incontro ai fratelli; le nostre braccia
per sostenere chi è debole e lavorare nella vigna del Signore; la nostra mente per pensare e fare
progetti alla luce del Vangelo; e, soprattutto, offrire il nostro cuore per amare e prendere decisioni
secondo la volontà di Dio. Tutto questo avviene grazie all’azione dello Spirito Santo. E così, siamo
gli strumenti di Dio perché Gesù agisca nel mondo attraverso di noi.
(Preghiera mariana, 12 ottobre 2013)
Impegno
La fede in quanto legata alla conversione, è l'opposto dell'idolatria; è separazione dagli idoli per
tornare al Dio vivente, mediante un incontro personale. Credere significa affidarsi a un amore
misericordioso che sempre accoglie e perdona, che sostiene e orienta l'esistenza, che si mostra
potente nella sua capacità di raddrizzare le storture della nostra storia.
(Lumen fidei, n. 13)
Mercoledì della quinta settimana di Quaresima
Girando lo sguardo
su quelli che erano seduti attorno a lui, disse:
«Ecco mia madre e i miei fratelli!
Perché chi fa la volontà di Dio,
costui per me è fratello, sorella e madre»
(Mc 3,34-35)
Pregare per avere la voglia di seguire la volontà di Dio, per conoscere la volontà di Dio e, una
volta conosciuta, per andare avanti con la volontà di Dio. Signore, «guida i nostri atti secondo la tua
volontà, perché portiamo frutti di opere buone» (Colletta). La sottolineatura riguarda in particolare
«secondo la tua volontà», perché oggi questa parola «volontà», la volontà di Dio, pervade ambedue
le letture e anche il salmo responsoriale della liturgia. «Gesù, quando entra nel mondo, dice: “Tu
non hai voluto né sacrificio né offerta”» (Eb 10,5), perché sono provvisori; non dico inutili,
provvisori. «Un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il
peccato. Allora ho detto: ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,5-7). E questo atto di
Cristo, di venire nel mondo per fare la volontà di Dio, è quello che ci giustifica, è il sacrificio: il
vero sacrificio che, una volta per sempre, ci ha giustificato. In effetti anche i peccati sono atti di non
obbedire a Dio, di non fare la volontà di Dio. Invece, il Signore ci insegna che questa è la strada,
non ce ne un’altra.
(Omelia Santa Marta, 27 gennaio 2015)
Interrogativi
È la volontà di Dio? Come faccio per compiere la volontà di Dio? Ecco quindi un suggerimento
pratico: prima di tutto chiedere la grazia, pregare e chiedere la grazia di voler fare la volontà di Dio.
Questa è una grazia.
(Omelia Santa Marta, 27 gennaio 2015)
Giovedì della quinta settimana di Quaresima
Disse Dio ad Abramo:
«Da parte tua devi osservare la mia alleanza,
tu e la tua discendenza dopo di te,
di generazione in generazione»
(Gerì 17,9)
Non bisogna mai dimenticare che i credenti dell’Islam, «professando di avere la fede di Abramo,
adorano con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale» (Lumen
gentium, n. 16). Gli scritti sacri dell’Islam conservano parte degli insegnamenti cristiani; Gesù
Cristo e Maria sono oggetto di profonda venerazione ed è ammirevole vedere come giovani e
anziani, donne e uomini dell’islam sono capaci di dedicare quotidianamente tempo alla preghiera e
di partecipare fedelmente ai loro riti religiosi. Al tempo stesso, molti di loro sono profondamente
convinti che la loro vita, nella sua totalità, è di Dio e per lui. Riconoscono anche la necessità di
rispondere a Dio con un impegno etico e con la misericordia verso i più poveri.
(Evangelii gaudium, n. 252)
Impegno
Insisto ancora una volta: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di
chiedere la sua misericordia. Colui che ci ha invitato a perdonare «settanta volte sette» (Mt 18,22) ci
dà l'esempio: egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo
l'altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli
ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può
restituirci la gioia.
(Evangelii gaudium, n. 3)
Venerdì della quinta settimana di Quaresima
Ti amo, Signore, mia forza, Signore,
mia roccia, mia fortezza, mio liberatore
(Salmo 17)
L’amore di Gesù Cristo dura per sempre, non avrà mai fine perché è la vita stessa di Dio. Questo
amore vince il peccato e dona la forza di rialzarsi e ricominciare, perché con il perdono il cuore si
rinnova e ringiovanisce. Tutti lo sappiamo: il nostro Padre non si stanca mai di amare e i suoi occhi
non si appesantiscono nel guardare la strada di casa, per vedere se il figlio che se n’è andato e si è
perduto fa ritorno (Omelia, 28 marzo 2014). Condividere l’esperienza della fede, testimoniare la fe-
de, annunciare il Vangelo è il mandato che il Signore affida a tutta la Chiesa, anche a te; è un
comando, che, però, non nasce dalla volontà di dominio, dalla volontà di potere, ma dalla forza
dell’amore, dal fatto che Gesù per primo è venuto in mezzo a noi e non ci ha dato qualcosa di sé,
ma ci ha dato tutto se stesso, egli ha dato la sua vita per salvarci e mostrarci l’amore e la
misericordia di Dio.
(Omelia, 28 luglio 2013)
Impegno San Bernardo si domanda: ma su che cosa posso contare? Sui miei meriti? Ma mio merito è la
misericordia di Dio. Non sono certamente povero di meriti finché lui sarà ricco di misericordia. Che
se le misericordie del Signore sono molte, io pure abbonderò nei meriti. Questo è importante: il
coraggio di affidarmi alla misericordia di Gesù, di confidare nella sua pazienza, di rifugiarmi
sempre nelle ferite del suo amore.
(Omelia, 7 aprile 2013)
Sabato della quinta settimana di Quaresima
Gesù doveva morire per la nazione;
e non soltanto per la nazione,
ma anche per riunire insieme i figli di Dio
che erano dispersi (Gv 11,51-52)
Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo.
La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il
mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a lui, saremo capaci di
affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte. La Chiesa infatti prega: «Se ci
rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell'immortalità futura». Una bella
preghiera della Chiesa questa! Una persona tende a morire come vissuta. Questa è la cosa più bella
che può accaderci: contemplare faccia a faccia quel volto meraviglioso del Signore, vederlo come
lui è, bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza. Noi andiamo fino a questo punto:
vedere il Signore.
(Udienza generale, 27 novembre 2013)
Impegno
Pertanto, una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna,
prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo. La solidarietà nel compatire il
dolore e infondere speranza è premessa e condizione per ricevere in eredità quel regno preparato per
noi. Chi pratica la misericordia non teme la morte. Pensate bene a questo: chi pratica la misericordia
non teme la morte! Siete d'accordo? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera
con l'amore di Gesù Cristo.
(Udienza generale, 27 novembre 2013)
Domenica delle Palme
Umiliò se stesso
(Fil 2,8)
Questa parola ci svela lo stile di Dio e, di conseguenza, quello che deve essere del cristiano:
l’umiltà. Uno stile che non finirà mai di sorprenderci e di metterci in crisi: a un Dio umile non ci si
abitua mai! Umiliarsi è prima di tutto lo stile di Dio: Dio si umilia per camminare con il suo popolo,
per sopportare le sue infedeltà. In questa settimana che ci conduce alla Pasqua, noi andremo su
questa strada dell’umiliazione di Gesù. E solo così sarà «santa» anche per noi! Questa è la via di
Dio, la via dell’umiltà. È la strada di Gesù, non ce n’è un’altra. E non esiste umiltà senza
umiliazione. Percorrendo fino in fondo questa strada, il Figlio di Dio ha assunto la «condizione di
servo» (Fil 2,7). In effetti, umiltà vuol dire anche servizio, vuol dire lasciare spazio a Dio
spogliandosi di se stessi, «svuotandosi», come dice la Scrittura (cf. Fil 2,7). Questa - svuotarsi - è
l’umiliazione più grande.
(Omelia, 29 marzo 2015)
Impegno C'è una strada contraria a quella di Cristo: la mondanità. La mondanità ci offre la via della
vanità, dell'orgoglio, del successo... È l'altra via. Il maligno l'ha proposta anche a Gesù, durante i
quaranta giorni nel deserto. Ma Gesù l'ha respinta senza esitazione. E con lui, con la sua grazia
soltanto, col suo aiuto, anche noi possiamo vincere questa tentazione della vanità, della mondanità,
non solo nelle grandi occasioni, ma nelle comuni circostanze della vita.
(Omelia, 29 marzo 2015)
Lunedì santo
Gridò a gran voce:
«Lazzaro, vieni fuori!»
(Gv 11,43)
Tutti noi abbiamo dentro alcune zone, alcune parti del nostro cuore che non sono vive, che sono
un po’ morte; e alcuni hanno tante parti del cuore morte, una vera necrosi spirituale! E noi quando
abbiamo questa situazione ce ne accorgiamo, abbiamo voglia di uscirne, ma non possiamo. Soltanto
il potere di Gesù, il potere di Gesù, è capace di aiutarci a uscire da queste zone morte del cuore,
queste tombe di peccato, che tutti noi abbiamo. Tutti siamo peccatori! Ma se noi siamo molto
attaccati a questi sepolcri e li custodiamo dentro di noi e non vogliamo che tutto il nostro cuore
risorga alla vita, diventiamo corrotti e la nostra anima incomincia a dare, come dice Marta, «cattivo
odore» (Gv 11,39), l’odore di quella persona che è attaccata al peccato. E la Quaresima è un po’ per
questo. Perché tutti noi, che siamo peccatori, non finiamo attaccati al peccato, ma possiamo sentire
quello che Gesù ha detto a Lazzaro: «Gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”» (Gv 11,43).
(Omelia, 6 aprile 2014)
Interrogativi
Dov'è la parte morta della mia anima? Dov'è la mia tomba? Pensate, un minutino, tutti in
silenzio. Pensiamo: qual è quella parte del cuore che si può corrompere, perché sono attaccato ai
peccati o al peccato o a qualche peccato? E togliere la pietra, togliere la pietra della vergogna e
lasciare che il Signore ci dica, come ha detto a Lazzaro: «Vieni fuori!».
(Omelia, 6 aprile 2014)
In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà
(Gv 13,21)
Martedì santo
Dio ha messo sulla croce di Gesù tutto il peso dei nostri peccati, tutte le ingiustizie perpetrate da
ogni Caino contro suo fratello, tutta l’amarezza del tradimento di Giuda e di Pietro, tutta la vanità
dei prepotenti, tutta l’arroganza dei falsi amici. Era una croce pesante, come la notte delle persone
abbandonate, pesante come la morte delle persone care, pesante perché riassume tutta la bruttura del
male. Tuttavia, è anche una croce gloriosa come l’alba di una notte lunga, perché raffigura in tutto
l’amore di Dio che è più grande delle nostre iniquità e dei nostri tradimenti. Nella croce vediamo la
mostruosità dell’uomo, quando si lascia guidare dal male; ma vediamo anche l’immensità della
misericordia di Dio che non ci tratta secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia. Di
fronte alla croce di Gesù, vediamo quasi fino a toccare con le mani quanto siamo amati
eternamente; di fronte alla croce ci sentiamo «figli» e non «cose» o «oggetti», come affermava san
Gregorio Nazianzeno rivolgendosi a Cristo.
(Discorso, 18 aprile 2014)
Preghiera
O nostro Gesù, guidaci dalla croce alla risurrezione e insegnaci che il male non avrà l'ultima
parola, ma l'amore, la misericordia e il perdono. 0 Cristo, aiutaci a esclamare nuovamente: «Ieri ero
crocifisso con Cristo; oggi sono glorificato con lui. Ieri ero morto con lui, oggi sono vivo con lui.
Ieri ero sepolto con lui, oggi sono risuscitato con lui».
(Discorso, 18 aprile 2014)
Mercoledì santo
Signore Dio mi ha aperto l'orecchio
e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro
(Is 50,5)
Vivere la settimana santa seguendo Gesù vuol dire imparare a uscire da noi stessi per andare
incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri
fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono dimenticati, quelli che
hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di aiuto. C’è tanto bisogno di portare la
presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore! Gesù entra in Gerusalemme per compiere
l’ultimo passo, in cui riassume tutta la sua esistenza: si dona totalmente, non tiene nulla per sé,
neppure la vita (Udienza generale, 27 marzo 2013). L’uomo vive dentro di sé il dramma di non
accettare la salvezza di Dio, perché vorrebbe essere salvato «a modo suo». E Gesù arriva persino a
piangere per questa «resistenza» dell’uomo, riproponendo sempre la sua misericordia e il suo
perdono.
(Omelia Santa Marta, 3 ottobre 2014)
Impegno
Non è mai l'apparente tranquillità ad appagare il nostro cuore, ma la vera pace che è dono di Dio.
Non si deve mai cercare il «compromesso» facile, né si devono praticare facili «irenismi». Solo il
discernimento ci salva dal vero sradicamento, dalla vera «soppressione» del cuore, che è l'egoismo,
la mondanità, la perdita del nostro orizzonte, della nostra speranza, che è Gesù, che è solo Gesù.
(Omelia, 27 settembre 2014)
Giovedì santo Se dunque io, il Signore e il Maestro,
ho lavato i vostri piedi,
anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri
(Gv 13,14)
Questo è commovente. Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli. Pietro non capiva nulla, rifiutava.
Ma Gesù gli ha spiegato. Gesù - Dio - ha fatto questo! E lui stesso spiega ai discepoli: «Capite
quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se
dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli
altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come ho fatto io» (Gv 13,12-15). È
l’esempio del Signore: lui è il più importante e lava i piedi, perché fra noi quello che è il più alto
deve essere al servizio degli altri. Come prete e come vescovo devo essere al vostro servizio. Ma è
un dovere che mi viene dal cuore: lo amo. Amo questo e amo farlo perché il Signore così mi ha
insegnato. Ma anche voi, aiutateci: aiutateci sempre. L'un l’altro. E così, aiutandoci, ci faremo del
bene.
(Omelia, 28 marzo 2013)
Impegno
E questo è un simbolo, è un segno, no? Lavare i piedi è: «lo sono al tuo servizio». E anche noi,
fra noi, non è che dobbiamo lavare i piedi tutti i giorni l'uno all'altro, ma che cosa significa questo?
Che dobbiamo aiutarci, l'un l'altro. A volte mi sono arrabbiato con uno, con un'altra... ma... lascia
perdere, lascia perdere, e se ti chiede un favore, fatelo. Aiutarci l'un l'altro: questo Gesù ci insegna e
questo è quello che io faccio, e lo faccio di cuore, perché è mio dovere.
(Omelia, 28 marzo 2013)
Venerdì santo
Gesù disse: «È compiuto!».
E, chinato ii capo,
consegnò lo spirito
(Gv 19,30)
Vivere la settimana santa è entrare sempre più nella logica di Dio, nella logica della croce, che
non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell'amore e del dono di sé che porta
vita. È entrare nella logica del Vangelo. Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con lui esige un
«uscire», uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla
tentazione di chiudersi nei propri schemi, che finiscono per chiudere l’orizzonte dell'a- zione
creativa di Dio. Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per
portarci la sua misericordia che salva e dona speranza. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere
con lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo
«uscire», cercare con lui la pecorella smarrita, quella più lontana. Ricordate bene: uscire da noi,
come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per tutti noi.
(Udienza generale, 27 marzo 2013)
Impegno
Qualcuno potrebbe dirmi: «Ma, padre, non ho tempo», «ho tante cose da fare», «è difficile», «che
cosa posso fare io con le mie poche forze, anche con il mio peccato, con tante cose»? Spesso ci
accontentiamo di qualche preghiera, di una messa domenicale distratta e non costante, di qualche
gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di «uscire» per portare Cristo.
(Udienza generale, 27 marzo 2013)
Sabato santo Non è qui, è risorto
(Lc 24,6)
Il Vangelo della risurrezione di Gesù Cristo incomincia con il cammino delle donne verso il
sepolcro, all’alba del giorno dopo il sabato. Esse vanno alla tomba, per onorare il corpo del Signore,
ma la trovano aperta e vuota. Dopo la morte del Maestro, i discepoli si erano dispersi; la loro fede si
era infranta, tutto sembrava finito, crollate le certezze, spente le speranze. Ma ora, quell’annuncio
delle donne, benché incredibile, giungeva come un raggio di luce nel buio. La notizia si sparge:
Gesù è risorto, come aveva predetto... Rileggere tutto - la predicazione, i miracoli, la nuova
comunità, gli entusiasmi e le defezioni, fino al tradimento - rileggere tutto a partire dalla fine, che è
un nuovo inizio, da questo supremo atto d’amore.
(Omelia, 19 aprile 2014)
Impegno
Anche per ognuno di noi c'è una «Galilea» all'origine del cammino con Gesù. «Andare in
Galilea» significa qualcosa di bello, significa per noi riscoprire il nostro battesimo come sorgente
viva, attingere energia nuova alla radice della nostra fede e della nostra esperienza cristiana.
Tornare in Galilea significa, anzitutto, tornare lì, a quel punto incandescente in cui la grazia di Dio
mi ha toccato all'inizio del cammino. È da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l'oggi,
per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si
accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e
mite.
(Omelia, 19 aprile 2014)
Pasqua di risurrezione
Non avevano, infatti, ancora compreso la Scrittura,
che cioè egli doveva risorgere dai morti
(Gv 20,9)
«Entrate nel sepolcro». Ci fa bene, in questa notte di veglia, fermarci a riflettere sull’esperienza
delle discepole di Gesù, che interpella anche noi. Per questo, in effetti, siamo qui: per entrare,
entrare nel mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore. Non si può vivere la Pasqua
senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere... E di più, è
molto di più! Entrare nel mistero significa capacità di stupore, di contemplazione; capacità di
ascoltare il silenzio e sentire il sussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla (cf. IRe
19,12). Entrare nel mistero ci chiede di non avere paura della realtà: non chiudersi in se stessi, non
fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti ai problemi, non
negarli, non eliminare gli interrogativi...
(Omelia, 4 aprile 2015)
Impegno Per entrare nel mistero ci vuole umiltà, l'umiltà di abbassarsi, di scendere dal piedistallo del
nostro io tanto orgoglioso, della nostra presunzione; l'umiltà di ridimensionarsi, riconoscendo quello
che effettivamente siamo: delle creature, con pregi e difetti, dei peccatori bisognosi di perdono. Per
entrare nel mistero ci vuole questo abbassamento che è impotenza, svuotamento delle proprie
idolatrie... adorazione. Senza adorare non si può entrare nel mistero.
(Omelia, 4 aprile 2015)
Lunedì dell’ottava di Pasqua
Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti
ne siamo testimoni
(At 2,32)
Per annunciare Gesù, Paolo si è fatto «servo di tutti». Evangelizzare è testimoniare in prima
persona l’amore di Dio, è superare i nostri egoismi, è servire chinandoci a lavare i piedi dei nostri
fratelli come ha fatto Gesù. Tre parole: Andate, senza paura, per servire. Andate, senza paura, per
servire. Seguendo queste tre parole sperimenterete che chi evangelizza è evangelizzato, chi
trasmette la gioia della fede, riceve più gioia. Portare il Vangelo è portare la forza di Dio per sradi-
care e demolire il male e la violenza; per distruggere e abbattere le barriere dell’egoismo,
dell’intolleranza e dell’odio; per edificare un mondo nuovo.
(Omelia, 28 luglio 2013)
Impegno
Pietro ci insegna a guardare i poveri con sguardo di fede e a donare loro ciò che abbiamo di più
prezioso: la potenza del nome di Gesù. Anche per noi l'incontro con la parola di Cristo è in grado di
trasformare completamente la nostra vita. Non è possibile restare fermi al proprio posto, restare
bloccati sulle proprie abitudini. Essa ci spinge a vincere l'egoismo che abbiamo nel cuore per
seguire decisamente quel Maestro che ha dato la vita per i suoi amici. Ma è lui che con la sua parola
ci cambia; è lui che ci trasforma; è lui che ci perdona tutto, se noi apriamo il cuore e chiediamo
il perdono.
(Angelus, 29 giugno 2014)
Martedì dell’ottava di Pasqua
Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare
nel nome di Gesù Cristo,
per il perdono dei vostri peccati,
e riceverete il dono dello Spirito Santo
(At 2,38)
L’uomo nuovo, «creato secondo Dio» (Ef 4,24), nasce nel battesimo, dove si riceve la vita stessa
di Dio, che ci rende suoi figli e ci incorpora a Cristo e alla sua Chiesa. Questa vita nuova permette
di guardare alla realtà con occhi diversi, senza più essere distratti dalle cose che non contano e non
possono durare a lungo, dalle cose che finiscono con il tempo. Per questo siamo chiamati ad
abbandonare i comportamenti del peccato e fissare lo sguardo sull’essenziale. «L’uomo vale più per
quello che “è” che per quello che “ha”» (Gaudium et spes, n. 35). Ecco la differenza tra la vita
deformata dal peccato e quella illuminata della grazia (Omelia, 28 marzo 2014). Attraverso i
sacramenti dell’iniziazione cristiana, il battesimo, la confermazione e l’eucaristia, l’uomo riceve la
vita nuova in Cristo. Ora, tutti lo sappiamo, noi portiamo questa vita «in vasi di creta» (2Cor 4,7),
siamo ancora sottomessi alla tentazione, alla sofferenza, alla morte e, a causa del peccato, possiamo
persino perdere la nuova vita.
(Udienza generale, 19 febbraio 2014)
Impegno
Quando io vado a confessarmi è per guarirmi, guarirmi l'anima, guarirmi il cuore e qualcosa che
ho fatto che non va bene; Gesù si rivela allo stesso tempo medico delle anime e dei corpi.
(Udienza generale, 19 febbraio 2014)
Mercoledì dell’ottava di Pasqua
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto
(Salmo 104)
Guardiamo Gesù: lui è la nostra gioia, ma anche la nostra forza, la nostra certezza, perché è la
via sicura: umiltà, solidarietà, servizio. Non ce un’altra via. Gesù non è venuto nel mondo a fare una
sfilata, per farsi vedere. Non è venuto per questo. Gesù è la via, e una via serve per camminare, per
percorrerla. Allora io voglio anzitutto ringraziare il Signore per il vostro impegno nel seguirlo,
anche nella fatica, nella sofferenza. Non possiamo seguire Gesù sulla via della carità se non ci
vogliamo bene prima di tutto tra noi, se non ci sforziamo di collaborare, di comprenderci a vicenda
e di perdonarci, riconoscendo ciascuno i propri limiti e i propri sbagli. Dobbiamo fare le opere di
misericordia, ma con misericordia! Con il cuore lì. Le opere di carità con carità, con tenerezza, e
sempre con umiltà!
(Discorso, 22 settembre 2013)
Impegno
Alcuni si fanno belli, si riempiono la bocca con i poveri; alcuni strumentalizzano i poveri per
interessi personali o del proprio gruppo. Lo so, questo è umano, ma non va bene! Non è di Gesù,
questo. E dico di più: questo è peccato! È peccato grave, perché è usare i bisognosi, quelli che
hanno bisogno, che sono la carne di Gesù, per la mia vanità. Uso Gesù per la mia vanità, e questo è
peccato grave! Sarebbe meglio che queste persone rimanessero a casa!
(Discorso, 22 settembre 2013)
Giovedì dell’ottava di Pasqua
Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture
e disse loro: «Così sta scritto:
il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno,
e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli
la conversione e il perdono dei peccati,
cominciando da Gerusalemme.
Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,45-48)
Nel procedere della storia della salvezza, l’uomo scopre che Dio vuol far partecipare tutti, come
fratelli, all’unica benedizione, che trova la sua pienezza in Gesù, affinché tutti diventino uno.
L’amore inesauribile del Padre ci viene comunicato, in Gesù, anche attraverso la presenza del
fratello. La fede ci insegna a vedere che in ogni uomo c’è una benedizione per me, che la luce del
volto di Dio mi illumina attraverso il volto del fratello. Quanti benefici ha portato lo sguardo della
fede cristiana alla città degli uomini per la loro vita comune! Grazie alla fede abbiamo capito la
dignità unica della singola persona, che non era così evidente nel mondo antico. Al centro della fede
biblica, c’è l’amore di Dio, la sua cura concreta per ogni persona, il suo disegno di salvezza che
abbraccia tutta l’umanità e l’intera creazione e che raggiunge il vertice nell’incarnazione, morte e
risurrezione di Gesù Cristo. Quando questa realtà viene oscurata, viene a mancare il criterio per
distinguere ciò che rende preziosa e unica la vita dell’uomo. Egli perde il suo posto nell’universo, si
smarrisce nella natura, rinunciando alla propria responsabilità morale, oppure pretende di essere
arbitro assoluto, attribuendosi un potere di manipolazione senza limiti.
(Lumen fidei, n. 54)
Venerdì dell’ottava di Pasqua
Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro,
e così pure il pesce.
Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli,
dopo essere risorto dai morti
(Gv 21,13-14)
Non ce né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell'uomo, quando si ignorano i
pilastri fondamentali che reggono una nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio,
valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro
lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale, che non si riduce a una semplice trasmissione di
informazioni con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale
della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l’equilibrio umano e per una sana
convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo a partire dal cam-
biamento del cuore umano (Discorso, 25 luglio 2013). Diventiamo strumenti di questa misericordia,
canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e
la pace.
(Pasqua, 31 marzo 2013)
Impegno
Ricordiamolo sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce veramente; tutto
ciò che si condivide si moltiplica! Pensiamo alla moltiplicazione dei pani di Gesù! La misura della
grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro
che la sua povertà !
(Discorso, 25 luglio 2013)
Sabato dell’ottava di Pasqua
Noi non possiamo tacere
quello che abbiamo visto e ascoltato
(At 4,20)
Agli apostoli Gesù donò, insieme con la sua pace, lo Spirito Santo, perché potessero diffondere
nel mondo il perdono dei peccati, quel perdono che solo Dio può dare, e che è costato il sangue del
Figlio (cf. Gv 20,21-23). La Chiesa è mandata da Cristo risorto a trasmettere agli uomini la
remissione dei peccati, e così far crescere il regno dell’amore, seminare la pace nei cuori, perché si
affermi anche nelle relazioni, nelle società, nelle istituzioni. E lo Spirito di Cristo risorto scaccia la
paura dal cuore degli apostoli e li spinge a uscire dal Cenacolo per portare il vangelo. Abbiamo
anche noi più coraggio di testimoniare la fede nel Cristo risorto! Non dobbiamo avere paura di
essere cristiani e di vivere da cristiani! Noi dobbiamo avere questo coraggio, di andare e annunciare
Cristo risorto, perché lui è la nostra pace, lui ha fatto la pace, con il suo amore, con il suo perdono,
con il suo sangue, con la sua misericordia (Regina Coeli, 7 aprile 2013). Credere significa affidarsi
a un amore misericordioso che sempre accoglie e perdona, che sostiene e orienta l’esistenza, che si
mostra potente nella sua capacità di raddrizzare le storture della nostra storia. La fede consiste nella
disponibilità a lasciarsi trasformare sempre di nuovo dalla chiamata di Dio. Ecco il paradosso: nel
continuo volgersi verso il Signore, l’uomo trova una strada stabile che lo libera dal movimento
dispersivo cui lo sottomettono gli idoli.
(Lumen fidei, n. 13)
Impegno
A quanti incontrerete, potrete comunicare la gioia di ricevere il perdono del Padre e di ritrovare
l'amicizia piena con lui. E direte loro che nostro Padre ci aspetta, nostro Padre ci perdona, di più fa
festa.
Seconda domenica di Pasqua o della Divina Misericordia
Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani;
tendi la tua mano e mettila nel mio fianco;
e non essere incredulo, ma credente!».
Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»
(Gv 20,27-29)
Al centro di questa domenica che conclude l'ottava di Pasqua, e che san Giovanni Paolo II ha
voluto intitolare alla «divina misericordia», ci sono le piaghe gloriose di Gesù risorto. Egli le
mostrò già la prima volta in cui apparve agli apostoli, la sera stessa del giorno dopo il sabato, il
giorno della risurrezione. Le piaghe di Gesù sono scandalo per la fede, ma sono anche la verifica
della fede. Per questo nel corpo di Cristo risorto le piaghe non scompaiono, rimangono, perché
quelle piaghe sono il segno permanente dell’amore di Dio per noi, e sono indispensabili per credere
in Dio. Non per credere che Dio esiste, ma per credere che Dio è amore, misericordia, fedeltà. San
Pietro, riprendendo Isaia, scrive ai cristiani: «Dalle sue piaghe siete stati guariti» (lPt 2,24; cf. Is
53,5).
(Omelia, 27 aprile 2014)
Impegno La speranza e la gioia pasquali, passate attraverso il crogiolo della spogliazione, dello
svuotamento, della vicinanza ai peccatori fino all'estremo, fino alla nausea per l'amarezza di quel
calice. Queste sono la speranza e la gioia che i due santi papi hanno ricevuto in dono dal Signore
risorto e a loro volta hanno donato in abbondanza al popolo di Dio, ricevendone eterna
riconoscenza.
(Omelia, 27 aprile 2014)