introduzione librodell'ora-lavanda dei piedi

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4.- 5. Introduzione al Libro dell’Ora - Lavanda dei piedi e sequela di Gesù - Gv 13 1 LIBRO DELLORA (GLORIFICAZIONE DI GESÙ) Giovanni 13 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO R. SCHNACKENBURG, Le parole di commiato di Gesù (Gv 13-17), Brescia, 1994. 90 pagine di ottimo contenuto. Mag. 10 DN 108 Schema 1. ANTECEDENTI E INDICATORI NEL LIBRO DEI SEGNI - opposizione crescente (capi dei Giudei) e incomprensioni del popolo: Gv 5 in poi - minacce concrete: 7,30-33; 8,59; 11, 47-53 (cf. 11,45: decisione di uccidere Gesù dopo il segno di Lazzaro) - dopo l’entrata trionfale come re in Gerusalemme: 12,19 - 12,27-28 (cf. Mc 14,34-36 e //): Piccolo Getsemani - terzo annuncio della passione-glorificazione: 12,31-33 (cf. 3,14-16; 8,28) 2. ARTICOLAZIONE GENERALE DEL LIBRO DELL’ORA. + introduzione: capitolo 13 + ora parlata (14 - 17): con i discepoli: istruzioni “ai suoi”: 14 e 15-16 col Padre: preghiera sacerdotale di Gesù: 17 + ora narrata (18 - 21): - tempo di Gesù: passione (18-19) risurrezione e apparizioni (20) & prima conclusione: 20,30-31 - tempo della chiesa: ultima apparizione sulla riva del lago e dialogo con Pietro (21) & conclusione (seconda): 21,24-25 3. INTRODUZIONE AL LIBRO DELL’ORA: CARATTERE LITURGICO E TEOLOGICO - GV 13,1 4. LA LAVANDA DEI PIEDI E LA SEQUELA: 13,1-38. 4.1 Introduzione (Gv v. 1) 4.2 Descrizione dell’atto di Gesù (vv. 2-5). 4.3 Il Dialogo tra Gesù e Pietro (vv. 6-11). 4.4 Il monologo di Gesù (vv. 12-20). 4.5 Il tradimento di Giuda (vv. 21-30). 4.6 La sequela di Gesù (vv. 31-38) Sviluppo dello schema 1. ANTECEDENTI E INDICATORI NEL LIBRO DEI SEGNI L’ora che Gesù vive la quale dà il nome alla seconda parte del vangelo di Giovanni, viene preparata in tutto lo svolgersi precedente della sua vita. Già a partire della guarigione del paralitico della piscina di Betesda comincia a notarsi chiaramente l’opposizione alla sua persona e al suo insegnamento. Durante la festa delle Tende nascono le discussioni con i farisei. Alcuni esempi: 7,28.30. Si dice (v. 7,30) che non gli misero le mani addosso perché ancora non era giunta la sua ora e pure nel segno di Cana ricorre un’espressione simile come abbiamo visto (2,4).

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Juan 13. Biblia

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  • 4.- 5. Introduzione al Libro dellOra - Lavanda dei piedi e sequela di Ges - Gv 13

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    LIBRO DELLORA (GLORIFICAZIONE DI GES) Giovanni 13

    BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO R. SCHNACKENBURG, Le parole di commiato di Ges (Gv 13-17), Brescia, 1994. 90 pagine di ottimo contenuto. Mag. 10 DN 108 Schema

    1. ANTECEDENTI E INDICATORI NEL LIBRO DEI SEGNI - opposizione crescente (capi dei Giudei) e incomprensioni del popolo: Gv 5 in poi - minacce concrete: 7,30-33; 8,59; 11, 47-53

    (cf. 11,45: decisione di uccidere Ges dopo il segno di Lazzaro) - dopo lentrata trionfale come re in Gerusalemme: 12,19

    - 12,27-28 (cf. Mc 14,34-36 e //): Piccolo Getsemani - terzo annuncio della passione-glorificazione: 12,31-33 (cf. 3,14-16; 8,28)

    2. ARTICOLAZIONE GENERALE DEL LIBRO DELLORA. + introduzione: capitolo 13

    + ora parlata (14 - 17): con i discepoli: istruzioni ai suoi: 14 e 15-16 col Padre: preghiera sacerdotale di Ges: 17

    + ora narrata (18 - 21): - tempo di Ges: passione (18-19) risurrezione e apparizioni (20) & prima conclusione: 20,30-31 - tempo della chiesa: ultima apparizione sulla riva del lago e dialogo con Pietro (21)

    & conclusione (seconda): 21,24-25 3. INTRODUZIONE AL LIBRO DELLORA: CARATTERE LITURGICO E TEOLOGICO - GV 13,1 4. LA LAVANDA DEI PIEDI E LA SEQUELA: 13,1-38.

    4.1 Introduzione (Gv v. 1) 4.2 Descrizione dellatto di Ges (vv. 2-5). 4.3 Il Dialogo tra Ges e Pietro (vv. 6-11). 4.4 Il monologo di Ges (vv. 12-20). 4.5 Il tradimento di Giuda (vv. 21-30). 4.6 La sequela di Ges (vv. 31-38)

    Sviluppo dello schema

    1. ANTECEDENTI E INDICATORI NEL LIBRO DEI SEGNI Lora che Ges vive la quale d il nome alla seconda parte del vangelo di Giovanni, viene

    preparata in tutto lo svolgersi precedente della sua vita. Gi a partire della guarigione del paralitico della piscina di Betesda comincia a notarsi chiaramente lopposizione alla sua persona e al suo insegnamento. Durante la festa delle Tende nascono le discussioni con i farisei. Alcuni esempi: 7,28.30. Si dice (v. 7,30) che non gli misero le mani addosso perch ancora non era giunta la sua ora e pure nel segno di Cana ricorre unespressione simile come abbiamo visto (2,4).

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    Lopposizione va in crescendo e culmina con la profezia del sommo sacerdote Caifa dopo la rianimazione di Lazzaro sulla convenienza della sua morte per la nazione, anzi come aggiunge levangelista e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi (11,47-52).

    Ges vede arrivare la sua ora e quando la vicinanza si fa sentire reagisce in maniera simile a quella che troviamo espressa dai Sinottici nel Getsemani. Alla fine della prima parte del libro dei Segni troviamo al capitolo dodici una transizione, la vicinanza dellora, descritta in due versetti come un piccolo Getsemani. Ges esclama:

    Adesso la mia anima -stata-turbata, e che dire? Padre salvami da questora? 12,27

    A Ges viene spontaneo, quando arriva lora chiedere al Padre di salvarlo1. Dopo aver

    detto questo Ges mostra la piena accettazione della sua ora dicendo di essere venuto proprio per questa ora e dunque chiede al Padre di glorificare il suo nome, cio di fare quello che vuole Lui: Padre glorifica il tuo nome (12,28 a).2 In seguito ad una voce del cielo E glorificai e di nuovo glorificher! (12,28 b) - che la folla pensa sia stato un tuono o un angelo - Ges chiarisce che quella voce non venuta per lui ma per loro (12,29-30). E aggiunse il terzo annuncio della Passione significando (shmai,nwn) di quale morte era-sul-punto-di morire (vv.31-33).

    2. ARTICOLAZIONE GENERALE DEL LIBRO DELLORA.

    Diamo prima uno sguardo panoramico allarticolazione di questi capitoli 13 al 21. Lora di Ges questo tempo particolare che si colloca alla fine della sua esistenza terrena. Il tempo dellora comprende la passione e la risurrezione. Dopo lintroduzione generale del cap. 13 troviamo due parti ben distinte dal punto di vista letterario:

    - Una parte che possiamo chiamare lora parlata o dialogata dove Ges parla con i discepoli e poi con il Padre di quelli che saranno gli effetti e le implicazioni di questo tempo (capitoli 14 al 17). Il capitolo 14 si conclude con linvito a uscire che Ges rivolge ai discepoli al versetto 31. La seconda comprende i capitoli 15-16, seconda parte dellistruzione di Ges ai suoi. La terza, costituita dal capitolo 17, contiene la preghiera di Ges3.

    - Una parte narrata in cui levangelista sceglie, fra tutta la vicenda della passione e risurrezione, alcune scene (proprio come aveva fatto nei libri dei Segni) che pi gli interessano proprio per esprimere e far rivivere al lettore questo tempo forte che Ges ha vissuto in un modo sempre di libera oblazione (capitoli 18 al 20).

    1 In Marco 14,36a ad esempio: Abb, Padre! Tutto possibile a te, passi da me questo calice! 2 Marco 14,36b: Per non ci che io voglio, ma ci che vuoi tu. 3 MATEOS-BARRETO, 546 unisce il cap. 13 al 14.

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    Questo tempo di Ges diventa eventualmente lora della chiesa (capitolo 21). Lora della chiesa, guidata dallo Spirito di Ges, stava gi annunciata in modo velato ai discepoli durante lultima cena: farete opere ancora maggiori (14,124) adesso diventa missione centrata intorno al dono delleucaristia.

    - Dopo la risurrezione c una prima conclusione, che scopre in forma programmatica loggettivo del vangelo, seguita a sua volta da una seconda conclusione pi generale (cap. 21) che rappresenta la testimonianza apostolico- missionaria duratura verso la quale confluisce tutto il vangelo.

    Notate che di solito nel libro dei segni, prima viene la descrizione del segno, parte narrativa poi la spiegazione parlata di Ges. In linea di massima nellora al rovescio, dopo lintroduzione del capitolo 13, i discorsi di Ges (14-17) poi la narrazione della passione-risurrezione che il segno ut sic, cio proprio la realizzazione massima del segno. Vedremo lintroduzione al libro dellora e cio il capitolo 13 e poi la bella preghiera del capitolo 17, conosciuta con il nome di preghiera sacerdotale di Ges, gioiello della teologia giovannea. Poi passeremo allora narrata, cio al racconto della passione-resurrezione. E commenteremo la funzione programmatica della prima conclusione. Il capitolo 21 e la conclusione testimoniale chiuderanno questintroduzione al quarto vangelo. Il contenuto del libro dellora viene introdotto mediante il capitolo 13. Il v. 1 introduce globalmente tutto il contenuto.

    3. INTRODUZIONE AL LIBRO DELLORA: CARATTERE LITURGICO E TEOLOGICO - GV 13,1

    13,1 Pro. de. th/j e`orth/j tou/ pa,sca Prima per della festa di Pasqua, eivdw.j o` VIhsou/j o[ti h=lqen auvtou/ h` w[ra sapendo Ges che era venuta la sua ora i[na metabh/| affinch passi evk tou/ ko,smou tou,tou pro.j to.n pate,ra( da questo mondo al Padre, avgaph,saj tou.j ivdi,ouj tou.j evn tw/| ko,smw| avendo amato i suoi propri che erano nel mondo, eivj te,loj hvga,phsen auvtou,j fino allestremo (alla fine per un adempimento5) li am.

    Notate che questultima Pasqua non si chiama pi la Pasqua dei Giudei (lultima volta in 11,55), perch ora la Pasqua di Ges. La menzione di questa festa per motivi teologici compare, fra laltro, nella scena di Betania (sei giorni prima della Pasqua: 12,1) poi nel racconto della passione, (18,28.39; 19,14). Ges mor quale agnello pasquale della nuova alleanza, a cui non fu rotto alcun osso (19,36). Ges va consapevole (eivdw,j) alla sua morte, gi ripetutamente indicata con gli annunci sullora (9,4; 11,9; 12,7.23-24.27.32-33.35).

    Il passaggio da questo mondo, che ha una sfumatura negativa, al Padre include pure una vittoria sul principe di questo mondo. La seconda ricorrenza del termine kosmos pi in sintonia positiva con la preghiera sacerdotale: non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno (17,15). Ges ha amato i suoi nel mondo. Lespressione o]i i;dioi va intesa sulla base del discorso del buon pastore, nel cap. 10: sono le persone che appartengono a Ges, che odono la sua voce e delle quali egli ha cura (10,3-5.12; cf. 27). Anche lamare ricorda il rapporto del

    4 In verit, in verit vi dico: chi crede in me (o` pisteu,wn eivj evme.), anchegli far le opere che io faccio e ne far anche di pi grandi, perch io vado al Padre. 5 I. SIMOENS, Secondo Giovanni. Una traduzione e una interpretazione, Bologna 2000, 74.

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    pastore con le sue pecore, il loro reciproco conoscersi (10,14)6. La conoscenza biblica qui riferita a una esperienza in chiave dagap. Tre constatazioni generali si impongono alla lettura di questo importante versetto7: + La prima il rilievo dato al verbo agapa. La statistica qui torna eloquente: la simbolica della luce e delle tenebre, presente 32 volte in Gv 1-12 quasi scompare in Gv 13-21 e quella della vita, che compariva 50 volte, torna solo 5 volte. In compenso il verbo amare raro prima del c. 138, compare circa 20 volte nel libro dellora e filei/n nove volte (nella prima parte soltanto quattro). Il rilievo dato allagap nellesordio del cap. 13 annuncia la grande importanza di questo tema.

    Si tratta dellagap che al centro della vita, quella del Padre e del Figlio (rivelazione trinitaria). Quellagap al cuore del dono che il Figlio fa di s stesso al mondo9. + Seconda osservazione: Gv valorizza la tradizione sullagap di Cristo per noi

    (Gal 2,20; Rom 8,35; Ef 3,19;5,2.25) e la sviluppa

    (Gv 13,34; 15,9.13: comandamento nuovo; 1 Gv 3,16 e 4,7-20). + Terza constatazione:

    10Questa agap di Ges verso i suoi (13,1) e del Padre verso il mondo (3,16) costituisce larmatura teologica del vangelo11, lagap diviene chiave dellesegesi di tutto ci che segue12.

    Qualcuno si domandato se c contraddizione fra lagap di Dio per il mondo e lagap di Ges per i suoi?

    Infatti, se in Gv 3,16 oggetto dellagap di Dio il mondo e qui oggetto dellagap di Cristo sono i suoi, come nota Bultmann non si tratta di una contraddizione. Anche lamore del Figlio diretto al mondo, ma tale amore diviene efficace solo quando esso viene accettato. Perci ora i rappresentanti dellamore di Ges sono i discepoli che lo hanno accettato e ricambiato nella fede in lui.

    6 R. SCHNACKENBURG, Il Vangelo di Giovanni, III, 32. 7 X. LON-DUFOUR, Lettura dellEvangelo secondo Giovanni, III, 26-27. 8 Per esempio compare nel dialogo con Nicodemo, Dio nei confronti del mondo (3,16). In 5,20 nel discorso dopo la guarigione del paralitico file,w. Entro il discorso sul buon pastore agapa,w riferito allamore del Padre verso Ges (10,17). 9 La prima lettera pi di un commento al vangelo, cosa che pure, si pu considerare soprattutto come unapplicazione del discorso dellultima cena alle circostanze difficili di una comunit combattuta dallinterno e che viveva in un tempo probabilmente un po posteriore alla redazione finale del vangelo. 10 Amare fino allestremo si riferisce al primo annuncio sulla sua morte-innalzamento in croce avvenuto nel contesto del dialogo con Nicodemo (3,14-16). La sua ora di glorificazione condizione di possibilit per il dono dello Spirito ai discepoli (7,39), in modo che loro possano partecipare alla vita propria del Figlio. 11 Questo versetto 13,1 introduce, dunque, i discorsi daddio e la passione. Ci siamo al momento centrale di questa DISCESA dellagap. Si tratta dellagap di Cristo verso i suoi. Lopera intera di Cristo viene qui caratterizzata nella sua totalit come agapn (amare). 12 Oggetto dellamore sono i suoi (tous idious). Sono i suoi discepoli che Lui ha scelto e che Lui conosce e che hanno corrisposto al suo amore e hanno creduto in Lui. Sono coloro che, essendo dalla verit ascoltano la sua voce (18,37).

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    Lesplicitazione delloggetto dellagap di Ges mediante la qualifica: -quelli che sono nel mondo- non certo senza significato. Tale espressione cade in parallelismo con quella riguardante il passaggio di Ges:

    - da questo mondo (ek tou kosmou toutou) - nel mondo (en t kosm)

    kosmos toutos ha per una sfumatura negativa. Mentre Ges lascia questo mondo, ama i suoi che stanno nel mondo ancora. Lamore di Ges viene intensamente espresso mediante la ripetizione che crea tensione positiva: agapsas(avendo amato) gapsen (l am).

    Il participio aoristo attivo agapsas evoca laspetto gia compiuto dellamore di Ges che ha la sua origine nella scelta dei suoi, nella vocazione raccontata al capitolo primo, nellaspetto di predilezione. Ha poi il suo svolgimento lungo tutta la vita pubblica, i discorsi, i miracoli, i segni , le opere.

    Eis telos gapsen autous porta la tensione al punto culminante. Come notano i commentatori lespressione eis telos non significa soltanto: fino al termine; Ges am i suoi con costanza, con fedelt, fino al termine della sua vita. Ha il senso per, assai pi denso e carico di perfezione, fino al limite della sua possibilit. Cio eivj te,loj hvga,phsen avutou,j pu avere un significato tanto temporale quanto qualitativamente eminente fino alla fine o fino allestremo. Bisogna scegliere una traduzione. Allora preferibile fino allestremo in senso qualitativo. La qualit dellagap di Ges al massimo come quel vino nuovo e ottimo di qualit che Lui ha donato gratuitamente a Cana. Questo amore supremo fino alla perfezione del dono totale di s, sar tra poco realizzato nellatto di lavare i piedi ai discepoli, come simbolo dellatto ultimo e definitivo, del passaggio di Ges al Padre. Questo passaggio nella sua totalit insieme la perfezione dellamore di Ges verso i suoi e la perfetta realizzazione dellamore del Padre verso Ges e verso il mondo (Gv 3,16). Se ci si domanda osserva Schnackenburg13 se la prova damore la lavanda dei piedi o la morte sulla croce, sembra pi giusto rispondere la morte sulla croce, senza escludere per la lavanda dei piedi. Per levangelista nella lavanda dei piedi presente, come segno, lestrema dedizione di Ges per i suoi (cf. 15,13). Il significato pieno della lavanda dei piedi di preannunciare la morte di Ges e la piena comunione con i discepoli [in essa fondata (13,7)]. Cos questa frase di 13,1, tanto densa di contenuto teologico, adatta a servire tanto da titolo di tutta la seconda parte quanto da introduzione alla lavanda dei piedi nel senso giovanneo.

    Il contenuto del resto del libro dellora, dopo la scena della lavanda dei piedi potrebbe visualizzarsi schematicamente cos14: 13, 1-38: Introduzione --------- 17,1-26: Conclusione 14,1-31: temi originali nel contesto ------- 16,4b-33: temi originali nel contesto dellultima cena dellultima cena 15,1-17: reciproco amore di Ges -------- 15,18-16,4a: odio del mondo e dei suoi discepoli per i discepoli di Ges 13 Il Vangelo di Giovanni, III, 32. 14 R.E. BROWN, Giovanni, 716.

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    4. LAVANDA DEI PIEDI E SEQUELA: 13,1-38. Bibliografia di riferimento F. COCCHINI, Origine e la lavanda dei piedi nel commentario al vangelo di Giovanni in L. PADOVESE ed., Atti del X Simposio di Efeso su S. Giovanni apostolo, Roma 2005, 119-128. R. FABRIS, Ges lava i piedi dei suoi discepoli e annuncia il tradimento di Giuda in ID., Giovanni, Roma 1992, 709-795. Mag. 15 P 510 S.L. 15 P 14. Per una sintesi degli autori dellepoca patristica e medievale vedi Interpretazione: storia e attualit in IDEM., 741-748. PESCE, M., Il lavaggio dei piedi (Gv 13,1-20) in G. GHIBERTI al., Opera giovannea,

    Logos 7, Torino 2003, 233-250. SEGOVIA, F., John 13,1-20, The Footwashing in the Johannine Tradition, Zeitschrift fr die

    Neutestamentliche Wissenschaft 73 (1982), 31-51. Il versetto 1 introduce globalmente tutto il contenuto. Si possono tracciare quattro scene successive:

    - la lavanda dei piedi (13,2-20) - il rapporto fra Ges e Giuda (vv. 21-30) - la glorificazione di Ges e il comandamento nuovo (vv. 31-35) - la sequela di Ges (vv. 36-38)

    Noi faremo un studio particolareggiato dei seguenti brani: 4.1 Introduzione (Gv 13,1) e sguardo panoramico 4.2 Descrizione dellatto di Ges (vv. 2-5). 4.3 Dialogo tra Ges e Pietro (vv. 6-11). 4.4 Monologo di Ges (vv. 12-20). 4.5 Il tradimento di Giuda (vv. 21-30) 4.6 Sequela di Ges (vv. 36-38) * Osservazione generale: Ci sono due interpretazioni della lavanda dei piedi (vv. 6-11 e 12-17). La prima intende la lavanda dei piedi come un evento con carattere di segno, che indirizza lattenzione alla morte di Ges. La seconda di natura paradigmatica e si attiene strettamente al carattere di umilt e di servizio di Ges15. No si escludono mutuamente, ma si completano a vicenda. 4.1 Introduzione (Gv 13,1) e sguardo panoramico. Il primo versetto del capitolo ha la funzione, come abbiamo gi spiegato dintrodurre sia lintero Libro dellOra sia la scena della lavanda dei piedi. Sembra di avere lo scopo di un titolo dellintero narrativo della Passione e come indicazione del tema della lavanda dei piedi. Poi possiamo differenziare il narrativo dellazione di Ges (vv. 2-5), il dialogo con Pietro (vv. 6-11) e listruzione dei discepoli (vv. 12-20). La scena seguente (vv. 21-30) intreccia in modo magistrale narrazione e dialogo in riferimento a Giuda il traditore e alla sua uscita (ed era notte: v. 31). 15 R. SCHNACKENBURG, III, 19.

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    4.2 Descrizione dellatto di Ges : VV. 2-5

    2 kai. dei,pnou ginome,nou16( E divenendo (essendoci) una cena, tou/ diabo,lou h;dh beblhko,toj17 avendo il diavolo gi gettato eivj th.n kardi,an nel cuore i[na paradoi/ auvto.n che lo consegnasse, VIou,daj Si,mwnoj VIskariw,tou( Giuda (figlio) di Simone Iscariota

    Lambiente quello di un pasto, lultimo pasto di Ges. Il suo senso va cercato in primo luogo nel significato ordinario di ogni convivialit per la mentalit semitica. Come anche per il nostro costume odierno condividere un pasto non significa solo mangiare insieme uno stesso cibo, ma anche aver occasione di scambiare pensieri e di entrare in profonda comunione di sentimenti. Assume un valore spirituale e sociale. Nel nostro racconto, non si parla solo di un pasto, ma anche di un boccone dato da colui che presiede. un segno dospitalit che sottolinea una relazione di intimit e di comunione. In questambiente la presenza di un falso invitato qui Giuda - diventa intollerabile. La situazione approfondita da Giovanni. Per lui non si tratta solo di un tradimento i cui motivi possono essere meschini: il diavolo che lo ispira. Il senso originale del termine greco dia,boloj, viene da diabll: gettare da una parte allaltra, da cui dividere, accusare, calunniare. Il suo senso etimologico viene spiegato dalla parabola del seminatore in Matteo: avendo gettato nel cuore come quel nemico che semina durante la notte (Mt 13,38-43). Nellinterpretazione viene indicata la sua identit: il nemico il diavolo (cf. 1 Gv 3,8; 1 Gv 2,18-28). Alla fine del discorso sul pane di vita (Gv 6) gi il narratore aveva detto: uno di voi un diavolo! (6,70). Diventato strumento del diavolo, Giuda lo rappresenta. Facendo da contrappunto allamore rivelato, agisce come un figlio del diavolo, ed orientato, come i Giudei18, al rifiuto e allomicidio (8, 37-50). Nella lettera si menziona Caino 3,11-12:

    Poich questo il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello.

    Ges aveva detto prima del terzo annuncio della sua passione-glorificazione:

    il principe di questo mondo sar gettato fuori. Gv 12,31-33 E durante il discorso di addio precisa: egli non ha nessun potere su di me Gv 14,30

    16 Participio presente medio di gi,nomai. 17 Genitivo assoluto temporale soggetto (dia,boloj) col verbo ba,llw participio perfetto attivo, genitivo assoluto. una frase tipica della lingua greca. 18 Per i Giudei lautore del IV Vangelo, giudeo di origine pure lui, ai capi dei farisei e ai sommi sacerdoti (vedi tema 1 del corso).

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    Ritorniamo al seguente verso del nostro brano: 3 eivdw.j 3 sapendo19 o[ti pa,nta e;dwken auvtw/| che tutto diede a Lui o` path.r eivj ta.j cei/raj il Padre nelle mani kai. o[ti avpo. qeou/ evxh/lqen e che da Dio usc kai. pro.j to.n qeo.n u`pa,gei( e a Dio se-ne-va

    Porre tutto nelle sue mani indica la sovranit su ogni cosa, inattaccabile nonostante ogni sforzo degli avversari (cf. 7,30.44; 10,28s) e nonostante lapparente vittoria del principe del mondo (14,30), perch la sua potenza fondata nella potenza del Padre20 (5,26-27: il Padre gli ha dato la vita e potere di giudicare poich Figlio delluomo).

    Giuda non ha ancora deciso, ma Satana ha deciso che sia Giuda a tradire Ges e per questo lha tentato (la decisione di Giuda verr presa con il boccone!). Giuda sta per decidere di entrare nel mistero del male, gi deciso da Satana. Cosa fa Dio? 4evgei,retai21 evk tou/ dei,pnou si alza dal pranzo kai. ti,qhsin ta. i`ma,tia e (de)pone le vesti kai. labw.n le,ntion die,zwsen e`auto,n\ e, preso un asciugamano, se ne cinse, 5ei=ta ba,llei u[dwr eivj to.n nipth/ra poi getta acqua nel catino kai. h;rxato ni,ptein tou.j po,daj tw/n maqhtw/n e cominci a lavare i piedi dei discepoli kai. evkma,ssein tw/| lenti,w| w-| h=n diezwsme,noj e asciugar(li) con lasciugamano di cui era cinto. vv. 4-5. Ges secondo Lc 22,27 aveva detto22: Eppure io sono in mezzo a voi come uno che serve (w`j o` diakonw/n) e prima sempre in Lc: maka,rioi oi` dou/loi evkei/noi( ou]j evlqw.n o` ku,rioj eu`rh,sei grhgorou/ntaj\ Beati quei servi che il padrone, al suo ritorno, trover vigilanti, li far mettere a tavola e passer a servirli (Lc 12,37). Per in Gv si vede ancora con maggiore evidenza che egli prende il posto del servitore.

    Latto in se stesso: i padroni curavano la lavanda dei piedi dei propri ospiti (Lc 7, 36-50) Ges rimprovera il suo anfitrione Simone il fariseo di non aver compiuto quel gesto con lui. Ma erano gli schiavi non israeliti a farlo materialmente. C un fattore storico innegabile dietro al racconto che poi viene interpretato e raccontato da Gv. secondo la sua teologia e spiritualit della sequela nel servizio.23 La narrazione poi utilizza dei vocaboli semplici a uno stile quasi filmico: Ges si leva, depone la sopravveste e si cinge dun telo di lino che serve per asciugare. Quindi versa dellacqua in un catino e comincia lazione che era considerata un umile servizio (no

    19 Participio perfetto con significato di presente o/vida: sottolinea la consapevolezza di Ges. Non di presentare Ges come un perfetto gnostico come propone Bultmann. 20 R. SCHNACKENBURG, Il Vangelo di Giovanni, III, 35. 21 Passivo intransitivo di evgei,rw. 22 I discorsi di addio sono tipici del Quarto Vangelo. I sinottici ne mancano a eccezione di Lc 22,21-38. Questo testo di Luca sembra avere influito su la composizione di Gv 13-17. Cf. J. BEUTLER, I discorsi di addio di Ges in Giovanni (Gv 13-17), ad uso degli studenti, Roma 2003-2004, 1. 23 Cf. R. SCHNACKENBURG, Il Vangelo di Giovanni, III, suo commento ai versetti 13,1-5, specialmente pp. 31-33.

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    soltanto si trattava di un servizio da schiavi, bens era anche un dovere della moglie verso il marito, dei figli verso il padre24).

    Tutto questo viene fatto proprio per Giuda e cio per noi che ci troviamo spesso in situazioni simili. In Giuda, c la massima resistenza allamore. Proprio a lui viene rivolta la massima donazione dellamore di Dio Padre in Ges. In Osea abbiamo una situazione in certa forma simile). Davanti al traditore, la fedelt unilateralmente mantenuta allalleanza viene manifestata mediante un secondo passo da parte di Dio. 4.3 Il dialogo tra Ges e Pietro (Gv. 13,6-11). 6 e;rcetai ou=n pro.j Si,mwna Pe,tron\ Venne dunque da Simone Pietro; le,gei auvtw/|( (questi) dice a lui: Ku,rie( su, mou ni,pteij tou.j po,daj Signore, tu a me lavi i piedi? 7avpekri,qh VIhsou/j kai. ei=pen auvtw/|( Risponde Ges e dice a lui: }O evgw. poiw/ su. ouvk oi=daj a;rti( Ci che io faccio, tu non lo capisci adesso, gnw,sh| de. meta. tau/ta (lo) capirai (conoscerai) per dopo queste cose. C un contrasto dunque con la consapevolezza di Ges. Di fondo c la resistenza a condividere la morte di Ges. Pietro vede solo questo e immediatamente reagisce. da preferire linterpretazione cristologico - soteriologica che intende la lavanda dei piedi come unazione avente carattere di segno, mediante la quale Ges rende visibile ed efficace per i suoi discepoli la sua volontaria consegna alla morte, non in un modo sacramentale, ma in virt del suo agap, di cui essi cos fanno esperienza fino allestremo (cf. 13,1)25. La spiegazione di Thsing molto suggestiva. Lui connette lapplicazione morale allinterpretazione simbolico soteriologica dei vv. 6-11:

    Chi rifiuta questo servizio damore (la lavanda dei piedi e loblazione della vita ivi figurata) rifiuta conci anche la sua conseguenza, cio losservanza del comandamento dellamore; non pu quindi avere alcuna comunione con Ges26.

    Il significato lestrema dedizione di Ges per i suoi (cf. 15,3) e preannunciare la morte di Ges la piena comunione con i discepoli en essa fondata (13,7). Cos la lavanda introduce tutto il libro della gloria nel suo senso di esaltazione-glorificazione) che in Gv vanno insieme. Guardare la croce non soltanto un mero atto pietoso (Nicodemo fa di pi!), ma il sentirsi attirato da un evento che racchiude in se anche la risurrezione (Gv 12,32-33). Sebbene Gv. presenta, in unione con la tradizione, la tomba vuota e le apparizioni, lui anticipa alla lavanda dei piedi e alla elevazione in croce il significato salvifico (segno) della sua morte risurrezione. 8le,gei auvtw/| Pe,troj( Risponde a lui Pietro: Ouv mh. ni,yh|j mou tou.j po,daj eivj to.n aivw/na No, non mi laverai i piedi nei secoli (mai). avpekri,qh VIhsou/j auvtw/|( Rispose a lui Ges: VEa.n mh. ni,yw se( ouvk e;ceij27 me,roj metV evmou/ Se non ti lavo, non hai parte con me.

    24 R. SCHNACKENBURG III, p. 35 nota 41. Idem. pp. 39. 43. 45.47. 25 R. SCHNACKENBURG III, 39. 26 Citato da R. SCHNACKENBURG III, 39, nota 47. 27 Presente continuato nel senso di futuro.

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    Come capire questa frase di Ges: metV evmou/, avere parte con me? La risposta di Ges in forma di ammonimento indica un dono che lui prepara per i suoi e cio: lavere parte con lui. Lespressione si pu comprendere nel suo significato completo se si tiene conto di ci che Ges promette ai discepoli proprio meta. tau/ta (13,7), cio dopo queste cose, dopo la sua morte, cio come espresso da Ges nel versetto anteriore gi spiegato. I discepoli saranno dove lui . Ci sono diversi riferimenti nel IV vangelo che chiarificano questa un tanto enigmatica espressione metV evmou/

    se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, l sar anche il mio servo 12,26. quando sar andato e vi avr preparato un posto ritorner e vi prender con me, perch siate anche voi dove sono io 14,3 e i discepoli, cio i credenti parteciperanno cos alla sua gloria

    e la gloria che mi hai dato a me io lho dato a loro, perch siano come noi una cosa sola 17,22

    e poi in chiave di agap o anzi di azione: e il mondo sappia (gignw,skw) che li hai amati (avgapa,w) come hai amato me 17,23 Padre voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me (metV evmou/) dove sono io perch contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poich tu mi hai amato prima della creazione del mondo (vedi Prologo 1,1) 17,24

    Cos si aprir loro il pieno amore del Padre e di Ges 14,21 Ambedue, il Padre e Ges faranno dimora nel credente. 14,23 Pietro non pu sottrarsi alla lavanda dei piedi che Ges vuol compiere. Questatto esteriore di Ges ha un senso assai pi profondo di quel che Pietro possa immaginare. Questa lavanda un segno della offerta che Ges fa della sua vita per la salvezza di tutti. Questa lopera del Padre.

    9le,gei auvtw/| Si,mwn Pe,troj( Dice a lui Pietro Ku,rie( mh. tou.j po,daj mou mo,non Signore, non i piedi miei soltanto avlla. kai. ta.j cei/raj kai. th.n kefalh,n ma anche le mani e la testa.

    Pietro non capisce il gesto come simbolo. Non ha capito il senso traslato di lavare e cio

    chi ha fatto il bagno dei piedi e gi inserto nella morte e risurrezione di Ges. Analoghe espressioni ambigue chiedono una comprensione metaforica importante per la salvezza e hanno suscitato prima equivoci. Ad esempio Nicodemo: Come pu un uomo nascere quando vecchio? E pure la samaritana: Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo profondo; da dove hai dunque questa acqua viva? Il lettore guarda con simpatia pure qui la reazione di Pietro di non capire28. Pietro pensa di comprendere che si tratta di un nuovo rito di purificazione: si offre, infatti, di farsi lavare non solo i piedi, ma anche le mani e la testa.

    28 Schnackenburg, ad hoc.

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    E Ges risponde con una specie di proverbio:

    10le,gei auvtw/| o` VIhsou/j( Dice a lui Ges, ~O leloume,noj ouvk e;cei crei,an eiv Colui che si trova lavato non ha bisogno mh. tou.j po,daj ni,yasqai( se non i piedi di lavarsi, avllV e;stin kaqaro.j o[loj\ poich pulito tutto: kai. u`mei/j kaqaroi, evste( avllV ouvci. pa,ntej anche voi siete puliti, ma non tutti 11h;|dei ga.r to.n paradido,nta auvto,n\ Conosceva infatti chi-si-mette-a-consegnarlo, dia. tou/to ei=pen o[ti per questo disse: Ouvci. pa,ntej kaqaroi, evste Non tutti siete puliti.

    Levangelista, avendo in mente i suoi lettori, insiste per la terza volta sulla conoscenza sovrana

    di Ges. Ges collega lessere pulito con lascolto della sua parola. Al versetto 15,3 leggiamo infatti Puri lo siete gi per la parola che vi ho detto.

    - Se non una purificazione, giacch il credere alla parola di Ges sufficiente per essere puri, qual il senso della lavanda? Mediante i versetti dintroduzione, la scena della lavanda dei piedi posta allo stesso tempo sotto il segno del amore di Ges verso i suoi in questo momento del passaggio di Ges al Padre e sotto il segno del tradimento, cio sotto il segno della libera accettazione. possibile, infatti, il rifiuto.

    4.4 Il monologo di Ges (Gv 13,12-20). 13,12a: transizione: Quando dunque ebbe lavati i loro piedi, riprese le vesti

    A questo livello di profondit a cui ci invita luso giovanneo del simbolo, la descrizione della veste deposta (v. 4) e ripresa (v. 12) pu essere intenzionale, poich i verbi ti,qhmi e lamba,nw sono quelli utilizzati nel c. 10 per dire che Ges si spoglia della sua vita e la riprende29. Il gesto di Ges mostra visibilmente un atteggiamento di servizio che potr essere compreso solo pi tardi, cio col suo innalzamento in croce, e grazie alla venuta dello Spirito Santo, frutto dellora di Ges. Attraverso la sua azione, dunque, Ges indica simbolicamente il dono di s che sta per realizzare consegnandosi liberamente alla morte. Il suo gesto figura dellavvenimento imminente sotto laspetto dello spossessarsi di s. Si spoglia e si cinge di nuovo.

    GV 10,17-18 IL BUON PASTORE

    17 dia. tou/to, me o` path.r avgapa/| o[ti evgw. ti,qhmi th.n yuch,n mou( i[na pa,lin la,bw auvth,n

    18 ouvdei.j ai;rei auvth.n avpV evmou/( avllV evgw. ti,qhmi auvth.n avpV evmautou/ evxousi,an e;cw qei/nai auvth,n( kai. evxousi,an e;cw pa,lin labei/n auvth,n\ tau,thn th.n evntolh.n e;labon para. tou/ patro,j mou

    17 Per questo a me il Padre ama, perch io pongo la vita (anima) mia affinch di nuovo (io) la riceva. 18 Nessuno la porta-via da me, ma io la pongo da me-stesso; potere ho di porla e potere ho di nuovo riceverla. Questo il comando che (io) ricevette dal Padre mio.

    29 LON-DUFOUR, 43-44 e nota 42.

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    Ci sono i tre elementi: - offrire la sua vita da se stesso, - potere di offrirla - e il potere di riprenderla di nuovo, sotto forma di entolh, cio di comando del Padre

    suo, commando che quello dellagap eivj te,loj (13,1 e lintero libro dellOra). Poich il simbolo scelto nello stesso tempo un rito dospitalit, mostra che attraverso la sua morte Ges condurr i discepoli nei luoghi trascendenti dove lui si trova (12,26; lui va a preparare un posto 14,3).

    Origine e lo stesso Agostino hanno accennato con discrezione a questaspetto simbolico dei gesti di Ges. Il deporre le vesti e il cingersi con un panno sono posti in relazione dal vescovo dIppona con linno di Filippesi 2,6-8 e cio con lavere gli stessi sentimenti di Cristo Ges il quale si annient se stesso nel assumere la forma di Servo30. Per SantAgostino c anche una relazione con la spogliazione nella morte e con il lenzuolo del sepolcro31. Per Origine lacqua versata nel catino il simbolo della parola di Dio che purifica32.

    30Commento al Vangelo di Giovanni, LV,6. 31 R. FABRIS, Giovanni, Roma 1992, 743. Per una sintesi degli autori dellepoca patristica e medievale vedi Interpretazione: storia e attualit in IDEM., 741-748. 32 Per Agostino segno del sangue di Cristo versato per lavare il peccato (Commento al Vangelo di Giovanni LV,7). Poi interessante anche leggere le osservazioni di Lutero e Calvino (R. FABRIS, Giovanni, 744).

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    GV 13,12-20 TRANSIZIONE: v. 12a (finisce la descrizione della lavanda)

    v. 12b (domanda di Ges) ISTRUZIONI DI GES (monologo: Gv 13,13-20)

    12a {Ote ou=n e;niyen tou.j po,daj auvtw/n kai. e;laben ta. i`ma,tia auvtou/ kai. avne,pesen pa,lin( ei=pen auvtoi/j( 12b Ginw,skete ti, pepoi,hka u`mi/n; 13 u`mei/j fwnei/te, me ~O dida,skaloj kai. ~O ku,rioj( kai. kalw/j le,gete( eivmi. ga,r 14 eiv ou=n evgw. e;niya u`mw/n tou.j po,daj o` ku,rioj kai. o` dida,skaloj( kai. u`mei/j ovfei,lete avllh,lwn ni,ptein tou.j po,daj\ 15 u`po,deigma ga.r e;dwka u`mi/n i[na kaqw.j evgw. evpoi,hsa u`mi/n kai. u`mei/j poih/te 16 avmh.n avmh.n le,gw u`mi/n( ouvk e;stin dou/loj mei,zwn tou/ kuri,ou auvtou/ ouvde. avpo,stoloj mei,zwn tou/ pe,myantoj auvto,n 17 eiv tau/ta oi;date( maka,rioi, evste eva.n poih/te auvta, 18 ouv peri. pa,ntwn u`mw/n le,gw\ evgw. oi=da ti,naj evxelexa,mhn\ avllV i[na h` grafh. plhrwqh/|( ~O trw,gwn mou to.n a;rton evph/ren evpV evme. th.n pte,rnan auvtou/ 19 avpV a;rti le,gw u`mi/n pro. tou/ gene,sqai( i[na pisteu,shte o[tan ge,nhtai o[ti evgw, eivmi 20 avmh.n avmh.n le,gw u`mi/n( o` lamba,nwn a;n tina pe,myw evme. lamba,nei( o` de. evme. lamba,nwn lamba,nei to.n pe,myanta, me

    Quando dunque ebbe lavati i piedi di loro, [e] prese le vesti di lui e si sedette di nuovo (a tavola), disse loro: Comprendete (conoscete) che cosa ho fatto a voi? Voi chiamate me il Maestro e il Signore e dite bene, (lo) sono infatti. Se dunque io ho lavato di voi i piedi, (io) il Signore e il Maestro, anche voi siete obbligati a vicenda lavar(vi) i piedi. Un esempio infatti (io) diede voi, affinch come io fece a voi, anche voi facciate. Amen, amen dico a voi, non un servo pi grande del signore suo, n un inviato pi grande di colui che-lo- mand. Se queste cose sapete, beati siete se-eventualmente fate queste cose. Non a proposito di tutti voi (lo) dico; io conosco chi elessi; ma () affinch la Scrittura sia compiuta, Colui che-mangia il mio pane lev contro di me il calcagno suo. Fin da questo momento lo dico a voi, prima che accada, affinch crediate quando sar avvenuto, che Io sono. 20 Amen, amen dico a voi, CHI RICEVE COLUI CHE IO MANDER, A ME RICEVE; daltra parte CHI A ME RICEVE RICEVE COLUI CHE-MAND-ME.

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    Passiamo allesegesi dei singoli versetti. Gv 12: Quando dunque ebbe lavati i piedi di loro, [e] prese le vesti di lui e si sedette di nuovo (a tavola), disse loro: Comprendete (conoscete: esperienza) che cosa ho fatto a voi?

    Ginw,skete ti, pepoi,hka (perfetto) u`mi/n;

    Tutto questo non facile da capire. Il dopo in cui i discepoli capiranno un dopo soprattutto nellambito dellora vissuta e rivissuta nella chiesa dove si capir pian pano tutto ci che Ges ha fatto. Lui stesso provoca nel capire ci che ha fatto con questa domanda. La domanda a cavallo fra le due interpretazioni del fatto. I seguenti versetti 13-17 illustrano, infatti, linterpretazione basata nellimitare Ges come modello di vita e servizio umile.

    Facciamo prima un commento generale sulla struttura del brano. Inizia il v. 12 b, e cio la provocativa domanda di Ges col verbo gignw,skw. Ma i discepoli non hanno capito ancora del tutto il senso cristologico-soteriologico (qualcosa s data la situazione in cui accade il gesto di Ges) e il Maestro intenta unaltra spiegazione pi nelle possibilit attuali di loro. Questa istruzione di Ges ha un parallelismo lineare e due concentrici. un ricorso della predicazione apostolica, per favorire il ricordo. C un parallelismo lineare nei v. 13 e 16 e uno concentrico nel v. 14 e un altro pi chiaro nel v. 17. Al centro si trova la prima beatitudine del quarto vangelo33. la promessa a chi passa del sapere, cio del capire, al fare in chiave di servizio. Ges argomenta adesso con situazioni ordinarie della vita reale e comunemente accettate da tutti, per illuminare il suo gesto ed esortare ai suoi di fare lo stesso. I vv. 13-15 formano una piccola unit in forma di discorso34. Voi chiamate me il Maestro e il Signore e dite bene, (lo) sono infatti. 13u`mei/j fwnei/te, me ~O dida,skaloj kai. ~O ku,rioj( kai. kalw/j le,gete( eivmi. ga,r 13,13 Se dunque io ho lavato di voi i piedi, (io) il Signore e il Maestro, anche voi siete obbligati a vicenda lavar(vi) i piedi. 13,14

    Un esempio infatti (io) diede voi, affinch come io fece a voi, anche voi facciate. 13,15

    Un primo senso principale che il capo delle nazioni i re esercitano sbagliatamene il suo potere, quello che lo fa nobile paradossalmente il servizio! Levangelista Marco mette questo in rilievo, quando riporta il terzo annuncio della passione cap. 10, v. 43: il Figlio delluomo non venuto per essere servito ma per servire (diakonh/sai attivo) .

    In questa linea Ges modello. Anche i discepoli devono fare la stessa cosa, per cui quando si dice che devono lavarsi i piedi, ci va capito nel contesto di questo amatevi come io vi ho amato e cio amatevi, mettendovi a servizio degli altri e dando tutto come ha fatto Ges. I discepoli ancora non sanno tutte le implicazioni di questo, ma non lo sappiamo neppure noi. C sempre un pi di comprensione. Perci Ges ricorda loro che lo chiamano maestro (per lo pi rabbi [Rabbi dove abiti? 1,39] e Signore (nello stesso capitolo 13 vv. 6.9.36 ecc.). Il

    33 La seconda viene fatta a Tomaso nel cenacolo dopo la resurrezione. NellApocalisse ce ne sono sette beatitudini. 34 SCHNACKENBURG, III, 47.

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    Maestro e il Signore erano diventati appellativi di Ges anche nella comunit. Levangelista usa ho Kyrios quando parla del Risorto. Ges conferma questo e lo sono che ricorda il ego eimi, molto pi enfatico di altre volte, per esempio pi avanti al versetto 19. Dallazione del Maestro e Signore consegue il dovere dei discepoli di prestarsi reciprocamente un umile servizio35. Lesemplarit di Ges (vedi Mc 10,45) viene sottolineata ancora nel v. 15: hypdeigma36. Lidea dellimitazione di Ges, che va distinta da quella della sequela, si sviluppata nel cristianesimo ellenistico primitivo (cf. 1 Pt 2,18-25 e Paolo 1 Cor 11,1) e rientra nelle categorie della filosofia greca e del giudaismo ellenistico. Paolo imita Cristo ed esorta ai suoi: Fatevi i miei imitatori come io lo sono di Cristo (11,1). Il tipico i[na kaqw.j evgw. evpoi,hsa u`mi/n kai. u`mei/j poih/te avvicina il nostro passo al comandamento dellamore di 13,34, che fa di tutta la vita di Ges, e soprattutto della sua morte, la misura del reciproco amore dei discepoli (Gv 15,12; 1Gv 2,6; 3,37; 4,17b). La congiunzione kaqw,j non significa semplicemente come nel senso di confronto, ma pone un legame intrinseco, una relazione genetica37. Si pu parafrasare: Agendo cos, io vi dono di agire allo stesso modo. Inoltre il presente della salvezza che Ges porta esige che si faccia la verit (3,21); la sua parola vuol essere accolta, custodita e praticata da parte degli uomini (cf. Gv 7,51; 8,51; 12,48). La diretta applicazione morale si rafforza ancora di pi nelle tre lettere alla comunit. Cio Ges non presenta semplicemente questo esempio- questa dimostrazione come un modello esteriore da imitare, ma come un dono che genera il comportamento futuro dei discepoli (kaqw,j). In che cosa consiste lazione che Ges attende? Evidentemente no si tratta di riprodurre lazione materiale38.

    Non soltanto levangelista ma anche i suoi discepoli, dopo la risurrezione, hanno spiegato lesempio, hypdeigma, della lavanda dei piedi con il comandamento nuovo del massimo amore, la donazione della vita o almeno la rinuncia al possesso dei beni (1 Gv 3,16.17.18). In Tim 5,10 la lavanda dei piedi valutata come atto damore, come segno di amicizia ospitale. Solo pi tardi, come risulta per la chiesa latina del IV secolo, fuori di Roma39, le stato attribuito significato sacramentale a questo comando di Ges.

    35 Il verbo ofeil compare in Gv. in questo senso morale-parenetico solo nella prima lettera (2,6; 3,16; 4,11; in ognuna delle tre parti della lettera) e anche in 3 Gv 8. 36 Deriva dal verbo deknymi che significa far vedere, mostrare e che ha dordinario valore teologico in Gv.: Cos il Padre mostra [al Figlio] tutto ci che egli fa (5,20). A sua volta, Ges mostra ai discepoli quello che fa, e, come il Figlio fa ci che vede che il Padre sta facendo, lo scopo di Ges e che i discepoli agiscano come lo hanno visto agire. Lo sguardo ha in Gv. una funzione considerevole: vedere significa essere sorpresi da una presenza, contemplare in profondit. Cf. X: LON-DUFOUR, Lettura dellEvangelo secondo Giovanni (capitoli 13-17), 47. 37 Uso di kaths nel IV vangelo: 10,15; 17,23 e 13,34. Nelle lettere: 1Gv 2,6-9; 3,2-3.7.12.23; 4,17; 2 Gv 4.6; 3 Gv. 2.3. 38 Lutero critica una lavanda dei piedi solo materiale, rito esterno compiuto da monarchi e principi in favore di dodici poveri ma spesso contraddetta dalla loro condotta verso i poveri, fatto cos anche da molti vescovi del suo tempo (Das Johannesevangelium ad hoc) 39 Dal sec. IV in poi si pu dimostrare lesistenza del rito della lavanda dei piedi subito dopo latto battesimale in tutto lambito liturgico latino ma non a Roma e nellOriente (s o no?). Lidea della sacramentalit della lavanda dei piedi recentemente s fatta strada anche presso gli esegeti protestanti (Schnackenburg, III, 48 nota 69).

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    VV. 16-17: Amen, amen dico a voi, non un servo pi grande del signore suo, n un inviato pi grande di colui che-lo- mand.

    Se queste cose sapete, beati siete se-eventualmente fate queste cose.

    Apostolos in singolare negli scritti giovannei, indica la missione, la dipendenza da chi manda, ma anche unione con lui e impegno verso di lui. In 15,20 compare in contesto di persecuzione. Per il ricordo dei discepoli queste parole hanno avuto molta importanza. v. 17 Come finisce la spiegazione morale della lavanda dei piedi? Con una rinnovata esortazione ad operare. E lo fa chiamando BEATI agli apostoli.

    A) Se queste cose B) sapete, B) beati siete (sarete) A) se-eventualmente fate queste cose.

    Senza passare allazione - ci dice levangelista - la fedelt del discepolo sarebbe una mera illusione, non sarebbe vera. Levangelista dunque insiste sul fare, ma per giungere alla conoscenza della verit.40 C la stessa progressione nella lettera Qui si tratta di realizzare il rapporto tra i discepoli praticando lagap.

    41Notiamo bene per che, in questa beatitudine che annuncia Ges, proprio in questo ambiente del suo ultimo pasto, la comprensione profonda, sapendo ci (13,1) e se queste cose sapete (ei tauta odate). Il discepolo non mette in pratica una legge esteriore, estrinseca, ma interiormente abitato dalla parola e dal gesto di Ges e cio dalla rivelazione ricevuta. In questo modo, non riproduce forse - si domanda il Lon-Dufour nel suo commento a questo versetto - secondo la propria misura, lesperienza del Figlio, la cui fedelt alla parola del Padre sempre, in Gv, espressione di una conoscenza perfetta?42

    Pure lApocalisse mette in rilievo in forma di beatitudine le opere. Cos in 14,13: Beati fin da questo momento i morti che muoiono nel Signore. S, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perch le loro opere li seguono

    Notiamo anche la relazione intrinseca fra il sapere e il fare che trova il parallelo pi prossimo in 1 Gv 2,29 e 2,3-6; cf. 1Gv 3,4-8. Analoghe sentenze dellambiente pagano Seneca per esempio: non est beatus, qui scit illa, sed qui facit 43, servono a dare indicazioni sul pensiero greco-romano di quel tempo44. Significato. Domande che la comunit credente ha fatto lungo la storia. Come mettere in pratica quello che Ges ha fatto cos che possiamo entrare nella beatitudine? Queste domande ci riportano alla storia dellinterpretazione.

    40 Cf. Gv3,21: qui fa la verit, non soltanto chi la sa, non soltanto chi la capisce, ma chi la esperimenta nella vita. Vuol dire chi opera la verit viene alla luce, perch appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio. 41 LON DUFOUR, III, 49 ad Gv 13,17. 42 Per LON DUFOUR questo logion di Ges appartiene ad una collezione di detti che circolava nella tradizione orale, il quale messo qui dallautore (ad hoc). 43 SCHNACKENBURG, III, 50 nota 73 (Epistulae morales ad Lucilium). 44 La forma del macarismo, che levangelista usa soltanto unaltra volta proviene probabilmente dalla tradizione sinottica.

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    - bagno di rigenerazione nello Spirito Santo: il battesimo? 45 La pratica primitiva di lavare i piedi connessa da una parte con il battesimo e dallaltra con il Gioved Santo. Il Sinodo di Elvira (inizi quarto secolo) proibisce ai sacerdoti e a chierici di lavare i piedi dei battezzati, probabilmente per il rischio di attribuire al rito della lavanda dei piedi un valore sacramentale concorrente con quello del battesimo. Ambrogio difende la pratica anche se lui sa che a Roma non c la consuetudine di farlo in occasione del battesimo. Di fatto la prassi della liturgia battesimale difesa da Ambrogio evolve nel senso che il rito della lavanda dei piedi viene separato dal battesimo e praticato come gesto di accoglienza e di umilt ad imitazione del Signore e collocato nella liturgia del Gioved Santo. Cos il Concilio di Toledo del 694 lo prescrive per la Spagna e per la Gallia. - senso di purificazione: il sacramento della penitenza46? Per santAgostino47 colui che ha fatto il bagno il battezzato, interamente mondo, cio pulito, mentre ha bisogno di lavarsi solo i piedi per purificarsi dei peccati postbattesimali o quotidiani. infatti il contatto con la terra e cio con sentimenti o affetti terreni- che inquina i piedi della chiesa sposa di Cristo (In Johannis Evangelium Tractatus LVI, 5-6). Coerente con questesegesi sacramentale Agostino d un significato spirituale anche alle istruzioni di Ges sul valore esemplare del gesto (Gv 13,12-17). Si tratta di un ministero di carit e di umilt che si esercita non solo per mezzo dellospitalit materiale lavare i piedi degli ospiti- ma soprattutto nel perdono delle offese, nella correzione, preghiera e confessione reciproca dei peccati e il perdono a vicenda dei peccati (LVIII, 5). Insomma amore e servizio reciproco. - Simboleggia il dono di s fino a consegnarsi alla morte (senza una specificazione sacramentale) che segna genera il dono futuro di s degli apostoli. Cos Schnackenburg, Lon-Dufour ad loc.

    45 Tertulliano, Cipriano, Cirillo di Alessandria e Origine; tra i moderni Cullmann e Boismard, R. Brown Cf. X: LON-DUFOUR, Lettura dellEvangelo secondo Giovanni (capitoli 13-17), 42 nota 40 e S. PANIMOLLE, Lettura Pastorale della Bibbia vol. III, 179. 46 Agostino, fra i moderni P. Grelot, cf. Cf. X: LON-DUFOUR, 42 nota 41. 47 Cf. R. FABRIS, Giovanni, 743.

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    Vv. 18-20

    20 avmh.n avmh.n le,gw u`mi/n(

    o` lamba,nwn a;n tina pe,myw evme. lamba,nei(

    o` de. evme. lamba,nwn lamba,nei

    to.n pe,myanta, me

    20 Amen, amen vi dico a voi: chi riceve colui che io mander, a me riceve chi per me riceve riceve colui che-mand-me.

    Lenigma di Giuda48, che rimane fino a noi, riflette quello della presenza del male nel cuore

    delluomo. Giuda colui che non puro, cosa che nel vocabolario giovanneo abbiamo visto (cf. 15,3) che significa non credente (13,10), anche se forma parte del gruppo. La terribile frase di Ges: Sarebbe stato meglio che non fosse nato (Mc 14,21 par.) non una condanna ma una lamentazione allo stile di quando ricorda colui che si perduto (Gv 17,12) come opera di Satana nel discepolo, opera del desiderio della violenza come pretesa, anzi come mezzo sbagliato di raggiungere la pace. Lo scandalo di Giuda ancora scosse la comunit di Gv. che ascolta un messaggio che scaturisce dal vangelo e dalla lettera (Caino, lanticristo) e arriva pure oggi ai nostri giorni. Ci d pure lopportunit di capire meglio lamore di Dio che opera la salvezza di tutti. 4.5. Ges e Giuda

    In Giuda, dicevamo c la massima resistenza allamore e proprio a lui viene rivolta la massima donazione del amore del Padre in Ges. V. 21: Amen, amen dico a voi: uno di voi mi consegner (paradw,sei me).

    Giuda il discepolo in pericolo, sotto linganno. Ges rivela questo tradimento, ama Giuda fino alla fine. un amore di predilezione nei confronti di Giuda. Non lo lascia, rimane con lui in un amore particolare. In dietro a questa forma di agire Ges possiamo trovare la figura profetica chiamata rb.

    48 LEON-DUFOUR, III, 79.

    18 Non a proposito di tutti voi (lo) dico; io conosco chi elessi; ma () affinch la Scrittura sia compiuta, Colui che-mangia il mio pane lev contro di me il calcagno suo. 19 Fin da questo momento lo dico a voi, prima che accada, affinch crediate quando sar avvenuto,

    che Io sono.

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    Cosa un rb? Troviamo un magnifico esempio di rb nei salmi 50-51 a proposito di Davide e il doppio tradimento fatto a Uria, suo generale (adulterio e omicidio). In un rb tipico il Signore giudica come parte offesa mettendo davanti la propria innocenza e incitando alla conversione. Il salmo 50 pone la domanda chiave: credi che sono come te e che tacer? (cf. Sal 50,21). Nel salmo 51 si canta la risposta positiva e si produce la conversione. Qui siamo al centro del rb profetico. Ges interviene molto delicatamente cercando di aiutare Giuda a che se ne renda conto, e perci fa laccusa. v.21ss.: Avendo detto queste-cose, Ges fu turbato nello Spirito, e testimoni (evmartu,rhsen) e disse: Amen, amen dico a voi: uno di voi mi consegner (paradw,sei me). v. 23 Era-sdraiato nel seno (ko,lpoj: cf 1,18) uno dei discepoli di lui, (quello) che Ges amava Dopo la richiesta di Pietro Egli, dunque essendosi adagiato sul petto di Ges (evpi. to. sth/qoj tou/ vIhsou/) dice a lui:

    Signore, chi ? Il rb chiede che laltro sappia la denuncia. Ges sta denunciando Giuda, e perci gli offre il perdono con il gesto del massimo amore.

    Risponde dunque Ges: quello a cui io intinger il boccone e glie(lo) dar.

    E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. un gesto che fa il padrone di casa allospite importante, un privilegio verso colui che ama di pi. Non da escludersi che Giovanni stia alludendo al boccone eucaristico. C qualche esempio illustrativo nelliconografia orientale: Ges mette in mano a Giuda il suo corpo donato. Di fronte al tradimento sorge lamore, il dono della propria vita. Assoluta libert di Ges che d il via alla passione. Entra in essa come Signore. V. 27:

    E dopo quel boccone, allora entr in lui il Satana. Dice dunque a lui Ges:

    Ci che fai fa(llo) al pi presto. Una volta fatto il gesto, Giuda deve definitivamente prendere una decisione ( Satana

    entrato!). Sembra che ormai tutto finito... Ges ci ha provato... Giuda andr a tradire il maestro! Cosa fare? Dio non rinuncia a salvarlo. Ges entra nella decisione di Giuda e sembra che gliela leva dalle mani: Quello che devi fare fallo al pi presto. Sono delle parole misteriose e difficili dinterpretare. Ges non responsabile del tradimento, ma con il suo gesto vuole aiutare Giuda a non farlo. Il maestro trasforma il tradimento del discepolo in un libero consegnarsi. La decisione di Giuda viene vista sotto lamore divino. Ges accompagna Giuda nel suo peccato consegnandosi liberamente agli invitati dei sommi sacerdoti.

    Tradimento e consegna si esprimono nel Quarto Vangelo con due termini morfologicamente vicini: di,dwmi (dare) e paradi,dwmi (tradire). Il tradire un tradire in cui si sta dando il Figlio. Si tratta di un dare realizzato misteriosamente nellessere tradito49.

    49 Ad esempio il rapporto tra paradi,dwmi (13,21) e pare,dwken t pneu/ma (Gv 19,30): davanti al tradimento degli uomini, Dio si consegna, si dona.

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    Vediamo un Giuda che tradisce e un Ges che si consegnato, donando il perdono che toglie il tradimento. Ges trasforma il tradimento proprio in dono anche per Giuda, se lo vuole accettare!, mediante lofferta della propria vita come Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo! Lo fa dandosi liberamente s stesso come dono che vuol essere liberamente accettato.

    4.6 La sequela di Ges. Dopo la drammatica narrazione della vicenda di Giuda, espressione massima di chiusura allagap divino, troviamo alla fine del capitolo 13 (vv. 36-38), la domanda di un tanto ostinata di Pietro che chiede Ges dove va (v. 36 pi tardi u[steron). Egli ha capito che in qualche modo andr a dare se stesso, ma anche qui c di nuovo un rimando al dopo. Adesso Pietro non pu seguire Ges, ma egli insiste nellinterrogativo (v. 37). Ha capito in qualche maniera limplicazione che Ges chiede. Pietro a suo modo capisce che Ges sta dando tutto e che in gioco perfino la vita e allora dice che anche lui dar la sua vita per Ges. Pietro ha capito che Ges chiede di amare come ama Lui, ma Ges gli risponde quasi con una certa ironia (v. 38). Spesso sinterpreta questo episodio semplicemente come un richiamo a Pietro ad essere meno arrogante, meno presuntuoso. Qui per abbiamo un senso teologico molto pi impegnativo. Pietro vuol seguire Ges e capisce che in quella situazione che Lui va fino in fondo a esporre la vita. Ges gli dice che ci che fa adesso, lui ora non lo pu fare. Ges ha detto fate come me (v. 17), s, ma non ha dichiarato subito e chiaramente tutto il significato la portata e le conseguenze del suo gesto di lavare i piedi. Man mano che i discepoli capiscono ci che Ges ha fatto, devono farlo reciprocamente. Ci sar sempre un capire di pi, una crescita e una maturazione nel comprendere la portata del mistero pasquale che Cristo ha vissuto per noi. Qui si tratta di unimpossibilit attuale che dopo sar in qualche modo superata. Non pu adesso, potr dopo. Che Pietro ora non possa seguire Ges si vedr subito dalla narrazione delle negazioni. Manca ancora la realizzazione completa del mistero pasquale con la sua efficacia e il suo impatto. Senza linflusso del mistero pasquale impossibile. Ges lo realizza per primo e lo fa coinvolgendo anche noi. In sintonia con la forza del mistero pasquale e del suo Spirito, noi possiamo seguirlo. il senso dei versetti 13,36-39 alla luce del cap. 21. Ges nelle ultime parole come risuscitato, dir a Pietro di seguirlo e lui sar capace di farlo dando proprio la vita per Ges. Riuscir a fare quello che ora non pu fare. Pietro adesso non pu perch il mistero pasquale soltanto annunziato. Senza di esso non si pu realizzare una sequela adeguata di Ges. la sua conditio sine qua non.