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Università degli Studi di Pisa
Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di laurea in Archeologia
Tesi di Laurea Specialistica in Archeologia Medievale
Intervento di scavo stratigrafico e di valorizzazione del castello di Lignana (PT).
Relatore Professore Marco Milanese Relatrice Professoressa Fulvia Donati
Candidato
Luigi Corrado
Anno accademico 2008/2009
Ai miei genitori
1
INDICE
INTRODUZIONE p. 3
CAPITOLO I
LA VALDINIEVOLE NELLA PRIMA META’ DEL XIV SECOLO:
STORIA ED ARCHEOLOGIA p. 5
Premessa p. 5
1.1 Cenni storici p. 5
1.2 Stato della ricerca archeologica in Valdinievole del XIV secolo p. 15
CAPITOLO II
SCELTE STRATEGICHE E METODOLOGICHE DELLA
RICERCA SUL SITO DI LIGNANA p. 34
Premessa p. 34
2.1 Le fasi di lavorazione p. 34
2.2 Il GIS di scavo p. 37
CAPITOLO III
IPOTESI DI VALORIZZAZIONE p. 46
Premessa p. 46
3.1 Musealizzazione del sito p. 47
3.2 Parco archeologico in progress p. 64
3.3 Parco archeologico diffuso (la Valdinievole medievale) p. 67
3.4 Archeologia a scuola p. 68
3.5 Sito web del castello di Lignana p. 70
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CAPITOLO IV
PROGETTO DI SCAVO ARCHEOLOGICO E DI
VALORIZZAZIONE DEL SITO DI LIGNANA p. 75
Premessa p. 77
Inquadramento storico archeologico del sito p. 77
Valutazione del deposito archeologico p. 84
Motivazione dell’intervento stratigrafico p. 84
Strategia e metodologia dell’intervento stratigrafico p. 85
Ubicazione delle aree di scavo p. 88
Conservazione delle strutture murarie in elevato p. 95
Valorizzazione p. 99
Piano economico p. 101
CONCLUSIONI p. 105
BIBLIOGRAFIA p. 107
SITOGRAFIA p. 114
RINGRAZIAMENTI p. 116
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INTRODUZIONE
Lo scopo del presente lavoro di tesi è quello di programmare un progetto di ricerca
archeologica e di valorizzazione del castello di Lignana, situato sul monte Lignana nel comune
di Pescia (PT).
La volontà di effettuare una campagna di ricerca archeologica nel sito di Lignana
scaturisce principalmente dalla scarsa conoscenza storica e archeologica che possediamo su
questo insediamento posto sul confine medievale che correva tra le città rivali di Lucca e
Firenze. Quindi l’importanza dell’intervento stratigrafico risiede non tanto nella comprensione
che da esso potrà scaturire sul singolo castello di Lignana ma sul fatto che la ricerca in questo
sito permetterà di gettare nuova luce sulla situazione di un’importante area di confine del XIV
secolo toscano.
La volontà di redigere un progetto di scavo strutturato in modo che possa essere
realmente presentato per la richiesta di un finanziamento, ha dato al lavoro di tesi un forte
valore pratico. E’ proprio questo intento di praticità, a mio avviso, che riveste uno degli aspetti
più importanti del presente lavoro.
La tesi è strutturata in quattro capitoli. Nel primo si è voluto dare una veloce
introduzione sulla storia della Valdinievole nella prima metà del XIV secolo e sullo stato della
ricerca archeologica per alcune caratteristiche affini al sito di Lignana.
Il secondo procede con la spiegazione di alcune delle scelte metodologiche e
strategiche per l’intervento stratigrafico nel castello. Nel capitolo si tratta, sempre in maniera
sintetica, il metodo e l’utilità di trasferire su piattaforma GIS i dati ricavati dall’intervento di
scavo archeologico.
Nel terzo viene proposta una ipotesi di valorizzazione del sito di Lignana. Si badi al
fatto che il capitolo rappresenta solo una ipotesi poiché, come detto sopra, le conoscenze e le
testimonianze archeologiche provenienti dal castello sono pochissime e spesso, per quanto
riguarda i reperti, non più collocabili all’interno della stratigrafia del castello. La
valorizzazione del sito prevede: la creazione, nel Museo Civico di Scienze Naturali ed
Archeologiche di Pescia, di una sezione dedicata sia al castello di Lignana che all’illustrazione
del lavoro dell’archeologo; la creazione di un parco archeologico permanente e di un parco
archeologico in progress; la creazione di un sistema museale che comprenda i vari siti
archeologici medievali della Valdinievole; la progettazione di una serie di lezioni e laboratori
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di archeologia sperimentale tenuti da archeologi in collaborazione con le scuole primarie e
secondarie di primo livello; la creazione di un sito internet dello scavo di Lignana, il quale
verrà aggiornato periodicamente, durante le fasi di scavo, e permetterà di pubblicare i progressi
raggiunti grazie all’indagine archeologica sul sito.
Nel quarto ed ultimo capitolo è proposto il vero e proprio progetto di scavo e di
valorizzazione del castello di Lignana che dopo le premesse riportate nel secondo e nel terzo
capitolo, va a chiudere il lavoro. Il progetto parte con la storia, e la storia della ricerca, del
castello di Lignana. Dopo questa necessaria parte introduttiva si passa a descrivere le strategie
e le metodologie che caratterizzano l’intervento stratigrafico. Il progetto prosegue con la
descrizione degli interventi di consolidamento delle strutture in elevato e il progetto di
valorizzazione del sito archeologico. A conclusione del progetto è inserito il piano economico
con le voci di spesa relative all’intervento.
Uno degli scopi della tesi è quello di partire dall’intervento stratigrafico e di
valorizzazione del castello di Lignana per allargare, sia la ricerca che la valorizzazione, a tutta
la Valdinievole, legando i vari siti con lo scopo di formare un unico e grande sistema museale,
con Pescia come suo fulcro, capace di dare nuovo impulso alla ricerca archeologica dell’intera
valle.
Il fine ultimo del presente lavoro è quello di una possibile presentazione, alle istituzioni
competenti, del progetto di intervento di ricerca e di valorizzazione, con lo scopo di richiedere
l’autorizzazione ed i finanziamenti necessari per l’attuazione dell’intero progetto.
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CAPITOLO I
LA VALDINIEVOLE NELLA PRIMA META’ DEL XIV
SECOLO: STORIA ED ARCHEOLOGIA
Premessa
Con il presente capitolo si intende dare una breve introduzione storica sugli eventi che
hanno interessato la Valdinievole nella prima metà del XIV secolo, con lo scopo di evidenziare
la centralità che assunse questo territorio durante questo periodo pur non comprendendo
nessuna grande città. La valle fu teatro di scontri aperti e di intrighi politici messi in atto dalle
città rivali di Lucca e Firenze con lo scopo di consolidare ed espandere il loro controllo su
quella che era un’estesa area di confine.
Un ulteriore scopo del capitolo è quello di dare una sintetica storia della ricerca che
negli ultimi anni ha interessato la valle, infatti, nel secondo paragrafo del capitolo, vengono
presentati alcuni siti che per alcuni versi risultano affini al castello di Lignana.
1.1 Cenni storici
La Valdinievole nel XIV secolo si presenta come una zona di campagna, senza città ma
posta in mezzo a due città in lotta fra loro: da una parte Lucca, nel cui contado e nella cui
diocesi si trovava la Valdinievole, dall’altra Firenze e la sua punta avanzata di Pistoia. Il
trovarsi tra queste due potenze in lotta fra loro determinò negli abitanti della valle una
coscienza autonomistica, coscienza che si manifesta nelle alleanze che tra il XIII e il XIV
secolo si formano tra i principali comuni rurali della zona. Questa coscienza di autonomi ha
però anche una radice più antica: infatti nel XII secolo l’imperatore Federico Barbarossa,
attraverso una serie di provvedimenti, avocò l’amministrazione dell’intera Valdinievole
all’impero, inserendosi così in spazi prima controllati dal Comune di Lucca.
Nonostante la relativa autonomia della Valdinievole fu comunque necessario, per
l’intero territorio, il legarsi ad una grande città, prima Lucca e poi Firenze. Questo non aveva
solo una motivazione politica, infatti, nei primi decenni del XIV secolo si diffondeva nelle
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campagne il gusto per la vita cittadina. A questo gusto cittadino è da ricollegare lo sviluppo di
molti borghi rurali, per esempio Pescia e Montecatini, che in questo periodo cominciano ad
assumere caratteri mercantili e cittadini1.
Come visto sopra, la Valdinievole è stata soggetta, nel tempo, a poteri diversi per
connotazione ed importanza, come le famiglie signorili locali, l’Impero ed i comuni cittadini di
Lucca, in parte di Pistoia e di Firenze.
La Valdinievole è quindi un’area di confine tra due potenze che però mantiene una sua
precisa identità storica e territoriale che rimarrà inalterata anche nelle complesse vicende
politiche e amministrative del XIII e del XIV secolo: la ritroviamo intesa come un’unica entità,
sia nello statuto comunale di Lucca del 1308, come Vicaria Vallis Nebule, che dopo il
passaggio sotto Firenze, dove le terre appena acquisite costituiscono il vicariato della provincia
Vallisnebule2.
L’autonomia e l’unità storico-territoriale furono salvaguardate sia grazie al forte valore
strategico di limes militare, sia grazie al ruolo di filtro che questo territorio ricopriva per le
comunicazioni con le principali città della Toscana medievale, sia per i collegamenti che la
interessavano ( per la Valdinievole passano le vie Cassia e Francigena, erano anche presenti
valichi appenninici verso la pianura emiliana e altrettanto importanti collegamenti lacustri,
infatti, attraverso un sistema di canali che attraversano l’Usciana era possibile entrare nel
padule di Fucecchio e da qui proseguire verso Pisa e quindi verso il mare)3.
Nonostante la loro autonomia, i centri della Valdinievole, furono costretti, come del
resto fecero anche altri comuni rurali dell’Italia centro settentrionale, a confrontarsi e a
sottostare a più riprese, e alternativamente, all’impero, al Comune di Lucca e poi a quello di
Firenze (processo che partì nel 1329 e concluso nel 1339 con il definitivo assoggettamento alla
città gigliata).
La storiografia recente tende a definire lo status dei centri minori e dei loro relativi
territori con concetti di “ombra”, di “eclissi” o di “periferia” ma questi termini non si addicono
al territorio della Valdinievole sia per la vivacità socio-economica che il territorio riuscì ad
1 SPICCIANI A., Considerazioni introduttive sulla storiografia della Valdinievole nel secolo XIV, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, pp. 21-24.
2 FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, p. 72.
3 FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, p. 73; e ancora MORETTI I., La viabilità medievale in Valdinievole, in «Atti del convegno Sulla viabilità della Valdinievole dall’antichità ad oggi», Buggiano Castello, 1982, pp. 50-55; e ancora PINTO G. La popolazione della Valdinievole dal Medioevo ad oggi. Considerazioni introduttive, in «Atti del convegno La popolazione della Valdinievole dal Medioevo ad oggi», Buggiano Castello, 1999, pp. 17-18.
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esprimere nella tarda età comunale, sia per la centralità strategica politico-geografica che
caratterizzava l’area fin dall’alto medioevo.
Dalla morte di Federico II, la presenza di Lucca in Valdinievole, che fino ad allora
aveva esercitato una velata influenza sul territorio, si trasforma in un’annessione definitiva e
formale di tutte le comunità della valle. Già nel marzo del 1251 è attestata a Fucecchio la
presenza di un vicario lucchese e nel 1255 Antelminello di Ubaldo e documentato come
vicarius Vallis Nebule pro Lucano Comune4. Queste sono le prime attestazioni di quello che
può essere considerato il dominio lucchese sulla valle. A Lucca spettava il controllo
legislativo, la gestione del prelievo fiscale e l’organizzazione civile e militare dell’intera
Valdinievole. E’ da notare che questa situazione non fu accettata senza resistenze. Questa
resistenza è attestata dagli atti di ribellione aperta nei quali furono coinvolti i centri di Pescia,
Buggiano e Vellano nel 1281 che portarono alla distruzione dei tre siti da parte di Lucca.
Attraverso lo Statutum Lucani Communis del 1308 siamo in grado di ricostruire la
struttura istituzionale e il livello gerarchico dei borghi che la valle assunse sotto il dominio
lucchese. La Valdinievole, con 14 Comuni rurali, costituiva una delle vicarie del contado di
Lucca. I 14 Comuni rurali erano: Montevettolini, Monsummano, Montecatini, Buggiano,
Massa e Cozzile, Uzzano, Pescia, Vivinaia, Veneri, San Pietro in Campo, Pietrabona, Vellano,
Castellare Ubaldi e Sorico. E’ possibile stabilire la gerarchia di questi Comuni rurali grazie alla
rubrica De luminaria Sancte Crucis fienda che regolava le modalità da seguire per le offerte
dei ceri per la festa della Santa Croce, infatti, il valore del cero offerto era in relazione con la
consistenza demica ed economica del castello offerente. Da questa rubrica, quindi, deduciamo
che Pescia, con le sue 40 libre, era il centro più importante, seguita da Buggiano con 30 libre e
da Montecatini, Montevettolini e Massa e Cozzile con 25 libre, di seguito gli altri. Questa
stima sembra essere confermata dal fatto che solo i podestà rurali dei centri più importanti
dovevano avere la qualifica di miles, qualifica che troviamo riconosciuta a 7 ufficiali su 14, tra
i quali risultano proprio quelli delle comunità più importanti che nell’elenco precedente
dovevano offrire i ceri più pesanti.
Sempre attraverso lo statuto lucchese del 1308 risulta che il vicario della Valdinievole,
che aveva la funzione di tramite tra le magistrature urbane e gli organi periferici, era aiutato
nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali e amministrative da un giudice, da un
camerlengo, da quattro notai e da sei berrovieri. Le sue competenze si collocavano al di sopra
4 FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza
lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, p.78.
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dei podestà rurali, ma soprattutto in materia penale, per reati come l’omicidio, il tradimento, il
furto e così via.
La presenza di Lucca dovette essere avvertita dai centri e dai castelli della valle come
una presenza ingombrante sia dal punto di vista economico-mercantile e sia per le volontà di
potenziamento politico interno, infatti, Lucca, città militarmente e politicamente debole, non
poteva sopportare la presenza in Valdinievole di Comuni rurali dotati di forti autonomie.
Nei primi decenni del Trecento la Valdinievole è coinvolta nei contrasti che
interessarono le maggiori città della Toscana, da Lucca e Firenze, a Pisa e Pistoia5 le quali si
trovarono spesso, per i loro progetti di espansione verso l’esterno, a combattere in e per la
Valdinievole.
Nel 1308 Arrigo VII di Lussemburgo appena eletto re dei Romani, decise di pacificare
i contrasti in Italia. Ma la sua discesa aveva provocato la ribellione in Lombardia e aveva
portato Lucca e Firenze, che da poco avevano terminato le loro spedizioni contro i guelfi
bianchi di Pistoia, a riarmarsi e a chiedere l’aiuto di Roberto D’Angiò. Arrigo, però, poco dopo
la sua incoronazione, morì improvvisamente a Bonconvento il 24 agosto 1313 portando con sé
il suo progetto e le speranze di rientro degli esuli ghibellini6.
Il controllo del limes politico e militare che da sempre separava gli interessi e le
potenze in gioco tra Lucca e Pisa da una parte e Firenze e Pistoia dall’altra, quale era la
Valdinievole, risultava quindi di vitale importanza7. Nel primo quarto del XIV secolo la
Valdinievole fu, quindi, terreno di scontro tra le forze guelfe guidate da Firenze e la rinnovata
fazione ghibellina di Uguccione della Faggiola prima e di Castruccio Castracani poi, che
riannodarono le fila di Arrigo VII, ma fu anche terreno di prova per quelle città che dovevano
capire chi avrebbe assunto il ruolo chiave di dominio a livello sovra cittadino con prospettive
di supremazia regionale.
Uguccione della Faggiola era descritto come un avventuriero educato alla guerra e alle
congiure, mentre Castruccio Castracani ci è descritto come uomo abile nel maneggio degli
affari pubblici, pieno di passioni e pieno di risentimento a causa dell’esilio.
Uguccione, raccolte le truppe di Arrigo, da Arezzo giunge a Pisa dove viene fatto
signore della città. Da qui riconquista numerosi castelli della Versilia e della Garfagnana.
5 TABACCO G., Regimi politici e dinamiche sociali, in «Le Italie del tardo Medioevo», GENSINI S. (a
cura di), Pisa-San Miniato, 1990, pp. 30-32. 6 CALAMARI G., La lega dei comuni di Valdinievole e la loro pace con Firenze (1328-1329), in
«Bullettino storico Pistoiese», XXVIII, Pistoia, 1926, pp. 144-145. 7 LUZZATI M., Firenze e la Toscana nel Medioevo. Seicento anni per la costruzione di uno stato,
Torino, 1986, pp. 118-120.
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Roberto D’Angiò cerca di mettere pace tra i comuni guelfi con Pisa, riuscendo a
raggiungere un accordo a Napoli il 27 febbraio del 1314, con l’approvazione, pochi giorni
dopo, dei fiorentini. Ma la morte di papa Clemente V, francese, avvenuta il 29 aprile 1314 e la
conquista di Lucca da parte di Uguccione vanno a minare le speranze di pace di Roberto.
La conquista di Lucca scatenò la reazione dei ghibellini di Pescia. Questi costrinsero
all’esilio numerosi guelfi, molti dei quali non poterono rientrare che dopo la pace del 1339,
quando l’intera Valdinievole fu sottomessa a Firenze.
I fiorentini, preoccupati che da Lucca e da Pisa Uguccione potesse ampliare il suo
dominio concentrarono le loro forze nella bassa Valdarno e in Valdinievole, concentrandosi a
Montecatini, chiedendo e ottenendo l’aiuto di Roberto. Nonostante le forze poste in campo, i
guelfi furono sconfitti da Uguccione il 29 agosto 1315. Ma Castruccio, che era stato fatto
imprigionare da Uguccione, fuggito dal carcere, il 10 aprile 1316 si ribellò togliendo ad
Uguccione Lucca e Pisa. La nomina di Castruccio a signore di Lucca diede inizio a numerose
battaglie tra Lucca e Firenze che portarono devastazioni in tutta la Valdinievole. I fiorentini,
con un numeroso esercito guidato da Raimondo da Cardona, subirono una pesante sconfitta, il
23 settembre 1325, ad opera delle truppe di Castruccio.
Agli inizi del 1327 giunge in Italia Ludovico il Bavaro, il quale era in forte contrasto
con la teocrazia papale. Il contrasto aveva origine nel fatto che papa Clemente V nel 1314, a
seguito della doppia elezione avventa in Germania, dopo la morte di Arrigo VII, di Ludovico il
Bavaro e di Federico d’Austria, aveva reclamato il diritto di reggere l’impero durante il
periodo di sede vacante.
Nel 1323 Giovanni XXII, salito al trono papale dopo la morte di Clemente V, non
volendo che l’imperatore scendesse in Italia, scaglia contro di lui la sua ira. Da prima afferma
che spetta al papa esaminare l’elezione e la persona del re dei romani, e che quindi spetta alla
sua persona approvarla o rifiutarla. Quindi impone all’imperatore di deporre il suo governo e ai
suoi sudditi di non prestargli ubbidienza. Ludovico rifiuta le condizioni del papa, il quale
lancia contro di lui la scomunica, e l’interdetto contro i suoi dipendenti.
Ludovico, quindi, scese in Italia nel 1328 e si fece incoronare, nonostante la scomunica
papale, re dei romani da quattro rappresentanti del popolo. Una volta incoronato dichiarò
deposto il papa di Avignone, e innalzò sul trono pontificio il francescano Pietro Rainalducci di
Corbara che prese il nome di Niccolò V.
Lucca, avendo aderito allo scisma dell’antipapa imperiale, subì l’interdetto, quindi le
chiese della diocesi, tra le quali rientra anche la pieve di S. Maria di Pescia, erano
ufficialmente “chiuse” (questo implicava il divieto di celebrare ufficiature corali, le
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celebrazioni dei sacramenti delle esequie e tutte le altre funzioni pubbliche). L’interdetto fu
revocato il 21 ottobre 1339 da papa Benedetto XII, ma per la parte della Valdinievole
controllata da Firenze l’interdetto durò fino al 13418.
Poco dopo l’incoronazione di Niccolò V, Ludovico, fu costretto ad abbandonare Roma
a causa di un dissenso popolare. Castruccio, saputo della perdita di Pistoia abbandona Roma,
dove si era recato per l’incoronazione di Ludovico, per rientrare in Toscana, dove riconquista
Pisa. Ma il 3 settembre del 1328 morì improvvisamente9.
Dopo la morte di Castruccio i comuni della Valdinievole che, essendo sostenitori di
Ludovico, il 30 marzo 1328, erano stati interdetti, cercando una loro autonomia, decisero di
costituirsi in una lega chiamata La Lega dei Castelli di Valdinievole.
I diversi delegati dei Comuni, si riunirono il 28 settembre 1328 nella chiesa di S.
Francesco di Pescia dove costituirono la lega, impegnandosi a fortificare le proprie terre,
stabilendo pene pecuniarie ai trasgressori.
La lega aveva un organo centrale, il consiglio, di cui il numero dei membri, che
avevano un mandato che durava sei mesi, era in relazione all’importanza dei Comuni, e quindi
Pescia e Buggiano avevano quattro membri per Comune; Montecatini tre; Massa,
Montevettolini, Uzzano e Vivinaia due; Monsummano, Vellano, Sorico, Pietrabuona, S. Pietro
in Campo, Collodi e Veneri uno.
Nel frattempo, nei pressi di Cisterna era scoppiato un dissidio tra i soldati dell’esercito
imperiale, a causa del mancato pagamento degli stipendi, che portò ad un ammutinamento di
circa ottocento uomini. Gli ammutinati lasciarono l’accampamento nei pressi di Pisa con
l’intento di prendere Lucca. Il tentativo di conquistare Lucca fallì e i soldati si spostarono in
Valdinievole, ma anche qui non riuscirono ad espugnare nessuna fortezza e quindi si
accamparono sul Curruglio. Da qui cominciarono campagne di ventura. Vivendo di rapine,
poco a poco, riuscirono a conquistare Lucca nel 1329. Presa la città, decisero di venderla al
migliore offerente. Il 2 settembre, al prezzo di 30.000 fiorini, l’acquistò il genovese
Gherardino Spignola.
Il 18 giugno del 1329 il consiglio della Lega dei Castelli della Valdinievole riunito
nella chiesa di S. Alluccio di Uzzano decise, compreso che con le loro poche risorse non
potevano sopravvivere alle potenze che li circondavano, di trattare la pace con Firenze, che
aveva già dimostrato di essere disposta a trattarla. Quindi, il 21 giugno ser Francesco di ser
8 SPICCIANI A., Scopi politici degli interventi fiorentini nelle istituzioni ecclesiastiche e nella
tradizione liturgica della Valdinievole, in MANNO TOLU R. (a cura di) « Itinerari di ricerca nelle fonti archivistiche della Valdinievole», Pistoia, 1987, pp. 54-55.
9 CALAMARI G., La lega dei comuni di Valdinievole e la loro pace con Firenze (1328-1329), in «Bullettino storico Pistoiese», XXVIII, Pistoia, 1926, pp. 145-149.
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Lippo per Pescia, ser Vallo di Lao per Buggiano e Bindaccio di Tuccio per Montecatini si
recarono a Pistoia, dove nella cattedrale sottoscrissero il trattato di pace.
Le condizioni del trattato erano:
I. L’obbligo dei Comuni della Valdinievole a rimanere obbedienti alla Chiesa romana e al
suo pontefice Giovanni XXII, di considerare amici gli amici del papa e rispettare
l’interdetto nel loro territorio;
II. L’obbligo del reciproco rispetto nelle persone, nei possessi e negli averi;
III. Il divieto di aiutare chi volesse far guerra, o in qualche modo danneggiare i rispettivi
comuni;
IV. Libertà di contrattare e di negoziare scambievolmente;
V. Il divieto per i Comuni della Valdinievole di ospitare coloro che volessero far guerra a
Firenze e obbligo per essi di fare in modo che il Comune di Firenze non sia
danneggiato;
VI. L’obbligo per la Valdinievole di concedere il libero passaggio ai Fiorentini e ai loro
alleati e di fornire loro vettovaglie al giusto prezzo, e per Firenze l’obbligo di risarcire
gli eventuali danni causati;
VII. L’obbligo per i Comuni della Valdinievole di riammettere i fuoriusciti e le loro
famiglie entro quindici giorni, ma con il divieto di estendere questo beneficio alle
persone dichiarate sospette, purché questi non superino un certo numero per Comune:
30 per Pescia, 25 per Motevettolini, 10 per Buggiano, 30 per Uzzano, 10 per il
Castellare, 4 per S. Pietro in Campo, 1 per Sorico, 100 per Montecatini (25 dei quali si
dovevano però ammettere entro il mese di agosto);
VIII. Il condono di tutte le pene ai fuoriusciti rientrati nei Comuni della provincia;
IX. L’obbligo per Firenze di punire chiunque avesse offeso nel suo territorio qualcuno
degli abitanti della Valdinievole e l’obbligo per i comuni della Valdinievole di punire
con la stessa pena chiunque avesse offeso un fiorentino;
X. L’obbligo per Firenze di non prestare aiuto a quei Comuni della Valdinievole che non
avessero rispettato i capitoli della pace e che turbassero il pacifico stato della provincia;
XI. Il divieto per i Comuni della Valdinievole di accogliere i ribelli e i banditi che vengono
loro notificati da Firenze;
XII. L’impegno da parte del Comune di Firenze perché le città e le terre loro amiche
facessero pace con la provincia della Valdinievole10.
10 La trascrizione del documento originale si trova in CALAMARI G., La lega dei comuni di
Valdinievole e la loro pace con Firenze (1328-1329), in «Bullettino storico Pistoiese», XXVIII, Pistoia, 1926, pp. 153-159.
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Questi scontri, che avrebbero deciso le future sorti politiche di città come Lucca, Pisa e
Firenze, avrebbero deciso anche le sorti di molte aree minori della Toscana, tra le quali la
Valdinievole, per le quali l’allineamento politico con l’una o con l’altra città avrebbe segnato
pesantemente il successivo sviluppo economico e sociale.
Come visto sopra, svanita la minaccia del Castracani, Firenze portò avanti una politica
di assestamento territoriale sul quale ambiva esercitare la propria giurisdizione, con l’intento di
eliminare le sacche di instabilità e di consolidare i nuovi ambiti di egemonia politica. Questo
scontro con la fazione filo imperiale portò i fiorentini a rafforzare il loro controllo nelle zone di
confine. Questi conquistarono alcuni punti chiave del territorio, con lo scopo di consolidare le
strutture difensive del districtus, conquistando alcune parti del contado di Pistoia e di Arezzo,
prendendo la custodia delle due città, ed in oltre esercitando il controllo su Colle e Poggibonsi
in Valdelsa, in funzione antisenese, e in Valdinievole, in funzione antilucchese11. L’espansione
fiorentina andava all’interno del contado e si svolgeva con azioni offensive contro le famiglie
signorili, e con azioni difensive nei confronti delle città più bellicose con lo scopo di dare una
base stabile al proprio dominio sub regionale.
Firenze, una volta completato l’assoggettamento della valle, si diede al consolidamento
delle strutture difensive, come dimostrano i lavori intrapresi a Buggiano nel 1346/1347 e i
lavori a Pescia nel 1348.
La città gigliata oltre a combattere con Lucca doveva anche controllare ingerenze
esterne, come quella degli Scaligeri, che la potevano coinvolgere in dinamiche politiche di più
ampio respiro. Per questo motivo la città gigliata aveva l’interesse di sistemare la situazione in
Valdinievole nel modo più rapido possibile. In tale direzzione furono spese tutte le energie
militari e diplomatiche con l’obiettivo di annettere i principali castelli della valle, nella
convinzione che così facendo i centri minori avrebbero seguito le sorti dei centri
economicamente e politicamente più importanti.
Il passaggio delle singole comunità da Lucca a Firenze, dopo il trattato del 21 giugno
del 1329, si può sintetizzare in due fasi principali. La prima va dall’agosto del 1330 al
novembre del 1331 con il passaggio delle comunità di Monsummano, Montecatini e
Montevettolini, la seconda fase si svolse nel corso del 1339 con il passaggio di Buggiano,
Pescia, Massa e Cozzile e Uzzano. La formalizzazione del dominio fiorentino della
Valdinievole fu accettata nel 1343 con la pace tra Pisa, Lucca e Firenze. Con questa pace,
11 CHITTOLINI G., Ricerche sull’ordinamento territoriale del dominio fiorentino agli inizi del secolo
XIV, in «Egemonia fiorentina ed autonomie locali nella Toscana nord-occidentale del primo Rinascimento: vita, arte, culture» Atti del settimo Convegno Internazionale ( Pistoia, 18-25 settembre 1975), Pistoia, 1978, pp. 17-18.
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Firenze, si vedeva riconosciuti i territori conquistati nelle propaggini più orientali del contado
lucchese a condizione di restituire i beni confiscati agli extrinseci ghibellini della Valdinievole
e della Valdarno inferiore12.
A Pescia e a Buggiano, la conquista fiorentina fu preparata dai guelfi dei due centri.
Questi esiliarono 87 ghibellini appartenenti alle famiglie più nobili e ricche di Pescia e
Buggiano, alcune delle quali legate da secoli a vincolo di fedeltà vassallatica alla chiesa di
Lucca13.
Lucca pensava che la cessione dei castelli della Valdinievole fosse una cessione
temporanea mentre invece Firenze ebbe idee molto chiare sulla sua espansione a danno di
Lucca. La fiorentinizzazione, infatti, non si limitò soltanto alle cariche amministrative ma si
estese anche alle cariche ecclesiastiche. Nella pieve di S. Maria di Pescia, per esempio, i
fiorentini cominciarono ad insediare personaggi appartenenti a famiglie nobili di Firenze,
come Lorenzo Corsini, Michele Michi, Angelo Strozzi, Pietro Cavalcanti che ressero la pieve
dal 1364 al 1423. Non abbiamo notizie sulle nomine dei canonici del capitolo plebano
dell’antica e gloriosa canonica regolare di Pescia, riformata nell’XI secolo e storicamente
legata a Lucca. E’ comunque importante rilevare che nel XIV secolo, l’ufficio plebano poteva
essere conferito a “non residenti” che ne percepivano i vantaggi economici14.
Le simmetrie del potere, dopo la pace del 1343, sono ricavabili attraverso l’esame dei
singoli Capitoli e dalle condizioni ordinate da Firenze in occasione delle diverse sottomissioni
delle singole comunità. I documenti che ci permettono di comprendere meglio le dinamiche
dei rapporti tra la vallata e Firenze, non sono tanto quelli relativi alle sottomissioni in senso
stretto ma piuttosto quelli che sanzionano nel dettaglio gli obblighi e i privilegi tra le due parti
contraenti.
In sostanza Firenze assumeva il pieno controllo delle singole comunità, che, però,
mantenevano il diritto di nominare un proprio podestà che aveva la facoltà di esercitare le
proprie funzioni giurisdizionali ad un livello gerarchico inferiore a quello delle magistrature
urbane, con riferimento alla giustizia civile, alla regolamentazione del danno dato ed alla bassa
giustizia penale; la possibilità di redigere propri testi statutari da sottoporre, ogni tre anni alla
12 FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza
lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, pp. 84-85.
13 SPICCIANI A., Scopi politici degli interventi fiorentini nelle istituzioni ecclesiastiche e nella tradizione liturgica della Valdinievole, in MANNO TOLU R. (a cura di) « Itinerari di ricerca nelle fonti archivistiche della Valdinievole», Pistoia, 1987, p. 52.
14 SPICCIANI A., Scopi politici degli interventi fiorentini nelle istituzioni ecclesiastiche e nella tradizione liturgica della Valdinievole, in MANNO TOLU R. (a cura di) « Itinerari di ricerca nelle fonti archivistiche della Valdinievole», Pistoia, 1987, pp. 53-54 e ancora COTURRI E., Pistoia, Lucca e la Valdinievole nel medioevo. Raccolta di saggi, Pistoia, 1998, pp. 209-211.
14
revisione degli organi fiorentini, unitamente all’impegno che la popolazione della Valdinievole
avrebbe acquisito la condizione di districtuales florentini, con l’obbligo di rispettare e
sottostare all’apparato normativo urbano. Seguivano poi una serie di oneri di natura militare,
come il servizio nell’esercito di Firenze, e rituali, come l’offerta del cero in occasione della
fasta di San Giovanni15, a questi si univano altri vincoli, come quello di rifiutare ospitalità ai
banditi del Comune di Firenze e il divieto di vendere o alienare, a qualsiasi titolo, proprietà
immobiliari a magnati della città e del distretto fiorentino. Oltre agli obblighi, Firenze
concedeva dei privilegi alle comunità appena acquisite, tra questi vi erano delle esenzioni e
delle immunità come la remissione dei debiti, personali e collettivi, e la possibilità per gli
artigiani ed i professionisti (giudici, medici e notai) di usufruire di particolari vantaggi, per
esempio si potevano iscrivere gratuitamente, entro un termine fissato16, alle matricole delle
Arti fiorentine. Inoltre veniva riconosciuto un periodo di totale esenzione fiscale, periodo che
variava da comunità a comunità17.
Da questi Capitoli si ha l’impressione che Firenze non avesse un preordinato piano di
espansione politico nella valle, ma che piuttosto il precipitare degli eventi avesse costretto i
fiorentini a scendere in campo, nel corso del terzo decennio del Trecento, con l’intento di
consolidare e mantenere le strutture difensive e le capacità di commercio del proprio territorio.
Infatti, la città gigliata, mandò in Valdinievole ufficiali con una provata esperienza militare e
giuridica, e quindi capaci di gestire situazioni di tensione ed emergenza, come Giovanni della
Tosa che fu podestà di Montecatini nel 1330, Berto Frescobaldi podestà di Pescia nel 1339 o i
numerosi vicari che furono presi, come visto sopra per la reggenza della pieve di Pescia, dalle
maggiori famiglie cittadine come gli Adimari, gli Strozzi, i Medici, gli Aldobrandini, gli
Albizzi e così via18 .
15 E’ comunque interessante notare che a Pescia e a Buggiano, a partire dal XIV secolo, si diffuse il culto
paraliturgico del crocifisso, che secondo lo Spicciani sarebbe da ricollegare al culto del Volto Santo di Lucca. SPICCIANI A., Scopi politici degli interventi fiorentini nelle istituzioni ecclesiastiche e nella tradizione liturgica della Valdinievole, in MANNO TOLU R. (a cura di) « Itinerari di ricerca nelle fonti archivistiche della Valdinievole», Pistoia, 1987, p. 53.
16 Nei capitoli dei primi anni, ed in articolare in quelli tra il 1330 ed il 1331 il termine fissato per l’immatricolazione è di sei mesi, mentre in quelli stipulati alla fine degli anni trenta il termine è dilatato a due anni. Questa dilatazione ci fa capire come Firenze avesse urgenza di chiudere i primi accordi con le comunità della valle.
17 FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, pp. 85-87.
18 FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, p. 89.
15
I fiorentini fecero redigere, immediatamente dopo il passaggio dei centri della
Valdinievole da Lucca a Firenze, le carte statutarie locali19. Questa rapidità, che fu
probabilmente dettata dalla necessità di fare avvertire alla popolazione della valle la presenza
della nuova Dominante, fece sì che a Pescia furono redatte due diverse statuizioni nell’arco di
poco più di un anno, nel 1339 e nel 1340, segno evidente che la prima era stata impostata su un
preesistente testo lucchese che dovette essere riscritto per allinearsi al quadro normativo
fiorentino20 .
Come visto, l’espandersi di Firenze in Valdinievole non fu né una conquista né un
passaggio di potere ma si trattò di una sorta di compromesso che sintetizzava le necessità delle
due parti in causa nella prospettiva di tutelare al meglio i loro reciproci interessi futuri.
1.2 Stato della ricerca archeologica sulla Valdinievole del XIV secolo
In questo paragrafo si riporteranno sinteticamente le notizie degli scavi e delle ricerche
che hanno interessato negli ultimi anni la Valdinievole.
Fig. 1 Situazione di complessa visibilità superficiale dovuta al bosco e all’incolto (Monte Lignana visto da
Pontito).
19 FASANO GUARINI E., Gli statuti delle città soggette a Firenze tra ‘400 e ‘500: riforme locali e
interventi centrali, in Statuti, città, territori in Italia e Germania tra medioevo ed età moderna, CHITTOLINI G., WILLOWEIT D. (a cura di), Bologna, 1991, pp. 77-79.
20 FRANCESCONI G., Le comunità della Valdinievole nella prima metà del trecento tra influenza lucchese e dominio fiorentino: primi appunti, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano Castello, 2000, pp. 89-90.
16
Il paesaggio attuale della Valdinievole, caratterizzato da una fitta copertura di
vegetazione (Fig. 1), rende difficoltoso individuare le tracce archeologiche presenti sul
territorio. L’individuazione di queste tracce è stata, in qualche caso, agevolata da fenomeni di
erosione, frane, lavori stradali, edili o agricoli.
L’individuazione delle tracce archeologiche risulta altrettanto complessa nelle zone di
pianura della valle. Le zone di pianura sono infatti intensamente urbanizzate o caratterizzate da
coltri sedimentarie principalmente dovute ad interventi di bonifica. E’ da notare però che gli
insediamenti scomparsi si trovano principalmente nella zona collinare della Valdinievole.
Per questi motivi è stata attuata, inizialmente, una strategia di ricerca che prevedeva
delle ricognizioni mirate, la verifica delle foto aeree delle sommità e dell’abitato rurale sparso.
Questo approccio è stato approfondito, come nel caso di Monsummano, con la scelta e la
ricognizione di transetti campione. Così facendo sono stati individuati numerose evidenze
archeologiche. Queste sono principalmente microinfrastrutture produttive, come cave, mulini,
fornaci, carbonaie, uccelliere, terrazzamenti, metati, edifici sepolti abbandonati o ancora in
uso, ma anche di tracce di utilizzo agrario diffuso del suolo, testimoniato da concimazioni
agricole realizzate con i rifiuti dei centri vicini, con cronologie risalenti principalmente al
XVII-XIX secolo21.
Uno studio a livello storico-topografico che analizza gli aspetti generali delle tendenze,
come la riduzione del popolamento e la scomparsa di alcuni importanti centri della precedente
rete insediativa sarà il punto principale sul quale verterà buona parte della seguente schedatura
dei siti. I siti dei quali si parlerà qui di seguito ci aiuteranno a comprendere meglio la centralità
del XIV secolo per la Valdinievole, periodo essenziale per comprendere sia la continuità di
vita per alcuni insediamenti e sia l’abbandono di altri. L’utilizzo dell’analisi stratigrafica
permetterà di approfondire e confermare i dati ricavati dalle fonti storiche. Se prendiamo ad
esempio il sito di Lignana, per il quale le fonti attestano l’abbandono nel 1362, possiamo
andare a controllare se questa data è veramente un terminus ante quem. La veridicità di questo
dato sarà riscontrabile solo attraverso lo studio delle evidenze materiali, quindi, sarà
importante, per Lignana e per gli altri siti da indagare, non voler per forza riconoscere a queste
indicazioni cronologiche un valore assoluto.
21 MILANESE M., Fonti archeologiche per una storia dei paesaggi rurali della Valdinievole, in «Atti
del convegno Immagini della Valdinievole nel tempo», Buggiano , 2003, p. 37-41.
17
Fig. 2 Pianta con le principali località citate nel testo. Da MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia
del XIV secolo in Valdinievole, Buggiano, 2000.
Tra i siti distrutti o abbandonati nel corso del XIV secolo troviamo Lignana, di cui
parleremo nel capitolo IV, il Castello della Verruca, Terrazzana e Pievaccia (Pieve di Furfalo).
Castello di Verruca
Il castello è situato fin dai tempi antichi nel territorio giurisdizionale di Pistoia, nella
parte orientale della valle della Borra. Il primo documento in cui il castello è menzionato risale
al 1003. In questo documento è attestata la cessione da parte degli Aldobrandeschi di metà de
monte et poio seo castello illo de Verruca cum meditetatem de ecclesia S. Genesi, quae est
edificata prope ipso castello, quod est infra comitato pistoriense et est infra territorio de plebe
Sancte Marie, sito, Masse in favore di Buggiano, che già deteneva metà del castello22.
22 Archivio Arcivescovile di Lucca, I, 21; e ancora MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia
del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 227-228.
18
Questo documento testimonia, più che una transazione nata per motivi economici, una
esigenza di cementare o semplicemente garantirsi alleanze politiche da parte di due gruppi di
potere che nell’XI secolo definirono le loro aree di giurisdizione23.
L’atto ci aiuta a comprendere la situazione politica del castello di Verruca, diviso in un
duplice rapporto tra Pistoia e Lucca, situazione che porterà il castello al centro di scontri
durante il XIV secolo. La Verruca si trovava sotto il controllo giurisdizionale di Pistoia ma,
allo stesso tempo, nella diocesi di Lucca, all’interno della pievania facente capo alla chiesa di
S. Maria di Massa Buggianese. Inoltre, dalla fine dell’XI secolo, papa Urbano II aveva
riconosciuto alla diocesi di Pistoia la giurisdizione della cappella della Verruca.
Il documento successivo che nomina la Verruca è del 1181. Il Conte Guido del fu
Rodolfo degli Alberti è detto signore di Verruca, Serra e Monsummano24, ma il documento
non chiarisce come e quando sia avvenuto il passaggio di possesso a questo ramo della potente
famiglia toscana. Il dominio degli Alberti sul castello di Verruca dovette rinsaldare i legami
con la città di Pistoia, tanto che nel 1255, al momento della costituzione del Comune rurale,
esso si può definire sicuramente pistoiese25.
Lucca, che non aveva mai rinunciato al controllo di questo castello, nel 1303, grazie
all’aiuto dei massesi e, forse, al tradimento della guarnigione pistoiese, riuscì a conquistare il
castello. Parte delle fortificazioni furono distrutte e l’antico torrione di Verruca furono
attribuiti al Comune di Massa, insieme alla quale costituì una vicaria, che comprendeva anche
il borgo fortificato di Cozzile. Da questo momento in poi le sorti di Verruca sono legate a
quelle di Massa, e con questa, nel 1339, entrò a far parte della nuova vicaria fiorentina. Nel
XV secolo il castello di Verruca risulta essere già spopolato.
L’incastellamento del villaggio sommitale e il suo abbandono, fanno di Verruca un
sito-campione molto interessante. Il villaggio, non più abitato dopo il suo abbandono, si
presenta in buona parte intatto e quindi in grado di restituire contesti antichi nella loro
integrità.
23 COLLAVINI S., I conti Aldobrandeschi e la Valdinievole: una nota sulla situazione politica della Tuscia nei primi anni dell’XI secolo, in « Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, p. 106.
24 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 228.
25 SANTOLI Q., Liber Finium districtus Pistorii (a. 1255), “Fonti per la storia d’Italia” 93, Roma, 1956, I, 32:283.
19
Terrazzana
Il sito di Terrazzana (Stiappa) è ubicato ad una quota di 670 m s.l.m., su una terrazza
fluviale sulla riva destra della Pescia di Pontito. Il sito è stato evidenziato negli anni settanta
dal Gars di Pescia, dopo che i lavori per la nuova strada Stiappa-Pontito hanno tagliato, senza
alcun controllo archeologico, il sito in due parti.
Il sito è stato indagato con tre campagne di scavo, realizzate tra il 1992 e il 1994 e
dirette da Marco Milanese, volute dalla Sopraintendenza Archeologica della Toscana in
collaborazione con l’Università di Sassari.
Il sito è molto più piccolo di quello di Lignana, e anche molto diverso da questo per
organizzazione e significati.
Il toponimo di Terrathana è attestato per la prima volta, citato come Villa, in un
documento del 1227 nel quale sono elencate una serie di ville lucchesi danneggiate da alcuni
attacchi di Pistoia. La definizione di Villa è confermata da un altro documento del 1364, che
parlando di censi pro herdibus di Villa Terraçana ne testimonia l’abbandono26.
La mancanza di riferimenti documentari anteriori al XIII secolo si scontra con evidenze
archeologiche altomedievali che suggeriscono una datazione di questo centro insediativo ad
un’epoca anteriore all’XI secolo27.
Sul sito sono state individuate tracce di capanne altomedievali in legno e di un recinto.
Queste strutture possono essere spiegate come evidenze archeologiche della colonizzazione
agraria della montagna. La mancanza di questo insediamento nella documentazione
altomedievale si può interpretare con la “rifondazione” del sito al momento del suo
incastellamento che ha comportato un cambiamento nel toponimo28 e per questo motivo il
toponimo altomedievale potrebbe essere stato caratterizzato da una forma differente.
I dati ricavati dalle campagne di scavo hanno fornito elementi per la ricostruzione del
paesaggio rurale altomedievale e medievale della zona circostante Terrazzana, infatti,
attraverso indagini antracologiche condotte su campioni di sedimento proveniente dalla zona
sommitale dell’insediamento, si è visto che il castagno svolgeva un ruolo predominante e in
alcuni casi era associato a specie presenti in maniera sporadica come la quercia ed il frassino.
Per confermare questi dati sarebbe opportuno effettuare delle analisi palinologiche, questo
26 QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del
potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, Pisa, 1999, p. 61. 27 MILANESE M., Fonti archeologiche per una storia dei paesaggi rurali della Valdinievole, in «Atti
del convegno Immagini della Valdinievole nel tempo», Buggiano , 2003, p. 60. 28 QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del
potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, Pisa, 1999, p. 84.
20
perché il semplice risultato delle analisi antracologiche può risultare falsato se non si tiene
conto delle dinamiche di selezione delle risorse vegetali, dinamiche che hanno determinato la
presenza o l’assenza di determinate specie vegetali.
Nonostante la mancanza delle analisi palinilogiche, la predominanza del castagno,
risultata dagli esami antracologici, è confermata dai ritrovamenti, nel sito di Terrazzana, di
macine rotatorie manuali, utilizzate per la produzione di farina di castagne e di testi ceramici,
utilizzati per la cottura delle focacce di castagne29 .
Fig. 3 Pianta del castello di Terrazzana.
Il sito ha restituito anche numerose tracce relative all’uso agro-silvestre avvenuto dopo
l’abbandono di Terrazzana. Tra queste evidenze la più interessante è una carbonaia a fossa.
Questo tipo di carbonaia, la quale è molto attestata in altre arie appenniniche da fonti orali,
etnografiche e letterarie medievali, si differenzia dalle più “recenti” e diffuse carbonaie a
piazzola.
Terrazzana, quindi, risulta essere un sito molto importante per approfondire la
conoscenza, attraverso lo studio antracologico e archeometrico, del paesaggio agrario dell’area
montana della Valdinievole.
29 MILANESE M., Fonti archeologiche per una storia dei paesaggi rurali della Valdinievole, in «Atti del convegno Immagini della Valdinievole nel tempo», Buggiano , 2003, p. 62, e ancora QUIROS CASTILLO J. A., Cambios y trasformaciones en el paisaje del Apenino toscano entre la Antiguedad Tarda y Edad Medai. El castano,in «Archeologia Medievale», XXV, , 1998, p. 183.
21
Pievaccia (Pieve di Furfallo)
Non lontano da Serra Pistoiese si trova la chiesetta detta Pievaccia, da alcuni autori
indicata come la Pieve di S. Andrea di Furfallo, attestata già in un diploma di Ottone II del
998.
Allo stato attuale della conoscenza, l’ipotesi che identifica nella Pievaccia la Pieve di
Furfallo sembra la più plausibile. I ruderi della Pievaccia mostrano una chiara architettura
romanica che, nel caso in cui l’ipotesi di riconoscervi la Pieve di Furfallo fosse giusta, si
riferirebbero ad una risistemazione dell’edificio originale.
I documenti tra l’XI e il XIII secolo ci definiscono i confini del plebato della chiesa di
S. Andrea, e delle ville ad essa soggette, sempre concentrati nell’alta Nievole.
A partire dal XIV secolo le fonti sulla chiesa di S. Andrea si fanno più numerosi. Nel
sinodo del 1311 viene annoverato un tale Pisanus canonico della Pieve di Serra, questo era il
nome con cui era chiamata la chiesa al momento in cui gli Alberti consolidarono il potere sul
Castello di Serra. Questa menzione ci permette di capire che la chiesa era collegiata ma non ci
fornisce altre notizie che ci permettano di comprendere dove fosse la residenza degli altri
canonici.
I documenti relativi alla fase di abbandono della pieve ci forniscono descrizioni più
dettagliate. La fase di abbandono ebbe inizio durante i primi decenni del XIV secolo, durante il
periodo in cui la zona era soggetta ad incursioni da parte delle truppe di Castruccio Castracani
e da quelle di Ludovico il Bavaro30 .
Da una visita pastorale del 1373, effettuata dal Vescovo Giovanni Vivenzi, risulta che
il pievano di S. Andrea di Serra era assente. Questa notizia sembra escludere il definitivo
abbandono dell’edificio come luogo di culto. L’abbandono è invece attesto in una visita
pastorale del 1442, effettuata dal vescovo Donato de’ Medici, nella quale viene dichiarato
esplicitamente che nella chiesa non si praticano più funzioni. In un’altra visita del 1535
l’edificio risulta già in rovina31.
La pieve di Furfallo è un classico esempio di quegli insediamenti ecclesiastici, nati tra
l’Altomedioevo e l’XI secolo, questi svolgevano la funzione di controllare e coordinare
l’insediamento sparso caratteristico di questi secoli. La sua funzione venne meno quando, tra
l’XI e il XIII secolo, iniziò il processo di incastellamento delle diverse località della valle. Il
30 RAUTY N., La pieve di S. Andrea di Furfallo o di Serra, in «Bullettino storico Pistoiese», Pistoia,
1970, pp. 95-120. 31 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 231.
22
definitivo colpo di grazia fu dato dalla crisi demografica del XIV che portò all’abbandono
della pieve e al passaggio dei suoi diritti plebani alla pieve castrese, della vicina Serra, di S.
Leonardo.
I primi interventi di scavo risalgono al 1934/1935 furono diretti da Roberto Pio
Gattaschi. Lo scavo si risolse con l’apertura di alcune trincee di sterro a ridosso della muratura
meridionale, all’interno della porta di accesso principale, presso il portalino sul lato Ovest e
nell’angolo Sud-Ovest all’interno del presbiterio. Durante gli scavi fu ritrovato l’ultimo piano
di calpestio e l’imponente fonte battesimale. Il presbiterio fu liberato dai crolli, raggiungendo i
livelli dove si impostava l’altare, del quale furono ritrovate alcune parti. Il Gatteschi stava però
cercando una cripta, e quindi continuando a scavare trovò un altro basamento in pietra e malta,
al di sotto del quale descrisse una certa successione di strati di origine naturale ed antropica
che ricoprivano due scheletri. Il Gattaschi non ci descrive i materiali ritrovati, né suggerisce
una datazione assoluta per questi resti. L’unica interpretazione che ci dà è che vista la presenza
di un livello di terreno combusto i due scheletri sarebbero legati ad un sacrificio umano, a suo
giudizio espiato proprio con la fondazione della Pieve di Furfallo32.
Fig. 4 Planimetria dei resti della Pievaccia. Da MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV
secolo in Valdinievole, Buggiano, 2000.
Nel 1998 l’università di Pisa ha realizzato una ricognizione sul sito nella quale sono
state studiate le murature rimaste in elevato. Le murature sono state oggetto di rilievo
planimetrico e di una dettagliata documentazione grafica e fotografica dei paramenti ancora
leggibili.
32 Le notizie sullo scavo del Gattaschi sono riportate in AIAZZI A., Il Castello di Serra Pistoiese, Serra
Pistoiese, 1999.
23
Ad un’analisi preliminare delle informazioni ricavate dalla lettura stratigrafica
dell’elevato, dall’analisi delle tecniche costruttive e dalla struttura architettonica, sembra
possibile datare i resti della chiesa ad un periodo compreso tra l’XI e gli inizi del XII secolo. Si
tratta di un edificio ad una sola navata monoabsidato in pieno stile romanico, costruito da
maestranze molto abili che hanno lavorato con cura i conci, caratterizzati da nastrino e
spianatura della faccia a vista a gradina, ed hanno impiegato elementi litici modanati e
sagomati per le rifiniture degli zoccoli, in basso, e delle aperture, in alto. La datazione a questo
periodo è confermata dal confronto con le altre chiese dell’alta Nievole33.
Qui di seguito si tratterà sinteticamente dei siti che hanno avuto una continuità dopo il
XIV secolo, cioè: il castello di Montecatini, il castello di Monsummano e Massa Buggianese.
Il castello di Montecatini
La prima apparizione di Montecatini in un documento scritto risale al 1016. Il
documento è una Charta libelli che presenta un elenco di ville appartenenti al territorio di S.
Pietro di Neure. La citazione è presente anche in una charta del 1062. Nel 1074, un documento
ci presenta Montecatini come un centro già fortificato. Già dal X secolo il castello presenta
molti legami con il vescovo di Lucca. Il legame tra il castello e il vescovo di Lucca si rafforza
ulteriormente nel corso del XII, periodo nel quale si registra un forte aumento della
popolazione, aumento dovuto al processo dell’incastellamento. Montecatini è menzionata per
la prima volta come Comune già esistente in un documento del 116734.
Il castello è caratterizzato dalla divisione in due nuclei, il Castello Vecchio e il Castello
Nuovo. I due castelli sono collocati su due alture contrapposte, collegate da una depressione
mediana. Sui due rilievi sono collocati i due castelli sopra citati, caratterizzati dalla presenza
dei resti di numerose case torri35.
All’inizio del Trecento, dopo la conquista di Lucca e l’espansione in Valdinievole da
parte di Uguccione della Faggiola, Firenze intervenne stanziando un suo contingente a
33 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 235. 34 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 237. 35 SPIACCIANI A., I possessi del vescovo di Lucca a Montecatini tra il secolo XI e il XII secolo, in
«Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, p. 185.
24
Montecatini, ma, come visto nel paragrafo precedente, i fiorentini furono sconfitti da
Uguccione, che si impadronì di Montecatini. Con l’ascesa al potere di Castruccio Castracani si
instaurò un regime di guerra permanente che termino solo nel 1328, alla morte di Castruccio.
La ribellione di Montecatini a Firenze del 1329 causò l’incendio del borgo e l’assedio del
castello. Nel 1330 Montecatini si arrese ai fiorentini, quest’ultimi discussero a lungo sulla
possibilità di distruggere definitivamente il castello, ma alla fine decisero di risparmiarlo. La
nuova posizione di Montecatini all’interno dello stato fiorentino durò, apparentemente senza
problemi fino al 1554. In quell’anno, durante la guerra tra Firenze e Siena, il capitano di
ventura Piero Strozzi, intervenuto nel conflitto per aiutare Siena, si stabilì a Montecatini.
Questo scatenò la reazione di Cosimo de’Medici che rase al suolo le fortificazioni di
Montecatini e ne incendiò l’archivio del Comune36.
Fig. 5 Planimetria della rocca di Montecatini (scavi 1995-1996). Da MILANESE M., BALDASSARRI M.,
L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, Buggiano, 2000.
Nel 1994 ha avuto inizio una campagna di valutazione archeologica, attraverso dei
carotaggi meccanici del castello di Montecatini. I carotaggi sono stati effettuati all’interno
della Rocca pentagonale del Castello Vecchio, all’esterno di questa e nelle vicinanze della
limitrofa chiesa di San Michele37, nonché nel contrapposto Castello Nuovo, sulla cui sommità,
36 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 238. 37 La chiesa di San Michele è attesta come pieve almeno dal 1173, vedi SPIACCIANI A., I possessi del
vescovo di Lucca a Montecatini tra il secolo XI e il XII secolo, in «Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, p. 165.
25
i carotaggi hanno evidenziato una depressione, profonda circa 2 m, sulla superficie rocciosa,
alla base della quale sono stati identificati dei limi torbosi forse riconducibili ad acque
stagnanti, contenenti reperti ceramici grezzi di epoca medievale.
All’interno della Rocca del Castello Vecchio, nel dicembre del 1994, è stato aperto un
saggio (area 100), in prossimità dell’unica torre conservata in elevato in quest’area del
castello38. Nelle successive campagne del 1995 e del 1996 sono stati indagati in maniera
estensiva i settori meridionali (aree 400-500, 1000) e settentrionali (area 600-700) del sito.
La prima fase di frequentazione della Rocca pentagonale è testimoniata dalla presenza
di resti di strutture in legno e pietra a secco localizzate sul versante sommitale Sud. In
corrispondenza della torre sono state rinvenute delle buche di palo e delle canalette scavate
direttamente nel piano roccioso.
Una seconda fase di vita del sito corrisponde a quando vengono costruite, sulla
sommità del colle, le torri. Queste sono realizzate con un paramento di grossi conci di arenaria
con la superficie esterna spianata. La torre ancora esistente è a pianta quadrata, con risega di
fondazione a gradini tranne che sul lato Nord. Lo scavo di questa torre ha restituito, all’interno
di essa, un’articolata sequenza di crolli e riempimenti, un contesto trecentesco, caratterizzato
da materiali di pregio, pedine e dadi da gioco in osso.
La torre, caratterizza l’organizzazione dello spazio sommitale anche nel tardo XIII
secolo, quando nel Castello Vecchio vengono costruiti due edifici, privi di scopo difensivo,
(500 e 700) connotati come edifici privilegiati. I due edifici furono costruiti lungo il versante
Est (edificio 500) e lungo il versante Ovest (edificio 700) con pianta rettangolare. La
realizzazione dei due edifici ha richiesto il taglio e la regolarizzazione della roccia mediante
uno sfruttamento a gradoni, tipico delle aree di pendio.
L’edifico ad Est, che misura m 7,20x6, presenta diverse fasi di ristrutturazione ma in
origine era costituito da un grande vano unico con accesso dal versante orientale. Lungo il
perimetrale Sud si addossava un pozzo nero in muratura, delle dimensioni di m 1,25x0,80, con
fondo a dispersione per lo smaltimento dei liquami.
L’assoggettamento a Firenze del XIV segna, per l’area sommitale un periodo di
radicale trasformazione. L’area viene organizzata come vera e propria Rocca, attraverso la
costruzione di un perimetro murario di forma pentagonale che ingloba organicamente uno
degli edifici e una torre. Questo assetto arriverà con poche modifiche fino alla distruzione
operata dai Medici nel 1554.
38 MILANESE M., Campagna di scavo 1994 nel castello di Montecatini Alto, in «Notiziario di Archeologia Medievale», 65, Genova, 1995, pp. 5-6.
26
Da questa data, la Rocca di Montecatini, fu un’area in rovina, utilizzata come zona di
cava per materiali di costruzione, con momenti di attività e di pausa. In uno di questi momenti
di pausa, tra il tardo XVI e gli inizi del XVII secolo, il settore settentrionale venne utilizzato
come necropoli39.
Il castello di Monsummano
La più antica menzione del castello di Monsummano viene generalmente indicata in
una charta livelli rogata a Lucca nell’agosto del 1005, ma nota da una copia del XII secolo,
questa, però, presenta margini di ambiguità. Il documento parla della cessione livellaria di
metà di una corte, di un castello, dei beni fondiari e degli uomini del monastero di S.
Tommaso40 ma non specifica il nome del castello, anche se i riferimenti topografici, in
particolare della chiesa di San Vito portano a riconoscervi il casello di Monsummano, anche se
alcuni ipotizzano che il castello sia quello del monastero di S. Tommaso piuttosto che quello di
Monsummano41.
La prima attestazione scritta certa del castello di Monsummano risale all’ottobre del
1130, quando il conte Ildebrando III degli Alberti cedette ad Umberto, Vescovo di Lucca, metà
del castello di Monsummano e dei diritti signorili42.
Il controllo degli Alberti sul castello di Monsummano dovette essere ancora efficace
nell’ultimo quarto del XII secolo, infatti, nel 1181, il conte Guido II Borgognone viene citato
come signore di Verruca, Monsummano e Serra43.
La trasformazione di Monsummano in comune è attestata in un documento, del 1216,
nel quale il conte Tagliaferro, membro della famiglia degli Alberti, è citato come podestà di
Monsummano. Il fatto che uno degli Alberti ricoprisse questa carica ci fa vedere come questa
famiglia cercasse di mantenere un residuo di autorità, in un’epoca di declino per le famiglie
signorili, ma nel 1218 il castello di Monsummano fu completamente alienato al vescovo di
Lucca.
39 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, pp. 238-243. 40 S. Amato sul monte Albano SPIACCIANI A., I possessi del vescovo di Lucca a Montecatini tra il
secolo XI e il XII secolo, in «Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, p. 166.
41 COLLAVINI S., I conti Alberti e la Valdinievole: una nota sulla situazione politica della Tuscia nei primi anni dell’XI secolo, in « Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, pp. 107 e 130-131.
42 CECCARELLI LEMUT M. L., I conti Alberti in Valdinievole, in « Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, pp. 35-36.
43 CECCARELLI LEMUT M. L., I conti Alberti in Valdinievole, in « Atti del convegno Signori e feudatari nella Valdinievole dal X al XII secolo», Buggiano, 1992, pp. 36-38.
27
I lucchesi riconobbero subito il forte valore strategico che assumeva il castello di
Monsummano nella loro guerra contro Pistoia.
Monsummano prese parte alla lega formatasi in Valdinievole nel 1328, come visto nel
paragrafo precedente, che si sottomise a Firenze tra il 1329 e il 1331. Il nuovo statuto di
Monsummano fu approvato da Firenze nel 1331 e nel novembre di quello stesso anno fu
nominato il primo podestà fiorentino, con l’obbligo di residenza nel castello.
Nel 1372 è attestato, nelle vicinanze del castello di Monsummano, il castrum
Segalarius, forse di proprietà degli Alberti.
Fig. 6 Il castello di Monsummano e il castrum di Segalaris.
Già nei primi decenni della dominazione fiorentina le condizioni del castello non
dovevano essere ottimali, infatti, Berengario, Vescovo di Lucca, nel corso di una Visita
Pastorale (29 novembre 1354) rinuncia a visitare la chiesa di S. Niccolò, per il cattivo stato
della strada. Durante la stessa visita pastorale viene registrata l’assenza del parroco, che,
secondo la testimonianza di due operaij dicte ecclesie “[…] ludit cotidie in taberna ad unum
brigantis”44.
44Cfr COTURRI E., Pistoia, Lucca e la Valdinievole nel medioevo. Raccolta di saggi, Pistoia, 1998, p.
262.
28
Il degrado continuo del sito è testimoniata anche da altre fonti scritte successive alla
Visita Pastorale del 1354. Nel gennaio del 1433 gli abitanti del castello di Monsummano
chiedono a Firenze aiuto per il restauro della rocca, che probabilmente non fu mai eseguito.
Nel 1466 il Vescovo di Lucca non poté giungere al castello a causa dell’impraticabilità della
strada45.Questo isolamento portò gli abitanti, nel tardo XVI, a spostarsi verso la pianura.
L’abbandono non trasformò il castello in una cava per il materiale da costruzione,
almeno fino all’apertura dell’attuale via carrozzabile. Per questo motivo il castello di
Monsummano è giunto fino a noi con un buon grado di leggibilità complessiva.
Il sito è rientrato nell’interesse di varie istituzioni e ricercatori a vario titolo operanti in
questo territorio. Il risultato di questo interessamento è stato un rilievo generale del sito ed uno
studio storico-archeologico delle evidenze disponibili, nonché in alcuni recuperi effettuati dal
Gruppo Archeologico della Valdinievole e successivi saggi di scavo diretti da G. Uggeri nel
1984-85 e da A. Patera nel 199346.
Attualmente le strutture in elevato visibili nel castello sono la cinta muraria, la torre
d’avvistamento pentagonale, ubicata sul vertice occidentale della cinta, la piazza, il complesso
ecclesiastico pluristratigrafico della chiesa di San Nicolao con annessa necropoli ed altri edifici
non meglio identificati. Le numerose macro e microanomalie del terreno, presenti su tutto il
sito, suggeriscono la presenza di altri edifici sepolti.
I reperti rinvenuti sul sito, oltre ad attestare una frequentazione della zona in epoca
romana (II-I secolo a. C.), indicano che le stratificazioni archeologiche toccate dai sondaggi
sono riferibili alle fasi della più tarda utilizzazione del castello (XV-XVI secolo), mentre i
reperti trecenteschi sembrano principalmente residuali, ridepositati in contesti posteriori47.
Massa Buggianese
Massa risulta essere, già a partire della fine del IX secolo, uno dei centri di
organizzazione del territorio per la presenza di una delle più antiche pievi menzionate nelle
fonti antiche note. A partire dall’898 è ricordata la plebs S. Mariae de Massa prope Burra
mentre l’abitato di Massa è menzionato in un elenco di 21 villae alla suddetta pieve, quando la
45 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, pp. 248-249. 46 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 249. 47 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 251.
29
metà delle decime ad essa dipendenti sono cedute a Sigfrido e Cunerado del fu Teudegrimo,
uno dei rami della famiglia poi detta “da Buggiano”. L’ubicazione della plebs doveva essere
dettata non solo dalla presenza di una antica villa romana, ma soprattutto dalla posizione
strategica rispetto agli altri centri e alla viabilità 48.
In seguito, nonostante la presenza della pieve, Massa continua ad essere ricordata dalle
fonti come villa, anche quando, nell’XI secolo passa sotto il controllo dei Signori da Buggiano.
Nel XII secolo Massa doveva essere ancora un villaggio non fortificato e, forse, di relativa
importanza nelle politiche di controllo della popolazione e delle rendite del territorio
all’interno del districtus dei Da Buggiano.
In un documento della fine del XIII secolo si fa, per la prima volta, riferimento a terreni
ubicati nel castellum de Massa, e di beni immobili confinanti con il muro di detto castello. E’
proprio la cronologia piuttosto bassa di questa attestazione che lascia un ampio margine di
dubbio circa l’origine signorile di questa trasformazione, attestata per le altre località della
Valdinievole fin dai secoli centrali del Medioevo. Una possibilità è che la chiusura dell’abitato
sia stata messa in opera dal Comune rurale, le cui istituzioni si erano già consolidate agli inizi
del Duecento. Tuttavia, stando alla documentazione archivistica, gli organi del Comune a
partire dal 1320 realizzarono il palazzo del Comune con il loggiato, e a partire dal 1330-1331
realizzarono un ampliamento delle mura e forse anche una parte della pieve, che venne
inglobata dentro il nuovo circuito difensivo49.
La conquista fiorentina di Massa risale al 1339, anche se più che una conquista fu
un’acquisizione pacifica promossa dal Comune ormai in rotta con l’antico gruppo signorile dei
Da Buggiano, che ormai erano diventati parte del ceto dirigente cittadino di Lucca. In un primo
momento, Firenze racchiuse Massa, Cozzile e l’antico territorio di Verruca in un’unica
podesteria, il cui ufficiale di riferimento risiedeva a Cozzile. Nel 1420 si verificò l’unione di
questa circoscrizione con quella di Buggiano, sebbene con un ufficiale di giustizia e una corte
autonoma. Questo passaggio forse potrebbe spiegare l’abbandono seguito alla distruzione delle
fortificazioni avvenuto tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo50.
Durante una campagna di ricognizione intensiva, di pulizia e di rilievo dei lacerti
murari individuati nella zona del Catrio (autunno 1997) sono stati individuati una torre in
materiale litico ed alcuni tratti della cinta muraria che dalla torre si dirigevano verso la parte
48 MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e
trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004, p. 30. 49 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 252. 50 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 254.
30
meridionale dell’abitato. Nella malta della torre è stato ritrovato un frammento di boccale di
maiolica arcaica risalente alla fine del XIII inizi XIV secolo, di produzione pisana51. Il
ritrovamento della maiolica arcaica nella malta della torre ha permesso di collegare queste
prime evidenze alle fortificazioni messe in atto dal Comune rurale agli inizi del Trecento, al
momento in cui si andava profilando l’aggressione fiorentina ai danni della Repubblica di
Lucca, intorno alla quale gravitavano questi territori.
Fig. 7 L’abitato di Massa. Da MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto.
Insediamento e trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004.
Sono stati, successivamente, effettuati dei sondaggi stratigrafici nel corso di due
campagne, tra il 1998 e il 2000. L’attenzione è stata concentrata nelle aree sommitali
51 MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e
trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004, p. 118.
31
dell’insediamento: a ridosso della torre (area 1300); una parte dello stesso lotto ubicato un
poco più ad Est che presentava forti anomalie nell’andamento altimetrico del terreno (area
2000); un ulteriore settore situato a Sud, nei pressi di un terrazzamento agricolo in elementi
litici legati con terra, che durante la ricognizione del 1997 aveva mostrato di inglobare
frammenti di muratura legate con malta (area 1600); per ultimo si è scavato, non con un
intervento programmato ma in emergenza durante dei lavori di sterro per la messa in posa di
cavi, l’area della piazza compresa tra il portico in facciata della pieve e l’ingresso del
Convento della Visitazione (area 100) .
Lo scavo dell’area 1330 ha restituito le fasi più recenti di utilizzazione della torre. La
torre presenta una forma sub-rettangolare, aperta sul quarto lato rivolto ad oriente. Lo scavo ha
evidenziato l’asportazione pressoché totale dei livelli di vita basso-medievali, questa
asportazione è da attribuirsi alla rifunzionalizzazione agricola (scavo di buche per l’impianto
di ulivi e canalizzazioni), che ha interessato l’area fra la fine del XVIII e il XIX secolo. La
stratigrafia ottocentesca copre direttamente le creste di altre strutture medievali adiacenti alla
torre, oltre che il piano di fondazione della stessa. E’ stato anche messo in luce un tramezzo in
bozze di calcare legate da malta (XIV secolo) che doveva chiudere parzialmente la torre ad
Est, lasciando aperto lo spazio di comunicazione con l’area compresa dentro la cinta muraria.
Precedente al periodo trecentesco, è stata individuata solo una fase di frequentazione,
identificata dalla presenza di uno zoccolo in ciottolino, da alcune buche di palo e da una
canaletta di scolo. Queste evidenze lasciano pensare ad una struttura con un elevato
principalmente ligneo, anche se questa ipotesi non può essere confermata a causa dell’azione
di disturbo causata dalla presenza degli ulivi che ne ha impedito lo scavo in quell’area che
avrebbe permesso di individuare altre buche di palo. L’assenza quasi totale di reperti, escluso
un frammento di testello, forse databile all’XI-XII secolo, rende ancora più difficile
l’interpretazione dei dati relativi a questa struttura52.
Lo scavo dell’area 2000 ha permesso di individuare le tracce della più recente
conduzione agricola dell’oliveto ( buche di governo delle piante, lavori di manutenzione dei
ciglioni interni). La stratificazione immediatamente sottostante gli strati ottocenteschi era
costituita da livelli di crollo di una struttura in pietre e malta e dalle loro frequentazioni, legate
all’utilizzo dell’area come “cava” di materiali litici già lavorati. La ceramica ritrovata in questi
strati permette di datarli tra la fine del XV secolo e agli inizi del XVI secolo, mentre la
52 MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e
trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004, p. 38.
32
lavorazione delle bozze ed il tipo di legante rimandano ad una muratura connessa con la torre
sommitale.
Nella parte sottostante, sono stati ritrovati i crolli creati dal collasso di un unico edificio
situato nella zona Nord-Occidentale dell’area di scavo. Il crollo sembra essere avvenuto a
causa di un incendio. Questi strati contengono materiale databile tra la fine del XIV e l’inizio
del XV secolo. L’edificio in questione è documentato da un paio di corsi conservatisi sui lati
Est e Sud e da una fossa di spoliazione, piuttosto irregolare, ad Ovest, con una pianta
quadrangolare ed un unico ambiente.
I pochi materiali rinvenuti nei contesti d’uso e di distruzione dell’edificio rimandano ad
un arco cronologico trecentesco e ne rivelano la funzione domestica. La presenza di molte
ceramiche prive di rivestimento, ed in particolare di olle in ceramica grezza, potrebbe far
pensare ad un edificio vicino ad un’area di fuoco e di cottura per i cibi della guarnigione, ma
non sono stati ritrovati cospicui resti di pasti e quindi l’ipotesi non può essere confermata.
Nella parte nord-occidentale dello scavo questa fase di vita basso medievale è
preceduta da una frequentazione testimoniata da alcune piccole buche di palo scavate
direttamente nella roccia. Queste non sono topograficamente collegabili a quelle rinvenute
nell’area 1300, ma sono riconducibili a piccoli edifici in buona parte edificati con materiali
deperibili. Anche in questo caso, come nell’area 1300, i livelli di frequentazione hanno
restituito pochi materiali, probabilmente a causa del forte dilavamento intervenuto dopo la
scomparsa delle capanne e delle azioni di regolarizzazione della sommità al momento
dell’impianto trecentesco53.
Anche lo scavo dell’area 1600 ha evidenziato le fasi più recenti di governo del terrazzo
agricolo (coltura specializzata a patate, oliveto in parte a coltura promiscua con vigneto). Lo
scavo ha anche reso possibile la comprensione del modo in cui è stato realizzato il
terrazzamento e la sua cronologia.
Una volta rimosse le macerie è stata raggiunta subito la roccia di base. Questa era
interessata da tagli a gradoni, con orientamento N/E > S/O, che potrebbero essere il risultato di
una spoliazione dell’ambiente seicentesco, il cui unico residuo di muratura era rimasto
inglobato nel muro a secco del terrazzamento. In quest’ultima parte del Catrio non sono
sopravvissute tracce consistenti dell’abitato moderno, né sembrano essersi mai verificate
frequentazioni permanenti in epoca medievale.
53 MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e
trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004, pp. 39-40.
33
Con lo scavo dell’area 100 è stato accertato che la piazza è frutto di un progetto di
ristrutturazione post medievale (inizi XVII- inizi XVIII) di questa parte dell’abitato. In questo
periodo è stata ampliata la facciata della chiesa di S. Maria e sono stati costruiti i corpi di
fabbrica del monastero della Visitazione. L’ampliamento della facciata della pieve comportò la
demolizione di almeno un edificio con murature in pietre sbozzate legate da malta, di epoca
basso medievale, e l’obliterazione della strada acciottolata ad esso adiacente. L’edifico
costruito per ospitare il convento, assorbito nel 1714 nell’ordine salesiano della Visitazione54,
ha inglobato cinque edifici medievali e parte delle mura trecentesche, alle quali essi si
addossavano, compresa la zona in cui si apriva una porta di accesso secondaria al borgo, forse
identificabile con la “portichella” attestata nella documentazione scritta. Queste trasformazioni
post medievali, come visto anche per le altre aree di scavo, hanno portato alla cancellazione
delle forme assunte dell’abitato in epoca precedente.
Per questi motivi, nell’area del Catrio, le prime attestazioni documentate
archeologicamente, ad eccezione della pieve, non risalgono oltre il XIII-XIV secolo.
Contemporaneamente alle ricerche stratigrafiche al Catrio, si è avviata una lettura delle
murature degli edifici medievali e post medievali, che ha permesso di individuare i resti delle
mura trecentesche e delle abitazioni che vi si addossavano55.
54 ONORI A. M., Alle radici del presente. Il Comune di Massa e Cozzile dalle origini alla fine del Settecento, in “Massa e Cozzile. Storia di una Comunità”, ONORI A. M. et alii, San Giovanni Valdarno, 1999, pp. 90-91.
55 Per l’analisi delle strutture murarie vedi MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004, pp. 75-92.
34
CAPITOLO II
SCELTE STRATEGICHE E METODOLOGICHE
DELLA RICERCA SUL SITO DI LIGNANA
Premessa
Con questo capitolo si vogliono esaminare alcune delle fasi dell’intervento stratigrafico
nel castello di Lignana, fasi che caratterizzeranno il progetto di scavo riportato al capitolo IV.
Si presterà particolare attenzione, dopo aver descritto nel primo paragrafo le varie fasi
lavorative da svolgere sul cantiere, alle potenzialità offerte dalla realizzazione di un GIS di
scavo descrivendone anche ad alcune fasi necessarie alla sua realizzazione.
2.1 Le fasi lavorative
L’intervento stratigrafico nel castello di Lignana partirà con il diserbo dell’area. Per il
diserbo sarà necessario rivolgersi al Corpo Forestale con il quale si effettuerà un sopralluogo
per individuare eventuali essenze vegetali che dovranno necessariamente essere preservate.
Terminata la fase di diserbo si procederà con la realizzazione di una griglia di
riferimento iniziale realizzata attraverso l’utilizzo della stazione totale. Questa griglia, con i
suoi quadri, sarà il punto di riferimento spaziale dello scavo, fornendo il reticolo di riferimento
per la messa in pianta e la localizzazione delle unità stratigrafiche e dei reperti. I quadrati della
griglia saranno orientati secondo i punti cardinali e saranno realizzati in modo da coprire tutta
l’area di scavo che so prevede di indagare. Sarà opportuno far partire la griglia (quadrato A1)
in un punto che è e sarà sicuramente fuori dall’area che si intenderà indagare56. L’utilizzo, per
questa fase dello scavo, della stazione totale permetterà di accelerare la realizzazione della
griglia di riferimento iniziale.
Lo scavo di Lignana, visto le particolari condizioni morfologiche del sito, sarà
effettuato senza l’utilizzo di scavatori meccanici. Gli archeologi e gli studenti procederanno
56 BARKER P., Tecniche dello scavo archeologico, Milano, 1981, pp. 189-190; e ancora TRONCHETTI C., Metodo e strategia dello scavo archeologico, Roma, 2003, pp. 56-57.
35
quindi con uno scavo manuale, utilizzando le attrezzature che saranno ritenute di volta in volta
necessarie57.
Le figure professionali58 impiegate per la realizzazione della campagna di ricerca
archeologica saranno:
• Direttore dello scavo;
• Responsabili di settore: tra i quali sarà presente un antropologo;
• Operatori archeologici: tra i quali sarà presente anche personale con elevata
esperienza documentabile in antropologia, archeozoologia e archeobotanica.
Tra gli operatori archeologici sarà scelto, dopo aver esaminato i curricula, un
responsabile dei materiali;
• Responsabile del rilievo59.
Sarà anche prevista la consulenza di un architetto con il quale si progetteranno le
operazioni necessarie alla sistemazione del percorso che porta al castello ed il percorso di
visita interno al cantiere archeologico.
A queste figure professionali si affiancheranno, e faranno riferimento, gli studenti di
archeologia che parteciperanno alla campagna di ricerca stratigrafica.
Una volta iniziate le operazioni di scavo si procederà alla raccolta dei reperti mobili.
Questi, una volta raccolti, saranno imbustati in sacchetti di plastica trasparente sui quali verrà
scritto il numero dell’US di provenienza60.
Per quanto riguarda il recupero di materiale scheletrico umano saranno presenti sullo
scavo alcuni antropologi. Sotto la loro guida altri archeologi e gli studenti partecipanti alla
campagna provvederanno allo scavo, alla documentazione (schede, fotografie e rilievo) e al
recupero del materiale scheletrico61.
I materiali che non possono essere sottoposti a lavaggio (ossa umane e animali,
metallo, vetro, ecc.) non saranno ulteriormente trattati sullo scavo. I reperti ceramici saranno
57 Per un elenco degli strumenti utili allo scavo vedi CARANDINI A., Storie dalla Terra: manuale di
scavo archeologico, Torino, 2000, pp. 186-187. 58 Cfr CARANDINI A., Storie dalla Terra: manuale di scavo archeologico, Torino, 2000, pp. 159-156;
e ancora TRONCHETTI C., Metodo e strategia dello scavo archeologico, Roma, 2003, pp. 50-54. 59 Gli stipendi saranno calcolati basandosi sul preziario delle opere edili della regione Toscana:
www.borsatoscana.it . 60 Vedi CARANDINI A., Storie dalla Terra: manuale di scavo archeologico, Torino, 2000, pp. 218-220,
TRONCHETTI C., Metodo e strategia dello scavo archeologico, Roma, 2003, p. 65. 61 MALLEGNI F., RUBINI M. (a cura di), Recupero dei materiali scheletrici umani in archeologia,
Roma, 1994, pp. 160-171.
36
sottoposti a lavaggio62. Per tali operazioni, che si svolgeranno nella zona del Campo Base, sarà
necessario organizzare una riserva d’acqua appositamente riservata per questo scopo. Per
questo motivo si dovranno portare al Campo Base taniche piene d’acqua che periodicamente
dovranno essere nuovamente riempite. I materiali ceramici, una volta asciugati e siglati,
saranno riposti in nuovi sacchetti di plastica trasparente sui quali verrà scritta la sigla, l’anno
dello scavo ed il settore e l’US di provenienza; le stesse notizie saranno poste sul cartellino che
accompagnerà il sacchetto. Per quanto riguarda gli elementi da costruzione e da copertura si
procederà con una campionatura.
Saranno anche effettuate delle campionature di sedimenti, qual’ora sia ritenuto
necessario si sottoporrà il campione di terreno ad analisi più approfondite come, la raccolta dei
semi, le analisi antracologiche, ecc., indicando la percentuale di campione rispetto all’US di
provenienza.
I sedimenti provenienti da US di chiara formazione antropica potranno, se ritenuto
necessario e in accordo con la Direzione Lavori, essere sottoposti a setacciatura63.
I reperti mobili, una volta assolte le fasi sopra descritte, saranno sottoposti ad un’analisi
preliminare che si concluderà con una prima selezione ed una prima documentazione
fotografica.
La documentazione relativa all’analisi stratigrafica che sarà realizzata sullo scavo
prevederà la compilazione delle singole schede di Unità Stratigrafica64. Sarà anche redatto un
elenco delle schede US aggiornato ogni qual volta sia assegnato un nuovo numero di US.
Per quanto riguarda la documentazione fotografica65, si procederà con la realizzazione
di foto in formato digitale e di diapositive delle singole US individuate. Le foto digitali
avranno un livello qualitativo pari al Livello B indicato dall’ICCD66 (Istituto Centrale per il
Catalogo e la Documentazione) e saranno, alla fine dello scavo, contenute in un Cd-rom. In
fine verrà approntato, al pari delle schede di US, un elenco delle foto scattate sullo scavo, sia
per quelle digitali che per le diapositive.
62 TRONCHETTI C., Metodo e strategia dello scavo archeologico, Roma, 2003, pp. 103-104. 63 BARKER P., Tecniche dello scavo archeologico, Milano, 1981, p. 104; CARANDINI A., Storie dalla
Terra: manuale di scavo archeologico, Torino, 2000, pp. 185-186. 64 CARANDINI A., Storie dalla Terra: manuale di scavo archeologico, Torino, 2000, pp. 90-91;
TRONCHETTI C., Metodo e strategia dello scavo archeologico, Roma, 2003, pp. 68-75. 65 TRONCHETTI C., Metodo e strategia dello scavo archeologico, Roma, 2003, pp. 93-96. 66 Cfr www.iccd.beniculturali.it .
37
Le operazioni di rilievo grafico67 saranno effettuate principalmente attraverso il
metodo del rilievo diretto68. I dati cosi ricavati saranno poi informatizzati per poter essere
elaborati sulla piattaforma GIS. Per la fase iniziale dello scavo e per il rilievo finale delle
strutture messe in luce sarà utilizzata la stazione totale.
La documentazione grafica dello scavo prevederà:
• Planimetria generale di inizio scavo (scala 1:20);
• Pianta delle singole US (scala 1:20);
• Sezioni: longitudinale e latitudinale (scala 1:20);
• Prospetti delle strutture in elevato, USM (scala 1:20);
• Planimetria generale di fine scavo (scala 1:20).
Alla fine dei lavori sul cantiere sarà redatta una relazione preliminare dello scavo che
dovrà assolvere il dovere di informare in maniera sintetica sullo scavo. La relazione
preliminare, nonostante la provvisorietà della ricerca, fornirà le prime indicazioni sulla
campagna di scavo69. A questa relazione preliminare seguirà una pubblicazione più estesa che
comprenderà i risultati degli studi effettuati sui materiali e sui dati emersi durante l’intervento
stratigrafico.
In conclusione, alla fine dell’intervento scavo verrà redatto il diagramma stratigrafico
(Matrix)70 delle varie aree indagate nel castello di Lignana.
2.2 Il GIS di scavo
La realizzazione di GIS71 di scavo del sito di Lignana servirà per ampliare le possibilità
di ricerca che il sito può offrire. L’introduzione della tecnologia GIS ha portato ad un salto di
qualità nella fruizione di una serie di strumenti che hanno velocizzato e facilitato operazioni
prima molto complesse e dispendiose in termini di tempo, rendendo in generale meglio
67 Vedi GIULIANI C. F., Archeologia e documentazione grafica, Roma, 1976; MEDRI M., Manuale di
rilievo archeologico, Roma, 2003; e ancora CARANDINI A., Storie dalla Terra: manuale di scavo archeologico, Torino, 2000, pp. 99-126.
68 COLAVITTI A. M., Pratica del rilievo archeologico e documentazione grafica sullo scavo, in Metodo e strategie dello scavo archeologico, TRONCHETTI C., Roma, 2003, p. 80.
69 MANACORDA D., Lezioni di archeologia, Bari, 2008, p. 235. 70 HARRIS E. C., Principi di stratigrafia archeologica, Roma, 2004, pp. 151-170. 71 Vedi www.gis.com .
38
gestibile l’intero ciclo di trattamento dell’informazione archeologica72. Ritengo che sia
importante partire dal GIS dello scavo di Lignana per arrivare ad estenderlo in modo che
comprenda l’intera Valdinievole.
Il GIS di uno scavo è la riproduzione del dato archeologico stratigrafico integralmente
e realisticamente riprodotto, nel quale ogni singolo oggetto individuato assume il ruolo di
elemento di indagine e strumento di elaborazione a vari livelli.
L’unico modo per produrre un buon GIS di uno scavo che lo ricostruisca realmente è
quello di inserire nel GIS tutte le componenti dello scavo.
Gestire graficamente lo scavo è una cosa difficile ed organizzare la stratigrafia
all’interno della piattaforma è problematico e laborioso. E’ necessario creare delle basi
vettoriali molto complesse che richiedono tempi di preparazione molto lunghi, ma questa è la
condizione imprescindibile per ottenere un buon GIS di scavo73.
Ancor prima di arrivare ad una caratterizzazione interpretativa dei dati è necessario
classificare gli elementi inseriti secondo la loro geometria (linee, poligoni, punti). Questa
classificazione servirà, prima di tutto, a fornire una struttura ben definita a cui ricondurre i dati
da inserire nel GIS di scavo e ad agevolare la diffusione delle informazioni.
Per raggiungere questo scopo sarà necessario impostare un modello, aperto e
funzionale ad accogliere qualsiasi oggetto presente nel mondo fisico. Questo modello sarà
caratterizzato da un’impalcatura che terrà conto delle caratteristiche intrinseche del dato
(coerenza logica ed identità geometrica) e non del significato ad esso attribuito attraverso
interpretazioni soggettive.
Nell’organizzazione dei dati di scavo, coniugando distinzione tipologica e geometrica,
sarà fondamentale adottare un criterio perfettamente aderente ai principi della strategia
archeologica, per esempio, le unità stratigrafiche positive e negative verranno distinte non solo
sulla base delle loro differenze concettuali ma anche perché le une, descrivendo superfici,
saranno rappresentate come poligoni mentre le altre, essendo superfici in sé prive di
consistenza materiale, saranno rappresentate da linee74.
72 SALZOTTI F., L’innovazione del GIS e i cambiamenti nelle metodologie di ricerca, in Carta
Archeologica della provincia di Siena, CENNI F., Siena, 2008, pp. 55-59, consultato online nel giugno 2009, http://www.bibar.unisi.it/sites/www.bibar.unisi.it/files/download/miscellanea/salzotti_buonconvento.pdf (vedi in Sitografia BibAr)
73 VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia e calcolatori, Firenze, 2004, p. 347.
74 VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia e calcolatori, Firenze, 2004, pp. 348-349.
39
Per poter costruire una piattaforma GIS che gestisca i dati archeologici di un territorio
sarà necessario costruire un repertorio cartografico di base funzionale alla ricerca75. A ciascun
settore e a ciascuna fase della ricerca corrispondono infatti particolari scale del rilievo e tipi o
strutture di cartografia più o meno idonei all’uso.
Per la georeferenziazione di ambienti rurali sarà sufficiente una cartografia con scala
1:10.000, mentre, per una adeguata riproduzione degli edifici e degli altri elementi delle aree
urbane, servirà un dettaglio maggiore con rilievi in scala 1:1.000 o 1:2.000.
Durante la georeferenziazione si preferiranno le cartografie tecniche (solitamente a
queste si associano i fotopiani ma, nel caso di Lignana, vista la copertura boschiva del sito,
questi non possono essere usati). Attraverso la cartografia tematica che verrà utilizzata nella
fase di lettura e codifica del paesaggio e dei suoi habitat e per l’analisi del dato archeologico
rispetto ai caratteri geo-ambientali del territorio.
A livello di struttura del dato, i formati raster (solitamente preferiti per le operazioni di
georeferenziazione) e vettoriale (principalmente utilizzati in fase di consultazione degli
attributi legati alle spaziali e quindi per l’organizzazione delle banche dati in livelli informatici
tematici), estremamente differenti, sono tra loro complementari e quindi possono essere
utilizzati in contemporanea, prediligendo ora l’uno e ora l’altro, a seconda delle esigenze.
Il repertorio cartografico che più si avvicina alle esigenze dell’indagine archeologica è
la CTR (Carta Tecnica Regionale) che contempla tre differenti produzioni:
• Sezioni 1:10.000: ideali per le indagini a scala territoriale nei contesti rurali;
• Elementi 1:5.000: molto simili alle sezioni 1:10.000, garantiscono un dettaglio
non troppo superiore, ma sono necessari quattro elementi per coprire l’area di
una sola sezione;
• Fogli 1:2.000 o 1:1.000: questa cartografia non copre la totalità del territorio ma
si concentra sulle sole zone urbane, per le quali rappresenta il migliore
supporto;
Gli elementi topografici rappresentati in tale repertorio sono suddivisi in dieci categorie
(o livelli) di dati che corrispondono ad una loro distinzione operativa a livello teorico-
percettivo presenti in forma di codice nelle tabelle interne delle versioni numeriche. Queste
dieci categorie, a loro volta soggette a distinzioni interne, riguardano: comunicazione, edifici,
75 Per la redazione di questo paragrafo ci siamo largamente ispirati a: SALZOTTI F., L’applicazione del GIS alla ricerca territoriale: costruzione e gestione della cartografia archeologica, in L’informatica nell’Archeologia Medievale. L’esperienza senese, Metodi e temi dell’Archeologia Medievale, 2, Firenze, 2009, pp. 45-70, consultato online nel giugno 2009, http://www.bibar.unisi.it/sites/www.bibar.unisi.it/files/download/miscellanea/GIS_territorio_informatica.pdf .
40
idrografia, infrastruttura, elementi divisori e di sostegno, forme terrestri, vegetazione,
orografia, limiti amministrativi e toponomastica.
Gli Uffici Cartografici Regionali e Provinciali producono carte di tipo tematico redatte
in scale che variano fra l’1:25.000 e l’1:250.000, con informazioni sugli aspetti fisico-
ambientali76.
Il repertorio dell’IGM (Istituto Geografico Militare) può essere usato per le operazioni
di inquadramento e di lettura cartografica di porzioni territoriali mediamente estese. L’IGM
non produce supporti a scale superiori all’1:25.00077.
Nei casi in cui la cartografia non dovesse risultare sufficiente si potrà ricorre a rilievi
del sito. Il tipo di rilievo maggiormente utilizzato è la celerimensura (stazione totale) associata
al sistema di posizionamento satellitare (GPS).
Una ulteriore fonte cartografica è quella della rielaborazione dei supporti a
disposizione. Questo lavoro si sviluppa in due direzioni: creazione di basi cartografiche mirate
e semplificate, e creazione di DTM (Modelli Digitali del Terreno).
Il metodo migliore per la registrazione dei dati archeologici è quello di organizzare
catastazioni parallele delle informazioni mediante sistemi di archiviazione alfanumerici
(databese) e geografico-spaziale (GIS). Gli attributi grafici corredati di numero limitato di
informazioni di natura analitico-sintetica possono essere facilmente gestibili all’interno della
piattaforma GIS in forma di tabella. Nel caso in cui le informazioni siano troppo numerose,
sarà opportuno ricorrere ai database relazionali, ideali per il tipo di archiviazione e di
interpretazione richiesti. Per quanto riguarda le operazioni di rilevamento il modo più veloce di
procedere sarà quello di usare i GPS e, per i rilievi particolareggiati, la stazione totale.
Le banche dati catastate si prestano a varie forme di trattamento. Il primo di questi
trattamenti è l’interrogazione secondo molteplici combinazioni sulla base dei campi sui quali
risultano strutturati gli archivi. Si possono riconoscere due tipi di interrogazione fra loro
speculari in quanto producono la stessa selezione di record. Le interrogazioni grafiche partono
dalla dimensione spazio-cartografica per generare una selezione di elementi grafici e dei loro
relativi attributi. Al contrario, nelle interrogazioni alfanumeriche la ricerca viene effettuata
all’interno degli archivi per arrivare a visualizzarli graficamente, connettendo l’informazione
sintetico-analitiche della sua componente spazio-dimensionale e soprattutto distributiva.
76 Come, per esempio, i DTM o le carte relative agli aspetti idrografici. 77 Questo perché a partire dagli anni settanta la produzione di cartografie con scale superiori è stata
delegata alle Regioni (CTR).
41
A partire da queste interrogazioni è possibile organizzare i dati in livelli tematici
costruiti attraverso operazioni di estrazione e mosaicatura. L’estrazione consiste nel partire da
un tematismo d’origine da cui se ne ricava uno nuovo che dovrà contenere solo alcuni elementi
originari. La mosaicatura è invece l’operazione opposta, con la quale si assemblano più
tematismi unendone gli oggetti grafici e i corrispondenti attributi. Importante per entrambe le
operazioni è una medesima struttura dei dati, tanto dal punto di vista della tipologia grafica
(punti con punti, linee con linee, poligoni con poligoni) quanto dell’organizzazione degli
attributi all’interno delle tabelle o dei database relazionati.
I tematismi che vengono comunemente usati per l’archeologia territoriale rispondono
prevalentemente a criteri diacronici e sincronico-tipologici. La ricerca sul database è quindi
mirata alla ricostruzione dell’evoluzione del popolamento e alla sua caratterizzazione dal punto
di vista insediativo e strutturale.
L’organizzazione per tematismi delle informazioni, che ci permette di creare carte
tematiche, corrisponde ad uno dei livelli più elementari di fruizione della base GIS e non
produce modelli descrittivi o spaziali bensì semplici carte di localizzazione dei diversi
elementi presenti nello scavo. La composizione di queste carte non avviene attraverso
elaborazioni matematiche, statistiche o spaziali ma attraverso semplici combinazioni di
identificatori. Utilizzando il database interno al GIS sarà necessario tradurre i dati descrittivi
in stringhe di testo, registrate secondo un dizionario standard, e la creazione di campi ex novo,
funzionali solo alla visualizzazione. L’aumento della complessità dei tematismi fa aumentare
la complessità del database interno, nonché la difficoltà di codifica di linguaggio per
consentire una fruizione più sofisticata del dato inserito. Queste sono le uniche difficoltà di
questo processo che infatti non richiede all’operatore particolari competenze in merito alle
teorie statistiche, alle applicazioni matematiche o ai modelli spaziali78.
Fra le funzioni di analisi è possibile praticare una suddivisione fra quelle di tipo
spaziale, numerico-statistico, distributivo e predittivo.
Fra le applicazioni di analisi più comuni possiamo annoverare:
• Operazioni di misurazione, per il calcolo di lunghezze (riferite ad una o più
linee o ad una distanza fra due o più punti), di perimetri e di aree (poligoni);
• Operazioni di overlay topologico (o sovrapposizione) che si sviluppano dalla
sovrapposizione di due o più layer, con conseguente derivazione di nuova
78 VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia
e calcolatori, Firenze, 2004, p. 350.
42
cartografia. Il risultato non e solo visuale (non solo una sovrapposizione fisica)
ma prevede anche l’incrocio e la fusione degli attributi;
• Operazioni di buffuring, cioè la creazione grafica di una zona di interesse
attorno ad un determinato elemento puntuale, lineare o areale. L’area di buffer
è determinata da una misura costante che rappresenta la distanza massima fra
l’elemento in questione e il limite della fascia di rispetto delineata;
• Operazioni di network analysis (analisi di rete) effettuabili quando, in una
copertura vettoriale, si ha una topologia degli incroci. Comprende una serie di
funzioni che permettono di effettuare ricerche sulle attività che prevedono lo
spostamento di persone, cose o informazioni mediante sistemi di rete;
• Operazioni di interpolazione, cioè procedure per la stima di valori relativi ad
elementi non censiti all’interno di un’area, per la quale sono invece disponibili
altri valori. Attraverso questa funzione non vengono forniti dati reali ma stime;
• Operazioni sui dati di elevazione e quindi sulle superfici del terreno: partendo
dai punti di coordinate x,y,z è possibile generare dei DTM mediante tecniche
di interpolazione, a partire da punti quotati e/o curve di livello. I modelli
digitali del terreno possono essere restituiti attraverso strutture sia raster grid
che vettoriali. Dai DTM sono possibili una serie di operazioni, attuabili su
piattaforma GIS, per l’individuazione, oltre che dei valori di altitudine, anche
di quelli di pendenza (slope, analisi di acclività) e di esposizione (aspect,
analisi dell’esposizione) dei versanti. Un’ultima analisi attuabile è quella di
visibilità territoriale (viewshed) che permette il calcolo delle aree visibili da un
determinato punto di visuale;
• Operazioni legate a modelli teorici di tipo socio-economico e politico-
insediativo;
• Operazioni di cost-surface analysis per il calcolo dei costi di percorrenza
individuando le aree maggiormente predisposte agli spostamenti ed ai traffici.
Le analisi numerico-statistiche, che riguardano tutte le fonti numeriche e
alfanumeriche, vengo solitamente attuate mediante l’utilizzo di applicativi esterni al software
GIS, i quali possono comunque dialogarvi mediante particolari formati di esportazione ed
importazione. Attraverso gli strumenti di calcolo statistico è possibile produrre analisi di tipo
distributivo che ci permettono di creare carte di distribuzione. Il ricorso a database esterni al
GIS è dovuta alla natura stessa della materia di indagine in quanto il parametro di ricerca (il
43
singolo frammento di ceramica, di osso animale ecc.) non appartiene alla base come
informazione grafica autonoma.
I dati relativi al campione di materiale, vengono importati all’interno della piattaforma
di scavo, sotto forma di grafi puntiformi, in seguito all’esportazione dei risultati delle
quantificazioni in precedenza elaborate dal database; le coordinate del punto che li rappresenta
corrispondono al centroide dell’unità stratigrafica che li contiene e sono ottenute attraverso
tecniche di geocoding. Il dato quantitativo può essere rappresentato attraverso grafici o cerchi
concentrici proporzionali, collocati direttamente nell’unità stratigrafica o nella struttura in
esame, oppure tramite l’assegnazione di cromatismi variabili, a seconda della percentuale di
presenza, all’unità stratigrafica di rinvenimento. L’interrogazione della quantificazione
prodotta dal DBMS con il dato spaziale proprio della base GIS restituisce un valore
distributivo in grado di raffinare ulteriormente l’affidabilità dell’elaborazione modellistica79.
Le analisi predittive determinano la costruzione di modelli da proiettare in aree per le
quali non è stata prodotta ricerca, partendo da dati noti ed utilizzandoli nelle situazioni per le
quali viene riconosciuto un parallelismo di condizioni e di variabili fra il contesto indagato e
quello da analizzare. L’applicazione di modelli analitici di tipo spaziale e statistico, sui casi
studiati, consente di individuare una tendenza, comunemente chiamata pattern.
Successivamente essa viene proiettata sulle aree da indagare per verificare e valutare il suo
coinvolgimento rispetto alle variabili riconosciute. Così facendo si ottiene una simulazione che
permette di produrre una previsione. L’affidabilità di tali processi è direttamente proporzionale
al grado di complessità e d’attendibilità dei dati inseriti nelle basi di lavoro, che ovviamente
dovranno essere il più vicino possibile alla realtà.
Attraverso questo tipo di analisi è stato possibile costruire una pianta ipotetica di una
delle fasi insediative del villaggio di Poggio Bonizio80. Per ottenere questa pianta sono stati
integrati dati di scavo, emergenze di superficie, evidenze di scavo e corp marks, inserendoli
dentro una griglia definita dal calcolatore sulla base della media dell’ingombro degli edifici
scavati. A questo punto sono stati impostati macro di calcolo affinché la macchina assegnasse
cromatismi diversi a ciascuna delle celle definite dalla griglia nello spazio non ancora indagato
a seconda del grado maggiore o minore di probabilità (in base alle concomitanze del tipo dei
dati) della presenza di edifici ancora nascosti. Per arrivare a questa pianta di ipotesi è stato
necessario implementare preventivamente il dato grafico ed assegnare ai diversi elementi
79 VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia
e calcolatori, Firenze, 2004, p. 351. 80 Vedi http://www.paesaggimedievali.it/luoghi/Poggibonsi/s08.html .
44
interessati dei valori numerici (relativi ad esempio al grado di affidabilità) in modo che
l’integrazione del dato spaziale e matematico potesse avvenire correttamente81.
Dall’osservazione della distribuzione delle evidenze e dalle loro caratteristiche
quantitative e spaziali, si può procedere con l’individuazione dei fattori ambientali, politici,
sociali ed economici che hanno caratterizzato il sito e il territorio indagato.
Oltre all’applicazione delle varie tecniche di analisi sopra indicate, la costruzione di
informazioni archeologiche passa attraverso due operazioni fondamentali:
• Visualizzazione contemporanea delle variabili spaziali, attraverso la lettura
delle quali è possibile cogliere relazioni ed associazioni dei dati (dato
soggettivo);
• Redazione di statistiche quantitative attraverso le quali è possibile indagare e
verificare i modelli (dato oggettivo).
La visualizzazione delle variabili spaziali e delle analisi quantitative, tra loro
complementari, assicura un’analisi integrata basata su osservazioni che sono allo stesso tempo
soggettive e oggettive. Incrociando, all’interno di apposite viste tematiche, i vari livelli di
informazione (dati ambientali, presenze archeologiche, informazioni storiche, ecc.) riusciremo
ad arrivare ad un’interpretazione globale delle forme insediative, delle loro trasformazioni e
delle reciproche relazioni. Quindi il GIS, prestandosi ad approcci di tipo strutturale, ci
permette di valutare i processi determinati nel tempo dalla presenza umana all’interno di un
territorio. Il confronto tra i dati provenienti dall’insediamento e i dati ambientali del territorio
circostante ci permette di capire in che modo l’insediamento si sia organizzato anche in
funzione delle caratteristiche fisiche del paesaggio che lo circonda.
Dall’interpretazione dei dati storico-archeologoci e dalla loro combinazione con quelli
paesaggistici si arriva, attraverso il riconoscimento delle tendenze generali che hanno
determinato la costruzione dei paesaggi storici, ad un modello insediativo. A questo punto si
può arrivare alla costruzione di viste e di tematismi che sintetizzano visivamente le forme e le
strutture riconosciute, con lo scopo di tradurre il modello in una rappresentazione cartografica.
In fine, attraverso il confronto fra i modelli elaborati per le singole fasi si potrà a valutare quali
siano stati i cambiamenti nei quadri insediativi succedutisi nel tempo, evidenziandone le
differenze, queste si potranno utilizzare come punto di partenza per individuare le ragioni alla
base dei cambiamenti riconosciuti.
81 VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia
e calcolatori, Firenze, 2004, p. 352.
45
In conclusione voglio mettere in evidenza uno dei limiti attuali del GIS e cioè: la
riproduzione 3D della stratigrafia archeologica. La piattaforma GIS non consente di riprodurre
veri modelli 3D ma solo elaborazioni “2D e 1/2“. Questo è dovuto al fatto che la natura stessa
del deposito archeologico, troppo articolato e complesso, richiederebbe un tempo troppo lungo
di lavorazione sia sullo scavo che al computer. Infatti sarebbe necessario fornire al software
una serie enorme di punti relativo ad ognuno degli strati. Inoltre, i punti, per consentire una
sovrapposizione corretta dei livelli e di conseguenza la rappresentazione esatta della
stratigrafia, non possono essere registrati casualmente. Per essere funzionali devono rispettare
uno schema predefinito e regolare, quindi una griglia a maglia strettissima che permetta di
battere centinaia di punti per ogni strato scavato.
Allo stato attuale l’unica opzione che permette una restituzione della stratigrafia in 3D
è offerta dall’utilizzo di scanner tridimensionali paesaggistici. Questi scanner, però, oltre ad
essere molto costosi devono essere ancora testati in contesti archeologici82.
82 VALENTI M., NARDINI A., Modello dei dati e trattamento del dato sul GIS di scavo, in Archeologia
e calcolatori, 15, Firenze, 2004, p. 353.
46
CAPITOLO III
IPOTESI DI VALORIZZAZIONE
Premessa
Come evidenziato dal titolo, in questo capitolo verrà proposta un’ipotesi di
valorizzazione del castello di Lignana. Le scarse conoscenze e il fatto che il castello rimane
ancora poco indagato, non permettono di avere una percezione soddisfacente del suo
potenziale archeologico che permetta di individuare con chiarezza le tematiche ed i percorsi
espositivi di un museo che lo riguardi. Si è ritenuto comunque importante, in questa sede,
esporre una sommaria ipotesi di musealizzazione, che ha come scopo principale quello di
fornire una linea guida per la futura progettazione di un percorso espositivo e per la
realizzazione di un parco archeologico.
Per quanto riguarda la musealizzazione dei reperti si è proceduto portando ad esempio
esperienze espositive di alcuni musei europei, proponendone, sempre in via ipotetica, l’utilizzo
nel percorso espositivo del nostro museo. Oltre a raccogliere i reperti archeologici provenienti
dagli scavi, il museo includerà nel percorso espositivo una sezione dedicata al lavoro
dell’archeologo, nella quale verrà illustrato il modo di lavorare di una équipe archeologica e i
mezzi utilizzati durante una campagna di scavo.
Una volta illustrate le possibilità espositive che si potrebbero impiegare nel museo, si
parlerà della possibilità di creare un parco archeologico del castello di Lignana, parco
archeologico che potrà essere visitabile durante le fasi di scavo (parco archeologico in
progress). Partendo dal parco archeologico di Lignana si ipotizzerà la creazione di un sistema
museale diffuso che comprenda anche altri siti, distrutti e non, della Valdinievole.
Nel penultimo paragrafo del capitolo sarà inserito un breve progetto di didattica
indirizzato alle scuole primarie. A mio avviso, questi tipi di iniziative hanno una forte
importanza per quanto riguarda la valorizzazione di un sito archeologico, in quanto tendono a
formare una sensibilità archeologica nei giovani del posto, aiutandoli a riscoprire la storia e le
tradizioni del loro territorio.
Il capitolo si conclude con l’illustrazione di un sito web dedicato al castello.
47
3.1 Musealizzazione del sito
I materiali provenienti dallo scavo, una volta studiati e selezionati, potrebbero essere
esposti nel già esistente Museo Civico di Scienze Naturali ed Archeologiche di Pescia. L’idea
è di far diventare Pescia il centro di un Museo diffuso che comprenda tutta la Valdinievole. La
scelta di Pescia come fulcro principale del museo diffuso è determinata dalla posizione
facilmente raggiungibile del luogo e dalla presenza del già citato Museo Civico di Pescia. La
collocazione del materiale espositivo all’interno del Museo, sarà organizzata con la creazione
di un percorso espositivo dedicato all’archeologia medievale nella Valdinievole. In primo
luogo, l’obiettivo dell’esposizione sarà quello di raccogliere e spiegare in maniera chiara i
materiali provenienti dagli scavi, partendo dai reperti ritrovati nel castello di Lignana,
fornendo al visitatore, in un solo luogo, la possibilità di raccogliere informazioni sulla
Valdinievole medievale, in secondo luogo, il Museo svolgerà un altrettanto importante ruolo di
rimando al territorio dal quale i materiali stessi provengono.
L’idea è quella di un museo che sia luogo deputato allo studio e alla formazione
culturale del pubblico, in grado di riallacciare la vita quotidiana con le tradizioni locali presenti
nel territorio. La presenza di queste testimonianze contestualizzate e spesso inamovibili crea la
condizione ottimale per un museo aperto al territorio, che rimanda il visitatore all’esterno,
direttamente sui siti dove è attestata la realtà che non può essere costretta tra quattro mura83.
Gli oggetti raccolti durante l’intervento archeologico devono assolvere due necessità
fondamentali: lo studio e la divulgazione della conoscenza84. L’indispensabile conservazione
dei reperti è, ovviamente, il mezzo fondamentale per l’osservazione diretta dei materiali. La
deperibilità rende necessario distinguere l’attività di studio da quella destinata all’informazione
culturale. L’attività di studio, fondamentale per la ricerca85, avrà bisogno di strutture adatte che
esulano, nel caso specifico, dalle competenze del museo. A questo scopo sarà auspicabile una
sinergia con le strutture e con gli organismi di ricerca presenti nel territorio. Primo fra tutti
l’Università degli Studi di Pisa attraverso l’organizzazione di campagne reperti, alle quali
potranno partecipare anche studenti iscritti al corso di studi in Scienze dei beni culturali, atte
allo studio, alla catalogazione e al restauro dei reperti. La partecipazione degli studenti alle
campagne reperti darà un valore aggiunto alla ricerca in Valdinievole, trasformando lo studio
83 GENOVESI E., Simulazioni per un progetto: il museo diffuso e il sistema museale, in «Musei e Parchi
archeologici» FRANCOVICH R., ZIFFERERO A. (a cura di), Firenze, 1999, p. 106. 84 Cfr VITTORIA M., CLARELLI M., Che cos’è un museo, Roma, 2008, pp. 65-69. 85 Un serio studio e una seria e continuativa attività di ricerca fanno in modo che il museo non si
trasformi in un luogo destinato al tempo libero o capace di pochi approfondimenti, vedi SCICHILONE G. Il Museo archeologico: progetto culturale e ruolo sociale, in «Musei e Parchi archeologici» FRANCOVICH R., ZIFFERERO A. (a cura di), Firenze, 1999, p. 97.
48
dei reperti, momento fondamentale per un’indagine archeologica, in un’opportunità di
formazione specifica per decine di futuri archeologi.
Il percorso espositivo sarà organizzato in modo da essere facilmente comprensibile, pur
senza banalizzazioni, e pienamente esaustivo. L’idea è quella di rompere con l’obsoleta
tradizione, purtroppo ancora molto utilizzata, dei musei Wunderkammern, delle vetrine piene
di reperti che poco possono dire ai “non cultori della materia”, in pratica un museo che non sia
più un luogo passivo ma vivo, attivo, un luogo con il quale si possa interagire86. Lo scopo
dell’esposizione sarà quello di fornire ai visitatori “addetti ai lavori” il giusto rigore scientifico,
al visitatore “curioso” una serie di notizie utili che possano rispondere alla sua domanda di
conoscenza e che però possano, anche, servire da base per eventuali approfondimenti. Spesso
alcuni studiosi, al momento di compilare una didascalia per un museo, si sono preoccupati solo
del giudizio degli altri studiosi, tralasciando quello che è una delle caratteristiche principali di
un museo e cioè quello di essere comprensibile a tutti.
Un altro aspetto fondamentale del progetto espositivo, quindi, sarà quello rivolto alla
didattica per le scolaresche. In sintesi l’esposizione dovrà essere come “un libro aperto che
deve essere comprensibile a tutti i lettori”87 essendo il più diretto e stimolante possibile nei
confronti di chi deve apprendere, ma anche nei confronti di chi deve insegnare88.
Da un’indagine condotta dall’Istat tra il 2003 e il 2005 sul tempo libero degli italiani,
che escludeva i bambini dai 6 anni in giù, è risultato che i visitatori interessati alla cultura sono
tra il 32 e il 33 per cento. Di questi il 28% visita le esposizioni e il 22% visita siti archeologici
e monumenti89.
I visitatori di un museo sono articolati in varie categorie a secondo del loro grado di
interesse culturale. Queste categorie sono spesso molto differenziate fra loro, talvolta
addirittura contrapposte le une alle altre. L’analisi delle categorie di pubblico diventa perciò un
aspetto importante nell’organizzazione di un museo. Questo tipo di studi è stato spesso portato
86 MAZZA E., Didattica museale e ricerca educativa, in «Musei e pubblico. Un rapporto educativo»
NARDI E. (a cura di), Milano, 2004, p. 82, e ancora AMATO P., Progettare un museo, Roma, 2005, p. 35, e ancora ANGELA A., Musei (e mostre) a misura d’uomo: come comunicare attraverso gli oggetti, Roma, 1988, p. 14.
87 Citazione da GENOVESI E., Simulazioni per un progetto: il museo diffuso e il sistema museale, in «Musei e Parchi archeologici» FRANCOVICH R., ZIFFERERO A. (a cura di), Firenze, 1999, p. 109.
88 ANGELA A., Musei (e mostre) a misura d’uomo: come comunicare attraverso gli oggetti, Roma, 1988, p. 14.
89 SICIOS M., Comunicare l’archeologia: teoria, uso e costruzione dell’audiovisivo e del documentario archeologico, tesi di laurea, Pisa, anno accademico 2007/2008, p. 109.
49
avanti da esperti in sociologia o in economia piuttosto che da esperti in didattica90. Il Centro di
Didattica Museale ha organizzato, nel 2001, un’indagine sul pubblico di 34 musei Italiani. Il
progetto, chiamato “Musei e pubblico. Un rapporto educativo”, poneva particolare attenzione,
a differenza di numerosi studi precedenti91, sui fenomeni educativi e quindi sul pubblico.
L’indagine è stata fatta per constatare l’esattezza di due ipotesi:
1. La fruizione museale in età scolastica influenza gli atteggiamenti del pubblico in età
adulta.
2. La fruizione museale in età adulta ha un effetto di conferma e consolidamento delle
conoscenze e competenze precedentemente acquisite.
Per la prima ipotesi è stato fornito ai visitatori un questionario di 26 domande. Tre delle
26 domande sono state costruite specificatamente per indagare il rapporto tra le esperienze
museali, il livello scolastico e l’atteggiamento del pubblico adulto:
1. Quando ha visitato per la prima volta un museo?
2. Da chi è stato accompagnato quando ha visitato per la prima volta un museo?
3. Che cosa ricorda meglio di quella prima visita?
In un’alta percentuale dei casi, la prima visita avviene attraverso il filtro della scuola. Il
55% dei rispondenti al questionario ha visitato per la prima volta un museo prima dei 10 anni
(Grafico 1)92.
Grafico 1 Età della prima visita museale.
90 NARDI E., L’esperienza del museo. Un’indagine sul pubblico in Italia, in «Musei e pubblico. Un
rapporto educativo» NARDI E. (a cura di), Milano, 2004, p. 12. 91 In numerosi lavori, come ad esempio quello di Bourdieu e Darbel “i musei d’arte europei e il loro
pubblico” o il lavoro di Solima “indagine sulla comunicazione nei musei statali italiani” l’attenzione è concentrata sul museo. Vedi NARDI E., L’esperienza del museo. Un’indagine sul pubblico in Italia, in «Musei e pubblico. Un rapporto educativo» NARDI E. (a cura di), Milano, 2004, p. 21.
92 I grafici da 1 a 6 sono tratti da NARDI E. (a cura di), Musei e pubblico. Un rapporto educativo, Milano, 2004.
50
I dati ricavati dal questionario sembrano rafforzare l’ipotesi di un condizionamento
precoce specie se messi in relazione con il titolo di studio dei rispondenti. Infatti, più il titolo di
studio si abbassa più diminuisce la percentuale di chi ha visitato per la prima volta un museo
da bambino (Grafico 2). Infatti, si nota che il 61% dei laureati ha visitato per la prima volta un
museo da bambino, mentre per i diplomati la percentuale scende al 52%, per chi ha conseguito
la licenza media al 36% e per quelli in possesso di licenza elementare al 22%. Quindi, si può
ritenere che chi ha raggiunto la laurea ha avuto esperienze positive precoci legate alla visita di
un museo.
Grafico 2 Relazione tra età della prima visita museale e titolo di studio.
Per quanto riguarda la domanda relativa all’accompagnatore in relazione alla prima
visita (Grafico 3) risulta chiaro come la famiglia svolga una funzione fondamentale, seguita
immediatamente dopo dalla scuola.
Grafico 3 Accompagnatore alla prima visita museale.
51
I risultati ottenuti sulla terza domanda ci consentono di riscontrare, a distanza di tempo,
cosa è maggiormente rimasto impresso nella mente dei rispondenti dopo la prima visita. Come
era facile prevedere le collezioni rappresentano la parte più importante del ricordo (Grafico 4).
Grafico 4 Relazione tra ricordo della prima visita e titolo di studio.
Le domande del questionario che si riferivano alla seconda ipotesi erano:
1. Qual è il motivo che la spinge a visitare un museo?
2. In che misura le conoscenze già possedute le hanno permesso di comprendere le
collezioni esposte?
Grafico 5 Relazione tra motivo principale della visita e titolo di studio.
52
Il 44% dei rispondenti alla prima domanda indica l’interesse come motivo della visita.
Dividendo le risposte per titolo di studio è interessante notare come la curiosità aumenti col
decrescere del titolo di studio (Grafico 5). Questa tendenza può essere utile per organizzare
meglio le proposte rivolte al pubblico con un livello medio - basso d’istruzione.
Per l’ultima domanda il 57% dei rispondenti dichiara di comprendere abbastanza la
collezione, il 27% afferma di capire molto, il 15% poco e il rimanente 2% per niente.
Sommando le percentuali di chi ha risposto “abbastanza” e “molto” si raggiunge una
percentuale dell’83%, questo dato ci indica come i visitatori tendano a sopravvalutare le
proprie conoscenze. Questa “presunzione” risulta ancora più evidente se si dividono i dati per
titolo di studio, (Grafico 6) infatti, la percentuale di diplomati che risponde “abbastanza” è più
alta di quella dei laureati93.
Sulla base dei dati riportati sopra, risulta evidente quanto sia importante organizzare un
percorso espositivo in grado di coinvolgere direttamente il visitatore, in particolare se si tratta
di bambini, e che sia anche in grado di agevolare la didattica all’interno del museo stesso.
Come è già stato specificato in precedenza, questa attenzione ad un pubblico giovane non deve
trasformare l’esposizione in qualcosa che possa essere apprezzato solo o principalmente da
bambini. La condizione migliore sarà quella di trovare un giusto equilibrio tra l’aspetto
didattico rivolto alle scolaresche e l’aspetto divulgativo rivolto ai “cultori della materia”.
Grafico 6 Relazione tra adeguatezza delle conoscenze possedute e titolo di studio.
93 NARDI E., L’esperienza del museo. Un’indagine sul pubblico in Italia, in «Musei e pubblico. Un
rapporto educativo» NARDI E. (a cura di), Milano, 2004, pp. 24 -33.
53
In sintesi il gruppo di progettisti preposti all’organizzazione del museo, dovrà tenere
presenti alcuni obiettivi. Il primo è quello di riannodare l’oggetto esposto al territorio di
appartenenza, re-inserendolo nel suo contesto ambientale e storico. Il secondo è quello di
approntare strutture didascaliche di supporto all’esposizione che ne facilitino la “leggibilità” e
la comprensione per tutti i livelli culturali dei visitatori, stimolando la voglia di un ulteriore
approfondimento. Il terzo è quello della conservazione. Questa attività, deve essere vista non
come una fase passiva di immagazzinamento ma come una fase integrante del processo di
studio e di gestione del museo. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario appoggiarsi ad
esperti conservatori con i quali si cercherà di sincronizzare la fase di immagazzinamento con
quella espositiva. Così facendo si potrà organizzare una rotazione dei materiali esposti, e,
qual’ora le condizioni strutturali lo consentano, si potrà rendere accessibile agli studiosi il
magazzino.
Il Genovesi94 ci propone uno schema programmatico al quale si dovrebbe attenere chi
si appresta a progettare un sistema museale:
I- Impostazione
• Definizione territoriale dell’ambito del sistema museale o del museo diffuso;
• Definizione del rapporto fisico, culturale, sociale con il territorio e gli
insediamenti attuali;
• Definizione del messaggio e dell’obiettivo del messaggio: residenti-
identificazione, scuole-didattica, visitatori esterni, promozione culturale;
• Individuazione del settore del patrimonio specialistico eterogeneo da
raccogliere e valorizzare tramite:
recupero della ricerca sul territorio;
promozione della ricerca specialistica;
conservazione e sviluppo della conoscenza del patrimonio non evidente;
rivisitazione e conservazione del patrimonio evidente nel paesaggio urbano e
naturale;
comunicazione della conoscenza specialistica raccolta sul territorio;
comunicazione della conoscenza specialistica raccolta fuori dal territorio.
94 GENOVESI E., Simulazioni per un progetto: Museo Diffuso e il sistema museale, in «Musei e Parchi
Archeologici», FRANCOVICH R., ZIFFERERO A. (a cura di), Firenze, 1999, pp. 127-128.
54
II- Ricadute programmate:
-Arricchimento di strutture specialistiche e flessibili del territorio connesse ai
musei
Promozione culturale
• Attività culturali e di ricerca:
del personale del museo;
di operatori convenzionati;
di cultori della materia.
• Finalità:
conoscenza del territorio;
didattica e istruzione permanente;
aggiornamento specialistico.
• Risultati:
informazione degli organi di tutela e di programmazione;
visite guidate;
conferenze, lezioni ecc.;
convegni e pubblicazioni.
-Promozione di attività economiche di qualità e di servizio:
recupero tradizioni produttive e marchi di qualità;
sviluppo servizi al territorio (conservazione, tutela, didattici, turistici,
amministrativi).
III- Mezzi attuativi
• Linguaggio-obiettivo:
tematica chiara ed individuabile;
comunicazione polivalente e visibile del risultato (delle attività e delle
presenze).
• Strutture di contenimento e supporto: mobili o fisse, flessibili o specifiche:
definizione di caratteristiche standard e omologazione nel sistema museale;
definizione di individualità e specializzazione rispetto al sistema museale.
• Laboratori o aree di attività scientifiche:
di ricerca e programmazione;
55
di didattica e informazione;
di conservazione, documentazione e tutela.
Viaggiando per l’Europa ho avuto l’opportunità di visitare numerosi musei, dalle
grandi realtà, come il Louvre a Parigi, a quelle più piccole, come, per esempio, il museo
Malerwinkelhaus di Marktbreit (Germania). Partendo da questi ultimi, da queste piccole realtà,
penso si possano trarre numerosi spunti per un’esposizione museale efficiente, che riesca a
fondere in maniera equilibrata l’aspetto prettamente didattico con quello divulgativo.
I sensi hanno un importante valore per il processo cognitivo. Il visitatore apprende in
maniera cognitiva ma anche in maniera sensoriale95.
Il primo senso da tenere presente nel progettare in un percorso espositivo è la vista.
Tramite l’utilizzo di immagini, delle didascalie e tramite gli stessi reperti si deve riuscire a
stimolare l’immaginazione del visitatore96. Questo scopo lo si può raggiungere solamente se il
“narratore” e “l’auditore” utilizzano un codice che sia condiviso da entrambi. Il museo
archeologico, attraverso gli oggetti, parla al visitatore di uomini del passato. I reperti,
attraverso le didascalie e i pannelli esplicativi, devono poter raccontare il lavoro che c’è dietro
la loro funzione. Questi devono far capire al visitatore moderno quanto le abitudini, i problemi
e il lavoro di questi uomini del passato fossero simili alle abitudini, ai problemi e al lavoro dei
nostri giorni.
Molto interessanti, in questo senso, sono due esempi di musealizzazione tedeschi, il
primo è il Freilichtmuseum Hessenpark a nord di Francoforte e il secondo è il Römerkabinett
del piccolo museo Malerwinkelhaus di Marktbreit.
La prima istallazione sulla quale vorrei porre l’attenzione si trova nel Römerkabinett di
Marktbreit, ed è la riproduzione di una macina rotatoria manuale per cereali (Fig. 8).
L’istallazione è principalmente rivolta ad un pubblico in età scolare, la macina è
posizionata su di un banco in legno, il visitatore può prendere dei cereali, posti in un
contenitore di ceramica posizionato a fianco alla macina, e inserirli nella macina stessa.
Azionando la macina il visitatore produrrà della farina. Questo tipo di istallazioni, a mio
avviso, riescono a fissare nella mente del visitatore (specie in quello in età scolare) il ricordo
della visita al museo e quindi il ricordo di quello che si è appreso. Il “fare” ha sicuramente un
95 ANGELA A., Musei (e mostre) a misura d’uomo: come comunicare attraverso gli oggetti, Roma,
1988, p. 37. 96 SICIOS M., Comunicare l’archeologia: teoria, uso e costruzione dell’audiovisivo e del documentario
archeologico, tesi di laurea, Pisa, anno accademico 2007/2008, p. 16
56
forte valore nella didattica scolare, aiutando la comprensione dei processi produttivi. Secondo
chi scrive sarebbe molto utile riproporre un’istallazione simile anche nel nostro museo.
Sempre nello stesso museo di Marktbreit sono presenti altre due istallazioni molto
interessanti, la prima è costituita dalla riproduzione di due elmetti da legionario romano che il
visitatore può indossare, la seconda è la riproduzione di una tavola romana con copie di
vasellame da mensa romano. Anche in questa istallazione il visitatore può avere un contatto
fisico diretto con il materiale esposto.
Fig. 8 Riproduzione di macina rotatoria manuale per cereali dal Römerkabinett del museo Malerwinkelhaus di
Marktbreit.
A mio avviso sarebbe opportuno predisporre delle postazioni simili anche nel museo di
Pescia. La mia idea sarebbe quella di realizzare la ricostruzione di una mensa medievale. Si
potrebbe preparare uno sfondo che riproduca l’interno di una sala e di fronte a questo allestire
una tavola con delle riproduzioni fedeli di ceramica da mensa medievale. Tra lo sfondo e la
tavola posizionerei alcune sagome che riproducano personaggi in abiti medievali. Questa
riproduzione sarà accompagnata da un pannello che spiegherà la funzione sulla mensa
medievale dei vari materiali riprodotti, il “tipico menù” medievale (con l’inserimento nel
pannello di qualche ricetta tipica dell’epoca97), le regole del galateo, ecc.. Anche qui, come nel
piccolo museo di Marktbreit, il visitatore avrà la possibilità di toccare tutti i materiali esposti.
97 TONIOLO A., Mangio quindi sono (…e tre ricette di epoca romana), in Archeologia sperimentale.
Metodologie ed esperimenti fra verifica, riproduzione, comunicazione e simulazione., BELLINTANI P., MOSER L. Trento, 2003, pp. 476-477.
57
Un ruolo molto importante è ovviamente svolto dalla pannellistica. Anche i pannelli
dovranno rispondere al solito requisito dell’ambivalenza, cioè dovranno rispondere sia alle
esigenze di un pubblico adulto che a quelle di un pubblico scolare. Per raggiungere questa
ambivalenza sarà bene dividere il pannello in due parti (Fig. 9).
Fig. 9 Schema di divisione dei pannelli espositivi, da GENOVESI E., Simulazioni per un progetto: il museo
diffuso e il sistema museale, 1999.
La parte bassa del pannello sarà destinata ad accogliere un messaggio prevalentemente
didattico mentre la parte alta sarà dedicata ad informazioni più scientifiche98.
Per ottenere un risultato omogeneo nei testi del pannello, sarà molto importante
attenersi a regole ben precise se si vorrà comunicare bene attraverso il testo scritto. Il primo
punto su cui soffermarsi è il lessico da utilizzare sui pannelli. Lo Zifferero99 consiglia di
servirsi del DAIC ( Dizionario Avanzato dell’Italiano Corrente) e del DIB ( Dizionario Italiano
di Base)100. Sempre nello stesso contributo, lo Zifferero101, ci propone otto regole per rendere
chiaro il testo scritto di un pannello:
1. Comporre frasi brevi, cercando di evitare troppe frasi subordinate.
2. Preferire verbi attivi piuttosto che passivi.
3. Preferire un tono colloquiale.
4. Utilizzare un linguaggio comprensibile.
5. Cercare di creare frasi che evochino immagini visibili.
98 GENOVESI E., Simulazioni per un progetto: il museo diffuso e il sistema museale, in «Musei e Parchi
archeologici» FRANCOVICH R., ZIFFERERO A. (a cura di), Firenze, 1999, p. 137. 99 ZIFFERERO A., La comunicazione nei musei e nei parchi: aspetti metodologici e orientamenti
attuali, in «Musei e parchi archeologici», FRANCOVICH R., ZIFFERERO A. (a cura di), Firenze, 1999, pp. 416-419.
100 Entrambi curati da T. De Mauro. 101 ZIFFERERO A., La comunicazione nei musei e nei parchi: aspetti metodologici e orientamenti
attuali, in «Musei e parchi archeologici», FRANCOVICH R., ZIFFERERO A. (a cura di), Firenze, 1999, pp. 420-421.
58
6. Il titolo deve richiedere un tempo di lettura di 3 secondi, il corpo centrale in 30 secondi
e deve essere formato da 150 parole divise in 3/4 frasi (se è necessario inserire ulteriori
informazioni è opportuno inserirle a corredo di illustrazioni o grafici come didascalie).
Tutto l’insieme deve essere leggibile in 3 minuti.
7. Le immagini e le tabelle non possono sostituire il testo.
8. Selezionare le informazioni.
Un ruolo altrettanto importante, per quanto riguarda il potenziale comunicativo dei
pannelli da esporre nel museo, è svolto dalle immagini. Ovviamente risulta di vitale
importanza, per la chiarezza del pannello, che le immagini siano di buona qualità e
perfettamente integrate con il testo.
I migliori risultati si ottengono con l’utilizzo di immagini composite, queste, infatti,
hanno una maggiore capacità di contenere e trasmettere informazioni rispetto ad un’immagine
unitaria. Per costruire una buona serie di immagini composte serve impostare, nella fase di
progettazione, un buono storyboard102.
Fig. 10 In questo pannello sono spiegate alcune tecniche di lavorazione del vetro romane. Dal Musée Royaux
d’Art et d’Histoire du Cinquantennaire di Bruxelles.
102 ZIFFERERO A., La comunicazione nei musei e nei parchi: aspetti metodologici e orientamenti
attuali, in «Musei e parchi archeologici», FRANCOVICH R., ZIFFERERO A. (a cura di), Firenze, 1999, pp. 422-423.
59
Nelle figure 10 e 11 sono riportati due esempi di pannelli che utilizzano immagini
composite. Nel primo pannello vengono spiegate, attraverso disegni, due tecniche di soffiatura
del vetro utilizzate in epoca romana, soffiatura libera e in stampo. Nel secondo pannello viene
illustrato, sempre attraverso disegni, come venivano prodotti alcuni tipi di ceramica sigillata. A
mio avviso, in aggiunta ai disegni compositi, sarebbe molto utile all’aspetto didattico del
pannello, realizzare fotografia dei vari metodi di produzione, in questo caso del vetro,
riprodotti in esperimenti di archeologia sperimentale103 o delle immagini scattate all’interno di
una bottega di vetrai moderna. Così facendo, sempre secondo chi scrive, il processo di
produzione potrà essere meglio compreso e meglio assimilato dal visitatore.
Fig. 11 Particolare di un pannello del Musée Royaux d’Art et d’Histoire du Cinquantennaire di Bruxelles nel
quale viene illustrata, al centro, la tecnica per produrre la ceramica sigillata romana.
L’utilizzo di immagini unitarie deve invece servire per arricchire e articolare le
informazioni fornite con il testo scritto.
Un altro scopo per il quale potranno essere efficacemente utilizzati i pannelli sarà
quello di rendere comprensibile ai visitatori in che modo si opera in archeologia (Fig. 12). Si
potranno realizzare dei pannelli nei quali sono descritte le varie fasi preparatorie di scavo, le
figure professionali che concorrono alla realizzazione di un intervento stratigrafico. In un'altra
103 Per quanto riguarda le tecniche costruttive di un castello sarebbe molto interessante usare immagini del progetto di archeologia sperimentale di Guèdelon, in Francia, dove si sta costruendo un castello utilizzando le tecniche costruttive medievali. Vedi http://www.guedelon.fr/fr/ .
60
serie di pannelli si potranno spiegare le varie fasi dello scavo stratigrafico vero e proprio
servendosi di foto scattate durante gli scavi in Valdinievole.
Fig. 12 Pannello retro illuminato raffigurante immagini di scavo e archeologa a lavoro. Dal Musée Royaux d’Art
et d’Histoire du Cinquantennaire di Bruxelles.
Fig. 13 Pannello che riproduce, a grandezza naturale, una sezione con due tombe in un campo d’urne. Dal Musée
Royaux d’Art et d’Histoire du Cinquantennaire di Bruxelles.
61
Un forte valore didattico, per quanto riguarda la spiegazione del lavoro
dell’archeologo, lo possono avere i pannelli che riproducono situazioni stratigrafiche
riscontrate in fase di scavo. Un esempio di plastico che riproduce in scala reale una parte di
uno scavo è presente nel Musée Royaux d’Art et d’Histoire du Cinquantennaire di Bruxelles
(Fig.13). Il pannello riproduce, a grandezza naturale, una sezione di scavo con due tombe
rinvenute in un campo d’urne. La sequenza stratigrafica è resa con le diverse tonalità
cromatiche del terriccio permettendo di distinguere lo strato di humus, nel quale è anche
riprodotta la vegetazione, dagli altri strati. Le differenti tonalità cromatiche permettono di
comprendere in che modo si presentano le buche in un contesto stratigrafico. Questo può
agevolare la comprensione del visitatore su come si distinguano gli strati e quindi sul metodo
stratigrafico, fondamentale per l’archeologia moderna, e su come l’archeologo, servendosi di
questo metodo, sia in grado di procedere nel suo lavoro.
Secondo il giudizio di chi scrive sarebbe molto utile riproporre un pannello simile,
aggiungendo all’esempio sopra esposto un diagramma stratigrafico (Matrix) corredato di
didascalia che ne spieghi la funzione ed il funzionamento. Così facendo si renderà partecipe il
visitatore di un altro fondamentale strumento dell’archeologia moderna.
Altrettanto importati, per rendere comprensibile al visitatore il lavoro dell’archeologo,
saranno dei plastici che riproducano situazioni di scavo. Un esempio simile lo ritroviamo nel
Musée Royaux d’Art et d’Histoire du Cinquantennaire di Bruxelles (Fig. 14).
Fig. 14 Ricostruzione in scala reale di una tomba in fase di scavo. Dal Musée Royaux d’Art et d’Histoire du
Cinquantennaire di Bruxelles.
62
Nel Freilichtmuseum Hessenpark, nell’area espositiva dedicata alla produzione del
vetro, è riprodotto uno scavo stratigrafico nel quale vengono ritrovati frammenti vitrei. I
diversi strati sono formati realmente da terreno con diverse tonalità di colore. Il tutto è
accompagnato da foto che illustrano le varie fasi di uno scavo archeologico.
Simili ricostruzioni di contesti, a mio avviso, insieme ai pannelli che riproducono
sezioni di scavo, possiedono un forte valore didattico, attirando l’attenzione del visitatore, in
modo particolare quello di età scolare.
Sarà necessario fare un’adeguata selezione dei reperti da esporre in vetrina, per evitare
di riproporre le obsolete vetrine stracariche di materiali. La congestione della vetrina porta a
confondere il visitatore, questa confusione fa perde alla vetrina il suo valore didattico
divulgativo. Un ulteriore passo per evitare che il visitatore sia distratto durante la visita al
museo è che il pannello con la didascalia dei reperti esposti in vetrina sia posizionato in modo
da fare da fondo alla vetrina stessa. Evitando, dove possibile, di posizionare il pannello
affianco alla vetrina si permetterà al visitatore di poter osservare l’oggetto e, allo stesso tempo,
senza doversi spostare, di leggere la didascalia e il contenuto del pannello. Così facendo, la
comprensione dell’esposizione risulterà molto più chiara e agevole (Fig. 15).
Fig. 15 Schematizzazione di una vetrina, da GENOVESI E., Simulazioni per un progetto: il museo diffuso e il
sistema museale, 1999, p. 138.
Molto importante sarà anche l’impianto di illuminazione. Le luci saranno legate sia al
loro aspetto funzionale, sia alle esigenze emozionali. Attraverso l’utilizzo di luci d’accento si
potranno mettere in risalto reperti, pannelli e modelli, in modo da creare un aspetto
scenografico che renda ancora più interessante la visita al museo. L’utilità delle luci è in
63
relazione con la possibilità di controllarne la loro intensità, caratteristica fondamentale in un
museo vista l’esigenza di conservazione di alcuni reperti.
Un altro aiuto all’aspetto didattico, qualora si espongano reperti con evidenti segni di
lavorazione ed usura, sarà quello di posizionare a fianco al reperto, l’oggetto (o la sua
riproduzione) che ha prodotto quelle tracce, in modo da rendere più facilmente comprensibile
al visitatore in che modo si sono potuti produrre quei segni (Fig. 16).
Fig. 16 Frammento di roccia e corno animale. La roccia presenta tracce di lavorazione lasciate da uno strumento
in corno animale. Dal Musée Royaux d’Art et d’Histoire du Cinquantennaire di Bruxelles.
Per fare in modo che il visitatore si senta ancora di più parte del museo, ritengo sia
molto utile ricorrere all’utilizzo degli audiovisivi. La mia idea sarebbe quella di un breve
filmato iniziale, nel quale viene presentata l’intera esposizione, e un Cd - Rom interattivo che
vada a chiudere il percorso espositivo.
Il breve filmato, proiettato su un televisore posto all’inizio del percorso di visita del
museo, non dovrà durare più di 4 minuti. Il ruolo del filmato sarà quello di introdurre il
visitatore a ciò che vedrà esposto nel museo attraverso un’introduzione storica della
Valdinievole. Sarà molto importate realizzare un prodotto di buona qualità, infatti, il visitatore
ha ormai ben acquisito, grazie alla televisione, il modo di conoscere attraverso le immagini. Il
filmato dovrà, quindi, assolvere lo scopo di introdurre il visitatore ma dovrà farlo in modo da
fornire in maniera adeguata informazioni, stimolando il fruitore e suscitandogli interessi.
Alla fine del percorso espositivo sarà utile la presenza di una postazione interattiva. Da
questa postazione, il visitatore potrà approfondire alcuni aspetti sui materiali e sui siti da cui
64
essi provengono. Sarebbe molto utile inserire nel Cd – Rom interattivo delle ricostruzioni
grafiche 3D, dei siti o di particolari edifici, basate sui dati di scavo in modo da fornire un
riscontro visivo più familiare e sicuramente di più semplice lettura rispetto alle sole piante
delle strutture. Il Cd – Rom potrà essere arricchito da filmati che illustrino i modi di produrre i
materiali rivenuti sugli scavi. Dove possibile, come già proposto per i pannelli, sarebbe
opportuno utilizzare filmati girati durante un esperimento di archeologia sperimentale. Per
alcune produzioni sarebbe anche interessante proporre un confronto, sempre servendosi di
filmati brevi, tra il modo di produrre un determinato prodotto nel medioevo e il modo di
produrlo oggi. Così facendo si evidenzieranno le uguaglianze che sono ancora presenti in
alcune produzioni, facendo vedere al visitatore come questo “passato” non sia poi così
“lontano”.
Il Cd – Rom, come detto, dovrà fornire spunti per futuri approfondimenti su tutti i
materiali, i siti e le tematiche trattate nel museo quindi sarà utile strutturarlo il modo che il
fruitore possa scegliere quale sia l’argomento che vuole approfondire attraverso un indice
iniziale diviso per categorie (per esempio: la produzione ceramica, la fauna, la viabilità, ecc.).
Le varie categorie potranno essere spiegate attraverso le foto dei materiali e le immagini
presenti nel museo, corredate da una didascalia che approfondisca quella già presente sui
pannelli espositivi alla quale potranno essere aggiunte altre immagini che potranno servire da
confronto a quelle già presenti nel museo. Questo supporto interattivo dovrà sempre assolvere
lo scopo ambivalente che dovrà caratterizzare l’intero museo, quindi dovrà essere progettato in
modo da risultare gradevole ed esaustivo al visitatore adulto e stimolante ad accattivante per il
visitatore di età scolare.
3.2 Parco archeologico in progress
La posizione panoramica del sito di Lignana e le sue evidenze archeologiche rendono
possibile la realizzazione di un parco archeologico. Sarà anche possibile prevedere la visita al
sito durante l’intervento stratigrafico con la creazione di un Parco archeologico in progress. La
possibilità di poter visitare il sito durante i lavori di scavo sarà un importante presupposto per
avvicinare la gente all’archeologia, come detto nel precedente paragrafo il museo prevederà
una parte del suo percorso espositivo dedicata allo spiegare al visitatore cos’è l’archeologia, in
che modo si agisce, quali sono gli strumenti e le metodologie archeologiche.
65
Per la realizzazione di un Parco archeologico in progress sul sito di Lignana bisognerà,
prima di tutto, individuare il percorso più agevole per raggiungere il sito. Una volta
individuato il percorso più adatto per i visitatori, si provvederà alla sistemazione del sentiero.
Questa procederà con la ripulitura del sottobosco e con il rendere più praticabile e sicuro il
sentiero (per esempio con la sistemazione di staccionate in legno o con la creazione di gradini
per i punti più ripidi). Lungo il percorso sarà anche opportuno prevedere delle aree di sosta,
nelle quali sistemare delle panchine in legno. In ogni modo sarà opportuno, secondo il parere
di chi scrive, limitare le staccionate, le panchine e gradini per evitare di stravolgere troppo
l’aspetto naturale del bosco. In ogni area di sosta lungo il sentiero sarà inserito un pannello che
introdurrà il visitatore al sito di Lignana accompagnato da u’altro pannello che illustrerà la
fauna e la flora, e le attività antropiche ad esse collegate, della zona.
Alla fine del sentiero, nei pressi del sito, potrebbe essere opportuno creare un campo
base. In questa zona si potrà istallare un capanno che servirà agli archeologi e ai visitatori
come punto di sosta nei pressi del sito104.
I visitatori si potranno muovere all’interno del cantiere seguendo un percorso di visita
ben definito. Il percorso si snoderà intorno alle aree di scavo in modo che i visitatori non siano
di intralcio ai lavori e in modo da rispettare tutte le norme di sicurezza del cantiere di scavo.
Lungo il percorso di visita saranno sistemati dei pannelli che, aggiornati
periodicamente, spiegheranno ai visitatori i progressi dello scavo (Fig. 17).
Le visite potranno essere organizzate utilizzando il museo di Pescia come luogo di
prima ricettività e come tramite per prenotare una visita guidata dello scavo per gruppi. Nella
visita guidata, uno degli archeologi dello scavo li condurrà lungo il percorso di visita,
illustrando lo scavo. Sarà opportuno che per le visite guidate si richieda una preventiva
prenotazione attraverso la quale l’equipe degli archeologi potrà concordare con i gruppi di
visitatori l’orario e il giorno della visita.
Parte integrante del progetto di Parco Archeologico in progress sarà la creazione di un
sito internet, sull’esempio di quello realizzato per lo scavo di Miranduolo (Chiusdino, SI)105,
che sarà aggiornato regolarmente in modo da rendere visibile al pubblico il procedere dei
lavori, creando così un contatto diretto con la gente del posto, e più in generale con chi è
interessato all’archeologia.
104 Vedi lo scavo di Miranduolo (Chiusdino, SI):
http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MIRANDUOLO/MIR.html . 105 Vedi sito internet indicato nella nota 104.
66
Fig. 17 Pianta del castello di Lignana con percorso di visita (in giallo) e posizionamento dei pannelli espositivi
(indicati dai quadrati verdi).
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L’idea è quella di progettare uno scavo il più possibile aperto verso pubblico, tramite le
visite al cantiere e al sito internet, in modo da avvicinare il più possibile tutte le persone
interessate alla storia e all’archeologia al lavoro dell’archeologo, spesso visto come elemento
di disturbo e ancor più spesso non compreso (colpa, quest’ultima, da attribuire ad alcuni
archeologi che spesso trascurano i “non addetti ai lavori”).
Il modo migliore, a mio avviso, per raggiungere il sito sarà quello di organizzare dei
bus navetta con partenza dal Museo di Pescia e arrivo di fronte all’agriturismo Montaione.
Giunti al parcheggio dell’agriturismo i visitatori, al massimo 20 persone per volta,
percorreranno il sentiero che porta al sito del castello.
3.3 Parco Archeologico diffuso (la Valdinievole medievale)
La presenza in tutta la Valdinievole di numerosi siti medievali, siti archeologici e
borghi ancora esistenti, ci fornisce la possibilità di ideare un Parco Archeologico diffuso che
avrà come tema il medioevo in questo territorio. Come detto sopra, il museo di Pescia svolgerà
la funzione di punto di raccolta dei visitatori e allo stesso tempo sarà il punto di partenza per le
visite dei vari siti di interesse storico/archeologico.
Sarebbe molto interessante riuscire a riutilizzare il più possibile, per i percorsi del
nostro parco, la viabilità medievale. Questa, specialmente a livello di strade minori e
mulattiere, è rimasta pressoché invariata, le principali differenze si possono notare nelle aree di
pianura e questo perché quelle aree in epoca medievale erano ancora per la maggior parte
impaludate106. Il riutilizzare le antiche vie di comunicazione concederà un valore aggiunto al
nostro parco, portando il visitatore a comprendere in che modo ci si spostasse nel medioevo.
Questo valore aggiunto sarà evidenziato da pannelli, che verranno posizionati lungo i vari
percorsi. Nei pannelli si descriverà su che tipo di strada si sta camminando, cosa e chi si poteva
incontrare su quel sentiero durante il medioevo. Sempre attraverso i pannelli si potrà far
conoscere al visitatore il modo in cui venivano gestite le strade, ad esempio si potrà
evidenziare come la strada fosse fortemente collegata al territorio e al popolo che lo abitava,
infatti, la manutenzione delle strade era rimandata al popolo delle varie pievi e a quello delle
chiese da loro dipendenti107.
106 MORETTI I., La viabilità medievale in Valdinievole, in «Atti del convegno Sulla viabilità della
Valdinievole dall’antichità ad oggi», Buggiano Castello, 1982, pp. 45-46. 107 MORETTI I., La viabilità medievale in Valdinievole, in «Atti del convegno Sulla viabilità della
Valdinievole dall’antichità ad oggi», Buggiano Castello, 1982, pp. 46-47.
68
Seguendo le linee guida usate per progettare il Parco Archeologico del sito di Lignana
si potrà ideare la pannellistica e i percorsi di visita degli altri siti archeologici che faranno parte
del nostro Parco archeologico diffuso. Anche in questi siti si dovrà, dove necessario, sistemare
il tragitto che porta alla zona d’interesse archeologico con la pulitura del sotto bosco, la
sistemazione di staccionate, di panchine e la creazione, dove necessario, di un campo base.
Per quanto riguarda la visita dei vari siti archeologici sarebbe opportuno appoggiarsi a
gruppi di Trekking locali. La posizione elevata di alcuni siti, come per esempio il castello di
Lignana, può scoraggiare il visitatore, per questo motivo penso sia utile organizzare escursioni
guidate dal personale dei gruppi di Trekking.
3.4 Archeologia a scuola
L’organizzare un progetto in collaborazione con le scuole primarie e secondarie di
primo grado della Valdinievole che preveda delle lezioni fatte da archeologi ha, a mio avviso,
una forte importanza per la valorizzazione del sito di Lignana, importanza che ovviamente si
estende anche agli altri siti della valle. Questi tipi di progetti hanno la funzione di avvicinare i
ragazzi alla storia del loro territorio, all’archeologia e ai musei.
Per il finanziamento del progetto si potrà fare riferimento agli eventuali bandi istituiti
dalla regione Toscana, come ad esempio il bando a sostegno di progetti di educazione al
patrimonio culturale e di didattica museale del 2007108.
L’idea è quella di programmare, in accordo con i singoli istituti, delle lezioni tenute
direttamente da archeologi. In queste lezioni gli archeologi, accompagnati da un insegnate,
spiegheranno il loro lavoro, attraverso la descrizione dello scavo di Lignana. Così facendo si
riuscirà ad illustrare agli alunni sia la storia del sito di Lignana e sia la metodologia
archeologica utilizzata nello scavo.
Per aiutare la comprensione degli alunni sarà opportuno renderli il più possibile
partecipi alla lezione attraverso metodi stimolanti e coinvolgenti. Questo scopo potrà essere
raggiunto attraverso l’ausilio di immagini, filmati, attraverso la presenza in classe di oggetti,
come i reperti ritrovati durante gli scavi e alcune delle attrezzature utilizzate per effettuare lo
scavo archeologico(trowel, ecc.). La tappa finale di questo progetto sarà la visita al museo e
all’area archeologica in modo da far entrare gli alunni in diretto contatto con la storia del loro
territorio, che è la loro storia e il loro passato.
108 Vedi http://www.cultura.toscana.it/assessorato/finanziamenti.shtml .
69
Durante la visita al museo si potranno organizzare diversi tipi di laboratori. I laboratori
si potranno tenere sotto il portico del Museo Civico di Pescia.
Il primo di questi laboratori potrà prevedere la riproduzione, all’interno di una cassa in
legno, di una sequenza stratigrafica109. La sequenza stratigrafica sarà resa con l’introduzione
nella cassa di terreni di diversa matrice e colore. I ragazzi procederanno seguendo tutta la
prassi di uno scavo archeologico. All’interno degli strati così riprodotti si posizioneranno copie
di reperti archeologici. I ragazzi, sotto la guida dell’archeologo, potranno sperimentare con le
proprie mani l’esperienza di uno scavo archeologico. L’utilizzo di copie di reperti ceramici,
vitrei, ornamenti, di monete e di altri oggetti, permetterà ai ragazzi di poter manipolare
direttamente gli oggetti e all’archeologo di far capire ai giovani visitatori in che modo si
possano ricavare informazioni dai reperti.
Fig. 18 Attività didattica per bambini nel Museo Archeologico del Finale (Finale Ligure Borgo, SV).
L’attività del laboratorio potrà essere così suddivisa:
1. Lezione con spiegazione teorico-pratica con l’introduzione sulle tecniche di
scavo archeologico e sulle tecniche di recupero e trattamento dei dati e i metodi
di studio e di interpretazione.
2. Scavo archeologico simulato. I ragazzi metteranno in pratica quello che hanno
appreso durante la prima fase, procedendo con la realizzazione di uno scavo
stratigrafico, producendo una documentazione scritta e fotografica del loro
lavoro.
3. Lezione che prevederà l’analisi della documentazione prodotta dai ragazzi e
l’analisi dei materiali riportati in luce con lo scavo.
109 Per progetti simili vedi AA. VV., Il sito neolitico de La Vela di Trento: a scuola con l’archeologia, Rovereto, 2007; ZANASI C., Il percorso didattico “Esplorando una terramare”: bambini al lavoro fra sperimentazione e gioco, in Archeologia sperimentale. Metodologie ed esperimenti fra verifica, riproduzione, comunicazione e simulazione., BELLINTANI P., MOSER L. Trento, 2003, pp. 349-355; e ancora http://www.comunitaeducative.it/nodi/nodo_81.pdf .
70
Un altro tipo di laboratorio potrebbe interessarsi ai giochi praticati in epoca medievale.
I ragazzi, in questo laboratorio, potranno praticare giochi di gruppo come la pallacorda,
potranno giocare a “filetto” o a “ossetti” (gioco praticato nel periodo pasquale con garretti di
agnello) e potranno costruire giocattoli di epoca medievale come, per esempio, bambole e
trottole110.
In un altro laboratorio i ragazzi potranno apprendere in che modo venivano prodotti
alcuni oggetti nel medioevo. I ragazzi, sotto la guida degli archeologi, potranno manipolare e
decorare, riproducendo le tecniche decorative del periodo, dell’argilla per creare delle forme
ceramiche medievali. Sempre in questo laboratorio si potrà illustrare i modi in cui nel
medioevo venivano lavorati i tessuti. Quindi i ragazzi potranno filare del lino, potranno vedere
in che modo funzionava un telaio, e potranno provare a tingere tessuti.
3.5 Sito web del castello di Lignana
La creazione di un sito internet dello scavo del castello di Lignana è quasi una scelta
obbligata per rimare fedeli alla volontà di aprire il più possibile, e per un vasto bacino di
utenza, i risultati ricavati della ricerca svolta a Lignana. Come visto nei paragrafi precedenti
l’apertura verso un vasto pubblico è la caratteristica principale del progetto di valorizzazione
dell’insediamento indagato.
Un aspetto importante della pubblicazione di un sito web, che a mio avviso è
importante sottolineare, è l’opportunità comunicativa a “basso costo” che questo mezzo è in
grado di offrire111. Attraverso un sito internet, quindi, si potrà raggiungere una larga utenza
riuscendo a contenere i costi.
La presentazione di attività connesse ai beni culturali come quelli archeologici impone
una riflessione sulla specificità dei criteri del loro trattamento in rete e in particolare sulla
necessità di stabilire un equilibrio sulla natura del loro significato e le possibilità tecniche
proprie della costruzione di una pagina web112.
Sempre per rimanere fedeli ad un’altra delle idee base che caratterizzano questo
progetto si ha l’intenzione di realizzare il sito internet attraverso una collaborazione con
110 Sui giochi nel medioevo vedi VERDON J., Feste e giochi nel medioevo, Milano, 2004. 111 GUERMANDI M. P., Internet e multimedia, in Archeologia e Calcolatori, 12, Firenze, 2001, p. 345. 112 DI GENNARO F., FINOCCHIETTI L., DELL’ERA F., Crustumerium on line: presentazione
telematica di un’area archeologica, in Archeologia e Calcolatori, 14, Firenze, 2003, p. 275.
71
studenti della facoltà di Informatica e della facoltà di Scienze della Comunicazione
dell’Università degli Studi di Pisa. L’utilizzo degli studenti per la realizzazione del sito
internet, e la collaborazione con gli archeologi per la realizzazione del progetto, darà loro
un’importante opportunità di formazione professionale. Gli studenti della facoltà di
Informatica e di scienze della comunicazione, quindi, collaboreranno con gli archeologi per
realizzare un prodotto che risponda pienamente alle caratteristiche richieste da questi ultimi.
La collaborazione tra archeologi e informatici e comunicatori permetterà di creare un
prodotto con un grande potenziale di diffusione. L’aspetto grafico del sito dovrà rispondere a
caratteri di sobrietà che distingua il sito del castello di Lignana da un sito con scopi
commerciali. L’utilizzabilità del sito web avrà ovviamente un valore superiore al suo aspetto
estetico, il quale sarà comunque studiato in modo da rendere il risultato finale piacevole e
facilmente comprensibile dall’utente. Un altro criterio importante, al quale dovrà rispondere il
nostro sito internet, consisterà nel considerare integrabili e non contrapposte le attività di
ricerca scientifica e la divulgazione.
Il sito web avrà, quanto meno in partenza, un carattere monografico mirato su un
obiettivo geograficamente definito che potrà essere, un domani, esteso all’intera Valdinievole.
Il sito internet del castello di Lignana dovrà rispondere alle necessità di tre diversi tipi
di utenti:
• Il cultore della materia;
• Il visitatore “curioso”;
• Il ragazzo in età scolare.
La valutazione dell’impostazione da dare all’operazione è partita dall’individuazione
preventiva delle categorie degli utenti che consulteranno il sito web.
Per fornire informazioni utili ad un bacino di utenza così ripartito e così diversificato il
sito internet dovrà prevedere una homepage comune per tutti, dalla quale si potrà accedere a
specifiche aree dedicate.
Secondo il parere di chi scrive, per le prime due categorie di utenti a cui si riferirà il
sito web basterà creare un’unica area con informazioni generali sul castello e sull’intervento
archeologico che preveda però la possibilità di approfondire la ricerca mediante l’accesso ad
aree diversificate del sito internet, mentre per l’utente di età scolare sarà opportuno creare
un’apposita area dedicata.
72
La struttura della prima area del sito che, come detto, sarà dedicata alle prime due
categorie di utenti indicate nell’elenco soprastante, verrà strutturata in modo da permettere al
visitatore “curioso” di avere le informazioni base su quello che riguarda il sito di Lignana e
l’indagine archeologica in esso svolta senza però obbligarlo a dover leggere materiale troppo
tecnico113. La possibilità di visionare notizie più tecniche sull’intervento stratigrafico sarà
comunque possibile, sia per l’utente “curioso” e sia per il cultore della materia, attraverso dei
link appositamente creati.
Questa area del sito internet dovrà essere strutturata, secondo il parere di chi scrive,
seguendo l’esempio di numerosi siti internet già esistenti, come il sito internet dello scavo di
Miranduolo, quello dello scavo di San Genesio, quello di Castel di Pietra114 ed altri siti web
simili.
La pagina web dovrà contenere una serie di link che rimandino a specifiche tematiche.
Proponiamo qui di seguito una lista dei possibili link che si potranno inserire nel nostro sito
internet:
• Storia del castello di Lignana;
• La Valdinievole nel XIV secolo;
• Strategia di scavo;
• I reperti;
• Documentazione;
• Valorizzazione del castello;
• Interprestazione in progress dei dati;
• Bibliografia, link utili e testi scaricabili;
• Contatti;
• Galleria fotografica;
• Come raggiungere il castello.
Con i link “Storia del castello di Lignana” e “La Valdinievole nel XIV secolo” si
riuscirà, attraverso l’uso delle fonti storiche e archeologiche, a fornire all’utente la possibilità
di essere introdotto alla storia di Lignana e del territorio circostante. I testi utilizzati per questo
scopo dovranno essere corredati da note bibliografiche.
113 DI GENNARO F., FINOCCHIETTI L., DELL’ERA F., Crustumerium on line: presentazione
telematica di un’area archeologica, in Archeologia e Calcolatori, 14, Firenze, 2003, p. 276. 114 Miranduolo: http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MIRANDUOLO/MIR.html ; San
Genesio: http://www.paesaggimedievali.it/luoghi/genesio/index.htm ; Castel di Pietra: http://www.paesaggimedievali.it/luoghi/CDP/index.html .
73
Il link “Strategie di scavo” descriverà le modalità di svolgimento dell’intervento
stratigrafico nel castello, illustrandone le scelte strategiche e metodologiche.
Con il link “I reperti” si illustreranno i vari reperti rinvenuti durante lo scavo
archeologico. Sarà opportuno creare dei sotto link che dedicati ad ogni tipologia di reperto
illustrato (per esempio: i reperti ceramici, metallici, vitrei ecc.).
Cliccando su “Documentazione” si accederà ad un’area che sicuramente interesserà
principalmente l’utente cultore della materia. Qui, sempre attraverso la creazione di sotto link,
l’utente potrà visionare tutta la documentazione prodotta durante lo scavo archeologico, dalla
lista delle US al Matrix, dai rilievi al GIS e così via.
Sotto il link “Valorizzazione del castello” sarà inserita una sentesi dei vari progetti
(museo, parco archeologico) che interesseranno il castello.
La “interpretazione in progress dei dati” sarà la sezione che permetterà agli utenti di
prendere conoscenza sul procedere dei lavori di Lignana. Questo settore del sito sarà
aggiornato settimanalmente dagli archeologi durante le campagne di scavo.
In “Bibliografia, link utili e testi scaricabili” l’utente potrà trovare una esauriente
bibliografia di riferimento e un elenco di link di siti internet utili per ulteriori approfondimenti.
Molto importante sarà la parte dedicata ai testi scaricabili115. Sull’esempio dei siti internet
degli scavi sopra indicati, anche qui saranno messi a disposizione degli utenti una serie di
pubblicazioni, come per esempio la relazione preliminare dello scavo, interamente scaricabili
in formato pdf direttamente dal sito. L’idea sarebbe quella di rendere l’operazione di download
completamente gratuita, questo per rendere i risultati della ricerca archeologica il più possibile
disponibili e accessibili a tutti.
Attraverso il link “Contatti” saranno messi a disposizione dell’utente una serie di
contatti telefonici e di indirizzi di posta elettronica attraverso i quali i visitatori potranno
entrare direttamente in comunicazione con gli archeologi per avere chiarimenti sul materiale
illustrato nel sito e per prenotare le visite guidate al Parco Archeologico in progress del
castello di Lignana.
Gli ultimi due link “Galleria fotografica” e “ Come raggiungere il castello” chiudono
questa nostra ideale ripartizione dei link del nostro sito web.
115 Vedi GUIMIER-SORBETS A. M., FROMAGEOT-LANIÈPCE V., Les resources d’information archéologiques sur internet: le point de vue de l’utilisareur, in Archeologia e Calcolatori, 17, Firenze, 2006, pp. 7-24.
74
Come detto sopra, dalla homepage si potrà accedere alla sezione dedicata alle suddette
prime due categorie di utenti e a quella dedicata ai ragazzi in età scolare.
In questa seconda sezione saranno riportate le stesse indicazioni riportate nella sezione
dedicata ai visitatori adulti, ovviamente il linguaggio usato sarà adeguato all’età degli utenti e
verranno semplificati i riferimenti agli argomenti tecnici. Il sito avrà una forte impostazione
didattica. L’aspetto grafico dovrà essere curato in modo da rendere divertente ed accattivante
l’apprendimento della storia del castello di Lignana, della Valdinievole e del lavoro
dell’archeologo.
Una possibilità per raggiungere questo scopo potrebbe essere, ad esempio, il creare un
personaggio, magari un archeologo, che guiderà l’utente all’interno del sito internet.
In conclusione sarà molto importante pensare, fin da subito, la realizzazione della
versione in inglese dell’intero sito internet, in modo da evitare le versioni riassunte presenti in
numerosi siti116.
116 DI GENNARO F., FINOCCHIETTI L., DELL’ERA F., Crustumerium on line: presentazione
telematica di un’area archeologica, in Archeologia e Calcolatori, 14, Firenze, 2003, p. 277.
75
CAPITOLO IV
PROGETTO DI SCAVO ARCHEOLOGICO E DI
VALORIZZAZIONE DEL SITO DI LIGNANA
In questo capitolo viene riportato il vero e proprio progetto di scavo del castello di
Lignana. Il progetto è quasi un’appendice al resto della tesi nella quale vengono spiegate nel
dettaglio le varie scelte metodologiche e strategiche che caratterizzano l’intervento di scavo e
di valorizzazione del sito di Lignana. La sinteticità e la schematizzazione del progetto sono
state attuate con l’intento di realizzare un progetto di intervento archeologico il più vicino
possibile ai progetti di scavo realizzati per richiedere ad un ente (sia esso pubblico o privato)
dei finanziamenti per una campagna di ricerca archeologica. Per questo motivo, ad esempio,
nel progetto sono elencate le varie fasi di lavorazione che caratterizzeranno l’intervento
archeologico, come la documentazione scritta, quella fotografica, comprese nel preventivo di
spesa.
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COMUNE DI PESCIA
LIGNANA
PROGETTO DI SCAVO
ARCHEOLOGICO
E
VALORIZZAZIONE DEL SITO
Progetto:
Luigi, Emanuele Corrado
77
Premessa
Il castello di Lignana è un sito, fin’ora, poco indagato. La sua ubicazione gli consente
di essere parte integrante di un Parco Archeologico esteso che comprende tutta la
Valdinievole. Lo scavo archeologico di Lignana è uno strumento fondamentale per creare
nuove conoscenze sul sito, andando ad arricchire il panorama storico- archeologico di tutta la
Valdinievole. Il progetto di scavo, partendo dalla creazione di nuove conoscenze, si propone di
portare le comunità locali ad una maggiore consapevolezza del proprio patrimonio culturale e
ambientale, di diventare strumento di tutela e di sviluppo socio economico con la creazione di
nuovi posti di lavoro diretti o indiretti.
Una parte dell’indagine archeologica prevederà la presenza di studenti di archeologia in
modo da far diventare il sito un cantiere di formazione per i nuovi archeologi.
Lo scavo archeologico sarà il punto di partenza per dar vita ad altri tre progetti, il primo
sarà l’allestimento nel Museo di Pescia di una sezione dedicata all’archeologia medievale nella
Valdinievole, il secondo sarà la creazione di un parco archeologico in progress ed il terzo un
parco archeologico diffuso sempre dedicato alla Valdinievole medievale. Al termine di ogni
fase di scavo è previsto il consolidamento delle strutture.
La divulgazione dei dati di scavo avverrà attraverso la realizzazione di pannelli
esplicativi, pubblicazione di un sito internet e attraverso una serie di eventi quali visite guidate
agli scavi, programmi di didattica rivolti alle scuole, giornate di studio.
INQUADRAMENTO STORICO ARCHEOLOGICO DEL
SITO
Il castello di Lignana è situato nella parte montana del comune di Pescia, sul versante
meridionale dell’omonimo Monte Lignana a 863 m s.l.m.. Il versante del monte è terrazzato ed
è occupato da un bosco di castagni. Le fonti documentarie relative al castello sono scarse.
Il toponimo è menzionato per la prima volta in un contratto di livello in cui il Vescovo
di Lucca, nell’anno 879, concede diversi beni che confinavano con la «terra che dicitur
Lignanise» e con il «Colle, che dicitur Lignanise»117. Da queste menzioni si può dedurre che
117 BARSOCCHINI D., Memorie e documenti per servire all’istoria del ducato di Lucca, Lucca, 1841,
doc. n. 893.
78
nel IX secolo il sito di Lignana non era ancora abitato, infatti, il toponimo è usato per
identificare una terra e un colle. Il riferimento a Lignana come villa compare per la prima
volta nell’ultimo ventennio del X secolo nei documenti di «livelli» della pieve di San
Tommaso apostolo e San Giovanni Battista di Arriana, concessi dal Vescovo di Lucca alla
famiglia da Maona negli anni 988, 998 e 1019118. In questi documenti sono elencati i villaggi
che sono soggetti alle decime della pieve, tra i quali troviamo la villa di Lignana, senza però
specificare il suo carattere di villaggio o castello.
Una nuova citazione di Lignana in un documento scritto compare dopo l’attacco dei
pistoiesi contro i villaggi lucchesi. Nell’anno 1227 il vicario imperiale di Federico II stabilì un
risarcimento per gli abitanti colpiti dall’attacco e tra i villaggi elencati troviamo anche
Lignana119.
Le prime citazioni della chiesa di San Jacopo di Lignana le troviamo intorno al 1257 e
nel 1308, in questi documenti Lignana non compare più come comune autonomo ma
sottoposto a Sorana.120
In una cronaca, scritta dal prete M. Sansoni nel XVIII secolo, si parla della storia del
castello nel XIV a partire dagli ultimi decenni che hanno preceduto la distruzione e il
definitivo abbandono di Lignana121. Il Sansoni ci riferisce che a seguito della conquista
fiorentina, Lucca perse Lignana. Nel 1309 il villaggio è presente in un elenco di comuni rurali
del vicariato di Valleriana e, successivamente a questa data, entra a far parte del territorio
fiorentino122. Secondo la suddetta cronaca del Sansoni i fiorentini costruirono, nel 1314123, una
torre sulla cima del monte Lignana in opposizione alle fortezze di Lucca e specialmente al
Castello di Lucchio, prendendo il nome di Mazza di Lucchio, odierno Mazzalucchio.
L’ubicazione di Lignana lungo il confine tra Firenze e Lucca ne favorì la temporanea
118 QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del
potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, 1999, Pisa, pp. 91-92. 119 SANTOLI Q., Liber Censuum Comunis Pistorii, Pistoia, 1915, pp. 196-7. 120 QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del
potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, 1999, Pisa, pp. 92. 121 SANSONI M., Memorie istoriche antiche e moderne del Castello di Sorana, Biblioteca Comunale di
Pescia, sec. XVII. 122 MILANESE M., BALDASSARRI M., L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del
convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p.224; PESCAGLINI MONTI R., Le vicende del castello di Collodi dalle origini alla metà del XIII secolo, in Atti del convegno su I castelli in Valdinievole, (Buggiano Castello giugno 1989), Buggiano, 1990, pp. 48-50; ORONI A. M., Terre murate della Val di Torbola nel XIV secolo, in Atti del convegno su I castelli in Valdinievole, (Buggiano Castello giugno 1989), Buggiano, 1990, p. 91.
123 Secondo alcuni la torre fu costruita nel 1329, vedi QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, 1999, Pisa, p. 92.
79
occupazione, nel 1346, da parte di quest’ultima124 per poi tornare, dopo pochi anni, sotto il
controllo di Firenze. Nel 1360 esplode un contrasto tra i comuni lucchesi di Pontito e Lignana
e quelli fiorentini di Castelvecchio e Vellano. In seguito a questo contrasto Lucca (in questo
periodo soggetta a Pisa) costruì una fortezza a Spicchio (località non identificata) con lo scopo
di controllare il passo di Lignana. Dal 1360 in poi le lotte si fanno più aspre. I pisani, nel 1362,
durante le lotte tra Pisa e Firenze, distruggono il castello di Lignana. Nel 1364 Firenze lo
riconquista ma viene considerato non conveniente ricostruirlo. A questo punto Lignana viene
abbandonata e il castello viene raso al suolo, i pochi abitanti si disperdono nei vicini castelli di
Castelvecchio, Lanciole e, soprattutto, a Sorana. A Sorana gli esiliati formano un quartiere,
denominato Paradiso, subito fuori dalle mura del lato meridionale del castello.
Fig. 19 Rilievo altimetrico del sito di Lignana.
124 QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del
potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, 1999, Pisa, p p.92.
80
Le prime notizie di recuperi archeologici a Lignana risalgono al 1722 quando furono
rinvenuti reperti ceramici, ossa e monete. Questi reperti furono datati al periodo etrusco125 ma
l’attendibilità di questa attribuzione è stata messa in dubbio126. Nel 1973 e nel 1978 furono
effettuati alcuni saggi da parte del Gruppo Archeologico di Pistoia127 (ancora inediti). Nel
1977 il Museo Archeologico di Pescia realizzò una planimetria del sito e sempre in questo
periodo il GARS di Pescia realizzò ricognizioni non sistematiche. Il sito ha subito numerosi
interventi clandestini128. Nel 1991 la Sopraintendenza Archeologica della Toscana condusse,
sotto la direzione di M. Milanese, una breve campagna di test stratigrafici (Fig. 20).
Gli scavi sono stati condotti in 3 zone diverse: in una casa situata sulla terza terrazza
del borgo; nella rocca superiore; all’esterno delle mura del settore occidentale.
Il primo sondaggio è stato realizzato nella terza terrazza del borgo sotto la chiesa di San
Jacopo di Lignana (settore 3000). Attualmente sono visibili i muri perimetrali (US 3002) che
delimitano l’ambiante, risulta impossibile realizzare l’analisi della sequenza di occupazione.
Lo spazio dell’abitazione ha dei muri costruiti in blocchi di arenaria appena lavorati legati con
terra con tendenza a formare filari sub orizzontali. La struttura presente una morfologia
trapezoidale, i lati lunghi sono di 5-4,3 m e i lati corti misurano 2-1,96 m. Nel lato NE
dell’edificio è presente una struttura, interpretata come focolare (US 3003). Questa piccola
struttura in pietra misura 110 x 50 cm ed è rialzata di alcune decine di centimetri sul fondo
della casa.
Il secondo sondaggio è stato effettuato nella rocca situata sulla cima del castello
(settore 2000). Dallo scavo sono affiorati i resti dei muri perimetrali di una torre rettangolare di
7,5 x 6 m. La torre presenta murature spesse 1.5 m (US 2002, 2003, 2004, 2005) poco
conservate in elevato. Le murature sono state realizzate con bozze di piccole dimensioni che
formano filari orizzontali e paralleli. All’interno della torre è stato parzialmente scavato un
livello di occupazione che poggia direttamente sulla roccia (US 2013) nel quale sono stati
125 CANTINI L., Lettere e diversi illustri soggetti sopra alcune terre e castelli di Toscana, 1808,
Firenze, p. 338. 126 PASQUINUCCI M., Alcune considerazioni sul popolamento antico e medievale della Valdinievole,
in «Pescia e la Valdinievole nell’età dei Comuni», VIOLANTE C., SPICCIANI A. (a cura di), 1995, Pisa, p. 28 e ancora QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, 1999, Pisa, p. 91.
127 La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, 1999, Pisa, p. 91 e ancora MILANESE M., BALDASSARRI M, L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, p. 224.
128 MILANESE M., BALDASSARRI M, L’archeologia del XIV secolo in Valdinievole, in «Atti del convegno La Valdinievole nel secolo XIV», Buggiano, 2000, pp. 224-225.
81
rinvenuti frammenti vitrei con frammenti di ceramica smaltata e depurata che permettono di
datare e il suo interno alla metà del XIV secolo. Inoltre gli scavi hanno evidenziato che dopo il
crollo della struttura (US 2009=2008) e il suo abbandono (US 2014) l’area è stata interessata
da numerosi rimaneggiamenti che hanno alterato la stratigrafia. Nonostante questi
rimaneggiamenti è stato possibile recuperare alcuni riempimenti e un focolare (US 2006, 2011,
2012) con abbondanti materiali in giacitura secondaria.
Fig. 20 Ubicazione dei saggi di scavo del 1991 nel castello di Lignana.
In fine sono stati condotti alcuni sondaggi all’esterno delle mura, in prossimità della
porta d’accesso al castello (settore 1000). Il primo di questi sondaggi (settore 1100) misurava 4
m² ed era situato a c. a. 25 a N della suddetta porta. La stratigrafia del settore era composta da
strati di dilavamento dei depositi interni del castello relativi alla sua fase di abbandono. Al di
sotto dell’humus (US 1101, sottobosco di castagni) si succedono 5 livelli di dilavamento (US
1102, 1103, 1105, 1106, 1107). Questo sondaggio ha messo in luce un tratto delle mura (US
1104) che era rimasto coperto dopo l’abbandono del sito. La muratura è composta da bozze e
pietre spaccate, lavorate in maniera sommaria, legate con malta povera e disposte in modo da
formare filari sub orizzontali.
Un sondaggio di dimensioni più limitate (settore 1200), 2 m², ha restituito una
sequenza analoga al settore 1100. Sotto uno strato di humus (US 1201) è stato individuato uno
strato di colore giallastro (US 1202) formato dall’erosione dei depositi interni del castello.
Anche questo sondaggio ha esposto parte delle mura del castello (US 1203), ca. 1 m, realizzato
82
con bozze di arenaria appena regolarizzate, che formano filari suborizzontali e paralleli. La
malta utilizzata è povera, giallastra, dura e aderente con inclusi di origine fluviale129.
La ceramica proveniente da Lignana appartiene principalmente all’ultima fase si
occupazione del castello (XIV secolo). Nella rocca è stato però rinvenuto un frammento di
“zaffera a rilievo” ed altri frammenti di “graffita a stecca”. Questi frammenti ceramici
costituiscono un indizio di continuità di vita nel sito anche nel XV e XVI secolo, facendo
ipotizzare che l’abbandono del sito riportato dalle fonti del 1362 non sia stato poi così
definitivo. Questo prolungamento di occupazione, a giudicare dal frammento decorato a
“zaffera a rilievo” non doveva essere stato un tipo di occupazione precario130.
Nell’ottobre del 2001 è stata effettuata una ricognizione intensiva e un rilievo
planimetrico mediante stazione totale del sito nell’ambito del progetto “Archeoval”. Lo scopo
principale dell’intervento è stato quello di comprendere meglio l’urbanizzazione del borgo. La
ricognizione ha evidenziato che le mura delle abitazioni non sfruttano la cinta fortificata. A S
della chiesa di San Jacopo sono stati notati i resti di una struttura (5000-1) con muri ortogonali
con andamento N-S E-W caratterizzati da una tecnica costruttiva particolarmente curata
rispetto alle abitazioni della stessa area. Il paramento murario della struttura è costituito da
pietre squadrate disposte su filari orizzontali paralleli con letti e giunti di malta non eccedenti e
ben stilata, la tecnica costruttiva qui usata suggerirebbe l’identificazione della struttura con un
edificio privilegiato.
E’ anche stato notato che il circuito murario più esterno (area 1000) è meglio
conservato nella porzione sud ed est ( in alcuni tratti l’elevato raggiunge i 3 m). L’analisi dei
vari lacerti in elevato ha permesso di individuare interventi di riparazione delle mura
caratterizzati da una tecnica costruttiva più approssimativa.
Sono state inoltre riconosciute diverse piazzole sui terrazzi utilizzate per la
realizzazione di carbonaie e piccoli rifugi legati alle pratiche agro-silvo-pastorali
postmedievali131.
129 Le notizie sugli scavi sono tratte da QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo.
“Incastellamento” e archeologia del potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, 1999, Pisa, pp. 93-94.
130 MILANESE M., Fonti archeologiche per una storia dei paesaggi rurali della Valdinievole, in «Atti del convegno Immagini della Valdinievole nel tempo», Buggiano, 2003, p. 51.
131 MILANESE M., Fonti archeologiche per una storia dei paesaggi rurali della Valdinievole, in «Atti del convegno Immagini della Valdinievole nel tempo», Buggiano, 2003, pp. 50-57.
83
Fig. 21 Il sito del castello di Lignana (e ricostruzione ipotetica del percorso della cinta muraria). La pianta è stata
rielaborata sulla base dei dati ricavati dal rilievo eseguito durante il progetto Archeolval.
84
VALUTAZIONE DEL DEPOSITO ARCHEOLOGICO
La valutazione del deposito archeologico del castello di Lignana è stata fatta sulla base
dei dati della breve campagna di test stratigrafici del 1991 riportati da Quiròs Castillo132.
Pur trovandosi in un sito d’altura caratterizzato dalla forte pendenza dei versanti, la
presenza di terrazze di sostruzione all’interno del castello ha permesso una buona
conservazione della stratificazione archeologica. Anche al di fuori del castello, gli scavi
(settore 1000), hanno evidenziato una discreta conservazione della stratigrafia archeologica,
portando alla luce una serie di livelli di dilavamento ed erosione relativi alle fasi di abbandono
del castello.
I dati relativi alla rocca, situata nella parte sommitale del castello, nella quale è stato
parzialmente scavato un livello di occupazione poggiante sulla roccia (settore 2000), hanno
evidenziato una stratigrafia parzialmente alterata dai numerosi rimaneggiamenti avvenuti dopo
il crollo della struttura.
In sintesi le sequenze stratigrafiche meglio conservate sembrano essere quelle poste
all’interno di strutture.
La sequenza stratigrafica delle parti finali non appare complessa, essendo caratterizzata
da fenomeni di dilavamento e crollo, dovuti ai secoli di abbandono e di incuria che hanno
interessato il castello.
MOTIVAZIONE DELL’INTERVENTO
STRATIGRAFICO
La scarsa conoscenza storica e archeologica del sito e la sua posizione sul confine
medievale tra Lucca e Firenze fanno sì che Lignana sia un bene culturale da riscoprire e
valorizzare, che ben si presta ad un progetto di Parco Archeologico e alla realizzazione di
un’importante area di ricerca scientifica.
Uno scavo stratigrafico estensivo del sito permetterà di chiarire la storia di Lignana e
concorrerà a fare luce sulle dinamiche dell’incastellamento e sullo sfruttamento delle risorse
132 QUIROS CASTILLO J. A., La Valdinievole nel medioevo. “Incastellamento” e archeologia del
potere nei secoli X-XII, “Quaderni della Biblioteca Capitolare di Pescia”, 5, Pisa,1999, pp. 93-105.
85
economiche e dei collegamenti commerciali della Valdinievole nel XIII/XIV secolo. Per
accrescere il valore dell’intervento archeologico al castello di Lignana sarà importante inserire
questo progetto di ricerca in un contesto più ampio, quindi qualificare lo scavo di Lignana non
come un evento episodico a sé, ma inserito e contestualizzato in un piano archeologico che
comprenda l’intera Valdinievole. Questo progetto servirà, quindi, ad arricchire la cartografia
archeologica della zona, contribuendo alla creazione di uno strumento cartografico capace di
andare oltre la semplice catastazione dei ritrovamenti già noti, avvicinandosi, invece, al
concetto di prevedibilità indiziaria del patrimonio archeologico dell’intera Valdinievole133.
Grazie allo scavo stratigrafico si potranno raccogliere dati importati, altrimenti difficilmente
recuperabili, grazie ai quali sarà possibile colmare le lacune storiche esistenti sul sito di
Lignana. L’indagine stratigrafica consentirà l’inserimento del sito all’interno di un Parco
archeologico diffuso e permetterà di guidare i visitatori all’interno del sito e del parco stesso.
Questi motivi rendono evidente come lo scavo stratigrafico sia funzionale al Parco
Archeologico, il quale dovrà essere comunque legato ad una struttura museale che non avrà
solo lo scopo di raccogliere i reperti e quindi della divulgazione dei dati, ma svolgerà una
funzione di ricerca e promozione, in collaborazione con strutture ed enti di ricerca esterni.
STRATEGIA E METODOLOGIA DELL’INTERVENTO
STRATIGRAFICO
L’ampiezza del sito e l’idea di parco archeologico ci portano a valutare che
strategicamente sia più utile operare per aree di scavo di media grandezza, dove possibile,
riferibili a bacini stratigrafici chiusi. Così facendo sarà possibile una migliore comprensione,
dal punto di vista topografico e stratigrafico del deposito archeologico indagato, sarà altresì più
semplice organizzare un’opera di consolidamento delle strutture messe in luce, rendendo il sito
maggiormente fruibile dal pubblico. L’ampiezza media delle aree di scavo, permetterà di
contenere il più possibile i costi dei singoli interventi, dando la possibilità di programmare una
serie di campagne di scavo dilatate nel tempo.
133 MILANESE M., BALDASSARRI M. (a cura di), Il castello e l’uliveto. Insediamento e
trasformazione del paesaggio dall’indagine archeologica a Massa in Valdinievole, Massa e Cozzile, 2004, pp. 11-12.
86
Vista l’importanza del sito si opererà con lo scopo di raggiungere la massima qualità
sia nella raccolta e nell’elaborazione dei dati archeologici. La ricerca di questa qualità implica
il fatto che lo scavo sarà svolto principalmente da archeologi di elevata esperienza
professionale. All’equipe di archeologi si appoggerà un gruppo di studenti di archeologia, in
modo da trasformare il cantiere in uno scavo-scuola, che permetterà agli studenti, di applicare
le nozioni apprese nei loro studi. L’impiego di studenti, quindi, darà un valore aggiunto alla
ricerca svolta nel castello di Lignana. Gli archeologi e gli studenti eseguiranno principalmente
a mano le varie lavorazioni, utilizzando, di volta in volta, le varie attrezzature che saranno
ritenute idonee (pale, picconi, cazzuole forgiate). La scelta di operare a mano è basata sia su
motivazioni strategiche, sia sulla difficoltà, a causa delle caratteristiche morfologiche del
luogo, di operare con mezzi meccanici all’interno del sito.
Queste indicazioni generali sono da ritenersi valide per tutte le aree di scavo, fatta
eccezione per quelle nelle quali siano presenti bacini stratigrafici particolari, come nel caso
dell’area cimiteriale, per la quale si dovranno prevedere figure professionali specialistiche.
Se il terreno non dovesse garantire la stabilità delle sezioni perimetrali esposte, durante
e dopo lo scavo, in accordo con la Direzione Lavori, verranno realizzate le opere per
un’adeguata messa in sicurezza delle sezioni interessate.
Le fasi lavorative, oltre lo scavo stratigrafico, prevedranno:
I. la creazione di una griglia di riferimento iniziale e il rilievo finale attraverso
l’utilizzo della stazione totale; il rilievo manuale di tutte le Unità Stratigrafiche
messe in luce durante lo scavo archeologico;
II. il recupero di tutti i reperti mobili, fatta eccezione per gli elementi da
costruzione e da copertura che saranno campionati in percentuale idonea;
III. gli archeologi, in accordo con la Direzione Lavori, potranno effettuare delle
campionature dei sedimenti, indicando la percentuale del campione rispetto alla
totalità dell’Unità stratigrafica di provenienza. I materiali da costruzione e da
copertura potranno essere campionati, ma dovranno essere valutati in volume,
in accordo con la Direzione Lavori;
IV. gli strati di chiara formazione antropica la cui setacciatura potrebbe consentire
una migliore comprensione del modo di formazione dello strato ed un maggiore
quadro informativo, saranno sottoposti a setacciatura, in accordo con la
Direzione Lavori;
V. documentazione:
87
• documentazione relativa all’analisi stratigrafica:
− redazione elenco Unità Stratigrafica;
− redazione schede Unità stratigrafica.
• documentazione fotografica:
− fotografie digitali (contenute in un Cd-rom) relative a tutte le
Unità Stratigrafiche individuate;
− diapositive (con relativo elenco).
• rilievi grafici:
− rilievi grafici informatizzati e cartacei (scala 1:20), con relativi
elenchi, di ogni Unità stratigrafica.
• trattamento dei reperti mobili:
− raccolta dei reperti in contenitori idonei;
− lavaggio (da effettuare nell’area appositamente indicata);
− siglatura (con china nera);
− imbustatura con il cartellino di provenienza;
− trasferimento dei reperti, al termine della campagna di scavo,
nel magazzino del Museo Civico di Pescia;
• documentazione finale:
− relazione preliminare dello scavo;
− redazione del diagramma stratigrafico (Matrix).
Gli archeologi realizzeranno dei pannelli esplicativi, corredati di brevi testi e di un
adeguato apparato visivo, che saranno apposti all’esterno dello scavo e nel museo di Pescia, in
modo da illustrare, in tempo reale, i progressi dell’indagine archeologica. Il materiale prodotto
per i pannelli sarà anche pubblicato sul sito internet dedicato allo scavo.
Terminata la campagna di scavo, le creste di rasatura messe in luce saranno coperte con
geotessile non tessuto, in vista di un futuro consolidamento. Nel caso in cui siano stati messi in
luce, completamente o parzialmente, uno o più ambienti, questi saranno ricoperti con uno
88
strato di argilla espansa e con geotessile non tessuto, che a sua volta sarà ricoperto con della
terra di risulta, per garantirne la conservazione.
Prima della copertura delle aree di scavo saranno organizzate delle visite al sito, in
modo da rendere il pubblico partecipe dei risultati dello scavo. Inoltre sarà previsto un ciclo di
pannelli che consentirà di mostrare i risultati dell’intervento stratigrafico durante il periodo che
andrà dalla chiusura dello scavo alla realizzazione del parco archeologico.
L’équipe di ricerca sarà alloggiata nell’agriturismo Montaione e all’agriturismo Valle
dei castagni. Grazie alla vicinanza delle due strutture al sito dello scavo, alloggiare in questi
due agriturismi permetterà di gestire al meglio gli spostamenti giornalieri verso il castello.
UBICAZIONE DELLE AREE DI SCAVO
La scelta delle aree di scavo (Fig. 22) è stata eseguita sulla base di tre criteri: la
valutazione dell’importanza storico-archeologica del bacino stratigrafico, la valutazione delle
conservazione dello stesso e la praticità di intervenire in determinate zone del castello, infatti il
lato est del sito è stato escluso da questo progetto in quanto presenta una forte acclività del
terreno.
Come detto, il sito, è stato poco indagato e per questo motivo i dati ricavati durante le
passate campagne di intervento archeologico non possono dare assoluta certezza sulla
consistenza e la qualità del deposito archeologico. Per questo motivo non si può escludere il
fatto che con l’avanzare dei lavori si possa decidere di effettuare scelte parzialmente differenti
o maggiormente mirate.
89
Fig. 22 Pianta del castello di Lignana con l’indicazione (in giallo) delle aree di scavo.
90
Area 1 (la rocca)
L’area della rocca (settore 2000) è stata in parte scavata durante gli interventi del 1991.
I test stratigrafici condotti in quella occasione hanno evidenziato una stratigrafia fortemente
rimaneggiata, almeno nella parte iniziale, e i resti dei muri perimetrali della rocca. Lo scavo in
estensione di quest’area del castello permetterà una maggiore comprensione della fondazione
della rocca e in generale una maggiore comprensione dell’intero sito.
METODOLOGIE DELL’INTERVENTO STRATIGRAFICO
Vista la valutazione del potenziale archeologico si valuta di aprire un’area di scavo che
coincida con lo spazio interno della rocca. Si stima una superficie di scavo pari a ca. 10 m².
l’intervento sarà svolto manualmente ad opera di personale tecnico altamente specializzato e
da uno studente di archeologia.
PERSONALE IMPIEGATO
Un archeologo professionista, che avrà il ruolo di responsabile di settore, con titolo di
laurea e curriculum con esperienza di scavo stratigrafico in contesti di archeologia medievale,
assistenza archeologica, redazione documentazione archeologica documentata e lavoro in
équipe specializzate.
Un operatore archeologico con elevata esperienza documentabile, di scavo e lavoro in
équipe specializzate.
Uno studente di archeologia.
Un operatore tecnico specializzato (rilevatore e disegnatore) con adeguato curriculum.
TEMPISTICA
Viste le caratteristiche dell’area si stima che la durata complessiva dell’intervento
stratigrafico sia di 10 gg lavorativi.
Area 2 (la cinta muraria occidentale)
Con l’esame di quest’area si vuole individuare e mettere in luce un tratto della cinta
muraria del castello, e nello specifico il tratto che va dalla porta occidentale proseguendo verso
Nord fino a chiudere sotto la rocca. L’area è stata interessata nella campagna di test svolta nel
91
1991 da due sondaggi i quali hanno evidenziato una serie di strati di dilavamento dei depositi
interni del castello.
METODOLOGIA DELL’INDAGINE STRATIGRAFICA
Si valuta di aprire un’area di scavo pari a ca. 150 m² che si estenda da Sud verso Nord.
L’intervento sarà effettuato manualmente.
Sarà necessario approntare una pedana mobile che permetta il passaggio in caso di
visite al castello.
PERSONALE IMPIEGATO
Un archeologo professionista, che avrà il ruolo di responsabile di settore, con titolo di
laurea e curriculum con esperienza di scavo stratigrafico in contesti di archeologia medievale,
assistenza archeologica, redazione documentazione archeologica documentata e lavoro in
équipe specializzate.
Tre operatori archeologici con elevata esperienza documentabile di scavo stratigrafico
e lavoro in équipe specializzate.
Tre studenti di archeologia.
Un operatore tecnico specializzato (rilevatore e disegnatore) con adeguato curriculum.
TEMPISTICA
Si stima che il tempo per completare l’indagine in questo settore sia di 25 gg lavorativi.
Area 3
L’area di scavo si estende a Nord della chiesa di San Jacopo e avrà lo scopo di chiarire
la struttura urbanistica di questa parte del castello. L’area non è mai stata sottoposta a
interventi archeologici. Durante la ricognizione effettuata nel 2001 in quest’area è stata
individuata una piccola carbonaia.
METODOLOGIA DELL’INTERVENTO STRATIGRAFICO
Si prevede che l’estensione dell’area di scavo sarà di ca. 128 m². L’intervento
stratigrafico sarà svolto manualmente.
PERSONALE IMPIEGATO
92
Un archeologo professionista, che avrà il ruolo di responsabile di settore, con titolo di
laurea e curriculum con esperienza di scavo in contesti di archeologia medievale, assistenza
archeologica, redazione documentazione archeologica documentata e lavoro in équipe
specializzate.
Tre operatori archeologici con elevata esperienza documentabile di scavo stratigrafico
e lavoro in équipe specializzate.
Tre studenti di archeologia.
Un operatore tecnico specializzato (rilevatore e disegnatore) con adeguato curriculum.
TEMPISTICA
Si stima che l’intervento stratigrafico avrà una durata di 30 gg lavorativi.
Area 4
Con lo scavo di quest’area si cercherà di comprendere l’insediamento nella parte Ovest
del castello, nei pressi della porta occidentale. Durante la ricognizione del 2001 anche in
questa zona è stata individuata una carbonaia.
METODOLOGIE DELL’INDAGINE STRATIGRAFICA
Si valuta di aprire un’area di scavo pari a ca. 375 m². L’intervento stratigrafico sarà
effettuato manualmente.
PERSONALE IMPIEGATO
Due archeologi professionisti, di cui uno che avrà il ruolo di responsabile di settore,
con titolo di laurea e curriculum con esperienza di scavo in contesti di archeologia medievale,
assistenza archeologica, redazione documentazione archeologica documentata e lavoro in
équipe specializzate.
Tre operatori archeologici con elevata esperienza documentabile di scavo stratigrafico
e lavoro in équipe specializzate.
Quattro studenti di archeologia.
Un operatore tecnico specializzato (rilevatore e disegnatore) con adeguato curriculum.
TEMPISTICA
Si stima che l’intervento stratigrafico avrà una durata di 40 gg lavorativi.
93
Area 5 (area cimiteriale)
Secondo le fonti l’area cimiteriale del castello si trovava a Sud della chiesa di San
Jacopo. Con quest’area di scavo si cercherà di individuare la zona cimiteriale per poterne
valutare l’estensione e studiarne i resti umani.
METODOLOGIE DELL’INDAGINE STRATIGRAFICA
Si valuta di aprire un’area di scavo pari a ca. 150 m² sui terrazzamenti immediatamente
a Sud della suddetta chiesa. L’intervento stratigrafico sarà effettuato manualmente.
PERSONALE IMPIEGATO
Un archeologo professionista, che avrà il ruolo di responsabile di settore, con titolo di
laurea e curriculum con esperienza di scavo in contesti di archeologia medievale, assistenza
archeologica, redazione documentazione archeologica documentata e lavoro in équipe
specializzate.
Un antropologo, con titolo di laurea e con curriculum con elevata esperienza di lavoro
sul campo ed in laboratorio su contesti sepolcrali di epoca medievale.
Due operatori archeologici con elevata esperienza documentabile di scavo stratigrafico
e lavoro in équipe specializzate.
Tre studenti di archeologia.
Un operatore tecnico specializzato (rilevatore e disegnatore) con adeguato curriculum.
TEMPISTICA
La durata dell’indagine archeologica è stimata in 30 gg lavorativi.
Area 6
Con lo scavo di quest’area si vuole indagare la struttura insediativa in questa zona del
castello.
METODOLOGIE DELL’INDAGINE STRATIGRAFICA
Si valuta di aprire un’area di scavo pari a ca. 450 m². L’intervento stratigrafico sarà
effettuato manualmente.
94
PERSONALE IMPIEGATO
Due archeologi professionisti, di cui uno che avrà il ruolo di responsabile di settore,
con titolo di laurea e curriculum con esperienza di scavo in contesti di archeologia medievale,
assistenza archeologica, redazione documentazione archeologica documentata e lavoro in
équipe specializzate.
Tre operatori archeologici con elevata esperienza documentabile di scavo stratigrafico
e lavoro in équipe specializzate.
Tre studenti di archeologia.
Un operatore tecnico specializzato (rilevatore e disegnatore) con adeguato curriculum.
TEMPISTICA
Si stima che l’intervento stratigrafico avrà una durata di 35 gg lavorativi.
Area 7
L’indagine di quest’area ha lo scopo di individuare la struttura insediativa di questa
parte del castello. Anche in quest’area, durante la ricognizione del 2001, è stata individuata
una carbonaia.
METODOLOGIE DELL’INDAGINE STRATIGRAFICA
Si valuta di aprire un’area di scavo pari a ca. 750 m². L’area si estende su una
superficie molto estesa ed interessa lo spazio interessato da tre terrazzamenti. L’intervento
stratigrafico sarà effettuato manualmente. L’area interessata dallo scavo arriverà fino alla cinta
muraria del castello permettendoci di individuare un‘altra porzione della struttura difensiva.
PERSONALE IMPIEGATO
Tre archeologi professionisti, di cui uno che avrà il ruolo di responsabile di settore, con
titolo di laurea e curriculum con esperienza di scavo in contesti di archeologia medievale,
assistenza archeologica, redazione documentazione archeologica documentata e lavoro in
équipe specializzate.
Sei operatori archeologici con elevata esperienza documentabile di scavo stratigrafico e
lavoro in équipe specializzate.
Sei studenti di archeologia.
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Un operatore tecnico specializzato (rilevatore e disegnatore) con adeguato curriculum.
TEMPISTICA
Si stima che l’intervento stratigrafico avrà una durata di 50 gg lavorativi.
CONSERVAZIONE DELLE STRUTTURE MURARIE IN
ELEVATO
Come prevedibile la realizzazione di nuovi interventi di scavo metterà in luce
numerose strutture murarie in elevato. A tale proposito è necessario prevedere una serie di
interventi atti a consolidare e restaurare queste evidenze134.
Fig. 23 Un settore delle mura del castello di Lignana nell’area 1000.
Da un’analisi parziale delle strutture murarie visibili si osserva che alcune murature si
presentano come realizzate con bozzette legate da una malta dura e giallastra, disposte in filari
orizzontali e paralleli (settore 2000) mentre le mura del castello sono realizzate con bozze di
arenaria più irregolare con tendenza a formare filari suborizzontali e paralleli legati con poca
malta giallastra, dura e aderente con inclusi di origine fluviale (Fig. 23).
134 Vedi MARINO L., Restauro dei monumenti e siti, in Dizionario di archeologia: temi, concetti e
metodi, FRANCOVICH R., MANACORDA D. (a cura di), Bari, 2006, pp. 246-250.
96
La porta di accesso al castello (US 1300) presenta bozze di arenaria ben rifinite che
formano filari orizzontali e paralleli, legate da una buona malta bianca (Fig. 24). Le strutture
domestiche sono costruite con le bozzette e conci ricavate dallo sbancamento del monte,
disposte a formare filari suborizontali, legati da terra (Fig. 25).
Fig. 24 Particolare della muratura della porta occidentale di Lignana.
Non potendo confermare che eventuali altre emergenze mantengano la stesse
caratteristiche è necessario stilare un elenco di eventuali forme di degrado che si possono
riscontrare:
1-presenza di vegetazione ( per le strutture interrate presenza di apparati radicali)
2-assenza di paramento murario con conseguente esposizione del sacco della muratura
ad agenti atmosferici e conseguenti fenomeni erosivi
3-formazione di colonie di licheni
4-patine e muffe
5-dilavamento delle malte di giunzione delle pietreincoerenza delle pietre costituenti le
creste dei muri
97
Fig. 25 Resti di un’abitazione del castello (area 3000).
Tecniche di restauro
Rimozione della vegetazione. Tutte le strutture ad oggi emergenti nel sito verranno
bonificate dalla vegetazione infestante ruderale. In primo luogo si interverrà ad irrorare la
vegetazione ( in periodo vegetativo), per via fogliaria, di un prodotto sistemico a base di
Glifosate additivato con concime ammoniacale, procedimento che verrà ripetuto fino alla
totale essiccazione di tutte le specie. In un secondo momento si procederà alla rimozione della
vegetazione essiccata, facendo attenzione a non danneggiare le strutture, per evitare eventuali
crolli o perdita di materiali dovuti ad eventuali apparati radicali immessi all’interno del sacco
delle strutture. In questa situazione si provvederà ad asportare solo la parte aerea delle piante,
bloccando con stuccature le pietre smosse e estirpando solo in seguito gli apparati radicali135.
Stuccature del paramento murario
Nel caso in cui i paramenti presentino cavità generate da dilavamento, le cui
dimensioni siano tali da costituire un elemento di instabilità fra le pietre, si procederà con la
stuccatura dei giunti, realizzata con una miscela di calce idraulica naturale e inerte136, con
colorazione analoga a quella usata nella muratura originaria ma posta solo nel fondo della
cavità al fine di rimanere al di sotto del livello del paramento murario. Per i dilavamenti di
135 CATIZONE P., TIBILETTI E., MIRAVALLE R., CORALLO F., Gestione della vegetazione nei siti archeologici: le esperienze di Pompei e Selinunte, in Archeologia, recupero e consolidamento: La conservazione e il restauro oggi, BITELLI L. M., Firenze, 1993, pp. 185-197.
136 AMOROSO G. G., Trattato di scienze della conservazione dei monumenti: etica della conservazione, degrado dei monumenti, interventi conservativi, consolidanti e protettivi, Firenze, 2002, pp. 279-280.
98
carattere superficiale dei giunti di malta, che non abbiano intaccato la stabilità generale della
struttura, non si ritiene necessaria una nuova stuccatura137. Non si prevede alcun intervento nei
casi in cui il dilavamento abbia asportato la porzione superficiale della malta presente fra le
connessioni, se non una periodica pulizia del paramento murario e la rimozione della
vegetazione che può crescere laddove manchi la malta.
Patine e colonie di licheni
Non si prevede alcun trattamento.
Creste dei muri
L’instabilità di molte pietre delle creste dei muri, provocata dal dilavamento che ne ha
esposto il sacco, necessita di un intervento accurato con una prima pulizia da effettuarsi con la
spatola, raschietto e spazzola con setole morbide, un successivo lavaggio delle superfici con
acqua a pressione di rete, una stuccatura delle pietre mobili con malta a base di calce idraulica
naturale ed inerte analogo per dimensioni, colore e granulometria a quello originario. Solo in
un secondo momento verrà stesa una malta fluida, costituita da calce idraulica naturale, con le
medesime caratteristiche suddette, e del brecciolino di cava. Una volta avvenuta la presa del
legante e prima della completa asciugatura, la superficie della malta varrà trattata con
spugnature in modo da rendere evidente la colorazione del brecciolino138.
Lacune nel paramento murario
Se si dovessero riscontrare lacune nel paramento murario si interverrà eseguendo una
pulizia del sacco della muratura con spatola, raschietto e spazzola con setole morbide seguito
da un lavaggio mediante acqua a pressione di rete. Eliminati gli accumuli terrosi e le pietre
instabili si procederà alla ricostruzione del paramento murario tramite la costruzione di guide,
modine e sagome, che consentiranno di seguire il profilo della compagine muraria, rimanendo
arretrata dalla struttura originaria di circa 3 cm; con tali accorgimenti si procederà con la posa
di regolari piani di posa. Le pietre utilizzate dovranno essere recuperate in sito e saranno
137 AMOROSO G. G., Trattato di scienze della conservazione dei monumenti: etica della conservazione,
degrado dei monumenti, interventi conservativi, consolidanti e protettivi, Firenze, 2002, p. 292. 138 MARINO L., La conservazione di manufatti edili ridotti allo stato di rudere: protezione delle creste e
integrazione delle lacune, in Archeologia, recupero e consolidamento: La conservazione e il restauro oggi, BITELLI L. M., Firenze, 1993, pp. 129-150.
99
disposte secondo filari regolari che rispettino in altezza la muratura originaria, in parte poste
longitudinalmente favorendo l’ammorsatura tra la vecchia e la nuova muratura. Le pietre
saranno legate con malta a base di calce idraulica naturale ed inerte analogo per dimensioni,
colore e granulometria a quello originario139.
VALORIZZAZIONE
Vista la posizione territoriale e panoramica del Castello di Lignana sarà possibile
realizzare un parco archeologico turistico-didattico-naturalistico. L’accesso al sito da parte dei
visitatori potrà avvenire già durante i primi interventi di scavo. Questa possibilità di visitare il
sito durante i lavori stimolerà i visitatori a tornare sul castello per scoprire quello che i lavori di
scavo porteranno gradualmente alla luce. Il parco del castello di Lignana si inserirà in un più
ampio sistema museale che prevederà la sistemazione dei reperti provenienti dallo scavo nel
già esistente museo di Pescia e la creazione di un parco archeologico diffuso che comprenda
l’intera Valdinievole.
Parco archeologico (e parco archeologico in progress)
La visita al sito di Lignana permetterà di immergersi in alcune pagine della storia della
Valdinievole, sarà quindi importante organizzare dei percorsi attrezzati con un’adeguata
pannellistica, che spieghino sia i resti che il visitatore sta osservando, sia il momento storico
che tramite l’osservazione si sta rivivendo, rendendo chiare le dinamiche storiche, politiche e
sociali che lo caratterizzano. Ma mano che lo scavo stratigrafico verrà portato a termine si
potranno organizzare e completare i vari percorsi di visita. Una pannellistica di carattere
generale, che sarà aggiornata periodicamente, verrà sistemata nel Museo di Pescia e all’inizio
del sentiero che porta al sito, con lo scopo di fornire un quadro complessivo sulla storia del sito
e contemporaneamente fornire un aggiornamento sullo stato dei lavori. L’accesso al sito
avverrà dal lato Sud del monte Lignana. Sarà organizzato un servizio di navetta che porterà
gruppi di massimo venti persone fino al parcheggio dell’agriturismo Montaione e da qui il
gruppo proseguirà a piedi lungo il sentiero che porta al sito. Una volta giunti nel sito i percorsi
139 ZEVI L. (a cura di), Il manuale del restauro architettonico, Roma, 2002, p. I 12.
100
di visita, durante la fase di scavo, saranno organizza in modo da non intralciare le operazioni di
scavo e quindi in moda da rispettare le norme di sicurezza del cantiere di scavo.
Il museo
Il parco archeologico di Lignana, e gli eventuali altri parchi della Valdinievole,
avranno bisogno di una struttura museale. Questa struttura potrebbe essere il già esistente
Museo Civico di Scienze Naturali ed Archeologia della Valdinievole di Pescia. Il museo avrà il
ruolo di raccogliere e rielaborare le informazioni che saranno raccolte durante lo scavo
trasformandole sia in materiale divulgativo che in conoscenza scientifica. Un ulteriore ruolo al
quale dovrà assolvere il museo sarà quello di essere punto di partenza e di arrivo del parco
archeologico di Lignana e della Valdinievole medievale. Il museo sarà così parte integrante del
sistema museale della Valdinievole, nel museo stesso si potrà prevedere, durante i lavori di
scavo, la collocazione di pannelli esplicativi, aggiornati periodicamente, che renderanno
visibile, anche a chi non avrà l’opportunità di raggiungere il sito di scavo, il progredire dei
lavori sul cantiere archeologico.
Il museo dovrà quindi assolvere varie funzioni diventando un museo-laboratorio che
esponga i reperti, e che allo stesso tempo interagisca con il territorio, collaborando con le realtà
locali, con il mondo della scuola e, più in generale, con il mondo della formazione.
I reperti non esposti verranno immagazzinati nei locali di deposito del suddetto Museo
di Pescia.
L’attività di studio e l’individuazione di particolari tematiche di approfondimento
servirà a fornire materiali sia all’attività di ricerca, sia a quella didattica e turistica. I risultati
provenienti dalle attività svolte in laboratorio verranno immediatamente resi pubblici, sul sito e
nel museo, attraverso l’aggiornamento della pannellistica sopra indicata, e attraverso la
pubblicazione di un sito internet anch’esso aggiornato periodicamente. Alla fine, i risultati di
questi studi, concorreranno alla creazione di filoni espositivi all’interno del museo e alla
creazione di materiali didattici e divulgativi.
Il progetto di scavo prevederà anche la realizzazione di un GIS di scavo. Attraverso
questo strumento sarà possibile effettuare una gestione integrale di tutti i dati di acquisiti
durante l’intervento stratigrafico. Il GIS sarà realizzato partendo dai dati relativi al rilievo
strutturale del castello, e verrà progressivamente implementato con i nuovi dati provenienti sia
dallo scavo sia da quelli provenienti dal laboratorio sui reperti mobili. Il GIS di Lignana potrà
101
servire come modello per un futuro ampliamento dell’indagine storico-archeologica dell’intera
Valdinievole che porterà alla realizzazione di un GIS che comprenda tutto il territorio
interessato dalla ricerca.
L’attività espositiva del museo sarà strettamente collegata con quella del laboratorio sui
reperti mobili. Attraverso lo studio e il restauro dei reperti permetterà di decidere se esporre
totalmente o parzialmente i reperti significativi restituiti dal sito fornendo la possibilità di
organizzare percorsi espositivi sia sulla storia del sito nella sua integrità, sia su momenti
tematici specifici. I reperti mobili saranno solo una parte di un percorso espositivo che
prevederà anche l’uso di pannello espositivi ed eventuali modelli ricostruttivi.
Nel museo si potranno prevedere percorsi didattici, sviluppando filoni tematici sia sul
sito di Lignana, sia sul lavoro dell’archeologo e dello storico. Si potranno realizzare attività
ludico-didattiche, percorsi di archeologia sperimentale indirizzati alle scuole primarie e
secondarie che permettano agli scolari di entrare direttamente in contatto con l’attrezzatura e la
metodologia usata dall’archeologo, evidenziando l’importanza della fonte archeologica per
l’apprendimento della storia. Queste attività svolte dal museo saranno integrate con la
produzione di materiale didattico come: cd-rom, brochure, depliant, schede didattiche,
pubblicazioni tematiche e una specifica sezione del sito internet dedicata alla didattica.
I risultati di tutta l’attività di ricerca sul castello di Lignana, scavo archeologico, studio
dei reperti mobili, ecc., saranno resi fruibili mediante la redazione di un’esaustiva
pubblicazione scientifica.
PIANO ECONOMICO
Qui di seguito è presentato il Piano Economico relativo alle fasi di scavo stratigrafico,
documentazione, prime fasi di studio e restauro dei reperti mobili, interventi di consolidamento
per le strutture murarie messe in luce, redazioni di apparati sia scientifici che divulgativi.
Le voci sono computate seguendo lo schema di riferimento legato alla suddivisione
delle aree di scavo stratigrafico sopra descritte e da una serie di voci che si riferiscono alle fasi
di studio necessarie per l’allestimento dell’apparato espositivo della sezione museale dedicata
al castello e all’attività di laboratorio dei reperti mobili.
102
Scavo stratigrafico e relativa documentazione
Per ogni area vengono stimati i costi complessivi delle diverse fasi di scavo e di
documentazione, in particolare le operazioni di scavo stratigrafico manuale realizzato da
archeologi professionisti, le spese di vitto ed alloggio e le spese di cartoleria.
AREA 1
Stipendi netti
Vitto e alloggio
Cartoleria
TOTALE
AREA 2
Stipendi netti
Vitto e alloggio
Cartoleria
TOTALE
AREA 3
Stipendi netti
Vitto e alloggio
Cartoleria
TOTALE
AREA 4
Stipendi netti
Vitto e alloggio
Cartoleria
TOTALE
103
AREA 5
Stipendi netti
Vitto e alloggio
Cartoleria
TOTALE
AREA 6
Stipendi netti
Vitto e alloggio
Cartoleria
TOTALE
AREA 7
Stipendi netti
Vitto e alloggio
Cartoleria
TOTALE
Attrezzature140
Si potranno utilizzare la stazione totale e la livella ottica dell’Università degli Studi di
Pisa.
Attrezzatura per lo scavo (picconi, pale ecc.)
Notebook: Macbook Pro
Stampante: Epson Aculaser C1100N
Scanner: Canon Canoscan 8800F
Software
TOTALE
140 Le attrezzature acquistate al termine dell’intervento stratigrafico rimarranno disponibili per il parco e
il museo di Pescia.
104
Documentazione
Informatizzazione delle schede di US dello scavo
Lavorazioni relative ai reperti mobili provenienti dal
sito comprensive di lavaggio, siglatura,
quantificazione, catalogazione e immagazzinamento
Restauro a fine espositivo dei reperti ceramici più
significativi
Rilievo generale del sito e di tutte le aree scavate con
le diverse strutture messe in luce
Realizzazione GIS di scavo
TOTALE
Divulgazione dei dati
Pannelistica divulgativa posta lungo il percorso di
visita al sito durante lo scavo e al museo.
Realizzazione di una pubblicazione a carattere
scientifico e di apparati divulgativi
TOTALE
Consolidamento strutture murarie
Somma stimata per il consolidamento di eventuali
strutture murarie emergenti durante i lavori di scavo
stratigrafico.
Sistemazione sentiero
Spesa stimata per la sistemazione del sentiero.
105
CONCLUSIONI
La tesi nasce dalla volontà di dare al lavoro un forte aspetto pratico, dalla volontà di far
apprendere, al sottoscritto e a ogni altro studente che leggerà il presente lavoro, in che modo ci
si deve muovere per organizzare una campagna di scavo archeologico.
Questo lavoro di tesi mi ha permesso di simulare la azioni che ogni archeologo
professionista si trova a svolgere nell’organizzazione di una campagna di scavo, facendomi
entrare in contatto con gli abitanti del territorio circostante il castello di Lignana. Le relazioni
stabilite con gli abitanti della valle mi hanno permesso di constatare l’interesse e l’entusiasmo
che queste persone nutrono nei confronti degli interventi archeologici, da loro percepiti non
come elemento di disturbo, cosa che spesso capita nella realizzazione di scavi urbani, ma come
una possibilità di valorizzazione per il loro territorio.
Uno degli obiettivi che ha guidato il presente lavoro è stato quello di rendere
l’intervento di ricerca archeologica, e i risultati da esso ricavati, il più possibile aperti verso
l’esterno, verso il più ampio pubblico possibile. Si è voluto uscire dallo schema, ancora molto
usato, che prevede che gli unici destinatari dei risultati della ricerca siano solamente gli
“addetti ai lavori”. E’ ovviamente naturale produrre una documentazione tecnica, ma, a mio
avviso, è altrettanto importante e vitale per portare l’archeologia ad ogni persona riuscire a
coinvolgere le diverse categorie che compongono la società odierna. Questo coinvolgimento è
dovuto anche perché il cittadino italiano è il contribuente dei fondi pubblici usati per la ricerca,
la tutela e la valorizzazione del patrimonio, per le attività culturali, ed ha il diritto di conoscere
e comprendere i risultati delle ricerche finanziate con i fondi pubblici e il contributo che queste
portano alla conoscenza della sua Storia141.
L’educare alla propria Storia non è una possibilità alla quale gli archeologi possono più
o meno aderire, ma è un dovere che abbiamo nei confronti dell’intera società.
Il presente lavoro ha potuto prendere forma grazie allo studio di alcuni testi di
riferimento. Attraverso lo studio della letteratura archeologica e museologica e la visone diretta
di scavi, musei e parchi sono riuscito a strutturare il presente lavoro di tesi.
Il progetto di scavo è stato realizzato in modo da essere il più chiaro e sintetico
possibile per quel che riguarda i passaggi ed i mezzi necessari per attuare l’intervento
archeologico, ciò anche grazie a una rigorosa strutturazione del lavoro.
141 SICIOS M., Comunicare l’archeologia: teoria, uso e costruzione dell’audiovisivo e del documentario
archeologico, Tesi di laurea, Pisa, anno accademico 2007/2008, p. 124.
106
La naturale conclusione di questo lavoro sarebbe ovviamente la trasformazione della
tesi in un vero e proprio progetto di scavo da presentare in modo da poter realmente effettuare
l’intervento stratigrafico.
Come detto sopra, la gente del posto sembra essere entusiasta della possibilità che si
intervenga archeologicamente nel castello di Lignana. La speranza è che l’entusiasmo della
popolazione corrisponda a quello delle amministrazioni locali e che il sito di Lignana possa
diventare un esempio che porti le amministrazioni locali a decidere di allargare la ricerca
all’intera valle.
Per raggiungere questo scopo sarà necessario far comprendere alle amministrazioni
come l’investimento nell’attività di ricerca e nella valorizzazione del patrimonio archeologico
locale possa essere una opportunità per rilanciare il turismo nel loro territorio.
107
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• Sito internet dell’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione):
www.iccd.beniculturali.it
116
RINGRAZIAMENTI
Intendo ringraziare tutte le persone che hanno dato il loro contributo a questo lavoro di
ricerca, in particolare lo Studio Associato InArcheo nella persona del Dott. Gabriele Gattiglia,
Davide Pittelli, il Dott. Innocenzo Maggio e il Dott. Umberto Dinoi.