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83 «INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ S OMMARIO Accanto ai numerosi validi percorsi di integrazione scolastica che prevedono modalità cooperative, l’uso di mediatori e forme di cogestione pedagogica del gruppo classe e delle sue dina- miche interne, è possibile delineare un altro genere di progetti utili all’integrazione: le attività che hanno come fine quello di modificare le predisposizioni e gli atteggiamenti di bambini e insegnanti nei confronti di chi ha una disabilità. Questo articolo prospetta le caratteristiche che un’attività volta a modificare degli atteggiamenti individuali dovrebbe avere. Successivamente vengono presentati alcuni progetti e attività italiani su questo tema. Infine viene illustrato in dettaglio il pacchetto didattico «Insieme per crescere», costruito assieme da bambini, insegnanti ed esperti del territorio perugino. «Insieme per crescere»: un percorso didattico per conoscere e accettare le disabilità MICHELE CAPURSO Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Perugia L’integrazione di alunni con disabilità 1 è un tema che nel nostro Paese è stato molto trattato soprattutto a partire dal 1977, anno di promulgazione della legge 517 che ha sancito l’inserimento scolastico per la quasi totalità di persone disabili. 2 Questa legge ha costituito un importante punto di partenza per l’inserimento scolastico di tutti, ma naturalmente non è stata in grado, da sola, di garantire un completo processo di integrazione. Affinché questo possa realizzarsi è necessario che compagni e insegnanti con- dividano i valori e i principi che conducono alla convivenza con le varie forme di «diversità» e comprendano quale ruolo essi stessi possono svolgere nel superamento delle situazioni di handicap. In ambito scolastico, la ricerca dell’integrazione si è svolta solitamente attraverso attività collaborative che coinvolgono attivamente l’alunno con disabilità nella vita di classe, nella gestione dell’ambiente e del proprio progetto di vita. I progetti educativi che si muovono in questa direzione sono numerosi e molto spesso estremamente validi (per una rassegna di progetti italiani che si muovono in queste direzioni si vedano Canevaro e Ianes). 3 Edizioni Erickson Trento ISSN 1123-928X ISSN 0393–8859xxxx Difficoltà di apprendimento Vol. 11, n. 1, ottobre 2005 (pp. 489-506) RICERCA ITALIANA

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«INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ

S O M M A R I O

Accanto ai numerosi validi percorsi di integrazione scolastica che prevedono modalità cooperative, l’uso di mediatori e forme di cogestione pedagogica del gruppo classe e delle sue dina-miche interne, è possibile delineare un altro genere di progetti utili all’integrazione: le attività che hanno come fine quello di modificare le predisposizioni e gli atteggiamenti di bambini e insegnanti nei confronti di chi ha una disabilità.Questo articolo prospetta le caratteristiche che un’attività volta a modificare degli atteggiamenti individuali dovrebbe avere. Successivamente vengono presentati alcuni progetti e attività italiani su questo tema. Infine viene illustrato in dettaglio il pacchetto didattico «Insieme per crescere», costruito assieme da bambini, insegnanti ed esperti del territorio perugino.

«Insieme per crescere»: un percorso didattico per conoscere e accettare le disabilità

MICHELE CAPURSOFacoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Perugia

L’integrazione di alunni con disabilità1 è un tema che nel nostro Paese è stato molto trattato soprattutto a partire dal 1977, anno di promulgazione della legge 517 che ha sancito l’inserimento scolastico per la quasi totalità di persone disabili.2

Questa legge ha costituito un importante punto di partenza per l’inserimento scolastico di tutti, ma naturalmente non è stata in grado, da sola, di garantire un completo processo di integrazione.

Affinché questo possa realizzarsi è necessario che compagni e insegnanti con-dividano i valori e i principi che conducono alla convivenza con le varie forme di «diversità» e comprendano quale ruolo essi stessi possono svolgere nel superamento delle situazioni di handicap.

In ambito scolastico, la ricerca dell’integrazione si è svolta solitamente attraverso attività collaborative che coinvolgono attivamente l’alunno con disabilità nella vita di classe, nella gestione dell’ambiente e del proprio progetto di vita. I progetti educativi che si muovono in questa direzione sono numerosi e molto spesso estremamente validi (per una rassegna di progetti italiani che si muovono in queste direzioni si vedano Canevaro e Ianes).3

Edizioni Erickson TrentoISSN 1123-928XISSN 0393–8859xxxx

Difficoltà di apprendimentoVol. 11, n. 1, ottobre 2005 (pp. 489-506)

RICERCA ITALIANA

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DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO N. 1, OTTOBRE 2005

La ricerca azione e l’insieme di attività che vengono illustrate in questo articolo si muovono in una direzione diversa, ma comunque complementare a quella seguita dalla maggior parte dei percorsi formativi attivati in passato. Essi presentano delle proposte educative, rivolte all’intero gruppo classe, aventi lo scopo di preparare gli alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado a incontrare e interagire con persone disabili, siano esse compagni di classe o persone che si incontrano nella vita quotidiana. Questo percorso ha come risultato finale proprio quello di modificare gli atteggiamenti degli alunni nei confronti delle disabilità, mettendo in pratica i reali principi dell’integrazione.

Secondo la definizione di Canevaro, infatti, l’integrazione è un processo di «cambia-mento e un adattamento reciproco, un processo aperto e correlato con il riconoscimento e l’assunzione di una identità e delle conoscenze “incorporate”».4

Dal punto di vista della relazione tra soggetto disabile e gruppo classe, dunque, l’integrazione consiste in un insieme di mutamenti reciproci. La classe, l’istituzione sco-lastica, l’insegnante, i singoli bambini (compreso chi si trova in situazione di handicap) sono condotti a operare una serie di piccoli cambiamenti. Se questi conducono verso una direzione comune o comunque a un incontro, possiamo parlare di integrazione. Essa dunque non riguarda solo la persona con disabilità, ma è un processo globale, sistemico, che coinvolge tutti. Proprio questa globalità è l’elemento che più la distingue dall’as-similazione, che si verifica quando un singolo bambino è «costretto» a adeguarsi a un gruppo o a un’istituzione, che finiscono, per l’appunto, con il renderlo simile a sé.5

È relativamente semplice, per un insegnante o anche per un compagno di classe, vedere quali e quanti «piccoli» cambiamenti debba fare un alunno con disabilità che frequenta la scuola (trovare il modo di accedere ai locali, di farsi capire dai compagni, di andare al bagno, di apprendere cose nuove, ecc.). Più difficile diventa, per lo stesso insegnante e per lo stesso compagno, capire quali sono le trasformazioni che lui stesso deve operare per attivare questo processo di integrazione, quali atteggiamenti debba modificare nella propria persona.

Il primo e più importante di questi cambiamenti riguarda proprio un processo di apprendimento: per integrare una persona con disabilità bisogna conoscerla — sapere qualcosa di lei, della sua storia, dei suoi gusti, del suo deficit, dei suoi handicap e delle sue potenzialità.

Un secondo cambiamento riguarda il piano dell’azione. Non basta «stare a guarda-re» cosa succede al compagno disabile. Ciascuna delle persone della classe (alunno o insegnante che sia) può fare qualcosa per favorire l’integrazione. Può trattarsi di offrire un piccolo aiuto, di fare attenzione a non creare disordine o rumore (se questi possono dare fastidio), oppure ci si può impegnare assieme per riorganizzare lo spazio della classe o della scuola, ecc. Affinché queste attenzioni non diventino invasive o fastidiose, è necessario basarle su una conoscenza e sull’ascolto reciproci.

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Prima di analizzare alcuni progetti educativi che operano nella direzione indicata, è utile approfondire il concetto di atteggiamento individuale.

Gli atteggiamenti

Il concetto di «atteggiamento»

Abbiamo scelto di tradurre con «atteggiamento» il termine inglese attitude. Per quanto riguarda la definizione di questo termine in ambito psicologico ci possiamo rifare a Galimberti, il quale afferma che con atteggiamento «ci si riferisce a una disposizione relativamente costante a rispondere in certi modi particolari alle situazioni del mondo per quel residuo di esperienza passata che in qualche modo guida, indirizza o comun-que influenza il comportamento».6 Tuttavia, in aggiunta a questa definizione ci sembra importante sottolineare anche quanto evidenziato da Triandis: «Un atteggiamento è una idea sostenuta da emozioni che predispongono una determinata classe di azioni nei confronti di una determinata classe di situazioni sociali».7

Il concetto di atteggiamento, dunque, supera il mero piano dell’azione e coinvolge dimensioni motivazionali, psicologiche, intenzionali e comportamentali.

Gli atteggiamenti verso gli altri sono appresi socialmente

I bambini sviluppano un atteggiamento negativo nei confronti delle persone disabili soprattutto in base all’apprendimento e all’interiorizzazione di valori sociali. Baum e Wells8 indicano nel processo di acculturazione una delle cause principali della valutazione (positiva o negativa che sia) delle diversità interpersonali, riferendo che i bambini di 4 anni si dimostrano generalmente più accettanti di quelli di qualche anno più grandi. In maniera simile Brodkin9 riferisce che l’interiorizzazione dei messaggi sociali nei confronti della diversità inizia verso i 5 anni ed è facile che nei bambini di 8-9 anni essa si sia già cristallizzata in forme di pregiudizio.

D’altra parte, per molti anni anche la letteratura infantile e i mass media hanno stigmatizzato le disabilità associandole a personaggi cattivi, goffi o poco intelligenti. La sinistra protesi di Capitan Uncino, lo sguardo ottuso di Mr. Magoo o il ghigno malvagio di Pietro Gambadilegno (l’acerrimo nemico di Topolino) ne sono un esempio.

Sulla base di queste considerazioni si può avviare un percorso di ricerca: se gli atteggiamenti nei confronti della diversità vengono appresi nel corso dello sviluppo infantile, è possibile strutturare progetti educativi che siano in grado di contrastare questa tendenza evolutiva del pregiudizio? È possibile giungere a misurare la «tendenza accettante» che una persona sviluppa verso la disabilità e la diversità?

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Le quattro funzioni degli atteggiamenti individuali

Se si vogliono modificare degli atteggiamenti, è necessario prima comprenderne la struttura e gli scopi. Secondo un’analisi largamente accettata e condivisa, gli atteg-giamenti individuali svolgono quattro funzioni psicologiche.10

1. Funzione utilitaristica. Da un punto di vista comportamentale, gli atteggiamenti individuali predispongono l’individuo verso oggetti generatori di rinforzo positivo, apren-do la strada al raggiungimento di obiettivi utilitaristici. Uno schema comportamentale di questo tipo tenderà a rinforzarsi quando conduce la persona a risultati positivi nei confronti dell’ambiente riducendo al minimo i rischi corsi dal singolo.

Questi risultati positivi possono riferirsi a una dimensione puramente oggettuale oppure al raggiungimento di obiettivi sociali desiderati, come per esempio attivare e mantenere aperta una conversazione con persone di status considerato superiore al proprio, o ancora comportarsi in un certo modo con i colleghi nel luogo di lavoro per rafforzare la propria leadership, ecc.

2. Funzione difensiva dell’Io. Secondo le teorie di matrice psicodinamica, gli atteggiamenti individuali tendono a cristallizzarsi e irrigidirsi quando servono a proteg-gere l’Io evitandogli l’incontro diretto con verità interne ritenute dolorose o minacciose (ad esempio pulsioni non accettabili, desideri illegittimi, ecc.), oppure con situazioni ambientali sgradevoli e non tollerabili. In quest’ottica, gli atteggiamenti individuali tendono a svolgere la funzione di meccanismo difensivo dell’Io e come tali concorrono a mantenere integra l’autostima di una persona e il senso del Sé.

3. Funzione di condivisione dei valori. Per quanto riguarda l’affermazione e la strutturazione dell’identità individuale, gli atteggiamenti svolgono una doppia funzione. Da un lato essi servono a comunicare ad altri la nostra appartenenza e aderenza ai valori di un determinato gruppo sociale e dunque a incrementare l’accettazione dell’individuo all’interno di quel determinato gruppo. Nello stesso tempo gli atteggiamenti individuali possono servire a esteriorizzare tensioni interne o pulsioni aggressive verso determinati gruppi di persone o situazioni ritenute minacciose per l’identità individuale o sociale. Entrambe queste funzioni concorrono a rafforzare la propria identità e il senso di ap-partenenza allontanando ciò si ritiene «diverso» o estraneo.

4. Funzione percettiva e di organizzazione della realtà. In termini gestaltici gli at-teggiamenti individuali aiutano la persona a creare una strutturazione del mondo e degli eventi dotata di un certo ordine e dunque comprensibile e accettabile dalla propria mente. In questo senso adottare sistemi di valori e di risposta strutturati aiuterebbe l’individuo a raggiungere un buon livello di organizzazione percettiva e favorirebbe la costruzione di significati stabili e sicuri. L’adozione di atteggiamenti individuali concorrerebbe alla creazione di una «cornice di riferimento», una sorta di quadro percettivo standardizzato, in grado di organizzare e facilitare la comprensione del proprio ambiente di vita. L’ado-

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zione di atteggiamenti stereotipati serve una funzione economica più generale, perché consente alla nostra mente di rispondere in modo «quasi automatico» a determinate situazioni attingendo da una base di soluzioni già provate in passato e dunque ritenute più sicure e adatte.

Come si vede le funzioni svolte dagli atteggiamenti individuali possono facilmente condurre allo sviluppo del pregiudizio sociale e a forme di esclusione di tipo preconcetto. Questo problema apre dunque la strada per un intervento di tipo educativo. Proviamo dunque a vedere se e come un’adeguata formazione possa indirizzare lo sviluppo degli atteggiamenti verso direzioni prosociali e collaborative in grado di favorire processi di integrazione scolastica.

Un approccio multidimensionale-esperienziale

Esiste una larga letteratura, soprattutto in lingua inglese, in materia di atteggiamenti individuali e loro modificabilità. La maggior parte degli autori concorda nell’indicare la struttura multidimensionale di un atteggiamento sociale. Pertanto, anche i progetti educativi che intendono modificarli dovranno ruotare attorno a tre componenti.11

Secondo Triandis,12 queste sono:

1. sociocognitiva, che si riferisce alle idee, credenze, opinioni, percezioni che un soggetto sviluppa nei confronti dell’oggetto o situazione referente. In altre parole, la dimensione sociocognitiva ci informa su come il «referente dell’at-teggiamento» (nel nostro caso, la persona con disabilità) viene concettualizzato mentalmente dal soggetto percettore. Secondo Triandis questa componente può essere facilmente rilevata osservando il modo nel quale il soggetto classifica l’esperienza in base a categorie percettive stereotipate (ad esempio, l’idea che persone della stessa nazione possiedano medesime caratteristiche comportamen-tali o intellettive, ecc.). La componente cognitiva degli atteggiamenti personali viene solitamente espressa con affermazioni verbali che categorizzano in modo predefinito il referente e tutte le persone ad esso simili (ad esempio, «Le persone disabili sono meno brave a scuola delle persone normali»);

2. affettivo-emotiva, che si riferisce ai sentimenti e ai costrutti emotivi che circondano l’idea, il concetto o la situazione verso la quale si sviluppano gli atteggiamenti. La componente affettivo-emotiva viene esteriorizzata tramite la narrazione dei sentimenti generati direttamente o indirettamente dal referente (buono/cattivo, felice/triste, positivo/negativo, ecc.);

3. conativo-comportamentale: per «conativo» si intende la predisposizione e volontà del soggetto a comportarsi in determinate maniere nei confronti del referente.

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Si tratta dunque di un aspetto che ha a che fare con la propensione del soggetto a mettere in atto un determinato comportamento. Con «comportamentale» si fa riferimento invece al comportamento agito (osservabile e riproducibile) dal soggetto nei confronti del referente, cioè all’azione effettivamente messa in atto dal soggetto in presenza del referente. Secondo alcuni autori,13 le dimensioni conative e comportamentali sono sostanzialmente corrispondenti ai fini della determinazione degli atteggiamenti di un soggetto, ed è questa la posizione che abbiamo assunto anche nella nostra ricerca.

Modificare gli atteggiamenti a scuola

Per realizzare un progetto nel campo dell’integrazione, gli insegnanti devono anzitutto conoscere le disabilità più comuni ed essere in grado di fornire agli alunni alcune basilari informazioni su come relazionarsi con le persone con i vari tipi di deficit. Una base stabile di empatia e comprensione reciproca si sviluppa più facilmente dopo che i bambini hanno raggiunto un grado sufficiente di comprensione delle cause, delle origini, delle variabili contestuali e delle conseguenze sociali che una data disabilità comporta. Una relazione interpersonale sicura e spontanea si costruirà con naturalezza se chi vi prende parte dispone di un sistema di conoscenze adeguato.

Poiché gli insegnanti vengono percepiti dai loro alunni come figure significati-ve dalle quali prendere esempio, è probabile che questi ultimi si affidino ai docenti soprattutto per modellare su di essi i propri sistemi di interazione e risposta, partico-larmente in momenti di disagio o difficoltà. Appare dunque importante non lasciare al caso l’organizzazione dell’interazione con persone disabili, ma prepararla con progetti adeguati. Proviamo ad analizzare alcuni temi chiave che i progetti in questo campo dovrebbero affrontare.14

La diversità è normale

Ciascuno studente dovrebbe riuscire a comprendere che la diversità si manifesta sotto forma di gradi diversi di abilità e comportamenti che sono comuni a tutti. Si è diversi nei «modi», ma i tratti che sono comuni alla specie umana sono presenti in tutti noi (provare dei sentimenti, agire sull’ambiente, imparare, litigare, fare amicizia, ecc.). Questo messaggio essenziale si applica a ciascuna delle persone che compongono il gruppo-classe, insegnanti compresi, ed è particolarmente importante che venga com-preso e condiviso da tutti.

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Lavorare sull’autostima

A scuola, l’autostima di un alunno disabile è minacciata molto di frequente. Soprattutto in una fase della vita nella quale, secondo Erikson,15 ci si trova a vivere un conflitto tra senso di industriosità e senso di inferiorità, il confronto con gli «altri significativi» assume un ruolo importante nell’orientare l’immagine di sé. A questa età gli «altri significativi» sono proprio i compagni di classe. In presenza di un bambino disabile, i compagni dovrebbero comprendere l’importanza di questo loro ruolo e riuscire a fornirgli un’immagine di sé quanto più positiva possibile, cioè di persona in grado di interagire e costruire cose (idee, progetti, apprendimenti).

Importanza del clima di classe

Se si osserva un gruppo di bambini in classe, è facile notare subito gli atteggia-menti esteriori, per esempio i loro modi di porsi nel contesto, le produzioni didattiche, la loro capacità di mantenere viva l’attenzione e così via. Questi elementi direttamente osservabili non hanno una loro origine solo soggettiva, individuale. Essi sono piuttosto il risultato di «qualcosa» che non appare direttamente agli occhi dell’osservatore e che concorre a definire il clima generale della classe: le relazioni tra i bambini e tra loro e gli adulti, le emozioni e i sentimenti che animano ciascun soggetto in un dato momento, i ruoli che ciascuno si trova a vivere, la rete relazionale che lega le diverse persone, e così via.

Questo complesso sistema di elementi non direttamente visibili viene chiamato «la faccia nascosta della classe»16 e costituisce l’insieme delle dinamiche che, accanto alle attitudini individuali, spiega e motiva i modi di essere e di fare di ciascuna persona in un gruppo e dunque anche i suoi atteggiamenti verso gli altri.

A seconda della modalità educativa che si vuole adottare, le relazioni che legano la complessa rete di elementi della «faccia nascosta della classe» possono essere ignorate, vissute come dei vincoli o considerate parte attiva e funzionale della relazione educativa. Quest’ultima modalità è quella che dovrebbe essere adottata anche da un progetto che voglia modificare gli atteggiamenti individuali.

È sempre possibile offrire un aiuto, ed è sempre possibile per l’altro rifiutarlo

Molti si sentono a disagio assieme a una persona disabile perché non sanno bene come interagire e relazionarsi con lei. Sebbene la risposta a questo problema possa ve-nire solo da una conoscenza reciproca diretta, in linea di massima possiamo affermare il principio che non è mai sbagliato offrire il proprio aiuto in modo discreto e cortese, così come è assolutamente naturale che qualcuno lo rifiuti perché sa o preferisce ca-varsela da solo.

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L’offerta di aiuto dovrebbe sempre contenere due domande diverse. La prima è: «Posso aiutarti?». E, in caso di risposta affermativa, la seconda cosa da chiedere è: «Come posso aiutarti?».

La scoperta dell’individualità delle persone

Le indicazioni fornite nei punti precedenti conducono chi apprende (e spesso anche chi insegna) a una scoperta relativamente semplice: anche i soggetti con disabi-lità hanno tratti personali, caratteristiche caratteriali ed emotive che li rende ciascuno diverso dagli altri. Anche loro hanno attitudini, preferenze, proprio come un qualsiasi alunno della scuola. La categoria «persone disabili» è ricca ed eterogenea proprio come la categoria «bambini» o «bambine».

Attraverso un’analisi della letteratura possiamo segnalare alcuni progetti italiani che hanno operato assecondando queste indicazioni metodologiche. Proviamo dunque a elencarne alcuni.

Esempi di progetti italiani di conoscenza della disabilità

Progetto Calamaio

Uno dei più diffusi percorsi di conoscenza e incontro con persone disabili è il «Progetto Calamaio», che nasce nel 1986 all’interno del Centro Documentazione Handicap di Bologna, promosso e gestito da un gruppo di educatori con disabilità.17 Attualmente il progetto si articola in due distinti gruppi di lavoro, uno rivolto alla fa-scia d’età di scuola primaria, uno per la scuola secondaria di primo e secondo grado. Il «Calamaio» è un progetto di sensibilizzazione alla disabilità e alla diversità attraverso lo svolgimento di attività cognitive, di animazione a scuola, e tramite la creazione di specifici corsi di formazione. Il progetto si avvia con dei percorsi di informazione corretta sul tema dell’handicap e del deficit e prosegue con lo scopo di «educare alla diversità», cioè al rispetto dell’altro, anche di chi è di diversa cultura, fede religiosa o convinzione politica.

In classe il progetto si articola in diversi momenti, intrecciati e collegati tra di loro. Alcuni di essi sono:

– «la diversità nel ricordo», attività nella quale i bambini sono chiamati a rac-contare degli episodi (e dei ricordi) della loro vita nei quali hanno incontrato persone «diverse»;

– giochi di ruolo e simulazione: per esempio, nel gioco delle etichette, che si svolge con ragazzi di scuola secondaria di primo e secondo grado, ad alcuni studenti

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viene assegnato un cappellino con sopra scritta una caratteristica fisico-caratte-riale che resterà ignota a chi lo indossa e sulla base della quale gli altri, invece, imposteranno la relazione. In questo modo gli attori del gioco possono provare cosa significhi assegnare etichette agli altri e viverle su di sé. Altre simulazioni conducono gli alunni a provare cosa significa avere determinati tipi di deficit;

– la presa di coscienza della paura delle diversità. «Ho paura ma non so di che cosa» dice un’alunna all’inizio di un incontro.18 Il progetto favorisce la consa-pevolezza dei propri atteggiamenti e sentimenti: è naturale avere una paura iniziale del diverso, così come non è raro avere pregiudizi. La valenza culturale e formativa sta proprio nella possibilità di parlarne con altri: infatti, misurarsi con le proprie paure o pregiudizi aiuta a crescere e ad avvicinarsi all’altro;

– la conoscenza dell’altro «diverso»: durante questi momenti gli alunni possono intervistare (ed essere intervistati da) persone con deficit differenti. La conoscenza diretta e l’incontro diventano, quindi, la chiave di volta di una reale apertura verso gli altri. Le attività precedenti conducono a una sorta di predisposizione affettiva e cognitiva che trova il suo naturale sbocco in riflessioni e domande da porre direttamente all’operatore con disabilità che si rende disponibile in classe. Durante lo svolgersi del progetto la riflessione passa gradualmente dal deficit (la mancanza di ordine sensoriale, fisico o psichico) all’handicap, cioè alle condizioni ambientali e situazionali che possono ostacolare il normale fun-zionamento sociale, cognitivo ed emotivo di una persona con deficit. La classe si trova così investita di una responsabilità nuova: quella di contribuire alla costruzione di una «cultura» che sia attenta all’eliminazione di quegli ostacoli piccoli e grandi che sono alla radice dell’handicap.

Il «Progetto Calamaio», forte di quasi vent’anni di esperienza e del sostegno di strutture diverse, prima fra tutte il Centro Documentazione Handicap di Bologna, è un progetto relativamente diffuso e presente nella scuola italiana, che ha saputo raggiungere negli anni centinaia di alunni e insegnanti.

Conoscere l’handicap assieme al bambino handicappato

Un secondo esempio di «pista di lavoro» di questo tipo è proposto da Canevaro.19 Il percorso si intitola «Conoscere l’handicap assieme al bambino handicappato» e risulta particolarmente interessante per la presenza delle trascrizioni dirette dei dialoghi dei bambini e per l’analisi di situazioni e oggetti mediatori. Ad esempio nella classe di Marco, un bambino affetto da tetraparesi spastica, la conoscenza della disabilità, degli oggetti e delle persone ad essa collegate ha costituito un filo conduttore per il lavoro di tutti i compagni. Il percorso è iniziato con un’intervista alla fisioterapista per capire chi fosse e a cosa servisse il suo lavoro. È poi proseguito con una visita in palestra

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e un’analisi degli attrezzi della fisioterapia e delle relative difficoltà motorie che un bambino come Marco incontra nei movimenti. Si tratta di un’esperienza conoscitiva globale, che coinvolge integralmente i compagni. Usando gli oggetti, i bambini hanno sperimentato i diversi tipi di sostegno che questi possono fornire ma anche la fatica che si fa a utilizzarli.

Ecco dunque che la disabilità può essere conosciuta e avvicinata grazie a dei mediatori, che in questo caso sono proprio gli oggetti che servono a Marco per la sua vita quotidiana. Questo aspetto è importante perché quando gli ausili vengono usati esclusivamente dal bambino con disabilità, è facile che la classe li consideri dei «con-trassegni» stigmatizzanti, e il bambino che li utilizza finisca per rifiutarli. Se invece gli ausili divengono oggetto di mediazione, di studio collettivo e di gioco, ad essi si finisce per sovrapporre un’immagine positiva che investirà l’intera classe e quindi anche il bambino disabile.

Un percorso per alcuni versi analogo a questo viene presentato anche per quanto riguarda l’integrazione di un bambino con una disabilità psichica.20 In questo caso la situazione di partenza è più complessa perché Antonio non è accettato dal gruppo classe, anche a causa dei suoi comportamenti aggressivi e apparentemente ostili verso i compagni. Di nuovo, il percorso educativo si affida a dei mediatori, che in un primo momento vengono svolti dall’ascolto e dalla creazione di storie fantastiche. Le storie conducono al tema dei sentimenti e a come essi vengano vissuti nella quotidianità del gruppo classe. Questo conduce ad affrontare il tema del significato della presenza di Antonio e delle sue difficoltà. Attraverso le discussioni di gruppo i compagni si rendono conto di sapere molto poco sul deficit di Antonio, sulle sue difficoltà e sul significato dei suoi comportamenti, anche se ne sono molto «infastiditi». Questa presa di coscien-za conduce la classe a un incontro con una neuropsichiatra, che potrà rispondere alle domande dei bambini per spiegare l’importanza che la scuola riveste per Antonio e il suo particolare modo di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente.

Preparare l’integrazione attraverso la conoscenza del deficit e la prosocialità

Un terzo progetto è quello realizzato da un gruppo di insegnanti e educatori della Lega del Filo d’Oro, che ha elaborato un percorso per preparare l’integrazione attraverso la conoscenza del deficit e la prosocialità che coinvolge anche bambini della scuola per l’infanzia.21 L’ipotesi degli autori è che l’opportunità di incontro tra bambini di classi «normali» e bambini e ragazzi con deficit plurimi offra ai primi l’opportunità di mettere in atto comportamenti prosociali che hanno lo scopo di favorire il benessere di un’altra persona, mentre ai bambini disabili (normalmente ospitati presso le strutture della Lega del Filo D’oro) viene offerta l’occasione di crescere all’interno di un’inte-razione sociale significativa e di apprendere abilità di cooperazione sociale. Gli autori

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ipotizzano che investendo sull’acquisizione di comportamenti prosociali negli alunni, possa migliorare anche il livello di interazione e di condivisione empatica nei confronti dei compagni disabili.

Il progetto, che è iniziato nel 2002, prevede due percorsi di lavoro: uno per la scuola per l’infanzia e uno per la scuola primaria.

Con i bambini di scuola per l’infanzia sono state create all’interno dell’aula si-tuazioni ludico-educative che facessero uso di stimoli sensoriali percepibili anche dai bambini disabili; sono stati fatti simulare ai bambini deficit visivi e motori e si è puntata l’attenzione sul modellamento che gli insegnanti potevano offrire mostrando ai propri alunni comportamenti prosociali nei confronti dei bambini disabili. Per gli alunni di scuola primaria, oltre a puntare sul modellamento come per quelli della scuola per l’in-fanzia, è stato attivato un programma di educazione prosociale basato sulla proposta di De Beni22 che comprendeva unità didattiche delle aree «Identità personale e sensibilità sociale» (la complessità delle azioni, il valore della tolleranza e delle diversità, ecc.), «Interpretazione del contesto» (stato d’animo e reazioni) e «Azione prosociale» (donare, ascolto, empatia, sentimenti ed emozioni, ecc.).

Sebbene i risultati finali di questo lavoro e le valutazioni conclusive degli autori non siano ancora disponibili, gli esperti del progetto evidenziano come questo percorso abbia degli effetti anche sugli insegnanti, che si trovano investiti di un incarico che li porta a sostituire la tradizionale attenzione selettiva verso i comportamenti devianti degli alunni con una considerazione nuova, rivolta ai comportamenti positivi messi in atto nel gruppo classe.

Il progetto «Insieme per crescere»

Sulla base delle considerazioni metodologiche presentate e degli esempi precedenti è stato formato un gruppo di lavoro nella provincia di Perugia, composto da una rete di scuole con insegnanti di comprovata esperienza didattica, consulenti professionali e universitari, esperti delle singole disabilità, tecnici per la produzione video e grafica. L’obiettivo del gruppo era creare un completo «pacchetto didattico», con lo scopo di spiegare agli alunni alcune delle disabilità più diffuse e comprendere il ruolo di tutti noi nella creazione ma anche nel superamento delle situazioni di handicap.

L’ipotesi metodologica che ha guidato questo lavoro è quella che un’adeguata comprensione e conoscenza sul piano affettivo-emotivo, relazionale e cognitivo possa preparare il gruppo classe all’accoglienza di persone «diverse», modificando alcuni atteggiamenti negativi e determinati stereotipi che possono essere stati assorbiti dal-l’ambiente sociale, facilitando un successivo processo di integrazione.

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In particolare il gruppo di progetto ha lavorato attorno a tre idee base:

1. gli atteggiamenti dei compagni nei confronti di bambini disabili sono importanti ai fini di una buona integrazione;

2. questi atteggiamenti si possono misurare e modificare con attività adatte;3. queste attività promuovono lo sviluppo globale della persona e possono essere

svolte in qualsiasi classe, a prescindere dalla presenza di bambini con disabi-lità.

Nello svolgere questa ricerca-azione e nel produrre il materiale didattico si è fatto riferimento a una concezione sistemica della mente umana e delle relazioni all’interno della scuola e della società. I comportamenti, le conoscenze e i sentimenti degli alun-ni, degli insegnanti e delle stesse persone disabili non dipendono tanto da una causa singola, isolabile e modificabile separatamente, ma sono il risultato di una complessa rete di interazioni che coinvolge la dimensione mentale interna delle persone, la loro vita emotiva, l’aspetto socio-relazionale e quello istituzionale.

Gruppo di progetto e metodo di lavoro

La realizzazione del progetto «Insieme per crescere» è stata resa possibile da un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, elargita tramite un bando di ricerca gestito dall’Indire di Firenze (bando per finanziare la realizzazione di ricerche per migliorare la qualità dell’integrazione scolastica).

Per soddisfare le richieste del bando, particolare attenzione è stata posta alla cor-rettezza metodologica dei materiali didattici proposti, alla riproducibilità dei percorsi educativi da parte delle scuole, alla qualità professionale dei materiali video e cartacei (si veda uno schema generale del progetto nella figura 1).

Tutte le unità didattiche del progetto sono state coordinate dagli stessi insegnanti che hanno provato (e spesso anche progettato e costruito) nella loro classe le attività proposte.

La metodologia adottata per gli aspetti di ricerca è stata quella sperimentale tra-dizionale: sono stati creati due gruppi di alunni, uno sperimentale, che ha effettuato parte del percorso didattico creato assieme agli insegnanti nel corso dell’anno scolastico, e uno di controllo, che ha svolto le normali attività curricolari. A entrambi i gruppi è stato somministrato uno strumento di misurazione creato ad hoc per questo progetto: il Questionario per misurare gli atteggiamenti di bambini in età scolare nei confronti di persone e compagni con disabilità.23 Il questionario è parte integrante del progetto e viene riprodotto come scheda di lavoro per gli alunni, mentre le istruzioni per la sua somministrazione sono contenute nella guida per gli insegnanti (si veda la figura 2).

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«INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ

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IL PACCHETTO DIDATTICO «INSIEME PER CRESCERE»

Il pacchetto è composto da una guida per l’insegnante, da sche-de didattiche fotocopiabili per i bambini, da filmati, da un poster, da un

segnalibro e da un questionario di verifica che serve a misurare gli atteg-giamenti dei bambini di una classe nei confronti di persone disabili.

Contenuti

Presentazione (di Andrea Canevaro)

Unità 1. La mano nel cappello

• Lettera ai genitori • Video: Insieme per crescere (spot) • Questionario di ingresso • Gioco: la mano nel cappello • Scheda di lavoro: uguali e diversi • Le parole per dirlo Unità 2. Muoversi e agire

• Gioco iniziale e discussione guidata • Scheda di lavoro: leggi e rispondi• Caccia all’ostacolo • Ridurre gli handicap motori • L’intervista • La lettera al sindaco • Conclusioni: definiamo assieme la disabilità motoria

Unità 3. Sentire e ascoltare

• Definizione iniziale • Simulazione: l’alunno sordo • Brainstorming • Video: Intervista a Roberto, una persona sorda• Scheda di lavoro: domande sul video • La lingua italiana dei segni• Cosa succede quando non si sente bene • Video: Pinocchio Moderno • Scheda di lavoro: analisi del video • Gioco di movimento • Comunicare con una persona sorda

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DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO N. 1, OTTOBRE 2005

Fig. 1 Schema generale del progetto «Insieme per crescere».

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Unità 4. Vedere e guardare

• Gioca gioca... con gli organi di senso • Scheda di lavoro: la vita di una persona cieca (1a parte) • Video: Intervista a Giancarlo, una persona cieca • Scheda di lavoro: la vita di una persona cieca (2a parte) • Scheda di lavoro: domande sul video • Scheda di lavoro: misura la tua vista• Il sistema Braille • Video: Il Braille e la sintesi vocale • Caccia al tesoro sensoriale

Unità 5. Capire e comprendere

• Brainstorming: una giornata di scuola • Discussione guidata • Esercitazione • Scheda di lavoro: capire e comprendere • Aiutare una persona con disabilità mentali • Video: Diversilandia • Il gioco dei ruoli

Conclusioni

• Questionario di uscita

Il gruppo di lavoro

Marinella Aceto (unità 5 – Capire e comprendere); Giancarlo Alunno (esperto unità 4 – Vedere e guardare); alunni e insegnanti scuola elemen-tare di Castel del Piano (Perugia) e di S. Martino in Colle (Perugia); Andrea Canevaro (supervisione scientifica generale); Michele Capurso (ideazione, progettazione, coordinamento generale e unità 1 – La mano nel cappel-lo); Giovanna Ferroni (unità 4 – Vedere e guardare); Paolo Lollini (dirigente scolastico scuola capofila di progetto); Marco Lucarelli (graphic designer); Matteo Martinelli (unità 2 – Muoversi e agire); Corinne Minore (regia e montaggi video); Guido Morozzi (tecnico riprese video); Donatella Sellari (segreteria e logistica); Nicoletta Menghini (unità 5 – Capire e comprende-re); Angiolo Pierini (consulente scientifico unità 5 – Capire e comprendere); Nadia Polzoni (interprete LIS); studenti e insegnanti scuola media Castel del Piano (Perugia); Elvira Spallaccini (unità 3 – Sentire e ascoltare); Daniela Toccacieli (consulente scientifico unità 3 – Sentire e ascoltare); Antonella Ubaldi (dirigente scolastico scuola partner di progetto); Roberto Zuccari (esperto unità 3 – Sentire e ascoltare).

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«INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ

Fig. 2 Esempio di scheda del questionario, relativa alla cecità.

Aspetti della vita quotidiana

Secondo te, una persona cieca può fare queste cose?

Guarda il video Intervista al signor Giancarlo e, per

ciascuna voce della prima colonna, scrivi quello che scopri

Riconoscere i colori

Riconoscere delle monete

Cucinare

Lavorare

Guidare una moto

Usare la lavatrice

Abilità quotidiane, hobby

LA VITA DI UNA PERSONA CIECA

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DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO N. 1, OTTOBRE 2005

L’intero progetto «Insieme per crescere», completo delle schede didattiche, la guida per gli insegnanti e altro materiale didattico di supporto è disponibile in rete presso il portale Handitecno dell’Indire di Firenze (http://www.handitecno.indire.it/; selezionare la voce «Prodotti delle scuole» nella sezione «Didattica» e quindi il progetto del VII Circolo didattico «E. De Amicis» di Perugia). Il materiale video è distribuito dallo stesso Indire di Firenze previa richiesta da inviare via e-mail all’indirizzo indicato nelle pagine di presentazione del progetto stesso.

Metodologia ed esempi

Il progetto si è posto i seguenti obiettivi generali:

– conoscere e comprendere le disabilità più comuni;– comprendere le «variabili» del processo di creazione e riduzione delle situazioni

di handicap; – riflettere sul ruolo rivestito dalle singole persone nel determinare questo pro-

cesso;– promuovere strategie di accoglienza di persone disabili in tutti gli aspetti della

vita comunitaria e sociale;– conoscere il ruolo svolto dagli enti locali nella prevenzione e riduzione delle

situazioni di handicap.

I diversi percorsi didattici (quello introduttivo e le quattro unità relative a speci-fiche forme di deficit) sono stati costruiti seguendo una metodologia comune, condivisa all’interno del gruppo di progetto, composta dalle seguenti fasi.

1. Definizione iniziale della disabilità di cui si parla. Questa definizione può assu-mere il carattere di ipotesi da verificare durante il percorso oppure può basarsi, in un primo momento, sui concetti spontanei o sulle conoscenze informali degli stessi alunni. Ad esempio (dall’unità «Muoversi e agire»):

A questo punto è possibile fornire una prima definizione di disabilità motoria, così come essa scaturisce dalla discussione con gli alunni. Appendete un cartellone bristol alla parete e scrivete «Una persona con disabilità motoria è una persona che …» (fate completare la frase agli alunni, lasciando libero metà cartellone).

Alla fine del lavoro, nella parte rimasta bianca, si scriverà una nuova definizione.

2. Presentazione di persone, storie o video (anche di nostra produzione) di bambini e persone che hanno la disabilità di cui si parla. Ad esempio, nelle unità «Vedere e guardare» e «Sentire e ascoltare» sono presentati dei video con un’intervista realizzata dai bambini, rispettivamente, a una persona cieca e a una sorda. Le

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«INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ

scuole che usano il pacchetto didattico possono così decidere se usare le in-terviste su video o svolgerne di proprie seguendo il modello presentato. I video possono poi essere analizzati con delle schede di lavoro (si vedano quelle nelle figure 2 e 3).

3. Attività di role-taking. I ragazzi vengono condotti a riflettere su cosa significa vivere con una data disabilità assumendo ruoli specifici e provando esperienze «sulla propria pelle». Queste attività sono costruite con particolare riferimento ai campi percettivo, cognitivo, emozionale e culturale (si veda un esempio nella figura 4).

4. Presentazione o creazione di strategie utili da mettere in atto quando ci si rela-ziona con una persona con la disabilità indicata, ma anche indicazioni di lavoro che invitino gli alunni della classe a migliorare l’ambiente in cui si trovano per renderlo più accogliente per le persone con la disabilità indicata. Ad esempio, nell’unità sulle disabilità motorie, si invitano i bambini a svolgere una «caccia all’ostacolo» all’interno della scuola e del quartiere dove vivono, preparando una scheda di segnalazione e una lettera da inviare alle autorità competenti (si veda la scheda nella figura 5).

Durante la sperimentazione, le attività sono state svolte molto volentieri dagli alunni, che in alcuni casi hanno chiesto di poterle proseguire anche nell’anno scolastico successivo.

La caratteristica più interessante di questo lavoro è la sua riproducibilità. Grazie alle risorse fornite dall’Indire di Firenze, infatti, tutto il materiale necessario a proporre questo percorso in contesti diversi è disponibile online (il DVD video può invece essere ordinato per posta).

Risultati preliminari della ricerca

I risultati e gli effetti dell’applicazione di questo pacchetto didattico sono misurabili attraverso uno strumento creato ad hoc per il progetto, il Questionario per misurare gli atteggiamenti di bambini in età scolare nei confronti di persone e compagni con disabilità.24 Questo questionario è stato modellato sulla base di analoghi strumenti in uso in ambiente anglosassone (si vedano, ad esempio, la Chedoke-McMaster Attitudes Towards Children with Handicaps Scale – CATCH e la Attitude Toward Disabled Persons Scale).25 Il nostro strumento è stato validato, in modo ancora preliminare, attraverso il sistema test-retest basato sul calcolo dell’indice di correlazione di Pearson (r) tra due somministrazioni a distanza di quindici giorni. Anche se sono necessarie ulteriori indagini in tal senso, i risultati iniziali hanno dimostrato che lo strumento è molto stabile.

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DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO N. 1, OTTOBRE 2005

Fig. 3 Esempio di scheda di lavoro sui video, relativa all’udito.

Guarda il video Intervista a Roberto Zuccari,poi rispondi alle seguenti domande

1. Come fa Roberto a comunicare con gli altri? Quale linguaggio utilizza?

2. È possibile per Roberto «sentire» la musica? In che modo?

3. Per Roberto è più facile o più difficile comunicare con altre persone sorde? Per quale motivo?

4. Come è composta la famiglia di Roberto?

5. Come si trovava Roberto a scuola? Aveva amici veri?

6. Come trascorre la giornata di Roberto? Che lavori e impegni ha?

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«INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ

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OBIETTIVI

Conoscere e comprendere le disabilità della vistaComprendere le problematiche principali incontrate da una persona con disabilità della vista, come pure le sue potenzialità e possibilitàConoscere e comprendere le potenzialità percettive dei sensi diversi dalla vista

DURATA TOTALE

8 ore

Vedere e guardare

Questo percorso didattico prevede quattro unità di lavoro da realizzare in classe:1. un percorso ludico che sappia valorizzare l’uso di organi di senso che possono sostituire

la vista (imparare a «vedere» e orientarsi con il tatto, con l’udito, con l’olfatto, ecc.);2. un’intervista a una persona con disabilità della vista (da vedere in video oppure da

realizzare con la classe);3. un percorso di approfondimento delle disabilità della vista e del sistema Braille;4. una «caccia al tesoro» conclusiva.

TITOLO Gioca, gioca... 1 ora con gli organi di senso e 30 minuti

MATERIALI Nessun materiale FORNITI

MATERIALI Una benda personale per ciascun alunno DA PROCURARSI della classe. Insieme di oggetti riconoscibili dal suono, dal tatto, dal sapore o dall’odore

Questo percorso didattico inizia con dei giochi basati sull’uso dei sistemi percettivi diversi da quello visivo. In questo modo gli alunni hanno modo di «concentrarsi» sui loro organi di senso, per comprenderne e valutarne l’importanza. L’insegnante può scegliere 2-3 giochi da fare anche in giornate diverse, come introduzione dell’unità di lavoro.Gli alunni verranno bendati a turno quando, sotto forma di gioco, si proporranno gli esercizi sensoriali.

Nota: per questioni igieniche è bene usare bende pulite e personali. Lo scambio di bende tra bambini potrebbe favorire la diffusione di agenti infettivi degli occhi.

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DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO N. 1, OTTOBRE 2005

Fig. 4 Esempio di scheda di lavoro con il role-taking, relativa alla vista.

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Per rendere più attraente le attività si propone di svolgerle sotto forma di gioco di squa-dra. Naturalmente esse si possono effettuare anche in forma individuale, se l’insegnante lo ritiene più opportuno.Dividete la classe in due squadre (fate scegliere agli alunni il nome da darsi) e preparate un cartellone per segnare i punti.

1a prova ASCOLTA E INDOVINA

Recatevi in un luogo sufficientemente grande e tranquillo. Spiegate agli alunni che farete loro sentire dei suoni. Essi dovranno ascoltarli con attenzione e poi dovranno puntare l’indice nella direzione dalla quale proviene il suono.

A titolo puramente esemplificativo, indichiamo alcuni oggetti facilmente reperibili che l’insegnante può usare per produrre i suoni da far indovinare: un clacson, un tamburello, un fischietto, la suoneria di un telefono cellulare, delle monete, che tintinnano, un gesso che scrive alla lavagna, due sassi che vengono battuti assieme, delle foglie secche che vengono schiacciate, due fogli di carta stagnola che vengono fatti strisciare uno contro l’altro, una sega o una raspa che intaglia un pezzetto di legno, dell’acqua che viene fatta sgocciolare all’interno di un pentolino, ecc.

Ricordare agli alunni che in questa fase devono solo indicare la direzione del suono (e memorizzare l’oggetto che lo produce: dovranno scriverlo in seguito). Per ogni alunno che indovina correttamente la direzione del suono, l’insegnante darà un punto. Per ogni prova verranno quindi contati i punti da dare a ogni squadra. Per facilitare il conteggio è possibile usare la seguente tabella.

A questo punto chiedete ai bambini di scrivere su un foglio l’elenco dei suoni che hanno ascoltato. Per ogni oggetto riconosciuto e ricordato correttamente dalla squadra, date 3 punti (per ogni oggetto non elencato non date nessun punto). Anche in questo caso, potete riportare il punteggio assegnato nella tabella.

Squadra A Squadra BBambini

che indicano correttamente la

direzione del suono

Punti per aver riconosciuto e ricordato l’oggetto

Bambini che indicano

correttamente la direzione del suono

Punti per aver riconosciuto e ricordato l’oggetto

9 3 10 0Monete che tintinnano

Oggettousato

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«INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ

Fig. 5 Esempio di scheda di lavoro per il rilevamento di ostacoli per le persone con disabilità motorie.

Riporta sulla tabella gli ostacoli che trovi nella tua scuola

S-1La rampa di scale di ingresso

alla scuola non consente a persone con sedie a rotelle

di entrare o uscire

Costruire una passerella

Sigla di riferimento

Descrizione dell’ostacolo, del tipo di barriera creata,

della sua posizione all’interno dell’edificio

Disegno o foto

dell’ostacolo

Possibili soluzioni per eliminare

l’ostacolo

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DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO N. 1, OTTOBRE 2005

Il questionario è stato strutturato secondo le tre componenti individuate da Trian-dis (vedi sopra) e già illustrate in questo articolo (sociocognitiva, affettivo-emotiva, conativo-comportamentale).

Il questionario è stato somministrato, a inizio e fine lavoro, a un gruppo sperimentale di classi che hanno svolto il progetto e a un gruppo di controllo costituito da classi che non hanno partecipato ad esso. I dati del questionario di ciascuna classe sono stati poi ricondotti a un punteggio basato sulle medie dei punti assegnati alle varie risposte.

Il confronto dei punteggi ci permette di rilevare l’efficacia del progetto nel modifi-care gli atteggiamenti dei bambini. Si tratta, in questa fase, di punteggi «grezzi» poiché lo strumento non è ancora stato standardizzato. I risultati di questa sperimentazione sono riportati nella tabella 1 (nella lettura, si tenga conto che una media di classe più alta indica una maggior presenza, nel gruppo, di alunni con atteggiamenti accettanti; un delta positivo indica un miglioramento nell’atteggiamento accettante durante l’anno scolastico, un delta negativo indica invece che la classe, nel suo insieme, è divenuta meno accettante).

TABELLA 1 Punteggi al questionario sugli atteggiamenti verso la disabilità delle classi sperimentali e di controllo

Classi e località

Alunnicon

disabilitàGruppo Somministrazione

in ingressoSomministrazione

in uscitaDelta (out-in)

5a A – SM No Sperimentale 69,6 70,33 0,73

5a A – CP Sì Sperimentale 76,56 77,11 0,55

1a H – CP Sì Sperimentale 74,46 74,46 0

1a E – CP No Controllo 69,61 69,46 -0,15

1a F – CP No Sperimentale 70,24 69,66 -0,58

5a B – SM Sì Controllo 75,78 73,57 -2,21

1a G – CP Sì Controllo 67,28 62,05 -5,23

La tabella di sintesi dei questionari ci consente subito di effettuare alcune osser-vazioni importanti.

1. Con il passare del tempo, i bambini di tutte le classi di controllo tendono a diventare meno «accoglienti» nei confronti della diversità. Questo può essere dovuto al fatto che si è monitorata una fascia d’età preadolescenziale (quinta primaria e prima secondaria superiore) e con l’avvicinarsi dell’adolescenza ra-gazzi e ragazze tendono ad accentuare un atteggiamento di valorizzazione delle

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«INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ

apparenze, anche di tipo estetico, e di attenzione al Sé che spesso esclude tutto ciò che viene vissuto come «diverso». Questo dato è coerente con molte altre ricerche in questo settore, che provano come in età evolutiva atteggiamenti di rifiuto della diversità tendano a crescere, anche di intensità, in corrispondenza con l’aumento dell’età anagrafica.

2. In tre delle quattro classi che hanno partecipato alla sperimentazione, questa tendenza al rifiuto della diversità si è interrotta o addirittura invertita (il delta tra le due somministrazioni è uguale o maggiore di 0). Questo dato preliminare, che naturalmente dovrà essere verificato su un campione più ampio, ci lascia supporre che il progetto «Insieme per crescere» abbia realmente degli effetti positivi sulla capacità dei bambini e dei ragazzi di accogliere la diversità.

3. La sperimentazione ha anche confermato un dato che è patrimonio comune tra gli addetti ai lavori, ma che non sempre è stato sottoposto a verifica sperimen-tale: le classi che hanno, al loro interno, degli alunni con disabilità tendono a essere molto più aperte e collaborative nei confronti di persone disabili rispetto alle classi nelle quali tali alunni non sono presenti. Nel nostro lavoro questo aspetto lo si è rilevato in tre classi su quattro. Questo elemento è sintetizzato dal significato del titolo del nostro progetto: si riesce a crescere proprio perché si sta assieme a persone «diverse», in maniera consapevole e attenta e con un equilibrato sostegno educativo.

Conclusioni

Sebbene le conclusioni che possiamo trarre abbiano un carattere indicativo e provvisorio (si rendono sicuramente necessarie nuove indagini su un campione più ampio), dal lavoro finora svolto possiamo dedurre che gli alunni che hanno partecipato al progetto «Insieme per crescere» hanno sviluppato delle aspettative e delle cono-scenze più realistiche nei confronti di persone disabili rispetto al gruppo di controllo. In particolare ci sembra che essi abbiano compreso che la riduzione dell’handicap è un impegno sociale che riguarda tutta la comunità e hanno anche adeguato i loro com-portamenti di conseguenza.

Il Questionario per misurare gli atteggiamenti di bambini in età scolare nei confronti di persone e compagni con disabilità, costruito ad hoc per questo lavoro, si è rivelato un mezzo utile per verificare l’efficacia di questo progetto e del relativo pacchetto didattico, e si profila come uno strumento efficace per valutare l’andamento di progetti analoghi o per confrontare, all’interno del medesimo contesto socioculturale, gli atteggiamenti di classi scolastiche o gruppi diversi.

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DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO N. 1, OTTOBRE 2005

In conclusione, ci sembra che tanto il progetto «Insieme per crescere» che il questionario di misurazione possano essere efficacemente utilizzati per migliorare la qualità dell’integrazione scolastica nella scuola. Più in generale possiamo affermare che percorsi multidimensionali per migliorare gli atteggiamenti dei confronti di compagni con disabilità, dei quali si sono fornite indicazioni metodologiche ed esempi, possano costituire un valido aiuto al processo di integrazione.

Bibliografia

1 In questo articolo, riprendiamo la termino-logia a suo tempo proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (benché ora superata dalla nuova prospettiva concettuale dell’ICF), utilizzando il termine disabilità per indicare la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un in-dividuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui esso vive. Con il termine deficit ci si riferisce invece in modo specifico al dato medico-fisiologico oggettivo, cioè alla lesione o mancanza di funzione psicologica, fisica o fisiologica che un individuo può avere. Con il termine handicap intendiamo le conseguenze sociali del deficit. Esso è riferibile alle persone solo in modo relativo, perché varia a seconda del contesto e dell’ambiente.Con il termine atteggiamento si fa riferimento a ciò che in inglese viene definito attitude. In realtà il concetto inglese è molto più ampio del corrispondente sostantivo italiano e include un insieme di costrutti psicologici interni che non sono osservabili direttamente, ma che sono in grado di creare inferenze e agire come mediatori tra una data situazione di partenza e la conse-guente risposta emotiva, comportamentale o cognitiva del soggetto.2 Terreni A., Cornoldi C., Mastropieri M. e Scruggs T. (1997), L’atteggiamento degli insegnanti verso l’integrazione scolastica: Un confronto tra Italia e Stati Uniti, «Difficoltà di Apprendimento», vol. 3, n. 1, pp. 43-52.

3 Canevaro A. e Ianes D. (2001), Buone prassi di integrazione scolastica, Trento, Erickson.4 Canevaro A. (1988), Handicap e scuola, manuale per l’integrazione scolastica, Roma, Carocci, p. 16.5 Canevaro A. (1988), op. cit.6 Galimberti U. (1999), Enciclopedia di psicologia, Milano, Garzanti, p. 110.7 Triandis H.C. (1971), Attitudes and attitudes change, New York, John Wiley & Sons, p. 2.8 Baum D. e Wells C. (1985), Promoting handicap awareness in preschool children, «Teaching Exceptional Children», vol. 17, n. 4, pp. 282-287.9 Brodkin M., Coleman Advocates for Children & Youth e Gordon G. (1993), Every kid counts: 31 ways to save our children, San Francisco, Harper Collins.10 Katz D. (1960), The functional approach to the study of attitudes, «Public Opinion Quar-terly», n. 24, pp. 163-204.11 Triandis H.C. (1971), op. cit.

Shapiro A. (2000), Everybody belongs: Chan-ging negative attitudes toward classmates with disabilities, New York, Routledge/Falmer.12 Triandis H.C. (1971), op. cit., p. 2.13 Rosenberg M.J. e Hovland C.I. (1960), Attitude organization and change, New Haven, Yale University Press.

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«INSIEME PER CRESCERE»: UN PERCORSO DIDATTICO PER CONOSCERE E ACCETTARE LE DISABILITÀ

14 Shapiro A. (2000), op. cit.15 Erikson E.H. (1984), I cicli della vita, Roma, Armando.16 Vayer P. e Camuffo M. (1999), La faccia nascosta della classe, Roma, Phoenix.17 Pergolesi S. e Imprudente C. (1997), Pro-getto Calamaio: La cultura delle diversità a scuola, Torino, UTET.18 Pergolesi S. e Imprudente C. (1997), op. cit., p. 31.19 Canevaro A. (1990), Handicap, ricerca e sperimentazione, Roma, Carocci.20 Canevaro A. (1990), op. cit.

21 Coppa M.M. et al. (2002), Preparare l’inte-grazione attraverso la conoscenza del deficit e la prosocialità, «Difficoltà di Apprendimento», vol. 7, n. 4, pp. 537-545.22 De Beni M. (2000), Educare all’altruismo, Trento, Erickson.23 Capurso M. (2003), Questionario per misu-rare gli atteggiamenti di bambini in età scolare nei confronti di persone e compagni con disabi-lità, Perugia, manoscritto non pubblicato.24 Capurso M. (2003), op. cit.25 Yuker H.E., Block J.R. e Young J.H. (1970), The measurement of attitudes toward disabled persons, «Human Resource Study», n. 3.26 Shapiro A. (2000), op. cit.

SULLO STESSO TEMA

Cenci G. et al. (1999), «Alla ricerca del Minotauro»: un progetto di simulazione delle condizioni di disabilità, «Difficoltà di Apprendimento», vol. 5, n. 2.

Silini L. et al. (1999), «Con tanti zaini sulle spalle»: come ridurre l’handicap attraverso l’inte-grazione, «Difficoltà di Apprendimento», vol. 5, n. 2.

Vannucchi S.M. (2004), Conoscere la disabilità per progettare la normalità, «L’Integrazione Scolastica e Sociale», vol. 3, n. 4.