in magazine faenza 05/2013

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00 Faenza www.inmagazine.it ® Leonardo Spadoni Farina del suo sacco 2019 Ravenna caput Mundi Pane Il cibo della salute Massimo Zoli Vai avanti tu che mi viene da Ridens... Anno XII - N. 5 - DICEMBRE - GENNAIO 2013/2014

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IN Magazine Faenza 05/2013

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Leonardo Spadoni Farina del suo sacco

2019 Ravenna caput Mundi

Pane Il cibo della salute

MassimoZoli

Vai avanti tu che mi viene da Ridens...

Anno XII - N. 5 - DICEMBRE - GENNAIO 2013/2014

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APERTO da ottobre a dicembredal lunedì al venerdì 9.00-18.00sabato dalle 10.00 alle 12.30

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| EDITORIALE di Andrea Masotti |

Sommario

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.

Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì tel. 0543.798463 - fax 0543.774044

[email protected]

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte.

4 Annotare Brevi IN12 Essere Leonardo Spadoni18 Essere Massimo Zoli24 Movimentare Matteo Casadio28 Programmare Capitale della cultura 201936 Visitare Antichi mulini42 Mangiare Pane

46 Ammirare Vivere a Forum Livii50 Dirigere Linda Kniffitz52 Abitare Rustico in montagna59 Divertirsi Socjale di Piangipane62 Creare Alberto Dassasso64 Disegnare Gianluca Costantini66 Viaggiare 52 domeniche con i bambini

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Seguendo una sottile traccia di farina disegniamo questo numero inverna-le che si apre con Leonardo Spadoni e il suo impero gastronomico parti-to da un mulino; ritroviamo mulini piccoli e antichi sull’Appennino ro-magnolo, dove evocano il profumo del pane. E proprio un fornaio re-cupera la tradizione della panifica-zione e ci racconta come scegliere il prodotto più genuino. Ma torniamo ai personaggi: copertina di Faenza è Massimo Zoli, fondatore di Ridens, la principale agenzia italiana di at-tori comici; presentiamo poi Matteo Casadio, presidente di Sapir, che ci parla del porto di Ravenna e del suo libro in cui lancia alcune idee per

il fatidico appuntamento del 2019, candidatura di cui raccontiamo iter e idee in campo. Brillano le tessere del mosaico che uniscono Ravenna a Forlì in un restauro importante come quello dei pavimenti di una villa romana, mentre Linda Kniffitz, direttrice del Cidm, racconta il mo-saico contemporaneo. Dettagli caldi e invernali per la casa sull’Appenni-no e cultura unita a buona tavola nel-la storia dello storico Teatro Socjale di Piangipane. Lampi di moderni-tà quelli di Alberto Dassasso, con i suoi pezzi di design, e di Gianluca Costantini, artista del fumetto. Chiu-diamo con tante mete per viaggiare in famiglia scoprendo al Romagna.

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (RN)

Direttore Responsabile:

Andrea Masotti

Redazione centrale:

Roberta Brunazzi, Serena Focaccia

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Impaginazione: Marica Graziani

Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli

Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Luca Retini

Collaboratori: Annalisa Balzoni, Roberta Bezzi, Andrea Casadio, Clarissa Costa, Elio Cipriani, Anna De Lutiis, Nevio Galeati, Gianluca Gatta, Giorgio Pereci, Rosanna Ricci, Aldo Savini

Fotografi: Lidia Bagnara, Gianluca Costantini, Di Giorgio/snaphoto, Massimo Fiorentini, Giorgio Sabatini

Chiuso per la stampa il 12/12/2013

Seguici su FB: www.facebook.com/edizioni.inmagazine

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Nuova sala alla Classense

Ravenna - Il progetto della “grande Classense”, ossia il recupero

del complesso dell’antico monastero camaldolese che ospita la biblioteca

cittadina, ha conosciuto finalmente una nuova tappa.

Lo scorso 7 dicembre è stata infatti inaugurata la nuova sala

di lettura intitolata a Luigi Malkowski, ricavata in antichi ambienti del piano

ammezzato decorati da affreschi cinquecenteschi. La cerimonia ha

visto un ricordo di Luigi Malkowski, pronunciato da Angela Ghirardi

e Donatino Domini, e una lettura di poesie da parte di Nevio Spadoni

e Maria Giovanna Maioli. Luigi Malkowski, di cui ricorreva

il decennale della morte, resse la sezione moderna della biblioteca

dal 1983 al 2003: un intellettuale raffinato, il cui ricordo, come studioso e come uomo, è ancora molto vivo fra le antiche sale della Classense. (A.C.)

Tot e De’ anche a Seul

Seul - Dopo Hiroshima e Tokyo, Gruppo Cevico punta su Seul. Nella

capitale coreana sarà inaugurato nei primi mesi del 2014, quasi

certamente ad aprile, il terzo wine bar a marchio Tot i de’, nome tratto dal dialetto romagnolo (“tutti i giorni”),

che propone cucina romagnola e vini prodotti dalla società cooperativa con

base a Lugo (Ravenna). “Il successo ottenuto in Giappone – commenta la presidente Ruenza Santandrea

– attraverso una formula originale fatta di location curata e informale, accoglienza calorosa ed eccellente

rapporto qualità/prezzo, con una media scontrino equivalente a 25 euro per persona, ci spinge a potenziare gli

investimenti nei wine bar”. Le etichette proposte da Tot i de’ costituiscono

il top di gamma del gruppo romagnolo: Tenuta Masselina, Romandiola,

Rocche Malatestiane e il vino delle Anfore, quest’ultimo ottenuto

con un invecchiamento in speciali anfore di terracotta.

Ceramiche sacre di Alfonso Leoni

Faenza - Opere a tema sacro realiz-zate dal più anticonformista degli artisti che la storia della ceramica faentina possa vantare: sarà davvero un omaggio inaspettato e inedito al grande Alfonso Leoni la mostra d’arte che la Banca di Credito Cooperativo Ravennate e Imolese propone a Faen-za fino al 15 gennaio 2014. Si trovano esposti lavori vicini all’opera del suo

principale maestro, Angelo Biancini, ma anche invenzioni trasgressive e originali. I temi a carattere religioso non sono certo tra i soggetti più ricor-renti nell’operato di Leoni, che però non ha mai disdegnato di confron-tarsi sul terreno del sacro. Ricerca di perfezione, di smalti esclusivi, di for-me essenziali, di legami con la natura lo portavano a usare materiali di tutti i tipi, da ritagliare, strappare, assem-blare e distruggere fino a mettere in gioco il proprio corpo: l’attività di Leoni fu un continuo ricercare nuo-vi stimoli e sperimentare linguaggi diversi. La mostra indaga l’approccio inedito dell’artista al tema del sacro attraverso il confronto con altre sue opere più conosciute del medesimo periodo, evidenziandone la conti-nuità di ricerca e sperimentazione. www.alfonsoleoni.it

Tutti i nomi del Guidarello

Ravenna - I vincitori della 42esima edizione del Premio Guidarello per il Giornalismo d’Autore sono stati pre-miati il 1° dicembre al teatro Alighieri. Il Guidarello ad honorem è andato Sa-bino Cassese, giudice della Corte Co-stituzionale, mentre il Guidarello alla carriera è stato attribuito a Piero Ange-la (nella foto). Per la sezione nazionale cultura, il riconoscimento è andato a Domenico Quirico, per la sezione società è salito sul palco Mario Arpino. Per il giornalismo d’autore in Romagna il Guidarello è andato a Luciano Canfo-ra per la cultura, a Serena Simoni, uni-ca donna, per studi e ricerche; infine per la sezione audiovisivi a Thomas Ci-cognani, Massimiliano Costa e Stefano Piastra. Il premio per la sezione turi-smo ha visto protagonista il giornalista

e scrittore Paolo Rumiz. Il Guidarello Giovani ha premiato il lavoro svolto dalla classe IV A RIM dell’Istituto I.T.C. Ginanni di Ravenna. (A.D.L.)

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In memoria di Giovanni Frignani

Ravenna - Dopo oltre settant’anni, finalmente Ravenna ha reso

ufficialmente omaggio al suo cittadino Giovanni Frignani

(1897-1944), medaglia d’oro della Resistenza. Nella vicenda di Giovanni

Frignani e del fratello Giuseppe si condensano i drammi del Novecento

e della guerra civile: mentre Giuseppe assumeva importanti

incarichi nel regime, Giovanni entrò nell’arma dei Carabinieri con

il grado di tenente colonnello, e fu in questo ruolo che ebbe l’incarico di essere l’uomo che arrestò Mussolini,

diventando poi protagonista della Resistenza romana dopo l’8

settembre. Morì nel marzo del 1944 vittima del massacro delle Fosse

Ardeatine. Lo scorso 8 novembre la città ha reso omaggio alla sua figura

intitolandogli la strada adiacente alla caserma dell’Arma Frignani lungo

viale Pertini, dove è anche stata scoperta una targa commemorativa.

Alla cerimonia è seguito un convegno svoltosi nella sala preconsiliare

del municipio. In questa circostanza è stato presentato il libro

dedicato a Frignani e intitolato “Ho servito come un buon soldato”,

dello storico Alessandro Luparini. (A.C.)

Tutti chef al Museo

Cervia - Sono partiti il 3 dicembre scorso gli appuntamenti al Museo

del sale di Cervia con la cucina. Sette le serate a tema, il martedì

dalle 20,30 alle 23, che termineranno il 4 febbraio, organizzate da MUSA

insieme ai ristoranti Al Deserto e La Locanda dei Salinari. Durante

gli incontri gli chef mostrano ai partecipanti la realizzazione di menù

a base di pesce, carne, riso e verdure, fornendo interessanti consigli pratici e concludendo con una degustazione.

Gli incontri in programma nel 2014 saranno dedicati al pesce azzurro,

alle farciture per carne, pesce e pasta, all’utilizzo del riso e, infine,

ai menù afrodisiaci per San Valentino. Per ogni lezione è richiesto un

minimo di 20 iscritti, il costo del singolo incontro è di 25 euro e sono

previsti abbonamenti per tre incontri a 65 euro. [email protected]

Rambelli in mostra a Faenza

Faenza - Dal 7 dicembre - fino ad aprile 2014 - la Pinacoteca di Faenza dedica a Domenico Rambelli, uno dei massimi scultori del Novecento italiano, una mostra dal titolo “Monu-mentale”. La mostra presenta l’intero percorso artistico dell’artista con circa sessanta opere, tra sculture e disegni. Occasioni importanti della mostra sono date anche dal ritrovamento di quattro opere finora inedite, databili al secondo decennio del Novecento, e dal restauro di altre due opere della Pinacoteca Comunale eseguito grazie all’Istituto Beni Culturali della Regio-ne Emilia-Romagna e a seguito della donazione da parte della famiglia per quanto riguarda il busto del conte Car-lo Zanelli Quarantini. Quest’ultima scultura è stata restaurata nel laborato-

rio di restauro del liceo artistico faen-tino, dando una prova concreta di col-laborazione tra istituzioni culturali e didattiche. Per i visitatori della mostra è previsto anche un nuovo sistema di audioguida attivabile tramite la lettura del qr code con smartphone e tablet. http://pinacotecafaenza.racine.ra.it

Nuova vita per il Mariani

Ravenna - Da domenica 8 dicembre lo storico cinema Mariani è aperto al pubblico come Mariani Lifestyle, un locale dalle molteplici vocazioni che al mattino dalle 7.30 offre le colazioni e resta poi aperto tutto il giorno con la pasticceria e la gelateria, la panineria dalle 10.30 alle 19, l’osteria i passatelli dalle 12 alle 24. Il locale vuole essere

soprattutto un luogo di socialità, come ha sottolineato il titolare Maurizio Buc-ci, soddisfatto della curiosità suscitata nella cittadinanza dall’apertura del locale. Dal 14 dicembre poi l’offerta del locale è stata ampliata con l’aper-tura, al piano superiore, del Diabolik Restaurant & Café, in cui fermarsi tutte le sere dalle 19 alle 2 di notte.

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I premi 2013 di Confesercenti

Ravenna - Si è tenuta il 5 dicembre presso il Teatro Ali-ghieri la serata di Confesercenti dedicata alla legalità e della libertà d’impresa. Quest’anno i Premi Confeser-centi sono stati sette, assegnati a personalità che si sono distinte nel far conoscere il territorio e nel valorizzarne il patrimonio culturale ed economico. Il primo premiato è stato Marco Bonitta, coach del Porto Robur Costa Cmc di Ravenna, poi sono saliti sul palco il fisico e ricercatore Tiziano Camporesi, coordinatore internazionale dell’e-sperimento CMS presso il Cern di Ginevra, e Roberto Iacono, bagnino di salvataggio che quest’estate ha salvato dall’annegamento una turista francese. Premiati anche Linea Rosa e un’azienda ravennate storica e conosciuta nel mondo come la Micoperi. Il premio Mei-Confeser-centi è andato al gruppo musicale forlivese EQU e infine il premio Donna Ravennate nello Sport è stato assegnato a Carolina Bianchi, campionessa italiana di atletica nella specialità dell’eptathlon.

Vocazione verde: inaugurato l’impianto Biodigestore

Voltana - Taglio del nastro martedì mattina per il nuovo impianto biodigestore di Voltana. L’impianto di biodi-gestione, che produce energia elettrica e compost dalla fermentazione della frazione organica della raccolta dif-ferenziata, è l’ultimo tassello di uno dei processi di ri-conversione industriale più interessanti avvenuti in Italia negli ultimi anni. Nel sito di Voltana, adibito a discarica, si è sviluppato nel tempo un vero e proprio distretto della green economy, capace di indirizzare a riciclo 150.000 ton/anno di materiale e produrre complessivamente 7,5 milioni di kWh all’anno di energia elettrica rinnovabile, pari al fabbisogno di 2.700 famiglie. Tutto questo, nel massimo controllo ambientale e in condivisione con la comunità del territorio. (C.C.)

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Ricordi dagli inverni passati

Ravenna - «Un tempo sì che gli inverni erano veri inverni».

Una volta tanto il luogo comune dice il vero. È questa una delle conclusioni

cui giungono i due noti meteorologi Pierluigi Randi e Roberto Ghiselli nel loro volume “I grandi inverni dal 1880

in Romagna e province di Bologna e Ferrara”, edito da Walberti Edizioni. Si tratta di un’opera imponente che

ripercorre la storia meteo-climatica della nostra regione degli ultimi 130

anni. Basata su una sapiente miscela di rigore scientifico e capacità

divulgativa, anche grazie agli inserti di stampa d’epoca e alle illustrazioni

fotografiche, la pubblicazione è pensata per gli appassionati

di meteorologia e anche per coloro che vogliono allenare la memoria

o rispolverare ricordi legati agli eventi che hanno scandito

la nostra storia. (A.C.)

Acqua libera alla scuola Mordani

Ravenna - La scuola primaria Mordani, prima in città, utilizza da questo

autunno acqua filtrata meccanicamente e a costo zero. Gli alunni la possono

attingere da due distributori e conservare in una personale borraccia

di acciaio. Si tratta del risultato previsto dal progetto “Ri... riempimi”, ideato

dalle società Adriatica Acque e 24bottles per essere realizzato su vasta scala

con il supporto di sponsor. Per quanto riguarda la scuola Mordani, main

sponsor è il ristorante Fricandò che si è fatto carico delle spese di affitto,

della grafica adesiva dei due apparecchi erogatori e delle quattrocento borracce

regalate ai ragazzi e agli insegnanti. Il Comune ha coadiuvato

la realizzazione del progetto per le finalità di educazione al rispetto

per l’ambiente e lo sta promuovendo all’interno della rete scolastica.

Ermanna Montanari premiata con il Duse

Ravenna - L’attrice ravennate Erman-na Montanari si è aggiudicata per il 2013 il Premio “Eleonora Duse”. Il riconoscimento, nato nel 1986 e or-ganizzato dalla Banca Popolare Com-mercio e Industria, viene attribuito all’attrice di teatro che si è distinta

particolarmente nel corso della sta-gione di prosa. Grandi nomi del te-asrtro italiano al femminile hanno ricevuto il premio, da Pamela Vil-loresi a Mariangela Melato, Franca Valeri, Piera Degli Esposti. Ermanna Montanari ha sviluppato la sua attivi-tà teatrale in particolare all’interno del teatro delle Albe, da lei fondato nel 1983, insieme a Marco Martinelli, Luigi Dadina e Marcella Nonni, im-pegnandosi nella compagnia come autrice, attrice e scenografa, contri-buendo all’originale percorso del gruppo che unisce ricerca e tradizio-ne, nell’invenzione di un linguaggio scenico contemporaneo. Per tre anni, nel 2007, 2009 e 2010, Ermanna Mon-tanari ha anche ricevuto il prestigio-so Premio Ubu come miglior attrice.

Nuova stella a Cesenatico

Cesenatico - Occhi puntati sulla “Gui-da Michelin 2014” che assegna le sue stelle ai ristoranti italiani con una bella sorpresa per La Buca di Stefano Barto-lini che porta una nuova stella in Ro-magna. Il riconoscimento al ristorante di Cesenatico si affianca agli altri stel-lati romagnoli: La Magnolia sempre di Cesenatico, Paolo Teverini di Bagno di Romagna, La Frasca di Milano Maritti-ma, Guido di Rimini e Il Povero Diavo-lo di Torriana. In Emilia-Romagna poi

si segnalano altre due new entry fra i prestigiosi stellati: La Zanzara di Co-digoro e Inkiostro di Parma. L’ambito riconoscimento raggiunto dalla Buca non cambierà però lo stile che il patron Stefano Bartolini ha scelto per il locale: “La Buca sulle tavole e nei piatti rimar-rà quella di sempre. Per tutto il resto abbiamo deciso di impostare ora un lavoro diverso: vogliamo una Buca per tutti, non solo per gourmet, aspiriamo ad un ristorante informale e frizzante.”

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foto Franca Bernardi

Per un Natale fatto di cose belle

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foto Franca Bernardi

Per un Natale fatto di cose belle

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L’Ubu a Marco Martinelli

Ravenna - Il 9 dicembre scorso sono stati consegnati come ogni anno al Piccolo di Milano i Premi

Ubu e questa volta Ravenna è stata protagonista con Marco Martinelli,

l’autore e regista fondatore del Teatro delle Albe, a cui è stato assegnato il

premio nella sezione “Nuovo testo italiano”. Martinelli ha ricevuto il riconoscimento per lo spettacolo

“Pantani”, dedicato alla vita del ciclista di Cesenatico e in tournée nei teatri italiani dal 17 dicembre. Il testo

teatrale di Martinelli aveva ricevuto altre due nomination significative:

per la “miglior regia”, sempre a Martinelli, e per il “miglior attore non

protagonista” a Luigi Dadina, che nella rappresentazione interpreta

Paolo Pantani, il padre del ciclista.

Giocare al Museo del sale

Cervia - Tornano a MUSA, il museo del sale di Cervia, le iniziative ludico-

artistiche riservate ai giovanissimi: da gennaio a marzo si terranno

tre incontri durante i quali i piccoli visitatori potranno imparare

divertendosi. Si tratta di laboratori gratuiti proposti dal museo in cui

il gioco insieme crea sempre un aggancio alla storia locale e offre

lo spunto per raccontare della salina. I ragazzi vengono seguiti dai

membri dell’associazione Cervia Incontra L’Arte, che nei vari incontri

proporranno tecniche artistiche diverse: dalla pittura con la tempera

ai disegni con il sale colorato, ma anche il collage con materiale di

riciclo e la pasta di sale. Novità di questo calendario il Kirigami,

tecnica di piegatura e intaglio della carta nella tradizione orientale.

http://Musa.comunecervia.it

Riccardo Muti al Circolo dei Ravennati

Ravenna - Il maestro Muti è stato ac-colto da numerosi soci, dalle autori-tà, dal presidente del Circolo Beppe Rossi che lo ha presentato con gran-de orgoglio agli intervenuti. L’eco dei suoi successi e dei suoi riconoscimen-ti rendono fieri gli appassionati del-la musica ma anche tutti gli italiani. Ultimo successo mondiale è stato in trasmissione streaming: la Messa da Requiem di Verdi, eseguita dalla Chi-cago Symphony Orchestra diretta dal maestro stesso, un esperimento e un modo nuovo per far conoscere la mu-sica di Verdi in tutto il mondo. Quan-do Muti scende dal podio si apre ad una amichevole conversazione che incanta i presenti: passa da commenti riguardanti la musica a quelli che rac-

contano aneddoti, spesso divertenti e volutamente narrati con accento na-poletano e pugliese. Così ha racconta-to della sua adolescenza, dei suoi studi e dei suoi successi, sottolineando di essere orgoglioso della sua formazio-ne italiana e che, quando è all’estero, difende il suo Paese perché si sente “ferocemente italiano”. (A.D.L.)

Faenza neoclassica nell’opera di Bertoni e Vitali

Faenza - Con l’intervento di Anto-nio Paolucci, direttore dei Musei Va-ticani, è stato presentato il volume “L’età neoclassica a Faenza - Dalla rivoluzione giacobina al periodo napoleonico”, edito da Silvana Edi-toriale. Curato da Franco Bertoni e Marcella Vitali, con un saggio intro-duttivo di Andrea Emiliani, il libro indaga uno dei momenti storici che vide una profonda trasformazione del paesaggio urbano di Faenza, quando, tra il 1780 e il 1820, una committenza ricca, erudita e poli-ticamente impegnata attirò in città numerosi artisti e architetti genia-li: gli architetti Giuseppe Pistocchi, Giovanni Antonio Antolini e Pietro Tomba, lo scultore Antonio Trenta-nove, la bottega dei Ballanti Grazia-ni e il pittore decoratore Felice Gia-ni. L’opera, realizzata con il sostegno finanziario della Banca di Romagna

e grazie anche alla documentazio-ne fotografica realizzata da Marco Cavina dei palazzi privati decorati nell’epoca neoclassica, tra cui la Gal-leria dei Cento Pacifici del “Ridotto” appena restaurato del teatro Masini (nella foto), conferma come Faenza possa essere giustamente definita l’“Atene della Romagna”. (A.S)

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Essere | Leonardo Spadoni

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Tradizione e innovazione s’intrecciano creando sempre prodotti nuovi, dal mulino di Coccolia al Gruppo alimentare di oggi, leader nel mercato italiano. A guidarlo è Leonardo Spadoni, nel segno della qualità e della trasparenza.

testo Nevio Galeati

Macinare i cereali e trasformarli in farina è una fra le più antiche pro-fessioni dell’uomo. Ecco perché cognomi come Molino o Molinari sono così diffusi in Italia; e ancora di più Miller nei paesi di lingua in-glese; e Müller in tedesco. In Romagna, quando si parla di mulini non si può che pensare a quello che campeggia lungo il canale Ravaldino, fra Forlì e Ra-venna. È lì dal 1445 (lo si ritrova anche in una fra le meravigliose e immense carte geografiche rina-scimentali esposte nella Galleria del Vaticano), anche se l’antico bo-sco di noci che dava il nome alla lo-calità (il toponimo Coccolia deriva da ‘cocle’, che in romagnolo signi-fica appunto ‘noci’) è stato drasti-camente ridimensionato nei secoli. Quel mulino da novant’anni è di proprietà della famiglia Spadoni e il Gruppo che si è sviluppato at-torno a quella fabbrica è diretto da Leonardo Spadoni. Ravenna-te, abita in pieno centro storico e, come gran parte dei propri concit-tadini, si sposta spesso in bicicletta. Lo si raggiunge al telefono appun-

to mentre pedala; e continua a far-lo, anche se rallenta un po’, mentre risponde alle domande.Come nasce l’imprenditore Leo-nardo Spadoni?“Sono cresciuto ‘curiosando’ nel mulino di Coccolia, acquistato dal nonno Livio nel 1923 e rilanciato nel dopoguerra da mio padre Li-bero. Ho frequentato il liceo scien-tifico dove ho iniziato ad amare la storia, l’arte e la cultura in genere. Da unico figlio maschio, sapevo bene che la prospettiva era di oc-cuparmi dell’azienda di famiglia. Così, quando mi sono iscritto all’u-niversità, ho scelto la facoltà di Giu-risprudenza a Bologna, e in par-ticolare ho seguito l’indirizzo di studi che allora si chiamava ‘azien-dale e sindacale’: era abbastanza vicino, anzi complementare, al mondo dell’industria e, quindi, in sintonia con gli obiettivi professio-nali della mia famiglia. Poi mi sono laureato in Diritto costituzionale, ma la base teorica per il lavoro c’e-ra, eccome. Dopo la laurea sono entrato in azienda: era un perio-do di grande fermento, il merca-

Farina del suo Sacco

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to si stava espandendo e il nostro marchio stava diventando davvero importante. C’era la possibilità di lavorare con soddisfazione”. Il gruppo che lei dirige ha raggiunto una posizione leader nel mercato italiano. La punta di diamante resta il mulino di Coccolia. Che caratteri-stiche ha, oggi?“L’impianto produttivo di Coc-colia è in realtà un aggregato di tre mulini e lavora oltre seimila quintali di farina al giorno. La li-nea è completamente automatiz-zata e produce 24 ore su 24, per 365 giorni all’anno. Il ciclo viene completato dalla sede di Savio, il primo mulino in Italia che produ-ce al cento per cento farine biolo-giche. Lì riutilizziamo le antiche macinazioni a pietra, insieme a tecnologie innovative, come le selezionatrici ottiche. Con que-

sta realtà siamo collegati, con un accordo di licensing, al consorzio Almaverde bio, un marchio di riferimento del biologico. È sta-ta questa la sfida principale che abbiamo affrontato per prosegui-re nell’innovazione dell’azienda. Una volta che il nostro marchio è diventato assolutamente ricono-scibile, e scelto dai consumatori

per la qualità, abbiamo puntato sulla produzione di farine speci-fiche di pane e dei suoi ‘sostitu-ti’, fino al riso. E abbiamo tenuto conto anche dei problemi di stoc-caggio dei nostri agricoltori di ri-ferimento. Così lavoriamo anche cereali alternativi come il kamut,

il grano saraceno, avena e segale”.Così il ‘mugnaio Spadoni’ è diven-tato qualcosa di più: un vero e pro-prio gruppo alimentare. Con quali caratteristiche?“Restando fortemente legati alle origini, si è pensato di valorizza-re la produzione tipica romagno-la, occupandoci delle eccellenze del nostro territorio. A partire dai formaggi, tutti realizzati esclusi-vamente con latte fresco al cento per cento, italiano e di alta qualità. Quel latte viene lavorato immedia-tamente dopo la mungitura nel ca-seificio di Imola, specializzato in queste produzioni da sempre. Ma proponiamo anche i migliori salu-mi, con le Officine gastronomiche. In ogni caso la parola d’ordine, e la regola che rispettiamo costante-mente, è proporre la qualità attra-verso la trasparenza. È anche per questo che la nostra fabbrica di via Ravegnana è stata costruita in vetro e acciaio: trasparente, appunto”. Quindi grande attenzione per le tradizioni, continuando a cercare e proporre novità. Ad esempio la vo-stra azienda di Fidenza…“Quella è la nuova frontiera: le

produzioni senza glutine. Si tratta di un nuovo approccio culturale nella ricerca dell’eccellenza e su questo siamo collegati anche con Slow Food, per l’attenzione alle esi-genze nuove di alimentazione, nel rispetto della salute. Leila-Armida, appunto l’azienda di Fidenza, pro-

Leonardo Spadoni con due pacchi di farina prodotti nel mulino. In apertura, Spadoni nella sua casa.

La qualità attraverso la trasparenza

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duce pasta dietetica senza glutine, anche biologica, con l’utilizzo di materie prime selezionate: mais, grano saraceno e riso, provenienti esclusivamente da coltivazioni ita-liane. La lavorazione avviene attra-verso tecnologie all’avanguardia e una metodologia specifica per gli alimenti senza glutine: le farine sono miscelate a freddo, senza l’ag-giunta di additivi, la pasta è trafila-ta in bronzo e l’essiccazione avvie-ne a bassa temperatura. Per questo, abbiamo stretto anche un accordo con il Gruppo Villa Maria dando vita a Keir, l’azienda che si occupa di prodotti dietetici, per contrasta-re alcune patologie molto diffuse”. Lei è da sempre appassionato d’arte e musica. Lo dimostra anche il suo impegno nel direttivo dell’associa-zione ‘Amici di Ravenna Festival’. Si è impegnato a favore di ‘Mosaico di Notte’ e del ‘Settembre dantesco’. Cosa pensa dell’inclusione di Ra-

venna nella short list per la Capita-le Europea della cultura?“Stiamo vivendo un momento di grande coesione grazie a questo progetto e nessuno può fare a meno di essere soddisfatto e orgoglioso. Aver raggiunto il traguardo della sestina finalista è un risultato di grande significato. C’è un’indica-zione da cogliere: dobbiamo esse-re più uniti sempre, per puntare

a obiettivi anche difficili, ma che non sono irraggiungibili se ci si im-pegna insieme. A volte, invece, ci perdiamo in piccole diatribe senza senso. Poi, anche in questo campo, valorizzare la tradizione, coniugan-dola con l’innovazione e la ricerca, si è dimostrata una scelta vincente”. Leonardo Spadoni saluta, poi ri-prende a pedalare con un ritmo più sostenuto. IN

Lo storico mulino Spadoni a Coccolia.

Il Gruppo alimentare Spadoni in numeri

Il fatturato si attesta sui 60 milioni di euro. In tutto il Gruppo occupa 100 addetti (57 agenti). I marchi prodotti, a seconda della tipologia, sono, per la farina: Molino Spadoni, Almaverde Bio, Gran Mugnaio, Molino del Savio, Cuor d’Italia; per il cioccolato: Mastri Cioccolatieri Spadoni; Salumi e Formaggi: Officine Gastronomiche Spadoni e Mora Brada; per i prodotti da forno salutistici e funzionali: KEIR; Pasta dietetica senza glutine: Leila Pharmafood. In particolare, il Molino Spadoni Spa (capogruppo) vanta un fatturato 2011 pari a 50 milioni di euro, con 75 milioni di chili di produzione all’anno. Il prodotto più venduto è la Farina Gran Mugnaio Antigrumi per pasta (primo posto assoluto nelle vendite del comparto farine per uso domestico con circa un milione di confezioni al mese); quello più ‘performante’ il Preparato per Pane Nero, che in pochi anni dal lancio ha ottenuto l’undicesimo posto nelle vendite nazionali di comparto.

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Essere | Massimo Zoli

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Prima agenzia di comici in Italia, con un plotonciono di 40 attori e cabarettisti da gestire tra calendari live, contratti televisivi e cinematografici. Sotto l’egida di patron Massimo Zoli, vulcanico creatore di eventi.

testo Elio Cipriani - foto Massimo Fiorentini

Faenza non è solo la capitale mon-diale della ceramica. È un nome importante anche nel mondo dello spettacolo, perché tra le sue mura ospita la principale agenzia di at-tori comici italiana, Emilia-Roma-gna Cabaret, meglio nota per il suo marchio “Ridens”, che dice tutto, anche perché tra le arti del pal-coscenico, afferma l’ad Massimo Zoli, “la comicità è ancora un’iso-la abbastanza felice”. Zoli, classe 1966, è originario di San Zaccaria (Ravenna), ma dall’89 è diventato faentino a tutti gli effetti, per ra-gioni di lavoro e di cuore.Chi è Massimo Zoli?“Ho una lunga e variegata storia personale, fatta soprattutto di la-voro, tanto lavoro. Ricordo il pri-mo, nel lontano 1981: cameriere, in un hotel a Milano Marittima. Ho frequentato un istituto profes-sionale ad indirizzo elettromec-canico, ma avevo poco voglia di studiare, per cui sono andato a lavorare molto presto...”.Nella comunicazione, in tv?“Sono arrivato alla tv per caso. La-voravo alla Cofar Pineta di Ravenna quando andai a fare un corso per

cameramen tv a Videoregione. Co-minciai a slavoricchiare anche lì, a fare delle riprese e qualche servizio. Mi appassionai, così nell’86 patron Tampellini mi fece una proposta e mi assunse come commerciale”.E dopo?“A Videoregione imparai a far di tutto: montaggi, camere, condus-si anche qualche programma tv. Circa due anni dopo mi trasferiì a Faenza, perché la giovane agenzia pubblicitaria Mpr mi aveva fatto una proposta come procacciatore di pubblicità e sponsorizzazioni. Era l’89. Per arrotondare, comin-ciai anche a collaborare con un lo-cale notturno, ‘Il Gufo’ di Brisighel-la, al top negli anni ‘80. ‘Il Gufo’ gestiva anche un’osteria, aperta venerdì e sabato. Giorgio Monti, il titolare, un giorno fece una ri-unione con i collaboratori per trovare idee rilanciare il locale...”.Le tirò fuori lei, immagino?“Quella riunione mi cambiò let-teralmente la vita. Gli proposi il karaoke, che in Italia ancora non esisteva. Qualche sera prima ave-vo visto in tv un servizio su Tokio, dove i primi karaoke spopolavano.

Proposi una cosa del genere, che allora si chiamava ‘Canto anch’io’. La tecnologia - testi e basi musicali - non esisteva, così mi organizzai con un pianista e con le fotocopie delle canzoni più in voga distribui-te sui tavoli. Fu subito un successo. Per tre anni di fila, tutti i giovedì sera il locale era strapieno di gente che impazziva per esibirsi”.Poi il karaoke esplose in Romagna e in tutta Italia...“Iniziarono a chiamarmi da tutta la Romagna per presentare queste serate. In una di queste si presen-tò Valter Dal Pane (imprenditore, gestore dell’Osteria della Sghisa e promotore di tanti eventi tra cui ‘Cinemadivino’, scomparso prema-turamente a 45 anni, il 17 novem-bre 2012, ndr), il quale, insieme al suo amico Fabrizio Bicio Bagnara, aveva appena aperto un locale, ‘Il Panamà’, mi chiese se volevo lavo-rare con loro. Fu feeling a prima vista e accettai. Da quell’incontro è nata la società tra Walter, Bicio e me, con la quale abbiamo gestito e fatto nascere tanti locali di quegli anni: ‘Il Panamà’, ‘Gli Ippopota-mi’, ‘Il Corona’, ‘Le Scimmie’...”.

Vai avanti tu che mi viene da Ridens...

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E la sua passione per la comicità come nasce?“Gestendo Le Scimmie mi venne l’idea di organizzare un sabato sera diverso, con tanto di cena ed esibizione dei comici. Così è inizia-ta la storia di Ridens. Tra il ’98 e il ’99 i locali proponevano per lo più musica; Zelig, per citare il pro-gramma cult della comicità, era ancora relegato in seconda serata su Italia 1... Alle Scimmie organiz-zammo una rassegna di comici tut-ti i sabati d’inverno. Conobbi così tutti i comici emergenti, e quando Zelig passò in prima serata, poi su Canale 5, il fenomeno cabaret di-venne sempre più popolare. Non sapendo a chi rivolgersi per contat-tare i comici visti in tv, i titolari di tanti locali cominciarono a chia-mare me, perché sapevano che ero quello delle Scimmie. Le telefonate aumentarono fino a diventare un vero e proprio impegno, così do-vetti fare una scelta: o cambiare nu-mero di telefono e seguire soltanto il mio lavoro, oppure far diventare quelle telefonate un vero lavoro”.E così fece...“In effetti, mi ero stancato dei lo-cali, anche perché avevo messo su famiglia (Zoli è sposato da 17 anni con Monica, faentina doc; insieme hanno due figli, Nicolò di 17 anni, studente e giocatore di basket, e Margherita di 12, pallavolista, ndr). Ho preferito abbandonare la vita notturna e creare la Ridens. Sono partito nel 2005, con Gia-cobazzi e Pizzocchi, che in quel periodo spopolavano in Romagna con il Costipanzo Show”.È diventato il loro agente?

“Quando ho deciso di aprire l’agen-zia ho subito pensato di coinvolge-re Giacobazzi e Pizzocchi. Erano comici locali, non erano ancora noti in tv, però avevano un grosso mercato in Romagna. Erano mol-to appetibili per tante agenzie, ma non avevano mai deciso di affidarsi a qualcuno. Evidentemente sono ri-uscito a trasmettere il mio entusia-smo... All’inizio lavoravamo soprat-tutto in regione e, grazie ai buoni rapporti con comici ed altre agen-zie, riuscii ad ottenere le esclusive di altri artisti per la distribuzione in Emilia-Romagna, molti dei quali col tempo hanno affidato a noi la loro gestione professionale”.

In queste pagine, Massimo Zoli negli uffici di Ridens con le sagome e i manifesti dei comici. Qui sopra, insieme al socio Patrick Contarini.

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ORTOPEDIA SPADONI

Buone Feste!.

Viale L.B. Alberti, 106 RAVENNA tel 0544 406969www.ortopediaspadoni.it [email protected]

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ORTOPEDIA SPADONI

Buone Feste!.

Viale L.B. Alberti, 106 RAVENNA tel 0544 406969www.ortopediaspadoni.it [email protected]

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Finché non siete diventati l’agenzia più importante del genere...“Oggi siamo la prima agenzia di comici in Italia. Gestiamo i calen-dari live e tutti i contratti televisivi e cinematografici dei nostri qua-ranta comici. Appena aperta la società, le mie strade si sono incro-ciate con Patrick Contarini, oggi mio socio, un imolese... Aveva una sua agenzia, gestiva alcuni comici romani e milanesi, molto bravi, ma che non andavano in tv. Iniziam-mo a collaborare, poi ci siamo fusi in un’unica struttura. Adesso ab-biamo un ufficio anche a Milano, per cui mi divido tra Faenza e Mi-lano per seguire Zelig, Colorado e altre trasmissioni. Da qualche anno, inoltre, abbiamo iniziato a produrre anche spettacoli teatrali e programmi tv, in particolare per Sky Comedy Central”.È aumentato il bisogno di ridere delle persone?“Col peggiorare della situazione socio-economica sicuramente sì. Di

conseguenza, la comicità ha assunto un valore sociale e terapeutico: ride-re fa bene al corpo e all’anima...”.Come si scoprono i nuovi talenti comici?“Siamo molto attenti allo scouting, perciò abbiamo creato una rete di laboratori, si chiamano ‘Ridens fac-tory’. Si tratta di serate periodiche in teatri o locali, in pratica palchi aperti a chiunque voglia esibirsi e mettersi alla prova. Di norma, autori o comici più esperti parte-cipano a queste serate, cercando di individuare le persone di mag-gior talento e formarle poi per una possibile carriera nella comicità, teatrale e televisiva. Abbiamo di-versi laboratori a Verona, Milano, Torino, Genova, Bari, Roma... Il 23 gennaio ne partirà uno anche a Forlì, al teatro Il Piccolo, condot-to da Andrea Vasumi. È una parte molto importante del nostro lavoro, anche perché è cambiata molto la comicità rispetto agli anni in cui ho iniziato a fare le serate coi comici”.In che senso?“Alla fine degli anni ’90 il percor-so di un comico era fatto di tante serate nei locali dove si faceva le ossa e, quando si era ben rodato, passava alla tv. Oggi, invece, la tv è diventata un’opportunità anche per comici poco esperti che, con una buona idea, possono arrivare al successo senza anni di palco, col rischio però di bruciarsi professio-nalmente. Il nostro lavoro è quello di consigliare bene il comico, di gestirlo con i giusti input, per farlo arrivare sul palco solo quando è ve-ramente pronto”. Grazie Zoli e in bocca al lupo. Anzi no, alla iena! IN

Zoli e Contarini con i manifesti degli spettacoli.

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La crisi morde ma Sapir resiste alle intemperie,

in una struttura portuale come quella di Ravenna,

ricca di potenzialità. E il presidente, Matteo

Casadio, consegna ad un libro le sue idee per il rilancio globale

della città.

Cominciamo dall’inizio, e spieghia-mo Sapir ai non addetti ai lavori at-traverso le parole di Matteo Casa-dio, presidente della Spa dal 2011.Quali sono le attività che Sapir svol-ge nel porto?“Sapir è una società che fa il termi-nalista portuale, quindi utilizza in concessione banchine dove attrac-cano le navi, svolge attività di sbarco e imbarco di merci, solide e liqui-de, e mette a disposizione anche magazzini, serbatoi e piazzali con servizi annessi, per la logistica delle merci. In più affitta o concede in di-ritto di superficie aree e magazzini a clienti che poi organizzano auto-nomamente le loro attività. Sapir è il più grande terminalista del porto con 770.000 mq complessivi di aree, 2.700 metri di banchina disponibi-le, 71.000 mq di magazzini, 20.000 mq di aree coperte e 330.000 mq di piazzali, serbatoi e 21 gru...”.

Com’è strutturato e organizzato il porto di Ravenna? “Ci sarebbe tanto da dire... la cosa principale, che sarebbe bene sa-pere, è che il porto di Ravenna, fatto di tanti altri operatori come Sapir, è leader in Italia per i traf-fici con il Mediterraneo e il Mar Nero nonché, per quello che ri-guarda le merceologie, per i traf-fici di cereali, fertilizzanti, argille e ferrosi. Stiamo parlando di quasi 22 milioni di tonnellate di merci nel 2012, nel pieno della crisi. Pri-ma di allora il porto di Ravenna è arrivato anche a movimentarne fino a 27 milioni. Qui sono anco-ra disponibili tante aree per nuovi insediamenti, a differenza di altri porti italiani con alle spalle i centri abitati; qui si registra una buona sintonia e una scarsa conflittualità tra tutti i soggetti che vi operano quotidianamente e si sono svilup-

testo Serena Focaccia - foto Lidia Bagnara

I progettiin Porto

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Movimentare | Matteo Casadio

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pate competenze e professionali-tà di alto livello che molti in Ita-lia ci invidiano. Poi ci sono limiti strutturali e resistenze culturali al cambiamento, come registriamo ovunque in questi momenti in cui la crisi ci obbligherebbe a cambia-re, ma nei quali il cambiamento fa comunque paura”.Domanda inevitabile sulla crisi: come si sta chiudendo il 2013 per le attività portuali? Quali indicazioni ci dà il porto sull’economia cittadi-na e non solo?“La crisi morde eccome, ma ci difendiamo. Nei primi 9 mesi del 2013 il porto ha fatto registrare un aumento dei traffici del 3% circa rispetto al 2012 e speriamo di po-ter registrare alla fine dell’anno performance ancora migliori. Le potenzialità del nostro porto sono enormi e con il progetto di appro-fondimento dei fondali, elaborato dall’Autorità Portuale, l’auspicio è di crescere ancora. Con l’appro-fondimento dei fondali, ad esem-pio, Sapir è pronta ad investire per realizzare un nuovo terminal container e questa è una grande opportunità di sviluppo per tut-to il porto, ma ci saranno anche altri operatori che, con fondali più profondi, potranno investire per crescere e creare ulteriore ricchezza e occupazione. Il porto rappresenta una delle principali opportunità di sviluppo, se non la principale, per l’intero territorio”.Come è arrivato in Sapir e come s’in-serisce la presidenza nel suo percorso professionale e di impegno politico?“Sono stato Assessore alle Attività Produttive ed Infrastrutture del

Comune di Ravenna nella prima Giunta Matteucci, dal 2006 al 2011. In quegli anni ho costruito solidi rapporti con il porto e le sue impre-se, poi il sindaco, rieletto per altri cinque anni, mi ha proposto, con il consenso degli azionisti pubblici che rappresentano la maggioran-za della Sapir, di assumere la pre-sidenza della società. È stato un riconoscimento che non mi aspet-tavo e che comporta una grande responsabilità, perché Sapir è una delle imprese più importanti del territorio, ha una storia illustre, è stata fondata da figure come Zacca-gnini, Mattei e Serafino Ferruzzi... alcuni nomi dei miei predecessori fanno venire i brividi, non ultimo Giordano Angelini, che è stato sin-daco di Ravenna, parlamentare e sottosegretario ai Trasporti, e la società ha in programma investi-menti significativi per lo sviluppo dell’intero porto. Per cui mi sono

Una nave entra nel porto di Ravenna. In apertura, Matteo Casadio.

Ph. Massimo Fiorentini

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messo a studiare, a lavorare sodo, appoggiandomi alle tante e prezio-se competenze e professionalità che reggono la Sapir e che hanno fatto grande questa società. Certo, senza fuggire dalle mie responsabilità, perché non sono un tipo che si ac-contenta di ‘scaldare’ la poltrona”.Ha anche scritto un libro. Com’è nata l’idea e quali proposte vuole lanciare alla città di Ravenna?“A me piace molto scrivere e da quando facevo l’Assessore mi sono sempre impegnato sul tema di cosa può fare il territorio per offrire op-portunità ai suoi giovani. Soprat-tutto dopo la crisi che, col tempo, ci accorgeremo avrà spazzato via le rendite e i privilegi, premiando so-prattutto il merito. In un paese, e nella nostra città le cose non sono diverse, nel quale il 70% dei giova-ni trova lavoro per le conoscenze e

le relazioni e non per le competen-ze e i meriti, è giusto che si corra ai ripari. Così ho preso il 2019 come anno di riferimento non solo per-ché speriamo di essere diventati, in quell’anno, Capitale Europea della Cultura, ma soprattutto perché in questi cinque anni che ci separano da quella fatidica data progettiamo tutte quelle iniziative che, da un lato, migliorino i percorsi forma-tivi dei nostri ragazzi, per renderli più coerenti con quello che sarà il mondo del lavoro e la sua doman-da di competenze, e dall’altro aiu-tino le nostre piccole e medie im-prese a diventare più competitive, per rispondere alle ambizioni che i nostri ragazzi, studiando di più e meglio, riusciranno a maturare. Ecco perché vorrei candidare Ra-venna a diventare, nel 2019, anche capitale del talento”. IN

Casadio negli uffici di Sapir affacciati sul porto.

Ravenna e i suoi talenti

2019, un traguardo che per Ravenna coincide con la scommessa della Capitale Europea della Cultura, ma che racconta anche di cinque anni che saranno comunque decisivi per il futuro della città e soprattutto delle sue più giovani generazioni. Nel suo libro “2019 La capitale del talento” (Edizioni IN Magazine) Matteo Casadio propone una serie di riflessioni da cui emerge un’apprensione sincera per il domani di tanti giovani che devono già oggi essere preparati per fare le scelte, soprattutto in campo formativo e professionale, che determineranno la qualità della loro vita e quella dei loro figli e delle loro famiglie, in un contesto incredibilmente difficile e con il rischio sempre presente di sbagliare. C’è quindi un traguardo che dipende solo dalla comunità ravennate, nessuno escluso, quello di diventare nel 2019 anche la Capitale del Talento, un modello per le città di medie dimensioni che decidono di fare un investimento epocale sul talento dei loro giovani.

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Stretta finale per la candidatura della città

a capitale europea della cultura per il 2019.

Inserita nella rosa ristretta, il responso

definitivo arriverà tra circa un anno. E nel frattempo

fioccano i progetti.

testo Andrea Casadio

Finalmente si comincia a fare sul serio. Sono passati sei anni da quando, nel 2007, si iniziò a parla-re di Ravenna come città candida-ta a capitale europea della cultura per il 2019. Da allora il tema non è più uscito dal dibattito pubblico, mentre si è cercato di costruire un percorso di sensibilizzazione rivol-to alla città e a tutto il territorio romagnolo, che si è articolato in diverse tappe. Dapprima, nel 2009, la chiamata a raccolta delle orga-nizzazioni culturali (i cosiddetti “Stati Generali della Cultura”) e delle diverse componenti dell’eco-nomia (associazioni di categoria, Università, Diocesi, Camera di

Commercio). Poi, nel 2010, la cre-azione del relativo staff, guidato da Alberto Cassani (per molti anni as-sessore alla Cultura nelle giunte ravennati) e affiancato in seguito dal Comitato Artistico-Organizza-tivo, responsabile della definizione delle linee programmatiche della candidatura. Questo ha prodotto le “Cinquetracce”, altrettanti filoni di ricerca che costituiscono l’im-palcatura del progetto, a loro vol-ta sottoposti al dibattito pubblico attraverso il metodo dell’open call, tramite il quale ogni cittadino ha avuto la possibilità di avanzare pro-poste in prima persona. Le circa 400 idee raccolte in questo modo

Ravenna caput Mundi

Ph. Di Giorgio/snaphoto

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Programmare | Capitale della cultura 2019

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e anche attraverso appositi gruppi di lavoro, sono state poi oggetto di dibattito in “Agorà2019, la parola alla cultura”, un confronto con i cittadini e gli operatori culturali effettuato nell’aprile scorso. Nel frattempo era nato “Prove Tecni-che di 2019”, cartellone di even-

ti di accompagnamento verso la candidatura; al suo interno sono state realizzate le prime iniziative concrete, come le due edizioni del “Cinema in Cinquetracce” (pro-iezioni di film legati alle cinque tematiche, nell’estate del 2012 e del 2013), e il “Romagna Express”, il treno della cultura che nel 2012 ha collegato Ravenna e le altre cit-tà della Romagna.Alla fine del settembre scorso la procedura è entrata nella sua fase “operativa”, con la presentazione ufficiale della candidature al mini-stero dei Beni Culturali. La concor-renza non mancava: erano venti le città (o territori) partecipanti, fra le quali una giuria composta da tredici membri, sette di nomina europea e sei del governo italiano, era chiamata a scegliere una rosa ristretta da rimandare a un’ulterio-re selezione. Il 15 novembre Raven-na ha superato la prova, entrando nella rosa ristretta (insieme a Ca-gliari, Lecce, Matera, Perugia-Assi-si e Siena) che fra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 sarà sottoposta al

vaglio della giuria di ultima istanza per la scelta del vincitore finale.In che cosa consiste la proposta di Ravenna? Un’ampia presentazione è contenuta nel dossier sottoposto alla giuria, che illustra i principi fondamentali del progetto, il pro-gramma artistico-culturale, le mo-

dalità organizzative e finanziarie per attuarlo, le strategie comunica-tive su cui veicolarlo. Il titolo scelto dal comitato ravennate, Mosaico di culture, è emblematico dei motivi ispiratori che ne stanno alla base. L’immagine del mosaico, di per sé

immediatamente evocativa dell’i-dentità storico-culturale raven-nate, vuole suggerire l’idea di un progetto aperto, nel quale i singoli tasselli contribuiscono a comporre un tutto unico ma, non per que-sto, chiuso in sé stesso. Essa riman-da anche alla modalità di azione fondata sulla partecipazione “dal basso” e sulla ricerca di un coinvol-gimento attivo della cittadinanza, che ha portato ad esempio (a dif-ferenza di altre città) a rinunciare alla presenza di un testimonial di grande impatto mediatico.Ma che cosa prevede, in pratica, il piano elaborato dallo staff ravenna-te? Si tratta di una serie di eventi (25 in totale) realizzati per tutto il 2019, ma con anticipazioni negli

Mosaico di culture

La presentazione del progetto da parte del Comitato promotore, da sinistra, Nadia Carboni, Alberto Cassani, Coordinatore di Ravenna 2019, Vasco Errani, Presidente della Regione Emilia-Romagna, e il sindaco di Ravenna, Fabrizio Matteucci.

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I rappresentanti delle città selezionate per la short list riuniti a Ravenna.

anni precedenti e un’ideale pro-iezione fino al 2021, dal momen-to che uno degli aspetti salienti è la connessione con l’altro grande appuntamento che attende la città in quel periodo, il settimo cente-nario della morte di Dante. Oltre a questo, uno sguardo particolare verrà dato alla vocazione “europea” e “adriatica” in particolare, del-la città. Ecco così il “Festival della cultura adriatica”, progetto mul-ticulturale e multidisciplinare che unirà le due rive del mare (Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovi-na, Albania). Guardano a Oriente anche i “Concerti dell’amicizia” che Riccardo Muti e il Ravenna Festival porterebbero in giro per l’Europa dal 2014 al 2019, con l’orchestra giovanile “Cherubini” a esibirsi a Sarajevo, Istanbul, Atene, Belgra-do, Tirana e in Bulgaria, paese che condivide con l’Italia l’anno della Capitale culturale, e con cui Raven-na ha già sottoscritto patti di col-laborazione. Non solo ai Balcani, ma anche al mondo germanico è poi rivolto il progetto “Erano Aria-

ni”, con pacchetti turistici destinati agli operatori di Spira (Germania) e Uppsala (Svezia), oltre che di Ve-liko Tarnovo (Bulgaria): qui, nel più ampio tema “Eresia e ortodos-sia” si cercano le “tracce barbare del continente” seguendo le gesta del vescovo ariano Wulfila, che nel

IV secolo, proprio a Ravenna, tra-dusse in goto la bibbia greco-ebrai-ca. La storia dell’arte, e la presenza in Romagna di grandi personalità che nei secoli sono transitati e vis-suti nel nostro territorio, è affronta-ta con la mostra “Artisti europei in Emilia-Romagna - da Dürer ai fiam-minghi, da Calvaert a Klimt” (da re-alizzare a Forlì, Ravenna e Rimini). Un’iniziativa dal taglio innovativo è il primo “Premio del traduttore eu-ropeo”, con un bando per scrittori europei emergenti, da selezionare per la qualità della traduzione e

dell’opera stessa. Fra gli eventi più spettacolari è da annoverare il “Mo-saico solare”, una gigantesca opera visibile dal satellite e tramite Google maps, composta da migliaia di pan-nelli fotovoltaici di vari colori, “per sensibilizzare la comunità rispetto alle fonti di energia rinnovabile”, ospitata in aree ex-industriali da riqualificare e riconvertire. Non mancano poi progetti su tipicità lo-cali e comparti economici: il ballo in tutte le declinazioni; il mare, con un banchetto lungo quanto la costa romagnola (da Casal Borsetti a Cat-tolica) per festeggiare l’estate 2019; la cultura, con una borsa europea degli operatori culturali a Forlì; l’a-gricoltura, con il “Festival interna-zionale dell’Agridesign” a Cesena.Un libro dei sogni? I progetti conte-nuti nel bilancio complessivo (453 milioni di euro, comprensivi di spe-

se infrastrutturali quali quelle per la riqualificazione della Darsena e il potenziamento del Porto) sembra-no effettivamente assai ambiziosi. Meno grandioso, e più concreto, il bilancio operativo, pari a 45 mi-lioni, di cui l’80% reperibile dal settore pubblico (9 milioni dal Co-mune, il resto stanziato da UE, Sta-to, Regione, altre città ed enti vari) e il 20% ottenuto tramite sponso-rizzazioni private. Fra un anno, quando sarà pronunciato l’ultimo verdetto, sapremo se il sogno potrà davvero diventare realtà. IN

Progetti ambiziosi e multiculturali

Ph. Massimo Fiorentini

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Pasticceria Tea Room Gelateria RistoBar

gianlucaferrini.com

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Pasticceria Tea Room Gelateria RistoBar

gianlucaferrini.com

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IN Magazine | Special ADV

L’Italia è stato per decenni uno fra i Paesi con maggiore disponibilità di metano. Alcune stime parlano di riserve con 130 miliardi di metri cubi; ma pare ve ne siano altri 300 ‘da scoprire’. Gran parte dei fondali dell’Adriatico proteggono questi preziosi giacimenti e nell’ultimo mezzo secolo le piattaforme per l’estrazione del gas in mare si sono molti-plicate, in modo particolare davanti alle coste romagnole. A queste ‘isole d’acciaio’ occorre una costante manutenzione e questa necessità ha fatto nascere, appunto a Ravenna, alcune fra le migliori aziende offshore d’Europa, dalla Rana Diving & Marine contractor, alla Micoperi, alla Marine Con-sulting. Le intuizioni imprenditoriali del management di quest’ultima realtà hanno poi fatto nascere nel 2001 il CFO: Centro Formazione Offshore, presieduto da Luigi Le-oni e diretto da Angelo Torlo. Nella sede di Mezzano operano nove dipendenti: oltre al direttore generale ci sono un responsabile della qualità, una segreteria amministra-tiva, una segreteria e un responsabile del corsi e cinque istruttori. A loro si aggiungono volta a volta collaboratori esterni per i singoli corsi (medici e infermieri, ad esempio).“Le piattaforme per l’estrazione del gas o del petrolio – spie-ga Angelo Torlo – sono ambienti particolarmente delicati,

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con enormi problemi di manutenzione sopra e sotto il livello del mare. Ma, soprattutto, con situazioni di sicurezza del tutto partico-lari. Così i nostri corsi preparano ogni pro-fessionista che debba vivere in quelle realtà, dall’ingegnere progettista al cuoco, ad affrontare e superare qualsiasi tipo di emergenza. Tutti devono sapere in che modo devono comportarsi di fronte a un imprevisto o anche a un disastro”.Se questo obiettivo poteva sembrare complicato da rag-giungere, il CFO ha puntato ancora più sulla qualità e da tre anni è accreditato presso OPITO (Offshore Petroleum Training Organization), un’organizzazione scozzese che stabilisce gli standard di addestramento per chi lavora ne-gli impianti offshore e che garantisce la qualità dei centri di addestramento approvati dalla loro organizzazione. In Italia esiste solo un’altra del genere. La sede di CFO, nella zona artigianale di Mezzano, dietro al rudere del grande zuccherificio, è dotato delle miglio-ri tecnologie per la didattica: alle aule informatizzate per approfondire gli aspetti teorici dei singoli settori (le lezioni sono in italiano e in inglese), si aggiungono gli spazi per la ‘pratica’. A partire dalla piscina con la buca

profonda 5 metri, dove vengono simulate alcune situazioni estreme, compreso cosa si debba fare nel caso l’elicottero che sta trasportando personale in una piattafor-

ma cada in mare. Un’attrezzatura particolare propone la struttura della fusoliera, che viene calata e rovesciata in acqua, per addestrare gli allievi a uscire in modo veloce e sicuro. In acqua ci si allena anche per affrontare l’emer-genza ‘naufragio’, tenendo conto dell’acquaticità di ogni allievo, compreso il caso in cui non sappia nuotare. Nel piazzale esterno, poi, spicca una scialuppa di salvatag-gio chiusa, agganciata al meccanismo che viene usato per calarla in mare: un grande ‘guscio’ arancione sospeso su una vasca che permette di simulare l’impatto che si prova in caso di evacuazione da una nave che sta affondando. “Ogni anno – aggiunge Angelo Torlo – gli ispettori di Opi-to sottopongono a una minuziosa verifica la qualità della sicurezza della nostra struttura, i contenuti della didattica e il rispetto degli standard. Solo di fronte al rispetto di tutti i parametri viene confermato l’accreditamento. La qualità dei corsi è dimostrata dalle commesse che CFO ha ottenuto in questi anni, come l’ultima che ha

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realizzata con le migliori tecno-

logie e attenzione alla qualità

Page 33: IN Magazine Faenza 05/2013

IN Magazine | Special ADV

L’Italia è stato per decenni uno fra i Paesi con maggiore disponibilità di metano. Alcune stime parlano di riserve con 130 miliardi di metri cubi; ma pare ve ne siano altri 300 ‘da scoprire’. Gran parte dei fondali dell’Adriatico proteggono questi preziosi giacimenti e nell’ultimo mezzo secolo le piattaforme per l’estrazione del gas in mare si sono molti-plicate, in modo particolare davanti alle coste romagnole. A queste ‘isole d’acciaio’ occorre una costante manutenzione e questa necessità ha fatto nascere, appunto a Ravenna, alcune fra le migliori aziende offshore d’Europa, dalla Rana Diving & Marine contractor, alla Micoperi, alla Marine Con-sulting. Le intuizioni imprenditoriali del management di quest’ultima realtà hanno poi fatto nascere nel 2001 il CFO: Centro Formazione Offshore, presieduto da Luigi Le-oni e diretto da Angelo Torlo. Nella sede di Mezzano operano nove dipendenti: oltre al direttore generale ci sono un responsabile della qualità, una segreteria amministra-tiva, una segreteria e un responsabile del corsi e cinque istruttori. A loro si aggiungono volta a volta collaboratori esterni per i singoli corsi (medici e infermieri, ad esempio).“Le piattaforme per l’estrazione del gas o del petrolio – spie-ga Angelo Torlo – sono ambienti particolarmente delicati,

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con enormi problemi di manutenzione sopra e sotto il livello del mare. Ma, soprattutto, con situazioni di sicurezza del tutto partico-lari. Così i nostri corsi preparano ogni pro-fessionista che debba vivere in quelle realtà, dall’ingegnere progettista al cuoco, ad affrontare e superare qualsiasi tipo di emergenza. Tutti devono sapere in che modo devono comportarsi di fronte a un imprevisto o anche a un disastro”.Se questo obiettivo poteva sembrare complicato da rag-giungere, il CFO ha puntato ancora più sulla qualità e da tre anni è accreditato presso OPITO (Offshore Petroleum Training Organization), un’organizzazione scozzese che stabilisce gli standard di addestramento per chi lavora ne-gli impianti offshore e che garantisce la qualità dei centri di addestramento approvati dalla loro organizzazione. In Italia esiste solo un’altra del genere. La sede di CFO, nella zona artigianale di Mezzano, dietro al rudere del grande zuccherificio, è dotato delle miglio-ri tecnologie per la didattica: alle aule informatizzate per approfondire gli aspetti teorici dei singoli settori (le lezioni sono in italiano e in inglese), si aggiungono gli spazi per la ‘pratica’. A partire dalla piscina con la buca

profonda 5 metri, dove vengono simulate alcune situazioni estreme, compreso cosa si debba fare nel caso l’elicottero che sta trasportando personale in una piattafor-

ma cada in mare. Un’attrezzatura particolare propone la struttura della fusoliera, che viene calata e rovesciata in acqua, per addestrare gli allievi a uscire in modo veloce e sicuro. In acqua ci si allena anche per affrontare l’emer-genza ‘naufragio’, tenendo conto dell’acquaticità di ogni allievo, compreso il caso in cui non sappia nuotare. Nel piazzale esterno, poi, spicca una scialuppa di salvatag-gio chiusa, agganciata al meccanismo che viene usato per calarla in mare: un grande ‘guscio’ arancione sospeso su una vasca che permette di simulare l’impatto che si prova in caso di evacuazione da una nave che sta affondando. “Ogni anno – aggiunge Angelo Torlo – gli ispettori di Opi-to sottopongono a una minuziosa verifica la qualità della sicurezza della nostra struttura, i contenuti della didattica e il rispetto degli standard. Solo di fronte al rispetto di tutti i parametri viene confermato l’accreditamento. La qualità dei corsi è dimostrata dalle commesse che CFO ha ottenuto in questi anni, come l’ultima che ha

Centro Formazione oFFshore

Didattica all’avanguardia

realizzata con le migliori tecno-

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visto frequentare la sede di via Bonvicini da 140 addetti che dovevano poi lavorare in una piattaforma realizzata dalla Rosetti nel Mare del Nord. “Fra i nostri clienti ci sono i maggiori operatori del settore off shore, dall’Eni alla Sai-pem, alla Edison”, aggiunge il direttore generale, che indica un’altra importante certificazione, quella rilasciata da IMCA (International Marine Contractors Associations) per l’eroga-zione del corso Diver Medic “Si tratta di un corso di primo soccorso rivolto agli operatori subacquei che impegna per 60 ore e fornisce le competenze necessarie ad affrontare incidenti subacquei in superficie o in ambienti iperbarici, lontano dai centri medici specializzati”.Dall’acqua al fuoco e al fumo: sempre sul piazzale sono si-stemate le attrezzature di addestramento per affrontare gli incendi, e ci si confronta con un’altra emergenza: attraver-

sare uno spazio ristretto (come si trovano in una piattaforma o su una nave) invaso dal fumo. Anche questo fa parte dei corsi certificati da Opito. “Non vogliamo fermarci qui – con-clude Angelo Torlo – e l’obiettivo è arrivare ad altre specia-lizzazioni, come garantire la sicurezza a chi opera in ‘satura-zione’. Facciamo un passo alla volta, sempre puntando sulla qualità”. Così, in un altro lato del piazzale campeggia una struttura composta da due immensi ‘cilindri’ sovrapposti: in quello inferiore si simulerà la situazione di un’immersione subacquea fino a 100 metri di profondità; quello superiore rappresenta la ‘campana’ per il periodo di decompressio-ne e riposo dopo il lavoro. “Il mondo non può più fare a meno dell’energia, ma per procurarsela le aziende devono operare in ogni genere di situazione. E i tecnici devono essere pronti ad affrontare, appunto, qualsiasi emergenza”.

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Il fiume Rabbi – che nascendo in Toscana, alle pendici del monte Falco, disegna una delle principali valli forlivesi facendosi strada tra Premilcuore, San Zeno, Predappio e sfociando infine nel fiume Mon-tone a Forlì – era un tempo costel-lato da decine di antichissimi mulini, entrati tutti in disuso dalla secon-da metà del ’900. Oggi quei muli-ni sono solo un vecchio ricordo e, proprio per evitare di dimenticare, due di questi sono stati recupera-ti dai discendenti dei proprietari originari. Lo scopo è testimoniare alle giovani generazioni un me-stiere antico che, pur se rinnovato nel metodo e nella tecnica, rimane sempre attuale. Visitare i due anti-chi mulini del Rabbi è come aprire una porta sul passato, quando si ve-niva alla mola per macinare anche pochi chili di frumento

Il mulino di Castel dell’Alpe, situa-to alla confluenza tra il fosso di Pian dell’Alpe e il fiume Rabbi, è raggiungibile dal bivio per Castel dell’Alpe, girando a sinistra verso il fiume e percorrendo circa un chilometro. Così viene descritto nella guida storica realizzata dal Comune di Premilcuore: “Il mu-lino a due palmeti, di cui uno fisso (macina di sotto) e uno mobile (ma-cina di sopra), ha svolto il suo ono-rato servizio per oltre un millennio, fino al 1850 quando incominciarono a funzionare i mulini a cilindri che, sebbene lentamente, soppiantarono palmeti, mole e macine dei vecchi mulini”. Nel 1863 venne distrutto da una piena, si decise quindi di ricostruirlo in una posizione più adatta. Da allora il Mulino di Ca-stel dell’Alpe restò attivo fino al 1960. La famiglia Biondi, che da

A Castel dell’Alpe e Fiumicello, due antichi mulini ristrutturati e funzionanti possono essere visitati per conoscere un mestiere antico ma sempre affascinante.

testo Giorgio Perecifoto Giorgio Sabatini

Tra i mulini del Rabbi

36 | IN Magazine

Visitare | Antichi mulini

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sempre lo aveva gestito, di recente lo ha restaurato riportandolo in funzione per scopi turistici, così come ha ristrutturato le case del circondario ricreando un luogo di accoglienza in una frazione che era pressoché disabitata. È possi-bile visitare e soggiornare presso il mulino previo contatto con la famiglia Biondi (tel. 0543 951029).Il mulino di Fiumicello, piccola frazione ad alcuni chilometri da Premilcuore, si trova lungo la mu-lattiera ai margini del greto del torrente, imboccando la strada a destra prima della chiesa della Ma-donna delle Nevi. Fu abbandonato nel 1963 e fatto ritornare in attivi-

tà trent’anni dopo. I fratelli Men-gozzi ricostruirono e restaurarono tutte le strutture rendendo il mu-lino completamente funzionante, dal generatore di corrente elettri-ca alla mola utilizzata per arrota-re le lame. L’edificio del mulino si sviluppa su due piani: in quello inferiore troviamo la turbina, che viene mossa dal flusso d’acqua (in-canalato dal fiume verso il mulino da un complesso sistema di dighe, sfoghi e cadute), mentre in quel-lo superiore sono presenti le due macine, collegate alla turbina da un albero che ne trasmette il mo-vimento. Ogni macina è costituita da due dischi in pietra sovrappo-

Il mulino Mengozzi di Fiumicello. In apertura, il mulino di Castel dell’Alpe della famiglia Biondi.

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sti, di cui solo quello superiore è in movimento e può essere avvici-nato o allontanato all’altro in ra-gione della raffinatezza voluta. È possibile visitare il mulino, ancora pienamente funzionante, durante i fine settimana; negli altri giorni bisogna invece contattare la fami-glia Mengozzi (tel. 0543 86451).Di ritorno da Castel Dell’Alpe o Fiumicello, verso Forlì, è d’obbli-go fermarsi a Premilcuore, citta-dina il cui nome deriva da Plano Mercurii (la piana di Mercurio) che troverà dal XII secolo in poi diverse dizioni - Plamicarii, Plamer-corio, Premalcorio - fino a giungere a quella attuale. Situato ai margi-ni del Parco nazionale delle Fore-

ste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Premilcuore diven-ne centro organizzato in dipen-denza delle istituzioni religiose che da gran tempo erano radicate in questo territorio. Prima fra tut-te l’Abbazia di S. Ellero, a 3 km da Galeata, che dal 497 crebbe fino ad ottenere giurisdizione su circa quaranta parrocchie in un territorio compreso fra le attuali regioni Romagna e Toscana. Nel XII secolo il territorio è feudo dei conti Guidi di Modigliana e poi libero Comune, i cui Statuti, ri-salenti all’agosto del 1379, sono conservati nell’archivio della co-munità di Premilcuore, in una copia del XVIII secolo. Ma Pre-

La macina e gli strumenti di lavoro dentro il mulino Mengozzi.

Mulini di Romagna: una storia lunga

più di un millennio

La Romagna, terra di coltivatori, ha ospitato centinaia di mulini

schierati intorno ai fiumi. Oggi sono solo un ricordo o,

nel migliore dei casi, una meta turistica laddove i proprietari

hanno avuto la sensibilità di ristrutturarli e tenerli in vita

a testimonianza di un’epoca che non tornerà mai più. Se

sul tracciato del fiume Rabbi si possono visitare i mulini di Castel dell’Alpe e di Fiumicello, su quelli del fiume Conca e Marecchia, nel

riminese, ci aspettano il mulino Casarola dell’inizio del XVIII

secolo, a circa 3 Km da Morciano, il mulino Malatesta, risalente

al XV secolo, lungo la strada della Pedrosa in fondo alla costa

di Paglialunga, e il mulino Moroni di Poggio Berni con accanto

il museo di cultura contadina. Si tratta di una vera e propria

tradizione, sottolineata in particolare da Tonino Guerra nella

sua poesia I muloin abanduned, dove descrive con nostalgia

le ruote ferme, i chiodi sporchi di farina e l’aria mossa ormai

solo dalle farfalle.

40 | IN Magazine

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milcuore si trova in una posizione strategica, così nel secolo successivo passa sotto il dominio di Firenze; di-venta poi dominio dei Visconti di Milano e di Caterina Sforza, Signora di Forlì; torna di nuovo sotto il controllo di Firenze; in epoca napoleonica entra a far parte del circondario di Modigliana e Rocca S. Casciano; con la costituzione del Regno d’Italia viene annesso alla pro-vincia di Firenze fino a che non ritorna nella Provincia di Forlì nel 1923.Si tratta dunque di una cittadina da tenere in considera-zione non solo per il parco organizzato intorno al fiume Rabbi, meta estiva ormai tradizionale per le famiglie, ma anche per la possibilità di visitare alcuni luoghi che ne sottolineano la storia. La Pieve di San Martino all’Oppio si trova in direzione Forlì, su via Pieve, ed è aperta solo la domenica in orari di culto. Fondata nel X secolo, con la struttura attuale che viene fatta risalire alla seconda metà del ’500, contiene opere pittoriche fiorentine e toscane datate fra il 1600 e il 1700 tra cui merita di essere sottolineata la “Madonna del Carmine tra san Giovanni della Croce e santa Teresa d’Avila” del

pittore Jacopo da Pratovecchio (1594-1664). In paese troviamo la torre dell’orologio risalente al 1593 e rico-struita nel Novecento nella parte superiore merlata con, alla base, la porta fiorentina, da cui partiva l’antica via verso la Toscana e che faceva il paio con l’opposta porta Urbana, aperta verso l’Adriatico. L’orologio, risalente al 1500, presenta un antico meccanismo formato da due pietre collegate a una lunga corda di canapa. Su Piazza Ricci si affaccia Palazzo Briccolani, imponente costruzione abitata da notabili del luogo - fra cui Lucia della Massa, moglie di Giulio Cesare de’ Medici -, con due portali gemelli, memoria dei due edifici accostati che lo compongono. Su Piazza dei Caduti troviamo Pa-lazzo Giannelli, costituito da un blocco a tre piani, con balconcini in ferro battuto e, al pianterreno, un portale databile agli inizi del XIX secolo riportante le lettere iniziali di Luigi Giannelli. IN

Riscoprire mestieri antichi

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Il Forno Cappelletti e Bongiovanni di Dovadola è conosciuto in tutta la Provincia di Forlì per la qualità dei suoi prodotti bio. Ne approfittiamo per parlare del pane, un alimento di base che ha subito nel tempo notevoli modifiche produttive.

Nel 1979 acquistano il primo for-no a Dovadola: a legna, con un’im-pastatrice a forcella e come banco di lavoro una madia in legno. Nei primi anni ’80 arrivano a produr-re circa 80 kg di pane al giorno, un po’ di schiacciata e focaccia con incassi che non superano le trentamila lire. Poi, su richiesta di alcuni amici che avevano aper-to il primo punto macrobiotico di Forlì, cominciano la produzione di pane biologico a lievitazione naturale, con pasta madre. Negli anni ’90 ampliano la gamma dei prodotti biologici, iniziano a ser-vire i negozi di alimenti naturali di Forlì, certificano la panetteria come azienda biologica. Si tratta di Maurizio Cappelletti e di sua moglie Anna Bongiovanni che, in-sieme al figlio Fabio, riescono an-cora oggi a conservare nel tempo l’antica tradizione della panette-ria a Dovadola. Il loro pane è tal-mente “sano” che alcuni clienti lo

comprano perché gli è stato pre-scritto da nutrizionisti e dietologi. “Questo ci fa sorridere perché ci sentiamo un po’ come una farma-cia,” dice Maurizio “Ma noi siamo un po’ strani perché la cosa più importante per noi è la genuini-tà dei nostri prodotti e l’impatto ecologico nel produrli e metterli in vendita”.Come si è modificata nel tempo la produzione del pane?“Si è evoluta seguendo i cambia-menti della società. Negli anni ’50-’60 le famiglie erano più nu-merose, c’era meno scelta nel cibo, quindi il pane faceva da pa-drone sulla tavola con pezzature più grandi e meno sofisticazione e varietà. Una volta il pane si com-prava solo dal fornaio, ora ormai si vende dappertutto. Tutto questo a scapito della qualità e della ge-nuinità del prodotto e, di conse-guenza, della salute. Nel secondo dopoguerra, a causa della carestia

e della fame, per aumentare la produzione di grano, qualcuno ha deciso di modificare con irradia-zioni le sementi di alcune varietà per far sì che resistesse meglio al cambiamento delle condizioni climatiche e che fosse più facile da coltivare e da trebbiare (una volta il grano era alto anche più di un metro, ora è al massimo 50 cm). Inoltre sono state modificate anche le molecole di glutine così da essere più adatto ai panifici in-dustriali, che lavorano il pane a macchina e che hanno bisogno di impasti più collosi e resistenti alle frizioni. Ecco perché ormai il 6% degli italiani è celiaco e perché le intolleranze al grano-glutine sono in continuo aumento. Qua-si contemporaneamente le indu-strie chimiche che lavoravano per la guerra iniziarono a produrre concimi e fertilizzati da utilizzare in agricoltura, tutto questo a sca-pito della salute.”

testo Gianluca Gatta - foto Giorgio Sabatini

Il cibo della Salute

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Mangiare | Pane

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Che differenza possiamo osserva-re tra la produzione del pane arti-gianale e la lavorazione a livello industriale?“Oggi il piccolo fornaio si alza di notte come faceva tanto tempo fa, prepara gli impasti, li fa lievitare, forma il pane, lo inforna e, una volta cotto e sfornato, vende il suo prodotto al mattino, fresco tutti i giorni. I forni industriali invece

lavorano anche ventiquattro ore al giorno, su turni e con linee di pro-duzione a catena. Il pane e gli altri prodotti da forno vengono sur-gelati o precotti e poi vengono tra-sportati nei supermercati e nelle altre rivendite. Qui vengono cotti o ricotti e poi venduti come pane fresco. Il pane, per essere tale, deve avere un certo ‘peso speci-fico’, deve lievitare naturalmente, deve essere realizzato con acqua e

farina e non con certi preparati e miscelati che contengono agenti lievitanti, conservanti, correttori, miglioratori e tantissime altre so-stanze che non dovrebbero essere presenti non solo nel pane, ma in nessun tipo di alimento.”Quando viene comprato il pane?“Da qualche anno non esiste più l’ora di punta nelle vendite per-ché, con i vari turni il lavoro,

l’affluenza è diventata continua tutta la mattina. Il nostro forno a Dovadola è aperto dalle 6 alle 13, ma molto probabilmente al gior-no d’oggi il pane si venderebbe anche nel pomeriggio. Da sotto-lineare come nei primi anni l’ac-quisto era quasi esclusivamente femminile, mentre in questi ulti-mi anni gli uomini hanno supera-to le donne.”Che cosa bisogna tenere in consi-

derazione per comprare un pane di qualità?“Chi acquista del pane confezio-nato prima di tutto deve leggere le etichette, guardare quali cere-ali sono utilizzati, da dove proven-gono, come sono stati coltivati. Nel nostro forno, dove abbiamo iniziato a confezionare il pane, la nostra etichetta indica anche il tipo di lievitazione, con pasta madre o lievito di birra. Purtrop-po oggi la maggior parte della gente non possiede una cultura nutrizionale, non ha tempo per informarsi o leggere le etichette. Anche per il pane che si compra in panetteria o ‘sfuso’ bisogna co-noscere il tipo di farina utilizzata, che non sia un pane surgelato o precotto. Insomma il pane, per essere buono, dovrebbe essere fat-to a mano, a lievitazione naturale, di farina integrale o semintegra-le, di cereali coltivati senza l’uso di sostanze chimiche e si deve mantenere mangiabile almeno per quattro-cinque giorni.” IN

Artigianale e genuino

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La mostra archeologica Vivere a Forum Livii

riconsegna uno spaccato importante di storia

che dall’età repubblicana si allarga fino all’età

tardo antica. Attraverso tanti

oggetti e un elegante mosaico, restaurato da

RavennAntica.

“A Forlì c’è ancora molto da scopri-re. È una città problematica come topografia, in quanto ci sono stati spostamenti a causa dei fiumi. Per questo motivo è estremamente in-teressante”. Questo ha sottolineato Chiara Guarnieri, dirigente della Soprintendenza per i Beni Arche-ologici dell’Emilia-Romagna, nel presentare la mostra ‘Vivere a Fo-rum Livii’, l’importante rassegna allestita fino al 12 gennaio 2014 nel palazzo della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì (Palazzo del Mon-te di Pietà, corso Garibaldi 37). Dopo la mostra “Il Monte prima del Monte” del 2009, in cui erano stati presentati gli importanti scavi con-dotti sotto il Palazzo del Monte di Pietà voluti dalla Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì in col-laborazione con la Soprintendenza

per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, con “Vivere a Forum Li-vii” questa collaborazione non solo si è rinnovata ma ad essa si sono aggiunte altre istituzioni come la Fondazione RavennAntica, la casa editrice Ante Quem e, con loro, al-cuni sponsor come Assicoop Roma-gna Futura, Unipol Assicurazioni, Coop Adriatica e il Gruppo Hera, con il patrocinio del Comune di

Forlì. In mostra sono esposti circa 150 materiali archeologici scoperti nel 2004 in occasione di uno scavo effettuato in via Curte, esattamente al numero 66 dell’area che coinvol-ge via Curte e via Orto del Fuoco dove, attorno al I secolo a.C., venne costruito un edificio residenziale ed impiantate alcune attività arti-gianali fra cui una fornace per la cottura di vasellame. Quest’ultima

testo Rosanna Ricci - foto Giorgio Sabatini

La Romagna ai tempi di Roma

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Ammirare | Vivere a Forum Livii

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fu demolita tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. Il materiale che rimase fu utilizzato per ampliare l’edificio residenzia-le, a cui fu aggiunto anche un tri-clinio e una corte interna dotata di pozzo. Nel secolo successivo il triclinio fu sostituito da uno più ampio e decorato a mosaico. Alla fine del V secolo si registrò il totale abbandono della ‘domus’. Questo

mosaico di circa 20 mq è l’oggetto più interessante e di maggior im-patto dell’attuale mostra ed è alle-stito, per l’occasione, con copie dei letti tricliniari. Dopo il suo ritro-vamento il mosaico, composto da tessere bianche e nere con motivo geometrico, ma con uno stato di conservazione molto compromes-so, è stato conservato nella Pina-coteca Civica di Forlì, per essere poi restaurato nel laboratorio di RavennAntica che promuove atti-vità di restauro di mosaici antichi.La Fondazione RavennAntica, in-fatti, ha come scopo quello di valo-rizzare il patrimonio archeologico, architettonico e storico-artistico di alcuni siti ravennati, in particolare l’antica città di Classe e la realiz-zazione del Museo Archeologico e dei Mosaici Antichi per raccontare la storia di Ravenna e del suo terri-torio. Nel 2011 ha realizzato la mo-stra permanente “TAMO. Tutta l’av-ventura del Mosaico”, ospitata nel Complesso di San Nicolò: si tratta di un percorso museale attraverso splendidi reperti del patrimonio del territorio di Ravenna, in parte inediti, che abbracciano tutte le epoche da quella più antica fino a quella contemporanea in un im-pianto innovativo. Anche Raven-nAntica, coi suoi eventi, fa parte delle collaborazioni dei territori romagnoli per la candidatura di Ravenna a capitale europea della cultura nel 2019. Nella mostra “Vi-vere a Forlì” sono stati affrontati due temi fondamentali: il primo riguarda la storia urbana di Forlì

Il mosaico pavimentale allestito con i triclini.

IN Magazine | 47

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Sopra, reperti in mostra. Sotto, il taglio del nastro.

in età romana con particolare ri-ferimento alle ‘domus’. A questo proposito occorre ricordare che lo scavo di via Curte è l’unico in cit-tà ad aver restituito una sequenza abitativa che dall’età repubblicana si allarga fino all’età tardo antica. Tutta l’area, indagata per la pri-ma volta e con mezzi stratigrafici, ha permesso di ricostruire i livelli dell’età romana a Forlì. Il secondo tema ha come obiettivo quello di approfondire vari aspetti della vita quotidiana. Ciò è stato possibile at-traverso i materiali che l’indagine archeologica ha portato alla luce come gli elementi costruttivi, ma-teriali laterizi, frammento di affre-schi, esagonette, lastrine in marmo bianco e policromo, gli oggetti, l’il-luminazione. Per quanto riguarda gli oggetti, questi raccontano la vita quotidiana e le abitudini dell’epo-ca. Ad esempio i pesi da telaio e gli aghi in bronzo hanno un preciso riferimento ai lavori femminili; assieme a questi è stata trovata la placca di un cinturone militare del IV secolo, un oggetto ancora non bene identificato ma che potrebbe essere un’arnia e infine i resti di tre bottiglie usate forse per misurare dei liquidi. Accanto a questi sono presenti, nella mostra, i disegni ricostruttivi, i plastici e le modella-zioni 3D. Tutto le notizie riferite al materiale trovato saranno oggetto di un volume dal titolo “Vivere a Forum Livii. Lo scavo di via Curte”, che verrà pubblicato a Natale. Il te-sto sarà curato da Chiara Guarnie-ri, per la collana DEA, Documenti ed Evidenze di Archeologia della Soprintendenza per i Beni Archeo-

logici dell’Emilia-Romagna. Un al-tro aspetto assai interessante della mostra riguarda i percorsi di visita e i laboratori didattici riservati agli studenti, per coinvolgere i ragazzi e far conoscere loro la storia e la vita dell’epoca. A circa 30 classi questa attività didattica è offerta dagli sponsor. Ingresso gratuito. Orari della mostra: da martedì a venerdì 9 - 12; sabato e domenica 10 - 13 e 16 - 19. Dal 24 dicembre a fine mo-stra gli orari saranno i seguenti: da martedì a venerdì 16 - 19, inalterati il sabato e la domenica. Chiuso il 25 dicembre, 1 e 6 gennaio. IN

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Valorizzazione, restauro, catalogazione.

Linda Kniffitz, direttrice del Centro Internazionale

di Documentazione sul Mosaico di Ravenna,

ci racconta le sue passioni e la sua attività.

Incontriamo Linda Kniffitz nel suo studio, al Mar. Inevitabile chiedere l’origine del suo cognome. “Mio nonno era austriaco quindi la pro-nuncia è secondo le regole tede-sche”. Linda racconta di suo padre, che per motivi di lavoro giunse in Italia, e aggiunge che lei è nata a Roma e ha studiato a Milano, città stupende che adora, ma oggi non rinuncerebbe mai a Ravenna, che accoglie tesori unici al mondo ed è una città a misura d’uomo.Cosa l’ha attratta di più a Ravenna?“La bellezza dei monumenti, delle chiese... mi chiedo sempre che effet-

to facessero ai primi cristiani quan-do vi entravano, la suggestione che ancora oggi si prova, ad esempio, entrando in San Vitale dall’antico ingresso, con la sensazione dello spazio che sale, quasi un trasporto spirituale. Sono convinta che fosse una suggestione voluta: siamo nel periodo in cui la religione cristia-na diventa di stato e lo sforzo della corte si concentra nel sottolineare questa sensazione trascendentale”.Ci parli del centro che dirige:“Il Cidm, Centro Internazionale di Documentazione sul Mosaico, è una sezione del Museo d’Arte

Le tessere di una Vita

testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara

50 | IN Magazine

Dirigere | Linda Kniffitz

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della città di Ravenna nata per promuovere la ricerca, lo studio e la valorizzazione del mosaico. La creazione del Centro rientra anche nel più ampio Progetto Europeo Interreg III A Transfrontaliero Adriatico, Siti Unesco Adriatici, che eroga buona parte dei finanziamenti”.Lei ha fatto già alcuni progetti andati in porto...“Insieme al mio staff ho vinto tre Progetti Europei: uno sullo sviluppo del Cidm nel 2007, uno, Open Museum tutt’ora in corso, sulla gestione e valorizzazione dei Mu-sei Italiani e Sloveni, che ha finanziato il riallestimento della collezione musiva, e uno SUA Expo, vinto nel 2012, sulle Buone Pratiche di restauro e catalogazione dei Siti archeologici e delle decorazioni musive antiche. Com-plessivamente un milione e duecentomila euro”.

Recentemente sono stati inaugurati i mosaici contempora-nei nel chiostro della Loggetta Lombardesca e si è concluso anche il concorso dedicato al mosaico contemporaneo. Che posto ha, oggi, il mosaico di nuova produzione?“Oggi il mosaico è tornato alla ribalta, è una forma espressiva intesa come linguaggio dell’arte contempo-ranea. E Ravenna è il riferimento per la sua produzione”.La sua attività si completa con pubblicazioni, convegni, lezioni all’Università. Riesce ad avere del tempo libero e come lo impiega?“Amo il mio lavoro e così, anche nel tempo libero, vado a visitare mostre, alla Biennale di Venezia: sono cose che mi arricchiscono e mi appassionano. Finché nella vita ci sono arte e letteratura vale la pena di viverla”. IN

L’arte che appassiona

Linda Kniffitz

È laureata in Archeologia e Storia dell’Arte Bizantina all’Università di Bologna e specializzata in Catalogazione di Fondi Antichi. Ha collaborato con l’Istituto per i Beni Culturali dell’Emilia Romagna e, in seguito, è stata bibliotecaria per i Fondi Antichi della Classense a Ravenna. Il suo ruolo di curatore del CIDM, Centro Internazionale Documentazione Mosaico, ha inizio nel 2002; è anche responsabile dell’Archivio che comprende due Banche Dati sul mosaico.

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Abitare | Rustico in montagna

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Un semplice rustico immerso nelle Foreste Casentinesi restituisce atmosfere calde e conviviali. Con il camino a dominare la stanza principale, la scala in sasso, la rigogliosa natura circostante.

Con l’arrivo dell’inverno, abbia-mo deciso di uscire dalla città e di arrivare sui nostri Appennini, a poca distanza dal comune di Santa Sofia.Abbiano scelto un rustico facente parte della piccolissima frazione di Biserno, posizionata a circa 600 metri sul livello del mare.Una piccolissima frazione che con-ta non più di una ventina di abi-tanti, immersa e avvolta dalla ma-estosità della natura delle nostre foreste, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falte-rona e Campigna. Qui la natura, preservata dall’invasione dell’uo-mo, conta 36mila ettari di area protetta sull’Appennino tosco-

romagnolo: è la foresta più antica d’Europa che incorona il territo-rio provinciale, dove flora e fauna ritrovano l’armonia nelle vallate strette e parallele del versante ro-magnolo, offrendo un’occasione unica di svelare una natura incon-taminata per viverla fino in fondo.Come riportato sugli scritti degli annali camaldolesi, Biserno “Tro-vasi in una profonda gola dell’Ap-pennino, che scende da Camal-doli in Valbona sulla destra ripa del Bidente di Ridracoli”: infatti, attraverso questa frazione, si arri-va a Ridracoli, nota metà turisti-ca rinomata oggi per la maestosa opera di ingegno e tecnica rap-presentata dalla diga.

testo Annalisa Balzoni - foto Giorgio Sabatini

Il calore di Casa

IN Magazine | 53

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Tutto qui sull’Appennino è avvol-to dalla natura, lontano dal traffi-co cittadino. Un mondo che può sembrare isolato ma che così non è. Non ci si sente soli, anzi: si può ritrovare un’altra dimensione, ci si può rinnovare e rigenerare nello spirito e nella mente.Non contano lo sfarzo o il lusso, qui sarebbero senza dubbio fuori luo-go. L’obiettivo prinipale è rispetta-re la terra e la natura, esse stesse diventano “l’arredo principale”, la guida per abitare.Siamo ospiti di questo piccolo rustico abitato da una coppia giovanissima, ricavato dopo un’o-

perazione di ristrutturazione e recupero realizzata tanti anni fa, che ha permesso di ricavare un’a-bitazione da un vecchio e piccolo convento in disuso.È stata mantenuta la trama dei muri in sasso e pietra “gialla”, ca-ratteristica tipica della vallata; i muri maestri hanno uno spessore di circa un metro, particolare che, già da solo, arreda e dona all’am-biente una sensazione di calore e di storia. Il camino domina nella grande stanza principale al piano terra, la pietra che lo riveste è la stessa dei muri maestri e, come nei rustici semplici e tipici della

La cucina rustica in muratura con la stufa economica. In apertura, il camino

e la scala in pietra.

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zona, la parte living rappresenta il luogo dell’accoglien-za, del ristoro e dell’incontro.Pochi elementi donano fascino alla dimora, muri in sasso, la classica stufa economica utilizzata per cucinare e ri-scaldare, la cucina rustica in muratura. Di grande effetto risulta però essere la scala, anch’essa in sasso, addolcita da un parapetto in ferro battuto, che conduce alla zona notte, recuperata e rivisitata con uno stile più moderno, che comunque non stona con la classicità degli altri vani.Il recupero complessivo ha cercato di mantenere inalte-rati gli elementi architettonici che sono sopravissuti alle intemperie del tempo, sono stati recuperati gli antichi architravi in legno dei vani porta e sono state mantenute le dimensione dei vani finestra.Una piccola dimora, un piccolo nido immerso nella na-tura, che racchiude storie e diventa al tempo stesso parte della storia del nostro territorio. IN

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La Campaza, con i suoi 1.300 coperti, non è solo uno dei ristoranti più grandi d’Italia: è un luogo dove l’at-tenzione alla qualità delle materie prime e alla la-vorazione è tale che ogni piatto è realizzato come se fosse l’unico, proprio come a casa. Il gelato, ad esem-pio, è lavorato internamente in modo tradizionale, con una mantecatrice, ed è sempre realizzato con prodotti di stagione. La pasta fresca è impastata con uova di pollo ruspante romagnolo ed è stesa con il mattarel-lo, ogni giorno, da due azdore. Le cozze sono pulite grazie a una sbissatrice, che lascia vivo il mollusco e

consente di cucinare sempre un prodotto freschissimo.E pensare che tutto è cominciato da una piccola riven-dita di cocomeri in ghiaccio. “Da quel lontano 1982, un passo alla volta, si è arrivati a questa realtà” dice Katrin De Lorenzi, Responsabile Commerciale del ristorante. “Dai cocomeri in ghiaccio è stata allarga-ta l’offerta con la pizza al taglio e le piadine, è stato poi aperto un piccolo ristorante fino ad arrivare a ciò che riusciamo a dare oggi: grandi spazi, flessibili-tà dell’offerta e supporto alla creazione di eventi.” La Campaza è anche set di trasmissioni televisive

un grande ristorante attento ai particolariMangiaRe aLLa CaMpaza è CoMe faRe un viaggio in CoMpagnia Di MateRie pRiMe Di aLtissiMa quaLità e Di piatti Dai sapoRi tRaDizionaLi e veRi.

(qui hanno girato, tra le altre, una pun-tata dell’edizione italiana di Quattro matrimoni) e non c’è da stupirsene poiché è un luogo ideale: spazi eleganti e accoglienti, adattabili a molteplici esigenze, dalla ristorazione, al divertimento, al lavoro. Dietro al risto-rante c’è addirittura un parco aperto a tutti, visitabile dall’alba al tramonto, che ospita anatre, pavoni e altri uccelli migratori e stanziali dove è in corso un proget-to di ripopolazione della cicogna bianca.Ma senza l’attenzione quotidiana ai prodotti e alla la-vorazione sarebbe vanificato tutto lo sforzo fatto per creare un ambiente ospitale e attento alle molteplici esigenze del cliente. Lo sottolinea con particolare pas-sione gilles Donzellini, Direttore generale e figlio dei fondatori: “È importante che la qualità sia garanti-ta a tutti i clienti, su qualunque scala lavoriamo, dalla coppia seduta al tavolo al ricevimento con centinaia di invitati. Puntiamo molto sulla formazione dei nostri ot-tanta dipendenti e ci sforziamo di trasmettere l’amore per un lavoro certosino, curato nei particolari, e per la

ricerca. Innovare significa per noi utiliz-zare macchine per la stampa alimentare, sperimentare cotture di nuova generazio-ne, ma anche produrre in proprio salami

e confetture, acquistare carne da chi può garantire un allevamento tradizionale, cercare fornitori laddove il prodotto è originario, senza intermediari. Così ad esem-pio per il pesce fresco siamo importatori diretti dall’e-stero - i nostri branzini infatti provengono direttamente dalla Croazia, le capesante dal Belgio -, ma anche dalla Sicilia per i gamberi rossi; abbiamo inoltre una fornitura ittica regolare dal mercato del pesce di Cesenatico. Può sembrare un paradosso, ma proprio grazie alle nostre significative dimensioni, in termini di capacità ricettiva, riusciamo a permetterci un servizio di tale livello.”

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L’idea ha un secolo di vita, ovvero un teatro costruito dalla gente per la gente. La storia del Socjale di Piangipane è ormai più che nota: nel 1911 i braccianti comprano un terreno per realizzare il proprio teatro; nel 1921 lo inaugurano; lo tengono aperto, con alterne vicende, fino agli anni Settanta. L’allestimento ha una concezione splendidamente ‘antica’: la platea non ha poltrone fisse, perché ogni spettatore portava la sedia da casa. Così si poteva anche ballare, la-sciando vuota la parte centrale del salone e sistemando l’orchestra sul palcoscenico. Una galleria che è poco più di una balconata; decori art nouveau; colonne della miglior ghisa. Straordinario, insomma. Poi

Concerti, film, incontri a tema. Il teatro Socjale di Piangipane, costruito dai braccianti d’inizio Novecento, splende nel panorama culturale di Romagna grazie all’impegno dei volontari del paese. Tra un piatto di cappelletti e un bicchiere di vino.

testo Nevio Galeati - foto Lidia Bagnara

Il sapore della Cultura

Divertirsi | Socjale di Piangipane

IN Magazine | 59

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il modo di avvicinarsi alla cultu-ra cambia, i giovani sono attratti dalle città, la televisione seduce e fa restare gli italiani a casa. Così il teatro chiude. C’è per fortuna chi non si rassegna; così, nel 1990, un gruppo di giovani (e non solo) piangipanesi decide di riaprire il locale. Prima solo musica jazz il venerdì sera; poi anche il cinema. Il Teatro Socjale Club (con la “ j” come vezzo estetico, scelta pro-prio dai braccianti) si trasforma in uno fra i punti più alti della Ro-magna per le proposte musicali, i film di qualità e l’atmosfera. E poco a poco l’album degli ospiti segna nomi di artisti internazio-nali, grandi cantautori e musicisti da tutto il mondo, da Ray Gelato agli Avion Travel, da De Gregori a Gino Paolo insieme a Danilo Rea; e,

ancora, Cedar Walton, Enzo Jannac-ci, Cheryl Porter, i Good Fellas. Ma non ha senso ripetere l’elenco di un programma che si sta snodan-do da quasi un quarto di secolo.Poi ci sono nuove norme di sicurez-za da rispettare, e si vuole aumen-tare la proposta di qualità. Nasce una Fondazione per restaurare la fabbrica e rilanciare il progetto. Una strada non facile, che viene percorsa però con lo stesso corag-gio di sempre.“Quando abbiamo pensato alla ristrutturazione - racconta Dani-lo Morini, presidente del Circolo e curatore della sezione musicale del programma - soprattutto dopo i lavori di restauro che ci hanno impegnato dal 2004 al 2007, c’e-ra l’idea di restituire il teatro al proprio territorio. Così, quando il palcoscenico non è impegnato dalla nostra programmazione, la cooperativa lo affitta per feste, as-semblee, cerimonie, conferenze. Così nell’ultimo anno, oltre alla nostra programmazione, abbiamo ospitato cento eventi, per oltre die-cimila persone”. Al Socjale non amano vantarsi, meglio guardare al futuro, e alle novità. “Proprio per proseguire con questa idea abbiamo accolto la proposta di aprire, nei locali adiacenti il teatro, una scuola di musica che vede la collaborazione di Chistian Ravaglioli, docente di oboe alla Scuola musicale della Scala di Milano e pianista di gran-de qualità”.Non solo concerti, quindi. Non solo film di qualità, con titoli che troppo spesso le multisale ‘dimen-

La sala del Socjale con le decorazioni liberty. In apertura, il bancone del bar.

60 | IN Magazine

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ticano’ di proporre, dovendo seguire la politica delle pel-licole che sbancano i ‘Box Office’. “Abbiamo un’idea…” Danilo Morini sembra esitare: la notizia non è stata ancora presentata, sul sito (www.tea-trosocjale.it) non se ne fa cenno. Però… “Insomma, ecco: il titolo provvisorio è ‘La scienza al Socjale’ e il progetto è in collaborazione con le università di Bologna, Ravenna e Trieste, oltre a ‘Ravenna 2019’. Esperti nazionali affron-teranno temi che riguardano la matematica, la fisica e la sismologia”. Fra gli ospiti ci potrebbe essere addirittu-ra Enzo Boschi, già presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, condannato per le vicende del terremoto che devastò l’Aquila. E tutto questo continua a funzionare solo grazie all’impe-gno volontario della gente di Piangipane e di amici che

si muovono a favore del teatro. “Stiamo parlando di una settantina di persone, comprese le sfogline e quelli che vengono il lunedì sera ad aiutare per la preparazione dei cappelletti, ancora fatti a mano, nell’assoluto rispetto del-le norme di igiene. Amici che poi ritrovi in sala il venerdì, come pubblico pagante, fieri di essere lì ad ascoltare buo-na musica. Il Teatro Socjale - conclude Morini - è questo: un mix di volontariato, cappelletti, buona musica e film, sempre con prezzi calmierati. Siamo orgogliosi di essere arrivati fin qui. E non ci fermiamo!”. IN

Volontariato e musica

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Dal recupero di una vecchia struttura agricola

a Massa Lombarda è nata Vibrazioni Art-

Design, l’officina artistica di Alberto Dassasso.

Qui bidoni arrugginiti si trasformano in sedie,

moto e oggetti d’arredo.

Fruges non è un paese e nemmeno un borgo, piuttosto è il prolunga-mento di Massa Lombarda che si spinge verso la campagna, in dire-zione Bologna. Lì è cresciuto Alber-to Dassasso. Vicino a casa sua c’era l’officina di un fabbro che emanava l’odore acre dell’unto e del ferro. Non solo gli odori ma anche i co-lori e i rumori che provenivano di là lo attraevano, anzi, restava quasi incantato quando il fabbro si calava la maschera sul viso e si appresta-va a saldare. Più che i giochi con i coetanei preferiva entrare in quel posto che si trasformava nel suo

paese delle meraviglie: le scintille mettevano in movimento la sua immaginazione. Da quell’officina uscivano cancelli, inferiate, infissi, ma non erano questi manufatti che lo affascinavano, era la saldatura che, come per magia, trasformava il ferro. Da allora sono passati mol-ti anni, prima gli studi all’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza, poi all’ISIA, l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, dove ha raf-forzato la convinzione che si possa fare arte e design con materiali di recupero. Quasi per caso trovò un bidone in una discarica che, pur

testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara

Vibrazioni in stile Pop

62 | IN Magazine

Creare | Alberto Dassasso

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arrugginito, conservava le scritte di una compagnia di prodotti pe-troliferi: era la materia che cercava.Da qui inizia la sua avventura nell’art-design che comporta manualità, in-venzione, progetto, sperimentazione per approdare a un risultato origina-le, funzionale e bello. Per utilizzare la lamiera dei fusti e dei barili dell’in-dustria petrolchimica bisogna in-nanzitutto martellarla, ritagliarla e poi assemblare i pezzi con la fiamma ossidrica: si ripropone così la “magia” della saldatura e della

smerigliatura per eliminare punte e bave. I primi oggetti sono lampade e soprattutto sedie, poi attaccapanni, armadi, madie, sgabelli, tavoli, porte. Da ultimo, le motociclette. Moto di scarso valore ma funzionanti con te-laio tradizionale vengono spogliate della carena e della carrozzeria; mo-dificati telaio e ciclistica, l’interven-to riguardante le parti come codino, sella e serbatoio è realizzato con il medesimo materiale di recupero e con lo stesso metodo di lavorazione utilizzato per i complementi d’arre-do. Ogni pezzo è unico, certificato e numerato. La forma per le varie serie è la stessa ma non il colore e, soprattutto per le sedie, la spalliera presenta una particolarità estetica che rimanda alla Pop art. Viene uti-lizzata la parte del bidone che porta la scritta, o frammento di scritta, della compagnia: non è Coca Cola o Brillo ripensando ad Andy Warhol o l’insegna Esso dipinta da Mario

Schifano, sono le grandi lettere Ca-strol, Agip con il leone a sei zampe su sfondo giallo, Total, Blaser, Be-chem, Green Star, IP e altre icone di un mondo globalizzato dalle multi-nazionali del petrolio. La struttura delle sedie non ha supporto inter-no, è la lamiera stessa che, trattata con rivestimento trasparente antios-sidante, viene a formare un telaio autoportante. L’oggetto è finito: “Dora” richiama la sedia da osteria, “Mecedora” è una sedia a dondolo, “Secca” è ispirata alle sedie in for-

mica anni Cinquanta. Al ritorno dal Salone Satellite di Milano nel 2007, in uno spazio ricavato dal recupe-

ro di una vecchia struttura agricola a Massa Lombarda nasce Vibrazioni Art-Design, in via Castelletto 13 “tra alberi da frutto e ruggine”. Respin-gendo un sistema di produzione su scala industriale, dal 2010 si avvale per il marketing e la comunicazione della collaborazione di Riccardo Za-nobini, fiorentino doc e romagno-lo d’adozione, compagno di studi all’ISIA. Attualmente l’azienda è in grado di produrre dai 250 ai 300 pezzi all’anno. E come spesso accade quando il lavoro è prima di tutto una passione, l’ambizione ha portato Alberto e Riccardo a ricercare nuovi percorsi e progetti commerciali, tra cui l’esportazio-ne dei propri prodotti all’estero, aprendosi al mercato internazio-nale, dalla Corea alla Germania, dalla Russia agli Stati Uniti. IN

Dassasso all’ingresso del suo laboratorio.

Design con la fiamma ossidrica

IN Magazine | 63

Page 64: IN Magazine Faenza 05/2013

Mostre, libri, collaborazioni. È un lavoro a tutto tondo

scandito dal ritmo di immagini e parole quello

di Gianluca Costantini, artista che si affida

al linguaggio del fumetto. Raccontando personaggi

illustri, sognando Istanbul.

La sua passione per i fumetti na-sce da bambino leggendo prima Topolino e poi le storie dei supere-roi. Dividendosi fra l’insegnamen-to all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e Bologna e il lavoro nel mondo dell’arte, Gianluca Costan-tini ha fatto del disegno - potente mezzo espressivo che unisce imma-gini e parole - il suo campo di pre-dilezione, diventando curatore di mostre di fumetto e del festival Ko-mikazen, nonché direttore artistico di Giuda Edizioni. In questi ultimi mesi, sono usciti ben quattro libri che contengono sue illustrazioni.Costantini, cosa hanno in comune “Bronson Drawings” e “Cattive abitudini”?

“La commistione di musica e scrit-tura, arte e fumetto. Il primo è frutto di due anni di collabora-zione con il Bronson, luogo in cui band, artisti, solitari cantanti folk da tutto il mondo anelano di suo-nare. Il risultato è un libro in cui illustro con i disegni tutti i grup-pi che hanno suonato lì, in tutto una novantina, utilizzando tec-niche molto diverse fra loro, ma-neggiando i colori come fossero strumenti. Il secondo nasce invece insieme a Emidio Clementi, can-tante e bassista dei Massimo Vo-lume, immaginando di trasporre in fumetti i testi di dodici canzoni dell’omonimo album restituendo per immagini personaggi, atmo-

testo Roberta Bezzi - foto Gianluca Costantini

La vita a Fumetti

64 | IN Magazine

Disegnare | Gianluca Costantini

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sfere ed emozioni. Un vero e proprio fumetto musicale”.In “Arrivederci Berlinguer” e “L’ammaestratore di Istan-bul” si toccano invece temi più di tipo socio-politico…“Sono stati scritti entrambi da Elettra Stamboulis. Nel primo, si ripercorre la vicenda personale e politica di Enrico Berlinguer, un modello di passione politica au-tentica, di coerenza e impegno, unitamente alla storia d’Italia di quel periodo. Nel secondo invece si parla di Osman Hamdi, il più importante pittore figurativo di tradizione islamica, che è stato anche archeologo e po-litico nei primi del Novecento”.È vero che si sente a casa solo a Istanbul?“Sì, ho avuto una specie di fascinazione per quella città, dieci anni fa, la prima volta che l’ho visitata. Da allora, appena posso, ci ritorno e sarà capitato almeno quindici volte. Mi piace molto la gente e l’estetica, l’arte islamica e calligrafica che fanno ormai parte del mio stile. È una città che cambia ogni giorno, che sta conoscendo un certo boom economico e demografico”.C’è una storia che le piacerebbe disegnare?“Essendo iper-produttivo ho sempre tante idee in testa

da realizzare. Sto lavorando a un libro sullo scrittore Her-mann Hesse per illustrare la seconda guerra mondiale, a partire dal suo movimento pacifista e dalle sue lettere contro la violenza delle armi. Poi mi piacerebbe raccontare la storia di quel mese non molto lontano in cui sembrava dovesse scoppiare la terza guerra mondiale contro la Siria, facendo luce sui numerosi giochi politici, dal Papa a Putin”.Pensa che Ravenna sia pronta a divenire capitale europea della cultura nel 2019?“Tutte le città lo sono se ci sono i soldi per farlo. Di certo rispetto ad alcuni anni fa Ravenna è uscita dal suo atavico isolamento. Spesso accadono più cose qui che a New York e i turisti arrivano a frotte. Ma manca ancora un pubblico ra-vennate, soprattutto di giovani, in grado di apprezzare l’ar-te. Agli eventi c’è sempre lo stesso zoccolo duro di persone. Manca la curiosità, e in questo Ravenna continua a essere provinciale. Forse la candidatura darà la spinta giusta”. IN

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Page 66: IN Magazine Faenza 05/2013

La guida per divertirsi e scoprire insieme: tanti itinerari per trascorrere piacevoli weekend anche con i più piccini.

Esce a dicembre nelle librerie la nuova guida della collana “52” di Edizioni In Magazine che racco-glie cinquantadue mete romagnole selezionate appositamente perché adatte a un weekend in famiglia, con bambini al seguito. Suddivisa secondo le quattro stagioni, la guida presenta luoghi e itinerari affasci-nanti e divertenti, secondo un venta-glio di proposte che stupisce soprat-tutto per la varietà: dall’Adriatico agli Appennini, si susseguono par-chi tematici, percorsi naturali, mu-sei d’arte e tecnologici che fanno di tutto per garantire un’offerta adat-ta a grandi e piccoli.Ciascuna meta presenta una sche-da descrittiva che risponde a una domanda semplice quanto fonda-mentale: “Perché dovrei portarci

i miei figli?”. Troppo spesso si sen-te parlare di bambini come di un ingombro, qualcosa che sembra frenare le relazioni sociali e le pas-sioni che amiamo coltivare. C’è in-vece molto spazio per “fare le cose insieme”, senza per questo dover ri-nunciare a qualcosa. Accompagnati dai bambini si possono visitare mu-sei, mostre d’arte e siti archeologici. Non c’è luogo o argomento che i più piccoli non sappiano apprezza-re: il lavoro dei “grandi” sta tutto nel trovare la prospettiva che pos-sa rendere piacevole e accattivante quello che viene offerto. Nessuno dice che questo sia facile, ma for-tunatamente in Romagna le istitu-zioni sono molto sensibili sull’argo-mento e, salvo eccezioni, non esiste ad esempio museo senza laboratori o percorsi dedicati ai bambini. La guida non dimentica comunque quelle mete che non hanno biso-gno di pretesti o particolari strategie per essere proposte ai nostri piccoli compagni - parchi naturali e tema-tici, zoo, feste, sagre - che proprio in Romagna sembrano avere uno sviluppo inarrestabile.

C’era bisogno di una guida all’epo-ca di Internet e degli smartphone? Non c’è già tutto online? In realtà questa guida si affianca a Internet, non costituisce una copia delle informazioni già presenti online ma vuole essere uno strumento complementare: sono richiamati i siti ufficiali ed è sempre presente un link a Google Maps. L’utiliz-zo migliore che si può farne è anzi proprio accanto a un computer o ad uno smartphone, per approfondire i contenuti e pianificare il viaggio. In tale prospettiva bisogna considera-re anche le schede sulle curiosità contenute nei box di fine pagina. Sono strettamente collegate all’i-tinerario proposto e costituiscono un buon argomento per attirare l’attenzione dei nostri figli: qual è l’origine del gioco delle biglie? I pappagalli parlano davvero? Quanti tipi di mulino esistono? Quando è nato il frisbee e perché si chiama così? Perché a Natale ci scambiamo i doni? A queste e a tante altre curiosità viene data risposta nella Guida 52 domeniche con i bambini in Romagna. IN

testo Serena Focaccia

Romagna in Famiglia

66 | IN Magazine

Viaggiare | 52 domeniche con i bambini

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