il tiro a volo 279

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Il Magazine della Federazione Italiana Tiro a Volo

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Dalle piramidi al Tevere: è il percorso compiuto idealmente dalla disciplina dell’Elica nelle ulti-me due settimane. E anche da alcuni dei nomi più noti della scuola italiana. In una forma che, in termini cinematografici, definiremmo partecipazione straordinaria, alcuni specialisti italiani si sono distinti nella riunione de Il Cairo, valida per il Campionato d’Africa, in cui Giancarlo Benini ha svolto il ruolo di delegato ufficiale della Fitasc per conto della Presidenza (nella foto a lato si riconoscono Benini e un gruppo di specialisti azzurri). Con Roberto Proietti e Franca Rota protagonisti del Gran Premio d’Egitto e del Gran Prix Fitasc, al Campionato d’Africa an-che Andrea Martignoni si è imposto tra i Veterani e Giovanni Rodenghi ha centrato un brillante terzo posto tra i Superveterani. Nella quarta prova del circuito italiano in programma sabato 17 maggio alla Società Lazio di Roma, è stato invece Emilio Scaravelli a conquistare il primato nella graduatoria assoluta. Lo specialista bresciano ha colpito le quindici eliche di programma e ha poi superato un folto gruppo di avversari in shoot-off. Le piazze d’onore sono andate a Roberto Collaveri e Rosario Di Fede. Federica De Mattia ha vinto tra le Ladies con 14/15 e un secco 3 a 2 in spareggio su Virginia Massimo Lancellotti. Terza è stata Paola Tattini con 13 bersagli utili. Con 14/15 Giuseppe Petrera ha vinto tra gli Juniores precedendo Matteo Leone e Giacomo Fiocchi. Roberto Collaveri si è imposto tra i Veterani davanti a Guerrino Nanni e Roberto Boni, mentre Piero Magini ha svettato tra i Master regolando Emilio Scaravelli e Alberto Fioroni. Nella sfida a squadre, 85 centri hanno attribuito il successo a Ghedi davanti a Lugo e Lazio.

La Redazione

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Numero 27921 magg io 2014

DirettoreLuciano Rossi

Direttore ResponsabileLuigi Agnelli

Direzione e RedazioneFederazione Italiana Tiro a VoloViale Tiziano 7400196 RomaTel. 06 45235200Fax 06 [email protected]

CoordinatoreRedazionaleMassimiliano [email protected] : @ILTIROAVOLO

Grafica& MultimediaAndrea Tei

Tutti i diritti riservatiVietata la riproduzione anche parziale se non autorizzata.

Aut. del Tribunale di Roma n.111 del 17 marzo 1994

Munizioni Baschieri & PellagriBornaghiCleverChedditeFiocchi MunizioniNobel Sport ItaliaRC Eximport

ArmiCaesar Guerini Perazzi Armi Pietro Beretta

Macchine lanciapiattelliFab

ElicheRodenghiTiro a Volo Lazio

AbbigliamentoBeretta

PiattelliEurotargetMattarell i

SPONSOR FEDERALI

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pag 4 FILIPPELLIE CAINERO:STELLE DIALMATY

pag 6 GIANLUCAMUOIODOMINAIL GRANDPRIX

pag 8 L’EVOLUZIONEDEL DOUBLE TRAP

DALLE PIRAMIDI AL TEVERE

In copertinaRiccardo Filippelli superstar: il trentatreenne skeettista pistoiese, al suo debutto nella Nazionale maggiore, ha centrato una brillantissima vittoria alla World Cup di Almaty davanti al norvegese Brovold e al kazako Yechshenko.

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Sono soltanto i primi due events, ma per la compagine azzurra è già impossibile non spendere la definizione di trionfo. Che, d’accordo, altrove sarà pure sostantivo anche un po’ inflazionato, ma davvero non questa volta, perché il team del Direttore Tecnico Andrea Benelli esce dal primo segmento della sfida di Almaty (episodio secondo della saga 2014 di World Cup) con un argento e un oro. All’Asanov Shooting Range di Almaty l’argento lo artiglia, nella giornata di domenica 18, Chiara Cainero: con quella risolutezza vestita di grazia ed eleganza che è sempre stata la cifra agonistica distintiva dell’olimpionica del 2008. L’oro, invece, è il metallo del lunedì e se lo conquista una “matricola” che risponde al nome di Riccardo Filippelli: talentuoso skeettista di Pistoia appena estratto dal cilindro del mago Benelli. Che la prova del team azzurro nella gara di Skeet sia nata sotto una buona stella, lo prova subito appunto il nuovo esordio di Chiara Cainero che, a sua volta, in certo modo è matricola, nel senso che il test di Almaty vede la friulana tornare all’agonismo internazionale dopo quasi un anno di stop per maternità. Chiara sa però illuminare subito la gara. Guadagna infatti la semifinale con 71/75 insieme a Katiuscia Spada che totalizza 70 centri (Simona Scocchetti si ferma invece a 69 ed è fuori dal sestetto). In semifinale non intercetta il primo lancio dei sedici doppietti, ma in tutti gli altri casi è ineccepibile. Con Kim Rhode già finalista di diritto grazie al suo impeccabile en-plein, per giocarsi la vittoria Chiara deve però ancora costringere alla resa

Christine Wenzel e riesce a farlo soltanto in un lungo shoot-off per 19 a 18. La tedesca va a sfidare Katiuscia Spada per il bronzo e esce vincitrice dal duello per 16 a 13. Nel golden match Kim Rhode è un’autentica macchina da piattelli. Replica il suo formidabile 16/16 della semifinale e costringe la Cainero (autrice di un ottimo 14/16 con un solo passaggio a vuoto nella penultima doppia) al secondo gradino del podio. Nel bilancio che ogni disciplina idealmente traccia, lo Skeet di Andrea Benelli, con il pregiato argento di Chiara Cainero e il quasi-bronzo di Katiuscia Spada potrebbe già dirsi in attivo. Invece punta al surplus di bilancio. E a far impennare gli indici di borsa dello Skeet azzurro provvede Riccardo Filippelli: “deb” di una formazione tricolore completata da un gigante: Ennio Falco, e da uno specialista di raffinata esperienza: Christian Eleuteri. Riccardo costringe qualunque cronista alla lamentela “passatista”. Quella che recita: non esistono più le matricole di una volta. Il trentatreenne di Pistoia, infatti, affronta la gara di Almaty senza un briciolo di timore reverenziale. Quando il primo giorno semina due errori alla pedana 4 nelle prime due serie, sembra quasi che lo faccia per irridere la qualifica di “outsider” che inevitabilmente si trova cucita addosso, dal momento che chiunque scorra la classifica della World cup di Almaty alle prime battute della gara, tra i primi venti nomi difficilmente troverà chi, negli ultimi venti anni, non ha vinto almeno un titolo mondiale. A quel punto Riccardo - che dal 2013 è in forza al Gruppo

FILIPPELLI E CAINERO: STELLE DI ALMATYAl suo debutto in maglia azzurra il pistoiese vince alla grande la gara di Skeet alla World Cup di Almaty: nel confronto del Kazakhstan anche l’olimpionica di Udine conquista una luminosa medaglia d’argento alle spalle di Kim Rhode

COPPA DEL MONDO

Riccardo Filippelli sul gradi-no più alto del podio della gara di Skeet alla World Cup di Almaty con il norvegese Tore Brovold e il kazako Alexandr Yechshenko

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Il podio della gara femminile di Skeet con Kim Rhode davanti a Chiara Cainero e a Christine Wenzel

Il Direttore Tecnico dello Skeet Andrea Benelli e Chiara Cainero

Il Consigliere Luciano Innocenti, capo delegazione degli azzurri ad Almaty, posa simpaticamente con l’americana Kim Rhode

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sportivo dei Carabinieri - decide di fare sul serio e conclude le cinque serie con 123 bersagli utili. Che significa l’ingresso tra i sei semifinalisti. Impresa che peraltro invece non riesce né a Eleuteri (119) né a Falco (118), tanto per rimanere in ambito azzurro, ma, per estendere lo sguardo al panorama planetario, neppure a nomi del calibro di Hancock, Achilleos, Milchev, Sychra, Kemppainen, Shomin, Hansen. Quel traguardo sarebbe già uno strepitoso punto di arrivo per Riccardo Filippelli che fino all’inizio del 2008 si era dilettato soltanto con lo Sporting e che poi si era invece improvvisamente votato allo Skeet nell’anno di Pechino sperimentando la specialità all’impianto di Montecatini di Bruno Rossetti. Che Rossetti, del resto, fosse il maestro giusto per avviare il pistoiese alla dura ma affascinante legge del Pull e del Mark, lo si sarebbe compreso presto perché nel febbraio del 2008, ad una prova del Campionato regionale toscano di Skeet, Riccardo Filippelli sfodera il suo primo 25/25. Da allora il pistoiese - che oggi nella scuola internazionale di tiro di Bruno Rossetti a Montecatini opera quotidianamente in qualità di istruttore - compone con gradualità tutte le tappe dell’apprendistato e della maturità agonistica e l’approdo alla Nazionale di Andrea Benelli (che Riccardo definisce giustamente l’altro grande pilastro della sua carriera di tiratore) rappresenta, sì, il coronamento di un primo percorso, ma anche e soprattutto il passaggio ad un’attività di ben altro livello. Da debuttante in azzurro, ritrovarsi di punto in bianco a disputare una semifinale in Coppa del Mondo non è infatti certamente facile. Ma in quel sestetto in gara ad Almaty (tra i notissimi ci sono Tore Brovold e Abdullah Al Rashidi insieme al kazako Alexandr Yechshenko, allo svedese Marcus Svensson e al ceko Jakub Tomecek) Riccardo Filippelli è l’unico a comporre un perfetto 16/16. Lo dicevamo prima che non ci sono proprio più le matricole di una volta… Che questo accada, sarà certamente anche merito dell’ottimo lavoro che l’azzurro di Pistoia sta conducendo con Sandro Gori. È proprio con il suo mental coach, infatti, che Riccardo Filippelli sta lavorando per evitare gli inevitabili tranelli che la tensione tende agli atleti nei momenti topici della gara. “La tensione c’è sempre, dice Filippelli citando testualmente Sandro Gori (un’altra figura che il pistoiese definisce fondamentale per la sua carriera di questi anni esattamente come la fidanzata Martina Bartolomei), si tratta semmai di saperla tramutare in un’arma a favore trasformandola

da cattiva in buona.” Ma eravamo rimasti al 16/16 di Riccardo in semifinale. Ebbene, quel risultato significa naturalmente l’immediata promozione del toscano al golden match. Il suo avversario è un signore che di Skeet se ne intende certamente, tant’è che il suo nome è Tore Brovold. E qui il problema per Riccardo non è soltanto quello già sperimentato nel resto della gara, ovvero che un po’ tutti, per il momento, sono più blasonati di lui. Il problema vero è che Tore Brovold è proprio l’idolo agonistico dell’azzurro di Pistoia e il duello sarà quindi un qualcosa di epico: roba da Signore degli Anelli o da Trono di Spade. Riccardo è indubbiamente meno esperto del gigante norvegese dal punto di vista della militanza agonistica, ma può metter in campo alcune importanti esperienze che hanno il loro peso. Il pistoiese è stato infatti coach della squadra di Skeet della Toscana al più recente Campionato delle Regioni: “un modo efficace, dice Filippelli, per rendersi conto che stare dentro al quadro è ben più difficile che stare invece fuori dalla cornice.” Spesso, però, le imprese epiche riescono. Ad Almaty, è Filippelli a fregiarsi della qualifica di signore dei piattelli. O, se volete, a conquistarsi il suo trono di spade. Per 15 a 14 Riccardo costringe infatti alla resa anche il poderoso Skeet vichingo di Tore Brovold. È nata una stella, non c’è che dire. E quella stella chiede un grande cielo in cui poter risplendere.

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GIANLUCA MUOIO DOMINA AL GRAND PRIXL’Eccellenza di Gaeta stravince a Umbriaverde nel confronto di Universale davanti a Ivan Rossi e Marco Venturini: tra le Ladies svetta Bianca Revello e Umberto Onofrio Pagnotta è il migliore degli under 20

FOSSA UNIVERSALE

Gianluca Muoio è praticamente infallibile al Gran Prix d’Italie di Fossa Universale in programma a Umbria-verde Todi. L’Eccellenza di Gaeta confeziona un pro-digioso 198/200 e precede largamente tutti gli altri contendenti. Per dare la misura della superiorità dello specialista pontino basta considerare che il suo più tenace inseguitore, Ivan Rossi, ha concluso addirittura a cinque lunghezze. Poiché la sfida umbra era stata programmaticamente designata per qualificare la for-mazione azzurra in vista dell’Europeo portoghese di giugno, Il Direttore Tecnico Sandro Polsinelli, proprio in base ai risultati, ha dunque convocato “d’ufficio” Gianluca Muoio e Ivan Rossi, affiancando loro, quale terzo uomo dei Seniores scelto appunto a discrezio-ne del coach, il “leone del Trap” Marco Venturini che

ha conquistato il bronzo della gara umbra con 191 centri. È stata decisamente una “lepre” anche Bianca Revello: nella gara di Umbriaverde la specialista ligure ha inanellato 188 centri ed ha tenuto ampiamente a distanza le inseguitrici. Roberta Pelosi e Sabrina Pan-zeri (che con la bionda fuoriclasse di Savona andran-no a comporre il team rosazzurro per l’Europeo di Povoa de Varzim) hanno totalizzato 182 centri ed è stata la capitolina a vincere il duello in spareggio per 22 a 21. Colpo grosso di Umberto Onofrio Pagnotta tra gli under 20. Il giovane eclettico siciliano si è as-sicurato il vertice del podio umbro con un 190 che ha costretto al secondo posto il campione iridato Simone D’Ambrosio (188) e al terzo Roberto Bal-dinotti (184). Pagnotta guiderà idealmente il terzetto

Il Presidente Luciano Rossi posa con gli Eccellenza Gianluca Muoio e Ivan Rossi che ricevono l’applauso sul podio di Umbriaverde in compagnia del Direttore Tecnico della Fossa Universale Sandro Polsinelli

Tra le Ladies in gara al Gran Prix d’Italie di Fossa Universale Bianca Revello ha vinto precedendo Roberta Pelosi e Sabrina Panzeri

Tra i Veterani è stato il “mister” Sandro Polsinelli a vincere davanti a Franco Sozzani e Mario De Donato

Tra gli Juniores Umberto Onofrio Pagnotta ha preceduto Simone D’Ambrosio e Roberto Baldinotti

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LE GIUBBE ROSSE DELLA TOSCANA A cura del Comitato regionale Fitav della Toscana

Si è svolta sabato 17 maggio la giornata di formazione e aggiornamento per i Direttori di tiro della Toscana (nella foto: il gruppo dei partecipanti e i formatori). Già nel settembre del 2012 si era svolto un primo incontro che aveva permesso di nominare nuovi arbitri nelle varie discipline tiravolistiche. Considerate, però, le innumerevoli novità che sono state introdotte nei regolamenti dall’anno post-olimpico, il Delegato Regionale Mario Nencioni ha ritenuto opportuno far sì che sia i già nominati Direttori di tiro che le nuove leve avessero la possibilità di confrontarsi e consolidare le nozioni acquisite. L’iniziativa è stata naturalmente gestita accuratamente anche dal responsabile del CAR della Toscana Osvaldo Gargani che da tempo si adopera per portare lo staff arbitrale della regione su valori di assoluta eccellenza. L’incontro è stato organizzato presso le strutture della Società Laterina di Arezzo e ha visto l’adesione di diciotto aspiranti Direttori di tiro della Fossa Olimpica e dello Skeet e diciotto Direttori di tiro del Compak e dello Sporting. I formatori sono stati Bruno Bracalini e Federico Zerboni. Si è trattato di un’intensa giornata di lavoro che ha visto alternati momenti di teoria con momenti di pratica. Infatti, mentre nell’arco della mattinata alcuni Direttori di tiro seguivano l’intervento di Bracalini sulle norme generali e sui regolamenti della Fossa Olimpica e dello Skeet, gli altri direttori seguivano Zerboni lungo i percorsi dello Sporting. Alle 13.30, breve pausa pranzo, e poi di nuovo a lezione con attività invertite: per lo Sporting è stato il momento della teoria in aula, mentre, sull’altro versante, si osservavano e si commentavano le gare di Fossa Olimpica e di Skeet. I due formatori hanno continuamente stimolato i Direttori di tiro nuovi o già esperti ad affrontare e risolvere le varie situazioni di gara. La partecipazione e l’attenzione sono state molto elevate e qualificate; le continue domande che sono scaturite durante le attività teoriche o pratiche hanno sempre evidenziato una grande passione degli intervenuti nei confronti del ruolo del Direttore di tiro. Molti i giovani che si sono avvicinati per intraprendere la carriera arbitrale e molto gradita la presenza anche di nuove leve tra il “gentil sesso”. I tiratori, al termine dell’attività di formazione, hanno svolto i test per accedere al ruolo di Direttore di tiro provinciale. Molto presto inizieranno le convocazioni per esaminare sul campo, nelle gare regionali, i nuovi arbitri, ma tutti gli intervenuti hanno riconosciuto l’importanza della giornata trascorsa con serenità ed impegno per essere pronti ad applicare i regolamenti federali. Tutto questo è stato dettato dalla assoluta necessità di avere dei Direttori di tiro sempre più qualificati e disponibili ad effet-tuare il servizio nei campi della regione e per fornire sempre maggiore professionalità nelle gare societarie e federali.

Tra i Master ha vinto Lionello Masiero che ha preceduto Marco Vaccari e Giorgio Bottigella

Franco Sozzani ha vinto il trofeo intitolato alla memoria di Guido Polsinelli

completato dagli stessi D’Ambrosio e Baldinotti al confronto continentale. Tra i Veterani è stato lo stes-so coach Polsinelli a svettare con 193 bersagli utili davanti a Franco Sozzani e Mario De Donato, en-trambi autori di 191. Saranno però Mario De Donato, Domenico Scopelliti e Graziano Tognoni De Pugi a

difendere i colori azzurri a Povoa De Varzim. Tra i Ma-ster Lionello Masiero è stato il dominatore con 193 centri davanti a Marco Vaccari (188) e Giorgio Botti-gella (183). E con Masiero e Vaccari è stato l’esperto Giorgio Ravera ad essere designato dal selezionatore Polsinelli per la trasferta portoghese.

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L’EVOLUZIONE DEL DOUBLE TRAP

Il Double Trap è la più giovane specialità del tiro a volo. È stata istituita nel 1991 e ha debuttato ai Giochi Olimpici di Atlanta del 1996. Nel 1989 fece la sua prima comparsa in ambito internazionale: al termine dei Campionati Mon-diali di Fossa Olimpica e Skeet di Montecatini Terme, la Fitav decise di organizzare, con il benestare dell’Unione Internazionale di Tiro, una competizione open di Double Trap. Da allora la disciplina ha subito numerosi cambia-menti, dagli schemi di lancio dei piattelli al regolamento delle classifiche, mantenendo però immutata la sua spet-

tacolare identità. Per definizione l’impianto di Double Trap è costituito da tre macchine di lancio, collocate in linea retta e distanziate l’una dall’altra di 1/1,1 m. Le macchine sono poste in una fossa protetta da un tetto, la cui parte superiore deve trovarsi allo stesso livello delle pedane di tiro; sono predisposte in modo da effettuare tutti i lanci previsti dagli schemi contemplati dal regolamento; due delle tre macchine in combinazione lanciano contempo-raneamente un piattello secondo l’angolazione stabilita. Un sistema di sgancio elettrico o elettronico permette la

TECNICA DI TIRO

Di Simone Doi

Cari amici, come sapete, nel periodo della formazione invernale, da ottobre a marzo, la Federazione ha tenuto corsi di vario livello; per quello di istruttore era prevista la consegna di una tesina relativa ad un argomento scelto dal candidato. Una carenza cronica del nostro mondo è stata sempre quella di non produrre alcunché di scritto, lascian-do in eredità solo parole e testimonianze. Abbiamo quindi pensato di valorizzare quanto prodotto da alcuni tecnici ponendolo all’attenzione dei lettori della Rivista in modo da creare un dibattito sulle diverse problematiche del tiro. La scuola italiana produce da sempre campioni, ma ora, nel giro di qualche anno, produrrà anche tecnici con una pre-parazione basata su tanti aspetti della preparazione del tiratore. In questa sede lanciamo quindi l’idea di dare spazio al contributo di quanti vogliano farlo. In questo articolo, che identificheremo con il numero 0, daremo spazio ad una relazione sul Double Trap, specialità, allo stato attuale in maggior sofferenza, e ringraziamo Simone Doi per averci autorizzato a pubblicarla. Ne seguiranno altre nelle prossime settimane. Prima di addentrarci in questo nuovo viaggio vorrei riportare l’attenzione su quanto segue:

“…sebbene l’ipotesi della possibilità di generalizzare l’allenamento sia affascinante, davanti alla complessità biologica, tale fascino si rivela illusorio. Il modo più appropriato di concepire il processo di preparazione di un atleta è quello di considerarlo come un’esplorazione guidata di un terreno sconosciuto e che cambia continuamente. Ogni “territorio della preparazione di un atleta” rappresenta una sfida particolare per chi si deve muovere in esso e richiede una mappa particolare che serva da guida ottimale verso gli obiettivi del programma. Quando ci si muove attraverso un territorio ignoto avere, una mappa può fornire l’illusione della certezza e del controllo….” (John Kiely)

Buona lettura a tutti. Alberto Di Santolo

L’autore del testo Simone Doi durante una sessione

di tiro

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partenza simultanea dei due piattelli, che hanno un diametro di 110 millimetri, un’altezza di 25 millimetri e un peso di 105 grammi. I tiratori, in batterie da sei, sparano alternandosi su cinque pedane, come nella Fossa Olimpica, ma devono col-pire con i due colpi in canna due piattelli (doppietto) che escono simultaneamente, a traiettoria fissa e divergenti tra loro, lanciati da due macchine poste nella fossa distante 15 metri dal tiratore.

NascitaAl momento dell’ufficializzazione, il Double Trap prevede l’impiego di una macchina fissa, programmata per lanciare un piattello diritto, e una macchina orbitale, che muovendo-si mutava costantemente la direzione del lancio; entrambe sganciano simultaneamente i piattelli alla chiamata del tirato-re, creando uno schema casuale. Il tiratore, quindi, si prepara all’esecuzione del tiro conoscendo la direzione certa di un singolo bersaglio, andando poi alla ricerca del secondo.

La prima OlimpiadeRientrando nelle discipline olimpiche, il Double Trap dove-va soddisfare determinati parametri: ci si era accorti infatti che utilizzando un sistema di lancio dei piattelli casuale, non era possibile avere un equità tra tutti i tiratori. Ovviamente sarebbe stato molto più semplice colpire due bersagli rela-tivamente vicini piuttosto che due bersagli con traiettorie molto divergenti. Si decide cosi di impostare uno schema di lancio fisso, sostituendo la macchina orbitale con macchina fissa, eliminando così la componente casuale. Il nuovo schema (che rimane immutato fino ai giorni nostri) prevede l’impiego di tre macchine posizionate davanti alla pedana 3, che nella fossa olimpica rappresentano la numero 7, la 8 e la 9. Queste sono in grado di generare tre schemi differenti, denominati A, B e C:- schema A, piattello sinistro e centrale (macchine 7 e 8)- schema B, piattello destro e centrale (macchine 8 e 9)- schema C, piattello sinistro e destro (macchine 7 e 9)I piattelli sono sganciati al momento della chiamata del ti-ratore, e percorrono una distanza di 55 metri. Le altezze invece sono differenti: infatti devono essere regolati affinché, a 10 metri dalla loro uscita, i piattelli destro e sinistro si tro-vino ad un altezza di 3 metri e il centrale a 3,5 metri. Le loro traiettorie sono divergenti, i piattelli laterali devono avere un angolazione di 5° a sinistra per il piattello sinistro e 5° a destra per il piattello destro. Le gare sono effettuate su un totale di 150 piattelli suddivisi in tre serie. Ogni tiratore spa-ra quindi 50 piattelli allo schema A, 50 al B e 50 al C. I primi sei classificati effettuano poi una serie di finale svolta su 50 piattelli allo schema C. Essendo appena nato, in questi anni il Double Trap non ha una vera e propria tecnica definita: i tiratori che provengono da altre discipline si trovano cosi a dover adattare, con la loro esperienza, un metodo valido per colpire i due bersagli. Conseguendo grandi risultati, si arriva ad Atlanta 96 già con un basso margine d’errore.

TimerDa lì a poco le tecniche si affinano, cercando di ridurre quasi a zero il margine d’errore. L’evoluzione della disciplina porta a sparare il più presto possibile il primo bersaglio, avendo così maggior tempo sul secondo che si allontana. Si inizia a sparare sempre più veloci fino al punto di chiamare e sparare quasi contemporaneamente. Il tiratore posiziona il mirino nel punto in cui passerà il piattello, chiama e spara con qualche centesimo di ritardo, rompendo il primo bersaglio a pochis-simi centimetri dall’uscita, si sposta poi sul secondo bersa-glio, che può essere rotto con molta più tranquillità, avendo tempo per valutarne la posizione e la traiettoria. Se da un lato si presenta spettacolare alla visione, dall’altra compor-ta problematiche serie sia morali che di incolumità di tutti. Una tesi che ha fatto discutere è stata la mentalità con cui il tiratore affronta il primo bersaglio: si giunge al punto che il tiratore non spara più ad un piattello visibile, ma sempli-

cemente ad una zona di campo, rendendo impossibile ai giudici la valutazione del doppietto, ad essi si presentano infatti solo i frammenti del primo piattello (non potendo quindi valutare un no-bird) ed il secondo chiaramente integro. Si arriva all’estremo della velocità, si spara prati-camente sul cemento della buca con il pericolo reale di qualche rimbalzo anomalo dei pallini. Nel 2003 viene cosi introdotto un temporizzatore, o timer, che ritarda l’usci-ta del piattelli dalla chiamata, rendendo quindi impossibile lo sparo contemporaneo alla chiamata. Questo compor-ta molti cambiamenti nei metodi di tiro degli atleti, e nel peggiore dei casi anche a qualche abbandono, ma la pas-sione e l’amore per questa disciplina li porta a studiare nuove tecniche. Se inizialmente si era tornati a sparare inseguendo entrambi i piattelli, in pochi anni si ritorna alla ricerca della velocità di acquisizione del primo bersa-glio, per ridurre al minimo se non annullare il movimento della canna. Il tiratore, quindi, posiziona le canne ad una determinata altezza dalla buca, che ovviamente dipende da diversi fattori, ma in primis dalla sua reazione e tempo di sparo, chiama il bersaglio (tempo d’uscita da 0 ad 1 secondo) e spara solo nel momento in cui lo percepisce sul mirino, guadagnando sempre tempo prezioso per il secondo bersaglio. Questa tecnica prevede però molto allenamento affinché si possano velocizzare i propri ri-flessi e quindi la percezione del piattello e differenziava in maniera particolare il tiratore occasionale dal tiratore di Double Trap puro. È stato il sistema più longevo: si è passati dall’oro di Atene 2004 di Al Maktoum, all’argento di Francesco D’Aniello di Pechino 2008. Dal record del mondo a squadre di Di Spigno, D’Aniello e Franzoni con 430 bersagli colpiti, al record di Peter Wilson di 198/200. La continua evoluzione e ricerca della perfezione porta i tiratori a modificare le armi stesse, ottimizzandole appli-cando bindelle e calci ergonomici, apportando migliorie al fine di semplificare il gesto tecnico.

Sistema randomSi è arrivati alla quasi perfezione: è stato questo che probabilmente ha indotto al cambiamento. Dopo Londra 2012 è stato infatti introdotto un nuovo Double Trap. Per evitare la “meccanizzazione” del tiro è stato inventato un sistema di lanci random, dove il tiratore non è a co-noscenza dello schema al quale dovrà sparare, con la co-stante però di uno schema per ogni pedana: ciò significa che ognuno sparerà uno schema A un B e un C per ogni pedana ( dalla 1 alla 5) senza conoscerne l’ordine. Un’al-tra novità è stata la riduzione dei doppietti da 25 a 15, mantenendo però invariato il totale piattelli di gara (150). Novità sono presenti anche nel sistema delle finali. Se prima la classifica finale veniva ricavata facendo sparare ai primi sei tiratori una serie di 50 piattelli allo schema C (mantenendo il risultato acquisito in gara), ora sono previste: una semifinale di 30 piattelli (random) per i pri-mi sei tiratori, al termine della quale verranno effettuati gli scontri “1vs1” detti Medal Match, svolti dalla seconda, terza e quarta pedana sparando un totale di 30 piattelli. In particolare si scontreranno il terzo e quarto classificato e successivamente il primo e il secondo. Un’altra differenza sta nel fatto che la gara è considerata una qualificazione per la finale: infatti, una volta decretati i primi sei tiratori, non verrà tenuto conto del loro punteggio durante la semifinale. Ad un anno dall’introduzione nel Double Trap si vede già l’impiego di diverse tecniche di tiro: da quelle in movimento a quelle a fermo; si può, infatti, dopo i primi cinque doppietti, conoscere la traiettoria di un piattello, arrivando agli ultimi cinque doppi conoscendo perfetta-mente lo schema. In conclusione il miglior sistema sarà quello che permetterà al tiratore di ridurre al minimo i suoi errori, e quello che trasmetterà al tiratore una mag-giore sicurezza d’esecuzione.

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