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ANNA MARIA VISSANI Il profumo del Dono LA VOCAZIONE TRA DESIDERIO E PAURA DEL CUORE

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Della collana "Stupore" n. 4. L'itinerario della vocazione consacrata. di Suo Anna Maria Vissani

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Page 1: IL PROFUMO DEL DONO

ANNA MARIA VISSANI

Il profumo del Dono

LA VOCAZIONE TRA DESIDERIO E PAURA DEL CUORE

Page 2: IL PROFUMO DEL DONO

In Cristo Gesù

Un giorno un monaco orientale chiese ad un giovane arrivato al monastero per un dialogo spirituale: “Qual è il nemico del bello?”. Fu una domanda molto im-barazzante. Era spontaneo rispondere “il brutto”. Il nemico del bello – disse il mo-naco – è “il più bello”: una risposta stra-ordinaria! Una persona non lascia il bello per il brutto – commenta Mons. Giancarlo Brigantini –, ma il bello per “il più bello”, cioè per qualche cosa di più grande, di dulcis, di particolarmente intenso.

Ma dove trovare ciò che è “più bello”? Come scoprire dove si annida? Paolo ci dice che il nostro Dio non è lontano da ciascuno di noi, ma va cercato... “come a tentoni”. È il cercare silenzioso, umile, rispettoso di Dio, che non si impone, ma

si propone sempre. Se desideri incontrar-lo con il tuo cuore, anche nel buio della notte, non smetterai mai di cercare: que-sta è la fiducia di chi brama raggiungere “il più bello”!

Cosa fare? San Paolo, nella lettera alla comunità di Filippi, confessa: “Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arriva-to alla perfezione; ma mi sforzo di corre-re per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù” (Filip-pesi 3,12). Meditando a lungo la testimo-nianza del grande Apostolo e seguace di Cristo ho capito che, prima ancora che io dicessi sì a Dio, lui l’aveva detto a me; prima ancora che io lo cercassi lui mi aveva conquistato, scelto, atteso e so-prattutto... afferrato! La mia vita non era un rincorrere la meta, ma un lasciarmi semplicemente scoprire e amare!

Tutto questo è la vocazione: lanciarsi fiduciosi nelle mani dell’Altro, sapendo di essere raccolti da lui. La vita non ha la rete come ce l’hanno i trapezisti! Non possiamo non lanciarci! Il nostro salto

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Vocazione: è la parola che, custodita nel cuore, diventa segno di quanto sei importante agli occhi

di Dio. È l’indice di gradimento, presso di Lui, della tua fragile Vita. Sì, perché, se ti chiama, vuol dire

che ti ama. Gli stai a cuore, non c’è dubbio. In una turba sterminata

di gente, risuona un nome: il tuo! Stupore generale. Forse, credevi che

a te non ci pensava nessuno. Lui sì! Davanti ai microfoni della

storia ti affida un compito su misura... per Lui! Sì, per lui, non per te.

Più che una missione, sembra una scommessa. Una scommessa sulla tua

povertà e sulla tua possibilità. Con Lui puoi tutto!

Ha scritto “Ti amo” sulla roccia. E accanto ha messo il tuo nome.

L’ha scritto di notte. Nella tua notte! Puoi dire a tutti:

non si è vergognato di me! Si fida! (TONINO BELLO)

non è un tuffarci nel buio: “So infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire... ciò che mi è stato affidato” (2Timoteo 1,12). An-che tu, fratello o sorella, giovane o adul-to che cerchi in Dio la tua pienezza di vita, sappi che ti puoi lanciare, perché Lui certamente ti afferra! Sei stato ama-to-conquistato/a da Cristo Gesù. Lascia-ti prendere! Moltissimi amici coraggiosi, che si sono messi alla sua sequela, te-stimoniano quanto Papa Benedetto XVI ripete ai giovani: “Siate pienamente con-vinti: Cristo nulla toglie di quanto avete in voi di bello e di grande, ma porta tutto a perfezione per la gloria di Dio, la felici-tà degli uomini, la salvezza del mondo”.

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1. Nel desiderio

che è sete di vitaAll’inizio c’è una sete, una grande

sete di vita, di pienezza e di amore. Non lo sai perché. Non

sai dove porta. Ma intanto non lo soffochi con l’acqua delle cisterne

screpolate o con le “coca cole” artificiali. Fortunato e benedetto

chi trova Lui che lo accoglie, lo ascolta, lo illumina. La sua è

sempre acqua viva.

Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice:

“Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti

avrebbe dato acqua viva(GIOVANNI 4,10)

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sola e mi sorprendevo a riflettere sul fu-turo, su me stessa, su quello che volevo e soprattutto sulla vita che facevo, provavo un senso come di solitudine e di vuoto. Erano questi i momenti in cui pensavo a Dio. Avevo una grande sete di infinito ma il pozzo a cui attingere mi appariva trop-po profondo! In testa emergevano tante domande, ma il cuore era un “secchio forato”. L’acqua non arrivava mai a spe-gnere la mia sete.

Ricordo la mia giovinezza come un tempo spensierato ma non privo di

problemi. Avevo una famiglia normale che mi voleva bene, anche se non mancavano motivi di conflitto. Non facevo difficoltà a fare amicizia, uscivo con gli amici e mi divertivo. A scuola me la cavavo senza particolari problemi e questo mi bastava. Quando pensavo al futuro prevaleva il so-gno di quello che volevo essere o diventa-re; guardarlo realisticamente mi metteva un po’ paura e parecchia insicurezza.

Il mio cuore era assetato di felicità e di amore: li cercavo in tutte le situazioni dove erano assicurate emozioni piacevoli, escludendo la trasgressione distruttiva.

Potevo tutto sommato sentirmi soddi-sfatta se non fosse stato che, quando ero

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2. Nella bellezza dell’amore

...E c’è anche un’esperienza di incontro con il Signore. Dentro

la vitalità della Chiesa. L’incontro con Cristo risorto nei sacramenti

del perdono e del Dono Eucaristico! E subito diventano sorgenti di vita e di preghiera.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane

nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto,

perché senza di me non potete far nulla.

(GIOVANNI 15,4-5)

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Lì feci l’esperienza che chiamavano “fare deserto”, dove per la prima volta mi tro-vai sola a tu per tu con Dio, che mi parla-va attraverso il brano del Vangelo che ci avevano dato da meditare. Mi rimase im-pressa l’idea che Dio ha un amore esclu-sivo per ciascuna persona e che questo amore è donato attraverso gli incontri e gli avvenimenti della vita quotidiana. Mi portai a casa questa idea. Fu una cosa che mi rivoluzionò la vita! Vivevo l’Eucarestia domenicale, con la sensazione che Gesù entrava realmente dentro il mio cuore. Ascoltavo la Parola di Dio con l’attenzione di chi sta per ricevere indicazioni sulle di-rezioni da prendere nella vita. Forse fu per questo che una domenica mi sentii dire: “Se vuoi... vieni dietro di me. Seguimi!”.

Tra le esperienze di Dio fatte da bambina, la prima Comunione ha

lasciato una traccia indelebile nella mia memoria affettiva. Il giorno prima di quel fatidico giorno, la catechista mi disse: “Domani Gesù avrà un messaggio parti-colare per te. Sii attenta”. Mi ricordo che mentre ricevevo il suo Corpo e il suo San-gue, sentii veramente dentro il mio cuore Gesù che mi diceva: “Ti voglio bene”.

A pregare mi aveva insegnato mia non-na. Lei ringraziava Dio per ogni cosa bella che gli capitava e quando si trovava nelle difficoltà si rivolgeva a Lui con grande fi-ducia. Io ero convinta che Dio era buono e bello, perché lei lo vedeva così. Questa è ancora oggi una convinzione fortemente radicata in me. Crescendo mi ero lasciata distrarre da tante cose, specie nell’ado-lescenza. Conservavo un barlume di fede ma era quella di quando ero bambina. La Messa era tanto usuale che ormai non mi diceva più niente. Poi ci fu una svolta. Al-cuni miei amici mi invitarono ad un campo scuola dove c’erano tanti miei coetanei.

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3. Nella ricerca sincera

Un inizio di cammino e poi sempre più la scelta da compiere.

Chi cercare? Te stesso/a o il Signore? Cercare le consolazioni di Dio o il Dio delle consolazioni? Per questa strada è determinante la testimonianza e l’aiuto di chi cammina avanti e accanto a te.

Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre,

la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino

la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non

porta la propria croce e non viene dietro a me,

non può essere mio discepolo.(LUCA 14,26-27)

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lessi in un libro che le monache mi ave-vano prestato: “Voi spandete quel ‘buon profumo divino’ che può richiamare l’u-manità alla sua vocazione fondamentale: la comunione con Dio. Nella vostra esi-stenza trasfigurata dalla bellezza della sua santità, siete chiamati ad anticipare la comunità ‘senza macchie e senza ru-ghe’, ‘il cielo nuovo e la terra nuova’ che ogni uomo desidera (cfr Ap 21,1)”.

Non so perché, ma queste paro-le mi misero dentro un grande fervore. In quell’occasione capii che non dovevo anteporre nulla a Lui. Lo sintetizzai an-che in un motto che poi mi sono portata dietro nella mia avventura di consacra-ta: “Dio solo”. Queste due parole hanno accompagnato il mio cammino tra i tanti chiaroscuri della vita.

Nel monastero dove feci la prima esperienza e dove rimasi qualche

giorno, c’era una monaca addetta alla foresteria, con cui avevo fatto amicizia. Sapeva che ero in discernimento vocazio-nale. Lei mi disse: “ Ma tu che cerchi?”. Mi parve scontato rispondere: “Cerco la strada giusta per me”. Lei replicò: “Pen-savo stessi cercando il Signore”. Questa precisazione mi sorprese e mi fece molto bene perché mi riportò al centro del mio desiderio: avevo scoperto che Gesù mi amava e io volevo fare altrettanto nei suoi confronti. In quella esperienza capii pure che Gesù stesso mi chiedeva di legare la mia vita alla sua e mi invitava a lavora-re con Lui nella vigna del mondo. Arrivai a questa consapevolezza anche grazie a ciò che la Chiesa dice ai consacrati e che

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4. Nella gratuità

dell’essenzialeDecidere prima o poi si deve. Per questo, se si vuole amare

e stare con il Signore, bisogna lasciare.

Lasciare il “bello” per il “più bello”, il poco per il Tutto: che è Lui, il Signore.

Lasciare e non rimpiangere. Lasciare e immergersi nell’Amore.

Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a

salutare nessuno lungo la strada.(LUCA 10,3-4)

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Con gioia grande ho conosciuto la for-za interiore del voto di povertà evangelica, che è esigenza di libertà e amore senza calcoli. È vero: chi vuole amare seriamen-te in modo naturale si fa piccolo e biso-gnoso, perché la povertà libera la creatu-ra da tutto ciò che le impedisce di amare fino in fondo.

Arrivò il momento della decisione: il Signore mi chiedeva di lasciare

tutto e di seguirlo. Il fatto di dover lascia-re la famiglia, gli amici e gli affetti, l’auto-determinazione, le tante cose che posse-devo, mi procurò una condizione di ma-lessere e di disorientamento. In aggiunta la mia famiglia mi era contro perché non approvava la mia scelta. Fu un momen-to doloroso ma anche molto significativo perché capii cosa voleva dire “spogliarsi di tutto”, per diventare come Gesù, pove-ra, casta e obbediente.

Quando partii da casa, insieme a pochi indumenti, mi portai dietro solo il mio “SÌ”: il sì della fragilità del mio essere, il sì della povertà dell’appartenenza e del possesso, il sì della disponibilità allo Spirito divino, che plasma la poca argilla della debole esistenza con l’acqua della Grazia divina.

Povera come Lui Povero. Fortemente legata all’amore del Padre e decisa ad abbandonarmi totalmente a Lui. Povera! Aperta e disponibile ai fratelli con i quali, oggi, condivido ciò che sono e ciò che ho.

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5. Nella fecondità

del dono di séIl cammino procede ed è come la danza che non puoi lasciare,

finché sei dentro la musica. La godi, abbandonandoti fra

le braccia di chi danza con te. L’amore è danza, è dono gioioso.

È semplicemente amore! È Lui che danza con te. E tu?

Nessuno ha un amore più grande di questo:

dare la sua vita per i propri amici.

Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando.

(GIOVANNI 15,13-14)

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sposo diventa più vero e profondo nella misura in cui si è in grado di rifondare l’unione affrontando insieme le inevitabili crisi di passaggio.

Col passare del tempo, mi convinco sempre di più che solo una fede radicale conduce all’accettazione graduale e viva della relazione con Dio come unica ed esclusiva. L’affettività, la capacità di ama-re, il desiderio di essere amati... costitui-scono i gradini di una lenta e consapevole ascesa verso l’amore sponsale con Cristo.

Quanti incontri, relazioni stupende con sorelle e fratelli hanno risvegliato in me la capacità di generare spiritualmente e umanamente creature belle, trasparenti, capaci di un sì rinnovato e generoso alla vita! La maternità-paternità spirituale, dono della Grazia divina, profumo dell’a-more gratuito dello Spirito, è il frutto dell’offerta totale del nostro essere (cuo-re, anima, mente, affetti e corpo) al Si-gnore. È un’esperienza affascinante, che solo chi la vive in totale dedizione può narrarne le meraviglie.

Quante volte mi sono sentita dire dalla gente e specialmente dai gio-

vani: “Non ti manca una persona da ama-re?”. Ho sempre risposto: Sì, ci sono state situazioni in cui ho sentito questa man-canza e mi sono trovata a dover riscoprire le motivazioni che mi hanno portato alla consacrazione.

Ogni volta riprendo consapevolezza di quello che c’è nel profondo di me stessa: il fatto che l’amore di Gesù è talmente importante per me che non posso farne a meno. Come nel matrimonio, anche nel-la consacrazione l’amore che lega allo

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6. Nella libertà dell’obbedienza

Tu danzi fra le Sue braccia! È Lui, il Signore tuo Sposo, che conosce

il movimento e il ritmo di ogni tempo che hai da vivere. Non danzi da solo/a.

La solitudine e la sua anima (che è l’orgoglio) non creano gioia. Mai.

Per nessuno. Obbedire è abbandonarsi a Lui, ascoltare la Sua musica che

ritma la danza della vita. Lo fai insieme a sorelle e fratelli che Lui stesso ha scelto come compagni di viaggio.

Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza

eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato

da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek.

(EBREI 5,8-10)

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neppure alla lontana, col supino atteg-giamento dei rinunciatari. Chi ubbidisce non annulla la sua libertà, ma la esalta. Non mortifica i suoi talenti, ma li traffica nella logica della domanda e dell’offerta. ‘Obbedire in piedi’ è l’autentica natura dell’obbedienza, la cui dinamica suppo-ne uno che parli e l’altro che risponda. Uno che faccia la proposta con rispetto, e l’altro che vi aderisca con amore. Uno che additi un progetto senza ombra di violenza, e l’altro che con gioia ne inte-riorizzi l’indicazione. In effetti, si può ob-bedire solo stando in piedi”. Capii da qui, cosa fosse l’obbedienza vera: un dono dall’alto. Vivendola quotidianamente ho scoperto che essa libera dall’individuali-smo e dall’orgoglio e rende veri servi di Dio come Gesù che si è fatto Servo per amore.

Devo confessare che tra i consi-gli evangelici, quello più faticoso

è l’obbedienza. Sto parlando dell’obbe-dienza che mi veniva proposta sotto for-ma di accettazione passiva di una gene-rica “volontà di Dio”. Non ci stavo a di-ventare una marionetta nelle mani di un burattinaio, tantomeno se quest’ultimo era Dio. Io volevo mettermi al servizio del Regno facendomi serva di tutti ma con la mia personalità responsabile. Poi un giorno mi capitò tra le mani un brano tratto da un libro di don Tonino Bello in cui mi ritrovai in pieno: “Obbedire deri-va dal latino ‘ob-audire’. Che significa: ascoltare stando di fronte... Mi sono pro-gressivamente liberato dal falso concet-to di obbedienza intesa come passivo az-zeramento della mia volontà, e ho capito che essa non ha alcuna rassomiglianza,

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7. Nella gioia

della comunione Insieme, nella gioiosa comunione fraterna e nella grande comunità che è la Chiesa, l’esperienza del dono di tutta la tua vita diventa

possibile e vera. La gara di danza non la vince chi prevale, ma

chi serve; chi sta attento a non pestare i piedi dell’altro e quando succede chiede e offre perdono.

Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande

tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo

tra voi sarà schiavo di tutti.(MARCO 10,43-44)

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so il sapore del profumo di un amore che sgorga dalla roccia della fedeltà di Dio.

Quanti momenti potrei narrare, quan-ti passaggi pasquali in cui la comunione fraterna è stata “olio benedetto” sulle fe-rite del cuore, del corpo, della mente e delle relazioni!

L’amore fraterno è rugiada che rinfre-sca e mitiga le paure che ci impedisco-no di camminare spediti verso il Signore. È come un fascio di luce che avvolge la nostra società assetata di concordia e di pace. Dove si realizza una forma di so-lidarietà, di unione di cuori, di fede e di preghiera, là il Signore è presenza amica e benedizione, è vita per sempre, è sor-gente di pace in questa terra e oltre: fino all’eternità!

Gesù prega, perché i suoi discepoli “siano una sola cosa”, come lui lo è

con il Padre (cfr Gv 17,21).Lungo il tempo della mia gioiosa do-

nazione al Signore ho incontrato fratelli e sorelle che insieme a me hanno cercato di tracciare sentieri di speranza e di co-munione dentro la storia dell’umanità.

Lo scoraggiamento, la tentazione di non farcela, l’aridità del mio cuore, le sconfitte umane, tutte queste esperien-ze sono state lenite dall’olio dell’amore fraterno.

Pregare insieme ogni giorno, tutti i giorni; mangiare insieme, decidere in-sieme, custodire insieme, proteggersi l’un l’altro con premura e delicatezza... sognare un futuro insieme, tutto ha pre-

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8. Nell’umiltà di Maria

Nella gioiosa consacrazione a Cristo Sposo, non si cerca altro

che l’umiltà del servizio. Proprio come Maria.

Tu conti se ti appoggi a Lui. Come Lei, l’umile serva

dell’infinito Amore. Tu diventi grande nel segreto

della tua “piccolezza”.

L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio

salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi

cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome.

(LUCA 1,46-49)

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la fedeltà della purezza di cuore. Questa è la piena autorealizzazione.

Tutti questi atteggiamenti che si trova-no in Maria, li ho fatti miei, gradualmente e non senza difficoltà, ma alla fine posso dire che mi sento molto privilegiata per la possibilità di essere come lei “discepola di Gesù”.

Nel cammino di consacrazione, Maria, la madre di Gesù, per me è

stata un modello. Mi ha sempre colpito il suo essere “umile serva del Signore”. Lei è stata una ragazza che si è messa nella precarietà, che ha accolto la chiamata e tutto quello che ne consegue. Nel Magni-ficat canta: “Il Signore ha guardato all’u-miltà della sua serva” che vuol dire: ha guardato l’insignificanza, la piccolezza, il non contare nulla, di colei che ha scel-to per essere “madre”. Tutto questo ha sempre avuto una forte risonanza dentro di me.

Ancora oggi l’umiltà di Maria mi fa riflettere perché questa è una virtù che trovo difficile vivere appieno, visto che è l’atteggiamento di chi non si gonfia e non si illude, accoglie la propria fragilità e non dispera di fronte alle sconfitte della vita.

La consacrazione a Dio non è una ri-cerca della propria realizzazione come pensavo agli inizi. Con il tempo ho sco-perto che più importante è l’andare die-tro a Gesù, unico Maestro, e seguirlo con

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9. Nel fuoco dello Spirito

Il cuore di chi si consacra al Signore vive nel costante

risveglio del mattino di Pasqua e canta il canto nuovo nel giardino dell’amore. Porta in sé, come in uno scrigno, il grido di ogni vita ferita dal male e il desiderio di

luce nel buio del mondo, perché sa che Cristo, suo Sposo, ha vinto

la morte per sempre ed è vivo con noi.

Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta, ripeta: “Vieni!”. Chi ha sete, venga;

chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita. (APOCALISSE 22,17)

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Quando si è innamorati e innamo-rati sul serio, il cuore non trova più

pace finché non riposa in quello dell’a-mato. Così narra una giovane donna in-namorata di Dio che ha ispirato molto la mia vita spirituale: “Da quando mi sono lasciata prendere da Lui, mi è penetrato così profondamente dentro da non riu-scire più a cacciarlo via neanche a voler-lo. Tutto il giorno vado spasimando per trovare Gesù. Questa mia ricerca appas-sionata non mi toglie la pace del cuore. Lo cerco in ogni luogo. Lo intravedo nei

volti scarni e stanchi degli anziani, lo ri-conosco nel sorriso allegro dei bambini, lo leggo nello sguardo sereno delle mie compagne di viaggio. Lo sento palpita-re nelle ferite delle relazioni spezzate e persino dentro le cose.

Quando mi trovo davanti a Lui nell’ado-razione, in ogni ora, mi sento come se un grido prorompente mi solcasse il petto e ripeto: ‘Ho bisogno di Te e dell’unica forza del Tuo Sangue Prezioso, mio Signore!’. Ai piedi di Gesù Crocifisso porto tutte le persone che incontro e mi scopro pove-ra tra i poveri del Vangelo e ripeto: ‘Figlio di David, abbi pietà di me!’. Lo faccio con tante lacrime di gioia. Gesù mi risponde con il mormorio della pace interiore e mi ferisce il cuore con una tale dolcezza da non poter fare a meno di amarlo e di annunciarlo a tutti. Vorrei ripetere a voce alta e in tutte le piazze del mondo: ‘Gesù solo, solo Gesù nel nostro cuore e niente più! Seguiamolo e assaporeremo la dol-cezza dell’essere suoi!’” (Maria De Mat-tias, 1805-1866).

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I Santi, uomini e donne innamorati di Dio, narrano con particolare passione

interiore la loro donazione totale all’Amore, dentro il solco della fragilità umana. Molti di loro hanno ispirato la mia vita

spirituale e tutt’ora la motivano. Sant’Agostino, Santa Ildegarda di Bingen, Santa Gertrude di Helfta,

Santa Chiara e San Francesco D’Assisi, Santa Teresa D’Avila,

San Giovanni Della Croce, Santa Maria De Mattias, San Giovanni Bosco, Santa Teresa Benedetta della Croce e tanti altri, insieme

a grandi testimoni e profeti del nostro tempo.

A te compagno/a di viaggio, che stai leggendo questa

“avventura del sì” rivolgo l’invito ad andare alla fonte della Parola di Dio per meditare e assaporare la dolcezza dell’Amore divino.

Lasciati infiammare il cuore anche dagli scritti dei santi,

dei grandi testimoni e dei profeti del nostro tempo. Leggi, medita

e gusta con santa invidia spirituale. Chiedi ad ognuno di loro di intercedere per te

la luce e il coraggio del sì totale a Dio per il Suo Regno!

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Per essere un buon danzatore

Per essere un buon danzatore, con te come con gli altri,

non occorre sapere dove conduca la danza.Basta seguire il passo,

esser contento, essere leggero, e soprattutto non essere rigido.

Non occorre chiederti spiegazioni sui passi che ti piace fare.

Bisogna essere come il prolungamento, agile e vivo, di te.

E ricevere da te la trasmissione del ritmo dell’orchestra.

Bisogna non voler avanzare ad ogni costo, ma accettare di voltarsi

indietro, di procedere di fianco.

Bisogna sapersi fermare e saper scivolare anziché camminare. E questi sarebbero soltanto

passi da stupidise la musica

non ne facesse un’armonia.Noi però dimentichiamo la musica del tuo Spirito,

e facciamo della vita un esercizio di ginnastica;

dimentichiamo che fra le tue braccia la vita è danza,che la tua santa volontà

è di un’inconcepibile fantasia...Se fossimo contenti di te, Signore,

non potremmo resistere al bisogno di danzare che dilaga

nel mondo, e arriveremmo a indovinare quale danza ti piace

farci danzare sposando i passi della tua Provvidenza.

MADELEINE DELBRÊL

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“Appartenere al Signore vuol dire essere bruciati

dal suo amore incandescente, essere trasformati

dallo splendore della sua bellezza [...].

Essere di Cristo significa mantenere

sempre ardente nel cuore una viva fiamma d’amore”

BENEDETTO XVI, 22 MAGGIO 2006

COLLANASTUPORE

Altri titoli disponibili:L’estasi della preghieraLa conversione del cuoreI diamanti dell’amore

Centro di Spiritualità “Sul Monte”Via Sabatucci 15 - Castelplanio (AN)www.sulmonte.org

Immagini: Fotoliapag. 22: Carpaccio, Incontro di Gioacchino e Anna con san Luigi IX e santa Libera, Accademia di Veneziapag. 34: Giotto, La visitazione, Cappella degli Scrovegni, Padovapag. 37: Beato Angelico, Annunciazione, San Domenico, Cortona

Realizzazione © Editrice VELAR 201224020 Gorle (BG)www.velar.itISBN 978-88-7135-783-6

Esclusiva per la distribuzione in libreria:ELLEDICI - Rivoli (To)www.elledici.orgISBN 978-88-01-?????-?

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€ 2,00COLLANASTUPORE

Altri titoli disponibili:L’estasi della preghieraLa conversione del cuoreI diamanti dell’amore

Noi siamo dinanzi a Dio il profumo di Cristo

(2 CORINZI 2,15)