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1 IL MOSAICO DI OTRANTO

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IL MOSAICO DI OTRANTO

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Come ho saputo del mosaico di Pantaleone

Ho scoperto l'esistenza del mosaico nell'ottobre 2007, grazie a una ragazza del

centro di Umberto di Grazia che mi parlò della conferenza sul mosaico tenuta la

sera prima da Francesco Corona nello stesso centro. L’entusiasmo con cui la

ragazza mi raccontava quanto detto dal Corona sul mosaico, accese la mia

curiosità, così cercai l’opera in Internet dove trovai delle immagini.

Nell'immagine che vedevo sullo schermo del computer, che credevo riguardasse la

totalità dell'opera, compresi perché quei personaggi erano presenti nel mosaico,

soprattutto sapevo chi raffigurava la Diana posta in basso e cosa il monaco

Pantaleone(*) volesse dire con quella figura posta lì perché secondo me si trattava

di quella stessa risposta che invano andavo cercando da oltre tre anni e che sui libri

non riuscivo a trovare.

Convinta che non avevo incontrato per caso il mosaico sulla mia strada, cominciai

a cercare per saperne di più. Non ero molto interessata a una visita del luogo (in

seguito ci andrò più volte) perché avevo letto che non avrei potuto vedere il

mosaico nella sua interezza in quanto coperto da panche e altri arredi della chiesa.

Così cercai i libri di don Grazio Gianfreda, il sacerdote che aveva scritto libri

riguardo la simbologia contenuta nell’opera, ma erano introvabili. Per saperne di

più e per avere spunti di riflessione, provai ad inviare email a persone che già

avevano studiato o studiavano il mosaico, ma anche quella strada si rivelò

infruttuosa. Finalmente, dopo diverso tempo, in una libreria di Roma per caso

trovai il sospirato libro del Gianfreda. Una riedizione rivista e aggiornata che

conteneva anche la foto del mosaico. Mi resi allora conto che, oltre la parte che

avevo visto in Internet, il mosaico aveva anche due parti laterali.

L’opera totale mi colpì ancora di più, ma oltre al significato della presenza di Diana

nella parte finale del racconto del monaco, figura che secondo me simboleggiava

quanto le mie esperienze mi portavano a concludere, del mosaico dovevo

comprendere il resto di quanto il monaco aveva voluto tramandare e la cosa non era

semplice. Non era semplice perché non conoscevo nulla della materia che viene

chiamata esoterismo (ossia ciò che è nascosto rivelato attraverso Simboli), poco o

nulla delle varie religioni compresa quella a cui appartenevo, e sapevo poco o nulla

di astronomia. E soprattutto non era semplice riflettere e ragionare con quella spada

di Damocle che mi sentivo sulla testa in quanto ero venuta a sapere solo da qualche

mese del calendario Maya, del 2012, e le varie tesi e domande che l’arrivo di

* Non si conosce nulla di Pantaleone; si suppone fosse un monaco basiliano di origine greca, dell'abbazia

di San Nicola di Casole. Di lui non si conoscono i dati anagrafici, si presume fosse un chierico in quanto

nell’opera si firma come Pantaleonis presbiteri.

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questo anno provocava. Per di più non sapevo nulla di alieni ed extraterrestri, i

quali, prima che vivessi le esperienze personali, paranormali e non, legate a loro,

costituivano per me solo dei soggetti utili alla fantasia degli autori di film di

fantascienza.

Dopo aver inutilmente cercato per mesi aiuto e confronto attraverso le persone

nuove che il destino sembrava aver preso a mettere sulla mia strada - persone che

comunque non ritenevano credibile ciò che per me era invece una certezza -

auspicando facesse nascere una qualche discussione utile su cui ragionare insieme,

azzardai una prima decriptazione dell’opera e la pubblicai in Rete.

Ma le cose difficilmente vanno come ci si augura. Il fatto che non fossi creduta era

comprensibile; affermare di riuscire ad interpretare l’opera grazie ad esperienze

mistiche e paranormali era già inusuale, inoltre quello che scrivevo sconvolgeva

totalmente quanto detto e creduto sulle religioni e sui loro fondatori fino a quel

momento. Quindi come sperare di essere creduta? Ma purtroppo ciò era quanto

deducevo dalla somma delle mie particolari esperienze, e poi dalla interpretazione

di ciò che il monaco aveva voluto tramandarci attraverso il racconto del mosaico

fatto apposta per metterci in guardia rispetto ai tempi della fine.

Poiché non ero riuscita a spiegare nella mia prima interpretazione del mosaico

alcuni animali simbolici dell’opera e quelli che avevo ormai capito erano quei due

corpi celesti diversi che avevano fatto parte delle mie particolari esperienze,

sollecitata da queste che proseguivano in modo pressante, continuai le ricerche e

ripresi a riflettere e ragionare sulle mie particolari esperienze passate e su quelle

che continuavo a vivere. Che non si trattasse di un caso se ero venuta a conoscenza

di quell’opera era ormai per me una certezza.

Pur senza credere a tutto ciò che vivevo a livello paranormale, perché avevo

imparato in prima persona che potevano arrivare visioni o ricordi devianti in quanto

gli alieni/parassiti sono in grado di intrufolarsi nei nostri sogni e provocarci visioni

sublimi o mostrarci falsi ricordi per farci confusione su quanto ci la Coscienza più

profonda, ragionando di nuovo sulle mie particolari esperienze, dopo un po’ di

tempo compresi che la strada che avevo intrapreso in precedenza era una strada

chiusa del labirinto, e che la mia ricerca avrebbe dovuto estendersi ben oltre le date

su cui già avevo indagato e ragionato poiché non avevo valutato in modo corretto le

informazioni che la mia Coscienza più profonda aveva inviato alla mente conscia.

Ma andando avanti la mia strada sarà comunque lastricata da numerosi altri errori.

Quando finalmente compresi un po’ di più, mi resi conto di quanto, nonostante

tutto, fosse limitato l’arco di tempo storico su cui avevo indagato e quale fosse il

motivo per cui, come abitanti di questo pianeta, stavamo vivendo i problemi che

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stiamo vivendo. Compresi che quelle che erano le nostre origini come abitanti di

questo pianeta partivano da ben più lontano rispetto a quanto ritenevano alcuni

ricercatori, e mi apparve chiaro che la teoria darwiniana non era esatta in quanto

l’evoluzione che Darwin diceva non esisteva. E leggendo quanto antichi testi

tramandano, mi convinsi che quelle persone che ritenevano di essere canalizzatori

erano per lo più persone manipolate da esseri di altre dimensioni il cui interesse è

solo quello di portarci fuori strada. Quindi non positivi e sicuramente fuorvianti.

Comunque caratterialmente molto razionale, compresi tutto questo cercando di

unire il cuore alla logica che il cervello mi suggeriva. Compresi anche, però, che

questa mia certezza era ancora difficile da raccontare, ancor meno facile da credere

per gli altri, ma soprattutto da provare. E questo perché ci sono sempre state

nascoste verità importanti.

Dopo aver chiarito in me tali concetti, rileggendo con diverso spirito analitico

alcuni libri già letti e con una diversa cognizione alcune parti della Bibbia,

riesaminando e riflettendo sulle varie storie raccontate su ufo e alieni, sugli

aneddoti legati a loro e su quello che avevo vissuto in prima persona, compresi

meglio ciò che il monaco voleva dire coi suoi disegni, come e quando ciò che

Zecharia Sitchin(*) traduceva dalle tavole sumere legato agli esperimenti genetici

fatti dagli extraterrestri aveva dato risultati pieni, e quando quella nuova razza

aveva cominciato a mescolarsi con la razza già presente sulla terra.

Tutto diventava un po’ più chiaro. Diventava più chiaro perché Giacobbe fosse il

prediletto di dio, e perché quel dio disse a Rebecca che i suoi due figli avrebbero

dato origine a due differenti nazioni; diventava più chiaro perché dalle alte

gerarchie ecclesiastiche Maria venisse definita Vergine, e perché di questo avevano

fatto un dogma; diventava chiaro il motivo che aveva portato la grande follia di

Hitler a sterminare sei milioni di Ebrei insieme a Zingari, omosessuali e portatori di

handicap e perché Pio XII non fece molto per aiutare gli Ebrei in tempo di guerra.

E diventava a questo punto intuibile anche che tipo di prove cercavano gli uomini

di Hitler nei dintorni di Montsegur, in Turchia e in Tibet. Prove che erano

probabilmente le stesse che cercava in Egitto Napoleone Bonaparte prima di Hitler.

Si comprendeva perché, come emergeva dalle ricerche di Corrado

Malanga(*pag.33), solo 20 persone su cento avessero anima (ma sarebbe più esatto

forse dire Spirito), e si capiva anche la ragione per cui Arnaud Amaury, durante il

massacro di Béziers avvenuto il 22 luglio del 1209 (dove vennero uccise più di

* Zecharia Sitchin, venuto a mancare nel 2010, è stato autore di molti libri sulla cosiddetta archeologia

misteriosa e sostenitore della teoria dell'antico astronauta come spiegazione dell'origine dell'uomo. Le

investigazioni di Sitchin, basate sulla sua personale interpretazione dei testi sumeri, vengono considerate

pseudoscienza e pseudostoria dalla comunità scientifica, rifiutate da scienziati, storici e accademici.

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20.000 persone), interrogato da un soldato su come poter distinguere nell'azione gli

eretici dagli altri, avesse risposto: "uccideteli tutti dio riconoscerà i suoi”.

Era già passato un secolo, senz’altro non solo gli alti gerarchi cattolici conoscevano

il contenuto dei documenti trovato dai Crociati, quindi degli antichi esperimenti

genetici fatti in passato dagli Atlantidei, e dei figli nati dagli accoppiamenti degli

Elohim con le donne terrestri. Esseri che per le alte gerarchie vaticane erano figli

del diavolo (ed in qualche modo avevano ragione). E’ perciò quasi certo che quelle

cose le conoscesse anche Arnaud Amaury. Quindi, quei suoi che Dio avrebbe

riconosciuto, a cui l’abate di Narbon si riferiva, erano gli iscritti nel Libro della

Vita. Che erano (e sono) diversi da quelle persone che discendevano dagli ibridi

degli Elohim.

Le conoscenze che mancavano a quei tempi erano molte, l’entità del guaio creato

da quegli antichi esperimenti e dagli accoppiamenti degli Elohim con le donne

terrestri (potuto avvenire perché si era in un basso Livello di esistenza) era troppo

antico perché quegli alti gerarchi della Chiesa ne potessero comprendere la gravità

e capire che anche loro potevano non essere diversi dalle persone che uccidevano.

Ma la presunzione di poter riconoscere ed uccidere solo attraverso comportamenti

ritenuti insoliti quelle persone che ritenevano figlie del diavolo, proseguì con

l’inquisizione, fu probabilmente la ragione per cui Hitler intendeva sterminare gli

Ebrei, ma prosegue ancora oggi in modo diverso attraverso le tante guerre istigate,

senza che lo sappiamo, dalle entità negative.

Nella relazione che seguirà, cercando di sintetizzare e senza pretenderne l’esattezza

storica (non si trova neanche sui libri!), spero di riuscire a comunicare quanto

ritengo di aver compreso e imparato, sia dalle mie esperienze paranormali e

mistiche, che dal mio percorso di ricerca, in modo tale da poter fornire indicazioni

a chi avrà la pazienza di leggere quello che è il risultato delle mie ricerche e delle

mie valutazioni fino a oggi e possa fare la sua ricerca.

Per quanto possa sembrare assurdo dato che il mosaico è stato costruito nel XII

secolo, il monaco Pantaleone nella sua opera ci parla dell’eterna lotta tra il Bene e il

Male, delle sperimentazioni genetiche fatte in un lontano passato, ma soprattutto ci

racconta di quel corpo celeste, che lui disegna come mostro, che è il Pianeta che

arriva a distruggere ciclicamente la vita sulla Terra.

* Corrado Malanga dal 1983 è ricercatore presso la cattedra di Chimica organica del Dipartimento di Chimica

organica e Chimica Industriale nella Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università di Pisa,

e autore di diverse pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali. Parallelamente, si interessa alle teorie

sugli UFO e sulle abduction, il presunto rapimento di esseri umani da parte di extraterrestri. Egli ritiene che il

fenomeno delle abduzioni non sia positivo ma negativo. Gli alieni non sono “fratelli dello spazio” che vengono

a portare amore e pace, ma nemici dell’umanità che manipolano i terrestri per sottrarre loro l’energia di cui

hanno bisogno per sopravvivere e perseguire il sogno dell’immortalità.

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Il racconto del monaco abbraccia un periodo lungo svariati millenni e delinea non

solo parte della storia cosmica della nostra Galassia e del nostro Pianeta nonché la

storia genetica e religiosa non ufficiale dell’umanità – perché arriva a consegnarci

un radicale e inatteso messaggio finale in grado di illuminarci sul chi sia la vestita

di Sole della Rivelazione di Giovanni - ma porta a capire anche che tipo di

messaggio la donna dei tempi della fine dovrà consegnare all’umanità per metterla

in guardia.

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Il racconto contenuto nell’opera

Il mosaico del monaco Pantaleone, che è del 1165, è stato realizzato in quello che

potremmo definire un secolo in fermento: c’erano già state le prime due Crociate ed

in seguito si erano accesi gli studi di numerosi ricercatori, religiosi e non.

La chiesa è situata nell'attuale cattedrale dedicata alla Madonna ad Otranto (in

provincia di Lecce), ed è da secoli oggetto di studio da parte di appassionati e

ricercatori che tentano di comprendere il messaggio che il monaco volle lasciare ai

posteri. Finora, però, sono state avanzate solo delle ipotesi di lettura.

Questo accade perché, secondo me, si parte dal presupposto sbagliato che il

mosaico, essendo inserito in una chiesa cristiana, debba in qualche modo essere

rappresentativo di un messaggio evangelico. Nel mosaico, dove Gesù non compare

in nessun modo, esistono riferimenti alla religione cattolica, tuttavia, come si avrà

modo di spiegare in seguito, essi non sono da connotare nel senso che ci si

aspetterebbe.

Questa città per la sua posizione logistica è sempre stata, sia in tempi antichi che

moderni, crocevia di transiti che mettevano in comunicazione Oriente e Occidente,

Europa e Africa. Dal suo porto partirono anche i Crociati chiamati a liberare

Gerusalemme.

L'antica chiesa, che si erge sul luogo più alto della cittadina, venne costruita sopra i

restii di una domus romana e di un tempio pagano dedicato alla dea Minerva.

L’esterno della chiesa Il mosaico interno La Dea Minerva

In origine il tempio pagano presentava un passaggio nascosto dove scale molto

rudimentali consentivano l'accesso al piano inferiore in cui venivano celebrati altri

riti. Cosa del resto comune a molti antichi luoghi di culto comprese le piramidi.

Per ammirare oggi quanto già contenuto nella cripta in quei tempi remoti, anche se

con l’aggiunta di figure ed elementi del credo cattolico realizzati successivamente,

si può accedere in questo vano sotterraneo attraverso delle scale normali.

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Cripta

Il monaco basiliano Pantaleone, che sembra abbia ideato e realizzato il mosaico

dopo averne avuto mandato dal vescovo Gionata, viveva nel vicino monastero di

San Nicola di Casole, che a quei tempi era un importante centro culturale religioso.

Alcuni ruderi del monastero di San Nicola di Casole

Considerando i simboli presenti nel mosaico, l'ipotesi vagliata finora da studiosi e

ricercatori, è quella secondo cui alcuni tra i primi Cavalieri Crociati, divenuti poi

Cavalieri Templari, avessero riportato qualcosa dalle loro battaglie in Oriente.

Qualcosa i Templari effettivamente scoprirono dato che a duecento anni dal

riconoscimento dell'ordine e dopo che Filippo d’Asburgo, detto il bello, interessato

alle ricchezze dei Templari era riuscito a infiltrare delle spie tra le loro fila,

nell’atto d’accusa emesso da lui stesso nei loro confronti, si leggeva testualmente,

secondo quanto scritto da Giuseppe Guidolin: - I Templari in tutte le province

hanno idoli, alcuni con tre facce, altri con una faccia sola, e certe volte un cranio

umano; e tutti, o molti, o alcuni li adorano nelle loro assemblee come un Dio che

può salvarli, arricchirli, far germinare la terra e far fiorire gli alberi... Essi

adorano un certo gatto che talvolta appare nelle loro assemblee, e ciò in vituperio

di Gesù Cristo e della vera fede.

Giuseppe Guidolin, è un poeta appassionato di fantascienza e di misteri, è nato a Vicenza nel 1961, ed ha svolto

studi di Astronomia presso la Facoltà di Scienze dell'Università di Padova.

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Nel 2007, sette secoli dopo la persecuzione e la fine dell’Ordine, l’Archivio

Segreto Vaticano decide di pubblicare Processus contra Templarios, un volume

prezioso in edizione rigorosamente limitata dove si possono leggere le riproduzioni

fedeli di antiche pergamene, tra le quali la riproduzione del cosiddetto monoscritto

di Chinon, scoperto nel settembre 2001 dalla studiosa Barbara Frale nell’Archivio

vaticano. Documento che getta una nuova luce sulla fine dei Templari e attesta che

il Papa di allora Clemente V, non li considerava eretici e aveva cercato in tutti i

modi di salvarli dal re di Francia Filippo IV il Bello, vero ideatore della loro messa

al bando e del loro annientamento.

Comunque verità parziali quelle riportate in quegli antichi documenti; mi trova più

che d’accordo l’antica visione gnostica nella parte che dice che in ogni uomo c’è un

cristo incarnato, come mi trova d’accordo il fatto che quella di Gesù fu una frode

come riportato in questo scritto ripreso da uno dei tanti siti degli odierni Templari

visitati: Per quanto riguardava l’accusa di rinnegare Cristo e sputare sulla croce

prima di essere ammessi nell’Ordine bisogna dire che anche il Gran Maestro

Jacques de Molay dichiarò che al momento della sua ammissione il fratello

Humert fece "portare una croce di bronzo su cui era la figura del Crocefisso e

m’ingiunse di rinnegare il Cristo rappresentato su quella croce…"; anche Hugues

de Pairaud ammise circostanze analoghe: " Poi il fratello Giovanni mi mostrò una

croce con l’immagine di Gesù Cristo e mi disse di rinnegare colui che era

raffigurato in tal modo e di sputare sulla croce…"; anche Goffredo de Charney,

precettore di Normandia, che morì sul rogo insieme a Jacques de Molay disse: "

mi fu recata una croce con l’immagine di Gesù ed il fratello Almarico mi disse di

non credere in colui che vi era rappresentato, poiché era un falso profeta e non

Dio".

Analoghe dichiarazioni furono fatte anche da Goffredo di Gonneville, precettore di

Aquitania e Poitou, e da Rinaldo di Tremelay, priore del Tempio di Parigi.

E’ di massima importanza il fatto che non veniva rinnegata la croce in se stessa ma

colui che vi era rappresentato.

Evidentemente, dopo quanto scoperto, i Templari iniziarono a praticare il culto

verso la Grande Madre, ma forse, come facciamo in qualche modo ancora oggi con

la Vergine, verso la parte amorevole della Dea. Poiché le tre facce riportate in

immagini antiche, come quella di Maria presente nella chiesa di San Pietro,

riguardano il suo essere Regina dei tre mondi, ed il Teschio la simboleggia come

padrona della Vita e della Morte.

Quei Cavalieri Crociati, divenuti poi Cavalieri Templari, grazie a quanto trovarono

sotto al tempio di Salomone, probabilmente vennero a conoscenza che prima che

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Jawè, Baal, Zeus e i loro equivalenti prendessero il potere, quindi prima che il

patriarcato scalzasse dal trono la grande Dea Madre, a comandare in cielo, in terra,

e negli inferi era Lei: la grande Dea delle origini, che chiamiamo Dea ma che,

come si può leggere nel mito che riguarda la Dea Mari, Lei è regina di tutti i geni

di forme e specialità diverse che si occupano delle cose della Terra e della Natura

in generale anche se in alcune circostanze il suo aspetto è maschile.

a b c

d e f

a Rappresentazione di Mari b e c: Hecate trifacciale d: La Madonna trifacciale della chiesa umbra di San

Pietro e: Il teschio della Maddalena della chiesa di Saint Baume St. Maxime f: Le tre Parche di Bernardo

Strozzi

I Templari impararono quindi che la Grande Madre, dea dai mille nomi, era (ed è)

Dea Una e Trina dalla nascita, che è padrona della Vita e della Morte, che è una

Dea tenera ma anche crudele, che è Dea della Fecondazione e della Morte, che è

Signora della Natura e padrona del Tempo, che è Dea dei campi e dei boschi,

dell’eros e del terrore senza fine.

Senz’altro sotto il tempio di Salomone i Cavalieri trovarono qualcosa d’importante

che li illuminò, che probabilmente non era il grande tesoro in senso venale come

sempre creduto ma un qualcosa che permise loro di sapere e conoscere molte cose

del passato, dell’umanità, e del Cosmo.

Scoprendo man mano di quali importanti fatti intendeva raccontarci Pantaleone

attraverso il suo racconto criptato con gli animali da lui inventati, comprenderemo

che è in seguito a quanto probabilmente trovato che i Templari presero a praticare il

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culto della Grande Madre. Ed oltre che di Lei, di quel che realmente Ella E’ e

rappresenta, attraverso il racconto di Pantaleone, arriveremo a comprendere quando

come e perché, il Bene fu sconfitto dal Male.

Ma cosa poteva aver indotto un certo numero di Cavalieri a scavare sotto il tempio

di Salomone? A parte le motivazioni ufficiali che conosciamo, quali potrebbero

essere state le vere ragioni che mossero la prima crociata nel 1099? Poiché sembra

che Hugues de Payns (1070?-1136?), colui che fondò poi l’ordine templare, anche

cugino di Bernardo di Chiaravalle (1090?-1153?), fosse a Gerusalemme ancor

prima che i Crociati arrivassero nella città.

Tutto potrebbe essere iniziato intorno all’anno mille col ritrovamento di alcuni

documenti nell’abbazia di Cassino da parte di Nilo da Rossano (910?- 1004?), un

monaco che verrà poi ricordato come santo. Ma proviamo ad andare per ordine.

Ho formulato questa ipotesi valutando le mie particolari esperienze che dal 2004

sembrano avere tutte lo stesso filo conduttore, attraverso le tante ricerche,

riflettendo sul messaggio nascosto contenuto nelle opere di alcuni artisti, riflettendo

sui miti, ma riflettendo anche su un certo tipo di filmologia che ci viene proposta

ormai da uno svariato numero di anni. In questo caso la mia valutazione è legata a

un mio particolare sogno che riguarda San Nilo da Rossano e a un altro sogno che,

quando ho visitato la chiesa, ho scoperto essere legato alla cattedrale di Otranto.

Tra i tanti sogni strani che in quel periodo avevo preso a fare, quei due avevano

acceso la mia curiosità perché del santo non sapevo altro se non che esisteva

un’antica abbazia a Grottaferrata a lui intitolata. Mentre nel sogno lui sembrava

conoscermi bene, e intanto che mi faceva visitare l’abbazia e mi mostrava i quadri,

sembrava mi spiegasse il significato nascosto delle opere. Al risveglio non ricordai

ne cosa il santo mi avesse detto ne perché mi avesse mostrato quei quadri, che

comunque non avevo mai visto perché, pur abitando solo a pochi kilometri di

distanza, l’abbazia non l’avevo mai visitata.

Sono credente, ma anche dopo aver visitato l’abbazia – perché in un primo tempo

pensai che il sogno fosse l’invito del Santo affinché gli facessi una visita o gli

rivolgessi una preghiera – ho impiegato molto tempo prima di prendere in

considerazione quei sogni in modo diverso. E impiegherò più tempo ancora prima

di capire perché San Nilo in quel sogno mi mostrava i quadri e mi invitava a

visitare l’abbazia anche se durante quella mia visita ci furono due opere che

richiamarono la mia attenzione: il quadro dove San Nilo pregava davanti a una

quercia (opera che scoprirò poi essere del Domenichino), e quello in cui un monaco

veniva dipinto dall’artista con ai piedi scarpe diverse. Ad un piede aveva uno

scarpone malconcio e senza lacci mentre nell’altro aveva un sandalo. Quella

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diversità mi incuriosì ma la cosa finì lì. Quando finalmente mi decisi a fare qualche

ricerca sulla vita del santo, scoprii che Nilo era stato un monaco basiliano (come il

monaco che aveva costruito il mosaico!), che aveva avuto incarichi importanti, e

che era nato prima dell’anno mille a Rossano, un paesino della Calabria, non

troppo lontano da Otranto.

L’abbazia di Grottaferrata Il santo dipinto dal Domenichino La statua di San Nilo

In seguito a quanto letto cominciai a riflettere su quei due sogni in modo diverso.

Cominciai a pensare che quei sogni potevano essere un modo per spingermi a

concentrare la mia attenzione sulla vita del santo. Approfondendo quindi le

ricerche, scoprendo che Nilo lavorò e visse anche nell’abbazia di Cassino che già a

quei tempi possedeva un’antica e importantissima biblioteca, pensai che se il santo

era stato portato alla mia attenzione una ragione poteva esserci: nel periodo in cui

lui lavorò e visse a Cassino poteva aver scoperto l’esistenza di documenti

importanti che davano informazioni sul dove era nascosto un qualcosa

d’importante. Quel qualcosa che potrebbero aver trovato poi nel 1099 i Cavalieri

durante la prima Crociata a Gerusalemme, magari, proprio come la leggenda

racconta, sotto il tempio di Salomone.

Nilo potrebbe aver compreso l’importanza, o la gravità, di quanto riportato in

quelle carte, e il motivo della sua successiva venuta a Roma potrebbe essere stato

proprio quello di portare al papa dell’epoca i documenti ritrovati per informarlo o

chiedere spiegazioni (Giovanni XVIII che abdicò? Gregorio V a cui lanciò un

anatema? O Silvestro II? Non mi è stato possibile individuare con certezza a quale

fra i tre potrebbe essersi rivolto).

Ipotizzando che i Crociati, tornando dalla Terra Santa, avessero riportato dei

documenti che provavano la veridicità di quelli trovati da Nilo da Rossano nella

(*) Nilo da Rossano, battezzato con il nome di Nicola (Rossano, 910–Tusculum, 26 settembre 1004),

fu monaco basiliano, eremita, abate e fondatore dell'abbazia di Santa Maria di Grottaferrata. È venerato

come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa.

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biblioteca di Montecassino, Pantaleone o chi egli realmente fosse o rappresentasse,

potrebbe essersi basato su quanto contenuto in quei documenti per raccontarci la

storia tramandata nel mosaico.

I documenti ritrovati da Nilo da Rossano, anche se passò un secolo prima della loro

concretizzazione (ma sono da considerare i tempi e le alleanze, soprattutto quelle a

Gerusalemme), potrebbero essere la vera ragione che mosse la prima crociata nel

1099 e forse, la ragione che portò nel 1480 i turchi ad Otranto. Questi ultimi

intendevano forse riprendersi i documenti sottratti loro dai Templari, oppure quelli

che, come scrive Adriano Petta nel suo romanzo Eresia Pura dedicato a Giordano

Nemorario, dopo la morte di Maometto, nascosti nelle commedie di Plauto, erano

arrivati ad Otranto attraverso un marinaio. Documenti che il papa dell’epoca non

poté restituire forse perché l’avevano i Medici, ma che anche avessero avuto, non

credo avrebbero mai restituito. Ipotesi, però, che spiegherebbe la congiura di Sisto

IV e dei Pazzi nei confronti di Lorenzo il Magnifico e, forse, anche la ragione che

portò il turco Alì Agcià, guarda caso agente segreto dei lupi grigi, a compiere

l’attentato a Wojtyla.

Sembra che una leggenda racconti che Pantaleone rispondesse a chi gli chiedeva

cosa significassero i suoi disegni che per comprenderli bisognava avere la chiave.

Chiave che avrebbe avuto una donna del futuro.

Quando conobbi questa che poteva essere solo una leggenda ma anche l'effettiva

risposta del monaco, non comprendendo subito il perché di quell’affermazione, mi

chiesi quale sarebbe potuta essere la chiave a cui lui si riferiva: era quella umana?

Vale a dire, si riferiva al cervello poiché è inserendo la chiave, ossia gli elementi su

cui ragionare, che comprendiamo? O si riferiva ad altra chiave?

La Chiave a cui in un primo momento pensai il monaco si riferisse, fosse il Codice

che in una delle mie prime visioni avevo visto, ma poi, attraverso le ricerche, capii

che quel Codice che avevo visto era quello che è stato sempre creduto il nome di

Dio. Poi pensai che una parte di quel codice di Dio che avevo visto fosse

l’elemento di cui servirmi per capire di chi Pantaleone stesse parlando nell’opera, a

quali miti una figura presente nel mosaico era da ricollegare nella sua presente

incarnazione, e come il DNA di cui siamo possessori fosse arrivato sulla Terra. Mi

resi conto poi che neanche quella era la chiave.

Considerai poi che in fondo non era indispensabile saperlo con certezza. Pensai che

poter comprendere ciò che il monaco aveva voluto tramandarci nel suo mosaico, da

una parte quella chiave bisognava attivarla (e per poterlo fare era necessario

disporre degli elementi su cui ragionare che a me erano stati dati), dall’altra,

bisognava comprendere cosa stavano a simboleggiare nel mosaico quegli strani

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animali da lui inventati e la vera importanza che avevano avuto nella storia

religiosa dei popoli i personaggi che il monaco aveva inserito nell’opera. E di quei

nostri avi più di qualcuno aveva fatto parte di mie visioni rivelatrici in cui rivedevo

momenti delle loro vite rivivendoli come quelli di mie vite precedenti. Ma a causa

della mia non conoscenza dei vari argomenti legati alla complessa e intricata

matassa della storia, e per gli insegnamenti religiosi ricevuti, anche se gli elementi

per capire mi erano stati dati, essendo criptati, impiegherò molto tempo a

comprendere quale fosse la Chiave a cui Pantaleone si riferiva e capire che le figure

di quei nostri avi, che il monaco riportava nel mosaico, erano legati a un

esperimento genetico che aveva mutato negativamente il loro DNA. Come mi ci

vorrà tempo per capire che quanto raccontava il monaco riguardava la storia del

genere umano e la ragione delle almeno due volte che quel corpo celeste, che lui

disegnava come mostro e che io interpretavo come Leviatano, nel passato aveva

causato catastrofi così grandi da cancellare la maggior parte della vita sulla terra.

Oltre all'ultimo fatto, ma il più importante, che spiegava la ragione di tutta l’opera:

ciò che faceva capire la ragione per cui avremmo non potuto superare il Passaggio

di questi tempi finali e perché la Grande Intelligenza Superiore, ancora una volta,

avrebbe potuto liberare il braccio di suo figlio, cioè inviare di nuovo quel pianeta a

portare distruzione sulla Terra.

a b c

d e f

a: La croce con la terra al centro che è al policlinico Gemelli di Roma. b: Croce celtica c: Una delle numerose

croci apparse nei cerchi nel grano. d: croce templare e: la croce rosacrociana f: sezione del cerchio nel grano

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Grazie a quanto trovarono i Crociati, Pantaleone era probabilmente venuto a sapere

tutto questo e perciò compose il racconto all’interno di una croce. Croce che non

raffigura quella legata alla presunta crocifissione di Gesù, ma probabilmente

simboleggia la Spada di Nemesi. Questo evidentemente perché, alla fine del Ciclo,

gli abitanti della Terra vengono giudicati, quindi salvati o passati per la spada.

Giudizio positivo o negativo che per poter essere concretizzato, come forse

intendeva suggerire il centro del cerchio nel grano dove era disegnato l’otto e che

ho sezionato (fig.f), la Terra deve trovarsi al centro e sotto il tiro di quella Gigante

rossa. Ossia di quella temibile Dea.

Di Lei, a cui attribuisce sia la croce che la coppa, ci ricorda anche l’artista tedesco

Albrecht Dürer (21 maggio 1471 - 6 aprile 1528) nelle due opere riportate di seguito.

Coppa che nella Gran Madre di Torino viene messa in mano a Maria e che

Leonardo, nell’ultima cena, né mette in mano a Gesù né dipinge sul tavolo poiché

lui non aveva nulla a che vedere con quel simbolo e l’artista, evidentemente, questo

lo sapeva bene.

Nemesi con la croce ed il calice La gran Madre di Torino Nemesi “col gigante” – come lo chiamò

Dante – che può portare la morte?

Nemesis (il cui nome significa fato distruttore), guarda caso, è stato chiamato

dagli astronomi quel corpo celeste che (dicono) ancora non sanno se esistere o

meno. Nemesis, attraverso il braccio di suo figlio (quindi di Marduk/Nibiru) come

dicono spesso le madonne delle apparizioni mariane, o come forse intendeva

suggerire Dante quando scrive di quel Gigante che con lei delinque, può castigarci

o assecondare a seconda di quello che come abitanti della Terra meritiamo.

All’interno di quella Croce, inserendo alcune figure bibliche chiave, il monaco ha

inserito la storia dell’umanità raccontando del lungo periodo che intendeva

tramandarci, ci porta a capire qual’è il REALE peccato originale dell’umanità, e la

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ragione per cui si deve temere il prossimo Passaggio. Che lui e Michelangelo

annunciano funesto mentre Dante nella Divina Commedia, e Sigismondo Fanti

attraverso i suoi disegni, sembrano dare in merito buone speranze.

L’interno del mosaico è caratterizzato da un Albero della Vita, ma di fico, non di

quercia, usata più frequentemente, che invece che sulle sue radici poggia su due

elefanti; vediamo quindi la diversità di questi due alberi come viene riportata nella

simbologia e perché il monaco non disegna le radici all’albero ma lo poggia sugli

elefanti. La quercia è un albero che ha in sé il senso della completezza e

dell'eternità, poiché sulla sua chioma nascono i fiori di entrambi i sessi. Portando

con sé il seme maschile (il padre) e il seme femminile (la madre) possiede il dono

di procreare un terzo elemento (il figlio) che è lei stessa. Ne consegue che il

numero tre le appartiene.

Un po' diversa ma ben più importante sembrerebbe essere la simbologia per l'albero

del fico, ed il che spiegherebbe perché Pantaleone lo ha usato per fare lo scheletro

portante del suo racconto e perché Michelangelo lo ha messo nel suo Eden avvolto

da un Serpente donna: Albero e frutto sacro, il Fico è l’emblema della vita, della

luce, della forza e della conoscenza. Nella tradizione antica il Fico riveste un

significato di immortalità e di abbondanza. Esso rappresenta anche l’asse del

mondo che collega la terra al cielo. Come simbolo dell’abbondanza è legato alla

fecondità.

a b

a: Il fico del giardino terrestre di Michelangelo b: Aracne del Veronese col suo asse. Retta passante per i poli

celesti, cioè il prolungamento immaginario dell'asse terrestre.

Quindi, come i due cani che sono al centro del primo quadrato del mosaico (fig.e),

come il cane ed il cervo che Diana in quell’antica immagine tiene per il collo

(fig.g), sicuramente come Caino ed Abele, Romolo e Remo e gemelli maschi figli

di altre dee che con storie simili appartengono agli antichi miti delle diverse culture

di tutto il mondo dove non a caso il cattivo uccide sempre il buono, come

evidenziano i due cerchi, quello vuoto e quello pieno che Pantaleone gli ha

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disegnato all’interno, quei due elefanti su cui il monaco fa poggiare l’Albero (fig.f),

stanno a simboleggiare il Bene ed il Male. Il positivo ed il negativo. Il monaco ha

usato la simbologia degli elefanti perché intendeva probabilmente riferirsi a quella

parte di storia dell’umanità che inizia con i Deva e gli Asura della religione Indù,

che è forse quella più antica conosciuta dell'eterna lotta tra Bene e Male.

e f g

e. f.: sezioni diverse del mosaico. g: antica immagine della Dea

L’elefante più grande vuole simboleggiare il Male; il monaco l’ha fatto più grande

dell’altro in quanto il Male è diventato molto forte. L’elefante più piccolo diventa

ovvio simboleggi il Bene. Pantaleone ha messo dei fichi davanti agli elefanti per

dirci che, comunque, il Bene ed il Male sono frutti dello stesso Albero.

Per dirci che anche nel Bene c’è un po’ di Male, che comunque l’elefante controlla,

il monaco gli mette sotto la pancia il topolino Aku che simboleggia il controllo

delle forze infere quindi dell’Ego.

Aku , le forze infere Il Tao Ganesch controlla Aku. L’ego

Sia Pantaleone quindi, che Michelangelo secoli dopo, conoscevano l’importante

simbologia dell’albero di fico e lo hanno usato perché la simbologia legata a questa

pianta, insieme a quella del melograno, è ancora più antica di quella legata alla

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pianta della quercia (di cui l’uomo non mangia il frutto). Lo hanno fatto

probabilmente per suggerirci che alla fine di questi tempi gli uomini avranno la

possibilità di entrare in un nuovo mondo, di tornare a credere nella Grande Madre

come nei tempi antichi e tornare ad essere dei.

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In quella che è definita la Corona poiché fa proprio da corona al mosaico,

sembra essere contenuta la sintesi del periodo di cui il monaco ci racconta la

storia.

La storia della corona inizia con la storia di Giona, che i commentatori odierni

concordano nel ritenere solo una parabola ricca di contenuto teologico e profetico,

probabilmente per la ragione che, nell’omonimo libro dell’antico testamento, è

scritto che quando Giona finalmente si decide e porta il messaggio agli abitanti di

Ninive (Ancora quaranta giorni e Ninive verrà rovesciata!), contro ogni

aspettativa, questi gli credono, quindi proclamano un digiuno, si vestono di sacco e

Dio decide di risparmiare la città.

Che il racconto inserito dal monaco nella corona voleva essere un auspicio per la

figura che avrebbe dovuto portare il messaggio della fine dei tempi, potrebbe essere

dimostrato forse dal fatto che il racconto inizia con la storia di Giona ma termina

con una donna nuda come la parte bassa del corpo mosaico, e dal fatto che gli

animali messi vicino alla donna sono stati inseriti per suggerirci le sue peculiarità e

per simboleggiare la qualità delle Forze avverse con cui Ella avrebbe dovuto

combattere. Come quel mostro che sembra stritolare quel capro per esempio.

Invece, diversamente dal gatto, la cui simbologia approfondiremo più avanti, la

lepre (o il coniglio) sono espressione delle forze creatrici e tutelari. La volpe (forse

il mostro e poscia preda di cui Dante scrive nel XXIII canto del purgatorio),

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configura la donna in cui è incarnata quell’Anima (l’Avatar in senso indiano), che

come la volpe per una battuta di caccia, nonostante sia protetta dalla Dea,

diventando l’ambita preda per le Entità di questo mondo, è braccata.

La madonna del coniglio di Tiziano Antico reperto Cerchio nel grano

Se pensassimo al mosaico come ad un corpo umano, potremmo vedere nella corona

la testa, dove si fanno i ragionamenti e si accendono le idee. Nelle parti laterali

potremmo vedere i bracci, che si usano per concretizzare quelle idee, ma ogni

nostra azione, concreta o meno, si scrive nel nostro cuore; il cuore potremmo

vederlo nel quadrato del mosaico. Il giardino terrestre ed i mesi potremmo vederli

come un torace, le parti sotto ancora potremmo provare ad immaginarle come la

pancia e le gambe.

Per cercare di dare un ordine alla difficile descrizione della decodifica del mosaico

poiché gli argomenti di alcune parti si mischiano ad altre sezioni dell’opera,

proveremo a seguire questo ordine. Quindi, dopo la Corona la parte dell’opera di

Pantaleone su cui andremo a riflettere, sono i bracci.

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Il braccio sinistro

Nel braccio sinistro il monaco poggia il ramo dell’Albero su un mostruoso serpente

e gli pone davanti un centauro maschio. Il serpente intende probabilmente

simboleggiare l’Energia della Grande Madre riversata nella Creazione.

Il centauro maschio simboleggia forse l’uomo (Panes. Il brillante) uscito dall’uovo

deposto dalla Dea del Caos nella prima creazione e fecondato dal serpente (che Lei

stessa è); molto istinto animale e poca spiritualità. Queste mitiche figure dalle

sembianze umane avevano infatti la caratteristica di possedere gran parte dei difetti

e dei pregi dell’uomo esasperati al massimo.

Sopra l’uomo centauro e sopra il serpente mostro, che simboleggia forse l’energia

della Dea manifestata, il monaco disegna due lupi. Uno con una lingua rossa, e

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l’altro con un collare che morde un ramo. In quei due lupi il monaco potrebbe voler

simboleggiare Skoll e Hati, i due figli del lupo Fenrir delle leggende norrene, che a

loro volta simboleggiano le Energie positive e negative di tutta la Natura.

a Lo strano è che, tra le varie versioni della mitologia norrena che ho letto, in una

pagina era riportato che Freir, uno degli dei più venerati insieme ad Odino e Thor,

in una statua del 1200 nel tempio di Uppsala, in Svezia, è rappresentato con una

testa triangolare, una gran lingua, ed un gran fallo in erezione. Caratteristica che

rimanda all’egizio dio Min.

Le figure di Freir, Odino e Thor sembrano diverse, ma fanno pensare ai miti sumeri

che riguardano Enki, Enlil, e il loro padre Anu.

Enki, adorato come dio della creazione e della fertilità, nell’antichità era forse più

venerato in quanto viveva sulla terra mentre il padre sembra risiedesse sul suo

pianeta. Sembra venne solo due volte sulla Terra. Enki era pur sempre figlio di

Anu, aveva quindi caratteristiche analoghe. Quanto porterebbe a concludere questa

coincidenza nella leggenda norrena, il lupo Fenrir potrebbe voler simboleggiare

Anu. Ed Anu a questo punto, valutando quanto la leggenda riporta, potrebbe essere

il Lupo che alla fine del Ragnarok, cioè alla fine dei tempi, porterà morte e

devastazione nei vari Livelli (o Reami), e così come è riportato nelle profezie,

arrivare persino a divorare il sole.

Sopra al cane senza collare e con la lingua rossa, il monaco disegna prima un

frutto, poi sopra il frutto disegna un centauro femmina, e davanti le pone due cani

dal colore diverso con ad entrambi in bocca un fiore (fig.b).

b

Quel centauro femmina, frutto dell’Albero, sta forse a simboleggiare la donna che

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viveva sulla Madre Terra delle origini. Una donna primitiva che viveva su un

pianeta primitivo: Tiamat. I due cani che Pantaleone pone davanti alla donna

potrebbero voler simboleggiare il Bene ed il Male (le due Energie contapposte) che

comunque convivevano pacificamente in Lei.

Sopra al centauro femmina il monaco disegna un’altra una donna centauro, ma

questa volta alata e con i capelli bianchi invece che rossi, con vicino quella che

sembra una Arpia (o Lamia) che pare le stia dicendo qualcosa (fig.c).

c

Le ali simboleggiano leggerezza ed onniscienza, quindi il monaco, disegnando le

ali al centauro femmina, potrebbe aver voluto dirci che Ella fu innalzata e divenne

onnisciente. La donna alata, che diversamente dalla precedente che li ha rossi ha i

capelli bianchi, ha però vicino quell’Arpia, e nel mito è riportato che le arpie

rapiscono e trasportano nell’al di là le anime dei morti e talvolta dei viventi. Cosa

disse, o più facilmente prese, quindi l’Arpia alla donna centauro alata? E cosa

successe in seguito visto che poi Pantaleone ridisegna la stessa donna coi capelli

rossi dall’altra parte del braccio ed insieme a quella leonessa con in bocca un..

ramo d’ulivo(?). Per provare a capirlo consideriamo prima la differenza simbolica

tra il colore bianco ed il colore rosso.

Quando nelle lingue dell’uomo compare un terzo colore, si tratta sempre del rosso.

Questa triade cromatica arcaica è diffusa in tutto il mondo; ne è un esempio il

Kurma-Purana (I, 12.79) dove si parla di tre complessi teogonici arcaici: Krsna (di

colore nero), Rakta (rosso) e Sukla (bianco). In Africa, gli Ndembu narrano di tre

fiumi misteriosi, bianco rosso e nero, associati a nascita, vita e morte. In Occidente

la triade cromatica arcaica sopravvive a lungo: si pensi che fino al medioevo il

colore intermedio fra bianco e nero non era il grigio, ma il rosso. Testimonia il

persistere di questa triade anche l’alchimia, fenomeno culturale che proviene

dall’antichità greca e probabilmente egizia, che prospera fino al 1700 e che

sotterraneamente sopravvive ancor oggi. L’alchimia conosce tre fasi dell’opera

dette nigredo, albedo e rubedo: opera al nero, opera al bianco e opera al rosso,

dove il rosso costituisce non solo il superamento, ma la sintesi di bianco e nero.

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Il rosso è anche il colore dell’amore, sia terreno che spirituale, della passione,

dell’attività, delle emozioni, del sentimento, del sangue inteso come vita, ma è

anche il colore dell’ira, della violenza, dell’aggressività, dello spargimento di

sangue. Altri significati che assume il colore rosso sono quelli legati al fatto di

essere il colore del fuoco, e quindi può rappresentare il fuoco, il calore, l’energia e

la luce. E visto che durante la luce del giorno si svolge l’azione umana va a

rappresentare anche l’azione in genere. Il bianco è il colore che rappresenta per

eccellenza la luce, ma non va a simboleggiare l’azione, perché legato all’idea della

luce naturale del sole non controllata dall’uomo, al contrario della luce del fuoco

che quindi meglio rappresenta la volontà dell’uomo ad agire. Il colore rosso

simboleggia l’azione dell’attacco e della conquista ed è complementare al verde

che rappresenta il colore della conservazione e della difesa.

Pantaleone nel mosaico usa quindi il colore rosso,

colore di sintesi quindi di mutamento, in opposizione al

bianco. Fa bianca o rossa la barbetta dei Capri (che

facilmente simboleggiano la Terra), a seconda di quanto

su questa è accaduto; usa il bianco o il rosso nei capelli

della Dea per indicare il cambiamento spiegando

attraverso le caratteristiche degli animali inseriti le

ragioni per cui questo mutamento è avvenuto. Un

qualcosa deve essere quindi accaduto se più sopra, da

bianchi, il monaco fa di nuovo rossi i capelli alla donna

centauro alata

Ma quell’azione della donna fu evidentemente

sbagliata perché accese l’Ira dell’Intelligenza

Superiore che inviò quel mostro (che simboleggia

quel pianeta distruttore) a portare distruzione sulla

Terra (che il monaco disegna come capro mangiato

per metà da quell’orribile creatura). Quel capro in

bocca al mostro simboleggia probabilmente il

sacrificio di Tiamat, la Terra delle origini.

La donna centauro alata e la leonessa col ramo

d’ulivo(?) in bocca poste sotto il mostro, potrebbero

voler simboleggiare le due parti in cui la Terra si

divise a seguito dell’impatto con l’altro corpo celeste

o che comunque si ridimensionò. Valutando che sono

riportati sopra il mostro, tutto questo dovrebbe essere

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accaduto per un qualcosa che i Giganti fecero, e per questo l’Intelligenza superiore

arrivò a volerli/doverli distruggere inviando quel pianeta distruttore.

Il leone raffigurato nella sezione potrebbe voler simboleggiare il sole, Helios, che

da quanto il mito narra, obbedendo all’ordine di Zeus di tenersi lontano dal cielo

per impedire alla Terra di far crescere l’erba che avrebbe reso immortali i Giganti,

svolse un ruolo determinante nella guerra tra gli dei (quindi i pianeti) e quegli

antichi abitanti terrestri; oppure, quel leone potrebbe voler simboleggiare l’Era di

quando questo accadde. Se così fosse, valutando che il leone sembra mordere la

fine della cosa del mostro, quella catastrofe potrebbe essere avvenuta verso la fine

dell’Era del Leone. Ma di quale Ciclo non siamo in grado di stabilirlo.

I Giganti (o Titani) il mito e la Bibbia ce li riportano come antichi eroi, allora

perché l’Intelligenza Superiore arrivò a volerli distruggere? Cosa potrebbero aver

fatto quegli uomini di così grave da attirarsi una punizione così grande da voler

essere cancellati sulla faccia della terra dall’Intelligenza Superiore?

La caduta dei Giganti di Giulio Romano

Probabilmente fecero quanto stiamo

facendo noi oggi: manipolarono il DNA

(la Parola con la quale la Dea si

esprime e si manifesta) e fecero nascere

degli esseri in provetta.

Nella foto riportata a fianco, che feci da

un video di Klaus Dona su Yutube che

riguardava gli oopArt, questa mia

ipotesi sembra confermata. Nel reperto

archeologico, che non si è potuto

risalire di che periodo è ne stabilire di

che materiale sia fatto, si vedono

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particolarità genetiche del corpo umano, a quel tempo, qualunque fosse, già

conosciute. Questo fa pensare che i nostri Avi erano probabilmente in grado di

manipolare il DNA. Il racconto del monaco, espresso attraverso le enigmatiche

figure da lui inventate che esamineremo più avanti, ci dimostrerà che quella antica

sperimentazione genetica che i nostri più antichi Avi quasi certamente fecero, fu un

fatto molto grave. Generò una frattura cosmica che portò a collidere più Pianeti

sconvolgendo la geografia del cosmo di quel tempo.

Grave frattura di cui intendeva probabilmente dirmi una visione che ebbi, e di cui

vuole probabilmente dirci il cerchio nel grano riportato nell’introduzione. E come

potrebbe averci voluto suggerire chi realizzò quel cerchio nel grano, una frattura

che causò la fuoriuscita dal nostro sistema solare di quel pianeta che andò a far

parte della Costellazione del Cancro che a sua volta è probabilmente quello che alla

fine di ogni grande ciclo ritroviamo sulla nostra strada. Quel pianeta potrebbe

anche essere l’originale Giove, che durante la Battaglia dei Pianeti fu

probabilmente sostituito dal Giove che oggi vediamo.

Ma torniamo alla nostra donna centauro disegnata da Pantaleone, che oltre poter

personificare la sacerdotessa della grande Madre di quel tempo, potrebbe voler

raffigurare la Sophia del mito arrivato sino a noi.

Il mito (gnostico) narra che Sophia, piena di Amore per l'Uno, tentò di risalire per

conoscerlo. Ciò provocò un cataclisma immane: Sophia precipitò in basso e generò

Yaldabaoth, il Dio creatore di questo mondo e, al di sotto di lui, altri sette Arconti.

Secondo la dottrina gnostica Sophia, figlia di Barbelos, originariamente risiedeva

nel tredicesimo cielo, il più alto; ma fu sedotta dal demone Authades per mezzo di

un raggio di luce che lei scambiò per un'emanazione del Primo Padre. Authades,

così, la portò nel Caos dove fu imprigionata da poteri malvagi.

Simbologia di Authades Simbologia di Asmodeo L’Asmodeo nella chiesa di Rennes

Per provare a decodificare ciò che intendeva svelarci il monaco in quella parte

dell’opera, dobbiamo provare a capire chi potrebbero voler personificare le figure

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di Sophia e Amore del mito. Ed Amore, secondo me, è la Grande Madre che si

manifesta attraverso la Creazione del Tutto. Tutta la Creazione è composta da un

DNA, quindi la Grande Madre, donandosi in toto attraverso il DNA, ci dimostra

tutto il suo Amore. Amore che Sophia voleva conoscere è quindi sapere come era

fatto il DNA. Chi possa essere Sophia, la Sapienza, non dobbiamo neanche

indagare molto, lo dice il nome stesso: è il Sapere dell’Intelletto. Quindi l’Intelletto

di qualcuno sperimentò fino a creare degli esseri in provetta. Un qualcosa che

accese l’Ira dell’Intelligenza Superiore, che attraverso quel Pianeta distruttore (o

braccio di suo figlio) intervenne.

Per dividere i due tempi, al centro del braccio il monaco mette un giovane con un

sole nero sulle spalle, mentre alla sua sinistra, seduta su uno sgabello di legno,

disegna quella che sembra essere una sacerdotessa. Sopra la testa le scrive quello

che sembra il codice di un nome (MAR bVACI?), e in mano le mette quello che

sembra essere il testo di un proclamo. Poi, sotto alla donna il monaco disegna

Samuele mentre alla sua sinistra disegna un gigante con sotto un omino più

piccolo.

Il nome criptato che la donna ha scritto sopra la testa sembra richiamare quello

della Dea del Popolo Basco, MARI, l’androgino primordiale che è considerata

anche la madre delle divinità del sole e della luna. Il mito di MARI è di molto

antecedente al cristianesimo, ma il nome, non conoscendo come si chiamasse

effettivamente, potrebbe essere anche quello che all’inizio del cattolicesimo le alte

gerarchie cattoliche hanno poi attribuito a colei che oggi conosciamo come Maria,

Sua incarnazione terrena.

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Quel ragazzo col sole nero messo al centro del braccio simboleggia Saturno (ha i

capelli bianchi è quindi portatore di Luce). Saturno, che è il sesto pianeta del Sole

ed il giorno a lui dedicato è il sesto della settimana, è lo Yaldabaoth della dottrina

gnostica e potrebbe essere anche il serpente marito di Mari: Sugar o Sugoi.

Serpente che potrebbe essere lo stesso raffigurato in più d’uno dei disegni attribuiti

a Nostradanus.

Sugar o Sugoi Disegni di Nostradamus

Gli antichi testi riportano Yaldabaoth come figlio di Enlil, dovrebbe quindi essere

lui l’El Shaddai della Bibbia. Egli, di natura inferiore alla divina ma superiore

all’umana, è il Demiurgo di molte sette gnostiche cristiane raffigurato con testa di

leone e corpo di drago che regna nel mondo in cui siamo caduti.

Una raffig. di Yaldabaoth Il sole nero in un cerchio nel grano Disegno di Nostradamus

Nei secoli Saturno sarà la divinità più adorata dell'antichità e ancora oggi si

continua ad adorarlo nell'Ebraismo, nel Cattolicesimo e nell'Islam. Un fatto

confermato anche in uno dei disegni attribuiti a Nostradamus, dove il veggente

disegna un sole nero e mette davanti a quel sole un porporato che prega ed alle sue

spalle mette un cane ed una Torre in bilico.

Collocando Saturno, pianeta legato alla parte più pesante dell’anima, il piombo,

alla fine del racconto del braccio sinistro, Pantaleone vuole dirci che come anime

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eravamo state rimandate indietro, quindi cadute o gettate nel mondo di Yaldabaoth.

Schamasc con l’anello (di Saturno?) Faravahar con l’anello (di Saturno?)

Una volta cadute nel mondo di Yaldabaoth, come anime abbiamo dovuto

ricominciare il nostro percorso in salita per poter riconquistare alchemicamente

quanto l’esperimento genetico di Sophia ci aveva tolto rimandandoci indietro.

Per risalire quei sette Livelli (o Reami), come il mito di

Ercole intende indicare, dovevano compiere 12 fatiche.

Quelle 12 fatiche intendono probabilmente suggerire che

dovevamo percorrere un intero Ciclo Zodiacale e

riconquistare ad ogni Era quell’Elemento che alla fine ci

avrebbe permesso di compiere la Grande Opera.

Evidentemente non è stato un percorso facile, poiché

abbiamo impiegato chissà quanto tempo per poter

riconquiste quello che i nostri corpi, di conseguenza le

nostre anime, a seguito delle modifiche genetiche,

avevano alchemicamente perso.

Ermete disse il sopra si rispecchia nel sotto ed il sotto si rispecchia nel sopra;

come potrebbe essersi quindi concretamente manifestato quel Sopra nel mondo di

Sotto dove come anime eravamo cadute? Forse, valutando quanto abbiamo potuto

conoscere fino ad oggi, una ipotesi possiamo farla: l’Intelligenza Superiore che

governa il Tutto, potrebbe aver fatto arrivare sulla terra i Guardiani, gli Elohim di

cui narra la bibbia, che vivevano la nostra stessa illusione, pensati oggi come

extraterrestri. Forse la Grande Madre, facendo arrivare sulla Terra quegli

extraterrestri valutò che, attraverso un nuovo Gioco della Vita, avremmo potuto

risalire quella scala che ci divideva dalla vera Luce e dal mondo vero.

Di quegli extraterrestri che arrivarono sulla Terra abbiamo potuto sapere attraverso

vari ricercatori, ma è soprattutto dopo la pubblicazione de Il dodicesimo pianeta di

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Zecharia Sitchin che dell’argomento extraterrestri si è cominciato a parlare

maggiormente. Attraverso la traduzione delle antiche tavolette sumere, Sitchin nei

suoi libri scrive che, quelli che traduce come Anunnaki, arrivarono sulla Terra per

reperire l’oro che serviva per salvare il loro pianeta. Spiega la parentela degli

Anunnaki che arrivarono, quello che costruirono, come questi si moltiplicarono. Ci

dice che si unirono alle donne terrestri, e racconta come si divisero la Terra una

volta che ne avevano preso il possesso: ad Enlil, il padre Anu, assegnò la parte di

sopra, ad Enki assegnò quella di sotto. Quella che loro definirono l’Abzu.

Come Sitchin e dopo di lui altri svariati autori scrivono ormai da tempo, potrebbe

essere che, in un lontanissimo passato, degli abitanti di altri pianeti siano riusciti ad

approdare sul nostro pianeta anche se, riflettendo come i nostri astronauti devono

vivere quando sono nello spazio, la cosa mi sembra improbabile; come sostengono

altri studiosi e ricercatori, potrebbe essere che quei racconti riguardano solo figure

mai realmente esistite di un mito; potrebbe essere che gli dei di cui si parla in quei

testi vogliano solo rappresentare dei pianeti e delle stelle o le Forze della Natura

come altri ancora pensano e scrivono, OPPURE, potrebbe significare

semplicemente che, quelle che erano le forze maligne del Livello dove quelle genti

si erano ritrovate, assunsero corporeità, ed usando il nome che le persone avevano

dato agli Spiriti Elementali della Natura, mentendogli per poterli sfruttare,

riuscirono a dominare quelle persone ed usarle facendosi pure adorare come dei.

Mettendo Saturno, il monaco intende quindi dirci che eravamo all’inizio del nuovo

percorso, o come direbbe forse Dante, solo al primo girone dell’inferno (Insieme

alla causa, inserendo Satana nell’altro braccio, Pantaleone ci dice che cademmo poi

ancora più in basso).

c d e

c: Vulcano scopre Venere con marte di Alessandro Varotari. d: Saturno innamorato di Venere di Vouet Simon

e: Saturno salva la Verità dalla menzogna di Francoise Lemoyne

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In Grecia, Saturno fu chiamato Crono, tempo, il mito ci dice fu sposo di Rea con

cui ebbe vari figli. Il mito narra che Crono mangiò tutti i figli appena nascevano

perché sapeva che il suo destino era quello di essere spodestato da uno di loro. Li

mangiò tutti meno uno, Zeus. Colui che sarà il capo del dell'Olimpo che il mito ci

dice si salvò grazie al fatto che Rea lo diede alla luce nascondendosi e poi ingannò

Crono dandogli una pietra avvolta nelle fasce che egli ingoiò senza diffidare.

Una raffigurazione Di Crono Una raffigurazione di Rea e Crono

Crono è il Tempo, tempo che serviva all’Uomo per riconquistare quegli Elementi

che gli esperimenti genetici gli avevano tolto (facendolo un morto che cammina..),

e tempo che gli serviva per capire la ragione della Lezione che l’Intelligenza

Superiore aveva dovuto impartirgli. E questo, evidentemente, per poter essere

pronto al successivo Passaggio (di Crono/Marduk/Nibiru), doveva farlo

combattendo quelle entità demoniache senza anima che vivono migliaia, se non

milioni di anni, in dimensioni diverse dalla nostra e che hanno intenzioni ostili

contro l'umanità ed il cui solo interesse è mantenere lo status quo.

Quindi quegli extraterrestri, che i miti e le favole hanno fatto e fanno apparire

positivi, come si evince nella Bibbia, positivi non erano per niente, ma questo

serviva al Gioco per farci ricrescere perché come anime, attraverso le incarnazioni,

come forse direbbe Dante, ci dovevamo rifare tutti i gironi dell’inferno prima di

poter arrivare dove siamo, cioè davanti alla Porta che permette l’accesso al Nuovo

Giorno. I protagonisti di quei racconti, nella realtà che venne a crearsi dopo la

caduta, esistettero veramente, ed attraverso le Ere assunsero i diversi nomi che

troviamo scritti nei diversi miti di tutto il mondo.

Quanto il monaco ha rappresentato invece a sinistra della donna - se quel gigante

non simboleggia i Titani che si salvarono dalla grande catastrofe e l’omino sotto di

lui simboleggia che questi si sono rimpiccioliti o i Nephilim nati dall’unione degli

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extraterrestri con le donne terrestri - sembra dirci che dopo i Giganti alla sua destra

(fig.h) sia stata creata poi sia un’altra razza di uomini grandi che si è poi

rimpicciolita (fig.i), sia un’altra razza più piccola di cui Samuele è stato un

discendente (fig. l).

h i l m

Se questo non era già scritto tra quei documenti che i Crociati trovarono sotto al

tempio di Salomone come presumo, in questa parte del mosaico il monaco potrebbe

essersi ispirato alla mitologia norrena.

Se il monaco inserisce Samuele (vedremo poi perché mette lui e non il primo

Essere di quella razza), significa che la razza più piccola che al tempo venne creata

è quella di cui oggi facciamo parte; mentre quell’essere più piccolo messo sotto a

quel gigante, potrebbe voler simboleggiare i figli ibridi degli Elohim (i Nephilim)

avuti dalle donne terrestri che si sono rimpiccioliti, quindi, come dimostrato

ultimamente dal DNA alieno trovato in molti soggetti, quegli ibridi sono ancora tra

noi. Se invece quell’omino più piccolo sotto a quel gigante intende simboleggiare i

Titani che si sono rimpiccioliti, tra noi ci sono ancora i discendenti dei Titani (i

144000?).

Una versione della mitologia norrena dice che il gigante Ymir si addormenta, e

dalle gocce di sudore del suo braccio sinistro nasce la prima coppia umana Ask ed

Embla (fig.h?). Ma il gigante Ymir porta in sé stesso i semi del male, ed i suoi altri

discendenti saranno i giganti di ghiaccio, incarnazione del male, causa della

caduta angelica, stabilendosi a partire da questo momento una lotta a morte tra gli

Dei ed i giganti di ghiaccio che sarà il centro di tutta l'epopea nordica fino alla

terribile conclusione finale in Ragnarok.

L'altra versione della leggenda norrena dice che Odino,Vili e Ve uccisero il gigante

di ghiaccio Ymir e crearono la terra. Di seguito creano la prima coppia umana da

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un pezzo di legno, Odino col suo alito diede loro la vita, Ve diede loro i sensi,

e Vili diede loro l'intelligenza; questa parte somiglia al mito di Enki dove narra

dell’uccisone del dio We per creare il Lulu, la razza da cui qualcuno dice

discendiamo.

Nella Bibbia si parla dei Giganti come antichi eroi ancora presenti quando gli

angeli caduti si unirono con le figlie degli uomini (è infatti il Titano Prometeo, che

per questo sarà punito, che da il Fuoco, cioè degli insegnamenti, alla nuova Razza

creata); è quindi appurato che sulla Terra i Titani c’erano ancor prima che gli

angeli caduti si unissero alle figlie degli uomini, non li hanno quindi creati gli

Elohim. Ciò fa ipotizzare che i Titani potrebbero essere stati gli abitanti della Terra

quando questa era l’antica Tiamat, e che furono loro che fecero quel qualcosa che

causò la caduta angelica.

La donna sullo sgabello di legno presente nella sezione (fig.m), simboleggia

probabilmente la donna che incarnava Madre Terra a quel tempo. Quella donna

potrebbe voler simboleggiare la messaggera di Frigg, che nella mitologia norrena è

la sposa celeste di Odino. Nel poema epico di Enki sua moglie si chiama invece

Ninhursag.

Frigg è anche chiamata signora del cielo o signora degli dèi, e si dice che sia la più

saggia fra le dee. Nella mitologia nordica, Frigg appare principalmente come

moglie e madre, condivide con Odino il seggio di Hlindskialf e da lì si narra può

vedere tutto l'universo. La cintura di Orione, da dove sembra dissero di arrivare gli

Anunnaki, era conosciuta anche come il filatoio di Frigg (il filatoio di Frigg, cioè

le tre stelle della Cintura di Orione, furono oggetto tra l’altro di una delle mie

numerose visioni). Ultimamente degli scienziati che osservano il cosmo hanno

detto che da punto della cintura di Orione nascono le stelle (notizia TG2).

( http://www.antikitera.net/news.asp?id=13215 La costellazione di Orione tra mito e

scienza)

Immagini di fantasia della dea Frigg

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Come Ninhursag invece, presso i Sumeri rappresentava la Terra e formava con il

dio An la montagna cosmica. In seguito, la stessa dea venne rappresentata in forme

diverse: come Ninmah, la

Signora maestosa, era la dea che

plasmò gli uomini dall'argilla;

come Nantu, colei che

partorisce, era la dea protettrice

del parto; infine, come

Ninhursag, era ritenuta madre di

tutte le creature viventi.

Ma a quella donna a cui le

diverse culture hanno dato un nome diverso, è un mito. Un mito che riguarda le

Forze Intelligenti che riguardano la Creazione che comunque si rispecchiano nella

vita sulla terra e viceversa. Le forze maligne, si sono attribuite secondo me quei

nomi e li hanno usati e li usano tutt’ora per ingannarci.

Andiamo ora a cercare si comprendere un’altra sezione dell’opera.

Avendolo posto sotto di lei, ed avendogli messo quel

panno rosso in mano come il colore del bando che

quella Sacerdotessa ha in mano e sembra

proclamare, Pantaleone ci sta dicendo, secondo me,

che Samuele è una creazione, o comunque discende,

dalla Dea che quella Sacerdotessa incarna.

Nel bando che la donna ha in mano e che sta

proclamando, dovrebbero esserci quindi scritte le

regole a cui quella nuova umanità creata sulla nuova

Terra (simboleggiata nel Capro Espiatorio su cui

sono poggiati i piedi di Samuele) doveva attenersi

per poter crescere animicamente altrimenti sarebbero

stati giudicati dalla Dea Nemesi (simboleggiata nel

Capro Emissario con la barbetta rossa disegnato

sotto il Capro Espiatorio).

Essendo rosso il panno che il profeta ha in mano, colore della sintesi quindi del

cambiamento, questo andava a concretizzarsi nelle vite vissute su questa terra.

Pantaleone poggia quindi i piedi di Samuele sul Capro Espiatorio perché come

anime, attraverso le vite vissute sulla terra, dovevamo crescere, prendere Coscienza

di cosa era Bene e cosa era Male, di cosa era permesso fare e di cosa non lo era. Ma

come vedremo nel braccio destro altri guai arriveranno però in seguito.

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Proviamo ora a cercare di comprendere perché in quel punto il monaco inserisce

Samuele e non invece il primo essere di quella razza.

Il monaco disegna Samuele perché è probabilmente con lui – o è da lui che se ne

comincia ad avere memoria scritta - che secondo me gli dei Livelli più bassi non si

manifestano più materialmente come in precedenza, ma iniziano a manifestarsi

attraverso le voci nella testa delle persone.

Se Saturno, figlio di Enlil a cui era stato assegnata la parte di sopra della Terra, è lo

Yaldabaoth della dottrina gnostica e l’El Shaddai biblico, visto che l’Abzu era stato

assegnato ad Enki, dopo varie letture e riflessioni sono portata a pensare che la

forte entità arcontica potrebbe non essere Enki ma uno dei suoi figli. Forse

Ningishzidda visto che il padre gli aveva insegnato la magia che non aveva

insegnato ad altri figli e lui aveva anche accesso al mondo di sotto dal quale come

psicopompo entrava ed usciva a piacimento.

Il nome Ningishzidda secondo gli studiosi ortodossi significa "Signore del buon

albero" o "Signore che fa crescere gli alberi in maniera corretta"; questo

personaggio viene legato, oltre agli “Inferi” anche al concetto di fertilità, sia

perché un lemma del suo nome (GISH) può essere tradotto come ‘Pene’, sia a

causa del termine “albero”, sia a causa del suo vessillo, una coppia di serpenti

intrecciati. Jacobsen nelle sue opere afferma che i serpenti intrecciati sono una

rappresentazione delle radici aggrovigliate. Inoltre, collegando questa somiglianza

al particolare legame con l’ Abzu (considerato il luogo delle acque sotterranee),

egli asserisce tutto questo quadro emergente fa del vessillo del dio una metafora

"di come le radici intrecciate vadano verso il basso a cercare le acque”.

Per capire come si manifestò quella forte entità arcontica ricordiamo la storia di

Samuele: La Bibbia narra che Samuele mentre dorme sente una voce che lo

chiama; credendo fosse Eli, il suo maestro, va da lui chiedendogli cosa volesse.

Ma Eli risponde a Samuele che non lo ha chiamato e lo invita a tornare a dormire.

Samuele va a dormire, ma dopo un po’ sente di nuovo la voce che lo chiama.

Pensando questa volta di aver sentito bene, va di nuovo da Eli. Questi (credendo di

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aver), compreso quanto accaduto a Samuele, gli dice che quella che aveva sentito

era la voce di dio e che se l’avesse sentita di nuovo doveva rispondere: “Comanda

signore, il tuo servo ti ascolta”.

La voce che Samuele sentì (come quella che sentii anche io, sentì Giovanna d’Arco

e sentirono tanti altri, profeti inclusi), non era la voce di dio bensì quella di un

alieno/parassita in grado di parlargli nella testa. Samuele, rispondendo che avrebbe

obbedito, in pratica accettò di fare quanto l’alieno/parassita gli suggeriva. Ma a

quel tempo questo non poteva essere compreso (forse oggi si comincia a capire) e

quelle voci, come accade in parte oggi per coloro che vengono definiti o si

definiscono canalizzatori, furono scambiate per la voce di dio perché l’entità

parassita, per non farsi riconoscere, racconta e mostra cose divine positive al

parassitato, ma soprattutto si nasconde dietro il nome di figure mitiche (come tentò

di fare con me dicendo di chiamarsi Helios). Quella voce interna è invece del

Drago (parassita) che si deve sconfiggere. Quindi, senza esserne consapevole, a

dare via libera a quell’Entità che Eli scambiò per la voce Dio, è Samuele. Infatti è

perché facilmente il nome gli fu suggerito da quella voce che lui sceglie il primo re,

Saul, per il popolo ebraico, e il suo successore, Davide, giocando un ruolo di primo

piano nella nascita della monarchia in Israele.

Dal momento che l'umanità salvatasi dalla catastrofe si era ritrovata senza

conoscenze, gli Arconti, che nel trattato gnostico incluso nei codici ritrovati a Nag

Hammadi si presume nati insieme alla Creazione, poterono avere la meglio sugli

uomini. Questo accadde pian piano, attraverso le manifestazioni operate sui Profeti

e di cui narra la Bibbia, ed attraverso altre persone. Attraverso quelle

manifestazioni, il capo degli Arconti e i suoi, furono in grado di influenzare

l’umanità e far scrivere la storia che conosciamo e che i Veda, la Bibbia e altri testi

antichi narrano, facendo dimenticare a poco a poco l’esistenza del credo nei

confronti della Grande Madre. Che È’ e resta la vera Deità.

Cosa riuscirono a fare nel tempo quell’Arconte e i suoi sottoposti, ce lo descrive la

Bibbia quando racconta le tante guerre istigate da quello che era il Principe dei

Livelli più bassi, ma ce lo insegna anche la storia dell’accanimento nei confronti

delle donne. Quell’Arconte, attraverso gli uomini parassitati (facilmente attraverso

quelli che hanno un certo DNA), oltre portare a farne offuscare la reale valenza e

arrivare a far credere le donne senz’anima, per poter regnare doveva tenere bassa

l’Energia del Femminino. A tale scopo, oltre farle uccidere, riuscì a farne offendere

il corpo nei più svariati modi: facendole subire l’infibulazione (che ancora oggi

subisce), facendo in modo che le donne ebree pregassero separate dagli uomini

(cosa che ancora oggi esiste), per non parlare di ciò che portò e porta tutt’ora

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all’uccisione delle primogenite cinesi o indiane, o a far trattare come sono trattate

tutt’ora le donne musulmane, o di cosa la chiesa cattolica fece alle donne accusate

di stregoneria ai tempi dell'Inquisizione, dopo che per secoli le aveva idealmente

collegate e fatte collegare al diavolo. Naturalmente non furono solo Samuele e altri

ebrei dopo di lui a incorrere nell’errore di riconoscere dio in quelle voci, in seguito,

molti altri, pur non essendo ebrei, anche recentemente, scambiarono quelle voci

interne per la voce di dio. Giovanna d'Arco, Socrate, Jung, Edgar Cayce, Tesla,

Nostradamus, Hitler, Malanga (che ne parla in alcuni video e crede che quella voce

che sente nella sua testa è la voce della sua Coscienza!), sono solo alcune delle

persone che, siamo venuti a sapere, le hanno sentite e ci hanno dialogato ricevendo

suggerimenti, ispirazioni o chiarimenti. Cosa che avveniva ed avviene perché, una

volta che la persona ha fiducia nell’entità di cui sente la voce nella testa, in mezzo a

delle verità che dice, questa mischia le bugie affinché il soggetto non possa arrivare

alla Verità che lo renderebbe libero. Nonostante questo, siffatte figure hanno avuto

e continuano ad avere una grande influenza in discipline importanti come se fosse

certo quanto dissero quelli che non ci sono più e quanto affermano quelli ancora in

vita. Quando l’Uomo cominciò a (ri)maturare animicamente e le cose a livello

religioso cominciarono a cambiare, quelle entità cominciarono a diversificare le

loro manifestazioni. Manifestazioni di cui fanno parte anche quello che gli

psicologi hanno classificato come l’immaginario amico dei bambini!

Molte persone sono finite e continuano a finire nei manicomi perché quando dicono

di sentire voci vengono credute pazze e quindi rinchiuse, mentre invece le voci che

quelle persone sentono nella testa vengono dall’entità che le parassita. Siccome

nessuno capiva (e capisce) cosa realmente accadeva (e accade), queste persone

finivano (e finiscono) per impazzire veramente. Ma tutte le malattie psichiatriche

erano e sono responsabilità di questi Arconti/parassiti. Per questo chi ne è affetto

difficilmente riesce ad uscirne ed i farmaci non lo curano ma riescono, a malapena

e non sempre, a sedarlo e tenerlo calmo. E la storia si sta ripetendo, basta solo

guardarsi intorno e vedere cosa succede.

È’ cronaca di questi mesi l’evento di una mamma di Genova che getta la figlia dal

balcone perché gliel’ha detto una voce, o di un ragazzo di Roma che uccide la

nonna della fidanzata sempre perché sente voci che glielo dicono, o di un altro

ragazzo che uccide la fidanzata e il fratello di lei senza saperne poi spiegare il

motivo, o di un signore che si cava gli occhi sempre perché glielo ha detto una

voce. Questo avviene perché queste forti Entità negative tentano, facendo uccidere

soprattutto le donne come sta avvenendo in misura maggiore da qualche anno a

questa parte, oppure perpetrando violenze su di loro e sui bambini per creare

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ulteriore confusione, di abbassare l’Energia del Femminino Sacro che si sta

rialzando.

Queste entità arcontiche nell’antica gnosi erano conosciute, e secondo quella

disciplina esse sono anche nostri parenti cosmici in quanto sempre creati dallo

stesso Eone Sophia. Non sono in grado di stabilire con certezza la verità sulla loro

provenienza, ma quello che so certamente, è che essendo caduti in un Livello più

basso di esistenza, queste forze arcontiche possono nutrirsi della nostra energia ed

intromettersi nella nostra mente per sabotarne i normali processi deviandola verso

pensieri insani e scorretti arrivando persino a impossessarsi totalmente della mente

del soggetto parassitato facendogli commettere gravissime azioni o facendogli

credere che ciò che gli arriva proviene da maestri superiori. Ed il giochetto gli è

sempre riuscito visto quanto tempo è che siamo nelle condizioni in cui siamo e

quanto sono aumentate le persone che in questi tempi finali dicono di sentire voci

che sono convinte di canalizzare da maestri superiori che invece non sono altro che

quelle di entità nascoste in uno dei livelli della loro Aura. Quelle entità, che si

nascondono maggiormente dietro il bene, sono responsabili di tutto il malcostume e

delle depravazioni umane. Sono responsabili dell’omosessualità, delle

degenerazioni sessuali inclusa la pedofilia, nonché di tutte le atrocità che gli umani

sono in grado di commettere. Di queste subdole Entità - che per lo più si mostrano

come figure celestiali o come maestri ascesi (vedi anche racconto di Helena

Petrovna Blavatsky), che sono le stesse che Carlos Castaneda chiama Voladores e

Corrado Malanga ed altri chiamano Alieni - le alte gerarchie ecclesiastiche non ci

hanno mai informato, ma quando in alcune delle persone possedute quelle Entità

mostravano la loro vera natura, ci hanno insegnato a credere si trattasse

semplicemente di Diavoli. E sebbene sapessero cosa quelle Entità fossero in grado

di provocare nell’uomo, hanno continuato e continuano a mantenere il segreto di

fronte alle tante sofferenze che provocano all’uomo. Ma soprattutto tacciono in

questo momento sulla ragione dei tanti femminicidi di cui loro, nonostante Dante li

definisca ottusi, a mio parere conoscono la ragione! Perché? Perché, in base a

quanto, secondo me, narrano Pantaleone, Michelangelo e Nostradamus, e come

forse aveva capito Giordano Bruno (che non a caso scrisse un libro intitolandolo Lo

spaccio della bestia trionfante), le alte gerarchie sanno bene che ci hanno sempre

fatto pregare la deità che regna in questo Livello, cioè Lucifero, il Principe degli

arconti.

A causa del Principe che regna su questo mondo, il cui interesse è sempre stato

quello di tenere bassa l’Energia del Femminino e la donna succube dell’uomo in

quanto è nella donna che la Dea si rispecchia e si manifesta il Femminino Sacro e

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le anime possono incarnarsi, la vita della donna, oltre a tutte le sofferenze e

menomazioni corporali che ha dovuto subire e subisce, non è mai stata facile, ma in

questi ultimi tempi in particolare tutto si è moltiplicato a dismisura perché,

nonostante quanto abbiano tentato e fatto quell’Arconte e i suoi proseliti, l’energia

del Femminino continua a risalire. Quindi quell’Arconte sa che la sua sconfitta è

vicina, e per tentare di abbassare quell’energia, fa in modo che più donne possibili

vengano uccise.

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Il braccio destro

Il monaco nel braccio destro racconta che quel mostro (ossia quel pianeta) tornò a

punire agli abitanti della Terra, ma che il Male ebbe ugualmente il sopravvento sul

Bene.

Il racconto di questo braccio inizia con la testa di quel lupo; anche qui ci aiuta

forse ancora la mitologia nordica a capire, che prendo in considerazione perché, se

non era tra i documenti che i Crociati trovarono, cosa che dubito, essendo il mito

più antico del mosaico, Pantaleone avrebbe potuto conoscerlo.

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La mitologia nordica ci parla del lupo Fenrir. Quella mitologia narra che il

concepimento di Fenrir avviene quando Loki, il più subdolo dei figli di Odino (che

potrebbe essere lo stesso più subdolo dei figli di Enki), trova il cuore della

gigantessa Angrboða (nome il cui significato è presagio di Male) mezzo arrostito

in un falò. Dopo averlo divorato partorirà ben tre creature: oltre a Fenrir vedrà la

luce il serpente Jörmungandr e la giovane Hel, una ragazza il cui destino sarà

quello di presiedere al regno degli inferi (quella che diverrà poi presumibilmente la

caverna di Platone.

Immagine di fantasia con Fenrir, Hel ed il serpente Jörmungandr

Il significato del nome Jörmungandr è demone cosmicamente potente; infatti, a

conferma di questo, Pantaleone sopra quel lupo raffigurato nella parte bassa del

braccio disegna il diavolo (fig.a). Jörmungandr, il demone che poi Odino stabilisce

di far scagliare nel profondo delle acque, riesce a lanciarlo soltanto Thor, che da

quel momento sarà acerrimo nemico del serpente.

a Yaldabaoth Disegno di Nostradamus

Il regno di Hel, la ragazza il cui destino sarà quello di presiedere al regno degli

inferi, sembra fosse considerato uno dei nove mondi, quello più profondo

dell’universo dove risiedono i morti indegni di salire al Walhalla, la residenza dei

morti gloriosamente (quello di Saturno era il sesto, quindi Ningishzidda Loki, o

come venisse chiamato, ci portò giù di altri tre Livelli!?). Mentre il destino di

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Fenrir, nonostante le allarmanti profezie che da questa creatura terribile sarebbero

venute solo disgrazie, gli dei decisero di incatenarlo senza ucciderlo.

Per riuscire nell’impresa di legarlo, gli dei lo convinsero a mettere alla prova la

propria forza. Fenrir supererà le prime due prove, ma alla terza, gli dei riusciranno

ad incatenarlo. Così legato, la leggenda narra, Fenrir dovrà rimanere sino al giorno

di Ragnarök, la fine del mondo, in cui tutti i legami saranno spezzati e in cui

finalmente anche il lupo si libererà, portando morte e devastazione nei vari reami,

arrivando persino a divorare il sole, così come era stato predetto nelle profezie.

Spero quel divorare il sole significhi soltanto che questo falso mondo sparirà.

3

Nell’aprile del 2010, in una delle mie particolari esperienze, con quello che ho

compreso poi essere quasi certamente Fenrir, ho avuto uno spaventoso faccia a

faccia. Provando ad interpretare le profezie, quella potrebbe essere la data in cui

quel Lupo potrebbe essere riuscito a spezzare la catena che lo teneva legato.

Valutando in quanto poco tempo nel mondo si è aggravata la degradazione morale e

quant’altro di brutto va accadendo, sembrerebbe davvero sia così.

Perché disegnata appena più in alto del lupo già preso in esame, la seconda figura

del braccio su cui andiamo a riflettere è quella riportata di seguito (fig.a).

La parte disegnata da Pantaleone con quell’asino abbattuto ma vivo col fiore col

pomo in cima in bocca, potrebbe simboleggiare l’elica genetica Divina ma

invisibile, o la parte originale del DNA rimasto dopo l’esperimento in quelle

persone; mentre quelle due teste di lupo su un unico collo, probabilmente

simboleggiano la parte di DNA negativo inserito. Le due eliche genetiche che

probabilmente conosciamo.

Con questa operazione, quei due Lupi, che potrebbero voler richiamare anche il

simbolo dei due serpenti attorcigliati legato al dio dell’oltretomba Ningishzidda

(fig.n3 ), presero il potere sul DNA degli umani controllandoli (controllo totale che

quelle entità hanno ancora su molti persone, soprattutto uomini), sulle Forze

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invisibili terrestri, nonché sulla parte viva e ancora feconda della Terra dopo la

grandissima catastrofe.

a b c b: è il graffito denominato graffito di Alessameno ritrovato al Palatino datato orientativamente terzo secolo. Il

graffito è una raffigurazione (si vede meglio nella fig.c) accompagnata da un’iscrizione in greco che gli

archeologi interpretano come irridente nei confronti del culto del Cristianesimo. Dopo aver esaminato la figura

della sezione a, forse comprendiamo meglio il significato di quell’asino crocifisso come forse comprendiamo

anche il significato di quella Y riportata sul graffito.

Tra il diavolo e la figura che simboleggia il DNA, c’è quel Toro (fig.d), che è di tre

colori diversi, e sulla quale Pantaleone poggia il ramo di quel braccio (nel quadrato

che esamineremo più avanti, un Toro è posto anche vicino ad Eva fig.e). Proviamo

a capire cosa simboleggia.

Pantaleone in quel braccio, secondo me, sta narrando il periodo successivo alla

caduta narrata nel braccio sinistro, quindi quel Toro potrebbe voler simboleggiare

la stessa Dea che per Egizi e gli Indù diventa il Toro e simboleggiare “il toro di sua

madre”, il Dio Min. Dio della fertilità che incarna la potenza virile e la rinascita

dalla morte che spargendo il suo seme ridiede vita alla Terra distrutta, ma che

sempre la Dea è.

d e

Nei Veda, l'Alba della Creazione è rappresentata come una vacca: la Vacca del Rig

Veda dalla quale, per gli Indù, discende l'umanità, è la “Vacca che realizza i

desideri” nata durante il frollamento dell’oceano di latte al quale partecipano i

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Deva e gli Asura. Nella simbologia Indù è Kamadhenu un avatara del Tutto in

quanto essa contiene tutte le divinità Indù ed è la madre di tutte le vacche sacre.

Essa è Iside ed anche Venere.

Dea Kamadhenu Dea Hathor

Un breve riassunto del mito della vacca sacra trascritto dalla Rete:

In India, l'adorazione della vacca e del toro si basa sul fatto che la prima

personifica la potenza produttiva (Surabhi, la Vacca dell'Abbondanza), ed il

secondo il potere generativo della Natura. La Vacca è anche il simbolo animale

della Luna e talora aveva come contrassegno la falce di Luna crescente. Ciò è solo

una piccola parte del significato di questo simbolo, essendo esso uno dei più

grandiosi e filosofici. Esotericamente lo troviamo fra i simboli che circondano

Ardhanari, a rappresentare la quinta razza, quella Ariana. Secondo l'Aitareya

Brahmana, Vach, la Vacca Melodiosa del Rig Veda dalla quale discende l'umanità,

fu inseguita dal padre Brahma, in preda ad incestuosa voluttà. Per sfuggire a tale

minaccia, essa fu mutata in cerco. Essa è Iside, Venere, la madre del Logos, che

per Egizi ed Indù diventa il Toro. Nella filosofia esoterica, la vacca è la natura

creatrice, il toro lo spirito che vivifica. L'idea di un "culto della vacca" è quanto

mai errata e ingiusta. Nessun Egiziano adorava la vacca, nè qualche Indù adora

oggi questo animale, anche se è vero che la vacca e il toro erano sacri in passato

quanto oggigiorno, ma solo come il simbolo fisico di un ideale metafisico; proprio

come una chiesa fatta di mattoni e malta è per il Cristiano civilizzato sacra in

ragione delle sue associazioni e non per le sue mura. La vacca era sacra a Iside, la

Madre Universale, la Natura, e ad Hathor, il principio femminile in Natura, le due

dee essendo legate sia al sole che alla luna, come provano il disco e le corna

(crescenti) della vacca. (Vedi "Hathor" e "Iside"). Nei Veda, l'Alba della Creazione

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è rappresentata come una vacca. Questa alba è Hathor, e il giorno che segue, o la

Natura già formata, è Iside, poiché entrambe sono una, tranne che riguardo al

tempo. La più antica Hathor è la "sacerdotessa delle sette vacche mistiche" e Iside,

la "Divina Madre" è la "vacca con le corna", la vacca dell'abbondanza (o Natura,

Terra) e, come madre di Horus (il mondo fisico), è la "madre di tutto ciò che vive".

L'outa era l'occhio simbolico di Horus, il destro era il sole, e il sinistro la luna.

L'occhio "destro" di Horus era chiamato "la vacca di Hator", ed era usato come un

potente amuleto.

Un breve riassunto del mito del dio Min: Nell'arte egizia Min era raffigurato

avvolto in un sudario e con una corona di piume in testa. Con la mano destra

veniva spesso riportato impugnare il proprio pene eretto, mentre nella sinistra,

rivolta verso l'alto, riferito alla sua autorità o a quella del faraone, poteva

stringere un flagello, ma forse anche come riferimento alla costellazione di Orione

(cosa che valuto probabile). Intorno alla testa aveva un nastro rosso lungo che

arrivava fino a terra, che secondo alcune interpretazioni era forse un ennesimo

riferimento alla sessualità,. La sua pelle era spesso nera, come la terra più fertile.

I simboli di Min erano un toro bianco (chiamato Toro dal Grande Fallo). una

freccia dentata e la lattuga.

Le origini del culto del dio Min sono da ricercare nelle epoche più arcaiche e

primitive dell'antico Egitto, in epoca pre-dinastica, sopratutto nella regione di Ipu

in Alto Egitto: il dio veniva invocato a protezione della fertilità, delle coltivazioni e

dei raccolti.

Secondo una leggenda Min non era altro che un contadino che perse un braccio,

così quando gli altri uomini del villaggio dovettero andare in guerra rimase lui

solo con le donne e al loro ritorno egli le avrebbe messe tutte incinta. Quindi per

questo gesto prosperoso sarebbe stato divinizzato.

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Non è chiaro il significato del suo nome. A lui erano associati frasi come "sono il

toro che genera il seme degli dei e delle dee". Affermazioni di questo tipo

chiariscono in modo inequivocabile il legame del dio con il concetto di fertilità e,

più in particolare, con il potere di dare la vita agli esseri soprannaturali: senza

Min il mondo divino non sarebbe esistito, al pari di quello terreno.

Il dio Min, dunque, era associato al seme maschile, incluso quello degli dei: il suo

compito consisteva nell'assicurare la fertilità delle divinità maschili che

popolavano il pantheon egizio. In virtù di questa delicata e prestigiosa funzione, il

dio di Ipu fu elevato ben presto al rango di demiurgo, cioè investito di facoltà

creatrici; questo presupponeva che Min avesse generato anche se stesso, poiché

sarebbe inconcepibile che qualcun'altro gli avesse dato la vita. Tuttavia a Min

furono associate varie madri. La più famosa è Iabet, colei che possiede l'oriente,

dea della rinascita. Oltre alla madre di Min, Iabet ne era anche la sposa: secondo

la mitologia egizia il dio l'aveva fecondata assumendo le sembianze di Min-

Kamutef, "il toro di sua madre", nascendo dunque dal suo stesso seme.

Il Toro su cui il monaco poggia il ramo del braccio destro del mosaico simboleggia

quindi il Dio della fertilità che per Egizi e gli Indù non è altri che la Grande Madre

celeste che diventa il Toro che incarna la potenza virile e la rinascita dalla morte

spargendo il suo seme; avendo fatto il Toro di tre colori diversi, Pantaleone intende

probabilmente dirci dei tre lati del carattere del Toro (può essere buono, neutrale o

malvagio) e dei due mondi in cui opera: quello di mezzo, dove sparge il suo seme,

e quello di sotto. Quindi il diavolo disegnato vicino ad un fuoco nero (non rosso),

simboleggia le forze infere.

a b c Asmodeo Il dio Moloch

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Sempre seguendo l’ordine di inserimento dei disegni fatto

dal monaco, la terza immagine che tenteremo di

comprendere è questa riportata a fianco, che come si può

vedere, mostra un essere umano coi capelli rossi che si

getta dentro una coppa. Quella coppa simboleggia

senz’altro la Coppa della Vita, cioè Madre Terra. Mentre

quell’essere umano che vi si getta dentro potrebbe essere

l’uomo del mutamento o voler simboleggiare l’essere

umano che crearono gli elohim(?). Potrebbe essere lui

perché il monaco non gli fa i capelli bianchi come ha fatto

a Samuele, ne bianco è il colore della sua pelle mentre

quella di Samuele lo è.

Il nuovo abitante terrestre, come intende probabilmente dirci questa sezione del

mosaico riportata sotto, fu valutato però poi dalla terribile dea della Giustizia:

Nemesi.

Nemesi Temi, altra incarnazione di Nemesi

Il Giudizio non fu positivo valutando che, sopra

la Dea della Giustizia e l’omino che si getta

dentro la coppa, il monaco disegna di nuovo

quel mostro e con una scarpa in bocca!

Mettendo la scarpa in bocca al mostro, il

monaco ci dice anche che, alle persone che si

salvarono da quella nuova catastrofe, quella

creatura mitica tolse pure una scarpa (le scarpe

simboleggiano il camminare nella vita. A quelle

persone fu tolto evidentemente la metà di un

qualcosa). Unendo le persone disegnate sopra

al mostro a quei serpenti il monaco ci dice che

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esse erano infatti possedute dal Male (quel male riguarda evidentemente la qualità

del DNA inserito). Ma la ragione di quella altra caduta, che come vedremo quando

andremo a decodificare la figura della sirena bicaudata portò poi Satana a regnare,

potrebbe essere dipesa anche da un'altra ragione.

Vicino a Satana in trono il monaco disegna l’uomo che simboleggia il Bene, ma

legato ai piedi con un simbolo che ci rivela che egli, il Bene, evidentemente a

seguito di quell’esperimento, fu imprigionato in una ciclicità per un tempo infinito.

n

Toth Ibis Toth Scimmia Dio indù Anuman

Poco prima di Satana in trono Pantaleone disegna una figura col viso di un ibis e

con un serpente in mano. Quella figura simboleggia il dio egizio Toth, che nel

pantheon egizio è rappresentato sotto forma di ibis e riportato in alcuni casi anche

come babbuino (come tale venne in uno dei miei sogni quando di lui non ancora

sapevo nulla!). Toth è conosciuto come la divinità egizia della luna, della sapienza,

della scrittura, magia, misura, del tempo, matematica e geometria. E’ conosciuto

come Hermes dai greci, Mercurio dai Romani, e come Quetzalcoatl in America

Centrale, ma egli è sempre Ningishzidda, quel figlio di Enki, mago e psicopompo,

che si accompagna a grandi dragoni e serpenti, che i testi ci dicono essere

pericoloso come un Mushushu (il serpente dragone di Marduk).

Inserendo Toth in quel punto del braccio, sembra Pantaleone voglia dirci che lui

venisse subito dopo Satana.

In quanto inventore della scrittura e patrono degli scribi, fu questo il ruolo che ebbe

nei confronti del dio Ra di cui era segretario e primo consigliere politico e

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religioso. Ma chi era Ra? Ra era Marduk, il primogenito di Enki nato dalla sua

unione con Damkina. Quindi fratello di Ningishzidda.

Marduk, il cui nome lo descrive come giovane Toro del sole dal carattere iracondo

e guerrafondaio, orgoglioso e superbo, associato in Egitto all’Ariete, era un

grande ingegnere, particolarmente abile come lo era suo padre, in tutto ciò che

aveva a che fare con le risorse idriche. Fu lui infatti, secondo quanto si legge nei

miti, a rinforzare in epoca di crisi gli acquedotti di Babilonia. Anche lui era grande

mago, ed aveva vaste conoscenze in ogni campo. Il grande tempio di Babilonia,

chiamato Esagila (casa del grande dio), aveva al suo ultimo piano un Santa

Sanctorum chiamato 'E.Kua' in cui dimoravano Marduk e sua moglie. Nelle sue

rappresentazioni é quasi sempre accompagnato dal “serpente dragone

Mushushu”.

Mushushu Marduk e Mushushu Marduk che combatte Tiamat

Quel Marduk, conosciuto come Ra in Egitto, probabilmente colui che si presentò

agli Ebrei come JHWH, il dio biblico ancora adorato, quello che sarebbe pure il

padre di Gesù, Pantaleone ci dice quindi che è Satana! Da migliaia di anni le tre

religioni monoteiste e tutte le sette che ne sono derivate fanno adorare Satana ai

loro seguaci! Terribile, ma come diceva mia madre, il diavolo non è poi così nero

come lo si dipinge. Il percorso in salita fatto nei gironi di competenza di Satana

serviva a farci crescere come anime per poter arrivare a quello che siamo oggi.

Oggi però, che è anche il giorno della battaglia finale, ci troviamo molto più che

davanti ad un semplice bivio: solo se sapremo capire e fare le scielte giuste

rivedremo la vera Luce.

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Questo lupo con tre zampe che morde una zampa

all’asino è posto sopra la figura tricefala ed è disegnato

nella parte opposta a dove è raffigurato Satana.

L’asino, come l’animale tricefalo, simboleggia il

DNA, quindi come la Grande Madre si manifesta nel

crato. Pantaleone ha riportato il DNA come somaro

per la carattertica sopportazione dell’animale ai pesi.

La zampa che il lupo amputa all’asino, riguarda

probabilmente la perdita di un’elica del Genoma

umano nei terrestri come conseguenza dell’esperimento fatto dagli elohim.

Conseguenza evidenziata dal monaco anche nei capelli rossi che fa alle figure

subito sopra all’asino e che sono nel giardino terrestre.

Mettendo nel braccio Satana in trono, il monaco ci dice quindi che, dopo il

secondo esperimento genetico, l’Eggregora divenne dio e prese a regnare.

Quella gravissima perdita genetica andò di conseguenza a ripercuotersi

nell’equilibrio dei pianeti e far avvicinare di nuovo pericolosamente alla terra quel

Pianeta oscuro che, come vedremo, sconvolse ancora una volta la vita sulla Terra.

Pantaleone sembra però dirci

un’altra cosa importante in quel

braccio perché, mentre da una

parte disegna le persone

moltiplicatesi dall’esperimento

genetico possedute da serpenti e

mettendo Satana in trono sopra di

loro ci dice che lui è il loro re,

dall’altra parte del braccio, mette

il Patriarca Abramo con una

donnina sulle gambe, vicino a lui,

ma separati e coi capelli rossi,

disegna Isacco (coi due figli sul

grembo), poi Giacobbe, e sopra di loro disegna un cervo.

In quella sezione dell’opera, il cervo posto sulla sua testa potrebbe far ipotizzare

che Abramo fosse un Druido (dru-wid, che sembra voglia dire conoscenza della

quercia); facendogli i capelli bianchi, il monaco ci voleva forse dire che Abramo

non aveva nel suo DNA quel quid genetico degli elohim e discendeva da quella

prima Stirpe creata dalla Dea (Dea forse voluta rappresentare dal monaco con

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quella donnina messa sulle gambe del Patriarca). Cosa che non era per Isacco e

Giacobbe visto che il monaco siede anche loro su uno sgabello di legno ma separati

da Abramo. Questo, forse, ci fa intuire perché quel dio disse a Rebecca che da quei

suoi due figli sarebbero nate due nazioni diverse. Avendoli posti sotto il Cervo, il

monaco intendeva forse dirci che attraverso le incarnazioni (non sappiamo quante)

e delle vite condotte lontano dal peccato, come anime, si poteva, si può, ricrescere.

Sulla base di quanto sembra dire il racconto del monaco, dopo le ricerche

effettuate, sono portata ad ipotizzare che tutto lo sconvolgimento sia iniziato da

quell’esperimento di Sophia: quell’esperimento potrebbe aver provocato la frattura

cosmica, la battaglia dei Pianeti, e l’immane cataclisma che mise fine all’Era

dell’Oro, distrusse la Terra, accese quella ciclicità dalla quale non siamo ancora

usciti e diede modo di arrivare sul nostro pianeta a quegli extraterrestri. Una

frattura che, come potrebbe voler dire il cerchio nel grano riportato

nell’introduzione, nel cosmo però ancora c’è, e nella quale, se non ci eleviamo

come anime, rischiamo ancora di cadere.

Di quella stessa frattura avrebbe potuto volerci raccontare anche Senmut nel

disegno ritrovato nel soffitto della sua tomba. E’ infatti scritto nel Libro egiziano

dei morti: "Calcolando e tenendo in debito conto i giorni e le ore propizie delle

stelle di Orione e delle Dodici Divinità che le reggono, ecco che esse congiungono

le mani palmo a palmo, ma la sesta fra esse pende sull'orlo dell'abisso…”.

a b

a: Il disegno nella tomba di Senmut b:il punto del Passaggio che secondo me potrebbe farci di nuovo cadere

mentre abbiamo la possibilità di salirlo attraverso un tunnel temporale

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Contando sei Ere processionali dal 10450 a. C, Era del Leone, abbiamo: Leone,

Cancro, Gemelli, Toro, Ariete, e Pesci. Quindi la sesta che è sull’orlo dell’abisso

potrebbe riguardare questo nostro Passaggio dall’Era dei Pesci all’Era

dell’Acquario. Quindi gli astronomi che osservano il cosmo in cerca del Pianeta X,

stanno cercando la luna che il dito sembra indicargli e non vedono il burrone che

hanno, abbiamo, davanti e in cui, se non ci eleviamo, rischiamo di cadere tutti. Ma

soprattutto non sanno, ne probabilmente crederebbero mai, che dipende se gli

abitanti della Terra capiranno o meno e si ravvedranno, cioè capiranno che NON è

permesso toccare il DNA, se riusciremo o meno a superare indenni insieme al

nostro Pianeta quel punto infausto di Passaggio.

Tutte indicazioni che sembrano assurde quelle a cui ci portano le ricerche grazie

alle informazioni che ci fornisce Pantaleone se pensiamo che l’opera è stata

realizzata nel XII secolo e leggendo la storia dell’Umanità che del nostro passato ci

racconta solo di esseri trogloditi. Soprattutto impossibile da dimostrare. Ma che una

precedente società, magari in modo diverso, potesse essere arrivata al nostro stesso

livello di evoluzione, mi era già balenata in mente anni fa guardando una

trasmissione dove veniva mostrato un oggetto molto simile a quelli che sono oggi i

bricchi che usiamo per scaldare il latte, incastonato nella roccia, vecchio qualche

milione di anni. Poi, che una qualche civiltà del passato potesse essere arrivata al

nostro stesso livello di progresso, è un’ipotesi sulla quale sono tornata a riflettere

mentre portavo avanti le ricerche leggendo dei vari oopArt e delle strutture

megalitiche che sempre più numerose venivano scoperte. Ma tutto questo non

confermava ancora la mia ipotesi in quanto non provava in modo tangibile la

capacità di una qualche società che ci aveva preceduto di essere arrivata al nostro

livello di progresso. Di recente invece, quando ho letto del ritrovamento del chip

alieno in Russia e del martello ritrovato a London, in Texas, ho capito che la mia

ipotesi in merito a quanto poteva voler suggerire Pantaleone in quella parte di

mosaico non era poi così assurda e che anzi di assurdo non aveva proprio nulla!

Ma a costruire l’ipotesi che sono andata man mano formando non mi hanno aiutato

molto né la Bibbia o i testi antichi che ho potuto leggere, né la storia dell’umanità

che troviamo sui libri di storia. A parte le mie particolari esperienze, che andavano

comunque decriptate e comprese, mi hanno aiutato la lettura e la diversa

considerazione con la quale ho valutato i miti e le molte opere d’arte visionate.

Soprattutto quelle dal ‘500 in poi, che più analizzavo e più capivo quanto in certi

ambienti fosse invece conosciuto ciò che andavo solo ipotizzando e ricostruendo.

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Il mito narra che è Prometeo, un Titano, che dona il fuoco agli uomini provocando

l’ira di Zeus. Prometeo (che potrebbe essere stato uno dei Titani che si erano salvati

dalla prima grande catastrofe) potrebbe aver donato il fuoco, che va inteso come

conoscenze. Cosa che potrebbe aver fatto anche Oannes, l’uomo pesce, che era

forse uno di quegli Spiriti Elementali della natura che, da quanto alcuni testi

raccontano, il giorno distribuiva conoscenze ai terrestri e la sera rientrava in mare.

A questo punto dobbiamo però domandarci: chi potrebbero essere stati quegli

uomini della terra a cui Prometeo ed Oannes diedero quelle conoscenze?

Potrebbero averle date a quei terrestri che popolavano una qualche parte della terra:

gli Homo Selvaticus, a cui abbiamo dedicato un capitolo più avanti, che potrebbero

essere gli uomini più piccoli creati dalla Dea insieme ai secondi Giganti, ed essere

anche gli Ebrei delle origini.

a b c d a. Pan, che appartiene al mito più antico della Grande Madre, sembra simboleggi sempre Saturno b: Oannes.

Oannes è un essere umano con mani e piedi palmati, considerato uno dei sette saggi Apkallu, esseri semidivini,

metà uomini e metà pesci, emersi dall’Apsu, rappresentati poi nel periodo neoassiro come aquile. Secondo il

mito raccontato da Berosso nel suo "Storia di Babilonia", sarebbe stato colui che avrebbe insegnato agli uomini

la civiltà, le scienze, le lettere e le arti prima del diluvio universale. Sembra fosse un uomo con particolari

attitudini acquatiche, munito di branchie, ma che poteva respirare aria anche con i polmoni.

c: Apkallu. Gli Apkallu come Oannes potrebbero esseri Spiriti Elementali emersi dall' Apsu, l'abisso

primordiale per insegnare agli uomini le arti, i mestieri, il codice morale ed in generale i principi della civiltà

che avevano perso (nel periodo neoassiro sono spesso rappresentati come uomini-aquile).. d: Anche la

Madonna che è nella chiesa degli argentini di Roma ha una borsetta come gli Apkallu.

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Parentesi necessaria: Un Eone è diviso in Cicli che a loro volta sono divisi in Ere

che si susseguono e ripetono ciclicamente facendo rivivere alle Anime la storia

precedente ma più velocemente (per capire che è davvero così basta guardarsi

indietro e vedere quanto sapere abbiamo acquisito, ed in tutte le materie, in questi

ultimi cento anni). Sapendo che siamo alla fine di questo Grande Ciclo, ho pensato

di andarmi quindi a guardare un po’ indietro per cercare di capire quale grande

cosa, come i nostri avi di qualche passato lontanissimo, potremmo aver fatto di cui

potremmo aver sottovalutato la gravita e le conseguenze.

Grazie alle ricerche e alla consapevolezza che ho maturato in questi, relativamente,

pochi anni, individuare quale potrebbe essere stata quella cosa è stato facile: come

fece un qualche nostro antico avo di quel lontano tempo che voleva arrivare a

conoscere Dio, il secolo scorso anche noi abbiamo cominciato a manipolare il

DNA (che è il modo attraverso il quale l’Intelligenza Superiore che è Madre e

Padre – quindi Amore - si manifesta), fino a far nascere Louise Brown, la prima

bambina nata in provetta che ha oggi 37 anni. Quella nascita ha dato inizio ad un

qualcosa che ancora oggi prosegue perché dalla provetta nascono tanti bambini.

Ogni essere che nasce è parte di un Progetto Divino, noi, facendo nascere bambini

dalla provetta, abbiamo quindi preteso di mettere progetti in bocca a Dio

sconvolgendo tutto e sconvolgendo il Disegno Divino insito in ogni essere umano e

per di più, facendo nascere solo degli involucri vuoti (o solo carne, come disse

Enlil mentre vedeva arrivare il diluvio...)!

Ma forse doveva andare esattamente così com'è andata affinché potessimo

comprendere quale era stato l’errore che avevamo fatto in un qualche lontano

passato e che ci aveva fatto cadere in questo inferno.

Considerando quindi quello che abbiamo fatto oggi con la pecora Dolly, con i

bambini nati in provetta, con gli OGM e forse con chissà che altro, probabilmente

un qualche nostro antico avo fece esattamente ciò che stiamo facendo noi: fece

nascere degli esseri in provetta che poi fece mischiare agli esseri umani iscritti nel

Libro della Vita che già abitavano la terra e si erano evoluti. Quello provocò un

cataclisma immane, fece cadere coloro considerati poi dei sulla terra, che forse

sperimentarono a loro volta facendo nascere altri esseri vuoti accendendo quella

ciclicità dalla quale non siamo ancora usciti e dalla quale non usciremo finché non

capiremo che il DNA non si tocca, e non restaureremo la Giustizia nei confronti

della vera Deità.

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Il quadrato, la parte che chiamerei il cuore del mosaico.

Il quadrato, come il rettangolo, è simbolo di definizione e di delimitazione che

rappresenta la squadratura della materia; dentro quello del mosaico il monaco non

inserisce però una sola informazione; per riferirsi al Cielo, pertanto anche al non

creato e alla Generatrice Madre/Padre, all’interno del quadrato il monaco ha

inserito i cerchi. Per raccontarci di importanti fatti che hanno segnato la storia

dell’umanità, il monaco ha messo invece all’interno dei cerchi delle figure su cui

andremo a riflettere man mano andando avanti.

a b c a: L’antica Roma quadrata. b: Un reperto archeologico dove è raffigurata la Grande Madre, col grande collo

che simboleggia la sua androginia e col rettangolo. c: La Madonna del Rosario di Lorenzo Lotto

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Di conseguenza il quadrato del mosaico rappresenta due aspetti della Grande

Madre/Padre: simboleggia la sua Emanazione (o manifestazione divina), mentre i

cerchi sono simbolo dell’animazione del tutto.

Il quadrato è la perfezione della sfera sul piano terrestre, che si sviluppa partendo

dal centro immobile, secondo la croce nelle direzioni cardinali che, nel quadrato, è

l'espressione dinamica del quattro.

Per questa ragione il monaco ha composto il lato del quadrato di quattro figure: con

quelle quattro figure per lato il monaco intendeva simboleggiare la perfezione

divina nello sviluppo della manifestazione solidificata. Nella simbologia del

quadrato espressa dal quattro sono ritmate le quattro Età del Mondo, i quattro punti

Cardinali, quindi la vita umana e i mesi lunari, è espressa la tetraktys quindi anche i

12 segni dello Zodiaco Celeste inclusi i quattro punti Cardinali.

I pitagorici facevano della tetraktys e anche del quadrato di quattro, cioè Sedici, la

base della loro dottrina. In riferimento alla Tetractys pitagorica si osserva che

il Quadrato è sempre dovunque considerato il numero della manifestazione

Universale nel concetto del Quadrato Perfetto; la formula Pitagorica

1+2+3+4=10 è la circolatura del quadrante e l'inverso 10=1+2+3+4 esprime

numericamente la divisione quaternaria del cerchio, cioè il problema ermetico

della quadratura del cerchio concepibile come massima perfezione umana.

a b c a: I quattro Elementi b: La Madonna con le 12 stelle che simboleggiano i 12 segni dello Zodiaco come corona

c: Le 4 donne della chiesa di Rennes le Chateau, che cercano di intravvedere la quinta all’orizzonte

In modo diverso dal quadrato del mosaico di Pantaleone, quella stessa simbologia è

contenuta nel mosaico della galleria Umberto I di Napoli, dove nella struttura degli

edifici che la circondano, non a caso, come in Castel del Monte, è ripetuto il

numero otto. Il numero otto è fra i simboli più antichi: nelle antiche religioni

pagane è il simbolo dell’infinito, nella religione cattolica simboleggia la

resurrezione. Simboleggia quindi il Risveglio, la fine delle sofferenze, ed il

Passaggio ad un maggiore livello di consapevolezza. Che come è scritto nella

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Rivelazione fatta a Giovanni e come intendeva dirci Berenger Saunierè con quelle

quattro donne che sembra cerchino di intravvederne una quinta poste nella chiesa di

Rennes Le Chateau (fig.c), sarà un avvenimento annunciato da una donna.

Il mosaico di Napoli con le 16 lunette Castel del Monte

Sedici, che è il numero dei cerchi contenuti nel quadrato, è il numero che i Sumeri

legarono al loro dio Marduk, ed è un numero che fu legato anche ad Osiride (che

secondo la teogonia eliopolitana appartiene già alla quarta generazione di dei) e

sedici sono le stanze nel tempio di Abydos a lui dedicato; quindi tutta la simbologia

legata alla Dea che dopo l’arrivo degli extraterrestri pian piano è stata trasposta al

maschile*.

a b

a: Lo sposalizio della Vergine del Perugino, dove nella chiesa è espresso simbolicamente l’otto

b: Lo sposalizio di Maria di Raffaello, dove nella chiesa è espresso invece il sedici

(* Il nome Maria deriva facilmente dalla basca Dea Mari, l’androgino primordiale, considerata l’origine del

bene come del male, similmente alla divinità arcaica pre-indoeuropea. Non a caso altro nome dello stesso

Genio è Maya, che va posto in relazione con quello di suo marito Maju, Genio che viene chiamato Sugaar,

Sugol. In sumerico “Ma” significa ama (madre) e “ri(m) partorire; a Creta troviamo l’Amari minoico; in Cipro

incontriamo la pre-indoeuropea Ay-Mari http://www.arcadia93.org/mari.html)

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Mettendo quell’Asino al centro del quadrato tra i due Cani, Pantaleone ci vuol dire

invece dell’eterna lotta tra Bene e Male, tra Luce e Tenebre, e che quelle due Forze

fanno parte integrante della Grande Madre. Forze che fanno girare il mondo e che

Ella controlla. Come ci conferma l’antica immagine simbolica d e il reperto e.

c d e

c: I due cani, o due energie, con il somaro arpista del mosaico, ossia la Dea che suona la musica della Vita. d:

La stessa simbologia è espressa nei serpenti guidati da Demetra

L’Asino, simbolo solare ed animale noto per i pesi che è in grado di sopportare,

simboleggia la Dea. Il monaco l’ha disegnato arpista poiché è comunque Lei, la

Grande Madre, che sobbarcandosi tutto il peso della Creazione, suona la musica

della Vita. Asino che è stato erroneamente connesso a Gesù e che va invece

connesso a Maria!

a b

c d

a: Asino con la lira nel portale della chiesa di Saint Pierre de la Tour, Aulnay. b: Gesù che entra a Gerusalemme

sull’asinello c: Le tre Parche di William Blake.. d: Scrofa arpista della chiesa di Saint-Parize le Chatel

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Attraverso l’indole degli animali inseriti nei cerchi, nel quadrato il monaco ci dice

infatti che la Grande Madre è anche il terribile Leviatano e pure la terrificante tigre.

Il Leviatano di Gustav Dorè

Pantaleone ci sta quindi dicendo che la Grande Madre è il Tutto. Non può essere

pertanto rappresentata da un uomo, e tanto meno questo uomo essere il dio biblico

in quanto lui è solo il Demiurgo di questo ingannevole mondo.

Era Maria infatti che doveva riportare Ordine verso il credo della Grande Madre,

forse dare anche l’annuncio dell’arrivo del Giustiziere all’ingresso della successiva

Era, e dire della restaurazione (genetica originale probabilmente) che questo

avrebbe fatto attraverso il quinto elemento. Quinto Elemento che è l’Etere.

Ritenuto l’elemento principale della Pietra filosofale e la sostanza catalizzatrice in

grado di risanare la corruzione della materia che gli orientali identificano come

Akascha.

a b c

a. I cinque elementi? b. cerchio nel grano che ci dice che siamo allineati e che la

fine del tempo è giunto?? c. I 5 elementi nel cerchio nel grano?

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Il Grifone

Nel primo cerchio del quadrato, che non recinge, il monaco inserisce un Grifone

con una zampa alzata (particolarità che ripeterà nell’animale che simboleggia la

stessa figura) che sembra scansi un agnello e sotto alla figura scrive PASCA.

a b

c d

e f

a: Il Grifone del cerchio del mosaico; b due grifoni che sbranano una cerva contenuto in una chiesa del

foggiano, le altre immagini sono rappresentazioni varie di grifoni. e ed f sono Chimere

L’immagine del primo Grifone riportato è quello disegnato da Pantaleone nel

quadrato del mosaico; non essendo il simbolo recinto, significa che Pantaleone ci

sta mostrando la figura simbolica di un livello diverso di quelle che disegna subito

dopo e di cui recinge i disegni. Forse in quel cerchio il monaco ci sta parlando di

quel corpo celeste che nel braccio destro del mosaico disegna come donna con i

capelli rossi e con la bilancia in mano. In quel cerchio potrebbe quindi voler dire

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della sorella del nostro sole, Nemesi. La dea che elargisce gioia o dolore a seconda

di quanto è giusto e che potrebbe essere collegata a quella gigante rossa di cui

intendeva dirmi la mia visione, e forse dirci anche il cerchio del grano riportati

nell’introduzione.

Il monaco l’ha riportata in quel cerchio per dirci che la vita degli uomini sulla Terra

(le immagini cerchiate riportate dopo) dipende comunque la Lei. Pantaleone l’ha

riportata con la testa e gli artigli dell’aquila e solo il corpo di leone per dirci che

quella non è la sua faccia buona. Anche il cerchio vuoto che il monaco le disegna

sul corpo intende simboleggiare che quella è la sua faccia negativa. Invece

l’agnello che le pone vicino, che comunque sembra scacciare, ha secondo me lo

stesso significato che hanno quel capretto sopra quel leone, quel puledrino e quella

scrofa messe tra le zampe degli altri Grifoni riportati: simboleggiano la Terra ed il

(suo) sacrificio. Tiamat, la Terra delle origini. Tiamat uscì sconfitta dalla battaglia,

ma Ella, essendo Madre natura (come volevano ricordarci i cerchi nel grano

riportati di seguito), risorge sempre dalle proprie ceneri, e allora risorse come

nuova Terra, seppur ridimensionata.

f g h

f: La Fenice che risorge dalle proprie ceneri g. Lo scarabeo, animale simbolo, in uno dei cerchi nel grano h: la

Fenice in un cerchio nel grano. Chiamata Bennu dagli Egizi, e che oggi è simboleggiata col segno del Cancro

Insieme al Grifone Pantaleone mette un agnello che abbiamo detto simboleggia

probabilmente la Terra; l’agnello è usato anche come simbolo di umiltà, innocenza

e purezza; l’ Agnus latino, parola probabilmente legata all’agni vedico che significa

Fuoco, rimanda anche alla donna che riporterà la Luce sulla Terra e dovrà dare

inizio ad un nuovo Giorno del mondo: una nuova incarnazione ufficiale di quella

Dea che, come scritto nell’Apoaalisse di “Giovanni”, verrà come agnello.

Mentre riguardo alla parola Pasca scritta sotto al Grifone, il monaco potrebbe aver

scritto PASCA per rimandare al Rito dell’Agape (Amore) nel quale intere comunità

partecipavano in gruppo ai sacri misteri del “Pasto Sacro”. Cosa che viene fatta

ancora oggi ma, insieme al vino che ne simboleggia il sangue versato, legandola al

corpo di Gesù. Poiché il pane si fa col grano, legato nell’antichità alla dea Demetra

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(Madre terra o forse Madre dispensatrice), il pane era, e resta, un elemento

femminile. OPPURE, invece che Pasca, come si legge, sempre che allora non

venisse chiamata così, il monaco potrebbe anche aver scritto PARCA sotto alla

figura e in seguito, i soliti noti, potrebbero aver corretto la parola modificando la R

in S con l’intento di annullare la comprensione della parte. La parola Parca che il

monaco scrive sotto alla figura, secondo me, non può riferirsi ad altri che alla

Grande Madre celeste, che come Parca (o Moira) Tesse la Tela dei Destini degli

uomini ed è Madre/Padre e proprietaria ed espressione di tutti gli Archetipi (è

quindi l'Uno o la Monade), è Madre del nostro Sole e Pianeti del nostro Universo

nonché della nostra Madre Terra.

a b c

a: Le Parche nel mito b: le Parche di Bernardo Strozzi c: le Parche di Michelangelo

Per questo, e perché probabilmente lo era davvero, la Madonna, da svariati artisti

tra cui Guido Reni, venne simbolicamente dipinta come sarta.

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La sirena bifida o bicaudata

La prima figura che Pantaleone disegna all’interno del primo dei quindici cerchi

che recinge, è una sirena bicaudata, quindi una donna.

Le leggende riportano che in origine le sirene fossero alate, venivano rappresentate

con un corpo per metà umano e per metà aviforme con ali tipiche dei rapaci, in

qualche caso la parte inferiore era un uovo ed avevano la barba.

Nella tradizione arcaica greca, le sirene presiedono il destino del cosmo e degli

uomini, manifestazione sonora della Dea, la legge naturale che imprime il

movimento ai fusi delle sfere. Un’armonia così perfetta da rimanere eternamente

fissa.

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Non si conosce in realtà quando la mitica Sirena divenne bicaudata; Pantaleone la

disegna proprio nel primo cerchio del quadrato, quindi sembra saperlo bene. Come

Basilide fa con l’Abraxas, la introduce dentro un cerchio, ma invece della testa del

gallo come fa Basilide, che simboleggia l’alba del Nuovo Giorno (ma

evidentemente di Saturno visto i simboli che mette in mano alla figura) il monaco

nel cerchio disegna la testa di una donna con lunghi capelli, ed invece che una sola

coda come le sirene, la disegna bifida. Perché?

Immagine ripresa da uno dei disegni di Nostradam, perchè il Gallo Abraxas

sembra essere in contrapposizione col Pavone

a b

a: I Pavoni della facciata sulla chiesa degli argentini di Roma b: Il Pavone del presepio del duomo di Saluzzo

Come spesso accade, il mito ci aiuta a capire. Secondo Paracelso le Melusine

nacquero dall’unione di una ninfa con Belzebù, che l’aveva iniziata alla

stregoneria. Un fatto allusivamente raccontato anche nella favola della Melusina.

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Sembra Belzebù fosse secondo solo a Satana. Se così fosse, il personaggio che

abbiamo individuato nel braccio destro del mosaico come Toth, il capo degli scribi

e primo consigliere di Ra, figura che senz’altro si è unito a donne terrestri e forse

anche a quella ninfa, è anche Belzebù, il signore delle mosche.

(Nell'ebraico dell'AT compare l'espressione Baʿal zĕbūb -"signore delle mosche"-, probabilmente

come trasformazione spregiativa di Baʿal zĕbūl -"principe Baal"-.

https://it.wikipedia.org/wiki/Beelzebub )

Tra le tante cose che ho letto però, ho trovato un testo dove c’era scritto che fu

Enlil che si unì alla dea Sud (la balia) che viveva a E. RESH con sua madre.

Sposata poi ad Enlil Sud cambiò il nome in Ninlil; Ninlil è stata collegata a Lilith, e

forse questo collegamento sbagliato non è, ma chissà se quella Ninfa non sia in

realtà Sita, la moglie di Rama, essendo quello dei due il più antico mito e visto il

colore della pelle di Rama. Comunque un gran guaio visto cosa a livello genetico

ed animico quella unione ha causato.

Dopo la prima caduta causata da Sophia, dopo le unioni tra le donne terrestri e gli

angeli caduti che fecero nascere gli ibridi Nephilim, e dopo la seconda modifica

genetica, la donne divenute compatibili sono usate da quei personaggi che abbiamo

individuato per far mettere al mondo i loro ibridi.

Rama Sita ed il fratello Lakshmana Rama insegna ai figli il tiro con l’arco

Il giudizio finale di Coppo di Marcovaldo

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E’ probabilmente soprattutto questa la ragione che al tempo dell’inquisizione portò

al rogo così tante donne; e gli eretici che l’inquisizione intendeva uccidere ed

uccise, erano ritenuti i discendenti dei figli di Belzebù, esito di quelle prime unioni.

In ognuno di quei cerchi del quadrato è come se ci fosse il contenuto di un libro di

una enciclopedia dove è scritta una pagina della Storia dell’Umanità, quindi di

Storia della Terra… o di una Signora di “queste parti”, come mi rispose l’uomo di

un sogno che feci anni fa quando, notando l’enciclopedia I quindici nella sua

libreria, gli chiesi chi l’avesse scritta.

Il quindici è riferito anche ai Kalpa, legati a Manu (quelli che noi occidentali

chiamiamo Eoni), che nella religione Indù è considerato il primo essere della razza

umana. Ci sono 14 Manu in un Kalpa, perché l’opera della Creazione si ripete per

14 volte all’interno di un giorno di Brama. Un solo Kalpa è diviso a sua volta in

Ere che si susseguono e ripetono ciclicamente facendo rivivere alle Anime la storia

precedente ma più velocemente (per constatare che è davvero così basterebbe

riflettere come siamo andati velocemente come umanità, e sotto più aspetti, in

questo ultimo secolo e mezzo).

Secondo l’Induismo un Giorno di Brama dura 4,32 miliardi di anni, i nostri

scienziati stimano l’età della nostra Terra 4,54 miliardi di anni; diviene ovvio che il

monaco, nel mosaico, ci sta raccontando di un solo Eone. Il quindicesimo Kalpa

che è la Porta stessa di Brama, permette il Passaggio, quindi l’accesso al Nuovo

Giorno e ad un livello superiore di Coscienza. Porta che per gli orientali è la porta

del Drago, e per noi occidentali è controllata dal Guardiano della Porta, che per

aprire e poter oltrepassare, è però necessario possedere la Chiave, che in questo

caso, secondo me, è quella genetica.

Dalle figure che il monaco inserisce all’interno dei cerchi, vediamo che ci sta

narrando di cose accadute in passato; quindi quella sirena, essendo inserita nel

quindicesimo cerchio, raffigurando questo la Porta dalla quale siamo entrati

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dall’Eone precedente (tornando però indietro), ci dice che quella donna è entrata

con qualcosa che non andava.

Michelangelo, per darci la stessa informazione, quindi

per dirci che quella donna aveva un qualcosa che non

andava, nel Giudizio Universale mette solo un braccio

bianco all’anziana progenitrice di quelle genti che gli

dipinge sotto. Quel qualcosa che non andava era

probabilmente la modifica genetica fatta dagli Elohim.

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Adamo ed Eva

Il monaco inserisce Adamo ed Eva nei due cerchi nella parte bassa del quadrato,

ma mentre ad Eva mette vicino il Toro e le collega il Serpente (Energia della Vita

che muove tutto), vicino ad Adamo mette il Gatto lupesco.

Una volta che gli extraterrestri avevano preso possesso del pianeta e potere su

quelle persone che abitavano la terra ma cadute in un livello più basso di coscienza,

da quanto scrive Zecharia Sitchin traducendolo dalle tavole d’argilla sumere,

poiché gli Igigi avevano preso a lamentarsi e ribellarsi per la troppa fatica di

scavare l’oro delle miniere, Enki decise di creare un lavoratore che aiutasse gli

Igigi. Questo porta a ritenere che loro, gli extraterrestri, nonostante la grande

tecnologia in loro possesso, non sapessero che non era permesso manipolare il

DNA, quindi gli extraterrestri avevano un basso livello di Coscienza.

Nel poema di Atrahasis (Ziusudra quindi di Noè), detto il grande saggio, composto

nel periodo che va dal 1646 al 1626 a.C. (durante il regno di Ammisaduqa, quarto

successore di Hammurabi), ma ripreso da testi più antichi che non possiamo sapere

quanto integri o quanto il contenuto possa essere stato modificato, viene riportato

che per creare il prototipo di uomo fu immolato il dio We (capo degli Igigi, dei

minori degli Anunnaki, che aveva guidato la rivolta scaturita per il troppo e pesante

lavoro), che Belet-ili, scienziata Annunaki, con l’aiuto di Enki mescolò la carne e

il sangue del dio We con l'argilla, e che gli Anunnaki e gli Igigi, divenuti anch'essi

grandi dei, sputarono sull'argilla. Che dopo varie prove non riuscite, vennero poi

fatti quattordici pani di argilla: sette pani produssero maschi e gli altri sette

femmine, poi maschi e femmine vennero fatti accoppiare due a due.

Nel 2013, Vladimir I. Shcherbak della Al-Farabi Kazakh National University del

Kazakistan e Maxim A. Makukov dell'Istituto Astrofisico Fesenkov, scrivendo

sulla rivista Icarus, hanno ipotizzato che un segnale intelligente incorporato nel

nostro codice genetico sarebbe un messaggio di matematica e semantica che non

può essere spiegato con l'evoluzione darwiniana. Lo chiamano "SETI biologico".

Loro affermano che una volta fissato, il codice potrebbe rimanere immutato nei

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tempi cosmologici, infatti, è il più durevole costrutto conosciuto. Quindi

rappresenta una memoria eccezionalmente affidabile per una firma intelligente

(quel SETI biologico potrebbe provenire dal dio We, considerato il dio

dell’intelligenza, che fu immolato dagli Elohim per creare Adamo ed Eva, ma

potrebbe anche provenire dai figli che nacquero alle donne con cui si accoppiarono

gli angeli caduti, gli Elohim). Una volta che il genoma è opportunamente riscritto,

scrivono sempre Shcherbak e Kazakh, il nuovo codice con la firma rimarrà

congelato nella cellula e la sua progenie. Secondo loro questa sorta di marchio di

fabbrica, potrebbe essere stata scritta eoni fa in un altro posto della nostra

galassia. Questo specie di griffe sarebbe il timbro indelebile di una civiltà

extraterrestre che ci ha preceduto di molti milioni o miliardi di anni. L’impronta

biologica nel nostro genoma, sarebbe l’eredità lasciata da questa remota civiltà

alla Via Lattea.

Alcuni mesi fa, il team di ricerca del Centro Ricerca e Studio

Genoma del Massachussetts, capitanato dal Dr. Philip Label, ha annunciato di

avere fatto una scoperta sensazionale: nel DNA umano di due persone su tre sono

stati riscontrati 130 geni di natura non umana, cioè alieni. Secondo i

ricercatori, non si tratta di geni terrestri in quanto mai riscontrati in nessun

organismo unicellulare o pluricellulare sulla Terra. La presenza di questi geni

alieni nel genoma umano di queste due persone su tre, secondo il Dr. Label, è

possibile solo tramite un complicato meccanismo chiamato Trasferimento Genico

Orizzontale, cioè lo stesso meccanismo con il quale organismi unicellulari, come

batteri, possono evolvere rapidamente dentro le nostre cellule integrando il loro

genoma al genoma umano. Normalmente questo evento nell’uomo può portare ad

esiti patogeni, in questo caso invece i geni alieni sembrano sostituirsi a quelli

umani rimanendo integrati e rimpiazzandone la funzione senza causare patologie.

Da quanto traduce Mauro Biglino(*) dagli antichi testi biblici, gli Elohim

inserirono il loro Tzelem per creare l’Adam (quindi quello Tzelem potrebbero essere

i Geni del dio We), mentre per creare Eva indussero nell’Adam un grande sonno

(una anestesia? Magia?) prelevando da lui solo la Tzela. Lo Tzelèm, spiega Mauro

Biglino traducendo da Gen 1,26-27, è quel quid di materiale che contiene

l’immagine degli elohìm e che loro stessi hanno usato per formare l’adàm.

Diventa evidente, secondo me, che quei geni di cui parla il dr Lebel potrebbero

essere quello Tzelem degli “Elohim” di cui scrive Biglino (ma che per creare Eva

* Mauro Biglino è traduttore italiano specializzatosi nella traduzione dell’ebraico masoretico. Ha tradotto per

il Vaticano dal testo masoretico diciotto libri della Bibbia, di cui dodici pubblicati nel libro "I profeti minori"

ed i rimanenti ne "I cinque Meghillôt" libri pubblicati a cura di Piergiorgio Beretta per la casa editrice Edizioni

San Paolo.

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sembra non furono usati), e a sua volta essere quelli dell’immolato dio We, che

attraverso la discendenza di quei pani dell’origine sono quei Geni arrivati sino a

noi. Diventa anche evidente, però, che almeno un terzo della popolazione terrestre

è originale perché non ha quei Geni. Il Genoma della maggior parte di quel terzo di

persone rimane comunque intaccato dall’esperimento che fece Sophia?

A questo punto crediamo che il significato del gatto lupesco che Pantaleone ha

messo vicino ad Adamo, oltre indicare che la Grande Madre nella donna esprime la

sua Forza positiva e nell’uomo esprime quella negativa (forze contrapposte che

servono per mantenere l’equilibrio del mondo e che sono l’espressione della Dea

nella sua totalità), sta ad indicare la negatività della figura perché creata con i Geni

alieni del dio We.

Come vedremo in un’altra sezione del mosaico, perché il monaco lo ribadisce, è

proprio questo che provocò in Adamo, cioè in lui e negli uomini che discenderanno

da lui, un gran guasto nel DNA, di conseguenza nel comportamento. E forse è per

questa ragione (per il fatto che in Eva non era presente lo Tzelem degli elohim), che

in seguito, Michelangelo, dipingerà solo Eva aiutata dalla Grande Madre, cioè

dall’energia della Dea rimasta in lei, e lui si dipinge solo come cencio vuoto.

Il Toro (la Dea nella sua veste di Dio seminatore) messo vicino ad Eva simboleggia

lo schema principale che la natura creatrice utilizza su ogni scala. Sistemi

organizzati come questo permettono lo sviluppo dell’universo. Il sistema legato alla

struttura toroidale è infatti un sistema in equilibrio che ritroviamo ovunque, nella

sezione di una mela o una arancia, in un uragano, nel campo magnetico terrestre e

nelle sue dinamiche atmosferiche, nella superficie solare, intorno all’essere umano,

intorno ad una galassia e persino intorno all’atomo. Il toro è il respiro dell’universo

che trova stabilità nell’equilibrio vettoriale; un campo di forze perfettamente

bilanciato, con dodici linee.

Anche per la creazione degli esseri umani (che è forse quella che voleva portare

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alla nostra attenzione il monaco mettendo quel toro vicino ad Eva), è il toro che è

importante perché questa figura si trova simile negli organi riproduttivi femminili.

Dodici sono i meridiani nell’uomo come dodici sono i meridiani del Pianeta di cui

siamo figli (questo mi fa riflettere al grande danno che stiamo facendo a causa della

nostra ignoranza con la TAV in val di Susa dove passa uno di questi importanti

meridiani), energia di cui gli Antichi sapevano bene. Un sistema semplice formato

quindi da un cristallo contenente 64 tetraedri all’interno dell’equilibrio vettoriale

iscritto in un toro. 64 sono i codoni che codificano il DNA umano, l’antico sistema

di saggezza l’I-Ching si basa su 64 esagrammi, così come l’albero della cabala

ebraica crea la stessa struttura.

Ma anche la scacchiera, il gioco che esprime di più il Gioco della Vita e che

simboleggia la perenne dicotomia tra dominio del fato e dominio dell’intelligenza,

è composto da 64 caselli (32+32).

Ed è proprio una scacchiera, le cui caselle fa bianche e rosse, che il monaco mette

sulla testa del capro protetto dal Cervo che simboleggia la nostra nuova donna

(fig.a), alla quale, per dirci del suo potere sui tre mondi, pone in bocca quel fiore a

tre petali. Simbologia contenuta anche in uno dei numerosi pastorali papali (fig.b).

Cosa voleva dirci quindi il monaco? Che l’uomo è l’opposto della donna? Che

attraverso la donna si esprime la Forza positiva – visto che ad Eva ha messo vicino

il Toro e nel cerchio il Serpente che simboleggia l’Energia - e attraverso l’uomo –

visto quel gatto lupesco messo vicino ad Adamo – quella negativa? Sicuramente.

Esattamente il contrario di quanto sostenuto attualmente. Un equilibrio che è stato

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rotto e rovesciato, mescolato, dopo quegli esseri creati nel primo esperimento

genetico da Sophia che diede origine ad un immane e irrecuperabile

sconvolgimento genetico aggravato col secondo esperimento fatto dagli Elohim.

a b

Perché nel lulu che gli elohim crearono, usando forse il dna di un primate (che era

probabilmente l’animale visto nella foresta da Enki), inserirono quel DNA del dio

We, facendo diventare in quei maschi nati dall’esperimento, invece che solo

negativa la Forza necessaria per l’equilibrio del mondo materiale, anche violenta.

Lulu, che, una volta che Enki mise in grado di riprodursi, Enlil stesso cacciò

nell’Abzu, la parte inferiore della Terra assegnata ad Enki.

Quegli extraterrestri provenienti da un altro mondo, in grado di mutare nella

forma desiderata e di avere una corporeità nel nostro (qualità che sembra avesse

anche Teti, madre di Achille), perciò in grado di accoppiarsi con le donne che

volevano, sono senz’altro l’Enki e Enlil biblici ed i loro figli che entrarono in

contatto con Abramo e Mosè ed Enoch ed Elia, ed attraverso il culto nei loro

confronti e dei loro figli assumeranno nomi diversi nei testi considerati sacri dalle

diverse culture della Terra. Uno di quegli extraterrestri potrebbe essere stato anche

il noto Rama che sposò Sita, perché Rama, guarda caso, aveva anche una pelle

azzurrina, ed azzurrina gli Etruschi, come mettevano in guardia nei confronti di un

certo cane, nelle loro tombe dipingevano azzurrina la pelle di quelli che per loro

erano demoni. Gli Etruschi ne sapevano quindi più di noi adesso in merito a queste

Entità in grado di prendere forme diverse?

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Rama, eroe dell'epica del Rāmāyaṇa, considerato, nella religione induista, come

avatāra di Viṣṇu, in quei remotissimi tempi, guarda caso, sposa proprio Sita, la

donna nel cui corpo era incarnata la Monade della Dea quindi contenuto il Libro.

La donna che era, perciò, come ci suggerisce Dante nella Divina Commedia, la

Cima della Pianta. Quindi, colui che sembrava buono, lo sarà stato davvero? E

possiamo essere certi fosse Ravana il cattivo?

La leggenda narra che Rama da Sita ebbe due figli: Kusha e Lava. Proprio come

due maschi la leggenda narra essere nati da Rea Silvia, violentata da Marte. Due

maschi probabilmente nati davvero che incarnavano anche il Bene ed il Male. E

forse, proprio perché si narrava di tal precedente, nel Concilio di Nicea del 325,

non fu poi troppo inverosimile credere che Gesù fosse il figlio di un qualche dio

che aveva messo incinta la madre.

Rama e Sita L’incoronazione Ravana

Un’altra fecondazione particolare raccontata dai miti è quella di Leda.

L’affascinante regina di Sparta figlia di Cestio e moglie di Tindaro.

La leggenda narra che Zeus se ne innamorò, e per poterla vedere, raggiunse la vetta

del monte Taigeto. Una versione del mito narra che: Mentre Leda dormiva sulle

sponde di un laghetto, fu svegliata dallo starnazzare delle ali di un canditissimo

cigno; intorno c’era profumo d’ambrosia che la stordiva e il cigno col suo collo

sinuoso amorosamente accarezzò il suo viso, i suoi capelli e le sue braccia. Era

Zeus che per avvicinarla si tramutò in cigno e appena la giovane regina si svegliò,

si fece riconoscere e le preannunciò che dal loro amore sarebbero nati due gemelli.

La leggenda narra che la donna generò due uova. Il marito di Leda, Tindaro,

giacque con lei nel corso della medesima notte per cui da un uovo sarebbero usciti

i Dioscuri Castore e Polluce, mentre dall’altro Elena e Clitennestra.

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a b c

a. Leda ed il cigno di Leonardo da Vinci. b. Leda col cigno di Michelangelo. c. Leda atomica di Salvator Dalì

Ma tra i numerosi miti delle dee e dei e dei loro figli, il più importante è quello di

Latona. Generò da Zeus i gemelli Apollo e Diana; La mitologia spesso accosta il

nome di Latona al continente originario degli Iperborei, popolo nordico emigrato

in diverse ondate dalle zone artiche fino all’Europa ed all’Asia.

Esiodo narra che Zeus - che pure l'amava, ma temeva le ire e la gelosia della

moglie Era - allontanò da sé Latona poco prima che essa partorisse. Nessuno

voleva darle ospitalità temendo le ritorsioni di Era; così Latona, inseguita dal

serpente Pitone, vagando attraverso il Mar Egeo, trovò rifugio presso l'isola egea

di Ortigia, dove nacquero Diana ed Apollo. I figli di Latona in seguito uccisero il

serpente, sul monte Parnaso, per vendicarsi delle sofferenze inflitte alla madre.

Nascita di Apollo e Diana di Marcantonio Franceschini

I numerosi miti che riportano la nascita di gemelli maschi da parte di dee

simboleggiano l’equilibrio che doveva esserci tra Bene e Male, Positivo e

Negativo, Leto, come la sua figliolanza, sono ben più importanti delle altre dee e

dei loro figli perché Ella non era una semplice ninfa. Lei, diversamente dalle altre

dee, apparteneva all’antica e nobile stirpe dei Titani, ed in lei si rispecchiò quel

sopra manifestato nel sotto che aveva generato importanti cambiamenti.

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Da che l’uomo ha memoria, il Bene ed il Male vengono simboleggiati come

gemelli; sulla porta di Micene il Bene ed il Male sono simboleggiati come due

leoni come da due leoni è tirato il carro di Cibele. Sono uguali perché entrambi

hanno lo stesso compito, farci crescere.

a b c

d e f

a: La capra Amaltea con i gemelli b: I Delfi detti Dioscuri c:.I Dioscuri del Campidoglio d:Cibele

simboleggiata che guida un carro trainato da due Leoni e: Diana col solo cane che simboleggia il Bene. f:Maria

con il braccio il bambino che potrebbe simboleggiare il sole ma anche ciò che simboleggia il cane che Diana ha

in braccio.

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Dopo la sirena bicaudata, c’è Salomone e poi la regina di Saba

Nel terzo e quarto cerchio Pantaleone inserisce prima Salomone e poi la Regina di

Saba, ma mentre per suggerirci l’appartenenza genetica o il livello di Coscienza

della regina il monaco colloca la figura su uno sgabello di legno, mette il re seduto

sopra due grifoni.

Abbiamo detto che il Grifone nelle leggende e nei miti ha assunto varie funzioni,

da quello di guardiano a creatura demoniaca, ma avendo le caratteristiche del leone

e dell’aquila, quindi di maestosità e fierezza, considerati, in un’ideale gerarchia, al

di sopra degli altri animali, ponendo Salomone su un trono del genere, Pantaleone

intendeva forse attribuire queste caratteristiche al re, oppure, quei due grifoni

disegnati da Pantaleone stanno a simboleggiare la doppia natura di Salomone,

quella di uomo e dio, o invece, che può regnare solo su due Livelli.

Salomone e la regina di Saba di Piero della Francesca Salomone e le due donne di Nicolas Poussin

La storia di Salomone e del suo mitico regno si trova nella Bibbia, nel primo Libro

dei Re, e l’autore gli dedica undici interi capitoli, ma perché il monaco lo inserisce

nel quadrato vicino alla Regina di Saba ed a lei, che siede invece su uno sgabello di

legno, mette una sola scarpa?

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Le scarpe simboleggiano il camminare nella vita, cosa voleva dirci aveva quindi

perso(?) Bilqis con quella scarpa mancante?

Forse Pantaleone voleva suggerire che in quella vita Bilqis rappresentava l’altra

parte della Dea. Forse, inserendo i due vicini nel quadrato, Pantaleone voleva

suggerire che, nella storia d’amore con la regina di Saba, doveva essere Salomone,

per rimettere a posto la deviazione nei riguardi del dio di Mosè ad abbracciare il

culto praticato dalla Regina e non essere lei, come invece accadde, ad abbracciare il

culto del dio di Salomone. La scelta della regina di seguire la religione del dio di

Salomone, che impose anche al suo Popolo, causò la perdita delle conoscenze del

culto del sole, di cui la Regina era sacerdotessa, e probabilmente anche la

conoscenza del codice astronomico che forse la regina aveva, che rimase in mano a

Salomone, e che i Crociati poi ritrovarono.

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Il giardino terrestre Re Artù e Medusa

In questa parte del mosaico il monaco ci parla probabilmente delle ragioni che

portarono la seconda grande catastrofe. Che sono sicuramente la sperimentazione

genetica portata a termine dagli Elohim dove venne creato il Lulu.

Il problema più grande che mi ha posto questa sezione dell'opera e mi ha spinto a

fare molte ricerche, è stato cercare di capire come poteva aver fatto il monaco a

conoscere la leggenda di Re Artù - il noto Re delle leggende della Gran Bretagna

chissà se mai esistito davvero - quando la leggenda di quel re sembra apparire solo

in un periodo successivo. Prima con l’ipotesi legata a San Galgano, poi con quella

legata al Popolo Celtico e alla Britannia.

Quando cominciai a cercare di capire quella parte dell’opera, il dato certo era che il

mosaico era stato costruito tra il 1163 e il 1165 in quanto la data era scritta nel

mosaico; riflettendoci, pensai era più facile che Pantaleone fosse stato influenzato

dalla cultura bizantina, alla quale certamente non apparteneva la vicenda romanzata

dei personaggi arturiani e del mitico re nelle corti normanne, di cui, tra l’altro, le

prime opere letterarie, scriveva Giovanni Bellisario nel suo testo Re Artù nel

mosaico di Otranto dopo attente ricerche, non comparivano prima del 1170. Mentre

c’era chi addirittura attribuiva la nascita del mito legandola alla vicenda di San

Galgano, contemporaneo di Pantaleone, che non poteva già essere un mito così

grande tanto da essere inserito nel mosaico dal monaco.

Come ne era venuto a conoscenza quindi il monaco? Quel nome sopra quel

Cavaliere l’aveva scritto Pantaleone? Quell’immagine, raffigurava proprio il

leggendario re di Avalon, o erano altre le indicazioni che il monaco intendeva dare

inserendolo? Oppure, come avevano ipotizzato alcuni critici notando delle

differenze di stile, ci fu l'intervento di una mano diversa da quella di Pantaleone in

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epoca successiva? Tra l’altro, il racconto di Osiride ucciso dal cane/fratello Seth, si

decripta senza problemi ed è pertinente al resto del racconto che il monaco fa

perché attraverso il mito di Osiride, che narra il faraone dovrà attraversare dodici

stanze prima di poter uscire alla Luce, il monaco ci sta dicendo quanto tempo

saremmo stati in prigione prima di riuscire a riveder le stelle, mentre questo non si

incastra con il mito di Re Artù. Nonostante le molte ricerche effettuate non sono

riuscita ad avere prova su come ai suoi tempi Pantaleone ne potesse essere venuto a

conoscenza. Quindi, sempre che il nome Artù non sia stato inserito

successivamente, possiamo solo supporre che in cerchie come quelle dei monaci, o

per gli antichi documenti già in loro possesso, o per quanto trovarono i primi

Cavalieri Crociati a Gerusalemme nel 1099, così come il monaco poté sapere della

Chiave astronomica e forse degli esperimenti genetici del passato, venne forse a

conoscenza anche di un qualche antico mito che riguardava Re Artù.

In gallese la parola arth significa orso, ed Artù è stato collegato alla stella Arturo,

che è stata definita anche il custode dell'Orsa dato che è posizionata proprio a

fianco dell'Orsa Maggiore. Arturo, una gigante rossa facilmente individuabile per

la sua grande luminosità e per il suo caratteristico colore arancione molto vivo, fa

parte della costellazione di Boote, il pastore o il pastore bifolco, che è un grande

gruppo di stelle che, guarda caso, formano la lettera "Y".

Secondo gli antichi greci, Boote era il figlio di Demetra, la dea greca

dell’agricoltura. Era un giovane bellissimo, ma oltre ad essere bello era

intelligente, determinato e consapevole dei propri doveri verso il prossimo.

Quando vide che gli uomini della terra faticavano a procurarsi il cibo decise di

aiutarli. Capì che se si fosse limitato a procurar loro di che nutrirsi, gli uomini

avrebbero avuto sempre bisogno del suo aiuto. Decise quindi di dar loro la

possibilità di provvedere a se stessi, di rendersi indipendenti. A questo scopo

inventò e costruì un aratro e lo inviò sulla terra. Da allora gli uomini poterono

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arare i campi, coltivarli e nutrirsi dei frutti del proprio lavoro. Per questo nobile

gesto gli dei decisero di rendergli onore collocandolo nel cielo accanto all’Aratro.

Per quanto mi riguarda, per le figure presenti in quella sezione dell’opera, e per il

racconto che mi fu mostrato (che furono visioni a puntate che durarono più di una

settimana), che avevo ormai capito riguardavano il mito di Osiride e che secondo

me si collegavano a quel Cavaliere del mosaico nonostante il nome sopra dicesse

fosse Re Artù, solo quando trovai e lessi il famoso trattato del prof. Santillana e

della dott.ssa Hertavon Dechend, Il mulino di Amleto, potei capire un po’ meglio

cosa voleva rappresentare quella figura ed il racconto simbolico che il monaco con

quella rappresentazione intendeva rivelare.

Pantaleone, anche se per dirci della regalità della figura gli ha posto in testa la

corona, poiché le stelle in realtà non si sposano, non ha vestito quel Cavaliere come

un re ma con una semplice tonaca marrone da frate (fig.a). Stessa tonaca marrone

da religioso con cui ha vestito quella persona sotto di lui che viene addentata alla

gola dal cane (fig.b).

a b

E’ evidente che quelle due figure simboleggiano lo stesso personaggio, e la persona

che viene uccisa da quel cane è Osiride, che probabilmente vuole simboleggiare

quella che era la stella binaria di Sirio che fu uccisa e nello stesso tempo l’Osiride

che fu ucciso sulla Terra. Costellazioni la cui disposizione è forse riportata sul cane

con quei dadini bianchi.

Quindi quel cane che addenta alla gola l’uomo con la tunica marrone, che dovrebbe

essere lo stesso (che lo fermò) messo davanti al cavaliere, lo dobbiamo identificare

come il cane Seth, il fratellastro che uccise Osiride (stella definita fratello e marito

di Iside, quindi stella binaria di Sirio). Figure fantastiche legate al Cosmo e per

questo riportate con l’abito religioso. Personaggi fantastici, che sono stati creduti

reali, i cui nomi servivano invece per parlarci di un qualcosa di grave avvenuto nel

cosmo che riguardava delle stelle, che poiché vicine e di grandezza simile, definite

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marito e moglie e fratello e sorella. Mentre Seth, sposo di Nefti, è definito

fratellastro di Osiride probabilmente perché figlio di un’altra costellazione.

La leggenda narra che Seth divise il corpo di Osiride in quattordici parti, che Iside,

sorella e moglie, rimise insieme. Mancava però il fallo. Iside, quindi, per far

nascere Horus usò una candela; l’Horus che nasce è forse Sirio C, stella nata dai

pezzi della stella coinvolta nell’impatto, rimessi insieme dalla forza di attrazione

del cosmo.

La leggenda narra ancora che Horus, diventato adulto, torna e sfida lo zio a duello;

duello che vince ma nel quale perde il suo occhio destro.

Secondo me questa parte del mito ci vuole dire che: una volta che la terza stella

aveva comunque preso una sua compattezza, prima ancora di terminare il percorso

che forse l’avrebbe portata ad esplodere e diventare un sole, successivi movimenti

cosmici (causati forse dall’esperimento genetico fatto dagli extraterrestri o più

facilmente per gli ibridi nati dal loro accoppiamento con le donne terrestri), la

portarono ad impattare ancora con Seth. L’occhio destro che nel mito Horus perde

vuole forse significare che la stella nata non è potuta mai diventare un sole. Infatti

sembra che Sirio C sia quattro volte più leggera di Sirio B ma non è a noi visibile

perché non brilla non essendo un sole.

Il mito narra ancora che dopo la morte Osiride divenne il dio del Duat, cioè del

sotto; il gatto lupesco che Pantalone mette a sbarrare la strada a quel Cavaliere, ci

conferma che Osiride non passò.

Ricordando quanto Pantaleone ci ha già esposto nei bracci e nel quadrato,

possiamo però intuire che attraverso la figura del Cavaliere e del cane costellazione

messo davanti ad Osiride, il monaco ci dice che è tutta l’Umanità che non passò e

che, attraverso quella catastrofe, fu rimandata ancora indietro. Ed inserendo

Medusa sotto le braccia che simboleggiano quelle della Dea, il monaco ci dice

anche che la catastrofe fu mandata dall’Alto.

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Medusa nel mosaico Il cerchio del grano che annuncia il nuovo pericolo?

Per dirci quando tutto quel grande sconvolgimento accadde e perché, Pantaleone

inserisce in quella sezione dell’opera Caino ed Abele messi fuori dal giardino

terrestre. Cioè messi fuori dal luogo dove erano tenuti dandogli la possibilità di

unirsi con gli esseri animici, quindi con gli iscritti nel Libro della Vita.

c d

Attraverso l’immagine d Pantaleone ci dice: è perché a degli esseri creati in

provetta, e con quelle caratteristiche genetiche, fu data la possibilità di accoppiarsi

con gli animici iscritti nel Libro della Vita che il Bene fu ucciso e la Grande Madre

si adirò e fermò l’umanità rimandandola ancora più indietro nell’orologio della

Vita. Attraverso la figura di Osiride, il cui mito narra dovrà attraversare dodici

stanze prima di poter uscire alla Luce (stanze che possiamo comparare alla

simbologia contenuta nelle dodici fatiche di Ercole che simboleggia a sua volta

tutta l’umanità), il monaco sta confermando che dopo quegli esperimenti l’umanità

ha dovuto ripercorrere le dodici Case dello Zodiaco prima di potersi ritrovare

davanti alla Porta che permette l’accesso al Nuovo Giorno.

Una qualche leggenda legata allo Zodiaco Celeste ed un Cavaliere - che è cosa di

cui secondo me ci parla in modo celato anche Leonardo da Vinci nell’ultima cena -

veniva probabilmente già narrata ai tempi di Gesù. E probabilmente per questo,

però solo circa un secolo dopo, senza aver capito che non era Gesù il figlio di

Maria(*vedi a pag. 108) ma Stefano (sulla cui figura approfondiremo nella parte

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dedicata al Giudizio Universale di Michelangelo), perché volevano farlo diventare

come i precedenti Horus, Mithras, Krishna, Dioniso ed altri figli di Grandi Madri,

gli attribuirono dodici apostoli e un tredicesimo che lo tradì, mai veramente esistiti.

Ma mentre quello dei dodici apostoli e di Gesù è un racconto fraudolento, il mito di

Osiride, come quello di Artù e dei Cavalieri della Tavola rotonda, non ci vogliono

parlare di persone realmente esistite. Sono stati usati forse nomi di persone esistite

e può darsi già mitiche, ma per raccontarci dei Cicli Astronomici e tramandarci la

notizia di una grande catastrofe che accadde quando la Terra ed i suoi abitanti si

trovavano sotto il tredicesimo Segno, che per questo venne considerato traditore.

Salomone e la Chiave Affresco nel soffitto del palazzo dei Borgia di Subiaco

Tramandando il racconto attraverso il mito, quei nostri avi volevano mettere in

guardia le genti del futuro che si sarebbero ritrovate a vivere sotto quel Segno

sperando che la notizia sarebbe arrivata perché sapevano che quel pianeta avrebbe

potuto colpire ancora. Tutto questo lo vedremo confermato quando più avanti

decripteremo un’altra parte dell’opera, ma anche nel mosaico di Aquileia, fatto

realizzare dal vescovo Teodoro nel IV secolo, potrebbe essere riportato un

messaggio simile a quello dell’opera di Pantaleone. E ritengo che quando Berenger

Saunierè, il curato di Rennes le Chateau, parlava di un segreto terribile, anche lui si

riferisse ai fatti narrati dal monaco nel mosaico.

Può sembrare assurdo che nel XII secolo si potesse già sapere del DNA e degli

esperimenti genetici, dei moti terrestri e di quelli cosmici e di altre cose così

rilevanti che noi abbiamo cominciato a scoprire solo qualche secolo fa con Isaac

Newton e Galileo Galilei, che forse per i loro studi ripartirono dai lavori

dell’anteriore Nicola Cusano vissuto nel XV secolo. Quello che risulta forse

incomprensibile, è perché su tutto questo è stato mantenuto il segreto. Se tutto

questo si fosse saputo forse tutti saremmo stati più avveduti!

(*) Gesù, fratello di Maria, era il suo opposto, il suo negativo; cosa per altro successa di nuovo tra il quinto ed

il sesto secolo con San Benedetto e Santa Scolastica, che tra i due, è la sola ad essere riportata con la colomba.

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Come vanno dimostrando sempre più numerosi studiosi e ricercatori attraverso una

neanche tanto diversa lettura degli antichi testi, se sappiamo osservare, tutto è stato

sempre sotto i nostri occhi: raccontato nei pavimenti cosmateschi, nei dipinti di

svariati artisti, e negli assemblaggi strutturali delle costruzioni religiose più antiche.

Ma per nostra ignoranza e impossibilità non eravamo in grado di comprenderlo

perché, le alte gerarchie ecclesiastiche, insegnavano che quei testi e/o opere non

andavano recepiti letteralmente ma andavano interpretati. Cosa che facevano loro

raccontandoci poi cose false. Quindi chi doveva metterci in guardia, perché sapeva

bene che quello che era successo in passato si sarebbe potuto ripetere nel futuro per

le stesse ragioni, non lo ha fatto! O erano ipnotizzati, o erano addormentati, o non

lo potevano fare perché poi, evidentemente, si sarebbe capito che i miti degli dei si

riferivano ai movimenti delle stelle, e anche CHI era realmente il dio in cui hanno

sempre detto di credere e pregare! Come, seppur dichiarandosi contrarie, non

hanno mai spiegato perché lo erano quando sono cominciate le fecondazioni in

vitro. Come potevano dirci che loro già sapevano da secoli che quel tipo di

sperimentazione aveva portato milioni di anni prima alla distruzione dell’umanità

visto che ce lo avevano sempre tenuto nascosto?

Varie sono le catastrofi che l’Intelligenza Superiore generò per fermare l’Umanità;

dopo quella che ruppe il Pangea terrestre, che era forse anche la tanto cercata

Atlantide, due per quanto possiamo sapere ritengo siano le più importanti: la

catastrofe di Toba, sembra avvenuta circa settantacinquemila anni fa, e quello che

ci è stato tramandato come diluvio. E se il reperto trovato in Russia davvero risale a

450 milioni di anni fa, la prima grande catastrofe è da retrodatare almeno a quella

data. Naturalmente la Vita sulla Terra rinasce sempre, ma come Anime, attraverso

le nuove incarnazioni, dovevamo essere forgiate di nuovo visto che non avevamo

capito cosa NON ci era permesso fare su questa Terra. Il guaio è che, una volta qui,

un po’ per le Entità che hanno preso a parassitarci e deviarci, un po’ perché di

catastrofe in catastrofe sono andati perduti quasi tutti gli Antichi Insegnamenti e chi

ha trovato qualcosa lo ha tenuto nascosto o lo ha trascritto modificandolo, non

siamo più riusciti a risalire né in Coscienza né come umani.

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Come il Manu (il ciclo) che l’umanità ha dovuto vivere prima della resurrezione

(quindi prima di poter vedere l’aurora del nuovo Giorno), è simboleggiato nel

numero delle Stazioni, le tre catastrofi più importanti sono simboleggiate secondo

me nelle tre cadute di Gesù raffigurate nella Via Crucis.

Il tempo non è lineare ma a spirale, se quelle stazioni da quattordici sono state fatte

diventare XV significa che l’ultimo Kalpa di questo Eone è giunto al termine.

Significa che una volta capita la Lezione che l’Intelligenza Superiore HA

DOVUTO impartirci, ed aver riportato Ordine e Giustizia, potremo entrare nel

Nuovo Giorno evitando la catastrofe.

Le alte gerarchie ecclesiastiche ne sanno indubitabilmente più di me, ma con quella

modifica al numero delle Stazioni da quattordici a quindici, e col fatto che

Ratzinger, nella prima Via Crucis del suo pontificato, si era rifiutato di portare la

croce in processione, ebbi la conferma che loro conoscevano bene quello che

andavo appena scoprendo e comprendendo, anche se questa certezza me l’avevano

già data alcune frasi e certi comportamenti di Giovanni Paolo II. Per questo le

successive dimissioni di Ratzinger non mi sorpresero poi più di tanto, mi

cominciarono a far pensare poi, però, che alle spalle delle alte gerarchie

ecclesiastiche, o quantomeno di colui che veniva eletto papa, poteva esserci

qualcuno che teneva i fili e che sotto ricatto costringeva i papi al silenzio sulla

Verità per poter continuare indisturbato a mantenere lo status quo del mondo.

Una conferma che il papa di turno potrebbe essere tenuto sotto ricatto, potrebbe

essere la strana morte di Albino Luciani, che guarda caso, morì dopo che aveva

detto in un angelus domenicale che Dio è prima di tutto Madre; un’altra conferma,

potrebbero essere le dimissioni di Benedetto XVI, il quale, pur di togliersi da

quella sedia, ha scelto una vita da recluso; un’altra conferma ancora forse la

potremmo trovare nello strano incidente che ha causato la morte di moglie e figli

del nipote di Bergoglio il quale forse scalpitava un po’ e voleva fare qualcosa e

l’incidente del nipote è servito a convincerlo a stare buono.

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Il quadrato con i mesi

Per recuperare i giorni persi col calendario giuliano, Gregorio XIII è solo l’ultima

persona che riorganizzerà di nuovo tutto il calendario che per questo prenderà il

suo nome; visto che nel quadrato Pantaleone fa iniziare l’anno col segno del

Capricorno (segno di terra dominato da Saturno) invece che col segno dell’Ariete

(segno di fuoco, emblema di inizio di ogni cosa) come inizia in astrologia, non

siamo in grado di dire se rappresentando i dodici mesi sotto la sezione dedicata al

paradiso terrestre il monaco volesse appunto dirci che dopo quanto accadde in quel

luogo Saturno sarà colui che dominerà l’umanità ed il nostro tempo, oppure se

dopo quanto accaduto nel paradiso terrestre, coi mesi inseriti nel quadrato, volesse

simboleggiare il passare di un altro Grande Ciclo prima che si verificassero il

diluvio e il salvataggio di Noè poiché è di lui che ci racconta subito dopo. Quello

che sappiamo è che il racconto posto sotto quei dodici mesi riguarda il periodo che

comincia da Noè ed arriva fino ai nostri giorni.

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Sotto i dodici mesi Pantaleone traccia una linea per dirci che entra in un altro

lasso di tempo e poi ci racconta di Noè.

Ci viene detto che grazie a un sogno inviatogli da Dio che lo metteva in guardia e

gli suggeriva cosa fare, il Patriarca e la sua famiglia riuscirono a salvarsi.

Noè e la sua famiglia non erano le uniche persone viventi sulla terra quando

avvenne il diluvio, allora perché quel dio si preoccupò di salvare solo lui e la sua

famiglia?

Alcune scritture raccontano che il grande saggio Noè - mentre Enlil a causa della

loro cattiveria aveva deciso di far perire tutti gli esseri che abitavano la Terra nel

diluvio (persone che per lui erano solo carne, quindi senz’anima) - riceve in sogno

da Enki l’ordine di costruire l’arca. Che come possiamo vedere nella sezione

riportata dell’opera, il monaco ci dice costruiranno dei falegnami.

Riflettendo su mie vicissitudini paranormali, sapendo cosa sono in grado di fare le

entità che ci parassitano avendone io stessa sperimentato qualcosa in prima

persona, ho creduto, per svariato tempo, che come accadde poi con Samuele, quel

sogno fosse stato inviato a Noè non da Dio ma dall’entità parassita che era in lui,

poi, guardando meglio la stampa che ho dell’opera (comunque sempre troppo

piccola per riuscire a rilevarne i tanti particolari), ho notato che il monaco ha

disegnato il braccio che da l’ordine a Noè uguale a quelli che ha disegnato nella

sezione dove simboleggia il giardino terrestre mettendo però sotto Medusa.

Pantaleone, forse per quanto scritto negli antichi testi, ha valutato che è stato Dio a

dare l’ordine a Noè; non sono in grado di stabilire questo con certezza, quello che è

certo, però, è che per l’Intelligenza Superiore, forse per il tipo di DNA che Noè e la

sua famiglia avevano, era necessario si salvassero.

Dopo il diluvio, grazie all'Intelligenza che risiede in tutte le cose, Noè, e gli altri

che si erano salvati da soli – quindi sia gli iscritti nel Libro della Vita che gli esseri

nati dagli esperimenti genetici che si erano comunque salvati - ricominciarono tutti

dallo stesso punto. Pantaleone ci indica questo tracciando una nuova linea di

divisione e, come possiamo vedere nell’immagine successiva, mettendo sotto ai

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falegnami dei fabbri. Disegnando quegli uomini come fabbri, il monaco ci vuol

dire che l’anima di quelle persone doveva essere forgiata.

Da dopo il diluvio, attraverso le migrazioni e la continua mescolanza dei popoli, la

diversità genetica si è andata man mano mescolando, e seppur con mille problemi,

tutti insieme (discendenti degli esseri creati in provetta da Sophia, discendenti dei

figli nati dall’unione degli elohim con le donne terrestri, discendenti degli esseri

creati dagli elohim ed aventi il DNA del dio Wè, ed iscritti nel Libro della Vita),

siamo arrivati sin qui.

Forse doveva andare esattamente così com’è andata affinché comprendessimo dove

in passato avevamo sbagliato, ma oggi, giunti nuovamente al Tempo del fatidico

Passaggio (quindi dell’esame), ci troviamo anche ad aver ripetuto lo stesso errore

che fece incollerire la Grande Madre e mosse il suo braccio più volte: abbiamo

creato di nuovo degli esseri in provetta, stiamo apportando modifiche genetiche

all’uomo, al regno animale e al regno vegetale. Abbiamo (ri)scoperto il nucleare e

nonostante sia devastante per la Terra e per tutti noi che la abitiamo, lo abbiamo

usato e lo stiamo usando persino per le guerre. Per non parlare poi di quanto stiamo

facendo o permettendo che accada: oltre le unioni civili, un qualcosa contro natura,

ci apprestiamo persino a permettere che venga mercificata la Vita attraverso

l’affitto dell’utero! Cose su cui la Chiesa fa appelli, ma non potendo poi le alte

gerarchie ecclesiastiche spiegarne le ragioni – perché non ci hanno mai raccontato

la Verità portandoci a separare Dio, Scienza, e Morale – non li ascoltiamo.

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Il cappello

Nella sezione del mosaico riportata sopra, ritengo Pantaleone stia ribadendo delle

passate epoche della Terra, ci dica quale dea regnava quando i terrestri fecero il

primo esperimento, quale quando lo fecero gli Elohim creando il lulu e cosa causò

ciò che loro inserirono nel DNA degli esseri che crearono; ma in quella sezione il

monaco potrebbe voler raccontare anche i vari attacchi che la Terra subì, come

questi attacchi la modificarono, e probabilmente come si modificò il DNA dei suoi

abitanti per le vibrazioni più basse. Su questa altra ipotesi torneremo a riflettere

però quando analizzeremo la parte del mosaico che riguarda gli animali a più teste.

Ho fatto questa prima valutazione perché a destra, come prima figura, il monaco

disegna un animale cavalcato da quella strana figura con quella strana tromba, che

secondo me simboleggia la Grande Madre che controlla il Genoma Umano a cui,

per dirci delle tre eliche funzionanti, mette vicino una foglia con tre punte: se la

Dea ci ha creati a sua immagine e somiglianza, solo androgini ci poteva fare. E

forse, nell’atavica memoria degli indiani d’America questa reminescenza c’era fino

a non molto tempo fa in quanto l’ermafrodito veniva da loro considerato una deità.

Della seconda epoca il monaco ci parla con quel cavallo, animale legato

simbolicamente ad Hecate, ed a cui mette sotto la pancia la foglia di fico. Della

terza epoca il monaco ci parla invece con quel cervo, animale legato

simbolicamente a Diana, a cui mette sotto la pancia una foglia di quercia.

Con quella strana figura tricefala messa

davanti al cervo ritengo invece il monaco

volesse dirci del secondo esperimento

genetico fatto dagli Elohim quando la Terra

non era più Tiamat ma già Gaia. Esperimento

che causò un’altra grande catastrofe.

Dovrebbe essere così in quanto il monaco

non raffigura più il Genoma Umano con due

cani ed un asino col fiore col pomo in bocca abbattuto ma vivo come ha fatto nel

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braccio destro, ma disegna un animale tricefalo completamente diverso dal primo,

lo compone con una parte del corpo più scura, e gli mette vicino un cane con in

bocca un fiore a tre petali ma escluso. Quell’escluso, potrebbe simboleggiare la

terza e più importante parte del Genoma Umano, cioè l’ultima parte originale

divina rimasta, fatta completamente fuori.

A cominciare da questa sezione riportata sotto, invece Pantaleone ci spiega forse un

po’ meglio quanto nel cappello ha solo riassunto: disegna prima la Dea che suona

la tromba che annuncia la fine di quel tempo con la Fortuna primigenia dietro che

cavalcano un grande pesce con un collare (questo per dirci che era la Dea a

controllare il DNA), e davanti le disegna quel grande pesce e l’umanità(?)

mangiata. Dall’altra parte il monaco disegna invece un ramo dell’albero su cui è

aggrovigliato un serpente e più indietro un cane col collare che morde il ramo.

Ritengo che quel grande pesce che cavalcano la Dea e (la) Fortuna primigenia stia a

simboleggiare ancora una volta il Genoma Umano. Il fatto che cavalcano quel

pesce sta probabilmente a indicare che la Dea controllava ancora il DNA. Controllo

che gli esperimenti genetici le hanno tolto ferendola e sconfiggendo anche (la

nostra) Fortuna. Cosa che il monaco simboleggia con la raffigurazione del serpente

ed il cane che mangiano un ramo davanti alla Dea.

Dovrebbe essere quindi forse su quella che era già la nuova Terra che accadde quel

qualcosa che portò la notte anche perché, nell’opera, il monaco struttura il racconto

del mosaico con la pianta del fico ed alla fine del racconto disegna la dea Diana

legata invece alla pianta della quercia.

Il tempio della Fortuna primigenia di Palestrina

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E quelle sperimentazioni genetiche di cui ci narra il monaco, sono anche quelle

responabili delle due volte che la Terra fu colpita in modo catastrofico da quel

Pianeta di cui intendeva dirci Dante nel 33° canto del Purgatorio della Divina

Commedia, poiché il poeta in quel canto scrive:

E aggi a mente, quando tu le scrivi,

di non celar qual hai vista la pianta

ch’è or due volte dirubata quivi.

Qualunque ruba quella o quella schianta,

con bestemmia di fatto offende a Dio,

che solo a l’uso suo la creò santa.

Per morder quella, in pena e in desio

Cinquemila anni e più l’anima prima

Bramò colui che ‘l morso in sé punio.

Dorme lo ‘ngegno tuo, se non estima

Per singular cagione esser eccelsa

Lei tanto e sì travolta ne la cima.

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Il cane con due teste ed il cane con tre teste

Nella sezione di mosaico riportata sotto, abbiamo disegnato uno strano animale,

rappresentato prima con due teste poi con tre, sempre con una zampa alzata per

simboleggiare probabilmente lo Spirito Trino della Dea come gli altri animali

inseriti nell’opera, e con sopra ancora disegnata una Piovra. Sotto agli strani

animali c’è poi una leonessa, che ha una civetta poggiata nella parte posteriore del

dorso ed un fiore della vita sotto la pancia. Quei pavoni dovrebbero simboleggiare

l’Occhio della Dea che tutto vede.

Fra i tanti raffigurati nell’opera, quegli strani animali a più teste sono quelli che mi

hanno dato più da pensare e portato a fare le più svariate congetture. Ne riporto

due. La prima riguarda l’ipotesi che quegli strani animali a più teste possano voler

raffigurare le dinamiche dei pianeti che nel tempo si sono alternati nel dominio del

nostro sistema solare; se così fosse, valutando che nel primo animale le teste sono

quelle di un uomo ed una donna coi capelli neri (Tiamat e Kingu?), di lato c’è un

altro animale con la testa di donna (un pianeta femminile o la Grande Madre?) e

sopra di loro c’è quella piovra che simboleggia il negativo (Marduk?) quegli

animali potrebbero simboleggiare un primo tempo cosmico.

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Il secondo animale, dove le teste sono quelle di due donne(?) ed un uomo coi

capelli rossi (Giove Giunone e Minerva?), potrebbe voler simboleggiare la

gerarchia (il corpo) dei pianeti di un secondo tempo cosmico.

La triade capitolina Minerva Giove e Giunone Minerva Giunone

La leonessa sotto l’animale a più teste (che sembra guardare in su come a chiedere,

che succede lì sopra?) simboleggia quasi sicuramente Madre Terra visto il fiore che

il monaco le ha disegnato sotto la pancia e la civetta che le ha messo sul dorso. La

civetta sul dorso denota però l’arrivo di non buone notizie. Non buone notizie che

doveva portare quella donna a testa in giù, che simboleggia la divinità incarnata

nella materia, che dovrebbe raffigurare Maria. Gli animali simbolici che Maria ha

vicino, come il capro, quel lupo(?) su tre zampe dal quale sembra uscire un ramo

dalla bocca con le rispettive foglie (che dovrebbe simboleggiare l’Arconte che

regna) e quello che dovrebbe essere un cavallo sopra di lui, potrebbero essere una

conferma. La civetta che il monaco ha messo sopra il dorso della leonessa, che

simboleggia Madre Terra incarnata in Maria che ha di fronte, era infatti già

peculiarità dell’antica Athor e fu emblema e simbolo anche di Athena, patrona della

città di Atene. Mentre il Fiore della vita che Pantaleone le ha disegnato sotto la

pancia, fiore di cui le chiese sono piene ed i cerchi nel grano ce ne hanno

raccontato in mille modi, simboleggia la Geometria Sacra. Sacra perché è usata

dall’Intelligenza Superiore per creare tutte le cose.

a b c

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94

d e f

a: La Mucca Hator con compasso e civetta. b,c: Atena riportata con la civetta d: Uno dei tantissimi Fiori

della Vita presenti nelle chiese e, f: un paio dei numerosi Fiori della Vita espressi nei cerchi nel grano

Mentre l’appeso, nella simbologia come nel mosaico, ha una duplice simbologia,

simboleggia la divinità incarnata nella materia ma anche, come pure la divinazione

dei tarocchi insegna, l’iniziazione passiva. Cioè che dal soggetto non è decisa o

cercata intenzionalmente ma che comunque avviene perché questi è stato

predestinato dal disegno divino. In Maria era incarnata la divinità, però, come forse

vuole suggerire quel cane nel mosaico che morde il ramo vicino a lei e che il capro

sembra attaccare, non si risvegliò quindi poté compiere la sua missione. Ed è a

motivo del suo risveglio non avvenuto che nella cappella di Rosslyn Maria viene

riportata a testa in giù ma legata.

Manifestandosi l’Intelligenza Superiore attraverso il DNA del Creato, la seconda

ipotesi che quegli animali a più teste mi hanno portato a fare, è legata appunto alla

genetica. Ho pensato quegli animali potessero riguardare la genetica per una

precisa esperienza paranormale vissuta che riguardava un Genoma a tre eliche.

Quell’esperienza mi ha fatto ipotizzare che il corpo degli animali possa raffigurare

il Genoma umano e il diverso numero delle teste nei corpi ne raffiguri le eliche.

Che il primo animale con due teste simboleggi il DNA a due eliche del Genoma

umano che gli esseri umani avevano prima dell’Era dei Pesci, e quella con tre teste

il periodo successivo.

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Nella sezione del mosaico riportata sotto abbiamo un Alessandro Magno posto

seduto tra due Grifoni.

Il grande condottiero è riportato nel mosaico seduto tra due Grifoni come

Salomone, ed il suo Volo è riportato anche nei frontali di molte antiche chiese.

Questo accadde perché c’era chi sapeva che era il figlio della donna in cui era

incarnato lo Spirito della Dea, o se vogliamo, apparteneva, come Mitra, Dioniso ed

altri figli di Grandi Madri prima di lui, a quella Stirpe di Sacerdoti.

Alessandro Magno ed il suo volo riportato sui frontali di alcune chiese

Il leone di Venezia intenderà simboleggiare Alessandro??

Alessandro Magno, che il mito ci riporta femmineo come Dioniso, fu uno dei più

grandi geni della guerra mai esistiti. Fu lui a formare il grande impero macedone. I

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macedoni parlavano la stessa lingua dei greci in quanto entrambi i popoli

provenivano dagli antichi Dori, che si erano stabiliti in quelle terre quando ancora il

territorio era abitato probabilmente dai Micenei.

Secondo Plutarco il padre del grande condottiero era Zeus, il quale, per unirsi con

Olimpia, prese la forma di serpente in quanto la donna era solita praticare riti orfici

e dionisiaci tipici delle popolazioni degli Edoni e dei Traci e nelle processioni

portava grandi serpenti addomesticati. La storia ce lo tramanda invece, giustamente

aggiungerei, semplicemente come figlio di Olimpia e Filippo II di Macedonia, che

dal loro matrimonio ebbero anche una figlia: Cleopatra.

In Olimpia era sceso lo Spirito della Dea poiché lei aveva quel particolare DNA,

Pantaleone, per sottolineare secondo me l’importanza di chi fosse realmente figlio

Alessandro, oltre ricoprirlo con un abito a scaglie di serpente per simboleggiare

l’Energia della Grande Madre incarnata in Olimpia tramandata al figlio, lo mette

tra due Grifoni (due probabilmente perché Pantaleone sapeva che l’uomo,anche se

dio, può avere il dominio solo su due mondi non su tre. Il dominio dei tre mondi è

prerogativa della dea).

Zeus riportato come serpente che seduce Olimpiade Olimpiade, madre di Alessandro

di Giulio Romano

Alessandro, come Giove in precedenza, viene riportato con in testa corna d’Ariete:

le corna sono simbolo di dominio, e in quanto tali sono spesso connesse con le

corone; due corna potrebbero quindi simboleggiare il potere di Alessandro esteso

sull'Oriente e l'Occidente, ma v'è forse qualcosa di più. Alessandro amava, sin da

giovanissimo, un dio bicorne che aveva conquistato l'India: Dioniso, raffigurato

sovente con corna taurine. Fra l'inverno del 332 e la primavera del 331, dopo aver

conquistato Tiro al termine di un lungo assedio e aver respinto le profferte di pace

di Dario III, il Macedone giunse in Egitto, visitò i santuari di Eliopoli e di Menfi,

fondò Alessandria e infine osò mettersi in marcia alla volta dell'oasi di Siwa, in

Libia, affrontando il deserto e le sue tempeste di sabbia. Giunto nell'oasi di Siwa,

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visitò il santuario sacro ad Amon che lì sorgeva: i sacerdoti lo acclamarono figlio

di quel dio e Plutarco aggiunse che si sparse la voce che lo avessero altresì

chiamato "figlio di Zeus".

Fin dalla preistoria il corno appare associato alla divinità, sia come raffigurazione

sia come offerta sacra. Tale simbolismo si trova in Italia, con la Dea Bona, e al di

fuori dell’Europa: in Egitto le corna di capra indicano valore e dignità, le corna

della corona del faraone sono il simbolo del dio Khnum, la dea Hathor è fornita di

corna di vacca. Associazioni fra le corna e la divinità si trovano inoltre a Creta

(corna del toro divino), a Canaan (le corna di Ashtoreth Qarnaim, cioè Ashtoret

dalle due corna), a Byblos (dove Ishtar è fornita di corna di vacca come Hathor), e

probabilmente Michelangelo mette le corna al suo Mosè per suggerirci che era

figlio di una madre con certe caratteristiche.

a. b. c

d e f

a. Alessandro b. Giove c. Mosè d. la Dea Bona che è in un angolo dell’Ara Coeli

e: Dio Knum f. Diana cerva

Col passare dei millenni, col cambio delle credenze e delle tradizioni, il simbolo

delle corna verrà sostituito pian piano dalla corona reale, ma che Alessandro fosse

figlio della Dea, o meglio, della donna in cui era sceso il Suo Spirito, è una verità

che non poté (ne può) essere divulgata perché salterebbero le basi su cui la Chiesa

si basa in quanto, il grande conquistatore, oltre essere un ellenico, credeva quindi a

più dei, non fece miracoli né annunciò liete novelle, ma soprattutto non risorse dal

corpo.

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Sotto dove narra dei fabbri il monaco disegna la Torre di Babele.

Non saprei dire quanto la Torre di Babele risponda al significato che ci è stato

tramandato, ma dietro la simbologia della Torre distrutta perché l’uomo voleva

arrivare a Dio, potrebbe esserci celato il fatto del primo esperimento genetico, il

conseguente arrivo di quegli abitanti di altri mondi, e la risalita che come umanità

dovevamo affrontare. E se il dio che distrusse la torre di Babele è la stessa figura

che Pantaleone disegna nel mosaico vicino alla torre come un serpente (che da

quanto sembra ipnotizza l’uomo), la cosa è più che inquietante vista la forte

somiglianza della figura col simbolo con cui veniva raffigurato Enki.

a b c d

Principe del mondo sotterraneo rappresentato nell’ordine: a:, nel mosaico di Otranto, b: in una tavola sumera,

c: come Path. d: come Minosse nel Giudizio Universale di Michelangelo

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Se quella figura, che oltre essere serpentiforme ha anche il tipico pizzetto di Path,

simboleggia Enki, richiamerebbe al tempo stesso Osiride, essendo questi il dio del

sotto egizio, l’Ade greco, ed il Minosse dipinto da Michelangelo. Dio di un sotto

che i vertici della chiesa cattolica hanno insegnato essere l’Inferno, il cui Signore si

chiama Satana e che è il capo degli Arconti ( il Dio dell’Antico Testamento).

Questo ci conferma ancora che il Male ebbe la meglio sul Bene e prese a regnare.

A questo punto dobbiamo chiederci quali potrebbero realmente essere le lingue che

quel dio mischiò.

Essendo la Torre un simbolo riportato come corona sopra la testa delle varie Grandi

Madri terrestri del passato, preso atto della probabile identità della figura che

mischiò le lingue, stimando il periodo in cui questo potrebbe essere accaduto e

valutando cosa accadde successivamente, credo proprio che quel mischiare le

lingue significhi mischiare le religioni!

Piccola serie di Grandi antiche Madri riportate con la Torre in testa – Torre

che nel caso della Madonna è simboleggiata come corona regale.

Della Grande Madre abbiamo già accennato, ora proviamo ad andare indietro nel

tempo e vediamo attraverso alcuni reperti archeologici ed altri elementi cosa la

storia religiosa della grande Dea racconta e come le religioni, soprattutto quella

cristiana, hanno mischiato le carte.

Un luogo di culto antichissimo dedicato alla Grande Madre è la città di Petra. E le

chiese cristiane riproducono quella struttura riprendendo le cinque navate o anche

solo tre.

Ci sono testimonianze storiche che Mosè arrivò a Petra, città dove Aronne è poi

stato sepolto. Luogo dove forse morì anche Mosè pur se la tomba non è stata

ancora trovata. Ed a Petra, Mosè (che era il nipote di Tutankhamon, la cui madre,

una delle concubine di Akhenaton, era probabilmente fenicia - o Schardana, come

sottolinea Leonardo Melis - come lo era presumibilmente anche la madre di Mosè),

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ritrovò probabilmente il mito della Grande Madre. Ma perché il profeta andò

proprio a Petra, terra dei discendenti di Esaù, che probabilmente adoravano ancora

una divinità femminile? Forse il profeta (dopo che era stato commesso l’assassinio

di Tutankhamon, il nonno), era venuto a sapere cose importanti e voleva tornare

all’antico credo, o fu Jawè che gli suggerì di andare a Petra?

a b

a. Il tempio di Petra dedicato al culto di divinità nabatee. b. La chiesa di S. Maria Maggiore di Roma

Sul monte Nebo, il Profeta non vide la terra promessa, ma secondo me incontrò lo

stesso soggetto che oggi si fa chiamare Asthar Sheran che in Sicilia, negli anni

sessanta, raccontava più frottole che verità a Eugenio Siragusa!

Cosa non ci raccontarono di Mosè i Settanta che per primi riunirono gli antichi

scritti ritenuti sacri? Quanti e quali testi ci hanno nascosto quegli uomini? Di cosa

era a conoscenza Hiram, l’architetto di Salomone, e come era venuto a saperlo?

Perché i Templari non dissero cosa trovarono sotto il tempio di Salomone e a

Edessa (luogo in cui guarda caso scavarono poi anche gli uomini di Hitler)? E

perché i Cavalieri Templari andarono a Petra e vi soggiornarono? Domande a cui

forse mai nessuno darà risposta.

Secondo me anche Maometto (ebreo), come Mosè, si scontrò con il credo della

Grande Madre, il cui culto, nella terra dove viveva, era ancora molto forte. Ed è

piuttosto indubitabile che la religione islamica si sia sviluppata inglobando, come

ogni altra religione, credenze precedenti le cui tradizioni rimangono tuttora evidenti

nonostante siano state legate ad un dio maschile.

Le dee Al-Uzza - la Potente Dea della stella del mattino, Al-Lat- la Madre, e

Manat Dea anziana del fato e del tempo, formavano una triade nell’Arabia pre-

islamica. Erano conosciute e venerate in un ampio spazio che andava da Petra, nel

Nord, ai regni leggendari dell’Arabia Felix nel Sud, inclusa Saba, e fino all'Iran e a

Palmyria, ed erano molto popolari alla Mecca al tempo del Profeta.

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Al-Uzza è stata una delle divinità arabe maggiormente venerate perché associata a

Venere. E a Petra, dove la maestosità dei reperti archeologici fa pensare ci fosse un

suo tempio, è probabile fosse la Patrona della città. È connessa all'acacia e il suo

santuario a Nakhlah ne aveva tre esemplari, in cui si credeva la dea discendesse. Ha

molto in comune anche con Isthar e Astarte e le erano cari i gatti e i felini in

genere. Dai Greci venne associata ad Afrodite Urania.

Al- Lat è menzionata, come Alilat, da Erodoto, che la identifica con Afrodite. La

dea è identificata anche con Atena e chiamata Madre degli dei, o la più grande di

tutti gli dei. È una divinità della primavera e della fertilità: la Dea Terra che porta

prosperità al mondo. Aveva un santuario nella città di Ta’if, a est della Mecca. Il

suo simbolo è una luna crescente che a volte contiene il sole.

Manat deriva il suo nome dall’arabo maniya cioè fato, distruzione, destino, morte.

È una divinità molto antica e il suo culto probabilmente precede quello delle altre

due dee. Era particolarmente venerata come pietra nera a Quidaid, una cittadina nei

pressi della Mecca e connessa ai grandi pellegrinaggi dei quali il suo santuario era

il punto di partenza per parecchie tribù.

Al- Uzza a Petra - Giordania La Grande Madre Al-Uzza posta al centro di uno Zodiaco

E’ interessante notare come, pure avendo origini diverse, le tre divinità venissero

considerate come una sorte di triade divina unita da vincoli di parentela, variabili a

seconda delle leggende. Spesso venivano chiamate le figlie del dio e in particolare i

Quraysh le adoravano deambulando in senso circolare intorno alla Ka’bah, il

tempio in cui era conservata una pietra divina discesa dal cielo, cantando inni in

loro onore. Una pratica che nell’islamismo fa parte tutt’ora del rituale dell’Hajj.

La famosa pietra nera della Mecca, non solo riprende il culto di Manat, riprende

anche una leggenda dei Lakota dove si racconta che Tunka, la divinità più intima

essenza del creatore, non creata, senza inizio ne fine, cadde dal cielo sotto forma di

roccia, e riprende anche quello della pietra nera di Cibele, portata a Roma nel 205

a.C circa, durante la seconda guerra punica. Pietra che i Romani andarono a cercare

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perché i Libri Sibillini, per liberare Roma, consigliavano loro di recuperare il

simulacro della Dea, una pietra nera a forma conica. Recuperata la pietra a

Pessinunte, l’attuale Turchia, la portarono poi a Roma e la conservarono nel tempio

della Vittoria.

Immagine di fantasia delle dee La Pietra Nera della Mecca

Dietro il culto di Cibele, la Magna Mater, considerata madre degli dei e protettrice

dei campi e dell’agricoltura, si nasconde a sua volta quello della capra Amaltea che

allattò Giove.

a b c

a. La pietra nera incastonata a circa 1,1 m di altezza nell’angolo est della Ka’ba di Mecca b. La pietra nera

conservata nella chiesa si Santa Sabina a Roma, che hanno fatto diventare la pietra del diavolo! c. La pietra

nera di Palermo, meno nota delle stele di Rosetta, ma non per questo non importante.

L’importanza data a quella pietra nera mi fa pensare ad una memoria ancestrale e

ritenere che, in tempi chissà quanto remoti, c’erano persone che credevano che la

Vita sulla terra era potuta nascere forse grazie ad un meteorite arrivato dallo spazio

e che poi, da questo, pian piano sia nato anche il Genere Umano. Proprio come

ipotizzano i nostri scienziati oggi.

La storia preislamica mette in luce il fatto che gli Arabi adorassero, oltre che gli

idoli, come faranno poi i Romani con i Penati portati a Roma da Enea, anche i corpi

celesti, gli alberi e gli eroi morti delle loro tribù. Shams, il Sole, inteso allora come

principio femminile, era onorato da diverse tribù arabe, mentre la Luna, Schin, era

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vista come principio maschile. Ma anche altri corpi celesti come Sirio, Aldebaran,

Venere, Giove e Saturno, cui il tempio della Mecca era dedicato, venivano adorati

in aree specifiche. Ciò non significa che gli Arabi avessero un culto particolarmente

incentrato sugli astri, ma molte divinità, come in altri luoghi, erano rappresentate

con forme di animali. Infatti ritroviamo il cavallo di Hecate nel cavallo Ya’uq, dio

degli Hamdan, dei Morad e dei Nars; l’avvoltoio di Iside venerato dagli Himyariti,

ed altre divinità, come veniva fatto in altre parti del mondo, erano personificazioni

di astrazioni di dei.

Loro credevano anche nell’esistenza di alcuni poteri soprannaturali capaci di

plasmare il loro destino, e come a Roma o in Grecia veniva creduto Crono Signore

del Tempo, loro davano importanza al dio del tempo Zaman, che ritenevano

portatore di dolori ed avversità. Un po’ come il nostro Tifone.

Come accadeva nei templi egizi, un gran rispetto veniva portato ai sacerdoti,

soprattutto a quelli dei templi e dei santuari. Questi, come in fondo fanno ad Axum,

in Etiopia, i sacerdoti che guardano l’Arca dell’Alleanza ritenuta quella che dio

diede a Mosè, erano visti come guardiani dei templi e dei santuari e proprietari del

recinto sacro. E come accade ancora oggi per quelli del recinto dove è conservata

l’Arca (con la differenza che questi è cosa che devono fare sino alla morte), anche

allora questo privilegio apparteneva ad un clan specifico della tribù che veniva

estratto a sorte e per un periodo di tempo poteva svolgere funzioni sacerdotali oltre

alla guardia del luogo sacro. Tra i compiti che il sacerdote doveva assolvere c’era

quello della costruzione degli idoli, la cura del tesoro formato dai doni votivi dei

fedeli e in alcuni casi la consulenza su questioni giuridiche, in quanto considerati

intermediari tra i mortali e gli dei. Funzione però quest’ultima che veniva affidata

ai Kahin, una sorta di veggenti che chiunque poteva consultare in cambio di offerte.

Proprio la credenza in tali entità e il loro culto, oltre al culto del dio del male

Shayatin (l’equivalente del nostro Satana) era una peculiarità della religione

arabica. I Jinn adorati in tutte le tribù e a ogni livello sociale (tanto che uno di essi

il mito lo farà essere il padre di Bilqis), differivano dagli dei non tanto per la loro

natura, quanto per il loro rapporto con l’uomo: gli dei erano nel complesso benigni

mentre gli Jinn, personificazioni fantastiche della natura forse dovute alla dura vita

del deserto, erano spesso ostili. Ma gli arabi, soprattutto al nord della penisola

arabica, dove forse erano entrati più facilmente in contatto con altre culture,

probabilmente hanno ripreso dagli egizi il culto dei morti; come probabilmente

dall’India ripresero la credenza nella reincarnazione; come forse aveva origine

persiana la lettura del volo degli uccelli, forse a sua volta di origine mediterranea; o

la cultura del fuoco, presente nella tribù dei Tamin, di chiara origine persiana.

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I quattro leoni del mosaico e Diana

a

Anche questa parte dell’opera mi ha dato il suo bel pensare. E nel tentare di capire

chi o cosa potessero rappresentare quei quattro leoni, mi sono persa più volte nel

labirinto delle tante informazioni finché, dopo le tante ricerche, riflettendo sulla

figura per l’ennesima volta, ho capito.

I quattro leoni del mosaico, oltre i quattro elementi, come i quattro re della lista

babilonese, come i quattro animali della mitologia cinese, come i quattro di quella

giapponese, rappresentano ognuno un punto Cardinale, e come i quattro Yuga della

religione induista, ognuno una Stagione dell'uomo (Satya Yuga, o Krita Yuga, l'età

dell'oro; Treta Yuga l'età dell'argento; Dvapara Yuga, l'età del bronzo; Kali Yuga,

l'attuale età del ferro), che hanno una durata di 12 000 anni divini, corrispondenti a

4.320.000 anni umani.

I metalli delle Ere sono simboleggiate anche nel colosso del sogno di

Nabucodonosor - dove il re vede il colosso con il capo d'oro, il petto e le

braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro e i piedi di

ferro ed argilla - che il Profeta Daniele interpreta come quattro imperi futuri; e

forse, le quattro Ere più una, era quanto simboleggiava lo scaffale composto da

cinque ripiani di un mio lungo sogno. Scaffale dove vidi una foto per ogni

ripiano con una candela davanti accesa tranne alla foto del secondo ripiano, dove

invece la candela era spenta. Probabilmente, il ripiano che aveva la candela

spenta era quello che ci riguarda.

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I nomi delle Ere cosmiche sembra derivino dall'antico gioco dei dadi, portato

probabilmente dagli Arii (o Ariani) in India guarda caso da un antico popolo

nomade appartenente al gruppo indoiranico dei popoli indoeuropei che penetrò nel

subcontinente indiano nel II millennio. Imponendosi quegli indoeuropei su un

ampio territorio e disperdendosi su un'area molto vasta, subentrarono alla civiltà

della valle dell’Indo e la loro lingua subì un processo di frammentazione che diede

origine alle varie lingue antiche come il sanscrito e l’hindi.

Ad ognuno dei quattro animali (come farà poi il cattolicesimo con i quattro

evangelisti), è stato attribuito un nome umano. Quando il Taoismo in Cina divenne

popolare, a quei quattro animali fu aggiunto un quinto animale leggendario. Quel

quinto animale leggendario i cinesi lo simboleggiarono con un dragone giallo.

Un grifone il dragone giallo? I quattro evangelisti Tavola cinese

L’arrivo di quel quinto animale leggendario di cui Maria doveva forse annunciarne

la venuta, è stato trasformato nella lieta novella messa in bocca a Gesù,

erroneamente riconosciuto anche come il figlio di Dio. Sempre secondo la Chiesa,

quel Messaggero è il Cristo che tornerà nei tempi finali. Però, nella Rivelazione di

Giovanni che fa parte del nuovo testamento, si parla dell’arrivo di una donna nei

tempi finali, non di un uomo. Visto sin qui quanto abbiamo imparato, diventa a

questo punto logico perché l’inviato dalla Dea sia una donna e non un uomo, e

capiamo anche chi è, cosa dovrà fare e perché. Come si può desumere, nella

religione cattolica, ma come anche in quella ebrea e quella musulmana, non so

quanto in buona fede, sono state raccontate molte cose inesatte ed è stato sconvolto

tutto.

Sotto ai Leoni Pantaleone disegna Diana con l’arco teso, la freccia inserita e

puntata verso quel cervo già ferito che a sua volta protegge un capro con una

scacchiera in testa.

Diana simboleggia probabilmente la Gigante Rossa (per questo il monaco le ha

acconciato i capelli a Y), se partirà o meno la freccia che ha inserita nell’arco e

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diretta verso quel Cervo già che simboleggia la Terra già ferita, dipende da noi: se

gli uomini capiranno e si ravvedranno, gli verrà fatto Dono del quinto elemento,

l’Etere, l’elemento principale della Pietra filosofale e la sostanza catalizzatrice in

grado di risanare la corruzione della materia (il dna modificato) e potranno

ascendere. Se così non sarà, quella freccia sarà scagliata e quel mostro che

campeggia sulla testa di Diana come una sorta di spada di Damocle, che intende

simboleggiare di nuovo quel Pianeta distruttore, colpirà ancora una volta la Terra!

A Diana Pantaleone sistema i capelli in un modo che formano una Y e le mette

anche un pane sotto il braccio (fig. h): lo fa per dirci che lei anche Pan, che è

collegata all’abisso ed al profondo, e che, come Demetra, la Cerere romana,

rappresenta la Natura in toto.

h i

1 2 3

1) Grande Madre con la Y raffigurata su un reperto archeologico. 2) La papessa dei tarocchi è con due Y,

3) Le Y nella costellazione del Cancro.

Il capro protetto dal cervo ferito, simboleggia la donna che sarà sua messaggera. La

scacchiera che il capro ha in bilico sulla testa, oltre che il Gioco della Vita, come

scrisse l’Archeologa Maria Gimbutas, simboleggia probabilmente anche l’acqua. E

forse il monaco la mette in bilico sulla testa del capro per dirci che, se il capro non

riuscirà nella sua missione, corriamo il pericolo di una nuova grande catastrofe che

causerà un nuovo diluvio.

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l

Un pastorale papale dove è riportato il particolare fiore che anche il capro del mosaico ha in bocca e

indica questo potere; reggenza di cui la casta sacerdotale maschile si è appropriata indebitamente!

Il fiore a tre petali, che il monaco mette in bocca alla figura, indica il potere della

donna sui tre Regni (fig.l). Per dirci invece che lei è la nuova Venere, la prima stella

del Nuovo Giorno, sotto Alessandro il monaco disegna la donna nuda sul ramo

dell’albero e le mette vicino quel Pavone che simboleggia l’Occhio della Dea che

vede tutto (fig.m).

m

Per gli studiosi non è ancora chiara l’origine e le prime funzioni di Venus,

antichissima dea italica e romana, secondo alcuni rappresenterebbe la Forza

generatrice della Natura e della fioritura, altri collegano il suo nome al verbo

venerare, indicando la forza magica di invocazione da parte dell’uomo e la

prerogativa della dea di accontentarlo o meno (prerogativa che Zeus le lasciò).

A Roma Venere rimane però solo simbolo dell’amore coniugale. Non venne

accostata a Vulcano come sposa bensì a Marte, formando la coppia che caratterizza

i due caratteri del mondo romano: la forza militare e l’origine divina della stirpe di

Romolo. Tito Livio narra che lo zio di Rea Silvia, Amulio, che aveva già usurpato il

trono del fratello e fatto uccidere i figli maschi, la costrinse a diventare vestale e

fare voto di castità. Tuttavia il dio Marte s'invaghì di lei, e dopo averla posseduta

con la forza, in un Bosco sacro dove era andata ad attingere acqua, la rese madre

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dei gemelli Romolo e Remo. Al secondo di questi due neonati fu dato lo stesso

nome del condottiero rutulo decapitato nel sonno da Niso durante la guerra fra

troiani e italici.

Dopo la caduta di Albalonga, quella che divenne la lega delle città latine del Lazio

potrebbe aver costruito il santuario federale dei latini dedicato a Diana; v’è chi

ritiene che il santuario sia sorto unicamente come santuario della lega latina, ma

sono stati trovati reperti nei dintorni del tempio antichi almeno quindicimila anni.

Quindi il tempio della Lega Latina potrebbe essere stato riedificato su un sito

preesistente, ed in quell’occasione vi potrebbe essere stato inserito il guardiano che

divenne poi il rex Nemorensis.

a b

c da: Venere in un affresco di Pompei b: La nota Venere del Botticelli che esce dalle acque c: Tempio di Venere

a Roma d: Tempio di Venere a Pompei

In tutta l’Italia antica sorgevano già in età antichissima santuari di Venere, ma il

simbolo più importante legato alla Dea, la Vesica Piscis, lo ritroviamo solo nella

naturale struttura del lago di Nemi dove esistono ancora le vestigia del tempio

dedicato a Diana. In più, proprio sull’anello che circonda il lago, c’è una

un’antichissima sorgente - altro elemento collegato alla Dea - ancora usata per

fornire l’acqua a più paesi.

Non è facile orientarsi tra i miti perché è stata fatta una mescolanza tale che pur

leggendone tanto non si giunge mai a nulla di certo, ma leggendo il mito di Enea

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(figlio di un mortale e di una dea) e quanto questo riporta in merito a cosa il greco

fece dopo il suo sbarco nel Lazio, diventa forse evidente perché Giunone non

amasse troppo i troiani, diventa chiaro perché Zeus lo fece arrivare nel Lazio, e

perché fece in modo che questi sposasse Lavinia, promessa a Turno

(dall'appellativo Rutilus, o dall'etnico Rutulus, che significa rosso!), il re degli

aborigeni latini che già abitavano il territorio, che erano forse quegli Homo

selvaticus di cui accennavamo all’inizio, che forse ancora vivevano in quella zona

che diverrano poi i Castelli Romani.

Il lago di Nemi

Il principale luogo di culto di Diana si trovava presso il piccolo lago laziale di

Nemi, sui colli Albani, il bosco che lo circondava era detto nemus aricinum per la

vicinanza con la città di Ariccia. Secondo la leggenda, Diana - giovane vergine

abile nella caccia, irascibile quanto vendicativa, amante della solitudine e nemica

dei banchetti - era solita aggirarsi in luoghi isolati. In nome di Amore, la leggenda

narra, aveva fatto voto di castità e per questo motivo si mostrava affabile, se non

addirittura protettiva, solo verso chi prometteva di mantenere la verginità e si

affidava a lei.

In Roma il culto di Diana Aricina era stato introdotto, secondo una tradizione a

sfondo politico, sin dai tempi di Servio Tullio. Al culto di Diana era stato

assegnato il colle Aventino, dove era sorto (filiazione del tempio originario di

Ariccia) il primo tempio a Diana, comune dei Latini e dei Romani. Alla Diana

dell’Aventino era consacrato come giorno festivo quello stesso di Diana Ariccina:

le Idi di Agosto. La Chiesa, usando una numerologia non a caso (15/8), ha usato

questo mese per festeggiare il giorno di Maria assunta in cielo.

Tutte le caratteristiche del culto nemorense si riscontravano in quel duplicato che

fu il culto di Diana all’Aventino. Nel tempio dell’Aventino, rinnovato dal tribuno

Cornificio al tempo di Augusto, si conservavano importanti leggi e trattati di

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alleanza. Come già in altre culture, anche in quella latina appare la connessione

tra il simbolismo delle corna e la divinità, in questo caso il cervo e la dea Diana.

Tito Livio ricorda infatti un episodio in cui era stato predetto che chi avesse

sacrificato una certa vacca di grande bellezza, avrebbe dato al suo popolo

l'egemonia sull'intera regione del Lazio antico. Il sabino proprietario della vacca si

recò al tempio di Diana a Roma per sacrificarla, ma il sacerdote del tempio riuscì

con uno stratagemma a distrarre il sabino e sacrificò lui la vacca alla dea

garantendo alla città di Roma l'egemonia; le corna stesse furono affisse all'entrata

del tempio come ricordo della vicenda e come pegno tangibile della sovranità sul

Lazio.

La potenza di Roma e la sua grande espansione portò al miscelarsi, oltre che

persone di Popoli diversi, dei tanti miti; questo faceva evidentemente parte di un

disegno superiore essendo quella che è oggi l’Europa, probabilmente la zona in cui

vissero gli ultimi Homo Selvaticus, probabilmente quella razza Ariana che Hitler

andò a cercare fino in Tibet!

La Chimera Raffigurazioni diverse di Diana

Da quanto Pantaleone racconta, le ricerche collegate portano a ipotizzare, come

anche voleva intendere Dante nella Divina Commedia dove scrive che il Veltro si

incarnerà è quell’Italia per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno, e Niso

di ferute, che quella Venere si incarnerà nel Lazio, che è il luogo, come è scritto

nella Rivelazione di Giovanni, dove risiede anche la Bestia.

Il Veltro, che c’è chi ha giustamente simboleggiato come cavallo, animale che

simboleggia il corpo umano che trasporta l’anima, è la personificazione allegorica

dell’eroina destinata a liberare l'umanità e in particolare l'Italia. Quel cavallo che

Dante chiama Veltro è erede dell'Aquila Imperiale, che è oggetto della profezia

pronunciata da Beatrice in Purgatorio, e simboleggia l'imperatore universale che

riformerà la Chiesa come intendeva suggerirci anche Nostradamus in più d’uno dei

suoi disegni. Quanto Pantaleone racconta porta in evidenza anche il ruolo delle

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donne che non sono state riconosciute come incarnazioni dell’Anima Mundi ma

che hanno comunque lasciato un segno indelebile nella storia. Perché la storia,

diversamente da quanto ci viene raccontato su Gesù, che derivava il suo potere da

chi si nascondeva dietro il nome di Helios, ci descrive tali donne come persone,

normali, normalissime!

Narrandoci questa storia, mettendo nel mosaico simboli legati alla Grande Madre,

non inserendo Gesù da nessuna parte, se avevamo ancora dei dubbi, attraverso

quanto ci narra il monaco, abbiamo conferma che la storia della resurrezione di

Gesù non è vera.

Alcuni disegni di Nostradamus

Se per recuperare degli errori la sua storia non è stata completamente inventata,

Gesù, forse nel tentativo di aiutare Maria, o forse perché voleva aiutare sia Maria

che gli Zeloti a combattere i romani, confuse volontariamente le acque. E Maria, o

per non tradire il fratello o perché proprio non si risvegliò quindi non capì, o perché

non creduta, dopo la probabile farsa della crocifissione inscenata da Gesù con

l’aiuto di qualcuno importante (magari proprio Caifa o Erode), potrebbe essere

andata in Francia. Sicuramente in Francia, insieme alla moglie ed ai probabili due

figli maschi che da lei ebbe, ci andò Gesù, dove vi morì all’età di 47 anni!

a b c

a. b. La Vescica Piscis – che simboleggia lo Spirito incarnato nella Materia - in un mosaico e nel

pozzo di Glastonbury. c. la Vescica Piscis in un cerchio nel grano con al centro il Fiore della Vita

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Caos e trombe del giudizio

Dalla parte dell’elefante più grande (che abbiamo detto simboleggia il Male ed è

fatto più grande perché questi è divenuto molto forte), ci sono un uomo ed una

donna che suonano le trombe del giudizio, sopra due cavalli di colore diverso, le

cui code sono unite in modo che sembrano formare un caduceo; essendo dalla parte

dell’elefante che simboleggia il Male, ed essendo posta Venere sopra di loro, quella

raffigurazione potrebbe voler dire che sarà per quelle persone che hanno un certo

miscuglio genetico che suoneranno le Trombe del Giudizio.

Dall’altra parte ci sono due altre persone (fig.a), sembrano lottare tra di loro ed

hanno un abito che somiglia a quello sacerdotale con cui Pantaleone ha vestito

Samuele (fig.b) ed anche Abramo (fig.c).

a b c

Forse quelle due persone raffigurano un uomo ed una donna ebrei, e quella lotta

rappresentata dal monaco intende forse simboleggiare quella della vita che gli

Ebrei stanno combattendo da sempre. Le figure non sono poste come Samuele

sopra il Capro espiatorio ne hanno panni rossi in mano, questo dovrebbe quindi

significare che la loro (la nostra) espiazione è finita.

Sopra all’elefante più piccolo che simboleggia il Bene, Pantaleone ha posto una

gatta con due stivali: come la simbologia che la riguarda insegna, quella gatta vuole

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simboleggiare il Ponte tra la nostra dimensione e quella superiore. Come

nell’antichità la gatta Basted veniva collegata ad Iside o si immaginava come

l’equivalente della Hathor di Dendera, cioè al Femminino Sacro più antico, quella

gatta che il monaco ha posto sopra l’elefante che simboleggia il Bene vuole

simboleggiare la nuova donna, che rappresenta, ed è messaggera, di due Grandi

Madri, e farà da Ponte una volta che sarà riuscita a dire quanto deve dire

all’Umanità.

Anche alla donna sansone presente nella corona, che cavalca quel leone a cui apre

la bocca il monaco ha messo due stivali come alla gatta (fig. a).

a

Il monaco lo ha fatto per suggerirci dove quella donna si sarebbe incarnata ma

anche per dirci che a quella Sacerdotessa è stato restituito quanto alle precedenti

sacerdotesse della Dea era stato tolto rimettendo il DNA come stabilito in origine

dalla Creazione determinando, attraverso la sua discendenza, l’inizio di una nuova

e corretta discendenza genetica.

Abbiamo però buone speranze in merito a quelle persone geneticamente modificate

poiché Dante, nel trentatreesimo canto del purgatorio, scrive:

Non sarà tutto tempo sanza reda

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l'aguglia che lasciò le penne al carro,

per che divenne mostro e poscia preda,

ch'io veggio certamente, e però il narro,

a darne tempo già stelle propinque,

secure d'ogn'intoppo e d'ogni sbarro,

nel quale un cinquecento diece e cinque,

messo di Dio, anciderà la fuia

con quel gigante che con lei delinque.

E forse che la mia narrazion buia,

qual Temi e Sfinge, men ti persuade,

perch'a lor modo lo 'ntelletto attuia;

ma tosto fier li fatti le Naiade,

che solveranno questo enigma forte

sanza danno di pecore o di biade.

Ed incoraggia anche quanto scritto nella profezia di Nostradamus: Al compimento

del grande numero settimo, apparirà al tempo dei giochi d’Ecatombe, non lontano

dalla grande età del millennio (quindi adesso) che gli entrati usciranno dalle loro

tombe.

Ora non ci resta che fare patrimonio della dura Lezione che la Dea ha dovuto

impartirci per farci capire dove avevamo sbagliato e comportarci di conseguenza

modificando i nostri modi di agire, ma soprattutto smettendola subito di manipolare

il DNA, perché quello è il modo attraverso il quale la Divinità si manifesta, e

riconoscere la vera Deità.

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Questo è un estratto della ricerca, il testo completo si può leggere a questo indirizzo

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