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a cura di GIULIA CANZIAN 29 QUADERNI DELLA PROGRAMMAZIONE O S S E R V AT O R I O IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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a cura diGIULIA CANZIAN

29Q U A D E R N I D E L L A P R O G R A M M A Z I O N E

O S S E R V A T O R I O

IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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©2012 Edizioni31ISBN 13: 978-88-88224-84-8

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Contenuti INTRODUZIONE 1 Giulia Canzian e Marco Zamarian CAPITOLO 1 Gilda Forti e Cristina Mirabella L’indagine sulle microimprese: descrizione dello strumento 7 1.1 Descrizione dello strumento 7 1.2 Scelte di contenuto 8 1.3 La popolazione di riferimento 9 1.4 Il disegno campionario 12 1.5 Stratificazione del campione 14 1.6 L’indagine 15 CAPITOLO 2 Gilda Forti e Cristina Mirabella Il mondo delle microimprese attraverso i dati Asia 19 2.1 Principali caratteristiche strutturali della microimpresa in Trentino ed in Italia 19 2.2 La distribuzione territoriale e la specializzazione produttiva della microimpresa in Trentino 23 2.3 La dinamica della microimpresa: natimortalità e transizione a piccola impresa 26 2.4 Questioni aperte 29 CAPITOLO 3 Marco Zamarian Le microimprese e i loro imprenditori: relazione fra storia dell’impresa e storia personale 31 3.1 Un ritratto dei microimprenditori trentini 32 3.2 L’imprenditorialità in Trentino 38 3.3 L’impresa familiare 43 CAPITOLO 4 Giulia Canzian Caratteristiche strutturali: export, investimenti, finanziamento degli investimenti e relazioni con le banche 51 4.1 L’attività di export 51 4.2 La decisione di investire: caratteristiche degli investimenti ed influenze 56 4.3 Rapporti con il sistema bancario 64 CAPITOLO 5 Giulia Canzian La situazione delle microimprese durante il 2009 69 BIBLIOGRAFIA 73

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Note sugli autori Giulia Canzian: dottore di ricerca in Economia e Management presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Trento e ricercatrice presso l'Osservatorio Permanente per l'economia, il lavoro e per la valutazione della domanda sociale. Gilda Forti: funzionaria del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento. Cristina Mirabella: direttore dell’Ufficio rilevazioni e ricerche economiche presso il Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento

Marco Zamarian: professore associato di Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi di Trento.

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Introduzione Giulia Canzian e Marco Zamarian Questo lavoro si propone di dare una chiave di lettura sistematica della micro impresa localizzata nella Provincia Autonoma di Trento. La microimpresa è un fenomeno che rappresenta infatti, con le sue forze e le sue debolezze, uno tra gli elementi caratterizzanti della realtà economica, italia-na in generale e trentina più in particolare. Nonostante questa centralità, rilevata sommariamente in sede di analisi empirica e costantemente evocata nel dibatti-to economico e politico, ancora poco sappiamo di queste imprese. Possiamo indicare diverse motivazioni per giustificare questa scarsa conoscenza: la pre-valenza tra le microimprese di società di persone e ditte individuali non soggette all’obbligo di pubblicità dei bilanci; l’oggettiva difficoltà di entrare in contatto con imprese dotate di strutture di governo prevalentemente informali; la grande nu-merosità e la dispersione di queste imprese sul territorio. Al di là di queste giu-stificazioni, tuttavia, il problema conoscitivo resta rilevante da almeno tre punti di vista. Il primo è quello degli stessi operatori economici. Come è puntualmente emerso anche durante la conduzione dell’indagine, manca presso gli imprenditori una visione d’insieme sul mondo della microimpresa, mentre spesso esiste un certo livello di consapevolezza e di scambio delle esperienze tra imprese operanti nello stesso settore o in settori affini. Questa consapevolezza, quando esiste, è di natura aneddotica e poco si presta a diventare oggetto di scambio e appren-dimento reciproco tra pari. Questa ricerca offre la possibilità di leggere le ten-denze nelle pratiche gestionali della microimpresa e vuole favorire la riflessione e il confronto. Il secondo punto di vista riguarda la capacità delle autorità politiche locali di im-postare una politica industriale coerente con la realtà di queste imprese. Se da un lato, infatti, esiste una forte attenzione per il sostegno del tessuto imprendito-riale locale da parte della Provincia autonoma di Trento, dall’altro si può osser-vare una forte asimmetria nel grado di conoscenza che le istituzioni provinciali hanno rispetto alle diverse categorie di impresa. E’ facile immaginare come un livello più approfondito di conoscenza rispetto a questa particolare classe di imprese possa aiutare il legislatore a formulare politiche adeguate e a coniugare

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in modo più preciso gli obiettivi di politica industriale e le specificità delle impre-se. Infine, la terza chiave di lettura possibile vede nella micro-impresa un ogget-to di particolare interesse di studio per mappare in modo più completo la struttu-ra industriale. Riteniamo esistano diverse ragioni per le quali sia necessaria questa integrazione. In primo luogo, vale la pena sottolineare come la quasi totalità degli studi aventi come oggetto di interesse la demografia d’impresa e-scludano, per le particolari difficoltà metodologiche connesse alla raccolta dei dati, le micro-imprese. Questa esclusione non permette di comprendere quali siano le dinamiche di crescita dell’impresa a partire dallo stadio embrionale (moltissime imprese nascono infatti piccolissime per crescere in seguito), né di capire quali siano le caratteristiche delle microimprese maggiormente legate alla probabilità di crescere. Per le stesse ragioni, studiando la microimpresa possiamo meglio apprendere le caratteristiche e le motivazioni degli imprendito-ri che le fanno nascere. Da un punto di vista operativo, gli aspetti della microimpresa che sono stati in-dagati riguardano le caratteristiche generali dell’impresa, la struttura della stes-sa, le dinamiche strategiche, la situazione finanziaria e la storia dell’imprenditore. Relativamente a quest’ultimo punto, abbiamo ritenuto partico-larmente importante la possibilità di indagare il legame tra vita d’impresa e vita (anagrafica e personale) dell’imprenditore, considerando il legame come una possibile chiave di interpretazione dei momenti dell’entrata, dell’eventuale tra-sformazione, e dell’uscita dell’impresa dal mercato. L’indagine è stata strutturata come un panel, ovvero è nata per essere sommi-nistrata allo stesso campione di imprese in maniera continuativa nel tempo (a cadenza almeno biennale). Una struttura dati di questo tipo non solo consente uno studio dello sviluppo e della dinamica delle microimprese, ma permette an-che un’analisi appropriata degli effetti delle politiche sulle caratteristiche presta-zionali delle imprese. In particolare, attraverso la struttura panel si pongono le premesse per una valutazione dell’efficacia delle misure di politica economica a favore dell’impresa. Infatti si potranno facilmente applicare metodi statistici che permettono di misurare i differenziali di performance tra gruppi di imprese omo-genee beneficiarie di incentivi e gruppi di controllo confrontabili, replicando le indagini statistiche cui sono già state sottoposte le imprese di capitali. Una rilevazione longitudinale dei dati è, inoltre, particolarmente importante nel caso delle microimprese, in quanto in questa classe di imprese ritroviamo, tipi-camente, le imprese nella fase iniziale del loro sviluppo e, di conseguenza, un’indagine campionaria di tipo tradizionale rischierebbe di non consentire di tracciare l’evoluzione della vita delle imprese stesse. Un ulteriore elemento che

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INTRODUZIONE

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ha portato ad una raccolta longitudinale dei dati riguarda il rapporto tra vita a-nagrafica dell’imprenditore e demografia d’impresa. In particolare, una raccolta dati di questo tipo permette di concentrarsi sugli effetti che la successione com-porta, soprattutto per le imprese di tipo familiare; inoltre, è possibile in modo coerente, nel tempo, identificare le eventuali traiettorie di crescita legate a scel-ta strategiche e all’effetto degli incentivi pubblici. L’analisi condotta sui dati raccolti con questa prima rilevazione ha fatto emerge-re alcuni interessanti risultati. La presenza della microimpresa sul territorio trentino è in linea con la media nazionale, mentre le microimprese trentine risultano in media più grandi rispetto alle omonime italiane. Le microimprese trentine sono tendenzialmente imprese giovani, nonostante vi sia una non trascurabile proporzione di imprese anziane. In termini di dinamica di natimortalità, il biennio di crisi 2008-2009 ha colpito in maniera particolarmen-te importante le microimprese, facendo registrare una più alta mortalità e una più bassa natalità delle stesse rispetto alle altre imprese, che pure sono state colpite dalla congiuntura. Tuttavia, in periodi normali le microimprese sono ca-ratterizzate da un turnover netto (imprese fondate meno imprese chiuse in un determinato periodo) decisamente migliore rispetto alle imprese di maggiori di-mensioni. I microimprenditori sono relativamente giovani e la maggior parte di loro possie-dono un titolo di studio (il 15,4% di loro dichiara di avere un titolo di studio uni-versitario). Il motivo principale che li ha spinti ad intraprendere l’attività di impre-sa è la possibilità di sostituire un lavoro alle dipendenze con il lavoro autonomo, e solo in secondo luogo hanno compiuto questa scelta per puro spirito imprendi-toriale o per continuare una tradizione familiare. D’altra parte, lo spirito impren-ditoriale è la motivazione prevalente fra le donne e fra gli imprenditori più anzia-ni, mentre gli uomini e i più giovani propendono per la sostituzione di lavoro di-pendente. Il 53% degli intervistati definisce la propria impresa come familiare, testimonian-do l’importanza della tradizione familiare nell’ambito economico trentino. Nella maggior parte dei casi la microimpresa è ritenuta di tipo familiare se i familiari esercitano un ruolo attivo nella conduzione della stessa. La presenza di mi-croimprese familiari risulta la determinante attraverso cui spiegare la distribu-zione delle microimprese secondo anno di nascita: queste imprese infatti sono sottoposte a processi di selezione ritardati rispetto alle altre imprese, e quindi contemplano tassi di sopravvivenza maggiori. Solo il 17,2% delle microimprese manifatturiere commercia con l’estero. Se da

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un lato non sembrano esserci motivi concreti che impediscono l’apertura con l’estero, una certa influenza su questa decisione è esercitata dalla motivazione ad intraprendere dichiarata dall’imprenditore: sono tendenzialmente gli impren-ditori diventi tali per vocazione che decidono di aprire la loro impresa all’estero, mentre fra i soggetti che hanno sostituito un lavoro alle dipendenze solo una piccola parte esporta. Il 50,5% delle microimprese effettua almeno un investimento all’anno (di qual-siasi tipo). Fra le imprese che investono solo una piccolissima percentuale inve-ste nell’acquisto di brevetti o per la ricerca e sviluppo. D’altra parte, nel settore industriale le imprese che maggiormente investono in R&S sono quelle condotte da imprenditori che seguono una vocazione imprenditoriale pura. Gli investimenti vengono finanziati nella grande maggioranza dei casi attraverso l’autofinanziamento. Questa prassi non sembra legata a problemi nell’accesso al credito: la quasi totalità delle richieste di finanziamento bancario presentata dalle microimprese viene infatti soddisfatta. Nel particolare delle relazioni ban-ca-impresa, le microimprese trentine hanno principalmente una sola banca di riferimento, e nella norma essa appartiene al circuito delle casse rurali. Una buona parte di microimprese (47,7%) ha dichiarato di aver avuto problemi di liquidità durante il 2009, problemi che è riuscita a superare anche grazie alle misure introdotte dall’Amministrazione Provinciale quali il Mutuo di Riassetto-I fase. Questa prima indagine – che ricordiamo essere la prima nel suo genere in Italia - ha dunque permesso di rispondere ad alcune questioni importanti relativi alla microimpresa, ma al contempo ha posto in luce nuovi questioni che meritano attenzione nel futuro. L’analisi infatti, sottolinea una certa debolezza congiuntu-rale delle microimprese che è difficile spiegare con i dati a nostra disposizione al momento, ma di cui sarebbe interessante esplorare le cause e le conseguen-ze per la possibilità di crescita dell’azienda. Inoltre, da un punto di vista struttu-rale rimangono da spiegare le ragioni e le implicazioni dello straordinario ricorso all’autofinanziamento da parte delle microimprese per finanziare gli investimenti: la questione può essere particolarmente importante se si considera che l’autofinanziamento possa testimoniare solide capacità patrimoniali da parte degli imprenditori, possibilità che potrebbero essere sfruttate per la crescita dell’impresa indirizzando le risorse verso investimenti più produttivi. In termini di politica economica, l’analisi oggetto di questo quaderno offre al po-licy maker importanti informazioni, soprattutto in chiave di revisione delle politi-che pubbliche di sostegno alle imprese. Lo stretto legame che esiste fra motiva-zioni e comportamenti imprenditoriali, quali ad esempio la decisione di esporta-

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INTRODUZIONE

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re o di investire in R&S, porta a domandarsi se per promuovere lo sviluppo di queste imprese – e fomentare la loro crescita dimensionale – siano maggior-mente utili interventi economici sotto forma di nuovi incentivi, o sostegni in ter-mini di accesso a servizi reali, quali l’assistenza continuativa all’imprenditore che preveda l’accompagnamento nella valutazione dei benefici dell’export o degli investimenti innovativi, oppure l’assistenza nella scelta dei mercati di sbocco. L’accesso generalizzato a incentivi, infatti, modificando la funzione o-biettivo della piccola impresa, rischia di indurre a investire anche imprese che non hanno propriamente interessi e motivazioni alla crescita, mentre l’accesso a moderni servizi di supporto creerebbe esternalità accessibili solo alle imprese guidate da forti motivazioni imprenditoriali. Per contro ci si può chiedere se per la vasta platea di lavoratori indipendenti ricompresi entro le microimprese non siano più appropriate specifiche politiche e misure di sostegno del lavoro, ora limitate al lavoro dipendente. Il quaderno è strutturato nel modo seguente. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione del disegno campionario e alle modalità di somministrazione dell’indagine. Allo scopo di offrire un termine di paragone ai dati dell’indagine e nel contempo di fornire lo stato dell’arte relativo al mondo delle microimprese, nel secondo capitolo vengono descritte le caratteristiche principali delle mi-croimprese attraverso i dati dell’archivio ASIA. Il terzo capitolo entra nel vivo dell’analisi delle informazioni raccolte attraverso la survey, e descrive la fatti-specie dei microimprenditori trentini, e le relazioni esistenti fra storia dell’imprenditore e storia dell’impresa. Il quinto capitolo si concentra su alcuni aspetti strategici e strutturali della microimpresa quali la decisione di esportare, la decisione di investire e le modalità di finanziamento degli investimenti, ed infine i rapporti con il mondo bancario. Infine, l’ultimo capitolo tenta di dare una visione congiunturale del mondo della microimpresa con riferimento al biennio di crisi economica 2008-2009.

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CAPITOLO 1

L’indagine sulle microimprese: descrizione dello stru-mento Gilda Forti e Cristina Mirabella 1.1 Descrizione dello strumento L’indagine sulle microimprese trentine segue una metodologia di rilevazione di tipo panel, ovvero ad ogni ripetizione dell’indagine le imprese intervistate sono le stesse. In questo modo è possibile misurare l’evoluzione nel tempo delle ca-ratteristiche principali delle imprese e quindi analizzare i cambiamenti e il profilo evolutivo della vita delle imprese stesse, utilizzando una analisi longitudinale. Il principale motivo che ha suggerito una raccolta longitudinale dei dati è dato dall’interesse di indagare il rapporto tra vita anagrafica dell’imprenditore e de-mografia d’impresa, tipico delle imprese di minori dimensioni. In particolare, una raccolta dati di questo tipo permette di concentrarsi sugli effetti che le vicende individuali possono comportare sulla vita dell’impresa. Un momento fondamen-tale a questo proposito è quello della successione d’impresa che costituisce una fase critica soprattutto per le aziende di tipo familiare, dove i passaggi genera-zionali possono innestare diverse strategie organizzative e di crescita o, vice-versa, possono determinare la fine dell’impresa. Poter ricontattare le imprese consente quindi di cogliere nel tempo e in modo coerente le eventuali traiettorie di crescita legate a scelte strategiche dell’azienda stessa. La tecnica panel permette, inoltre, di seguire e di cogliere il senso della continui-tà nella storia dell’impresa e di enucleare gli effetti che eventi precedenti la pri-ma intervista possono manifestare su decisioni gestionali successive. A tal fine si è deciso di investigare particolari aspetti della vita d’impresa ad ogni ondata, mantenendo costante invece la parte più generale dell’intervista dedicata alla gestione dell’impresa e alle problematiche connesse. La costruzione di un quadro “storico” alla prima rilevazione appare quindi un elemento irrinunciabile per tracciare una base di conoscenza dalla quale estra-polare, già dopo un limitato numero di rilevazioni, una possibile traiettoria di svi-luppo dell’impresa stessa.

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1.2 Scelte di contenuto Le microimprese hanno spesso le caratteristiche proprie delle imprese familiari, anche se non tutte le microimprese sono familiari, né le imprese familiari sono solo di piccola dimensione. La caratteristica delle imprese familiari è che, per loro natura, incontrano eventi fondamentali che sono legati non solo alla vita economica dell’impresa stessa nell’ambito del mercato di riferimento, ma anche a eventi propri della vita familiare strictu sensu. È sembrato dunque appropriato impostare una raccolta congiunta di informazioni sulla microimpresa e sulle ca-ratteristiche personali dell’imprenditore, allargate alla sua condizione familiare. Queste informazioni, oltre a garantire la possibilità di comprendere dinamiche fondamentali sulla natura del fenomeno imprenditoriale, permettono di cogliere legami tra caratteristiche socio-demografiche degli imprenditori e caratteristiche organizzative e gestionali delle imprese. In base a queste considerazioni, all’interno del questionario è stata introdotta una sezione dedicata interamente alla ricostruzione della storia dell’impresa e della persona intervistata da somministrare ad ogni socio o collaboratore ope-rante attivamente all’interno dell’impresa. Questo al fine di cogliere e strutturare più accuratamente ogni percorso imprenditoriale pregresso, anche e soprattutto con l’obiettivo di analizzare la storia precedente dell’impresa attraverso la lettura della storia personale dei suoi fondatori. Il questionario è stato somministrato mediante intervista diretta con rilevatore. L’intervista è stata distinta in tre parti: nella prima l’intervistato ha fornito dati di natura socio-demografica relativi al titolare e/o soci, coadiuvanti e collaboratori familiari attivamente presenti nell’impresa1. Nella seconda parte il titolare o uno dei soci ha risposto ad una serie di domande sulla vita economica dell’impresa, in merito al suo posiziona-mento commerciale, alle relazioni con clienti e fornitori, all’assetto gestionale adottato, alle politiche di investimento e ai rapporti con il mondo del credito. Nel-la terza parte tutti i responsabili dell’impresa (ovvero titolari e soci attivi) hanno fornito, individualmente, delle informazioni in merito alle esperienze professio-nali pregresse, alle motivazioni che hanno spinto ad iniziare l’attività e alle a-spettative per il futuro dell’impresa. In particolare nella prima fase dell’intervista, sono stati raccolti i dati relativi all’assetto proprietario dell’impresa ovvero i dati anagrafici del titolare, soci atti-vi, collaboratori e coaudivanti familiari, il genere, l’anno di nascita, il titolo di stu-dio e la cittadinanza. 1 La raccolta delle informazioni non ha riguardato i soci passivi, in quanto la loro presenza all’interno dell’impresa avreb-be condotto a risultati fuorvianti e poco significativi.

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L’INDAGINE SULLE MICROIMPRESE: DESCRIZIONE DELLO STRUMENTO

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La parte sostanziale dell’indagine ha riguardato la raccolta di dati di struttura dell’impresa, parte che è stata organizzata in quattro sezioni:

- Struttura dell’impresa: in questa sezione rientrano le domande relative alla natura dell’attività principale ed eventuale attività secondaria, la forma giuridica, l’anno di inizio dell’attività, la plurilocalizzazione dell’impresa, la classe di fatturato, i mercati di riferimento per la colloca-zione dei prodotti dell’impresa e per l’acquisto delle materie pri-me/semilavorati e i dipendenti presenti nell’impresa nel 2009;

- Strategia: tale parte dell’intervista ricomprende le scelte operative dell’impresa, le prassi aziendali utilizzate, la valutazione dei fattori di suc-cesso dell’impresa, la percezione della concorrenza e gli eventuali inve-stimenti che l’impresa ha intrapreso nel corso dell’anno 2008 e 2009;

- Situazione finanziaria: questa parte rappresenta il focus principa-le dell’indagine di questo primo ciclo, ovvero le difficoltà finanziarie incon-trate dall’impresa nel corso dell’anno 2009 – con particolare riguardo ai problemi di liquidità - la natura dei finanziamenti bancari richiesti e i rap-porti con le banche;

- Rapporti con la pubblica amministrazione: rientrano in questa sezione le domande inerenti i contributi ottenuti nell’anno 2009 e il ricorso o meno al mutuo di riassetto – prima fase, ovvero la principale misura an-ti-crisi adottata dalla Provincia autonoma di Trento per le piccole-medie imprese sempre durante il 2009.

Nel questionario individuale, cioè quello rivolto al singolo titolare/socio attivo, sono state concentrate le domande che riguardano la sfera personale dell’imprenditore, ovvero le motivazioni che lo hanno spinto alla costituzio-ne/acquisizione dell’impresa, le precedenti esperienze lavorative, il background iniziale e le prospettive future dell’impresa. Questa sezione dell’indagine rap-presenta un carattere innovativo rispetto alle usuali indagini sulle imprese in quanto si sofferma su aspetti tipicamente non economici che coinvolgono la storia personale dell’imprenditore, storia che si ripercuote necessariamente an-che sulle caratteristiche intrinseche dell’impresa stessa, soprattutto se di tipo familiare. 1.3 La popolazione di riferimento Oggetto dell’indagine sono le imprese con meno di 10 addetti di tutti i settori economici, con l’esclusione di “Alberghi e pubblici esercizi”, delle “Attività finan-ziarie e assicurative”, e dell’”Istruzione, la sanità e l’assistenza sociale”.

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La Tab. 1.1 mostra la distribuzione settoriale delle imprese con meno di 10 ad-detti per sottoclassi dimensionali ricavata dalla banca dati ASIA (compresi i set-tori esclusi dalla nostra indagine). Tab. 1.1 - Imprese per settori economici e strati dimensionali. Anno 2007. Valori assoluti.

Settori economici 1 addetto

2 addetti

da 3 a 5 addetti

da 6 a 9 addetti Totale

Agricoltura 32 10 9 1 52 Estrazione di minerali 10 13 14 27 64 Industrie alimentari 50 77 147 73 347 Industrie tessili 66 31 39 19 155 Industrie conciarie 10 7 5 4 26 Industria del legno 302 119 197 96 714 Fabbricazione della carta; stampa ed editoria 71 46 49 18 184 Fabbricazione di prodotti chimici 8 3 8 3 22 Fabbricazione di prodotti minerali non metalliferi 155 67 84 47 353 Produzione di metallo e fabbricazione in metallo 195 123 171 113 602 Fabbricazione di macchine meccanici 105 30 75 35 245 Fabbricazione di macchine elettriche 127 72 64 33 296 Fabbricazione di mezzi di trasporto 5 3 1 2 11 Fabbricazione gomma e materie plastiche 19 12 13 14 58 Altre industrie manifatturiere 146 55 51 27 279 Produzione e distribuzione energia gas 24 4 3 1 32 Costruzioni 3.423 1.186 1.215 529 6.353 Commercio e riparazioni di autoveicoli e di beni per la casa 4.117 1.910 1.889 578 8.494 Alberghi e pubblici esercizi 574 836 1.615 849 3.874 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 554 245 288 155 1.242 Intermediazione monetaria e finanziaria 308 75 105 52 540 Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca 7.465 1.262 1.164 274 10.165 Istruzione 111 21 32 9 173 Sanità e altri servizi sociali 1.412 155 197 37 1.801 Altri servizi pubblici, sociali e personali 1.116 474 438 105 2.133 Totale 20.405 6.836 7.873 3.101 38.215 Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA 2007. Appare evidente come alla numerosità complessiva concorrano in modo preva-lente le piccolissime imprese (le classi tra 1 e 5 addetti) e come alcuni dei setto-ri siano particolarmente sovra caratterizzati, rispetto alla popolazione comples-siva, dalla presenza di questo segmento di imprese. Da segnalare, in questo senso, tra i settori rilevanti, il commercio e gli esercizi turistico-ricettivi. La Tab. 1.2 presenta la distribuzione delle imprese per forma giuridica: è imme-diato notare l’assoluta prevalenza delle imprese individuali rispetto ad altre for-me societarie. La forma di impresa individuale è particolarmente presente, com’è logico aspettarsi, nel commercio e nelle attività professionali.

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L’INDAGINE SULLE MICROIMPRESE: DESCRIZIONE DELLO STRUMENTO

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Tab. 1.2 - Imprese per settori economici e forma giuridica. Anno 2007. Valori assoluti.

Settori economici Imprese individuali

Società di persone SPA SRL e

altre forme Società

cooperative Agricoltura 38 12 0 1 3 Estrazione di minerali 9 43 2 68 3 Industrie alimentari 155 176 22 68 19 Industrie tessili 97 49 10 27 3 Industrie conciarie 15 10 1 5 0 Industria del legno 427 289 7 81 6 Fabbricazione della carta; stampa ed editoria 78 91 11 52 6 Fabbricazione di prodotti chimici 3 9 7 15 0 Fabbricazione di prodotti minerali non metalliferi 200 129 5 81 2 Produzione di metallo e fabbricazione in metallo 347 236 19 154 2 Fabbricazione di macchine meccanici 111 94 19 97 1 Fabbricazione di macchine elettriche 156 96 12 69 4 Fabbricazione di mezzi di trasporto 7 4 2 5 0 Fabbricazione gomma e materie plastiche 18 25 12 39 1 Altre industrie manifatturiere 181 92 2 43 2 Produzione e distribuzione energia gas 0 4 17 14 13 Costruzioni 4.508 1.431 25 879 74 Commercio e riparazioni di autoveicoli e di beni per la casa 5.240 2.620 37 925 105 Alberghi e pubblici esercizi 1.486 2.409 12 425 14 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 765 349 36 213 22 Intermediazione monetaria e finanziaria 348 120 32 53 53 Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca 6.247 2.161 58 1.759 160 Istruzione 117 23 0 23 26 Sanità e altri servizi sociali 1.711 72 3 17 53 Altri servizi pubblici, sociali e personali 1.602 420 9 117 46 Totale 23.866 10.964 361 5.230 618 Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA 2007. Numeri così rilevanti impongono necessariamente un’attenzione particolare nel momento in cui deve essere tratteggiato il disegno campionario. Fare indagini rappresentative a livello micro-dimensionale comporta infatti costi gestionali e finanziari importanti, soprattutto nell’ottica di dover mantenere tali indagini attive nel tempo. Del resto l’obiettivo di minimizzazione dell’errore campionario e di massimizzazione del dettaglio informativo si configura tradizionalmente come un classico problema di trade-off tra accuratezza e costi. Nel caso specifico, la difficoltà principale è rappresentata dall’ampia varietà di settori in cui si colloca-no le imprese che, in taluni casi, richiederebbe analisi specifiche comparto per comparto.

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1.4 Il disegno campionario Il campione di riferimento dell’indagine è stato ricavato estraendo le imprese dall’Archivio statistico delle imprese attive fornito da ISTAT per le imprese con sede in provincia di Trento relativamente alla situazione fotografata al 31 di-cembre 2007. I criteri di estrazione adottati si possono così descrivere: • l’anno di inizio d’attività doveva essere uguale o precedente all’anno

2004. Le micro-imprese appena entrate sul mercato presentano in genere tassi di uscita dallo status di micro-impresa considerevoli. Per questo motivo si è scelto di indirizzare l’indagine alle solo imprese presenti nel mercato da un numero minimo di anni. In questo modo si sono voluti evitare tassi di attrition troppo elevati dopo un numero limitato di rilevazioni che avrebbe-ro reso necessari continui aggiornamenti del campione iniziale. Nono-stante l’analisi dell’attrition stessa sia di notevole importanza, lo studio che si intende portare avanti non ha per oggetto la demografia d’impresa, in quanto per condurre questo tipo di analisi sono già disponibili le tecni-che implementate da ISTAT sull’argomento e riprese anche dal Servizio Statistica nei suoi lavori (Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento, 2011; ISTAT, 2012). L’anno di fine attività non doveva essere presente, ovvero le imprese dovevano risultare attive al 31 dicembre 2007.

• Tra le forme giuridiche delle imprese si è voluto considerare solo le figure degli imprenditori individuali non agricoli, dei liberi professionisti, dei lavo-ratori autonomi, e delle società di persone. Non sono state considerate di fatto le imprese strutturate come società per azioni, società in accomandita per azioni, società cooperativa e gli enti pubblici economici. Tale scelta è stata dettata dalle caratteristiche del questionario stesso, indirizzato prevalentemente ad imprese con for-me giuridiche caratterizzate da un limitato numero di soggetti responsabi-li. Infatti sarebbe risultato difficile riuscire a porre talune domande di ca-rattere personale ad una moltitudine di soggetti, che presumibilmente, non hanno un ruolo operativo nell’impresa.

• Il numero di addetti medi nell’anno doveva essere al massimo pari a 9 unità. Tutte le imprese con più di 9 addetti sono state quindi escluse dal cam-pione. E’ utile segnalare che, prendendo a riferimento l’archivio ASIA per l’anno 2007, è possibile che nel campione siano rientrate imprese che, al

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L’INDAGINE SULLE MICROIMPRESE: DESCRIZIONE DELLO STRUMENTO

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momento dell’intervista, avevano un numero anche maggiore di addetti. In questo caso, si è scelto comunque di procedere con le interviste, e di analizzare le risposte in modo separato in una fase successiva del pro-getto.

La branca di attività economica doveva includere i seguenti comparti set-toriali:

- Attività estrattiva - Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco - Industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori - Industria del legno, della carta e stampa - Fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati - Fabbricazione di sostanze e prodotti chimici - Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche - Fabbricazione di metalli di base e lavorazione di prodotti in metallo - Fabbricazione di computer, apparecchi elettronici e ottici - Fabbricazione di apparecchi elettrici - Fabbricazione di macchinari ed apparecchi n.c.a. - Fabbricazione di mezzi di trasporto - Altre industrie manifatturiere - Costruzioni - Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e

motocicli - Trasporto e magazzinaggio - Editoria, audiovisivi e attività radiotelevisive - Telecomunicazioni - Servizi ITC e altri servizi informativi - Attività immobiliari - Attività legali, contabilità, consulenza di gestione, studi di architet-

tura e ingegneria - Ricerca scientifica e sviluppo - Altre attività professionali, scientifiche e tecniche - Altre attività di servizi

Come si è detto, sono state escluse dal campione le imprese che svolgevano la loro attività principale nei settori dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, fornitura di acqua, attività di servizi di alloggio e di ristorazione, attività finanziarie e assicurative, istruzione, sanità ed assistenza sociale. Tale scelta è legata soprattutto alle caratteristiche

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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peculiari di questi settori, che andrebbero indagati con questionari ad hoc, e, nel caso degli alberghi, vi sono già indagini specifiche dedicate (Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento, 2006). 1.5 Stratificazione del campione Per quanto detto, la costruzione della stratificazione del campione è stata con-dotta tenendo sempre in evidenza il principio della minimizzazione del costo condizionatamente ad un accettabile livello di precisione. I criteri che hanno prevalso hanno condotto a suddividere la popolazione in macro settori di attività economica e in classi di addetti. Per quanto riguarda i macro settori sono state definite 7 categorie suddividendo le attività in base al codice ATECO 2007 a due digit. Le categorie sono state create abbinando i comparti economici secondo la loro affinità merceologica o produttiva (Tab.1.3). Tab. 1.3 - Stratificazione settoriale: formazione delle categorie. Categoria Settore di attività COSTRUZIONI ED ESTRATTIVO Estrazione di minerali da cave e miniere

Ingegneria civile, costruzioni e attività immobiliari MANIFATTURIERO TRADIZIONALE Attività manifatturiere, alimentari e tessili

Fabbricazione di mobili e industria del legno Altre attività manifatturiere

METALMECCANICA E CHIMICO Fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali, di articoli in gomma e materie plastiche Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali, produzione di metalli e loro leghe e fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo Fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici, di macchine per ufficio, di elaboratori e sistemi informatici, di apparecchi elettrici e di apparecchiature per le comunicazioni Fabbricazione di apparecchi medicali, di apparecchi di precisione, di strumenti ottici e di orologi Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi

COMMERCIO Commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli, di beni personali e per la casa Commercio al dettaglio e all’ingrosso

TRASPORTI Trasporto e magazzinaggio, servizi postali e attività di corriere Attività dei servizi delle agenzie di viaggio, dei tour operator

SERVIZI ALLE IMPRESE Noleggio di macchinari e attrezzature senza operatore e di beni per uso perso-nale e domestico Informatica e attività connesse e ricerca e sviluppo Altre attività professionali ed imprenditoriali

ALTRI SERVIZI

Telecomunicazioni Attività ricreative, culturali e sportive Altre attività dei servizi

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA 2007.

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L’aspetto dimensionale delle imprese è stato rappresentato dalle seguenti classi di addetti:

• le imprese con 1 addetto e quindi formate dal solo titolare; • le imprese con un numero di addetti compreso tra 2 e 4; • le imprese con un numero di addetti compreso tra 5 e 9.

La dimensione complessiva del campione e l’allocazione tra i domini settoriali di stima è stata definita tenendo conto dei vincoli sulla precisione delle stime pro-dotte dall’indagine ai differenti livelli, ma si è anche cercato di tener conto dell’esigenza di dover considerare in modo adeguato tutti i settori. Ciò ha com-portato una correzione nel disegno campionario rispetto al criterio della perfetta proporzionalità in quanto alcuni settori risultano sovra rappresentati. Tale corre-zione garantisce, comunque, un errore campionario non superiore all’8%. 1.6 L’indagine La rilevazione si è svolta nei mesi di giugno e luglio 2010 con l’ausilio di 50 rile-vatori e ha interessato tutto il territorio provinciale. La scelta dell’intervista faccia a faccia come modalità operativa, ha garantito buoni tassi di risposta e comple-tezza delle informazioni raccolte. Il tasso di risposta complessivo è risultato pari all’ 84% (Tabb.1.4-1.6).

Tab. 1.4 - Numerosità del campione iniziale. Valori assoluti. Categoria 1 addetto da 2 a 4 addetti da 5 a 9 addetti Totale Costruzioni ed estrattivo 375 216 79 670 Manifatturiero tradizionale 68 72 52 192 Metalmeccanica e chimica 57 68 45 170 Commercio 283 297 91 671 Trasporti 66 65 39 170 Servizi all’impresa 447 133 37 617 Altri servizi 101 82 19 202 Totale 1.397 933 362 2.692 Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA 2007. Tab. 1.5 - Numero interviste effettuate. Valori assoluti. Categoria 1 addetto da 2 a 4 addetti da 5 a 9 addetti Totale Costruzioni ed estrattivo 281 175 59 515 Manifatturiero tradizionale 63 67 47 177 Metalmeccanica e chimica 48 56 41 145 Commercio 213 271 88 572 Trasporti 54 46 35 135 Servizi all’impresa 341 111 31 483 Altri servizi 91 75 15 181 Totale 1.091 801 316 2.208 Fonte: Indagine sulle microimprese trentine (2010).

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Tab. 1.6 - Tassi di risposta dell’indagine. Categoria 1 addetto da 2 a 4 addetti da 5 a 9 addetti Totale Costruzioni ed estrattivo 75,9 81,8 78,7 78,1 Manifatturiero tradizionale 92,6 95,7 92,2 93,7 Metalmeccanica e chimica 85,7 84,8 95,3 87,9 Commercio 77,5 91,9 96,7 86,5 Trasporti 84,4 75,4 92,1 82,8 Servizi all’impresa 79,3 88,1 83,8 81,5 Altri servizi 91,0 92,6 78,9 90,5 Totale 80,0 87,4 89,3 84,0 Fonte: Indagine sulle microimprese trentine (2010). Focalizzando l’attenzione sul tasso di risposta per ogni strato campionario (Tab. 1.6), è possibile osservare come questo, pur essendo estremamente significati-vo, si distribuisca in modo differenziato a seconda del settore di appartenenza e della classe dimensionale: tassi di risposta molto elevati si ritrovano infatti nella categoria del manifatturiero e nel settore degli altri servizi, mentre per le costru-zioni il tasso di risposta per le imprese mono addetto è risultato relativamente basso. Tale dato rispecchia le difficoltà incontrate nella fase di contatto con queste imprese, non sempre facilmente reperibili. Occorre tener anche in consi-derazione il fatto che l’indagine si è svolta per queste imprese nel periodo di loro massima operatività. E’ possibile anche notare che la disponibilità ad effettuare l’intervista da parte del titolare/soci dell’impresa aumenta al crescere della dimensione dell’impresa. I questionari validati alla fine dell’indagine sono stati 2.134: sono state scartate le interviste effettuate ad imprese che, in base alle nuove informazioni raccolte, non rientravano più nell’universo di riferimento perché, ad esempio, avevano più di 10 addetti o si erano trasformate in società per azioni, oppure ancora opera-vano in un settore di attività tra quelli esclusi dal campo di osservazione. Confrontando le numerosità degli strati del campione in base al disegno origina-le, ovvero ai dati risultanti da ASIA 2007, e in base a quelli risultanti dalle infor-mazioni raccolte durante le interviste, si nota una tendenziale coerenza tra i due dati; fa eccezione lo strato dimensionale compreso tra i 2 e 4 addetti che risulta nell’indagine leggermente sovra rappresentato.

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Tab. 1.7 - Imprese intervistate e considerate valide per categoria e numero addetti iniziale. Valori percentuali. Categoria 1 addetto Da 2 a 4 addetti Da 5 a 9 addetti Costruzioni ed estrattivo 54,9 34,0 11,1 Manifatturiero tradizionale 36,3 36,3 27,5 Metalmeccanica e chimica 34,6 40,4 25,0 Commercio 37,6 48,3 14,2 Trasporti 42,0 34,3 23,7 Servizi all’impresa 70,9 23,6 5,4 Altri servizi 51,1 41,0 7,9 Totale 50,0 36,6 13,4 Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA 2007 e su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Tab. 1.8 - Imprese intervistate e considerate valide per categoria e numero addetti in base alle risposte fornite. Valori percentuali. Categoria 1 addetto Da 2 a 4 addetti Da 5 a 9 addetti Costruzioni ed estrattivo 48,2 40,8 11,1 Manifatturiero tradizionale 33,3 41,8 24,9 Metalmeccanica e chimica 32,3 45,1 22,6 Commercio 37,9 48,1 13,9 Trasporti 43,6 32,5 23,8 Servizi all’impresa 66,7 24,6 8,6 Altri servizi 53,8 40,1 6,0 Totale 47,6 38,9 13,4 Fonte: Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Entrando più nello specifico e confrontando il numero di addetti e di titolari/soci risultanti da ASIA 2007 e il dato raccolto con le interviste, si può osservare che nell’indagine il numero degli indipendenti è maggiore, mentre analogo è il nume-ro degli addetti medi, dato questo confortante in quanto l’estrazione da ASIA aveva considerato gli addetti medi dell’impresa nell’anno 2007, mentre nell’indagine condotta il riferimento era agli addetti medi dell’impresa nell’anno 2009. E’ interessante notare come, sebbene ASIA 2007 consideri anche i soci passivi, la loro esclusione nella rilevazione non abbia inciso sulla significatività del dato finale (Tab.1.9).

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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Tab. 1.9 - Numero degli addetti (indipendenti e dipendenti) risultanti per le imprese intervistate (confronto dati ASIA 2007 e dati raccolti 2009). Valori assoluti.

Categoria Indipendenti ASIA 2007 Indipendenti INDAGINE Addetti medi ASIA 2007

Addetti medi INDAGINE

Costruzioni ed estrattivo 682 772 1.063 1.130 Manifatturiero tradizionale 273 295 515 528 Metalmeccanica e chimica 204 217 381 384

Commercio 871 890 1.310 1.367 Trasporti 180 201 342 345 Servizi all’impresa 517 567 749 835 Altri servizi 226 223 335 340 Totale 2.953 3.165 4.695 4.929 Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA 2007 e su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

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CAPITOLO 2

Il mondo delle microimprese attraverso i dati Asia Gilda Forti e Cristina Mirabella Come sottolineato nell’introduzione a questo rapporto, la maggiore innovazione apportata dall’indagine sulle microimprese consiste nell’aver ampliato l’insieme di informazioni che descrivono lo sviluppo delle microimprese, territorio fino ad ora scarsamente esplorato. Per capire lo stato dell’arte della conoscenza in tema di microimprese, in questo capitolo ci rifacciamo ai dati ASIA relativi all’anno 2008: la disamina dei dati for-niti dal database – che copre l’intero universo di imprese, micro e non, del si-stema produttivo italiano – ci permette di inquadrare a livello aggregato il feno-meno del quale andremo poi a studiare le caratteristiche attraverso le informa-zioni dell’indagine. Inoltre, attraverso l’analisi dei dati ASIA è possibile eviden-ziare alcuni fatti stilizzati riguardanti le microimprese che troveranno approfon-dimento, complemento e magari spiegazione, nell’analisi dei microdati prove-nienti dall’indagine. Fra gli aspetti che l’archivio ASIA permette di approfondire vi sono: le principali caratteristiche strutturali delle microimprese, che tratteremo nel Par. 2.1; la loro presenza sul territorio provinciale e le loro specializzazioni produttive (Par. 2.2) ed infine alcuni aspetti legati alla natalità-mortalità e al processo di transizione fra micro e piccola impresa (Par. 2.3).

2.1 Principali caratteristiche strutturali della microimpresa in Trentino ed in Italia In Italia le microimprese ammontano ad oltre 4.100.000 unità e costituiscono il 95% del totale delle imprese. Come risulta evidente dalla Fig. 2.1, l’incidenza della microimpresa nel tessuto industriale varia molto fra Nord e Sud Italia, ma è caratteristica comune all’intero territorio italiano un’incidenza superiore alla me-dia dell’Unione Europea a 27, che sfiora il 92%. La situazione in Trentino non si discosta di molto dalla media nazionale: la percentuale di imprese con meno di 10 addetti nel 2008 è risultata pari al 94,0%, contro una media per il Nord Italia

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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del 94,5% ed una media per Centro Italia e Mezzogiorno rispettivamente pari al 94,9% e al 96,3%. In generale, la maggior o minore incidenza della microimpre-sa sembra accompagnarsi alla vocazione espressa da ciascun territorio in ter-mini di specializzazione produttiva: la microimpresa infatti è più diffusa in quei contesti in cui l’attività nel terziario è più forte, mentre la sua incidenza è minore laddove l’attività industriale – seppur sempre in contesti di economie terziarizza-te – è più rappresentata, come nel Nord Italia.

Fig. 2.1 - Proporzione di microimprese sul totale imprese per regione. Anno 2008. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008).

In questo contesto, il Trentino non si discosta dalle regioni del Nord Italia, af-fermando la vocazione del territorio verso il comparto dei servizi (il 74% delle microimprese appartiene ai settori del commercio, dei trasporti, degli alberghi e degli altri servizi; in Italia, la quota del comparto si attesta sul 77%), ma mo-strando allo stesso tempo un’incidenza del comparto industriale (industria in senso stretto e costruzioni) maggiore rispetto alla media italiana, con un 26% di microimprese ad esso appartenenti a fronte del 23% a livello italiano. (Fig. 2.2).

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Fig. 2.2 - Proporzione microimprese sul totale imprese per settore produttivo in Trentino e in Italia. Valori per-centuali.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008).

La specificità della struttura produttiva della microimpresa si palesa nel confron-to fra la composizione settoriale appena evidenziata con quella propria delle imprese di dimensioni maggiori, ovvero quelle che contano un numero di addetti superiore alla decina (Fig. 2.3). Fig. 2.3 - Proporzione microimprese e imprese con più di 10 addetti sul totale imprese per settore produttivo, in Trentino. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008).

41,9

32,3

16,8

9,0

21,7

31,5

18,2

28,5

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

Altri servizi Commercio, trasporti e

alberghi

Costruzioni Industria in senso stretto

Imprese < 10 addetti

Imprese > 10 addetti

42

32

17

9

40 37

149

0 5

1015202530354045

Altri servizi Commercio, trasporti e alberghi

Costruzioni Industria in senso stretto

Trentino Italia

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Mentre nel settore delle costruzioni e del commercio, trasporti, alberghi le diffe-renze non sono rilevanti, all’interno dell’industria e degli altri servizi il divario fra le due tipologie di aziende è rilevante e sfiora i 20 punti percentuali. Di fatto, il comparto industriale non è l’ambiente adatto alla microimpresa, mentre sembra esserlo quello degli altri servizi; d’altra parte la spartizione non dovrebbe sor-prendere se si considerano le attività tipiche dei due settori: se all’interno dell’industria la dimensione è importante per lo sviluppo (si pensi in particolare a tutte le attività connesse all’innovazione e all’export per cui è risaputo che le maggiori dimensioni aziendali portano ad economie di scala che favoriscono tali iniziative), all’interno degli altri servizi la dimensione non conta, o meglio, non è una precondizione essenziale. Infine, uno sguardo alla dimensione media della microimpresa (Fig. 2.4). Dal confronto con la media italiana risulta che le micro iniziative aziendali trentine sono mediamente più grandi di quelle italiane, con una differenza che è dovuta principalmente al settore del Commercio e pubblici esercizi, mentre negli altri settori le differenze sono trascurabili. Fig. 2.4 - Dimensioni medie in termini di addetti delle microimprese in Trentino e in Italia. Valori assoluti.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008).

1,7

2,6

2,1

2,9

2,2

1,6

2,1 2,1

2,8

1,9

0,0

0.5

1,0

1.5

2,0

2.5

3,0

3,5

Altri servizi Commercio, trasporti e alberghi

Costruzioni Industria in senso stretto

Totale

Trentino Italia

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE ATTRAVERSO I DATI ASIA

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2.2 La distribuzione territoriale e la specializzazione produtti-va della microimpresa in Trentino Per quanto riguarda la diffusione della microimpresa sul territorio trentino, l’archivio ASIA ci da alcune indicazioni interessanti. Innanzitutto, la maggior par-te dei comprensori2 non si discosta dal valore medio di incidenza pari al 93,8% (Fig. 2.5), per cui la stragrande maggioranza delle imprese presenti in ciascun comprensorio è di tipo micro. In alcuni comprensori, tuttavia, come l’Alta Valsu-gana, la Val di Non e la Val di Sole, la presenza della microimpresa è significa-tivamente superiore rispetto alla media trentina (rispettivamente, 95,2%; 95,6%; e 95,5%). D’altra parte, il Primiero è invece la partizione territoriale in cui le im-prese di dimensioni minori sono meno rappresentate (92,9%). Fig. 2.5 - Proporzione di microimprese sul totale delle imprese per comprensorio. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008). Considerando invece il solo aggregato delle microimprese, la Fig. 2.6 mostra come esse si distribuiscano sul territorio provinciale.

2 Essendo i dati ASIA riferiti all’anno 2008, nel testo si utilizza la disaggregazione secondo comprensori, e non ancora secondo Comunità di valle (istituite con Legge provinciale 3/2006 ed entrate in vigore nel 2010).

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Fig. 2.6 - Proporzione di microimprese per comprensorio sul totale microimprese. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008). Le microimprese sono concentrate nelle due valli trentine principali, ovvero la Valle dell’Adige e la Vallagarina, in corrispondenza dei maggiori nuclei urbani e di una maggiore densità di attività economiche. D’altra parte, in linea con i risul-tati sopra ottenuti, l’Alta Valsugana e la Valle di Non risultano fra i territori in cui vi è maggiore concentrazione di microimprese. La diversa densità delle microimprese potrebbe essere ricondotta alla specializ-zazione produttiva propria di ciascun territorio; nondimeno non emergono chiari segni di una relazione tra specializzazione produttiva e penetrazione della mi-croimpresa. Mantenendo la scomposizione territoriale (Fig. 2.7), e andando nel dettaglio della specializzazione della microimpresa, risulta chiaro come la maggiore quo-ta di microimprese si rilevi nel settore servizi, seguito dal commercio e dalle costruzioni, quindi dagli alberghi ed infine dal settore industria. Le eccezioni riguardano quei territori che tradizionalmente risultano vocati ad un comparto piuttosto che ad un altro: esemplari sono dunque il comprensorio Ladino di Fas-sa con la sua impronta chiaramente turistica, oppure il comprensorio della Valle di Fiemme o delle Valli Giudicarie che anche in studi precedenti3 sono risultati particolarmente dediti al settore costruzioni. 3 Canzian G, Degasperi M, Salvadori A, Zaninotto E. (2010), “Il settore edile trentino”. Mimeo.

4,4

2,0

4,1

9,3

34,3

6,9

3,7

7,48,9

15,6

3,4

0

5

10

15

20

25

30

35

40

Valle di Fiemme

Primiero Bassa Valsugana - Tesino

Alta Valsugana

Valle dell'Adige

Valle di Non Val di Sole Valli Giudicarie

Alto Garda e Ledro

Vallagarina Ladino di Fassa

Microimprese

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Fig.2.7 - Proporzione microimprese appartenenti a ciascun settore sul totale microimprese per comprensorio. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008). Se misuriamo la specializzazione in termini occupazionali, le conclusioni non differiscono di molto da quelle appena offerte, salvo far notare che le microim-prese appartenenti al settore alberghi occupano una quota non irrilevante di addetti, rendendo le differenze settoriali – che con la prima misura di specializ-zazione erano piuttosto chiare – non così marcate (Fig. 2.9).

05

101520253035404550

Industria CostruzioniCommercio AlberghiServizi

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Fig. 2.8 - Specializzazione occupazionale delle microimprese per comprensorio. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008).

2.3 La dinamica della microimpresa: nati mortalità e transizio-ne a piccola impresa

Un aspetto interessante osservabile sulla base dei dati dell’archivio ASIA ri-

guarda la dinamica di crescita delle microimprese. Consideriamo innanzitutto la distribuzione delle imprese secondo l’anno di inizio attività (Fig. 2.9).

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Fig. 2.9 - Numerosità delle microimprese per anni di inizio attività. Valori assoluti.

Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008) In provincia di Trento, lo 0,4% delle microimprese (pari a 160 unità) ha iniziato l’attività prima del 1960, un 1,3%, pari a 514 unità, ha aperto i battenti tra il 1960 e il 1970, mentre circa un 12% tra il 1970 e il 1980. All’interno di quest’ultimo periodo si osserva un picco di nuove iniziative che coincide con la creazione dell’Anagrafe tributaria e l’avvento del codice fiscale, introdotti intorno al 1976, che hanno sicuramente favorito l’emersione dell’iniziativa privata. Infine, l’86% delle microimprese trentine ha iniziato l’attività in anni più recenti. La forte pre-senza di imprese giovani può non stupire se si associa la dimensione micro alle prime fasi di una nuova attività, destinata poi ad ingrandirsi. La caratteristica di interesse della distribuzione appena presentata è dunque la significativa pre-senza di imprese con vita impresariale che copre il medio e anche il lungo pe-riodo: queste sono imprese che nel tempo non sono cresciute ed hanno mante-nuto la loro micro dimensione come tratto distintivo. Tuttavia, in base alle infor-mazioni dell’archivio ASIA non siamo in grado di motivare questa scarsa cresci-ta: non possiamo dunque stabilire se essa sia conseguenza di vincoli reali alla crescita, come possono essere ad esempio i vincoli finanziari, oppure se la sta-bilità dimensionale rappresenti una precisa scelta strategica dell’imprenditore. Per spiegare la distribuzione appena presentata, in questa sede possiamo fare qualche considerazione sulla capacità delle microimprese trentine di ingrandirsi

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e diventare piccole imprese, e sulla loro dinamica di entrata ed uscita dal mer-cato. Il tasso di transizione da micro a piccola impresa in Trentino è basso, pari, nel 2006, allo 0,7%4: questo significa che fra il 2005 e il 2006, 7 microimprese su 100 hanno aumentato le loro dimensioni fino ad essere classificate come picco-le imprese. Se considerassimo invece la transizione a 3 anni, fra il 2005 e il 2008, la percentuale di micro diventate piccole è pari all’1,3%. Scomponendo questo tasso di transizione a livello settoriale si possono notare differenze note-voli fra comparto e comparto, nonostante in assoluto il tasso rimanga basso (Tab. 2.1). L’industria e gli alberghi sono le realtà in cui si incontra una propor-zione più alta di imprese che sono destinate a crescere, mentre il commercio e i servizi non dimostrano altrettanta dinamicità. D’altra parte, non sembra che la crisi del biennio 2008-2009 abbia inciso su tale dinamica, con i tassi di transi-zione del 2008 e del 2009 sostanzialmente stabili all’interno di tutti i settori.

Tab. 2.1 - Tasso di transizione da micro a piccola impresa, per settore. Valori percentuali. Anni Industria Costruzioni Commercio Alberghi Servizi 2006 1,3 0,7 0,5 1,6 0,4 2007 1,5 1,3 0,5 1,9 0,4 2008 1,2 0,7 0,6 2,0 0,4 2009 1,3 0,7 0,5 1,3 0,4 Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008).

Consideriamo ora il tasso di natalità e mortalità della microimpresa trentina (Tab. 2.1). Se confrontiamo il nostro aggregato di riferimento con il totale delle imprese trentine, notiamo innanzitutto che il turnover netto – calcolato come differenza fra tasso di natalità e tasso di mortalità – dei due gruppi è risultato molto simile durante la crisi, mentre negli anni precedenti, come era ovvio a-spettarsi in anni normali, le microimprese hanno mostrato una dinamica di nata-lità maggiore. Tale differenza si continua a riscontrare anche nel dettaglio dei tassi di natalità e mortalità, nonostante l’aspetto più interessante sia legato all’andamento nel tempo dei due tassi per i due gruppi di aziende. Infatti, mentre il tasso di natalità per entrambe è diminuito nel tempo, il tasso di mortalità del totale imprese si è mantenuto pressoché stabile a fronte di un net-to aumento del tasso di mortalità delle microimprese durante gli anni di crisi. Sembra dunque che la crisi abbia impattato maggiormente sulle imprese di di-mensioni minori rispetto al totale. 4 Il tasso di transizione è stato calcolato considerando il numero di imprese con meno di 10 addetti presenti nell’archivio ASIA nel 2005 e controllando quante di queste avessero superato la soglia dei 10 addetti l’anno successivo (o nel 2008 come nel caso del calcolo del tasso a tre anni).

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE ATTRAVERSO I DATI ASIA

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Tab. 2.2 - Tasso di natalità, tasso di mortalità e turnover netto per le microimprese e il totale delle imprese attive in provincia di Trento. Valori percentuali. Anni Tasso di natalità Tasso di mortalità Turnover netto Microimprese Totale imprese Microimprese Totale imprese Microimprese Totale imprese 2006 8,8 5,8 7,5 5,3 1,3 0,5 2007 9,6 6,3 7,7 5,6 1,9 0,7 2008 8,1 5,2 8,2 5,3 -0,1 -0,1 2009 8,0 5,4 8,4 5,5 -0,4 -0,1 Fonte: elaborazioni del Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ASIA (2008). 2.4 Questioni aperte L’esame dei dati ASIA ci ha permesso di delineare i tratti principali del mondo delle microimprese trentine che possiamo riassumere in alcuni fatti stilizzati:

- la presenza della microimpresa sul territorio trentino è in linea con la me-dia nazionale e leggermente superiore alla media del Nord Est;

- il settore terziario è il comparto con la più alta presenza di imprese di pic-colissime dimensioni;

- la microimpresa trentina è generalmente più grande rispetto alla media italiana, senza significative differenze a livello settoriale;

- vi sono alcuni comprensori in cui la presenza della microimpresa è supe-riore alla media provinciale (Alta Valsugana, Valle di Non e Valle di Sole) ed altri in cui la presenza è inferiore alla media (Primiero);

- la specializzazione produttiva non varia di molto a livello territoriale, salvo nei casi dei comprensori a forte impronta turistica, come il Ladino di Fas-sa;

- le microimprese trentine sono tendenzialmente imprese giovani, ma vi è una non trascurabile proporzione di imprese anziane;

- i tassi di transizione da micro a piccola impresa sono bassi, mentre i tassi natalità e mortalità sono superiori a quelli registrati per il totale delle im-prese, ma le differenze tra i tassi di turnover si annullano negli anni della crisi economica.

Al di la di alcune caratteristiche strutturali, l’identificazione di questi fatti stilizzati pone alcune questioni che trovano difficilmente risposta nell’analisi dei database a nostra disposizione. In particolare, la distribuzione territoriale che vede alcune zone con più forte vocazione alla microimpresa, la presenza considerevole di imprese anziane fra le microimprese, ed infine i bassi tassi di crescita (intesi come tassi di transizione) che presentano questo tipo di imprese.

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Se l’archivio ASIA non ci aiuta nell’approfondimento di queste particolarità, le informazioni raccolte attraverso l’indagine, esplorando campi che vanno al di là delle mere questioni strutturali, potranno essere molto utili per fornire spiega-zioni alle suddette particolarità.

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CAPITOLO 3

Le microimprese e i loro imprenditori: relazioni fra sto-ria dell’impresa e storia personale Marco Zamarian

La prima rilevazione campionaria sulle microimprese trentine ha fornito un’importante chiave di lettura per comprendere la composizione del tessuto imprenditoriale sul territorio. Le evidenze aggregate presentate nel paragrafo precedente sono, come vedremo, il risultato di comportamenti imprenditoriali molto diversi. L’esercizio dell’attività imprenditoriale, e quindi le scelte aziendali (quali la dimensione, la crescita, l’investimento o la scelta dei mercati), differi-scono non solo in relazione a condizioni strutturali (quali il settore in cui si eser-cita l’attività o il territorio di appartenenza) ma anche, e soprattutto, in relazione alle caratteristiche dell’imprenditore. Queste sono desumibili anzitutto dai suoi caratteri demografici, e in secondo luogo da una indagine diretta sulle motiva-zioni della scelta imprenditoriale. Quanto alle caratteristiche demografiche degli imprenditori la microimpresa è spesso una proiezione immediata dell’imprenditore e comprenderne l’identità è necessario per definire le caratteristiche dell’impresa stessa. Ad esempio po-tremmo pensare che l’età dell’imprenditore o il suo livello di istruzione possano avere un impatto molto forte sulla possibilità che l’impresa sopravviva, cresca o passi di mano. Accanto a queste grandezze propriamente demografiche pos-siamo collocare un preciso interesse per la storia degli imprenditori: spesso le esperienze precedenti e le conoscenze professionali accumulate sono impor-tanti aspetti rivelatori per le scelte strategiche e le decisioni di posizionamento dell’impresa sul mercato. Non solo, queste esperienze sono anche fondamentali per comprendere gli assetti proprietari delle imprese e le decisioni di coinvolgi-mento nell’idea imprenditoriale di altri soci e collaboratori. Quanto invece all’effetto delle motivazioni riguardanti lo svolgimento dell’attività imprenditoriale sulle decisioni di impresa esso è rilevante per due motivi. Da un lato, la micro dimensione è il necessario punto di passaggio per la maggior par-te delle imprese nel loro percorso di crescita ed è quindi possibile intercettare a questo stadio il legame tra spinta motivazionale delle persone e caratteristiche

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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dell’impresa. Dall’altro un tema di forte centralità per la comprensione del feno-meno imprenditoriale nel nostro Paese è quella particolare forma di governo nota come ‘impresa familiare’. L’impresa familiare è caratterizzata da una parte-cipazione diretta di uno o più membri della stessa famiglia nella gestione dell’impresa di proprietà. Tale partecipazione viene sovente legata a due feno-meni caratteristici. Il primo vede nell’impresa familiare una sorta di continuazio-ne della vita personale dell’imprenditore in ambito economico, con conseguenze importanti per la visione dell’imprenditore che quasi inevitabilmente agisce con una logica di medio-lungo periodo, che incorpora una riflessione sulle modalità di continuazione dell’impresa dopo il suo ritiro dall’attività gestionale. Il secondo vede come problematico il rapporto tra gestione familiare e performance. Per dar conto di questi diversi aspetti, tracceremo innanzitutto un ritratto dei micro imprenditori trentini in termini di età, genere ed esperienze pregresse (Par. 3.1); in seguito caratterizzeremo l’imprenditorialità trentina analizzando in particolare la motivazione ad intraprendere l’attività d’impresa (Par. 3.2) ed infi-ne affronteremo il tema dell’impresa familiare e della sua presenza capillare nel tessuto produttivo trentino (3.3). 3.1 Un ritratto dei “microimprenditori” trentini Punto di partenza fondamentale per capire chi sia l’imprenditore trentino è trac-ciarne un ritratto intorno ad alcune variabili demografiche. La ragione è sempli-ce: spesso la vita dell’impresa, e ancora di più la vita della microimpresa, coin-cide con la vita lavorativa dell’imprenditore e in qualche modo ne assorbe le caratteristiche. Per questo motivo analizziamo dapprima la composizione delle persone intervistate – ricordiamo che si tratta di imprenditori/soci unici o soci attivi delle imprese – per età, sesso, scolarità ed esperienze pregresse. Una percentuale dominante degli imprenditori intervistati sono uomini ma con una incoraggiante proporzione di donne (che sfiora il 21%), in linea con quanto registrato fra gli imprenditori delle piccole e piccolissime imprese del Nord Est (Marini, 2009). Nella Fig. 3.1 si può invece osservare la distribuzione degli in-tervistati per anno di nascita, posta a confronto con la distribuzione per anno di nascita degli occupati trentini5. L’anno medio di nascita per entrambe le catego-

5 La distribuzione degli occupati risulta dal campione oggetto dell’Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine, anno 2008. Per soggetto occupato si intende un soggetto che dichiara di avere una qualche occupazione, sia essa alle dipendenze o di carattere autonomo.

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rie è il 1960, ma l’età mediana degli imprenditori6 è di 49 anni, contro un’età mediana degli occupati pari a 46 anni. Tendenzialmente dunque i micro-imprenditori sono più anziani rispetto agli occupati, ma, analizzando la distribu-zione, si può apprezzare come la proporzione di microimprenditori giovanissimi non sia trascurabile e come le due distribuzioni presentino caratteristiche molto simili.

Fig. 3.1 - Distribuzione degli imprenditori e degli occupati secondo anno di nascita.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Non solo è interessante valutare la distribuzione per età degli imprenditori tren-tini, ma anche capire a che età gli individui hanno deciso di iniziare l’attività d’impresa (Fig. 3.2).

6 L’età mediana è stata calcolata in base all’anno mediano di nascita. L’anno mediano corrisponde per gli imprenditori al 1962 e per gli occupati al 1965: ciò significa che il 50% degli imprenditori è nato prima del 1962 e che il 50% degli occupati è nato prima del 1965.

0

,01

,02

,03

,04

Density

1920 1940 1960 1980 2000nasImprenditoriOccupati

kernel = epanechnikov, bandwidth = 2,0703

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Fig. 3.2 - Distribuzione degli imprenditori secondo la loro età al momento della creazione/rilevazione dell’impresa.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

L’età mediana dei micro imprenditori trentini al momento dell’inizio dell’attività è relativamente bassa e si attesta sui 30 anni, ma con differenze relative alla pos-sibilità di essere stati fondatori dell’impresa o averla rilevata/ereditata. Infatti, gli individui che hanno creato un’impresa ex novo lo hanno fatto ad un’età mediana pari a 31 anni, mentre quelli che non hanno visto nascere l’azienda l’hanno rile-vata essendo più giovani, con un’età mediana uguale a 29 anni. Un aspetto rilevante fra i non fondatori delle imprese concerne la possibilità di ereditare un’impresa familiare: infatti, l’82,1% di questi soggetti afferma di gui-dare un’impresa di tipo familiare, che nel 73,7% dei casi è un’azienda ereditata da precedenti generazioni. L’esistenza di imprese familiari dunque contribuisce a determinare la forma della distribuzione nella Fig. 3.2, in quanto essa dà ra-gione contemporaneamente della presenza di imprenditori anziani – che stanno ancora lavorando in azienda nonostante abbiano raggiunto l’età pensionabile – e molto giovani. Chi subentra in un’attività di tipo familiare avvia infatti più pre-cocemente la sua attività, al tempo stesso ci si può attendere che un imprendi-tore “familiare” procrastini nel tempo la sua uscita dall’azienda se le generazioni successive non sono pronte al subentro. A dimostrazione di ciò, se concentria-mo l’attenzione sugli imprenditori con più di 60 anni ancora in attività, il 65% fra essi conduce un’impresa familiare; mentre fra gli imprenditori con meno di 30 anni, il 63% dichiara di essere a capo di un’impresa familiare che hanno eredita-

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,01

,02

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Density

20 40 60 80Età inizio attività

kernel = epanechnikov, bandwidth = 1.6264

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to da precedenti generazioni.7 In seguito approfondiremo la tematica relativa all’impresa familiare, ma per ora torniamo alle caratteristiche degli imprenditori ed in particolare al loro livello di scolarità. Dalla Tab. 3.1 si evince che sono pochissime le persone prive di titolo di studio o con titoli acquisiti all’estero e non riconosciuti, mentre è considerevo-le che il 15,4% degli intervistati possieda un titolo universitario. Inoltre, tali con-siderazioni non cambiano se consideriamo il livello di scolarità in rapporto ad altre caratteristiche degli imprenditori, come il genere. Tab. 3.1 - Distribuzione dei micro imprenditori e degli occupati trentini secondo titolo di studio e genere. Valori percentuali.

Genere Titolo di studio Uomini Donne

Totale imprenditori Totale occupati

Laurea 15,8 14,1 15,4 16,1 Diploma scuola superiore 31,4 35,8 32,3 32,8 Formazione professionale 16,9 25,0 18,6 22,0 Licenza scuola dell'obbligo 35,1 24,3 32,9 29,1 Altro titolo non riconosciuto 0,2 0,3 0,2 - Nessun titolo 0,3 0,3 0,3 - Non risponde 0,2 0,2 0,2 - Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Gli uomini sono leggermente sovra rappresentati tra i laureati, mentre le donne imprenditrici diplomate costituiscono una percentuale superiore ai maschi. Si tratta, in ogni caso, di differenze marginali che mostrano una sostanziale omo-geneità di comportamento tra i due generi. Va notato altresì che la distribuzione per titolo di studio conseguito dai micro imprenditori rispecchia la stessa distri-buzione che si ottiene considerando il campione di occupati estratto dalla popo-lazione trentina8: l’unica differenza di rilievo si riscontra nella proporzione di in-dividui che possono contare su una qualifica professionale, e che, come ci si poteva aspettare, risulta maggiore fra gli occupati che fra gli imprenditori. Concentriamoci ora sulle esperienze pregresse relative al settore di attività o al prodotto che hanno costituito il bagaglio formativo degli imprenditori al momento di entrare nel mondo imprenditoriale. Il 74,5% degli intervistati dichiara di aver fatto precedenti esperienze come lavo-ratore dipendente in iniziative d’impresa analoghe a quella poi condotta perso-nalmente. D’altro canto circa il 29% degli intervistati ha avuto precedenti espe- 7 Fra gli imprenditori che hanno meno di 60 anni e più di 30 – la classe intermedia rispetto alle due considerate – solo il 49,5% dichiara di condurre una impresa familiare, una percentuale significativamente diversa dalle due riportate per le classi estreme di imprenditori giovani e anziani. 8 Fonte: Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine (2008)

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rienze di lavoro autonomo, in altre iniziative di impresa oppure come professio-nisti. Da considerare che circa il 17% del totale degli intervistati ha maturato entrambe le esperienze, mentre è significativo il modesto 13,5% di intervistati che non ha maturato alcuna precedente esperienza significativa rispetto all’attuale attività. Le esperienze maturate in precedenza, che come abbiamo appena visto sono state rilevanti nella maggioranza dei casi, hanno permesso agli imprenditori di costruire un sistema di conoscenze che li ha poi aiutati nella gestione dell’impresa. Quasi tutti gli imprenditori sostengono di avere avuto ottime cono-scenze pregresse in molte aree del sapere rilevante per l’impresa9, portando ad ipotizzare – congiuntamente con i risultati circa le esperienze accumulate – che i micro imprenditori trentini, al momento di diventare tali, fossero molto preparati e coscienti delle difficoltà pratiche e degli strumenti di cui avrebbero avuto biso-gno per portare avanti la loro attività. Essi infatti dichiarano in misura pari a circa l’80% di aver iniziato l’attività conoscendo già sia i meccanismi di governo del settore che le tecniche produttive necessarie, e di aver avviato la produzione sapendo dove andare a cercare consulenze tecniche oppure finanziamenti. La gestione contabile invece non sembra far parte del bagaglio di know-how dei futuri imprenditori, che dichiarano di non avere conoscenze su questo tema nel 57,9% dei casi. Infine, un cenno alla relazione diretta degli intervistati con la vita dell’impresa. Circa il 75% dei partecipanti all’inchiesta dichiara di essere stato fondatore dell’impresa e in un numero elevatissimo di casi queste persone sono ancora al timone dell’attività. Il fatto di essere fondatore o meno di un’impresa sembra avere una chiara in-fluenza sull’andamento del volume d’affari della stessa: nonostante la stragran-de maggioranza di imprese sia guidata dal suo fondatore, di fatto sono le im-prese condotte da un non fondatore quelle che hanno un volume d’affari mag-giore, indipendentemente dal settore di attività di appartenenza (Fig. 3.3).

9 Le opzioni fra cui potevano scegliere gli intervistati riguardavano le caratteristiche del settore in cui sarebbe andata ad operare l’impresa; le tecniche di produzione dei beni e servizi che l’impresa avrebbe prodotto; la gestione della contabili-tà; l’avere riferimenti a cui rivolgersi per ottenere consulenze tecnico-commerciali; ed infine l’avere i riferimenti a cui rivolgersi per richiedere finanziamenti.

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Fig. 3.3 - Volume d’affari medio secondo settore di attività e secondo l’essere fondatore o meno dell’impresa da parte del titolare della stessa. Migliaia di euro.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Nel tentativo di spiegare questa regolarità si possono addurre varie ipotesi, fra le quali quella per cui un non fondatore è meno legato sentimentalmente all’impresa e riesce a gestirla con più obbiettività ed efficienza. Un corpo mana-geriale estraneo alle dinamiche di fondazione potrebbe avere come obbiettivo primario quello di far crescere l’azienda in modo da farne aumentare il fatturato, al contrario di un fondatore che potrebbe perseguire il mantenimento dell’azienda seguendo ragioni diverse dal profitto economico. D’altra parte però, bisogna ancora una volta considerare l’influenza della di-mensione familiare. Ovvero, la seconda ipotesi prevede che il volume d’affari delle imprese alla cui guida non c’è il fondatore sia più alto perché esse rappre-sentano imprese familiari ereditate da generazioni successive a quella di fonda-zione. In buona parte dei casi dunque si tratterebbe di imprese consolidate e che quindi hanno performance migliori perché più radicate nel mercato. Inoltre ci potrebbe essere un fenomeno di selezione al momento del ricambio genera-zionale, conseguenza del fatto che i famigliari non fondatori subentrano nell’attività solo nel caso in cui questa abbia successo. Se da una parte è difficile provare la validità della prima ipotesi, i dati dell’indagine supportano invece la seconda congettura. Infatti, l’82,1% dei sog-getti che si dichiarano non fondatori, gestisce un’impresa di carattere familiare. Fra questi, l’80,3% appartiene ad una generazione diversa dalla prima, in altre parole, il titolare attuale non è un coetaneo del fondatore ma un suo figlio o ni-pote.

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3.2 L’imprenditorialità in Trentino Una volta presentate le caratteristiche principali dei micro imprenditori trentini, ci spostiamo ora a trattare il tema specifico dell’imprenditorialità, ovvero della mo-tivazione alla base della decisione di intraprendere un’impresa, e dell’influenza di questa motivazione su alcuni aspetti della vita aziendale. I motivi che spingono gli imprenditori a iniziare la loro attività sono i più diversi, come risulta evidente dalla figura seguente.

Fig. 3.4 - Motivazione per iniziare l’attività d’impresa. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Il 32% degli intervistati cita il desiderio di indipendenza come ragione principale, mentre il 24% dà come ragione la volontà di continuare una tradizione familiare e il 13,5% parla di sviluppo di un’idea imprenditoriale. Altre ragioni citate da un numero importante di intervistati sono il desiderio di mettersi alla prova (9%) e di guadagnare di più rispetto ad una situazione alle dipendenze (8,1%). Per riuscire a fornire un’informazione più sintetica circa la motivazione ad intra-prendere, abbiamo aggregato le varie ragioni sopra citate in tre grandi sotto-gruppi: nel primo sono state raccolte tutte le motivazioni che fanno capo allo spirito imprenditoriale puro; al secondo le ragioni pertinenti la continuazione di una tradizione familiare; ed infine nel terzo sono state raggruppate le ragioni

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facenti riferimento alla volontà di sostituire un lavoro alle dipendenze con un lavoro autonomo. In base a questa aggregazione, il 46,6% degli intervistati indi-ca come motivo principale la sostituzione di lavoro alle dipendenze, mentre il puro spirito imprenditoriale e la continuazione di una tradizione familiare sono indicate come ragioni rispettivamente dal 26,9% e dal 26,5% dei soggetti. Questa maggiore aggregazione ci permette di esplorare alcune caratteristiche specifiche della micro imprenditorialità trentina. Incrociando innanzitutto la motivazione con il genere degli intervistati, si nota che sono le donne che in misura maggiore diventano imprenditrici per spirito imprenditoriale, mentre fra gli uomini prevale la volontà di emanciparsi dalla condizione di lavoratore dipendente. Inoltre, sono in maggioranza le donne che decidono di portare avanti l’attività familiare (Tab. 3.2). Tab. 3.2 - Distribuzione imprenditori secondo sesso e motivazione all’attività d’impresa. Valori percentuali. Motivazione all’attività d’impresa Uomini Donne Totale individui

Spirito Imprenditoriale 26,6 28,0 26,9 Tradizione Familiare 25,1 32,4 26,6 Sostituzione lavoro dipendente 48,4 39,6 46,6 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Dal punto di vista dell’età, i microimprenditori più giovani sono mossi principal-mente dalla volontà di continuare una tradizione familiare, mentre i più anziani hanno creato l’azienda per mettersi alla prova con una nuova iniziativa (Fig. 3.5). Tale suddivisione risulta compatibile con quanto detto finora sulle imprese familiari: se è vero che molti non fondatori hanno ereditato l’impresa familiare dalle generazioni precedenti, è normale riscontrare che le coorti più anziane abbiano intrapreso l’attività seguendo uno spirito diverso rispetto alle coorti più giovani, che si sono ritrovate a diventare imprenditrici molto probabilmente per-ché esisteva già una realtà produttiva di famiglia. Per coloro che sono cresciuti durante il boom economico, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, le influenze non sono altrettanto chiare, ma sembra comunque che sia prevalso il desiderio di indipendenza rispetto ad un datore di lavoro. D’altra parte, po-trebbero proprio essere state le condizioni economiche favorevoli ad aver aiuta-to questi individui dapprima nel trovare un lavoro in età piuttosto giovane, e nell’incentivarli a creare poi la loro attività.

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Fig. 3.5 - Distribuzione degli imprenditori secondo anno di nascita e secondo motivazione all’attività d’impresa. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Anche l’osservazione della distribuzione dei titolo di studio, supporta l’idea di un diverso approccio all’imprenditorialità a seconda delle motivazioni. Fig. 3.6 - Distribuzione degli imprenditori secondo titolo di studio e secondo motivazione ad intraprendere. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

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Laurea Scuola superiore Formazione professionale Scuola dell'obbligo

SpiritoTradizioneSostituzione

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Come si evince dalla Fig. 3.6, la continuazione di una tradizione familiare è par-ticolarmente forte fra coloro che hanno frequentato la sola scuola dell’obbligo e la formazione professionale, mentre è molto poco rilevante fra i laureati. D’altra parte, gli imprenditori che hanno ereditato l’azienda di famiglia sono molto gio-vani, il che non è compatibile con l’aver frequentato un lungo corso di studi. Gli imprenditori con titolo di studio superiore diventano tali per spirito imprenditoria-le oppure per sostituzione di lavoro dipendente: fra questi ultimi, vista la rilevan-za del settore servizi all’interno del nostro campione, con buona approssimazio-ne ci sono molti professionisti che hanno fatto esperienza presso studi profes-sionali di terzi e che una volta maturata una certa conoscenza del settore hanno deciso di fondare la propria attività. Altro dato di interesse riguarda la distribuzione degli imprenditori fra i vari settori di appartenenza secondo la loro motivazione ad intraprendere (Tab.3.3). Tab. 3.3 - Distribuzione imprenditori secondo settore di appartenenza e secondo motivazione ad intraprendere. Valori percentuali.

Motivazione Altri Servizi Commercio Costruzioni Manifattura Metallurgia Servizi Trasporti Totale

imprenditori Spirito imprenditoriale 36,4 24,1 27,4 22,7 29,3 28,3 24,0 26,9

Tradizione familiare 13,8 39,3 22,6 50,6 28,3 4,0 35,2 26,5 Sostituzione lavoro dipenden-te

49,7 36,5 50,0 26,7 42,4 67,7 40,8 46,6

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Fatti salvi i settori delle costruzioni e della metallurgia, tutti gli altri comparti pre-sentano delle peculiarità che li distanziano dalla distribuzione della motivazione ad intraprendere all’interno della popolazione di riferimento. Nel settore del commercio e della manifattura la principale motivazione ad intraprendere non è la sostituzione di lavoro dipendente ma la continuazione di una tradizione fami-liare, risultato che non sorprende se consideriamo che all’interno della manifat-tura sono comprese le realtà artigianali che molto spesso vengono tramandate di generazione in generazione. Come casi estremi, lo spirito imprenditoriale muove principalmente gli imprenditori negli Altri Servizi, mentre nei Servizi pre-vale la sostituzione di lavoro dipendente, in accordo con l’ipotesi precedente dei professionisti che fanno esperienza in altri studi e poi fondano la loro realtà im-prenditoriale. Per concludere questa panoramica sulla micro imprenditorialità trentina, offria-mo uno spunto circa l’influenza che la motivazione ad intraprendere può avere

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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sui risultati dell’impresa (Fig. 3.7). Fig. 3.7 - Volume d’affari medio secondo settore di attività e motivazione ad intraprendere. Migliaia di euro.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

I dati sul volume d’affari sembrano indicare che la continuazione di una tradizio-ne familiare renda in media l’attività d’impresa più profittevole rispetto all’opzione di aver fondato o rilevato un’azienda per altre ragioni. Il motivo può d’altra parte essere ovvio, se consideriamo che tendenzialmente le imprese familiari sono imprese più vecchie e più consolidate rispetto ad altre, e che quindi godono del vantaggio del maggior radicamento nel mercato rispetto alle altre. Appare molto verosimile che questa sia infatti la dinamica sottostante al divario che esiste fra volume d’affari derivante da attività familiari nel commercio e nei trasporti, e quello registrato per altri settori: nel settore del commercio, l’anzianità dell’attività reca con sè un effetto reputazione non trascurabile, per cui si può contare su un nucleo di clientela fidelizzata superiore rispetto ad altre attività commerciali nate più recentemente. Da non dimenticare poi che i dati sul volume d’affari si riferiscono alle dichiarazioni IVA relative all’anno 2008, anno in cui è scoppiata la crisi economica e durante il quale l’avere un’azienda con-solidata e con una chiara reputazione di affidabilità può avere fatto la differenza. Fatta salva la dominanza della motivazione familiare, l’influenza della motiva-zione imprenditoriale piuttosto di quella della sostituzione varia a seconda del

0

100

200

300

400

500

600

700

Altri Servizi Commercio Costruzioni Manifattura Metallurgia Servizi Trasporti

SpiritoTradizioneSostituzione

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settore. Volendo identificare un pattern, sembra che lo spirito imprenditoriale abbia maggiore peso in settori dove è importante lo spirito innovativo per cre-scere, come il settore manifatturiero e quello delle costruzioni. Per quanto ri-guarda il comparto dei servizi, ci si sarebbe potuti aspettare che il volume d’affari di chi eredita un’attività – in questo caso si tratta molto probabilmente di uno studio professionale – potesse essere nettamente superiore rispetto agli altri, vista l’importanza di avere uno studio ben avviato in alcuni rami di attività come quello giuridico o notarile. Ciò tuttavia non accade molto probabilmente per il forte impulso che ha avuto l’attività immobiliare negli ultimi anni, e che ha portato alla costituzione di molti nuovi studi immobiliari che hanno potuto godere del boom edilizio.10 3.3 L’impresa familiare Abbiamo visto in precedenza come la caratterizzazione dell’impresa familiare abbia notevole impatto su alcuni aspetti delle microimprese e dei microimpren-ditori. Di fatto, le imprese di piccolissime dimensioni costituiscono un ambito di indagine privilegiato per comprendere le dinamiche di nascita, sviluppo e persi-stenza nel tempo delle imprese familiari, data la prevalenza di questo tipo di impresa nelle iniziative caratterizzate da dimensioni limitate. Definendole sche-maticamente come imprese nelle quali più membri dello stesso nucleo familiare – talvolta in senso allargato – ricoprono un importante ruolo gestionale e di go-verno11, le imprese familiari sono spesso caratterizzate da due tendenze preci-se. Da un lato, se ne sottolinea la relativa incapacità di affrontare il cambiamen-to data la sostanziale omogeneità del gruppo manageriale. In particolare viene spesso osservato come sia molto difficile che i membri che partecipano alla ge-stione entrino in aperto contrasto con l’imprenditore/fondatore se questo appar-tiene alla stessa famiglia (cfr. ad esempio Zahra, 2005). Dall’altro, viene invece sottolineata la linea strategica che supporta l’azione dell’impresa familiare che tende a essere di medio-lungo periodo e a privilegiare la capacità dell’impresa di sopravvivere alle sollecitazioni negative provenienti dall’ambiente rispetto, ad esempio, alla capacità di produrre performance (Hatum e Pettigrew, 2004). L’impresa familiare, sostanzialmente, ha una struttura duale: da un lato opera 10 Nel 2008, anno di rilevazione IVA, il settore delle costruzioni, e quindi le immobiliari, non avevano ancora subito il crollo che si sarebbe materializzato in seguito. 11 L’impresa familiare è fenomeno complesso e le interpretazioni del concetto date in letteratura sono numerose e spesso contraddittorie. In questo scritto privilegiamo una definizione di impresa familiare che metta l’accento sul tema di un ruolo privilegiato della famiglia nella gestione (Sciascia e Mazzola, 2008) e nel controllo (Corbetta e Montemerlo, 1999). Altre interpretazioni mettono al centro dell’idea di impresa familiare, invece, il tema della proprietà (cfr. ad esem-pio Bertrand e Schoar, 2003)

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sul mercato con una logica orientata alla produzione di reddito, sia pure con precisi vincoli alla capacità di azione, dall’altro costituisce una naturale conti-nuazione della struttura sociale data dalla famiglia che la governa, con un orien-tamento di lungo periodo. Nella rilevazione, al fine di non imporre una visione astratta del concetto agli intervistati, abbiamo scelto di far identificare direttamente il carattere familiare dell’impresa agli interlocutori, che hanno riconosciuto nella loro attività un’impresa familiare nel 53% dei casi. Vi è peraltro una certa disomogeneità nelle ragioni per le quali gli intervistati ritengono familiare la loro impresa (Fig. 3.8). Fig. 3.8 - Distribuzione della ragione per considerarsi impresa familiare. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). E’ facile osservare come nel 58,9% circa dei casi la definizione data dagli inter-vistati sia coerente con quella sopra citata, ovvero che i familiari esercitano un ruolo attivo (familiari collaboratori o dipendenti) o di governo (familiari contitolari) all’interno dell’azienda; significativo è anche il numero di persone che leggono nell’impresa una realtà familiare per diverse forme di coinvolgimento degli altri membri del nucleo. Di particolare interesse le spiegazioni residuali (pari al 3% del totale delle imprese riconosciute come familiari) che vedono nell’aggettivo

58,9

14,5

3,3

11,48,9

3,0

0

10

20

30

40

50

60

70

I familiari sono contitolari

I familiari sono collaboratori

I familiari sonodipendenti

Il precedentetitolare era

familiare/affine

I familiari non lavorano ma hanno ruolo

nelle decisioni

Altri motivi

Motivazione impresa familiare

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“familiare” da una parte l’espressione di una particolare solidarietà nata all’interno di imprese che di fatto sono formate da soci e lavoratori non imparen-tati tra di loro; dall’altra l’aggettivo familiare viene associato alla dimensione stessa dell’impresa, seguendo il principio che l’azienda è familiare perché indi-viduale o molto piccola.

Il forte coinvolgimento dei familiari nella vita dell’impresa definita familiare è testimoniato altresì dal grado di influenza che essi esercitano, direttamente o indirettamente, sulle decisioni strategiche: il 47% dei soggetti afferma che i fa-miliari determinano in maniera significativa tali decisioni, influenzando molto o abbastanza le stesse (Tab. 3.4).

Tab. 3.4 - Grado di influenza dei familiari nelle decisioni dell’impresa. Valori percentuali. Grado di influenza dei familiari Molto 47,0 Abbastanza 30,6 Poco 11,3 Per niente 11,0 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Va tuttavia rilevato come molte delle percezioni sul ruolo dei familiari nel gover-no dell’impresa sia in qualche modo mitigato dalla generazione a cui apparten-gono le persone intervistate rispetto al fondatore. La Fig. 3.9 indica che la mag-gior parte delle persone si identifica come capostipite dell’impresa familiare o come primo successore.12

12 Va tuttavia considerato che le persone che si collocano in una posizione generazionale precisa sono relativamente poche, dato che la risposta è stata data solo da 245 intervistati.

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Fig. 3.9 - La collocazione per generazione di appartenenza degli imprenditori intervistati.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Un punto di interesse rispetto alle microimprese familiari trentine riguarda l’importanza della vita familiare per la decisione di intraprendere, in particolare rispetto a eventuali esperienze maturate nel seno della famiglia che abbiano poi facilitato tale decisione. Precedenti esperienze di familiari sia nel settore specifi-co, sia nel mondo dell’impresa più in generale sono presenti nel 17,5% dei casi per le imprese familiari, mentre solo nel 12% dei casi per le imprese non familia-ri.

Come vedremo in maggiore dettaglio nel capitolo successivo, la natura fami-liare dell’impresa influenza diversi aspetti della governante e della performance dell’impresa. In particolare concentriamo ora l’attenzione sull’analisi della persi-stenza, esaminando la distribuzione delle microimprese secondo la loro età (Fig. 3.10).

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Fig. 3.10 - Distribuzione delle imprese secondo l’anno di inizio attività.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Innanzitutto preme sottolineare che la distribuzione ottenuta su base campiona-ria rispecchia pressoché fedelmente quella ottenuta in base ai dati ASIA. Stu-diare dunque la distribuzione campionaria ci permette di dire qualcosa di più sui fatti stilizzati sottolineati nel capitolo 2, in particolare per quanto riguarda la pre-senza non trascurabile di imprese anziane nell’universo delle aziende. La nostra prima ipotesi è che l’esistenza di microimprese vecchie – ovvero quel-le imprese che occupano un posto sulla coda sinistra della distribuzione – sia fortemente correlata con la caratteristica familiare. A riprova di ciò, se conside-riamo come anziane quelle imprese che sono nate prima del 1970, possiamo apprezzare come il 78,9% di esse siano imprese familiari. La Fig. 3.10 colpisce per un’ulteriore particolarità: le imprese nate fra gli anni ‘70 e gli anni ’90, pre-sentano una frequenza maggiore rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare da una usuale distribuzione di imprese per età che generalmente assume una for-ma più regolare ed approssimabile con una curva esponenziale. Se disaggre-ghiamo la distribuzione di partenza per i due sottogruppi di imprese familiari e non, risulta più chiaro come questa caratteristica della distribuzione sia dovuta in larga misura alle imprese familiari che presentano una notevole persistenza. In altre parole, il meccanismo di selezione che determina una riduzione della probabilità di sopravvivenza delle imprese all’aumentare della loro età, sembra non funzionare per le imprese familiari che, dopo la nascita, si mantengono pressoché costanti. (Fig. 3.11).

0

,01

,02

,03

,04

,05

Density

1920 1940 1960 1980 2000Anno inizio attività

kernel = epanechnikov, bandwidth = 1.8656

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Fig. 3.11 - Distribuzione delle imprese familiari e non secondo l’anno di inizio attività.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

In tal modo, mentre la distribuzione delle imprese non familiari rispecchia gros-solanamente una distribuzione esponenziale, che è il risultato che potremmo aspettarci da una normale dinamica di entrata e uscita delle imprese dal merca-to, le imprese familiari si distribuiscono in maniera anomala con un gruppo di aziende di media età presenti in proporzione consistente e piuttosto costante. Così al 2010 la percentuale delle imprese familiari nate negli anni ‘70 ancora presenti era molto simile a quella osservata per le imprese nate negli anni ‘80 e negli anni ’90. Come può essere spiegato questo gruppo persistente di imprese familiari? L’ipotesi è che la maggiore persistenza nel mercato sia riconducibile a criteri di sopravvivenza diversi rispetto alle imprese non familiari. Le imprese familiari subiscono anch’esse un processo di selezione, ma questo è molto ritardato. Questa osservazione potrebbe trovare spiegazione in una particolare resilienza delle imprese familiari vecchie che hanno già attraversato il processo di succes-sione e gli eventuali rischi ad esso connessi, mentre le imprese più giovani se-guono una dinamica simile a quelle non familiari. Le imprese nate fra il 1970 e il 1990 sono ancora guidate dal fondatore, e quindi non hanno ancora intrapreso la successione e non si sono esposte ai rischi della stessa. È opinione comune infatti, che la successione alle nuove generazioni comporti un rischio di fallimen-to notevole: gli eredi non risultano preparati a condurre un’impresa o lo fanno

0

,02

,04

,06

Density

1920 1940 1960 1980 2000Anno inizio attività

Imprese familiari Imprese non familiari

kernel = epanechnikov, bandwidth = 2.1688

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secondo modalità meno efficienti. Che i criteri si sopravvivenza nel mercato siano diversi lo testimoniano anche i dati che si ricavano dall’analisi delle risposte alla domanda sul futuro dell’impresa (Tab. 3.5).

Tab. 3.5 - Proporzione di imprenditori secondo le risposte relative al futuro dell’impresa. Valori per-centuali. Futuro dell’impresa Imprese familiari Imprese non familiari Totale imprenditori Continuazione attività 66,0 72,6 69,0 Continuazione da parte dei soci 3,6 1,7 2,7 Cessione impresa ad altre persone 4,7 3,2 4,0 Trasferimento impresa ai familiari 11,1 2,0 6,8 Chiusura impresa 10,6 18,1 14,1 Altro 3,7 2,4 3,1 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Le due modalità che risultano interessanti sono quella relativa al trasferimento dell’impresa ai familiari e quella della chiusura dell’impresa: fatta salva la volon-tà di proseguire l’attività nella stragrande maggioranza dei casi in entrambi i sottogruppi, il trasferimento dell’impresa a familiari è una caratteristica significa-tiva del sottogruppo “Familiari”; d’altra parte, le imprese non familiari sono net-tamente più predisposte alla chiusura dell’attività rispetto alle altre.

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CAPITOLO 4

Caratteristiche strutturali: export, investimenti, finan-ziamento degli investimenti e relazioni con le banche Giulia Canzian L’obiettivo del capitolo seguente è quello di addentrarsi nella struttura tipica del-le microimprese trentine, ed in particolare di analizzare le loro strategie in termi-ni di esportazioni (Par. 4.1), investimenti (Par. 4.2), finanziamento degli investi-menti (Par. 4.3) e rapporti con le banche (Par.4.4). Data l’importanza della storia personale del micro imprenditore per lo sviluppo dell’azienda (vedi cap.3), questi aspetti strutturali verranno letti attraverso la chiave di lettura della motivazione ad intraprendere dell’imprenditore, in maniera da valutare se le dinamiche strategiche interne alle microimprese sono influen-zate dallo spirito che muove, o che ha mosso, il proprio titolare.

4.1 L’attività di export Prima di esporre i risultati delle analisi, ci preme sottolineare che la valutazione delle pratiche di internazionalizzazione attiva delle microimprese è stata effet-tuata sulla base di un sotto campione dei partecipanti all’indagine, ovvero su quei settori che sono tradizionalmente vocati all’export come la manifattura e la metallurgia. Di fatto, anche il settore dei servizi ha visto incrementare la quota di esportazioni sul totale negli ultimi anni, ma rimane comunque un settore in cui l’export ha un ruolo marginale. I risultati dell’indagine confermano che le microimprese trentine non sono parti-colarmente votate al commercio estero, e nemmeno all’apertura con il resto d’Italia. L’80,7% delle imprese ha come mercato di riferimento prevalente – ovvero commercia più del 50% della propria produzione – il territorio provinciale, men-tre solo il 24,3% delle microimprese non commercia con la provincia e si dedica contemporaneamente al mercato italiano ed estero. In generale, le microimpre-se che dichiarano di intrattenere rapporti con l’estero in varia misura, e che quindi possono essere considerate imprese esportatrici, sono il 17,2%, una per-

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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centuale che si riduce all’1% se si considerano quelle imprese che ricavano l’intero fatturato dalle vendite estere. La scarsa vocazione allo scambio si pale-sa anche analizzando la quota di produzione che le imprese potenziali esporta-trici destinano ai mercati a loro disposizione (Fig. 4.1): le imprese industriali destinano in media più del 50% della produzione ai comuni della valle, una per-centuale discreta seppur contenuta viene riservata al territorio nazionale (20,6%), mentre solo il 2,9% della produzione oltrepassa i confini nazionali.

Fig. 4.1 - Quota media di produzione per mercato di destinazione. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Lo scarso grado di apertura del sistema trentino ha certamente riparato le im-prese, anche le imprese di piccolissime dimensioni, dagli effetti più gravi della recente crisi economica, ma d’altra parte tale chiusura continua a rappresentare un forte limite per lo sviluppo dell’economia provinciale. Diversi lavori infatti (Ma-riotti, 2008) dimostrano che l’apertura con l’estero ha effetti benefici soprattutto perché spinge le imprese ad investire in innovazione e le porta quindi ad au-mentare i livelli di produttività. Senza confronto con l’estero, tali esternalità posi-tive possono venire meno, condizionando le possibilità future di sviluppo delle aziende. Di fronte a questo problema, ci siamo chiesti se la scarsa propensione all’esportazione sia da ricondurre ad una precisa volontà dell’imprenditore, op-pure se esistano dei vincoli di natura organizzativa, burocratica oppure ancora finanziaria che limitano le aziende in questa attività. La maggioranza delle imprese che ha dichiarato di non esportare, il 49%, so-stiene di non farlo per mancanza di interesse, mentre un altro 30,8% non espor-

52,2

24,320,6

2,9

0

10

20

30

40

50

60

Comuni dellavalle

Provincia Italia Estero

Quota di produzione

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CARATTERISTICHE STRUTTURALI: EXPORT, INVESTIMENTI, FINANZIAMENTO DEGLI INVESTIMENTI E RELAZIONI CON LE BANCHE

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ta perché ha una produzione orientata esclusivamente al mercato locale (Tab. 4.1):

Tab. 4.1 - Proporzione di imprese secondo le motivazioni offerte per il non esportare all’estero. Valori percen-tuali. Motivazione per non esportare all’estero Nessun interesse 49,0 Produzione diretta solo al mercato locale 30,8 Difficoltà nel trovare clienti esteri 12,0 Mancanza di garanzie nei pagamenti 2,9 Difficoltà nel trovare i finanziamenti necessari 2,4 Scarsa conoscenza delle lingue straniere 1,9 Difficoltà di trovare servizi di accompagnamento/assistenza 1,0 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Questo significa che solo una minoranza delle microimprese trentine non espor-ta perché si trova di fronte un qualche tipo di difficoltà concreta, sia essa legata alla capacità di incontrare la clientela estera oppure alla difficoltà di ricevere finanziamenti per intraprendere l’attività. Di fatto quindi, non sembrano esistere impedimenti concreti perché le microimprese trentine si aprano all’estero, ma più che altro sembra che non si percepisca la necessità di aprire il proprio mer-cato di riferimento oltre i confini nazionali. Se non sono questioni di natura pratica che impediscono ai microimprenditori trentini di aprirsi al commercio con l’estero, potrebbe avere una certa influenza sulla decisione il motivo che ha spinto un imprenditore a diventare tale, presup-ponendo quindi che chi ha creato un’impresa per spirito imprenditoriale piuttosto che per seguire una tradizione familiare o per sostituire un lavoro come dipen-dente sia naturalmente più predisposto al rischio e quindi sia più che rappresen-tato fra gli imprenditori che esportano. I dati dell’indagine sembrano supportare questa ipotesi. Fra coloro che intra-prendono un qualche scambio con l’estero13, la maggior parte è un imprenditore per vocazione, mentre una percentuale di 10 punti inferiore caratterizza chi e-sporta ed è diventato imprenditore per sostituire un lavoro alle dipendenze (Tab. 4.2). Da sottolineare poi come la continuazione di una tradizione familiare non risulti particolarmente compatibile con attività rischiose come quella esportativa: solo il 19,3% delle imprese che esportano sono nate come continuazione di una tradizione familiare. Probabilmente, sia nel caso della sostituzione di lavoro di-pendente che nel caso di tradizione familiare, le motivazioni che portano 13 In questo caso, individuiamo le imprese che scambiano in qualche misura con l’estero come quelle che dichiarano di avere una percentuale di fatturato ricavata da vendite verso l’estero maggiore di zero.

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IL MONDO DELLE MICROIMPRESE IN TRENTINO

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all’imprenditorialità sono tali che spingono più al mantenimento di uno status quo che alla volontà di far crescere e sviluppare l’azienda. Ovvero, nel primo caso l’obbiettivo dell’imprenditore è quello di cercare di guadagnare di più di quanto non potesse fare alle dipendenze o di mantenere in vita un’impresa fa-miliare, mentre nel secondo caso, oltre al maggior guadagno, si persegue an-che la crescita dimensionale e strategica dell’impresa. Tab. 4.2 - Imprese che esportano secondo la motivazione all’imprenditorialità ed attività di export. Valori per-centuali. Motivazione all’imprenditorialità Spirito imprenditoriale 45,2 Tradizione familiare 19,3 Sostituzione lavoro dipendente 35,5 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Queste prime impressioni vengono confermate se confrontiamo la motivazione all’imprenditorialità con la commercializzazione dei prodotti esclusivamente nel territorio italiano o provinciale14 (Tab. 4.3 e Tab.4.4). Tab. 4.3 - Imprese che commercializzano nel solo territorio italiano secondo la motivazione all’imprenditorialità. Valori percentuali. Motivazione all’imprenditorialità Spirito imprenditoriale 28,2 Tradizione familiare 34,2 Sostituzione lavoro dipendente 37,5 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Tab. 4.4 - Imprese che commercializzano nel solo territorio provinciale secondo la motivazione all’imprenditorialità. Valori percentuali. Motivazione all’imprenditorialità Spirito imprenditoriale 26,5 Tradizione familiare 35,6 Sostituzione lavoro dipendente 37,9 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

In entrambi i casi, è netta la contrapposizione rispetto alla situazione preceden-te. Gli imprenditori che si concentrano sul solo territorio italiano e provinciale sono imprenditori nati per continuazione di una tradizione familiare oppure per non voler più stare alle dipendenze di qualcuno. Infine, l’interesse mostrato da imprese estere per i prodotti dell’impresa locale è 14 Chi commercia esclusivamente nel territorio italiano è chi dichiara di avere una percentuale di fatturato da vendite estere pari a zero; chi commercia solo nella provincia di Trento, dichiara di avere una percentuale di fatturato da vendite verso altri comuni italiani e verso l’estero pari a zero.

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CARATTERISTICHE STRUTTURALI: EXPORT, INVESTIMENTI, FINANZIAMENTO DEGLI INVESTIMENTI E RELAZIONI CON LE BANCHE

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il motivo principale che spinge le microimprese trentine ad esportare (Fig. 4.2). In secondo luogo l’attività di export è promossa dalla volontà di diversificare i mercati di destinazione dei prodotti (22,8%) e dalla conoscenza diretta da parte del titolare dell’impresa dei potenziali clienti esteri (17,5%), mentre solo margi-nalmente si esporta perché si vogliono ampliare le possibilità di guadagno o per pura casualità. Questi risultati sono coerenti con quanto appena detto sulle mo-tivazioni dell’imprenditore: di fatto, l’interesse da parte delle imprese estere pas-sa attraverso la volontà delle imprese trentine di farsi conoscere oltre i confini provinciali partecipando a fiere o a eventi simili. Questa volontà, insieme alla volontà di diversificare i mercati di sbocco, richiama ad una propensione alla crescita dell’impresa che va oltre la semplice maggiore possibilità di guadagno. Fig. 4.2 - Motivazioni legate alla decisione di esportare. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

E’ inoltre importante sottolineare che il 17,5% inizia ad esportare perché vi sono dei contributi pubblici che sostengono questo tipo di attività: da questo dato è tuttavia impossibile dedurre conclusioni sull’efficacia dei contributi pubblici, per-ché non è possibile stabilire a priori quante fra quel 17,5% di imprese avrebbero deciso di esportare anche senza la presenza di contributi, e che invece la pos-sibilità di riceverli abbia solamente agevolato una strategia già in fase di attua-zione.

11,4

20,0

40,0

20,0

8,6

0

5

10

15

20

25

30

35

40

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Maggiori possibilità guadagno

Diversificazione mercati di sbocco

Interesse estero per i prodotti dell'azienda

Conoscenza personale clienti esteri

Casualità

Motivi per esportare

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4.2 La decisione di investire: caratteristiche degli investimenti ed influenze Il primo dato interessante che intendiamo fornire in materia di investimenti delle microimprese è la quantificazione di quante imprese si possono definire “investi-trici” – ovvero che hanno effettuato almeno un investimento – e quelle invece che non hanno intrapreso tale attività. In particolare, confrontare la proporzione di imprese che hanno effettuato alme-no un investimento nel 2008 con la stessa proporzione per il 2009, può darci un’idea, seppur parziale, di quanto la crisi economica abbia inciso sul compor-tamento delle imprese trentine in tema di investimenti. Infatti, il biennio di crisi 2008-2009 ha rappresentato un momento di profondo cambiamento per la maggior parte delle imprese italiane, che in molti casi hanno dovuto rivedere drasticamente la loro propensione ad investire per far fronte alla crisi economi-ca. Il campione di imprese oggetto della nostra indagine sembra invece distin-guersi da questa diffusa pratica, non avendo sostanzialmente variato le abitudi-ni di investimento dal 2008 al 2009: le imprese che hanno effettuato almeno un investimento nel 2009 sono il 50,5% del totale, mentre nel 2008 la stessa pro-porzione ammontava al 50,7%. Nel disaggregare le imprese per settore di appartenenza (Tab. 4.5), l’evidenza empirica a nostra disposizione dimostra che una riduzione nel numero di impre-se che investono è avvenuta solo per alcuni settori produttivi (Altri Servizi e Metallurgia), mentre per altri la variazione è trascurabile. Unico caso che risalta è quello del settore Commercio, per cui sono aumentate le imprese che hanno deciso di effettuare almeno un investimento nel 2009. Tab. 4.5 - Imprese che hanno effettuato almeno un investimento sul totale e variazione biennio 2008-2009. Valori percentuali. Settori 2008 2009 Variazione 2008-2009 Altri Servizi 50,5 47,8 -2,75 Commercio 47,8 50,0 2,23 Costruzioni 45,0 44,7 -0,39 Manifattura 54,2 53,1 -1,13 Metallurgia 53,4 48,9 -4,51 Servizi 60,0 59,0 -1,08 Trasporti 43,6 42,9 -0,79 Note: Intervallo di confidenza 95% per la variazione: (-2,66; 0,25) Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

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Nel 2009, la più alta proporzione di microimprese investitrici sul totale si riscon-tra nel settore dei servizi e della manifattura, mentre per l’anno precedente le imprese più attive appartenevano ai servizi, alla manifattura e alla metallurgia. Data la netta distinzione numerica fra imprese che investono e imprese che non lo fanno, cercheremo ora di delineare come si caratterizza la scelta di investi-mento, e nel contempo, di capire cosa influenza tale scelta. Innanzitutto, il 69,1% delle imprese che hanno investito hanno indirizzato le loro scelte verso l’investimento in macchinari, mentre vengono in secondo luogo quelle che hanno impegnato fondi in formazione o marketing (Tab. 4.6). Tab. 4.6 - Proporzione di imprese che hanno investito per tipologia di investimento. Valori percentuali15. Tipologia di investimento Imprese che hanno investito nel 2009 Terreni 4,9 Macchinari 69,1 Brevetti 0,5 R&S 6,0 Formazione 38,5 Marketing 34,5 Altro 3,9 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Disaggregando il dato per settore di appartenenza, si nota come, pur rimanendo i macchinari la forma di investimento che raccoglie più adesioni fra le microim-prese trentine, altri tipi di investimento rispecchiano la natura stessa delle im-prese che operano in ciascun comparto (Tab. 4.7).

Tab. 4.7 - Proporzione di imprese che hanno investito per tipologia di investimento e per settore. Valori percen-tuali16. Settori Terreni Macchinari Brevetti R&S Formazione Marketing Altro

Altri Servizi 1,1 63,6 0,0 9,1 50,0 36,4 4,5 Commercio 3,3 55,7 0,7 3,3 32,8 52,0 4,1 Costruzioni 10,8 72,4 0,0 2,6 30,6 35,3 3,4 Manifattura 3,2 70,5 0,0 7,4 23,2 36,8 5,3 Metallurgia 6,2 70,8 3,1 15,4 33,8 38,5 3,1 Servizi 3,7 75,5 0,4 9,2 57,1 13,9 4,0 Trasporti 1,9 87,0 0,0 0,0 16,7 31,5 1,9 Totale settori 4,9 69,1 0,5 6,0 38,5 34,5 3,9 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

15 La colonna di valori percentuali non somma a cento perché le imprese possono aver effettuato diversi tipi di investi-mento nello stesso anno. Per calcolare le percentuali presentate si è tenuto conto del numero di imprese che hanno investito in ciascun campo sul totale delle imprese che hanno investito. 16 Si veda nota 15.

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Il numero di imprese di costruzioni che investono in terreni è nettamente supe-riore alla media e a ciascuno degli altri settori. Appartengono invece ai trasporti, ai servizi e alle costruzioni le imprese che più si orientano verso l’investimento in macchinari: tali aziende infatti, hanno un alto tasso strutturale di sostituzione delle apparecchiature, data la necessità da parte delle aziende dei trasporti di mantenere sempre aggiornata la flotta di autoveicoli oppure la necessità delle aziende dei servizi di contare su apparecchiature elettroniche all’avanguardia. Allo stesso modo, non sorprende che il settore che maggiormente investe in pubblicità e marketing sia il commercio; a questo proposito, se può sembrare fuori dal comune avere una quota sostanziale di imprese manifatturiere che in-vestono in marketing e pubblicità, bisogna considerare che a questa categoria appartengono realtà artigianali che fanno della commercializzazione dei loro prodotti al grande pubblico un punto di forza. I settori in cui più aziende investo-no in formazione sono i servizi e gli altri servizi. Fra queste ultime evidenze che risultano quasi ovvie, ci preme marcare un dato interessante. Con buona approssimazione possiamo ipotizzare che l’investimento in brevetti e in R&S corrisponda alla volontà dell’impresa di inve-stire in innovazione. Nel nostro campione, tale spinta innovativa si riscontra net-tamente solo nel settore della metallurgia, all’interno del quale il numero di im-prese che hanno comprato nuovi brevetti o che hanno incrementato le loro atti-vità di ricerca è significativamente superiore rispetto agli altri settori. Per quanto riguarda invece la ragione per la quale le microimprese investono, in prima battuta si potrebbe collegare l’investimento con un comportamento stra-tegico rischioso, se associamo l’investimento alla volontà dell’impresa di cresce-re. In questo senso, ci potremmo aspettare che investono di più gli imprenditori che sono diventati tali per puro spirito imprenditoriale, e che quindi hanno come primo obbiettivo quello di far crescere e prosperare la loro impresa. D’altra par-te, sono necessari dei distinguo sulla natura dell’investimento. L’investimento infatti non necessariamente è sinonimo di propensione al rischio – come invece lo è la decisione di esportare – perché non tutti gli investimenti sono intrapresi con l’intento di promuovere lo sviluppo dell’azienda, ed anzi, molti sono investi-menti necessari alla normale operatività dell’impresa. Per verificare l’ipotesi, la Tab. 4.8 mostra le imprese che hanno effettuato alme-no un investimento nel 2009 con la motivazione ad intraprendere espressa dai loro titolari.

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Tab. 4.8 - Imprese che hanno investito e che non hanno investito nel 2009 secondo la motivazione ad intrapren-dere del titolare. Valori percentuali.

Motivazione Imprese che hanno investito nel 2009

Imprese che non hanno investito nel 2009

Totale imprese

Spirito imprenditoriale 27,2 27,5 27,4 Tradizione familiare 23,6 20,6 22,1 Sostituzione lavoro dipendente 49,2 51,8 50,5 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Come si può notare, il 49,2% degli imprenditori che dichiarano di aver compiuto un investimento hanno anche dichiarato di essere diventati tali perché insoddi-sfatti del lavoro alle dipendenze: d’altra parte, la distribuzione secondo la moti-vazione all’interno dei due sotto gruppi di imprese che hanno investito e impre-se che non lo hanno fatto non è significativamente diversa dalla distribuzione della modalità nell’intero campione di imprese, confermando l’impressione per cui la decisione di investire può assumere una tale varietà di connotazioni che è difficile far risalire direttamente all’influenza della motivazione imprenditoriale. Discorso diverso può essere fatto per singole tipologie di investimento. Se l’acquisto di un nuovo macchinario non necessariamente è una scelta che te-stimonia propensione al rischio, lo è invece il destinare risorse alla ricerca e sviluppo piuttosto che all’acquisto di brevetti, perché questi ultimi sono gene-ralmente investimenti che denotano la volontà di far crescere l’azienda. Con-centrandoci sull’investimento in R&S e condizionando l’analisi per il settore in-dustria – composto da manifattura e metallurgia – che è quello più attivo in que-sto tipo di investimenti, si evince dalla Tab. 4.9 che di fatto la maggior parte di imprese che hanno deciso di investire in ricerca è guidata da imprenditori che seguono una vocazione imprenditoriale pura17.

Tab. 4.9 - Proporzione di imprese che hanno e che non hanno effettuato un investimento in R&S nel 2009 se-condo la motivazione ad intraprendere del titolare. Valori percentuali.

Motivazione Investimento in R&S nel 2009

Nessun investimento in R&S nel 2009

Totale industria

Spirito imprenditoriale 60,0 26,3 28,1 Tradizione familiare 13,3 35,2 34,0 Sostituzione lavoro dipendente 26,7 38,5 37,9 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Rifacendo lo stesso esercizio per gli investimenti in macchinari, giungiamo a conclusioni diverse (Tab. 4.10): 17 L’ultima colonna a destra mostra la distribuzione della modalità motivazione sul campione di imprese appartenenti all’industria. Come si può notare, la proporzione di imprenditori “puri” che investono è significativamente diversa dalla media della popolazione industriale

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Tab. 4.10 - Proporzione di imprese che hanno e che non hanno effettuato un investimento in macchinari nel 2009 secondo la motivazione ad intraprendere del titolare. Valori percentuali.

Motivazione Investimento in macchinari nel 2009

Nessun investimento in macchinari nel 2009

Totale industria

Spirito imprenditoriale 28,6 27,8 28,1

Tradizione familiare 35,2 33,3 34,0

Sostituzione lavoro dipendente 36,2 38,9 37,9 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). In questo caso, la percentuale di imprenditori puri che decidono di investire non si distanzia sostanzialmente dalla media del settore, suggerendo che non esiste una chiara relazione fra motivazione imprenditoriale e acquisto di nuovi macchi-nari. La decisione strategica riguardante i nuovi investimenti all’interno della mi-croimpresa è dunque complessa e con diverse sfaccettature, per le quali è im-possibile risalire ad un pattern comune a tutte le imprese. I risultati riguardanti il settore industria e l’investimento in R&S mostrano però una tendenza già emer-sa trattando l’attività di export, ovvero, l’influenza della figura di imprenditore per vocazione ha notevole impatto in tutte quelle decisioni che possono avere come conseguenza la crescita dell’impresa piuttosto che il mantenimento di uno sta-tus quo. A questo proposito, se diventare imprenditore per tradizione familiare non ha rilevanti conseguenze sugli investimenti intrapresi (vedi Tab. 4.8), potrebbe es-sere che sia l’appartenenza ad un’impresa familiare a condizionare questa scel-ta. Da una prima analisi, i dati derivanti dall’indagine sembrano non offrire supporto per un qualche tipo di influenza significativa (Tab. 4.11): sia fra le microimprese che hanno investito, sia fra quelle che non lo hanno fatto, la quota di imprese familiari è sempre minoritaria. Tab. 4.11 - Proporzione di imprese che hanno e che non hanno effettuato un investimento nel 2009 secondo l’appartenenza ad un impresa familiare o non. Valori percentuali. Tipologia di impresa Investimento nel 2009 Nessun investimento nel 2009 Totale imprese Impresa familiare 47,8 44,0 45,9 Impresa non familiare 52,2 56,0 54,1 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Anche in questo caso però, è possibile fare dei distinguo a seconda del settore di appartenenza dell’azienda. Considerando separatamente il settore industria, quello del terziario e quello delle costruzioni si osserva una maggiore influenza delle imprese familiari nel primo comparto citato (Tabb. 4.12-4.14).

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Tab. 4.12 - Proporzione di imprese che hanno e che non hanno effettuato un investimento nel 2009 appartenenti al settore industria, secondo l’appartenenza ad un impresa familiare o non. Valori percentuali. Tipologia di impresa Investimento nel 2009 Nessun investimento nel 2009 Totale industria Impresa familiare 66,7 53,6 60,3 Impresa non familiare 33,3 46,4 39,7 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Tab. 4.13 - Proporzione di imprese che hanno e che non hanno effettuato un investimento nel 2009 appartenenti al settore terziario, secondo l’appartenenza ad un impresa familiare o non. Valori percentuali. Tipologia di impresa Investimento nel 2009 Nessun investimento nel 2009 Totale terziario Impresa familiare 43,5 40,4 42,0 Impresa non familiare 56,5 59,6 58,0 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Tab. 4.14 Proporzione di imprese che hanno e che non hanno effettuato un investimento nel 2009 appartenenti al settore costruzioni, secondo l’appartenenza ad un impresa familiare o non. Valori percentuali. Tipologia di impresa Investimento nel 2009 Nessun investimento nel 2009 Totale costruzioni Impresa familiare 47,4 46,7 47,0 Impresa non familiare 52,6 53,3 53,0 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Nel settore industria, il 66,7% delle imprese che investono sono anche familiari mentre nel terziario e nelle costruzioni questa percentuale ammonta rispettiva-mente al 43,5% e al 47,4%. Infine, prestiamo attenzione a come le scelte della microimpresa vengono con-dizionate dall’esperienza delle persone che sono preposte alla loro gestione. In questa sede ci concentriamo sull’esperienza definita come la lunghezza del pe-riodo di gestione dell’attuale proprietà dell’azienda, piuttosto che sull’età ana-grafica dell’azienda. La scelta può essere motivata attraverso la constatazione che l’investimento è per sua natura una scelta strategica, e le strategie aziendali vengono determinate in base a chi gestisce direttamente l’azienda: per questo motivo ci è parso più utile, almeno in questo capitolo, concentrarci sull’esperienza manageriale piuttosto che sul numero di anni dalla fondazione dell’impresa, che avrebbe, in alcuni casi, ricompreso anche gestioni precedenti e avrebbe fatto perdere all’analisi l’omogeneità necessaria per determinare le dinamiche strategiche. Ritornando ai nostri dati, le imprese con la gestione più “giovane” sono quelle che maggiormente decidono di investire (Tab. 4.15).

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Tab. 4.15 - Proporzione di imprese che hanno e che non hanno effettuato un investimento nel 2009 secondo gli anni di gestione maturati. Valori percentuali. Anni esperienza Investimento nel 2009 Nessun investimento nel 2009

Meno di 15 54,5 45,5 Da 15 a 30 48,0 52,0 Oltre i 30 40,7 59,3 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

In particolare, è possibile raggruppare ciascuna tipologia di investimento in tre diversi comportamenti che variano a seconda dell’età dell’impresa (Tab. 4.16).

Tab. 4.16 - Proporzione di imprese che hanno effettuato investimenti nel 2009 secondo gli anni di gestione maturati e secondo la tipologia di investimento. Valori percentuali. Anni esperienza Terreni Macchinari Brevetti R&S Formazione Marketing Altro

Meno di 15 4,3 71,5 0,7 7,2 39,3 34,3 3,8 Da 15 a 30 6,1 64,3 0,3 4,5 35,7 35,4 4,8 Oltre i 30 4,0 68,7 0,0 5,1 42,4 30,3 1,0 Totale imprese 4,9 69,1 0,5 6,0 38,5 34,5 3,9 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

In un primo gruppo collochiamo gli investimenti in macchinari, R&S e formazio-ne: il numero di imprese che effettuano tali investimenti è piuttosto alto fra le imprese più giovani, decresce in corrispondenza delle imprese di media età per poi risalire fra le imprese più anziane. Le imprese più giovani devono investire maggiormente in macchinari, R&S e formazione perché questi tre elementi con-tribuiscono in maniera fondamentale allo sviluppo della struttura dell’impresa, d’altra parte sono investimenti che possono permettersi le imprese più anziane, ormai consolidate e quindi con più risorse da dedicare a queste tematiche che invece possono essere considerate dalle imprese di media età come non es-senziali e quindi posticipabili. All’interno del secondo gruppo vengono classificati gli investimenti in terreni, marketing e pubblicità, ed altri investimenti: in loro corrispondenza sono le im-prese più giovani e più anziane quelle meno numerose, mentre prevalgono le imprese di media età, delineando quindi una forma ad U rovesciata. Questi in-vestimenti, soprattutto terreni e marketing, sono prerogativa delle imprese di media esperienza, che devono da una parte consolidare la loro struttura com-merciale e dall’altra sono riuscite ad accumulare abbastanza patrimonio da consentire l’investimento immobiliare (in terreni). L’ultimo gruppo è composto esclusivamente dall’investimento in brevetti: per esso, il numero di imprese che lo effettuano decresce con l’aumento dell’età d’impresa. I brevetti infatti, sono una spesa che le aziende più giovani intra-

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prendono più comunemente, proprio perché nei primi anni della loro attività; costituiscono una spesa praticamente superflua, invece, per le imprese anzia-ne, che hanno perso gran parte della loro spinta innovativa e che se devono innovare ricorrono più facilmente alla spesa in R&S piuttosto che all’acquisto di nuovi brevetti. I risultati di questa sezione ci portano a concludere che non è possibile identifi-care un comportamento comune a tutte le microimprese in tema di investimenti. In altre parole, non è possibile affermare che le microimprese investono poco – ricordiamo che solo la metà di esse ha effettuato almeno un investimento nel 2009 – in quanto tali, ma che la strategia è molto diversificata soprattutto a livel-lo settoriale, e varia a seconda della motivazione imprenditoriale di fondo, dell’appartenenza ad un’impresa familiare e all’esperienza del corpo direttivo. Infine, consideriamo ora le modalità secondo cui gli investimenti intrapresi ven-gono finanziati. Dall’analisi risulta che il 73,7% delle microimprese trentine finanzia i propri inve-stimenti facendo ricorso per più del 50% all’autofinanziamento, ovvero, gli inve-stimenti vengono effettuati impiegando risorse interne, mezzi propri dell’impresa (Tab. 4.17)18. Solo in secondo luogo ricorrono al prestito bancario, mentre il numero di imprese che utilizza alle altre forme di finanziamento è trascurabile.

Tab. 4.17 - Proporzione di imprese secondo la modalità di finanziamento degli investimenti. Valori percentuali. Modalità di finanziamento Investimento nel 2009 Mezzi propri 73,7 Prestito bancario 19,9 Leasing 4,8 Contributo pubblico 0,9 Prestito da familiari/amici 0,5 Agevolazione fiscale 0,2 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

La letteratura offre come principale spiegazione per il ricorso all’autofinanziamento, o ad altre forme diverse rispetto al prestito bancario e alle operazioni di mercato, la difficoltà o il costo dell’accesso al mercato finanziario. E’ tuttavia possibile che l’autofinanziamento sia preferito dalle microimprese anche in virtù dell’ampia disponibilità patrimoniale sulla quale possono contare, piuttosto che per problemi con altre fonti di finanziamento. Date queste possibili- 18 In base ai dati raccolti non è stato possibile costruire una variabile che riassumesse sinteticamente l’informazione circa l’utilizzo o meno di una modalità di finanziamento piuttosto che di un’altra. Per questo motivo, la variabile in esame assume valore 1 in corrispondenza di ciascuna modalità di finanziamento qualora l’impresa abbia utilizzato tale modali-tà per finanziare almeno il 50% dell’investimento.

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tà, l’utilizzo di mezzi propri è scelto rispetto ad altri metodi perché considerato meno costoso, non implicando nessun costo diretto da parte dell’impresa e per ridurre il rischio di ingerenze esterne da parte dei creditori nella gestione della stessa. L’evidenza empirica offerta dall’indagine sembra appoggiare la seconda delle ipotesi formulate: durante il 2009 solo il 19,26% delle imprese ha richiesto nuovi finanziamenti bancari, ed ha visto accolta la richiesta in più del 90% dei casi. Infatti, nonostante la letteratura economica segnali le piccole e piccolissime im-prese come istituzioni altamente opache da un punto di vista informativo e quindi penalizzate in sede di contrattazione del finanziamento, in Trentino il 93,4% delle microimprese che ha richiesto credito lo ha ottenuto. Ciò significa che questo tipo di imprese non ha sostanzialmente problemi nel rapportarsi all’ente creditizio e che i bisogni finanziari vengono quasi automaticamente e-sauditi. A dimostrazione di ciò, la scarsa propensione a farsi assistere nella richiesta di finanziamento da un consorzio garanzia fidi: fra le aziende che hanno ottenuto il credito richiesto, solo il 26% ha avuto esito positivo beneficiando dell’assistenza di un consorzio di garanzia, mentre la stragrande maggioranza è riuscita a otte-nere il finanziamento rispettando fin da subito i vincoli in termini di garanzie pre-tese dall’ente erogatore.

4.3 Rapporti con il sistema bancario Abbiamo appena visto come le microimprese trentine possano vantare un am-plissimo accesso al credito. Tale facilità è sicuramente riconducibile alla particolare struttura del sistema bancario trentino, che vede in posizione predominante il credito cooperativo, basato su procedimenti valutativi in parte diversi da quelli comunemente adottati dalle banche commerciali. In particolare, il mondo delle microimprese trentino potrebbe essere considerato un esempio perfetto di quello che in letteratura viene chiamato relationship ban-king, ovvero, quel tipo di relazione unica fra impresa e banca principale. Il rela-tionship banking prevede che l’impresa faccia riferimento ad una sola banca, e che con essa abbia un rapporto esclusivo basato sullo scambio di informazione privata e sensibile riguardante tutti gli aspetti della vita dell’impresa. Nella sua versione più spinta, il relationship banking può prevedere una relazione perso-nale fra banca ed imprenditore, nel senso che può esistere fra l’imprenditore e il responsabile del credito un rapporto tale per cui lo scambio di informazioni fra i

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due non riguarda solamente l’impresa ma oltrepassa i confini del privato, facen-do sì che si instauri una relazione di lunga durata. Di fatto, le imprese del nostro campione dichiarano di fare riferimento ad una sola banca nel 73,8% dei casi (Fig. 4.3), ed è possibile affermare che raramente il numero di banche con cui intrattengono relazioni supera le 2 (20,6%)19

Fig. 4.3 - Proporzione imprese secondo il numero di banche di riferimento. Valori percentuali.

Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Anche nel caso in cui l’impresa dichiara di avere rapporti con più banche, la percentuale gestita dalla banca principale è mediamente del 72,7%, quindi, an-che riferendosi a più istituti, la stragrande maggioranza delle transazioni avvie-ne con una sola banca. A riprova del carattere personale che assume il rapporto banca-impresa in Trentino, la banca principale dell’impresa è nella maggior parte dei casi una cassa rurale, indipendentemente dal numero di banche con cui l’impresa intrat-tiene rapporti (Tab.4.18): ad esempio, anche nel caso in cui l’impresa dichiari di intrattenere rapporti con tre banche diverse, la principale fra esse è nel 66,7% dei casi una Cassa Rurale.

19 In base ai dati di un’indagine del 2003 riferita all’intero territorio nazionale le imprese con un numero di addetti com-presi fra 11 e 20 si riferiscono ad un numero mediano di banche pari a 3; considerando invece tutte le imprese con più di 10 addetti, il numero mediano di banche è pari a 5.

73,9

20,6

4,1 1,2 0,30

10

20

30

40

50

60

70

80

Una banca Due banche Tre banche Quattro banche

Cinque banche

Banche di riferimento

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Tab. 4.18 - Proporzione di imprese secondo tipologia della banca principale e secondo il numero di banche di riferimento. Valori percentuali. Numero di banche Cassa Rurale Altra banca Una banca 81,5 18,5 Due banche 74,5 25,5 Tre banche 66,7 33,3 Quattro banche 56,0 44,0 Cinque banche 100,020 0,0 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Le casse rurali, a differenza di altre banche commerciali, sono realtà tenden-zialmente piccole e molto legate al territorio, per cui esse possono contare su una rete di relazioni che sottende la possibilità di avere molte informazioni diret-te circa le imprese che richiedono prestito. Il procedimento valutativo dunque, pur rispettando criteri standard, si arricchisce di elementi personali che di norma risolvono i problemi informativi e permettono quindi un più ampio accesso al credito.

Se uno dei motivi principali per cui un’impresa si rivolge a varie banche è di non incorrere in restrizioni creditizie basate su problemi di scarsa informazione, nel sistema bancario trentino questo assunto viene meno, e le imprese non hanno concretamente bisogno di rivolgersi a più di una banca, perché sanno che la loro banca di riferimento difficilmente non concederà loro credito.

Nonostante i buoni rapporti con il settore creditizio, nel 2009 l’80,7% delle microimprese non ha richiesto nuovi finanziamenti bancari, motivando la loro scelta dichiarando che non hanno richiesto tali finanziamenti perché non ne hanno avuto bisogno (Tab. 4.19). Inoltre, il 5,3% sostiene di non essere ricorso al sistema bancario ma ad altro canale, avvalorando la tesi per la quale la situa-zione patrimoniale, o i canali informali di finanziamento, permettono alle mi-croimprese di non dover ricorrere a fonti esterne per il recupero delle risorse.

20 Il dato in corrispondenza delle imprese che intrattengono rapporti con 5 banche può essere considerato un’anomalia, o comunque influenzato dal numero esiguo di imprese che dichiarano questo numero di banche (in totale, sono solo 7 sulle 2134 imprese appartenenti al campione).

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Tab. 4.19 - Proporzione di imprese secondo la motivazione offerta per non aver richiesto finanziamento. Valori percentuali. Motivi per mancata richiesta finanziamento Totale imprese Non ne aveva bisogno 82,8 Ricorso ad altro canale 5,3 Interessi/commissioni troppo elevati 3,0 Troppa documentazione da presentare 1,2 Mancanza di informazioni sul come ottenerlo 1,0 Convinzione di non ottenerlo 2,7 Finanziamento già chiesto in precedenza 4,0 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

Anche se fra le microimprese trentine non sembra sussistere il problema del razionamento del credito, abbiamo comunque chiesto agli imprenditori quale aspetto della vita dell’azienda verrebbe più fortemente colpito qualora vi fosse un rifiuto da parte del settore creditizio nell’offrire supporto.

Abbastanza sorprendentemente, il 40,8% degli intervistati dichiara che qualo-ra gli fosse negato l’accesso al credito bancario, sarebbero gli investimenti in macchinari a risentirne maggiormente seguiti dalla gestione ordinaria dell’azienda (31,0%) (Tab. 4.20). Tab. 4.20 - Proporzione di imprese secondo le voci potenzialmente influenzate dalla mancanza di finanziamento bancario. Valori percentuali. Aree di influenza mancato finanziamento bancario Imprese Investimenti in macchinari 40,8 Investimenti in R&S 12,2 Investimenti per l'export 2,4 Formazione 1,9 Marketing e pubblicità 6,1 Gestione ordinaria 31,0 Altro 5,7 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

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CAPITOLO 5

La situazione delle microimprese durante il 2009 Canzian Giulia L’ultimo capitolo di questo rapporto cerca di analizzare la situazione congiuntu-rale che hanno affrontato le microimprese trentine durante il biennio di crisi, ed in particolare durante il 2009. I dati dell’indagine non permettono di delineare la situazione in tutti i suoi aspet-ti, ma si focalizzano sulle difficoltà finanziarie che hanno sostenuto le imprese nel periodo suddetto. Completando queste informazioni con le elaborazioni del-la Camera di Commercio di Trento condotte sulla base della loro Indagine Con-giunturale, è possibile avere un quadro d’insieme della situazione delle imprese minori durante la crisi. Durante il 2009 le microimprese trentine hanno sofferto meno il calo del valore della produzione rispetto alle imprese di dimensioni maggiori (Tab. 5.1) , nono-stante poi la performance del fatturato non sia così univoca e associ micro e medie imprese (Tab. 5.2). Di certo, le imprese più piccole, non potendo contare su meccanismi di prote-zione dell’occupazione estesi come nel caso delle altre tipologie, hanno fatto registrare il calo più significativo in termini di addetti occupati (Tab. 5.3)

Tab. 5.1 - Valore della produzione secondo dimensione d’impresa. Variazioni percentuali rispetto stesso trime-stre anno precedente. Numero addetti 1° trimestre 2009 2° trimestre 2009 3° trimestre 2009 4° trimestre 2009 Media annua Da 5 a 10 -13,6 -3,8 -1,7 2,6 -4,1 Da 11 a 20 -7,3 -8,3 -9,2 -8,9 -8,4 Da 21 a 50 -16,6 -15,1 -20,0 2,8 -12,2 Oltre i 50 -20,3 -16,6 -15,7 -3,6 -14,0 Fonte: Indagine congiunturale della CCIAA di Trento (2009).

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Tab. 5.2 - Fatturato secondo dimensione d’impresa. Variazioni percentuali rispetto stesso trimestre anno pre-cedente.

Numero addetti 1° trimestre 2009 2° trimestre 2009 3° trimestre 2009 4° trimestre 2009 Media annua

Da 5 a 10 -13,7 -11,7 -5,9 1,0 -11,1 Da 11 a 20 -12,0 -9,1 -2,3 -1,8 -9,1 Da 21 a 50 -17,0 -15,6 -5,9 -5,7 -11,0 Oltre i 50 -19,6 -16,5 -18,8 -2,3 -14,3 Fonte: Indagine congiunturale della CCIAA di Trento (2009). Tab. 5.3 - Occupazione secondo dimensione d’impresa. Variazioni percentuali rispetto stesso trimestre anno precedente.

Numero addetti 1° trimestre 2009 2° trimestre 2009 3° trimestre 2009 4° trimestre 2009 Media annua

Da 5 a 10 -6,0 -7,9 -7,9 -4,4 -6,5 Da 11 a 20 -0,8 -2,4 -0,3 -0,9 -2,7 Da 21 a 50 -3,1 -3,6 -2,2 -2,5 -2,8 Oltre i 50 -0,5 -0,8 -0,3 -1,2 -0,7 Fonte: Indagine congiunturale della CCIAA di Trento (2009). Questa panoramica generale dunque vede le microimprese in posizione privile-giata per quanto riguarda la capacità di generare reddito, mentre è comune alle altre imprese la difficoltà in termini di risultato netto. E’ difficile capire se queste debolezze del fatturato hanno portato a problemi finanziari di natura generale, ma in base ai dati della nostra indagine possiamo dire che una buona percentuale di microimprese, il 47,7%, ha dichiarato di aver attraversato, anche solo occasionalmente, un problema di liquidità durante il 2009. Circa la metà delle imprese del nostro campione dunque, ha riscontrato un qualche impedimento nel normale flusso di denaro liquido entrante ed u-scente dalla propria attività, con possibili conseguenze sia sull’operatività quoti-diana che sulle dinamiche strategiche. Coerentemente con il quadro nazionale ed internazionale che ha visto l’industria manifatturiera come vittima principale della crisi economica, dalla disaggrega-zione per settore risulta che sono appunto le imprese appartenenti alla metal-lurgia, alla manifattura e alle costruzioni quelle che più hanno denunciato pro-blemi di liquidità di qualsiasi entità, ovvero, occasionale, frequenti o continuativi (Tab. 5.4).

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LA SITUAZIONE DELLE MICROIMPRESE DURANTE IL 2009

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Tab. 5.4 - Proporzione di imprese che ha dichiarato di aver avuto/non aver avuto problemi di liquidità nel 2009. Valori percentuali. Settori Nessun problema di liquidità nel 2009 Problemi di liquidità nel 2009 Altri Servizi 52,7 47,2 Commercio 53,5 46,5 Costruzioni 48,7 51,3 Manifattura 42,4 57,6 Metallurgia 37,6 62,4 Servizi 60,7 39,3 Trasporti 58,7 41,3 Totale 52,2 47,7 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010). Inoltre, le imprese che dichiarano di aver avuto problemi di liquidità sono più numerose fra le imprese con addetti rispetto alle imprese senza addetti (rispetti-vamente 55,5% e 44,5%). Nel dettaglio, i settori produttivi si diversificano molto per l’intensità dei problemi di liquidità. Innanzitutto, è possibile notare che la maggior parte delle microim-prese trentine ha sofferto di queste problematiche con cadenza saltuaria, con solo il 17,7% delle aziende che ha dovuto fronteggiarle in maniera continuativa. Mentre i problemi di liquidità delle imprese appartenenti ai servizi hanno avuto principalmente natura occasionale (ha dichiarato problemi occasionali rispetti-vamente il 64,8% e il 61,6% delle microimprese dei servizi e degli altri servizi), quelli della manifattura, metallurgia e delle costruzioni sono stati di natura più frequente o addirittura continuativa. Tab. 5.5 - Proporzione di imprese che ha dichiarato di aver avuto problemi di liquidità occasionali, frequenti o continuativi nel 2009. Valori percentuali. Settori Problemi occasionali Problemi frequenti Problemi continuativi Altri Servizi 61,6 19,8 18,6 Commercio 55,2 26,4 18,4 Costruzioni 54,9 27,2 17,8 Manifattura 51,0 30,4 18,6 Metallurgia 44,6 33,7 21,7 Servizi 64,8 20,3 14,8 Trasporti 59,6 26,9 13,5 Totale 56,3 26,0 17,7 Fonte: elaborazioni su dati Indagine sulle microimprese trentine (2010).

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Le microimprese che hanno dichiarato di aver attraversato problemi di liquidità hanno cercato di ovviare a queste difficoltà attraverso il credito bancario: sul totale di imprese che hanno richiesto un prestito nel 2009, il 52,5% lo ha fatto per far fronte alla mancanza di liquidità. D’altra parte, durante il 2009 tali impre-se hanno potuto contare sul sostegno dell’amministrazione provinciale, che ha messo in atto varie misure per sostenere le imprese in difficoltà per la crisi eco-nomica. Fra queste misure si annovera l’iniziativa denominata “Mutuo di riasset-to – I fase”, che è stata principalmente studiata proprio per assistere le aziende che denunciavano problemi di liquidità. Nonostante l’importanza dell’iniziativa, le microimprese trentine non ne hanno fatto largo ricorso. In particolare, fra le microimprese che hanno dichiarato di aver avuto problemi di liquidità, solo il 9,7% ha richiesto il contributo provinciale. Nonostante questo, circa l’80% delle micro aziende che ne ha beneficiato ha dichiarato di aver ottenuto i benefici sperati.

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Bibliografia Bertrand M, Shoar A. (2003), “Managing with style: the effect of managers on firm policies”. Quarterly Journal of Economics, 118(4). Canzian G, Degasperi M, Salvadori A, Zaninotto E. (2010), “Il settore edile trentino”. Mimeo. Corbetta G, Montemerlo D. (1999), “Ownership, governance and management issues in small and medium-size family businesses: a comparison of Italy and the United States”. Family Business Review, 12(4). Hatum A, Pettigrew A. (2004), “Adaptation under environmental turmoil: organizational flexi-bility in family-owned firms”. Family Business Review, 17(3). ISTAT (2012), “Demografia d’impresa”. http://www.istat.it/it/archivio/66506 Marini D. (2009), “Attori (non) protagonisti: le piccole e piccolissime imprese manifatturiere in Italia”. Quaderni FNE, Collana Ricerche n. 57. Mariotti S (2008), “Le relazioni tra internazionalizzazione e innovazione delle imprese nella Provincia di Trento”. Quaderni della Programmazione n.22, Collana Competitività. Sciascia S., Mazzola P. (2008), “Family involvement in ownership and management: explor-ing non linear effects on performance”. Family Business Review, 21(4). Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento (2006), "L'imprenditoria alberghiera in Provincia di Trento 2004". Studi monografici. Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento (2011), “La demografia delle imprese trentine 2002-2007". Comunicazioni n. 27. Zahra S. A. (2005), “Entrepreneurial risk taking in family firms”. Family Business Review, 18(1).

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QUADERNI DELLA PROGRAMMAZIONE Quaderno 1 - Collana Competitività -“Competitività del sistema produttivo” a cura di Roberto Camagni e Enrico Zaninotto Quaderno 2 - Collana Competitività - “Innovazione e nuove tecnologie: analisi e politi-che” a cura di Sergio Mariotti Quaderno 3 - Collana Competitività - “Benchmarking territoriale” a cura di Roberto Camagni Quaderno 4 - Collana Lavoro e Società - “Gli sbocchi occupazionali dei laureati in pro-vincia di Trento” Carlo Borzaga e Beatrice Valline Quaderno 5 - Collana Politiche - “Verso una valutazione d’impatto territoriale di politi-che, piani e programmi” a cura di Roberto Camagni Quaderno 6 - Collana Lavoro e Società - “Domanda e offerta di lavoro in un contesto ad elevata occupazione” Carlo Borzaga e Beatrice Valline Quaderno 7 - Collana Politiche - “L’e-government: da progetto politico a strumenti ope-rativo”a cura di Sergio Mariotti Quaderno 8 - Collana Osservatorio - “Osservatorio sull’economia e la società trentina: una rilevazione campionaria di imprese per lo studio della congiuntura” a cura di Giu-seppe Espa e Roberto Benedetti Quaderno 9 - Collana Politiche – “Dimensione di impresa, demografia industriale e oc-cupazione in Trentino” a cura di Enrico Zaninotto Quaderno 10 - Collana Metodi di valutazione – “Metodi ed applicazioni di ricerca valuta-tiva per la pubblica amministrazione” a cura di Roberto Camagni e Antonio Schizzerotto Quaderno 11 - Collana Lavoro e Società – “Tra lavoro e non lavoro: la situazione delle donne in provincia di Trento” a cura di Carlo Borzaga e Antonio Schizzerotto Quaderno 12 - Collana Lavoro e Società – “Le condizioni di vita delle famiglie trentine. Rapporto di ricerca” a cura di Antonio Schizzerotto e Lorenzo Ziglio Quaderno 13 - Collana Politiche – “Gli incentivi alle imprese industriali e il loro impatto economico” a cura di Enrico Zaninotto

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Quaderno 14 - Collana Competitività – “Competività e internazionazionalizzazione del sistema locale delle imprese” a cura di Sergio Mariotti Quaderno 15 - Collana Politiche – “I patti territoriali in provincia di Trento: un’analisi dei primi risultati” a cura di Nomisma con la collaborazione del prof. Giuseppe Folloni Quaderno 16 - Collana Osservatorio – “La disoccupazione giovanile in Trentino” a cura di Antonio Schizzerotto Quaderno 17 - Collana Metodi di valutazione – “Valutazione economica dei costi sociali della mobilità” a cura di Roberto Camagni Quaderno 18 - Collana Lavoro e società – “L’offerta di asili nido. Comparazioni di effica-cia ed efficienza tra gestioni diverse nel Comune di Trento” a cura di Carlo Borzaga Quaderno 19 - Collana Competitività – “La competitività territoriale nella provincia di Trento” a cura di Roberto Camagni Quaderno 20 - Collana Osservatorio – “Crescita economica e produttività: misure ed applicazioni. Il caso della Provincia autonoma di Trento” Luca Pedrotti, Enrico Tundis, Enrico Zaninotto Quaderno 21 - Collana Osservatorio – “Le condizioni di vita delle famiglie trentine. Se-condo Rapporto” a cura di Giovanna Fambri e Antonio Schizzerotto Quaderno 22 - Collana Competitività – “Le relazioni tra internazionalizzazione e innova-zione delle imprese nella Provincia di Trento” a cura di Sergio Mariotti Quaderno 23 - Collana Osservatorio – “Le donne trentine tra famiglia e lavoro” a cura di Antonio Schizzerotto e Giovanna Fambri Quaderno 24 - Collana Osservatorio – “Nuovi studi su crescita e produttività nel Trenti-no” a cura di Matteo Degasperi e Enrico Zaninotto Quaderno 25 - Collana Osservatorio – “Il modello econometrico multisettoriale del Tren-tino” a cura di Federico Podestà Quaderno 26 - Collana Osservatorio – “La condizione degli ultracinquantenni in Trenti-no: lavoro, famiglia, servizi e bisogni” a cura di Sonia Marzadro Quaderno 27 - Collana Competitività – “Reti di impresa e idee motrici” a cura di Enzo Rullani Quaderno 28 - Collana Lavoro e società – “Relazioni di qualità: il capitale sociale in Pro-vincia di Trento” a cura di Carlo Borzaga

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