il milione: resoconto di un veneziano in partibus orientis

74
- 1 - Universiteit Gent Faculteit Letteren en Wijsbegeerte Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis Promotor: Prof. Dr. Sabine Verhulst Sofie Van Cleemput Master in de Taal- en Letterkunde: Italiaans-Frans Academiejaar 2009-2010

Upload: leduong

Post on 10-Jan-2017

218 views

Category:

Documents


2 download

TRANSCRIPT

Page 1: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 1 -

Universiteit Gent Faculteit Letteren en Wijsbegeerte

Il Milione:

resoconto di un veneziano in partibus Orientis

Promotor: Prof. Dr. Sabine Verhulst

Sofie Van Cleemput Master in de Taal- en Letterkunde: Italiaans-Frans Academiejaar 2009-2010

Page 2: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 2 -

INDICE

INDICE - 2 -

1. INTRODUZIONE - 4 -

2. ABBOZZO SOCIO-CULTURALE E VISIONE DELL’ORIENTE - 7 -

2.1 IL CLIMA SOCIO-CULTURALE - 8 -

2.1.1 LA NUOVA BORGHESIA MERCANTILE - 8 -

2.1.2 UNA DOPPIA MENTALITÀ OCCIDENTALE - 10 -

2.2 LA RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO ORIENTALE - 11 -

2.2.1 L’ORIENTE NELLE CARTE GEOGRAFICHE - 11 -

2.2.2 L’AUTORITÀ DELLA TRADIZIONE ENCICLOPEDICA - 13 -

2.2.3 I VIAGGI FATTI DAI MISSIONARI E DAI MERCANTI - 14 -

2.3 CONCLUSIONE - 16 -

3. LA QUESTIONE DEL GENERE - 18 -

3.1 IL MILIONE O LE DIVISAMENT DOU MONDE, OPERA COMPOSITA - 18 -

3.2 IL MILIONE, RESOCONTO DI VIAGGIO? - 19 -

3.2.1 «COME LO GRANDE KANE MANDÒ MARCO, FIGLIUOLO DI MESSER NICCOLÒ, PER SUO MESSAGGIO…» - 19 -

3.2.2 LA LETTERATURA ODEPORICA NELL’EPOCA MEDIEVALE - 20 -

3.2.3 IL MILIONE, ENCICLOPEDIA DEL MONDO ORIENTALE - 22 -

3.3 NARRAZIONE E DESCRIZIONE - 24 -

3.3.1 REGISTRI ANTITETICI - 24 -

3.3.2 LA DESCRIPTIO - 24 -

3.3.3 LE FORME NARRATIVE - 25 -

3.4 CONCLUSIONE - 34 -

Page 3: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 3 -

4. CHI HA SCRITTO IL MILIONE? - 35 -

4.1 INTRODUZIONE: LA DOPPIA AUTORIALITÀ - 35 -

4.2 LA FIGURA DI RUSTICHELLO DA PISA - 36 -

4.3 LE MODALITÀ DI COLLABORAZIONE - 39 -

4.3.1 MESCIDANZA E IBRIDISMO, SEGNI DI UNA COLLABORAZIONE DIVERSIFICATA - 39 -

4.3.2 LA VOCE RAMMEMORANTE O GLI APPUNTI SCRITTI? - 41 -

4.3.3 LA «POLIVOCITÀ DELL’ENUNCIAZIONE» - 44 -

4.4 LA TRADIZIONE POLIANA: IL MILIONE NEI SUOI NUMEROSI VARIANTI - 46 -

5. MARCO POLO E IL CONFRONTO CON ‘L’ALTRO’ - 48 -

5.1 INTRODUZIONE: CULTURE A CONFRONTO - 48 -

5.2 MARCO POLO E L’ESOTICO - 49 -

5.3 LO SGUARDO CON GLI OCCHI DELLA CULTURA - 51 -

5.4 «UNA RETORICA DELL’ALTERITÀ» - 54 -

5.5 MARCO POLO E L’IMAGOLOGIA DELL’ASIA - 60 -

6. CONCLUSIONE - 65 -

7. BIBLIOGRAFIA - 70 -

FONTI PRIMARIE - 70 -

FONTI SECONDARIE - 70 -

ARTICOLI E SAGGI - 70 -

LIBRI - 73 -

SITI - 74 -

Page 4: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 4 -

1. INTRODUZIONE

1271. Si avvia l’avventura famosa del viaggiatore duecentesco Marco Polo. Il veneziano, nato

in una famiglia mercantile, si dirige verso l’Oriente in seguito al padre e allo zio. Ci rimarrà

per diciassette anni, scoprendo nuovi paesi, incontrando popoli stranieri, e svolgendo

missioni diplomatiche all’incarico del gran sovrano mongolo Kublai Khan. Una vicenda del

tutto straordinaria nell’Europa medievale, ampiamente descritta e commentata nell’opera

intitolata, a secondo della tradizione manoscritta, le Divisament dou monde o il Milione, il

frutto di una collaborazione tra il viaggiatore Polo e il romanziere Rustichello da Pisa, nato in

circostanze ancor più eccezionali in carcere a Genova.

Il tema del viaggio, come anche l’esplorazione dello sconosciuto, hanno incuriosito per secoli

e continuano tuttora ad affascinare le menti più diverse. Perciò, l’opera di Marco Polo,

sfruttando questi temi allettanti, è considerata senza dubbio come il ‘libro di viaggio’1 più

celebre del Medioevo. Un’opera enigmatica che provoca tanti punti d’interrogazione.

Rimangono molte lacune sulla vita del mercante veneziano, nonché sulla figura ancor più

sfuggente di Rustichello da Pisa, coautore del Divisament. Nel libro stesso si intrecciano tanti

contenuti e stili divergenti, creando una struttura composita in cui è difficile decifrare le

intenzioni e le finalità dell’autore. Sfortunatamente, la fine del Milione è brusca, avvolgendo

ancor più di fascino e di mistero questa opera singolare.

In questa tesi, mi incentro su alcune questioni nevralgiche concernenti il libro poliano.

Pongono la critica di fronte a problemi cui è difficile fornire una soluzione univoca e

indiscutibile. Tenendo conto della varietà di opinioni, cercherò di comporre un quadro

onnirappresentativo che approfondisce ognuna delle tematiche discusse dagli studiosi.

1 di Si nota che la nozione ‘libro di viaggio’ copre un insieme vasto di generi letterari. La denominazione di ‘libro di viaggio’ nel caso del Milione sarebbe troppo generalizzante. Al soggetto, si vede il capitolo 3: «La questione del genere».

Page 5: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 5 -

In prima istanza, mi soffermo sulle circostanze socio-culturali nel Duecento italiano,

cercandovi i principali elementi che permettono di contestualizzare il Milione e di spiegare il

modo in cui viene raffigurata la realtà orientale. Poi esamino la questione del genere. Come

sostengono le ricerche, è impossibile conferire al resoconto poliano uno statuto letterario

ben preciso. Indago il perché di questa disomogeneità elencando l’insieme di forme presenti

nel libro, tracciando le loro caratteristiche e indicando le fonti possibili. Legata all’instabilità

testuale è anche la terza questione che tratta il problema dell’autorialità. Al Milione

collaborano due autori con sfondi socio-culturali diversi. Intendo analizzare questo rapporto

di cooperazione, verificando in quale misura ognuna delle figure abbia contribuito alla

stesura del testo e specificando al contempo la natura degli apporti. Infine, prendo in esame

una delle tematiche forse più incantevoli dell’opera di Marco Polo: il confronto con ‘l’altro’.

Esponente della cultura europea duecentesca, Polo si imbatte in un mondo del tutto diverso

di quello cui è abituato. Questo incontro fra due culture evoca alcune riflessioni sul modo in

cui l’autore raffigura l’alterità orientale. In quale misura è condizionato da pregiudizi

collettivi e da un immaginario tradizionale sul continente del Levante? Quali elementi

determinano il carattere eccezionale della sua rappresentazione? Il ragguaglio di alcuni

contributi critici offrirà i chiarimenti necessari.

I riferimenti testuali

Visto la sua immensa fortuna attraverso i secoli, Il Milione ha conosciuto una complessa

tradizione manoscritta. Alla prima stesura sono subentrate una molteplicità di rielaborazioni

e di traduzioni in varie lingue tra le quali troviamo – oltre i codici franco-italiano, latino,

francese e toscano – delle varianti in veneto, in catalano, in spagnolo, persino nella lingua

tedesca, ecc. La ricostruzione della tradizione poliana costituisce tutt’una problematica a sé

stante della quale si sono occupati molti studiosi.

Page 6: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 6 -

Non è la mia intenzione di entrare nei dettagli del complesso di redazioni che in grado

considerevole o meno divergono sia dall’originale sia tra di loro. Un tale incarico mi

porterebbe troppo lontano dal cuore della mia analisi. Però noto che per quel che riguarda le

citazioni o i riferimenti fatti al Milione in questa tesi, faccio maggiormente ricorso al codice

toscana (T), che assieme al codice latino (Z) e il codice franco-italiano (F) costituiscono le

versioni più prossime all’originale perduto 2. Ho fatto questa scelta preferendo citare nella

lingua più vicina all’italiano moderno, il che aumenta l’omogeneità linguistica attraverso la

tesi.

Tuttavia, è necessario enfatizzare la prudenza con cui si deve riferirsi al testo toscano. Come

dice Cesare Segre nella sua introduzione al Milione nelle redazioni toscana e franco-italiana,

«la versione toscana, oltre ad essere spesso imprecisa, oltre ad equivocare nel tradurre dal

francese, abbrevia violentemente il testo, tagliando o riassumendo»3. Perciò, a volte ho

avuto ricorso alla versione scritta in franco-italiano per completare ossia per verificare le mie

affermazioni. Senza effettuare delle indagini concrete, mi sembrava nondimeno rilevante

anche tenere in mente la ricchezza contenutistica del testo latino (Z). In tal modo, credo di

aver sviluppato un discorso che si rifà alla tradizione manoscritta nella varietà delle sue

attestazioni, senza mai perdere di vista il bisogno di coerenza – dove possibile – con la

composizione originale perduta.

2 Si vede SEGRE, C., Introduzione, in POLO, M., Milione/Le divisament dou monde. Il Milione nelle redazioni

toscana e franco-italiana, a cura di RONCHI, G., Milano, i Meridiani, Mondadori, 20055, p. XVI.

3 Ivi, p.XVIII.

Page 7: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 7 -

2. ABBOZZO SOCIO-CULTURALE E VISIONE DELL’ORIENTE

Quale immagine dell’Oriente si formano i contemporanei europei dei Polo? Tramite quali

fonti il continente asiatico gli è noto? E in quale misura le evoluzioni sul piano socio-culturale

si ripercuotono sulle conoscenze e sulla visione del mondo orientale? Interconnesse tra di

loro, queste sono le domande centrali in questo capitolo esordiale. Infatti, prima di

procedere ad una analisi approfondita del libro marcopoliano, mi pare utile fornire qualche

delucidazione sullo sfondo culturale del Duecento italiano. Una tale contestualizzazione

consente poi al lettore di giungere ad una migliore comprensione ed interpretazione

dell’opera.

Per trovare delle risposte alle domande suddette, ho fatto il confronto tra i contributi critici

che cercano di ricostruire il clima socio-culturale ai tempi di Marco Polo. Alcuni si incentrano

sulle fonti che stabiliscono il modo in cui viene percepita l’Asia. Perciò li ho riuniti nella parte

«la rappresentazione del mondo orientale». Il punto sul «clima socio-culturale» raggruppa le

voci che descrivono come si sviluppa la vita sociale e culturale durante i secoli XII e XIII,

cercando di rintracciarvi qualche indice delle mentalità e delle attitudini sottostanti.

L’insieme degli apporti evoca il quadro socio-culturale generale in cui si inseriscono le figure

dei Polo e di Rustichello da Pisa, fissando al contempo le modalità secondo cui va

interpretata la composizione del Devisament dou monde, ossia del Milione.

Page 8: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 8 -

2.1 Il clima socio-culturale

I critici Corrado Bologna4 o Nunzio Famoso5 approfondiscono le evoluzioni nella società

italiana intorno al Duecento. Esse riecheggiano nel clima culturale e stimolano lo sviluppo,

accanto alla materia tradizionale, di nuovi gusti letterari. Inoltre, gli studi mostrano come lo

sfondo culturale condiziona il modo in cui il pubblico medievale percepisce il mondo. In

concreto, l’attenzione è prestata in prima istanza alla nascita del ceto borghese-mercantile e

alle sue implicazioni sul piano culturale-letterario. Poi segue un’esposizione sulla coesistenza

ai tempi dei Polo di due mentalità per molti aspetti divergenti.

2.1.1 La nuova borghesia mercantile

Corrado Bologna osserva come emerge la nuova classe sociale della borghesia che, con lo

sviluppo dell’economia e della vita comunale nell’Italia centro-settentrionale e nord-

orientale, si afferma predominante. Invece, la società feudale subisce un movimento inverso

e in parallelo alle vicende nell’oltralpe, anche in Italia gradualmente si spegne. Concorda lo

studioso Nunzio famoso che si incentra più specificamente sul ceto della borghesia

mercantile. Infatti, nelle città marinari come Venezia, la moltiplicazione dei rapporti

commerciali genera uno scambio importante non solo di merce, ma anche di conoscenze e

di idee. Il mercante adotta una mentalità propria, sensibile ai valori del denaro e degli affari.

Coltiva il gusto dell’intraprendenza ed un modo di agire più pratico ed utilitaristico.

4 BOLOGNA, C., «La letteratura dell’Italia settentrionale nel Duecento», in ANTONELLI, R., e.a., (a cura di), Letteratura italiana. Storia e geografia, Vol.1, L’età medievale, Torino, Einaudi, 1987; BOLOGNA, C., «La letteratura dell’Italia settentrionale nel Trecento», in cit. 5 FAMOSO, N., «L’uomo errante: “Il Milione” e la sua modernità», in PALAGIANO, C., e.a., (a cura di), L’impresa di

Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media editore, 2007, pp. 101-108.

Page 9: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 9 -

Del resto, la nascita della civiltà borghese implica la presenza di un nuovo pubblico culturale

con le proprie preferenze ed interessi letterari. Il critico Bologna, analizzando le evoluzioni

letterari in ambito borghese, scopre due tendenze principali. D’una parte, rimangono

popolari le opere più tradizionali dell’epica cavalleresca, scritte per lo più nella lingua franco-

italiana. Però, visto che il ceto mercantile cerca delle letture che riflettono i propri valori e il

proprio modo di vivere, il genere subisce una trasformazione essenziale. In essa si palesano

ora le prospettive ideologiche della civiltà borghese-mercantile. Tra gli esempi più celebri

Bologna cita i rimaneggiamenti del Roman d’Alexandre e le riscritture della materia arturiana

con tra l’altro la Chanson de Roland.

D’altra parte, specie in regione veneta, una nuova forma ‘letteraria’ si sviluppa quale

espressione per eccellenza degli interessi mercantili: il libro di viaggio. I mercanti, incuriositi

durante i loro viaggi commerciali, componevano già documenti di carattere utilitaristico: i

portolani – vi si trovano tutte le informazioni necessarie sulle coste e i porti di un

determinato luogo, le tariffe – inventario dei luoghi di commercio, e le pratiche di

mercatura. Fra il Duecento e il Trecento, continua Bologna, questi libri di stampa puramente

commerciale sembrano avviare una nuova pratica, sempre incoraggiata dalla curiosità e dal

fascino per l’esotico: fra gli oggetti personali che il viaggiatore porta con sé si trova lo

zibaldone:

libro-specchio della cultura del mercante, […] forziere cartaceo colmo di eterogenei,

preziosi materiali derivanti dalle fonti più disparate (libri di viaggio, di mercatura, di

letteratura), la cui crescita si modula proprio secondo la scansione esistenziale, giorno dopo

giorno, fatto e idea dopo fatto e idea, senza criteri letterariamente strutturanti né

ordinamenti espressivi che non siano attribuibili al desiderio di conoscenza e all’ansia di

memoria.6

6 BOLOGNA, C., «La letteratura dell’Italia settentrionale nel Duecento», in cit., p. 182

Page 10: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 10 -

Ha ragione il critico, quando accenna che la concezione di letteratura del mercante «apre gli

spazi della modernità»7. Il senso del concreto fa che accanto alle opere d’impronta religiosa

e moralista, il mercante accosta le sue scritture di viaggio e i suoi libri di natura tecnica che

necessita per il lavoro giornaliero. Libri come gli zibaldoni – pure ereditari della letteratura

tradizionale – riflettono quell’accresciuto interesse per il diverso e l’ignoto di cui parla anche

Nunzio Famoso. Sono l’indice, insomma, di una società in transizione che si apre sempre di

più verso gli spazi affascinanti della Terra incognita.

2.1.2 Una doppia mentalità occidentale

Nunzio Famoso analizza le vicende socio-culturali in una prospettiva più ampia. Inserisce la

nuova venuta della classe mercantile entro un quadro onnirappresentativo della cultura

duecentesca, che non solo si caratterizza dai principi dell’economia e del pragmatismo.

Certo, con un entusiasmo uguale a quello di Bologna, lo studioso enfatizza il contributo

decisivo della nuova classe ad un modo di pensare e di osservare che anticipa i tempi

moderni. Tuttavia, nota che persistono certi valori tradizionali di una società in declino che

lascia le sue tracce. Così, si conservano la rigidità sul piano religioso, la forza del pregiudizio e

della superstizione. Il più significativo forse, legato alla sovrastruttura religiosa, è

l’importanza dell’allegoria per cui le cose inafferrabili vengono spiegate tramite un’intera

segnaletica simbolica.

Si costruiscono in tal modo due mentalità culturali. D’una parte, quella marcatamente

‘moderna’ del mercante che favorisce l’osservazione più oggettivo e realistico. Dell’altra, un

modello che mantiene delle forte associazioni al mitico ed al leggendario, espressione di una

mentalità cortese, aggiunge Famoso. Benché derivino di due ambienti profondamente

distinti, i due approcci non si contrastano, ma coesistono in un unico clima culturale che,

invece di eliminare, riadatta certe strutture antiche, creando una concezione duplice del

mondo.

7 BOLOGNA, C., «La letteratura dell’Italia settentrionale nel Duecento», in cit., p. 183.

Page 11: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 11 -

2.2 La rappresentazione del mondo orientale

Quale forma adotta la geografia del continente asiatico negli occhi di un occidentale

nell’Europa medievale? È interessante percorrere al riguardo i documenti principali che

hanno condizionato la rappresentazione del mondo orientale. I critici Cosimo Palagiano e

Simonetta Conti esaminano la cartografia in epoca medievale e ne traggono alcune

conclusioni rilevanti. Viene poi presa in considerazione la lunga tradizione enciclopedica il cui

influsso sulla concezione dell’Asia non può sottovalutarsi. Inoltre, gli studiosi Palagiano, Carlo

Ghisalberti e Cesare Segre danno qualche precisione sui resoconti dei viaggi fatti dai

missionari e dai mercanti, e che anche essi fornirono informazioni di un’importanza

considerevole.

2.2.1 L’Oriente nelle carte geografiche

Chiedendosi quale forma adotta la carta geografica nel medioevo, Simonetta Conti distingue

due categorie delle quali una rappresenta il filone teorico-filosofico, l’altra si riferisce

piuttosto alla prassi. Una distinzione assai significativa, perché sintomatica delle due

mentalità che coesisterono nell’Italia del XIII secolo, specie a Venezia. La prima tipologia di

carte si collega all’ambiente chiuso dei monasteri, in cui prevaleva la rappresentazione del

mondo in chiave religioso-filosofica, quale espressione dell’onnipotenza divina. La seconda è

più tardiva e va situata nell’ambito concreto e pratico del commercio dove il continuo

sviluppo di rapporti commerciali oltremare portava con sé una conoscenza aumentata delle

terre navigate.

Page 12: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 12 -

Cosimo Palagiano e Simonetta Conti concordano sul fatto che la prima categoria di carte si

allontana più dalle realtà geografiche, perché durante il medioevo la concezione di queste

carte, chiamate anche mappamondi o ecumeni circolari, avveniva nei Scriptoria dei

monasteri. Quindi, non sorprende che i monaci-eruditi, occupandosi prevalentemente dello

studio della Bibbia e di altre scritture sacre ed il più spesso non avendo mai viaggiato,

producessero delle «straordinarie immagini che riflettono insieme cognizioni geografiche, le

più varie e vaste per l’epoca, e concezioni religiose legate ai testi sacri e in special modo

all’Apocalisse giovannea»8.

Oltre alla Sacra Scrittura, i frati si rifanno ad altre auctoritates che forniscono informazioni

corrette o meno delle terre orientali: i classici come Sallustio o opere enciclopediche, prima

di tutto le Etimologie di Isidoro di Siviglia. Il critico Palagiano aggiunge all’insieme la fruizione

dei miti e dei racconti favolosi diffusisi in Occidente. Si tratta dunque di un insieme di influssi

sorti da fonti interconnesse tra di loro.

Dall’analisi approfondita di Conti risulta che i ‘cartografi’ monastici attribuiscono all’Oriente

una connotazione ideologica nelle loro raffigurazioni, assimilando la sua collocazione al

Paradiso Terrestre, dove tra l’altro emergono i quattro fiumi biblici. Le carte contengono

componenti geografici, assieme ad un complesso di informazioni teologiche e cosmologiche,

specie di riassunto del sapere medievale. Colpisce come predomina l’immagine dell’Asia

quale continente del prodigio. Gli uomini sono strani o mostruosi, come anche gli animali. Il

frammento ripreso di sotto chiarisce che l’Oriente è considerato al contempo terra lontana e

temibile, ma anche terra delle meraviglie, espressioni della presenza divina:

8 CONTI, S., «L’idea dell’oriente nella cartografia dal medioevo al XV secolo», in PALAGIANO, C., e.a., (a cura di),

L’impresa di Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media editore, 2007, pp. 37-38.

Page 13: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 13 -

[…] in Asia crescono le piante più rare, piante aromatiche e medicinali che […] Dio ha creato

per l’efficacia e le virtù. L’Asia è anche la terra degli animali straordinari, da quelli terrestri,

agli uccelli, ai serpenti, ai coccodrilli sino a giungere a quelli fantastici come il Leviatano,

antesignano dei mostri marini. L’Asia è […] la culla della storia dell’uomo sino alla venuta di

Cristo […] ed infine l’Asia è anche il continente che racchiude popolazioni immonde, che si

trovano lì per non contaminare il resto del mondo e sono quelle popolazioni che

dovrebbero annunciare la venuta dell’anticristo.9

Solo gradualmente sparisce il carattere meraviglioso e miracoloso desunto dalle fonti

menzionate. Come dice Conti, con la moltiplicazione delle missioni in Oriente e con la venuta

dei Mongoli in Europa alla metà del Duecento, gli occidentali dispongono di una conoscenza

più fedele del mondo e delle abitudini orientali, che si riflette anche nei mappamondi.

Inoltre, lo sviluppo dei rapporti intercommerciali tra l’Europa e l’Asia implica l’uso di carte

più concrete ed accurate sul piano geografico. Cosimo Palagiano illustra questa seconda

tipologia cartografica rinviando alle carte nautiche. Esse vengono confezionate in atelier

appropriati da cartografi veri e propri che ottengono le loro informazioni appunto dai

viaggiatori di commercio.

2.2.2 L’autorità della tradizione enciclopedica

Un’altra fonte che forse più delle altre determina l’immagine che gli eruditi si fanno del

continente asiatico sono le opere di carattere enciclopedico. Come notano tra l’altro Cesare

Segre10 e Umberto Eco11 , si tratta il più spesso di opere dell’antichità classica e di

enciclopedie, autorità stabilite cui si rifanno sempre le generazioni successive. Come già

accennato, questa tradizione nutre anche la cartografia medievale.

9 CONTI, S., «L’idea dell’oriente nella cartografia dal medioevo al XV secolo», in cit., pp. 45-46. 10

Si vede SEGRE, C., Introduzione, in cit., p. XX. 11

Si vede ECO, U., «Il “Milione”: descrivere l’ignoto», L’espresso, 1982.

Page 14: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 14 -

Come i cartografi, anche gli enciclopedisti sono eruditi senza esperienza del viaggiare, che

solo prendono per vere le cose dette da libri che attraverso i secoli si sono rivestiti di un’

aureola intoccabile. Molto significative al riguardo le parole di Umberto Eco, quando ci

fornisce la definizione dell’enciclopedista medievale: «Un signore che sedendo a tavolino si

basava sui testi venerabili di Plinio, di Solino, di Isidoro di Siviglia, e via via sulle varie

enciclopedie del secolo XII, lo Speculum Mundi di Vincenzo di Beauvais, o il Trésor di

Brunetto Latini»12.

Cesare Segre si riferisce anche lui al Trésor di Latini, opera enciclopedica di riferimento alla

fine dell’epoca medievale. Spiega come l’autore trae i suoi argomenti dai libri più antichi che

trattano della materia. Inoltre chiarisce come il Trésor ha ispirato una quantità notevole di

autori, come Gossuin de Metz, che composero dei testi intitolati Imago mundi o Image du

monde. Anche qui sono molto scarse le informazioni di valore oggettivo, ad eccezione, nel

caso di Gossuin, di qualche notizia sull’astronomia e di alcune descrizioni geografiche.

Sembra che la lunga successione di opere che sempre raccontano le notizie più fantasiose e

meravigliose sui paesi lontani e ignoti dell’Asia abbia fatto sì che gli eruditi del tempo di Polo

non sapessero far altro che aver piena certezza che questi popolo strani, queste bestie

mostruose, questi oggetti straordinari «dovevano esserci»13.

2.2.3 I viaggi fatti dai missionari e dai mercanti

Ci si può chiedere perché persiste l'immagine dell'Asia quale contrada dei mirabilia, persino

quando si intensificano i rapporti intercommerciali con il continente dell'est e con l'avvento

di alcune missioni diplomatico-religiose di notevole importanza. Gli studiosi Cosimo

Palagiano, Carlo Ghisalberti e Cesare Segre precisano le circostanze in cui si svolsero questi

viaggi, riflettendo sulla misura in cui contribuirono ad una migliore conoscenza delle realtà

orientali.

12

ECO, U., «Il “Milione”: descrivere l’ignoto», cit. 13

Ibidem.

Page 15: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 15 -

Nei loro apporti spiccano due nomi: Giovanni da Pian del Carpine e Guglielmo di Rubruck,

due frati francescani che intorno alla metà del Duecento svolsero delle missioni nella parte

orientale dell'Asia. Focalizzando l’attenzione sulla Historia Mongalorum, scritta dal frate

Giovanni al suo ritorno dell'est, Ghisalberti ritiene come la missione non era soltanto svolta

per motivi religiosi, ma prima di tutto per ragioni politico-diplomatiche. Infatti, a quel tempo

l'Europa occidentale temeva una ulteriore avanzata del potere mongolo, e cercava tramite

un approccio conciliante di istituire dei rapporti con il Gran Khan Güyük. Fallito sul piano

diplomatico, il viaggio di Giovanni sfociava però in un resoconto scritto, composto di una

moltitudine di informazioni utili, specie sulla società mongola e sulla loro organizzazione

militare. Perciò, Ghisalberti considera la Historia uno dei testi più significativi per la

conoscenza del continente asiatico, come si legge nel passo seguente:

Conoscenza e descrizione che risultano innovative nei confronti di quella tradizione e

pongono per il valore storico ed etnografico della Historia Mongalorum, Giovanni da Pian

del Carpine tra coloro che maggiormente hanno contribuito a rendere il mondo occidentale

più edotto delle realtà di un'Asia fino allora poco conosciuta [...]14

Cesare Segre condivide – sebbene in parte – la visione di Ghisalberti. Oppone le relazioni di

viaggio del frate Giovanni e di Guglielmo di Rubruck alle missioni svolte precedentemente

per il loro progetto di raccogliere un ammasso di notizie fedeli sulle strutture politiche e

religiose dei popoli incontrati. Al contempo nota però come la tradizione letteraria, con le

già citate autorità classiche come Plinio, rimane la fonte maggiore che continua ad

alimentare l’immaginazione occidentale, anche se l’Europa medievale dispose di

informazioni più precise e veritiere provenienti da viaggiatori come fra Giovanni ed altri.

14

GHISALBERTI, C., «Sulla "Historia Mongalorum" di Giovanni da Pian del Carpine», in PALAGIANO, C., e.a., (a cura di), L’impresa di Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media editore, 2007, p. 93.

Page 16: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 16 -

Per di più, secondo Segre, i viaggiatori con intenzioni sia commerciali sia spirituali giunsero in

Oriente rapportando solo dei fatti appartenenti al proprio campo d'interesse. Così, gli uomini

di commercio appuntavano l’attenzione «ai valori delle merci e ai cambi, alle consuetudini

commerciali e ai sistemi di trasporto»15. In ambito religioso, la maggior parte dei missionari

focalizzava sulla descrizione dei luoghi sacri. Quindi, mancavano spesso le notizie

geografiche o di natura socio-culturale.

Molto simili anche le constatazioni del critico Palagiano. Benché gli itinerari fatti da Giovanni

da Pian del Carpine e Guglielmo di Rubruck erano di grande importanza per la conoscenza

antropologica e geografica dell’Asia, lo studioso aggiunge alcuni argomenti che contrastano

una conoscenza oggettiva. Secondo lui, alle missioni di carattere diplomatico, militare, o

anche commerciale erano legate il più spesso motivazioni spirituali, le cui finalità erano

tutt’altre che la descrizione di un mondo oggettivo. Oltre a ciò, la diffusione di nuove notizie

non era sempre facile vista l’importanza del segreto diplomatico e commerciale.

2.3 Conclusione

In sintesi, il Duecento italiano conosce alcuni trasformazioni stravolgenti sul piano socio-

culturale. Con l’avvenuta del mercantilismo si impone la nuova classe ponente della

borghesia mercantile, portando con sé un nuovo sistema di valori conformi all’ideologia

borghese. Implica anche delle tendenze nuove in ambito letterario e culturale che riflettono

ormai una mentalità più curiosa e aperta, più incentrata sulla prassi, più vicina al modo di

pensare moderno. Al contempo permangono le tracce della cultura tradizionale che

osservava il mondo con un occhio allegorico, con una mentalità pervasa del fascino per il

mito e lo spazio onirico.

15

SEGRE, C., Introduzione, in cit., p. XX.

Page 17: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 17 -

Questa doppia mentalità si ripercuote sul modo in cui il pubblico occidentale rappresenta il

continente del Levante. Si rintraccia nella cartografia medievale in cui, accanto allo sviluppo

di carte nautiche vere e proprie, è preservata la raffigurazione di forte connotazione biblica.

La persistenza delle auctoritas quali referenze intangibili sostiene la continuità della

tradizione. Simultaneamente l’intensificazione dei viaggi in Oriente converge con

l’aspirazione incrementata di conoscere il mondo e di esplorare oltre i limiti dell’ecumene

nota.

Infine, è di singolare importanza questo abbozzo della mentalità duplice, perché essa si

rispecchia nettamente in vari aspetti del libro di Marco Polo e di Rustichello da Pisa. Infatti,

condizionano sia Marco Polo nella sua ricezione dell’ignoto continente asiatico, sia il

coautore Rustichello da Pisa quanto all’ interferenza di stampa letteraria nel libro.

Page 18: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 18 -

3. LA QUESTIONE DEL GENERE

3.1 Il Milione o Le Divisament dou monde, opera composita

Leggendo il Milione di Polo, il lettore attento scopre presto che il libro presenta un insieme

variegato di contenuti, informazioni e stilemi. Se in un episodio incontra un Marco che parla

della sua esperienza personale durante l’itinerario verso Est, in un altro assiste ad una

descrizione quasi enciclopedica dei costumi e delle località orientali, senza aver preso in

considerazione i vari passi narrativi che li raccontano delle vicende leggendarie dei Khan

mongoli. Ognuno di questi episodi contiene elementi sia contenutistici sia stilistici tipici di

alcuni generi noti o che si sono sviluppati nel Duecento.

Questa costatazione ci porta alla problematica ampiamente discussa dello statuto preciso

del genere del Milione. Vista la natura multiforme del libro, risulta difficile collocarlo in una

categoria letteraria ben precisa. A buon diritto Cesare Segre parla di un «programma di

moltiplicazione dei generi» 16 nella sua introduzione al Milione pubblicato dall’editore

Mondadori nel 1982.

In questo capitolo intendo discutere il tema complesso della multiformità, rifacendomi ad

una serie di contributi critici utili in questa prospettiva. Percorro i diversi generi rintracciabili

nell’opera poliana, cercando poi spiegazioni per la loro coesistenza in un unico libro. Indago

tra l’altro le fonti e le caratteristiche delle forme letterarie – o di altri tipi di scrittura17 –

presenti. Una tale analisi permette di meglio capire eventuali motivi e intenzioni impliciti

dell’autore e forse spiega in parte la straordinaria fortuna che il Milione ha conosciuto

attraverso i secoli fino al giorno d’oggi.

16 SEGRE, C., Introduzione, in cit., p. XXIV. 17

Si nota che una parte delle forme alle quali ha ricorso Marco Polo/Rustichello da Pisa non è di natura propriamente letteraria, ma, ad esempio, di carattere più pratico come le scritture mercantili.

Page 19: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 19 -

Di più, voglio insistere sulla dualità sottostante all’intera opera di Marco Polo e Rustichello

da Pisa, vale a dire sui paradigmi opposti di ‘realtà’ e ‘fantasia’. Questi due concetti

ossimorici si intrecciano continuamente, complicando in tal modo la comprensione delle

finalità dell’opera e delle intenzioni del suo autore, ossia dei suoi autori. Però allo stesso

tempo, è a questo incrocio tra testimonianza veridica e narrazione leggendaria, che il libro

deve la sua peculiarità. Infatti, i vari statuti letterari che si potrebbe attribuire al Milione di

Polo hanno ognuno di loro caratteristiche proprie per le quali vanno considerate piuttosto

come testimonianze autentiche ed oggettive, sia piuttosto come informazioni che

appartengono al reame del fantastico e del favoloso.

3.2 Il Milione, resoconto di viaggio?

3.2.1 «Come lo Grande Kane mandò Marco, figliuolo di messer Niccolò, per suo

messaggio…»18

La nostra conoscenza generale della figura di Polo si limita in molti casi al fatto che lui fu un

veneziano, figlio di mercanti, che fece un viaggio in Oriente e rimase durante un periodo

considerevole della sua vita alla corte del governatore mongolo Kublai Khan, all’incarico di

cui compì missioni diplomatiche attraverso il regno dei Tartari. Quindi nella storia, il

veneziano è noto soprattutto come viaggiatore. Un viaggiatore divenuto famoso per la sua

volontà di raccogliere le avventure e le cose straordinarie viste e udite per le generazioni

successive:

[…] poi che Iddio fece Adam nostro primo padre insino al dì d’oggi, né cristiano né pagano,

saracino o tartero, né niuno huomo di niuna generazione non vide né cercò tante

maravigliose cose del mondo come fece messer Marco Polo. E però disse infra∙sse

medesimo che troppo sarebbe grande male s’egli non mettesse inn-iscritto tutte le

meraviglie ch’egli à vedute, perché chi no∙lle sa l’appari per questo libro.19

18

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 14. 19

Ivi, p. 4.

Page 20: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 20 -

Non sorprende che a prima vista il Milione si presenta come la relazione del viaggio fatto da

Marco. Infatti, i primi capitoli descrivono con esatta indicazione delle date e dei spostamenti

gli itinerari compiuti: prima quelli seguiti dai due fratelli Niccolò e Matteo, poi dai due fratelli

accompagnati dal giovane Marco, le ambascerie all’interno del regno mongolo ed infine il

viaggio di ritorno a Venezia dopo 17 anni. L’autore narra dell’itinerario quale esperienza

personale vissuta dai tre protagonisti – che però sono rappresentati in terza persona. Lo fa

durante i primi 18 capitoli separandoli in tal modo dal resto del libro. Per più informazioni sul

carattere particolare dell’incipit, mi riferisco al mio discorso sulla varietà delle forme

narrative presenti nell’opera poliana20.

Anche quello che segue sembra essere un resoconto delle varie contrade e città attraversate

e visitate da Marco durante le sue ambascerie. Il lettore potrebbe supporre che queste

regioni e città siano state disposte per ordine di vissuto, come al solito nel libro di viaggio.

Però in realtà la dispositio dei capitoli, piuttosto che riflettere le tappe cronologiche delle

divagazioni del nostro protagonista, segue – pure non in modo sistematico – uno schema

determinato, desunto dalla tradizione enciclopedico-trattatistica21.

Alcuni indici dimostrano già che la categorizzazione iniziale di ‘relazione di viaggio’ sarebbe

troppo restrittiva se si prendono in considerazione i vari aspetti costitutivi del libro. La critica

si accorda nettamente sul fatto che il Milione di Polo copre un insieme molto più vasto di

categorie. Per sottolineare questa varietà è interessante soffermarsi sulle affermazioni di

alcuni studiosi in particolare.

3.2.2 La letteratura odeporica nell’epoca medievale

Gioia Zaganelli ci informa un po’ più sul problema dello statuto specifico della relazione di

Marco Polo, partendo da un’analisi che porta sull’insieme delle letterature di viaggio nel

Medioevo.

20 Si vede il capitolo 3.3.3: «Le forme narrative». 21

Si vede le informazioni sul carattere enciclopedico del ‘Milione’ nel capitolo 3.2.3: «”Il Milione”, enciclopedia del mondo orientale».

Page 21: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 21 -

Prendendo in considerazione la quantità notevole di scritti odeporici che ha prodotti l’epoca

medievale, la studiosa nota la difficoltà di discernere in esse delle corrispondenze

sistematiche. Visto il carattere eterogeneo delle opere, la critica si chiede poi se sia corretto

parlare in questi casi del ‘libro di viaggio’ come genere vero e proprio, specie focalizzando

l’attenzione sul Milione di Polo.

In prima istanza, viene negata l’esistenza di un corpus di libri di viaggio che condividono un

gruppo distinto di caratteristiche classificabili in quanto tipiche per la letteratura odeporica.

L’autore si rifà a quattro voci critiche che ognuna sostengono la difficoltà, se non

l’impossibilità di studiare le letterature di viaggio quale unità. Anche se, come dice Giorgio

Raimondo Cardona, il lettore prova una «fortissima impressione di déjà vu»22 quando legge

una varietà di testi del tipo appena citato, non può negare la grande quantità di elementi sui

quali divergono i testi.

In sintesi, la redazione dei libri di viaggio viene influita tra l’altro da fattori contestuali, quali l’

obiettivo specifico del viaggio, la cultura del viaggiatore o ancora il pubblico cui le relazioni

sono destinate. Ovviamente, giocano anche degli elementi stilistici o contenutistici, come

per esempio la variazione degli oggetti, la consistenza della relazione o ancora la misura in

cui la figura dell’autore e quella del viaggiatore-narratore si sovrappongono.

Fatta questa costatazione generale, Gioia Zaganelli si interessa poi al resoconto composto da

Polo, notando che anche questa opera non va letta in modo univoco come relazione di

viaggio. È vero che, contrariamente alla maggioranza dei testi di natura odeporica, il viaggio

in questo caso fu realmente compiuto dal viaggiatore. Torno su questa particolarità che il

Milione condivide solo con un numero limitato di testi del Medioevo. Nonostante la

presenza di un viaggio autentico anteriore alla stesura del testo, la studiosa aggiunge che il

Milione «sia molte cose e cose molto diverse, ma non propriamente un libro di viaggio.»23

22

ZAGANELLI, G., «In margine a due recenti edizioni del Milione di Marco Polo, Critica del testo, 2000, 3, p. 1024. 23

Ivi, p. 1026.

Page 22: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 22 -

3.2.3 Il Milione, enciclopedia del mondo orientale

Pur riconoscendo la pluralità di stili, Gioia Zaganelli insiste fortemente sul carattere

enciclopedico e la sottostante intenzione enciclopedica dell’autore. Percorre alcuni

argomenti a favore: Sul piano del contenuto, nota che nel Milione, l’autore ci informa di

contrade che i Polo in realtà non hanno mai attraversato. Polo estende il suo itinerario verso

le regioni all’ est, all’ovest e al nord col proposito di fornire al suo pubblico la descrizione più

completa del mondo. La rappresentazione autentica del viaggio è secondaria alla volontà di

dischiudere al lettore un mondo per lui sconosciuto, noto solo per vie leggendarie e mitiche.

Sul piano stilistico, questa intenzione si traduce tra l’altro nel modo impersonale in cui

discorre il viaggiatore-narratore. È vero che, in certi episodi del libro, l’autore non svela il suo

entusiasmo provato alla vista di tradizioni o costumi del tutto ignoti e percepiti come

straordinari da un uomo dell’Occidente. Tuttavia, prevale maggiormente il tono ragionato

nelle descrizioni:

Quando l’uomo si parte de Caracoron e de Alcai, ov’è lo luogo ove si sotterrano li corpi de li

Tartari, […] l’uomo vae più inanzi per una contrada verso tramontana, l[a] quale si chiama lo

piano di di Bangu, e dura bene .xl. giornate. La gente sono chiamate Mecricci, e sono

salvatica gente; egli vivono di bestie e ’l più di cerbi. E’ sono al Grande Kane. Egli non ànno

biade né vino; la state ànno cacci<a>gioni e uccellagioni assai, di verno non vi stae né bestie

né uccelli per lo grande freddo.24

Nel brano appena citato, il lettore non discerne soltanto quel modo impassibile di descrivere

gli elementi geografici ed etnografici. Ci ritrova ulteriori indicazioni più sottili dello stile

enciclopedico, riscontrabili, lo dice ancora la studiosa sunnominata, nelle opere

enciclopediche tradizionali, quali Li livres dou Tresor di Brunetto Latini, o le Etymologiae di

Isidoro di Siviglia. Si tratta appunto dell’uso del presente, tempo che permette di porre la

narrazione fuori dall’arco temporale, staccandola dalla figura del viaggiatore come dalla

concretezza dell’itinerario che sta percorrendo.

24

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 85.

Page 23: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 23 -

Il brano anzidetto costituisce l’incipit del capitolo che narra ‘Del piano di Bangu’. Si nota la

prima frase «Quando l’uomo si parte de […], l’uomo vae […]», presente anche nella versione

franco-italiana «Et quant l’en s’en part de […], il ala […]»25. È vero che queste espressioni

fisse, ripetute sistematicamente all’incipit dei vari capitoli, riflettono le varie tappe

nell’itinerario da una regione all’altra. Però al contempo Gioia Zaganelli vede in esse l’affinità

con quelle altre formule espresse da Brunetto Latini nella sua enciclopedia del mondo. La

studiosa Valeria Bertolucci ha dunque ragione quando constata una «sovrapposizione

dell’enciclopedia sull’itinerario»26.

Ancora secondo Gioia Zaganelli, c’è un ultimo elemento di natura strutturale che evidenzia il

carattere enciclopedico del Milione. La studiosa nota come l’ordine, indicato dagli autori,

secondo il quale le varie informazioni vengono date, sia un ordine tematico, tipico

dell’enciclopedia. A questo proposito, la critica sottolinea l’analogia con le Etymologiae di

Isidoro di Siviglia. Nei due casi i soggetti sono disposti tematicamente, con l’attenzione

iniziale rivolta agli uomini, poi agli animali di terra, ai pesci ed agli uccelli e infine alle gemme

ed alle pietre.

Infine, la studiosa riconosce nel Milione un genere multiforme e con questa costatazione

concorda con critici quali Cesare Segre27 o Alvaro Barbieri. Infatti, nella ricerca di una buona

definizione di genere riprende le parole espresse da quest’ultimo: nell’opera composita si

intrecciano «[il] trattato enciclopedico, [la] pratica di mercatura, [la] relazione di viaggio, [il]

roman cortese ecc.»28

25

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 393. 26

BERTOLUCCI PIZZORUSSO, V., «Enunciazione e produzione del testo nel Milione, in Morfologie del testo medievale, Bologna, 1989, pp. 239-240. 27 Si vede l’introduzione di questo capitolo dove riprendo una citazione formulata da Cesare Segre nella sua introduzione al Milione nelle redazioni toscana e franco-italiana. Accennando anche lui la difficoltà con cui definire il preciso statuto dell’opera, parla appunto di «un programma di moltiplicazione dei generi». 28

BARBIERI, A., Introduzione, in MARCO POLO, Il Milione veneto, ms. CM 211 della Biblioteca Civica di Padova, a cura di BARBIERI A. e ANDREOSE A., Venezia, Marsilio, 1999, p. 29.

Page 24: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 24 -

3.3 Narrazione e descrizione

3.3.1 Registri antitetici

Alvaro Barbieri è un altro critico che si è occupato dello studio dei generi presenti nel libro di

Marco Polo e Rustichello da Pisa. Diverso dalle intenzioni di Gioia Zaganelli, Barbieri non si

dedica all’analisi approfondita dello stile enciclopedico. Parte dall’ipotesi di lavoro che nel

Devisement dou monde29 è presente una dicotomia tra descrizione e narrazione. Secondo lui

tutti i modelli testuali di cui è composto il libro, si ripartiscono sotto queste 2 categorie. Di

più, aggiunge che questa dicotomia non è soltanto visibile nella divergenza di tonalità, ma

anche nella prassi della redazione, ad esempio nell’uso di tempi diversi.

3.3.2 La descriptio

Visto sotto quest’angolo, le parti enciclopediche discusse da Gioia Zaganelli, vanno integrate

nel registro descrittivo. Infatti, la descriptio, dice Barbieri, si caratterizza sul piano tematico

da un discorso sulla geografia e l’etnografia dei paesi visitati, informazioni tipiche del genere

dell’enciclopedia. Sul piano stilistico, anche lui menziona lo sguardo del tutto immobile e

impassibile con il quale gli autori descrivono le loro osservazioni. Per di più, nota come negli

episodi descrittivi viene utilizzato in modo consistente il tempo del presente ‘acronico’,

tempo che esclude il flusso del tempo e così eternalizza gli enunciati.

Infine, Barbieri si riferisce alla disposizione del materiale informativo. L’autore si accorda al

discorso della Zaganelli, affermando come l’organizzazione strutturale degli episodi

descrittivi è desunta dalla tradizione enciclopedica. Aggiunge che la descriptio gioca un ruolo

significativo per quel che riguarda la coesione. Infatti, l’insieme dei passi di natura didattico-

informativa garantisce, quanto una specie di filo rosso, la consistenza e la stabilità dell’intero

resoconto.

29

Nell’articolo di Barbieri cui mi riferisco, «Il ‘narrativo’ nel Devisement dou monde: Tipologia, fonti, funzioni», l’autore ricorre alla redazione franco-italiana per la sua analisi.

Page 25: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 25 -

Barbieri nota però che, oltre l’erudizione delle preesistenti enciclopedie medievali, il registro

descrittivo si ispira agli schemi tipici dei manuali commerciali e delle scritture prodotte dai

mercanti. I cambiamenti sul piano culturale all’epoca dei Polo in combinazione con

l’atmosfera mercantile in cui cresce Marco, spiegano la logica dietro questo influsso.

Secondo lo studioso, sono questi due elementi a plasmare l’identità del libro.

3.3.3 Le forme narrative

È importante sottolineare che il critico oppone le suddette caratteristiche descrittive a quelle

del registro narrativo. Barbieri dichiara decisamente il predominio della descrizione

nell’opera poliana, sia dal punto quantitativo che dal punto qualitativo. Però il suo scopo è

diverso. Barbieri vuole rivolgere la sua attenzione al registro narrativo, svelando le varie

forme testuali di cui è composto e mostrando come anche questa varietà di testi coopera a

dare senso all’opera.

Per completezza, riprendo lo schema tripartito di Wetzel cui lo studioso si riferisce30. In base

a parametri tematici, Barbieri ripartisce il materiale narrativo in tre categorie: il narrativo

(auto)biografico, il narrativo storico-dinastico ed il narrativo di natura aneddotico-edificante,

ossia le ‘forme brevi’. Considera a parte l’episodio (auto)biografico e poi focalizza i due ultimi

tipi, notando come essi si disperdono in modo discontinuo attraverso l’opera.

3.3.3.1 Il prologo, avantesto biografico

In prima istanza il narrativo del tipo (auto-)biografico viene identificato con il prologo del

Milione. La narrazione delle vicende autobiografiche di Marco e prima dei due fratelli

Niccolò e Matteo, si presenta come specie di avantesto che narra dell’andata in Oriente e del

ritorno a Venezia. Così, i primi 18 capitoli si avvicinano più degli altri alla relazione di viaggio:

30 WETZEL, H.H., «Il Milione di Marco Polo fra descrizione e racconto», in Narrations brèves. Mélanges de

littérature ancienne offerts à Krystyna Kasprzyk, Warszawa, Publications de l’Institut de Philologie Romane, 1993, pp. 103-109.

Page 26: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 26 -

Messer Nicc[o]lao e messer Matteo e Marco, figliulo di messer Niccolao, si misero ad

andare tanto che egli si erano giunti ove era lo Grande Cane, ch’era a una città ch’à nome

Chemeinfu, cittade molto ricca e grande. Quello che trovaro nella via no si conta <ora>,

perciò che si conterà inanzi.31

Il brano, tratto dal tredicesimo capitolo, pone in primo piano i protagonisti del prologo,

Niccolò, Matteo e Marco, e descrive il loro arrivo alla corte del Gran Khan. È significativo

come l’ultima frase segnala in modo sottile il distacco tra la narrazione del viaggio dei Polo

ed il resoconto – di natura descrittivo-enciclopedica – delle cose che vi scoprono. Distacco

dichiarato esplicitamente dal narratore quando chiude il suo discorso introduttivo con le

parole: «Or v’ò conta[to] lo prolago de∙libro di messer Marco Polo, che comincia qui»32.

Anche sul piano formale il prologo si differenzia dal corpo del libro nel modo in cui sono

formulati i titoli che introducono ognuno dei capitoli. Essi si riferiscono sia ai due fratelli Polo,

sia a Marco, sia ai tre protagonisti insieme, seguiti quasi sempre da un verbo di movimento

quale venire, partire, tornare, etc. Tra gli esempi troviamo: «Come li due fratelli […]»33,

«Come messer Marco […]»34, «Come messer Niccolao e messer Mafeo e messer Marco

[…]»35. In alcuni titoli compare il nome del Grande Kane, questo però nel contesto delle

ambascerie che il governatore impone ai suoi ambasciatori: «Come lo Grande Kane mandò

Marco, figliuolo di messer Niccolò, per suo messaggio»36. La storia dunque di un andare e

venire, del viaggio verso Oriente, del ritorno in Occidente, e delle missioni all’interno del

regno dei Tartari.37

31

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 13. 32

Ivi, p. 20. 33

Ivi, p. 10, 11, 12, 13, 14. 34 Ivi, p. 16. 35 Ivi, p. 17, 18. 36 Ivi, p. 14. 37 Si nota che il distacco formale è ancora più chiaro nella versione francese (F) del libro dove la formula «Comant les II frers […]» si distingue nettamente dalle parti enciclopediche introdotte dall’espressione «Ci devise de […]» seguito da paesi, regioni o città.

Page 27: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 27 -

Del resto, il prologo, oltre che essere resoconto dell’esperienza personale dei Polo, svolge

ancora un’altra funzione di un’importanza più fondamentale. Sono unanimi i critici a vedere

in questo avantesto una laudatio di Marco Polo e dei suoi. Come afferma Cesare Segre,

all’inizio del Milione le capacità e la saggezza dei fratelli e soprattutto di Marco vengono

sottolineate dal narratore. I protagonisti sono descritti come «nobili e savi sanza fallo»38,

«uomo savio e di grande valore oltra misura»39, «di grande senno e di grande bontà»40, etc.

Valeria Bertolucci indica come questo elogio serve a convincere il lettore della credibilità del

suo autore e così dell’autenticità delle notizie. L’affermazione di veridicità appare pure

esplicitamente sulla prima pagina dell’opera:

E questo vi conterà il libro ordinatamente siccome messere Marco Polo, savio e·nnobile

cittadino di Vinegia, le conta in questo libro e egli medesimo le vide. Ma ancora v’à di quelle

cose le quali elli non vide, ma udille da persone degne di fede, e però le cose vedute dirà di

veduta e·ll’altre per udita, acciò che ‘l nostro libro sia veritieri e sanza niuna menzogna.41

Sono molti le voci critici a riconoscere in questa forma di autenticazione un topos letterario

tipico della cultura medievale42. La Zaganelli collega l’esempio a quello del missionario

Giovanni da Pian del Carpine. Questo frate minore svolse una missione in Oriente non molto

prima del viaggio di Polo. Dal suo viaggio risulta un’opera che descrive la società, i costumi e

le vicende storiche dei Tartari e si chiama appunto la Historia Mongalorum. La studiosa

rivolge l’attenzione all’ultimo capitolo dell’opera. Dopo un resoconto di carattere

trattatistico, il Frate ci descrive il suo itinerario, però non senza mettere in rilievo la serie di

testimoni che ha incontrato durante il percorso. Infatti, con l’enumerazione di testimoni che

garantiscono l’intenzione di sincerità dell’autore, questo capitolo finale vale, allo stesso

modo del prologo poliano, come «sigillo di autenticità»43.

38

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 5. 39

Ivi, p. 14. 40 Ivi, p. 16. 41 Ivi, p. 2. 42 Si vede tra gli altri: BERTOLUCCI PIZZORUSSO, V., «Enunciazione e produzione del testo nel Milione», cit., pp.209-241; ZAGANELLI, G., «In margine a due recenti edizioni del Milione di Marco Polo», cit., p. 1026; BOLOGNA, C., La

letteratura dell’Italia settentrionale nel Duecento, cit., p.185. 43

ZAGANELLI, G., «In margine a due recenti edizioni del Milione di Marco Polo», cit., p. 1025.

Page 28: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 28 -

3.3.3.2 Una Historia Mongalorum

Nella sua classificazione tipologica, Alvaro Barbieri prende anche in esame la narrativa di

carattere storico-dinastico. Attraverso il suo resoconto, Marco prende spesso il tempo per

narrarci della dinastia dei Tartari. Evoca alcune grandi vicende storiche, quali la nascita del

regno mongolo e le prime conquiste, la presa di Bagdad, «grande fatto, imperciò che ’n

Baudac [Bagdad] avea più de .cm. di cavalieri, senza li pedoni»44, o la «grande discordia tra gli

Tarteri del Ponente e quegli del Levante»45. Poi appaiono digressioni sull’organizzazione

politica, sulle consuetudini militari, nonché sui costumi socio-culturali del popolo turco-

mongolo. Il narratore parla ad esempio della ripartizione del regno tra i figli del Grande Kane,

delle specifiche tecniche guerriere, o ancora del palazzo «di marmo e d’altre ricche pietre; le

sale e le camere […] tutte dorate»46, della vita alla corte, delle abitudini coniugali, etc.

Quindi, il Milione riflette l’intenzione del narratore di comporre la propria Historia

Mongalorum, come fece già il missionario-diplomato Giovanni da Pian del Carpine. Tuttavia,

la critica riconosce un obiettivo più essenziale: la glorificazione del popolo mongolo ed in

particolare del loro Gran Khan, che al tempo di Polo era una delle figure più potenti in

Oriente e oltre:

Vo’ vi cominciare a parlare di tutti gli grandissimi + meraviglie del Grande Kane che aguale

regna, che Coblain Kane si chiama, che vale a dire i∙nostra lingua ‘lo signore degli signori’. E

certo questo nome è bene diritto, perciò che questo Grande Kane è ’l più possente signore

di genti, di terr’e di tesoro che sia, né che mai fue, da Adam infino al die d’oggi. E questo

mosterò ch’è vero in questo nostro libro, sicché ogni uomo ne serà contento.47

44 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 28. 45 Ivi, p. 299. 46

Ivi, p. 92. 47

Ivi, p. 96.

Page 29: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 29 -

Secondo Cesare Segre, il ritratto di Qubilai Khan, vale a dire delle terre, del palazzo, delle

abitudini, persino del carattere e dell’aspetto fisico sono segni dell’ammirazione illimitata

che Polo nutre per il capo del regno durante il suo soggiorno alla corte mongola. Come

Barbieri, Segre crede che dietro la laudatio si celi un motivo ideologico. Infatti, secondo lo

studioso colpisce come, parlando della sua bontà e della sua saggezza, Marco dedichi la sua

oeuvre al Grande Khan nello stesso modo in cui i grandi romans cortesi in Occidente

laudavano le famose figure della storia quali Carlomagno o Alessandro – persone alle quali

però non mancano riferimenti nello stesso Milione.

Gli episodi narrativi – quei della tematica dinastica in primo piano – adottano uno stile

perfettamente in linea con il genere cavalleresco in voga al tempo di Marco. In entrambi i

casi la stilistica epico-cavalleresca contribuisce ad esaltare e mitizzare i personaggi illustri

della storia, che gli scrittori posero al centro dei loro racconti. Per di più, Barbieri menziona

come nel Milione i passi sul Gran Khan portino una forte impronta rustichelliana. Rustichello

da Pisa, romanziere che ebbe già qualche fortuna modesta con il suo Meliadus, era forse più

abile di Marco nell’abbellire i racconti epici sulla lotta contro i musulmani, ossia sulle faide

interne, vista la sua affinità al genere. È una materia che merita uno sguardo più

approfondito nel quarto capitolo dove si prende in esame l’autorialità doppia del Milione.

Per adesso riteniamo la particolarità del modo in cui gli autori familiari ai generi della

letteratura occidentale ne fecero uso per abbozzare il ritratto elogiativo di una figura in

quell’epoca pressoché ignota in Occidente, la figura di Qubilai Khan.

3.3.3.3 Le forme brevi

Infine, i racconti d’impronta aneddotico-edificante costituiscono l’ultimo tipo che Barbieri

distingue all’interno del registro narrativo. Si tratta di un insieme di forme brevi, presenti

anche nella letteratura occidentale del Medioevo. Il critico discute quattro sottotipi:

l’agiografia, l’exemplum, il miracolo e i testi che preannunciano il genere della novella. Allo

stesso modo delle narrazioni sulla dinastia dei Khan, anche questi tipi di racconto sono sparsi

lungo l’opera.

Page 30: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 30 -

Sia Barbieri che Segre illustrano queste forme letterarie tramite esempi in cui rintracciano

caratteristiche tipiche della narrativa aneddotico-edificante. Come era già il caso per le

narrazioni di stampa epica, anche qui colpisce l'intreccio tra fonti orientali da una parte, e

tradizioni letterarie in Occidente dall' altra. Se i passi laudativi dei Mongoli rappresentano «il

rifacimento epico e cavalleresco occidentale di spunti e motivi di poesia storica dell'Asia

centrale» 48 , anche gli esempi sottocitati attestano quella particolare miscela tra

testimonianze orientali autentiche e le leggende diffusesi nell' Europa del secolo XIII.

Alcuni episodi si rapportano ai racconti agiografici. Così, nei capitoli 30 e 31 della versione

toscana del Milione, Marco narra la storia dei Re Magi. La notizia costituisce una

testimonianza particolarmente interessante perché - come si può leggere nella nota al

testo49 - è l'unica ad esser mutuata direttamente da fonti orientali. Infatti, si tratta di una

versione genuina che non si è mai diffusa in Occidente. Barbieri aggiunge però che per

quanto il testo rifletta la leggenda orientale, lo scrittore sia condizionato dalle tradizioni a lui

più note. Quindi, è inevitabile che la storia dei Magi contiene alcune riscritture in chiave

occidentale.

Spicca ancora più per la descrizione dettagliata il capitolo dedicato alla vita del Buddha, cui

l'autore si riferisce col nome «Sergamon Borgani»50. Benché in Occidente si fossero già

diffuse delle notizie sulla vita del Buddha, nella forma agiografica dei santi Barlaam e

Giosafat, gli studi compiuti da Eugenio Burgio51 rivelano che si tratta della prima biografia

completa in Occidente. La conclusione di Barbieri è simile a quella dell'episodio sui Re Magi.

Di nuovo, l'autore si ispira ai testi autentici della mitografia buddhista, ma interpreta certi

passi dal suo punto di vista ideologico. La ripresa di un brano del racconto permette di

chiarire questa conclusione:

48

OLSCHKI, L’Asia di Marco Polo. Introduzione alla lettura e allo studio del Milione, San Giorgio Maggiore (Venezia), Fondazione «Giorgio Cini», 1975, p.353. 49 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p.34. 50 Ivi, p. 254. 51 BURGIO, E., Marco Polo e gli ‘idolatri’, in Le voci del Medioevo. Testi, immagini, tradizioni. Atti del VII Convegno internazionale (Rocca Grimalda, 21-22 settembre 2002), BARILLARI, S. M., (a cura di), Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2006, pp. 31-62.

Page 31: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 31 -

E [il padre del Buddha] disse che questo suo figliuolo era morto .lxxxiiij. volte, e disse che

quando morìe la prima volta diventò bue, e poscia morìo e diventò cane. [...] tuttavia

diventava qualche animale, o cavallo od uccello od altra bestia; ma in capo

dell'ottantaquattro volte dicono che morìo e diventò idio. [...] E sappiate che questi fue il

primo idolo che <fosse> fatto, e da costui sono discesi tutti l'idoli. [...] E∙ssì vi dico che

gl'idolatori dalle più lontane parte vi vengono in pelligrinaggio, siccome vanno i cristiani a

Sa∙Iacopo in Galizia.52

Il brano costituisce la parte finale in cui muore il Buddha. Ci fornisce informazioni sulla

tradizione della reincarnazione propria alla fede buddhista. Queste notizie sono desunte da

fonti asiatiche e permettono al lettore occidentale di familiarizzarsi con certe credenze che

gli sono ignote. Tuttavia, Barbieri indica come l'autore presenta la materia nei propri termini

ideologici, assimilando la morte del Buddha alla nascita dell'idolatria, ovvero del politeismo.

Per di più, Barbieri e Segre concordano sul racconto che meglio illustra l’aspetto

dell’exemplum. Oltre alla sua rilevanza storica, il passo sulla morte dell'ultimo califfo

abbaside gioca un ruolo edificante che si realizza nel dialogo tra il sovrano mongolo Alau e il

califfo di Baghdad. Infatti, il vincitore Alau punisce il califfo per la sua avarizia. Quest’ultimo

non vuole investire il suo grande tesoro nella difesa della sua città e del suo popolo e perciò

viene rinchiuso in una torre, solo con le proprie ricchezze, senza niente da mangiare o da

bere. Come nota Segre, il contenuto mostra alcune somiglianze con la leggenda del re Mida.

Anche il califfo, in senso figurato, non può far altro che mangiare i suoi tesori d’oro e perciò

muore di inanizione.

52

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 255-256.

Page 32: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 32 -

Nel Milione, a volte denominato ‘Livre des merveilles’53, non mancano i récits brefs che

narrano vicende miracolose. Con il termine mirabilia, Barbieri intende due tipi di miracolo

che pervadono l’opera poliana. Primo, il meraviglioso geografico, ovvero la registrazione di

anomalie, quali le bestie mostruose ossia i popoli sproporzionati, incontrati in certe regioni

del continente asiatico. Nel prologo siamo incitati a leggere «questo libro dove le troverrete

tutte le grandissime maraviglie e gran diversitadi delle genti d’Erminia, di Persia e di Tarteria,

d’India e di molte altre province»54. Il prologo sottolinea l’importanza di questo tipo, che

costituisce anche il gruppo più ampio.

In secondo luogo, Barbieri prende in considerazione il meraviglioso cristiano che esemplifica

tra l’altro con l’esempio dello spostamento di una montagna, originato dalla preghiera di un

semplice ciabattino. Qui, il miracolo contribuisce a mettere in rilievo la fede cristiana, di

fronte alle credenze inferiori soprattutto dei musulmani. Aggiunge Segre che in non poche

occasioni, gli episodi sulla convivenza tra cristiani e saraceni adottano la forma del miracolo.

Parlando del genere in termini più generali, Gioia Zaganelli55 spiega che a partire dal secolo

XIII, i mirabilia occupano una posizione fondamentale nelle relazioni di viaggio e nei testi

enciclopedici. Non solo provocano emozioni di stupore e di sbalordimento presso il lettore,

costituiscono per di più un modo di appropriarsi un mondo altro, un’alterità cui l’uomo

occidentale non si è abituato. Questa è un’interpretazione anche adottata da Cesare Segre

quando nell’introduzione al Milione56

nota come i mirabilia vanno intesi non solo come un

insieme di bizzarrie, ma come la misurazione degli «scarti, anche nelle credenze e nelle

usanze, rispetto alle norme del mondo […] noto». Questa affermazione vale specie nel caso

del resoconto poliano. Torneremo sulla posizione particolare che occupa il meraviglioso nel

quinto capitolo sul confronto con l’Altro.

53 SEGRE, C., Introduzione, in cit., p. XIX. 54 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 2. 55 ZAGANELLI, G., «Viaggiatori europei in Asia nel Medioevo. Note sulla retorica del mirabile», Studi testuali, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1996, 4, pp. 157-165. 56

SEGRE, C., Introduzione, in cit., p. XXII.

Page 33: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 33 -

Infine i critici riscontrano nel libro alcuni racconti che fanno pensare al genere letterario

nascente della novella: «E di questo Re d’Or sì vi conterò una bella novella […]»57. Prima di

esaminare un esempio in particolare, è interessante chiedersi come gli studiosi occupatisi

della tematica interpretano il termine ‘novella’ o ‘novelle’, nel caso della redazione franco-

italiana Divisament dou monde. Il significato primario della parola è «notizia, resoconto di

eventi». Valeria Bertolucci Pizzorusso indica però come i rinvii alla parola nel Milione vanno

già comprese nella loro valenza tecnica di genere letterario. Le ricerche di Cesare Segre

sostengono questa analisi. Esse mettono in rilievo come il periodo delle prime attestazioni

del termine – nella sua accezione letteraria – si sovrappone all’epoca in cui è scritto l’opera

marcopoliana. Per di più, lo studioso Barbieri nota che nella redazione toscana più tardiva è

aumentato il numero di occorrenze della parola, il che conferma l’ulteriore sviluppo e

diffusione della novella come genere letterario.

Sia Segre che Barbieri inseriscono quattro racconti nel loro elenco illustrativo del genere

della novella. La storia di Aigiarne, figlia del Re Caidu, ne costituisce un bel esempio e illustra

ancora una volta la tendenza marcopoliana a sfruttare le fonti orientali adattandole al

contempo a forme più note al pubblico europeo cui è destinato il libro. Barbieri nel suo

discorso sulla storia, attira l’attenzione su un motivo particolare:

Questa donzella [Aigiarne] si era sì forte che non si trova<va> persona che vincere la

potesse di veruna pruova. Lo re suo padre sì la volle maritare; quella disse che mai non si

mariterebbe s’ella non trovasse alcuno genitle uomo che la vincesse di forza [o] d’altra

pruova. Lo re sì·ll’avea brivelleggiata ched ella si potesse maritare a la sua voluntade.58

57

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p.141. 58

Ivi, p. 283.

Page 34: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 34 -

Si tratta infatti del trama delle caratteristiche universali, in cui un giovane deve misurarsi con

la donna forte e pericolosa prima di potersi sposare, fase ulteriore nel camino di sua vita. Lo

studioso vi riconosce una prova, ossia un rito di iniziazione noto nelle società arcaiche, che si

è sviluppato anche come tema letterario di stampa popolare e folcloristica. Barbieri si

riferisce tra l’altro a Yule che nella tradizione letteraria ha distinto altri personaggi femminili

molto simili alla figura di Aigiarne, come la Bradamante nei poemi cavallereschi italiani. Allo

stesso tempo il critico indaga sulla fonte specifica del racconto scoprendo un legame tra esso

ed altre fonti orientali. Così, conclude che la storia di Aigiarne probabilmente trova le sue

radici nella tradizione turco-mongola, l’intreccio essendo però riconducibile al contesto più

generale della folclore.

3.4 Conclusione

Concludendo, nel Milione si intreccia una varietà di forme letterarie e non, desunte dalle

fonti più divergenti – dai scritti biblici ed agiografici ai documenti pratici di mercatura. Un

tale sincretismo aumenta l’incostanza e la fragilità del testo, il che ha portato alcuni studiosi

a considerare questa caratteristica centrale del Milione come un segno del suo fallimento

letterario. Tuttavia, al contempo l’eterogeneità del testo denota il carattere eccezionale del

libro. Secondo Gioia Zaganelli «[…] al Milione è toccato in sorte di funzionare,

nell’immaginario collettivo, come testo eponimo di un genere, e sia pur di un genere che

forse non c’è»59. Dunque, la moltiplicazione dei generi non è necessariamente problematica,

quando vista come il fattore che promuove l’innovazione e in tal modo contribuisce

considerevolmente alla fortuna dell’opera poliana.

59

ZAGANELLI, G., «In margine a due recenti edizioni del Milione di Marco Polo», cit., p. 1030.

Page 35: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 35 -

4. CHI HA SCRITTO IL MILIONE?

4.1 Introduzione: la doppia autorialità

L’indagine sulla genesi del Milione getta qualche luce sulle straordinarie circostanze in cui

viene composta l’opera poliana. Infatti, poco tempo dopo il ritorno in Italia, Marco è

catturato dai Genovesi durante una battaglia navale. Fatto prigioniero in carcere genovese vi

incontra Rustichello da Pisa, cui, per ragioni incerte, decide di dettare i suoi exploits nel

continente asiatico. Così, la versione originale del testo, Divisament dou monde, nasce da un

atto di collaborazione tra due autori.60

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare oggi, la pratica di cooperazione tra due ‘autori’

era assai popolare e tipica nel caso dei resoconti di viaggio composti in epoca medievale.

Così, spiegano i critici Capusso e Barbieri, il viaggiatore spesso stabiliva un rapporto con un

letterato-scriptor cui narrò le vicende vissute. Verosimilmente si è sviluppata in tal modo la

relazione tra Marco Polo e Rustichello da Pisa. Nonostante il carattere convenzionale, la

critica Capusso insiste sul carattere eccezionale dell’alleanza tra il veneziano ed il suo

redattore e sulla difficoltà di discernere i singoli apporti nel libro. Infatti, il Milione costituisce

una tra le opere più incostanti e complesse frutti da un duplice apporto autoriale61.

Quindi, la doppia autorialità del testo pone la critica di fronte ad una problematica intricata. È

chiaro che la dialettica tra entrambe le figure ha giocato un ruolo determinante, specie

quanto alla stesura del libro. Però, le condizioni particolari in cui avviene la composizione

iniziale in carcere rimangono in gran parte ignote cosicché anche sulle modalità di

cooperazione gli studiosi possano solo formulare delle ipotesi, esprimendo al contempo le

loro riserve.

60

Le informazioni sono tratte dalla Cronologia ripresa in POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. XXXII. 61

Si vede i riferimenti fatti da M.G. Capusso a BERTOLUCCI PIZZORUSSO, V., «Enunciazione e produzione del testo nel Milione», cit., p. 209.

Page 36: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 36 -

In questo quarto capitolo intendo puntare la mia attenzione sui principali argomenti proposti

dalla critica nelle loro ricerche riguardo al doppio apporto autoriale. In prima istanza, mi

soffermo sulla figura enigmatica di Rustichello da Pisa, che, viste le scarse conoscenze attuali

della sua persona, tende a rimanere nell’ombra del suo coautore veneziano. Poi, considero

alcune esposizioni critiche che collegano la discontinuità testuale e l’ibridismo – specie di

stampa linguistica - alla collaborazione delle due personalità, cercando anche qualche indizio

dei singoli apporti possibili e della forma precisa che essi adottano. Inoltre, le indagini sulla

rete intricata delle voci narranti aiutano a delucidare alcune difficoltà relative alla

cooperazione. Infine, esamino il problema dell’autorialità in una prospettiva più generale,

alludendo alle continue rielaborazioni e rimaneggiamenti del Milione.

4.2 La figura di Rustichello da Pisa

La critica, indagando il duplice apporto autoriale nel Milione, deve far fronte ad un primo

ostacolo sostanziale: mancano informazioni essenziali sulla vita e sulla cultura di uno dei suoi

compositori, Rustichello da Pisa, ossia Rusticiaus de Pise nella redazione franco-italiana più

affine all’originale. In un’occasione sola, nel capitolo esordiale, il libro parla della figura di

Rustichello e del rapporto stabilito in carcere tra lo scrittore pisano e Marco Polo:

E∙ssì∙vvi dico ched egli [Marco Polo] dimorò in que’ paesi bene trentasei anni; lo quale poi,

stando nella prigione di Genova, fece mettere inn-iscritto tutte queste cose a messere

Rustico da∙pPisa, lo quale era preso in quelle medesime carcere ne gli anni di Cristo 1298.62

62

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 4.

Page 37: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 37 -

La studiosa Maria Grazia Capusso63 insiste sulla rilevanza del brano, quale testimone che

menziona i due coautori, la data ed il luogo dell’incontro. Informazioni cui nessun’altra fonte

si contrappone. Inoltre, il passo svela qualche notizia su quale forma prende la

collaborazione. Cesare Segre64 evidenzia come la nozione mettere inn-iscritto, con il suo

equivalente franco-italiano retraire, segnala, pure vagamente, la funzione svolta da

Rustichello. I due termini hanno il significato di ‘trascrivere’ o di ‘dare forma scritta’ e perciò

sembrano attribuire a Rustichello il ruolo di scrittore, ossia di auctor-scriptor accanto all’

auctor-dictator Marco Polo65.

Quanto alla persona di Rustichello, le affermazioni della critica si limitano al fatto che era un

uomo erudito che, conforme alle tendenze letterarie del tempo, ebbe scritto, o meglio dire

ebbe compilato un romanzo di contenuto epico-cortese, intitolato il Meliadus. Secondo

Maria Grazia Capusso e Fabrizio Cigni, questa cosiddetta Compilazione arturiana di cui ci è

rimasto il manoscritto fr. 146366, redazione più antica e più fedele all’originale, riveste un

valore singolare in ambito della coautorialità del Milione. Gli studiosi rimandano in

particolare al paragone fatto tra gli incipit delle due opere, sia tra aspetti stilistici che

linguistici. La quantità notevole di convergenze trovate costituisce la prova del ruolo

considerevole svolto dall’autore da Pisa. Eliminano, dice la studiosa appena menzionata,

l’immagine di un Rustichello posto in posizione marginale. In realtà, come dimostrava già

l’espressione mettere inn-iscritto, il letterato pisano è il redattore dell’opera, oltre a disporre

di maggiori capacità linguistiche che gli permettono di comporre l’opera franco-italiana.

63

CAPUSSO, M. G., «La mescidanza linguistica del Milione franco-italiano», in CONTE, S., (a cura di), I viaggi del

milione. Itinerari testuali, vettori di trasmissione e metamorfosi del Devisement du monde di Marco Polo e

Rustichello da Pisa nella pluralità delle attestazioni, Roma, Tielle Media editore, 2008, p. 266. 64 SEGRE, C., «Chi ha scritto il Milione di Marco Polo?», in CONTE, S., (a cura di), I viaggi del milione. Itinerari

testuali, vettori di trasmissione e metamorfosi del Devisement du monde di Marco Polo e Rustichello da Pisa

nella pluralità delle attestazioni, Roma, Tielle Media editore, 2008 , p. 7. 65 I termini auctor-dictator/auctor-scriptor sono tratti da BOLOGNA, C., «La letteratura dell’Italia settentrionale nel Duecento», cit., p.185. 66

Il ms. fr. 1463 è conservato nella Bibliothèque nationale de France di Parigi.

Page 38: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 38 -

Come è anche il caso nel Divisament dou monde, Rustichello sceglie di scrivere nella lingua

d’oïl nel suo Meliadus. Esiste qualche dissenso concernente il motivo di questa scelta. Maria

Grazia Capusso si riferisce prima di tutto alle circostanze culturali dell’Italia settentrionale

nel Duecento. Secondo lei, Rustichello (insieme a Marco Polo), si rendeva conto delle più

ampie possibilità comunicative del francese, oltre alla sua fama letteraria anche in Italia.

Fabrizio Cigni rifiuta una tale tesi, mantenendo che «Rustichello non ‘sceglie’ il francese

come lingua letteraria per questioni di prestigio e leggibilità maggiori […] bensì opera su testi

arturiani già scritti in francese, assimilandone contenuti, stile e lingua […]»67. L’uso del

francese si rivela quindi la logica conseguenza delle attività compilatorie di Rustichello. Si

nota però che, nel caso del Milione, non è plausibile questa ultima asserzione, visto che il

libro poliano non si rifà direttamente ad una materia francese anteriormente scritta.

Per quel che riguarda la composizione in carcere, cui allude il brano già citato del prologo,

studiosi come Fabrizio Cigni e Maria Grazia Capusso assicurano che la pratica dello scrivere

in prigione era usuale ai tempi di Polo. Così, Rustichello non fu l’unico recluso erudito

disponendo di competenze letterarie, comunque giocando «un ruolo particolare […] nella

schiera di notai scriptores e traduttori prigionieri»68. Del resto, Fabrizio Cigni, tra le poche

persone che hanno studiato in modo più approfondito la figura di Rustichello, presuppone

che lo scriptor si sia formato in ambito monastico, probabilmente appartenente all’Ordine

dei Domenicani. Un’istruzione che abbia lasciato le sue tracce nella produzione letterario-

compilatoria del pisano.

67 CIGNI, F., «‘Prima’ del Devisement dou monde. Osservazioni ( e alcune ipotesi) sulla lingua della Compilazione

arturiana di Rustichello da Pisa», », in CONTE, S., (a cura di), I viaggi del milione. Itinerari testuali, vettori di

trasmissione e metamorfosi del Devisement du monde di Marco Polo e Rustichello da Pisa nella pluralità delle

attestazioni, Roma, Tielle Media editore, 2008, p. 227. 68

Ivi, p. 222.

Page 39: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 39 -

4.3 Le modalità di collaborazione

Benché rimanga tuttora un’aria di vaghezza, non si divergono tanto le ipotesi della critica

relative alle condizioni di cooperazione tra Marco e Rustichello. Vista la mancanza di

testimoni e di fonti che chiariscono il rapporto tra i due autori, gli studiosi non possono far

altro che frugare degli indici nel libro stesso. In particolare, spiccano le ricerche al soggetto

del miscuglio linguistico accanto alle inchieste sulla pluralità delle voci narranti. Sono due

componenti perfettamente in linea con la tendenza discontinua e instabile dell’opera

marcopoliana. Discontinuità e instabilità che, tra le caratteristiche maggiori del Milione nella

sua totalità, vengono riconosciute come le possibili conseguenze del duplice apporto

autoriale.

4.3.1 Mescidanza e ibridismo, segni di una collaborazione diversificata

Intersezione tra racconto odeporico, trattato geo-etnografico, romanzo epico-cavalleresco e

manuale di mercatura, il Milione si mostra un libro composito, indefinibile in modo univoco

sul piano del contenuto come su quello strutturale, in termini stilistici come in quelli

espositivi. Di questa diversificazione sui vari livelli testuali se ne accorge anche Alvaro

Barbieri. Oltre allo statuto intermedio tra generi divergenti, Barbieri segnala il gioco sottile e

intricato delle voci narranti, la già discussa distinzione tra frammenti narrativi e descrittivi,

nonché la cosiddetta «Mischsprache»69 relativa alle lingue adoperate nel Divisament dou

monde.

Come molti altri critici, Barbieri vuole trovare una risposta alla domanda tra le più

nevralgiche negli studi attuali sul Milione: Come spiegare tale ibridismo, caratteristico

dell’opera nelle sue varie dimensioni? Lo studioso ritiene che l’aspetto svariato sia dovuto,

almeno in parte, alla cooperazione tra i due autori che senza dubbio ripartirono i compiti e le

responsabilità.

69 Il termine allude qui alla mistione nel codice F (‘franco-italiano’) tra la lingua francese e quella italiana. Infatti, il francese in cui scrive Rustichello è fortemente impregnato di italianismi, specie di venezianismi secondo la studiosa Maria Grazia Capusso; la nozione Mischsprache viene usata da BARBIERI, A., «Marco, Rustichello, il ‘patto’, il libro», in ID., Dal viaggio al libro. Studi sul Milione, Verona, Fiorini, 2004, p. 137.

Page 40: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 40 -

Con la necessaria cautela, Barbieri propone quali parti siano il frutto del lavoro del

viaggiatore Marco e quali sono da attribuire al letterato Rustichello. Così, Polo sia stato

responsabile delle informazioni sul mondo orientale, o meglio dire sulle realtà asiatiche

concretamente vissute o udite per il tramite di testimoni locali. Oltre a ciò, il mercante

veneziano abbia raccolto i dati che per lui rivestivano un valore peculiare in ambito

merceologico. A Rustichello da Pisa sembra che il libro debba la sua facciata formale,

palesandosi nelle scelte stilistiche, specie nella forte affinità allo stile cavalleresco-cortese,

nonché nell’organizzazione enciclopedica. È chiaro che lo sfondo socio-culturale delle due

personalità autoriali costituisce uno dei criteri su cui si base questa ripartizione. Infatti, è più

logico che le notizie di natura pratica e concreta provengono dalla persona che ha vissuto,

durante diciassette anni, un’esperienza personale in partibus Orientis. Invece, si può

presupporre che un erudito con qualche fortuna letteraria disponga naturalmente di

capacità compositive più estese che gli permettono di elaborare le soluzioni formali.

Tuttavia, sarebbe scorretto applicare questa suddivisione sistematicamente. In un altro

contributo70, Barbieri considera troppo riduttiva una netta spartizione tra il contenuto

didascalico-informativo composto da Marco e il materiale romanzesco-fiabesco di creazione

rustichelliana. Consente anche Cesare Segre, esponendo che solo a prima vista «parrebbe di

dover attribuire a Marco l’esperienza diretta, la forza testimoniale; a Rustichello l’esperienza

della scrittura, il maneggio delle “ambages pulcerrime”; all’uno il vero, all’altro, se non il

bello, il suo senso e la sua nostalgia»71. Uno dei suoi argomenti chiarisce come Marco nelle

sue testimonianze sull’Asia subisce a priori il condizionamento della tradizione culturale in

Occidente. Anche in quelle che l’autore considera come esperienze vere e vissute si

rintracciano storie, miti e luoghi comuni sull’Oriente. Quindi, il reame del fantastico e

dell’immaginario non è la sola creazione dello scrittore pisano, vi contribuisce anche Marco

Polo. Quest’ultima costituisce soltanto una tra molte osservazioni che provano la difficoltà di

delucidare la sinergia esistente tra i due autori.

70 BARBIERI, A., «Il ‘narrativo’ nel Devisement dou monde: Tipologia, fonti, funzioni», in CONTE, S., (a cura di), I viaggi del Milione. Itinerari testuali, vettori di trasmissione e metamorfosi del Devisement du monde di Marco

Polo e Rustichello da Pisa nella pluralità delle attestazioni, Roma, Tielle Media editore, 2008, pp. 49-75. 71

SEGRE, C., Introduzione, in POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., pp. XIII-XIV.

Page 41: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 41 -

Maria Grazia Capusso72 discute il problema dell’autorialità da un’angolatura linguistica. La

critica parte dall’esame del manoscritto fr. 111673, rappresentante della redazione F, la più

fededegna all’originale sia sul versante del contenuto che su quello della lingua. Registrata la

mescolanza fra tratti linguistici francesi da una parte e influssi italo-veneziani dall’altra, la

studiosa vede in questa forte osmosi linguistica il sintomo della collaborazione di due

personalità diverse non solo per la loro formazione, ma anche per la loro situazione socio-

culturale.

Di nuovo esprimendosi con la dovuta prudenza, anche Capusso cerca di scorgere le

responsabilità testuali di ognuno degli scrittori, rifacendosi in primo luogo alle loro

competenze linguistiche ed espressive. Così, sul piano lessicale la studiosa scopre una

tendenza francesizzante nelle storie di faide o di guerre e nelle altre narrazioni di impronta

sia epica che cortese. Invece, per quel che riguarda gli aspetti mercantili e l’etnografia, vale a

dire l’insieme delle tradizioni, le abitudini e le usanze del popolo mongolo, prevalgono gli

italianismi e i venezianismi. Pare che si sveli una simile distinzione fra le responsabilità

autoriali, le notizie concrete sulla vita orientale essendo attribuite al viaggiatore veneziano,

mentre il lato più romanzeggiante a Rustichello. Però, anche Maria Grazia Capusso conclude

che è impossibile distinguere chiaramente i singoli apporti degli autori.

4.3.2 La voce rammemorante o gli appunti scritti?

Inoltre, Capusso esprime il suo punto di vista sulla forma precisa che prende l’apporto di

Marco Polo. In questo dibattito, i critici si chiedono in quale misura Marco abbia dettato il

suo resoconto al suo coautore Rustichello, o se invece la maggior parte delle informazioni

nel Divisament siano tratte da annotazioni composte dal viaggiatore durante il suo soggiorno

in Asia, cui abbia aggiunto dei pezzi di ritorno in Italia. Senza giungere ad una soluzione

rassicurante, la studiosa propone qualche argomento che sembra favorire l’uso di appunti.

72

CAPUSSO, M. G., «La mescidanza linguistica del Milione franco-italiano», cit., pp. 263-283. 73

Il ms. fr. 1116 è conservato nella Bibliothèque nationale de France di Parigi.

Page 42: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 42 -

Primo, segnala la quantità considerevole di notizie riportate in dettaglio nell’opera.

L’esattezza con la quale il narratore spesso descrive certi dati, esclude la possibilità che Polo

abbia ripreso unicamente quanto si ricordò a memoria del suo viaggio. Secondo, Capusso si

riferisce ad alcuni passi nel Milione che per la loro organizzazione strutturale si avvicinano ai

testi che Polo soleva comporre durante il suo soggiorno alla corte mongola, principalmente

schede mercantili e testi di carattere diplomatico. L’esempio ripreso di sotto dimostra bene

la vicinanza alle cosiddette pratiche di mercatura. Il mercante veneziano vi descrive l’uso

delle porcellane come moneta, determinando il loro valore tramite il paragone con la valuta

a lui nota.

Egli spendono per moneta porcellane bianche che∙ssi truovano nel mare e che si ne fanno le

scodelle; e vagliono le .lxxx. porcelane un saggio d’argento, che sono due viniziani grossi, e

gli otto saggi d’argento fino vagliono un saggio d’oro fino.74

Del resto, altre prove simili concernente la presenza di annotazioni scritte in Oriente sono

fornite da Alvaro Barbieri che rinvia allo studio effettuato da Franco Borlandi. In esso si

annoverano un insieme di argomenti incontestabili come la molteplicità di toponimi asiatici

sparsi attraverso il libro, la serie inesauribile di informazioni merceologiche, la

sopramenzionata assomiglianza strutturale ai libri di mercatura, ecc.

74

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., pp. 157-158.

Page 43: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 43 -

Però, Capusso suggerisce ancora un’altra possibilità che va analizzata nel contesto del già

discusso ibridismo linguistico presente nel Milione. L’uso del francese combinato ad un

numero altissimo di influssi veneziani possibilmente costituisca l’indizio di un apporto doppio

dalla parte di Marco, sia per il tramite di abbozzi scritti che per mezzo della voce dettante.

Una tale considerazione ha dato spunto alla proposizione di due ipotesi contrastanti. In

generale, i critici attribuiscono la presenza dei venezianismi all’intervento orale di Marco

Polo, allorché le note marcopoliane, versate più tardi in forma letteraria da Rustichello, siano

scritte in un francese quale era noto al ceto mercantile nella Venezia duecentesca. Ma ad

alcuni studiosi pare più logico che Marco abbia fatto delle annotazioni nel dialetto veneziano

cui era abituato e che permettessero poi a Rustichello di fare delle aggiunte alle parti dettate

da Polo in un francese povero75.

Anche Cesare Segre76 in un suo articolo dedicato alla tematica autoriale, sembra ritenere il

più plausibile un apporto marcopoliano sia orale che scritto alla creazione dell’opera – senza

però insistere sull’aspetto linguistico. Così, Rustichello avesse ricevuto di Marco delle note

precise, servendo come base alla materia descrittiva del Milione. Marco abbia poi esposte in

modo orale delle leggende orientali, delle storie di battaglie ed altre narrazioni, trasformate

da Rustichello in forma letteraria.

75 Tale ipotesi è proposta dal conte Baldelli Boni già nel 1827, si vede BALDELLI BONI, G. B., Il Milione di Marco

Polo, Firenze, Pagani, 1827.; di data più recente il saggio di BARBIERI, A., «Marco, Rustichello, il ‘patto’, il libro», cit., pp. 138-139. 76

SEGRE, C., «Chi ha scritto il Milione di Marco Polo?», cit., pp. 5-16.

Page 44: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 44 -

4.3.3 La «polivocità dell’enunciazione»

Un altro fattore che complica una chiara assegnazione dei contributi autoriali risiede nella

situazione enunciativa. Chi legge attentamente il libro poliano si accorge del sistema

intricato di voci narranti che permette di parlare di una «polivocità dell’enunciazione»77.

L’espressione è applicata da Cesare Segre che in un suo studio cerca di determinare chi parla

nel Milione. Tra le conclusioni principali Segre sottolinea che una circoscrizione netta di

Marco Polo come testimone e di Rustichello come autore non si giustifica sempre.

Considerando le principali redazioni – il testo franco-italiano (codice F), il codice latino (Z) e

la versione toscana (T) – lo studioso focalizza gli interventi in terza e specie in prima persona.

Chiariamo la visione di Segre tramite alcune riprese testuali del Milione toscano, confermate

dalla versione F:

Or sappiate che ’l Grande Kane mandò per ambasciadore messer Marco verso ponente. E

part[i]ssi di Canbalu, e andòe bene .iiij. mesi verso ponente; però vi conterò tutto quello

ch’egli vide in quella via andando e tornando78

In questa attestazione, Polo compare in terza persona intitolato messer Marco. Accanto a

questa terza persona si palesa il narratore annunciando in prima persona che «conterò»

tutte le cose che vide Marco. Tale sembra la struttura logica e basilare che ritorna a più volte

nel testo. L’Io narrante vi è assimilabile alla figura di Rustichello che narra le vicende vissute

e raccontate da Marco Polo, protagonista rappresentato in terza persona. Ma altrove nel

libro si realizzano costruzioni che contestano la logica delle voci enuncianti.

Gangala è una provincia verso mezzodie, che negli anni Domini .mcclxxxx. che io Marco era

ne la corte del Grande Kane, ancora no l’avea conquistata […]79

Ed i’ vi conterò per ordine ciò che la scrittura contenea; e tutto è vero però ch’io Marco lo

vidi poscia co mi’ occhi.80

77 SEGRE, C., Introduzione, in POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. XII. 78 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 138. 79

Ivi., pp. 167-168. 80

Ivi, p. 196.

Page 45: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 45 -

Nei passi citati, il nome di Marco si collega chiaramente alla prima persona, indice del

narratore che afferma la sua presenza. Oltre a questi casi, pullulano le occorrenze di un Io

narrante che, se non letteralmente associato al nome di Marco, si riferisce decisamente al

viaggiatore veneziano. Nell’ esempio seguente, non esiste nessun dubbio che l’identità della

voce narrante in prima persona è quella di Marco Polo.

Dicomi certi mercatanti che vi sono iti, che v’à uccelli grifoni, e questi uccelli apaiono certa

parte dell’anno, ma non sono così fatti come si dice di qua, cioè mezzo uccello e mezzo

lione, ma sono fatti come aguglie, e sono grandi com’io vi dirò.81

Il narratore si presenta in quanto testimone che ha udito parlare dell’uccello grifone e

condivide con il lettore la sua esperienza personale. Come annunciava il prologo, Marco non

«conta» solo le cose che ha osservate, ma anche «quelle cose le quali elli non vide, ma udille

da persone degne di fede»82, come appunto dei mercanti incontrati per strada.

Secondo Segre, tale apparizioni di un Marco Polo assimilato all’Io narrante costituiscono

rivendicazioni dell’autorialità dalla parte del viaggiatore-protagonista. Perciò, conclude che il

lavoro di scrittura non è svolto soltanto da Rustichello da Pisa. Si tratta di una vera

cooperazione creativa che si intreccia e si alterna, un «work in progress»83 in cui vengono

aggiunti nuovi pezzi o in cui si riferisce a aneddoti omessi precedentemente. Un’opera

letteralmente infinita, quindi il critico insiste anche sull’intervallo assai breve in cui viene

composta. Le due figure collaborano durante il periodo di un anno, il che naturalmente ha

delle conseguenze riguardo alle modalità di composizione.

81 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 270. 82

Ivi, p. 2. 83

SEGRE, C., «Chi ha scritto il Milione di Marco Polo?», cit., p. 12.

Page 46: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 46 -

4.4 La tradizione poliana: il Milione nei suoi numerosi varianti

Vittima della sua fortuna, il Milione conosce una lunga e intricata tradizione manoscritta

composta da varie riscritture e rimaneggiamenti in lingue e dialetti diversi – dalle traduzioni

in latino ai volgarizzamenti nei dialetti veneto e catalano, persino nelle lingue tedesca ed

inglese – procurando un totale di oltre 130 codici84.

Se analizzata sotto quest’angolo, la problematica dell’autorialità adotta dimensioni ancora

più complesse. Allora il Milione – nella grande varietà delle attestazioni – non costituisce più

il frutto di un’unica collaborazione fra due autori. È il risultato delle tante letture fatte in cui,

dice Cesare Segre, i ricettori accentuano gli aspetti, già presenti nel libro, che meglio

corrispondono ai loro interessi. In tal modo, l’opera può prendere la forma del trattato

storico-geografico, dell’etnografia, del romanzo fantastico ossia del diario, ecc. Concorda

Alvaro Barbieri, accennando che ognuna delle redazioni rielaborate dai copisti ha un

carattere singolare che dipende «[dal]le esigenze, [dal]le preferenze e [da]i gusti di un

determinato ambiente ricettore»85. Lo studioso fornisce anche alcuni esempi. Così, in un

ambiente più marcatamente borghese-mercantile viene composto il testo toscano, in cui

maggiore attenzione è prestata ai dati commerciali e al genere nascente della novella. Se ne

distingue la versione latina scritta da Francesco Pipino da Bologna. Riscritto in ambito

monastico, il testo si dirige verso la cerchia dei religiosi e dei dotti, comportando anche delle

scelte stilistiche e contenutistiche conformi.

84

Si vede SEGRE, C., Introduzione, in cit., p. XV. 85

BARBIERI, A., «Marco Polo e l’Altro», in ID., Dal viaggio al libro. Studi sul Milione, Verona, Fiorini, 2004, p. 158.

Page 47: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 47 -

In questo contesto assumono una rilevanza peculiare alcune riflessioni fatte da Loredana

Polezzi. La studiosa chiama l’opera poliana «un archetipo della traduzione»86. Un archetipo,

perché con l’originale perduto, il Milione ottiene tutto il suo significato tramite le varie

traduzioni che mantengono vive le parole di Marco Polo. Piuttosto che un testo, il libro

costituisce un metatesto, composizione in cui si incrociano produzione e ricezione,

interpretazione testuale e deformazione. La virtualità della versione originale ha portato alla

continua rinnovabilità del testo. Perciò, riguardante la domanda «Chi ha scritto il Milione?»,

la studiosa si riferisce alle parole di Mary Campbell, considerando che l’opera è «il prodotto

collettivo di un’intera cultura [europea]»87.

86 L’espressione è tratto dall’articolo di POLEZZI, L., «Marco Polo: mito e ricezione, sé ed altro», in ImagEuro,

2001. Si tratta di un annuario elettronico coordinato da "Immaginare l'Europa", Network ispirato da Antonio Ruberti (il Commissario Europeo ideatore dei Programmi Socrates e Leonardo) con il sostegno della Commissione Europea – Direzione Istruzione e Cultura: http://www.imageuro.net/mediaterraneo/archivio/secolo/pdf/polezzi.pdf (ultima verifica: 25-07-2010) 87

CAMPBELL, M. B., The Witness and the Other World, Ithaca and London, Cornell University Press, 1988, pp. 92-93.

Page 48: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 48 -

5. MARCO POLO E IL CONFRONTO CON ‘L’ALTRO’

5.1 Introduzione: culture a confronto

Il Milione costituisce il punto d’incontro fra una diversità di soggetti, di generi e di voci

narranti, elementi che conferiscono al libro un carattere del tutto particolare e insolito. Però,

il libro svela la sua faccia più eccezionale e forse anche più attuale tramite il confronto,

presente in modo intrinseco, di due mondi per molti aspetti divergenti. Marco Polo, quando

viaggia in Oriente, vi incontra popolazioni straniere, osserva una fauna e flora spesso mai

viste e vi conosce le usanze, i riti e le tradizioni secolari che al contempo lo spaventano e lo

affascinano. Esponente del mondo e della cultura occidentale che ha le sue radici e la sua

identità proprie, il mercante «latino» è bagnato nell’atmosfera straniante del continente

orientale in gran parte ignoto al pubblico dell’Europa medievale.

Di seguito, si impone la questione centrale di questo ultimo capitolo: Come Marco Polo

rappresenta quel mondo a lui sconosciuto? In che senso è condizionato dalla mentalità e

dalla cultura occidentali nel Duecento? Quali sono le modalità tramite cui il viaggiatore

stabilisce un rapporto con ciò che è ‘altro’? Cosa significa la nozione «esotico»? Quindi, una

serie di domande interconnesse che, fornite le risposte, precisano il ruolo di interprete

interculturale che assume l’autore del Divisament dou monde.

Page 49: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 49 -

5.2 Marco Polo e l’esotico

In quanto enciclopedia del mondo asiatico, è logico presupporre che la materia raccolta nel

Milione appartiene alla categoria dell’esotismo. Tuttavia, è necessario specificare cosa si

sottintende con il termine ‘esotico’. Barbieri88 spiega che non vale assimilare la nozione al

suo significato generale di ‘straniero’, visto che certi aspetti della vita in Oriente descritti da

Polo non si differenziano dai loro equivalenti europei. Secondo lo studioso, è più corretto

parlare dell’esotico nel senso di ‘ciò che è diverso’. Permette poi di eliminare gli elementi

asiatici in sé non difformi dalle loro corrispettive in Occidente duecentesco.

Tenuta conto della restrizione imposta sul significato di ‘esotico’, andiamo alla ricerca

nell’opera poliana. Ancora il critico Barbieri ritiene che Polo raffigura l’esotico in due modi

diversi a secondo del grado di vicinanza al concetto asiatico. Il primo metodo si adopera nel

caso in cui i componenti orientali sono diversi dal loro correlativo endotico, ma presentano

ancora un numero considerevole di analogie. Infatti, svolgendo i suoi incarichi,

l’ambasciatore alla corte mongola osserva delle pietre, delle piante o degli animali noti, che

mostrano però qualche discrepanza. Allora, Polo li registra applicando alcune modifiche

all’oggetto familiare.

D’ogne cosa ànno grande abondanza: ànno zizibe e galanga oltre misura, ché per .j.

viniziano grosso se n’avrebbe ben .lxxx. libbre di zizibe.89

Qui si à bestie divisate dall’altre […] e sì v’à paoni e galline più belli e più grandi de’ nostri.90

E v’à buoi salvatichi che sono grandi come leofanti, e∙ssono molto begli a vedere, ché egli

sono tutti pilosi, fuor lo dosso, e sono bianchi e neri, lo pelo lungo .iij. palmi: e’ sono sì begli

ch’è una meraviglia. […] e ànno forza due cotanto che gli altri.91

88 Le considerazioni di Alvaro Barbieri provengono da BARBIERI, A., «Marco Polo e l’Altro», in ID., Dal viaggio al

libro. Studi sul Milione, Verona, Fiorini, 2004 cit., pp. 157- 175. 89 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 206. 90

Ivi, p. 259. 91

Ivi, p. 87.

Page 50: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 50 -

Nei suddetti brani, Polo descrive in termini quantitativi la distinzione tra le spezie (esempio 1)

o tra gli animali (esempio 2 e 3) di cui si accorge. Nel primo esempio, Polo ricorre all’idea di

abbondanza parlando delle spezie, come lo «zizibe» e la «galanga» nel reame di Fugiu –

l’attuale Fu-chou nel Mangi. Nel secondo e nel terzo esempio appare la figura dell’ipertrofia:

l’autore vi si riferisce alla grandezza smisurata, ossia alla forza o alla bellezza degli animali,

facendo il confronto, nel secondo caso, con i «nostri» animali. Come sottolinea Barbieri, con

tali descrizioni, Polo sembra alludere alla ricchezza stupefacente nelle contrade asiatiche,

collegandola spesso ad espressioni del genere «che è una meraviglia» o «che ogn’uomo ne

dovrebbe pigliare maraviglia »92. Vuole condividere con il pubblico occidentale i suoi

sentimenti di ammirazione provati di fronte alle prosperità naturali dell’Asia.

Concernente la prima modalità di rappresentare l’esotico, vi si figurano ancora altri casi dove

lo scrittore-enciclopedista non ricorre ad espressioni quantitative, però effettuando un

medesimo processo di assimilazione alle concezioni consuete, sicché il lettore possa crearsi

un’immagine approssimativa delle peculiarità esotiche.

Le loro navi sono cattive e molte ne pericala, perché non sono confitte con aguti di ferro,

ma con filo che si fa della buccia delle noci d’India […]93

E quive àe montagne ove li falconi pelegrini fanno loro nidio, né no v’à se no una

generazione d’uccegli, de che si pascono quegli falconi, e son grandi come pernice, e

chiamansi bugherlac; egli ànno fatto li piedi come papagallo, la coda come rondene, e

molto sono volanti.94

Il primo passo esemplifica l’impiego del nome geografico per indicare una differenziazione

dal prodotto conosciuto. Il narratore segnala l’uso delle noci di cocco nella costruzione delle

navi, perciò ricorrendo alla nozione del noce, varietà comune nell’Europa del Duecento che

più si avvicina alle caratteristiche del noce denominato «d’India». Nel secondo brano,

l’autore applica una tecnica del tutto particolare per descrivere l’aspetto dei «bugherlac».

Scompone la fisionomia dell’uccello, ragguagliando le singole parti del corpo con quelle di

uccelli che fanno parte della fauna occidentale.

92 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 159. 93 Ivi, p. 43. 94

Ivi, p. 86. L’esempio è citato anche nel saggio di BARBIERI, A., «Marco Polo e l’Altro», cit., p. 162.

Page 51: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 51 -

In altre occasioni, però, le realtà esotiche si distanziano talmente che è impossibile

riconoscervi delle somiglianze convincenti. Durante il suo soggiorno, il mercanto veneziano

spesso si sia sconcertato quando confrontato ad animali stravaganti o a gente dell’aspetto

insolito con pratiche estranee al «latino». Insomma, Polo è immerso nella dimensione

dell’ignoto in cui non si può affidare alla sua esperienza quotidiana. Dunque, è logico che in

questi casi più si palesi il condizionamento culturale del viaggiatore europeo.

5.3 Lo sguardo con gli occhi della cultura

Il discorso, esposto all’inizio95, sulla rappresentazione del mondo orientale ai tempi di Marco

Polo, svelava già come Sacre Scritture, autori classici e tradizione enciclopedica creano e

continuano per secoli a nutrire luoghi comuni e false credenze riguardo alle contrade

lontane e ignote del Levante. Inoltre, tali scritti riflettono la consuetudine, perdurante nel

Duecento occidentale, di una lettura in chiave allegorica. L’allegoria, figura che versa in

forma concreta dei concetti difficilmente afferrabili, costituisce lo strumento per eccellenza

per rendere comprensibile ad un pubblico, prevalentemente incolto, gli insegnamenti biblici

e moralizzanti della Chiesa cattolica. Così, in epoca medievale erano considerati altrettanto

reali il leone quanto ad esempio la figura della fenice, essendo ambedue allegorie esemplari

di Cristo Salvatore96.

95

Si vede 2.2: « La rappresentazione del mondo orientale». 96

Le due allegorie vengono menzionate da Umberto Eco nell’articolo «Il “Milione”: descrivere l’ignoto», cit.

Page 52: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 52 -

Marco Polo, uomo del suo tempo, quando osserva le realtà esotiche, anche lui subisce

l’influenza dell’eruditismo tradizionale e delle idee culturali prefissate. Marcello Ciccuto97

analizza come, specie nella rappresentazione delle Indie – maggiore, minore e mezzana –

l’immaginario fantastico compare in una frequenza significativamente maggiore,

contrariamente a quanto Polo comunica sul regno mongolo. Lo studioso fornisce la prova

delle sue affermazioni riferendosi al modo in cui vengono descritte le risorse naturali della

regione indiana. Infatti, oltre alle notizie sull’abbondanza delle specie vegetali come animali

sull’isola di Giava – un esempio qualsiasi, si legge tra l’altro questo passo dove Polo ritrae il

palazzo dorato del signore di Zipangu – l’attuale Giappone:

Qui si truova l'oro, però n'ànno assai; neuno uomo no vi va, però neuno mercatante non ne

leva: però n'ànno cotanto. Lo palagio del signore de l'isola è molto grande, ed è coperto

d'oro come si cuoprono di quae di piombo le chiese. E tutto lo spazzo de le camere è

coperto d'oro grosso ben due dita, e tutte le finestre e mura e ogne cosa e anche le sale: no

si potrebbe dire la sua valuta.98

97 CICCUTO, M., «Codici culturali a confronto nell’enciclopedia di Marco Polo: Il ‘caso India’», in CONTE, S., (a cura di), I viaggi del Milione, cit., pp. 205-218. 98

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., pp. 216-217.

Page 53: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 53 -

L’enfasi sulla profusione d’oro, insieme all’insistenza sulla ricchezza naturale in vari episodi

sulle Indie, non vengono espresse a caso dal narratore. Costituiscono i simboli di tutto un

immaginario collettivo medievale. Con questo tipo di raffigurazione, continua Ciccuto, Polo

aderisce ad una tendenza tradizionale che rispecchia nell’abbondanza delle contrade lontane

dell’estremo Oriente una specie di forma climatologica e biologica ideale. Di più, queste

terre, si credeva, simboleggiavano una saggezza e un’intelligenza oltre misura, come

dimostrano tra l’altro le notizie sul brahmano. La storia, pur desunta in gran parte da fonti

attendibili, svolge al contempo una funzione idealizzante, rappresentando la figura induistica

del brahmano come modello esemplare di santità e ascetismo. Conforme alle enciclopedie

medievali, Polo allude insomma ad uno stato di perfezione, quasi di società utopica – senza

voler parlare in termini troppo marxisti – cui la ‘corrotta’ cultura occidentale potesse

aspirare. Anche se questa interpretazione di Ciccuto mi pare un po’ forzata, è chiaro

nondimeno la volontà di collegare a queste parti del continente asiatico l’immagine onirica

di uno spazio sospeso, in armonia, espressione di un Paradiso Terrestre99.

99 Si vede 2.2: «La rappresentazione del mondo orientale». Nella cartografia medievale, di forte impronta religioso-filosofica, il Paradiso Terrestre viene effettivamente situato nelle parti orientali più desolate, quasi si trovassero alla fine del mondo.

Page 54: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 54 -

Quindi, già in superficie il lettore può ritrovare le tracce di un condizionamento culturale che

influenza in modo sostanziale la percezione marcopoliana dell’alterità orientale. Barbieri

precisa che oltre gli influssi interni, come la coscienza occidentale e il contesto cattolico che

contribuiscono a formare la persona e la mentalità dell’autore, giocano in misura altrettanto

significativa certi fattori esterni. D’una parte, lo studioso menziona la collaborazione con

Rustichello da Pisa, che, figura colta e istruita, molto probabilmente rafforzava i clichés

persistenti sull’Oriente meraviglioso. Riassumendo nella sua introduzione al Milione100,

Cesare Segre parla di un contrasto doppio. Non solo «nello spirito di Marco» che narra le sue

testimonianze mescolandole a volte con frammenti di libri tradizionali, ma anche tra i due

coautori, che ognuno di essi hanno la loro formazione e le loro obiettivi letterari propri.

D’altra parte, un elemento spesso dimenticato sono i destinatari dell’opera letteraria.

Quando scrive, Polo deve rispondere alle attese di un pubblico abituato ai mirabilia orientali.

Perciò, con le parole argute di Marcello Ciccuto, è necessario «fondare un generale ‘schema

di ammirabilità’ che va esplorato, letto insomma, proprio nella direzione dei bisogni, delle

tendenze tipici di una cultura precisa»101.

5.4 «Una retorica dell’alterità»102

Nonostante la cultura del tempo, insieme alla difficoltà in generale di rendere palpabile una

realtà ‘altra’ e sconosciuta, Marco Polo sa cogliere nel suo resoconto un nucleo di autenticità.

Le sue notizie sul continente asiatico svelano un approccio singolare, più aperto e più

oggettivante, il che lo contraddistingue da gran parte dei suoi colleghi-autori. Al riguardo,

sono molti i critici che rinviano al clima mercantile in cui è cresciuto il viaggiatore veneziano.

Come già discusso più ampiamente in esordio, l’intensificarsi dei rapporti commerciali fa

emergere la nuova classe potente della borghesia mercantile. Costituisce un universo che,

contrario ai dogmi della cultura tradizionale, è molto più pragmatico. Consentono tra l’altro

Segre, Eco e Nunzio Famoso che Polo ne eredita la curiosità di scoprire il diverso ed al

contempo la freddezza di osservarlo e di farne il ritratto più accurato possibile.

100 SEGRE, C., Introduzione, in POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. XV. 101

CICCUTO, M., «Codici culturali a confronto nell’enciclopedia di Marco Polo: Il ‘caso India’», cit., p. 208. 102

L’espressione è tratto dall’articolo di POLEZZI, L., «Marco Polo: mito e ricezione, sé ed altro», cit.

Page 55: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 55 -

Certo, una tale attitudine non dota il mercante di capacità descrittive irreprensibili. Per dare

significato all’altro sconosciuto, spiega Lucia Battaglia Ricci103, Polo inevitabilmente adopera

un vocabolario che gli è proprio, desunto appunto dalla lunga catena di opere

enciclopediche. Di conseguenza, quello che pare a prima vista la narrazione di una delle

tante meraviglie dell’immaginario occidentale, si rivela l’osservazione critica e per lo più

imparziale delle specie esotiche, a volte spazzando in tal modo i pregiudizi esistenti.

L’illustrazione per eccellenza è quella famosa dell’unicorno, menzionata tra l’altro da

Umberto Eco:

Elli ànno leofanti assai salvatichi e unicorni, che no son guari minori d’elefanti: e’ son di pelo

bufali, i piedi come di lefanti; nel mezzo de la fronte ànno un corno grosso e nero. E dicovi

che no fanno male co quel corno, ma co la lingua, che l’ànno spinosa tutta quanta di spine

molto grandi; lo capo ànno come di cinghiaro, la testa porta tuttavia inchinata ve<r>so la

terra: sta molto volentieri tra li buoi. Ell’è molto laida bestia, né non è, come si dice di qua,

ch’ella si lasci prendere a la pulcella, ma è ’l contradio.104

La forza del discorso Poliano, dice Eco, sta nel dire le cose come stanno. Comprensibilmente,

Polo crede riconoscere l’unicorno di cui ha probabilmente sentito parlare in uno dei bestiari.

Nondimeno, nel testo applica di nuovo la tecnica anzidetta della scomposizione tramite cui si

palesa gradualmente la descrizione tutta autentica del rinoceronte. Inoltre, l’autore contesta

simultaneamente la fiaba dell’unicorno come animale selvaggio che può esser ammansito

solo da una fanciulla. Nel Milione, Polo descrive il grifone, «ma non sono così fatti come si

dice di qua, cioè mezzo uccello e mezzo lione»105. Parla della salamandra, ma «nonn-è bestia,

come si dice, che vive nel fuoco, ché neuno animale puote vivere nel fuoco»106. Così, si

moltiplicano gli esempi di carattere simile in cui il nostro osservatore critico nega

sistematicamente lo sfondo leggendario documentato nelle dottissime enciclopedie.

103 BATTAGLIA RICCI, L., «Del Madagascar, dell’uccello grifone, delle donne cinesi e di altro ancora», in Studi di

filologia italiana in onore di Gianvito Resta, MASIELLO, V., (a cura di), t. I, Roma, Salerno Editrice, 2000, pp. 3-25. 104 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 227. 105

Ivi, p. 270. 106

Ivi, p. 70.

Page 56: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 56 -

Sottraendo le realtà osservate alla loro connotazione mitica e favolosa, Marco Polo

preannuncia un genere. Concordano critici come Eco e Barbieri che lo scrittore riesce –

sebbene non sempre – ad abolire qualsiasi senso allegorico o moralizzante. Una tale

mentalità moderna pare esser aliena, per lungo tempo, al pensiero corrente che solo a poco

a poco si abituava alle realtà orientali documentate, giunte in Europa. Una prova essenziale

costituisce l’iconografia cui alludono entrambe gli studiosi sunnominati. Certi manoscritti

raccolgono le storie narrate dal viaggiatore veneziano, accompagnati di miniature illustrative.

Però, anziché raffigurare delle immagini fedeli alle descrizioni testuali, il miniatore persiste

nei stereotipi convenzionali e disegna – riprendiamo il primo esempio – l’unicorno con il

corpo di cavallo ed il corno attorcigliato in mezzo alla fronte, sempre tenendo in mente il

simbolismo della creatura divina. Viene a sottolineare la forza perdurante del pensiero

allegorico, una pittura del seicento dipingendo l’unicorno sul grembo della Vergine.

Nel contesto della rappresentazione dell’ignoto, è particolarmente significativo il contributo

di Loredana Polezzi107. Parlando del modo in cui Marco Polo cerca di render comprensibili le

creature, i popoli e i riti del continente asiatico, la studiosa si riferisce ad un’ espressione di

Hartog: «la retorica dell’alterità». Una retorica che consiste nel dare forma all’‘altro’ per

mezzo di «tecniche narrative come l’inversione […], la comparazione, l’analogia,

l’imposizione del nome, la classificazione […]»108. Dell’inversione – vale a dire l’opposizione

ad esempio della salamandra che ‘non è animale nel fuoco’, ma che ‘è un tessuto di amianto’

– o dell’abbondanza di analogie cui si riferisce l’autore, si ritrovano illustrazioni di sopra.

Però, anche dall’ampio serbatoio di ragguagli tra le pratiche orientali e quelle dell’Occidente

è interessante scegliere un esempio rappresentativo. Nel brano qui sotto il narratore segnala

la presenza di cristiani nestoriani in Oriente, facendo il raffronto con la Chiesa ed il Papa di

Roma:

107

POLEZZI, L., «Marco Polo: mito e ricezione, sé ed altro», cit. 108

Ibidem.

Page 57: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 57 -

Un’ altra gente v’à che tengono la legge cristiana, ma no come comanda la chiesa di Roma,

ma fallano in più cose. Egli sono chiamati nestorini e iacopi; egli ànno uno patriarca che si

chiama Iacolic, e questo patriarca fa vescovi e arcivescovi e abati; e fagli per tutta India e

per Baudac e per Acata, come fa lo papa di Roma.109

Quindi, la «retorica dell’alterità» costituisce un insieme di mezzi adoperati nello scopo di

conoscere e di far conoscere un mondo, ma non è tutto. La studiosa precisa che in essa

risiede un’ambiguità fondamentale. È vero che, svolgendo una funzione di interprete

culturale, Polo occupa una posizione privilegiata, perché, a differenza del nativo, è uscito

fuori dal proprio orizzonte conoscitivo e dispone della capacità di distinguere, di fare

raffronti. Simultaneamente però, il nostro viaggiatore finisce per manipolare le realtà

attestate. Poiché la raffigurazione dell’alterità sempre intende un processo di traduzione in

cui il traduttore non è testimone innocente. Con le parole inequivocabili di Salman Rushdie:

«La descrizione è di per sé un atto politico, […] ridescrivere un mondo è il primo

indispensabile passo per cambiarlo»110. A questa tendenza manipolatoria non contribuisce

soltanto il già accennato condizionamento culturale, ma anche il fatto che l’autore

semplicemente non può narrare tutto, deve fare delle scelte che influenzano il modo in cui

viene ricevuto l’altro. Acciò si aggiunge il ruolo ambiguo di insider – outsider111

cui Polo è

sempre destinato. Non appartiene più interamente alla cultura originaria, tuttavia non

aderendo neanche a quella che esplora.

In tale prospettiva, il Milione si svela come un intreccio continuo tra il Sé e l’Altro. La retorica

dell’alterità è quella del gioco di contrasti tra il noto e l’ignoto, tra l’abituale e il diverso, lo

straordinario. Il viaggiatore si appropria del mondo altrove solo per il tramite delle norme e

dei concetti che gli sono familiari. Parte dal Sé per rendere intelligibile l’Altro. A proposito,

sono molto significative le considerazioni di Italo Calvino che in una riscrittura del testo

poliano immagina il dialogo fra Marco Polo ed il Gran Khan Kublai. In esso l’ambasciatore

informa il governatore delle varie città visitate:

109 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., pp. 26-27. 110 RUSHDIE, S., Imaginary Homelands, London, Penguin, 1991, pp. 13-14. 111

Loredana Polezzi allude ai termini insider/outsider utilizzati da CLIFFORD, J., «Traveling Cultures», in GROSSBERG, L., e. a., (a cura di), Cultural Studies, New York & London, Routledge, 1992, pp. 96-116.

Page 58: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 58 -

Ma quel che è certo è che chi abita Zenobia e gli si chiede di descrivere come lui vedrebbe

la vita felice, è sempre una città come Zenobia che egli immagina, con le sue palafitte e le

sue scale sospese, una Zenobia forse tutta diversa, sventolante di stendardi e di nastri, ma

ricavata sempre combinando elementi di quel primo modello.112

Nel brano di sopra, Marco parla di una certa città, Zenobia, spiegando come l’abitante

sempre immaginasse la città ideale a partire da elementi di «quel primo modello».

Un’affermazione simile vale anche per Marco Polo stesso, come illustra il seguente

frammento dalle Città Invisibili in cui il Khan si chiede perché Polo non parla mai di Venezia:

– Ne resta una [città] di cui non parli mai. […] Venezia, – disse il Kan. Marco sorrise. – E di

che altro credevi che ti parlassi? […] – Eppure non ti ho mai sentito fare il suo nome. – Ogni

volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia. […] Per distinguere le qualità delle

altre, devo partire da una prima città che resta implicita. Per me è Venezia.113

Costituisce uno degli episodi più citati dai critici114 che procedono al confronto tra Le città

invisibili ed il Milione poliano. Un passo celebre, perché chiarisce il rapporto intrinseco tra il

proprio orizzonte conoscitivo e quello sconosciuto che il viaggiatore sta scoprendo. Per

Marco Polo è sempre la città originaria di Venezia che serve come fondamento.

Attraversando il continente asiatico, riconosce le tracce della Serenissima in ogni altra città

che visita. Un approccio, considera Barbieri, che permette di avvicinare i due mondi in molti

aspetti contrastanti, accorciando la loro distanza.

112

CALVINO, I., Le città invisibili, Milano, Mondadori, 1993, p. 34. 113

Ivi, p. 88. 114 Si vede gli apporti di POLEZZI, L., «Marco Polo: mito e ricezione, sé ed altro», cit.; PASQUINELLI D’ALLEGRA, D., «Verso l’altro e l’altrove. Percorsi di formazione geografica interculturale sulle tracce di Marco Polo», in DE

VECCHIS, G., (a cura di), Verso l’altro e l’altrove. La geografia di Marco Polo, oggi, Roma, Carocci editore, 2005, p. 80; CAPUZZO, E., «Marco Polo e “Le città invisibili” di Italo Calvino», in PALAGIANO, C., e.a., (a cura di), L’impresa di

Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media editore, 2007, pp. 149-157.

Page 59: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 59 -

Per di più, da questo punto di vista si spiega anche la dimensione meravigliosa che Polo

attribuisce a gran parte delle sue scoperte esotiche. Generalmente, Polo si riferisce ai

mirabilia, non come espressioni stereotipiche del immaginario tradizionale sul Levante. Il

termine “meraviglia” viene piuttosto utilizzato per dare rilievo al carattere eccezionale

dell’alterità orientale. È lo strumento che permette di misurare e di indicare la distanza tra

l’ordinario occidentale e la straordinaria realtà esotica. Infatti, le meraviglie nel Milione sono

necessarie perché senza esse, «l’altrove non sarebbe più l’altrove»115. Sono, come continua

la studiosa Polezzi, «il reale dell’altro». Cesare Segre condivide questa opinione. Lo studioso

ammette che il Milione è un Livre des merveilles du monde116, però non nel senso cui l’ha

dato il pubblico ricettivo dell’opera nei secoli successivi. Se le contrade del Levante

assumono dimensioni fiabesche, significa che Marco Polo, entrato in quel mondo tutto fuor

del comune, semplicemente vede le cose nella loro prospettiva.

Infine, la retorica dell’alterità si lascia analizzare anche in senso inverso. La descrizione

dell’altro, dice Polezzi, serve come mezzo di autodefinizione. Esplorando i paesi al limite del

mondo, l’ambasciatore del continente europeo inconsapevolmente vi proietta la sua

mentalità. Così, tramite l’Altro l’uomo cerca sempre di stabilire e di ridefinire l’identità

propria sia individuale che collettiva. È come sottolineano anche le parole di Nunzio

Famoso117. Il viaggio forse prima di tutto costituisce un percorso mentale in cui il noto è

confrontato con l’ignoto. Inevitabilmente si incrociano allora le dimensioni del fantastico e

del reale in un tentativo finale non solo di conoscenza del mondo, ma anche di ricerca di se

stesso.

115 HARTOG, F., The Mirror of Herodotus, Berkeley, University of California Press, 1988, pp. 212-259. 116 All’opera poliana viene accordata anche il titolo Livre des merveilles, si vede SEGRE, C., Introduzione, in POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. XIX. 117

FAMOSO, N., «L’uomo errante: “Il Milione” e la sua modernità», cit., pp. 101-102.

Page 60: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 60 -

5.5 Marco Polo e l’imagologia dell’Asia

Il Milione di Marco Polo riveste un valore innegabile nel contesto degli studi dell’imagologia.

Come specifica il dizionario sul sito dell’Università di Palermo, dedicato agli studi culturali, il

concetto di imagologia copre «la vastità degli aspetti e dei metodi scientifici con riferimento

ai tanti fattori che convergono nella formazione dell’immagine che un uomo si fa dell’altro,

un gruppo sociale dell’altro, un popolo dell’altro, una razza dell’altra […] »118. L’imagologia

conosce una lunga storia e riflette l’evoluzione della nostra conoscenza sui rapporti che

uomini e culture stabiliscono tra di loro.

Come spiega Manfred Beller, introducendo il concetto dell’imagologia119, la disciplina parte

dalla premessa che la nostra percezione e la nostra valutazione sono condizionate a priori.

Un insieme di concezioni e stereotipi, originati dalle possibili tensioni esistenti tra sé e l’Altro,

provocano una visione selettiva dell’ambiente circostante. In tal modo, l’individuo o il

gruppo osserva in funzione di una sua distinta prospettiva, il che naturalmente si rispecchia

nel suo giudizio sull’altra cultura:

Our images of foreign countries, peoples and cultures mainly derive from selective value

judgments (which are in turn derived from selective observation) as expressed in travel

writing and in literary representations.120

118 La spiegazione del termine è tratta dal dizionario del sito dedicato agli studi culturali, coordinato dal Dipartimento di Arti e Comunicazioni dell’Università degli Studi di Palermo: http://www.culturalstudies.it/dizionario/lemmi/imagologia.html (ultima verifica: 25-07-2010). 119 LEERSSEN, J., «Imagology: History and method», in BELLER, M., LEERSSEN, J., Imagology: The cultural construction

and literary representation of national characters. A critical survey, Amsterdam, Rodopi, 2007. 120

LEERSSEN, J., «Imagology: History and method», cit., p. 5.

Page 61: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 61 -

Il fenomeno compare spesso nella letteratura, specie nelle relazioni di viaggio che

descrivono appunto le popolazioni e la cultura dei paesi attraversati. Quindi, anche il testo

composto da Marco Polo può essere esaminato tramite il metodo dell’imagologia. Allora, la

rappresentazione dell’alterità nel Milione adotta di nuovo un senso doppio. In alcune

occasioni, la valutazione dei popoli che il veneziano incontra sta in stretto rapporto di

dipendenza con le credenze antiche. Però, in altre – meglio dire nella maggior parte delle

occasioni – la percezione poliana rileva da un’attitudine più positivista. Nel passo seguente,

ho raccolto alcuni casi che esemplificano la prima modalità di raffigurazione:

In questo reame sono uomini ch’ànno coda grande più d’un palmo, […] e dimorano ne le

montagne di lungi da la città; le code son grosse come di cane.121

E tutti quelli di quest’isola [Angaman] ànno lo capo come di cane e denti e naso come di

grandi mastini. […] E’ sono mala gente e mangiano tutti gli uomini che posson pigliare, fuori

quelli di quella contrada.122

Nei brani, l’autore parla senza scrupoli di uomini con una coda nel reame di Lanbri, o di una

razza sulle isole di Andamane che hanno la testa, i denti e il naso di cane. È chiaro che Polo

concepisce il mondo orientale seguendo un modello consueto, sfruttato dai predecessori,

dai contemporanei e sul quale si affideranno anche i suoi successori. Un modello che soleva

popolare di esseri mostruosi i mondi sconosciuti all’estremità della carta ‘geografica’. Inoltre,

si nota l’associazione, nel primo esempio, di questi popoli con lo spazio della montagna. A

proposito, Barbieri spiega come, visto il suo aspetto fisico, tale luogo era tradizionalmente

visto come «loca horrida»123, deserto che evoca sentimenti di timore. Questi uomini strani

sono perfidi ed antropofagi. La loro raffigurazione corrisponde a quelli che l’imagologia

definisce come gli «eterostereotipi negativi» 124 adoperati dagli scrittori, contrari agli

«autostereotipi positivi».

121 POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 231. 122 Ivi, p. 233. 123 BARBIERI, A., «Marco Polo e la montagna», in ID., Dal viaggio al libro. Studi sul Milione, Verona, Fiorini, 2004, p. 177. 124

Si vede il lemma «imagologia» nel dizionario del sito dedicato agli studi culturali, cit.

Page 62: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 62 -

Sul mondo orientale sconosciuto, l’Europa medievale proietta un’immagine che rispecchia le

sue paure, ma anche le sue aspirazioni come mostrava già l’esempio di Marcello Ciccuto

concernente la ricchezza naturale nelle Indie. Nei suoi contatti con altre culture, indica Joep

Leerssen commentando la storia dell’imagologia, l’uomo parte da un punto di vista

etnocentrico alterando come anomalia o come singolarità tutto ciò che si allontana dalle

norme domestiche.125 Converge l’opinione di Alvaro Barbieri. Lo studioso chiama la suddetta

proiezione «un endotico rovesciato»126. La tessitura mentale degli uomini occidentali

determina la percezione dell’alterità asiatica come «un’anti-realtà sorprendente, strana

curiosa»127. I valori vi si contrappongono assialmente ai principi consueti.

Tuttavia, specie quanto alle notizie sulla civiltà mongola, ma non solo, il resoconto di Marco

Polo sembra plasmarsi secondo altre modalità di percezione. La sua osservazione e la sua

valorizzazione vi sono condizionate principalmente, non da un insieme di clichés culturali, ma

da un modello cognitivo affine alla ‘nuova’ mentalità aperta, curiosa e oggettiva, propria del

contesto in cui è cresciuto il viaggiatore veneziano. Nel Milione, pullulano i frammenti in cui

l’autore estrinseca il suo interesse genuino per le tradizioni, i costumi e i culti delle

popolazioni che incontra o di cui sente parlare.

Nel caso dei Tartari, cui il libro dedica ampio spazio, la rappresentazione sembra anche

modellarsi in base alla spiccata predilezione che Polo prova per il popolo mongolo ed il loro

sovrano Kublai Khan. Confrontato in Europa con le spedizioni militari calamitose del Gran

Khan Ögödei128, il pubblico occidentale soleva ricorrere a concezioni tradizionali per

esprimere la malvagità di questa stirpe guerriera. I Mongoli, precisa Barbieri, vennero

identificati con Gog e Magog, simboli biblici dei popoli dell’Anticristo, che mostravano

appunto dei tratti comuni con le tribù di cavalieri provenienti dalle steppe asiatiche. Del

tutto diverse sono le descrizioni di Marco Polo. Il suo spirito critico da inviato speciale,

insieme alla sua inclinazione filotartara 129 stimolano le sue competenze osservative,

promuovendolo quasi fosse «un antropologo moderno»130:

125

LEERSSEN, J., «Imagology: History and method», cit., p. 17. 126 BARBIERI, A., «Marco Polo e la montagna», cit., p. 185. 127 Ibidem. 128

Per ulteriori informazioni sulle campagne militari dei Mongoli, si vede BARBIERI, A., «Il popolo degli arcieri: i Mongoli nel Milione», in ID., Dal viaggio al libro. Studi sul Milione, Verona, Fiorini, 2004, pp. 195-198.

Page 63: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 63 -

Ancora vi dico un’altra loro usanza, ciò che fanno ma[trimoni] tra∙lloro di fanciulli morti, ciò

è a dire: uno uomo à uno suo fanciullo morto; quando viene nel tempo che gli darebbe

moglie se fosse vivo, alotta fa trovare uno ch’abbia una fanciulla morta che si faccia a lui, e

fanno parentado insieme e danno la femina morta a l’uomo morto. E di questo fanno fare

carte; poscia l’ardono, e quando veggono lo fumo in aria, alotta dicono che la carta vae

nell’altro mondo ove sono li loro figliuoli, e queglino si tengono per moglie e per marito

nell’altro mondo. Egli ne fanno grandi nozze e versane assai, ché dicono che vae a li figliuoli

ne l’altro mondo. Ancora fanno dipingere in carte uccegli, cavagli, arnesi, bisanti e altre

cose assai, e poscia le fanno ardere, e dicono che questo sarà presentato da divero ne

l’altro mondo a li loro figliuoli. E quando questo è fatto, egli si tengono per parenti e per

amici, come se gli loro figliuoli fossero vivi.131

Di sopra, ho ripreso un episodio ampio in cui Marco Polo descrive meticolosamente la

pratica mongola di celebrare le nozze post mortem. Commenta Barbieri132 come, all’epoca, il

veneziano è l’unico dei viaggiatori in Oriente che testimonia una tale usanza, confermata

dalle fonti cinesi e persiane. Del resto, questo frammento etnografico dettagliato non

costituisce certo un caso eccezionale. Nel Milione, l’autore menziona il Dio e le credenze

religiose dei Tartari, discorre sui sistemi penali e sulla rete postale, si riferisce ancora ad altri

costumi culturali e nutre un fascino particolare per le armi e le tecniche e strategie guerriere

delle tribù turco-mongole.

129 Si vede il capitolo sulla narrativa storico-dinastica nel Milione (in 3.3.3: «Le forme narrative), in cui varie voci critiche menzionano la laudatio poliana del popolo tartaro. 130 ECO, U., «Il “Milione”: descrivere l’ignoto», cit. 131

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., pp. 84-85. 132

BARBIERI, A., «Marco Polo e l’Altro», cit., p. 170.

Page 64: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 64 -

Se la descrizione poliana si incentra sul regno mongolo, non mancano però le notizie

etnografiche su altri popoli dell’Asia, desunte da una medesima mentalità oggettivante e

attenta al diverso. Come segnala Cesare Segre, le varie missioni diplomatiche di cui è

incaricato l’ambasciatore del Khan aumentano le possibilità di osservare, in tal modo

arricchendo la sua conoscenza del continente orientale. Tra le testimonianze poliane si

citano il suicidio rituale della sposa sulla pira funeraria alla morte del marito nel culto

induistico, la cerimonia religiosa delle devadâsî, le donne danzanti in onore degli idoli, nella

provincia indiana di Maabar133, ecc.

Infine, l’imagologia orientale si presenta in modo svariato lungo il libro poliano. La

percezione di Marco Polo oscilla – di nuovo – in funzione degli schemi cognitivi che lo

condizionano. Ogni tanto il viaggiatore osserva il mondo ignoto partendo da pregiudizi

prestabiliti che offuscano la possibilità di un rapporto vero e proprio con l’alterità. Ma nella

maggior parte dei casi, il suo sguardo pragmatico e acuto da mercante favoriscono un

interesse sincero per la geografia, per i luoghi ed i prodotti di commercio, per le abitudini ed

i riti cultuali dei popoli, ecc. A proposito, si nota il grado di precisione, di obiettività e di

affidabilità con cui Polo si riferisce ai dati. Così, alla fine del resoconto, l’autore a buon diritto

può indirizzarsi al suo pubblico con le parole seguenti: «Avete inteso tutti i fatti di Tarteri e di

saracini, quanto se ne può dire, e di loro costumi, e degli altri paesi che sono per lo mondo

quanto se ne puote cercare e sapere […]»134.

133 Gli esempi si ritrovano in BARBIERI, A., «Marco Polo e l’Altro», cit., p. 170 e BARBIERI, A., «Marco Polo etnografo», cit., pp. 247-251. 134

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 301.

Page 65: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 65 -

6. CONCLUSIONE

In sintesi, espongo brevemente gli esiti della mia ricerca su quattro tematiche essenziali

riguardo all’interpretazione ed alla comprensione dell’opera poliana.

Il Milione è lo specchio della sua cultura. Il Duecento italiano vede l’avvenuta della classe

borghese mercantile, ormai predominante nei grandi centri di commercio italiani. Questa

transizione fa sorgere una nuova ondata culturale che si riflette in una mentalità più pratica

e pragmatica, anticipa della modernità. Nondimeno, una mentalità che continua a coesistere

con certe eredità del passato. Così, rigorosità morale, religiosità tradizionale e concezione

simbolico-allegorica del mondo si saldano con la curiosità e il senso dell’osservazione critica,

creando un unico clima culturale che condiziona anche la visione del mondo. Quanto alla

rappresentazione del continente asiatico, l’insieme di opere classiche ed enciclopedie

medievali rispecchia maggiormente il filone tradizionale, mentre le missioni e le escursioni in

Oriente confermano la nascente apertura verso le terre ignote. Infine, la cartografia

medievale si avvia in due direzioni, ognuna in armonia con le rispettive mentalità sottostanti.

Page 66: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 66 -

Il Milione è un’opera composita e multiforme. Se a prima vista, il libro segue lo sviluppo del

resoconto di viaggio, accennando alle date ed ai spostamenti dell’itinerarium compiuto, la

critica concorda in modo unanime che l’opera poliana è priva di uno statuto letterario

specifico. Alcuni studiosi insistono sul carattere enciclopedico alludendo alle corrispondenze

contenutistiche e stilistiche con la trattatistica medievale. Altri ripartiscono la materia tra

due filoni, quello descrittivo e quello narrativo. La descriptio, cui si accosta il genere

enciclopedico, predomina e garantisce anche la continuità della relazione. Comprende le

informazioni geo-etnografiche e merceologiche. Al registro narrativo appartengono una

serie di forme letterari, sparse attraverso l’opera e suddivise in tre categorie. Il prologo è di

natura autobiografica, costituendo inoltre una forma di autenticazione del libro. Le parti

dedicate alle battaglie mongole ed alla dinastia dei Khan rappresentano una laudatio di

stampa epico-cavalleresca. La terza categoria narrativa copre quattro tipi di testo di natura

aneddotico-narrativa: l’agiografia, l’exemplum, il miracolo e il genere novellistico. Essi si

modellano come un incrocio tra leggende occidentali da una parte e fonti orientali dall’altra.

Insomma, secondo alcune voci critiche, questa instabilità del tessuto testuale conferisce al

Milione un senso di libro non riuscito. Nondimeno, sottolineano al contempo che in essa

risiede l’indizio della sua novità, il motivo appunto della sua straordinaria fortuna.

Page 67: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 67 -

Il Milione è il frutto di una collaborazione autoriale, composto da Marco Polo e Rustichello

da Pisa in carcere genovese. Le circostanze precise in cui accadde la composizione dell’opera

rimangono avvolte in un velo di mistero, quindi la critica esprime le loro ipotesi con la

necessaria cautela. La figura sfuggente di Rustichello da Pisa crea un primo blocco nella

questione della doppia autorialità. È nota come autore-compilatore di una materia arturiana,

intitolata il Meliadus. Alcuni studi comparativi svolti sul romanzo rustichelliano ed il

Divisament dou monde contradicono la presupposta posizione marginale di Rustichello, che

probabilmente assumesse il ruolo di auctor-scriptor. Vista l’assenza di fonti secondarie che

informano sul rapporto di cooperazione, la critica cerca nel libro stesso degli indizi. In prima

istanza, si insiste sull’ibridismo – sia quello contenutistico e stilistico, che quello linguistico –

come conseguenza in parte dovuta alla collaborazione tra le due personalità di sfondi socio-

culturali divergenti. Nonostante i vari tentativi di discernere i singoli apporti autoriali –

attribuendo a Polo le notizie pratiche e concrete, a Rustichello gli abbellimenti stilistici – gli

studiosi concordano che rimane impossibile scorgere le responsabilità individuali. Riguardo

alla forma precisa del contributo poliano la combinazione di voce dettante e di appunti scritti

sembra la più plausibile. Le ricerche sul gioco delle voci narranti – collegate sia a Marco Polo,

sia a Rustichello – delucidano il probabile rapporto di pariteticità tra i due autori il cui lavoro

compositivo si intreccia e si alterna. Per finire, il Milione può anche esser visto come «il

prodotto collettivo di un’intera cultura [europea]»135, tenuto conto degli oltre 130 codici

conservati.

135

CAMPBELL, M. B., The Witness and the Other World, cit., pp. 92-93.

Page 68: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 68 -

Il Milione è l’espressione del confronto con l’Altro. Nel libro si intersecano in modo costante

ed intrinseco le dimensioni del noto e dell’ignoto. Polo, esponente della cultura europea del

Duecento, vi adopera modalità di rappresentazione che plasmano – ossia modificano –

l’immagine evocata dell’alterità orientale. La critica cerca di concepire come avviene questa

raffigurazione dell’altro e in quale misura Marco sia condizionato da fattori culturali. Un

primo contributo indica come la misura in cui viene alterato il concetto esotico dipende dal

grado di familiarità con esso. Più la dimensione esotica si stranii dall’esperienza quotidiana,

più si sveli il condizionamento culturale dell’autore. Allora, Polo ricorre a clichés e concezioni

culturali prefissati, espressioni di un immaginario e di una mentalità tradizionali. Oltre ai

fattori interni, giocano anche elementi esterni come la possibile deformazione delle realtà

orientali dalla parte del coautore Rustichello, o il bisogno di rispondere alle attese del

pubblico occidentale. Varie voci critiche concordano che nel rappresentare il mondo

orientale, il veneziano si serve di una «retorica dell’alterità»136. Capta le realtà sconosciute

tramite un insieme di tecniche in cui confluiscono sia la visione simbolico-allegorica

tradizionale, sia la mentalità moderna – curiosa, critica ed arguta – propria alla classe

mercantile cui appartiene Polo. In tal modo, si stabilisce un rapporto alternante tra il Sé e

l’Altro. Un rapporto, insomma, che si può collegare agli studi dell’imagologia. Questa

disciplina ricerca l’insieme di fattori determinanti nella formazione dell’immagine che una

cultura si fa dell’altra.

Le varie riflessioni esposte sul Milione – ossia sul Divisament dou monde – danno un’idea

dello sfondo socio-culturale, della complessità testuale ed autoriale, e dell’approccio

all’alterità orientale. Ma forse il vero significato del libro va cercato nell’ultimo paragrafo

scritto da Marco Polo (e Rustichello da Pisa), cui allude anche Daniela Pasquinelli d’Allegra137.

Il mercante veneziano svolge il suo lungo itinerario nello scopo di registrare per le

generazioni successive le notizie più diverse sulla terra incognita:

136 POLEZZI, L., «Marco Polo: mito e ricezione, sé ed altro», cit. 137

PASQUINELLI D’ALLEGRA, D., «Verso l’altro e l’altrove. Percorsi di formazione geografica interculturale sulle tracce di Marco Polo», cit.

Page 69: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 69 -

Ma credo che fosse piacere di Dio nostra tornata, acciò che si potessero sapere le cose che

sono per lo mondo, ché, secondo ch’avemo contato in capo del libro nel titolo primaio, e’

non fu mai uomo, né cristiano né saracino né tartero né pagano, che∙mmai cercasse tanto

nel mondo quanto fece messer Marco, figliuolo di messer Niccolò Polo, nobile e grande

cittadino della città di Vinegia.138

138

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde, cit., p. 302.

Page 70: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 70 -

7. BIBLIOGRAFIA

Fonti primarie

CALVINO, I., Le città invisibili, Milano, Mondadori, 1993.

POLO, M., Il «Milione» veneto, ms. CM 211 della Biblioteca Civica di Padova, a cura di BARBIERI,

A. e ANDREOSE, A., Venezia, Marsilio, 1999.

POLO, M., Milione/Le divisament dou monde. Il Milione nelle redazioni toscana e franco-

italiana, a cura di RONCHI, G., Milano, i Meridiani, Mondadori, 20055.

Fonti secondarie

Articoli e saggi

BARBIERI, A., «Il ‘narrativo’ nel Devisement dou monde: Tipologia, fonti, funzioni», in CONTE, S.,

(a cura di), I viaggi del Milione. Itinerari testuali, vettori di trasmissione e metamorfosi del

Devisement du monde di Marco Polo e Rustichello da Pisa nella pluralità delle attestazioni,

Roma, Tielle Media editore, 2008, pp. 49-75.

BARBIERI, A., «Un veneziano nel Catai: sull’autenticità del viaggio di Marco Polo», Critica del

testo, 2000, 3, pp. 993-1022.

BATTAGLIA RICCI, L., «Del Madagascar, dell’uccello grifone, delle donne cinesi e di altro ancora»,

in Studi di filologia italiana in onore di Gianvito Resta, MASIELLO, V., (a cura di), t. I, Roma,

Salerno Editrice, 2000, pp. 3-25.

BERTOLUCCI PIZZORUSSO, V., «Enunciazione e produzione del testo nel Milione», in Morfologie

del testo medievale, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 209-241.

Page 71: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 71 -

BURGIO, E., «Marco Polo e gli ‘idolatri’», in Le voci del Medioevo. Testi, immagini, tradizioni.

Atti del VII Convegno internazionale (Rocca Grimalda, 21-22 settembre 2002), BARILLARI, S. M.,

(a cura di), Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2006, pp. 31-62.

CAPUSSO, M. G., «La mescidanza linguistica del Milione franco-italiano», in CONTE, S., (a cura

di), I viaggi del Milione. Itinerari testuali, vettori di trasmissione e metamorfosi del

Devisement du monde di Marco Polo e Rustichello da Pisa nella pluralità delle attestazioni,

Roma, Tielle Media editore, 2008, pp. 263-283.

CAPUZZO, E., «Marco Polo e “Le città invisibili” di Italo Calvino», in PALAGIANO, C., e.a., (a cura

di), L’impresa di Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media editore,

2007, pp. 149-157.

CICCUTO, M., «Codici culturali a confronto nell’enciclopedia di Marco Polo: Il ‘caso India’», in

CONTE, S., (a cura di), I viaggi del Milione. Itinerari testuali, vettori di trasmissione e

metamorfosi del Devisement du monde di Marco Polo e Rustichello da Pisa nella pluralità

delle attestazioni, Roma, Tielle Media editore, 2008, pp. 205-218.

CIGNI, F., «‘Prima’ del Devisement dou monde. Osservazioni ( e alcune ipotesi) sulla lingua

della Compilazione arturiana di Rustichello da Pisa», », in CONTE, S., (a cura di), I viaggi del

Milione. Itinerari testuali, vettori di trasmissione e metamorfosi del Devisement du monde di

Marco Polo e Rustichello da Pisa nella pluralità delle attestazioni, Roma, Tielle Media editore,

2008, pp. 219-231.

CLIFFORD, J., «Traveling Cultures», in GROSSBERG, L., e. a., (a cura di), Cultural Studies, New York

& London, Routledge, 1992, pp. 96-116.

CONTI, S., «L’idea dell’Oriente nella cartografia dal medioevo al XV secolo», in PALAGIANO, C.,

e.a., (a cura di), L’impresa di Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media

editore, 2007, pp. 37-52.

ECO, U., «Il “Milione”: descrivere l’ignoto», L’espresso, 1982.

Page 72: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 72 -

FAMOSO, N., «L’uomo errante: “Il Milione” e la sua modernità», in PALAGIANO, C., e.a., (a cura

di), L’impresa di Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media editore,

2007, pp. 101-108.

GHISALBERTI, C., «Sulla “Historia Mongalorum» di Giovanni da Pian del Carpine», in PALAGIANO,

C., e.a., (a cura di), L’impresa di Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle

Media editore, 2007, pp. 87-97.

PALAGIANO, C., «La percezione dell’Asia ai tempi di Marco Polo», in PALAGIANO, C., e.a., (a cura

di), L’impresa di Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media editore,

2007, pp. 19-36.

PASQUINELLI D’ALLEGRA, D., «Verso l’altro e l’altrove. Percorsi di formazione geografica

interculturale sulle tracce di Marco Polo», in DE VECCHIS, G., (a cura di), Verso l’altro e l’altrove.

La geografia di Marco Polo, oggi, Roma, Carocci editore, 2005, pp. 77-95.

SEGRE, C., «Chi ha scritto il Milione di Marco Polo?», in CONTE, S., (a cura di), I viaggi del

Milione. Itinerari testuali, vettori di trasmissione e metamorfosi del Devisement du monde di

Marco Polo e Rustichello da Pisa nella pluralità delle attestazioni, Roma, Tielle Media editore,

2008 , pp. 5-16.

SURDICH, F., «Trent’anni di studi italiani su Marco Polo: un bilancio», in PALAGIANO, C., e.a., (a

cura di), L’impresa di Marco Polo. Cartografia, viaggi, percezione, Roma, Tielle Media editore,

2007, pp. 161-193.

WETZEL, H.H., «Il Milione di Marco Polo fra descrizione e racconto», in Narrations brèves.

Mélanges de littérature ancienne offerts à Krystyna Kasprzyk, Warszawa, Publications de

l’Institut de Philologie Romane, 1993, pp. 99-116.

ZAGANELLI, G., «In margine a due recenti edizioni del “Milione” di Marco Polo», Critica del

testo, 2000, 3, pp. 1023-1032.

Page 73: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 73 -

ZAGANELLI, G., «Viaggiatori europei in Asia nel Medioevo. Note sulla retorica del mirabile»,

Studi testuali, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1996, 4, pp. 157-165.

Libri

ANTONELLI, R., e.a., (a cura di), Letteratura italiana. Storia e geografia, Vol.1, L’età medievale,

Torino, Einaudi, 1987.

BALDELLI BONI, G. B., Il Milione di Marco Polo, Firenze, Pagani, 1827.

BARBIERI, A., Dal viaggio al libro. Studi sul Milione, Verona, Fiorini, 2004.

BELLER, M., LEERSSEN, J., Imagology: The cultural construction and literary representation of

national characters. A critical survey, Amsterdam, Rodopi, 2007.

CAMPBELL, M. B., The Witness and the Other World, Ithaca and London, Cornell University

Press, 1988.

HARTOG, F., The Mirror of Herodotus, Berkeley, University of California Press, 1988.

LARNER, J., Marco Polo and the Discovery of the World, New Haven/London, Ed. Yale

University Press, 1999.

OLSCHKI, L’Asia di Marco Polo. Introduzione alla lettura e allo studio del Milione, San Giorgio

Maggiore (Venezia), Fondazione «Giorgio Cini», 1975.

RUSHDIE, S., Imaginary Homelands, London, Penguin, 1991.

Page 74: Il Milione: resoconto di un veneziano in partibus Orientis

- 74 -

Siti

POLEZZI, L., «Marco Polo: mito e ricezione, sé ed altro», in ImagEuro, 2001. Sito:

http://www.imageuro.net/mediaterraneo/archivio/secolo/pdf/polezzi.pdf (ultima verifica:

25-07-2010). Si tratta di un annuario elettronico coordinato da "Immaginare l'Europa",

Network ispirato da Antonio Ruberti (il Commissario Europeo ideatore dei Programmi

Socrates e Leonardo) con il sostegno della Commissione Europea – Direzione Istruzione e

Cultura.

Il sito dedicato agli studi culturali, coordinato dal Dipartimento di Arti e Comunicazioni

dell’Università degli Studi di Palermo:

http://www.culturalstudies.it/dizionario/lemmi/imagologia.html (ultima verifica: 25-07-2010)