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Bergamo Jazz 2017
Incontriamo il jazz 2017 - Bergamo per International Jazz Day
Duke Ellington: A new world a-coming dall’Harlem Renaissance ai Sacred Concerts
Progetto didattico sul jazz rivolto agli studenti della scuola primaria, media e degli istituti superiori
11 Dicembre 1943. La seconda guerra mondiale infuria in Europa e nell’Oceano Pacifico. Gli Stati
Uniti, dopo la disfatta di Pearl Harbour del 1941, sono impegnati in prima linea con tutte le loro
risorse belliche e militari. Anche l’esercito, dapprima composto solo da soldati bianchi, incomincia
a reclutare milizie afroamericane, dapprima solo con funzioni marginali e di supporto e
successivamente operative in battaglia. Sarà fondamentale il ruolo della 92° divisione, quasi
interamente composta da neri, soprannominata “buffalo soldiers”, nella liberazione dell’Italia dal
dominio nazista.
Ciononostante in patria vige ancora un fortissimo razzismo e ai soldati neri in congedo vengono
negati i più importanti diritti civili. La comunità afroamericana di Manhattan vive nel quartiere
ghetto di Harlem e, a causa delle leggi razziali “Jim Crow” (dal nome di uno schiavo nero) emanate
tra il 1876 e il 1965, subisce una fortissima segregazione razziale: scuole separate tra bianchi e
neri, mezzi pubblici divisi per etnia, servizi pubblici vietati ai neri.
La parola d’ordine, sebbene fortemente contraddittoria, è “separati ma uguali”.
Uguali in prima linea nel sacrificare la vita per la patria, separati in America nelle più elementari
forme di convivenza civile.
Duke Ellington, pianista, compositore e band leader, vive in una condizione diversa. Grazie alla sua
fama e al suo talento, riconosciuto sia in America sia all’estero, riesce ad esibirsi sia nei teatri di
Harlem sia in quelli riservati ai bianchi. In particolare l’11 dicembre 1943 varca con la sua orchestra
l’ingresso della Carnegie Hall: il tempio della musica classica statunitense.
Propone un repertorio accattivante di sue composizioni famose come Take The A train,
Sophisticated Lady, Black and Tan Fantasy, oltre a degli hit come Summertime e Stardust, ma
introduce nel programma una composizione estesa (suite) lunga 14 minuti dal titolo A new world
a coming: sta arrivando un nuovo mondo.
E’ evidente che proprio quella composizione è il fulcro del concerto e ha un forte significato
simbolico e spirituale rappresentando un messaggio, in musica, rivolto alla società americana e al
pubblico, interamente bianco, che affolla la Carnegie Hall quella sera, e che gli decreterà uno
strepitoso successo.
Ellington descrive così la sua composizione: “I visualized this new world as a place in the distant
future, where there would be no war, no greed, no categorization, no non-believers, where love
was unconditional, and no pronoun was good enough for God.”
“Vidi un nuovo mondo come un luogo in un futuro lontano dove non ci saranno guerre, avidità e
discriminazioni. Popolato da uomini credenti. Un luogo vissuto con un amore incondizionato in cui i
termini e le parole per nominare il nome di Dio non saranno mai abbastanza adeguate per
descriverne la grandezza.”
Concetti altamente spirituali che saranno sviluppati ancor meglio nei suoi tre Sacred Concerts,
scritti dal 1965 al 1974, anno della sua morte, che rappresentano il suo testamento spirituale.
Nei Sacred Concerts ci sono diverse composizioni che già nel titolo richiamano questi profondi
concetti: Too good to title, troppo bello per avere un titolo – in riferimento alla bellezza di Dio, Tell
me the truth, Love, The Majesty of God.
La spiritualità di Ellington e il suo richiamo a Dio, alla tolleranza e all’amore è tutt’altro che
formale.
A new world a comin è anche il titolo di un best seller del momento del reporter afroamericano
Roi Ottley a cui si rifà una trasmissione radiofonica di successo andata in onda tra il 1945 e il 1957.
Era un programma potente e politicamente incisivo che ventilava temi politici e razziali sia in
ambito militare sia civile. Dopo due stagioni, il programma ha ampliato la sua attenzione ad altri
gruppi di minoranza. La colonna sonora era appunto la New world a coming di Duke Ellington.
Roi Ottley era un reporter afroamericano che si era conquistato un ruolo di tutto rispetto
nell’editoria americana. Innanzitutto per la sua preparazione accademica – aveva studiato,
nonostante le difficoltà dovute alle discriminazioni razziali, alla Columbia University, alla New
York University e anche all’università di legge di Brooklyn. Successivamente era stato reporter di
guerra in prima linea sul fronte europeo e i suoi articoli non solo raccontavano le battaglie
dell’esercito statunitense, ma raccontavano anche delle condizioni dei neri americani al fronte. La
potenza della sue notizie attirò l’attenzione dell’Herald Tribune che le pubblica per lungo tempo.
Roi Ottley nel suo libro A new world a coming realizza un piccolo capolavoro letterario giocato
continuamente tra il ricordo del fulgore del Rinascimento di Harlem, tra il 1920 e 1929, e il
rimando alla condizione attuale - cioè quella del 1943 - degli afroamericani. Prima di entrare nel
merito del racconto della New World A Coming occorre dare qualche notizia e qualche coordinata
geografica su Harlem.
Cos’è Harlem?
Fondato nel 1658 dagli Olandesi che gli conferirono il nome di Nieuw Haarlem, in onore di
un’omonima città dei paesi bassi, divenne nel tempo uno dei quartieri più multi etnici della città,
ospitando principalmente immigrati afro-americani e ispanici. Da non dimenticare anche la
presenza di nostri connazionali italiani a partire dai primi anni del 1900.
Questo grande neighborhood si estende a Manhattan, a nord di Central Park toccando sia la riva
est ovvero l’Hudson sia l’East River. In realtà era nato come quartiere residenziale per bianchi ma
proprio la sua distanza dal centro nevralgico di New York lo rese presto inutilizzabile e così la
comunità nera, dapprima concentrata nella zona sud ovest del Central Park, Hell’s Kitchen, viene
trasferita ad Harlem che diventa in breve il “ghetto” nero di New York.
A seguito della fortissima immigrazione di afroamericani, ben presto divenne il centro della
cultura nera di New York e di tutti gli Stati Uniti. Negli anni ’20 nacque proprio in queste strade il
cosiddetto Rinascimento di Harlem, un movimento culturale nero che non si concentrava solo
sulla musica jazz ma coinvolgeva tutte le arti e i settori della cultura, come la poesia, Langston
Hughes, la letteratura, James Weldon Johnson, la filosofia Alain LeRoy Locke, primo nero
americano laureatosi nel 1909 ad Harvard e vincitore del prestigioso premio Rhodes, l’attivista e
storico W.E.B. Du Bois, lo scrittore e sindacalista Marcus Garvey.
Tenetevi stretti ai sogni - Langston Hughes
Tenetevi stretti ai sogniperchè se i sogni muoionola vita è un uccello con le ali spezzateche non può volare.Tenetevi stretti ai sogniperchè quando i sogni se ne vannola vita è un campo aridogelato dalla neve.
La Madre al Figlio - Langston Hughes
Bene, figliolo, te lo dirò:la vita per me non è stata una scala di cristallo.Ci furono chiodie scheggeed assi sconnesse,e tratti senza tappeti sul pavimentonudi.Ma per tutto il temposeguitai a saliree raggiunsi i pianerottoli,e voltai angolie qualche volta camminai nel buiodove non era spiraglio di luce.Così, ragazzo, non tornare indietro.Non fermarti sui gradiniperché trovi ardua l'ascesa.Non cadere oraperché io vado avanti, amor mio,continuo a saliree la vita per me non è stata una scala di cristallo.
Ironicamente durante gli anni Venti e Trenta molti afroamericani vennero esclusi dalla possibilità
di assistere alle performance musicali che i membri della loro comunità avevano contribuito a
creare. Molti jazz club come il Cotton Club (dove si esibiva il grande Duke Ellington) erano riservati
solo a un pubblico bianco. Il Savoy, che era misto, venne chiuso dalle autorità municipali negli anni
‘30 a causa del rischio di relazioni interrazziali che avrebbero potuto nascere al suo interno.
Duke Ellington è stato uno dei protagonisti della Harlem Renaissance e ha potuto sperimentare la
sua arte compositiva in diversi locali notturni di intrattenimento, come appunto il Cotton Club,
riservati solo ai bianchi. Dietro all’apparenza del gusto esotico e proibito, Ellington ha introdotto
diversi elementi che diventeranno dei caposaldi della sua estetica e della musica jazz. In
particolare l’utilizzo delle sordine applicate agli strumenti a fiato, unitamente a una ricerca sonora
e ritmica, di influsso fortemente africano, ha consentito sia di recuperare le radici culturali, sia di
creare il famoso “effetto giungla” - jungle style – tipico della sua orchestra.
Questa ricerca iniziata ad Harlem sarà proseguita da Ellington nella sua straordinaria carriera
realizzando brani musicali estesi, le suite, il cui valore e la cui qualità artistica trascende il genere
del jazz.
Le sue opere sono tra i momenti musicali più alti del XX secolo, come la Sagra della Primavera di
Igor Strawinsky o le Sinfonie di Gustav Mahler. Oggi vengono studiate ed analizzate nelle
Università e nei Conservatori di tutto il mondo e i programmi dei più importanti teatri includono
spesso le composizioni di Ellington.
A new world a comin
La suite A new world a comin è stata riproposta in diverse versioni: per piano solo, per pianoforte
solista e big band jazz, per pianoforte solista, orchestra sinfonica e big band jazz.
Si presenta sotto forma di concerto per pianoforte e orchestra ed è strutturato in diversi
movimenti per la durata complessiva di circa 14 minuti.
Emerge innanzitutto il carattere descrittivo di Ellington. Chiudendo gli occhi e ascoltando il flusso
della musica emergono immagini molto forti e caratteristiche: ora bucoliche e sospese, ora
ritmiche e concitate, ora forti e drammatiche. Ad ogni quadro corrisponde una melodia che
sviluppa coerentemente il tema iniziale ripreso in varie forme e occasioni fino al grande finale
maestoso e conclusivo.
Oltre ai riferimenti tipici del jazz e del blues, compaiono frammenti ispirati al Ragtime, al boogie
woogie ma anche influssi classici soprattutto dell’impressionismo francese, Claude Debussy e
Maurice Ravel, e del pianismo di Rachmaninoff, autori conosciuti, suonati e studiati a fondo da
Duke Ellington.
Sacred concerts
“Se un essere umano è preoccupato geme e piange quando prega. Se un essere umano capisce che
quello di cui gode in questa vita gli succede solo per grazia di Dio, giubila, canta e qualche volta
danza. Ogni uomo prega nel suo proprio linguaggio”. Duke Ellington
Edward Duke Ellington ha composto negli ultimi anni di vita tre concerti di musica sacra che
rappresentano il testamento spirituale di questo grande compositore del ventesimo secolo. Si
tratta di musiche di straordinaria bellezza alle quali il Duca ha lavorato con particolare devozione
curando personalmente sia gli arrangiamenti per big band e coro che i testi ispirati in gran parte al
Vecchio e al Nuovo Testamento. Questa musica, composta negli anni della lotta degli
afroamericani per la loro emancipazione, ha anche una forte valenza sociale: afferma ciò che
doveva essere detto in modo convinto e penetrante, ma non stridente e provocatorio.
Significativamente la suite Freedom, che conclude l'opera con un forte messaggio di speranza, ha
una durata di oltre dieci minuti. I Sacred Concerts rappresentano un punto culminante nell'iter
artistico di Ellington: comprendono tutte le sue idee, le sue tecniche e pratiche stilistiche acquisite
e presentano anche nuovi elementi quali l'uso del coro, del jazz modale degli sessanta e settanta,
del canto recitativo in forma di reading poetico con profonde influenze gospel e R&B.
Riferimenti audio e ascolti consigliatii:
Ellington, New world a comin https://www.youtube.com/watch?v=WfrIqRoPWo8
Ellington, The mooche (1928) https://www.youtube.com/watch?v=m_-IpeU2Su4
Ellington, Jungle style https://www.youtube.com/watch?v=-_Y0cJ-aEbY
Ellington, Sacred Concerts . Heaven https://www.youtube.com/watch?v=JH4AeB1TTrU
Ellington, Sacred Concerts Almighty god https://www.youtube.com/watch?v=OP2QUvY2lco