il bosco degli urogalli - roberto boccucci - fotografo ... · silenzio della taiga svedese. a metà...
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E' ormai buio; con l’ausilio della lampada frontale, mi addentro nel
silenzio della taiga svedese. A metà aprile, la neve comincia a
sciogliersi liberando dall’oppressione del suo peso i cespugli di
erica e gli spugnosi tappeti di muschio; finalmente l’inverno passa
la mano e il respiro della primavera sparge prodigiosamente sul
bosco tutti i colori del verde.
La neve rimasta è resa compatta dal gelo delle notti boreali e
rende il cammino meno faticoso.
Arrivato nel punto prescelto, monto la tenda e mi preparo per la
notte nella foresta. Alle 22, puntuali come un orologio, i galli
cedroni giungono ai loro posatoi: non li vedo, ma sento un
poderoso battito di ali sopra la mia testa: arrivano sempre alla
stessa ora e sostano sugli alberi in attesa del giorno dopo. Mi
sveglio che è ancora buio, apro la cerniera della tenda di pochi
centimetri, quel poco che serve per scorgere due maschi in piena
attività a pochi metri dalla mia postazione.
Sono spettatore privilegiato di un rito il cui fascino mi ha attirato
fin qui, nel nord della Svezia, a molte migliaia di chilometri da
casa. Ogni mattina, alle prime luci dell’alba, negli angoli più
remoti del bosco si danno un tacito appuntamento un gruppo di
Galli Cedroni o, come anche vengono chiamati, di Urogalli; il
posto è sempre quello e il copione si svolge immutabile
dall’ultima glaciazione. Un rituale segreto che evoca e rinnova i
miti e le leggende della montagna.
I maschi si muovono veloci nelle tenebre e nel silenzio della
foresta, contendendosi il diritto di perpetuarsi in una discendenza
ormai sempre più incerta. Il chiarore dell’alba rende, con il passare
del tempo, la scena più decifrabile e riesco a vedere un maschio in
parata che recita instancabile sempre la stessa strofa. Questo
verso, che assomiglia molto a quello prodotto dall’estrazione del
tappo di una bottiglia di spumante, risuona in vari punti del lek:
stamattina sono tre i maschi che si contendono la scena. La
maggior parte della parata si svolge in una luce fioca, dando al
fotografo generalmente 45 minuti di luce accettabile durante i
quali sperare che la scena “giusta” si svolga proprio di fronte alla
sua postazione. Per una buona foto è necessaria molta fortuna: il
Canon 5D, 300 mm f.2.8 EF IS USM, 1/400 F.2.8, 400 ISO, ore 5.03
più delle volte l’opportunità favorevole si profila quando la luce è
troppo scarsa o in un luogo nascosto o lontano dal fotografo..Ed
infatti poco lontano sento un incredibile frastuono: sono due
Urogalli in combattimento, ma purtroppo non riesco a vedere
nulla: la posizione non è favorevole e non intendo sporgermi dalla
tenda per non disturbarli. Poi, d’improvviso e magicamente, il
bosco si riappropria del suo silenzio. Attendo ancora qualche
minuto, ma la prima sensazione è quella giusta: i contendenti sono
volati via, ma domani, c’è da stare sicuri, riprenderanno possesso
del loro territorio e il sipario si riaprirà per una nuova e immutabile
rappresentazione.
Il Gallo Cedrone è purtroppo in regresso in tutto il suo areale a
causa di molteplici motivazioni legate ai cambiamenti climatici e
altresì alla sua scarsa adattabilità rispetto alle variazioni sempre
più incisive che interessano il suo ambiente. Quest’ultimo infatti
deve rispondere a canoni ben precisi. Innanzitutto il suo home
range è pari mediamente a 550 ha (Storch 1995[1]); inoltre ha
bisogno che i siti di corteggiamento, di nidificazione, di
allevamento, di pastura e di svernamento rispondano a ben
determinate caratteristiche, soddisfatte generalmente dalla
presenza di boschi misti naturali disetanei con piccole radure e
ricco sottobosco.
Le conifere in inverno diventano fondamentali in quanto nella
cattiva stagione l’unico nutrimento è rappresentato dagli aghi di
pino o di abete.
D’estate invece è importante la presenza di un sottobosco ricco di
ericacee che, oltre a garantire un’efficace protezione visiva,
consenta di accedere ad un nutrimento vario e abbondante.
Durante i sei giorni passati in Svezia, ne ho dedicati quattro al
Gallo Cedrone e due al Gallo Forcello. Le condizioni sono tuttavia
completamente diverse. Innanzitutto le arene dei Galli Forcelli
tendono ad essere localizzate in luoghi completamente aperti e
spesso anche i laghi ghiacciati sono sono utilizzati allo scopo.
utilizzati allo scopo. Generalmente i problemi di carenza di luce
sono molto più limitati e inoltre il numero degli esemplari presenti
nell’arena è enormemente più alto. Nel lek da me frequentato
erano presenti mediamente 40 maschi. Anche le abitudini sono
diverse: i galli forcelli arrivano nel lek il pomeriggio, quando la luce,
radente e ancora forte, concede buone opportunità fotografiche. Al
calare della notte gli uccelli si allontanano per tornare fra l’una e le
due di notte. Non c’è pericolo di non svegliarsi in tempo per lo
spettacolo, dato che il richiamo di 40 maschi in amore è
letteralmente assordante. Durante i due giorni in cui sono stato
presente, il lek è stato visitato dalle volpi, dalle gru e dalle alci.
Sebbene il periodo concessomi sia stato brevissimo ho avuto modo
di notare, come i singoli maschi difendano strenuamente la loro
minuscola fetta di territorio. Infatti di fronte alla mia tenda ha
stazionato sempre lo stesso maschio, inconfondibile a causa di una
profonda cicatrice alla testa; e ho visto sempre lo stesso maschio
nelle foto che altri compagni d’avventura hanno fatto nei giorni
successivi. Nonostante gli innumerevoli tentativi di spodestarlo, è
stato sempre assolutamente inamovibile! Le aree più interne
dell’arena sono quelle più ambite. I maschi che le detengono sono
generalmente i più vigorosi e danno pertanto alle femmine
sufficienti garanzie circa la “qualità” dei loro geni.
I Galli Forcelli sono molto meno “sensibili” dei Galli Cedroni rispetto
ai movimenti del fotografo: ci si può sporgere anche parecchio dal
capanno senza che ne siano minimamente disturbati; anzi si corre il
serio rischio che entrino addirittura nel capanno stesso…
Fotografare questi splendidi Tetraonidi mi ha dato l’opportunità di
poter respirare i silenzi ovattati delle albe nella foresta imbiancata,
di poter osservare la natura assecondandone i suoi ritmi, di
attendere l’occasione giusta apprezzando anche l’attesa. Tutto ciò
in linea con le mie intenzioni di vivere più un’esperienza
naturalistica che fotografica.
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[1] Storch I (1995). Annual home ranges and spacing patterns of
capercaillie in central Europe. Journal of Wildlife Management 59:
362-400
Roberto Boccucci
Canon 5D, 300 mm f.2.8 EF IS USM + 2x, 1/250 F.5.6, 400 ISO
Canon 5D, 300 mm f.2.8 EF IS USM, 1/200 F.2.8, 400 ISO
Canon 5D, 300 mm f.2.8 EF IS USM, 1/160 F.2.8, 400 ISO