i quaderni anno 7 n. 2 (ottobre 2015)

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Potere dell’immagine nell’era della dittatura dell’immagine. Arte o auto-referenzialità? Ho chiesto ai collaboratori dall’estero di questo magazine di segnalare alcuni temi per l’editoriale che a loro avviso fossero significativi rispetto all’arte nella contemporaneità in cui viviamo. Quello di questo numero, suggerito dall’acuto Sergio Nunes Melo, ci è sembrato interessante per mettere il dito in una questione sfuggevole come l’immagine - sempre e comunque presente in ogni opera d’arte - e le sue molte implicazioni, soprattutto quando si nutre di auto-referenzialità. Posto che ogni opera è creazione dell’artista che l’ha prodotta, il confine tra il comunicare e il compiacimento di sé è sempre precario. In un’epoca come la nostra, dove il nome delle cose ha sostituito l’esperienza che se ne fa, non può più stupire che essere e apparire siano diventati sinonimi, o che chi è preposto alla critica o alla divulgazione spesso influenzi l’intero processo creativo, determinando il cosa, il come, il dove e il quando dell’arte. In questo scenario, forse resta solo un margine di azione incondizionata per gli artisti e il pubblico che non si sono ancora uniformati a questa presunta domanda/bisogno della cultura e della società: ovvero il famigerato perché. Chiedersi “il perché” di un’opera, soprattutto della propria, è un atto decisamente rivoluzionario in un’epoca che pretende presenti i contenuti per il solo fatto di nominarli, e superati i valori (estetica, bellezza, sacro, per citarne alcuni) semplicemente poiché lo si dichiara. La fame di comprensione si nutre di domande e tra queste la più impegnativa è certamente chiedersi perché, come la curiosità naturale del bambino che molti genitori ritengono faticosa se non impossibile da soddisfare. Pertanto, per rispondere al quesito iniziale dell’amico Sergio, che si chiede ancora se l'arte vale la sua denominazione in un mondo saturato di auto-referenzialità, rispondo di sì. Sono i casi in cui l’individuo che crea non si accontenta di (ri)produrre immagini che non implichino anche l’esperienza e la risposta personali ai molti quesiti che dovrebbero spingere alla creazione di un’opera, e, al contempo, che non respinge coloro che, fruendola, lo indurranno a ricercare forme in grado davvero di comunicare. Felice Autunno! (di Daniela Bestetti) pag. 1 I Quaderni - Editoriale I Quaderni di Nuova Scena Antica RIVISTA ON LINE ARTE MUSICA PERFORMANCE I Quaderni di Nuova Scena Antica I Quaderni di Nuova Scena Antica nascono per raccogliere gli incontri significativi avvenuti nel panorama artistico e culturale contemporaneo nazionale ed internazionale. ANNO 7 N. 2 OTTOBRE 2015 RIVISTA TRIMESTRALE ARTE MUSICA PERFORMANCE Redazione Italia direttore responsabile SILVIO DA RU’ project & art director DANIELA BESTETTI Nuova Scena Antica 2015 Alcuni diritti riservati www.nuovascenaantica.it SOMMARIO Editoriale 1 Arte 2 Musica 4 Performance 6 I Quaderni nel mondo 8 GALLERY OTTOBRE 2015. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI

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Potere dell'immagine nell'era della dittatura dell'immagine. EDITORIALE Arte o auto-referenzialità? ARTE Giovanni Longo MUSICA Paolo Aralla PERFORMANCE Progetto Brockenhaus DALL'ESTERO Martin Tognola (Spagna) Salgado (Brasile)

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Potere dell’immagine nell’era della dittatura dell’immagine. Arte o auto-referenzialità?

H o c h i e s t o a i c o l l a b o r a t o r i dal l ’estero di questo magazine di segnalare alcuni temi per l’editoriale che a loro avviso fossero significativi rispetto all’arte nella contemporaneità in cui viviamo. Quello di questo numero, suggerito dall’acuto Sergio Nunes Melo, ci è sembrato interessante per mettere il dito in una questione sfuggevole come l’ immagine - sempre e comunque presente in ogni opera d’arte - e le sue molte implicazioni, soprattutto quando si nutre di auto-referenzialità.

Posto che ogni opera è creazione dell’artista che l’ha prodotta, il confine tra il comunicare e il compiacimento di sé è sempre precario. In un’epoca come la nostra, dove il nome delle cose ha sostituito l’esperienza che se ne fa, non può più stupire che essere e apparire siano diventati sinonimi, o che chi è preposto alla critica o alla divulgazione spesso influenzi l’intero processo creativo,

determinando il cosa, il come, il dove e il quando dell’arte. In questo scenario, forse re s t a s o l o u n m a r g i n e d i a z i o n e incondizionata per gli artisti e il pubblico che non si sono ancora uniformati a questa presunta domanda/bisogno della cul tura e del la società: ovvero i l famigerato perché. Chiedersi “il perché” di un’opera, soprattutto della propria, è un atto decisamente rivoluzionario in un’epoca che pretende presenti i contenuti per il solo fatto di nominarli, e superati i valori (estetica, bellezza, sacro, per citarne alcuni) semplicemente poiché lo si dichiara.

La fame di comprensione si nutre di domande e tra queste la più impegnativa è certamente chiedersi perché, come la curiosità naturale del bambino che molti genitor i r i tengono faticosa se non impossibile da soddisfare. Pertanto, per rispondere al quesito iniziale dell’amico Sergio, che si chiede ancora se l'arte vale la sua denominazione in un mondo saturato di auto-referenzialità, rispondo di

sì. Sono i casi in cui l’individuo che crea non s i accontenta di ( r i )produrre immagini che non implichino anche l’esperienza e la risposta personali ai molti quesiti che dovrebbero spingere alla creazione di un’opera, e, al contempo, che non respinge coloro che, fruendola, lo indurranno a ricercare forme in grado davvero di comunicare.

Felice Autunno!

(di Daniela Bestetti)

pag. 1I Quaderni - Editoriale

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RIVISTA ON LINE !!!!ARTE MUSICA PERFORMANCE

I Quaderni di Nuova Scena Antica I Quaderni di Nuova Scena Antica nascono per raccogliere gli incontri significativi avvenuti nel panorama artistico e culturale contemporaneo nazionale ed internazionale.

ANNO 7 N. 2 OTTOBRE 2015

RIVISTA TRIMESTRALE

ARTE MUSICA PERFORMANCE

Redazione Italia

direttore responsabile SILVIO DA RU’ project & art director DANIELA BESTETTI

Nuova Scena Antica 2015 Alcuni diritti riservati

www.nuovascenaantica.it

SOMMARIO Editoriale 1

Arte 2

Musica 4

Performance 6

I Quaderni nel mondo 8

GALLERY OTTOBRE 2015. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI

Giovanni Longo (artista visivo) Un giovane artista visivo, che si esprime attraverso i linguaggi dell’installazione video

e site-specific e della scultura. Un immaginario che oscilla tra la semplificazione di concetti anche complessi e la creazione di opere scultoree di un certo impatto visivo ed emotivo. E’ Giovanni Longo, nato a Locri (RC), luogo dove tuttora vive, sostenendo la convinzione che operare lontano dalle città che contano possa anche costituire un valore aggiunto.

Che cosa ti ha spinto a studiare e a dedicarti all’arte? Quanto influisce la terra da cui provieni nel tuo lavoro? GL: È stato un percorso naturale che ha seguito le mie attitudini e una favorevole inclinazione familiare. La Calabria è il luogo dove sono cresciuto e al quale collego tanti episodi della mia vita e della mia infanzia. Lavorare ai margini, in un territorio isolato dal mondo dell'arte contemporanea, ti permette di sviluppare il processo creativo in modo differente. Difficile dire se sia meglio o meno, ma può risultare certamente più stimolante. È altresì importante viaggiare periodicamente, alla ricerca di nuovi luoghi dove crescere e confrontarsi.

Dalla video installazione alla scultura il passaggio è grande, sia da un punto di vista concettuale che realizzativo. Esiste un denominatore comune nella tua poetica, a prescindere dal linguaggio che utilizzi? GL: Non mi sono mai preoccupato di un denominatore comune, altrimenti perché utilizzare molteplici mezzi. Forse cerco proprio di ottenere risposte profondamente diverse. .

pag. 2I Quaderni - Arte

ARTE ZOOM ON GIOVANNI

1. Il tuo maggior pregio Rischierei senz'altro di essere fazioso.

2. Il tuo peggior difetto Ne ho tanti ma ben assortiti.

3. Progetti per il futuro Dal 21 al 30 settembre sarò a Grasse in Costa Azzurra per una residenza artistica organizzata dal centro per la fotografia e le arti visive PHOS, mentre dal 13 ottobre inizierà la biennale Jeune Création Européenne 2015-2017, sempre in Francia a Montrouge, presso Le Beffroi Cultural Centre alle porte di Parigi.

Bio in sintesi di Giovanni Longo (Locri, 1985) diplomato in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, da diversi anni sperimenta molteplici linguaggi alla ricerca di soluzioni che possano descrivere al meglio la precarietà contemporanea. Dal 2005 la sua attenzione si concentra principalmente sul legno di recupero con il quale, operando un parallelo tra elemento osseo e ligneo, rappresenta simbolici scheletri indeboliti dal tempo (serie Fragile Skeletons). Il suo lavoro non si impone sullo spazio ma ricerca il dialogo con esso, trovando ideale connotazione nelle soluzioni site-specific. Sperimenta inoltre disegno, fotografia e video, cercando sempre di semplificare ciò che oggi si complica senza ragione. Nel biennio 2009/2010 è se lezionato in d ivers i premi internazionali: Arte Mondadori, Arte Laguna, Combat e vince il voto on-line nella sezione installazione & scultura al P r e m io C e l e s t e pe r due ann i consecutivi. Nel 2011 una sua opera viene esposta alle Tese di S. Cristoforo per il Padiglione Italia/Accademie alla 54^ Biennale di Venezia. Nel 2012 prende parte al workshop Eurasia Wings, nel quartiere artistico M50 a Shanghai, dove ha modo di interagire con il rigore e la pulizia estetica della cultura cinese, in contrasto con la t u m u l t u o s a c o n f u s i o n e d e l l a megalopoli. In questi ultimi anni ha esposto in progetti internazionali come Wood Mood (Londra, New York, Milano) e al Kunstenfestival Watou (Belgio). Attualmente vive e lavora in provincia di Reggio Calabria. !

In alto Testa o croce (2009)

A lato, particolare Uomini compressi (2008 - 2010)

!!Giovanni Longo scultore: le serie Fragile Skeletons (driftwood) e Uomini compressi (terracotta) esprimono fragilità e forza allo

stesso tempo. Come sei arrivato alla genesi e alla sintesi di questi progetti? GL: I Fragile Skeletons nascono nel 2005 durante una passeggiata in spiaggia, lungo le foci di una fiumara calabrese. Vedere quei legni che, attraverso la loro superficie, raccontavano la propria storia mi colpì particolarmente e pensai di farne delle strutture scheletriche, trasferendo in questo modo tutto il valore concettuale intrinseco della materia. I l progetto degli Uomini Compressi, invece, prende forma attorno a un piccolo disegno dove una figura umana veniva inscritta in un parallelepipedo. Sono sculture realizzate in terracotta, attraverso il colaggio dell'argilla in uno stampo in gesso, che mi ha permesso di ottenere quella modularità che riflette sui diversi aspetti delle nostre esistenze.

Questo numero affronta il tema del potere dell’immagine nell’era della dittatura dell’immagine. Un’opera che vuole sottrarsi ai diktat del mercato dell’arte e sprigionare una “carica rivoluzionaria” come fa a non cadere nel facile tranello dell’auto-referenzialità di chi l’ha creata? GL: Dipende dai casi. Oggi l'immagine può assumere un valore globale immediato, ma tutto si consuma troppo rapidamente. Sottrarsi a questo tipo di processo risulta impossibile, ma studiarne gli effetti credo sia fondamentale.

Grazie, Giovanni. (intervista a Giovanni Longo del 10.08.2015) !!!!!!!In alto

Migratore stanziale (2012)

courtesy Fondazione Rocco Guglielmo !!!

A lato Epic (2012) !!!!!!!!!!

www.giovannilongo.com www.facebook.com/giovannilongo.art !

pag. 3I Quaderni - Arte

Paolo Aralla (compositore, docente) Ogni strumento musicale ha una lunga storia alle spalle, in cui se ne è perfezionata

la costruzione. La meccanica di ciascuno è il frutto di un’evoluzione paziente e precisa che ne ha determinato il suono: meccanica e suono, pertanto, coincidono e conoscere come funziona uno strumento significa comprenderne la voce. E’ uno dei punti saldi nella visione musicale di Paolo Aralla, compositore nato a Lecce e residente a Bologna, specializzato nel campo dell’informatica musicale e dell’elaborazione del suono in tempo reale negli spettacoli dal vivo.

Quali incontri hanno formato e nutrito il tuo spirito musicale? Di cosa sei loro debitore? PA: Fra i tanti incontri, ognuno a suo modo importante, uno in particolare ha cambiato la mia vita in maniera davvero radicale, dandomi la speranza prima e la forza poi di proseguire lungo la via della composizione. E’ stato quello con Franco Donatoni, un incontro musicale e umano con una personalità dal carisma impressionante, fatto allo stesso tempo di profondità verticali mozzafiato e di commovente semplicità nei rapporti personali. Durante gli anni in cui sono stato suo allievo da Franco non ho mai ricevuto risposte, mi ha insegnato invece a porre le domande, a farle emergere dal profondo con chiarezza, senza paura. E’ stato come camminare assieme, fianco a fianco, praticando con pazienza l’esercizio dell’attenzione che, al fondo di tutto, è l’essenza stessa del comporre.

Come nascono le tue composizioni? Esiste un tema o una suggestione di partenza? Come arrivi a stabilire l’organico definitivo di un brano? PA: Potrà risultare sorprendente, ma la maggior parte delle volte la scelta di un organico strumentale è dovuta a fatti contingenti legati agli aspetti organizzativi relativi all’occasione per la quale la composizione è destinata. Molto spesso sono gli interpreti a commissionare un brano nuovo, diventando essi stessi quella che chiami “suggestione di partenza”. A ogni musicista corrisponde un modo del tutto particolare di intendere e fare musica: l’interprete è come un attore, presta alla partitura la propria inconfondibile voce e dunque per un compositore è naturale che tale voce diventi come parte integrante del processo creativo. In realtà le suggestioni dalle quali partire sono tantissime, minute e in se stesse forse anche insignificanti, come i singoli tasselli di un mosaico che compongono le vetrate di una chiesa. La cosa più importante è saper attendere pazientemente il momento in cui un fascio di luce, attraversandole, dà loro forma: è un momento unico e sorprendente nel quale dall’oscurità affiora il senso. L’esercizio dell’attenzione di cui dicevo prima ha a che vedere con questo: porre la massima attenzione in ogni singolo tassello, leggerne le reciproche relazioni, disporli un po’ alla cieca a comporre una forma per poi cogliere il momento giusto nel quale illuminarli. Così mi accorgo di aver risposto alla prima delle tre domande: ogni composizione nasce dopo un lungo periodo di lavoro “al buio”, in cui idee, suoni, immagini, parole si mescolano in modo caotico e confuso, solo ad un certo punto ed in maniera del tutto imprevedibile mi accade di sentire che è il momento giusto perché tutto questo si trasformi in scrittura, partitura, musica. !!

(l’intervista prosegue alla pagina seguente)

pag. 4I Quaderni - Musica

MUSICA ZOOM ON PAOLO

1. Il tuo maggior pregio Una certa pazienza.

2. Il tuo peggior difetto L a p r e o c c u p a n t e t e n d e n z a a dimenticare.

3. Progetti per il futuro Con Luca Veggetti, Luca Scarlini e Moe Yoshida stiamo lavorando a una nuova produzione che prende le mosse a partire dal Doctor Faustus di Christopher Marlowe; anche questa volta, come sempre, si tratta di un lento processo creativo che ha come obiettivo quello di creare una forma nella quale la scena sia luogo di naturale incontro fra mezzi espressivi differenti.

Bio in sintesi di Paolo Aralla Determinanti per la sua formazione gli i n c o n t r i c o n F r a n c o D o n a t o n i (Accademia Chigiana di Siena e S. Cecilia di Roma) e Marcel Couraud con il quale approfondisce il repertorio sinfonico-corale classico e del ‘900 storico. Vince importanti concorsi di composizione: I Premio Concorso Internazionale Atem (Terni, 1987); I Premio Concorso Internazionale Gaudeamus (Amsterdam, 1990); II Premio Concorso Internazionale C. Togni (Brescia, 1990); III Premio Concorso Internazionale Contilli (Messina, 1995); nel 1997 l’Ensemble Intercontemporain gli commissiona un lavoro per orchestra, Maree: primo quaderno, eseguito in prima assoluta alla Cité de la Musique (Parigi, 1999). H a r i c ev u t o c o m m i s s i o n i d a : Fondazione Arturo Toscanini, Miller Theatre (New York), Teatro Comunale Bologna, Cedar Lake (New York), Fondazione Gaudeamus (Amsterdam), Biennale di Venezia, Joyce Theatre (New York), Teatro di Perm; l’Austrian Cultural Forum di New York gli dedica un concerto monografico affidato all’Either/Or Ensemble (2009). La sua musica è interpretata da musicisti quali Günter Neuhold, Eva-Maria Kurhau, Maurizio Ben Omar, Antonio Politano, Francesco Dillon, Het Trio, Sarah Leonard, Haesung Choe, Enzo Porta, Stefano Malferrari, Michael Nicolas, Erin Lesser, MDI Ensemble, Yoichi Sugiyama, Quartetto Foné, Quartetto K l i m a , B I T 2 0 E n s e m b l e , Österreichisches Ensemble für Neue Musik, Nuovo Ensemble Europeo, Ensemble 20, Zephir Ensemble, Orchestra Teatro Comunale Bologna, Orchestra Toscanini. !

(segue)

!Che cosa ha cambiato e che cosa comporta l’ausilio di mezzi informatici nella

composizione e nell’elaborazione del suono dal vivo di una composizione? PA: La storia della musica è il parallelo cammino dell’idea musicale con gli strumenti e le tecnologie. E’ difficile immaginare il grande repertorio romantico senza il pianoforte, la musica di Bach senza l’organo barocco, i grandi affreschi sinfonici del novecento senza l’orchestra così come oggi la conosciamo. L’informatica ha aperto ai musicisti orizzonti nuovi e risulta davvero difficile per un compositore di oggi non sentire il bisogno di ascoltare ed esplorare questi nuovi paesaggi sonori. In realtà al fondo dell’atto creativo non cambia nulla: il problema è sempre lo stesso… dare forma e con essa senso alla materia sonora.

Questo numero de I QUADERNI propone il tema del potere dell’immagine nell’era della dittatura dell’immagine. A tuo avviso, può l’arte contemporanea, musica inclusa, sprigionare ancora una “carica rivoluzionaria”? E se sì, come, a quale condizione? PA: L’arte non può che essere rivoluzionaria nella sua essenza più profonda, cioè nella sua capacità di rivelare la realtà attraverso prospettive inattese e illuminanti; questa sua “carica rivoluzionaria” agisce in maniera sotterranea, carsica, creando legami fra epoche e culture enormemente distanti fra loro. L’attenzione spesso spasmodica per il dettaglio, che accomuna il lavoro artistico in molti campi differenti fra loro, è a mio avviso il sintomo più chiaro di questa essenza rivoluzionaria, è un capovolgimento di valori radicale che carica di senso e significato ciò che normalmente è inteso come marginale e irrilevante, non monetizzabile… inutile. Il dettaglio assume per l’artista un valore assoluto, tale da rendere l’opera, che da esso trae linfa vitale, come unica e necessaria. Esso cattura lo sguardo e l’ascolto, conducendoli attraverso luoghi magnetici, dallo scorrere del tempo totalmente imprevedibile.

Grazie, Paolo. (intervista a Paolo Aralla del 06.10.2015)

pag. 5I Quaderni - Musica

ZOOM ON PAOLO

Da anni impegnato nel campo dell’informatica musicale, dal 1992 al 1997 realizza le parti elettroniche di alcuni suoi lavori; nel 1997 è invitato presso l’IRCAM di Parigi per uno stage di specializzazione per l’utilizzo dei principali software di ausilio alla composizione. Nel 2001 è tra i fondatori del gruppo internazionale PRISMA (Pedagog ia e R icerca Internazionale sui Sistemi Musicali Assistiti da computer). Dal 2005 collabora con il coreografo Luca Veggetti alla realizzazione di progetti c o r e o g r a fi c o - m u s i c a l i ( P i e c e s F o r T h e H u m a n V o i c e ) caratterizzati dall’elaborazione del suono in tempo reale: Silence/Text per New York City Ballet (2006), O - new version per Operà di Parigi (2006), Ensemble for Somnambulists (Portland, 2006/2007), Four/Voice per New York City Ballet (2007), Play for dancer (Milano 2008), Scenario per Operà di Parigi (2008), Memory/Measure per Cedar Lake di New York (2009), Upon a Ground per New York City Ballet (Spoleto 2009), Script per Cincinnati Ballet (2009), Nothing (MilanOltre 2009), Meditations on Violence (Perm 2011), Scene/Two per i danzatori della Julliard School (2012), Vivo e Coscienza per i danzatori della Scuola Paolo Grassi di Milano (2013). Nel 2002 è tra i fondatori del FontanaMIXensemble. Dal 2004 è ideatore e direttore artistico con Francesco La Licata della rassegna Exitime dedicata alle esperienze musicali della contemporaneità. E’ docente di Composizione e Tecnologie di Ausilio alla Composizione al Conservatorio G.B. Martini di Bologna. !www.paoloaralla.it www.piecesfor.com

Progetto Brockenhaus (teatro danza) Quando i confini tra i linguaggi performativi si assottigliano e iniziano a dialogare,

possono nascere quadri di grande suggestione, avvolgenti come immagini sospese tra sogno e realtà. Capita non di rado nelle produzioni di Progetto Brockenhaus, collettivo di teatro danza italo-svizzero che trova la sua cifra stilistica nella creazione di spettacoli e di performance site-specific.

Quali esperienze formative e artistiche si sono intrecciate dando vita al vostro collettivo? PB: Il nostro collettivo è  nato dall’incontro di sei artisti provenienti dal mondo della danza contemporanea e butoh, dal teatro fisico, dal circo e dalla pittura. Ci siamo conosciuti attraverso produzioni e seminari con Giorgio Rossi e Raffaella Giordano di Sosta Palmizi e Teresa Ludovico del Teatro Kismet. Questo incontro ha dato il via al nostro cammino di ricerca artistica e a far germogliare la nostra poetica. Cerchiamo una forma di teatro che stia in bilico tra le varie arti sceniche, che metta a nudo l’essere umano e la presenza del corpo, a prescindere da qualsiasi prestazione tecnica.

Che cosa vi orienta nella scelta di un nuovo progetto? Che cosa chiedete a voi stessi come performer? PB: Siamo spinti ad affrontare un nuovo progetto quando tra di noi si manifesta una forte fonte di ispirazione. Queste ispirazioni possono nascere da una tematica, da una musica, da un’opera d’arte, da un avvenimento, da un incontro. A noi stessi chiediamo di essere “trasparenti”, di entrare in un grande ascolto delle persone con cui collaboriamo e dell’ambiente che ci circonda. Cerchiamo di non spingere sull’interpretazione teatrale, ma piuttosto di suggerire un’atmosfera e creare dei quadri in movimento. Spesso ci succede di creare atmosfere che stanno tra passato e presente: amiamo la contemporaneità,  ma siamo anche testimoni di ciò  che ci ha preceduto. Un colore che spesso ci accompagna è  caratterizzato dall’espressione della decadenza della nostra società, della caducità  dell’essere umano.

pag. 6I Quaderni - Performance

PERFORMANCE ZOOM ON PROGETTO BROCKENHAUS !1. Il vostro maggior pregio Siamo molto veloci nel realizzare cosa ci immaginiamo e riusciamo ad arrangiarci in qualsiasi situazione.

2. Il vostro peggior difetto Arriviamo sempre all’ultimo con ogni q u e s t i o n e o r g a n i z z a t i v a e d amministrativa e abbiamo grosse difficoltà nel distribuire il nostro lavoro.

3. Progetti per il futuro Abbiamo appena esplorato una prima versione di SEASONS, la nostra ultima performance, ispirata alla versione de Le quattro stagioni di A. Vivaldi rivisitate da Max Richter. E' un lavoro dedicato alle cadute e alle rialzate che si fanno continuamente nella vita. Il nostro intento dei prossimi mesi è quello di sviluppare questo progetto, portarlo a termine e distribuirlo.

Bio in sintesi di Progetto Brockenhaus Gli interpreti e fondatori della compagnia collaborano da tempo con alcune tra le più conosciute compagnie di teatro-danza tra le quali: Sosta Palmizi, Pantakin da Venezia, Teatro K i sme t Ope r a , Hab i l l é d ’ eau , Compagnia Enzo Cosimi, Dimensioni Parallele Teatro. Gli artisti sono accomunati da una par t icolare attenzione alla presenza di un corpo vibrante nell'azione, nello spazio, nel tempo. Il gesto nasce per dare e per ricevere, in uno scambio tra persone, oggetti, luoghi, suoni, pensieri, attimi, epoc he . . . Da l 2008 P roge t t o Brockenhaus sono Artisti Associati di Associazione Sosta Palmizi. !www.progettobrockenhaus.com !https://www.facebook.com/progetto.brockenhaus !!!

In alto 3 Soldi

© Nicolò Baggio !!A lato

Non facciamone una tragedia © Callo Photo

Nella vostra esperienza ideativa e creativa site-specific, quando uno spazio diventa “luogo”? Cosa distingue queste operazioni dallo spettacolo da sala? PB: Dal momento in cui entriamo in uno spazio, lo guardiamo come se fosse la scenografia di un film. Cerchiamo di coglierne i particolari, gli sfondi, le luci; di capire come valorizzarlo e come mostrare agli altri il modo in cui lo percepiamo. Ogni spazio diventa spunto di creazione, influisce sulla creazione stessa, modificandola e facendosi modificare. Quando si lavora in uno spazio non teatrale, si entra in interazione con il luogo e il luogo diventa parte della performance. Si spinge lo spettatore a guardarsi intorno, si cerca di diventare parte di un quadro. Gli spettatori non sono costretti a stare su una sedia con un palco di fronte, liberi di guardare ciò  che desiderano. Se non seguono il nostro lavoro, significa che non è   riuscito nell’intento del site-specific ed è  un bene che possano guardare altrove. Noi possiamo lavorare alla luce del giorno, nello scuro della notte, al sole o al freddo, oppure in un bunker o nella polvere, confrontati con le giornate che scorrono, il tempo meteorologico, i rumori dell’ambiente, senza dover stare per forza rinchiusi tra quattro pareti nere. Viviamo queste condizioni di lavoro come un grande privilegio e una preziosa libertà.

Questo numero dedica attenzione all’immagine nell’era della dittatura dell’immagine: quando l’espressione artistica cerca se stessa oltre gli standard, come riesce a salvarsi dall’auto-referenzialità? PB: Bisogna stare attenti a seguire l’impulso creativo e rimanere fedeli al tema che ha generato il progetto. Normalmente scegliamo dei temi che riguardano il genere umano nel suo complesso, oppure cerchiamo di allargare i nostri temi alla portata di tutti. E’  facile cadere negli estetismi. L’estetica non dev’essere un presupposto, deve semmai emergere dalla ricerca, nella coerenza e nella fedeltà  all’immaginario originale.

Grazie, Progetto Brockenhaus.

(intervista a Progetto Brockenhaus del 21.09.2015)  ! !!!!!!!!!

In alto SEASONS

© Carla Pampaluna !!!A lato

Pasoliniana (a Sestola) foto Enrico Maria Bertani !!!!!!!!!!!

pag. 7I Quaderni - Performance

Ed ora la parola ai nostri portavoce dall’estero per scoprire cosa succede nel resto del mondo

pag. 8I Quaderni nel Mondo

I Quaderni nel mondo (ES) Daniela De Marchi

“L'immagine è un modello della realtà. Un'immagine vera a priori non v’è”. (L. Wittgenstein). Secondo il filosofo austr iaco, l 'uomo pensa per immagini.

Ogni essere umano ne colleziona un bagaglio personalissimo che, al momento della comunicazione, si serve di parole "standard", spesso destinate ad essere fraintese. Anch'essa linguaggio, l'arte che si auto-referenzia rimane intrappolata in un gioco infinito di specchi che moltiplica l'inganno e smarrisce la meta, cioè l'essere umano e il suo bisogno di comunicazione. Ad un altro livello, l'attrazione atavica dell'uomo per l'immagine è oggi abilmente sfruttata per catturare masse di spettatori e inibire le loro energie creative e rivoluzionarie. Politicamente, promuovere un'arte che vive dell'immagine di sé conduce al distacco dal reale e alla perdita del senso della comunità: un'arte senza più ali per il cambiamento e al servizio del potere.

(BR) Sergio Nunes Melo Spinta negli ultimi decenni soprattutto dalla performance a r t , l ’ a u t o -r e f e r e n z i a l i t à è diventata un valore i n c o n t e s t a b i l e , m e n t r e i l p o s t -

modernismo ha orgogliosamente dichiarato estinti i valori estetici. Questo atteggiamento del nostro tempo ha fatto emergere opere che, invece di rendere visibile l’invisibile e rivelarci percezioni che sfuggono al quot id iano, t rasc inano verso maggiori automatismi, incluso quello di una finta libertà che nasconde l’incapacità di vivere oltre gli schemi prestabiliti. Anche il film di Wenders e Salgado (figlio), dedicato alla figura di Salgado (padre), ha come materia prima l’auto-referenzialità, ma è quella di un uomo che, dopo aver scartato la tentazione di diventare un esecutivo di successo in una banca, si è evoluto in una specie di fotografo attivista, ben lontano dall’egocentrismo sterile che nutre questi giorni, pieni di esercizi di vuota retorica.

In questo numero Daniela ha scelto per noi

MARTÍN TOGNOLA. Ilustrador argentino. En tu trabajo diario con la ilustración, cual son las prioridades y lo que evitas? MT: Como tengo un trabajo muy variado, suelo establecer las prioridades en función de las fechas de entrega. La manera mas clara

de ordenarme es haciendo una lista. Claro que hay proyectos que me motivan mas que otros y esto también pesa en mi “orden del día”.

Crees que sea posible expresarse a través de las imágenes sin caer en el autocomplacencia? MT: Al trabajar en solitario solemos ser bastante autocríticos. Aún así, es normal que uno pierda la objetividad sobre su propio trabajo. Una mirada ajena puede ser de gran ayuda.

En veinte años de estancia en Barcelona, cómo ha cambiado la relación de la ciudad con el tema de la imagen? MT: Creo que me ha cambiado mucho. La tradición de ilustración catalana es muy diferente a la de Argentina. Aunque conservo rasgos en mi manera de dibujar, con los años he hecho una depuración hacia un estilo mucho mas gráfico y no tan artístico.

www.martintognola.com

In questo numero Sergio ha scelto per noi

THE SALT OF THE EARTH. The Salt of the Earth, by Wim Wenders and Juliano Ribeiro Salgado, a filmic narrative of the trajectory of Sebastião Salgado, the internationally acclaimed Brazilian photographer, strikes as one of the year’s most powerful documentaries. Since, in Portuguese, Salgado

means salty, the title’s biblical reference, besides evoking the protagonist’s name, sheds light onto the extraordinary life of someone who’s been unwaveringly unveiling truths through bothersome images. Actually, Salgado has been harshly criticized for exploiting human degradation. A definitive argument against Salgado’s unfair vilification, the work portrays the photographer as a performer in the sense of a man of action, a man who could have become a world-class economist but who instead made the decision of becoming a photographer while in exile in Europe. Salgado’s latest achievement, the reforestation of his late father’s rural property, gloriously closes the film almost as a manifesto, not only of the necessary care with the planet but also of the capacity for self refashioning this man has put into action.

For a bird’s eye view of the film, go to

https://www.youtube.com/watch?v=V9z-p-Tutec

!

pag. 9I Quaderni di Nuova Scena Antica

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RIVISTA TRIMESTRALE ANNO 7 N. 2 - OTTOBRE 2015 !IN QUESTO NUMERO Hanno collaborato: Daniela De Marchi (ES), Sergio Nunes Melo (BR) !Desideriamo ringraziare: Giovanni Longo Paolo Aralla Progetto Brockenhaus !ARTE MUSICA PERFORMANCE

!Il prossimo appuntamento è per dicembre 2015

con un nuovo numero de I QUADERNI. Arrivederci!