i pensieri intrusivi nel disturbo post-traumatico da stress

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I I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress 1. Definizione e Quadro clinico 2. Incidenza 3. Decorso 4. I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress 5. Modelli teorici di riferimento 5.1 Concettualizzazione cognitivo-comportamentale 6. Modalità di Assessment 6.1 Modalità del colloquio e diagnosi differenziale 6.2 Test psicologici 7. Modalità di trattamento 7.1 Psicoterapia individuale: approccio terapeutico cognitivocomportamentale 7.2 L’EMDR VALENTINA, da una Tonsillectomia ad un Disturbo Post-Traumatico da Stress con Attacchi di Panico. PRESENTAZIONE DEL CASO 1. Informazioni generali 1.1 Generalità del paziente 2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta per i test) 2.1 Richiesta dell’utente 2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio 2.3 Allargamento ad altri problemi 2.4 Motivazione 2.5 Strumenti psicodiagnostici 2.6 Analisi funzionale 2.7 Diagnosi DSM-IV: 2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Follow-up e Conclusioni Disturbo dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificato: una distinta realtà diagnostica 1. Definizioni e Quadro clinico 1.1 Definizione attuale di EDNOS 2. Incidenza dei Disturbi dell’Alimentazione 3. Modelli teorici di riferimento 3.1 Concettualizzazione Cognitivo-Comportamentale 3.1.1 Fattori predisponesti 3.1.2 Fattori scatenanti 3.1.3 Fattori di mantenimento 4. Modalità di Assessment 4.1 Colloquio clinico e Relazione Terapeutica 4.2 Test psicologici 5. Modalità di trattamento 5.1 Intervento psicoeducativo 5.2 Psicoterapia individuale: approccio cognitivo-comportamentale

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Page 1: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

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I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress 1. Definizione e Quadro clinico 2. Incidenza 3. Decorso 4. I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress 5. Modelli teorici di riferimento 5.1 Concettualizzazione cognitivo-comportamentale 6. Modalità di Assessment 6.1 Modalità del colloquio e diagnosi differenziale 6.2 Test psicologici 7. Modalità di trattamento 7.1 Psicoterapia individuale: approccio terapeutico cognitivocomportamentale 7.2 L’EMDR VALENTINA, da una Tonsillectomia ad un Disturbo Post-Traumatico da Stress con Attacchi di Panico. PRESENTAZIONE DEL CASO 1. Informazioni generali 1.1 Generalità del paziente 2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta per i test) 2.1 Richiesta dell’utente 2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio 2.3 Allargamento ad altri problemi 2.4 Motivazione 2.5 Strumenti psicodiagnostici 2.6 Analisi funzionale 2.7 Diagnosi DSM-IV: 2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Follow-up e Conclusioni Disturbo dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificato: una distinta realtà diagnostica 1. Definizioni e Quadro clinico 1.1 Definizione attuale di EDNOS 2. Incidenza dei Disturbi dell’Alimentazione 3. Modelli teorici di riferimento 3.1 Concettualizzazione Cognitivo-Comportamentale 3.1.1 Fattori predisponesti 3.1.2 Fattori scatenanti 3.1.3 Fattori di mantenimento 4. Modalità di Assessment 4.1 Colloquio clinico e Relazione Terapeutica 4.2 Test psicologici 5. Modalità di trattamento 5.1 Intervento psicoeducativo 5.2 Psicoterapia individuale: approccio cognitivo-comportamentale

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Benedetta, il “nervoso”, le abbuffate ed un Disturbo Alimentare Non Altrimenti Specificato. PRESENTAZIONE DEL CASO 1. Informazioni generali 1.1 Generalità del paziente 1.2 Caratteristiche della relazione 2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 2.1 Richiesta dell’utente 2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio 2.3 Allargamento ad altri problemi 2.4 Motivazione 2.5 Strumenti psicodiagnostici 2.6 Analisi funzionale 2.7 Diagnosi DSM-IV: 2.8 Concettualizzazione del caso 2.9 Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Follow-up e Conclusioni Fobia Specifica: un processo filogenetico di attenzione selettiva 1. Definizione e Quadro clinico 2. Incidenza 3. Decorso 4. Fobia specifica e Bias attentivo: la ricerca attuale 5. Modelli teorici di riferimento 5.1 Concettualizzazione cognitivo-comportamentale 6. Modalità di assessment 6.1 Modalità del colloquio e diagnosi differenziale 6.2 Test psicologici 7. Modalità di trattamento 7.1 Approccio terapeutico cognitivo-comportamentale: Esposizione graduale in vivo, Desensibilizzazione Sistematica ed Applied Relaxation Andrea: un caso di Cinofobia. PRESENTAZIONE DEL CASO 1. Informazioni generali 1.1 Generalità del paziente 1.2 Caratteristiche della relazione 2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di test) 2.1 Richiesta dell’utente 2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio 2.3 Storia del problema 2.4 Motivazione 2.5 Strumenti psicodiagnostici 2.6 Analisi funzionale 2.7 Diagnosi DSM-IV 2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Follow-up e Conclusioni

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Gruppo Disturbo di Panico. PRESENTAZIONE DEI CASI INTRODUZIONE 1. Informazioni generali 1.1 Generalità dei pazienti 2.1 Richiesta degli utenti 2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio 2.3 Motivazione 2.4 Strumenti psicodiagnostici 2.5 Analisi funzionale 2.6 Diagnosi DSM-IV: 2.7 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Follow-up e Conclusioni Elisa, Disturbo Borderline di Personalità e Drop-Out. PRESENTAZIONE DEL CASO 1. Informazioni generali 1.1 Generalità del paziente 1.2 Caratteristiche della relazione2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di test) 2.1 Richiesta dell’utente 2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio 2.3 Allargamento ad altri problemi 2.3.1 Lo stato di salute 2.3.2 Il rapporto madre-figlia 2.3.3 La storia educativa 2.3.4 La scuola ed il lavoro 2.3.5 Le aggressioni a sfondo sessuale 2.3.6 Il tentato stupro dello zio materno e la storia della madre 2.3.7 Conclusioni 2.4 Motivazione 2.5 Strumenti psicodiagnostici 2.6 Analisi funzionale 2.7 Diagnosi DSM-IV 2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Conclusioni Carmela: una fobia situazionale. PRESENTAZIONE DEL CASO 1. Informazioni generali 1.1 Generalità del paziente 2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di test) 2.1 Richiesta dell’utente 2.2 Storia del problema 2.3 Motivazione 2.4 Strumenti psicodiagnostici 2.5 Analisi funzionale

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2.6 Diagnosi DSM-IV 2.7 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Follow-up e Conclusioni Giada: Disturbo Evitante di Personalità. PRESENTAZIONE DEL CASO 1. Informazioni generali 1.1 Generalità del paziente 1.2 Caratteristiche della relazione 2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di test) 2.1 Richiesta dell’utente 2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio 2.3 Allargamento ad altri problemi 2.4 Motivazione 2.5 Strumenti psicodiagnostici 2.6 Analisi funzionale 2.7 Diagnosi DSM-IV: 2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Follow-up e Conclusioni Matteo un caso di Disturbo Oppositivo-Provocatorio. PRESENTAZIONE DEL CASO 1. Informazioni generali 1.1 Generalità del paziente 1.2 Caratteristiche della relazione 2. Assessment (5 sedute: 3 colloqui clinici con il minore, 1 con la madre, 1 con entrambi i genitori) 2.1 Richiesta dell’utente 2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio 2.3 Allargamento ad altri problemi 2.4 Motivazione 2.5 Strumenti psicodiagnostici 2.6 Analisi funzionale 2.7 Diagnosi DSM-IV: 2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento 3. Trattamento 3.1 Svolgimento delle sedute 3.2 Follow-up e Conclusioni BIBLIOGRAFIA

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I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

1. Definizione e Quadro clinico

La caratteristica essenziale del Disturbo Post-Traumatico da Stress è lo sviluppo di sintomi tipici che

seguono l’esposizione ad un fattore traumatico estremo che implica l’esperienza personale diretta di

un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi o altre minacce all’integrità fisica, per se

o per altri; od il venire a conoscenza della morte violenta o inaspettata, di grave danno o minaccia di

morte o lesioni sopportate da un membro della famiglia o da altra persona con cui si è in stretta

relazione (Criterio A1). La risposta della persona all’evento deve comprendere paura intensa, il sentirsi

inerme od il provare orrore (oppure, nei bambini, la risposta deve comprendere comportamento

disorganizzato o agitazione) (Criterio A2). I sintomi caratteristici che risultano dall’esposizione ad un

trauma estremo includono il continuo rivivere l’evento traumatico (Criterio B), l’evitamento persistente

degli stimoli associati con il trauma, l’ottundimento della reattività generale (Criterio C) e sintomi

costanti di aumento dell’arousal (Criterio D). Il quadro sintomatologico completo deve essere presente

per più di un mese (Criterio E) ed il disturbo deve causare disagio clinicamente significativo o

menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti (Criterio F).

Gli eventi traumatici vissuti direttamente includono, ma non sono limitati a, combattimenti militari,

aggressione personale violenta (violenza sessuale, attacco fisico, scippo, rapina), rapimento, essere

presi in ostaggio, attacco terroristico, tortura, incarcerazione come prigioniero di guerra o in un campo

di concentramento, disastri naturali o provocati, gravi incidenti automobilistici, ricevere una diagnosi di

malattie minacciose per la vita.

Gli eventi vissuti in qualità di testimoni includono, ma non sono limitati a, l’osservare il ferimento grave

o la morte innaturale di un’altra persona dovuti ad assalto violento, incidente, guerra o disastro, od il

trovarsi inaspettatamente di fronte ad un cadavere od a parti di un corpo.

Gli eventi vissuti da altri, ma di cui si è venuti a conoscenza, includono, ma non sono limitati a,

aggressione personale violenta, grave incidente o gravi lesioni subiti da un membro della famiglia o da

un amico stretto; il venire a conoscenza della morte improvvisa e inaspettata, di un membro della

famiglia o di un amico stretto; oppure il venire a conoscenza di una malattia minacciosa per la vita di

un proprio bambino. Il disturbo può risultare particolarmente grave e prolungato quando l’evento

stressante è ideato dall’uomo (per es. tortura, rapimento). La probabilità di sviluppare questo disturbo

può aumentare proporzionalmente all’intensità ed alla prossimità fisica con il fattore stressante.

L’evento traumatico può essere rivissuto in vari modi. Comunemente la persona presenta ricordi

ricorrenti ed intrusivi dell’evento (Criterio B1) o sogni sgradevoli ricorrenti durante i quali l’evento può

essere reiterato o altrimenti rappresentato (Criterio B2). In rari casi vengono vissuti stati dissociativi

durante i quali vengono rivissuti elementi dell’evento e l’individuo si comporta come se li stesse

affrontando in quel momento; essi possono durare da pochi secondi a diverse ore, fino ad interi giorni,

(Criterio B3). Questi episodi, spesso chiamati ‘‘flashback’,’ sono tipicamente brevi, ma possono essere

associati ad un disagio prolungato e ad un innalzato stato di attivazione. Spesso si manifestano

intenso disagio psicologico (Criterio B4) o reattività fisiologica (Criterio B5) quando la persona viene

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esposta ad eventi scatenanti che assomigliano o simbolizzano anche solo un aspetto dell’evento

traumatico.

Vengono poi evitati in modo persistente gli stimoli associati con il trauma; la persona comunemente si

sforza volontariamente di evitare pensieri, sentimenti o conversazioni che riguardano l’evento

traumatico (Criterio C1) e di eludere attività, situazioni o persone che suscitano ricordi di esso (Criterio

C2); tale comportamento può provocare amnesia per qualche aspetto importante dell’evento

traumatico stesso (Criterio C3). Di solito subito dopo l’accaduto inizia una riduzione della reattività

verso il mondo esterno, a cui ci si riferisce come “paralisi psichica” o “anestesia emozionale”.

L’individuo può lamentare una marcata riduzione dell’interesse o della partecipazione ad attività

precedentemente piacevoli (Criterio C4), di sentirsi distaccato od estraneo nei confronti delle altre

persone (Criterio C5), o ancora di avere una marcata riduzione della capacità di provare emozioni

(Criterio C6). Può essere lamentato un senso di diminuzione delle prospettive future (per es. non

aspettarsi di avere una carriera, un matrimonio, figli, od una normale durata di vita) (Criterio C7).

Infine vengono riportati persistenti sintomi d’ansia e di aumento dell’arousal, non presenti prima del

trauma; questi sintomi possono includere difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, che può

essere causata da incubi frequenti durante i quali viene rivissuto l’evento traumatico (Criterio D1),

ipervigilanza (Criterio D4), ed esagerate risposte di allarme (Criterio D5). Alcuni individui riferiscono

irritabilità e scoppi d’ira (Criterio D2), o difficoltà a concentrarsi od a eseguire compiti (Criterio D3).

Possono essere utilizzate le seguenti specificazioni per indicare l’esordio e la durata dei sintomi del

Disturbo Post-Traumatico da Stress:

Acuto: quando la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi.

Cronico: quando i sintomi durano 3 mesi o più.

Ad Esordio Tardivo: quando sono trascorsi almeno 6 mesi tra l’evento e l’esordio dei sintomi (APA,

2001).

Il Disturbo Post-Traumatico da Stress si associa con tassi innalzati di Disturbo Depressivo Maggiore

(Episodio Singolo e Ricorrente), Disturbi Correlati a Sostanze, Disturbo di Panico (Senza Agorafobia e

Con Agorafobia), Agorafobia, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo d’Ansia Generalizzato, Fobia

Sociale, Fobia Specifica e Disturbo Bipolare. Questi disturbi possono precedere, seguire o emergere in

concomitanza con l’insorgenza del Disturbo Post-Traumatico da Stress.

2. Incidenza

Si stima che la prevalenza nell'arco della vita del Disturbo Post-Traumatico da Stress sia compresa fra

l'1 e il 3% della popolazione, benché un ulteriore 5-15% possa presentare forme subcliniche di esso.

Benché il disturbo possa comparire ad ogni età, ha una maggiore prevalenza nei giovani adulti, a causa

della natura delle situazioni precipitanti. L'evento traumatico per gli uomini è di solito un'esperienza di

combattimento, mentre per le donne è più comunemente un'aggressione o uno stupro.

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3. Decorso

Il Disturbo Post-Traumatico da Stress si può manifestare a qualsiasi età, compresa l’infanzia. I sintomi

di solito iniziano nei primi 3 mesi dopo il trauma, sebbene possa esservi un ritardo di mesi o anche di

anni prima della comparsa dei sintomi.

I sintomi del disturbo e la relativa predominanza della riesperienza, l’evitamento ed i sintomi di iper-

arousal possono variare nel tempo; se nella metà dei casi la remissione completa si verifica in 3 mesi,

altrettanti hanno sintomi persistenti per più di dodici mesi dopo il trauma. In alcuni casi, il decorso è

caratterizzato da un’alternanza di attenuazione e riacutizzazione della malattia e la riattivazione

frequentemente si associa a fattori intervenienti che fanno ricordare il trauma originale, circostanze di

vita stressanti o nuovi eventi traumatici (APA, 2001).

Come già accennato si è sempre ritenuto che la gravità, la durata e la prossimità dell’individuo

all’evento traumatico fossero i fattori più importanti nell’influenzare l’insorgenza del disturbo, mentre

vi sono recenti evidenze che i supporti sociali, l’anamnesi familiare, le esperienze infantili, le variabili di

personalità, i disturbi mentali preesistenti ed il personale e soggettivo vissuto individuale possano

incidere sull’insorgenza di questa sindrome. Resta di fatto che tale disturbo si può sviluppare anche in

individui senza alcuna condizione predisponente, soprattutto se l’evento stressante è particolarmente

grave (Yule, 1993).

4. I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

I pensieri intrusivi rappresentano una delle caratteristiche fondamentali del Disturbo Post-Traumatico

da Stress, ancor prima del suo riconoscimento formale come categoria diagnostica (Kardiner, 1941).

In letteratura le cognizioni intrusive sono state studiate a fondo e nel dettaglio da Rachman e coll., da

circa 30 anni (Rachman, 1971, 1978, 1981; Rachman e de Silva, 1978; Parkinson e Rachman, 1981); i

primi studi erano focalizzati sulle cognizioni intrusive indesiderate e Rachman e de Silva, nella

pubblicazione del 1978 chiamavano “ossessioni normali”. Il termine fu suggerito dalla natura e dai

caratteri formali delle cognizioni intrusive indesiderate che, nei soggetti normali, non differivano molto

dalle ossessioni tipiche dei soggetti con Disturbo Ossessivo Compulsivo, ossia fenomeni di natura

intrusiva. Sebbene i primi studi ponessero l’attenzione sulle cognizioni intrusive negative ed

indesiderate (pensieri blasfemi o violenti, immagini di scene sgradevoli e così via) fu riconosciuta, fin

da quella fase, l’esistenza di cognizioni intrusive non negative o spiacevoli, come sogni ad occhi aperti,

fantasie sentimentali che Rachman accumunava alla cosiddetta ispirazione degli artisti (1981).

Salkovskis nel 1990 ne fornisce una nuova definizione: “Le cognizioni intrusive sono eventi della

mente che vengono percepiti come un’interruzione del flusso di coscienza e che catturano l’attenzione;

queste possono presentarsi sottoforma di pensieri verbali, immagini, impulsi od una combinazione dei

tre” (Salkovskis, 1990).

Nel PTSD queste cognizioni costituiscono uno specifico criterio diagnostico ed è dimostrato che,

sebbene possano essere sia pensieri che immagini, quest’ultime sarebbero più comuni (Ehlers e Steil,

1995), sebbene molti autori abbiano fatto la scelta di non distinguere i due concetti (Wells e Davies,

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1994), anche per non rimanere fuorviati da tutti quei casi in cui le esperienze cognitive risulterebbero

da una fusione di pensieri ed immagini (de Silva, 1986).

La principale reazione a questi elementi pare essere il loro evitamento spesso attraverso coercizioni

nella propria libertà per eludere stimoli trigger, che siano programmi televisivi, persone specifiche,

luoghi od attività.

Secondo Rachman (1980) le cognizioni intrusive si presenterebbero per una necessità di rielaborazione

ed assorbimento delle esperienze traumatiche, affinché quest’ultime non causino una compromissione

del funzionamento globale dell’individuo e che, incubi, reazioni di paura e pensieri ed immagini che

irrompono improvvisamente nel flusso di pensieri dipenderebbero da un’elaborazione emozionale

insoddisfacente. Poiché tali vissuti risultano spiacevoli essi vengono allontanati e per un processo di

rinforzo negativo andrebbero però a mantenersi nel tempo. La presenza di un’esperienza intrusiva

indica che la rete mnemonica legata al trauma si è attivata, consentendo una revisione della stessa in

senso adattivo; così alcune di queste esperienze possono venir considerate come meccanismi di

adattamento che nel tempo, potrebbero portare ad una riduzione dei sintomi; Creamer (1995)

sottolinea che solo alcuni fenomeni intrusivi possono arrogarsi il merito di svolgere questa funzione,

mentre gli altri contribuirebbero al mantenimento del problema.

5. Modelli teorici di riferimento

5.1 Concettualizzazione cognitivo-comportamentale

Il principale modello di riferimento del Disturbo Post-Traumatico da Stress si rifà alla famosa teoria

bifattoriale di Mowrer (1960) secondo la quale, attraverso un processo di condizionamento classico,

uno stimolo precedentemente neutro, che era presente nel corso del trauma, diventa in grado di

elicitare di per se stesso una risposta di ansia.

Inoltre, attraverso il processo della generalizzazione e di un condizionamento di secondo ordine, altri

stimoli associati sia allo stimolo di paura sia a quello neutro, che erano presenti nel corso del trauma,

divengono anch’essi in grado di provocare risposte di paura. Di conseguenza, mediante un processo di

condizionamento operante, si sviluppa un comportamento di evitamento. Quest’ultimo, insieme ai

comportamenti di fuga, viene appreso mediante un processo di rinforzo negativo in quanto è in grado

di porre termine allo stato aversivo di paura.

Oltre ai modelli basati sulle teorie dell’apprendimento, negli anni si sono affacciati alla ribalta anche

modelli cognitivi del PTSD. Uno dei primi modelli di questo tipo è stato quello di Horowitz (1986).

Egli sostiene che il principale slancio all’interno del sistema cognitivo per l’elaborazione delle

informazioni deriva dalla tendenza al completamento, cioè dal bisogno psicologico di far corrispondere

le nuove informazioni con i modelli interni basati su informazioni precedenti e la revisione di entrambi

sino al punto di trovare un accordo. Questa tendenza al completamento consente alla mente di

accordarsi con la realtà presente, requisito essenziale per prendere decisioni efficaci e perché

l’individuo sia in equilibrio con l’ambiente.

Horowitz sostiene che dopo aver subito un trauma, si verifica un iniziale crying out o reazione di

stordimento, seguita da un periodo di sovraccarico informativo, nel quale i pensieri, i ricordi e le

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immagini del trauma non riescono a conciliarsi con gli schemi cognitivi preesistenti ostacolando così la

tendenza al completamento. In questo modo diverse difese psicologiche entrano in gioco nel

mantenere l’informazione traumatica a livello inconscio e l’individuo sperimenta un periodo

caratterizzato da anestesia affettiva e negazione nei confronti dell’evento. Tali informazioni

traumatiche, però, a causa della tendenza al completamento, vengono mantenute ugualmente in

quella che Horowitz definisce memoria attiva. E’ quest’ultima che permette che le informazioni si

facciano strada attraverso le difese e irrompano nella coscienza attraverso flash back, incubi, pensieri

intrusivi, non appena l’individuo cerca di fondere le nuove informazioni con le concezioni preesistenti.

Secondo Horowitz, questo conflitto tra la tendenza al completamento da una parte e ed i meccanismi

psicologici di difesa dall’altra, fa sì che gli individui oscillino tra fasi caratterizzate da intrusività e

negazioni/anestesia affettiva. L’impossibilità ad elaborare completamente le informazioni traumatiche

fa sì che esse stazionino nella memoria attiva sino a cronicizzare il PTSD.

Un altro modello cognitivo, oggi molto accreditato, è quello sviluppato dalla Foa e dai suoi

collaboratori (Foa e Kozak, 1986; Foa et al., 1989; Foa et al., 1992; Foa e Riggs, 1993), denominato

“fear network” (rete della paura).

Esso si basa sulla formazione di una “rete della paura” nella memoria a lungo termine. Questa rete

comprende lo stimolo informazionale relativo all’evento traumatico, l’informazione circa le reazioni

cognitive, comportamentali e psicologiche dell’evento, e l’informazione che tiene insieme questi

elementi stimolo-risposta.

L’attivazione di uno di questi fear network, tramite la stimolazione di qualche elemento associato al

trauma, fa entrare l’informazione nella consapevolezza cosciente. I sintomi di evitamento che

caratterizzano il disturbo sono prodotti dal tentativo di ridurre tale tipo di attivazione.

Secondo la Foa, il trauma può essere superato integrando l’informazione contenuta nel fear network

con strutture mnemoniche preesistenti. Questa integrazione necessita che il network venga attivato

per poterlo modificare e che siano disponibili informazioni incompatibili con quelle contenute nel fear

network, così che l’intera struttura mnemonica possa venir modificata. Alcuni fattori sono in grado di

mediare il decorso di tale integrazione: ad esempio, eventi particolarmente imprevedibili e

incontrollabili sono meno facilmente assimilabili nei modelli preesistenti di eventi maggiormente

prevedibili. Inoltre, la particolare gravità dell’evento può condurre alla formazione di un network

particolarmente “smembrato e frammentato”, e quindi difficilmente integrabile con i modelli

preesistenti, a causa della distruzione dei processi cognitivi al momento del trauma.

6. Modalità di Assessment

6.1 Modalità del colloquio e diagnosi differenziale

Nel Disturbo Post-Traumatico da Stress l’evento stressante deve essere di natura estrema e questo

diventa elemento d’elezione per la diagnosi differenziale con il Disturbo dell’Adattamento, nel quale

l’evento stressante può essere invece di qualsiasi livello di gravità. La diagnosi di Disturbo

dell’Adattamento può essere appropriata sia per le situazioni in cui la risposta ad un evento stressante

estremo non soddisfa i criteri per il Disturbo Post-Traumatico da Stress (o per un altro disturbo

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mentale specifico), sia per le situazioni in cui il quadro sintomatologico del Disturbo Post-Traumatico

da Stress si manifesta in risposta ad un evento stressante non estremo (per es., abbandono da parte

del coniuge, licenziamento).

Non tutta la psicopatologia che si manifesta in individui esposti ad un evento stressante estremo deve

essere necessariamente attribuita ad un Disturbo Post-Traumatico da Stress.

I sintomi di evitamento, l’intorpidimento e l’aumento dell’arousal, presenti prima dell’esposizione

all’evento stressante non soddisfano i criteri per la diagnosi di Disturbo Post-Traumatico da Stress e

richiedono la considerazione di altre diagnosi (per es., un Disturbo dell’Umore o altri Disturbi d’Ansia).

Inoltre, se il modello di risposta sintomatologica all’evento stressante estremo soddisfa i criteri per un

altro disturbo mentale, (per es., Disturbo Psicotico Breve, Disturbo di Conversione, Disturbo

Depressivo Maggiore, Episodio Singolo e Ricorrente), dovrebbero essere poste queste diagnosi

insieme o in alternativa al Disturbo Post-Traumatico da Stress.

Il Disturbo Acuto da Stress si distingue dal Disturbo Post-Traumatico da Stress poiché il quadro

sintomatologico nel Disturbo Acuto da Stress si deve manifestare entro 4 settimane dall’evento

traumatico e risolversi entro quel periodo di 4 settimane.

Se i sintomi persistono per più di un mese e soddisfano i criteri per il Disturbo Post-Traumatico da

Stress, la diagnosi cambia da Disturbo Acuto da Stress a Disturbo Post-Traumatico da Stress.

Nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo vi sono pensieri intrusivi ricorrenti, ma questi vengono vissuti

come inappropriati e non sono correlati all’esperienza di un evento traumatico.

I flashback nel Disturbo Post-Traumatico da Stress devono essere distinti dalle illusioni, allucinazioni e

altri disturbi percettivi che possono manifestarsi nella Schizofrenia, in altri Disturbi Psicotici, in un

Disturbo dell’Umore con Manifestazioni Psicotiche, in un delirium, nei Disturbi Indotti da Sostanze

(Intossicazione e Astinenza) e nei Disturbi Psicotici Dovuti ad una Condizione Medica Generale.

La Simulazione dovrebbe essere presa in considerazione in quelle situazioni che implicano

risarcimento, accesso a benefici e determinazioni legali.

Gli individui con Disturbo Post-traumatico da Stress possono descrivere dolorosi sentimenti di colpa

per il fatto di essere sopravvissuti a differenza degli altri o per ciò che hanno dovuto fare per

sopravvivere. Le modalità di evitamento possono interferire con le relazioni interpersonali e portare a

conflitti coniugali, divorzio o perdita del lavoro. In alcuni casi gravi e cronici possono essere presenti

allucinazioni uditive ed ideazione paranoide. Si può manifestare la seguente costellazione di sintomi,

che risulta associata più comunemente con eventi stressanti di tipo interpersonale (per es., abuso

sessuale o fisico nell’infanzia, violenze domestiche, essere presi in ostaggio, incarcerazione come

prigioniero di guerra o in un campo di concentramento, tortura): compromissione della modulazione

affettiva; comportamento autolesivo e impulsivo; sintomi dissociativi; lamentele somatiche; sentimenti

di inefficienza, vergogna, disperazione o mancanza di speranza; sentirsi irreparabilmente danneggiati;

perdita di convinzioni precedentemente sostenute; ostilità; ritiro sociale; sensazione di minaccia

costante; compromissione delle relazioni con gli altri; oppure cambiamento delle caratteristiche

precedenti di personalità.

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6.2 Test psicologici

Esistono diversi strumenti per la valutazione dei principali criteri diagnostici del Disturbo Post-

Traumatico da Stress, si tratta per lo più di scale che misurano la presenza e talvolta l’intensità di ogni

singolo sintomo così come riportato nel DSM, nella sua versione III-R.

Un test standardizzato specifico per il disturbo, in lingua italiana e che esplori in maniera allargata e

non troppo specifica la sintomatologia presente non esiste e molti clinici ritengono utile fidarsi della

propria indagine personale attraverso le tecniche del colloquio.

Sebbene non fornisca una discriminazione fine dei vari elementi che caratterizzano il disturbo, il test

MMPI-2 si presenta come metodo d’indagine standardizzato ed utile mezzo per l’individuazione di

questa patologia attraverso una specifica scala supplementare, la PK in maniera piuttosto accurata

(Lyons e Wheeler-Cox, 2005).

7. Modalità di trattamento

7.1 Psicoterapia individuale: approccio terapeutico cognitivo-

comportamentale

Il Disturbo Post-Traumatico da Stress costituisce un grave problema sanitario. Nonostante sia stato

misconosciuto per molto tempo, esso è in realtà molto diffuso ed invalidante. I sintomi psichiatrici,

psicosomatici e fisici, le difficoltà nei rapporti familiari e sociali, il rischio di tossicodipendenza e di

alcolismo, le diverse inabilità sociali che ad esso si associano ne sono una dimostrazione.

Il trattamento del PTSD è teso principalmente a risolvere i problemi psicologici e comportamentali che

il soggetto presenta, tuttavia una terapia farmacologica può essere utilmente indicata in associazione

ad una psicoterapia; i tradizionali approcci con farmaci sedativi ed ansiolitici rappresentano ormai una

risposta superata ed anche errata alla luce degli studi sulle modificazioni del SNC conseguenti al

trauma. Sui sintomi intrusivi e sull’evitamento sembrano essere utili i farmaci serotoninergici, come gli

antidepressivi triciclici e gli inibitori della ricaptazione di serotonina mentre i sintomi attivi quali i flash-

back, l’iperattivazione, gli incubi e l’ansia sembrano migliorare con i tradizionali farmaci antiepilettici

quali valproato e carbamazepina.

Per quel che riguarda l’aspetto psicoterapeutico, l’approccio cognitivo-comportamentale, apprezzato

per l’efficacia (ampiamente documentata in letteratura) e brevità del trattamento, è tra quelli

maggiormente indicati; esso porta ad una progressiva riduzione dell’ansia e degli altri sintomi correlati

all’evento traumatico, e nello specifico prevede l’applicazione delle seguenti tecniche:

- l’esposizione in immagini, una tecnica basata sull’esposizione del soggetto al ricordo del trauma

attraverso resoconti verbali e immaginativi;

- l’esposizione in vivo, ossia il confronto graduale e controllato con quelle situazioni ansiogene

precedentemente evitate dal soggetto;

- la terapia cognitiva, che si concentra sulle credenze e assunzioni del soggetto circa se stesso, gli altri

e il mondo, procedendo ad una ristrutturazione cognitiva dei pensieri distorti dopo aver effettuato un

assessment specifico e accurato.

Page 12: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

8

7.2 L’EMDR

Non può non meritare un cenno una pratica clinica di cui molto si parla in questi anni, l’Eye Movement

Desensitizazion and Reprocessing (EMDR), una procedura psicoterapeutica introdotta da Francine

Shapiro (1989; 1995) per il trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress. La tecnica deve il suo

nome al fatto che la Shapiro ritiene fondamentale l’impiego di determinati movimenti oculari in grado

di favorire la desensibilizzazione nei confronti dei ricordi traumatici nei pazienti PTSD.

Sebbene la diffusione dell’EMDR sia stata molto rapida in tutto il mondo ed abbia creato, da un lato,

entusiasmo in molti clinici che riferiscono di averne constatato l’indubbia e sorprendente efficacia, non

vanno trascurate, dall’altro lato, le aspre critiche relative all’aura di magia e di eccessivo empirismo

attribuita alla tecnica. Molte perplessità, inoltre, sono relative alla rapidità ed efficienza della

remissione dei sintomi, e soprattutto al meccanismo fisiologico sottostante il trattamento.

Page 13: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

9

VALENTINA, da una Tonsillectomia ad un Disturbo Post-Traumatico da Stress con Attacchi

di Panico. PRESENTAZIONE DEL CASO

1. Informazioni generali

1.1 Generalità del paziente

Valentina nasce il 02/07/1981 a Tropea in Calabria, ma risiede a Certaldo dall’età di 9 anni con la

famiglia d’origine composta dai genitori e dai fratelli più giovani di lei, un maschio ed una femmina.

Dopo aver conseguito la licenza media decide di smettere di studiare per andare a lavorare ed

attualmente lavora come operaia in una fabbrica di scarpe.

1.2 Caratteristiche della relazione

Valentina si rivolge autonomamente alla psicologa dietro consiglio medico, in quanto ha sperimentato

alcuni attacchi di panico; al termine del primo colloquio, avvenuto in data 20/02/2008 viene stabilita

una frequenza di incontri settimanale della durata di un’ora ciascuno.

2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta per i test)

2.1 Richiesta dell’utente

Come accennato Valentina chiede aiuto perché da circa 5 mesi soffre di attacchi di panico e questo

disturbo comincia ad erodere parte della sua autonomia in quanto sente di non avere più il desiderio

di uscire e spesso si rende conto che non si tratta di voglia, bensì di paura di quello che potrebbe

accadere se invece svolgesse una vita normale.

2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio

Valentina si è trasferita in Toscana all’età di 9 anni con la famiglia; racconta di aver sofferto molto per

l’isolamento sociale che ha provato inizialmente anche se, con l’inizio della scuola è riuscita a ricrearsi

un gruppo di amici. Si è attaccata ad una bambina in particolare, ma, come spesso succede nella

preadolescenza, qualche screzio di troppo ha incrinato definitivamente il rapporto e quindi adesso

riferisce di non credere più nell’amicizia. Si fida molto della sua famiglia invece e ritiene che gli affetti

all’interno di essa abbiano un valore enorme; vive con i genitori ed ha un buon rapporto sia con loro

che con il fratello di 22 anni, mentre con la sorellina di 12 ha una relazione esclusiva, quasi filiare.

Valentina è una bella ragazza e come tale si considera senza falsa modestia anche se ritiene di poter

migliorare con un po’ di attività fisica il suo corpo. È fidanzata da 12 anni con un ragazzo di Certaldo

anche se, durante l’adolescenza si sono lasciati almeno 3 volte ricorda lei, soprattutto per problemi di

gelosia, in particolare da parte sua. Sostiene che è stata fortunata ad aver conosciuto il suo attuale

fidanzato e che è soddisfatta totalmente della loro relazione anche se negli anni ha subito alti e bassi.

Al rientro dalle ferie in Calabria con la famiglia d’origine, la coppia ha deciso di accendere un mutuo

per l’acquisto di una casa, dove pensa potranno abitare a partire dall’estate del 2008.

Nel suo ambiente professionale si trova bene sia con i colleghi che con i datori di lavoro.

Page 14: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

10

In generale Valentina si definisce una persona felice e fortunata ed il presentarsi di questi attacchi di

panico la fa sentire a disagio non solo per le limitazioni fisiche che comportano o per lo stato di

malessere cui si accompagnano, ma soprattutto perché giudica se stessa sciocca per aver sviluppato

una malattia simile, che non riconosce fino in fondo come tale.

Dai primi colloqui emerge come il disturbo si sia presentato in concomitanza dell’acquisto della casa,

un momento che, per quanto lieto, costituisce anche una fonte di stress e preoccupazione; inoltre,

appare immediatamente che i sintomi di attivazione sembrano strettamente collegati ad un trauma

fondamentale nella vita di Valentina, il cui ricordo è emotivamente destabilizzante e che, anziché un

fattore precipitante potrebbe costituire il problema principale, cui gli attacchi di panico si sarebbero

accompagnati in un secondo momento. La giovane riesce a raccontare tale evento solo durante il III

incontro, in data 5 Marzo, tra pianti e somatizzazioni anche molto invasive che rendono necessario

interrompere il resoconto ed introdurre alcune tecniche di rilassamento ed autocontrollo. Riportiamo di

seguito tale avvenimento:

Il 15 Marzo dello scorso anno, Valentina si è sottoposta ad un’operazione per asportare le tonsille che

ormai da diversi anni avevano la tendenza ad infettarsi portandole frequenti stati febbrili; una volta

ricoverata all’ospedale le spiegano che essendo già adulta avrà dei postumi molto dolorosi e che la

cauterizzazione delle ferite potrebbe non reggere del tutto e riportarla a dover riperpetuare tale

pratica attraverso dei tamponi. Nonostante le forti preoccupazioni ed il dolore post-operatorio

modulato solo grazie alla morfina per via endovenosa, dopo 2 giorni di degenza viene dimessa. Ormai

a casa da 5 giorni, il 21 Marzo tutta la famiglia si siede a tavola, ma Valentina si sente gonfia ed ha un

po’ di nausea, quindi decide di andare in bagno; inizia a vomitare sangue e viene immediatamente

portata dai genitori in ospedale. [Piange forte mentre racconta ed è necessario fermarsi e lasciare che

beva un po’ d’acqua; riferisce di “sentirsi la gola strana” quindi prima di proseguire viene invitata a

respirare con il diaframma ed in modo controllato e lento fin quando non si sente in grado di riniziare

il racconto].

Una volta raggiunto il policlinico emergerà che fin dal momento in cui aveva lasciato l’ospedale dopo

l’operazione, la ferita aperta aveva lasciato fuoriuscire il sangue ininterrottamente per 5 giorni e

questo si era accumulato nello stomaco fino alla massima quantità tollerabile dall’organismo, prima

che questo lo rigetti con il vomito. Poiché i conati hanno fatto riaprire in modo più esteso una delle

due ferite, l’otorino decide di operarla nuovamente e di tenerla in osservazione 2 giorni durante i quali

le sarebbe stato somministrato il ferro per via endovenosa ed evitarle la trasfusione.

Momento critico del racconto sembra essere il momento in cui Valentina si sofferma sul ricordo dei

momenti immediatamente precedenti all’operazione, durante i quali il medico le ha chiesto di vomitare

per espellere la maggior parte del sangue che ha ancora all’interno del suo stomaco; la ragazza

espone piangendo il ricordo vivido di una tinozza di metallo completamente piena di sangue e della

sensazione di non capire come potesse averne ancora nelle vene dopo tutto quello che aveva buttato

fuori.

Dimessa il 26 Marzo, riferisce di sentirsi finalmente serena; le avevano detto che c’era la probabilità

che le si riaprisse la ferita ed adesso che era stata operata nuovamente si era rilassata.

Page 15: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

11

Durante la notte del 29 Marzo, Valentina racconta di sognare che si trovava a lavoro e, strappando

con i denti del nastro adesivo, un pezzettino le si attacca alla gola, così inizia a schiarirsi la voce per

espellerlo e si sveglia; controllando la saliva, trova in bocca un pezzettino dell’escara caduta della

prima operazione ed un po’ di sangue, così avverte i genitori che la portano immediatamente

all’ospedale. Al pronto soccorso Valentina viene ricoverata per la notte e visitata la mattina seguente

dall’otorino di turno; la ferita non sanguina più, quindi, poiché le probabilità che una delle due ferite si

riapra è bassissima, la ragazza viene immediatamente dimessa.

Una volta a casa, mentre sta ridendo con la sorella prova improvvisamente la sensazione che la ferita

si apra ed immediatamente inizia a perdere sangue intensamente. La madre la porta quindi

all’ospedale all'istante, dove i medici, dopo aver provato a tamponare la ferita, pratica peraltro molto

dolorosa, decidono di operarla nuovamente, per cauterizzare le seconda ferita.

Valentina riferisce di aver sperimentato un tono di umore molto basso, era completamente

demoralizzata, ma dal 3 Aprile, giorno della sua dimissione ad Agosto, credeva di essersi ripresa

completamente, sia nel fisico che nella mente. Durante le vacanze a casa dei parenti in Calabria

racconta che si sentiva bene; esponeva a tutti ciò che le era capitato con dovizia di particolari e molti

rabbrividivano nell’ascoltare il suo resoconto.

Nel mese di Settembre accende il mutuo ed iniziano i lavori per la casa dove andrà a convivere con il

fidanzato. Nello stesso periodo rientra anche a lavoro ed una mattina, soffiandosi il naso ed aprendo

successivamente il fazzoletto, scorge in mezzo al muco un po’ di sangue. Questa esperienza la

spaventa molto e, anche se dopo alcune ore riesce a calmarsi grazie al supporto di una collega che

soffre di attacchi di panico, Valentina inizia a controllare con una frequenza l’ora, se ha del sangue in

bocca, presumibilmente proveniente dalla gola, mettendosi un dito in bocca. Ripete questo gesto varie

volte al giorno e durante la fase di assessment esso diviene oggetto di osservazione. Riferisce di aver

iniziato a manifestare anche una certa attenzione per tutti i segnali provenienti dal proprio corpo, in

particolare Valentina controlla da allora il proprio battito cardiaco, alla ricerca di differenze nella sua

frequenza.

Qualche giorno dopo l’aver scorto del sangue nel fazzoletto in cui si è soffiata il naso, mentre si trova

sdraiata nel letto accusa una fitta acuta al petto ed avverte una consistente tachicardia: chiama subito

i genitori e si fa portare subito dal pronto soccorso, convinta di avere un attacco cardiaco; dopo un

ECG le viene detto che si trattava di un attacco di panico e che non vi è niente di organico a livello del

miocardio, ma nonostante queste rassicurazioni Valentina si sottopone a diversi approfondimenti clinici

per rivolgersi solo alla stregua degli esiti negativi ad un trattamento di tipo Psicologico.

Relativamente ai sintomi fisici riporta un formicolio del braccio sinistro, dolori intercostali e tachicardia.

Dopo l’esordio panicoso, i checking consistenti nel controllare l’eventuale presenza di sangue nella

saliva, e nel verificare l’ipotetica accelerazione dei battiti cardiaci, aumentano in frequenza innescando

vari tipi di evitamento agorafobico. I fattori protettivi scelti e le situazioni o gli stimoli elusi sono legati

a caratteristiche della tonsillectomia, anche se Valentina non sembra esserne assolutamente

consapevole ed appare, al contrario, infastidita da questa osservazione.

Page 16: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

12

2.3 Allargamento ad altri problemi

La maggior parte dei dati che riportiamo in questa sezione sono derivati dall’analisi delle risposte di

Valentina al test CBA nelle schede anagrafiche ed autobiografiche e poi successivamente approfondite

durante i colloqui clinici. L’analisi delle teorie naif della paziente relativamente al proprio stato di salute

è da considerarsi poi fondamentale per l’inizio del trattamento; la loro messa in discussione è infatti

servita sia a creare un vocabolario comune con la psicologa, che come punto di partenza per una

futura ristrutturazione cognitiva.

Valentina riferisce di aver trascorso in un clima familiare affettuoso e caldo la propria infanzia ed

adolescenza e valuta l’educazione impartitele dai genitori buonissima; come già accennato anche il

rapporto con i fratelli è sereno e caratterizzato da sentimenti di affetto e comprensione.

Per quanto riguarda il suo rapporto di coppia che dura da 12 anni, valuta la relazione serena ed

appagante sebbene ritenga di non essere completamente soddisfatta dei rapporti sessuali con il

partner che, forse a causa di una diminuzione del desiderio sessuale, hanno una frequenza saltuaria,

anche se poi risulterà che alla base di questa sua dichiarazione vi è l’idea disfunzionale che una coppia

“giovane” deve avere rapporti ogni giorno, anche più volte nelle 24 ore e lei, continuamente afflitta da

problemi, disturbi e sintomi fisici, non riesce a mantenere tale ritmo.

Il suo lavoro è monotono e ripetitivo e non rappresenta una grossa fonte di soddisfazione personale

per lei, anche se ha ottimi rapporti con i colleghi. Poiché ha appena acceso il mutuo per l’acquisto

della casa nella quale andrà a convivere con il fidanzato, si trova in ristrettezze economiche e questo

pare aumentare i livelli personali di stress, anche se non riferisce di sentirsi particolarmente

preoccupata, dal momento che può sempre contare sull’aiuto delle famiglie di entrambi.

Relativamente alle abitudini alimentari riporta di non avere un appetito normale: mangia molto ed in

continuazione se è stanca o nervosa e d’altra parte vorrebbe riguardarsi in questi comportamenti per

regolare al meglio il suo peso corporeo del quale non è del tutto soddisfatta (62 Kg per 165 cm di

altezza).

Sebbene sia sempre stata stitica, dopo l’operazione ha iniziato a soffrire di colite, quindi ha spesso

sensazioni di gonfiore e fastidio a livello dello stomaco; in concomitanza con gli attacchi di panico, una

manifestazione frequente è quella dell’aver bisogno di evacuare anche 3 volte consecutive.

Non riesce a dormire in modo continuativo in quanto ha frequenti risvegli notturni con incubi o

sensazioni sgradevoli, ma non ricorre ai medicinali che in ogni caso non desidera utilizzare; quando

riesce a dormire più di 6 ore riferisce di svegliarsi comunque affaticata e stanca. I contenuti onirici

disturbanti riguardano medici ed ospedali e sono in stretta relazione con l’operazione subita a Marzo e

le sue infelici conseguenze.

Dal test sono inoltre emersi i checking già descritti; quando si sente ansiosa tende ad aumentare la

frequenza di questi atteggiamenti che saranno monitorati ed utilizzati come indice del comportamento

protettivo.

Valentina comunica che, rivalutando l’importanza della tonsillectomia subita, “forse ha una fobia

dovuta all’intervento”, sebbene non riesca a capire perché sia passato così tanto tempo prima

dell’esordio dei sintomi ansiosi.

Page 17: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

13

Ritiene che questo suo malessere con se stessa le impedisca di vivere serenamente anche il rapporto

con gli altri, soprattutto la sua relazione sentimentale; non riesce più a godere delle cose che prima la

facevano stare bene ed ha perso l’entusiasmo di affrontare nuove avventure per paura di sentirsi

male; aggiunge che questa tensione continua e l’incapacità di dormire bene le impediscono anche di

rilassarsi.

2.4 Motivazione

Valentina è motivata al cambiamento e si definisce stanca ed arrabbiata con se stessa per aver

indugiato così tanto; non è contenta del suo stato attuale e vuole tornare a vivere in modo più sereno,

imparando a gestire le preoccupazioni relative alla possibilità di avere un attacco cardiaco od

un’emorragia. È aderente alle prescrizioni e si applica negli homoworks con dedizione ed interesse. In

alcune fasi e tendenzialmente nei giorni precedenti al ciclo mestruale, Valentina tende a manifestare

un tono dell’umore bassissimo ed in tali occasioni risulta davvero difficile proseguire con un

trattamento prescindendo dall’accoglienza di questo stato emotivo improntato all’autocommiserazione.

Tali manifestazioni si sono mostrate tanto invasive soltanto i primi due mesi di trattamento, per un

totale di altrettante sedute.

2.5 Strumenti psicodiagnostici

Viene somministrato in data 29/02/2008 il test MMPI-2 di cui riportiamo i grafici ed in base ai criteri

descritti da Butcher e Williams una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams, 1996).

Sembra che sui risultati del test non abbiano influito tendenze a presentarsi in luce socialmente più

accettabile. L’asse timico è orientato in senso depressivo, con possibili variazioni disforiche del tono

dell’umore. Valentina tenderebbe a vivere ansiosamente, ad elaborare in senso depressivo le proprie

esperienze ed a provare scarso interesse per le abituali occupazioni, manifestando di conseguenza

difficoltà nell’intraprendere nuove iniziative.

Sono presenti inclinazioni al dubbio ed all’incertezza di fronte alle decisioni; la ragazza potrebbe avere

tendenze alla rimuginazione ideativa e presentare notevole difficoltà nel considerare l’idea di

cambiamenti, manifestando in aggiunta comportamenti di tipo compulsivo. Sono presenti in modo

marcato sintomi di ansietà, tensione e spunti fobici. Si ritiene che questi risultati siano indicativi dei

comportamenti di checking che la ragazza ha imparato a mettere in atto per poter controllare e sedare

la propria ansia.

Valentina non manifesterebbe una predilezione per le situazioni d’interazione sociale e potrebbe avere

qualche difficoltà d’inserimento nel gruppo; anche se il suo atteggiamento, verso tali situazioni non è

di tipo passivo, può così apparire. Potrebbe mostrarsi rigida, poco adattabile, diffidente ed attaccata

alle proprie opinioni ed essere comunque educata e compiacente.

Si denota una certa insicurezza nei confronti delle proprie capacità con dubbi circa la possibilità di

successo ed una tendenza alla colpevolizzazione nelle condizioni di frustrazione. Tale atteggiamento è

presente in questo periodo nei confronti del suo disagio psicologico ad esempio.

Page 18: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

14

Scale Cliniche

34

62

39

71 7065

5552

6672

6056

62

30

40

50

60

70

80

90

100

29/02/2008 34 62 39 71 70 65 55 52 66 72 60 56 62

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 1 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 29/02/2008

Scale Supplementari

68

5258

41

6461

78

4438

30

40

50

60

70

80

90

100

29/02/2008 68 52 58 41 64 61 78 44 38

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 2 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 29/02/2008

Scale di Contenuto

6671

57 59

74

6872

51

6056 55

60

45

54 54

30

40

50

60

70

80

90

100

29/02/2008 66 71 57 59 74 68 72 51 60 56 55 60 45 54 54

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 3 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 29/02/2008

Nella stessa data viene anche somministrato il test CBA (Bertolotti et al., 1985); riportiamo di seguito i

risultati:

Page 19: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

15

Risposte Punteggio Rango

omesse grezzo Punti z

percentile

Scheda 2 STAI X1 0 67 97,7

Scheda 3 STAI X2 0 58 90,8

EPQ/R E 0 7 37,4

EPQ/R N 0 10 78,1

EPQ/R P 0 4 81,4 Scheda 5

EPQ/R L 0 4 2,8

Scheda 6 QPF/R 0 77 99,5

IP F 0 104 73,7

IP PH 9 73,2

IP 1 24 66,5

IP 2 17 22,9

IP 3 20 81,1

IP 4 16 94,3

Scheda 7

IP 5 15 80,6

Scheda 8 QD 0 11 87,6

MOCQ/R 0 11 86,2

MOCQ/R 1 8 96,5

MOCQ/R 2 2 41,9 Scheda 9

MOCQ/R 3 2 72,1

STAI X1/R 0 33 98,3

STAI DIFF -3 34,3

STAI ACC 0 30,9

Scheda

10

INDICE IR 5 27,5

Fig. 4 Risultati al test CBA somministrato in data 29/02/2008

Il test evidenzierebbe un’ansia di tratto abbastanza elevata e persistente, quindi gli esiti al test non

dovrebbero risultare inficiati da una certa agitazione che poteva essersi manifestata a seguito della

somministrazione. Di questo stato costante d’ansia la ragazza parla apertamente e con un notevole

insight; racconta che è parte del suo temperamento l’essere sempre agitata, indaffarata, attiva ed un

po’ ansiosa di conseguenza.

Dalla Scheda 7 si rileva che le fobie principali di Valentina sono relative alle ferite aperte, al vedere

un’operazione chirurgica o del sangue, all’avere un attacco cardiaco, ai medici, al trovarsi in luoghi

troppo stretti e chiusi o in mezzo alla folla, ed al buio. Per quanto riguarda la paura di un attacco

cardiaco si riferisce principalmente ai sintomi percepiti prima degli attacchi di panico, mentre, trovarsi

in luoghi troppo stretti, chiusi od in mezzo alla folla si manifesterebbe come timore agorafobico di

sentirsi male proprio in quei determinati ambienti e situazioni.

Page 20: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

16

Nella Scheda 9 si osservano valori significativi per la subscala MOCQ/R1 relativa al checking e già dai

colloqui clinici era noto come alcune pratiche di controllo costante del battito cardiaco o dell’eventuale

presenza di sangue nella saliva siano attualmente meccanismi protettivi in grado di esercitare un

controllo diretto sull’elevazione dell’ansia.

2.6 Analisi funzionale

Dalla III seduta di assessment è stato possibile monitorare i comportamenti protettivi di Valentina che,

come già affermato, consistono nel controllare i battiti del cuore e l’eventuale presenza di sangue nella

saliva. Valentina riporta diverse difficoltà nel affrontare tale compito, perché risulta per lei una forma

di esposizione a pensieri sgradevoli e mal tollerabili. Nonostante le vengano fornite delle griglie di

notazione, l’una intitolata: Griglia di Osservazione del Comportamento: Controllare la

presenza di sangue in bocca e l’altra: Griglia di Osservazione del Comportamento:

Controllare i battiti cardiaci, originariamente inizia con un foglietto che riportiamo in dimensioni

originali di seguito; B. indica “battiti” e le crocette si riferiscono appunto al numero di volte che si è

accorta di controllare la regolarità del proprio cuore; D. invece vuol dire “dito” e interessa l’altro

comportamento segnalato.

Fig. 5 Griglia utilizzata da Valentina per l’automonitoraggio

Durante la seduta successiva è stato utile iniziare la psicoeducazione relativamente ai fattori protettivi

ed agli evitamenti, in quanto l’utilizzo delle diciture personali rispetto alle schede fornite aveva

principalmente lo scopo di ridurre l’attivazione relativa all’esposizione ai termini utilizzati.

La ragazza sostiene che già leggere il titolo delle griglie fornite le crea disagio significativo, mentre le

iniziali di termini neutri come ha scelto da sola, sono meno attivanti.

La psicoeducazione è molto efficace con Valentina; è attenta ed intenzionata a trovare una soluzione

al suo problema e, allo stesso tempo, non manifesta la fretta di dover risolvere tutto e subito.

In generale, l’approccio schematico e descrittivo tipico della terapia cognitivo-comportamentale, con

l’utilizzo di automonitoraggio, tabelle ed analisi funzionali risulta immediatamente efficace con lei,

perché riesce a comprenderne il razionale in maniera immediata ed intuitiva. Nella scheda di analisi

funzionale fornitale in relazione ai comportamenti protettivi si orienta subito da sola senza necessitare

di una guida attenta.

Page 21: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

17

Riportiamo qui di seguito alcuni esempi tratti dalle schede di automonitoraggio fornite, secondo lo

schema di ABC cognitivo di Albert Ellis (Ellis, 1989):

01/03/08 ore 09.30 Comportamento: Controllare i battiti cardiaci

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura, panico.

Fisiologiche: palpitazioni,

irrigidimento del corpo,

sensazione di fiato corto.

Valentina ed il fidanzato stanno

osservando dei sanitari per il loro

futuro bagno in un negozio. Lei

ne vede uno in acciaio.

“Il materiale è lo stesso di quella

bacinella dove ho vomitato sangue in

ospedale”, “Mi sto agitando”, “Devo

calmarmi subito o farò qualcosa di

imbarazzante”. Comportamentali: distoglie lo

sguardo, mette le dita sulla

carotide ed inizia a contare i

battiti cardiaci.

Tab. 1 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

03/03/08 ore 13.00 Comportamento: Controllare la presenza di sangue nella saliva

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura, panico.

Fisiologiche: palpitazioni,

sensazione di pallore sul

volto.

Valentina ha una leggera

infiammazione orale a causa di una

allergia agli acari della polvere.

“Che sensazione, mi sento la gola strana”,

“Perché sento questa cosa?!”, “Devo

controllare se ho del sangue in bocca”.

Comportamentali: controlla il

colore della saliva.

Tab. 2 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

È chiaro che questo evitamento covert si manifesti come una risorsa di coping disfunzionale e

maladattiva in quanto non si tratta di un comportamento in grado di intervenire in modo attivo sul

disturbo, ma si pone come distrattore dal pensiero: mi sto agitando.

In realtà, dall’analisi di queste schede si evince che il controllo sul pensiero esercitato da Valentina è

invece molto positivo e funzionale anche se da solo insufficiente; la ragazza usa tranquillizzarsi non

utilizzando il pensiero magico, bensì sostituendo quello negativo con uno più realistico. Si ritiene

dunque che nella fase di trattamento sarà più utile lavorare sulle emozioni negative evocate da alcune

immagini sia reali che mentali, attraverso un’esposizione diretta e di esorcizzarne il potere

destabilizzante attraverso il meccanismo di saturazione, rinforzando comunque l’utilizzo del pensiero

funzionale, anche se attualmente la sua funzione non è potente quanto quella dei comportamenti

protettivi.

2.7 Diagnosi DSM-IV: F43.1 Disturbo Post-Traumatico da Stress [309.81]

Anche se Valentina si rivolge alla psicologa per il trattamento degli Attacchi di Panico, si rileva

immediatamente che questo disturbo sia solo una manifestazione secondaria di quello che si è

originato a partire dall’evento traumatico vissuto.

La caratteristica essenziale del Disturbo Post-Traumatico da Stress è lo sviluppo di sintomi tipici che

seguono l’esposizione ad un fattore traumatico estremo che implica l’esperienza personale diretta di

un evento che causa o può comportare morte, lesioni gravi od altre minacce all’integrità fisica

Page 22: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

18

personale o di un’altra persona soprattutto vicina e con la quale si è in stretta relazione (Criterio A1).

Com’è noto, Valentina ha subito diversi interventi secondari a complicazioni di una banale

tonsillectomia, i quali possono considerarsi un fattore traumatico dotato di tali caratteristiche.

La risposta della persona all’evento deve comprendere paura intensa, il sentirsi inerme od il provare

orrore (Criterio A2). I sintomi caratteristici che risultano dall’esposizione ad un trauma estremo

includono il continuo rivivere l’evento traumatico (Criterio B), l’evitamento persistente degli stimoli

associati con il trauma, l’ottundimento della reattività generale (Criterio C) e sintomi costanti di

aumento dell’arousal (Criterio D). Il quadro sintomatologico completo deve essere presente per più di

un mese (Criterio E) ed il disturbo deve causare disagio clinicamente significativo o menomazione del

funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti (Criterio F).

L’evento traumatico può essere rivissuto in vari modi, Valentina non racconta la presenza di

Flashbacks, ma riporta un sonno spesso disturbato da incubi relativi agli ospedali ed alle operazioni

mediche; una sollecitazione a livello della gola è in grado attualmente di evocare una sensazione

somatica simile a quella che riferisce di aver provato durante i periodi di convalescenza e questa

stessa percezione di evocare ricordi intrusivi e ricorrenti che inducono immediatamente intenso disagio

psicologico (Criterio B4) ed uno stato di attivazione generale (Criterio B5) che può essere sedato

soltanto mettendo in atto i comportamenti protettivi di checking. Vengono evitati in modo persistente

gli stimoli associati con il trauma, anche soltanto in maniera covert attraverso la distrazione; la

ragazza si sforza volontariamente di sottrarsi a pensieri, sentimenti o conversazioni che riguardano

l’evento traumatico (Criterio C1) e di evitare attività, situazioni o persone che suscitano ricordi di esso

(Criterio C2). Di solito subito dopo l’evento traumatico inizia una riduzione della reattività verso il

mondo esterno, a cui ci si riferisce come “paralisi psichica” o “anestesia emozionale”; anche Valentina

lamenta di aver subito una marcata riduzione dell’interesse o della partecipazione ad attività

precedentemente piacevoli (Criterio C4), peraltro affrontando spesso tale sentimento accompagnato

da colpa o rabbia nei confronti di se stessa (caratteristica descrittiva comunemente associata a questo

tipo di disturbo). Per i criteri del DSM-IV-TR, spesso le persone affette da Disturbo Post-Traumatico da

Stress presentano sintomi persistenti di ansia o di aumento dell’arousal non presenti prima del trauma

o quantomeno non così evidenti; questi sintomi possono includere difficoltà ad addormentarsi o a

mantenere il sonno, che può essere causata da incubi frequenti durante i quali viene rivissuto l’evento

traumatico (Criterio D1), ipervigilanza (Criterio D4), ed esagerate risposte di allarme (Criterio D5).

Valentina riporta anche una certa irritabilità od una tendenza agli scoppi d’ira (Criterio D2), ma è

difficile stabilire in che misura questo atteggiamento sia presente in modo più o meno marcato

rispetto a prima.

La specificazione del disturbo è Ad Esordio Tardivo, che indica che sono trascorsi almeno 6 mesi tra

l’evento e l’esordio dei sintomi.

I sintomi di solito iniziano nei primi 3 mesi dopo il trauma, sebbene possa esservi un ritardo di mesi, o

anche di anni, prima della loro comparsa; si tratta di un disturbo molto variabile ed anche il suo

decorso è caratterizzato da un attenuarsi ed un accentuarsi dei sintomi in modo molto soggettivo; tale

riattivazione si verifica più spesso in risposta a fattori che fanno ricordare il trauma originale, eventi di

vita stressanti o nuovi eventi traumatici; nel caso di Valentina il disturbo si riattiverebbe in un periodo

Page 23: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

19

particolarmente stressante, a partire dal ritrovamento di un po’ di sangue nel muco, evento correlabile

al trauma originario.

La gravità, la durata e la prossimità dell’individuo all’evento traumatico sono i fattori più importanti

che influenzano la possibilità di sviluppare il disturbo. Vi è qualche evidenza che i supporti sociali,

l’anamnesi familiare, le esperienze infantili, le variabili di personalità ed i disturbi mentali preesistenti

possono influenzare lo sviluppo di un Disturbo Post-Traumatico da Stress; in realtà questo disturbo si

può sviluppare anche in individui senza alcuna condizione predisponente, soprattutto se l’evento

stressante è particolarmente grave.

2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento

Si presentano in questa sezione i fattori predisponenti individuali, iniziando da quelli appresi, per

arrivare agli schemi profondi che caratterizzavano la personalità della paziente anche nelle fasi

premorbose di questo disturbo. Fra i fattori favorenti il disturbo manifestato, si osserva principalmente

che Valentina è sempre stata una persona nervosa, iperattiva ed ansiosa, anche i test confermano

infatti una notevole ansia di tratto, sebbene si ritenga che essa possa essere attualmente più elevata

per via di un’iperattivazione del sistema di arousal; nella famiglia di Valentina si riscontra una certa

predisposizione all’ansia dalla parte del padre ed emerge dal racconto che anche molte persone vicine,

amici e colleghi, soffrono di un disturbo simile o che per molti anni hanno messo in atto

comportamenti evitanti nei confronti di una vita più serena e rilassata a causa di varie paure.

Il periodo del rientro dalle ferie è di per sé stressante per molti, ma nel caso di Valentina esso è reso

ancor più pesante dall’aver preso un mutuo con il fidanzato, per l’acquisto di una casa.

Evento critico per eccellenza quello che si è dimostrato il trauma da cui ha avuto origine il Disturbo

Post-Traumatico da Stress ad Esordio tardivo: le complicanze dall’operazione chirurgica di

tonsillectomia.

Il fattore precipitante è stato probabilmente la rievocazione dell’evento traumatico, riattivato dal

trovare del sangue nel fazzoletto assieme al muco, dopo essersi soffiata il naso.

La preoccupazione data dal fattore precipitante ha fatto sì che Valentina iniziasse a controllare

continuamente la presenza di sangue nella sua saliva e la frequenza dei suoi battiti cardiaci, al fine di

monitorare la possibilità che si siano aperte nuovamente le ferite alla gola e che stia per avere un

attacco cardiaco; questi checking si manifestano attualmente come il principale fattore di

mantenimento che consente alla ragazza di vivere una vita pressoché normale.

Come enunciato da Foa e Kozac (1986) la caratteristica che differenzia il DPST dagli altri disturbi

d’ansia è il fatto che l’evento traumatico tocca nell’individuo una convinzione di base circa la possibilità

di sopravvivere ed il ricordo risultante è per questo molto diverso da tutti gli altri; il trauma

attiverebbe una credenza di base di incontrollabilità e vulnerabilità personale, la quale a sua volta

alimenta pensieri catastrofici per il futuro, assieme ad un’iperattivazione generalizzata; poiché i trigger

ambientali in grado di attivare il network della paura relativa al trauma sono pressoché infiniti,

un’attenzione selettiva su di essi, assieme al rimuginio ed alla catastrofizzazione attivano e rinforzano i

comportamenti di evitamento e quelli protettivi.

Page 24: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

20

Riassumendo attraverso un’analisi funzionale macro, emerge come ogni sensazione spiacevole, od

alcuni elementi in grado di rievocare la tonsillectomia di Valentina (A), sono in grado di generare

pensieri come: “È come l’altra volta”, “mi sentirò male”, “succedono tutte a me” (B) e questi a loro

volta inducono tre tipi di conseguenze:

- Emotive, di intensa paura;

- Fisiologiche, varie ma principalmente di aumento del ritmo cardiaco;

- Comportamentali, di messa in atto dei comportamenti protettivi o di evitamento che a loro

volta mantengono il problema.

La proposta d’intervento è quindi quella di costruire assieme una scala gerarchica di oggetti, immagini

e sensazioni fisiche che inducono in Valentina i sintomi dell’attacco di panico, mandando in

saturazione l’ansia e prevenendo l’utilizzo dei comportamenti protettivi.

Relativamente ai problemi di sonno riscontrati soprattutto durante l’ultima fase dell’assessment

vengono costruite con la ragazza delle “flashcards” per rilassarsi e proposta un’igiene del sonno

consistente principalmente nell’impedirle di dormire in momenti diversi dalla notte e di alzarsi dal letto

per andare in bagno, qualora dopo un risveglio notturno non riesca a riprendere sonno.

Per quanto riguarda il trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress, si ipotizza che, passato un

momento iniziale in cui Valentina potrebbe mostrare difficoltà nell’intraprendere la terapia, fin dai

primi step superati, acquisti una nuova sicurezza in se stessa ed aumenti la motivazione al

cambiamento. La ragazza, infatti, mostra inizialmente uno scarso insight relativamente all’idea che i

suoi attacchi di panico possano essere legati all’intervento chirurgico affrontato l’anno precedente. Su

quest’ultimo aspetto psicopatologico si decide d’intervenire attraverso la psicoeducazione e

l’apprendimento di tecniche di rilassamento e di respirazione diaframmatica, per contenere la

probabilità che si manifestino durante il trattamento del disturbo principale.

Si ipotizza inoltre che, a lungo termine, dopo un lasso di tempo di circa 3 mesi, la giovane riesca a

superare completamente il problema, eliminando la messa in atto dei comportamenti protettivi e

ricominciando a vivere in modo più sereno e spensierato.

Valentina accetta con entusiasmo ogni parte di questo contratto e si manifesta più speranzosa che

convinta circa il suo miglioramento, ma motivata a seguire la terapia con impegno.

3. Trattamento

Anche per quanto riguarda questa fase, vengono stabiliti incontri settimanali della durata di un’ora

ciascuno. Questa cadenza verrà mantenuta per 3 mesi, mentre saranno stabiliti altri 2 appuntamenti

per la somministrazione di un secondo test MMPI-2 e per una seduta di follow-up, a distanza di 5 mesi

dal termine dei colloqui di trattamento.

3.1 Svolgimento delle sedute

Durante la prima seduta di trattamento, in data 02 Aprile Valentina appare tranquilla e propositiva,

rispetto invece alla seduta precedente nella quale si era lasciata prendere dallo sconforto di non

riuscire a risolvere questa situazione. Dopo aver riassunto insieme alla psicologa le caratteristiche del

Page 25: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

21

disturbo e le modalità di trattamento, inizia la costruzione della scala gerarchica per l’esposizione sia in

vivo che in immagine; per alcuni step si utilizzeranno dei video, altri invece saranno caratterizzati dalla

lettura ripetitiva di sintomi fisici ed altri ancora dall’utilizzo di prodotti comportamentali. L’elaborazione

del programma richiede le prime 3 sedute di trattamento.

Durante ogni incontro, a Valentina viene fornita una copia del materiale cui si è esposta durante la

seduta, in formato informatico, di modo che sia possibile per lei ripetere tali “esercizi” durante la

settimana con la consegna di effettuare questo lavoro per 3 volte. Inoltre, prima di passare al passo

successivo, nel corso di ogni colloquio viene riproposto l’ultimo step affrontato con successo.

Mostriamo di seguito la scala utilizzata per questo lavoro:

100 Vedere vomitare sangue

90 Vedere un cartoon sull’attacco cardiaco/Spiegazione di un attacco cardiaco

80 Ascoltare la storia dell’operazione

70 Registrare la storia dell’operazione

60 Vedere un attacco di panico

50 Vedere la preparazione di una sala operatoria

40 Vedere le foto di una sala operatoria

30 Ascoltare i sintomi del panico e di un attacco cardiaco

20 Registrare i sintomi del panico e di un attacco cardiaco

Tab. 3 Esposizione graduata

Oltre ad utilizzare un approccio principalmente psicoeducazionale, durante queste prime fasi di

trattamento è stato considerato utile l’insegnamento di una tecnica di rilassamento rapido attraverso

la regolarizzazione del respiro. Valentina che per qualche hanno ha preso lezioni di canto, conosce la

respirazione diaframmatica e sa metterla in pratica. Le viene quindi richiesto di aggiungere a questo

esercizio quello proposto. Alla base del training vi è la necessità di fornire uno strumento

immediatamente spendibile alla ragazza che, tendendo ad iperventilare, potrebbe sperimentare in

questo periodo un nuovo attacco di panico, data la grande attivazione riscontrata durante queste

sedute di preparazione al trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress.

Riportiamo le istruzioni fornite alla ragazza ed anche la scheda da lei utilizzata per monitorare i

miglioramenti sostenuti durante le 2 settimane dedicate a questo training:

- Durante ognuno dei momenti della giornata segnalati, trattenga il respiro senza fare prima un

respiro profondo, contando mentalmente 1001, 1002, 1003, 1004 e 1005 equivalenti all’incirca

a 5 secondi.

- A 1005 mandi fuori tutta l’aria ed in modo calmo e tranquillo dica a se stesso “mi rilasso”.

- Inspiri l’aria con il naso senza sforzo, contando mentalmente 1001, 1002 e 1003 ed espiri allo

stesso modo contando 1004, 1005 e 1006, dicendosi mentalmente “mi rilasso”.

- Quando respira non cerchi di prendere troppa aria, non gonfi troppo lo stomaco e cerchi di

impiegare lo stesso tempo durante l’inspirazione e l’espirazione.

- Alla fine dei 10 respiri completi, trattenga nuovamente il fiato per 5 secondi (1001,…,1005) e

poi riprenda per altri 10 respiri ed una nuova interruzione di 5 secondi.

Page 26: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

22

Fig. 6 Tabella riguardante la scheda di monitoraggio dell’iperventilazione compilata dalla paziente

Durante la IV seduta, svoltasi in data 23 Aprile Valentina ha iniziato la sua esposizione dal primo step

stabilito.

Prima di cominciare scriviamo su un foglio l’Unità di Disagio Soggettiva nell’intraprendere questa fase

del trattamento e la ragazza la stima 70, pur conoscendo i sintomi del Panico perché affrontati

durante la prima fase di psicoeducazione. Esplicita un lieve aumento del battito cardiaco e la

sensazione di avere un po’ caldo. Una volta affrontata la prova Valentina si stupisce però di un calo

brusco della SUD fino a 40, tanto che chiede di poter rileggere subito la lista dei sintomi e dopo 2

ripetizioni di andare avanti con l’esposizione, affrontando anche la lettura dei sintomi dell’attacco

cardiaco. Legge la prima volta dopo aver sperimentato una SUD pari a 50 ed anche questa prova

viene superata con un calo abbastanza repentino fino ad un livello di 5 dopo 3 ripetizioni. Valentina

pare molto soddisfatta e parla a lungo dei sintomi appena letti, cercando di elaborare le informazioni

acquisite; appare a suo agio e sorpresa dei contenuti. Riportiamo di seguito le liste fornite alla stessa

ragazza:

I sintomi dell’attacco di panico

Un periodo delimitato d’intensa paura o disagio, durante il quale quattro (o più) dei seguenti sintomi si

sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco massimo nel giro di 10 minuti; queste

sensazioni si esauriscono al massimo entro mezz’ora:

1) palpitazioni, cardiopalmo, o tachicardia;

2) sudorazione;

3) tremori fini o grandi scosse negli arti superiori od inferiori;

4) dispnea o sensazione di soffocamento;

5) sensazione di asfissia;

6) dolore o fastidio al petto;

7) nausea o disturbi addominali;

8) sensazioni di sbandamento, d’instabilità, di testa leggera o di svenimento;

Page 27: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

23

9) derealizzazione (sensazione di irrealtà o di sogno) o depersonalizzazione (sensazione di essere

distaccati da sé stessi);

10) paura di perdere il controllo o d’impazzire;

11) paura di morire;

12) parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio);

13) brividi o vampate di calore.

I sintomi dell’attacco cardiaco nella donna

Nella donna i segnali di allarme di un attacco cardiaco possono essere differenti e spesso molto più

deboli rispetto a quelli dell’uomo.

Sintomi classici:

• Senso di peso, di ripienezza, di schiacciamento, di oppressione o di fastidio al centro del torace;

• Il dolore si può irradiare al collo, alla mandibola, al dorso, alla parte alta dell’addome e al braccio

sinistro più spesso che al destro;

• Il dolore è spesso accompagnato da sudorazione, nausea e vomito;

• Può accompagnarsi a difficoltà respiratoria, vertigini, svenimento;

Altri sintomi spesso presenti nelle donne:

• Debolezza o affaticamento inusuale;

• Ansia o irritabilità;

• Indigestione o dolore addominale;

• Senso di peso o dolore oppressivo tra i seni;

• Fastidio/dolore tra le scapole;

Prima di terminare l’incontro viene chiesto a Valentina di leggere nuovamente i sintomi di entrambi i

disturbi, mentre la sua voce viene registrata, per poter utilizzare il file nella seduta successiva, mentre

questa pagina viene affidata alla ragazza con la consegna di leggerla completamente almeno una

volta al giorno.

La settimana successiva, il 30 Aprile, è stato possibile progredire con un’esposizione alla registrazione

dei sintomi del panico e di un attacco cardiaco, alle immagini che ritraggono una sala operatoria, di cui

mostriamo un esempio ed al video relativo alla preparazione di una sala operatoria e del chirurgo che

vi sarà occupato. La ragazza ha letto i sintomi dei disturbi ogni giorno, talvolta anche due volte ed ha

coinvolto in questo esercizio anche il fidanzato e la madre. Ha riportato una certa soddisfazione nel

leggere con serenità una serie di sintomi fisiologici senza necessariamente provare un disagio

particolarmente alto, perché comunque riferisce di non essere mai arrivata ad una SUD 0.

L’ascolto della sua voce registrata non è molto temuta e viene stimata un’unità di disagio soggettivo

pari a 40 prima di iniziare la prova, per arrivare a 10 dopo due sole ripetizioni.

Con più apprensione viene invece intrapreso il passo successivo, l’osservazione di immagini di una sala

operatoria. Valentina osserva in silenzio e riporta principalmente emozioni, piuttosto che sensazioni

fisiche; racconta infatti di sentirsi quasi triste nei confronti di quello che ha passato e mentre queste

figure scorrono lei si sente di aver visto dal vivo le stanze, le luci, il lettino e di provare verso se stessa

un certo senso di solidarietà e quiete. Riferisce che, per la prima volta non è impaurita né troppo

Page 28: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

24

attivata, ma è come se si “permettesse” di avere determinate emozioni ed altrettante manifestazioni

fisiologiche relative alla visione di qualcosa che le ricorda da vicino il suo intervento.

Fig. 7 Immagine relativa ad una sala operatoria per l’esposizione

Fig. 8 Immagine relativa ad un gruppo di chirurgi in azione per l’esposizione

Anche durante questo step la SUD di Valentina tende a scendere drasticamente dopo poche

esposizioni ed è lei stessa a voler proseguire con un altro passo, costituito dal vedere un video

riguardante la preparazione di una sala operatoria e del chirurgo che vi dovrà operare.

La ragazza si dice molto contenta di se stessa e stenta a credere di non provare un’attivazione

eccessiva; inoltre riporta che dopo l’inizio di questa fase di trattamento, le sensazioni fisiologiche

sebbene siano presenti, non sono mai dirompenti e talvolta riesce a dar loro una lettura diversa da

quella ansiosa negativa, mentre in alcuni momenti prova un’eccitazione secondaria alla curiosità di

affrontare il passo successivo e di vedere come vi reagirà.

Al termine della seduta attraverso l’impiego di una penna USB viene fornito alla ragazza il materiale su

cui si è lavorato in seduta, con l’obiettivo di procedere a 3 esposizioni settimanali da sola.

Durante il VI incontro Valentina ha esposto nuovamente il suo racconto, cercando di prendere appunti

per essere il più possibile accurata; tale resoconto è stato audio registrato per poterne estrarre una

storia da trascrivere. Rispetto all’ultima volta in cui si era confrontata con le emozioni e sensazioni

evocate dal parlare dell’intervento, Valentina si mostra stupita per non aver avuto le precedenti

reazioni, mentre enuncia di aver pensato molto, durante la settimana, a questa seduta.

Nella fase di assessment, infatti, non era stato possibile raccogliere tutti i dati in modo così dettagliato

poiché la risposta emotiva principale della ragazza è stata il pianto ed un’attivazione ai limiti di un

Attacco di Panico. Questa volta invece, nonostante una SUD iniziale di 90, già durante il racconto

Valentina riporta di sentirsi gradualmente meno attivata e di utilizzare con questo fine le tecniche di

Page 29: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

25

respirazione funzionale che ha imparato. Sembra che la sua concentrazione ed un approccio teso a

recuperare ogni dettaglio utile nella memoria si mantenga costante durante tutta la seduta ed al suo

termine vede una valutazione di disagio pari a 30 e successivamente a 20. Oltre ad esporsi agli step

precedenti Valentina viene invitata a pensare durante la settimana se ci fossero dei dettagli che le

fossero sfuggiti, per poterli integrare con la storia che verrà trascritta per l’incontro successivo.

Il 14 Maggio la ragazza, che non ha apportato nessuna modifica al materiale fornito durante l’incontro

precedente, è stata invitata a leggere la trascrizione letterale della storia dell’intervento, così come la

psicologa lo ha trascritto dalla registrazione e dagli appunti recuperati ed anche questa volta è stata

registrata per poter avere un resoconto attendibile e lineare della durata di circa 10 minuti.

La SUD riferita prima dell’inizio della lettura del resoconto è stata pari a 60; Valentina sostiene che

affrontare direttamente il ricordo di quanto le è accaduto le creerà sempre una certa attivazione, ma

che non riconosce in essa necessariamente le connotazioni negative dell’ansia; al termine di questa

attività il disagio riferito è pari a 15.

Durante lo stesso colloquio si è passati anche allo step successivo che consisteva nell’ascolto di tale

racconto. L’idea di riascoltare la propria voce registrata le ha fatto stimare una SUD pari a 60, ma

anche questa ha subito una riduzione a 20 dopo la prima esposizione. Anche questa volta il materiale

utilizzato in seduta è stato fornito a casa e Valentina è stata invitata a riascoltare la propria voce

almeno 3 volte durante la settimana a venire.

In data 20/05/08 Valentina ha affrontato il penultimo passo, consistente nel vedere un cartoon

relativo a quanto accade durante un attacco cardiaco e ad una spiegazione più tecnica fatta da un

Cardiologo. Dopo la lettura e il successivo ascolto delle operazioni subite, la ragazza si dice molto

meno “suggestionabile” e la sua accidentale attivazione fisiologica, pur rimanendo condizionata all’idea

di stare per avere un attacco cardiaco, è stata razionalmente rielaborata; in queste settimane di

trattamento, infatti, qualora abbia avuto delle tachicardie ha subito affrontato l’avvenimento

attraverso l’utilizzo consapevole della respirazione e la razionalizzazione grazie a flashcards con la

dicitura da lei scelta: “È una paranoia”. L’idea di affrontare direttamente dei filmati relativi all’attacco

cardiaco si traduce con una SUD di 60 che scende dopo 3 riproduzioni a 10.

Mostriamo alcune immagini che ritraggono le flashcards posizionate su vari oggetti di Valentina.

Fig. 9 Flashcard posizionata nel portafogli

Page 30: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

26

Fig. 10 Flashcard posizionata sulla confezione di caramelle

La IX seduta è stata completamente dedicata a discutere di un improbabile quanto fortuito incidente

capitato a Valentina durante la mattinata di lavoro: in questo periodo la ragazza è stata colpita da

rinite allergica che, grazie a delle cure specialistiche sta guarendo ma le ha lasciato una certa

secchezza nelle cavità delle nari; sistematizziamo attraverso una tabella l’analisi funzionale

dell’accaduto e la successiva modificazione dello stesso schema grazie all’introduzione di una risposta

razionale.

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura.

Fisiologiche: palpitazioni,

iperventilazione.

Mentre era a lavoro per rimandare di qualche

minuto l’esigenza di soffiarsi il naso, Valentina ha

al contrario tirato su e subito dopo ha percepito il

sapore di sangue in bocca.

“Questo è sapore di

sangue”, “Perché ho del

sangue in bocca?” “Mi sto

agitando”. Comportamentali: Checking

della presenza di sangue nella

saliva (positivo).

Tab. 4 Analisi funzionale ricostruita dalla paziente, in relazione ad un avvenimento.

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: serenità crescente.

Fisiologiche: rallentamento del ritmo

sia respiratorio che cardiaco.

Valentina ha confermato la

presenza di sangue nella sua saliva

a seguito di un comportamento di

checking.

“Questo sangue non può venire

dalle ferite”, “Mi sono sicuramente

provocata una ferita nel naso”,

“Devo respirare e bloccare

l’iperventilazione”. Comportamentali: si siede ed esegue

una respirazione lenta.

Tab. 5 Analisi funzionale in seguito all’introduzione di una risposta razionale come nuovo antecedente.

Durante questo incontro la ragazza si dice molto soddisfatta di se stessa anche se ingenuamente

aveva ritenuto che avrebbe potuto evitare l’attivazione iniziale già da ora. Parla di questa esperienza

con entusiasmo e più volte ripete che è stata fortunata che gli sia accaduta proprio adesso che la

terapia si sta concludendo.

L’ultima seduta è stata dedicata ad affrontare l’ultimo step stabilito, consistente nel vedere una scena

tratta dal telefilm Dr. House Medical Division, che mostra una donna che, affetta da una grave

Page 31: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

27

malattia, improvvisamente inizia a vomitare sangue. Questa scenario è stato scelto perché ha dei

fortissimi richiami su quanto accaduto realmente nella vita di Valentina e, naturalmente

suggestionabile al sangue, l’idea di vedere una situazione tanto simile a quella che ha vissuto in prima

persona ben 2 volte induce una SUD pari a 85. Dopo aver respirato qualche secondo in modo più

lento si sottopone alla visione del filmato e, dopo 4 esposizioni riporta una nuova SUD pari a 30. Solo

dopo altre 3 esposizioni il livello di disagio percepito raggiunge un valore di 15. Si ritiene solo allora di

non dover proseguire oltre. Anche questo materiale viene fornito alla paziente perché vi si esponga a

casa da sola.

Nella stessa seduta decidiamo di stabilire un nuovo incontro, a distanza di circa 3 mesi, il 05/09/08,

perché si sottoponga nuovamente al test MMPI-2 e si presenti successivamente, in data 10/09/08, ad

un colloquio per verificare che cosa sia cambiato dopo questo tempo.

3.2 Follow-up e Conclusioni

Viene somministrato in data 05/09/08 il test MMPI-2 di cui riportiamo i grafici ed in base ai criteri

descritti da Butcher e Williams una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams, 1996). Per ogni

grafico è possibile osservare le linee tratteggiate relative al primo test somministrato, ed individuarne

così un immediato confronto.

Si evince come il profilo originario si manifestasse immediatamente patologico, soprattutto per

l’elevazione delle scale cliniche relative all’Ipocondria, la Depressione, la Paranoia e la Psicastenia,

andando poi ad avvalorare l’ipotesi di Disturbo Post-Traumatico da Stress con il valore della scala

supplementare PK. Il nuovo test manifesta un atteggiamento sottosogliare con alcuni tratti ancora

tendenti all’ipocondria sebbene la si possa inquadrare in termini di blanda preoccupazione per la

salute. Valentina si sarebbe inoltre sottoposta al test con più attenzione e questa si è mantenuta

elevata anche nella seconda parte, cosa che invece non era accaduta la prima volta. L’elevazione

ancora presente della scala di contenuto FRS, denoterebbe una tendenza all’ansia ed alle paure,

attuale anche adesso, per cui si ritiene utile, nel riportare tali risultati alla giovane farle notare questo

aspetto, affinché prosegua con un lavoro individuale alla continua esposizione alle fonti di paura ed

alla ristrutturazione cognitiva, coadiuvata dall’utilizzo di Flashcards.

Scale Cliniche

34

62

39

71 70 6555 52

6672

60 5662

46 4642

66

56 56 58

4548

5550 48 51

0102030405060708090

100

29/02/2008 34 62 39 71 70 65 55 52 66 72 60 56 62

05/09/2008 46 46 42 66 56 56 58 45 48 55 50 48 51

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 11 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 05/09/08

Page 32: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

28

Scale Supplementari

68

5258

41

74

6168

4438

50 52

67

50 51 54 5158

45

0102030405060708090

100

29/02/2008 68 52 58 41 74 61 68 44 38

05/09/2008 50 52 67 50 51 54 51 58 45

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 12 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 05/09/08

Scale di Contenuto

6671

57 59

7468

72

51

6056 55

60

45

54 5459

68

5147

6256 54

47

6053 53 51

43 4549

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

29/02/2008 66 71 57 59 74 68 72 51 60 56 55 60 45 54 54

05/09/2008 59 68 51 47 62 56 54 47 60 53 53 51 43 45 49

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 13 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 05/09/08

Nell’incontro di follow-up tenuto in data 24/09/08, Valentina appare serena anche se agitata a causa

dell’imminente matrimonio. Dichiara di non aver avuto Attacchi di Panico e di aver imparato a

controllare perfettamente anche il più piccolo sintomo d’ansia attraverso la respirazione, ma

soprattutto con la sostituzione dei pensieri catastrofici in funzionali ed adeguati alla situazione.

Per quanto riguarda l’evento traumatico, rappresentato dalla tonsillectomia, riferisce di continuare a

rileggere la propria storia ogni tanto e di giudicare se stessa, qualora abbia qualche emozione più

difficile da gestire, senza voler forzare esageratamente i propri limiti personali.

Page 33: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

29

Disturbo dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificato: una distinta realtà

diagnostica

1. Definizioni e Quadro clinico

I Disturbi dell’Alimentazione sono caratterizzati dalla presenza di grossolane alterazioni del

comportamento alimentare. Questa sezione di disturbi comprende due categorie specifiche, l’Anoressia

Nervosa e la Bulimia Nervosa; caratteristico della prima è il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di

sopra di quello minimo normale, mentre la seconda è contraddistinta da ricorrenti episodi di

“abbuffate” seguiti dall’adozione di mezzi inappropriati per controllare il peso, come: il vomito

autoindotto; l’uso di lassativi, diuretici, o altri farmaci; il digiuno; ed infine l’attività fisica praticata in

maniera eccessiva. Comune ad entrambi i disturbi, è invece la presenza di un’alterata percezione del

peso e della propria immagine corporea. I Disturbi dell’Alimentazione che non soddisfano pienamente

tali criteri vengono classificati come Disturbi dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificati (Disturbi

dell’Alimentazione NAS) o EDNOS, dall’acronimo inglese (Eating Disorder Not Otherwise Specified)

(Bruch, 1977). La semplice obesità, inclusa nella Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD) tra

le condizioni mediche generali, non compare nella classificazione del DSM-IV, poiché non ne è stata

accertata l’associazione costante con alcuna sindrome psicologica o comportamentale. Tuttavia,

quando vi sono prove che qualche fattore psicologico abbia un ruolo nell’eziologia o nel decorso di un

caso particolare di obesità, questo può essere indicato registrando i Fattori Psicologici che Influenzano

le Condizioni Mediche. I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione che vengono diagnosticati per la

prima volta nell’infanzia o nella prima fanciullezza (ad esempio Pica, Disturbo di Ruminazione, Disturbi

della Nutrizione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza) fanno parte della sezione Disturbi della

Nutrizione e dell’Alimentazione dell’Infanzia o della Prima Fanciullezza (APA, 1994).

Dopo il 1994, anno di pubblicazione del DSM-IV, l’Anoressia Nervosa e la Bulimia Nervosa hanno

ricevuto moltissima attenzione dai ricercatori ed oggi sono disponibili numerosi studi che ne hanno

indagato la prevalenza, l’eziologia, le caratteristiche cliniche, il decorso e la risposta al trattamento.

Purtroppo questo non si può dire per gli EDNOS che, sebbene siano presenti in più della metà dei

pazienti affetti da Disturbi dell’Alimentazione, sono stati praticamente ignorati dalla ricerca. Di questo

gruppo di disturbi abbiamo pochissime informazioni circa la prevalenza nella collettività e non

sappiamo quasi nulla riguardo l’eziologia, il decorso e le risposte al trattamento (Ricca et al., 2001). Recentemente Fairburn e Bhon hanno suggerito che la scarsa attenzione dedicata agli EDNOS sia

imputabile principalmente all’attuale sistema classificativo e ne hanno dunque proposto delle possibili

alternative (Fairburn e Bhon, 2005); si ritiene utile in questa sede rivedere semplicemente lo stato

attuale delle conoscenze su tali disturbi atipici, senza addentrarci nella teorizzazione di un eventuale

progetto classificativo più complesso.

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30

1.1 Definizione attuale di EDNOS

Il DSM ha introdotto le categorie di “disturbi atipici” (nel DSM-III) e “Non Altrimenti Specificati” o NAS

(DSM-III-R e DSM-IV) con l’obiettivo di “indicare una categoria di disturbi residua all’interno di una

classe superiore di essi” (APA, 1994; APA, 2001); secondo questa classificazione l’EDNOS è un

esempio di NAS nella categoria dei Disturbi dell’Alimentazione.

Per la diagnosi all’interno della categoria, sarebbe dunque necessario: 1) determinare la presenza di

un Disturbo dell’Alimentazione di severità clinica e, 2) evidenziare il non soddisfacimento dei criteri

diagnostici dell’Anoressia Nervosa o della Bulimia Nervosa.

La figura 1 rappresenta graficamente la relazione tra Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa ed EDNOS.

È da sottolineare che tra i due cerchi interni (quello più piccolo rappresenta l’Anoressia Nervosa, quello

più grande la Bulimia Nervosa) esiste uno spazio di sovrapposizione in cui i pazienti soddisfano i criteri

di entrambi i disturbi; in questo caso il DSM-IV sostiene che vada assegnata la diagnosi di Anoressia

Nervosa. Il cerchio più grosso rappresenta infine gli EDNOS, i cui bordi demarcano i confini dei disturbi

dall’alimentazione ed al di fuori dei quali non esiste il “caso clinico” in tale ambito psicodiagnostico.

Fig. 1 Rappresentazione schematica della relazione tra Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e EDNOS. La classificazione DSM, che ha considerato gli EDNOS come categoria residuale dei Disturbi

dell’Alimentazione, ha avuto l’effetto di spingere inevitabilmente i ricercatori a studiare l’Anoressia

Nervosa e la Bulimia Nervosa ed a dimenticare quasi del tutto l’ampia categoria di pazienti che non

rientrano in una di queste due classificazioni.

L’esperienza clinica degli esperti ha però verificato negli anni che i diversi tipi di EDNOS sono spesso

severi e di lunga durata ed in genere ricalcano l’Anoressia Nervosa, la Bulimia Nervosa, od un quadro

clinico misto tra i due disturbi principali ed in molti casi è presente una storia di uno di questi due

disturbi in passato. Alcuni tipi di EDNOS sono poi virtualmente identici ai due Disturbi

dell’Alimentazione maggiori, ma non soddisfano con precisione i criteri diagnostici richiesti.

Fairburn e Bhon, come precedentemente accennato, suggeriscono che sia utile distinguere due

sottogruppi principali di EDNOS, non comunque delimitati fra loro da un confine netto; nel primo

rientrano le persone che ricalcano le caratteristiche dell’Anoressia Nervosa e della Bulimia Nervosa ma

Non “caso”Disturbo Alimentare “caso”Non “caso”

Bulimia Nervosa

Anoressia Nervosa

EDNOS

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che non soddisfano la soglia diagnostica (EDNOS “sottosoglia”); nel secondo rientrano le persone che

non soddisfano uno o più criteri diagnostici per i due disturbi. Questi ultimi casi possono essere

chiamati “misti”, perché combinano caratteristiche di entrambi i Disturbi dell’Alimentazione.

Una terza categoria che si sta distinguendo negli ultimi anni all’interno degli EDNOS è il Disturbo da

Alimentazione Incontrollata o DAI; i pazienti che soffrono di questa condizione si abbuffano, ma non

usano in modo regolare comportamenti di compenso; inoltre, non seguono una dieta e tendono a

mangiare in eccesso anche al di fuori delle abbuffate, ciò spiega perché nella maggior parte dei casi

sia presente una condizione di sovrappeso o di obesità. Per la diagnosi di DAI, Fairburn ed Harrison

propongono che sia però essenziale che durante le abbuffate, le persone ritengano di non potersi

fermare o che comunque percepiscano la sensazione di non controllarsi (Fairburn e Harrison, 2003).

In questa sede si ritiene utile descrivere alcune delle caratteristiche fondamentali del DAI, oltre che

degli altri Disturbi dell’Alimentazione di base; tale quadro psicopatologico è contraddistinto da una

costante e continua richiesta psichica di cibo (alimentazione per sedare il nervosismo od il "senso di

vuoto"), accompagnata da sensi di colpa e d’inadeguatezza interiore e sociale.

Il quadro diagnostico presenta inoltre:

- Aumento, almeno del 20%, del peso originale (peso standard).

- Episodi ricorrenti di eccessi alimentari o abbuffate.

- Alimentazione selettiva.

- Tentativi ripetuti ed infruttuosi di perdere peso tramite diete severe e restrittive (sindrome yo-yo).

- Tendenza a mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati.

2. Incidenza dei Disturbi dell’Alimentazione

I Disturbi Alimentari rappresentano nei paesi occidentali industrializzati una vera e propria emergenza

sanitaria (Tridenti e Bocchia, 1994). Nonostante esista ancora oggi in Italia una forte resistenza

culturale ad applicare modelli terapeutici di approccio integrato, medico-nutrizionale e

psicoterapeutico, non può essere più a lungo ignorata l’esperienza trentennale internazionale che

documenta come opportune strategie di prevenzione e di cura siano in grado di ridurre il pesante

impatto che tali sindromi hanno sulla salute delle persone e sulla spesa sanitaria (Strassberg et al.,

1995; Safer et al., 2001; Wiseman et al., 2002).

Affrontando un disturbo dall’eziologia multipla, con aspetti non solo psicologici ma anche organici

rilevanti ai fini di un'adeguata riabilitazione, è stato ritenuto utile negli anni iniziare ad analizzare

anche ambiti apparentemente lontani dalla psicologia; infatti, uno psicoterapeuta che desideri lavorare

all'interno dei Disturbi dell’Alimentazione necessita di un sapere specialistico che non fa parte del

proprio bagaglio di base, ma che è trasversale e multidisciplinare (Dalle Grave, 2003).

Una recente review sulla prevalenza ed incidenza dei Disturbi dell’Alimentazione (Hoek e Van Hoeken,

2003) ha documentato una prevalenza dello 0.3% per l'Anoressia Nervosa e rispettivamente dell'1% e

dello 0.1% nelle donne e negli uomini affetti da Bulimia. La prevalenza stimata del disturbo da

alimentazione incontrollata (DAI) è invece pari ad almeno l’1%.

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L’incidenza è di 8 casi per 100.000 soggetti in un anno per l’Anoressia Nervosa, con un aumento a

partire dagli anni ‘70 e di 12 casi per 100.000 per la Bulimia Nervosa.

L’aumento dell'incidenza dei Disturbi dell’Alimentazione negli anni è confermata da numerosi studi

epidemiologici, anche se è difficile il confronto tra gli stessi, per ragioni metodologiche e di differenze

di calcolo. L’età di esordio cade fra i 10 ed i 30 anni, con un'età media di insorgenza di 17 anni. I

Disturbi dell’Alimentazione che insorgono prima della pubertà e prima del menarca, sono più

frequentemente associati a psicopatologie ed hanno una prognosi psichiatrica più sfavorevole (Turner

e Bryant-Wough, 2004). Sono in aumento i casi di esordio in età più tardiva e le forme croniche di

soggetti con un’età superiore ai 40 anni.

I Disturbi dell’Alimentazione sono una patologia prevalentemente femminile: F : M = 9 : 1. Anche nei

maschi tuttavia, l’incidenza e la prevalenza sembrano essere in aumento sebbene non in maniera

marcata come per il sesso femminile; questa inclinazione potrebbe essere comunque solo apparente e

dovuta al fatto che oggi più uomini affetti da tali patologie chiedono di essere aiutati o vengono, per

una migliore informazione, diagnosticati.

È stata segnalata una rapida sequenza di cambiamenti negli anni, nella frequenza delle varie forme di

Disturbi dell’Alimentazione: alle forme restrittive di Anoressia Nervosa, che hanno caratterizzato gli

anni '60, si sono succedute negli anni '70 le forme di Bulimia Nervosa e, più recentemente, il DAI e le

forme multimpulsive di Bulimia Nervosa (Connors e Johnson, 1987). Per comprendere questo

fenomeno è importante ricordare che i Disturbi dell’Alimentazione sono considerati una sindrome

culture-bound (Gordon, 1990), come dimostra la loro assenza nei paesi più poveri dell'Asia, dell'Africa

e dell'America Latina e la rapida comparsa tra gli immigrati di nazioni più povere (ad esempio i paesi

dell'Est europeo) in quelle più ricche, a causa del rapido processo di occidentalizzazione (Nasser,

1997; Vandereycken e Noordenbos, 1998).

Per quanto riguarda gli EDNOS, non sono disponibili sufficienti dati per poter far luce sulla reale

distribuzione di tali disturbi. Come già accennato, questo è in parte dovuto al fatto che la maggior

parte degli studi ha esaminato la prevalenza dell’Anoressia Nervosa e della Bulimia Nervosa, ma in

realtà, non abbiamo ancora a disposizione una semplice definizione di EDNOS, affinché sia possibile

stimarne l’impatto (Turner e Bryant-Wough, 2004).

Uno studio eseguito a Lecce ha evidenziato una prevalenza di EDNOS del 4% negli studenti di 14-18

anni (Dalle Grave et al., 1997), mentre la preponderanza di questa categoria diagnostica sulla

popolazione di Padova è risultata del 3,4% (in confronto allo 0,3% dell’Anoressia Nervosa e all’1,8%

della Bulimia Nervosa), (Favaro et al., 2003).

Alcuni resoconti indicano che circa il 60% dei pazienti affetti da Disturbi dell’Alimentazione che si

rivolgono ad un centro specializzato in Italia, per la cura dei Disturbi dell’Alimentazione, soddisfano la

diagnosi di EDNOS. Questa elevata percentuale di soggetti clinici, sottolinea che l’attuale sistema

classificativo è del tutto inadeguato perché definisce come residui la percentuale maggiore di

incidenza. Per quanto riguarda il decorso di questi disturbi è anch’esso poco conosciuto. Uno studio

longitudinale di tre anni ha però evidenziato che il Disturbo dell’Alimentazione persiste nella maggior

parte dei casi e che nella metà di essi va ad evolversi in Anoressia Nervosa o Bulimia Nervosa (Herzog,

et al., 1993).

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3. Modelli teorici di riferimento

3.1 Concettualizzazione Cognitivo-Comportamentale

Le varie scuole di pensiero che si sono interrogate sulle cause dei disturbi alimentari hanno

evidenziato fattori diversi, enfatizzando di volta in volta ipotesi strettamente organiche (danno

dell’ipofisi, lesione del centro della fame, malattia genetica) o più specificatamente psicologiche

(caratteristiche di personalità, struttura della famiglia).

Oggi la comunità scientifica, soprattutto nell’ottica cognitivo-comportamentale, tende a proporre per i

disturbi del comportamento alimentare modelli multifattoriali che si rifanno ad un’ottica bio-psico-

sociale ed è concorde nell’affermare che non esiste una causa unica ma una concomitanza di fattori

che possono variamente e diversamente interagire tra loro nel favorirne la comparsa ed il perpetuarsi.

Ne consegue quindi che lo strumento d’elezione per la concettualizzazione di un disturbo alimentare

rimane l’analisi funzionale dei fattori predisponenti, precipitanti, perpetuanti e protettivi; proprio per

questo motivo nell’assessment e nel trattamento è possibile osservare che alcuni autori privilegiano

tecniche basate sul controllo diretto dell’alimentazione, altri lavorano sull’eliminazione dei fattori di

mantenimento, altri ancora sulla relazione terapeutica. Sulla base poi delle specifiche caratteristiche

del paziente affetto da un EDNOS, vengono utilizzate tecniche e training multifunzionali (Macchi et al.,

1992). Come appena accennato, per avere un’idea corretta circa la dinamica di sviluppo dei Disturbi

dell’Alimentazione bisogna tenere presente una lunga serie di fattori ed eventi, alcuni dei quali giocano

un ruolo importante rispetto ad una vulnerabilità biologica e psicologica al disturbo (fattori

predisponenti), altri nel passaggio dalla sensibilità al disturbo vero e proprio (fattori scatenanti) ed altri

infine nella formazione di un circolo vizioso che, una volta sviluppatasi, manterrebbe la malattia

(fattori perpetuanti).

Fig. 2 La natura multifattoriale dei disturbi del comportamento alimentare

3.1.1 Fattori predisponenti

Questi elementi concorrono a predisporre un terreno sul quale può innestarsi il disturbo del

comportamento alimentare. Sono quindi proprietà personali o di background preesistenti ad uno stato

eventualmente morboso e si distinguono in:

Socio-culturali

Familiari

Individuali

Fattori Predisponenti

Difficoltà psicologiche ed ambientali

Dieta restrittiva

Fattori Scatenanti

Vulnerabilità

Rinforzo positivo

dell’ambiente

Sintomi da digiuno

Disturbi

Fattori di Mantenimento

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Caratteristiche individuali: possono essere sia di natura biologica che psicologica. Si

distinguono nel primo gruppo: il sesso femminile; la familiarità per il sovrappeso, l’obesità, alcuni

disturbi psichiatrici; una storia personale di diete od oscillazioni ponderali; alcune patologie croniche e

disturbi gastrointestinali. Nelle caratteristiche individuali più legate alla sfera psicologica è possibile

invece riscontrare una bassa autostima, perfezionismo patologico, anassertività, tendenza al pensiero

dicotomico, impulsività ed alcuni tratti di personalità (Salvemini et al., 2000). In generale gli

adolescenti sono più vulnerabili ed anche i più colpiti, dato il periodo estremamente delicato di

passaggio fra la dipendenza dell’infanzia e l’autonomia della fase adulta. Il disturbo alimentare può

nascere dall’incapacità di far fronte a questi cambiamenti, alla paura della maturità ed a tutte le

richieste e responsabilità che comporta.

Tra i fattori di tipo psicologico sembra inoltre rilevante l’idealizzazione della magrezza, peraltro

rinforzata dai messaggi veicolati quotidianamente dai mass-media. Viene costruita un’immagine di sé

strettamente legata a tratti fisici che vedono e pongono la magrezza come segno di valore e di

bellezza (magro è bene; grasso è male). Tutto ruota intorno al corpo come fonte di autonomia, di

controllo e di sicurezza. Le donne, in particolare le ragazze più giovani, sono più esposte degli uomini

a questo aspetto per motivi legati all’educazione ed al contesto socioculturale; risultano molto sensibili

al giudizio degli altri proprio perché il valore personale è maggiormente legato all’immagine esteriore;

fin da tempi immemori, le donne vengono educate ad essere guardate, per poter essere ammirate e

selezionate fra le altre e, avere un corpo che rispetti i canoni estetici imperanti, diviene una sorta di

necessità per le relazioni sociali (Gordon, 1990).

Caratteristiche familiari: il ruolo della famiglia nell’insorgenza di un disturbo alimentare è stato

spesso accentuato anche a sproposito (Gatti, 1989). Le varie teorie che si sono occupate di questo

aspetto hanno spesso fatto riferimento ad un rapporto disturbato tra madre e figlia o ad una

particolare configurazione della dinamica familiare, che presenterebbe una madre dominante

iperprotettiva ed intrusiva ed un padre assente. In realtà è impossibile sapere se un particolare clima

familiare sia causa piuttosto che conseguenza del disturbo; piuttosto sarebbe anomalo che di fronte

ad una figlia che deperisce giorno dopo giorno, un genitore non diventi iperprotettivo e che questo

non provochi un grande aumento della tensione familiare (Haley, 1983).

Una considerazione a parte va spesa per quelle famiglie in cui esiste una particolare attenzione ai temi

dell’aspetto fisico e dell’alimentazione. È probabile che un clima familiare in cui questi elementi

vengono enfatizzati possa portare alla costruzione di un’immagine di sé polarizzata sull’aspetto

esteriore. Tuttavia, anche in questo caso, non esistono prove che i Disturbi del Comportamento

Alimentare si manifestino più frequentemente in contesti di questo tipo.

Studi significativi hanno evidenziato che un’elevata insoddisfazione corporea nei genitori favorisce un

simile atteggiamento, in particolare nelle figlie femmine. Anche se, analogamente, atteggiamenti

ossessivi ed ipercritici sembrano essere più frequentemente presenti nelle famiglie delle ragazze

anoressiche, di per sé questo non implica che tali fattori siano causa diretta del disturbo alimentare.

Caratteristiche socio-culturali: l’Anoressia e la Bulimia Nervosa sono diffuse principalmente nei

paesi industrializzati ed in quelli in via di sviluppo. Come già preannunciato relativamente ai fattori

individuali, l’ideale della magrezza è esaltato da tutti i mezzi di comunicazione: l’aumento dei casi di

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Anoressia e Bulimia negli ultimi anni va di pari passo con la diffusione di articoli relativi alle diete e di

prodotti per dimagrire. L’immagine attuale di donna di successo non è legata tanto al possesso di

particolari capacità, quanto piuttosto a modelli irreali di donne attraenti e, soprattutto, molto magre

(Walitza et al., 2001). Nella nostra società la donna magra rappresenta l’ideale di donna potente,

ricca, di successo, sessualmente attraente e vincente. Il culto del valore estetico è tale che solo ciò

che è bello può anche essere buono e tende a porre la bellezza come presupposto implicito delle

qualità della persona. A tutto ciò si aggiunge il fatto che, disturbi quali l’Anoressia e la Bulimia

vengono facilmente mitizzati: spesso i rotocalchi li presentano come malattie delle giovani donne di

classe sociale elevata, belle, intelligenti ed attraenti. È indubbio che per molte ragazze alla ricerca

della propria identità, la capacità di controllo sul proprio corpo e la possibilità di attrarre l’attenzione su

di sé possano rappresentare, in una prima fase, un elemento di fascino.

3.1.2 Fattori scatenanti

In presenza di una vulnerabilità fisica e psicologica, questi elementi determinano l’insorgenza del

disturbo nel comportamento alimentare. A volte l’inizio del calo di peso non si associa a situazioni di

insoddisfazione corporea ma a cambiamenti fisiologici, talvolta impetuosi, derivati per esempio dal

normale sviluppo puberale in adolescenza; da un distacco dalla famiglia; dall’occasione di un viaggio

senza i genitori; dall’inizio o la conclusione di una relazione affettiva; dal cambio di residenza e/o di

scuola o di lavoro con conseguente perdita degli amici; ed infine dal verificarsi di molestie fisiche o

psicologiche. Altre volte si tratta di situazioni legate a momenti difficili e negativi della vita come la

morte di un congiunto, di un amico, una malattia, od una crisi familiare. Sono in ogni caso eventi che

tendono ad accrescere le difficoltà che una persona, più o meno giovane incontra sul piano delle

capacità di relazione e della propria autonomia ed autostima.

3.1.3 Fattori di mantenimento

Per fattori di mantenimento della malattia intendiamo tutti quegli eventi che contribuiscono a

rinforzare e perpetuare la condizione patologica, una volta innestata. È molto importante tenere in

debita considerazione questi aspetti poiché, alcuni tipi di terapia o, in ogni caso, in alcuni momenti di

essa, l’intervento si incentra proprio nella loro riduzione; qualora sia infatti impossibile reperire una

causa precisa da rimuovere, l’intervento più efficace, secondo molti autori, è rappresentato dalla

modifica di quegli elementi che tengono in vita il disturbo (Mazzali et al., 1989).

Inizialmente sono importanti gli aspetti legati alle assunzioni di carattere cognitivo: le idee sul peso e

sulle forme corporee spingono la persona a formulare un unico pensiero “è assolutamente

fondamentale essere magri!” ed a questo, seguono tutte quelle azioni che possono portare al

raggiungimento di tale obiettivo. L’intervento, in questo caso, deve mirare a mettere in discussione

principalmente i presupposti “disfunzionali” che spesso vengono rinforzati dall’esterno: non è raro

trovare qualcuno che si complimenti con una ragazza normopeso che si mette a dieta (Crisp, 1980).

Con il tempo tuttavia il rinforzo esterno tende a diminuire ed il fattore di mantenimento più importante

diventa la sintomatologia determinata dal digiuno. Le conoscenze a questo proposito derivano da un

filone di studi noto ormai dal 1950, iniziato presso l’Università del Minnesota (Keys et al., 1950). Le

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persone che si sottopongono ad un’alimentazione ridotta, dopo una prima fase caratterizzata da

euforia ed iperattività, sviluppano una complessa serie di sintomi e segni che coinvolgono aspetti

organici, comportamentali e psichici, costituendo quella che viene definita la “sindrome da digiuno”:

- Sul piano fisico compaiono disturbi legati al ritmo del sonno; astenia; iperacusia ai rumori ed

alla luce; secchezza della cute; perdita di capelli; lanugo; disturbi gastrointestinali che a loro volta

possono essere così importanti che spesso dolori, spasmi, gonfiori e sensazioni di difficoltà digestive

sono segnalati come motivo del rifiuto del cibo; ipotermia; edema; parestesie; ridotto metabolismo

basale; amenorrea; e ridotto interesse sessuale.

- Sul piano psicologico si riscontra un’attenzione completamente polarizzata sul cibo, che porta

il soggetto ad imperniare tutta la sua quotidianità sull’alimentazione, talvolta con comportamenti

bizzarri, ritualistici e spesso caratteristici in particolare dell’Anoressia restrittiva.

- Si assiste spesso a modificazioni importanti sul piano emotivo, emergono stati depressivi,

ansiosi e di irritabilità; talvolta si possono riscontrare manifestazioni psichiatriche anche di maggiore

gravità. Spesso risulta evidente una tendenza all’isolamento sociale, amplificata dalle oggettive

difficoltà incontrate nel frequentare altre persone.

L’insorgenza della sintomatologia psichiatrica (ansia, depressione, irritabilità) e la tendenza a chiudersi

in sé pongono le persone affette da un Disturbo Alimentare, in una condizione in cui ogni relazione è

difficile ed anche l’accettazione di un aiuto esterno è problematica. Il controllo del cibo è, infatti, un

potente strumento per domare anche l’ansia ed ogni tentativo di ridurre questo controllo può

scatenare una crisi; è allora giocoforza riprendere quel controllo che riesce a dare un sollievo, per

breve che sia, (Martin, et al., 2000).

È importante sapere che i sintomi descritti sono legati in modo diretto e contingente alla condizione di

malnutrizione; essi sono quindi reversibili e, dal punto di vista del trattamento, l’intervento più efficace

per ridurre i sintomi da digiuno è rappresentato dalla riabilitazione psiconutrizionale che mira a far

recuperare abilità perdute e condizioni fisiche generali accettabili.

Dallo studio del semidigiuno di Keys e colleghi è emerso, come sia la restrizione alimentare a condurre

direttamente al comportamento di abbuffata; in questi casi, che sia presente o meno una storia di

Bulimia Nervosa, le persone che utilizzano tale condotta, con o senza eliminazione, sviluppano nel

tempo un’incapacità a distinguere i diversi stimoli biologici di fame e sazietà ed a percepire e gestire

correttamente ansia, rabbia, solitudine e tristezza. Il comportamento alimentare bulimico: la crisi di

abbuffata e/o la condotta di vomito, diviene spesso un diversivo, un riempitivo ed uno sfogo che può

apparire più gestibile della crisi di ansia e di depressione.

Per quanto possa sembrare paradossale le conseguenze di questi disturbi possono essere percepite

come vantaggi: nell’Anoressia ad esempio, il perdere peso dà un senso di gratificazione, di

autocontrollo, di capacità di gestire la situazione, nonché la possibilità di attirare l’attenzione su di sé,

di essere presenti agli occhi degli altri attraverso la scomparsa del proprio corpo; per tutti questi

motivi si dice che l’Anoressia è “egosintonica”, in quanto pone la persona in sintonia con lo stesso

disturbo.

Anche nel caso della Bulimia Nervosa l’ingerire grandi quantità di cibo è un modo per sedare i

momenti di ansia e di tensione, mentre i comportamenti eliminativi conseguenti, come il vomito o l’uso

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di lassativi, permettono di agire un certo controllo sulla situazione e sul peso corporeo. Le

conseguenze sono rappresentate dai sensi di colpa e di svalorizzazione personale che possono

vanificare la spinta al superamento del problema ed in queste situazioni appare utile una revisione

della motivazione al trattamento; in tal senso il comportamento bulimico è “egodistonico” e viene

vissuto come negativo e sgradevole a differenza di quanto avviene nell’Anoressia (Stunkard e Stellard,

1984). È necessario sottolineare che nella Bulimia Nervosa ciò che viene temuto di più è il fatto di aver

ingerito troppo cibo ed ogni rimedio possibile apparirà utile e necessario ad evitare il pericolo di

ingrassare. Egodistonica, pertanto, appare l’abbuffata e non il vomito che è invece “protettivo”. La

conseguenza dell’egosintonia dell’Anoressia e della egodistonia della Bulimia starebbe soprattutto nel

fatto che nel primo caso vi è un rifiuto delle cure e nel secondo una più frequente richiesta di aiuto. La

persona con diagnosi di Bulimia Nervosa vorrebbe saper evitare le abbuffate, per assumere un

comportamento alimentare restrittivo e controllato, mirato al conseguimento di quel peso corporeo

tanto desiderato, ma, poiché spesso è troppo basso o necessita di un rimedio repentino, incorre in una

restrizione alimentare andando a determinare la nuova abbuffata con i conseguenti pensieri di

svalutazione e l’eventuale compenso del vomito autoindotto (Garner, 1997).

Il momento in cui si cede alla tentazione del cibo diventa un modo per lasciarsi andare, per allentare

la tensione, per concedersi “l’oggetto proibito”, per allontanare ogni pensiero negativo. La persona si

trova quindi ad oscillare nella propria dualità, in cui la parte controllante e la parte cedevole,

inconciliabili tra loro, imparano a convivere. La conseguenza di ciò è che spesso l’abbuffata viene

accuratamente programmata, garantendosi una fornitura adeguata di cibo ed eliminando ogni

elemento di disturbo (Wardle e Beinart, 1981).

Infine, un fattore di mantenimento importante può essere rappresentato dalla dinamica familiare:

l’insorgenza del problema può indurre comportamenti che, anche se perfettamente comprensibili,

tendono purtroppo a perpetuare il disturbo. L’emergere di un atteggiamento iperprotettivo ha l’effetto

di ridurre l’autonomia del soggetto. Si viene quindi a creare una situazione di regressione dell’intero

nucleo familiare ad una fase in cui i genitori si dovevano occupare completamente dell’alimentazione

dei figli e questo, talvolta, capita anche all’interno di nuclei familiari composti da soli adulti. Se

consideriamo che il motore dei disturbi del comportamento alimentare è spesso rappresentato dalla

paura di crescere e di autonomizzarsi, diventa evidente come questa situazione può essere

maggiormente coerente con il mantenimento della malattia piuttosto che con il suo superamento.

Un intervento di supporto ai familiari può rivelarsi estremamente utile; negli anni si sono sviluppati ed

hanno trovato un buon riscontro sul piano dell’efficacia i gruppi di auto mutuo aiuto di genitori di

giovani affetti da disturbi alimentari, i quali, anche se possono prevedere l’intervento di professionisti

per alcuni incontri tematici, sono più spesso autogestiti.

4. Modalità di Assessment

4.1 Colloquio clinico e Relazione Terapeutica

L’approccio psicologico nei disturbi del comportamento alimentare, favorisce sicuramente dei

comportamenti adattivi, migliora le modalità relazionali, contribuisce alla trasformazione dei vissuti

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emozionali e dei processi di pensiero, ma questi, sono percorsi fondamentali per una futura azione

terapeutica ad ampio spettro, comune anche ad altri tipi di disturbi o disagi di tipo psicologico.

I lavori di Blundell, Fairburn e Garner hanno sostanzialmente determinato nella comunità scientifica e

negli operatori di base, la convinzione dell’importanza di accostarsi ai disturbi alimentari con un

approccio mulidimensionale, sia per quanto concerne l’individuazione e la specificazione di fattori di

rischio, siano essi genetici, organici, culturali, psichiatrici, psicologici e familiari, che per l’analisi di

fattori precipitanti e perpetuanti la patologia alimentare, come eventi stressanti, esperienze iatrogene,

alcune caratteristiche di personalità, schemi personali e modelli cognitivi di base (Blundell, 1984;

Fairburn, 1996; Garner, 1997).

Questa più precisa modalità di inquadramento della complessità teorica che caratterizza l’approccio a

questo tipo di disturbi, ha permesso di lavorare in modo più preciso e mirato, sia a livello di diagnosi

che di trattamento, orientando principalmente ad interventi integrati ma diversificati: terapia

cognitivo-comportamentale individuale, psicoeducazione, trattamento medico e partecipazione a

gruppi di auto-aiuto per i familiari.

Nella fase di assessment, attraverso l’uso del colloquio clinico è fondamentale andare ad individuare i

fattori di rischio presenti nell’individuo ed identificare quelli che invece possono essersi caratterizzati

come precipitanti; mentre, nella fase di trattamento, è fondamentale isolare quelli che attualmente lo

mantengono, riferendoci alla concettualizzazione cognitivo-comportamentale illustrata nel paragrafo

3.1 a pagina 33. Inoltre, può essere utile, ancora in virtù del successivo trattamento, verificare

l’eventuale presenza di fattori protettivi che, sono venuti a mancare o che non sono mai stati

sviluppati, per poterli re-insediare.

Le aree fisiche e psichiche da rilevare nel momento diagnostico possono essere identificate in:

1. Sintomatologia del disturbo alimentare;

2. Storia del peso e sue fluttuazioni;

3. Presenza e grado di compromissione di disturbi della personalità, d’ansia, depressivi, di abuso di

sostanze;

4. Disturbi ed alterazioni dell’immagine corporea, intesi come disturbi percettivi, cognitivi, affettivi

o comportamentali;

5. Eccessivo valore dato all’aspetto fisico per determinare il valore di Sé;

6. Perfezionismo e pensiero dicotomico;

7. Ruminazione cognitiva, disturbi dell’identità e difficoltà relazionali;

8. Eccesso di preoccupazione per il peso e le forme corporee.

L’obiettivo dell’assessment è quello di andare ad individuare sintomi come le abbuffate, i

comportamenti estremi per il controllo del peso, i comportamenti stereotipati verso il cibo e le funzioni

del corpo che definiscono le principali caratteristiche del disturbo: egosintonico nell’anoressia ed

egodistonico nella bulimia; inoltre in questa fase è possibile individuare la psicopatologia e le

dinamiche psicologiche che possiedono una particolare valenza clinica nelle loro interconnessioni e nel

loro valore eziologico.

Durante la fase diagnostica molti autori hanno rilevato l’importanza di effettuare un lavoro sulla

motivazione; questo, assieme al riconoscimento della specificità dei principali disturbi del

Page 43: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

39

comportamento alimentare secondo il DSM-IV-TR, costituiscono i primi fattori funzionali per

l’indicazioni al trattamento (Stunkard, 1993).

4.2 Test psicologici

Fairburn e Bhon affermano che oggi abbiamo già gli strumenti per arrivare ad una buona definizione

di Disturbo del comportamento Alimentare: il colloquio clinico e l'EDI-2, che è un test per

l'autovalutazione di sintomi comunemente associati ai Disturbi dell’Alimentazione; nei setting clinici,

questo strumento fornisce informazioni sul trattamento da adottare e sul procedere della valutazione.

Tenendo conto dell’eterogeneità nella psicopatologia associata ai Disturbi dell’Alimentazione, i profili

individuali possono essere comparati con i dati normativi di pazienti con disturbi e con gruppi di

controllo. Somministrato in più periodi successivi, l'EDI-2 fornisce preziose informazioni sullo stato

clinico e sul grado di risposta al trattamento (Garner, 1995). Nei setting non clinici permette

d'identificare i soggetti con problemi alimentari mascherati e quelli a rischio.

Per un esame ad ampio spettro è inoltre possibile somministrare il test MMPI-2 (Butcher e Williams,

1996). Secondo ricerche sulla validità di questo test (Salvemini et al., 2000; Cumella et al., 2000;

Pryor e Wiederman, 1996) l’elevazione delle scale Hs e Pd, sarebbe indice di probabile disturbo

alimentare, in particolare: Bulimia, con elevazione contemporanea della scala D; Anoressia quando la

scala Hs risulta molto alta, mentre quella della Depressione assumerebbe valori normativi.

5. Modalità di trattamento

5.1 Intervento psicoeducativo

L’intervento psicoeducativo si basa sui seguenti principi: la responsabilità del cambiamento è del

paziente ed il paziente è partner responsabile e razionale all’interno di una relazione terapeutica; lo

stile è tipicamente collaborativo e socratico.

Nel corso dell’intervento vengono fornite specifiche informazioni in aree particolarmente importanti del

processo di cambiamento (contenuto educativo) e si incoraggia ad affrontarlo grazie alle informazioni

ricevute anche dopo la fine del programma (contenuto psicoterapeutico).

L’intervento può essere più o meno strutturato, ma si ritiene comunque utile dedicare una parte anche

all’interno di una psicoterapia transdiagnostica individuale (Polivy e Herman, 1987). In genere gli

elementi che vengono presi in considerazione durante il trattamento sono:

Il peso naturale ed i meccanismi di controllo del peso corporeo, malattie correlate all’eccesso di

peso, cenni sui disturbi alimentari e sulla sindrome metabolica -a cura del medico e del dietista;

Informazioni nutrizionali e skills training (centrato sulle aree che verranno poi riprese nella terapia:

automonitoraggio, alimentazione, attività fisica e stile di vita) -a cura del dietista e dello psicologo;

Controllo degli stimoli, identificazione delle situazioni a rischio ed attività alternative, problem-

solving -a cura del dietista e dello psicologo;

Immagine corporea, emozioni e cibo, assertività -a cura dello psicologo.

Page 44: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

40

5.2 Psicoterapia individuale: approccio cognitivo-comportamentale

La teoria e la terapia cognitivo-comportamentale dei Disturbi dell’Alimentazione sono state descritte

agli inizi degli anni ottanta da Fairburn per la Bulimia Nervosa e da Bemis (oggi Vitousek) per

l’Anoressia Nervosa. Fairburn ha elaborato una teoria “focalizzata” esclusivamente sui processi che

mantengono i sintomi della Bulimia Nervosa (Fairburn, 1996), mentre Garner e Vitousek hanno

sviluppato una teoria “allargata” che include, oltre ai fattori di mantenimento, anche quelli di rischio e

precipitanti per l’Anoressia Nervosa (Garner e Bemis, 1985).

Per quanto riguarda la terapia proposta da Fairburn, nonostante oggi sia considerata il trattamento di

prima scelta per la cura della Bulimia Nervosa (non ci sono terapie che hanno dimostrato di essere più

efficaci) ha tre difetti principali:

1) Ha un’efficacia limitata (solo il 50% dei pazienti raggiunge una remissione prolungata);

2) È applicabile solo alla Bulimia Nervosa e non agli altri Disturbi dell’Alimentazione;

3) Non prende in considerazione la presenza di meccanismi psicopatologici aggiuntivi, presenti in un

sottogruppo di pazienti, che contribuirebbero a mantenere il disturbo e ad ostacolare il trattamento.

La terapia cognitivo-comportamentale “allargata” di Garner e Vitousek ha il vantaggio di essere

applicabile con minime modifiche a tutti i Disturbi dell’Alimentazione e di non focalizzarsi solo sul

comportamento alimentare del paziente e sulla sua preoccupazione per l’alimentazione, il peso e le

forme corporee, ma di affrontare anche altre variabili individuali come per esempio il senso di identità

scarsamente sviluppato, l’ascetismo, il perfezionismo, i conflitti di autonomia, i problemi familiari e

quelli interpersonali (Fukunishi e Koyama, 2001).

Anche questo modello ha però tre principali difetti:

1) La sua efficacia non è supportata da ricerche controllate, ma solo dall’esperienza clinica;

2) Ha una lunga durata (1 o 2 anni anche se applicata alla Bulimia Nervosa);

3) Non è preciso nello spiegare i meccanismi di mantenimento del disturbo.

I progressi compiuti negli ultimi anni nella comprensione dei meccanismi psicopatologici di sviluppo e

di mantenimento dei Disturbi dell’Alimentazione e l’osservazione clinica che Anoressia Nervosa, Bulimia

Nervosa e Disturbi dell’Alimentazione atipici hanno caratteristiche cliniche distintive condivise e che

esiste un movimento temporale da un disturbo dell’alimentazione all’altro, hanno spinto Fairburn e

collaboratori ad aggiornare la loro precedente teoria ed a proporre un modello teorico e terapeutico

“transdiagnostico”, in grado cioè di essere applicabile a tutti i Disturbi dell’Alimentazione apportando

minime modifiche nell’applicazione sull’uno o l’altro disturbo.

Il trattamento derivato da questa teoria, attualmente in corso di valutazione, prevede l’integrazione di

tre figure professionali (medico, dietista e psicologo) e si sviluppa altrettante fasi, con la possibilità di

usare 5 moduli aggiuntivi per affrontare alcuni fattori, presenti in un sottogruppo di pazienti, che

ostacolano il trattamento. La teoria si chiama “transdiagnostica” perché, come appena accennato, è

stata studiata e strutturata per essere applicata con minime modifiche a tutti i Disturbi

dell’Alimentazione, compresi gli atipici. La teoria sostiene che il nucleo psicopatologico centrale dei

Disturbi dell’Alimentazione è un sistema disfunzionale di valutazione del valore personale; le persone

affette da questi disturbi, infatti, giudicano loro stesse largamente o esclusivamente sulla base del

proprio comportamento alimentare, peso o forme corporee (spesso su tutte e tre le caratteristiche) e

Page 45: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

41

del grado di controllo che riescono ad esercitare su di essi. Lo schema di autovalutazione disfunzionale

si sviluppa gradualmente per il concorso di vari fattori di rischio specifici (presenti solo nei Disturbi

dell’Alimentazione) e generici (presenti in altri disturbi psichiatrici) ed è attivato da alcuni fattori

precipitanti. Tale trattamento può essere poi utilizzato nei casi di Obesità resistente, condizione che

può presentarsi accompagnata da caratteristiche psicologiche comuni ai Disturbi dell’Alimentazione.

L’attivazione dello schema di autovalutazione disfunzionale porterebbe l’individuo a seguire una dieta

ferrea e ad adottare altri comportamenti di controllo del peso come l’attività fisica eccessiva. La dieta

fortemente restrittiva da una parte mantiene iperattivo lo schema di autovalutazione disfunzionale

attraverso i rinforzi positivi e/o negativi che l’individuo percepisce quando riesce a controllare

l’alimentazione, il peso e le forme corporee e dall’altra favorisce la perdita di peso e la comparsa della

sindrome da digiuno che, a loro volta, agiscono nel mantenere attivato lo stesso schema di

autovalutazione disfunzionale.

Ancora secondo gli stessi autori, in un sottogruppo di pazienti la una rigida restrizione alimentare

favorisce la comparsa delle abbuffate, le quali magnificano le preoccupazioni del paziente sulla propria

abilità di controllare il comportamento alimentare, il peso e le forme corporee, che rappresenta il

nucleo psicopatologico stesso del disturbo alimentare in questione.

Ciò incoraggia una dieta ancora più ferrea, che di conseguenza aumenta il rischio di nuove abbuffate.

Un secondo processo che mantiene questo comportamento alimentare disfunzionale si verifica nei

pazienti che usano i comportamenti eliminativi (per es., vomito auto-indotto o assunzione di lassativi)

dopo essersi abbuffati. La fede di questi pazienti nella capacità di riuscire a minimizzare l’aumento di

peso con i comportamenti eliminativi favorisce l’abbandono del controllo dell’alimentazione ed

aumenta a sua volta il rischio di nuove abbuffate. Infine, spesso i pazienti adottano altri

comportamenti, come il body checking e gli evitamenti legati al corpo, che, ancora una volta,

mantengono attivata la preoccupazione per il peso e le forme corporee (figura 3).

Fig. 3 Sviluppo e mantenimento dei Disturbi dell’Alimentazione secondo la teoria cognitivo-comportamentale transdiagnostica.

Fattori di rischio Fattori precipitanti Fattori di mantenimento

Specifici

Generici

SCHEMA DI AUTOVALUTAZIONE DISFUNZIONALE

Eccessiva importanza attribuita al cibo, all’alimentazione, al

peso ed alle forme corporee ed al loro controllo.

Sindrome da digiuno

Basso peso

Rinforzi positivi

Dieta ferrea Attività fisica

Abbuffate

Vomito autoindotto Uso inappropriato di

lassativi, diuretici

Body Checking Evitamenti legati al corpo

Page 46: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

42

In un sottogruppo di pazienti si osservano uno o più processi di mantenimento aggiuntivi che

interagiscono con la psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione (lo schema di

autovalutazione disfunzionale) nel mantenere il disturbo ed ostacolare la guarigione; il primo è il

“perfezionismo clinico”, il secondo la “bassa autostima nucleare”, il terzo “l’intolleranza alle emozioni”

ed il quarto le “difficoltà interpersonali”. Sulla base di questo nuovo trattamento cognitivo-comportamentale transdiagnostico, il disturbo

dell’alimentazione specifico del paziente non è rilevante per il trattamento; piuttosto, il contenuto della

terapia è dettato dalle caratteristiche psicopatologiche particolari presenti e dai processi che le

mantengono.

Il medico esegue la fase della preparazione, la valutazione diagnostica e cura le eventuali complicanze

mediche presenti. Il dietista si occupa del comportamento alimentare e della normalizzazione del peso.

Lo psicologo esegue la formulazione personalizzata del caso, affronta lo schema di autovalutazione

disfunzionale ed eventuali fattori di mantenimento aggiuntivi.

Il trattamento prevede una prima visita con il medico, con il quale viene intrapreso l’intero percorso

terapeutico. Nella maggior parte dei casi si inizia con la terapia ambulatoriale standard per almeno tre

mesi, a meno che le condizioni del paziente non richiedano un ricovero urgente.

La durata del trattamento dipende dal livello di peso, utilizzando come parametro l’indice di massa

corporea (BMI) calcolato facendo il rapporto tra il peso ed il quadrato dell’altezza (kg/mt2):

• I pazienti con BMI > 17,5 intraprendono un percorso di 22 sedute in 24 settimane;

• I pazienti con BMI < 17,5 intraprendono un percorso di 46 sedute in 48 settimane.

Lo stile ed il contenuto dei due trattamenti è sovrapponibile.

La frequenza delle sedute è la seguente:

• prima settimana: 2 sedute;

• settimane successive: 1 seduta a cadenza settimanale;

• ultime sei settimane: 1 seduta a cadenza bisettimanale.

Il trattamento è individuale e non prevede sedute di gruppo; ogni incontro ha una durata di 45’ con lo

psicologo e di 30’ con il dietista. L’intero schema del trattamento viene riassunto nella figura 4.

Fig. 4 La nuova terapia cognitivo-comportamentale dei Disturbi dell’Alimentazione. CBT-F si riferisce alla terapia cognitivo-comportamentale focalizzata, CBT-A alla terapia cognitivo-comportamentale allargata.

Page 47: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

43

Alle sedute 4, 12, 24 (36 e 48 nei soggetti con BMI < 17,5) viene effettuata una valutazione

diagnostica da parte del medico per verificare l’andamento della terapia attraverso le seguenti

procedure:

• Visita medica;

• Esami bioumorali e strumentali per la valutazione di eventuali complicanze presenti.

• Valutazione dell’andamento del BMI;

• Valutazione della frequenza dei comportamenti disfunzionali tipici dei Disturbi dell’Alimentazione

nelle ultime quattro settimane;

• Somministrazione di test psicodiagnostici specifici per valutare l’andamento della sintomatologia

specifica dei Disturbi dell’Alimentazione e di quella psicologica associata;

Se dopo quattro settimane (prima valutazione diagnostica) il paziente è migliorato, il trattamento

continua con le procedure standard (terapia cognitivo-comportamentale-F o focalizzata); se invece

non è migliorato od emergono altre problematiche psicopatologiche di mantenimento, alla terapia

standard sono aggiunti moduli specifici per affrontare gli ostacoli evidenziati (terapia cognitivo-

comportamentale-A o allargata). Se le condizioni mediche sono scadenti si propone una terapia più

intensiva (per es., terapia ambulatoriale intensiva, day-hospital, ricovero).

Se dopo 12 settimane (seconda valutazione diagnostica) il paziente non è migliorato si cambia terapia.

Le opzioni possono essere: trattamento ambulatoriale intensivo (con consumo dei pasti in

ambulatorio), terapia farmacologica, day-hospital, od infine ricovero presso un reparto riabilitativo.

La fase 1 dura 6 sedute (5 settimane perché nella prima settimana vengono preposti 2 incontri) e si

basa su 7 aree principali d’intervento:

1. Sviluppare la formulazione generale del disturbo dell’alimentazione;

2. Stabilire il BMI naturale;

3. Pianificare l’alimentazione e se necessario normalizzare il BMI;

4. Sviluppare le abilità per eliminare i comportamenti disfunzionali;

5. Usare il diario emotivo;

6. Comprendere i principali fattori di sviluppo e di mantenimento;

7. Sviluppare la formulazione allargata del disturbo dell’alimentazione.

L’area 1 è discussa sia con il dietista che con lo psicologo, le aree 2, 3 e 4 sono portate avanti con il

dietista, le aree 5, 6 e 7 con lo psicologo.

La fase 2 inizia dalla seduta 7, occupa la maggior parte del trattamento ed ha un contenuto che è

dettato dalla formulazione personalizzata del caso, effettuata durante la fase 1 e modellatasi con il

progredire del trattamento.

La terapia cognitivo-comportamentale-F è riservata ai pazienti che sono migliorati nella fase 1 ed in

cui non sono emersi fattori di mantenimento aggiuntivi durante gli incontri eseguiti con lo psicologo; la

seconda fase affronta due aree principali d’intervento:

1. Continuare ad enfatizzare il recupero del peso forma, la normalizzazione dell’alimentazione e

l’eliminazione dei comportamenti disfunzionali;

2. Modificare lo schema disfunzionale di valutazione di sé.

Il punto 1 è effettuato con il dietista, il punto 2 con lo psicologo.

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44

La terapia cognitivo-comportamentale-A è riservata ai pazienti che non sono migliorati nella fase 1 o

che, dalla valutazione dello sviluppo e del mantenimento del disturbo eseguita con lo psicologo, sono

emersi fattori di mantenimento aggiuntivi, o soltanto diversi da quelli standard presi in considerazione

dalla terapia focalizzata; questo trattamento, infatti, include tutti gli interventi della terapia cognitivo-

comportamentale-F, ma anche uno o più moduli in base ai fattori di mantenimento aggiuntivi

evidenziati dalla formulazione personalizzata. I moduli che possono essere annessi alla terapia

standard sono:

• Modulo per ridurre il perfezionismo;

• Modulo per migliorare la bassa autostima nucleare;

• Modulo per migliorare le relazioni interpersonali;

• Modulo per regolare le emozioni.

La fase 3 inizia alla settimana 20 nei pazienti con BMI iniziale > 17,5 e alla settimana 44 nei pazienti

con BMI iniziale < 17,5.

Questa fase prevede 3 sedute eseguite ogni 2 settimane; i suoi obiettivi riguardano il futuro e sono:

1. Riassumere i progressi e le procedure del programma che hanno funzionato;

2. Prepararsi per le difficoltà future;

3. Fare un piano di mantenimento;

4. Chiarire quando è necessario riprendere la terapia;

5. Programmare il follow-up.

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45

Benedetta, il “nervoso”, le abbuffate ed un Disturbo Alimentare Non

Altrimenti Specificato. PRESENTAZIONE DEL CASO

1. Informazioni generali

1.1 Generalità del paziente

Benedetta, nasce ad Empoli il 02/04/84; attualmente risiede in San Miniato assieme alla famiglia di

origine che è composta dalla madre, dal marito di questa e dalla nonna materna. Conseguito il

diploma di maturità presso il Liceo Sperimentale Psico-pedagogico di Empoli nel 2002 decide di

interrompere definitivamente gli studi a seguito di una breve parentesi universitaria, per iniziare una

carriera lavorativa nella ditta di import-export di arredamento da giardino del patrigno, dove è tuttora

assunta come impiegata.

1.2 Caratteristiche della relazione

Benedetta si rivolge al servizio pubblico dell’azienda U.S.L. di appartenenza autonomamente, sotto

consiglio dei genitori e del medico di base, in data 03/01/2007; viene stabilita una frequenza di

incontri settimanale della durata di 45 minuti ciascuno.

2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di somministrazione dei test)

2.1 Richiesta dell’utente

Benedetta si rivolge al servizio per la prima volta, con la richiesta di essere aiutata a calmarsi

relativamente ad una sensazione di “nervoso”, ma invitata a spiegarsi meglio non riesce inizialmente a

chiarificare questo concetto.

Se è difficile ricavare dal colloquio esempi specifici per formulare la richiesta d’aiuto in un linguaggio

più operazionale, d’altra parte Benedetta si allontana da questa originaria domanda, introducendo

confusamente 3 argomenti principali: il proprio peso (aumentato di circa 15 Kg negli ultimi 5 mesi), la

relazione sentimentale precedente a quella attuale e la morte del nonno. Si ritiene utile quindi, almeno

durante il primo incontro, lasciare che la ragazza esponga liberamente i propri pensieri per tornare in

un secondo momento sulla richiesta al servizio.

Parlando del proprio peso, della relazione sentimentale conclusa da qualche mese e del recente lutto

familiare, si osserva come questi 3 eventi principali, presentati in maniera sovrapposta

nell’esposizione, ma chiaramente concatenati durante la ricostruzione, hanno concorso a generare e

poi incrementare questa sensazione che Benedetta riassume con il termine di “nervoso”.

La fine della relazione sentimentale e la morte del nonno materno si manifesterebbero, infatti, come

fattori predisponenti a questa sensazione che la ragazza percepisce e come vedremo di seguito è

molto complessa. Il “nervoso” di Benedetta si manifesta, infatti, scatenando quasi

contemporaneamente una forte sensazione di fame, che conduce direttamente a quello che può

essere considerato il fattore precipitante per il disturbo stesso: l’ingestione frequente di grosse

Page 50: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

46

quantità di cibo. Poiché il fattore suddetto, ha condotto all’aumento di peso che risulta essere

attualmente la preoccupazione principale della ragazza, la richiesta di Benedetta al servizio U.S.L. può

essere riassunto come un aiuto concreto per imparare a gestire e controllare questa sensazione di

nervosismo che si pone come innesco di “abbuffate” le cui caratteristiche verranno descritte in un

secondo momento.

2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio

Benedetta si presenta al primo appuntamento in data 03/01/2007 con 30’ di anticipo ed invitata ad

accomodarsi appare immediatamente a proprio agio. Mantiene un buon contatto oculare per tutta la

seduta, il corpo è proteso in avanti con gli avambracci appoggiati sulla scrivania; parla con un tono di

voce regolare ed adeguato ai contenuti, con leggere inflessioni verso un tono più basso e lento

nell’affrontare gli argomenti, per lei più problematici.

L’atteggiamento generale è comunque quello di normalizzare ogni informazione che fornisce circa la

propria vita, cercando di mantenersi coerente con la mimica facciale.

Come accennato, la famiglia di Benedetta è composta dalla madre, Sandra, nata nel 1963, dal marito

della stessa, Alessandro, nato nel 1970 e dalla nonna materna. La giovane ha scarsi contatti con il

padre naturale, Stefano, sposatosi con la madre nel 1983, quando presumibilmente era già incinta di

Benedetta. Dopo una separazione risalente al 1985 Sandra ottiene poi l’annullamento del matrimonio

alla Sacra Rota nel 1990.

Benedetta si riferisce al secondo marito della mamma come al vero padre, anche se, approfondendo

l’argomento spiegherà che non ha mai smesso di chiamarlo per nome, mentre lui fin da quando era

piccola le ha sempre espresso il proprio desiderio di essere chiamato da lei “babbo” o “papà”.

Benedetta racconta di avere un carattere accondiscendente ed accomodante; evita gli scontri e le

competizioni con gli altri, nel lavoro come nella vita privata. Lavorando con i genitori, sostiene di non

doversi mettere a paragone con gli altri impiegati della ditta, in quanto “come figlia” potrebbe

senz’altro ottenere grossi privilegi, ma aggiunge che preferisce non approfittarsi di tale condizione

soprattutto perché fra i colleghi vi sono le sue uniche tre amiche: Loriana, Rossana e Barbara. Queste

tre donne hanno tutte circa 40 anni, sono già sposate e, due di loro hanno dei figli; Benedetta svela

che secondo lei le sono amiche soltanto perché “è la figlia del capo”, ma aggiunge che la cosa le sta

bene comunque dato che, in ogni caso, almeno ha qualcuno con cui sfogarsi ogni tanto, sebbene non

le ritenga comprensive fino in fondo, soprattutto data la forte differenza di età.

Risulta fin dai primi esposti che la giovane non ha amici e non ne ha mai avuti neanche durante gli

anni scolastici; sottolinea che i coetanei non l’hanno mai compresa fino in fondo e che non si è mai

trovata bene con loro, poiché riferisce di averli sempre trovati più “piccoli” di quanto lei fosse mai

stata. Dal racconto di alcuni episodi specifici emerge che la relazione risulta veramente disturbata da

un’asimmetria in termini di maturità, ma che sia piuttosto lei a comportarsi in modo infantile e

soprattutto superficiale; Benedetta dà per scontato che la condizione economica della sua famiglia sia

ordinaria, mentre è chiaro che è invece assolutamente molto più alta della media. Questo suo

atteggiamento avrebbe quindi attirato in diverse occasioni invidie ed antipatie da parte dei coetanei.

Page 51: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

47

La sua vita sociale è quindi molto vuota e, durante il fine settimana se non esce con il fidanzato

attuale, Gabriele con il quale ha una relazione da 4 mesi, si ritrova da sola o con la nonna.

Durante l’assessment emergerà, anche se a fatica, che Benedetta generalmente ricerca gli amici,

prediligendo quelli di sesso maschile, tramite internet ed entro i primi 3 appuntamenti, intrattiene con

la maggior parte di questi una relazione di tipo sessuale.

All’età di 23 anni Benedetta riporta di aver avuto 9 partner sessuali, 7 dei quali conosciuti tramite

chat-room di incontri. Emerge dunque che le abilità sociali della giovane sono molto compromesse e

che attualmente, lei stessa ritiene funzionale tenere certi comportamenti “promiscui” al fine di

stringere un qualunque tipo di relazione che le permetta di non rimanere da sola.

Sebbene Benedetta si dimostri riluttante ad approfondire questo argomento relativo alle proprie

modalità relazionali, si ritiene utile capire che tipo di abilità sociali abbia appreso in famiglia per poi

verificare in che modo sia riuscita a generalizzarle al di fuori di essa, nel rapporto con i pari. Per fare

questo è necessario ritornare ad indagare il menage familiare, pur lasciando il tempo necessario alla

giovane di sentirsi libera di esprimersi totalmente.

2.3 Allargamento ad altri problemi

In virtù di una relazione che con gli incontri si è fatta più intima, Benedetta acconsente ad

approfondire il resoconto circa i propri rapporti interpersonali, a cominciare dall’ambito più

strettamente familiare. Anche se riporta i contenuti che esporremo qui di seguito come ordinari e,

standardizzando su di essi emozioni e sentimenti neutri, mentre parla si osservano continue

modificazioni neurovegetative delle quali la ragazza non sembra essere consapevole e queste

tradirebbero quindi il suo reale vissuto riguardo a quanto enunciato.

Benedetta riferisce che il padre e la madre si lasciano nel 1985 quando lei ha 1 anno e che, mentre il

padre torna a casa della famiglia d’origine, la madre va a convivere con Alessandro a Cascina, con il

quale aveva già una relazione, anche se la ragazza non conosce la storia completamente. Alessandro

è benestante, ha una ditta di import-export di arredamento da giardino nella quale lavora Sandra e

comincia subito a viziarle entrambe con grandi regali: auto costose alla compagna e giocattoli alla

figliastra.

In quegli anni Benedetta rimane a casa dei nonni materni a Fucecchio, i quali si occupano di lei come

ne fossero i genitori. Racconta che non ha trovato difficoltoso il periodo della propria infanzia, più

vicina ai nonni che alla madre ma, invitata ad esprimersi sinceramente, ritratta l’intero sentimento e,

la rabbia che riporta è accompagnata da un livore tuttora vivo.

La madre e la nonna, fino all’età di circa 4 anni, le dicevano che il padre l’aveva abbandonata perché

non le voleva bene e, fino al 1988 lei non ha avuto altre notizie di lui. In quell’anno però, la madre

decide di farli incontrare alla stazione di Pisa e vi porta la figlia senza darle nessuna spiegazione

particolare, o comunque, senza ritrattare quanto detto circa il fatto che Stefano l’aveva lasciata perché

non le voleva abbastanza bene. Continua dunque a vivere con i nonni, i quali, preferendo che non si

affezioni troppo al padre naturale, limitano gli incontri con lui; ella riferisce di aver capito solo intorno

agli 11 anni di età che non era Stefano a definire la frequenza dei loro appuntamenti.

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48

Benedetta cresce dunque con un dilemma: vede circa una volta al mese suo padre, perché crede che

lui non le vuole bene a sufficienza ed allo stesso tempo, vede la madre, che al contrario ritiene l’ami

molto, solo una o due volte in più. Sandra, infatti, era solita partire per viaggi di piacere con il nuovo

compagno e, affinché la piccola Benedetta non facesse le bizze per non aver visto la madre, i nonni le

dicevano che la mamma era tornata a casa quando si era già addormentata e che se n’era andata

prima che lei si svegliasse; la giovane aggiunge che incolpava di tale assenza Alessandro e che quindi

non le piaceva molto.

Nel 1995 Alessandro compra una grossa villa divisa in due appartamenti in San Miniato, in quello al

piano superiore si trasferiscono lui, Sandra e Benedetta, in quello inferiore i nonni materni.

Per quanto i nonni l’abbiano cresciuta con molto amore, Benedetta riferisce che sono sempre stati

molto protettivi nei suoi confronti e che spesso non la lasciavano giocare con gli altri bambini quando

la portavano fuori. Quando si trasferisce a San Miniato, è la madre che non le dà il permesso di

invitare i propri compagni di scuola, perché preoccupata per la casa nuova. Benedetta sostiene, però,

che non poter invitare altre persone a casa propria è stato per lei un grosso limite nel coltivare le sue

amicizie ed è anche per questo che adesso si trova senza una compagnia. Aggiunge che, per quanto

riguarda Sandra, non è mai riuscita a vederla come una vera “mamma” e riferisce piuttosto di provare

verso di lei un sentimento d’invidia: è magra ed ha un compagno che accontenta ogni suo desiderio e

che non la lascia mai sola!

C’è da dire che in ogni caso, Benedetta non ha mai imparato a stringere nuove amicizie né per

modellamento né tanto meno per esposizione diretta alle situazioni sociali e, qualora l’avesse fatto,

nessuno in famiglia l’avrebbe in qualche modo rinforzata.

I nonni e la mamma, sembrano però incoraggiarla fin dalle scuole medie a trovare un “fidanzato” e, in

questo ristretto ambito sociale, non ha mai avuto problemi; essendo molto carina sono sempre stati i

ragazzi a farsi avanti per primi con lei e, qualora la storia fosse stata destinata a finire prima del

tempo, a 15 anni impara che è sufficiente introdurre il sesso nella relazione, affinché essa diventi più

duratura. Anche adesso Benedetta usa “il sesso” in modo esclusivamente strumentale, non ricavando

dalle relazioni fisiche nessun tipo di piacere.

Fra le relazioni sentimentali della giovane si ritiene utile descrivere più dettagliatamente quella la cui

fine si presenta come evento critico, predisponente al disturbo per cui pone a questo servizio di

psicologia dell’A.U.S.L. 11 una richiesta di aiuto.

All’inizio del 2004, passeggiando per il centro di Cascina, incontra Giacomo, del quale Benedetta

riferisce di innamorarsi immediatamente. Egli è nato nel 1978 e, approfondendo i gusti della giovane,

emergerà che non prende mai in considerazione ragazzi della propria età per una storia “più seria”,

preferendo loro quelli più grandi che reputa più maturi; ha una ditta edile e si occupa di costruzioni

civili e, nel periodo in cui conosce Benedetta ha acquistato un terreno sul quale costruire delle case

che ospiteranno due appartamenti, uno per lui ed uno per la madre ed il fratello. La storia con

Giacomo è molto coinvolgente ed appare subito seria. Egli tende a rendere partecipe Benedetta di

ogni piccolo particolare della propria vita; le parla della propria ditta, degli operai che lavorano con lui,

della famiglia e, ogni qualvolta ne intervenga l’opportunità, la presenta come sua fidanzata.

Page 53: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

49

Ad Agosto del 2004 egli la porta a conoscere la famiglia d’origine che al contrario della sua è molto

numerosa (i genitori e 5 figli); lei apprezza il gesto del ragazzo ma non lo ricambia perché la madre

esprime subito alcuni pregiudizi nei confronti delle origini siciliane del futuro genero.

Parlando della famiglia di Giacomo, Benedetta aggiunge che si è sentita subito ben accolta: la sorella

di lui le lasciava senza indugi, i bambini di 3 e 5 anni da accudire in sua assenza, mentre, con il

fratello, Sebastiano, coetaneo della ragazza, inizia immediatamente una grande amicizia.

Non appena i ragazzi hanno scelto e montato i primi arredi del nuovo appartamento di Giacomo,

Benedetta inizia a dormirci sempre più frequentemente, fino a restare ogni fine settimana e talvolta

anche in alcuni giorni feriali. Giacomo delega totalmente a Benedetta di completare ed arricchire

l’arredamento della casa, e quest’ultima, con il libretto degli assegni e carta bianca per la scelta del

necessario, usa il proprio tempo libero per accontentare il fidanzato. Nel frattempo, la madre di

Giacomo, che possedeva una seconda copia delle chiavi, entrava liberamente nell’appartamento del

figlio per fare tutte le pulizie, indipendentemente dalla presenza o meno della ragazza. Benedetta

trovava assolutamente normale e legittimo che fosse la futura suocera ad occuparsi dei compiti

domestici ed è quello che peraltro accade anche a casa propria, dove sono la nonna e la donna delle

pulizie ad occuparsi di tutte le faccende di casa.

A marzo del 2005 viene diagnosticato al nonno un tumore e, se inizialmente l’atteggiamento di

Giacomo e della sua famiglia piacevano molto a Benedetta, da questo momento in poi ogni cosa

diventa motivo di discussione.

Il 15 Aprile del 2006, nonostante i problemi della coppia, sotto continua insistenza di lui finalmente

Benedetta accetta di ufficializzare il fidanzamento; Giacomo invita molti parenti che accorrono dalla

Sicilia ed organizza al ristorante un pranzo con 70 invitati, compresi i genitori, i nonni e qualche amico

delle scuole superiori di Benedetta.

Si inserisce cronologicamente in questo periodo il peggioramento delle condizioni mediche del nonno,

in conseguenza del quale, Benedetta vuole dormire sempre più frequentemente a casa propria e,

anche questo diventa un ulteriore causa di litigi con Giacomo, il quale non accetta che “la propria

donna” se ne vada via da quella che lui considera la loro casa.

Nel mese di Giugno, dopo l’ennesimo litigio, Benedetta chiede al fidanzato un chiarimento che lui

vorrebbe invece rimandare al giorno seguente e gli dice che, se non si riappacificheranno

immediatamente, lei tornerà a casa propria, considerando la loro storia definitivamente finita. Giacomo

sottovalutando totalmente questa minaccia, invita lui stesso la ragazza a tornare a casa propria,

pensando che sia solo irritata e magari stressata per le condizioni di salute del nonno. Soltanto il

giorno seguente, al telefono, capisce che la loro relazione è davvero finita e, nonostante qualche

insistenza o la richiesta di chiarimenti, Benedetta non vuole neanche tornare a prendere i vestiti

lasciati a casa sua.

Malgrado sia stata lei a prendere questa decisione e la famiglia l’approvasse pienamente, Benedetta

soffre molto la separazione da Giacomo e, proprio in questa occasione riferisce di aver scoperto che la

forte sensazione che lei chiama “nervoso” poteva essere agevolmente sedato con il cibo; Benedetta

che non ha più il fidanzato e non ha coltivato nessuna amicizia in questo periodo di 2 anni è adesso

sola. Il nonno continua a peggiorare, la nonna è totalmente assorbita dall’accudimento del marito e la

Page 54: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

50

madre è assente perché impegnata e a reagire al proprio dolore senza riuscire a farsi carico di quello

della figlia.

Poiché il “nervoso” non ha una forma ben specifica e non è distinguibile sui piani emotivo e fisiologico,

ma può essere controllato attraverso l’ingestione di grandi quantità di cibo, Benedetta lo considera

una forma di “fame” e di conseguenza si comporta. Queste abbuffate consistono ad esempio

nell’ingestione, in un lasso di tempo dell’ordine di 10 minuti circa, una scatola intera di biscotti “spicchi

di sole” da 500g, od una confezione da 6 pezzi di gelato al biscotto. Ricorda almeno 4 episodi simili in

un periodo che va da Giugno alla fine di Agosto.

Con la morte del nonno, sopraggiunta il 31 di Agosto, questa tendenza alle abbuffate si va a

presentare con più frequenza, ma gli effetti si iniziano a scorgere solo a fine mese, prima sul fisico,

anche se Benedetta pare non preoccuparsene troppo, poi sulla salute della ragazza.

Essendo sempre stata fisicamente un po’ robusta: 1,70 cm per 60 Kg, si accorge dei 5 Kg presi ad una

settimana dopo la morte del nonno perché, provandosi un vestito per un appuntamento, fissato con

un ragazzo conosciuto in una chat-room su internet, si accorge che le sta un po’ stretto.

Sottovalutando il problema completamente, riferisce di aver continuato a fare circa 2 abbuffate alla

settimana fino a tutto il mese di Settembre. In quegli stessi mesi Benedetta inizia ad avere il ciclo

mestruale in modo irregolare, ma in virtù dello stress provocato dagli ultimi avvenimenti, ritiene che

non sia il caso di allarmarsi.

Il 25 Settembre, ancora una volta attraverso le chat-room d’incontri, conosce quello che è il suo

attuale ragazzo, Gabriele, (nato nel 1977 e patrocinante presso uno studio commerciale). In tale

occasione Benedetta inizia a diventare un po’ più attenta alle proprie forme corporee, pesa 70 Kg

(circa 10 in più rispetto al suo peso abituale). Il nuovo compagno, non pare molto coinvolto nella

relazione, non è accogliente per quanto riguarda il recente lutto del nonno e non si preoccupa di

rassicurarla in alcuna maniera; al contrario la ragazza si comporta con lui come fossero fidanzati da

lungo tempo e pare rammaricarsi di questo suo distacco fisico ed emotivo.

Invitata alla riflessione dal medico di base, decide di prendere contatti con un servizio di psicologia nel

Dicembre del 2006, quando il suo peso è arrivato a 79 Kg, andando a determinare un Indice di Massa

Corporea di 27,3, che denoterebbe un discreto sovrappeso; contemporaneamente infatti, il medico le

chiede di sottoporsi a diverse analisi di laboratorio per determinare le eventuali cause dell’amenorrea

che s’instaura definitivamente ad Ottobre e del sovrappeso che è diventato evidente.

Durante la conduzione delle sedute di assessment, fin dal secondo incontro, arrivano gli esiti di tutti gli

esami clinici di approfondimento: l’aumento repentino del peso di Benedetta ha prodotto uno squilibrio

ormonale tale da indurre l’amenorrea; inoltre la ragazza risulta affetta da candida vaginalis e da

herpes vaginalis.

Il peggioramento della qualità della nuova relazione sentimentale, anche in virtù della mancanza dei

rapporti sessuali nella coppia a causa delle infezioni di Benedetta, la porta ad essere scoraggiata e

triste. Il recente lutto, i problemi fisici, una relazione sentimentale non appagante vanno a

determinare l’aumento del “nervoso” di Benedetta, che, come già spiegato, in termini operazionali può

tradursi come una continua irrequietezza motoria che dà sensazioni simili ad un vuoto nello stomaco e

Page 55: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

51

quindi viene poi percepita come un’improvvisa voracità. È dunque lei ad individuare fin da questi primi

incontri il misconoscimento della sensazione di fame.

2.4 Motivazione

Benedetta appare motivata a cercare una soluzione ai propri problemi attuali, anche se,

ingenuamente, crede che tale aiuto non implichi un proprio coinvolgimento diretto continuativo. Si

rende disponibile ad esplicitare i propri vissuti, ma ha difficoltà a focalizzare le emozioni che prova e

quindi anche a riferirle. Spesso raccogliere dati risulta quindi un’ardua impresa e, se inizialmente

questo sembrava dovuto ad una sfiducia della giovane nei confronti degli altri, compresa la psicologa,

adesso appare chiaro come il problema sia proprio quello di riuscire a riconoscere quali elementi

risultano d’interesse nella terapia.

Si creano però ben presto i presupposti per una cooperazione attiva nell’affrontare i problemi emersi

durante l’assessment e, in virtù di una relazione terapeutica sempre più affiatata, si accresce anche la

fiducia e la motivazione nella stessa terapia, anche se, soprattutto durante i primi mesi di

frequentazione, appare un po’ discontinua.

2.5 Strumenti psicodiagnostici

In data 17 Gennaio 2007 è stato somministrato il test EDI-2 (Garner, 1995) i cui risultati sono

riassunti nella seguente tabella e spiegati subito dopo:

Sottoscala I ProvaAscetismo 2 Bulimia 0 Consapevolezza enterocettiva 4 Impulsività 4 Insoddisfazione corporea 21 Impulso alla magrezza 19 Perfezionismo 4 Inadeguatezza 15 Insicurezza sociale 19 Paura maturità 9 Sfiducia Interpersonale 15 Tab. 1 Risultati al test EDI-2 somministrato in data 17/01/07.

Per la valutazione del test, si ricorda che ascetismo (ASC) è la sottoscala che valuta la tendenza a

cercare valore perseguendo ideali quali il controllo dei bisogni corporei e l’autodisciplina, bulimia (BU)

evidenzia la caratteristica di pensare e avere atteggiamenti di alimentazione con perdita di controllo,

consapevolezza enterocettiva (CE) misura la difficoltà nel riconoscere i propri stati emotivi, impulsività

(I) è la sottoscala per la tendenza ad assumere comportamenti impulsivi ed autodistruttivi,

insoddisfazione corporea (IC) misura il grado di soddisfazione legato alla propria forma fisica, impulso

alla magrezza (IM) è importante per analizzare la paura d’ingrassare e la tendenza alla dieta,

perfezionismo (P) misura l’attitudine ad assumere atteggiamenti rigidi e perfezionistici, inadeguatezza

(IN) esplora insieme all’insicurezza sociale (IS), alla paura della maturità (PM) ed alla sfiducia

interpersonale (SI) le problematiche relazionali e le difficoltà con il senso di autostima (Garner, 1995).

Si evince che i punteggi più importanti si osservano per le scale di insoddisfazione corporea, IC = 21,

impulso alla magrezza, IM = 19, e per quelle relative al confronto sociale di inadeguatezza, IN = 15,

insicurezza sociale, IS = 19 e sfiducia interpersonale, SI = 15.

Page 56: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

52

Viene somministrato nella stessa data, il 17 Gennaio 2007, il test MMPI-2 di cui riportiamo i grafici ed

in base ai criteri descritti da Butcher e Williams, una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams,

1996).

Scale Cliniche

5360

35

7672

48

76

5257

6367

61

51

30

40

50

60

70

80

90

100

17/01/2007 53 60 35 76 72 48 76 52 57 63 67 61 51

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 5 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 17/01/07

Scale Supplementari

60 58 60 62

45

68 68

5864

30

40

50

60

70

80

90

100

17/01/2007 60 58 60 62 45 68 68 58 64

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 6 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 17/01/07

Scale di Contenuto

6157

6864

71

5954

68

59 61

76 74 72 71

65

30

40

50

60

70

80

90

100

17/01/2007 61 57 68 64 71 59 54 68 59 61 76 74 72 71 65

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 7 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 17/01/07

Page 57: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

53

Va rilevato che Benedetta ha risposto alle domande del test in modo adeguato e corretto, senza

tentare di influenzare consapevolmente i risultati e rendendosi così disponibile ad un confronto; i

risultati clinici del test vanno dunque ritenuti validi.

Attualmente il profilo delle scale cliniche denoterebbe un tono dell’umore depresso con difficoltà ad

intraprendere nuove iniziative ed un’elaborazione in termini disforici delle situazioni vitali non

soddisfacenti. A fasi di rallentamento psicomotorio potrebbe alternarne altre di irrequietezza; inoltre si

rileverebbe una notevole incidenza di comportamenti ostili a livello sociale, sottesi da tratti psicastenici

e da una notevole quota di insicurezza ansiosa.

Nelle situazioni di gruppo tenderebbe ad interagire in maniera aggressiva e scarsamente controllata: i

rapporti sociali potrebbero quindi risultare difficili da gestire ma non vengono direttamente rifiutati

anzi, è possibile che tale atteggiamento rifletta la frustrazione sottostante questa incapacità ad entrare

positivamente in relazione con gli altri.

Benedetta potrebbe mostrare tratti di passività-dipendenza, covando ostilità verso le persone dalle

quali ritiene di non sentirsi sufficientemente supportata; poiché questo troverebbe riscontro con

quanto emerso dai colloqui clinici, in generale si ritiene che, un tale atteggiamento potrebbe

manifestarsi soprattutto con i familiari ed i colleghi di lavoro, peraltro avvalorando tale tesi con

l’elevazione delle scale di contenuto FAM e WRK, dello stesso test MMPI-2.

La lettura del test per codici (Codice 1-4-2) suggerisce la presenza di notevoli problemi somatici o di

dolore cronico, accompagnati da frequenti lamentele relativamente all’essere fisicamente malata;

Benedetta potrebbe inoltre mostrarsi eccessivamente preoccupata per la propria salute tendendo a

reagire in maniera esagerata al minimo disturbo fisico. Appare di conseguenza tesa, irritabile, astenica

ed evidenzia mancanza d'iniziativa e sentimenti depressivi.

Come già ampiamente descritto, Benedetta si presenta al servizio U.S.L. di Psicologia con diversi

problemi di tipo fisico sopraggiunti di recente e, al momento del test, non ne erano ancora state

chiaramente individuate tutte le cause, tramite analisi di laboratorio.

In più, le capacità di insight potrebbero essere molto basse e questo determinerebbe una certa

resistenza ad accettare la propria responsabilità ed un coinvolgimento nel processo terapeutico (TRT).

È probabilmente presente una problematica che si è costruita nel tempo e che è evidentemente molto

resistente, in cui comportamenti di acting-out e la scarsa capacità di giudizio sono gli elementi

preminenti.

Secondo ricerche sulla validità del test MMPI-2 (Salvemini, et al., 2000; Cumella et al., 2000; Pryor e

Wiederman, 1996) l’elevazione delle scale Hs e Pd, sarebbe indice di probabile disturbo alimentare, in

particolare: Bulimia, con elevazione contemporanea della scala D; Anoressia quando la scala Hs risulta

molto alta, mentre quella della Depressione risulterebbe nei valori normativi.

Il quadro appena delineato trova riscontro in quanto appreso dai colloqui clinici, come presentato

nell’esposizione dell’allargamento ad altri problemi e meglio sistematizzato nei paragrafi successivi

relativi all’analisi funzionale ed alla concettualizzazione del caso.

Page 58: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

54

2.6 Analisi funzionale

Vengono inizialmente fornite alla ragazza due schede di automonitoraggio: una relativa all’analisi

funzionale del “nervoso” in formato ABC cognitivo (Ellis, 1989), l’altra che rappresenta un diario

alimentare.

Durante le sedute di assessment si rileva che questa sensazione di “nervoso” e di “buco allo stomaco”,

si innesca come la prima volta, a causa del sentimento di rimanere da sola, attualmente attivato

frequentemente a causa dalla relazione con il nuovo ragazzo Gabriele, schivo e distaccato. Il “nervoso”

di Benedetta, anche in questo caso si placa in 3 modi diversi:

- Con un evitamento dei pensieri attraverso attività di sostituzione (masterizzare cd al computer);

- Assecondando il senso di fame attraverso l’ingestione di grandi quantità di cibo;

- Cercando di mantenere il legame con la persona amata, attraverso l’attività sessuale (con persone

del sesso opposto).

L’attività sessuale, come il cibo, risulta quindi una risorsa di coping che le permette di trattenere a sé

le persone e questo giustificherebbe il fatto che Benedetta intrattiene rapporti solo con persone di

sesso maschile.

Riportiamo qui di seguito alcuni esempi tratti dalle schede di automonitoraggio fornite alla ragazza:

12/01/07 ore 13.30

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: tristezza.

Fisiologiche: sensazione di vuoto allo stomaco.

Il fidanzato non la chiama

all’ora di pranzo sul

cellulare.

“Non mi ama”, “Non gli

interessa per niente come

sto”, “Mi lascerà”.

Comportamentali: dopo aver mangiato il pranzo al

sacco in ufficio, mangia una confezione da 10 brioche

confezionate, acquistate al negozio davanti.

Tab. 2 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

12/01/07 ore 13.40

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: serenità.

Fisiologiche: piacevole sazietà,

senso di rilassamento muscolare e

calore corporeo.

Benedetta ha appena consumato il pranzo al sacco

in ufficio, costituito da 2 braciole, un piatto di

piselli, 2 fette di pane, 2 mele ed 1 arancio ed una

confezione da 10 brioche confezionate, acquistate

al negozio davanti (come riportato dal diario

alimentare).

“Che devo fare?”,

“Ora sto proprio

bene”, “Mi sono

calmata”.

Comportamentali: telefona con

molta calma al fidanzato che non

l’ha chiamata per primo,

comportandosi normalmente.

Tab. 3 Analisi funzionale relativa al comportamento: ABBUFFATA, come riportata dalla paziente.

Questi schemi di analisi funzionale verranno affiancati da uno stilizzato diario emotivo, che ne integri

in modo più consapevole la parte relativa al vissuto provato; la funzione di questo strumento è, in

questo caso, quello di aiutare la giovane a soffermarsi sulle proprie emozioni, per imparare prima a

leggerle con chiarezza e poi a modularle attraverso un’attiva modificazione del comportamento che le

segue immediatamente.

Page 59: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

55

2.7 Diagnosi DSM-IV: F50.9 Disturbi Dell’alimentazione Non Altrimenti Specificati

[307.50]

I sistemi di classificazione dei Disturbi dell’Alimentazione hanno seguito nel tempo un cammino

incerto, ritardando inizialmente il riconoscimento dell'Anoressia Nervosa come entità clinica,

accettando la nuova sindrome della Bulimia Nervosa e più recentemente indulgendo in un’eccessiva

sottotipizzazione di queste patologie (Russel, 2000). Un ulteriore problema è rappresentato dalla forte

evidenza della plasticità dell'Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa in risposta a fattori socioculturali ed

in particolare al culto della magrezza (Garfinkel e Dorian, 1997).

Pur quindi con le dovute riserve e critiche che la stessa Task Force impegnata nell'ultima riedizione ha

sempre ammesso riservandosi successive verifiche, nel 1994 è stata pubblicata dall’American Psychiatric

Association la 4° edizione del DSM (APA, 1994). Il DSM-IV contiene i criteri diagnostici per i Disturbi

dell’Alimentazione che raccolgono oggi il maggior consenso, in quanto utilizzano un linguaggio che è

facilmente comprensibile e condivisibile dai diversi operatori coinvolti nel trattamento interdisciplinare dei

Disturbi dell’Alimentazione.

Nel DSM-IV vengono riconosciuti 3 tipi di Disturbi dell’Alimentazione: l’Anoressia Nervosa, la Bulimia

Nervosa ed i disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati (Eating Disorder Not

Otherwise Specified, EDNOS). Quest’ultima categoria contiene quelle sindromi definite anche parziali o

sub-cliniche caratterizzate dalla presenza di tutti i criteri per la definizione di uno dei due disturbi

alimentari principali, ma a livello sotto-soglia, o dalla presenza di alcuni ma non tutti, i sintomi necessari

per la diagnosi di Anoressia Nervosa o Bulimia Nervosa.

Gli esempi di questa categoria includono:

1. Per il sesso femminile, tutti i criteri dell’Anoressia Nervosa in presenza di un ciclo mestruale

regolare.

2. Tutti i criteri dell’Anoressia Nervosa sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di peso, il

peso attuale risulta nei limiti della norma.

3. Tutti i criteri della Bulimia Nervosa risultano soddisfatti, tranne il fatto che le abbuffate e le

condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a 2 episodi per settimana per 3 mesi.

4. Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad inappropriate condotte compensatorie

dopo aver ingerito piccole quantità di cibo (es. induzione del vomito dopo aver mangiato due biscotti).

5. Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, senza deglutirle, grandi quantità di cibo.

Dalla revisione del DSM-IV compare per la prima volta un tipo più specifico di EDNOS che prende il

nome di Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI), meglio descritto da Fairburn ed Harrison;

quest’ultimo è caratterizzato da ricorrenti episodi di abbuffate in assenza delle regolari condotte

compensatorie inappropriate, tipiche della Bulimia Nervosa. Si determina come criterio fondamentale

la sensazione di perdita di controllo durante l’abbuffata o la sensazione di non potersi fermare.

È ovvio come Benedetta non soddisfi i criteri per la Bulimia Nervosa, ma neanche quelli per un DAI

secondo la definizione diagnostica del DSM-IV-TR (APA, 2001) o quella di Fairburn ed Harrison

(Fairburn e Harrison, 2003). La giovane, infatti, mostrerebbe una richiesta psichica di cibo che è atta a

sedare il senso di vuoto e solitudine, ma che non viene riconosciuta in modo diverso da una naturale

sensazione di fame. Inoltre non viene soddisfatto il criterio relativo alla sensazione di perdita di

Page 60: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

56

controllo durante l’abbuffata ed essa non è seguita da un vissuto di sensi di colpa e d’inadeguatezza

interiore e sociale. Resta però un criterio valido l’aumento del peso di almeno il 20%, essendo passata

da 60 Kg ai 79 Kg attuali (pari a circa il 32% in più) e determinando un BMI pari a 27,3.

Per quanto riguarda una diagnosi alternativa, l’obesità o comunque il sovrappeso, non sono

considerate attualmente una malattia psichiatrica e non sono nemmeno enumerate nell’ultima

edizione del Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali; è vero anche che lo sviluppo di

questa condizione può non essere necessariamente legato alla presenza di problemi psichiatrici o

psicologici; infatti le numerose ricerche condotte nei pazienti obesi, sulla psicopatologia della loro

condizione, non hanno fornito risultati concordanti. In particolare in alcuni di questi studi (Safer et al.,

2001) è stato dimostrato che le differenze rilevate nel profilo psicopatologico dei soggetti obesi e di

quelli non obesi sono minime e di difficile interpretazione. Altre ricerche (Stunkard, 1993), al contrario,

hanno messo in evidenza valori specifici per la depressione, l’ipocondria e l’impulsività nei test

psicometrici, più elevati nei soggetti obesi. Pertanto la conclusione a cui si è arrivati attualmente è che

l’obesità non sia necessariamente legata a tratti psicopatologici, ma si è pensato piuttosto che i

fallimenti, sperimentati da questi pazienti nella perdita del peso corporeo con le conseguenti difficoltà

nelle relazioni interpersonali, possano incidere negativamente sui livelli di autostima. Inoltre, secondo

un’altra interpretazione, si asserisce che l’obesità possa assumere diverse forme in relazione alla

struttura di personalità dei soggetti che ne sono affetti (Molinari e Compare, 2002).

Al fine di evitare questa condizione, si stabilisce per Benedetta una diagnosi, in accordo con i criteri

del DSM-IV-TR, con l’analisi funzionale e con la concettualizzazione del caso che riportiamo di seguito,

di EDNOS con abbuffate concomitanti alla sensazione di fame e non presenti in caso contrario. Il

comportamento dell’abbuffata si presenta come uno dei comportamenti disfunzionali, assieme a quelli

sessuali promiscui e, poiché deriva da un misconoscimento dei segnali di fame e sazietà, non è di

conseguenza seguito da sensi di colpa.

2.8 Concettualizzazione del caso

Secondo uno schema che prende in considerazione i fattori predisponenti individuali, iniziando da

quelli appresi, per arrivare agli schemi profondi che caratterizzavano la personalità della paziente

anche nelle fasi premorbose di questo disturbo, è possibile identificare alcuni fattori predisponenti al

disagio di Benedetta, quali: da piccola viene cresciuta dai nonni a causa del fallimento del matrimonio

della madre; non viene spinta e quindi abituata a socializzare con i pari; inoltre pare vivere

costantemente e reiteratamente “l’abbandono” della madre, la quale limiterebbe la propria presenza

nella vita della figlia. I rapporti con il padre sono inoltre resi ambigui dalla totale mancanza di una

spiegazione circa la sua assenza ed altresì per la sua improvvisa ricomparsa alla stazione di Pisa nel

1988.

Fra i fattori predisponenti più recenti si evidenziano invece la rottura del fidanzamento durato due anni

con Giacomo e la morte del nonno, che probabilmente rende ancora più precaria la vita affettiva di

Benedetta, che, senza il ragazzo ed i nonni rimarrebbe definitivamente sola. Altro evento stressante

da non sottovalutare il trasloco della famiglia in una nuova casa, dove lei vive con i genitori e separata

dalla nonna.

Page 61: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

57

Attraverso un’analisi funzionale macro possiamo evidenziare che, le situazioni che metterebbero la

ragazza in una condizione di solitudine si pongono come antecedenti a pensieri automatici di totale

smarrimento (sono sola, devo fare qualcosa e così via) e questi determinerebbero tre tipi di

conseguenze:

- A livello emotivo, Benedetta si sentirebbe triste, delusa, disgustata di sé e della situazione;

- A livello fisiologico, inizierebbe a provare una sorta di forte voracità;

- A livello comportamentale, si manifesterebbe un’irrequietezza motoria.

A loro volta, queste conseguenze diverrebbero innesco di un nuovo ABC in cui i pensieri automatici

riguardano la necessità di sedare la sensazione di fame ed i nuovi esiti sono così riassumibili:

- A livello comportamentale, si abbuffa;

- A livello fisiologico, sentirebbe diminuire la sensazione di fame;

- A livello emotivo, inizia a provare gradualmente serenità e senso di accettazione.

La prima abbuffata, che si è manifestata poco dopo aver lasciato Giacomo, gli ultimi giorni di Giugno,

si delineerebbe come il fattore precipitante che l’ha portata a queste sistematiche condotte alimentari

disfunzionali, le quali nel tempo si caratterizzano come:

- Qualche abbuffata sporadica nel periodo successivo alla separazione dal ragazzo fino alla

morte del nonno (da fine Giugno a fine Agosto);

- Circa 2 abbuffate alla settimana per un periodo di quasi 1 mese (dai primi di Settembre al 25 -

giorno in cui incontra per la prima volta Gabriele, il nuovo fidanzato-);

- In maniera più saltuaria e situazionale, da metà Ottobre 2006 a Gennaio 2007.

In quest’ultimo periodo le abbuffate sono secondare soprattutto alla preoccupazione per gli esami fisici

ed all’atteggiamento del nuovo fidanzato che, come già accennato nel paragrafo dedicato

all’allargamento dei problemi, non è molto attento alla condizione di salute di Benedetta. Inoltre,

anche la madre, che inizialmente pare dedicarsi molto ad accompagnarla dai migliori medici della zona

per gli accertamenti, comincia gradualmente a riprendere le proprie abitudini, passando la maggior

parte del suo tempo con il compagno.

In questo stesso periodo in esame, è possibile verificare che le variazioni ponderali di Benedetta sono

state:

- 60 Kg fino a Giugno;

- 65 Kg i primi di Settembre;

- 70 Kg fine settembre;

- 79 Kg a Dicembre.

I principali fattori di mantenimento di queste condotte sono: inizialmente il fatto che viene

sottovalutato come disturbo in sé e che diventa subito funzionale a placare questa sensazione di fame

tanto sgradevole; in un secondo momento, quando la ragazza si rende conto degli effetti dannosi di

queste condotte alimentari sul proprio fisico e sulla propria salute, il principale fattore perpetuante

diverrebbe la mancanza di abilità alternative a prevenire la sensazione di fame, piuttosto che ad

intervenire su di essa. L’abbuffata diventa un riempitivo ed uno sfogo utile a gestire rabbia, solitudine

e tristezza, così come i rapporti sessuali promiscui ed insoddisfacenti sono il modo per intrattenere

relazioni interpersonali durature. Un ulteriore rinforzo esterno deriva dalla madre che,

Page 62: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

58

accompagnandola inizialmente dal medico per gli accertamenti di natura fisica, diviene per la prima

volta una figura accuditrice. Si suppone infatti che, la perdita dell’abitudine ad abbuffarsi almeno due

volte alla settimana, da Ottobre in poi, dipenda dal fatto che la mamma di Benedetta riprenda le

proprie abitudini a compiere viaggi con il compagno e deleghi la cura della figlia alla nonna.

La presenza dei nonni e di una relazione stabile si sono manifestati, fino al momento della prima

abbuffata, come i principali fattori protettivi da una solitudine che Benedetta trova inaccettabile ed

insostenibile. Il primo evento critico, la separazione da Giacomo viene per un primo momento

sopperito dalla preoccupazione per quella ancora peggiore dal nonno, perché si tratta di una perdita

irreversibile ed irrimediabile di una delle persone più importanti nella vita di Benedetta. In questo lasso

di tempo il pensiero anticipatorio della prossima solitudine diviene totale ed è quindi allora che trova

terreno fertile la prima abbuffata. Durante l’assessment, emerge però anche come la giovane usi

mettere in pratica alcune strategie alternative, per gestire il “nervoso” ed addirittura prevenirlo; oltre

ad abbuffarsi, talvolta compie evitamenti covert dei pensieri d’innesco del senso di fame, con

comportamenti sostitutivi che risultano ugualmente dannosi in quanto interferiscono con il normale

svolgimento delle attività quotidiane sociali, lavorative ed anche personali (masterizzare cd tutta la

notte anziché dormire; interrompere ogni attività lavorativa per mettersi a scrivere una lettera; etc.).

La ragazza pare aver sviluppato tali attitudini piuttosto che abilità sociali funzionali, la cui quasi totale

assenza, quando è coinvolta in rapporti interpersonali, viene compensata dalla messa in atto di attività

sessuali promiscue, che, oltre ad essere percepita da Benedetta come insoddisfacente, si è

manifestata dannosa. In tal senso l’uso il sesso è un mezzo per prolungare la relazione e quindi

prevenire un abbandono, la solitudine ed i conseguenti tentativi di gestire tali emozioni negative.

2.9 Proposta d’intervento

Le due forme più referenziate di terapia cognitiva e comportamentale applicate nei Disturbi

dell’Alimentazione, il modello di Fairburn (1996) per la Bulimia Nervosa e quello di Garner e Bemis

(1985) per l’Anoressia Nervosa, sono derivate principalmente dall’approccio di Beck e Emery per la

cura della depressione e dell’ansia (Beck e Emery, 1988). Entrambe le terapie, pur molto diverse tra

loro negli obiettivi e nelle modalità d’intervento, cercano di ridurre la preoccupazione disfunzionale per

il peso e le forme corporee, tipica di questi pazienti, utilizzando esercizi comportamentali e tecniche

classiche di ristrutturazione cognitiva.

Caratteristica principale del disturbo alimentare riscontrato in Benedetta, è invece la totale assenza di

preoccupazione patologica circa il corpo e le forme fisiche ed una tendenza ad abbuffarsi senza la

percezione di perdere il controllo. Per questo motivo le tecniche terapeutiche ordinarie non si

ritengono utili in questo caso. Viene proposta a Benedetta una terapia cognitivo-comportamentale

transdiagnostica (Fairburn e Harrison, 2003) la cui durata è stimata in 24 sedute in quanto la ragazza

ha un BMI superiore a 17,5 e specificatamente pari a 27,3; la frequenza delle sedute sarà la seguente:

• Prima settimana: 2 sedute;

• Settimane successive: 1 seduta la settimana;

• Ultime sei settimane: 1 seduta ogni due settimane.

Page 63: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

59

Il trattamento è individuale, ogni seduta prevede un incontro di 45’ con la psicologa ed un incontro di

30’ con il dietista, il Dr. Bianchi, il quale si manifesta disponibile ad aderire completamente a tale

proposta d’intervento. Viene inoltre coinvolto il medico di base, il quale si sta già interessando degli

esami di laboratorio della giovane.

Durante le prime 6 sedute di trattamento, il dietologo si occuperà di sviluppare con Benedetta la

formulazione generale del suo disturbo, di stabilire il suo BMI naturale e di pianificare l’alimentazione;

nel contempo, durante un numero equivalente di sedute la ragazza sarà fatta partecipe di una

formulazione del proprio caso da un punto di vista più strettamente psicologico, verrà messa di fronte

ai principali fattori che si sono resi indispensabili affinché sviluppasse il disturbo alimentare che ci

accingiamo a trattare e quali sono quelli che permettono allo stesso di mantenersi tuttora;

contemporaneamente ad un’educazione dei propri vissuti emotivi e fisiologici, verranno sviluppate

abilità alternative alle abbuffate, riducendo questo comportamento fino alla sua estinzione ed infine

ella svilupperà una formulazione allargata del proprio caso, attraverso la discussione in terapia degli

schemi di analisi funzionale compilati dalla stessa Benedetta.

In questa prima fase, per quanto riguarda il trattamento psicologico, verranno richiesti a Benedetta i

seguenti homework: tenere un diario emotivo da sviluppare come uno schema per l’analisi funzionale

in forma di “ABC cognitivo” relativamente ai comportamenti disfunzionali alimentari (le abbuffate);

utilizzare uno schema per l’analisi funzionale in forma di “ABC cognitivo” relativamente ai

comportamenti disfunzionali conseguenti ai vissuti di “nervoso” che portano a conseguenze diverse

dalle abbuffate (comportamenti di evitamento); descrivere uno schema per l’analisi funzionale in

forma di “ABC cognitivo” relativamente ai comportamenti che tentano di prevenire il senso di

“nervoso” attraverso la messa in atto di condotte sessuali strumentali ed insoddisfacenti o promiscue e

poco sicure.

In questa prima fase si rende necessario affrontare un piano psicoeducazionale relativo ai

comportamenti disfunzionali, siano essi relativi al disturbo alimentare che a quello più strettamente

legato all’ambito interazionale e sociale, al fine di iniziare ad erodere i comportamenti di

mantenimento e protettivi relativi al persistere della malattia, sostituendoli gradualmente con quelli

funzionali.

La seconda fase di trattamento, che occuperà la maggior parte di esso, sarà incentrata sui progressi

che Benedetta avrà fatto durante le prime 6 sedute; l’obiettivo principale di questo periodo è scalzare

completamente i fattori di mantenimento del disturbo del comportamento alimentare e lavorare sulla

modifica dello schema di valutazione del Sé. Date le difficoltà relazionali di Benedetta è prevedibile che

sia necessario che si sottoponga ad un training assertivo, con un obiettivo a medio termine di

migliorare le abilità sociali possedute e da un loro incremento al fine di ottenere un’evoluzione sulla

qualità, oltre che sulla quantità, delle sue relazioni interpersonali, attualmente povere e limitate al

fidanzato ed a pochissime amiche. Ancora a medio termine si pone l’obiettivo che Benedetta impari ad

avere un controllo diretto sulla modulazione delle proprie emozioni, di modo che possa riconoscere

quelle che fungono da innesco per le attività disfunzionali, eventualmente residue.

Page 64: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

60

Si ipotizza che i risultati ottenuti con il dietista circa un equilibrio sul piano corporeo-fisico e

l’apprendimento di abilità nuove, oltre che una maggior consapevolezza personale, permettano, entro

la XVIII seduta, un miglioramento dell’autostima, senza necessitare di un lavoro diretto in tale ambito.

Dalla XIX alla XXIV seduta, che rappresentano l’ultima parte di questo trattamento integrato e che,

come accennato in precedenza, avranno una frequenza quindicinale, gli obiettivi principali riguardano

il futuro e prevedono di:

1. Riassumere i progressi e le procedure del programma che hanno funzionato;

2. Prepararsi per le difficoltà future;

3. Fare un piano di mantenimento;

4. Chiarire quando è necessario riprendere la terapia;

5. Programmare il follow-up.

Benedetta accetta ogni parte del programma sia per quanto riguarda la parte psicologica, che per

quella medica, a carico del medico di base e quella dietistica curata dal Dr. Bianchi. Allo stesso modo

tra medico, dietista e psicologa vengono comparati ed adattati i programmi di lavoro come appena

descritto.

3. Trattamento

3.1 Svolgimento delle sedute

Durante le prime 6 sedute di trattamento, dal 31/01/07 al 28/02/07 (con due incontri durante la prima

settimana in data 31/01/07 e 02/02/07) ed in particolare nelle prime tre che si sono succedute in

tempi ristretti, Benedetta ha manifestato una motivazione molto alta, con una completa aderenza agli

homework ed una piena disponibilità ad aprirsi durante la terapia. Anche l’umore sembra migliorato e,

se da una parte questo può essere imputabile al miglioramento delle condizioni fisiche, dall’altra si

ritiene che questo dipenda in parte dalla sensazione della ragazza di “presa in carico totale”.

È stata riproposta alla ragazza la concettualizzazione del proprio caso, già mostratele alla chiusura

della fase di assessment e, durante i primi incontri, il trattamento si è incentrato principalmente

sull’analisi dei fattori che si ritiene siano predisponenti e poi precipitanti e di mantenimento al suo

disturbo. Sebbene vi siano continui contatti con il Dr. Bianchi, relativamente ai progressi sul piano

fisico, Benedetta si manifesta propositiva e soddisfatta dell’inizio di entrambe le terapie, trovando di

suo gradimento la dieta e, sentendosi sollevata da una parte del controllo che era solita esercitare

sulla propria vita e su se stessa; ella si definisce alleggerita dalla responsabilità di doversi pesare,

guardare allo specchio, misurare, senza saper porre rimedio a quello che emergeva, in quanto da

adesso questa forma di check-up è a carico del dietista, mentre, i pensieri incentrati sulla propria

condizione di solitudine o sul cattivo rapporto con il fidanzato, vengono monitorati attraverso gli

schemi di analisi funzionale, elencati insieme ad altre “preoccupazioni” e delegati alla psicologa con la

quale vengono discussi ogni seduta. L’utilizzo dei diari di automonitoraggio induce Benedetta a vedere

se stessa con un po’ più di distacco e senso critico, senza che il giudizio che entra in gioco, abbia

caratteristiche prettamente negative. È possibile asserire che, questa modalità di vedere se stessa in

modo decentrato, ha in sé un effetto molto positivo sulla giovane.

Page 65: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

61

In generale, la preoccupazione per il proprio corpo, già originariamente non importante, tende a

scomparire quasi immediatamente dalle schede di ABC, mentre permane per tutta la prima fase di

terapia la sensazione di “nervoso” che come abbiamo potuto osservare durante l’assessment, è

l’innesco dei comportamenti disfunzionali, per una cattiva mediazione del pensiero e delle emozioni.

A tal proposito era stato proposto a Benedetta di tenere un diario emotivo e si rende necessario

lavorare con un’educazione alle emozioni, prima di poter avere dei risultati utili dall’automonitoraggio;

sotto la voce “nervoso” la giovane poteva elencare contemporaneamente anche tutte e 5 le emozioni

di base.

Durante la IV seduta, come da accordi avviene la prima valutazione dell’andamento della terapia ed i

risultati sono incoraggianti: il Dr. Bianchi riferisce che Benedetta ha perso 2 Kg, raggiungendo un peso

di 77 Kg per un BMI pari a 26,6. Per quanto riguarda gli esami clinici il medico di base accerta che non

è presente nessuna problematica a livello organico ed anche se non è possibile ancora parlare di

regolarità del ciclo mestruale, questo mese si è presentato nella data prevista. Da un punto di vista

psicologico, riportiamo nella seguente tabella i risultati dei test somministrati in data 17/01/07 e

14/02/07, per confrontarne i risultati:

Sottoscale I prova II Prova Ascetismo 2 2 Bulimia 0 0 Consapevolezza enterocettiva 4 4 Impulsività 4 4 Insoddisfazione corporea 21 21 Impulso alla magrezza 19 < 20 Perfezionismo 4 4 Inadeguatezza 15 > 13 Insicurezza sociale 19 19 Paura maturità 9 9 Sfiducia Interpersonale 15 < 17 Tab. 4 Risultati al test EDI-2 a confronto: 17/01/07 e 14/02/07.

I risultati al test EDI-2 rileverebbero una diminuzione del valore della sottoscala inadeguatezza, IN =

13, ma aumentano i valori per quanto riguarda la valutazione dell’impulso alla magrezza, IM = 20 e

della sfiducia interpersonale, SI = 17; rimangono alti ed inalterati i punteggi per le sottoscale relative

all’insoddisfazione corporea ed all’insicurezza sociale.

Insieme al dietista viene deciso di lavorare quindi sul riconoscimento dei segnali della fame; viene

affidato a Benedetta un ulteriore homework situazionale e, ogni qualvolta Benedetta prova o pensa di

provare un languore si deve soffermare a compilare una scheda di analisi funzionale, per verificare

che non vi siano antecedenti che solitamente determinano le conseguenze del “nervoso”. In ogni

caso, anche se la fame viene riconosciuta come tale, qualora si abbuffi, deve compilare una scheda

aggiuntiva del diario alimentare, documentando l’eventuale abbuffata e del diario emotivo per

descrivere le emozioni associate.

In questo primo mese di trattamento è stato possibile osservare nelle schede di analisi funzionale,

ognuna delle tre conseguenze comportamentali: sesso come strategia di recupero della relazione

interpersonale e prevenzione di un’eventuale solitudine; meccanismi di evitamento covert della

sensazione spiacevole; ed abbuffate alimentari; queste ultime sono però andate diminuendo in

frequenza fin dall’inizio. Benedetta, grazie al programma di psicoeducazione circa il circolo vizioso dei

disturbi alimentari e l’adozione della dieta somministrata dal dietista, ha infatti riportato di “non avere

Page 66: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

62

voglia” di compilare anche una sezione a parte nel diario alimentare per dover documentare

l’abbuffata ed una ulteriore di quello emotivo, quindi, come previsto, la ragazza sceglie un

comportamento alternativo anche come conseguenza di un costo della risposta rappresentato dalle

attività aggiuntive assegnatele. Inoltre ammette di godere dei primi risultati ottenuti e non vuole

rinunciarvi, quindi appare motivata a mantenere tale condotta.

Si registra durante questa valutazione una sola abbuffata, anche se, alla fine della prima fase di

trattamento saranno in totale due. Riprendiamo l’analisi funzionale per verificare come si sono

concatenati gli eventi:

09/02/07 ore 11.20

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: disperazione.

Fisiologiche: sensazione di vuoto allo stomaco,

fame, annebbiamento della vista, debolezza

degli arti.

Nonostante Benedetta dichiari

di non stare ancora molto

bene, la madre le comunica

che partirà per il week end

con il compagno.

“Non gliene importa niente”,

“Che farò io se Gabriele non

esce?”, “Starò da sola come

sempre”, “Che fame! Devo

mangiare qualcosa”, “Forse

non è fame, lo so”. Comportamentali: consuma il pranzo al sacco e

si reca alla macchinetta erogatrice di snack,

mangiando 12 merendine al cacao nel bagno

delle donne.

Tab. 5 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

09/02/07 ore 11.30

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: appagamento fisico e psicologico.

Fisiologiche: sensazione di piacevole sazietà.

Benedetta ha appena finito di

mangiare, nel bagno delle

donne della propria sede di

lavoro, 12 merendine al cacao,

immediatamente dopo aver

consumato il pranzo.

“Ora sto meglio!” “Non

dovevo mangiare così tanto,

il dietista si arrabbierà”, “Sì

ma che potevo fare?” “Per

questa volta che sarà

mai…”.

Comportamentali: torna a lavoro e molto

concentrata vi si dedica completamente.

Tab. 6 Analisi funzionale relativa al comportamento: ABBUFFATA, come riportata dalla paziente.

Come verificato durante la fase di assessment, Benedetta cede alla disperazione e dà libero sfogo ad

un rimedio immediato che le permette di gestire la rabbia e la delusione. Di fronte alla

concettualizzazione di quanto accade, sembra però rammaricarsi di quanto avvenuto e, attraverso dei

problem-solving prova a trovare insieme alla psicologa alternative diverse, una fra tutte imparare

abilità di tipo sociale che la mettano nella condizione di poter esprime esternamente i propri vissuti di

rabbia e solitudine e di crearsi una rete sociale adeguata che la famiglia non le ha fornito.

Come accennato alla fine di questa prima parte di terapia emergerà una seconda abbuffata,

documentata in data 17/02/07 e con caratteristiche simili alle altre già mostrate nelle precedenti

tabelle. La fonte d’insicurezza è nuovamente il fidanzato Gabriele che, dopo aver trascorso da amici il

Venerdì sera, lasciando Benedetta a casa sola con la nonna, le comunica il giorno seguente alle 19.40

che non ha voglia di uscire perché è troppo stanco per farlo, nonostante il giorno precedente avesse

preso accordi con lei per cenare al ristorante.

Page 67: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

63

In questo caso, Benedetta sembra scegliere l’abbuffata come unica soluzione al problema, in quanto

nella prima seduta utile, il 21/02/07, si presenta con un foglio sul quale ha elencato alcune alternative

al comportamento alimentare disfunzionale. Mentre porge i risultati scritti di questo problem-solving,

ne anticipa a lettura cominciando a riportarne gli esiti verbalmente con un tono alto e concitato della

voce: conoscere qualcuno su internet; chiamare una collega di lavoro (ma sono tutte adulte e con

famiglia); chiamare qualche vecchia compagna delle scuole superiori (che però non ha più sentito dal

fidanzamento con Giacomo nel 2004). Benedetta è arrabbiata per questa sua situazione e, sentendo

che non sa come farvi fronte, pare adirata anche con gli specialisti che la seguono in questo momento

perché non sono in grado di darle una soluzione immediatamente spendibile, prima fra tutte la

psicologa. L’entusiasmo delle prime 3 sedute, nelle quali la terapia è stata promettente e in rapida

successione sembrano adesso aver deluso le aspettative della ragazza. Solo guardando assieme il

calendario e verificando che entrambi i trattamenti sono iniziati da poche settimane (3 per l’esattezza)

riesce a calmarsi. Benedetta si scusa per tanta irruenza e, invitata ad apprezzare la soluzione

comunicativa, anche se deve imparare a modularla, riferisce di essersi sentita subito meglio, ma di

aver anche temuto di essere dimessa dalla terapia psicologica perché non è stata accondiscendente. Si

ritiene dunque, che questo evento sia stato provvidenziale per provare alla ragazza che, anche se in

un certo momento o per una determinata occasione può avere un comportamento inadeguato, questo

non la squalifica totalmente come persona e che gli altri possono non abbandonarla.

Questa caratteristica di Benedetta ogni tanto si ripresenta in terapia e vede la motivazione della

ragazza spegnersi improvvisamente, delegando al prossimo ogni possibilità di risolvere i problemi che

l’affliggono. Il pensiero dicotomico: “sono tutta buona o completamente cattiva”, si proietta sul

trattamento, dove il regime alimentare del Dr. Bianchi è stato “rovinato” dall’inevitabile abbuffata. Si è

reso necessario nel trattamento psicologico, andare quindi ad arginare l’impatto dell’abbuffata sul suo

approccio alla dieta. Inoltre, mentre Benedetta illustrava l’assenza di valide alternative a non passare

una serata da sola, che avevano determinato il senso di “nervoso”, derideva queste stesse possibilità

con tono strafottente, sentenziando di conseguenza l’abbuffata, come unico mezzo per sedare quella

sensazione; una volta abbuffata poi, la dieta è venuta meno, perché lei aveva ceduto e, dal momento

che non aveva soluzioni apprezzabili a placare un eventuale stato emotivo negativo futuro, non

sarebbe servito a niente continuare quel trattamento.

In questo periodo l’innesco degli eventi è spesso a carico del rapporto con Gabriele che, dal periodo di

San Valentino, (il 14 Febbraio), si fa molto problematico. Nonostante Benedetta abbia concluso a

Gennaio la cura per la Candida Vaginalis ed anche l’Herpes sia scomparso, non riesce a trovare con il

compagno l’equilibrio precedente all’insorgere di questi problemi; l’utilizzo dell’unica strategia che ha

trovato funzionale negli anni, il sesso, non sembra più essere abbastanza efficace.

Durante l’ultima seduta di questa prima fase di trattamento, tenutasi il 28/02/07, Benedetta sembra

disillusa circa l’eventualità di un lieto fine per la sua storia d’amore e si propone di utilizzare in maniera

corretta e funzionale gli homework, rincuorata di non essere ingrassata dopo l’ultima abbuffata e

sentendosi meno sola grazie alla terapia, anche se riconosce che non è abbastanza. Riferisce inoltre

che alcuni colleghi di lavoro, coetanei della madre, la prendono in giro per le continue infruttuose

Page 68: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

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diete quando la vedono mangiare nella pausa pranzo e questo le dà una spinta ulteriore a collaborare

attivamente nelle terapia proposte.

Dalla VII seduta, tenuta in data 07/03/07 inizia la II Fase di trattamento. Benedetta aderisce

completamente alla dieta e terminato il lavoro sul riconoscimento attivo delle emozioni e quindi

elaborando in modo adeguato la sensazione di fame, inizia ad applicarsi anche su alcuni principi base

dell’assertività. Fattore di mantenimento residuo dei problemi della ragazza è infatti l’assenza di

strategie alternative ad elaborare la rabbia e la tristezza ed a gestire la solitudine. Anche se questi

nuovi strumenti hanno lo scopo di mettere Benedetta nella condizione di farsi nuove amicizie, il

trattamento si prefigge l’obiettivo di insegnarle a stare prima di tutto con se stessa, momento critico

nel quale, invece, inizia ad autovalutarsi in modo negativo, in quanto profondamente ritiene che sia lei

(come persona, non solo come aspetto fisico) a determinare questo stato di oggettiva solitudine.

Durante questo training delle abilità affermative, saranno quindi messi a disposizione della ragazza e

collaudati direttamente con lei, strumenti atti a: riconoscere ed esprimere le emozioni; riconoscere ed

utilizzare le abilità verbali e non verbali; riconoscere e mettere in atto comportamenti di tipo assertivo;

conoscere i propri diritti ed utilizzare abilità di persistenza e di difesa per affermarli.

Dai colloqui emerge un lato di Benedetta molto infantile: se appare veramente attiva nell’apprendere i

vari step delle abilità di conversazione tipiche del training assertivo, secondo il manuale di

addestramento affermativo di Alberti e Dinetto (Alberti e Dinetto, 1988), nell’esporsi all’espressione

delle proprie emozioni con gli altri, in maniera non aggressiva e non pretenziosa, appare fragile ed

indifesa. La sicurezza pare aumentare gradualmente e, in concomitanza ad una maggior padronanza

dell’abilità di conversazione, anche il suo aspetto fisico appare migliorato e questi elementi paiono

influenzarsi vicendevolmente.

In data 11/04/07 Benedetta viene nuovamente sottoposta al test EDI-2 ed alle visite di tipo medico. Il

dietista registra un’ulteriore diminuzione di peso arrivando a 70 Kg, corrispondente ad un BMI pari a

24,2. Dal punto di vista più strettamente psicologico si osservano dei miglioramenti, oltre che sul

piano relazionale anche da un punto di vista testistico. Riportiamo di seguito una tabella contenente i

risultati al test EDI-2 a confronto con quelli emersi nelle scorse somministrazioni:

Sottoscale I prova II Prova III Prova Ascetismo 2 2 2 Bulimia 0 0 0 Consapevolezza enterocettiva 4 4 4 Impulsività 4 4 4 Insoddisfazione corporea 21 21 > 12 Impulso alla magrezza 19 20 > 12 Perfezionismo 4 4 4 Inadeguatezza 15 13 > 11 Insicurezza sociale 19 19 > 17 Paura maturità 9 9 9 Sfiducia Interpersonale 15 17 > 15 Tab. 7 Risultati al test EDI-2 a confronto: 17/01/07, 14/02/07 e 11/04/07.

Nei risultati mostrati nella tabella 7, si osserva una forte diminuzione sulle sottoscale dell’EDI-2,

relativamente a: insoddisfazione corporea, IC = 12, impulso alla magrezza, IM = 20, inadeguatezza,

IN = 11; si mantengono relativamente stabili i valori in quelle dell’insicurezza sociale, IS = 17 e della

sfiducia interpersonale, SI = 15.

Page 69: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

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Sono ancora diverse le occasioni in cui Benedetta registra un senso di “nervoso” che sfoga in maniera

disfunzionale. Mentre sperimenta con persone nuove le abilità appena apprese con il training

assertivo, prima collaudate tramite role-playing in terapia, con il fidanzato pare continuare ad utilizzare

semplicemente un comportamento sessuale strategico. Benedetta non trova appaganti i rapporti fisici

con Gabriele, ma utilizza questi in maniera strumentale all’atteggiamento di lui o, come mezzo

alternativo all’espressione delle proprie emozioni. Prima di riportare qualche esempio espresso

attraverso l’analisi funzionale condotta negli homework, si ritiene di dover sottolineare che, fatta

eccezione per i rapporti con il ragazzo, Benedetta ha imparato ad esprimere i propri diritti e le proprie

emozioni in maniera sempre più adeguata e, nell’ambito familiare questo ha determinato un aumento

dell’accudimento da parte del compagno della madre, mentre quest’ultima, per quanto ci provi,

continua ad essere un po’ avara del proprio tempo.

21/04/07 ore 00.30

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: apprensione.

Fisiologiche: senso di farfalle nello stomaco.

Gabriele decide di tornare

a casa, dopo una serata

insieme.

“Questa storia sta per finire”,

“Non lo devo perdere”.

Comportamentali: ha un rapporto sessuale con lui.

Tab. 8 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

21/04/07 ore 00.50

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: felicità.

Fisiologiche: nessuna in

particolare.

Dopo aver avuto il rapporto

sessuale con il fidanzato.

“Ora sa quanto tengo a lui”, “Mi sembra più

contento”, “Se lo meritava alla fine, questa

settimana mi ha sempre telefonato”.

Comportamentali: torna a casa.

Tab. 9 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

Benedetta riferisce di non provare nessun interesse e piacere particolare nel sesso e, in virtù di

un’autostima che sta aumentando, sente di poter controllare questo aspetto della propria vita. Non

trattandosi di un’attività promiscua con partner sessuali diversi ed in accordo con l’esplicita richiesta

della ragazza di non trattare al momento questo aspetto come comportamento disfunzionale, si ritiene

coerente con il programma prefissato assecondare tale istanza.

In questo periodo Benedetta fa nuove amicizie ed in particolare sembra intrattenere rapporti sempre

più frequenti con Erica, una nuova collega di lavoro sua coetanea, e con Francesco, un ragazzo che ha

conosciuto al Rotary Club Valdelsa accompagnando la madre ad una partita di golf con le amiche. Per

quanto riguarda la prima, confessa di non aver provato ansia nell’approccio, in quanto, l’arrivo di una

ragazza della sua età sul posto di lavoro ed in questo periodo in cui voleva esercitare nuove abilità

apprese in campo interpersonale, le è sembrato davvero provvidenziale. Nonostante scoraggiata dai

colleghi più grandi, che hanno subito riferito alla nuova arrivata che Benedetta è la figlia dei datori di

lavoro, ha manifestato un sincero interesse verso di lei e, da un aiuto concreto ad ambientarsi, si è

sentita ben presto disinibita nel continuare questo rapporto al di fuori dell’ufficio. Trovandosi a poco

più di mezz’ora dal mare di Marina di Pisa, il Venerdì pomeriggio da circa metà Maggio le due ragazze

hanno iniziato a recarsi dopo lavoro sulla spiaggia, per poi trascorrere la serata insieme.

Page 70: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

66

Nella seduta del 23 Maggio, Benedetta dichiara di non avere più rapporti sessuali con Gabriele da 15

giorni; lei non sente il desiderio di averne e, non avendo più bisogno di lui per uscire, non ha neanche

validi motivi per elargire “lodi e punizioni” utilizzandolo come strumento. Questo però fa sì che il

ragazzo si allontani ancora di più, portandole di conseguenza una tacita conferma che il sesso era

l’unico collante tra loro e, proprio in questa data, egli parte per Atene per il fine settimana senza dare

preavvisi di alcun tipo. Benedetta lo riferisce con un’espressione di biasimo sul volto, scuotendo la

testa e chiedendo in modo retorico: “Me lo merito un ragazzo così?”.

Si suppone che questa reazione controllata, ma soprattutto serena, dipenda dal fatto che, come si era

previsto nelle ipotesi di trattamento, l’autostima della giovane è aumentata, grazie al miglioramento

del suo aspetto fisico e delle proprie capacità di gestire se stessa indipendentemente dalle persone

intorno a lei. Per troppo tempo infatti, il biasimo verso di sé, per una madre disattenta ed egoista, per

non sapere come conoscere nuove persone se non in un mondo virtuale ed artificiale, l’ha in qualche

modo tutelata dal doversi esporre anche agli errori, nutrendo però il circolo vizioso dell’anassertività;

su un terreno tanto fertile si erano poi insediati problemi davvero difficili da gestire e da quel

momento il biasimo è divenuto, in un certo senso, legittimo.

Dalla XX alla XXIV seduta, tenute con frequenza bisettimanale come da accordi, si è lavorato

principalmente sul rinforzare i comportamenti funzionali appresi e consolidare le abilità acquisite.

Durante i primi giorni di Giugno, Gabriele lascia Benedetta, adducendo motivazioni che la ragazza

trova futili e di circostanza. Benedetta racconta di essere ancora innamorata di lui, per quanto la stima

nei suoi confronti sia diminuita molto nell’ultimo periodo; ritiene che, se anche lui provasse tali

sentimenti per lei, magari si sarebbe comportato in modo diverso. Appare un po’ triste, ma non

abbattuta o disperata e dichiara di non provare la sensazione di “nervoso” già da un po’ di tempo,

mentre l’ultima volta che ne ha esercitato un controllo attraverso l’analisi funzionale ABC, risale al 22

Aprile. Benedetta dice di sentirsi arrabbiata, frustrata, contenta, agitata, ma vi è una definizione

particolareggiata di quanto proviene da lei, non più un’informe e vaga sensazione, con molte

sfaccettature di tipo fisiologico. Con il Dr. Bianchi ha poi imparato a riconoscere gradualmente il senso

di fame e sazietà e quindi risale ormai al 17 Febbraio l’ultima abbuffata.

Per quanto riguarda l’amicizia con Erica, Benedetta sembra mantenere la giusta autonomia, senza

attaccarsi alla ragazza in modo eccessivo, come evitamento di una condizione di isolamento; al

contrario, ha iniziato a frequentare anche altre persone, soprattutto di sesso femminile, conosciute in

quest’ultimo periodo durante le uscite con l’amica. Per quanto riguarda l’amico Francesco, lo sta

tenendo un po’ a distanza, in quanto ritiene che il suo interesse per lei, vada oltre l’amicizia e non

vuole iniziare una nuova storia.

Non provando più la sensazione di “nervoso” ed arricchendo il proprio repertorio di emozioni, oltre che

mostrando un’abilità acquisita nel modularle e gestirle, non resta che lavorare su problem-solving di

eventuali situazioni future, al fine di verificare la generalizzazione degli apprendimenti fin qui eseguiti

ed eventualmente migliorarne l’efficacia.

In occasione della XXIV seduta, vengono somministrati nuovamente i test EDI-2 e MMPI-2 e viene

fissato un nuovo appuntamento a distanza di ulteriori 6 mesi per un incontro di follow-up.

Per quanto riguarda la somministrazione del test EDI-2 i risultati riassunti nella tabella 10, mostrano i

Page 71: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

67

valori delle sottoscale in ognuna delle prove eseguite. Si osserva che i punteggi sono tutti rientrati e,

solo le sottoscale relative all’insicurezza sociale, IS = 9 ed alla sfiducia interpersonale, SI = 8

rimangono a livelli leggermente più alti delle altre.

Sottoscale I prova II Prova III Prova IV ProvaAscetismo 2 2 2 3 Bulimia 0 0 0 0 Consapevolezza enterocettiva 4 4 4 4 Impulsività 4 4 4 3 Insoddisfazione corporea 21 21 12 5 Impulso alla magrezza 19 20 12 6 Perfezionismo 4 4 4 4 Inadeguatezza 15 13 11 6 Insicurezza sociale 19 19 17 9 Paura maturità 9 9 9 5 Sfiducia Interpersonale 15 17 15 8 Tab. 10 Risultati al test EDI-2 a confronto: 17/01/07, 14/02/07, 11/04/07 e 01/08/07.

Relativamente al test MMPI-2, in base ai criteri descritti da Butcher e Williams riportiamo i grafici ed

una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams, 1996). Per ogni grafico è possibile osservare le

linee tratteggiate relative al primo test somministrato, per offrirne un confronto visivo immediato.

È possibile notare come, la conformazione delle scale cliniche appaia immediatamente simile alla

precedente, sebbene i valori della seconda somministrazione siano più moderati.

Dal punto di vista della validità del test va osservato che Benedetta anche in questo caso ha risposto

in modo corretto e sincero, anche se, più o meno coscientemente, ha cercato di coprire talune

presunte insufficienze della propria personalità.

Il tono dell’umore appare ancora caratterizzato da note depressive ed in coincidenza con un’elevazione

della scala supplementare PK e MDS si suppone sia reattivo ad un evento negativo in ambito

sentimentale; approfondendo attraverso il successivo colloquio, il tono disforico di Benedetta sarebbe

determinato da un tentativo fallito di riavvicinamento con Giacomo; dopo molto tempo che non si

vedevano infatti, il 28 Luglio lei lo ha invitato a cenare insieme e, nell’occasione, le ha proposto di

riniziare la frequentazione. Gabriele rifiuta un nuovo coinvolgimento ma propone a Benedetta di

continuare a frequentarsi “senza impegni”, ossia con una frequentazione poco frequente e con

l’eventualità di avere rapporti sessuali. La ragazza rifiuta questa offerta, riproponendo al contrario, una

relazione più stabile e, non trovandosi d’accordo decidono entrambi di lasciar perdere. Il malessere

emerso con la scala clinica della depressione, D = 65, può quindi essere associato anche a tratti di

irrequietezza ansiosa con una scarsa tolleranza alla frustrazione e tendenze oppositive nei confronti

dell’ambiente, che rimangono tipiche della personalità della ragazza.

È riscontrabile, comunque, un’ideazione congrua ed aderente alla realtà, non sono presenti elementi

disturbanti il contenuto del pensiero né tanto meno particolari meccanismi difensivi dell’ansia che,

dunque non viene somatizzata.

Sul piano dei rapporti, nell’ambito di una situazione gruppale, è possibile rilevare una liberazione di

tratti aggressivi che possono costituire un ostacolo per un adeguato inserimento ed integrazione al

gruppo medesimo, ma viste le tendenze ad assecondare gli altri, per paura di restare sola, tipiche di

Benedetta prima dell’intervento, è possibile leggere tale risultato nell’ottica di un aumento del rispetto

di sé relativamente alla vita nel gruppo. Può avere inoltre un’eccessiva fiducia nelle proprie capacità,

Page 72: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

68

mostrando ipervalutazione di sé, anche se sono possibili oscillazioni in senso opposto con dubbi sulle

proprie reali facoltà.

Come rilevato anche negli ultimi colloqui, la caratteristica principale è attualmente rappresentata dalla

notevole difficoltà ad interiorizzare totalmente le norme etico-sociali del gruppo di appartenenza,

dall'assenza di una risposta emotiva profonda e dall'incapacità di trarre profitto dall'esperienza. Come

più volte riferisce Benedetta stessa, stare nel gruppo è difficile e faticoso e spesso sente la tentazione,

soprattutto per quanto riguarda le amicizie maschili, di ricadere nelle vecchie modalità relazionali

proprio con l’intento di velocizzare alcuni passaggi; si rende conto però che, introducendo il sesso in

una relazione, ne produrrebbe un cambiamento sostanziale, quindi cerca di mantenersi paziente e di

lasciare che gli eventi facciano il loro corso, anche se questo le crea talvolta un senso d’inquietudine.

Scale Cliniche

5360

35

76 72

48

76

5257

63 6761

5156

65

45

65 65

48

63

4553

58 56 57 57

30405060708090

100

17/01/2007 53 60 35 76 72 48 76 52 57 63 67 61 51

01/08/2007 56 65 45 65 65 48 63 45 53 58 56 57 57

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 8 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 01/08/07

Scale Supplementari

60 58 60 62

45

68 68

586463

54 56 59

45

61

70

54

72

30

40

50

60

70

80

90

100

17/01/2007 60 58 60 62 45 68 68 58 64

01/08/2007 63 54 56 59 45 61 70 54 72

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 9 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 01/08/07

Page 73: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

69

Scale di Contenuto

6157

6864

71

5954

68

59 61

76 74 72 7165

61 60 61 60 60 59 57

6459 61

71 72

6265 63

30

40

50

60

70

80

90

100

17/01/2007 61 57 68 64 71 59 54 68 59 61 76 74 72 71 65

01/08/2007 61 60 61 60 60 59 57 64 59 61 71 72 62 65 63

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 10 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 01/08/07 Per quanto riguarda le analisi di tipo medico e fisico, in questa data il peso di Benedetta è arrivato a

63 Kg, con un BMI pari a 21,8. Benedetta ammette di piacersi molto di più e non manifesta tendenze

alla ricerca di un ulteriore calo di peso; riferisce di apprezzare il proprio corpo e di riconoscere di aver

sempre avuto una corporatura giunonica. Aggiunge che il dietista le ha consigliato di mantenersi

intorno a questo peso e di rivolgersi nuovamente al servizio nel caso in cui aumenti fino a 70 Kg,

mentre è prevedibile un successivo riassestamento naturale.

In quest’ultima seduta se ne approfitta quindi per illustrare a Benedetta la teoria del set-point e ci si

accerta che, un lieve aumento di peso non diventi fonte di ansia e preoccupazione.

3.2 Follow-up e Conclusioni

Nell’incontro di follow-up a 6 mesi, in data 04/02/08, Benedetta appare rilassata e serena. Esordisce

riferendo un aumento di peso di 2 Kg e, ormai da 3 mesi pesa dunque 65Kg. Ammette di piacersi e,

dopo molto tempo, di trovare piacevole andare a comprarsi vestiti ed accessori. Riferisce che affronta

queste attività con Erica, con la quale ha stretto una buona amicizia, soprattutto dopo che a

quest’ultima è scaduto il contratto di lavoro per la ditta del patrigno di Benedetta; sebbene si vedano

con meno frequenza, adesso la ragazza è più serena che questa relazione sia del tutto disinteressata.

Appare molto sicura e soddisfatta di sé nel comunicare di non avere un fidanzato. Nella storia della

propria vita, infatti, non le era mai capitato di non avere relazioni, neanche di tipo prettamente

sessuale, per più di 2 settimane, mentre adesso riferisce che, dopo l’ultima volta con Gabriele, intorno

ai primi di Maggio del 2007 non ha più avuto rapporti con nessuno. Non sente la mancanza del sesso,

bensì quella di una relazione amorosa, ma tollera bene il fatto di non aver incontrato la persona

giusta.

Benedetta si sente bene ed appare al meglio e l’entusiasmo con cui vive questa “nuova sé” è evidente

e contagioso.

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70

Page 75: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

71

Fobia Specifica: un processo filogenetico di attenzione selettiva

1. Definizione e Quadro clinico

In passato era in uso denominare ciascuna Fobia con il nome dell'oggetto temuto, per cui sono state

coniate oltre un centinaio di appellativi: "claustrofobia" per la paura degli spazi chiusi, "aracnofobia"

per la paura dei ragni, "acrofobia" per la paura dei luoghi alti, etc.; attualmente sono tutte raccolte

nella dizione di "Fobia Specifica" tranne due, l'Agorafobia e la Fobia Sociale che sono sindromi più

complesse e diffuse.

Una Fobia Specifica è rappresentata da una paura marcata, persistente, irragionevole o

sproporzionata per stimoli precisi o situazioni circoscritte e chiaramente discernibili; talvolta tale

emozione può essere scatenata anche dalla previsione di un danno e collegata a certi aspetti

dell’oggetto o situazione.

Le Fobie Specifiche possono comprendere anche la preoccupazione di perdere il controllo, di avere il

panico, manifestazioni somatiche di ansia e di paura (quali l’aumentata frequenza cardiaca o la

dispnea) e di svenire, che si potrebbero manifestare durante l’esposizione all’oggetto temuto.

L’ansia, quasi invariabilmente, viene avvertita immediatamente quando avviene il confronto con lo

stimolo fobico ed il livello che può raggiungere, varia in funzione sia del grado di vicinanza a tale

input, che dalla percezione soggettiva della possibilità di allontanarsi da esso; in ogni caso, l’intensità

della paura può non essere sempre correlata in modo prevedibile con lo stimolo fobico.

Secondo il Manuale Psichiatrico e Diagnostico dei Disturbi Mentali DSM-IV-TR, (APA, 2001) si possono

specificare i seguenti sottotipi per indicare l’oggetto della paura o dell’evitamento nella Fobia Specifica:

Tipo Animali la paura viene provocata da animali o insetti. Questo sottotipo esordisce

generalmente nell’infanzia.

Tipo Ambiente Naturale la paura viene provocata da elementi dell’ambiente naturale, come

temporali, altezze, acqua. Questo sottotipo esordisce generalmente nell’infanzia.

Tipo Sangue-Iniezioni-Ferite la paura viene provocata dalla vista del sangue o di una ferita o

dal ricevere un’iniezione od altre procedure mediche invasive. Questo sottotipo ha un’elevata

familiarità ed è spesso caratterizzato da un’imponente risposta vaso-vagale.

Tipo Situazionale la paura viene provocata da una situazione Specifica, come trasporti pubblici,

tunnel, ponti, ascensori, volare, guidare o luoghi chiusi. Questo sottotipo ha una distribuzione

dell’età di esordio bimodale, con un picco nell’infanzia e un altro picco verso i 25 anni.

Altro Tipo la paura viene scatenata da altri stimoli che possono includere: la paura o

l’evitamento di situazioni che potrebbero portare a soffocare, vomitare, o contrarre una malattia,

la Fobia dello “spazio” (cioè l’individuo ha timore di cadere giù se è lontano da muri od altri mezzi

di supporto fisico); ed il timore, nei bambini, dei rumori forti o dei personaggi in maschera.

Molte persone affette da una Fobia Specifica spesso ne presentano anche altre in comorbilità e,

l’essere affetti da una Fobia di un sottotipo specifico, tende ad aumentare la probabilità di avere

un’altra Fobia nell’ambito dello stesso sottotipo.

Page 76: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

72

Tali disturbi frequentemente si manifestano poi insieme ad altre sindromi ansiose, del tono dell’umore

o correlate all’uso ed abuso di sostanze; tuttavia solo raramente rappresentano il nucleo

dell’attenzione clinica, in quanto la Fobia è di solito associata a minor disagio o minor interferenza con

il funzionamento rispetto alla diagnosi principale in comorbilità ed è quindi fondamentale stabilire se vi

sia una richiesta aggiuntiva, magari celata.

2. Incidenza

Sebbene le Fobie siano frequenti nella popolazione generale, raramente determinano una

menomazione od un disagio sufficienti a giustificarne una diagnosi. La prevalenza riportata può variare

a seconda della soglia utilizzata per determinare la menomazione od il fastidio ed in relazione al

numero di tipi studiati. Nei campioni di comunità, le percentuali di prevalenza attuale variano dal 4%

all’8,8% e le percentuali di prevalenza life-time dal 7,2% all’11,3%. Le percentuali di prevalenza

diminuiscono nell’età avanzata.

Il contenuto delle Fobie, così come la loro prevalenza, varia con la cultura e l’etnia. Ad esempio, le

paure della magia o degli spiriti sono presenti in molte culture e dovrebbero essere considerate una

Fobia Specifica solo se la paura è eccessiva nel contesto di tale background e causa menomazione o

disagio significativi. Tale disturbo può essere più comuni negli strati socioeconomici più bassi, benché i

dati siano contraddittori (Galeazzi e Meazzini, 2004).

Globalmente, il rapporto donne-uomini con Fobie Specifiche è di circa 2:1, anche nei soggetti anziani,

sebbene la nota riluttanza degli uomini ad esprimere le proprie ansie, rende questa stima altamente

ipotetica.

La prevalenza nel corso della vita è stimata oltre il 10% della popolazione, ma, come abbiamo già

accennato, solo in una piccola parte dei casi viene richiesto aiuto professionale. Nei familiari vi è un

aumentato rischio di Fobie Specifiche e vi sono alcuni dati che suggeriscono che può esservi

un’aggregazione familiare per tipo di Fobia, anche se questo potrebbe dipendere da un

apprendimento, piuttosto che da un fattore di ereditarietà genetica; al contrario, la Fobia del sangue e

delle ferite ha una familiarità particolarmente spiccata.

3. Decorso

I primi sintomi di una Fobia Specifica di solito si manifestano nella fanciullezza o nella prima

adolescenza; l’età media all’esordio varia con il tipo di Fobia Specifica: la Fobia Specifica Tipo

Situazionale, tende ad avere una distribuzione bimodale, con un picco nell’infanzia ed un secondo

picco verso i 25 anni; le Fobie Specifiche, Tipo Ambiente Naturale (per es., Fobia dell’altezza), tendono

ad iniziare principalmente nella fanciullezza, sebbene molti nuovi casi si manifestino nella prima età

adulta; le età di esordio per le Fobie Specifiche Tipo Animali e Tipo Sangue-Iniezioni-Ferite, si

collocano di solito nella fanciullezza. In ogni caso, solitamente la paura di uno stimolo è presente per

un certo periodo prima di causare disagio o compromissione tali da richiedere una prestazione

specialistica.

Page 77: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

73

4. Fobia specifica e Bias attentivo: la ricerca attuale

Da una prospettiva evoluzionistica, la risposta della paura umana osservata in situazioni di pericolo e

minaccia è parte di un sistema di comportamenti difensivi che motiva l’organismo a scappare ed

evitare la fonte del pericolo (Blanchard e Blanchard, 1988; Bolles, 1970; Fanselow e Lester, 1988). Le

basi Darwiniane di questa attivazione fobica sono state incorporate nei più moderni modelli di

processazione delle informazioni (Öhman, 1993), dove emozioni e funzioni cognitive divengono unica

rete nervosa cui l’individuo attinge nella propria esperienza quotidiana, attraverso “corsie preferenziali”

di elaborazione dell’informazione. La premessa centrale di questi approcci è che l’organismo umano ha

la capacità di fronteggiare un enorme numero di informazioni, ma che quelle di minaccia vengano

processate preferenzialmente rispetto a quelle meno importanti (Mineka e Öhman, 2002). Mineka e

Öhman propongono, infatti, il concetto di un evoluto “modulo della paura” che selettivamente

elaborerebbe stimoli filogeneticamente di minaccia, come i serpenti, i ragni e facce arrabbiate, ossia

target a lungo associati con un reale pericolo per l’uomo. Tale caratteristica faciliterebbe, secondo il

modello di Seligman di Preparedness (1971) l’acquisizione di alcune fobie rispetto ad altre.

Le ultime ricerche (Waters et al., 2008) si sono concentrate nel verificare se, come già dimostrato

negli adulti (Öhman et al., 2001), anche i bambini di 9 anni possiedano un già specifico modulo della

paura per ragni e serpenti ed i risultati al test di Stroop modificato hanno dato esito positivo. Questi

dati fornirebbero la prova che, di fronte a stimoli raffiguranti una minaccia, il sistema percettivo

umano, funzioni come parte di un comportamento adattivo di difesa in maniera efficiente fin dai primi

anni di vita, andando a migliorare con lo sviluppo e l’esperienza.

Fig. 1 Test di Stroop con immagini

Page 78: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

74

5. Modelli teorici di riferimento

5.1 Concettualizzazione cognitivo-comportamentale

I fattori che favoriscono l’esordio delle Fobie Specifiche includono eventi traumatici (come essere stati

attaccati da un animale o rinchiusi in uno stanzino), gli Attacchi di Panico inaspettati nella situazione

temuta, il vedere altri sottoposti ad un trauma o mostrare paura e la trasmissione di informazioni. Gli

oggetti o le situazioni temuti tendono a comprendere cose che possono realmente rappresentare, od

avere rappresentato, una minaccia in qualche momento dell’evoluzione dell’uomo, come abbiamo già

spiegato. Le Fobie che derivano da eventi traumatici o da Attacchi di Panico inaspettati tendono ad

essere particolarmente acute nel loro sviluppo; quelle di origine traumatica non hanno un’età di

esordio caratteristica. Questa patologia nell’adolescenza aumenta la possibilità della persistenza della

Fobia Specifica oppure dello sviluppo di altre Fobie nella prima età adulta, ma non predice lo sviluppo

di altri disturbi. Le Fobie che persistono fino alla vita adulta solo infrequentemente vanno incontro a

remissione (circa il 20% dei casi).

Due sono i processi fondamentali con i quali si tenta di spiegare la genesi delle Fobie Specifiche. Il

primo modello si richiama al condizionamento classico e viene così sintetizzato da Rachman (1971):

Le Fobie sono risposte apprese;

Qualsiasi stimolo sviluppa proprietà fobiche qualora venga associato, per contiguità spazio-

temporale, con situazioni che evocano paura;

Stimoli neutri che hanno particolare rilievo nella situazione ansiogena e/o che hanno particolare

impatto sul soggetto hanno probabilità più elevate di sviluppare proprietà fobiche rispetto a stimoli

banali od irrilevanti;

La Fobia è rafforzata dalla ripetizione dell'associazione tra la situazione ansiogena e tali stimoli;

Associazioni tra situazioni di paura particolarmente intensa e stimoli neutri produrranno, con

elevata probabilità, reazioni fobiche;

Si verificherà la generalizzazione dello stimolo fobico originario a stimoli di natura simile;

Esperienze nocive che hanno luogo in condizioni di eccessiva restrizione fisica produrranno, con

elevata probabilità, reazioni fobiche;

Stimoli neutri che sono associati con un'esperienza nociva possono sviluppare proprietà

motivazionali secondarie (pulsione di paura);

Risposte come quelle di evitamento possono essere rinforzate dalla riduzione della pulsione di

paura.

Tale modello è stato poi sottoposto a sostanziali revisioni; in primo luogo è stata messa in discussione

“l'equipotenzialità dello stimolo”, ovvero l'idea che tutti gli stimoli hanno la medesima probabilità di

divenire stimoli condizionati e conseguentemente di suscitare reazioni fobiche. Secondo il concetto di

“Preparedness” di Seligman (1971), infatti, la nostra specie si sarebbe preprogrammata per acquisire

con particolare facilità reazioni di paura in riferimento a situazioni di importanza fondamentale per la

sopravvivenza. Questa forma di facilitazione dell'apprendimento si manifesterebbe con un minore

numero di prove necessarie per instaurare la reazione condizionata, nella possibilità di apprendimento

in una sola prova ed in una maggiore resistenza all'estinzione. Oltre che su dati di laboratorio, la teoria

Page 79: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

75

di Seligman si basa sul riscontro dell'evidenza psicopatologica: la maggior parte delle Fobie cliniche,

infatti, riguarda un numero circoscritto di situazioni di trasparente significato evolutivo: gli animali, il

buio, l'abbandono e come abbiamo già mostrato, la ricerca attuale conferma tale posizione sia negli

adulti che nei bambini (Öhman et al., 2001; Waters et al., 2008).

Successivamente, negli anni Settanta, si è fatta sempre più chiara l'importanza della trasmissione

sociale delle paure e delle Fobie, grazie agli studi di Bandura (1977) sull'apprendimento osservativo e

sul modeling. In sostanza si prevede che paure e Fobie possano essere acquisite, oltre che per

condizionamento diretto, in forma indiretta attraverso l'osservazione e la trasmissione di informazioni

ed istruzioni. Così, è stato dimostrato che giovani scimmie Rhesus (3-6 anni) nate ed allevate in

laboratori e senza alcuna paura, acquisiscono immediatamente una paura dei serpenti vivi

semplicemente osservando la reazione spaventata dei genitori di fronte a tali stimoli (Mineka et al.,

1984). Anche la ricerca sulle Fobie infantili offre indiretto sostegno alla tesi di una trasmissione delle

paure per osservazione e modeling. Per esempio, in una ricerca su 64 bambini fobici (età 6-13 anni),

Windheuser (1977) ha scoperto che le madri erano più fobiche, rispetto ad un gruppo di controllo, che

esisteva una corrispondenza statistica tra paure materne e paure dei figli e che i bambini rispondevano

meglio al trattamento se preliminarmente venivano trattate le paure delle madri.

Oggi si tende a pensare che esistano tre meccanismi nell'acquisizione delle Fobie: per

condizionamento diretto, per osservazione e per trasmissione verbale. Il processo comune sottostante

ai tre meccanismi deriva dalla rielaborazione in chiave cognitiva delle teorie sul condizionamento

classico (Rescorla, 1988). In breve, una paura verrebbe acquisita quando uno stimolo neutro assume

ruolo di “segnale” per l'occorrenza dello stimolo incondizionato. Considerando gli organismi come attivi

risolutori di problemi, l'identificazione di relazioni tra stimoli (diretta, per osservazione o per istruzione)

risponderebbe efficacemente alla domanda: cosa ha determinato l'evento rappresentato dallo stimolo

incondizionato? Infine, le teorie moderne aggiungono due ulteriori elementi nei modelli dell'acquisizione

delle Fobie: in alcuni casi, una Fobia potrebbe essere sviluppata a causa di “una falsa reazione di al-

larme” causata da un'attivazione eccessiva dell'organismo che produce una risposta di “attacco o fuga”,

esattamente come pare accadere nel Disturbo di Panico; in pratica, la persona svilupperebbe un

legame tra una esperienza simile ad un Attacco di Panico e lo stimolo contingente (Munjack, 1984;

McNally e Steketee, 1985); in altri casi, infine, l'acquisizione della Fobia sarebbe da ricondurre ad una

combinazione tra una componente genetica e specifiche esperienze ambientali (Kendler et al., 1992).

6. Modalità di assessment

6.1 Modalità del colloquio e diagnosi differenziale

Le Fobie Specifiche differiscono dalla maggior parte degli altri Disturbi d’Ansia per i livelli dell’ansia

intercorrente; tipicamente questi individui, a differenza di quelli con Disturbo di Panico con Agorafobia,

non presentano ansia pervasiva, poiché la loro paura è limitata ad oggetti o situazioni specifici e

circoscritti. Può comunque emergere ansia anticipatoria generalizzata nelle condizioni in cui diventano

più probabili i contatti con lo stimolo fobico, oppure quando eventi della vita obbligano al confronto

immediato con esso.

Page 80: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

76

La differenziazione della Fobia Specifica, dal Disturbo di Panico con Agorafobia può essere

particolarmente difficile, poiché entrambi i disturbi possono comprendere Attacchi di Panico ed

evitamento di tipi di situazioni simili. Tipicamente, il Disturbo di Panico con Agorafobia è caratterizzato

dall’esordio iniziale di Attacchi di Panico inaspettati e dal conseguente evitamento di situazioni

molteplici, ritenute probabili fattori scatenanti di essi. La Fobia Specifica, Tipo Situazionale, è

caratterizzata dall’evitamento di certe condizioni in assenza di ricorrenti Attacchi di Panico inaspettati.

Per migliorare il giudizio clinico quattro fattori possono essere utili: l’oggetto della paura, il tipo e

numero di Attacchi di Panico, il numero di situazioni evitate ed il livello dell’ansia intercorrente; inoltre,

anche la presenza della preoccupazione pervasiva di avere un Attacco di Panico quando non ci si

aspetta l’esposizione ad una situazione fobica supporta una diagnosi di Disturbo di Panico con

Agorafobia; infine, se l’individuo ha altri Attacchi di Panico inaspettati in altre situazioni, ma non si

sviluppa ulteriore evitamento o sopportazione della paura, la diagnosi appropriata sarebbe Disturbo di

Panico senza Agorafobia.

Talvolta sono giustificate diagnosi contemporanee di Fobia Specifica e Disturbo di Panico con

Agorafobia; in questi casi può essere utile prendere in considerazione l’oggetto della preoccupazione

fobica dell’individuo.

La Fobia Specifica e la Fobia Sociale possono essere differenziate sulla base dell’oggetto delle paure.

Diversamente dall’evitamento della Fobia Specifica, l’evitamento del Disturbo Post-traumatico da

Stress segue ad un evento stressante minaccioso per la vita ed è accompagnato da altre

manifestazioni.

Nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo, l’evitamento si associa con il contenuto dell’ossessione.

Negli individui con Disturbo d’Ansia di Separazione non si pone diagnosi di Fobia Specifica se le

condotte di evitamento sono limitate esclusivamente al timore di separarsi dalle persone alle quali

l’individuo è legato. Raramente è giustificata una diagnosi separata di Fobia Specifica.

La differenziazione tra l’Ipocondria e la Fobia Specifica, Altro Tipo, dipende dalla presenza o assenza

della convinzione di essere malato; gli ipocondriaci hanno, infatti, paura di avere una malattia in corso,

mentre gli individui con Fobia Specifica temono di contrarla.

Non si fa diagnosi di Fobia Specifica negli individui con Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa se le

condotte di evitamento sono limitate esclusivamente al cibo ed agli stimoli collegati ad esso.

Infine, un individuo con Schizofrenia o con un altro Disturbo Psicotico può evitare certe attività in

conseguenza di deliri, ma non riconosce che la paura possa essere eccessiva o irragionevole.

Come preannunciato, paure di vario tipo sono molto comuni, particolarmente nella fanciullezza, ma

non giustificano una diagnosi di Fobia Specifica, a meno che vi sia interferenza significativa con il

funzionamento sociale, scolastico o lavorativo, oppure disagio marcato per la presenza del disturbo

stesso.

6.2 Test psicologici

La procedura di assessment principale per le Fobie Specifiche consiste nel Behavioral Avoidance

Test (BAT; Prova di Evitamento Comportamentale), (Lang e Lazovik, 1963). Essa consiste nel

chiedere alla persona di avvicinarsi il più possibile allo stimolo temuto fino a quando si stente

Page 81: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

77

impossibilitata a procedere oltre; la distanza fisica dallo stimolo è utilizzata per quantificare il

grado di evitamento. Inoltre, all’individuo viene richiesto di valutare il grado di ansia provato a

diverse distanze dallo stimolo. L’unità di disagio soggettiva (SUD) viene comunemente utilizzata

per la stima dei livelli di ansia: essa consiste in una scala 0-100 dove 0 = nessun disagio e 100 =

disagio estremo. Alla persona viene dunque richiesto di graduare la propria paura e durante

questo compito può essere importante rilevare sia l’esistenza di comportamenti di protezione, che

il tipo e la natura delle cognizioni del paziente. Poiché il BAT può poi essere riutilizzato durante il

trattamento per guidare l’eventuale esposizione graduale, sia in vivo che in immagine, l’attenta

analisi di fattori protettivi può permetterne una valida applicazione.

Molti autori (Gervais et al., 2007) ritengono utile l’utilizzo del MMPI-2 come test ad ampio spettro per

identificare eventuali altri disturbi non emersi durante il colloquio, oltre ad una Fobia Specifica.

Qualora emergano dati discordanti od ambigui dai colloqui clinici e dalle analisi del test MMPI-2, nelle

indagini relative ai Disturbi d’Ansia, può essere utile utilizzare il Cognitive Behavioural Assessment,

CBA-2.0 (Bertolotti et al., 1985); si tratta di una batteria di più test a vasto spettro, che mira a

molteplici scopi: fornire una precisa valutazione dei problemi che il soggetto lamenta; fornire

indicazioni sugli approfondimenti più appropriati per una loro comprensione; raccogliere in modo

uniforme un'anamnesi psicosociale del soggetto; dare un ampio ventaglio di valori basali iniziali,

rispetto ai quali valutare l'evoluzione del caso e l'esito di un eventuale trattamento; fornire misurazioni

di alcuni costrutti psicologici di primaria importanza quali l'ansia di stato, la depressione, le paure, le

ossessioni, le compulsioni, i disturbi psicofisiologici; dare una valutazione di alcune variabili di tratto

costituenti indici prognostici riferiti al rischio del soggetto di sviluppare, in presenza di determinate

pressioni ambientali, disturbi e disadattamento; suggerire infine ipotesi relative alle relazioni funzionali

che possono intercorrere tra problemi e disturbi attuali ed eventuali manifestazioni disadattive presenti

nell'ambito familiare e socio-professionale del soggetto.

Il CBA-2.0 è stato pensato come sussidio per lo psicologo nel corso delle diverse operazioni di

valutazione iniziale del caso e come fonte di suggerimenti, ipotesi ed informazioni addizionali.

7. Modalità di trattamento

7.1 Approccio terapeutico cognitivo-comportamentale:

Esposizione graduale in vivo, Desensibilizzazione Sistematica ed Applied Relaxation

Notoriamente il trattamento delle Fobie semplici ha rappresentato una delle primissime applicazioni

della Behavior Therapy ed una delle prove più convincenti della non fondatezza degli assunti della

psicoanalisi. Negli anni ‘20, Mary Cover Jones (1924) illustrava una procedura di decondizionamento

per esposizione in vivo graduale su un bambino, Peter, che aveva paura di un ratto bianco, di un

coniglio, di una pelliccia, di piume e cotone. Alla fine degli anni ‘50, Wolpe (1958) sviluppava la

Desensibilizzazione Sistematica (DS), una tecnica che mira all’inibizione dell’ansia tramite il

condizionamento di risposte antagoniste alla stessa, rappresentate dal rilassamento ad esempio; in tal

modo, tramite la desensibilizzazione sistematica, il paziente impara a reagire a determinati stimoli che

in precedenza suscitavano l’ansia mettendo in atto la nuova risposta condizionata di rilassamento.

Page 82: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

78

Tecnicamente quindi, la Desensibilizzazione Sistematica consiste nell’insegnamento di una forma di

rilassamento (in genere il rilassamento muscolare profondo di Jacobson) e nella costruzione di una

gerarchia dell’ansia con la quale il terapeuta cerca di ottenere dal paziente una lista di stimoli - da

quello meno disturbante a quello più fobico - che attivano l’ansia stessa (Goldwurm et al., 2003).

Compiuti questi passi, il terapeuta incoraggia il paziente a raggiungere uno stato di rilassamento

profondo e quindi ad immaginare lo stimolo meno ansiogeno nella gerarchia dell’ansia. Tale prova

viene ripetuta finché il paziente non proverà più ansia immaginando quello stimolo. La terapia andrà

così avanti fino a che non si sarà passata in rassegna tutta la gerarchia. Nel processo appena descritto

sono molte le componenti critiche che determineranno la riuscita del trattamento: le capacità

immaginative del paziente, il grado di rilassamento raggiunto, le capacità di automonitoraggio delle

proprie reazioni emotive e la graduazione della gerarchia stessa. Con le tecniche in immagine il rischio

rimane poi sempre rappresentato dalla possibilità di avere problemi con la generalizzazione delle

risposte acquisite in un contesto reale. Per questo motivo si suole unire, o addirittura sostituire, questa

tecnica, con quelle di esposizione in vivo, più o meno graduali. Tali tecniche si basano sul principio

dell’abituazione dell’ansia; in altre parole, se il soggetto rinuncia a praticare i propri meccanismi di

evitamento e si espone alla situazione temuta per un periodo sufficientemente lungo, assisterà

inevitabilmente ad un calo dell’ansia soggettiva (Stern e Marks, 1973). Diverse esposizioni di questo

tipo porteranno all’estinzione della Fobia poiché la situazione stimolo eliciterà solo un’ansia

trascurabile. In effetti, l’esposizione più o meno graduata è considerata oggi il trattamento elettivo per

le Fobie (Galeazzi e Meazzini, 2004).

Ulteriori variazioni delle procedure descritte sono state fornite da Öst e colleghi; questi autori hanno

messo a punto una tecnica chiamata “Applied Relaxation” che si basa sul concetto di coping skills. In

altre parole, ai pazienti vengono insegnate tecniche di rilassamento che li mettano nella condizione di

gestire l’ansia elicitata dalla situazione temuta. Il fine di questa tecnica è duplice: insegnare al

paziente a riconoscere i primi segni di ansia ed imparare a gestire questa stessa emozione senza

sentirsi sopraffatti; in tal senso si andrebbe a lavorare indirettamente anche sull’aumento del senso di

autoefficacia del paziente (Öst et al., 1993).

Page 83: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

79

Andrea: un caso di Cinofobia. PRESENTAZIONE DEL CASO

1. Informazioni generali

1.1 Generalità del paziente

Andrea nasce il 23/06/86 a Siena ed è residente a Poggibonsi con la famiglia d’origine composta

attualmente da madre, padre e fratello minore di un anno.

Dopo aver conseguito il diploma di scuola media inferiore, per seguire i compagni di classe ha iniziato

gli studi di ragioneria nel paese di residenza, ma dopo un anno, non entusiasta di questa esperienza

decide di lasciare la scuola ed andare a lavorare in una ditta edile come operaio/magazziniere.

Dopo essere stato dal 2000 un volontario nella Croce Rossa Italiana, attualmente lavora per

l’associazione come soccorritore professionista a Poggibonsi e percepisce dunque uno stipendio

mensile fisso. La madre è ragioniera in uno studio commerciale ed il padre è impiegato in banca; il

fratello Giuliano è anch’egli un soccorritore per l’associazione Misericordia di Siena.

1.2 Caratteristiche della relazione

Andrea prende contatti telefonici con la psicologa autonomamente, richiedendo, senza approfondire

oltre, una consulenza; reperisce il numero di telefono nella stessa sede di lavoro tramite alcuni biglietti

da visita in possesso di un collega e viene dunque fissato un incontro per la settimana successiva.

Al termine del primo colloquio vengono spiegate ad Andrea le caratteristiche dei successivi incontri e

la loro finalità: la durata, la frequenza e le modalità di colloquio degli incontri saranno tesi inizialmente

a riconcettualizzare il problema da lui riportato, mettendo insieme i vari elementi che lo hanno

condotto a formulare tale richiesta; una volta definito in modo operativo il problema riferito, sarà

possibile formalizzare una proposta d’intervento e, qualora questa venga accettata si procederà

lavorando per obiettivi specifici e delimitati il più possibile nel tempo.

Viene quindi stabilita una frequenza di incontri settimanale della durata di 45 minuti ciascuno e viene

chiarito che i primi 4 incontri serviranno ad esplicitare una diagnosi ed a raggiungere una più chiara

concettualizzazione del caso.

2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di test)

2.1 Richiesta dell’utente

In data 14/02/06 Andrea si presenta puntuale al primo appuntamento; è visibilmente nervoso: parla

con un tono di voce molto alto e tende ad agitarsi sulla sedia. Come da lui suggerito emerge

immediatamente che è una persona molto timida ma, seppur non guardando quasi mai in faccia la

psicologa, esprime in termini chiari la propria richiesta: superare una paura per i cani che, soprattutto

negli ultimi tempi, ha influito molto sulla qualità della sua vita, sia in ambito lavorativo che in quello

personale.

Page 84: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

80

2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio

Sebbene conviva con questa paura da molti anni, essa è diventata limitante, solo recentemente, a

partire da uno specifico episodio: in data 05/01/06, Andrea risponde ad una chiamata sul lavoro, un

uomo di 65 anni ha avuto un malore ed è riuscito ad avvertire l’ambulanza, si sospetta un attacco

cardiaco. Egli raggiunge l’abitazione dell’utente con il collega responsabile dell’ambulanza ed entra

dunque da solo; dopo aver superato il cancello di fronte alla casa dell’uomo, Andrea vede arrivargli

incontro un cane di medie dimensioni; egli continua a camminare per andare ad effettuare il soccorso,

ma dopo pochi passi verso l’animale non riesce a proseguire oltre ed indietreggia verso l’ambulanza

allontanandosi dalla casa; una volta tornato al mezzo chiede al collega che vi era rimasto sopra di

sostituirlo. Spiega che per regolamento, la persona addetta alla guida e dotata quindi di idonea

patente, non deve mai lasciare la propria postazione in quanto, se subisse un infortunio, nessun altro

la potrebbe sostituire. Dal momento che Andrea non ha neanche la patente di guida B, per le

autovetture, egli chiede al partner di commettere per lui una grave infrazione al loro codice.

Anche se non è stato richiamato formalmente per l’accaduto, egli sente di aver deluso profondamente

i colleghi, che comunque sono venuti a conoscenza del fatto, e forse soprattutto a causa di questo

sentimento ha deciso di porre rimedio alla situazione.

Per quanto riguarda la condizione familiare i genitori sembrano molto protettivi nei suoi confronti, ma

non pietosi e quando ha raccontato loro l’accaduto sul lavoro, la madre in particolare non ha biasimato

il terrore del figlio, ma l’ha spinto a chiedere un aiuto per poter superare il problema una volta per

tutte; il padre si è principalmente stupito e confessa di non aver mai ritenuto tanto grave la paura che

il figlio ha da molti anni nei confronti dei cani; infine il fratello ha invece reagito prendendolo un po’ in

giro, ma Andrea riferisce che questo accade sempre. Giuliano infatti, pur avendo 1 anno in meno, è

sempre stato più brillante e di successo di lui: buoni voti a scuola, patente di guida presa al primo

esame, nessun problema relazionale e sentimentale con le ragazze; egli è dunque solito schernire il

fratello per i continui fallimenti su tutti questi fronti e, sapere che Andrea è scappato da una casa a

causa della presenza di un cane è stata una situazione perfetta per continuare ad avere questo

atteggiamento derisorio.

Per quanto riguarda i rapporti sociali al di fuori della famiglia, Andrea ha un legame quasi fraterno con

Filippo, più grande di lui di 11 anni e vicino di casa che ha intrapreso la carriera di soccorritore

professionale per la Croce Rossa Italiana durante la leva militare nel corpo sanitario. La famiglia di

Andrea ha sempre stimato molto questo ragazzo gentile e volenteroso e, quando Filippo ha proposto

ad Andrea di intraprendere lo stesso percorso in ambito civile, ne sono rimasti tutti molto entusiasti.

Dopo quasi 10 anni di volontariato, attualmente Andrea risulta regolarmente assunto, con un contratto

ad ore che non gli permette una vita molto agiata, ma la famiglia lo sostiene e lui si ritiene felice di

aver intrapreso questa strada. Poiché è il più giovane fra i soccorritori, i suoi colleghi di lavoro, primo

fra tutti lo stesso Filippo, sono molto affettuosi con lui e tendono a perdonargli anche alcuni errori.

Al di fuori dell’ambiente lavorativo Andrea frequenta alcuni ex compagni di scuola, anche se molto

raramente, preferendo la compagnia dei colleghi anche dopo la fine del turno.

Egli non pare svolgere un ruolo attivo in nessun ambito si trovi, sembra piuttosto mimetizzato con

l’ambiente che lo circonda e poco determinante sulle scelte generali del gruppo. Egli racconta poi una

Page 85: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

81

certa difficoltà a prendersi le proprie responsabilità nell’eventualità di tollerare un errore; qualora

questo sopraggiunga nell’ambito lavorativo infatti, non è inusuale che i colleghi più anziani lo coprano

con i superiori.

Attualmente sta ripetendo per la IV° volta consecutiva l’esame teorico per prendere la patente di

guida; si definisce a riguardo molto frustrato e decisamente arrabbiato con se stesso; aggiunge che,

anche se preparato, quando si trova a svolgere la prova ha l’impressione di non comprendere le

parole che legge, come se fossero scritte in una lingua sconosciuta; questo non accade quando è

invece rilassato e, anche in seduta, la qualità della lettura appare subito buona, sebbene Andrea sia

distratto dall’effettuare una buona performance e nel riferire vocalmente quello che ha appena letto

abbia alcune lacune. Andrea non dimostra di avere un problema con il linguaggio scritto

indipendentemente dai livelli di ansia ed anche questi, possono offrire dei risultati molto variabili. Egli

sembra comunque temere molto un eventuale giudizio negativo da parte degli altri e spesso tende ad

evitarlo attivamente, a volte in modo funzionale, altre meno; per esempio egli può prepararsi

documentandosi e studiando prima di un esame, ma può anche nascondere le “prove” di un eventuale

errore, anche grave. Per quanto riguarda l’episodio del suo mancato soccorso dell’uomo con probabile

attacco cardiaco a causa del cane nel cortile, egli chiede infatti al collega di non tradirlo con i

superiori, ma si rende anche conto di dover risolvere questo problema affinché non si ripeta

nuovamente una situazione del genere.

2.3 Storia del problema

Fin dalla prima seduta, tenuta il 14/02/2006, si evince come questa Fobia si sia instaurata e

mantenuta coerentemente alla classica teoria bifattoriale di Mowrer (1960).

Andrea ha sempre vissuto in una villetta bifamiliare con la famiglia di origine al secondo piano, mentre

al primo risiede il fratello della madre con la moglie; la casa è completamente circondata da un

giardino attraversato da un vialetto in pietra e fin da prima della sua nascita, il cane dello zio, un

setter di taglia media molto mansueto, vi veniva lasciato libero.

Nel 1991, Andrea girando in bicicletta nel gradino comune, nell’appoggiare un piede a terra perde

l’equilibrio ed atterra sul bordo della ciotola del cane dello zio che in quel momento sta mangiando,

facendola saltare; l’animale, impaurito da questo movimento improvviso afferra lo stinco del bambino

con un morso, senza però serrare i denti, tanto che non si registrano conseguenze di tipo fisico.

Andrea racconta che, nonostante non avesse sentito male e non biasimi per niente il comportamento

del cane, probabilmente allora più impaurito di lui, non riesce ad avvicinare questo animale. Poiché

subito dopo quanto accaduto ha manifestato incoercibili crisi di pianto ogni volta che era necessario

uscire di casa, dopo qualche mese lo zio decise di portare l’animale in uno spazio idoneo in campagna,

dove si recava ogni giorno per curare un piccolo orto.

Come allora Andrea evita attivamente ogni tipo di cane, anche i più piccoli; elude i posti dove sa che

può trovarne uno, quindi strade di abitazioni con giardini dove potrebbe esservi questo animale, case

di amici o di eventuali ragazze che hanno un cane. Egli ha inoltre sviluppato una certa attenzione

selettiva per cui è molto rapido nel cogliere dettagli e parziali indizi relativi alla presenza dell’animale,

Page 86: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

82

a volte confondendo gli indizi parziali offerti dall’ambiente, ma prima dell’avvenimento del 05/01/2006,

questa paura non aveva mai rappresentato per lui una reale limitazione di vita.

2.4 Motivazione

Andrea pare molto motivato alla risoluzione del problema, anche se si mostra scettico sui risultati

finali. Egli sente di aver perso la stima dei suoi colleghi e vuole assolutamente rimediare.

2.5 Strumenti psicodiagnostici

Poiché la richiesta è molto specifica ed il giovane desidera un intervento mirato e veloce per la

soluzione di questo problema, si decide di utilizzare il BAT per verificare il suo grado di evitamento dei

cani attraverso la costruzione di una SUD (scala di disagio soggettivo); in questo modo sarà possibile

valutare la severità della Fobia, i livelli di limitazione che ha sulla vita di Andrea e la presenza di

eventuali fattori protettivi; sarà poi possibile utilizzare la scala ottenuta nell’eventuale fase di

trattamento, sia che s’intenda proseguire con delle sedute di Esposizione in Vivo, o in Immagine, che

con una Desensibilizzazione Sistematica.

Durante l’esecuzione del test BAT, in data 28/02/06, emerge immediatamente una difficoltà molto

grande anche solo ad immaginare una situazione in cui egli si possa trovare ad una certa vicinanza dai

cani ed anche a livello fisiologico si notano diverse modificazioni: diventa rosso in viso ed inizia a

sudare e, ogni qual volta la psicologa ripete i vari livelli del test egli serra forte gli occhi, come se

stesse vivendo la stessa paura nel momento in cui gli viene presentata verbalmente.

Si decide quindi di utilizzare dei disegni e delle fotografie di cani di diversa taglia e nelle più disparate

pose o posture comportamentali, ma Andrea non prova ansia in questa situazione, sostenendo

divertito che sono soltanto delle immagini; se ne deduce quindi che egli è in grado di immaginare in

modo molto vivido le situazioni richieste per valutarne il grado di evitamento; tale capacità potrebbe

essere ben sfruttata qualora accettasse la terapia, lasciando quindi aperta la possibilità di

un’Esposizione sia in Vivo che in Immagine, sia secondo il principio di saturazione, appunto con

un’Esposizione, che per quello di controcondizionamento, con l’applicazione della Desensibilizzazione

Sistematica.

Presentiamo di seguito la scala graduata ottenuta con il BAT:

BAT per i cani - Paura 100 SUD

Toccare un cane libero in un ambiente chiuso. 100

Toccare un cane libero in un ambiente aperto. 95

Toccare un cane legato in un ambiente chiuso. 90

Toccare un cane legato in un ambiente aperto. 80

Stare in un luogo chiuso con un cane legato a 2 mt di distanza. 70

Stare in un luogo aperto con un cane legato a 2 mt di distanza. 60

Stare in un luogo chiuso con un cane legato a 5 mt di distanza. 50

Stare in un luogo aperto con un cane legato a 5 mt di distanza. 40

Stare in un luogo chiuso dove al di là di un cancello chiuso od un muro vi è un cane. 30

Stare in un luogo aperto dove al di là di un cancello chiuso od un muro vi è un cane. 20

Tab. 1 Scala gerarchica Unità di Disagio Soggettivo per i Cani.

Page 87: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

83

Nella stessa data si decide anche di somministrare il test MMPI-2, al fine di poter evidenziare un

eventuale quadro psicopatologico più ampio; riportiamo quindi i grafici ottenuti dall’elaborazione del

test ed una breve relazione esplicativa sulla base dei criteri descritti da Butcher e Williams (Butcher e

Williams, 1996).

Scale Cliniche

5258

47

5561

5249

41

55

42

49 5155

30

40

50

60

70

80

90

100

28/02/2006 52 58 47 55 61 52 49 41 55 42 49 51 55

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 2 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 28/02/06

Scale Supplementari

5258

6156 57 55

64

5155

30

40

50

60

70

80

90

100

28/02/2006 52 58 61 56 57 55 64 51 55

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 3 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 28/02/06

Scale di Contenuto

6661

5862

45

55 57

48 50

43

65

57

49

57 56

30

40

50

60

70

80

90

100

28/02/2006 66 61 58 62 45 55 57 48 50 43 65 57 49 57 56

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 4 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 28/02/06

Page 88: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

84

Dall’analisi del test MMPI-2 emerge come i valori delle scale di validità indichino un esame valido,

mentre quelle cliniche determinino l’assenza di patologie specifiche anche a livello subclinico.

Dall’analisi delle scale supplementari emergerebbe invece la scala PK sebbene il suo valore sia al limite

della norma, PK = 64; esso potrebbe essersi innalzato a causa dell’evento riportato dallo stesso

utente, come fattore precipitante del suo attuale disturbo. Anche l’elevazione delle scale di contenuto

ANX = 66 e LSE = 65 si potrebbero considerare contestuali a tale avvenimento, che l’ha

probabilmente fatto sentire inadeguato in quella situazione generando plausibilmente un

abbassamento dell’autostima.

2.6 Analisi funzionale

Viene chiesto ad Andrea di provare alcune delle situazioni che ha presentato durante la prima seduta

e di descrivere l’evento compilando delle schede di automonitoraggio, in formato di ABC cognitivo

(Ellis, 1989); per ogni situazione dovrà riportare i pensieri automatici che ha avuto e le conseguenze

suddivise in caratteristiche di natura emotiva, fisiologica e comportamentale; riportiamo qui di seguito

alcuni esempi tratti da questa attività:

14/02/06 ore 14.30

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura.

Fisiologiche: palpitazioni, sudorazione.

Andrea di ritorno da lavoro

passa davanti ad una casa con

inferriata dietro la quale abbaia

un cane, anche se non è visibile.

“Accidenti a me che ci sono venuto

a fare?!”, “E se il cancello venisse

aperto?!”, “Cosa faccio se il cane

esce?!”, “Se il cane esce mi

morderà!”.

Comportamentali: resiste qualche

secondo ma poi se ne va rapidamente.

Tab. 2 Esempi di analisi funzionale, come riportati dal paziente.

16/02/06 ore 19.40

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: Paura/panico.

Fisiologiche: palpitazioni forti, sudorazione,

senso di agitazione crescente, debolezza

nelle gambe.

Andrea sta andando a prendere un

amico che ha un cane che

solitamente è legato nel giardino di

fronte a casa e, anziché aspettarlo in

macchina scende dall’auto, ma non

sa dove si trovi l’animale.

“Non lo sento abbaiare”,

“Chissà dov’è”, “Ma

quanto ci mette Luca a

scendere?”, “Basta devo

rientrare in macchina”. Comportamentali: dopo pochi secondi

rientra in macchina.

Tab. 3 Esempi di analisi funzionale, come riportati dal paziente.

Non appena si allontana dal presunto pericolo, l’ansia di Andrea crolla immediatamente e le funzioni

fisiologiche ritornano subito normali; egli però in questo modo offre alla sua Fobia un rinforzo negativo

costante, tanto da aver generalizzato questa paura inizialmente relativa solo al cane dello zio, ad una

estesa a tutti i cani, anche quelli molto piccoli; egli inoltre ha normalizzato le limitazioni nella propria

autonomia, rendendosi conto solo di recente delle reali conseguenze sulla propria libertà.

Page 89: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

85

2.7 Diagnosi DSM-IV: F 40.2 Fobia Specifica - Tipo Animali [300.29]

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, esistono 7 criteri fondamentali per

poter fare una diagnosi di Fobia Specifica e sono poi presenti alcuni sottotipi per una migliore

indicizzazione. Si elencano qui di seguito i criteri del testo:

A. Paura marcata e persistente, eccessiva o irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di

un oggetto o situazione specifici

B. L’Esposizione allo stimolo fobico quasi invariabilmente provoca una risposta ansiosa immediata,

che può prendere forma di Attacco di Panico situazionale o sensibile alla situazione.

C. Nota Nei bambini l’ansia può essere espressa piangendo, con scoppi di ira, con l’irrigidimento o

con l’aggrapparsi a qualcuno.

D. La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole.

E. Nota Nei bambini questa caratteristica può essere assente.

F. La situazione (le situazioni) fobica viene evitata oppure sopportata con intensa ansia o disagio.

G. L’evitamento, l’ansia anticipatoria od il disagio nella situazione (situazioni) temuta interferiscono in

modo significativo con la normale routine della persona, con il funzionamento lavorativo (o

scolastico), o con le attività o le relazioni sociali, oppure è presente disagio marcato per il fatto di

avere la Fobia.

H. Negli individui al di sotto dei 18 anni la durata è di almeno 6 mesi.

I. L’ansia, gli Attacchi di Panico o l’evitamento fobico, associati con l’oggetto o situazione specifici

non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale, come il Disturbo Ossessivo-Compulsivo,

il Disturbo Post-traumatico da Stress, il Disturbo d’Ansia da Separazione, la Fobia Sociale, il

Disturbo di Panico con Agorafobia o Agorafobia senza Anamnesi di Disturbo di Panico.

Per i dati raccolti fino a questo momento Andrea risponde chiaramente a tutti i criteri enunciati; la

specifica del sottotipo è Tipo Animale ed in particolar modo “cane”; egli non presenta altre paure né

situazionali né per animali diversi.

2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento

Si presentano in questa sezione i fattori predisponenti individuali, soffermandoci principalmente su

quelli appresi, ma provando ad arrivare agli schemi profondi che caratterizzavano la personalità del

paziente anche nelle fasi premorbose di questo disturbo. In realtà non si osservano fattori favorenti

particolari: Andrea è un ragazzo esteticamente robusto ed ammette di non aver sentito male quando il

cane l’ha morso nel lontano 1991; anche la famiglia, durante e subito dopo quell’incidente, non ha

drammatizzato l’accaduto ed ha insistito perché tornasse immediatamente a giocare nel cortile con

l’animale. Dai colloqui emerge però che è tendenzialmente una persona che soffre spesso di ansia da

prestazione, come nel caso dell’esame di scuola guida, quindi questo può essere considerato il terreno

fertile sul quale si è instaurato il disturbo. Allo stesso tempo, poiché non si rilevano caratteristiche

tipiche del perfezionismo, ma solo una sana ambizione, questa sua modalità di essere competente sul

proprio lavoro è anche la spinta principale a liberarsi del problema che, solo dopo aver inciso in questo

ambito è divenuto tale anche per il ragazzo.

Page 90: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

86

Fin dalla prima esperienza negativa con i cani, egli ha sempre evitato di trovarsi in situazioni dove

fossero presenti questi animali: case di amici, della ragazza, di parenti e tale Fobia, fino a questo

momento, seppur molto limitante non l’aveva mai ostacolato sulla sfera lavorativa.

Il meccanismo di mantenimento del disturbo è quindi nutrito solo dall’evitamento perché a livello

razionale egli è ben consapevole di comportarsi in modo irragionevole.

Riassumendo attraverso un’analisi funzionale macro, quando Andrea si trova ad esporsi ad una

situazione in cui sia presente un cane, i suoi pensieri automatici sono relativi alla possibilità che questo

gli si avvicini e lo aggredisca; successivamente egli prova un’intensa paura che si accompagna a

manifestazioni fisiologiche di ansia: palpitazioni, tachicardia, sudorazione, etc.; ne consegue una

reazione di fuga o la permanenza nella situazione con una bassa tolleranza alla stessa e solo se ha la

certezza che il cane è fisicamente impossibilitato ad avvicinarsi a lui oltre 5 metri. Ogni volta che si

allontana dalla situazione temuta egli poi nutre la propria paura grazie al rinforzo negativo e, a

distanza di molti anni, anche se la sua condizione l’ha limitato nell’autonomia e nelle scelte,

attualmente ha intaccato un’area della propria vita cui tiene molto, quella lavorativa.

Indagando più in profondità questa Fobia, emerge che Andrea è convinto che un cane non solo

potrebbe aggredirlo, ma arrivare ad ucciderlo, così come ha spesso appreso dai telegiornali o dai

quotidiani. Egli crede che avendo paura dei cani, essi possano percepirlo ed approfittarne e, poiché

non sa come smettere di provare questa emozione nei loro confronti, non può far altro che starne

lontano.

La proposta d’intervento è quindi quella di chiarire, attraverso lo studio e la discussione, quali sono in

generale le caratteristiche comportamentali dei cani per comprendere in linea di massima quando

probabilmente non è pericoloso avvicinarsi a questi animali.

Per quanto riguarda il superamento della Fobia Specifica, viene proposta un’Esposizione Graduale in

Vivo, utilizzando il BAT come trama per la sua attuazione. Avendo a disposizione diversi cani del canile

municipale di Certaldo ed un appropriato spazio per il trattamento, si è dunque optato per questa

soluzione anziché per la Desensibilizzazione Sistematica, visti gli studi di efficacia relativamente

all’Esposizione graduale in Vivo per il superamento delle Fobie Specifiche (Öst, 1993).

Si ipotizza che fin dai primi mesi, l’Esposizione alla situazione accompagnata dalla maggior conoscenza

sui cani acquisita tramite lo studio e la discussione dei concetti appresi, possa aumentare il senso di

autoefficacia personale nell’affrontare la terapia, migliorando quindi la motivazione e cancellando ogni

titubanza residua.

Si ipotizza inoltre che, a lungo termine, dopo un lasso di tempo di circa 4 mesi, continuando con le

esposizioni graduali il giovane possa superare completamente il problema presentato.

Andrea accetta con un po’ di titubanza questo contratto; pur manifestandosi motivato a seguire la

terapia con impegno ed un’alta aspettativa di miglioramento della propria qualità di vita, appare

intimorito dal dover affrontare seppur in modo graduale, la presenza di un cane.

Page 91: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

87

3. Trattamento

Come l’assessment, anche per quanto riguarda questa fase, vengono stabiliti incontri settimanali della

durata di 45 minuti l’uno. Questa cadenza verrà mantenuta per 12 incontri; viene inoltre stabilito fin

dall’inizio un nuovo appuntamento a distanza di 6 mesi dal termine del trattamento, per una seduta di

follow-up, tesa alla verifica del mantenimento degli eventuali risultati ottenuti. Come annunciato nella

proposta d’intervento, i cani e gli spazi saranno forniti dal canile del Comune di Certaldo, dove si

svolgono anche le sedute proposte; questi animali infatti sono coperti da assicurazione, sono lieti di

essere liberati dalle loro gabbie e possono essere intercambiati tra loro svariate volte al fine di evitare

che l’aumento di conoscenza di Andrea, per un solo cane, possa mandare in abituazione la sua paura,

rendendo quindi inutile il passaggio da un livello a quello successivo. Andrea viene inoltre invitato a

continuare a compilare le schede di automonitoraggio nelle situazioni quotidiane in cui si trova a

sperimentare la sua Fobia.

3.1 Svolgimento delle sedute

Durante la prima seduta di trattamento, in data 14/03/06 Andrea viene invitato a leggere assieme alla

psicologa vari articoli e parti di alcuni libri che parlano del comportamento animale e vengono

evidenziati alcuni atteggiamenti e comportamenti come tipici segnali amichevoli: scodinzolare, buttarsi

a terra e mostrare la pancia, accucciarsi e così via. Una volta commentato il materiale, la seduta

continua al canile comunale di Certaldo, dove li attende uno dei volontari il quale parla dei cani e

presenta quelli che verranno forniti per il successivo trattamento, raccontandone le caratteristiche

caratteriali ed una breve storia di vita.

Nelle sedute tenute dal 21/03/06 al 04/04/06 Andrea viene invitato ad esporsi alla propria paura

seguendo la gradazione ottenuta con la stesura del BAT e si trova quindi a sperimentare le prime 3

situazioni accompagnato dalla psicologa, la quale si accerta che, durante la seduta, egli non utilizzi

comportamenti protettivi o forme di evitamento covert.

Durante l’esposizione verrà compilata una scheda sulla quale sarà annotata: l’unità di disagio

soggettivo riferita durante la stesura della graduatoria (SUD), il tempo che è rimasto esposto affinché

la sensazione d’ansia fosse calata (T) ed il numero di ripetizioni sostenute della stessa situazione per

ritrovare il solito livello d’ansia riferito alla fine dell’esposizione precedente (Rip.). Si richiede infatti che

prima di passare alla situazione immediatamente più fobica, Andrea provi a sottoporsi nuovamente a

quella che ritiene di aver superato e, qualora il livello d’ansia ritorni ad essere più alto, vi si sottoponga

nuovamente, prima di proseguire. Riportiamo di seguito i risultati per i primi 3 passi affrontati:

BAT per i cani - Paura 100 SUD T SUD Rip.

IV° - Stare in un luogo chiuso con un cane legato a 5 mt di distanza. 50

III° - Stare in un luogo aperto con un cane legato a 5 mt di distanza. 40 35’ 10 3

II° - Stare in un luogo chiuso dove al di là di un cancello vi è un cane. 30 20’ 5 2

I° - Stare in un luogo aperto dove al di là di un cancello chiuso od un muro vi è un

cane.

20 20’ 5 2

Tab. 4 Scheda di valutazione durante l’Esposizione ai cani nei primi 3 step.

Page 92: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

88

Si è utilizzato il parcheggio di fronte al canile ed uno spazio antistante le gabbie dove si trovano gli

animali, riservato al magazzino, per le situazioni descritte rispettivamente al 1° ed al 2° step, mentre,

per tutte le altre, si userà un cortile esterno dove possono essere accompagnati ed anche legati in

tutta sicurezza i cani ed uno interno che è adibito alla loro toelettatura. Si evince dalla tabella che per

la situazione “Stare in un luogo aperto con un cane legato a 5 mt di distanza” Andrea si è recato

nuovamente al canile dopo l’esposizione condotta durante la seduta; in data 06/04/06 in compagnia

della madre, egli ha effettuato ancora una volta questa esperienza, dal momento che è quella che ha

finora considerato più difficoltosa.

Nonostante il canile abbia dato disponibilità per alcuni cani, durante questi primi passi è stato

impiegato sempre lo stesso, un meticcio di taglia media, molto silenzioso e tranquillo che ha abbaiato

solo nelle prime due esposizioni perché richiamato dalla voce della psicologa, mentre, nella situazione

in cui era legato ad una distanza di 5 mt, dopo i primi 15 minuti di comportamenti festosi si è rilassato

e non si è mosso più di tanto.

In questo periodo non ci sono stati avvenimenti particolari che hanno portato Andrea a sperimentare

la propria Fobia, fatta eccezione per il cane dell’amico Luca che l’ha indotto ad una fuga fulminea dal

cortile dell’amico:

31/03/06 ore 23.00

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura/panico.

Fisiologiche: palpitazioni, sudorazione,

sensazione di calore al viso ed alle orecchie.

Andrea si reca a casa dell’amico

Luca ed in sua presenza oltrepassa il

cancello, convinto che il cane sia

chiuso nel proprio recinto. Appena

l’animale sente aprire il cancello si

dirige verso di loro abbaiando.

“Oddio sta arrivando!”,

“Devo provare a resistere

tanto Luca lo tratterrà”,

“Non ce la faccio devo

andarmene!”

Comportamentali: scappa dal cortile della

casa dell’amico, lo saluta e torna alla propria

abitazione rimandando la serata.

Tab. 5 Esempi di analisi funzionale, come riportati dal paziente.

Dal resoconto verbale di questa esperienza si evince come Andrea si senta un po’ scoraggiato

dall’accaduto, ma forse ancora più motivato a proseguire con il trattamento. Inoltre egli appare più

“clemente” nei confronti di se stesso. Sembra che si renda conto che il suo impegno debba essere

costante e prolungato nel tempo e che si preoccupi un po’ meno dell’opinione altrui, anche perché ha

avuto modo di rivalutarla; l’amico Luca, che spesso lo ha preso in giro per la sua paura dei cani, era

sinceramente dispiaciuto per l’accaduto e, entrando nel proprio cortile assieme ad Andrea non aveva il

minimo dubbio che il cane fosse nella propria cuccia a dormire, isolato dal resto del giardino.

Nei 3 incontri successivi, durante il mese di Aprile, Andrea continua il suo programma di esposizione

assieme alla psicologa nel canile e vengono affrontate le seguenti situazioni riassunte nella tabella di

monitoraggio:

BAT per i cani - Paura 100 SUD T SUD Rip.

VII° - Toccare un cane legato in un ambiente aperto. 80

VI° - Stare in un luogo chiuso con un cane legato a 2 mt di distanza. 70 45’ 15 4

V° - Stare in un luogo aperto con un cane legato a 2 mt di distanza. 60 35’ 15 4

IV° - Stare in un luogo chiuso con un cane legato a 5 mt di distanza. 50 35’ 15 4

Tab. 6 Scheda di valutazione durante l’Esposizione ai cani negli step 4-6.

Page 93: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

89

Anche in questo caso è necessario che, dopo la seduta di esposizione in compagnia della psicologa,

Andrea si rechi al canile nuovamente per provare ancora gli step assegnati. Egli racconta che non

riesce ad abbassare la soglia dell’ansia sotto il livello autoriferito di 15, soprattutto per la situazione in

cui si trova in uno spazio chiuso. Dopo l’impiego del primo cane, per sottoporsi la IV° ed ultima volta

alla situazione attualmente più temuta, ne è stato scelto un altro: il nuovo esemplare è ancora di

taglia media ma molto più giovane e vivace del primo e, forse perché le distanze sono ridotte, mostra

diversi comportamenti classificabili come amichevoli (scodinzola, guaisce, si butta a terra di colpo,

etc.) cercando di attirare l’attenzione dei suoi osservatori ed eventualmente una carezza che però in

questa fase non arriva da Andrea. Egli racconta che trova molto dolce questo animale e che avrebbe

voglia di avvicinarsi a lui, ma che la paura è troppo forte e, anche solo stare ad una distanza di 2

metri, soprattutto nella stanza chiusa, è per lui davvero difficoltoso; questo trova conferma con la

comunicazione dell’abbassamento dell’unità di disagio soggettivo avvertito che, pur raggiungendo un

valore relativamente basso, 15, necessita di molto tempo (nella prima prova, tutta la seduta con la

psicologa; nelle successive impiega lo stesso tempo ma si fa accompagnare dalla madre).

Durante queste sedute egli ha avuto modo di tornare a casa dell’amico ed in sua presenza, ha provato

a fare una carezza al cane legato in giardino, comportamento spontaneamente rinforzato da Luca. Nel

riportare quanto accaduto manifesta un grande entusiasmo, sorride ed ha una postura impettita che

manifesta tutto l’orgoglio che prova per se stesso; essendo molto sensibile al giudizio altrui,

sentendosi fare i complimenti tanto stupiti e sinceri dall’amico, egli ha provato una grossa

soddisfazione personale ed aggiunge che il cane è stato molto calmo, come se rispettasse la sua

titubanza; si è fatto accarezzare mansuetamente mostrando la pancia ed il collo e quindi dimostrando

la sua non aggressività nei suoi confronti. Egli aggiunge che però, anche se sarebbe stato più comodo

chinato almeno in ginocchio, è rimasto invece in piedi piegando la schiena per raggiungere l’animale,

in quanto non voleva trovarsi in una posizione svantaggiosa qualora avesse “dovuto” allontanarsi

improvvisamente.

Egli riassume dunque questa esperienza attraverso una scheda di automonitoraggio:

30/04/06 ore 16.30

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: inquietudine.

Fisiologiche: palpitazioni.

Andrea è a casa dell’amico Luca che ha

legato il cane per evitare di spaventarlo.

Andrea gli chiede di raggiungere l’animale

e, dopo qualche minuto si avvicina con la

mano e lo accarezza.

“Bene guarda come sta

calmo!”, “Si è messo a

pancia in su quindi non

vuole aggredire”, “Che

bello!”

Comportamentali: rimane ad

accarezzare il cane finché non si

sente più tranquillo.

Tab. 7 Esempi di analisi funzionale, come riportati dal paziente.

Prima di proseguire oltre con le esposizioni programmate, viene richiesto ad Andrea di affrontare la

situazione “Toccare un cane legato in un ambiente aperto” da solo, perché ha avuto modo di fare

questa esperienza soltanto accompagnato; egli si reca quindi nel giardino da solo e dopo 10 minuti

riesce a toccare il cane, quello vivace, che vi trova già legato e pronto per la seduta del 02/05/06.

Dopo aver superato questa prova viene raggiunto dalla psicologa e dall’addetto del canile e la seduta

viene spostata all’interno della struttura per il passo successivo.

Page 94: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

90

Andrea non manifesta particolari difficoltà nell’affrontare la situazione “Toccare un cane legato in un

ambiente chiuso”, soprattutto perché il cane è lo stesso che ha accarezzato nel cortile da solo e che,

ha potuto conoscere negli ultimi incontri. Poiché egli teme l’imprevedibilità dell’animale, anche se ha

imparato a riconoscere qualche segnale, viene chiesto al custode del canile di fornire un altro cane per

continuare le sedute e, l’VIII° step del programma viene affrontato con un meticcio, un incrocio tra un

pastore tedesco ed un boxer, quindi di dimensioni più grandi rispetto al precedente. L’animale è

particolarmente vivace e quando Andrea si avvicina egli si erge sulle zampe posteriori per offrirsi ad

una carezza incutendo, suo malgrado, un certo timore nel ragazzo. Ci vorranno 45 minuti prima che

egli riesca ad avvicinarsi tanto da poter toccare l’animale che, contrariamente alle sue aspettative, una

volta raggiunto si è accucciato per terra per lasciarsi accarezzare sulla pancia.

Anche in questo caso Andrea è tornato al canile da solo per ripetere l’esperienza ed ha sfruttato la

disponibilità dell’amico Luca per continuare ad esporsi anche al suo cane.

BAT per i cani - Paura 100 SUD T SUD Rip.

X° - Toccare un cane libero in un ambiente chiuso. 100

IX° - Toccare un cane libero in un ambiente aperto. 95 45’ 35 3

VIII° - Toccare un cane legato in un ambiente chiuso. 90 45’ 20 4

VII° - Toccare un cane legato in un ambiente aperto. 80 35’ 10 5

Tab. 8 Scheda di valutazione durante l’Esposizione ai cani negli step 7-9.

Nelle sedute tenute dal 02/05/06 al 16/05/06 come si evince dall’analisi della tabella 8 in questa

pagina, sono stati affrontati gli step più impegnativi ed anche i risultati sono stati quindi soddisfacenti

se non ottimali. Per la situazione “Toccare un cane libero in un ambiente aperto” sono stati utilizzati in

seduta, il primo cane proposto dal carattere mansueto e di taglia media e, nelle esposizioni individuali,

il cane dell’amico Luca. Egli riferisce che quando si trova a che fare con cani legati, se in presenza del

padrone o quando si sente relativamente sicuro di non venir aggredito tramite la lettura del

comportamento dell’animale, i livelli di ansia non superano mai una SUD pari a 20 e comunque, una

volta accarezzato l’animale, questa può calare anche fino a 10. Per quanto riguarda l’ultimo step

affrontato, “Toccare un cane libero in un ambiente aperto”, Andrea necessita di conoscere o di essere

con qualcuno che conosca bene il cane, oppure che questo sia di taglia piccola. Per arrivare a questa

conclusione sono state effettuate diverse prove ed i risultati sono stati che Andrea è molto spaventato

prima di iniziare la prova, che si trovi da solo od accompagnato, qualora abbia a che fare con un cane

di medie o grandi dimensioni, ma che l’ansia passi completamente una volta avuto il primo contatto

con l’animale; se il cane è piccolo, fin dall’inizio della prova egli invece non sente più un livello elevato

d’ansia.

In quest’ultimo periodo si è trovato nuovamente a dover affrontare una situazione, simile a quella che

l’aveva portato a rivolgersi ad uno psicologo: durante un soccorso sul posto, egli ha trovato nel

giardino della casa della persona che ha richiesto l’intervento, un cane di razza boxer. Egli sente

abbaiare da fuori e nonostante gli addestramenti finora affrontati riporta una SUD iniziale pari a 50;

dopo qualche secondo di esitazione egli però varca il cancello, ignora il cane che gli arriva incontro

(prontamente chiamato anche dalla moglie della persona in difficoltà) ed entra in casa lasciandolo

fuori ed iniziando a prestare soccorso al padrone dell’animale. Racconta che il cane non ha avuto mai

un atteggiamento aggressivo nei suoi confronti, ma che la paura iniziale derivasse proprio dal fare

Page 95: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

91

un’esperienza tanto estrema ed imprevedibile; egli aggiunge che il muso dei cani di quella razza ha

un’apparenza molto aggressiva e la mancanza della coda gli ha impedito di poter valutare le

informazioni reperibili dal suo comportamento. Anche se ha provato un’ansia più elevata di quanto

sperato, egli sente di aver affrontato la propria paura tenendo a mente l’obiettivo del proprio lavoro.

Visto il clima lavorativo tanto accogliente, i colleghi di lavoro sono stati generosi in complimenti ed

elogi e questo ha rinvigorito di coraggio Andrea che, presentandosi in data 23/05/06 ad affrontare

l’ultimo step previsto, appare tanto motivato da favorire l’inserimento di un passaggio più elevato,

proposto dalla psicologa come “overlearning”, ossia una situazione limite che probabilmente non dovrà

affrontare mai più nella sua vita. Presentiamo qui di seguito una tabella riassuntiva di queste 2

esperienze.

BAT per i cani - Paura 100 SUD T SUD Rip.

XI° - Toccare più cani liberi in un ambiente aperto. 35’ 25 1

X° - Toccare un cane libero in un ambiente chiuso. 100 35’ 20 4

Tab. 9 Scheda valutazione durante l’Esposizione ai cani nell’ultimo step ed in uno aggiuntivo per un Overlearning.

Andrea ripete l’esperienza di toccare un cane in un ambiente chiuso, entrando nella gabbia di ognuno

dei 3 cani forniti dal canile di Certaldo per questo trattamento e stando con loro per un tempo di circa

20’/30’ l’uno ed ha quindi continuato questa esperienza dopo la seduta, restando in loco. Ancora una

volta ha poi esperito la stessa situazione con Luca ed il suo cane, nel garage della casa dell’amico.

Per quanto riguarda l’ultima seduta, in data 31/05/06 viene proposto ad Andrea di toccare più cani

liberi in un ambiente aperto e vengono quindi liberati contemporaneamente i 3 animali che in questo

periodo ha imparato a conoscere all’interno del cortile antistante al canile. Andrea riferisce che la

propria ansia, inizialmente valutata con una SUD pari a 40, è derivata dal pensiero che i cani

potrebbero irritarsi tra di loro e poi aggredire anche lui, ma, poiché questo non accade egli riesce

subito ad entrare in contatto con loro. Nonostante rimanga nella situazione per 35 minuti, egli

continua a provare un livello di ansia stimato con una SUD di 25 e, dopo aver toccato almeno una

volta ognuno dei 3 cani, rimane per conto suo e lascia che gli animali corrano e stiano fra loro senza

andarli a cercare.

Entusiasta dei risultati, viene invitato a presentarsi per una seduta di follow-up in data 05/12/06.

Si raccomanda ad Andrea di rimanere il più possibile in contatto con i cani per non perdere le abilità

guadagnate durante il trattamento appena concluso, secondo il principio classico di ri-

condizionamento delle paure (Franceschina et al., 2004).

3.2 Follow-up e Conclusioni

Andrea si presenta puntuale all’appuntamento in data 05/12/06; appare disteso anche se un po’

imbarazzato. Si accomoda immediatamente ed invitato a parlare racconta cosa è accaduto durante

questo lasso di tempo.

Dati i risultati al primo test MMPI-2 e non avendo rilevato alcuna psicopatologia aggiuntiva alla Fobia

Specifica per il cui superamento il ragazzo aveva chiesto aiuto, si decide di non somministrare lo

stesso test una seconda volta.

Page 96: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

92

Il giorno del suo ventesimo compleanno, il 23/06/06, la madre d’accordo con il resto della famiglia gli

ha regalato un cucciolo di 3 mesi; il cane di taglia medio-grande, un Golden Retriver, è un maschio dal

carattere vivace che adesso all’età di circa 8 mesi e pesa già 18 Kg. Egli è rimasto davvero soddisfatto

da questo regalo e colto dalla tenerezza del cucciolo non si è impaurito per qualche piccolo morso

datogli nel gioco. Conoscendo l’animale e vivendo con lui giorno dopo giorno si è abituato alla sua

presenza e riferisce di capire completamente ogni suo movimento o gesto. Questo lo ha reso molto

più sicuro anche nell’approccio con altri animali simili, in quanto adesso ritiene di poter comprendere e

prevedere con una certa probabilità il loro comportamento.

Naturalmente la scelta familiare è stata fondamentale affinché si ottenesse nel tempo un risultato

tanto ottimale nel mantenimento dei risultati offerti dal trattamento proposto ad Andrea.

Page 97: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

93

Gruppo Disturbo di Panico. PRESENTAZIONE DEI CASI

INTRODUZIONE

Presso l’Unità Operativa Complessa In San Miniato, sezione di psicologia per adulti, vengono formati e

gestiti da circa 10 anni, 2/3 terapie di gruppo l’anno, per il Disturbo di Panico.

Essendo l’unica struttura che fornisce tale servizio fra le USL di zona, è ormai uso comune che gli

Psicologi e gli Psicoterapeuti afferenti da altri enti indichino alle persone che richiedono aiuto per un

presunto Disturbo di Panico, tale sede. Fino a qualche anno fa, delle persone che arrivavano al

servizio era possibile reperire il diario clinico stilato dal primo professionista che ne aveva accolto la

domanda e non era insolito trovarvi allegato anche il risultato di alcuni test clinici come l’MMPI-2,

nonché una breve relazione esplicativa. Dal 2003 il numero di gruppi per il trattamento del Disturbo di

Panico si è stabilizzato su 2 l’anno, quindi si è ritenuto di poter effettuare una valutazione più precisa

di ogni soggetto che è stato indirizzato al servizio. Ogni persona che ha richiesto un intervento di

questo tipo suddetto è stata quindi sottoposta ad un colloquio preliminare ed alla somministrazione di

un test MMPI-2, qualora non fosse allegato al diario clinico di un precedente professionista e

comunque se questo non fosse stato eseguito entro 6 mesi. Per ogni gruppo sono state selezionate

dalle 6 alle 8 persone.

1. Informazioni generali

1.1 Generalità dei pazienti

Il gruppo formato nel mese di Ottobre per il trattamento del Disturbo di Panico è composto da 8

persone che presentiamo brevemente:

1. Debora ha 33 anni, vive da sola a S. Croce sull’Arno e di professione è una rappresentante di

materiale per il rivestimento di pavimenti.

Già da due anni è seguita dal Dr. Plutoni di San Miniato, il quale si rende disponibile ad uno

scambio di informazioni ed opinioni in questa prima fase di assessment.

2. Teresa ha 42 anni e vive con la famiglia composta dal marito e 3 figli a Montopoli. È un’infermiera

professionale nell’Ospedale di Pontedera e si è presentata al servizio autonomamente.

3. Katia è una casalinga di 36 anni, vive con la famiglia composta dal marito e dalla figlia di 7 anni.

Si rivolge al servizio anche lei autonomamente perché una sua buona amica era inserita nel

precedente gruppo di trattamento.

4. Riccardo ha 33 anni e, in attesa di sposarsi in Aprile dell’anno successivo, vive con i genitori a

Empoli. È impiegato in una piccola ditta della zona ed ha molti hobbies sportivi. Viene invitato a

rivolgersi al servizio dal medico di base che conosceva la struttura ed i suoi servizi.

5. Francesca è una giovane dottoressa in Giurisprudenza in attesa dei risultati dell’Esame di Stato per

Avvocato. Ha 29 anni e vive con la famiglia d’origine composta dai genitori e da una sorella

minore. Decide da sola di cercare un trattamento per il suo disturbo.

Page 98: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

94

6. Tecla è una titolare d’azienda di S. Miniato, dove vive con il marito ed i due figli di 2 e 5 anni. È

seguita dalla Dr.ssa Bianchini, una psicoterapeuta dell’USL 11 di Empoli dalla nascita del secondo

figlio, a causa di una Depressione Post-Partum.

7. Maurizio è un operaio in una fabbrica di S. Croce sull’Arno, ha 32 anni e vive nello stesso paese da

solo, in una casa limitrofa a quella dei genitori. Si rivolge al servizio perché consigliato dal medico

di base.

8. Angela è un’ex-operaia in una confezione di Empoli, attualmente in mobilità; ha 42 anni e vive con

il marito e la figlia di 12 anni a Montespertoli. Si rivolge al servizio autonomamente.

1.2 Caratteristiche della relazione

Come già accennato la struttura che si occupa del trattamento di gruppo del Disturbo di Panico è

un’Unità Operativa Complessa di Psicologia, sezione adulti, in San Miniato, afferente all’azienda USL 11

di Empoli.

Durante il trattamento in gruppo anche le persone che sono seguite da uno psicologo individualmente,

sono tenute a sospendere momentaneamente quel servizio, affinché l’aderenza alle prescrizioni sia

totale.

2. Assessment (3 sedute: 2 colloqui clinici, 1 seduta di test)

Come già accennato, non è stato necessario sottoporre tutto il gruppo al test MMPI-2, in particolare

Debora e Tecla, che sono seguite individualmente; il Dr. Plutoni e la Dr.ssa Bianchini si sono

dimostrati disponibili nel fornire una copia dei test ed anche a presentare le loro rispettive pazienti

attraverso una relazione dettagliata.

Per motivi di spazio e per chiarezza espositiva, si ritiene utile proseguire utilizzando una tabella

dimostrativa delle caratteristiche di ogni utente selezionato per affrontare questa terapia di gruppo.

Durante la selezione di un gruppo è frequente l’esclusione di alcune persone, anche inviate al servizio

da colleghi; questo accade quando durante l’assessment si osserva una comorbilità con altri disturbi in

Asse I e più spesso in Asse II, dove gli Attacchi di Panico possano essere valutati come “sintomo” di

una patologia più profonda ed impossibile da gestire o semplicemente controllare, all’interno di una

dinamica gruppale, tanto omogenea; queste persone vengono quindi indirizzate verso una terapia

individuale personalizzata. Si è poi osservato negli anni una certa leggerezza sia degli utenti che dei

professionisti nel classificare gli Attacchi di Panico, per cui molti soggetti arrivati al servizio, pur

avendo una sintomatologia ansiosa non rispettano i criteri che soddisfano una diagnosi tanto specifica.

Poiché si ritiene fondamentale che vi sia un’omogeneità diagnostica all’interno di questo genere di

gruppi terapeutici, anche queste persone, convinte di avere un disturbo che non è il loro, vengono

rifiutate e reindirizzate ad altri tipi di trattamento.

Tutte le persone che si sono presentate al servizio per entrare nel gruppo di trattamento del Disturbo

di Panico sono state sottoposte ad un primo colloquio clinico durante il quale è stata indagata in modo

molto rigido la presenza dei criteri del DSM-IV-TR per fare una diagnosi; coloro che non avevano fatto

negli ultimi 6 mesi un test MMPI-2 vi sono stati sottoposti nell’incontro successivo; un ultimo colloquio

Page 99: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

95

è servito poi per chiarire qualche punto rimasto diagnosticamente oscuro e per comunicare al paziente

la decisione o meno d’inserirlo nel gruppo.

2.1 Richiesta degli utenti

La richiesta da parte di tutti gli utenti, anche quelli che non sono stati selezionati per questo

trattamento di gruppo è quella di risolvere gli Attacchi di Panico, superare una serie di evitamenti che

impediscono al singolo di condurre una vita “normale”, ma anche quella di imparare a tollerare meglio

le molte situazioni quotidiane che riescono ad affrontare, sebbene con molto disagio.

È fondamentale in questa fase rielaborare con ognuno dei soggetti la richiesta presentata al servizio,

in quanto si è osservato che molte persone affette da questo disturbo manifestano sovente la

tendenza a desiderare di assopire ogni sensazione forte sia a livello emotivo che fisiologico.

2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio

Utilizzando delle tabelle mostreremo quali sono i principali sintomi dei pazienti ed elencheremo come

hanno appreso di soffrire del Disturbo di Panico (DAP). Tali dati verranno riutilizzati all’inizio del

trattamento quando ognuno dei partecipanti sarà invitato a condividere sintomi, professionisti e

motivazioni personali che l’hanno condotto alla terapia con il gruppo.

Si è deciso di mettere i risultati solo delle 8 persone che alla fine sono state selezionate, per motivi di

spazio ed interesse.

Paziente Cluster di sintomi Diagnosi di DAP

Debora Palpitazioni; sudorazione; sensazioni di sbandamento e di

svenimento; paura di morire; vampate di calore.

Medico del Pronto Soccorso

Teresa Sensazione di soffocamento; vampate di calore. Psichiatra privato

Katia Palpitazioni; sudorazione; dispnea; parestesie. Medico di Base dopo ECG

richiesto dalla paziente

Riccardo Palpitazioni; fastidio al petto; vampate di calore. Medico del Pronto Soccorso

Francesca Palpitazioni; sudorazione; sensazione di soffocamento; paura di

morire.

Servizio USL di San Miniato

Tecla Palpitazioni; sudorazione; dispnea. Guardia Medica

Maurizio Palpitazioni; sensazione di soffocamento; paura di morire. Guardia Medica

Angela sudorazione; nausea; derealizzazione (sensazione di irrealtà o di

sogno); sensazioni di svenimento; paura di perdere il controllo;

vampate di calore.

Servizio USL di San Miniato

Tab. 1 Tabella riassuntiva dei principali sintomi e di chi ha fatto la diagnosi di Disturbo di Panico.

Rispetto alla richiesta sono state respinte solo due persone: una perché presentatasi con una

dipendenza da sostanze stupefacenti e quindi reindirizzata al SerT, come da legislazione vigente,

l’altra a causa della presenza di un Disturbo Narcisistico di Personalità molto pronunciato in comorbilità

con gli Attacchi di Panico, patologia comunque presente ed invalidante. In quest’ultimo caso la

persona è stata invitata a fare richiesta per una psicoterapia individuale, dove trattare entrambi i

disturbi a partire da quello in Asse II. Si riporta di seguito un’esemplificazione dei principali evita

menti, fattori protettivi e precipitanti presentati dai partecipanti al gruppo.

Page 100: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

96

Paziente Evitamenti e Fattori protettivi Durata del disturbo ed

evento precipitante

Debora Viaggi in auto da sola per una percorrenza di oltre 10 Km con

peggioramento dei sintomi su grosse statali, superstrade ed

autostrade.

5 anni; morte della madre

per un tumore.

Teresa Trovarsi in mezzo ad un gruppo di persone (più di 6) in un

ambiente ristretto. Temperature ambientali troppo alte.

2 anni; promozione da

infermiera semplice, a capo

reparto.

Katia Andare a letto e dormire. Da diversi mesi si corica sul divano

oppure, quando riesce a restare in camera, mette il cuscino alla

testiera del letto e si addormenta seduta.

5 anni; trasloco.

Riccardo Arrabbiature e sforzi fisici. 1 anno; morte del padre per

infarto.

Francesca Viaggi in auto da sola su grosse statali, superstrade ed autostrade

anche per brevi percorrenze. Uso del treno per tratte maggiori di

30 Km.

2 anni; fine dell’università ed

inizio del tirocinio.

Tecla Viaggi in auto da sola per una percorrenza di oltre 10 Km con

peggioramento dei sintomi su grosse statali, superstrade ed

autostrade.

2 anni; nascita del secondo

figlio.

Maurizio Viaggi oltre i 50 Km da solo. 1 anno; trasloco.

Angela Viaggi in auto con persone a bordo anche per brevi percorrenze. 1 anno; colpita da aneurisma

cerebrale.

Tab. 2 Tabella riassuntiva dei principali evitamenti messi in atto, della durata del disturbo e di eventuali eventi

precipitanti.

Dalla tabella è possibile desumere come, ognuno dei soggetti selezionati per partecipare al gruppo

terapeutico possa riconoscere un particolare evento stressante riconducibile al periodo nel quale sono

iniziati gli Attacchi di Panico. Questo non è sempre possibile o tanto netto, in ogni caso si cerca di

improntare fin dai primi incontri individuali il modus operandi della terapia cognitivo-comportamentale,

a partire dall’utilizzo dell’analisi funzionale ma soprattutto della concettualizzazione del caso. Durante

l’ultimo incontro, infatti, viene proposta la rielaborazione omnicomprensiva dei principali fattori

predisponenti, precipitanti e perpetuanti che hanno condotto la persona a richiedere aiuto, per

poterne poi discutere in gruppo in modo più generale e lasciando che siano gli stessi partecipanti ad

esporre la propria specifica concettualizzazione.

2.3 Motivazione

Come spesso accade con pazienti che soffrono di Attacchi di Panico da diverso tempo, la motivazione

al cambiamento è molto alta, ma in qualcuno, soprattutto Debora e Tecla, si osservano subito delle

resistenze caratterizzate principalmente da scetticismo. Non avendo risolto i loro problemi con le

sedute individuali, si approcciano a questo nuovo trattamento con diffidenza e sfiducia, anche se il

desiderio di risolvere il disturbo resta alta.

Page 101: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

97

2.4 Strumenti psicodiagnostici

Viene somministrato durante il secondo incontro della fase di assessment il test MMPI-2. In questa

sede riportiamo i grafici ed in base ai criteri descritti da Butcher e Williams una breve relazione

esplicativa (Butcher e Williams, 1996) soltanto di una paziente: Katia.

Scale Cliniche

45

64

40

65

72

63

5450 52

6864

60

75

30

40

50

60

70

80

90

100

13/09/2006 45 64 40 65 72 63 54 50 52 68 64 60 75

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 1 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato a Katia

Scale Supplementari

65

58

73 71

57

75 73

51

75

30

40

50

60

70

80

90

100

13/09/2006 65 58 73 71 57 75 73 51 75

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 2 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato a Katia

Scale di Contenuto

64

50

6571

77

56

40

63

50

43

72 73 74 7378

30

40

50

60

70

80

90

100

13/09/2006 64 50 65 71 77 56 40 63 50 43 72 73 74 73 78

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 3 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato a Katia

Page 102: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

98

Katia si presenta all’appuntamento in largo anticipo e questo comportamento è stato osservato in tutti

gli altri partecipanti al gruppo fatta eccezione per Maurizio e Tecla che, anche nei risultati a questo

test sono risultati più sicuri di sé e decisamente meno ansiosi, al limite con un comportamento

aggressivo.

Per quanto riguarda l’analisi di questo test, la signora manifesterebbe una personalità caratterizzata

da tratti di tipo passivo, non competitivo e con nette tendenze all’introversione ed al ritiro sociale;

quest’ultimo dato risulterà giustificato, nei colloqui, da una serie di evitamenti molto importanti sulla

vita di relazione in ogni ambito.

Nel rapportarsi agli altri, Katia si mostrerebbe insicura, ansiosa, priva di competenze sociali e, per

sfuggire a tale giudizio, tenderebbe quindi ad evitare del tutto il confronto.

Oltre ad un evidente innalzamento delle scale tipiche dell’ansia, sia fra quelle cliniche che in quelle di

contenuto, l’elevazione della scala D, starebbe ad identificare i sentimenti di svalutazione e tristezza,

secondari a questa condizione di ansietà, come confermato durante i colloqui clinici. L’elevazione della

scala Pt indicherebbe una certa rigidità e la presenza di rituali di tipo ossessivo che sarebbero utilizzati

dalla signora come forme di coping disfunzionali. Anche nell’analisi dei MMPI-2 degli altri partecipanti

è stata notata una certa tendenza all’elevazione di questa scala.

In generale i soggetti scelti come partecipanti di questo gruppo terapeutico, hanno manifestato una

certa elevazione delle scale Pd e Pt, su un profilo, per il resto, normativo.

2.5 Analisi funzionale

Come abbiamo già accennato, durante l’ultimo incontro di assessment si è costruito con ogni persona

che ha richiesto il trattamento di gruppo per il Disturbo di Panico, una scheda di Analisi Funzionale per

mostrare in che modo si manifesta la patologia e come essa si sta mantenendo (Ellis, 1989). Ai

pazienti non vengono fornite delle schede di automonitoraggio, bensì si struttura con loro questo

esercizio di ricostruzione di antecedenti, belief e conseguenze, a partire dai singoli racconti di ognuno,

una volta che i risultati dei test abbiano escluso altre patologie concorrenti. Questo lavoro verrà poi

palesato durante il trattamento riprendendo gli esempi forniti da ognuno dei partecipanti, affinché,

dopo una prima fase di psicoeducazione e l’apprendimento di alcune risorse di coping, tutti possano

imparare ad adattare il concetto generale sul proprio specifico caso.

Riportiamo qui di seguito alcuni esempi:

Debora 26/09/2006 ore 10 e 45

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura, tristezza, panico.

Fisiologiche: palpitazioni, sudorazione,

agitazione motoria.

Debora si trova in una ditta dove l’ultima

volta che vi si è recata (8 mesi prima) si

era sentita male accusando sintomi di

uno svenimento.

“Eccoci adesso mi

risento male”, “non ci

dovevo venire”, “ora

svengo”. Comportamentali: chiede di poter bere un

bicchier d’acqua, ma appena glielo porgono

esce dalla ditta e conclude fuori da essa gli

affari.

Tab. 3 Esempi di analisi funzionale, come riportati da Debora.

Page 103: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

99

Maurizio 30/09/2006

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: panico,

preoccupazione.

Fisiologiche: vampate di

calore, sudorazione,

sensazione di fiato corto.

Maurizio sta giocando a calcetto con

gli amici, in una partita amatoriale,

quando si accorge di essere molto

accaldato.

“Come mai ho così caldo?”, “Non mi

posso sentire male qui, non è mai

successo”, “Questo non è un attacco di

panico, questo è il cuore!”.

Comportamentali: finge di

avere un crampo e si mette in

panchina.

Tab. 4 Esempi di analisi funzionale, come riportati da Maurizio.

2.6 Diagnosi DSM-IV: F41.0 Disturbo di Panico con Agorafobia [300.21]

Il DSM-IV-TR definisce il Disturbo di Panico con Agorafobia attraverso i 4 criteri che di seguito

elenchiamo:

A. Entrambi 1) e 2):

1) Attacchi di Panico inaspettati ricorrenti

2) Almeno uno degli attacchi è stato seguito da 1 mese (o più) di uno (o più) dei seguenti sintomi:

a) preoccupazione persistente di avere altri attacchi

b) preoccupazione a proposito delle implicazioni dell’attacco o delle sue conseguenze (per es.,

perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, “impazzire”)

c) significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi.

B. Presenza di Agorafobia.

C. Gli Attacchi di Panico non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una

droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale (per es., ipertiroidismo).

D. Gli Attacchi di Panico non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale, come Fobia

Sociale, Fobia Specifica, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo Post-traumatico da Stress o

Disturbo d’Ansia di Separazione.

Gli Attacchi di Panico inaspettati (non provocati) sono definiti come quelli in cui il soggetto non associa

l’esordio dell’attacco con un fattore scatenante situazionale interno o esterno (cioè l’attacco di panico

viene avvertito come spontaneo). Gli Attacchi di Panico causati dalla situazione (provocati) sono

definiti come quelli in cui l’attacco si manifesta quasi invariabilmente, durante l’esposizione a, o

nell’attesa di, uno stimolo o fattore scatenante situazionale. Gli Attacchi di Panico sensibili alla

situazione sono simili agli Attacchi di Panico causati dalla situazione, ma non sono invariabilmente

associati allo stimolo e non si manifestano necessariamente subito dopo l’esposizione.

Gli individui che richiedono cure per Attacchi di Panico inaspettati descrivono solitamente la paura

come intensa e riferiscono di avere pensato di essere in procinto di morire, di potere perdere il

controllo, di avere un infarto del miocardio od un ictus, o di “impazzire”. Riferiscono di solito anche un

desiderio urgente di fuggire dal luogo in cui si trovano in quel momento. Con il ripetersi degli Attacchi

Page 104: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

100

di Panico inaspettati, nel tempo tipicamente diventano causati o provocati dalla situazione, benché

possano persistere attacchi inaspettati.

L’Agorafobia non è un disturbo codificabile a sé, ma può associarsi a diversi altri come condizione

aggiuntiva; essa viene codificata attraverso i seguenti criteri:

A. Ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile (o imbarazzante)

allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto nel caso di un Attacco di Panico

inaspettato o sensibile alla situazione o di sintomi tipo panico. I timori agorafobici riguardano

tipicamente situazioni caratteristiche che includono essere fuori casa da soli; essere in mezzo alla folla

o in coda; trovarsi ad un’altezza notevole da terra; guidare un’auto od essere su un mezzo pubblico.

Nel caso in cui l’evitamento è limitato alle sole situazioni sociali è necessario prendere in

considerazione la diagnosi di Fobia Specifica.

B. Le situazioni vengono evitate oppure sopportate con molto disagio o con l’ansia di avere un Attacco

di Panico o sintomi tipo panico, o viene richiesta la presenza di un compagno.

C. L’ansia o l’evitamento fobico non sono meglio giustificabili da un disturbo mentale di altro tipo,

come Fobia Sociale, Fobia Specifica, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo Post-traumatico da

Stress, o Disturbo d’Ansia di Separazione.

2.7 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento

Si presentano in questa sezione i fattori predisponenti individuali e, poiché i dati raccolti dai

partecipanti al gruppo durante la fase d’assessment risultano abbastanza omogenei tra loro, se ne

generalizzano i risultati.

Fra i fattori favorenti il disturbo manifestato, si osserva principalmente uno stile educativo molto

protettivo e la presenza di traumi ed eventi critici relativi alle malattie. Debora, Maurizio e Riccardo

hanno perso un genitore a causa di un attacco cardiaco od un ictus; Katia e Tecla riportano una

famiglia molto preoccupata per la salute e la sicurezza fisica dei figli.

I fattori precipitanti sono già stati presentati nella tabella 2 a pagina 96.

In ogni caso il disturbo si mantiene attualmente secondo lo schema del Panico di Clark (Clark, 1986)

modificato da Wells (Wells, 2000), che riportiamo di seguito:

Fig.4 Modello cognitivo del Disturbo di Panico

Page 105: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

101

3. Trattamento

Il trattamento di Gruppo del Disturbo di Panico con o senza Agorafobia si sviluppa attraverso la

disposizione in cerchio dei partecipanti e di 2 terapeuti. Vengono forniti un Manuale, delle schede di

automonitoraggio e dei Cd audio. Ogni membro del gruppo, a turno legge una parte della guida; un

terapeuta si occupa della spiegazione dei vari argomenti trattati attraverso esempi pratici, l’altro

dell’accoglienza di ognuno in termini di raccolta delle informazioni individuali rispetto al disturbo.

3.1 Svolgimento delle sedute

Durante le prime 4 sedute di trattamento, l’approccio è principalmente di tipo psicoeducativo (Beck e

Emery, 1988; Barlow e Cerny, 1988). Dal 25/10/06 al 22/11/06 è stato spiegato cos’è il Panico, come

si caratterizza, quali sono i criteri per la sua diagnosi e quali sono gli elementi per una diagnosi

differenziale. Attraverso la riesamina dei dati raccolti durante l’assessment nell’analisi funzionale, il

secondo terapeuta fornisce esempi individualizzati dell’instaurarsi del disturbo e del suo attuale

mantenimento. Il lavoro di gruppo permette un confronto attivo ed oltre allo stabilirsi di legami tra i

componenti, quello che emerge è la sensazione di ognuno di non essere giudicato e di sentirsi quindi

libero di partecipare attivamente.

Vengono poi illustrati i principali antecedenti del Panico: lo stress, l’iperventilazione, alcune

caratteristiche individuali, per poi passare in rassegna i modelli di genesi e mantenimento del disturbo.

Sempre in questa fase vengono largamente trattati i temi riguardanti il condizionamento e la

generalizzazione ed il disturbo viene spiegato nei termini di un’eccessiva risposta di attacco o fuga

(Barlow et al., 1989; Clark et al., 1985; Clark, 1996). Durante queste spiegazioni il gruppo è stato

attento e partecipativo ed ha fornito molti elementi derivanti dall’esperienza privata di ciascuno. Sono

state poi illustrate le condizioni che possono indurre naturalmente dei sintomi simili a quelli del Panico,

per educare al riconoscimento di tali sensazioni, per offrire una prima ristrutturazione cognitiva grazie

alla razionalizzazione e per invitare l’intero gruppo ad uno stile di vita più salutare, abbandonando

però i frequenti comportamenti di malattia.

Per finire vengono anticipati i principali ostacoli al trattamento e tutte le particolari resistenze alla

guarigione; Debora, Francesca e Tecla hanno subito evidenziato la funzionalità del Panico nella propria

vita, nonostante gli evitamenti ed hanno esplicitato in che modo, le limitazioni alla propria autonomia

potrebbero venir considerate un vero e proprio vantaggio secondario; in tutti e tre i casi si tratta infatti

di non riuscire a guidare da sole anche per brevi percorrenze; se per Francesca e Tecla questo limite

ha anche significato un riavvicinamento con una persona cara, che si è prestata ad alleviare i sintomi

del disturbo diventando un rinforzo negativo, per Debora è la legittimazione a non andarsene dalla

Toscana e quindi a non correre il rischio di un fallimento lontana dalla famiglia e dagli amici.

Durante la V seduta, in data 29/11/2006 viene proposto il training di respirazione addominale,

consistente nel respirare con il diaframma contando 6 secondi per un’inspirazione ed un’espirazione,

per un totale di 2 minuti. Tecla sembra avere molti problemi nell’esercizio e non riesce a controllare il

respiro; Debora che è una cantante, ha una respirazione diaframmatica naturale. Viene consegnata ad

ognuno una scheda di monitoraggio dove annotare il numero di respiri, prima e dopo questo esercizio,

Page 106: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

102

durante quattro momenti della giornata. Katia esprime subito un malessere generato dal “pensare a

respirare”, iniziando a sperimentare alcuni sintomi del panico; invitata a respirare con il gruppo in

modo lento e controllato, si sente però meglio.

Nella seduta successiva sarà proprio lei la più entusiasta di questo esercizio; ella ha infatti utilizzato

tale tecnica prima di affrontare alcune situazioni per lei ansiogene, come la riunione di classe della

figlia di 7 anni.

In media i risultati ottenuti dall’addestramento eseguito in seduta, sono riassumibili in questa tabella,

in cui vengono confrontati i risultati anche a distanza di 15 giorni dall’inizio del training:

06/12/2006 20/12/2006

Paziente Respiri

prima

Respiri

dopo

Respiri medi prima del

training

Respiri medi dopo 15 gg di

training

Riccardo 16 10 16 7

Francesca 10 9 10 9

Katia 16 13 16 8

Maurizio 18 14 18 13

Angela 13 9 13 9

Tecla 13 10 13 10

Luisa 20 18 20 11

Teresa 16 11 16 10

Debora 9 9 9 9

Tab. 5 Scheda riassuntiva del numero di respiri prima e dopo aver effettuato l’esercizio di respirazione controllata, la prima settimana e dopo 15 giorni di addestramento.

In data 06/12/2006 viene dunque introdotto il Training neuromuscolare progressivo di Jacobson

(Jacobson, 1928).

Dopo una breve spiegazione del metodo, si chiede ad ogni partecipante di riflettere su quale parte del

proprio corpo tiene più spesso in tensione ed a turno, si sperimenta direttamente l’esercizio

consistente nell’applicazione di una nuova tensione, porre attenzione sulla localizzazione della

tensione, distensione ed apprezzamento della distensione. Si spiega che il training serve inoltre ad

acquisire col tempo un migliore senso muscolare e che infine la distensione muscolare veicolerà quella

mentale in modo sempre più automatico.

Vengono quindi illustrati i distretti muscolari che verranno presi in considerazione durante il training

affinché ognuno svolga al meglio l’esercizio; essi sono:

- Le mani (fare il pugno, prima la destra, poi la sinistra ed infine contemporaneamente);

- Le braccia (sempre facendo il pugno, si flette l’avambraccio per coinvolgere i bicipiti; stendendole

con le mani aperte si coinvolgono i tricipiti);

- Il viso: si corruga la fronte assumendo un’espressione stupita; si aggrottano le sopracciglia

facendo l’espressione arrabbiata; si stringono gli occhi; si stringono i denti; si schiaccia la lingua

contro il palato; e si spingono in fuori le labbra come per dare un bacio;

- Le spalle (si alzano parallele al collo; poi si alzano parallele al corpo e si spingono avanti ed

indietro);

Page 107: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

103

- Il collo (si schiaccia il mento contro il petto; poi si porta la testa all’indietro e si ruota verso destra

e verso sinistra);

- L’addome (si irrigidiscono i muscoli, poi si tira in dentro lo stomaco);

- La schiena (si inarca all’indietro alzandosi leggermente dalla spalliera);

- Le natiche e le cosce (si contraggono spingendo il tallone verso il basso e contemporaneamente

spingendo la punta dei piedi verso l’alto);

- I polpacci (si tendono spingendo con le punte dei piedi verso il basso).

Dopo questa prima fase introduttiva, improntata come sempre alla psicoeducazione, si procede con il

training vero e proprio: vengono abbassate le luci, tutti sono invitati a mettersi in una posizione

comoda, con la schiena e la testa appoggiata, le gambe leggermente divaricate e le mani appoggiate

sulle ginocchia. Mentre un terapeuta legge le istruzioni al gruppo, l’altro esegue gli esercizi affinché,

anche se l’istruzione è di tenere gli occhi chiusi, qualora qualcuno abbia dei dubbi sull’esecuzione di

alcuni esercizi lo possa utilizzare come modello.

Concluso l’esercizio viene chiesto ad ognuno di riportare la propria esperienza. Mentre la maggior

parte del gruppo risulta piacevolmente rilassata, Angela e Luisa riferiscono di aver provato dei lievi

giramenti di testa che hanno reso l’esercitazione fastidiosa; allo stesso modo Francesca riferisce di

provare tuttora un fastidio dato dalla sensazione di avere i muscoli “molli” e viene dunque invitata a

tenderli un po’. Al termine della seduta ogni partecipante riceve un cd dove si trova registrata la voce

che consentirà di ripetere il training anche a casa, almeno una volta al giorno.

L’incontro successivo inizia chiedendo ai partecipanti come hanno trascorso la settimana e se hanno

provato sintomi di fastidio a carico di alcuni muscoli in particolare, effettuando gli esercizi proposti.

Vengono riassunti qui di seguito i distretti interessati dai diversi partecipanti:

Paziente Muscoli Paziente Muscoli

Riccardo Gambe e pettorali Tecla Nessuna tensione in particolare

Francesca Denti e spalle Luisa Schiena

Katia Denti e gambe Teresa Denti, spalle e gambe

Maurizio Denti Debora Denti, spalle e gambe

Angela Collo, spalle e gambe

Tab. 6 Scheda riassuntiva dei distretti muscolari che hanno creato difficoltà durante l’esecuzione del training di rilassamento neuromuscolare. Vengono dunque tutti invitati a continuare questo addestramento ed a sopperire ai fastidi attraverso

l’applicazione di una minor tensione muscolare durante la prima fase dell’esercizio nei distretti in cui si

sono manifestate tali sensibilità. In generale il gruppo riporta di aver tratto giovamento in termini di

maggior rilassamento generale, dopo l’esecuzione degli esercizi.

Nella stessa seduta si introducono gli esercizi di rilassamento isometrico, ossia particolari movimenti

che non richiedono una modificazione della lunghezza del muscolo (da qui il loro nome), che possono

essere utilizzati in ogni circostanza in cui la persona si sente in tensione.

In data 20/12/2006, dopo un accenno durante la fase di assessment viene riproposta l’analisi

funzionale e vengono quindi utilizzate le schede raccolte inizialmente, per spiegare l’importanza del

pensiero nella genesi e nel mantenimento degli episodi di Panico. Dopo l’esercitazione sui dati tratti

dall’esperienza di ognuno, il gruppo viene invitato a leggere il Manuale, nel quale si affronta il tema

Page 108: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

104

dei pensieri disfunzionali e delle idee irrazionali secondo la teoria di Beck ed Ellis (Beck e Emery, 1988;

Ellis, 1989; Ellis, 1996). Viene poi proposto un lavoro individuale in cui ognuno è chiamato a rendere

più funzionale alcuni dei pensieri più comuni nel caso del Disturbo di Panico, ad esempio:

Pensiero disfunzionale: La prossima volta che mi verrà il panico potrei svenire. Sarebbe terribile; la gente

penserebbe che non sono normale!

Mentre per alcuni questo problem-solving appare molto semplice (Francesca, Maurizio, Riccardo,

Teresa), Katia e Luisa partono dal presupposto che i pensieri disfunzionali siano “reali”, talvolta

catastrofizzandoli e rendendoli ancora più estremi di quelli che sono in realtà. È in momenti come

questo che emerge l’importanza del lavoro in gruppo, infatti è dagli stessi partecipanti che l’idea

disfunzionale di alcuni viene ristrutturata completamente.

Al termine di questo incontro viene consegnata una scheda per l’automonitoraggio, con l’istruzione di

modificare gli eventuali pensieri disfunzionali che possono talvolta generare sintomi panicosi, se non

vere e proprie crisi.

Dopo la pausa Natalizia, il gruppo si riunisce in data 03/01/2007; durante questo periodo tutti hanno

cercato di mettere a frutto le nuove abilità acquisite e nessuno di loro ha manifestato episodi di

Panico. Il lavoro sul pensiero si è dimostrato un tassello fondamentale di questo percorso ed è

attualmente quello che il gruppo considera lo strumento più rapido e funzionale per controllare

eventuali sensazioni o sintomi interni spiacevoli.

In questa seduta, la IX, il gruppo si trova a lavorare sull’esposizione in vivo di quelle situazioni che

ancora vengono evitate o che, nonostante le tecniche di rilassamento o di razionalizzazione apprese,

vengono vissute con enorme disagio. Si costruiscono insieme delle scale SUD (Unità di Disagio

Soggettivo) relativamente a tali contesti e si stabiliscono gli obiettivi settimanali di esposizione.

Durante l’incontro successivo ad ognuno viene chiesto di parlare degli obiettivi raggiunti, degli

eventuali ostacoli che sono stati incontrati e delle mete future. In generale, ogni partecipante ha

previsto di portare a termine la propria esposizione entro la seduta successiva per potersi quindi

confrontare con gli altri; per Debora e Tecla l’esposizione consiste nell’utilizzare l’auto da sole e

percorrere oltre 10 Km di strada; Francesca invece si misura su distanze più lunghe e Maurizio su

quelle oltre i 50 Km, preventivando quindi viaggi da Ponte a Elsa a Viareggio; Angela ha invece

provato a guidare con persone in auto con lei, a partire da quelle che trova più rilassanti e meno

giudicanti, fino al marito, che mentre guida è sempre molto “invadente”. In tutti questi casi le diverse

tappe del programma sono state rappresentate dalle uscite della Strada di Grande Comunicazione

Firenze-Pisa-Livorno, molto ravvicinate tra loro. Teresa deve affrontare luoghi affollati e decide di

graduare il suo piano di esposizione all’interno del supermercato a diversi orari del giorno e della

settimana. Katia è tornata a dormire in camera da letto con il marito ed ha modificato le angolazioni

del cuscino, da perpendicolare al letto, fino a tenerlo completamente sdraiato. Riccardo ha provato a

fare attività fisiche sempre più faticose, nel rispetto della propria sicurezza.

Durante l’ultima seduta, in data 24/01/2007 il gruppo viene sottoposto ad una seduta di Esposizione

Enterocettiva; sono stati studiati alcuni esercizi standard che inducono sintomi simili a quelli del Panico

Page 109: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

105

che vengono eseguiti con l’aiuto dei terapeuti e degli altri partecipanti presenti. Prima di iniziare viene

chiesto di stimare il grado di spiacevolezza delle sensazioni che si andranno a provare e dell’ansia su

una scala da 0 a 100, mentre dopo essersi sottoposti a questa prova, di indicare il reale livello delle

due stime. Una volta individuato quale esercizio induce sensazioni più somiglianti al Panico, sarà

possibile continuare ad esporsi ad esso in modo controllato per poterne affrontare, a livello

consapevole, le conseguenze. Ogni esercizio dovrà essere sostenuto fino a quando la SUD non sarà

diminuita fino ad un punteggio di circa 10-20, in modo graduale ed in tutta sicurezza per la persona.

Gli esercizi proposti sono: respirare a bocca aperta per 1 minuto, prendendo abbondante aria;

trattenere il fiato per 1 minuto; respirare attraverso una cannuccia per 1 minuto; oscillare la testa ad

occhi chiusi per 1 minuto; mettere la testa fra le ginocchia per 1 minuto ed alzarla improvvisamente;

tendere tutto il corpo per 1 minuto e rilassarlo completamente; salire e scendere un gradino; ruotare

su se stessi.

Dopo quest’ultima prova che nel confronto ha mostrato quanto eterogeneo possa essere il panorama

delle emozioni indotte dai diversi prodotti comportamentali, si è deciso di rivedere individualmente

ognuno dei partecipanti in data 24/10/2007, esattamente un anno dopo dall’inizio del lavoro in

gruppo, per un colloquio e la somministrazione del test MMPI-2.

3.2 Follow-up e Conclusioni

Nell’incontro di follow-up ad un anno, in data 24/10/2007, è stato rilevato che nessuno dei

partecipanti ha presentato nuovi episodi di Panico e che in alcuni casi il cambiamento dello stile di vita

è stato molto radicale. Debora è andata a Milano ed ha partecipato a diversi casting che l’hanno

portata a lavorare come corista in una nota trasmissione televisiva. Francesca è riuscita ad affrontare

con successo l’esame di stato di giurisprudenza. Teresa si prepara ad accompagnare finalmente i figli

in piazza per il prossimo Carnevale, dopo anni di delega ad altre mamme. Per tutti gli altri il

cambiamento non è stato eclatante, ma la libertà e l’autonomia ritrovata sono da considerarsi

comunque un traguardo fondamentale per una qualità di vita senz’altro migliore.

Viene somministrato in data 24/10/2007 il test MMPI-2; come all’inizio di questa trattazione,

riportiamo i grafici di Katia ed in base ai criteri descritti da Butcher e Williams una breve relazione

esplicativa (Butcher e Williams, 1996). Per ogni grafico è possibile osservare le linee tratteggiate

relative ai risultati del primo test somministrato.

Come è possibile osservare dal confronto delle linee relative ad i due test somministrati alla signora

Katia, la conformazione del grafico, nell’insieme, è restata costante e questo denota sempre una

persona tesa, rigida e tendente all’ansia ed all’ipersensibilità verso le relazioni sociali ed interazionali.

Dai risultati si evince però immediatamente un abbassamento dei livelli originariamente più critici.

L’elevazione della scala D si è ridotto notevolmente e questo confermerebbe l’ipotesi che uno stato

d’umore basso fosse secondario al Disturbo di Panico ed alle limitazioni ad esso legate.

Concludendo, anche se abbiamo mostrato in questa trattazione un solo test, i risultati hanno

dimostrato una riduzione totale, fino alla scomparsa degli Attacchi di Panico, come confermato dal

colloquio di follow-up. L’apprendimento di nuove abilità di gestione ha inoltre permesso una

ristrutturazione più globale delle idee della persona e questo ha trovato riscontro anche nei risultati ad

Page 110: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

106

un test ad ampio spettro, quale il MMPI-2. Per quanto riguarda i risultati ottenuti dagli altri

partecipanti si osservano dati normativi con una riduzione nelle scale Pd e Pt che inizialmente

risultavano più elevate.

Scale Cliniche

45

64

40

6572

63

5450 52

6864

60

75

30

40

50

60

70

80

90

100

13/09/2006 45 64 40 65 72 63 54 50 52 68 64 60 75

24/10/2007 46 66 45 58 64 63 52 50 49 62 58 59 65

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 5 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato a Katia il 24/10/2007. Con la linea tratteggiata si evidenzia il primo test somministrato.

Scale Supplementari

65

58

73 71

57

75 73

51

75

30

40

50

60

70

80

90

100

13/09/2006 65 58 73 71 57 75 73 51 75

24/10/2007 65 58 65 65 58 73 59 55 65

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 6 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato a Katia il 24/10/2007. Con la linea tratteggiata si evidenzia il primo test somministrato.

Scale di Contenuto

64

50

6571

77

56

40

63

5043

72 73 74 7378

30

40

50

60

70

80

90

100

13/09/2006 64 50 65 71 77 56 40 63 50 43 72 73 74 73 78

24/10/2007 55 45 59 63 65 55 45 62 50 43 65 65 69 68 65

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 7 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato a Katia il 24/10/2007. Con la linea tratteggiata si evidenzia il primo test somministrato.

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Elisa, Disturbo Borderline di Personalità e Drop-Out. PRESENTAZIONE DEL

CASO

1. Informazioni generali

1.1 Generalità del paziente

Elisa nasce il 09/04/81 a Empoli ed è residente a Castelfiorentino, con la famiglia d’origine composta

attualmente da padre e madre. I genitori sono sposati dal 1971 anche se la coppia non appare molto

affiatata e fin dai primi incontri emergono molte difficoltà. Giorgio è un agente della Polizia Municipale

di Castelfiorentino che, come accade spesso nei piccoli centri, ha un ruolo attivo e molto importante

nella vita di paese; Elisabetta, è casalinga ed ha lasciato il lavoro di operaia nel 1981 per seguire Elisa,

la secondogenita appena nata.

In un appartamento limitrofo al loro vive la sorella Giorgia, nata nel 1973, ingegnere chimico

impiegata con successo in una grossa ditta di Empoli.

Elisa consegue il diploma di maturità professionale nel 2002, dopo alcuni avvenimenti: una bocciatura

sopraggiunta nel 1998, una pausa di un anno dagli studi nella quale è rimasta a casa ed il cambio di

scuola, da un istituto tecnico commerciale di Empoli ad uno professionale di Castelfiorentino.

Dal 2003 inizia la sua carriera lavorativa molto varia ed incostante; rimane assunta per circa tre mesi

per poi lasciare il lavoro, stare ferma in media cinque mesi e trovare il successivo.

Attualmente ha iniziato da qualche giorno un nuovo impiego che ha trovato per lei il padre; il fatto che

Elisa riesca o meno a dedicarsi completamente a questa nuova situazione occupazionale, rappresenta

la principale preoccupazione dei genitori.

1.2 Caratteristiche della relazione

Prende contatti telefonici con la psicologa il padre; durante la chiamata egli parla di “una bambina che

da qualche tempo piange tutti i giorni e che ha bisogno di essere rimessa in carreggiata”; invitato a

dare le generalità della figlia, si evince che si tratta di una ragazza del 1981, la quale viene

incoraggiata dalla psicologa a rispondere autonomamente al telefono; Elisa accetta la comunicazione e

si esprime in lacrime senza aggiungere niente a quello che ha già detto per lei il padre, ma è

direttamente con la ragazza che viene stabilito il primo appuntamento per la settimana successiva,

pattuendo che, se preferisce, può affrontarlo assieme al genitore, almeno inizialmente.

Al primo colloquio, si presentano con Elisa il padre e la madre ed al termine dell’incontro viene stabilita

una frequenza di sedute settimanali individuali della durata di un’ora ciascuna, mentre saranno

contrattati con la famiglia alcuni incontri comuni successivi, in accordo con le richieste degli utenti;

dopo i primi tre incontri, verrà proposto dalla psicologa di modificare la frequenza e la modalità degli

incontri per poter continuare a vedere Elisa con tutta la famiglia e non solo individualmente, ma

coerentemente con la richiesta del padre, verranno mantenute le condizioni descritte all’inizio per tutta

la fase di assessment ed anche per la prima parte di quella di trattamento.

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2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di test)

2.1 Richiesta dell’utente

Come già accennato è il padre di Elisa, Giorgio, a chiedere per lei una consulenza che viene fissata in

data 29/03/2007. Egli, assieme alla moglie, chiede che la figlia venga aiutata ad uscire da uno stato

d’inedia che dura dal 2002, anno in cui ha conseguito il diploma di maturità. Egli infatti le ha appena

procurato un lavoro e spera che le sedute di psicologia le siano utili per portare a termine questo

ennesimo impegno che la ragazza ha preso. I genitori sembrano molto scontenti circa l’incapacità

della figlia di tenere un lavoro per più di tre mesi e, soprattutto ora che Giorgio si è presentato come

suo garante per questo nuovo impiego, egli è intenzionato a far sì che lei si dimostri all’altezza.

Rimanendo da sola con Elisa, si evince che la ragazza ha invece una richiesta diversa, anche se non in

collisione con quella dei genitori; vuole autonomizzarsi dalla famiglia di origine e dimostrar loro che

non è una bambina; ella ritiene infatti che le sue crisi quotidiane di pianto, siano dovute

principalmente alla frustrazione che prova nel deludere continuamente i genitori i quali, per questo,

tendono ad accudirla in modo sempre più pressante, instaurando e mantenendo un circolo vizioso.

Poiché gli obiettivi individuali e familiari non sono in contrasto tra loro, si può quindi riassumere la

richiesta dell’utente nei termini di un aiuto a trovare la propria strada, superando un periodo

caratterizzato da un tono dell’umore basso ed un senso di autosvalutazione, con l’obiettivo di

dimostrare ai genitori, anche assumendosi le responsabilità di questo nuovo impiego, che non ha

bisogno di essere accudita come una bambina.

2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio

Elisa si presenta all’incontro accompagnata dal padre e dalla madre. I genitori siano i primi a

presentarsi poi, una volta fatto il loro ingresso nell’ambulatorio, lasciano entrare anche la figlia e

prendendola per le spalle la presentano come si fa con una bambina piccola, spingendola leggermente

in avanti. Elisa ha una postura chiusa su se stessa, con le spalle incurvate e la testa bassa. Per

guardare negli occhi la psicologa alza solo lo sguardo e gira gli occhi verso l’alto. Ha i capelli rossi

lunghissimi e ricci che le coprono gran parte del volto; fisicamente è molto minuta ed ha mani piccole

ed ossute. Sul volto è possibile scorgere alcune cicatrici ed il sorriso mostra denti rovinati ed ingialliti.

Il viso è inoltre segnato da profonde occhiaie ed è talmente magro da risultare emaciato.

Giorgio, il padre, è il primo a sedersi; è alto ed ha una postura impettita e fiera. La madre invece è

silenziosa ed appare succube di questa figura imponente, siede composta osservando in modo fisso la

psicologa. Elisa si siede all’estremità opposta del tavolo, vicina al padre, si appoggia con tutta la

schiena incurvata alla sedia ed appare ancora più piccola e distante.

Inizia a parlare il padre, anche se Elisabetta ogni tanto ribatte; entrambi parlano di Elisa in terza

persona, come se non fosse presente, mentre l’interessata appare assorta; Giorgio è molto svalutante

in quello che dice, sia nei confronti della moglie che in quelli della figlia, in particolare sembra riflettere

ad alta voce sulle motivazioni che l’hanno spinto a chiedere un aiuto psicologico per quest’ultima

asserendo che “è come se si fosse persa durante il cammino, perché non è scema, o almeno credo

dall’incidente…”; egli si riferisce ad un incidente che Elisa ha subito all’età di dieci anni, cadendo dal

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terrazzino di un ristorante che si affaccia sul fianco di una collina rocciosa. È proprio lui a raccontare

l’accaduto e mentre lo fa si commuove: Elisa era seduta sul parapetto di questa loggia e stava

giocando con altri bambini, quando ha perso l’equilibrio ed è caduta all’indietro. L’evento fece molto

scalpore perché venne chiamato l’elisoccorso, avvenimento assai raro in un piccolo paese di provincia;

Elisa dopo tre giorni in stato di coma si riprese completamente, pur dovendo rimanere diversi giorni

all’ospedale in osservazione. Il padre spiega che Elisa è sempre stata più lenta a capire e, soprattutto

dopo questo incidente gli altri hanno continuamente avuto la tendenza ad approfittarsene. Egli vede

dunque la figlia come piccola ed indifesa e, proprio per la sua costituzione fragile ha sempre avuto la

tendenza ad essere molto protettivo nei suoi confronti. L’incidente in cui Elisa è rimasta coinvolta ha

rinforzato ulteriormente il comportamento dei genitori di essere sempre più presenti ed assidui nella

sua vita al fine di controllare che nessuno le faccia del male.

La madre viene invitata a parlare e, se ha pazientemente aspettato in silenzio, prende la parola in

modo esplosivo esprimendosi in maniera veloce ed usando un tono molto alto. Elisabetta incolpa

Giorgio dei problemi della figlia e quest’ultima di approfittarsene essendo infine solo una

scansafatiche. Sostiene che il marito si fa riverire come un principe e costringe ad avere lo stesso

atteggiamento anche con la figlia che invece dovrebbe imparare a sbrigarsela da sola. Piange e si

dispera a lungo, mentre il marito cerca di sedarla con modi imbarazzati. Durante questa scena Elisa

porta le mani alla testa e vi spinge sempre più in profondità le dita, stringendo gli occhi e digrignando

i denti. Verrà illustrato più avanti che la ragazza usa questo gesto anche quando non riesce a capire le

richieste altrui ed in generale ogni qualvolta sente di essere in confusione per qualche motivo.

Vengono quindi invitati a calmarsi ed a lasciare che sia Elisa a parlare un po’ di questo suo stato

emotivo, ma lei accetta soltanto una volta che i genitori sono usciti dalla stanza. Prima di andarsene

viene stabilito il setting dei successivi incontri e fissato un nuovo appuntamento familiare per il

26/04/2007.

Elisa appare sollevata dal rimanere da sola; invitata a portarsi in una posizione più centrale rispetto al

tavolo mantiene la sua postura chiusa su se stessa e continua a guardare la psicologa senza alzare la

testa, ma solo lo sguardo; sorride timidamente ed assume un tono ed un atteggiamento molto

seduttivi.

Dice che “non ce la fa più”, che i suoi genitori le stanno troppo addosso e che non riesce neanche a

dormire da sola perché da circa un mese, la madre, in pena per il suo stato d’umore ultimamente così

basso, le ha messo nella sua camera un letto matrimoniale per stare con lei, alternandosi con il padre.

Si evince immediatamente che Elisa ha standard personali elevatissimi e che potrebbe essere presente

un perfezionismo clinico ad aggravare il senso di autosvalutazione personale; è molto doverizzata ed

ha schemi di comportamento cui aderire, estremamente rigidi e talvolta irragionevoli. Come i genitori

anche lei però ha una visione di se stessa come fragile ed indifesa e, sebbene esprima il desiderio di

voler essere più forte, lo fa come se si trattasse di cambiare una modalità ormai acquisita e fissa.

Nel parlare a volte si ha l’impressione che perda improvvisamente il filo del discorso, rimane con lo

sguardo smarrito per qualche secondo, poi alza gli occhi pieni di lacrime e si conficca le mani nei

capelli premendo a fondo e dicendo con la voce strozzata che non si ricorda cosa voleva dire. È

difficile calmarla immediatamente e solo dopo qualche incontro questo risulterà più immediato.

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Riferisce che non ricorda se ha sempre avuto questi “vuoti”, ma di sicuro li ha in quest’ultimo periodo

ed è possibile che siano in qualche modo correlati con il tono dell’umore.

Per quanto riguarda i rapporti sociali al di fuori della famiglia, Elisa è attualmente molto sola e può

contare solo sull’affetto di Sandra, una sua vicina di casa con la quale ha frequentato l’ultimo anno

nella scuola a Castelfiorentino dove si è diplomata. Nonostante a volte trovi confortante la sua

presenza, spesso ne è impaurita perché teme che l’amica sia omosessuale e segretamente innamorata

di lei. Il tema dell’innamoramento ritornerà svariate volte e con accezioni talvolta molto morbose nei

colloqui di assessment che hanno interessato tutto il mese di Aprile.

Relativamente a questo suo stato emotivo, denotato da un umore labile ed a coloritura solitamente

depressiva, Elisa riferisce che potrebbe essere causato sia da un’alienazione sociale, impostale dai

genitori che non la lasciano più uscire la sera perché preoccupati per la sua salute, che dalla paura di

deluderli nuovamente a causa di un eventuale fallimento nel nuovo lavoro. Quest’ultimo consiste nel

notificare ingiunzioni di pagamento porta a porta, dopo aver verificato eventuali cambiamenti di

residenza dal terminale del Comune di Empoli; le vengono quindi consegnate delle schede ed un

taccuino di notifica dove dovrà appuntare delle specifiche sigle.

2.3 Allargamento ad altri problemi

I dati raccolti in questa sezione sono risultati dai tre colloqui individuali con Elisa, sostenuti in data 05,

12 e 19 Aprile e quello familiare del 26, il quale era stato precedentemente strutturato per riportare ai

genitori i dati discussi nella penultima seduta con la ragazza, prospettando così l’eventuale piano di

trattamento pattuito con lei ed eventualmente coinvolgerli per migliorare le probabilità di efficacia

della terapia.

Poiché la raccolta dati è stata gravata dalla confusione espositiva di Elisa e dei suoi genitori, si ritiene

utile suddividere questo paragrafo in ulteriori punti, per favorirne la lettura e la comprensione dei fatti

principali.

2.3.1 Lo stato di salute

Per quanto riguarda la salute in senso più strettamente fisico, Elisa riferisce fin dal primo incontro di

avere difficoltà ad addormentarsi ed a mantenere il sonno. Da quando è occupata con il nuovo lavoro

passa la serata a ricontrollare le schede che le ha dato il Comune di Empoli ed a dividerle nelle zone di

distribuzione, per poter effettuare le consegne il giorno seguente nella periferia del paese; va a letto

molto tardi, stanca e dopo aver fumato anche due pacchetti sigarette, vizio che ha dal 1999, anche se

ultimamente ne ha aumentato l’uso. Una volta nel letto le tornano a mente tutte le cose che dovrà

fare l’indomani ed inizia una nuova pianificazione mentale. Qualora riesca ad addormentarsi, le capita

di svegliarsi ed i pensieri del lavoro possono ritornare alla sua mente in modo talmente pressante da

costringerla ad andare a ricontrollare le schede da consegnare. La mattina seguente è stanca e la

madre l’accompagna a fare le consegne delle schede perché teme che potrebbe fare un incidente con

l’auto o sentirsi male e svenire; entrambi gli eventi si sono realmente verificati in passato mettendo in

allarme i genitori.

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Per quanto concerne l’uso di sostanze quali farmaci, droghe ed alcool, Elisa riporta di aver utilizzato

soprattutto quest’ultimo anche in modo importante, perché insensibile ai suoi effetti; racconta con

orgoglio che “regge l’alcol come un uomo” quindi finché usciva regolarmente con gli amici, esagerava,

vantandosi con gli altri di poterne metabolizzare grosse quantità; sostiene invece di non abusare di

farmaci e di non aver mai utilizzato droghe. Nelle varie sedute emergerà che talvolta, durante uno dei

brevi ma frequenti mal di testa che accusa quando entra in confusione, Elisa ha preso medicinali senza

fare molta attenzione all’etichetta e quindi di aver conseguentemente allertato la madre affinché

stesse con lei fino al termine di eventuali effetti collaterali negativi (che però non si sono mai

manifestati).

Quando si conficca le dita nei capelli, talvolta si procura delle lesioni alla cute, che possono presentare

anche dei brevi ma intensi sanguinamenti. Elisa afferma che talvolta per calmarsi da un eccesso di

rabbia se non si ferisce la testa, con la mano destra graffia violentemente il braccio sinistro, fino a

ferirlo. Tali gesti automutilanti impressionano entrambi i genitori che tendono a contenerla fisicamente

ed a curarle le lesioni che si è provocata.

La ragazza aggiunge che a volte è molto presente nei suoi atti autolesionistici e, oltre che per cercare

una valvola di sfogo, tende a ricorrervi come se volesse punirsi per non essere abbastanza “brava” e

quindi deludere continuamente tutti.

2.3.2 Il rapporto madre-figlia

Dal momento che la madre è la prima a lamentarsi della mancanza d’impegno della figlia e si teme

che questo suo comportamento possa divenire una forma di rinforzo nelle condotte disfunzionali di

Elisa, si è ritenuto utile approfondire durante la seduta familiare del 26/04/2007 la sua disponibilità

nell’accompagnarla a lavoro. Mentre la figlia accusa la madre di essere troppo protettiva e soffocante,

riferendo che le porta la colazione a letto e non la fa crescere, da parte sua Elisabetta accusa la figlia

di richiedere attenzioni, facendosi prendere in braccio e chiedendole aiuto. Di fronte a tale

affermazione Elisa abbassa la testa alzando lo sguardo e sorride, assumendo l’espressione facciale e

mimando la voce di una bambina. È chiaro dunque che il rapporto madre-figlia è continuamente

altalenante ed oscilla dalla dipendenza al sentimento di soffocamento perché entrambe le donne

utilizzano, l’una con l’altra, modi manipolativi di comunicazione.

Durante la stessa seduta familiare, la madre ritiene utile affermare che la decisione di mettere un letto

matrimoniale in camera di Elisa, per dormire con lei, è stata maturata dopo che la ragazza per diverse

notti consecutive si era intrufolata nel letto dei genitori, costringendo il padre a spostarsi nella camera

della ragazza al suo posto.

Elisa appare serena e non si sente smentita, dimostra il suo giudizio individuale nei termini che

“qualche volta”, l’agito dei genitori è giusto e richiesto, altre non è gradito, in modo del tutto arbitrario

e senza un preciso schema valutativo di riferimento. Questo rapporto così oscillante e confusivo è

principalmente una regola relazionale madre-figlia, entrambe labili, deboli e volubili, mentre il padre

rimarrebbe un po’ in disparte, rispetto invece ad un coinvolgimento più marcato nei confronti

dell’omonima primogenita, vigorosa ed impegnata.

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2.3.3 La storia educativa

Arricchendo la ricostruzione del proprio passato, nel raccontare lo stile educativo subìto durante

l’infanzia e la prima fanciullezza, Elisa riporta una storia di punizioni corporali perpetuatele soprattutto

dalla madre e ne mostra anche i segni evidenti come piccole cicatrici sulle mani e sulle braccia

provocate dai morsi di quest’ultima. Anche il padre e la sorella usavano violenze fisiche su di lei e

sebbene abbia imparato presto a reagire, i suoi contrattacchi non sono mai stati fisicamente lesivi,

data la corporatura piccola e debole. Le percosse venivano inflitte ad ogni errore, che si trattasse di un

brutto voto a scuola o di un comportamento inadeguato, soprattutto socialmente. I genitori nella

seduta del 26 Aprile non smentiscono la figlia e con un’alzata di spalle archiviano il loro

comportamento come normale ed ordinario. La sorella Giorgia non ha mai riportato ferite o segni

tanto evidenti perché di corporatura più importante rispetto a lei; inoltre, avendo imparato presto

“come comportarsi”, non ha subìto a lungo tale educazione: sposata nel 2003, è tornata a vivere con il

marito nell’appartamento limitrofo a quello dei genitori. Giorgio ed Elisabetta affermano senza mezzi

termini che Giorgia è sempre stata più intelligente di Elisa, se ne deduce quindi che la sensazione di

essere inadeguata e svantaggiata rispetto alla sorella maggiore, venga sovente rinforzata dagli altri.

Oltre che nel fisico, anche nel carattere ed infine nella sorte, pare esserci uno schema parallelo tra

primogenita e padre, forti e di successo e secondogenita e madre, deboli e succubi dei più forti.

2.3.4 La scuola ed il lavoro

Per quanto riguarda la sfera intellettiva, durante il periodo scolastico viene bocciata nel 1998 e dopo

un anno “di riflessione” decide di riprendere gli studi in un nuovo istituto per diplomarsi nel 2002

all’età di 21 anni. Affronta poi vari lavori: nel 2003 rimane tre mesi come cameriera in un bar; sei

mesi, da Giugno a Dicembre, come centralinista in una ditta di import-export dove dice di sentirsi per

la prima volta totalmente sovraccaricata dalle informazioni ed in completo stato di confusione; nel

2004 per due mesi fa la tagliatrice in una fabbrica, lasciando in favore di tre mesi come segretaria per

una ditta di trasporti ed ancora due mesi come promoter ed infine un mese da hostess per una

promozione di un gestore telefonico; continua quest’ultimo lavoro ottenendo due ingaggi di un mese

ciascuno per altre promozioni a carico dello stesso negozio ed infine si ferma ad Agosto per il resto

dell’anno 2006.

Nel 2007, dopo un anno che non aveva lavoro, il padre le trova un impiego presso un benzinaio di

Poggibonsi: il lavoro sembra facile, ma si dimostra impegnativo in quanto ora dopo ora le vengono

assegnate sempre più mansioni, l’ansia sale e lei sente di non riuscire a svolgere perfettamente tutte

le attività; inoltre, il datore di lavoro ha atteggiamenti ed attenzioni che Elisa trova ambigue, quindi,

tornando a casa in lacrime chiede ai genitori di “non mandarla più” a lavorare in quella sede.

2.3.5 Le aggressioni a sfondo sessuale

Ancora relativamente all’ambito familiare, emerge durante il secondo colloquio un evento fortemente

traumatico per Elisa, l’aggressione a scopo sessuale da parte del fratellastro della madre nel 1994, il

quale nel 1977 aveva già abusato di Giorgia. Tale evento sarà soltanto il primo di quattro aggressioni

con stessa finalità. Elisa preferisce non approfondire tale tema, mentre vorrà raccontare le circostanze

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che l’hanno portata alle ultime tre violenze, di cui riportiamo il resoconto qui di seguito; questo

argomento verrà però ripreso durante la seduta familiare, in modo del tutto inaspettato.

Dalle descrizioni di Elisa emerge che, dopo il tentato stupro da parte dello zio materno, la seconda

aggressione subìta avviene nel Settembre del 2003 nella casa al mare dell’amica Debora, con la quale,

dopo questo avvenimento ha interrotto ogni rapporto; il fidanzato dell’amica l’aveva raggiunta in

bagno con l’intento di aggredirla mentre Elisa si stava facendo la doccia e nonostante lei urlasse e

chiedesse aiuto chiamando Debora, che non era intervenuta tempestivamente pensando ad uno

scherzo. Lo stesso fidanzato definisce l’intera storia un semplice scherzo frainteso e questo, determina

il loro allontanamento da Elisa.

Una nuova violenza si registra l’anno successivo: ad una festa di amici, alcuni ragazzi ballando la

circondano ed iniziano a strapparle i vestiti, istigati e rinforzati dalle urla di altri che stavano

assistendo; in quel caso un amico le prestò soccorso e prima che avvenisse il peggio la riportò a casa.

L’ultima violenza risale al 2005, in un periodo in cui Elisa era scappata di casa andando a vivere

dall’ex-fidanzato. Da circa cinque mesi aveva iniziato una nuova relazione con un uomo più grande di

lei e con un figlio a carico avuto dal precedente matrimonio e, poiché la famiglia non aveva accettato

questa unione, lei si era rifugiata a casa dell’amico.

Per non gravare sul suo ospite e la madre, entrambi con un equilibrio psicologico sostenuto

farmacologicamente e con tentativi di suicidio alle spalle, aveva due lavori e dal secondo tornava

molto tardi. Una sera, al suo rientro a casa, viene aggredita davanti al portone da una persona che lei

non riesce a vedere in faccia e che da dietro la palpeggia per qualche minuto per poi spingerla a terra

e scappare. Questo evento la porta ad interrompere la nuova relazione che, secondo Elisa, non vede

l’uomo sufficientemente interessato dall’accaduto e di conseguenza torna ben presto a casa sua,

abbandonando prima entrambi i lavori.

Di questo periodo parlerà anche la madre nella seduta del 26 Aprile, di fronte a lei ed al marito,

accusando Elisa di essere una donna di facili costumi che mentre viveva una relazione intratteneva

rapporti sessuali anche con il suo ex; circa le aggressioni subite dalla figlia aggiunge inoltre che è

sempre Elisa ad “andarsi a cercare certe situazioni” perché in realtà le piace attirare un determinato

tipo di attenzioni maschili.

Osservando la ragazza mentre riporta le aggressioni subìte nella seduta individuale, pare di cogliere

una certa soddisfazione nelle sue espressioni facciali; Elisa sembra sempre molto attenta

all’atteggiamento altrui in risposta al suo che, più o meno inconsapevolmente, è molto seduttivo anche

nei confronti della psicologa; ella gioca infatti ad assumere diversi ruoli che di volta in volta tentano,

affascinando od intenerendo l’interlocutore, di richiamare sentimenti di “avvicinamento” verso di lei.

Racconta che molte volte ha l’impressione che gli altri, sia uomini che donne, abbiano interessi di tipo

sessuale nei suoi confronti; se da una parte ne parla quasi ne fosse lusingata, dall’altra non nasconde

una certa inquietudine.

Lo stesso sentimento ambivalente traspare dai racconti della madre che durante la seduta familiare

s’imporrà sul resto della famiglia per poter parlare, principalmente, come già accennato, accusando

Elisa di “andarsi a cercare” certe situazioni ambigue.

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2.3.6 Il tentato stupro dello zio materno e la storia della madre

Per quanto riguarda l’abuso perpetuato dallo zio, la maggior parte dei dati raccolti si deve alla madre,

durante la seduta familiare fissata per proporre una riformulazione del caso di Elisa. La madre della

ragazza all’inizio di quest’incontro irrompe nella discussione come un fiume in piena di pensieri e

parole e piangendo chiede di poter parlare per raccontare la sua verità, prima di venire a conoscenza

degli obiettivi terapeutici che sono stati concordati con la figlia; aggiunge che qualora venisse

“incolpata” lei per gli eventuali problemi di Elisa vorrebbe esibire delle giustificazioni. Viene invitata a

riferire quello che ritiene utile al trattamento di Elisa, cercando di ristrutturare le cognizioni circa

presunti giudizi negativi sulle sue doti “materne”, quindi inizia: racconta che la sua vita è stata una

continua sofferenza e sarebbe la stessa Elisa una delle principali cause di questo; lei la considera una

“prova di Dio” della sua fede perché fin dalla sua nascita è convinta l’abbia portata all’isolamento e ad

altre condizioni “di pena”.

Sia Elisa che Giorgio appaiono subito imbarazzati e si scambiano alcuni sguardi, poi il marito cerca

d’interrompere la moglie che alzando la voce continua nel suo resoconto; sarà la psicologa a chiedere

che la donna prosegua, per capire meglio il background familiare di Elisa ed eventualmente mettere in

luce caratteristiche disfunzionali che potrebbero ostacolare le riuscita del trattamento.

Elisabetta all’età di otto anni (nel 1958) rimase orfana di madre, morta suicida per impiccagione; il

padre, un agente della Polizia Municipale, si sposò l’anno successivo con una donna di 18 anni e da

questo secondo matrimonio nel 1960 nacque il fratellastro Giuseppe. Nel 1966 morì anche il padre per

una non meglio specificata malattia (parla di un’intossicazione da medicinali) e nel 1968, al

compimento della maggiore età, la matrigna la cacciò di casa, sostenendo che non poteva prendersi

cura di lei, oltre che del figlio naturale. Elisabetta inizia così a lavorare come operaia generica in una

fabbrica, mentre vive nel convento delle suore di Poggibonsi e durante questo periodo “sente la

chiamata di Dio”, anche se deciderà di aspettare a prendere i voti e, nel 1971 quando conosce

Giorgio, già Agente di Polizia Municipale così come lo era stato il padre, volgendo lo sguardo al marito

con aria sognante, afferma che “Dio le ha offerto una strada diversa da seguire”. Aggrottando la

fronte come se riflettesse ad alta voce, la donna afferma che forse ha sbagliato a scegliere di sposarsi

e che l’alternativa ai voti potrebbe avergliela mostrata il Diavolo e non Dio: da allora, infatti, aggiunge

che ha dovuto subire fin troppe vessazioni e tradimenti e nonostante questo, anche l’isolamento da

quella piccola parte di famiglia d’origine che le restava. Giorgio appare molto imbarazzato da quanto

affermato dalla moglie, ma rimane a testa china, mentre Elisa guarda fissa la psicologa sorridendo.

Dopo il matrimonio Elisabetta mantiene i rapporti con gli unici parenti in vita: la matrigna ed il

fratellastro; scopre nel 1977 quest’ultimo ad abusare di Giorgia, allora una bambina di tre anni, in casa

propria durante un pranzo di Pasqua e, convinta che non sarebbe più successo ha confessato

l’accaduto solo ad un prete. Mentre racconta questo terribile evento, descrive nei minimi particolari

tale violenza e cosa vide quando sorprese l’uomo; assume infine un’espressione stupita e, alzando le

spalle a giustificare il fratello, dice: “Forse era geloso di me e mi voleva fare un dispetto”.

La donna decise di mantenere questo segreto, apparentemente senza sforzarsi, ma alla nascita di

Elisa, cambiò tutto: riferisce che ha iniziato ad avere apparizioni di Gesù Cristo con una certa

frequenza, il quale le diceva in che modo prendersi cura della piccola poiché era più fragile. Elisabetta

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avrebbe quindi iniziato ad allontanarsi suo malgrado dai familiari, impedendo ad Elisa di avvicinarsi

allo zio da sola, per evitare che quello che era successo alla sorella si ripetesse.

Durante il racconto Giorgio prima si commuove poi arrabbiato chiede alla moglie di smettere di

raccontare “storie vecchie, ormai di nessuna importanza”. La psicologa la invita invece a terminare il

racconto, per comprendere in che modo questa famiglia considera le aggressioni sessuali subite e

come hanno facilitato l’elaborazione da parte delle piccole vittime.

Elisabetta sostiene che tenendo Elisa lontana dallo zio, il suo segreto era salvo e, anche se le

frequentazioni si sono comunque diradate nel tempo, poteva continuare a coltivare un rapporto con la

sua famiglia d’origine. All’età di 13 anni, la ragazza va casa di Giuseppe per una consegna e l’uomo,

da solo in casa, l’aggredisce strappandole la camicetta di dosso; lei si divincola raggiungendo la porta

ed una volta a casa propria, l’accoglie la sorella che, visti gli abiti rovinati ed intuendo l’accaduto, la

costringe a raccontare cosa le è successo. Elisa si sfoga con i familiari ed emerge che Giorgia non

aveva mai dimenticato di essere stata aggredita dallo zio. Giorgio venuto a conoscenza dell’accaduto,

ma soprattutto che la moglie era al corrente di ogni dettaglio, dichiara di non voler più avere nessun

tipo di contatto con l’uomo e si arrabbia con la donna che per tanti anni ha continuato a “mettere in

pericolo le sue bambine”.

Elisabetta chiede alla psicologa che cosa possa aver mai fatto di male nel voler tenere unita la sua

famiglia, accusando quindi la figlia di essere andata a cercarsi una situazione scomoda che, alla fine,

ha penalizzato più lei stessa che Elisa (perché alla fine lo stupro non si è realizzato).

Al termine di questo sfogo Elisabetta smette improvvisamente di piangere assumendo un’espressione

serena; si dice quindi soddisfatta di aver potuto raccontare la propria versione dei fatti e si rende

disponibile a fare quanto possibile per aiutare la figlia a venir fuori da questo brutto periodo. Giorgio a

queste parole pare sollevato, mentre Elisa è tornata a mettersi nell’angolo ripiegata sulla sedia, con lo

sguardo assente, come durante la prima seduta.

2.3.7 Conclusioni

L’intera famiglia oltre ad essere sia fonte che mantenimento delle difficoltà di Elisa, in termini di fattori

predisponenti, precipitanti e perpetuanti, potrebbe nascondere alcune problematiche che sarebbe

interessante approfondire, ma Giorgio insiste che la terapia si concentri solo su Elisa e che lui e la

moglie vengano coinvolti solo per facilitarne il trattamento, almeno fin quando la figlia non starà

meglio. Inoltre, non accettano la possibilità di sottoporre la figlia ad esami di tipo neurologico per

effettuare una più precisa diagnosi differenziale dalle patologie di tipo medico, soprattutto per quanto

riguarda le capacità intellettive della ragazza.

2.4 Motivazione

Non è facile classificare il grado di motivazione di Elisa perché non è chiaro perché ha omesso di

raccontare fino in fondo la verità; ella pare disperata eppure divertita; chiede accudimento, ma poi lo

trova troppo asfissiante; i genitori la amano, ma le fanno del male. Questo continuo altalenare fra

estremi tanto distanti può essere sintomatico, ma in ogni caso, non avendo Elisa stessa le idee chiare

sulle richieste da fare all’ambiente, è probabile che il suo atteggiamento al cambiamento non sia

Page 120: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

116

sufficientemente forte. La relazione è sempre vissuta ad un estremo od all’altro e la percezione della

psicologa è quella di essere continuamente sotto esame come persona, che dà o nega aiuto e

comprensione sufficienti alle richieste di Elisa.

Per quanto riguarda i genitori, sembrano invece intenzionati ad aiutare la figlia e si rendono anche

disponibili ad una messa in gioco personale globale; anche in questo caso però è da verificare che la

funzionalità del disturbo della figlia non interferisca con il suo eventuale miglioramento.

2.5 Strumenti psicodiagnostici

Viene somministrato in data 05/04/2007 il test MMPI-2 di cui riportiamo i grafici ed in base ai criteri

descritti da Butcher e Williams una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams, 1996).

Elisa si presenta all’appuntamento in ritardo di dieci minuti, dopo aver chiamato la psicologa cinque

minuti prima dell’appuntamento per avvertire che non si sarebbe presentata all’incontro prefissato,

anche se, invitata a raggiungerla, si decide subito ad andare. Emergerà al termine di questo incontro

che era la madre a non volerla accompagnare, perché avevano molto da fare per il lavoro di Elisa.

I risultati clinici del test sembrano essere validi, Elisa non ha tentato di influenzare coscientemente le

risposte e non ha mostrato eccessive resistenze nel comunicare i propri problemi emotivi e di rapporto

con gli altri.

Dal profilo risultante, appare gravemente depressa, con un tono dell’umore marcatamente disforico; è

rilevante un quadro di forte tensione e notevole ansietà, con fasi di rallentamento psicomotorio che si

alternerebbero ad iperattività ed irrequietezza motoria.

Elisa considera probabilmente se stessa in modo eccessivo e sproporzionato, oscillando tra momenti di

acritica ipervalutazione di sé ed altri caratterizzati da gravi dubbi sulle proprie capacità.

Tenderebbe inoltre a polarizzare l’attenzione su disturbi somatici senza una base organica dimostrabile

e tale tratto isteriforme, risulterebbe funzionale.

Oltre ad un quadro notevolmente nevrotico, si rileva una patologica tendenza alla chiusura in un

mondo autistico e fantastico con la possibile riduzione delle capacità di critica e giudizio nei confronti

dei propri vissuti e dei propri comportamenti.

Leggendo il profilo tramite l’analisi del codice 4-8-2, emergerebbe che Elisa è spesso irritabile e

sospettosa e la sua personalità sarebbe organizzata in senso fondamentalmente schizoide:

l’isolamento sociale, incontrato anche durante l’analisi dei colloqui clinici, potrebbe dipendere

principalmente dal fatto che tiene le persone a distanza per evitare le forme di coinvolgimento

emotivo che teme di più, in questo specifico caso quelle di tipo sessuale e potrebbe infatti vivere

questa sfera con una costante conflittualità.

Si mostra spesso triste, labile ed incongrua emotivamente. Il comportamento è caratterizzato da

imprevedibilità ed anticonformismo accentuato (in realtà si sente insicura ed ha un grande bisogno di

affetto ed attenzione). L'impressione diagnostica delle persone con questo codice varia dal disturbo di

personalità (di tipo schizoide o borderline) con reazione depressiva, ad una vera e propria reazione

psicotica; inoltre un’elevazione generalizzata delle scale cliniche viene sovente considerata indice della

probabile presenza di un Disturbo della Personalità di gruppo B, in particolare il Borderline (Evans et

al., 1986).

Page 121: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

117

Scale Cliniche

46

73

46

8682

85

95

46

7773

81

69

46

30

40

50

60

70

80

90

100

05/04/2007 46 73 46 86 82 85 95 46 77 73 81 69 46

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 1 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 05/04/2007

Scale Supplementari

65 65

50

71

62 61

77

44

79

30

40

50

60

70

80

90

100

05/04/2007 65 65 50 71 62 61 77 44 79

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 2 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 05/04/2007

Scale di Contenuto

81

48

73

63

7468 67

5350

5659

46

82 82

58

30

40

50

60

70

80

90

100

05/04/2007 81 48 73 63 74 68 67 53 50 56 59 46 82 82 58

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 3 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 05/04/2007

2.6 Analisi funzionale

Viene richiesto ad Elisa di fare un automonitoraggio teso a valutare gli effetti del suo perfezionismo sul

regolare svolgimento dell’attività lavorativa, per poi ricostruire dalle schede risultanti, un’analisi

funzionale globale, sulla quale sia possibile lavorare ad un livello di macro-obiettivi (Ellis, 1989). Poiché

la ragazza non si rende conto di quali potrebbero essere le conseguenze del suo atteggiamento

meticoloso, viene invitata a tenere un diario del sonno ed a compilare delle schede in formato ABC

cognitivo, per annotare tutte le volte che non riesce a portare a termine un compito qualunque, in

Page 122: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

118

quanto, come lei stessa asserisce, è entrata in confusione. Allo stesso tempo si auspica di visionare in

modo più attento il comportamento madre-figlia e le sue conseguenze su entrambe.

Al termine della raccolta dati iniziata durante la fase di assessment, ci si prefigge l’obiettivo di lavorare

su un atteggiamento globale verso il lavoro, la famiglia e gli affetti, per poter rendere più funzionale il

modo di vivere della ragazza. Tale attività ha anche lo scopo di valutare la motivazione di Elisa a

portare avanti questa terapia e le eventuali resistenze alla sua guarigione da parte dei familiari.

Riportiamo qui di seguito alcuni esempi tratti dalle schede di automonitoraggio fornite:

05/04/2007 ore 15.50

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: ansia, confusione, agitazione.

Fisiologiche: sensazione di agitazione crescente,

tremori delle mani, voglia di piangere.

Elisa sta per recarsi

all’appuntamento con la

Psicologa, ma è in arretrato

con il lavoro.

“Non ce la posso fare”,

“Vorrei andare ma come

faccio?”, “Devo sentire il

parere della mamma”. Comportamentali: va dalla madre molto scossa

dicendole che deve recarsi all’appuntamento ma ha

ancora molto lavoro da sbrigare.

Tab. 1 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente. 05/04/2007 ore 15.55

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: confusione, senso di distensione.

Fisiologiche: tremori delle mani, forte senso di

nodo alla gola.

Elisa ha riferito alla madre che non

sa come recarsi dalla Psicologa e

comunque portare a termine il

lavoro; la madre le consiglia di

disdire l’appuntamento.

“Si è la cosa migliore”,

“Però faccio una brutta

figura”, “Vorrei proprio

andare per sfogarmi un

po’”. Comportamentali: chiama la Psicologa per

disdire l’appuntamento, ma ottiene come

risposta un invito ad andare comunque.

Tab. 2 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente. 05/04/2007 ore 15.57

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: senso di distensione.

Fisiologiche: un leggero nodo alla

gola.

Elisa ha chiamato la psicologa

per disdire l’appuntamento, ma

viene invitata a recarvisi

comunque.

“Certo che devo andare”, “Mia madre

mi manipola sempre”, “La psicologa

ha voglia di aiutarmi, mia madre no”

“Se vado non sono cattiva”. Comportamentali: prende la

macchina e si reca all’appuntamento.

Tab. 3 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

2.7 Diagnosi DSM-IV: F60.31 Disturbo Borderline di Personalità [301.83]

I tratti di personalità sono modi costanti di percepire, rapportarsi, pensare ed agire nei confronti

dell’ambiente e di se stessi, che si manifestano in un ampio spettro di contesti sociali e personali.

Soltanto quando i tratti di personalità sono rigidi e non adattivi e causano una compromissione

funzionale significativa od una sofferenza soggettiva, essi costituiscono Disturbi di Personalità. La

caratteristica essenziale di un Disturbo di Personalità è dunque un modello costante di esperienza

Page 123: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

119

interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura

dell’individuo e si manifesta in almeno due delle seguenti aree: cognitiva, affettiva, del funzionamento

interpersonale o del controllo degli impulsi (Criterio A). Questo modello costante risulta inflessibile e

pervasivo in un ampio spettro di contesti personali e sociali (Criterio B) e determina disagio

clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo, o di altre aree

importanti (Criterio C). Il quadro è stabile e di lunga durata e l’esordio si può far risalire almeno

all’adolescenza od alla prima età adulta (Criterio D). Il quadro non risulta meglio giustificato come

manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale (Criterio E) e non è dovuto agli effetti

fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco, l’esposizione ad una

tossina), o di una condizione medica generale (per es., un trauma cranico) (Criterio F).

La diagnosi di Disturbo di Personalità richiede una valutazione del modello di funzionamento a lungo

termine dell’individuo e le particolari caratteristiche di personalità devono essere evidenti fin dalla

prima età adulta; tali tratti devono anche essere distinti da quelle caratteristiche che emergono in

risposta ad eventi stressanti situazionali specifici od agli stati mentali più transitori.

Sebbene talvolta sia sufficiente un singolo colloquio con la persona per fare diagnosi, spesso è

necessario condurre diversi incontri e distribuirli nel tempo, in quanto la valutazione può essere

complicata dal fatto che le caratteristiche che definiscono un Disturbo di Personalità possono non

essere considerate problematiche da parte dell’individuo. Elisa, come chiunque altro, ha un’idea ben

radicata su di sé e sulle persone che la circondano, ma essa risulta fin dai primi colloqui, irrealistica e

poco funzionale.

Alcuni Disturbi di Personalità ed in particolare il Disturbo Borderline, Istrionico e Dipendente di

Personalità vengono diagnosticati più frequentemente nelle donne. Le caratteristiche essenziali sono

una modalità pervasiva d’instabilità delle relazioni interpersonali, dell’autostima e dell’umore ed una

marcata impulsività, che iniziano nella prima età adulta e sono presenti in una varietà di contesti.

Gli individui con Disturbo Borderline di Personalità compiono sforzi disperati per evitare abbandoni

reali o immaginati (Criterio 1); la percezione della separazione o del rifiuto imminenti, o la perdita di

qualche strutturazione esterna, possono portare ad alterazioni profonde dell’immagine di sé,

dell’umore, della cognitività e del comportamento.

Queste persone sono molto sensibili alle circostanze ambientali. Provano intensi timori di abbandono e

rabbia inappropriata anche quando si trovano ad affrontare separazioni reali limitate nel tempo o

quando intervengono cambiamenti di progetti inevitabili; frequentemente arrivano a credere che

“l’abbandono” subìto derivi dal fatto che sono “cattive” o comunque indegne di ricevere amore. I

timori di distacco sono correlati ad un’intolleranza a stare soli e ad alla necessità di avere persone con

loro. I loro sforzi disperati per evitare l’abbandono possono includere azioni impulsive, come

comportamenti automutilanti o suicidari, che vengono descritti separatamente nel Criterio 5.

Gli individui con Disturbo Borderline di Personalità hanno una modalità di relazione instabile ed intensa

(Criterio 2). Possono idealizzare protettori o amanti potenziali al primo o secondo incontro, chiedere di

trascorrere molto tempo insieme e condividere i dettagli più intimi all’inizio di una relazione, per poi

passare rapidamente da questa esaltazione, ad una svalutazione totale di queste stesse persone.

Page 124: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

120

Si tratta frequentemente di individui che empatizzano ed accudiscono le persone che li circondano, ma

solo con l’aspettativa di venir ricambiati con altrettante attenzioni e con il soddisfacimento di tutte le

proprie necessità; quest’ultime aumenterebbero poi in un’escalation senza fine, solo per mettere alla

prova l’amore e la dedizione altrui.

Allo stesso modo in cui queste persone tendono a passare da una valutazione esaltata di coloro che si

curano di loro, ad una di totale riduzione di valore, può esservi un disturbo dell’identità caratterizzato

da un’immagine di sé o da una percezione di sé marcatamente e persistentemente instabile (Criterio

3). Sono frequenti variazioni fulminee ed altamente emotive dell’immagine di sé, caratterizzate da

cambiamenti di obiettivi, di valori e di aspirazioni. Sono comuni repentini cambiamenti di opinioni e di

progetti a proposito della carriera, dell’identità sessuale, dei valori e dei tipi di amici.

Questi individui possono improvvisamente passare dal ruolo di supplice, bisognoso di aiuto, a quello di

giusto vendicatore di un maltrattamento precedente (subìto o presunto). Sebbene abbiano di solito

un’immagine di sé che si basa sull’essere “cattivi” o “dannosi”, le persone con questo disturbo possono

talvolta sentire di non esistere affatto, soprattutto quando non stanno vivendo una relazione

significata.

Avere un Disturbo Borderline della Personalità significa manifestare impulsività in almeno due aree

potenzialmente dannose per sé (Criterio 4): giocare d’azzardo, spendere soldi in modo irresponsabile,

fare abbuffate, abusare di sostanze, coinvolgersi in rapporti sessuali non sicuri, o guidare

spericolatamente.

Gli individui con tale disturbo manifestano ricorrenti comportamenti, gesti o minacce suicidari, o

comportamento automutilante (Criterio 5). Il suicidio riuscito si verifica nell’8-10% dei casi, mentre i

gesti automutilanti e le minacce ed i tentativi di suicidio sono molto frequenti. La tendenza ricorrente

al suicidio è spesso la ragione per cui questi individui chiedono aiuto. Le azioni autodistruttive sono di

solito precipitate da minacce di separazione o di rifiuto, o dall’aspettativa di assumere maggiori

responsabilità. L’automutilazione può verificarsi durante esperienze dissociative e spesso porta

sollievo, riaffermando la capacità di sentire o di espiare la sensazione dell’individuo di essere cattivo.

A causa di una marcata instabilità dell’umore queste persone tendono a manifestare una certa labilità

affettiva (Criterio 6). L’umore disforico di base è spesso spezzato da periodi di rabbia, panico o

disperazione, ed è raramente sollevato da intervalli di benessere o soddisfazione. Questi episodi

possono riflettere l’estrema reattività dell’individuo al disagio interpersonale.

Gli individui con Disturbo Borderline di Personalità possono essere afflitti da sentimenti cronici di vuoto

(Criterio 7) e facilmente annoiati, possono costantemente ricercare qualcosa da fare.

Esprimono frequentemente rabbia inappropriata ed intensa, o manifestano una certa difficoltà nel

controllarla (Criterio 8); possono manifestare estremo sarcasmo, amarezza costante, od esplosioni

verbali. La rabbia è spesso suscitata dal vedere un curante od un amante come disattento, rifiutante,

poco dedito, o abbandonante e tali espressioni di rabbia sono spesso seguite da vergogna e colpa e

contribuiscono alla sensazione di essere cattivi.

Durante i periodi di stress estremo, possono manifestarsi ideazione paranoide o sintomi dissociativi

transitori (Criterio 9), ma questi sono generalmente di gravità o durata insufficienti a giustificare una

diagnosi addizionale, inoltre, si manifestano più frequentemente in risposta ad un abbandono reale o

Page 125: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

121

immaginato. Tali sintomi tendono ad essere transitori, durano da pochi minuti ad ore. Il ritorno reale o

percepito della funzione di accudimento da parte della figura curante può determinare una remissione

immediata dei sintomi.

Data la storia di Elisa, le caratteristiche di personalità emerse durante i colloqui ed i risultati al test

MMPI-2, si effettua una diagnosi di Disturbo Borderline della Personalità, poiché tutti i criteri vengono

soddisfatti.

Anche se i comportamenti manipolativi e la ricerca di attenzioni possono essere caratteristiche comuni

ad altri disturbi come il Narcisistico, l’Antisociale ed il Dipendente, il comportamento lesionistico ed

impulsivo manifestato dalla ragazza allontanano la decisione da diagnosi differenziali alternative. Elisa

vuole l’attenzione degli altri e cerca di ottenerla con mezzi manipolatori più o meno impulsivi, talvolta

autolesionistici e solitamente disfunzionali, non si impone di ottenere profitti diversi da questo, come

invece ci si aspetterebbe nel caso di Disturbo Antisociale di Personalità. Inoltre, ogni qualvolta sente di

perdere il controllo sulle persone dalle quali necessita di essere accudita, incorre in gesti autopunitivi

con una modificazione evidente dell’immagine di sé, in quanto la sensazione principale è di “meritare”

l’abbandono come punizione per la propria inadeguatezza.

2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento

Si presentano in questa sezione le condizioni che possono aver favorito l’instaurarsi di uno specifico

disturbo a partire da caratteristiche individuali innate ed apprese; sarà poi possibile creare una

relazione causale fra i vari eventi per arrivare a comprendere gli schemi cognitivi e comportamentali

attuali.

Elisa ha una costituzione fragile ed a causa di essa i genitori sono sempre stati da una parte molto

apprensivi ed iperprotettivi, dall’altra duri e rigidi sulla sua educazione e, contrariamente alle

aspettative, molto severi con le punizioni di tipo corporale. Hanno confermato la fragilità della ragazza

e quindi rinforzato il sistema educativo genitoriali due eventi:

- La caduta dal muretto del ristorante nel 1991;

- I diversi tentativi di violenza carnale che si sono presentati in molte occasioni e che possiamo

riassumere con il primo da parte del fratellastro della madre nel 1994; il secondo dal fidanzato della

migliore amica nel 2003; il terzo da un gruppo di ragazzi ad una festa a Viareggio nel 2004; ed infine

l’aggressione per strada di un uomo nel 2005.

Per quanto riguarda l’impegno con la scuola e successivamente nel lavoro, si è osservata una

tendenza di Elisa a perdersi facilmente d’animo: non crede nelle proprie capacità così come percepisce

di non godere della fiducia dei suoi genitori o della sorella e vive queste esperienze con un senso di

estrema frustrazione e come una sorta di punizione, che può contribuire ad infliggersi anche da sola.

Passa da tali considerazioni ad altre ipertrofiche, per poi cadere nuovamente nell’autocommiserazione

di essere sola, però accusando gli altri di averne provocato i fallimenti.

Possiamo elencare come fattori perpetuanti delle caratteristiche patologiche nel comportamento e nel

modo di pensare di Elisa, ogni condotta dei suoi genitori a riguardo: quando la ragazza evita di

prendersi delle responsabilità sul lavoro perché trova frustrante l’esperienza, i genitori anziché

Page 126: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

122

spronarla, la ignorano fino al comportamento autolesionistico messo in atto alla ricerca estrema della

loro attenzione, la biasimano perché non la ritengono in grado ed infine la sollevano da ogni onere.

Da un punto di vista strettamente cognitivo si evidenzia che oltre a “testare” l’amore dei genitori, Elisa

si trova veramente in difficoltà nell’affrontare i lavori che le vengono proposti e, come se fosse travolta

dai pensieri e dalle operazioni da compiere, inizia ad utilizzare delle strategie fallimentari. Un nucleo

perfezionistico le impedisce poi di accontentarsi di una prestazione qualsiasi ed il suo approccio

diventa dicotomico ed inflessibile. In generale i pensieri automatici perfezionistici di Elisa la portano

alla credenza che, se non si sa fare una cosa perfettamente, non la si sa fare affatto e, solo saper

ottenere un risultato ottimale nel lavoro la rende meritevole di amore da parte dei genitori.

Lo schema perfezionistico di Elisa andrebbe ad inficiare quindi il suo schema di non amabilità,

portandola a considerare il comportamento dei genitori come punitivo, quando la mandano a lavorare

e di supporto, quando invece la sollevano da tale incarico.

Possiamo dunque riassumere con un ABC di tipo cognitivo, l’atteggiamento generale della famiglia:

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Il padre le trova un

lavoro

“Non ce la farò mai”, “Se sbaglio, non mi

ameranno”, “Se non mi amano, è perché

sono cattiva (o una buona a nulla)”.

Emotive: rabbia e tristezza

Comportamentali: smette di lavorare

Fisiologiche: sintomi ansiosi o depressivi

Tab.4 Concettualizzazione macro del disturbo di Elisa

Una volta lasciato il lavoro Elisa si sente di nuovo amata dai suoi genitori e quindi meritevole di tale

sentimento. Le manipolazioni della ragazza si riflettono però in quelle della madre che garantendole

presenza e supporto nei momenti difficili, si guadagna la sua incondizionata dipendenza.

Considerando che la famiglia non vuole partecipare direttamente ad un trattamento, relegando la

responsabilità dei problemi di Elisa solo alla ragazza stessa, la proposta d’intervento condivisa è quella

di regolarizzare il suo stile di vita, a partire dai cicli biologici, in modo autonomo dal controllo e dalle

attenzioni dei genitori. Viene innanzitutto richiesto di lasciare che dorma nuovamente da sola e che

svolga le varie attività quotidiane, concordate ogni volta, in modo indipendente; per quanto riguarda

l’organizzazione di base del lavoro, questo verrà fatto con la psicologa usufruendo del tempo degli

incontri settimanali.

Si ipotizza che fin dai primi mesi Elisa possa maturare un certo distacco dalla famiglia ed iniziare a

manifestare dei comportamenti manipolativi nei confronti della psicologa; in tal senso sarà possibile

lavorare sull’obiettivo più a lungo termine della modalità interazionale della ragazza; andando ad

elaborare un nuovo senso d’identità personale, più funzionale ed autonomo, ci si aspetta che il senso

di autostima di Elisa aumenti fin dai primi incontri. Inoltre, spostando l’attenzione dalla figura di

attaccamento primaria, la madre, e concentrandosi sull’attuale relazione terapeutica, si ritiene di poter

ripercorrere insieme le varie convinzioni disfunzionali di Elisa ed organizzarle in modo più adeguato

all’interno della sua storia personale e familiare. Non viene inizialmente esplicitato un eventuale lavoro

più mirato sugli schemi cognitivi di base della ragazza, anche se si ritiene che la terapia degli schemi

(Young et al., 2003) potrebbe essere utile per modificare in modo stabile le modalità relazionali una

volta che si è instaurata una certa fiducia nel rapporto terapeutico.

Page 127: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

123

Elisa appare molto soddisfatta della proposta e guarda sorridendo i genitori, che annuiscono e si

dicono pronti alla più completa collaborazione. La madre abbassa leggermente la testa e scuotendola

afferma che sua figlia non migliorerà mai, Giorgio abbassa lo sguardo, Elisa fissa decisa la psicologa.

3. Trattamento

Anche per quanto riguarda questa fase, vengono stabiliti incontri settimanali della durata di un’ora

l’uno. Questa cadenza verrà mantenuta per quattro mesi e mezzo, mentre saranno stabiliti altri due

appuntamenti per la somministrazione di un secondo test MMPI-2 e per una seduta di follow-up,

rispettivamente a distanza di tre e cinque mesi dal termine dei colloqui di trattamento.

Verrà richiesto inoltre di affrontare una volta al mese una seduta con tutta la famiglia per evidenziare

eventuali problemi nel proseguire con il trattamento individuale ed invitare nuovamente il nucleo a

sottoporsi ad una terapia indipendente da quella di Elisa, con un altro professionista.

3.1 Svolgimento delle sedute

Durante le prime quattro sedute di trattamento, dal 03/05/2007 al 24/05/2007 Elisa è stata invitata a

procurarsi una cartina dettagliata della zona periferica di Empoli e le schede che deve consegnare.

L’obiettivo è quello di arginare il perfezionismo di Elisa attraverso un’organizzazione più funzionale del

lavoro, lasciando comunque a lei la responsabilità del problem-solving; in questo modo ci si aspetta di

andare ad incrementare la sensazione di padronanza ed autonomia che da soli dovrebbero divenire i

principali rinforzi di Elisa.

Innanzitutto occorre spiegare in modo più dettagliato in cosa consiste il lavoro di Elisa e come ha

intrapreso l’attività fino a questo momento; ogni mese il Comune di Empoli consegna alla ragazza 120

schede che lei dovrà notificare ad altrettante persone abitanti nella periferia del paese. Prima d’iniziare

la consegna deve controllare eventuali cambi di residenza cercando ogni nominativo nel database

aggiornato dell’ufficio dell’anagrafe. Qualora non vi siano variazioni, o se ci fossero, una volta

registrato l’indirizzo esatto, la ragazza deve dividere le schede per indirizzi e poi iniziare il giro di

consegna. Come già accennato dovrà annotare con delle sigle particolari l’avvenuta ricezione e tornare

per almeno tre volte dai domiciliati che non trova in casa. Esaurita questa fase del lavoro deve recarsi

nuovamente in Comune, consegnare il certificato di notifiche che ha raccolto e fare una particolare

segnalazione per le schede non consegnate.

Inizialmente le viene proposto di dividere le varie fasi del lavoro in quattro parti, corrispondenti

ognuna ad una settimana:

- La prima comprenderebbe ricevere le nuove schede, controllare eventuali variazioni di

residenza al computer dell’anagrafe e dividerle in zone di consegna.

- La seconda consisterebbe principalmente nella consegna, con l’obiettivo di 24 schede al

giorno.

- La terza prevedrebbe invece i secondi e terzi passaggi presso le abitazioni nelle quali non ha

trovato nessuno.

Page 128: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

124

- La quarta sarebbe composta dal recuperare eventuale lavoro arretrato e dal tornare al

Comune con i risultati.

Questa prima proposta trova subito una certa resistenza in quanto la ragazza confessa di provare una

forte ansia nel dover suddividere il lavoro in tempi tanto lunghi. Fino a questo momento il lavoro le è

stato organizzato principalmente dalla madre; Elisa racconta che una volta portate a casa le schede,

non riesce a pianificare da sola le consegne, entrando in quel particolare stato mentale di confusione

che le provoca rabbia e delusione nei confronti di se stessa e che spesso si traduce poi in gesti

autolesionistici. La madre invece riesce a svolgere questo compito passandoci molte ore consecutive, a

volte non va neanche a dormire per finirlo per il giorno seguente, e, una volta svegliata la figlia le

chiede di cominciare subito con le consegne, per ricompensare il duro lavoro da lei eseguito. In questo

modo, non solo Elisa si sente inadeguata e stupida, ma pure in dovere di “apprezzare” sua madre, di

ringraziarla e di cedere alle sue richieste. Inoltre, è proprio Elisabetta ad accompagnarla a consegnare

le schede, restando fuori con lei anche per tutto il giorno. Il lavoro si esaurisce così in circa una

settimana, considerando ogni fase che comprende.

In data 03/05/2007 Elisa è stata invitata a portare tutte le schede per valutare con la psicologa le

eventuali difficoltà nell’organizzare il lavoro e trovare insieme una strategia di fronteggiamento,

mentre, in data 02 avrebbe dovuto recarsi in Comune e svolgere l’attività di controllo dell’esattezza

degli indirizzi; quando si presenta all’appuntamento ha con sé soltanto 40 schede. La madre ha

insistito perché non perdesse tempo e l’ha accompagnata in comune lunedì 30 Aprile, anche se pareva

aver acconsentito al fatto che Elisa avrebbe cominciato la divisione della lista in zone, soltanto il 03

durante la seduta con la psicologa. La ragazza racconta di aver provato una forte rabbia e riferisce alla

psicologa che non c’è possibilità che la madre la lasci imparare da sola; risulta infatti che la donna

continua a svegliarla ogni mattina portandole a letto la colazione e, poiché è stata tanto gentile, la

ragazza si sente in obbligo ad andare insieme a fare un giro di consegne. In tale data le due donne

hanno dunque recapitato 68 schede, mentre 12 persone non erano in casa. Durante l’appuntamento,

Elisa mostra tutta la sua inquietudine di non saper come interrompere questo circolo vizioso che la

porta sempre ad assecondare i desideri della madre, ma anche l’irrequietezza di non essere a

consegnare le 40 schede rimanenti. Come già accennato la ragazza infatti prova una grande ansia dal

momento in cui le vengono consegnate le schede, fino a quando non se ne è sbarazzata ma, in virtù

di un precedente accordo, si era ritenuto che sia lei che la madre avrebbero resistito alla tentazione di

ripercorrere i soliti schemi.

Viene chiesto ad Elisa di mischiare le 40 schede che le restano da consegnare, come se fossero un

mazzo di carte da gioco, per poterle riorganizzare assieme, con la cartina geografica della zona di

consegna. La ragazza esplicita subito un grave disagio; inizialmente sostiene che sua madre non sarà

d’accordo, poi che si arrabbierà con lei e non l’accompagnerà più a lavoro. La forte paura di essere

giudicata cattiva e quindi di conseguenza abbandonata dalla madre, è il fattore di mantenimento

principale dei comportamenti di entrambe. Si ritiene che se Elisa non supera questa paura di perdere

la madre, rimarrà sempre invischiata in questo rapporto che rende disfunzionale la sua vita, che è

quindi subordinata ai desideri della genitrice.

Page 129: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

125

Elisa viene invitata quindi a ripensare a quali sono le sue richieste di trattamento, in particolare quella

di autonomizzarsi dalla famiglia e, fissato questo come obiettivo fondamentale decide di ricostruire da

sola il piano di lavoro delle restanti 40 schede da consegnare.

Da questo problem-solving, si evince che lo stato confusionale di Elisa sopraggiunge immediatamente

di fronte al lavoro e non viene placato con nessuna rassicurazione. La ragazza viene invitata a lavorare

per stadi ed ognuno di essi viene esplicitato e scritto su un foglio come promemoria:

1. Dividere la cartina in quattro zone (A, B, C, D);

2. Predisporre dei cartellini per ognuna delle zone;

3. Cercare sulla cartina l’indirizzo di una scheda;

4. Sistemare le schede davanti al cartellino che indica la zona corrispondente;

5. Ordinare ogni zona in base ai passaggi da effettuare con un massimo di 24 schede giornaliere.

Per ogni step Elisa è stata invitata a tener presente solo l’obiettivo relativo a quella specifica fase; ella,

infatti, ha manifestato la tendenza a vedere il problema come generale, complesso ed impossibile da

suddividere in passi più semplici. È dunque necessario ripetere con una certa frequenza la consegna

originaria.

Riportiamo qui di seguito il materiale utilizzato in terapia per poter compiere questo lavoro.

Innanzitutto per favorire la comprensione si presenta una mappa di Empoli e delle zone limitrofe, poi

una relativa ad una delle quattro singole zone d’interesse con le relative vie:

Fig. 4 Mappa di Empoli e delle zone limitrofe di Avane, Empoli Ovest e Corniola

Fig. 5 Mappa dettagliata della zona di Avane

Page 130: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

126

Anche se la ragazza cerca un supporto seppur soltanto con lo sguardo fino alla fine del compito, riesce

a portarlo avanti da sola ed al termine appare più stupita di avercela fatta, che entusiasta.

Affinché possa continuare a svolgere questa attività, le viene chiesto di studiare assieme una strategia

utile ad arginare l’impegno attivo della madre. Innanzitutto si ritiene fondamentale che Elisa inizi ad

autonomizzarsi nella vita di casa, prima che nel lavoro.

Ogni giorno verrà scandito da una serie di operazioni da compiere in piena libertà che comprende:

consumare la colazione a tavola e non a letto, dedicarsi alla pulizia personale e fare una parte dei

lavori domestici relativi alla camera da letto che occupa; si decide per il momento di lasciare che la

madre continui ad accompagnarla a lavoro.

Come già affrontato nel colloquio familiare si rende necessario che la ragazza dorma da sola in camera

sua ma questa condizione non si è ancora realizzata. Elisa riporta di aver avuto un forte mal di testa

qualche notte prima e quindi di aver chiesto alla madre di farle compagnia per un po’ in camera, poi si

sono entrambe addormentate; quando il giorno seguente le ha chiesto di poter dormire da sola, la

madre se n’è andata dalla stanza offesa e con le lacrime agli occhi, così la ragazza è andata a cercarla

per convincerla a tornare a dormire con lei.

Spiegando alla ragazza che sta continuando ad alimentare un vecchio circolo vizioso, le viene proposto

di dire alla madre che dormire da sola è una richiesta della terapia psicologica.

Poiché Elisa appare troppo spaventata dall’eventualità di perdere l’appoggio della madre, le viene

proposta la possibilità di rivolgersi direttamente alla psicologa telefonando al suo numero di cellulare

in un orario prestabilito, massimo tre volte la settimana, per trovare il conforto nel portare avanti il

percorso scelto, ma la ragazza non usufruirà mai di questa concessione.

Per quanto riguarda il lavoro, ora che ha acquisito la tecnica per dividere da sola le schede da

consegnare nelle zone periferiche di Empoli, la ragazza dovrà occuparsi di questa fase senza la madre

ed eventualmente iniziando il lavoro con la psicologa nella prima seduta utile.

Durante gli incontri successivi si osserva un miglioramento nell’autogestione della ragazza ma Elisa

riporta chiaramente un’autostima molto bassa ed un tono dell’umore ancora decisamente disforico; i

rapporti tra lei e la madre sono diventati più freddi perché la donna, sentendosi rifiutata dalla figlia, ha

iniziato ad essere più evitante ed a rinfacciarle spesso i molti sacrifici che ha affrontato per lei.

Racconta di sentirsi troppo sola ed isolata e, anche se sa di non fare niente di male, le ritorna la

convinzione di essere una persona cattiva. Viene quindi invitata a riallacciare i rapporti con Sandra,

l’amica che aveva allontanato qualche mese prima perché convinta della sua omosessualità, anche se

non ne appare molto felice.

Durante la V seduta, il giorno 31/05/2007 Elisa viene invitata a presentarsi con i genitori, con l’intento

di eliminare i fattori protettivi residui perpetuati dai familiari, che rendono quindi difficile il proseguire

della terapia. La madre riferisce di essere molto ferita dal “trattamento” che le è stato riservato,

mentre Giorgio afferma che trova Elisa molto autonoma e questo gli fa piacere perché pensa che

finalmente abbia “imboccato la giusta strada”.

La ragazza di fronte ai genitori esprime il disagio di trovare sua madre tanto distante e, dopo averla

implorata qualche secondo di comprendere che questo suo atteggiamento ha lo scopo di stare meglio,

esplode in un pianto incoercibile e violento. Urla alla madre che è colpa sua se si sente sempre sola ed

Page 131: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

127

inadeguata e che non vuole lasciarla “guarire”. Anche la donna scoppia in lacrime ed alzandosi

abbraccia la figlia; ugualmente il padre si commuove. L’incontro si conclude chiarendo nuovamente le

regole e, poiché è l’ultimo giorno del mese, raccomandando ad Elisa di organizzare il lavoro per il

prossimo mese in totale autonomia, oppure aspettando l’incontro successivo, fissato per il

07/06/2007.

Dalla VI seduta all’VIII, tenute dal 07/06/2007 al 21/06/2007, Elisa appare molto migliorata,

soprattutto nel tono dell’umore, anche se mostra acting-out violenti con una frequenza molto più alta

di prima. Si nota ancora chiaramente come le persone vengano valutate in modo diametralmente

opposto, da un istante al successivo; in particolare questo sentimento si osserva nei confronti della

madre, che, come se non avesse assistito all’incontro precedente, continua a comportarsi come suo

solito. Per quanto riguarda il lavoro, le chiede di poterle ordinare le schede al posto suo; inizialmente

porge la richiesta in forma di aiuto perché magari vede Elisa stanca ed affaticata, poi, di fronte alla

risposta negativa, la scoraggia insistendo sul fatto che non ce la farà mai da sola. Il padre, quando

presente, appoggia la ragazza senza mezzi termini e la consola a lungo dopo le discussioni con la

madre, ma spesso egli è assente e lei si ritrova a dover fronteggiare la situazione contando solo su se

stessa. Dopo l’eventuale intervento di Giorgio, Elisabetta torna sui suoi passi e per qualche giorno

evita la figlia, sostenendo, senza apparente rabbia, che è quello di cui ha bisogno per stare bene, ma

implicitamente “punendola” con una palese assenza. Poco dopo torna a perpetuare gli stessi

comportamenti.

Al fine di rassicurare Elisabetta e continuare questo percorso con Elisa, la donna viene dunque invitata

a partecipare alla seduta successiva assieme alla figlia per poter decidere un trattamento comune.

Una volta accomodatasi parla in modo pacato ma diretto e non abbassa mai lo sguardo e, invitata ad

esplicitare il proprio vissuto relativamente al cambiamento di abitudini della figlia, riporta di sentirsi

abbandonata e scalzata dal suo ruolo di madre protettrice; poco dopo inizia a piangere ed emerge

come l’autonomia di Elisa sia per lei una minaccia insostenibile.

In data 27/06/2007 Elisabetta chiama per disdire l’appuntamento preso; riferisce che Elisa è d’accordo

con lei ma che non ha voglia di parlare al telefono; sostiene che è meglio che le sedute vengano

interrotte perché questo trattamento sta disgregando la loro famiglia e che la figlia necessita di essere

sempre supportata e non può vivere in modo autonomo dai genitori per il momento.

3.2 Conclusioni

Molti autori sostengono il rischio di interruzione prematura del trattamento, come uno dei motivi

principali d’insuccesso nella cura del paziente borderline (Gunderson, 2002; Linehan, 1992). In questo

specifico caso possiamo ipotizzare che il Drop-Out della paziente sia avvenuto a causa del complesso

invischiamento con la madre; il loro rapporto si rinforza continuamente andando a confermare i

comportamenti disfunzionali l’una dell’altra; inoltre, Elisa rendendosi velocemente più autonoma,

avrebbe indotto un forte senso di abbandono nella madre che ha cercato di ipercompensare tale

vissuto allontanando a sua volta la figlia. È stata individuata la possibile soluzione di coinvolgere

attivamente nella terapia anche la madre, ma questa ha declinato l’appuntamento individuale ed ha

insistito perché anche la figlia abbandonasse la sua terapia.

Page 132: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

128

Carmela: una fobia situazionale. PRESENTAZIONE DEL CASO

1. Informazioni generali

1.1 Generalità del paziente

Carmela nasce il 28/05/44 ad Empoli ed attualmente vive con il marito Lido in Fucecchio; la figlia

Ornella, parrucchiera nata nel 1969 convive dal 2004 con il fidanzato in Empoli, ma fino ad allora ha

abitato insieme ai genitori. La signora riferisce di non essere a conoscenza di informazioni circa la

propria famiglia di origine, con la quale ha rotto ogni tipo di rapporto nel 1960 quando, ancora

minorenne, è scappata con Lido per sposarsi.

Carmela è operaia presso una Conceria in Santa Croce ed aspetta di andare in pensione.

1.2 Caratteristiche della relazione

La signora si rivolge autonomamente, al servizio pubblico dell’azienda U.S.L. presso l’Unità Operativa

Complessa di Psicologia in San Miniato, in data 30/08/06; al termine di questo primo colloquio viene

stabilita una frequenza di incontri settimanale della durata di un’ora ciascuno. Durante il primo

appuntamento, che Carmela ha insistito per fare accompagnata dal marito, emergerà come sia proprio

Lido ad aver avuto il peso maggiore nell’indurre la signora a sottoporsi a queste sedute.

2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di test)

2.1 Richiesta dell’utente

Durante il primo incontro in data 30 Agosto 2006, Carmela appare agitata e tende a piangere molto

frequentemente proprio a causa di questa emozione; chiede di poter sostenere il colloquio insieme al

marito e tale richiesta viene accolta. La coppia siede vicina e, se Carmela tende ad affidarsi al marito

per poter esprimere le proprie richieste al servizio, Lido cerca di rassicurarla e la invita a fare tutto da

sola, anche se alla fine cede ed aiuta la moglie a spiegare meglio il problema.

Si può riassumere la richiesta dell’utente come un aiuto per superare la paura specifica di restare

“rinchiusa” in stanze piccole o nell’abitacolo dell’auto, o di passare all’interno di un tunnel o in un

sottopassaggio buio. Entrambi riferiscono che questo problema si presenta limitando l’autonomia della

coppia, dal 1990, anno in cui sono stati invitati dalla sorella di Lido al mare e, per paura di affrontare il

viaggio, disseminato di tunnel, Carmela ha insistito perché restassero a casa. Da allora, i loro

spostamenti sono avvenuti raramente e, prima d’intraprendere il cammino, entrambi si informano che

la strada non sia caratterizzata dalla presenza di tunnel o sottopassaggi bui e lunghi. Non vi è un

terrore specifico dato dall’affrontare queste situazioni, come ad esempio rimanere rinchiusi e

“soffocare”; Carmela riferisce che trovarsi in un tunnel le genera una paura, che riconosce al momento

del colloquio, spropositata, ma che nella situazione non riesce a gestire in alcun modo, pensando

soltanto che vorrebbe allontanarsi il prima possibile.

Page 133: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

129

2.2 Storia del problema

Dopo che Lido ha aiutato la moglie ad esplicitare una richiesta chiara al servizio, viene invitato ad

aspettare fuori la fine della seduta, mentre rimane Carmela che, presa confidenza, pare più tranquilla

anche nel continuare da sola.

Riferisce di essere molto preoccupata per la salute del marito, il quale nel 1987 ha avuto un infarto; a

seguito di questo problema Lido ha ripreso a vivere ordinariamente che, racconta Carmela, significa in

modo impulsivo ed iroso; tali atteggiamenti del marito, si manifesterebbero principalmente in auto.

Nel tentativo di evitare questi eccessi di rabbia, Carmela ha limitato il numero degli spostamenti,

“ritrovandosi” in un secondo momento atterrita al solo pensiero di affrontare un viaggio in macchina

lungo un percorso probabilmente disseminato di tunnel da attraversare; all’interno di essi, qualora

succedesse un incidente, è convinta di non poter essere soccorsa, di stare male e che lo spavento

gravi sulle condizioni di salute di Lido. Negli anni i problemi di salute del marito si sono ripresentati in

molte forme e, le prescrizioni dei medici riguardano principalmente il mantenimento di uno stile di vita

regolare e senza eccessi. Dallo stesso anno dell’infarto del marito, il 1987, Carmela ha iniziato a

provare una paura crescente per tre situazioni segnalate come fobiche da entrambi i coniugi, anche se

si considera come primo evento, la crisi avuta durante il viaggio per raggiungere la cognata al mare,

nel 1990, in quanto si è manifestata come originario elemento di limitazione dell’autonomia.

Per quanto riguarda la situazione familiare, da quando la figlia se n’è andata di casa, nel 2004,

Carmela riferisce di trovarsi in difficoltà nella gestione del marito che, a causa di eccessi di rabbia, a

volte non vuole assumere le medicine per il cuore o mantenere il piano dietetico assegnatogli;

aggiunge che deve trattarlo quasi fosse un bambino e che cerca di evitargli ogni inutile stress, motivo

per cui da molti anni ormai, si reca a lavoro utilizzando i mezzi pubblici ed evitando quindi di farsi

accompagnare da Lido, che è l’unico nella coppia ad avere la patente.

2.3 Motivazione

Carmela ha un atteggiamento molto aperto verso la terapia e talvolta un po’ infantile; ella riferisce di

potersi attenere ad ogni richiesta, tanto profondo è il suo desiderio di modificare questa sua paura che

dura da quasi 20 anni. Trattandosi di un disturbo così radicato si è ritenuto utile valutare anche la

motivazione al cambiamento del marito e quest’ultimo si è mostrato disposto a collaborare quanto

possibile alla buona riuscita della terapia della moglie; egli pare inoltre non trarre alcun beneficio dalla

sua Fobia.

2.4 Strumenti psicodiagnostici

In data 06/09/06, Carmela viene invitata a sottoporsi a due approfondimenti psicodiagnostici:

- Le viene richiesto il BAT, che, oltre a definire in maniera più chiara l’entità degli evitamenti

che mette in atto, suggerisce una scala di disagio soggettivo che può essere ripresa in

considerazione durante la futura fase di trattamento (Lang e Lazovik, 1963);

- Si sottopone alla somministrazione del MMPI-2, al fine di poter evidenziare un eventuale

quadro psicopatologico omnicomprensivo (Butcher e Williams, 1996).

Page 134: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

130

Attraverso l’elaborazione del Behavioral Avoidance Test, si evidenzia immediatamente che Carmela

evita principalmente 3 situazioni: quella che riferisce di sostenere con maggior disagio è caratterizzata

dal prendere l’ascensore, anche se ha poche occasioni in cui mettere alla prova tale vissuto; molto

ansiogeno risulta poi l’attraversare un tunnel con la macchina; mentre più sostenibile ma ancora fonte

di angoscia è chiudersi a chiave in una stanza. Per ognuna di queste situazioni sono state

successivamente graduate le condizioni che le rendono più o meno sostenibili e ne riassumiamo i

risultati nelle seguenti tabelle:

Situazione Ascensore - Paura 100 Unità di Disagio Soggettivo

Arrivare da sola oltre il 2° piano 100

Arrivare in compagnia oltre il 2° piano 90

Arrivare da sola al 2° piano 80

Arrivare in compagnia al 2° piano 70

Arrivare da sola al 1° piano 60

Arrivare in compagnia al 1° piano 50

Entrare in un ascensore e lasciare che si chiudano le porte 40

Entrare in ascensore in compagnia e lasciare che si chiudano le porte 30

Entrare in un ascensore 20

Tab. 1 Scala gerarchica di Unità di Disagio Soggettivo per la situazione “Ascensore”.

Situazione Tunnel - Paura 90 Unità di Disagio Soggettivo

Tunnel lungo e buio 100

Tunnel più lungo di 200 metri con traffico intenso 90

Tunnel più lungo di 200 metri con traffico regolare 80

Tunnel buio che si stima di circa 200 metri, con traffico intenso 70

Tunnel buio che si stima di circa 200 metri a traffico regolare 60

Tunnel in cui si intravede l’uscita a circa 100 metri 50

Tunnel in cui si vede l’uscita a circa 30 metri 40

Tunnel in cui si vede l’uscita a circa 10 metri 30

Tunnel in cui si vede chiaramente l’uscita a pochi metri 20

Tab. 2 Scala gerarchica di Unità di Disagio Soggettivo per la situazione “Tunnel”.

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 Unità di Disagio Soggettivo

Chiudersi a chiave in un bagno pubblico da sola 100

Chiudersi non a chiave in un bagno pubblico da sola 90

Chiudersi a chiave in un bagno pubblico in compagnia 80

Chiudersi non a chiave in un bagno pubblico in compagnia 70

Chiudersi a chiave in una stanza piccola di casa da sola 60

Chiudersi a chiave in una stanza piccola di casa in compagnia 50

Chiudersi non a chiave in una stanza piccola di casa 40

Chiudersi a chiave in una stanza grande di casa 30

Chiudersi non a chiave in una stanza grande di casa 20

Tab. 3 Scala gerarchica di Unità di Disagio Soggettivo per la situazione “Chiudersi in una stanza”.

Page 135: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

131

Come già preannunciato viene somministrato nella stessa data il test MMPI-2 di cui riportiamo i grafici

ed in base ai criteri descritti da Butcher e Williams una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams,

1996).

Scale Cliniche

6168

43

74

82

63 64

30

59

68

52 53 55

30

40

50

60

70

80

90

100

06/09/2006 61 68 43 74 82 63 64 30 59 68 52 53 55

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 1 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 21/09/06

Scale Supplementari

65

5862 61

5763

73

51

75

30

40

50

60

70

80

90

100

06/09/2006 65 58 62 61 57 63 73 51 75

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 2 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 21/09/06

Scale di Contenuto

7578

65

71

58 56

40

59

50

43

58 56

74 73

54

30

40

50

60

70

80

90

100

06/09/2006 75 78 65 71 58 56 40 59 50 43 58 56 74 73 54

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 3 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 21/09/06 Emerge dall’analisi delle scale di validità del test, che Carmela ha risposto in modo sincero e che non

ha provato a dare un’immagine di sé troppo distante dalla realtà.

Page 136: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

132

In accordo con la scala L = 61, un valore tanto basso della scala Mf = 30 denoterebbe non soltanto

una certa inclinazione di Carmela ad avere interessi prettamente femminili, ma anche ad essere

probabilmente insicura, autosvalutante, passiva, dipendente ed eticamente rigida.

Il quadro generale delle scale cliniche delineerebbe una personalità un po’ immatura e superficiale,

molto attenta alla morale ed egocentrica. Carmela potrebbe essere molto suscettibile ai torti subiti ed

ai rifiuti e decisamente permalosa; può diventare manipolativa nei confronti degli altri ed utilizzare in

modo strumentale tali condizioni (Hs = 74; Hy = 63; Pd = 64; Pa = 59).

Dalle scale cliniche del test, così come dai colloqui, emerge che la signora non presenta alcun

problema nella socializzazione; ella stessa si definisce estroversa e ben disposta al contatto con gli

altri. L’elevazione della scala D = 82 e Pt = 68 indicherebbero al contrario, una sorta di ritiro ed una

recente sensazione di essere sopraffatta dai problemi; quest’ultimo risultato troverebbe riscontro nei

recenti avvenimenti che hanno visto il marito Lido, minacciato nuovamente da seri problemi di salute

ed anche la scala supplementare PK = 73 concorderebbe con l’analisi presentata.

2.5 Analisi funzionale

Per arricchire le informazioni relative all’ansia che Carmela riferisce di provare per ascensori, tunnel

stradali e rimanere chiusa all’interno di alcune stanze, già emerse durante i colloqui ed esplorate con il

BAT, le viene richiesto di compilare alcune schede di automonitoraggio relativamente a tali vissuti,

qualora si trovi a dover affrontare le situazioni temute. Tali report sono strutturati secondo lo schema

di un ABC cognitivo (Ellis, 1989).

Riportiamo qui di seguito alcuni esempi tratti dalle schede di automonitoraggio fornite:

10/09/06 ore 13.30 Comportamento: Rimanere chiusa in una stanza

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura.

Fisiologiche: palpitazioni,

tremori alle mani.

Il marito Lido si dedica al

giardinaggio e chiede a Carmela di

occuparsi di alcune cose in

cantina; lei accetta.

“La porta si è chiusa?”, “Se rimango

chiusa e lui sta male morirà”, “Devo

uscire immediatamente”, “Morirò qua

dentro”. Comportamentali: esce

immediatamente dalla cantina e

corre in giardino dal marito.

Tab. 4 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

10/09/06 ore 13.40

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: sollievo.

Fisiologiche: nessuna.

Carmela è stata male in cantina ed è

corsa in giardino.

“Finalmente respiro”, “Anche lui

sta bene”.

Comportamentali: aiuta il marito in

giardino.

Tab. 5 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

Page 137: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

133

15/09/06 ore 18.10 Comportamento: Prendere l’ascensore

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura.

Fisiologiche: palpitazioni,

sudorazione.

Carmela ed il marito si recano

all’ospedale per trovare un amico che

ha avuto un infarto; la stanza del

degente si trova al 4° piano; Lido

vuole prendere l’ascensore.

“Se rimaniamo chiusi dentro non ci

troverà nessuno”, “Non c’è aria qua

dentro, morirò, moriremo tutti e due!”.

Comportamentali: implora il

marito di andare via.

Tab. 6 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

15/09/06 ore 18.25

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: sollievo.

Fisiologiche: nessuna.

Lido accetta di lasciare l’ospedale con la

moglie.

“Menomale non è successo

nulla”.

Comportamentali: va a casa con il

marito.

Tab. 7 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

17/09/06 ore 10.30 Comportamento: Attraversare un tunnel

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: panico.

Fisiologiche: palpitazioni,

sudorazione, senso di

agitazione crescente, voglia

di piangere.

Lido vuole recarsi a Firenze (richiede

lo spostamento in autostrada con 3

tunnel di cui 1 lungo 350 mt) con la

moglie; sono in auto a circa 1 Km

prima dell’imbocco autostradale.

“Me lo ricordo c’è il tunnel lungo”, “Se ci

vengono addosso e Lido si agita gli

viene un altro attacco di cuore”, “Ci

sentiremo male e moriremo entrambi”,

“Ho un brutto presentimento”.

Comportamentali: inizia a

piangere e chiede a Lido di

tornare indietro ed andare

un’altra volta.

Tab. 8 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

17/09/06 ore 11.40

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: felicità e sollievo.

Fisiologiche: senso di spossatezza.

Carmela ha chiesto al marito di annullare il

loro viaggio a Firenze poco prima di prendere

l’autostrada e lui ha acconsentito.

“Menomale”, “Ho

avuto una gran

paura”. Comportamentali: ringrazia il marito e

tornati a casa prepara una torta per

farsi “perdonare”.

Tab. 9 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

2.6 Diagnosi DSM-IV: F40.2 Fobia Specifica - Tipo Situazionale [300.29]

Per i dati raccolti fino a questo momento sia dai colloqui che dai test somministrati, Carmela risponde

alla totalità dei criteri enunciati dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, (APA, 2001).

Nelle tre situazioni enunciate: il trovarsi in un ascensore, attraversare un tunnel e chiudersi in una

stanza, la donna presenta una paura marcata e persistente, eccessiva o irragionevole, (Criterio A).

L’esposizione a tali situazioni, invariabilmente provoca una risposta ansiosa immediata (Criterio B),

sebbene, una volta allontanatasi da esse, riconosca che la paura è eccessiva o irragionevole (Criterio

Page 138: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

134

D). Da 20 anni Carmela evita tali condizioni (Criterio F) e questo, negli ultimi tempi interferisce in

modo significativo con la sua normale routine e con le relazioni sociali (Criterio G).

Per quanto riguarda la specifica del sottotipo, si ritiene che l’unico dubbio sia stato relativo alla Fobia

Altro tipo, piuttosto che quella tipo Situazionale, in quanto Carmela sostiene che nelle situazioni più

temute: stare in ascensore da sola, rimanere bloccata in un tunnel, o chiusa in una stanza, lei pensa

di poter morire; in realtà la paura che lei associa alla situazione è generica e, dall’analisi funzionale

emerge che nasce da un sentimento di paura crescente relativa più al marito che alla propria

incolumità personale.

2.7 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento

Si presentano in questa sezione i fattori predisponenti individuali, soffermandoci principalmente su

quelli appresi, ma provando ad arrivare fino agli schemi profondi che caratterizzavano la personalità

della paziente anche nelle fasi premorbose di questo disturbo. Fra i fattori favorenti si osserva

principalmente che Carmela ha caratteristiche di personalità lievemente narcisistiche e con tratti

superficiali ed infantili. Ella ha sperimentato durante alcuni eventi critici, che la sua ansia poteva

servire a dissuadere il marito da comportamenti potenzialmente dannosi alla propria salute e così ha

rinforzato la propria “paura” doppiamente: da una parte, convincendosi che, se il marito non era stato

male, dipendeva dal fatto che non avevano affrontato quella determinata situazione, dall’altra

nutrendo lo stesso timore con l’evitamento, secondo il principio di rinforzo negativo. Per la teoria

bifattoriale di Mowrer le Fobie s’instaurerebbero come una forma di Condizionamento Classico e si

manterrebbero successivamente, per una di Condizionamento Operante grazie al continuo evitamento

delle situazioni ansiogene (Mowrer, 1960).

Si ritiene dunque che la Fobia di Carmela riguardi 3 situazioni distinte, accomunate dal fatto di

rimanere intrappolata e morire (per asfissia, di fame, per una ferita che potrebbe essersi procurata nel

frattempo, etc.) senza poter ricevere aiuto.

La mancanza di abilità sociali più sofisticate ed il continuo sperimentare successi con il marito,

evitando tali situazioni dannose ad entrambi, ha aumentato nella signora questa paura ed attualmente

l’ansia anticipatoria nell’affrontare tali situazioni è molto alta.

Carmela non ha sviluppato nessun comportamento protettivo qualora si trovi nella situazione temuta e

nel caso in cui, per motivi importanti debba affrontare le proprie paure, ammette che lo fa con forte

disagio e spesso piangendo, noncurante dell’opinione che potrebbero farsi le persone che la vedono.

Alcune caratteristiche di Personalità e molte convinzioni devianti hanno portato la signora a temere

determinate situazioni prima, per una paura relativa alla salute del marito e col tempo, per una

sensazione di soggettivo terrore crescente nell’approcciarsi a tale condizione; la prima volta che il

disturbo ha avuto caratteristiche di reale limitazione nell’autonomia della coppia, durante il viaggio per

andare a trovare la cognata al mare, nel 1990, si è manifestato come fattore precipitante. La paura

sperimentata di per sé nelle 3 diverse condizioni fobiche è diventata lo stesso fattore di mantenimento

principale, perché utile ad impedire al marito di sottoporsi a condizioni che Carmela ritiene pericolose

per la sua salute e, a lungo termine, perché l’evitamento di una situazione temuta serve a sedare in lei

il senso di ansia crescente.

Page 139: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

135

Riassumendo attraverso un’analisi funzionale macro, quando Carmela si trova in una delle 3 situazioni

segnalate come fobiche, ad esempio in macchina con il marito prima di attraversare un tunnel, ella

inizia ad avere i seguenti pensieri automatici: “se picchiamo con l’auto nessuno potrà soccorrerci”, “io

mi sento male”, “se io sto male chi penserà a Lido?”, “Lido per soccorrere me potrebbe sentirsi male”,

etc.. A loro volta tali pensieri inducono nella donna un senso di ansia crescente che, a livello fisiologico

si manifesta con vari segni tipici: dalle palpitazioni alla sudorazione, ai tremori delle mani, od al senso

di nausea, in modo molto variabile; da un punto di vista comportamentale si osserva la fuga e

l’evitamento delle situazioni temute e questo avviene spesso attraverso lo sperimentare crisi di pianto.

Poiché il marito è molto sensibile a queste manifestazioni di Carmela, tende solitamente ad

acconsentire alle sue richieste e negli anni, la signora ha potuto verificare molte volte il rinforzo

negativo per cui, allontanarsi dalla situazione temuta, permette un repentino crollo della sensazione di

ansia, in favore di quella più piacevole di rilassamento e sollievo, divenendo il principale fattore

perpetuante del disturbo.

Alla base di questi pensieri automatici, attraverso l’applicazione della tecnica della freccia discendente,

si evince che le credenze principali sono: “se controllo la rabbia di Lido, non ha un infarto e muore”,

“se io muoio, nessuno può garantire la vita di mio marito” “se evito alcune situazioni, non morirò e

non morirà Lido”, “se Lido muore, chi si prenderà cura di me?”. Se ne deriverebbero quindi schemi di

dipendenza dal marito e di paura dell’abbandono da parte di quest’ultimo, i quali si sono formati su

idee devianti relativamente alla pericolosità delle situazioni temute.

La proposta d’intervento è quindi quella di chiarire, attraverso alcuni incontri di psicoeducazione, quali

sono i reali rischi, sia per l’incolumità di Carmela nelle situazioni che teme, che per la salute di Lido;

per quest’ultima sarà necessario coinvolgere il Dr. Rossi, cardiologo del marito. Ci si prefigge di

affrontare tali sedute sia con la signora che con il marito, affinché intraprendano insieme questo

cammino, essendo così mutuamente invischiati l’uno nella vita dell’altra.

Per quanto riguarda il superamento della Fobia Specifica Situazionale, viene proposta un’esposizione

graduale in vivo, utilizzando il BAT come trama per la sua attuazione; avendo a disposizione un

ascensore che percorre 3 piani nella sede dell’AUSL 11, verrà utilizzata questa situazione fobica per

l’esposizione con la psicologa. Una volta chiariti i reali rischi di salute di Lido, si prospetta alla coppia di

lavorare insieme sull’esposizione alla situazione di attraversamento dei tunnel, rispettando la

gradualità stabilita in seduta e contrattando continuamente ogni passo successivo. Infine, per quanto

riguarda l’affrontare la situazione di rimanere chiusa in una stanza, viene richiesto a Carmela di

provare ad affrontare i diversi gradini della scala SUD fin dall’inizio della terapia, manifestando verso la

situazione una paura generale di 60/100 ed eventualmente, di lasciare che il marito, la figlia, un’amica

od una collega di lavoro, si prestino per aiutarla.

Relativamente alla psicoeducazione al proprio problema ed a quello del marito, fin dall’inizio di questo

trattamento si auspica che Carmela modifichi le proprie idee relativamente alla vulnerabilità personale

e del marito.

Si ipotizza che fin dai primi mesi, l’esposizione alla situazione meno fobica, quest’ultima descritta,

permetta a Carmela di prendere familiarità con il proprio vissuto d’ansia e, portandolo alla saturazione

con l’esposizione, senta anche aumentare il senso di autoefficacia nelle proprie possibilità. Inoltre, la

Page 140: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

136

richiesta di aiuto generalizzata per condurre le proprie esposizioni, ha lo scopo di mettere la signora

nella condizione di chiedere aiuto per superare un evento negativo, modificando la vecchia modalità

atta solo ad evitarlo. Questo a lungo termine potrebbe avere un effetto positivo sulle proprie abilità

sociali.

Si ipotizza inoltre che, a lungo termine, dopo un lasso di tempo di circa 6 mesi, continuando con le

esposizioni graduali a tutte le condizioni temute, Carmela riesca a superare pienamente il senso di

ansia situazionale e, sentendosi più sicura di sé possa affrontare in modo più sereno anche lo stato di

salute del marito, senza sentirsi soverchiata da eventuali problemi.

La signora Carmela accetta con entusiasmo ogni parte di questo contratto e si manifesta motivata a

seguire la terapia con impegno ed un’alta aspettativa di miglioramento della propria qualità di vita.

3. Trattamento

Come l’assessment, anche per quanto riguarda questa fase, vengono stabiliti incontri settimanali della

durata di un’ora l’uno. Questa cadenza verrà mantenuta per 4 mesi e mezzo, mentre saranno stabiliti

altri 2 appuntamenti per la somministrazione di un secondo test MMPI-2 e per una seduta di follow-

up, entrambi a distanza di circa 6 mesi dal termine dei colloqui di trattamento.

3.1 Svolgimento delle sedute

Durante le prime 4 sedute di trattamento, dal 04/10/06 al 25/10/06, come da accordi, gli incontri si

sono concentrati sulla psicoeducazione circa i disturbi d’ansia ed in particolare le Fobie Specifiche e,

attraverso la concettualizzazione del caso di Carmela è stato possibile invitare lei stessa ed il marito a

riflettere sul modo in cui la Fobia Situazionale si è instaurata e mantenuta negli anni;

contemporaneamente, il lavoro di approfondimento che la coppia ha affrontato relativamente ai

problemi cardiaci di Lido, grazie all’aiuto del Dr. Rossi (il cardiologo di riferimento) pare averli

innanzitutto tranquillizzati, anche se risulta necessario ripetere spesso a Carmela, durante questo

primo mese, che la vita di entrambi “non dipende dalla sua diretta responsabilità”.

Vengono riprese le tabelle 1, 2 e 3, recanti il grado di Unità di Disagio Soggettivo riportate a pagina

130 per spiegare nel dettaglio, a Carmela ed al marito, il lavoro che andranno ad affrontare.

Dal terzo incontro, tenuto il 18/10/06, Carmela si sente pronta ad iniziare la sua Esposizione Graduale

in Vivo relativamente allo stare chiusa in una stanza; le viene spiegato il principio della saturazione

dell’ansia e come proseguire sulla propria scala gerarchica, dopo aver effettuato il primo step in

seduta. In quella successiva la signora riporta i primi risultati dell’esposizione, compilando le seguenti

schede, fornite in precedenza; per ogni situazione con cui la signora dovrà misurarsi, sarà riportata

l’unità di disagio soggettivo riferita durante la stesura della graduatoria, (SUD), il tempo che è rimasta

esposta per sentir calare la sensazione d’ansia (T) ed il numero di ripetizioni sostenute (Rip.). Si

richiede infatti che prima di passare alla situazione maggiormente fobica, Carmela provi quella che

ritiene di aver superato e, qualora il livello d’ansia ritorni ad essere più alto, si sottoponga nuovamente

all’esposizione prima di proseguire. Riportiamo di seguito i risultati per i primi due step affrontati dalla

signora durante questa settimana, nella situazione “chiudersi in una stanza”:

Page 141: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

137

Step per Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 SUD T SUD Rip.

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - III° Chiudersi non a chiave in

una stanza piccola di casa

40

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - II° Chiudersi a chiave in una

stanza grande di casa

30 20’ 10 2

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - I° Chiudersi non a chiave in

una stanza grande di casa

20 15’ 0 2

Tab. 10 Scheda di valutazione durante l’esposizione ai primi 2 step per la situazione “Chiudersi in una stanza”

Durante il colloquio del 25/10/06, Carmela riferisce che il residuo di ansia nell’affrontare l’esposizione

in vivo alla situazione “chiudersi a chiave in una stanza grande di casa”, è emerso al momento in cui

stava per girare la chiave ed aprire la porta; tale emozione è stata più bassa la seconda volta, ma

ritiene che, anche nel riaffrontarla prima di passare a quella successiva, potrebbe comunque

mantenere livelli un po’ più alti. Durante questa fase Lido si è tenuto in disparte e non ha né aiutato

né ostacolato la moglie durante le prove previste. Concordiamo che, fino a quando non si riterrà

necessario, è preferibile che Carmela affronti da sola le esposizioni.

L’analisi funzionale registra, con un’autosservazione per incidenti critici, altre difficoltà emerse; ne

riportiamo alcuni esempi:

13/10/06 ore 14.00 Comportamento: Attraversare un tunnel

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: paura.

Fisiologiche: palpitazioni,

sudorazione.

I coniugi devo recarsi a Firenze in auto perché

Lido deve fare alcune analisi di routine. Si trovano

ad affrontare 3 tunnel; Lido è nervoso e guida

arrabbiandosi con gli altri autisti.

“Mi sento male sto per

morire”, “Se muoio Lido farà

un incidente”, “Ho paura

voglio andar via”. Comportamentali: piange e

chiede al marito di guidare

con attenzione.

Tab. 11 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

13/10/06 ore 14.00

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: sollievo, sorpresa, timore.

Fisiologiche: agitazione motoria.

Lido tranquillizza la moglie e

guida in modo più rilassato e

tranquillo.

“Menomale è passato”,

“Ce ne sono altri due

adesso, come farò?”. Comportamentali: ringrazia il marito di rimanere

calmo mentre guida, si concentra sul proprio

respiro per affrontare i rimanenti tunnel.

Tab. 12 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

17/10/06 ore 20.30 Comportamento: Rimanere chiusa in una stanza

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: panico.

Fisiologiche: palpitazioni,

sudorazione, tremore alle mani.

Mentre Carmela è in cantina la porta

si chiude violentemente per uno

spostamento d’aria.

“Rimarrò bloccata!”, “Lido non sa

dove sono ed io morirò qui”, “Devo

uscire immediatamente”.

Comportamentali: spalanca la porta

Tab. 13 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

Page 142: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

138

17/10/06 ore 20.32

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: sorpresa e sollievo.

Fisiologiche: nessuna.

Carmela ha aperto la porta della

cantina che si era chiusa.

“Si è aperta subito”,

“Che sciocca!”.

Comportamentali: mette un ferma-porta e finisce

quello che stava facendo in cantina.

Tab. 14 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

Analizzando insieme le schede riportate dalla signora, è stato possibile rimarcare l’importanza di

pensare in maniera funzionale e non catastrofica ed affrontare su un piano più specificatamente

cognitivo i suoi convincimenti erronei relativamente alla possibilità di morte del marito qualora

accadesse a lei qualcosa di grave.

Dalla V seduta all’VIII, tenute dal 02/11/06 al 22/11/06, Carmela continua la sua esposizione alla

situazione “Chiudersi in una stanza” ed inizia anche il lavoro con le rimanenti due; come

precedentemente pattuito, per la situazione “Tunnel” ella si fa accompagnare dal marito, il quale viene

addestrato a non tranquillizzare la moglie bensì a lasciare che affronti la propria paura direttamente.

Inoltre, dedichiamo una parte delle successive sedute all’esposizione in vivo della condizione

“Ascensore”, usufruendo di quello presente nella sede dell’azienda USL. Durante questo mese, non si

sono presentati eventi in cui la signora abbia sperimentato un’intensa paura in una delle tre situazioni

indicate, al di fuori di quelle programmate durante l’esposizione in vivo e, per questo motivo, non ha

riportato alcuna scheda per l’analisi funzionale.

Riportiamo quindi i risultati delle tre classi di esposizione affrontati fino a questo momento:

Step per Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 SUD T SUD Rip.

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - VII° Chiudersi a chiave in un

bagno pubblico in compagnia

80

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - VI° Chiudersi non a chiave in

un bagno pubblico in compagnia

70 35’ 20 3

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - V° Chiudersi a chiave in una

stanza piccola di casa da sola

60 35’ 20 3

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - IV° Chiudersi a chiave in una

stanza piccola di casa in compagnia

50 30’ 20 2

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - III° Chiudersi non a chiave in

una stanza piccola di casa

40 25’ 10 2

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - II° Chiudersi a chiave in una

stanza grande di casa

30 15’ 5 3

Tab. 15 Scheda di valutazione durante l’esposizione agli step 3-6 per la situazione “Chiudersi in una stanza”

Carmela riferisce di essersi stupita di non provare quasi nessuna ansia nell’affrontare una stanza di

casa chiusa a chiave, ma nell’iniziare nuovamente la sua esposizione ha piacevolmente constatato

questo risultato. Per gli step successivi al secondo si è prestato Lido, come compagnia durante i passi

più impegnativi. Come da accordi non ha tranquillizzato la moglie relativamente alla possibilità di

rimanere bloccati all’interno di una stanza e non l’ha aiutata quando, una volta calata la sensazione di

ansia, ella si è apprestata a riaprire la porta. Per quanto riguarda il bagno pubblico hanno scelto quello

di un supermercato molto grande presso il quale si recano regolarmente per la spesa settimanale.

Page 143: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

139

Durante i colloqui sembra che le idee disfunzionali relativamente alla morte di Lido, si siano molto

ridimensionate nella mente di Carmela, mentre, per quanto riguarda quelle relativamente alla propria

fobia, sono diventate più funzionali in maniera proporzionale alla conoscenza reale del contesto e ad

un aumento del senso di autoefficacia in quelle stesse situazioni critiche. Analoghi risultati si

osservano per le altre due situazioni che, durante questo mese, sono state affrontate con l’aiuto del

marito e con la psicologa durante lo svolgimento delle sedute settimanali. Per quanto riguarda

l’attraversamento dei tunnel, poiché il tempo necessario non può essere modulato, i coniugi hanno

affrontato la situazione reiterate volte, fino alla percezione di diminuzione dell’ansia di Carmela,

entrando da un ingresso e lasciando all’uscita successiva la Strada di Grande Comunicazione “FI-PI-

LI”. Carmela ha inoltre iniziato a percorrere brevi percorsi pedonali in compagnia della figlia, i quali

sortivano le stesse emozioni dei tunnel, anche se in modo assolutamente meno marcato.

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 SUD T SUD Rip.

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - V° Tunnel buio che si

stima di circa 200 metri a traffico regolare

60

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - IV° Tunnel in cui si

intravede l’uscita a circa 100 metri

50 1’/2’ ad

esposizione

10 6

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - III° Tunnel in cui si vede

l’uscita a circa 30 metri

40 30”/1’ ad

esposizione

5 7

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - II° Tunnel in cui si vede

l’uscita a circa 10 metri

30 30”/1’ ad

esposizione

5 7

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - I° Tunnel in cui si vede

chiaramente l’uscita a pochi metri

20 30”/1’ ad

esposizione

0 7

Tab. 16 Scheda di valutazione durante l’esposizione ai primi 4 step per la situazione “Tunnel”

Come nel caso della situazione: “Tunnel”, anche per quella “Ascensore” il tempo di percorrenza

dell’ascensore, durante il III° passo nell’esposizione graduale, non può essere modificato, quindi

Carmela l’ha affrontato diverse volte fino a provare un senso di ansia accettabile.

Situazione Ascensore - Paura 100 SUD T SUD Rip.

Situazione Ascensore - Paura 100 - V° Arrivare da sola al 1° piano 60

Situazione Ascensore - Paura 100 - IV° Arrivare in compagnia al 1° piano 50 30” 20 6

Situazione Ascensore - Paura 100 - III° Entrare in un ascensore e lasciare che

si chiudano le porte

40 30’ 10 2

Situazione Ascensore - Paura 100 - II° Entrare in ascensore in compagnia e

lasciare che si chiudano le porte

30 20’ 5 2

Situazione Ascensore - Paura 100 - I° Entrare in un ascensore 20 15’ 0 2

Tab. 17 Scheda valutazione durante l’esposizione ai primi 4 step per la situazione “Ascensore”

Dalla V alla VIII seduta, dal 29/11/06 al 20/12/07, la signora ha continuato autonomamente ad

esporsi fino a raggiungere la fine della graduazione della situazione “Chiudersi in una stanza”,

raggiungendo il livello desiderato; Carmela durante il colloquio tenutosi in data 06/12/06 ammette che

gli ultimi passi sono risultati meno preoccupanti dei primi, in quanto si sentiva sufficientemente sicura

non solo di “non morire chiusa in una stanza”, ma che nel contempo sarebbe stato improbabile che

Lido avesse avuto un malore; inoltre, essendosi esercitata a chiudere ed aprire le porte con la chiave,

è aumentato il senso personale di autoefficacia, ma anche l’abilità oggettiva a compiere questo gesto.

Page 144: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

140

Step per Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 SUD T SUD Rip.

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - IX° Chiudersi a chiave in un

bagno pubblico da sola

100 35’ 20 3

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - VIII° Chiudersi non a chiave in

un bagno pubblico da sola

90 30’ 10 2

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - VII° Chiudersi a chiave in un

bagno pubblico in compagnia

80 30’ 10 2

Situazione Chiudersi in una stanza - Paura 60 - VI° Chiudersi non a chiave in

un bagno pubblico in compagnia

70 35’ 10 4

Tab. 18 Scheda di valutazione durante l’esposizione agli step 7-9 per la situazione “Chiudersi in una stanza”

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 SUD T SUD Rip.

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - IX° Tunnel lungo e buio 100

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - VIII° Tunnel più lungo di

200 metri con traffico intenso

90 5’/10’ 30 5

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - VII° Tunnel più lungo di

200 metri con traffico regolare

80 4’/6’ 20 5

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - VI° Tunnel di circa 200

metri, con traffico intenso

70 3’/5’ 20 4

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - V° Tunnel di circa 200

metri a traffico regolare

60 2’/4’ 10 4

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - IV° Tunnel in cui si

intravede l’uscita a circa 100 metri

50 1’/2’ ad

esposizione

5 7

Tab. 19 Scheda valutazione durante l’esposizione agli step 5-8 per la situazione “Tunnel”

Situazione Ascensore - Paura 100 SUD T SUD Rip.

Situazione Ascensore - Paura 100 - IX°Arrivare da sola oltre il 2° piano 100

Situazione Ascensore - Paura 100 - VIII° Arrivare in compagnia oltre il 2° piano 90 45” 20 6

Situazione Ascensore - Paura 100 - VII° Arrivare da sola al 2° piano 80 30” 20 6

Situazione Ascensore - Paura 100 - VI° Arrivare in compagnia al 2° piano 70 30” 10 7

Tab. 20 Scheda di valutazione durante l’esposizione agli step 7-8 per la situazione “Ascensore”

Similmente alla prima situazione, anche l’esposizione ai Tunnel, è andata avanti fino a raggiungere il

penultimo stadio pattuito. La collaborazione del marito in questo periodo è stata davvero preziosa e, di

per sé, ha permesso una graduale modificazione delle idee disfunzionali di Carmela relativamente al

suo stato di salute, ma anche un reale miglioramento nella modulazione, da parte di Lido stesso, dei

suoi tipici eccessi d’ira; il clima di coppia ha trovato giovamento dalla terapia della donna, non solo in

termini di affiatamento dei coniugi, ma anche spostando l’attenzione di entrambi da una sensazione di

morte incombente che aleggia da molti anni su Lido.

Per quanto riguarda il trattamento della situazione “Ascensore”, l’esposizione, come negli incontri

precedenti, si è tenuta durante le sedute settimanali e dalla IX alla XII seduta, effettuate dal 03/01/07

al 17/01/07; Carmela ha raggiunto l’ultimo step di entrambe le situazioni rimaste: nell’affrontare un

viaggio in macchina e nell’eventualità di dover percorrere dei tunnel, ella è arrivata a non preoccuparsi

esageratamente ed a gestire la sua ansia fino ad un livello accettabile; nello stesso periodo è poi

Page 145: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

141

riuscita a prendere l’ascensore, esponendosi alla condizione più fobica consentita nel distretto

dell’azienda USL, il 3° piano.

Già negli scorsi mesi abbiamo assistito ad un’assenza delle schede di automonitoraggio, relativamente

a situazioni che hanno messo in difficoltà Carmela, al di fuori di quelle cui si è sottoposta per

l’esposizione; tale risultato è dato principalmente dalla maggior libertà che Carmela ha guadagnato,

affrontando il rischio di provare ansia in una condizione di per sé non pericolosa. Inoltre, più la signora

sente aumentare il proprio senso di autoefficacia, maggiormente tende a sperimentare se stessa in

situazioni che ha temuto per anni o, nel caso in cui si trovi in una condizione imprevista, a trovare

subito la forza di reagire senza lasciarsi attanagliare dall’ansia.

Come per gli scorsi mesi mostriamo le tabelle che indicano il tempo di esposizione alle 2 situazioni

fobiche rimaste ed i livelli di ansia percepiti da Carmela, oltre al numero di ripetizioni necessarie per

ottenere tale risultato.

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 SUD T SUD Rip.

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - IX° Tunnel lungo e buio 100 7’ 20 6

Step per Situazione Tunnel - Paura 90 - VIII° Tunnel più lungo di 200 metri

con traffico intenso

90 5’/10’ 20 6

Tab. 21 Scheda di valutazione durante l’esposizione all’ultimo step per la situazione “Tunnel”

Situazione Ascensore - Paura 100 SUD T SUD Rip.

Situazione Ascensore - Paura 100 - IX°Arrivare da sola oltre il 2° piano 100 1’ 20 6

Situazione Ascensore - Paura 100 - VIII° Arrivare in compagnia oltre il 2° piano 90 45” 10 7

Tab. 22 Scheda di valutazione durante l’esposizione all’ultimo step per la situazione “Ascensore”

In occasione della XV seduta, tenutasi nel giorno 17/01/07, vengono ripresentate a Carmela le schede

originarie tratte dal BAT e commentate ulteriormente le prime analisi funzionali per verificare e

confermare i risultati ottenuti sia sul piano comportamentale, che su quello più strettamente cognitivo;

in entrambi i casi si è assistito ad un miglioramento nell’abilità di autocontrollo della signora, nel suo

senso di autoefficacia, ma anche nello sperimentare dopo molti anni se stessa in modo libero e

completo.

Carmela viene invitata a continuare ad esporsi alle proprie situazioni critiche almeno una volta alla

settimana, cercando di non perdere i risultati finora ottenuti.

Decidiamo dunque di stabilire un nuovo incontro, a distanza di 6 mesi, in data 18/07/07 perché si

sottoponga nuovamente al test MMPI-2 e ad un colloquio teso a verificare che cosa sia cambiato dopo

questo tempo.

3.2 Follow-up e Conclusioni

Viene somministrato in data 18/07/07 il test MMPI-2 di cui riportiamo i risultati ed in base ai criteri

descritti da Butcher e Williams una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams, 1996). Per ogni

grafico è possibile osservare le linee tratteggiate relative al primo test somministrato.

Dal profilo delle scale di validità è possibile asserire che la donna ha risposto al test con un giusto

equilibrio tra apertura, sincerità e difesa.

Per quanto riguarda la conformazione delle scale, essa si presenterebbe lievemente ridotta nei singoli

punteggi; Carmela rimarrebbe una persona che tende a lamentarsi e scoraggiarsi; probabilmente la

Page 146: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

142

sua preoccupazione per la salute del marito è ancora alta ed è rimasta una persona permalosa se

contraddetta o non assecondata. Riteniamo però che questo sia da considerarsi normale in una

persona nata nel 1944 ed in ogni caso, si ritiene che tali peculiarità individuali possano essere

annoverate come stabili caratteristiche di personalità non disfunzionali. Dall’analisi delle scale Pa = 54

e Pt = 61 emerge che Carmela ha riacquistato una certa razionalità, modificando alcune idee di

riferimento non aderenti alla realtà; mentre, l’aumento del punteggio alla scala Ma = 57

evidenzierebbe un miglioramento della qualità dei rapporti sociali estesi in modo più generalizzato al di

fuori della coppia.

Scale Cliniche

65

5862 61

5763 62

51

64

54

61

5357

6565

58

73 71

57

75 73

51

75

68 6864

60

75

30

40

50

60

70

80

90

100

06/09/2006 65 58 62 61 57 63 62 51 64 54 61 53 57 65

18/07/2007 65 58 73 71 57 75 73 51 75 68 68 64 60 75

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 4 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 18/07/07

Scale Supplementari

65

5862 61

57

63 62

51

6465

58

73 71

57

75 73

51

75

30

40

50

60

70

80

90

100

06/09/2006 65 58 62 61 57 63 62 51 64

18/07/2007 65 58 73 71 57 75 73 51 75

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 5 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 18/07/07

Page 147: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

143

Scale di Contenuto

56

48

6367

57

45 4551 50

41

5752

6467

58

7578

6571

58 56

40

59

5043

58 56

74 73

54

30

40

50

60

70

80

90

100

18/07/2007 56 48 63 67 57 45 45 51 50 41 57 52 64 67 58

06/09/2006 75 78 65 71 58 56 40 59 50 43 58 56 74 73 54

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 6 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 18/07/07

Nell’incontro di follow-up a 6 mesi, in data 19/07/07, è emerso che la signora in questi ultimi mesi, ha

potuto usufruire di alcuni giorni di ferie non spese e, poiché le era stato consigliato di mantenersi

esposta alle situazioni fobiche che aveva superato durante la terapia, si è concessa diversi viaggi con il

marito. Con molto entusiasmo riporta di essere stata in Liguria in auto, Lido, date le paure della

moglie si è mantenuto il più sereno possibile alla guida ed ogni tunnel attraversato lei si è sentita

sempre meno in ansia. Per quanto riguarda il trovarsi chiusa in una stanza, racconta invece che non è

più un problema e che adesso utilizza spesso il bagno della fabbrica dove lavora, durante il proprio

turno. Registra poche occasioni per prendere l’ascensore, ma quando può lo fa.

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Giada: Disturbo Evitante di Personalità. PRESENTAZIONE DEL CASO

1. Informazioni generali

1.1 Generalità del paziente

Giada nasce il 09 Gennaio del 1983 a Fucecchio e da sempre è residente a Santa Maria a Monte, un

piccolo paese in provincia di Pisa con la famiglia d’origine composta attualmente da madre, padre e

fratello.

Descriviamo brevemente più in dettaglio i familiari della richiedente: la madre di Giada, Vera, è nata

nel 1952 ed è un’ausiliaria in ospedale; il padre Dino, nato nel 1950 è attualmente pensionato e si

dedica soprattutto alla cura dei campi limitrofi alla casa; il fratello Roberto, nato nel 1979, è titolare di

un’officina da elettricista. Appare inoltre utile menzionare il fatto che è fidanzata dal 1999 con

Massimo, imprenditore edile, nato nel 1976 e residente nello stesso paese della ragazza.

Nel 2002 dopo aver concluso l’istituto d’arte frequentato a Volterra, Giada si ritrova con una grande

passione, un’adeguata abilità e tuttavia pochi sbocchi lavorativi; decide quindi di frequentare a Roma

un laboratorio di fumetti, ma, dopo uno stage di 3 mesi, nel 2003 torna a vivere con la famiglia,

perché non tollera il pensiero di doversi trasferire in pianta stabile in questa città tanto lontana da

casa, per poter continuare gli studi e trovare successivamente un lavoro.

Spronata dalla madre, l’anno seguente decide di riprendere gli studi, anche se in ambito assistenziale.

La ragazza sottolinea che avrebbe preferito seguire il corso per Operatore Socio Sanitario (O.S.S.) in

quanto le sembrava più adatto alle proprie capacità, ma la madre aveva insistito tanto affinché

s’iscrivesse al corso di laurea in Scienze Infermieristiche, perché lei stessa avrebbe voluto frequentarlo

quando era giovane. Dopo aver ripetuto per otto volte consecutive lo stesso esame (Istologia) senza

mai essere promossa la ragazza decide di interrompere gli studi e, proprio nel comunicare questa sua

posizione alla madre, manifesterà un acting-out così violento ed improvviso, che la spingerà a

rivolgersi al servizio U.S.L. di Psicologia. Spiegheremo dettagliatamente nel paragrafo 2.1 a pagina

146, che cosa s’intende per acting-out e perché ha creato tanto allarme all’utente ed alla sua famiglia.

Attualmente Giada non risulta più iscritta ad alcun corso universitario, impartisce lezioni private a due

bambini che frequentano le classi elementari, fa la babysitter e vende nelle sagre e nei mercati dei

fiori costruiti con la carta crespa, che lei stessa crea assieme alla cugina, ma soprattutto, passa la

maggior parte del suo tempo in casa ad occuparsi delle faccende domestiche e dei propri familiari.

1.2 Caratteristiche della relazione

Giada si rivolge autonomamente, anche se fortemente consigliata dal medico di base che richiede in

prima persona la consulenza psicologica, al servizio pubblico dell’azienda U.S.L. presso l’Unità

Operativa Complessa di Psicologia in San Miniato; al termine di questo primo colloquio viene stabilita

una frequenza di incontri settimanale della durata di un’ora ciascuno.

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2. Assessment (4 sedute: 3 colloqui clinici, 1 seduta di test)

2.1 Richiesta dell’utente

Giada si rivolge al servizio pubblico di San Miniato pur non appartenendo a questo distretto perché

preferisce evitare di incontrare la persona che, nel proprio comune di residenza si occupa delle

prenotazioni, in quanto preoccupata che vengano messe in giro voci su un suo eventuale trattamento

psicologico.

L’impegnativa con cui si presenta all’U.O.C. di Psicologia in San Miniato, in data 13 Settembre 2006, è

del Dr. Martinelli, il medico di famiglia dal quale la madre accompagna la ragazza immediatamente

dopo la crisi cui si accennava in precedenza e che adesso andremo a spiegare dettagliatamente. Giada

è considerata da tutti la “bimba brava di casa” che si occupa di tutto e di tutti, dai nonni malati alla

madre, dalle faccende di casa ai propri lavori part-time. Nel mese di Giugno, mentre sta facendo dei

lavori domestici con la madre, le comunica di voler lasciare il corso di laurea in Scienze

Infermieristiche che frequenta da 2 anni, perché frustrata dal fatto di non essere riuscita a superare

l’esame di istologia, già sostenuto otto volte; Giada prova a spiegare che non ritiene sia la facoltà

adatta a lei, ma la madre liquida le sue motivazioni come “un capriccio momentaneo”. La ragazza, di

fronte all’indifferenza della madre, sente le lacrime salirle agli occhi e se ne va nella stanza vicina con

l’intento di calmarsi, ma, al contrario, racconta di aver preso una ad una tutte le porcellane della

vetrinetta del soggiorno di casa sua ed urlando, le ha rotte buttandole a terra. La madre, attirata dai

rumori accorre, le dà uno schiaffo con il tentativo di interrompere questo comportamento e, dopo

esserci finalmente riuscita la convince ad andare insieme dal dottore, il quale, venuto a conoscenza di

questo acting-out, prescrive alla ragazza un antidepressivo triciclico, il Laroxil, e prepara l’impegnativa

con cui la giovane si presenterà all’azienda U.S.L. 3 mesi dopo.

I primi giorni dall’accaduto, la madre insiste che Giada prenda con regolarità il farmaco assegnatele

dal medico, ma al contrario lei smette precocemente, in quanto il Laroxil le induce una forte

sonnolenza ed anche il fidanzato, Massimo, che non conosce pienamente quanto accaduto, inizia a

notare questo suo calo fisico.

La ragazza si presenta al servizio di Psicologia molto impaurita nei confronti di sé e del proprio gesto,

che ricorda soprattutto accompagnato dalla chiara sensazione di non potersi fermare.

Si può quindi riassumere la richiesta dell’utente come un aiuto a capire perché ha avuto una reazione

così estranea al proprio modo di essere ed eventualmente ad intervenire per prevenire che un simile

accesso di rabbia si ripresenti nuovamente. Come approfondiremo al termine del prossimo paragrafo,

Giada richiede inoltre al servizio un aiuto a maturare abilità specifiche per emanciparsi dalla famiglia

ed in particolare dalla madre.

2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio

Giada riferisce che il gesto di acting-out appena descritto, ha comunque sortito l’effetto desiderato:

non sentendosi presa sul serio ed ascoltata, solo la messa in atto di un comportamento eclatante

avrebbe finalmente attirato l’attenzione quel tanto da garantirle l’imposizione della propria decisione di

interrompere gli studi su quella della madre, anche se la reazione in oggetto le è poi “sfuggita di

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mano” perdendone il controllo. La giovane spiega che per la prima volta dopo molto tempo era come

se avesse asserito con decisione: “ci sono anche io!” ed è forse a causa di questa lunga attesa che il

mezzo per farlo è stato così sproporzionato ed a lei stessa estraneo, da spaventarla in prima persona.

Fino ad allora, solo un’altra volta, all’età di 18 anni, riferisce di aver cercato di attirare l’attenzione con

un atteggiamento tanto plateale, colorandosi i capelli di Fucsia ispirata al cartone animato “Jem e le

Hologram”; anche in quell’occasione, Giada si era resa conto della portata del proprio gesto solo in un

secondo momento e la madre, dopo averla sgridata severamente, le aveva però dedicato tutto il suo

pomeriggio, portandola dal parrucchiere e scegliendo con lei un colore di capelli sempre appariscente

ma più naturale.

Per quanto riguarda i rapporti sociali al di fuori della famiglia, frequenta assieme al fidanzato Massimo

il bar del paese, che è il punto principale di ritrovo degli amici della coppia. Non pare avere rapporti

esclusivi di amicizia con nessuno tranne la cugina, della quale parla spesso, sebbene riferisca di non

andarci molto d’accordo ultimamente, in quanto è una persona che non sta molto attenta al denaro, al

contrario suo. Le due ragazze, infatti, si occupano insieme della produzione e della promozione e

vendita dei fiori di carta cui accennavamo in precedenza. Se la ragazza sta molto attenta alle spese

sostenute, rispetto agli incassi delle vendite dei loro prodotti, la cugina appare invece più superficiale

e, in diverse occasioni, ha insistito perché comprassero della carta al dettaglio, anziché rifornirsi

all’ingrosso a prezzi più vantaggiosi; tale atteggiamento ha portato Giada a stabilire che non avrebbe

più potuto lavorare con la cugina e, per alcuni mesi (da Marzo a Luglio 2006) ha mantenuto fede a

tale decisione, ritornando sui propri passi soltanto adesso.

In generale racconta che, nonostante in famiglia ci siano stati grossi sperperi, la loro situazione

economica è abbastanza buona; aggiunge però di essere l’unica in casa ad avere una mentalità

risparmiatrice e pensa che molti dei soldi che, per lei sono stati completamente scialacquati, sarebbero

potuti esser devoluti a lei per aprire, come il fratello, una propria attività autonoma o quantomeno per

acquistare un’auto nuova.

Giada parla spesso dei soldi e ne esprime anche una vera preoccupazione. Riferisce che la propria

famiglia misura l’affetto e la felicità attraverso il denaro. Giada, adeguandosi suo malgrado a questo

atteggiamento familiare, vorrebbe quindi che le fossero dati dei soldi per sé, cosicché avrebbe la

certezza che la famiglia la ama, anche se non sa esprimere questo sentimento in altro modo.

La ragazza riferisce di essere abituata a rinunciare a qualunque cosa per gli altri; se all’inizio, questo

suo atteggiamento la fa sentire bene con se stessa, perché felice di aver aiutato in qualche modo una

persona cara, successivamente tende a rammaricarsi per il fatto che la maggior parte delle persone

che aiuta non la ringrazia e, tanto meno, ricambia tali favori. Nel dire questo si riferisce principalmente

ai membri della propria famiglia ed in particolare al fratello, il quale sembra addirittura approfittarsi

della disponibilità della ragazza.

La madre della giovane soffre di una malattia reumatoide molto dolorosa e Giada si prende cura di lei,

cercando di sopperire il più possibile alle faccende familiari, accompagnandola in palestra ed

aiutandola a sottoporsi a sedute di elettrostimolazione con apparecchiature domestiche. Per quanto

riguarda la cura della casa, è utile sottolineare il fatto che viene svegliata dalla madre la mattina alle 6

per svolgere i lavori domestici, con una pausa dalle 12 alle 14 per il pranzo; il pomeriggio, dopo aver

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lavato i piatti e rimesso in ordine la cucina, Giada si dedica a qualche mansione specifica come

lucidare l’argenteria, pulire l’aia davanti casa, passare la cera, lavare i tappeti, etc. Quando sua madre

va a lavorare è lei da sola ad occuparsi delle pulizie. Questo avviene tutti i giorni, compresi i festivi.

Il rapporto della ragazza con la mamma è molto particolare: quest’ultima rivive i propri desideri

attraverso la vita della figlia, ad esempio persuadendola a frequentare il corso di studi che a suo

tempo lei non ha potuto seguire, mentre Giada, che fallisce regolarmente nel realizzare i sogni della

madre, si sente frustrata e limitata. La giovane, infatti, sostiene che incaricarsi di tali attività, che

probabilmente risulteranno fallimentari, la espone maggiormente alle critiche e, soprattutto quando

queste provengono dalla madre, lei si trova in difficoltà. Approfondendo questo elemento, racconta di

non riuscire ad accettare giudizi di disapprovazione, soprattutto della madre ed in generale da parte

delle persone per lei significative ed è per questo che molte volte, si “veste con i panni della bimba

brava” che proprio non le piacciono, ma che almeno la proteggono da un’eventualità anche peggiore:

il giudizio negativo.

Giada afferma, infatti, che non vuole essere la “bimba brava” e, quando le persone al di fuori della

famiglia, le fanno i complimenti per la sua dedizione alla casa ed ai familiari, riferisce di provare una

rabbia intensa, tanto da indurle delle alterazioni fisiologiche caratterizzate principalmente da tremori

delle mani e degli arti superiori. Appare subito un po’ strano che Giada, tanto tristemente abituata a

non ricevere mai né lodi né ringraziamenti dai familiari, possa detestare i complimenti mossi da amici

o conoscenti, tanto da avere delle conseguenze di tipo fisiologico così forti. Disquisendo a lungo,

emerge piuttosto che tanta passione per l’accudimento della propria casa e famiglia, ha lo scopo di

renderla in qualche modo “indispensabile” ai suoi componenti, i quali, secondo questo principio,

dovrebbero sentire il dovere di esprimerle la loro più profonda gratitudine. Poiché questo non è mai

accaduto, Giada continua ad essere tanto dedita a “recitare questo ruolo”, per evitare attivamente le

critiche che, se smettesse di essere così “brava”, soprattutto secondo gli standard della madre, le

verrebbero certamente rivolte; di conseguenza, ricevere lodi e complimenti da “estranei” le rende

evidente l’ingratitudine e la freddezza dei suoi familiari ed è questa presa di coscienza a determinare

la sua reazione di rabbia. Inoltre, percepire rabbia è di per sé un problema, in quanto genera un

vissuto di disagio e senso di colpa e, se nei confronti di persone più distanti ha conseguenze più

accettabili, verso i familiari, per prima la mamma è assolutamente intollerabile.

Per quanto riguarda il padre è definito dalla ragazza “di passaggio” perché non si fa mai vedere in

casa e, anche adesso che è in pensione, tende a starne il più possibile lontano, dedicandosi piuttosto

alla cura delle terre attorno ad essa od agli animali che alleva e macella per la vendita a privati. Giada

sostiene che è un uomo tirchio, nonostante sperperi molti soldi nel gioco del Lotto. Ha un carattere

nervoso e, se la sua presenza casalinga è limitata, quando si trova con la moglie litigano accesamente

per qualunque cosa. Riporta che quando li sente discutere, spesso dà ragione alla madre ed interviene

per difenderla.

Il fratello di Giada, Roberto, un po’ come il padre è sempre stato molto schivo. Ad Aprile del 2006

conosce Laura, una ragazza più grande di lui di 4 anni ed il mese successivo la presenta alla famiglia.

Giada ritiene che questa ragazza sia eccessivamente gelosa e controllante e che “porti via da casa”

suo fratello troppo spesso; s’insinua subito in lei il dubbio che il suo interesse principale siano i soldi di

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famiglia e cerca di persuadere in tal senso anche Roberto, il quale al contrario, reagisce chiudendosi

ancora di più.

Nonostante sia stata la madre 6 anni prima, a dare a Roberto i soldi per aprire la sua officina elettrica,

anche adesso che ha un buon giro di affari egli continua a non contribuire in alcun modo al menage

familiare. Giada recrimina il fatto di dover sopperire alle mancanze del fratello non solo per quanto

riguarda la cura della casa, ma anche economicamente, coprendo alcuni pagamenti rateali che

arriverebbero al domicilio e dei quali Roberto si dimentica regolarmente, mentre al contrario, pare

spenda gran parte delle proprie entrate per fare doni alla fidanzata.

Dal racconto portato, oltre il vasto impegno verso il proprio nucleo familiare, colpisce come questa

ragazza, fin da giovanissima, si sia occupata anche fisicamente dei nonni materni, accudendoli fino

alla morte. In effetti, emergerà soltanto in un secondo momento quanti anni aveva al momento del

decesso dei nonni, in quanto lei riferisce di aver vissuto con loro fino a “pochi anni prima” al piano

superiore di una bi-familiare, mentre in quello sottostante risiedevano i genitori ed il fratello. Solo

chiedendo a Giada le date dei vari eventi di vita, per poterne costruire un quadro cronologico più

preciso, risulterà quanti anni sono trascorsi realmente; la malattia e poi la dipartita dei nonni,

risalgono a 18 e 13 anni prima: la nonna viene a mancare nel 1988; suo marito, malato di tumore dal

1993, lascia la nipote alla fine dello stesso anno, quando lei ha 10 anni. Riferisce che il nonno provava

disagio nell’essere curato e soprattutto lavato da lei, ma nessun altro lo voleva fare: la madre per via

dei dolori alle ossa ed il fratello perché diceva di provare “schifo” nel farlo. Parla di entrambi i nonni

materni come persone molto affettuose e gentili con lei ed è proprio per questo motivo che il loro

accudimento non le è stato di peso.

Prima di apprendere dove si colloca precisamente nella storia di Giada, la morte del nonno, la ragazza

riporta come la sua vita sia peggiorata da quel momento in poi e, se fosse possibile, il suo più grande

desiderio sarebbe quello di tornare a prima di quell’avvenimento; solo il nonno, infatti, sapeva

ringraziarla per quanto faceva per lui e se fosse ancora in vita, farebbe in modo che anche il resto

della famiglia le fosse riconoscente e la rispettasse di più.

I nonni paterni, al contrario, sono stati poco affettuosi e non ci ha mai legato molto, ma, nonostante

questo li ha accuditi fino alla loro morte avvenuta nel 2004.

2.3 Allargamento ad altri problemi

Per quanto riguarda la salute in senso più strettamente fisico, la giovane riporta difficoltà di

addormentamento, sebbene qualora riesca a prendere sonno esso è duraturo e ristoratore.

Da circa 2 anni soffre di coliche addominali le quali sopraggiungono ogni qualvolta riferisce di provare

una profonda rabbia che solitamente si presenta, come già accennato, accompagnata da tremori delle

mani e degli arti superiori e che generalmente è poi repressa anziché espressa e sfogata verso

l’esterno.

Anche la madre soffre di questo disturbo ed è solita lamentarsi del dolore ad alta voce, talvolta

piangendo; in generale durante questi avvenimenti algici usa spesso dire ad alta voce che la propria

vita è terribile e che nessuno le vuole bene o fa qualcosa per lei. A seguito di queste occasioni, anche

a Giada capita spesso di avere delle coliche, riportando immediatamente gli stessi sintomi lamentati

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dalla mamma; riferisce di trovare intollerabili tali rammarichi, anzi, sono proprio quest’ultimi che

vanificano definitivamente ogni suo sforzo di essere d’aiuto e ritiene che probabilmente è la rabbia che

prova verso la madre, tanto ingrata dopo tutto quello che fa per lei e per il resto della famiglia, ad

indurle tali sintomi.

Durante il terzo incontro, Giada dice di essere contenta di aver trovato al servizio U.S.L. una psicologa,

in quanto ad Ottobre del 2005 ha affrontato un aborto e si sente quindi più disinibita nel parlarne con

una donna piuttosto che con un uomo. Tale evento, riferisce, “insieme alla morte del nonno” la fa

sentire molto giù di morale. Massimo, il suo ragazzo dal 1999, nonostante abbia con la ragazza un

rapporto aperto e confidenziale e sia più grande di lei di 7 anni, in questa occasione non è stato molto

supportivo nei suoi confronti e non si è comportato in modo “maturo”; Giada riferisce di essere

rimasta sola nella sua decisione e, per quanto riferisca che si sarebbe aspettata un atteggiamento più

consigliante da parte di Massimo, allo stesso tempo lo difende, sottolineando che era giusto che fosse

lei a scegliere. La preoccupazione più grande era per lei quella di confidare alla madre di essere

rimasta incinta e, per evitare questo problema decide di perdere il bambino. Mentre parla di questo

avvenimento sorride serenamente e non mostra segni fisiologici o comportamentali che possano

indicare un’emozione particolare; inoltre, tornerà soltanto una volta sull’argomento manifestando un

sentimento di rabbia più che di rimpianto e, successivamente non esprimerà particolari richieste a

riguardo, durante la terapia.

Se la mamma ed il medico di base la convincono ad effettuare dei colloqui psicologici a causa

dell’acting-out avuto nei confronti delle porcellane di casa, Giada individua subito come questo servizio

potrebbe esserle d’aiuto per imparare a svincolarsi dalla famiglia di origine senza sentirsi in colpa e

senza essere giudicata male, soprattutto dalla mamma e dal fratello. Per quanto, infatti, fino a questo

momento riferisca di aver giustificato la propria condizione solitaria e la paura di affrontare da sola

l’ambiente esterno, sente che adesso ha bisogno di focalizzarsi su se stessa, prendendo quindi questo

acting-out come una richiesta d’aiuto inadeguata e sproporzionata. La ragazza giunge a questa

conclusione durante l’ultima seduta di assessment, nella quale, in data 18/10/06, le è stata proposta

la concettualizzazione del suo problema ed è stata invitata a condividere gli obiettivi della terapia.

Giada non esprime di volersi evolvere rispetto alla propria famiglia, ma lo chiede, come se non

sapesse se fosse davvero possibile fare una richiesta del genere.

2.4 Motivazione

Giada, forse anche per le proprie caratteristiche di personalità, risulta molto aderente alle prescrizioni

e fin da subito svolge senza problemi le attività assegnatele a casa. Il suo comportamento è

principalmente di tipo anassertivo passivo, con una condotta tesa a compiacere l’ascoltatore ed a non

deluderlo, forse nel tentativo di evitare un’eventuale critica od abbandono da parte di quest’ultimo.

2.5 Strumenti psicodiagnostici

Viene somministrato in data 21 Settembre 2006 il test MMPI-2 di cui riportiamo i grafici ed in base ai

criteri descritti da Butcher e Williams una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams, 1996).

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Giada si presenta in anticipo sull’appuntamento, appare rilassata e propositiva, si siede e senza

chiedere altre spiegazioni inizia a compilare il test.

Il profilo delle scale cliniche, pur evidenziando la validità del test, potrebbe rilevare una mancanza di

difese od una richiesta di aiuto accentuata dalla simulazione di disturbi. La marcata criticità verso sé

tipica della scala K=36 correlerebbe con l’elevazione di Si=75, LSE=72 e D=82.

Il livello bassissimo della scala Mf rifletterebbe lo stereotipo di “donna” che la ragazza si è cucita

addosso occupando la maggior parte delle proprie giornate a svolgere l’attività di casalinga, con o

senza l’aiuto della madre, dopo l’abbandono del corso universitario in Scienze Infermieristiche.

Il profilo delle scale cliniche suggerisce la presenza di una condizione depressiva del tono dell’umore in

un soggetto con nette tendenze all’introversione ed al ritiro sociale. Giada mostrerebbe una notevole

difficoltà ad interiorizzare le norme etico-sociali del gruppo di appartenenza verso il quale può

mostrare valenze ostili e comportamenti caratterizzati da impulsività ed aggressività (Pd=73). Ciò

sottenderebbe sentimenti di insicurezza, ansia e paura del confronto, specialmente riguardo all’altro

sesso. Può tendere a formare forti legami emotivi, nutrendo molte aspettative negli altri a copertura di

profonde sensazioni di inadeguatezza, insicurezza ed inferiorità. Lo stile interpersonale e la struttura

della personalità indicherebbero prevalentemente una persona evitante con note antisociali.

Sono presenti, probabilmente a livello soltanto covert, rifiuto del concetto di autorità, bisogno

compulsivo di soddisfare le proprie pulsioni istintuali e possibile manifestazione di comportamenti

impulsivi; potrebbe poi vivere tali atteggiamenti con forte ansia o senso di colpa quando vengono

realmente messi in atto.

Secondo recenti indagini sperimentali sul test MMPI-2 (Sellbom et al. 2006), si tende a considerare il

codice 2-4-0 come indice di Disturbo di Personalità di tipo Evitante, anche se per una chiara diagnosi è

naturalmente necessario tener conto dei colloqui clinici finora effettuati.

Scale Cliniche

6167

36

7682

63

7368 68

6460

75

30

40

50

60

70

80

90

100

21/09/2006 61 67 36 76 82 63 73 0 68 68 64 60 75

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 1 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 21/09/06

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Scale Supplementari

65

58

73 71

57

75 73

51

75

30

40

50

60

70

80

90

100

21/09/2006 65 58 73 71 57 75 73 51 75

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 2 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 21/09/06

Scale di Contenuto

64

50

6571

77

56

40

63

50

43

72 73 74 7378

30

40

50

60

70

80

90

100

21/09/2006 64 50 65 71 77 56 40 63 50 43 72 73 74 73 78

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 3 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 21/09/06

2.6 Analisi funzionale

Poiché gli episodi di acting-out sono sporadici nel tempo e risulterebbe quindi impossibile monitorarli,

decidiamo di stabilire, coerentemente agli obiettivi che illustreremo successivamente,

l’automonitoraggio dei sentimenti di colpa e delle altre emozioni negative, che la giovane prova ogni

volta che non asseconda i desideri dei familiari o che questi le rivolgono delle critiche. È quindi

relativamente alle situazioni in cui Giada non rispetta e non fa rispettare agli altri i propri diritti (Smith,

1975), che viene eseguita l’analisi funzionale. Si sceglie inoltre di utilizzare una forma di ABC cognitivo,

sia per questa prima fase di assessment che successivamente per la fase di trattamento (Ellis, 1989).

Riportiamo qui di seguito alcuni esempi tratti dalle schede di automonitoraggio fornite alla ragazza:

13/09/2006 ore 00.35

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE e grado su scala 100

Emotive: Senso di colpa, tristezza.

Fisiologiche: sensazione di agitazione crescente,

tremori delle mani, voglia di piangere.

Giada è appena tornata da

un’uscita con il fidanzato ed

al rientro la madre le chiede

di metterle gli elettrodi per

il mal di schiena.

“Ma è tardi!”, “Perché mi

scarica sempre questa

responsabilità?”, “Non ho

voglia adesso”. Comportamentali: dice alla madre che è tardi e va in

camera sua.

Tab. 1 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

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14/09/2006 ore 00.50

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: Senso di colpa, ansia.

Fisiologiche: irrequietezza.

Giada è andata a letto

senza mettere gli

elettrodi a sua madre.

“Se non faccio qualcosa mi terrà il

broncio”, “Domattina devo

preparare la colazione e poi fare le

faccende”, “Speriamo che basti

questo”.

Comportamentali: rimane sveglia prendendo

sonno diverse ore dopo e, l’indomani alle 05.00

si alza e prepara la colazione per tutta la

famiglia ed inizia a fare le faccende di casa.

Tab. 2 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente

Giada riporta settimanalmente il numero di volte che ha provato un sentimento di colpa nei confronti

delle persone per lei significative ed inizia in contemporanea a compilare dei grafici a torta riguardanti

il tipo di attività svolta: per la famiglia, per il fidanzato, per gli amici, per la scuola, per il lavoro, per gli

hobby e per se stessa; inoltre le viene affidato un diario emozionale molto stilizzato relativo al vissuto

cumulativo di ogni giornata.

Dai colloqui, emerge, infatti, che non solo non sembra in grado di ritagliarsi sufficienti spazi personali,

ma affronta un vissuto emotivo di colpa o di fallimento personale, ogni qual volta non si dedica

completamente alla vita familiare e soprattutto a svolgere le attività della madre, per sollevarla da

oneri di tipo fisico.

Riportiamo qui di seguito alcuni esercizi di automonitoraggio svolti dalla ragazza:

7 69

7

02468

10

1 sett. 2 sett. 3 sett. 4 sett.

Assessment

Fig. 4 Grafico del numero di sensi di colpa provati in un mese

14/09/06FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

22/09/06 Famiglia

Fidanzato

Amici

Scuola

Lavoro

Hobby

Giada

Fig. 5 Grafico della suddivisione della giornata Fig. 6 Grafico della suddivisione della giornata

2.7 Diagnosi DSM-IV: F60.6 Disturbo Evitante di Personalità [301.82]

La caratteristica essenziale del Disturbo Evitante di Personalità, secondo il DSM-IV TR (APA, 2001), è

una modalità pervasiva di inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza ed ipersensibilità alla

valutazione negativa, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti.

Gli individui con Disturbo Evitante di Personalità evitano il lavoro o le attività scolastiche che

coinvolgono un contatto interpersonale significativo per timore di essere criticati, disapprovati o

rifiutati (Criterio 1). Possono essere respinte offerte di promozione sul lavoro, poiché le nuove

responsabilità potrebbero determinare la critica dei colleghi. Questi individui evitano di farsi nuovi

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amici, a meno che non siano certi di piacere e di essere accettati senza critiche (Criterio 2). Finché

non superano prove rigorose che dimostrano il contrario, le altre persone sono ritenute critiche e

disapprovanti. Gli individui con questo disturbo non si uniscono ad attività di gruppo, a meno che non

vi siano offerte ripetute e generose di supporto e di accudimento. L’intimità interpersonale è spesso

difficoltosa, sebbene si riscontri una capacità di stabilire relazioni intime, quando viene assicurata

un’accettazione incondizionata. Possono agire con inibizione, avere difficoltà a parlare di sé, e

trattenere sentimenti intimi per timore di esporsi, di essere ridicolizzati o umiliati (Criterio 3).

Poiché gli individui con questo disturbo sono preoccupati di essere criticati o rifiutati in situazioni

sociali, possono essere dotati di una soglia molto bassa per avvertire tali reazioni (Criterio 4). Se

qualcuno li disapprova o li critica anche leggermente, possono sentirsi estremamente feriti. Tendono

ad essere timidi, quieti, inibiti ed “invisibili”, per timore che qualsiasi attenzione sia umiliante o

rifiutante. Si aspettano che indipendentemente da quello che dicono, gli altri lo riterrebbero

“sbagliato” e quindi possono non dire assolutamente niente. Reagiscono vistosamente ad ogni piccolo

indizio che, negli altri, suggerirebbe scherno o derisione. Nonostante il loro desiderio di partecipare

attivamente alla vita sociale, temono di mettere il loro benessere nelle mani degli altri. Gli individui

con Disturbo Evitante di Personalità sono inibiti nelle situazioni interpersonali, poiché si sentono

inadeguati ed hanno una bassa autostima (Criterio 5). In situazioni che comprendono interazioni con

estranei diventano particolarmente manifesti i dubbi riguardanti la competenza sociale e l’attrattiva

personale. Questi individui credono di essere socialmente inetti, personalmente non attraenti, o

inferiori agli altri (Criterio 6). Sono insolitamente riluttanti ad assumere rischi personali o ad

ingaggiarsi in qualsiasi nuova attività, poiché questo può rivelarsi imbarazzante (Criterio 7). Sono

inclini ad esagerare i pericoli potenziali di situazioni ordinarie, e dalla loro necessità di certezza e

sicurezza può derivare uno stile di vita coartato. Anche sintomi somatici marginali o altri problemi

possono diventare la ragione per cui evitano nuove attività.

Come emerso dai colloqui clinici sostenuti con Giada, si evince che vengono soddisfatti la maggior

parte dei criteri qui elencati, fatta eccezione per la paura di venire ridicolizzata nei rapporti intimi,

mentre con il fidanzato sembra avere l’unico rapporto affettivo sano e mutualistico; va però aggiunto

che, anche nelle caratteristiche del Disturbo Evitante di Personalità che abbiamo appena descritto, si

evince una certa libertà di azione in quelle situazioni in cui la persona sente di essere totalmente

accettata, quindi, con Massimo, Giada potrebbe trovarsi esattamente in questa condizione. Inoltre,

anche le manifestazioni ed i disturbi associati con questo in esame appaiono calzanti: la ragazza può

diventare molto ansiosa circa l’eventualità di reagire alle critiche arrossendo o piangendo.

Secondo il manuale diagnostico le persone affette da Disturbo Evitante di Personalità, sono descritte

dagli altri come “riservate”, “timide”, “solitarie” ed “isolate” ed è proprio questa stessa definizione che

Giada fornisce di se stessa, in modo congruente al comportamento direttamente osservabile. Sempre

secondo l’APA, i problemi principali associati con questo disturbo si manifestano nel funzionamento

sociale e lavorativo; la bassa autostima e l’ipersensibilità al rifiuto correlano con una restrizione dei

contatti interpersonali; questi individui possono divenire relativamente isolati e di solito non hanno

un’ampia rete di supporti sociali che possa aiutarli a superare le crisi, desiderano affetto ed

Page 159: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

155

accettazione e possono fantasticare su relazioni idealizzate con altri, come accade per la ragazza nei

confronti dei propri familiari.

Oltre che nei colloqui fatti con lei, tali caratteristiche si riscontrano forse più “oggettivamente”,

nell’analisi del test MMPI-2, con la scala di introversione sociale molto alta (Si), assieme alla scala di

contenuto della bassa autostima (LSE), mentre la scala della depressione (D), potrebbe essere alta

anche come risultato di questa vita sociale ritirata e l’imbarazzo nei confronti dell’ennesimo acting-out.

Secondo il DSM-IV, esistono poi diversi disturbi sovente diagnosticati in comorbilità con il Disturbo

Evitante di Personalità come: i Disturbi del Tono dell’Umore a coloritura Depressiva appunto ed il

Disturbo Dipendente di Personalità. Quest’ultimo elemento deriverebbe dal fatto che gli individui con

Disturbo Evitante di Personalità tendono ad attaccarsi molto a quelle poche persone con cui hanno un

vero contatto affettivo e dalle quali temono di venir criticate, piuttosto che abbandonate. Giada come

già espresso è molto aderente alle prescrizioni anche durante le sedute proposte, collabora

attivamente nel rispondere alle domande e spesso, sembra proprio anticipare le richieste della terapia.

2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento

Si presentano in questa sezione i fattori predisponenti individuali, iniziando da quelli appresi, per

arrivare agli schemi profondi che caratterizzavano la personalità della paziente anche nelle fasi

premorbose di questo disturbo. Fra i fattori favorenti il disturbo manifestato, si osserva principalmente

lo stile educativo materno, orientato ad un patriarcato che vede la donna destinata ad essere una

casalinga, il cui unico scopo è quello di prendersi cura della casa e dei propri familiari.

Questa famiglia tanto importante nella vita di Giada, allo stesso tempo si pone, fino al momento

dell’acting-out, come fattore protettivo da una patologia di tipo psicologico, in quanto, è presente e

premurosa nella vita della giovane donna finché ne ha bisogno e smette di esserlo, soltanto quando la

vede forte ed autodeterminata. Diventerebbe quindi Giada stessa “causa” dell’atteggiamento

pretenzioso che i genitori ed il fratello mostrano nei suoi confronti, affinché si prenda cura di loro,

come prima ha fatto nei confronti dei nonni anziani.

Al momento della richiesta effettuata dalla stessa Giada, relativamente ad una spiegazione per

l’acting-out molto violento avvenuto durante una discussione con la madre, del quale lei per prima si è

spaventata di se stessa e ad un rimedio per prevenirne altri, si leggerebbe come fattore precipitante la

comunicazione alla madre della sua decisione di interrompere gli studi in Scienze Infermieristiche, che

quest’ultima inizialmente non prende neanche in considerazione.

Giada appare congelata in un circolo vizioso familiare dal quale non riesce ad uscire e che, al

contrario, continua ad alimentarsi ulteriormente, rinforzando da una parte, l’evitamento sociale,

dall’altra, la necessità di non deludere i propri cari ed in particolare la madre. Se fino ad adesso infatti,

la famiglia è stata una protezione dall’avere relazioni sociali con persone esterne alla propria

quotidianità, dall’evento critico rappresentato dall’“impossibilità” di poter lasciare autonomamente il

percorso di studi scelto per lei dalla madre, Giada riconosce di non essere libera di vivere la propria

vita. Tutto ad un tratto, sembra diventare consapevole della propria condizione: se non è stata capace

di imporre alla madre la propria decisione di interrompere degli studi, che aveva accettato di

Page 160: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

156

intraprendere solo per compiacerla, come avrebbe potuto farle accettare una gravidanza l’anno

precedente?

Quindi, riassumendo attraverso un’analisi funzionale macro di tipo cognitivo, quando Giada si trova a

prendere una decisione personale (A) riferirebbe dei pensieri automatici come “mia madre non

accetterà mai, mi giudicherà male, non mi vorrà più bene, non capirà” (B) e questo la porta ad avere

conseguenze:

- Emotive, di rabbia verso se stessa e senso di colpa verso la madre;

- Comportamentali, di ritiro sociale in favore dell’accudimento della casa e della famiglia;

- Fisiologiche, con tremori degli arti superiori e sensazioni spiacevoli allo stomaco.

Alla base di questi pensieri automatici, attraverso l’applicazione della tecnica della freccia discendente,

si evince che le credenze principali sono: se non aiuto i miei familiari allora verrò criticata, o

allontanata; se non aiuto i miei familiari allora sono una persona cattiva; se sono una persona cattiva

allora merito di venir allontanata, e così via. Se ne deriverebbero quindi schemi di non amabilità, di

autosacrificio, di ricerca di approvazione, ma anche di scarsa individuazione/sottomissione più

specificatamente nei confronti della madre (Young et al., 2003).

Questo circolo vizioso si manterrebbe poi con un evitamento della critica, che può essere ottenuto

dalla ragazza, continuando ad accudire la casa e la famiglia, senza differenziare se stessa ed i propri

interessi da quelli della madre.

La proposta d’intervento è quindi quella di continuare a monitorare le proprie giornate attraverso i

grafici a torta utilizzati anche in fase di assessment e di discutere l’effettiva necessità della propria

dedizione ai vari settori circolari relativi alle attività in esame. A questo fine vengono consegnati alla

ragazza: i fogli con i grafici a torta vergini; un diario dei pensieri per identificare l’effettiva

responsabilità nell’occuparsi di determinate mansioni; una serie di schede in formato ABC per

continuare a monitorare gli eventuali sentimenti di colpa di fronte alle critiche, attraverso un’analisi

funzionale che tenga conto sia dei pensieri che dei comportamenti della ragazza nel determinarne le

conseguenze.

Durante lo svolgimento delle sedute, verranno controllate tali attività che fungeranno da input per

iniziare la discussione.

Viene poi proposto a Giada di seguire un Training di Abilità Sociali al fine di fornire alla ragazza risorse

alternative a quelle possedute in tale ambito, attraverso lo svolgimento di problem-solving di situazioni

sociali ed uno specifico addestramento assertivo. Durante questo training saranno quindi messi a

disposizione di Giada, ma anche collaudati direttamente con lei, strumenti atti a: riconoscere ed

esprimere le emozioni; riconoscere ed utilizzare le abilità verbali e non verbali; riconoscere e mettere

in atto comportamenti di tipo assertivo; conoscere i propri diritti ed utilizzare abilità di persistenza e di

difesa per affermarli. Ogni fase dell’addestramento proposto viene affiancata da un’esposizione

graduale in vivo alle situazioni sociali più temute, ossia le critiche da parte delle persone più

significative in questo ordine di difficoltà: padre, fratello e madre.

Le tecniche e gli strumenti, ripresi dalle direttive del manuale di addestramento assertivo di Lino

Alberti ed Anna Dinetto (Alberti e Dinetto, 1988) verranno forniti alla giovane, discussi, spiegati e

provati attraverso la messa in atto di role-playing durante ogni seduta e poi sperimentati all’esterno da

Page 161: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

157

sola. All’incontro successivo alcuni degli esempi considerati più emblematici per la soddisfazione

provata o per la difficoltà nella messa in atto, sempre come riferito da lei, verranno riproposti e

sperimentati insieme.

Si ipotizza che fin dai primi mesi Giada possa migliorare le proprie abilità sociali, tanto da essere meno

evitante nei rapporti sociali; inoltre, poiché il training prevede l'acquisizione di abilità di persistenza e

di difesa, è auspicabile che lei si senta libera di esprimersi senza pensare alle conseguenze negative

delle critiche, soprattutto se a mettere in atto questo comportamento sono i familiari della ragazza.

Si ipotizza inoltre che, a lungo termine, dopo un lasso di tempo di circa 6 mesi, si vada a determinare

una differenziazione marcata dalla mamma, con la quale invece Giada pare vivere in simbiosi. Ci si

aspetta dunque che si dedichi con meno enfasi e dedizione alla cura della casa andando a ricoprire un

ruolo più da figlia che da madre di famiglia, cercando la propria strada personale ed andando a

perseguirla senza provare sensi di colpa rispetto ai genitori ed al fratello che, a causa di tale evenienza

potrebbero criticarla od accusarla di essere egoista.

Giada accetta con entusiasmo ogni parte di questo contratto e si manifesta motivata a seguire la

terapia con impegno ed un’alta aspettativa di miglioramento della propria qualità di vita.

3. Trattamento

Anche per quanto riguarda questa fase, vengono stabiliti incontri settimanali della durata di

un’ora l’uno. Questa cadenza verrà mantenuta per 4 mesi e mezzo, mentre saranno stabiliti

altri 2 appuntamenti per la somministrazione di un secondo test MMPI-2 e per una seduta di

follow-up, rispettivamente a distanza di 3 e 5 mesi dal termine dei colloqui di trattamento.

3.1 Svolgimento delle sedute

Durante le prime 4 sedute di trattamento, dal 19/10/06 all’08/11/06 Giada affina le tecniche di

automonitoraggio ed il lavoro è soprattutto incentrato sul creare una buona relazione terapeutica; il

clima emotivo delle sedute è sempre più partecipativo e, gradualmente la fiducia pare aumentare

come si evince dal fatto che riporta verbalmente di sentirsi libera di parlare di quello che prova,

piuttosto che soltanto di quello che fa. Inoltre, sempre in modo molto graduale, la ragazza impara

anche a tollerare l’eventualità di “sbagliare” e di fronte ad una correzione, per esempio nell’esecuzione

degli homework, inizia a distinguerla nettamente da un giudizio totalizzante sulle proprie capacità di

comprensione o addirittura su tutta la propria persona in termini di intelligenza o dedizione alla

terapia. L’obiettivo in questa fase è principalmente quello di guadagnare la fiducia dell’utente per

potersi offrire come modello in una relazione sociale “sana” e collaborativa, ma anche per dimostrare

che le critiche possono essere costruttive e che, in ogni caso, possono non andare a minare l’intera

persona (Sperry, 2004).

Per quanto riguarda l’addestramento assertivo Giada sperimenta le conseguenze di atteggiamenti

negativi con persone dello stesso sesso, conosciute e sconosciute e ripropone questa esperienza nelle

4 sedute attraverso dei role-playing. Sembra molto divertita da questi esercizi che lei stessa chiama

Page 162: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

158

esperimenti e riferisce di apprezzare particolarmente i dati che raccoglie come osservatrice, uscendo

così per la prima volta dal suo solito ruolo di “osservata”.

In questi primi incontri Giada inizia a riconoscere la disarmonia tra i grafici a torta relativi al tempo

speso per i familiari e quelli invece relativi ai sensi di colpa, che è solita provare ogni qual volta non

riesce ad assecondare completamente le loro richieste.

Viene poi dedicato uno degli incontri a familiarizzare con le emozioni, soprattutto quelle negative che

Giada fatica a riconoscersi. Solo successivamente sarà però palese una lettura sistematica e

soprattutto l’ammissione di tali vissuti, come elemento necessario, oltre che naturale della propria

persona.

Riportiamo di seguito il primo grafico che mostra il numero di sensi di colpa percepiti dalla ragazza

durante il primo mese di trattamento:

76

97

76

7 7

0

2

4

6

8

10

1 sett. 2 sett. 3 sett. 4 sett.

Primo Mese

Assessment

Fig. 7 Grafico del numero di sensi di colpa provati in un mese

Dalla V seduta all’VIII, tenute dal 16/11/06 al 06/12/06, Giada comincia a registrare dei miglioramenti

nell’esperire sensi di colpa nei confronti dei familiari, sia quantitativamente che qualitativamente.

Ecco alcuni esempi tratti dall’analisi funzionale di questo mese:

16/11/06 ore 16.14

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: nervosismo, rabbia,

insicurezza.

Fisiologiche: tremore alle mani,

agitazione.

Mentre Giada sta preparando una

torta, la madre la osserva e la

critica.

“Ha sempre da ridire”, “Per lei non va

mai bene quello che faccio”, “Questa

torta deve venire bene!”.

Comportamentali: continua a fare

la torta trattenendo le lacrime.

Tab. 3 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

16/11/06 ore 17.00

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: sollievo, rabbia, insicurezza.

Fisiologiche: nessuna in particolare.

Giada estrae la torta dal

forno.

“Menomale che è venuta bene”, “Devo stare

più tranquilla”.

Comportamentali: osserva la torta con

soddisfazione.

Tab. 4 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

Come già accennato, i sensi di colpa verso la madre e la paura del giudizio da parte dei propri familiari

si sono molto modificati; Giada pensa un po’ più a se stessa e tende a biasimare di più questa famiglia

Page 163: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

159

che ha imparato a “manipolarla” grazie al suo carattere tanto accomodante e disponibile ed alla sua

precoce maturità, ma anche al suo desiderio di evitare eventuali critiche, che, di fatto, si presenta

come maggior fattore di mantenimento del disturbo stesso.

In realtà Giada riferisce durante la VII seduta, tenuta il 29/11/06 che riconosce di aver cercato a lungo

di rendersi indispensabile per la propria famiglia e talvolta di provarci ancora, in quanto gradirebbe

ricevere riconoscimenti di tipo principalmente affettivo dai suoi componenti, anche se questo non

accade mai. In altre occasioni, per esempio con gli amici, il fidanzato, o la famiglia di quest’ultimo

tutto ciò che fa viene ricompensato, sia socialmente, con encomi ed affettività espressa con abbracci,

che materialmente, con regali di vario tipo, a lei sempre graditi.

In generale comunque, dalla quantificazione degli episodi in cui il senso di colpa è stato provato dalla

giovane durante questo secondo mese di trattamento emerge tale tipo di grafico:

76

9

77

67 7

54

54

0

2

4

6

8

10

1 sett. 2 sett. 3 sett. 4 sett.

Secondo Mese

Primo Mese

Assessment

Fig. 8 Grafico dei sensi di colpa provati in un mese

In queste settimane Giada impara a riconoscere ed utilizzare le componenti non verbali del linguaggio

e riferisce durante le sedute che ha trovato molto divertente questa parte del programma; ha invece

esperito qualche difficoltà nell’aprire la conversazione con le persone estranee e, in generale,

nell’esprimere stati d’animo negativi, mentre sui positivi sente di non aver avuto nessun problema. Per

fare tali esperienze ha approfittato della fiera di paese che, per 3 fine settimana consecutivi, l’ha

ospitata con una bancarella in cui ha esposto i fiori e le decorazioni fatte da lei e dalla cugina con la

carta crespa.

È stato precedentemente fornita alla ragazza una scheda riassuntiva degli elementi non verbali:

sincronizzazione, aspetto fisico, osservazione, contatto oculare, mimica facciale, spazio sociale, tono

della voce e gestualità ed una con quelli verbali di auto-apertura facendo perno su oggetti materiali

offerti dall’ambiente. Tutti questi elementi sono stati sperimentati tramite role-playing durante gli

incontri tenuti, affinché vi ci familiarizzasse prima di usarli con persone estranee.

Giada, riferisce di aver iniziato a provare alcune di queste procedure con le persone con cui ha un

certo grado di confidenza, per poi spostarsi sugli sconosciuti, notando inoltre che, dare inizio alla

conversazione manifestando sentimenti positivi durante lo svolgimento del mercato, ha avuto effetti

tangibili sul quantitativo di merce venduta, stabilendo addirittura un record rispetto agli anni passati.

Tale effetto è stato dunque immediatamente rinforzante e, lavorando con i role-playing di seduta in

seduta si sono subito colti miglioramenti in ambito relazionale, ma anche emotivo: Giada riferisce,

infatti, di piacersi di più e di sentirsi maggiormente ricercata anche dalle altre persone.

Page 164: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

160

I grafici a torta manifestano però ancora un forte coinvolgimento familiare, anche se, facendo la

lettura delle proprie emozioni, Giada riferisce di trovare meno pesante di prima; la ragazza riporta che,

il suo impegno familiare cambierà appena ve ne sarà la possibilità. Ha infatti intenzione di frequentare

un corso per Operatore Socio Sanitario (O.S.S.) che dovrebbe iniziare nei primi mesi dell'anno 2007,

mentre, trova inaccettabile il fatto di restare a casa, magari a guardare la tv per tutto il giorno se non

ha altro di cui occuparsi anche solo per diletto. La ragazza apprezza il fatto di avere una casa pulita e

curata o di mangiare qualcosa che le piaccia ai pasti, quindi, cerca di dedicarsi alle proprie attività

casalinghe con questo spirito, piuttosto che con il timore di deludere i familiari che ormai rivestono in

lei alte aspettative.

Sebbene i risultati iniziali non siano quindi tanto evidenti nei diagrammi a torte, con una netta

diminuzione delle porzioni dedicate alla famiglia, dalle analisi funzionali e dal diario emozionale, è

possibile cogliere un miglioramento di tipo qualitativo. Riportiamo qualche esempio di quanto accaduto

in quest’ultimo mese, così come riferito da Giada.

22/11/06

FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

25/11/06

FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

Fig. 9 Grafico della suddivisione della giornata Fig. 10 Grafico della suddivisione della giornata

10/12/06

FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

15/12/06

FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

Fig. 11 Grafico della suddivisione della giornata Fig. 12 Grafico della suddivisione della giornata

Dalla IX alla XIII seduta, dal 13/12/06 al 10/01/07, il training assertivo, dopo l’apprendimento delle

diverse abilità ed il riconoscimento della funzionalità di tale acquisizione, è giunto al conseguimento

delle abilità di difesa e persistenza e, in questi incontri, Giada riporta di aver colto o addirittura

provocato nei familiari delle critiche per potersi cimentare nel rispondervi; come pattuito inizia a

“produrre” una reazione nel padre, per passare, durante questo gruppo di sedute anche al fratello.

Riportando in seduta quanto avvenuto durante la settimana, Giada appare rilassata e trova divertente

che i suoi familiari siano assolutamente all’oscuro di essere continuamente sottoposti ai suoi

“esperimenti”. Continua nel frattempo a consolidare gli apprendimenti precedenti, lavorando ancora

sulle abilità verbali e non verbali di comunicazione. Si riscontra che, data la buona relazione

terapeutica, è attualmente aperta ad un confronto diretto nella messa in discussione dei suoi pensieri

Page 165: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

161

automatici ed è quindi possibile lavorare, anche più direttamente, su un piano principalmente

cognitivo.

Visto il perdurare dell’assenza del bando per il corso O.S.S. sul sito della facoltà, in data 18.12.06

Giada decide di chiamare l’università e, pochi minuti prima del nostro incontro le dicono che il corso

cui aspirava ad iscriversi, è stato sospeso per l’anno 2007 e che quindi non potrà frequentarlo; in

seduta viene immediatamente proposto un problem-solving, sia per verificare se la ragazza ha

sviluppato in modo più radicato una certa sicurezza in sé, indipendente dai desideri della famiglia, che

per evitare che questo ostacolo nella vita di Giada abbia su di lei un impatto emotivo a coloritura

depressiva derivato dall’idea di incontrollabilità degli eventi esterni.

Se inizialmente appare abbattuta, la reazione di fronte a questo problem-solving è ottimale:

inizialmente ella dice a se stessa ad alta voce, di calmarsi e di riflettere, poi inizia da sola a trovare

alternative. In realtà, non cerca modi alternativi per “essere legittimata” a non dedicare più la maggior

parte del proprio tempo alla famiglia ed alla cura della casa, ma attività funzionali al cambiamento

della sua vita, innanzitutto per se stessa e per garantirsi il futuro che desidererebbe avere. Propone

quindi di cercare una scuola privata in cui sta per partire lo stesso corso, o di trovare un lavoro come

assistente alla persona affiancata ad un’infermiera per iniziare a fare esperienza; inoltre, data la

passione per i fiori e la sua attività nel costruirne di carta, Giada si prefigge di verificare l’opportunità

di fare la commessa all’interno di un negozio, almeno fin quando non potrà frequentare un corso per

O.S.S. che rimane il suo attuale obiettivo.

L’analisi funzionale che svolge durante queste sedute dimostra come, la ricerca attiva di una soluzione

soddisfacente per il proprio futuro, la renda meno sensibile alle manipolazioni familiari ed ai propri

sensi di colpa conseguenti.

Presentiamo alcuni esempi:

18/12/06 ore 16.00

ANTECEDENTI BELIEF CONSEGUENZE

Emotive: rabbia, decisione.

Fisiologiche: agitazione.

Mentre Giada sta per uscire a

comprare i regali di Natale, sua madre

le chiede di restare per aiutarla nelle

faccende domestiche.

“Non adesso!”, “Perché non

può aspettare domattina?”,

“Stavolta faccio quello che mi

sembra giusto per me!”.

Comportamentali: invita la madre a

rinviare le faccende domestiche a

domani quando potrà aiutarla.

Tab. 5 Esempi di analisi funzionale, come riportati dalla paziente.

Nella figura 13 sono dunque riassunti quanti sensi di colpa Giada riferisce di aver provato nei confronti

della famiglia; innanzitutto, da un punto di vista puramente qualitativo, si evince come ormai, sia

rimasta solo la madre come fonte di sentimenti di questo tipo. Il padre prima ed il fratello poi, sono

scomparsi dalle analisi funzionali e dai resoconti della ragazza già dagli ultimi mesi del 2006. Quello

che è interessante è che i sentimenti di Giada si stanno evolvendo e, la rabbia che spesso prova in

quest’ultimo periodo è un segno di riconoscimento inconsapevole della manipolazione altrui. Dai

colloqui emerge come la ragazza riconosca gli intenti manipolativi nel comportamento della madre,

soprattutto in virtù di quanto finora ha fatto per lei e per tutta la famiglia. La prima volta che Giada

riferisce di non aver provato senso di colpa, ma rabbia nei confronti della madre subito dopo una

richiesta irragionevole di quest’ultima, si definisce molto confusa, ma con un tono emotivo sottostante

Page 166: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

162

di piacevolezza. Nel riferire durante la seduta l’episodio riassunto nell’analisi funzionale della Tabella 5,

a pagina 161, relativamente al giorno 26/12/06, Giada appare molto divertita, anche se un po’ in

difficoltà a comunicare il tipo di emozione provato in quell’occasione e per quale motivo: ella titubante

riporta la propria rabbia, mista a delusione e sorpresa e, sorridendo, pone ad alta voce una domanda

retorica riferendosi alla madre: “Non lo sa che torno a casa sempre in tempo per aiutarla!?”. Circa

l’esperire in modo consapevole le emozioni, indagando più a fondo emerge che attualmente la ragazza

non si fa giudizi negativi o positivi verso di esse di per sé o sulla propria persona che le sta provando,

al contrario, ogni forma di emotività assume una coloritura particolare e piacevole poiché è per lei

un’esperienza nuova. Infatti, ogni volta che ha provato una forte rabbia, questa sensazione si

trasformava in una fisica spiacevole, tipica della colica addominale, oppure, sfuggiva al suo controllo

tanto da portare a manifestazioni eclatanti e distruttive come quell’ultima che l’avevano condotta alla

terapia (rompere tutte le porcellane contenute nella vetrina). Appare dunque divertita e sorpresa di

poter provare continuamente delle emozioni, di saper dare loro un nome e soprattutto di poterle

gestire.

Presentiamo quindi il grafico che riassume gli episodi in termini quantitativi in cui la giovane riferisce di

aver provato senso di colpa durante questo mese:

76

9

77

67 7

54

54

2 23

2

0

2

4

6

8

10

1 sett. 2 sett. 3 sett. 4 sett.

Terzo Mese

Secondo Mese

Primo Mese

Assessment

Fig. 13 Grafico del numero di sensi di colpa provati in un mese

I grafici a torta, circa la suddivisione degli impegni durante la settimana, mostrano un leggero

miglioramento da quelli precedenti, fatta eccezione per il periodo natalizio durante il quale Giada, di

sua spontanea volontà si è dedicata alla cura della casa ed alla preparazione di pranzi e cene,

invitando la famiglia del fidanzato Massimo presso il proprio domicilio. Riporta verbalmente che è stata

contenta di darsi tanto da fare, perché, al contrario dei suoi, i familiari del fidanzato apprezzano molto

le sue doti e le dispensano complimenti ed affetto ogni volta che la vedono; Giada riferisce che, a fine

del pranzo di Natale, la madre di Massimo le ha detto in privato che è molto felice di avere una

“nuora” tanto brava e volenterosa e che, talvolta dovrebbe ritagliarsi dei momenti per sé e lasciare

che sia suo figlio ad aiutarla. Mentre lo racconta appare leggermente commossa ed aggiunge “questo

è il miglior regalo che mi si possa fare ed è per questo che non mi ha pesato lavorare così tanto!”.

Riportiamo quindi alcuni dei grafici disegnati dalla ragazza in questo periodo:

Page 167: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

163

18/12/06

FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

25/12/06

FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

Fig. 14 Grafico della suddivisione della giornata Fig. 15 Grafico della suddivisione della giornata

03/01/07

FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

15/01/07

FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

Fig. 16 Grafico della suddivisione della giornata Fig. 17 Grafico della suddivisione della giornata

Dalla XIV alla XVIII seduta, effettuate dal 17/01/07 al 14/02/07, l’attività principale è stata quella di

potenziare gli apprendimenti conquistati da Giada e di delineare i traguardi raggiunti in questi 5 mesi

di trattamento.

La ragazza è soddisfatta di come trovi cambiata se stessa e la propria vita in quest’ultimo periodo, non

solo per quanto riguarda i vissuti personali, ma anche per la svolta che hanno preso gli eventi; infatti,

il suo modo diverso e più arricchito di comunicare anche i sentimenti e le emozioni che prova nelle

diverse situazioni, l’hanno portata ad essere determinante nel far sì che certi comportamenti altrui

siano più o meno frequenti, intensi o duraturi. Durante i colloqui Giada riporta che, se da una parte lei

ha smesso quasi completamente di provare sensi di colpa quando non accontenta i desideri dei propri

cari, d’altra parte sono proprio loro ad aver cominciato a ridurre le richieste più irragionevoli che erano

soliti porle.

Presentiamo quindi il grafico che riassume gli episodi in termini quantitativi in cui la giovane riferisce di

aver provato senso di colpa durante questo mese:

76

9

77

67 7

54

54

2 23

2

10 0

10

2

4

6

8

10

1 sett. 2 sett. 3 sett. 4 sett.

Quarto mese

Terzo Mese

Secondo Mese

Primo Mese

Assessment

Fig. 18 Grafico del numero di sensi di colpa provati in un mese

I grafici a torta, circa la suddivisione degli impegni durante alcune giornate di queste ultime settimane,

non mostrano dei livelli differenti rispetto all’ultimo mese in esame; quello che cambia è lo spirito della

Page 168: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

164

giovane nell’affrontare i vari momenti. Giada ha riflettuto a lungo circa il corso che avrebbe voluto

frequentare e che, anche privatamente non è riuscita a seguire, quindi ha deciso di dedicarsi

principalmente al lavoro, per mettere così i soldi da parte e sopperire all’anno in cui, riuscendo

finalmente a dedicarsi allo studio, non potrà guadagnare abbastanza per mantenere il tenore attuale e

non chiedere alla famiglia. Poiché riferisce inoltre di sentirsi meno inibita ed in imbarazzo nelle

situazioni sociali che coinvolgono persone sconosciute, ha potuto vagliare diverse opportunità

lavorative e, proprio in questo periodo sta provando un nuovo impiego all’interno di in un parco giochi

permanente in Empoli, come addetta ad una giostra per bambini dai 3 ai 5 anni.

Racconta che il lavoro è duro e che non è pagato moltissimo, ma le piace vedere bambini; rispetto a

quando va ad esporre i propri fiori, aggiunge che non comunica molto, in quanto il lavoro non glielo

permette, ma continua ad esercitarsi quotidianamente ed a rafforzare gli apprendimenti perseguiti in

questo periodo in altri contesti, come quando va a fare la spesa, quando le capita di partecipare ad un

mercatino e comunque in casa con i familiari.

Riportiamo quindi alcuni dei grafici disegnati dalla ragazza durante queste ultime sedute:

31/01/07FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobby

Giada

10/02/07FamigliaFidanzatoAmiciScuolaLavoroHobbyGiada

Fig. 19 Grafico della suddivisione della giornata Fig. 20 Grafico della suddivisione della giornata

In occasione della XVIII seduta, tenutasi nel giorno 14/02/07, vengono posti tutti i grafici e le sintesi

delle analisi funzionali in un unico documento, per poter confrontare e riassumere i vari risultati.

Nonostante ogni seduta, durante i colloqui, Giada riportasse di sentirsi più a suo agio con se stessa e

con gli altri e di provare una sensazione più piacevole nello stare con loro ed anche in famiglia, vedere

il grafico nel quale sono stati riportati il numero dei sensi di colpa da lei riferiti ogni settimana, come

mostra la figura 18, nonché i grafici a torta allineati l’uno vicino all’altro ha avuto un impatto molto

forte su di lei, tanto da farla commuovere. Ha più volte affermato che non si sarebbe mai aspettata un

cambiamento tanto radicale e che, le lacrime che stava versando non erano soltanto di gioia e

soddisfazione, ma anche di rabbia per non essersi liberata prima da una situazione che l’ha afflitta per

tanto tempo.

Decidiamo dunque di stabilire un nuovo incontro, a distanza di 3 mesi perché si sottoponga

nuovamente al test MMPI-2 e di fissare un appuntamento a distanza di ulteriori 2 mesi, per verificare

che cosa sia cambiato dopo questo tempo.

3.2 Follow-up e Conclusioni

Viene somministrato in data 18 Aprile 2007 il test MMPI-2 di cui riportiamo i grafici ed in base ai criteri

descritti da Butcher e Williams una breve relazione esplicativa (Butcher e Williams, 1996). Per ogni

grafico è possibile osservare le linee tratteggiate relative al primo test somministrato.

Page 169: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

165

Il tono dell’umore di Giada è caratterizzato ancora da note depressive che possono essere associate a

tratti d’irrequietezza ansiosa, ma come si osserva dall’elevazione delle scale, tutti i sintomi che

riportiamo sono rappresentati da un punteggio normativo o paranormativo rispetto al test precedente;

può mostrare ancora un po’ di esitazione o dubbio di fronte alle decisioni e tale comportamento è da

considerarsi quale manifestazione dell’ansia. Può anche reagire a tali tratti con comportamenti

impulsivi, ma l’equilibrio emotivo appare relativamente stabile; sebbene dai colloqui emerga che non

tende più ad evitare le situazioni d’interazione sociale, può avere ancora qualche difficoltà ad inserirsi

senza disagio ed imbarazzo nelle situazioni pubbliche e, per quanto sia rimasta ipercritica circa le

proprie capacità, attualmente tende ad uscire dai dubbi attraverso l’azione.

Se la tendenza di Giada è quella di preferire nettamente di rimanere sola o, al limite, di relazionarsi

esclusivamente in situazioni di sicurezza e protezione per se stessa (mostra di trovarsi a proprio agio

con pochi amici intimi, apparendo fondamentalmente timida e riservata agli altri), questo non implica

che la giovane eviti di sperimentare se stessa in situazioni di tipo sociale, sebbene sia tuttora

ipersensibile al potenziale rifiuto od all'aspettativa timorosa di essere sottostimata e, di conseguenza,

a ciò che le altre persone possono pensare di lei.

Il versante emotivo è caratterizzato da una tendenza all'ipercontrollo e dalla cauta manifestazione dei

propri sentimenti. Lo stile interpersonale e la struttura della personalità, sono di tipo

fondamentalmente evitante, anche se attualmente ad un livello sub-clinico.

Scale Cliniche

5448

38

56 5854

60

33

5461

5357

6561

67

36

7682

63

7368 68

6460

75

30

40

50

60

70

80

90

100

21/09/2006 54 48 38 56 58 54 60 33 54 61 53 57 65

18/04/2007 61 67 36 76 82 63 73 0 68 68 64 60 75

L F K Hs D HY Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si

Fig. 21 Grafico scale cliniche MMPI-2 somministrato il 18/04/07

Scale Supplementari

6558

73 71

57

75 73

51

75

55 5863

56

40

6166

51

60

30

40

50

60

70

80

90

100

21/09/2006 65 58 73 71 57 75 73 51 75

18/04/2007 55 58 63 56 40 61 66 51 60

FB TRIN VRIN MAC-r APS AAS PK O-H MDS

Fig. 22 Grafico scale supplementari MMPI-2 somministrato il 18/04/07

Page 170: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

166

Scale di Contenuto

64

50

6571

77

56

40

63

5043

72 73 74 7378

56

48

65 6762

45 4551 50

41

72

6064 67

58

30

40

50

60

70

80

90

100

21/09/2006 64 50 65 71 77 56 40 63 50 43 72 73 74 73 78

18/04/2007 56 48 65 67 62 45 45 51 50 41 72 60 64 67 58

ANX FRS OBS DEP HEA BIZ ANG CYN ASP TPA LSE SOD FAM WRK TRT

Fig. 23 Grafico scale di contenuto MMPI-2 somministrato il 18/04/07 Nell’incontro di follow-up a 5 mesi, in data 18/07/07, Giada racconta che, durante quest’ultimo

periodo ha cambiato diversi lavori ed ha trovato un corso O.S.S. privato che inizierà nel Settembre del

2007. La ricerca di un lavoro diverso da quello delle giostre si è ritenuto indispensabile proprio per una

necessità crescente di avere relazioni sociali più frequenti. Da circa 3 settimane lavora, infatti, in un

bar con un tipo di contratto part-time a turni di 4 ore; riferisce di aver già chiesto al datore di lavoro di

poter utilizzare i turni in modo funzionale alla frequenza del corso che inizierà a Settembre e lui si è

mostrato molto disponibile nei suoi confronti.

Si ritiene dunque che la scala Si del test MMPI-2 somministrato a Giada due mesi prima,

probabilmente avrebbe adesso un punteggio un po’ più basso, trovandosi quotidianamente ad

affrontare situazioni di tipo sociale con persone, a lei più o meno note.

Giada appare più matura e tranquilla, è sorridente ed un po’ emozionata per questo incontro. Riferisce

che in famiglia si sono risolti alcuni nodi cruciali: ha convinto la madre a sottoporsi a cure mediche

specifiche per il proprio mal di schiena, quindi, 2 volte alla settimana effettua delle elettrostimolazioni

nella clinica di un fisioterapista. Non potendo dedicarsi totalmente alle faccende domestiche, divide le

spese con il padre per una donna delle pulizie che 3 volte alla settimana si occupa della casa mentre

Giada è a lavoro.

Si ritiene che, il training delle abilità sociali, insieme ad una ristrutturazione cognitiva avvenuta di volta

in volta più o meno dirittamente, ma soprattutto per presa visione dell’automonitoraggio dei propri

sentimenti di colpa e del tempo dedicato alla cura della propria famiglia, siano stati fondamentali per

raggiungere questi risultati e gli obiettivi proposti. Entrambe le ipotesi, a breve ed a lungo termine,

sono state infatti confermate: Giada oltre ad essere diventata meno evitante nei rapporti sociali e

suscettibile alle critiche fin dai primi mesi di trattamento, manifesta adesso una differenziazione netta

dalla madre, pur rimanendo una figlia molto attenta e giudiziosa.

Page 171: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

167

Matteo un caso di Disturbo Oppositivo-Provocatorio. PRESENTAZIONE DEL

CASO

1. Informazioni generali

1.1 Generalità del paziente

Matteo nasce il 17/06/1994 a Poggibonsi ed è residente a Gambassi Terme, con la famiglia d’origine

composta dai genitori e dal fratello gemello.

Descriviamo brevemente più in dettaglio i familiari del richiedente: la madre, Marta è casalinga e

passa quindi la maggior parte della sua giornata in casa con i figli; il padre, Lorenzo è un

metalmeccanico e rientra a casa alle 18.00; il fratello, Andrea come lui frequenta le scuole medie di

Gambassi Terme ed è all’ultimo anno.

Dopo aver trascorso separati gli anni delle scuole elementari, Matteo e suo fratello sono stati iscritti

nella stessa classe all’inizio delle Medie, su esplicita richiesta del primo.

1.2 Caratteristiche della relazione

Marta si rivolge autonomamente alla psicologa per chiedere un aiuto nella gestione del figlio che, dal

mese di Luglio ha manifestato acting-out anche molto violenti che si sono conclusi a seguito della

distruzione di alcuni mobili e suppellettili di casa. Si presenta da sola al primo incontro in data

23/01/2008 poiché non riesce a convincere il ragazzo ed al termine di questo viene stabilita una

frequenza settimanale di incontri della durata di un’ora ciascuno con Matteo; assieme a lui verrà

pattuito di volta in volta se dovrà essere da solo od accompagnato dalla famiglia.

2. Assessment (5 sedute: 3 colloqui clinici con il minore, 1 con la madre, 1 con

entrambi i genitori)

2.1 Richiesta dell’utente

Come già accennato la richiesta della madre di Matteo è quella di impedire al ragazzo di avere

comportamenti violenti soprattutto di natura etero-aggressiva; durante il secondo incontro tenuto in

data 30/01/2008 con il ragazzo stesso si evince che anche lui sente la necessità di controllare questi

accessi d’ira, i quali una volta manifestatisi lo fanno sentire fortemente in colpa nei confronti della sua

famiglia e degli oggetti che può aver danneggiato.

2.2 Situazione generale al momento del primo colloquio

I dati qui riportati sono stati raccolti dai colloqui con Marta e successivamente sono stati confermati

dai resoconti di Matteo e dall’ultimo incontro di assessment condotto con tutta la famiglia.

Il primo episodio di acting-out riportato si rifà al mese di luglio del 2007: il ragazzo gioca a calcio nel

ruolo di punta fin da quando aveva 6 anni e si è sempre dimostrato un ottimo atleta, molto apprezzato

sia dai compagni che dagli allenatori; il fratello gioca dall’età di 10 anni nella stessa squadra, prima

Page 172: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

168

come portiere poi in difesa. Nell’ultimo anno però il coach è stato sostituito da una persona molto

irruente e brusca nei modi, che è solita spronare i ragazzi utilizzando accuse, prese in giro e parolacce.

Dopo una discussione con lui in Maggio, Matteo decide di lasciare la squadra, ma in seguito a ripetute

lusinghe da parte dell’allenatore egli decide di rientrare il mese successivo, in concomitanza di un

infortunio al ginocchio del fratello; alla riammissione anche di questo in squadra sembra non esserci

stato nessun tipo di problema.

Durante una partita di campionato Matteo ed il fratello sono entrambi in campo: lui ha già segnato 2

gol ed è stato ammonito una volta da un arbitro molto attento alle infrazioni, così nello spogliatoio alla

fine del primo tempo, l’allenatore gli comunica che lo metterà in panchina, evitando così che

un’eventuale seconda ammonizione lo faccia espellere e quindi gli impedisca di giocare nella partita

successiva che è molto importante per la squadra. Matteo rimane a testa bassa senza dire niente, si

cambia ed osserva la fine della partita (ormai vinta) dalla tribuna con i genitori; inizialmente è

arrabbiato, ma sembra in grado di controllarsi normalmente, poi, quando il fratello segna un gol, un

altro ed infine il terzo, il ragazzo sembra scurirsi sempre di più. Una volta a casa dichiara alla famiglia

che non vuol più giocare a calcio e che avrebbe smesso definitivamente e, alle domande insistenti dei

genitori e del fratello per capire come fosse giunto a tale decisione risponde agitandosi, urlando ed

iniziando a lanciare le sedie della cucina sui mobili.

La madre si definisce stanca e disperata perché dopo l’accesso di rabbia di Luglio se ne sono

presentati altri; lei sostiene che il figlio si arrabbia senza motivo e che comunque la sua reazione

sarebbe esagerata; aggiunge che Andrea non ha le stesse reazioni del fratello, ma questa realtà è

destinata a cambiare molto presto.

La prima volta che Matteo si presenta all’appuntamento si racconta come un ragazzo riservato e

riflessivo che preferisce stare per conto suo, anche se a volte ritiene che “isolarsi” non sia un bene.

Nella sua famiglia non c’è mai stata comunicazione ed ora che invece c’è questa peggiora le cose

perché lo porta sempre ad arrabbiarsi.

È schivo nel parlare degli specifici episodi ed emerge solo dopo i racconti che si vergogna molto delle

sue reazioni in quanto le ritiene delle forme di “vendetta” sull’agito dei genitori.

Spesso prova a darsi delle regole ed a chiedere ai suoi genitori di fargliele rispettare, ma la madre non

ne capisce il senso o forse l’importanza e spesso disillude queste attese innescando

inconsapevolmente gli scatti di rabbia del ragazzo.

In data 10/02/2008 Marta chiama al telefono la psicologa per chiedere come interrompere l’acting-out

in corso del figlio che ha già rotto alcuni oggetti di casa nell’impeto della rabbia; Matteo non vuole

parlare con nessuno, ma accetta di richiamare la psicologa un’ora dopo. Durante questa telefonata

racconta che il giorno prima si era recato ad un campo di calcio con gli amici ed il fratello e giocando

dice di essersi “girato” il ginocchio con un contatto con un altro giocatore; nonostante la richiesta di

farsi venire a prendere con l’auto nessuno ha potuto esaudire questa richiesta e, poiché anche il

fratello, convinto che non si fosse fatto niente se n’era andato prendendo la bicicletta, lui ha dovuto

percorrere la strada di casa a piedi. Una volta arrivato ha riportato l’accaduto a sua madre che però

accusava un forte mal di testa ed alla richiesta di accompagnarlo al pronto soccorso a vedere cosa si

era fatto risponde di no. Matteo è furioso ma non ha manifestazioni comportamentali particolari, si

Page 173: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

169

chiude in camera, che divide con fratello, si sdraia sul letto e cerca di calmarsi ascoltando la musica.

Qualche ora dopo rientra anche il padre, Matteo racconta nuovamente l’accaduto quindi Lorenzo dice

alla moglie che lo avrebbe accompagnato a fare un accertamento medico, ma questa sostiene che non

sia assolutamente necessario perché “non si è fatto niente”! Matteo inizia quindi ad urlare che invece

si è fatto male e che nonostante fosse rimasto sdraiato a lungo sentisse ancora dolore, poi arrabbiato

torna in camera sua e va a dormire senza mangiare. L’indomani si rivolge nuovamente ai genitori

sostenendo che passata la notte, prova ancora fortissimi dolori al ginocchio ed all’assenso del padre

nell’accompagnarlo al pronto soccorso, si fa strada invece il diniego della madre. Matteo ricomincia ad

urlare sostenendo che quando è stato male il fratello tutti gli hanno creduto, lui per primo, mentre nel

suo caso a nessuno importa niente dell’accaduto ed inizia quindi a mettere in atto dei comportamenti

aggressivi: lanciare le sedie in soggiorno, prendere a pedate gli sportelli della cucina ed infine tirare un

pugno nella porta di camera facendoci all’interno un foro e procurandosi un grosso ematoma alla

mano destra.

2.3 Allargamento ad altri problemi

La madre riporta che Matteo è sempre stato fisicamente più vulnerabile di Andrea anche se

paragonandoli adesso la stazza del primo è ben più imponente di quella del fratello; all’età di 2 anni il

giovane è stato infatti sottoposto ad un’operazione di Ernia, mentre a 6 è stato nuovamente ricoverato

per l’eliminazione delle adenoidi. Per questo motivo riferisce che è sempre stato molto apprensivo

circa il proprio stato di salute, richiedendo alla famiglia delle visite al pronto soccorso che poi si sono

rivelate inutili. Al contrario Matteo racconta di avere una soglia del dolore molto alta e quindi di non

lamentarsi o preoccuparsi molto della salute o degli stati algici e diventa dunque grande motivo di

rabbia quando sta male e gli altri non gli credono. Confrontando le versioni di entrambi emerge che

Matteo ha richiesto di fare i raggi X ad un arto, perché convinto di esserselo rotto, una sola volta.

Matteo trova particolarmente fastidiosi ed irritanti i paragoni e purtroppo riporta di subirne tanti

soprattutto nei confronti del fratello. Egli sostiene che è più bravo di lui a scuola anche se in molte

materie si equivalgono.

Attualmente si sente interessato ad una ragazza della sua scuola con la quale non ha mai parlato e

ritiene che non ci parlerà presto perché “è riservata e silenziosa come lui”.

Per quanto riguarda la famiglia si è osservato che i genitori non si sentono di poter gestire i figli e

questo li rende vulnerabili quando avanzano ogni tipo di richiesta; Andrea è arrogante e prepotente,

non accetta che gli adulti gli dicano cosa fare e non rispetta nessuno dei 2 genitori. Il padre appare

succube nella seduta familiare ma emergerà che in famiglia alza spesso la voce e perde

continuamente le staffe; inoltre i genitori sono soliti litigare e parlare dei propri problemi di coppia di

fronte ai figli.

Durante le sedute appare come Matteo inizi a mostrare un tono dell’umore più basso in conseguenza

alla frustrazione di non saper controllare i suoi istinti aggressivi; egli suggerisce anche di sentirsi solo

ed abbandonato, vorrebbe essere più considerato dal fratello Andrea ed accudito dai genitori ed in

risposta alle loro palesi mancanze, non riesce ad impedirsi di avere comportamenti etero-distruttivi.

Page 174: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

170

2.4 Motivazione

Matteo si dice disposto ad impegnarsi perché vuole “migliorarsi” e smettere di arrabbiarsi come ha

fatto finora e quindi con le conseguenze che questa emozione porta con sé. È aderente alle

prescrizioni e fin da subito si cimenta nei compiti che gli vengono assegnati anche se non sono di suo

gradimento. Si nota una certa difficoltà ad applicarsi ai compiti di interruzione nell’escalation dei

comportamenti aggressivi, una volta che la rabbia ha iniziato a farsi strada. In quei momenti egli

riferisce di non riuscire a concentrarsi e non ha voglia di fare niente di programmato o di avere

contatti diretti con qualcuno. Anche quando gli accessi si sono conclusi egli necessita di qualche ora

per stare da solo e sentire scemare completamente questa emozione.

2.5 Strumenti psicodiagnostici

Matteo si è mostrato subito aperto e fiducioso di poter trovare giovamento da un lavoro con una

psicologa ma non per questo non si è messo più volte sulla difensiva, sostenendo di “non essere

pazzo”. Si è ritenuto dunque utile non somministrare test e condurre l’intero assessment affidandosi ai

colloqui clinici ed a strumenti di misurazione della frequenza dei comportamenti aggressivi, definendo

chiaramente il valore della sua identità, indipendentemente dagli agiti che in alcune circostanze può

mostrare.

2.6 Analisi funzionale

Per spiegare ad un ragazzo di 13 anni l’analisi funzionale, come con gli adulti si è mostrato in una

tabella l’antecedente, prendendolo da un suo esempio e la conseguenza a questo nel seguente modo:

Antecedente Conseguenza

Matteo si è fatto male giocando

a calcio con gli amici, chiede di

essere accompagnato a fare un

accertamento medico, ma la

madre non gli crede e si rifiuta.

Fisiologica = niente in particolare

Comportamentale = Ho preso un

oggetto e l’ho lanciato colpendo un

quadro, danneggiandolo.

Tab. 1 Esempio di Antecedente e Conseguenza di un’analisi funzionale, costruita con Matteo

Per inserire il concetto dei pensieri disfunzionali, viene scelto insieme al ragazzo un personaggio

fantastico che vivrebbe nella sua testa e gli parlerebbe continuamente portandolo, da una certa

situazione antecedente, ad avere una particolare conseguenza comportamentale denotata da

aggressività.

Questo personaggio è Don Vito, un punto interrogativo che può essere molto dispettoso e dire a

Matteo solo quelle cose che lo fanno arrabbiare, anziché farlo ragionare su cosa è realmente

accaduto. Il nome è stato preso dal libro e film preferito di Matteo: “Il padrino”.

Page 175: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

171

Fig. 1 Le espressioni di Don Vito quando succede qualcosa nella vita di Matteo

Nel sistematizzare nello schema ABC nuovamente l’episodio in cui ha reagito con rabbia Matteo dovrà

cercare di far emergere che cosa gli ha detto Don Vito e come l’ha fatto sentire; nell’esempio

precedente Matteo ha aggiunto:

Antecedente B = Cosa mi ha detto Don Vito? Conseguenza

Matteo si è fatto male giocando

a calcio con gli amici, chiede di

essere accompagnato a fare un

accertamento medico, ma la

madre non gli crede e si rifiuta.

“Nessuno mi crede”, “pensano che

sono bugiardo”, “a nessuno importa

se io sto male!”, “quando si è fatto

male Andrea sono tutti corsi in suo

aiuto”.

Fisiologica = niente in particolare

Emotiva = Come mi ha fatto sentire

quello che ha detto Don Vito?

Arrabbiato

Comportamentale = Ho preso un

oggetto e l’ho lanciato colpendo un

quadro, danneggiandolo.

Tab. 2 Esempio di Analisi funzionale, costruita con Matteo

In questa prima fase si ritiene fondamentale che il ragazzo impari a concentrarsi e porre attenzione ai

propri pensieri, piuttosto che a modificarli immediatamente, infatti, se la madre riporta una difficoltà di

gestione di questi stati aggressivi improvvisi, dall’analisi funzionale emerge come invece essi, seppur

disfunzionali ed incongruenti con lo stato di realtà, vengono scatenati da situazioni oggettivamente

irritanti e che vanno a confermare continuamente la svalorizzazione di Matteo, rispetto invece alla

valutazione che molti fanno di suo fratello Andrea. S’ipotizza che egli abbia iniziato a comportarsi in

modo da confermare le basse aspettative altrui attraverso una “profezia che si auto avvera”, per

trovare comunque una coerenza nella propria identità.

Dall’analisi dei vari episodi emerge come i genitori ed in particolare la madre, pur non essendo sempre

la causa scatenante dei pensieri negativi di Matteo, non sia in grado di interrompere immediatamente

l’escalation aggressiva comportamentale, andandola al contrario a fomentare.

Sia lei che il marito si dicono disposti a collaborare attivamente nel tentativo di aiutare Matteo a

gestire la propria rabbia, ma si manifesterà ben presto l’importanza che tutta la famiglia si ponga nella

condizione di dover imparare a comunicare in modo più assertivo.

Page 176: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

172

2.7 Diagnosi DSM-IV: F91.3 Disturbo Oppositivo-Provocatorio

Dai dati raccolti durante i colloqui sia con Matteo direttamente, che con la madre, emergono gli

elementi necessari affinché sia possibile fare una diagnosi di Disturbo Oppositivo-Provocatorio; la

caratteristica fondamentale di questa condizione è una modalità ricorrente di comportamento

negativistico, provocatorio, disobbediente ed ostile nei confronti delle figure dotate di autorità che

persiste per almeno 6 mesi (Criterio A) ed è caratterizzato da frequente insorgenza di almeno uno dei

seguenti comportamenti: perdita di controllo (Criterio A1), litigi con gli adulti (Criterio A2), opposizione

attiva o rifiuto di rispettare richieste o regole degli adulti (Criterio A3), azioni deliberate che danno

fastidio agli altri (Criterio A4), accusare gli altri dei propri sbagli o del proprio cattivo comportamento

(Criterio A5), essere suscettibile o facilmente infastidito dagli altri (Criterio A6), essere collerico e

risentirsi (Criterio A7), o essere dispettoso o vendicativo (Criterio A8). Al fine di definire la presenza di

questo disturbo inoltre, è necessario aggiungere che tali comportamenti, nonostante un

temperamento particolare di Matteo, fin da piccolo, sono aumentati non solo in frequenza nell’ultimo

anno, ma anche in intensità e durata e che, tale atteggiamento sta compromettendo il funzionamento

scolastico e sociale del ragazzo che salta spesso la scuola e fa una vita piuttosto ritirata (Criterio B).

I comportamenti negativistici ed oppositivi sono espressi con persistente caparbietà, resistenza alle

direttive, scarsa disponibilità al compromesso, alla resa o alla negoziazione con gli adulti o coi

coetanei. L’oppositività può anche includere la deliberata o persistente messa alla prova dei limiti, di

solito ignorando gli ordini, litigando e non accettando i rimproveri per i misfatti. L’ostilità può essere

diretta contro gli adulti o i coetanei e viene espressa disturbando deliberatamente gli altri o con

aggressioni verbali. Il disturbo si manifesta principalmente a casa ed a scuola, mentre Matteo non ha

mai mostrato segni di reazione aggressiva nelle attività sportive o durante i momenti di svago. Come

suggerito dal DSM-IV-TR il ragazzo manifesta tali atteggiamenti principalmente in presenza delle

persone che conosce meglio, mentre in terapia appare un ragazzo gentile ed introverso e sembra

quasi impossibile immaginarlo durante un accesso di rabbia. Inoltre egli tende a giustificare il proprio

comportamento senza ritenersi oppositivo o provocatorio anzi, sostiene che siano gli altri a porgli

richieste irragionevoli in grado di evocare tanta rabbia e, sebbene questo possa essere ritenuto

talvolta vero, il suo atteggiamento ne risulta comunque inadeguato e disfunzionale..

Rispetto alla diagnosi standard del Manuale, Matteo però riconosce di esagerare durante i suoi acting-

out, sente anche di non essersi comportato bene e prova colpa soprattutto verso gli oggetti che può

aver distrutto, mentre resta arrabbiato soprattutto con i genitori per molto tempo e anche solo

ripensandoci è in grado di agitarsi molto.

Matteo anche a causa di questi comportamenti, pare non godere di una buona autostima e sembra

anzi voler confermare il parere altrui che lo vede sempre inferiore rispetto al fratello: lui è quello

isolato, che va peggio a scuola e che risponde ai professori, Andrea è sempre circondato dagli altri,

scherza con le ragazze, va meglio a scuola ed è molto stimato dai professori. Egli appare spesso anche

con un tono d’umore tendente alla malinconia anche se si ritiene che questo aspetto sia secondario

all’isolamento ed alla constatazione di non fronteggiamento delle proprie reazioni emotive di fronte

alla rabbia.

Page 177: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

173

2.8 Concettualizzazione del caso e Proposta d’intervento

Poiché dal colloquio con entrambi i genitori emerge che anche Andrea ha comportamenti aggressivi e

che se la madre è molto rigida ed ha un atteggiamento educativo improntato sulla punizione, il padre

è invece permissivo ed a volte perfino lassista, si ritiene che il terreno su cui si è instaurato il

comportamento di Matteo fosse fertile. La sua educazione, come quella del fratello potrebbe essere

stata incoerente e la modalità principale di tutta la famiglia è comunque quella dell’imposizione della

propria volontà su quella degli altri.

La madre in particolare, che non si sente sostenuta dal marito, utilizza costantemente la punizione e

quando afferma una cosa, suona a tutta la famiglia come una sentenza; se Matteo non ha iniziato a

fare i compiti, lei può ripetergli di fare i compiti anche 5 volte di seguito; il figlio innervosito le

risponde con termini maleducati che vuole essere lasciato in pace; Marta risponde alla sua parolaccia

con una punizione: “Non si risponde così a tua madre, stasera non ti porto dal tuo amico” ed è con

antecedenti simili che si va a manifestare la rabbia incontrollata, seguita da un totale lassismo dei

genitori.

Si ritiene che Matteo utilizzi una modalità appresa dalla madre che consiste nell’essere duro, rigido ed

impulsivo nelle sue reazioni e che, la mancanza di controllo sulle risposte aggressive si manifesti poi

attraverso l’acting-out.

Il fattore precipitante di tali condotte è da far risalire al momento dello sviluppo fisico che ha visto una

dose di energia e forza che probabilmente entrambi i ragazzi non sono in grado di gestire, mentre la

modalità aggressiva è comune ai due fratelli e la differenza principale si gioca solo sul temperamento

che ha visto Matteo, fin da bambino più agitato ed Andrea più calmo.

Quindi, riassumendo attraverso un’analisi funzionale macro quando Matteo riceve un rifiuto secco dalla

madre soprattutto, ma anche a scuola, o vive come punitivo un provvedimento, pensa innanzitutto

che viene fatta una differenza tra lui ed il fratello, poi, trovandosi di fronte ad un muro insormontabile

(perché la madre, come i professori emetterebbero una vera e propria sentenza) si scatena la rabbia

che non gestita esplode in un acting-out; non sono state rese note modificazioni fisiologiche rilevanti

durante questi accessi di rabbia.

I pensieri automatici di Matteo sono di accusa verso la persona che sta cercando di sminuirlo od

impedirne la libertà e si possono far risalire ad una credenza del tipo: se mi sminuisce allora non mi

ama e di conseguenza ad uno schema di amabilità più che di fallimento od indesiderabilità sociale.

Considerando l’età del ragazzo, si ritiene però utile in fase sia di assessment che di trattamento,

evidenziare la presenza dei pensieri automatici e cercare di allargare lo spazio metacognitivo

riempiendolo con questi e, solo successivamente cambiare tutti quelli negativi e che portano la rabbia

ad un’escalation, con altri più realistici e funzionali.

La proposta d’intervento è quindi quella di dare a Matteo personalmente ma anche agli altri membri

della famiglia delle regole di condotta e comunicazione, dove ognuno sia responsabile della propria

rabbia ma che diventi anche specchio dell’altro al momento di controllarla.

Si ipotizza che fin dai primi mesi si inizino a registrare un numero minore di acting-out violenti, intesi

anche come discussioni ad alta voce ed uso del turpiloquio. Durante il breve periodo di assestamento,

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174

a seguito dell’introduzione delle nuove regole, ci si aspetta di osservare un certo peggioramento della

condotta, per le naturali difficoltà di tutta la famiglia ad adattarsi alle nuove prescrizioni.

Si ipotizza inoltre che, a lungo termine, dopo un lasso di tempo di circa 6 mesi, gli acting-out siano

scomparsi del tutto e che il clima familiare sia più sereno.

Matteo accetta ogni parte di questo contratto e si manifesta motivato a seguire tali regole anzi, in

alcuni momenti è evidente che lui stesso senta la necessità di avere dei limiti giusti che la famiglia non

gli dà. Anche gli altri membri si impegnano a rispettare le direttive ed ognuno pare disposto a mettersi

in gioco in prima persona per risolvere una volta del tutto questo problema; se Lorenzo, è molto

vittimista circa un’assunzione di responsabilità come padre, Marta appare invece più distanziante e

critica. Andrea rimane imbronciato ed aggressivo per tutta la seduta, dichiarando di non volersi

attenere al programma fornito, il padre lo riprende con tono drammatico e continuando a piangersi

addosso, Marta invece lo minaccia di non dargli più la “paghetta” e di levargli pure tv e lettore mp3.

Matteo appare divertito da questa dinamica, guarda negli occhi la psicologa e dice: “menomale sono

io che sto male” in modo compiaciuto ed un po’ strafottente. È necessario intervenire e ridimensionare

i ruoli di ognuno nella famiglia, sistematizzare le regole, premi e punizioni e mediare la comunicazione

tra i genitori e fra questi ed i figli.

3. Trattamento

Anche per quanto riguarda questa fase, vengono stabiliti incontri settimanali della durata di un’ora

l’uno; la maggior parte delle sedute avviene solo con Matteo e ad intervalli regolari di un mese,

vengono stabiliti dei momenti di feedback con la tutta la famiglia.

3.1 Svolgimento delle sedute

Durante la prima seduta di trattamento, il 05/03/08 il lavoro principale è stato rappresentato

dall’elaborare con Matteo e con i suoi familiari delle regole che tutta la famiglia è tenuta a seguire ed

all’automonitoraggio degli acting-out e dei pensieri in grado di generare e mandare escalation la

rabbia.

3.1.1 Le regole di Matteo

Di seguito verranno elencate le prescrizioni stabilite durante la seduta familiare; queste sono state

programmate con tutta la famiglia, stabilendo premi e punizioni a seconda dell’atteggiamento dei

diversi membri nei confronti di esse. La mamma rinuncia a vedere un telegiornale regionale cui tiene

particolarmente, i ragazzi alla paghetta e, se proprio il loro comportamento è grave all’utilizzo della

Play Station; il babbo a vedere una partita di calcio. Andiamo ad analizzare adesso queste norme così

come sono state formulate:

1) Mamma e Babbo prima di dare una risposta definitiva devono sempre consultarsi tra loro! Quando si chiede il

permesso a Mamma o a Babbo, si deve aspettare che abbiano deciso.

2) Non si urla! Si può mostrare ad una persona qual è il livello della sua voce sul “termometro della voce”!

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175

3) Non si pretende, ma si chiede! Non dire: cambia il programma voglio vederne un altro, ma: mi piacerebbe

vedere proprio quel programma lì, potresti metterlo? E, IMPORTANTISSIMO: Quando si chiede, l’altro può

risponderci anche di NO e lo si deve accettare!

4) È importante stare con gli amici! Almeno 3 volte alla settimana passiamo il pomeriggio con loro!

Il termometro della voce serve a regolare l’escalation della rabbia attraverso qualche accorgimento

visuale: quando qualcuno alza la voce, gli altri gli devono far vedere a che livello è sul termometro ed

è necessario che il volume venga immediatamente diminuito.

Durante la seduta sono state fatte diverse prove di volume della voce e in alcuni casi è stato

necessario utilizzare immediatamente questo strumento, di cui ne mostriamo un’immagine ridotta:

Fig. 2 Il termometro della voce alta

Matteo vorrebbe poi organizzare la sua giornata ideale in diversi momenti nei quali promette

d’impegnarsi a mantenere le attività decise, arginando invece le richieste continue della madre che

risultano incoerenti e spesso irritanti per entrambi i figli.

Mostriamo di seguito questa giornata tipo:

07.00 Sveglia

07.30 Prepararsi per andare a Scuola

08.00 Inizio delle lezioni

13.10

Pranzo 13.30

Guardare la Tv 14.30

Fare i compiti 17.00

Giocare fuori o in casa con gli amici, alla PlayStation, o stare al Pc 18.30

Continuare a giocare con gli amici ma non con la PlayStation od il Pc, o ascoltare la musica

19.45 Cena

20.20 Guardare la Tv

22.30

Andare a dormire Fig.3 La giornata tipo di Matteo

Durante la settimana la madre di Matteo si mette in contatto con la psicologa per chiedere aiuto;

Andrea, infatti, non collabora minimamente all’applicazione del programma stipulato e Matteo ha

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176

iniziato a manifestare acting-out più violenti del solito. Vengono quindi invitati a ripresentarsi tutti

assieme nella seduta successiva, ma, senza preavviso, nessuno di loro si fa vedere all’appuntamento.

La signora si giustificherà telefonicamente, una volta contattata, che non aveva capito e che forse era

meglio interrompere le sedute. Pochi giorni dopo però è lei stessa a richiamare la psicologa in quanto

gli agiti aggressivi di Matteo sono totalmente fuori controllo ed è stato necessario chiamare il medico

del 118 affinché somministrasse dei tranquillanti al ragazzo. A seguito di questi episodi il ragazzo si è

mantenuto calmo e sereno qualche giorno, per poi esplodere. Durante l’ultimo episodio è stato

possibile parlare direttamente con Matteo il quale ha prenotato un nuovo appuntamento per il 23

Aprile; rispetto all’ultimo incontro sembra sconvolto e con una gran voglia di parlare; si dice convinto a

riprendere il programma lasciato in sospeso perché ha creato troppi danni fisici alla casa e si sente

fortemente in colpa per questo; l’umore è decisamente depresso e pare influire sulla sua capacità di

giudizio. Accetta di incontrare una Neuropsichiatra Infantile che possa contribuire con una

somministrazione attenta e personalizzata di farmaci, ad una modulazione dei comportamenti

aggressivi.

Si decide quindi d’intraprendere in data 30 Aprile un nuovo colloquio con tutta la famiglia, il cui

interesse è ancora concentrato a risolvere definitivamente il problema, anche se si rende necessario

ristrutturare cognitivamente le aspettative dei genitori, principalmente della madre, che, visti gli effetti

dei sedativi sul figlio, si è resa meno aderente al trattamento psicologico, con l’idea di ricorrere in

modo esclusivo a quello farmacologico. Se Marta si sta convincendo che il problema principale è

“Matteo” e che il ragazzo può venire sedato con un tranquillante, è invece palese come le difficoltà

gestionali dei genitori costituiscano il vero nucleo del disagio di tutta la famiglia.

Nel colloquio individuale con Matteo, nell’incontro successivo, si apprende come il ragazzo provi diversi

fastidi nel continuare la terapia farmacologica e si rende necessario un intervento psicoeducativo

mirato ad aumentare la sua compliance. Viene chiesto al ragazzo di mettere su un’ipotetica bilancia gli

effetti positivi e negativi del farmaco e, in accordo con la Neuropsichiatra Infantile, viene spiegato a

Matteo che questi farmaci dovranno essere utilizzati soltanto per un periodo ed è necessario che nel

frattempo egli continui a lavorare su un piano più comportamentale per imparare a rispondere in

modo adeguato alle situazioni che attualmente scatenano aggressività. È evidente che mentre pare

aderente e concentrato durante la seduta con la psicologa, in casa il suo atteggiamento sta andando

in escalation non per le regole assunte a pieno dai genitori, ma per il comportamento ormai lassista

della madre.

In data 07/05/2008, Marta chiama la psicologa per avvertire che Matteo, che non è andato a scuola

perché il giorno precedente non ha fatto i compiti, non verrà all’appuntamento fissato perché allo

stesso orario vuole andare in palestra. Invitata a patteggiare con il ragazzo, Marta si rifiuta, dicendo

che ha paura che possa spaccare qualche altro oggetto in casa e che ha deciso di provare a

“sistemare la situazione” attraverso i farmaci; accetta comunque l’invito a presenziare alla seduta con

il marito, sostituendosi al figlio.

L’atteggiamento della famiglia, il ruolo dei farmaci ed anche quello della terapia, se non viene

immediatamente ristrutturato in modo adeguatamente organizzato, rischia di divenire a sua volta un

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177

rinforzo di tipo intermittente degli agiti aggressivi, che garantiscono ancora una volta il potere assoluto

di Matteo sulla famiglia ed anche sul controllo di se stesso.

Nonostante i genitori affrontino questi nuovi incontri con sfiducia e vittimismo, è necessario che non

cedano mentre la rabbia del figlio sta andando in escalation, soprattutto quando la madre ignora le

richieste di Matteo proponendogli di prendere le medicine; sebbene fossero stati precedentemente

preparati a questo, non si aspettavano che la situazione sarebbe potuta degenerare tanto, soprattutto

il padre, che era all’oscuro di molte dinamiche. Si profila quindi ai genitori di proseguire con delle

sedute di parent training perché apprendano delle tecniche di gestione dei figli in grado di modificare

radicalmente anche la percezione che ognuno di loro ha di sé come genitore. Nel contempo Matteo

continua a lavorare attraverso l’analisi funzionale e ad assumere farmaci che lo aiutino a contenere

l’impulso aggressivo, fissando nuovi premi soprattutto, ma anche delle punizioni.

Nell’incontro tenuto il 04 Giugno al cospetto di tutta la famiglia, si osserva principalmente una

dinamica diversa. Il padre non è più seduto in posizione marginale rispetto agli altri ed anche Andrea

sembra partecipare.

Alla richiesta di spiegare come stanno andando le cose Marta guarda negli occhi i figli ed il marito e

chiede chi vuole iniziare e Lorenzo accetta l’invito. Colpisce subito il silenzio mentre sta parlando,

anche se Matteo ed il fratello giocano con lo sguardo.

Nonostante siano presenti ancora alcuni sporadici episodi di aggressività a carico di Matteo, il ruolo del

padre è diventato determinante nel controllo di essi; egli infatti, aiuta il figlio a scrivere sul un foglio le

conseguenze positive e negative di un eventuale agito aggressivo quando è presente, mentre, lascia

che Matteo lo chiami sul cellulare quando è a lavoro.

La riscoperta della genitorialità e del ruolo di “capo famiglia” da parte di Lorenzo sembra aver

influenzato in modo positivo il comportamento di Matteo che a quello del padre s’ispira.

In data 30 Luglio si stabilisce un ultimo incontro con l’intera famiglia. Da 3 settimane, forse anche

grazie ad un periodo relativamente sereno, dopo il conseguimento della Licenza Media dei ragazzi,

Matteo non ha più avuto agiti di tipo aggressivo ed il rapporto con entrambi i genitori ed il fratello

pare molto migliorato. Anche Andrea sembra meno maleducato e più attento.

Parallelamente alla terapia farmacologica il cui dosaggio verrà ridotto fino all’estinzione totale prevista

per Settembre, si decide di stabilire un incontro di follow-up in data 03/10/2008 dopo che Matteo avrà

iniziato la scuola superiore a Poggibonsi.

3.2 Follow-up e Conclusioni

Matteo è evidentemente più sereno e tranquillo. Riferisce di non sentirsi più arrabbiato e di chiedere

ciò di cui ha bisogno in modo adeguato; inoltre, qualora gli venga negato qualcosa, riesce a fermarsi e

riflettere sulle possibili conseguenze delle proprie azioni. Riporta che questa modalità sta diventando

sempre più semplice da fare e che spesso, sente la rabbia diminuire fin dall’inizio di questa

elaborazione. È contento di non assumere più medicine, anche se non sentiva più gli effetti collaterali

ed inizialmente ha temuto di poter avere qualche problema ad addormentarsi. Più che altro riferisce di

sentirsi più libero e che preferisce sapere che il controllo sull’aggressività viene ormai soltanto da lui.

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178

Parla in modo più disinvolto e sembra molto maturato sebbene sia trascorso così poco tempo

dall’ultimo incontro. Nella nuova scuola si trova a suo agio e non avere il metro di paragone costante

con il fratello è per lui una condizione sufficiente ad essere più sereno.

Marta ha smesso di chiedergli di riprendere gli allenamenti di calcio, sport a lei molto caro ed in cui il

ragazzo si era dimostrato ben predisposto. Matteo ha deciso di frequentare un corso di nuoto e per il

momento ha deciso di mantenere questa attività ad un livello non agonistico. In generale le doti di

negoziazioni del ragazzo sembrano funzionali e spesso anche migliori di quelle della madre che, al

contrario, sembra continuare a mettere in atto il suo comportamento privante e di negazione.

Purtroppo, rispetto alle ipotesi originarie si è notato uno spostamento di autorità dalla madre al padre,

certo più pacato e flessibile della donna con i propri figli, ma comunque senza che la famiglia potesse

sviluppare un equilibrio educativo che vedesse entrambi i genitori uniti su di un fronte pedagogico

comune. Nonostante questo per il momento si considerano buoni i risultati ottenuti in relazione

all’eliminazione degli acting-out di Matteo e della sua raggiunta serenità psicologica.

Page 183: I pensieri intrusivi nel Disturbo Post-Traumatico da Stress

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RINGRAZIAMENTI

Il primo ringraziamento va ai miei genitori, per il supporto economico e morale che non mi è stato mai

negato e soprattutto per averci creduto anche quando io stessa stavo cedendo; per i consigli, per

l’incoraggiamento, per le ore di telegiornale andate perse a parlare di qualche mio problema.

Ringrazio coloro che hanno saputo dividermi con le mie mille(r) attività, che spesso mi hanno portato

lontano con il corpo e con la mente e per aver diviso con me le piccole vittorie e le brucianti sconfitte.

Sono estremamente grata all’Istituto Miller per le gioie ed i dolori, anche se molti preferiscono parlare

di rinforzi e punizioni! Un grazie di cuore per aver messo a disposizione la preparazione di docenti

leggendari e che mai avrei creduto d’incontrare personalmente, né tantomeno di avere come

commensali al mio stesso tavolo da pranzo! Ringrazio i professori che mi hanno lasciato qualcosa,

quelli che mi hanno dato la possibilità di esprimermi nella mia creatività professionale, quelli che lo

faranno in futuro…ma soprattutto le persone che mi hanno lasciato crescere e maturare come

psicologa e come persona; non c’è alcun bisogno di mettere nome e cognome.

Ancora al Miller esprimo la mia riconoscenza per avermi permesso di incontrare persone straordinarie

che resteranno sempre nel mio cuore: Raffaella e Lara, mie carissime compagne di viaggio, con le

quali la condivisione è stato un piacere inestimabile, ma anche una necessità emotiva talvolta; mi

auguro che questo non sia altro che una parte di un’ancora lungo cammino.

La più sentita ammirazione va anche agli altri colleghi/amici per i quali l’affetto e la stima non

verranno mai a mancare.

Esprimo infine una profonda gratitudine verso i tutor del tirocinio, come loro hanno fatto con me in

questi anni di lavoro, crescita e qualche arrabbiatura, con l’augurio che presto possa nascere una

nuova collaborazione.

Questi quattro anni sono stati duri e non voglio far finta che mi siano scivolati completamente

addosso, perché li ricordo volentieri anche per quell’impegno che hanno richiesto e che colora e dà

luce a questo importantissimo traguardo.