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I NURAGHI E LE COSTELLAZIONI

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Il libro tratta le ipotesi relative alle corrispondenze esistenti tra le costellazioni e la disposizione geografica dei nuraghi.

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I NURAGHI E LE COSTELLAZIONI

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I Nuraghi e le costellazioni

I Nuraghi - Sardegna nuragicawww.ciaosardinia.com

I Nuraghi ricalcano la disposizione della costellazione delle Pleiadi

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Il Nuraghe di Bidd'e Pedrawww.nuraghediana.it

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I NURAGHI - SARDEGNA NURAGICA

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Periodo storico: Tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (1800/1000 a.C.).Se è vero che esiste un aldilà, da quel mondo un intero popolo guarda verso un’isola e si diverte. Questo popolo è quello nuragico e il loro divertimento è dovuto allo scervellarsi di tutte le persone che tentano di interpretare le Tombe dei Giganti, i Pozzi nuragici, le Fonti Sacre e soprattutto I Nuraghi.La Sardegna conta almeno 8000 di queste antiche torri di pietra e in passato ne contava oltre 20000. Ma perché un popolo evoluto, civile e potente, passava il tempo a costruire torri? Che scopo avevano? Religioso? Militare? Abitativo? Forse non lo sapremo mai ed è per questo che ci sembra di sentire le risate provenire dall’aldilà. I nuraghi sono opere praticamente uniche nel loro genere. Sono i monumenti megalitici più grandi e meglio conservati di tutta l’Europa, ma ancora i millenni non ci hanno regalato una soluzione all’enigma della loro esistenza. La Sardegna ha un nuraghe ogni 3 chilometri quadrati, quindi risulta complicato pensare che le torri fossero le abitazioni di potenti re-pastori, e tantomeno che fossero le normali case dei nuragici. Nel primo caso, non si spiegherebbe il motivo di avere tanti re-pastori e spesso esageratamente vicini l’uno all’altro. Nel secondo caso non avrebbe senso pensare che tutta l’isola avesse “soltanto” più o meno 20000 abitazioni. Le vere case dei nuragici erano probabilmente le stesse capanne che si trovano nei dintorni delle regge nuragiche. Tra le altre teorie che tentano di spiegare lo scopo di queste costruzioni a tholos (falsa copola), c’è quella che li vede come fortezze militari, che permettevano una sicura protezione dell’isola dei nuraghi. Questa spiegazione permette di comprendere il motivo che ha spinto i nuragici (probabilmente identificabili con la popolazione degli Shardana), a costruire molte torri anche in zone impervie, persino nelle sommità delle alture sarde. Così sarebbe spiegabile la costruzione di torri nuragiche anche nelle coste della Sardegna.

Molti studiosi hanno però obiettato che, a parte i nuraghi imponenti come la reggia di Barumini, i nuraghi sarebbero stati poco adatti alla difesa militare.

Barumini: la reggia nuragica

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L’essere umano è per fortuna un animale che difficilmente si arrende. Soprattutto ora che il dubbio nuragico non ha conquistato solo gli studiosi di archeologia, ma anche semplici appassionati. Le teorie si sono così spinte a studiare i nuraghi anche in relazione agli eventi ciclici della volta celeste, come il sorgere e il tramontare del sole, come i cicli lunari, gli equinozi, i solstizi e le strane corrispondenze con il sorgere della costellazione Centauro-Croce. Tra le teorie che sembrano più convincenti c’è quella che vede i nuraghi principalmente come luoghi di culto della dea madre. La loro struttura, infatti, potrebbe simboleggiare un utero materno, che si apre verso un’unica apertura che lo lega alla luce del sole, che rappresenterebbe la forza fecondatrice maschile. Questa interpretazione chiarirebbe l’orientamento della maggior parte dei nuraghi, con l’ingresso posizionato spesso a Sud/Sud-Est. Ci sono poi altri studi che hanno confermato di come gli Shardana conoscessero la “iarda megalitica”: una unità di misura usata dai costruttori di dolmen e circoli megalitici di tutto il vecchio continente.Tante teorie, quindi, e tutte possibili fino a prova contraria. Forse anche per questo, la vera natura dei nuraghi potrebbe essere quella di un utilizzo per tanti e diversi scopi. Così è probabile che in certi casi potessero essere utilizzati come abitazioni, spesso come monumenti religiosi legati alla volta celeste e al culto dei morti, ma anche come vedette di difesa, che permettevano di avvistare eventuali nemici in arrivo.

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Torralba (SS): Nuraghe di Santu Antine

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I Nuraghi ricalcano la disposizione della costellazione delle Pleiadi

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I Nuraghi ricalcano la disposizione della costellazione delle Pleiadi. E’ possibile che già 3500 anni fa i Nuragici avessero un grado di civiltà così avanzato da conoscere i fenomeni celesti? Augusto Mulas, agrotecnico di Ozieri con la passione per l’archeologia, non ha dubbi: sì. Lo dimostra, dice, il complesso nuragico di Torralba, in cui i nuraghi ricalcano perfettamente la disposizione della costellazione delle Pleiadi. Il nuraghe Santu Antine? Come la stella Alcione, la più bella delle Pleiadi. Secondo la tesi di Augusto Mulas, autore di «Isola sacra», le torri di Torralba replicherebbero la costellazione.La sua tesi, di quelle destinate a far discutere, Mulas la illustra con abbondanza di esempi nel suo «L’isola sacra. Ipotesi sull’utilizzo cultuale dei nuraghi», in cui per la prima volta l’ipotesi che i nuraghi potessero, fin dall’origine, essere concepiti come luoghi di culto arriva da un archeologo: lo stesso Mulas, appunto, che alle spalle ha studi classici con indirizzo archeologico e la partecipazione a numerose campagne di scavo. «Già ai primi del’900 – ricorda Augusto Mulas – archeologi come Taramelli parlavano dei nuraghi come di fortificazioni».

Santa Cristina (Paulilatino-OR): pozzo sacro

Davanti alla loro possenza – prosegue – è comprensibile che anche gli archeologi arrivati dopo, tra cui Giovanni Lilliu, propendessero per quest’ipotesi. «Tuttavia – dice lo studioso – sono venuti alla luce nuovi materiali e fonti che avrebbero dovuto portare a conclusioni diverse».  

 Si è iniziato a sostenere che le torri di pietra avessero assolto anche a funzione di culto, ma solo dal decimo al nono secolo a.C. Quasi un compromesso tra chi ha sempre parlato di quest’ultima funzione come esclusiva e chi invece insisteva sul ruolo di fortezze. «Eppure l’uso cultuale dei nuraghi è ben antecedente il IX e il X secolo» è la prima scoperta di Mulas. Lo dimostrerebbero, ad esempio, i materiali antecedenti quel periodo rinvenuti negli scavi di fondazione del nuraghe Arrubiu di Orroli, come un vaso «a uso cultuale o al massimo funerario». Lo stesso dato emerge anche esaminando altri vasi rinvenuti nel Palmavera e nel Speranza di Alghero, o in Su Sonadori di Villasor: in ciascuno di essi sono stati ritrovati resti di cibo, di mitili, ossa di animali, spesso anche spade dal carattere indubbiamente votivo. Se a ciò si aggiungono scoperte simili fatte anche in diversi pozzi sacri, come quello di Santa Cristina, ce n’è abbastanza perché la casualità venga a crollare. E se questo non dovesse bastare, a far capire che i nuragici avevano precisi punti di riferimento sono pure alcuni comprensori territoriali: in particolare la piana di San Saturno, a Benetutti, e la valle dei nuraghi di Torralba. «Il dato

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più importante – dice Mulas – è che il nuraghe di Santu Antine, il più bello del sistema, corrisponde ad Alcione, la stella più bella dell’ammasso delle Pleiadi. Fu costruito in una pianura alluvionale: perché faticare tanto a spostare tutta quella terra se non per rispettare la posizione astrale?». Ma perché proprio le Pleiadi? E poi perché quell’antico popolo, che sembra essere stato così in armonia con l’universo, realizzò quel complesso? Le risposte sono incerte, ma, dice l’archeo-astronomo Mauro Zedda, sono certi gli studi di Augusto Mulas, confortati dal rigore scientifico, a cui si aggiunge il pregio di aver aperto nuovi scenari della ricerca. www.segnidalcielo.it

Orroli (CA): Nuraghe Arrubiu (Nuraghe rosso)

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Il Nuraghe di Bidd'e Pedra

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                                Il sito Archeologico di Bidd’e pedra.  

In Sardegna, nell’alta Marmilla, esiste e persevera da millenni un sito straordinario conosciuto ai nostri giorni col nome di Bidd’e Pedra ovvero la Città di Pietra. Una Altopiano basaltico modestamente accennato, ma dominante nell’estensione del territorio. Si eleva al di sopra del mare tra i 180/235 metri. Il tratto dunque prevalentemente pianeggiante si estende per più di 800 metri, presentendo vasti terrazzamenti di roccia Basaltica. Tutto il versante a Ovest a meno di 200 metri è costeggiato da un corso d’acqua. Lo stesso fiume ormai prosciugato, conserva a memoria delle epoche passate, una sponda a parete rocciosa erosa, da quello che doveva essere anticamente un fiume copioso e ricco. Tanto quanto, lungo la costa esistono muri a secco in certi tratti alti anche quattro metri, quasi ad arginare e demarcare il torrente che per gli antichi Sardi  era la vita stessa. Lo stesso fiume formando diverse anse intorno all’altopiano basaltico abbraccia l’intero sito per più della metà della sua circonferenza. Le anse si presenterebbero come una sorta di piccolo porticciolo tranquillo per facilitare l’immettersi direttamente al fiume e luogo dove si svolgevano le diverse mansioni e il lavoro quotidiano. Sulle tracce dei nostri avi non è limitato e troppo fantasioso affermare che essi furono, abili navigatori di acqua dolce ma soprattutto dei nostri mari, possenti guerrieri, ingegnosi costruttori ed esperti  metallurgici, di conseguenza un popolo progredito e di forte religiosità.  Non è un trionfalismo enfatizzare tutte queste virtù dei nostri avi, ma una giusta restituzione è ricavato posto a quella civiltà che in queste terra e nel Mediterraneo in un periodo cronologico ben definito, incise inesorabilmente la loro fama. Creando in Sardegna uno dei centri più evoluti e urbanizzati del Mediterraneo.  I Sardi antichi così come altre civiltà, predisponevano il comune senso di concepire l‘esistenza almeno in tre o quattro stadi determinanti. La realtà della vita terrena ; dove gli uomini e le donne conducevano la loro vita quotidiana liberi di spaziare nella stessa terra assoggettando gli elementi della medesima natura per ricavarne il giusto posto in cui vivere. Le rocce, la terra, gli alberi, i corsi d’acqua, gli animali, tutti fattori fondamentali per l’esistenza stessa. In questo livello intermedio innalzavano dal piano della terra, sostenuti dagli elementi , rocce lavorate,conosciute come Perdas fittas, o Perdas longas o anche Perdas Ammarmudaras; visualizzati nel quadro cronologico di questa civiltà, da primi antichissimi Protoantropomorfi agli Antropomorfi sino ad arrivare alle Statue Menhir conosciute anche come Menhir a Stele. Le ultime, nella parte frontale personificavano rilievi schematici anatomici nell’apicale volto a T in un unico blocco Naso/sopraciglia senza occhi e bocca, e dalla virilizzante arma a doppio pugnale orizzontale in vita con due lame triangolari, e infine dall’emblematico pittogramma pettorale

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del cosiddetto Capovolto a tridente o a candelabro, nel rovesciato mondo dell’aldilà presente anche nelle pareti interne delle Domus de Janas. Edificavano i magistrali Templi, i misteriosi Nuraghes per via della sua non ufficialmente riconosciuta identità circa la loro funzionalità. (abitativa, di difesa, templi di culto e di religiosità, templi astronomici, nuraghi comunicatori. La loro è stata una’ evoluzione architettonica che eccelleva progressivamente nei secoli ( ma subì in un secondo periodo anche un degenerazione architettonica, non costruivano più ma si limitavano a dei rifacimenti) conosciuti ai nostri giorni come i Nuraghi a corridoio o Protonuraghe,a quei Nuraghe a tholos o a ogiva fino ad arrivare a quelle torri nuragiche collegate da bastioni, detti anche complessi. Intagliavano direttamente sulla roccia carsica segni , coppelle, figure di vario genere, per diversi impieghi . Di questo ne parleremo ampiamente sulla frazione dell’itinerario di Bidd’e  Pedra a lui dedicato.  Lo Stadio interrato ; era quello destinato agli esseri viventi che lasciavano la vita. I morti seppelliti in questo livello inferiore tornano dentro la terra custoditi dal suolo o dalla roccia stessa. L’arte funeraria dei sardi antichi si arricchisce di una altra dimensione, colma di segni e simbolismi presenti nelle Tombe dei Giganti e nelle Domus de Janas.  Le due divinità,  (Simboli di Vita) Dio Padre (il Dio Toro) e la Dea Madre adorati dai Sardi fin da tempi remoti, si ripetono scolpiti o dipinti sulla roccia nelle pareti delle Domus de Janas. La stessa strutturazione dell’esedra delle tombe dei giganti raffigura il Toro che giace a terra nel segno del decesso a forma Taurina. Molto probabilmente la classica stele centinata identificava i Tre stadi. Quello sotterraneo (con l’ incavo per l’accesso dentro la terra) .La vita terrena, (rappresentata dalla fascia che interpone i due“specchi) e quello della volta celeste, quello che è superiore all’uomo, rappresentato dallo specchio superiore con la parte finale arcuata.  Lo stadio ultraterreno ovvero lo spazio celeste ; la dove dimorano gli Dei, le forze della natura e quelle soprannaturali. I Sardi antichi avevano sicuramente una vigile e attenta valutazione sull’osservazione della volta celeste. Il giorno, la notte, il susseguirsi delle stagioni, e il decorrere del tempo negli anni. L’arco temporale determinato doveva essere calcolato e misurato attraverso i mezzi di allora affinché lo stesso tempo fosse in loro potere. Il sole, la luna, le stelle e le loro costellazioni anch’esse divinizzate,  in qualche modo dovevano essere rappresentate e visionate sulla terra e questo congiungimento ideale con la volta celeste si manifestava attraverso la roccia. Il quarto stadio condiscendeva nel manifestare e spettacolarizzare”la religione e i culti che si praticavano intorno ad esso annessi agli eventi astronomici, quello che era superiore all’uomo. Tutto questo aveva un unico scopo, quello di conservare, accorpare e rendere molto influente l’integrità della spiritualità. Nonostante la religiosità per diverse essenze è comune ad altre civiltà del Mediterraneo quella sarda autoctona e originale si distingue comunque per la sua sardità.  Il sole, la luna, le stelle e le sue costellazioni erano venerate e spettacolarizzate”attraverso le innumerevoli edificazioni dei Nuraghi che assolvevano anche questo intento. Ma molto prima dei Nuraghi tale compito lo assumeva l‘originale e semplice intaglio, direttamente nella roccia realizzando scanalature, segni di diversa forma e coppelle.

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