i materiali lapidei dell’edilizia storica di palermo. conoscenza per il restauro

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NOTIZIE DI INTERESSE 365 Sono passati oltre cinquant’anni dallo studio pio- neristico “Le pietre delle Città d’Italia” di Francesco Rodolico (Le Monnier, Firenze 1953), che prese in esame in maniera sistematica e mirabilmente completa, i principali litotipi utilizzati per costruzione e decorazio- ne nei monumenti, ma anche nell’edilizia corrente, delle città italiane, considerandone tanto la storia d’uso, quanto l’origine e la natura geologica. Non che prima di allora mancassero studi monografici su singoli materiali lapidei di valore commerciale, e loro cave (basti per tutti ricordare i numerosissimi comparsi sulla gloriosa rivista “Marmi e Graniti”), né che fosse mancato a partire dalla fondazione tardo-ottocentesca del Servizio Geologico Italiano l’interesse per le risorse lapidee italiane, ma il lavoro del Rodolico fu davvero il primo e più completo sull’argomento. Pressochè contemporaneamente com- parve il volume di Mario Pieri “I marmi d’Italia” (Hoepli, Milano 1954), in un certo senso complementare al primo, anche se di indirizzo decisamente merceologico, volume che ebbe notevole fortuna specie tra gli opera- tori del mercato marmifero, come è dimostrato dalle numerose edizioni che ne vennero stampate. Dagli anni Sessanta, e per alcuni decenni, invece gli studi che potremmo definire di “marmologia” antica e moderna, scemarono notevolmente, con l’importante eccezione per i marmi antichi data dalla comparsa del fondamen- tale “Marmora Romana” di Raniero Gnoli (L’Elefante, Roma 1971). Un parziale ritorno alla pubblicistica nel settore si ebbe specialmente a partire dalla metà degli anni Ottanta per stimolo più o meno diretto della scien- za del restauro dei materiali lapidei che diffondendosi e specializzandosi sempre di più, necessitava di cono- scenze approfondite sull’origine, natura e proprietà dei marmi e delle pietre costituenti il patrimonio storico- artistico nazionale. Si mobilitarono così molti geologi universitari e del CNR che si dedicarono allo studio di quella che io stesso ho definito “Petrografia Urbana” al 75° Congresso della Società Italiana di Mineralogia e Petrologia (SIMP), cioè alla caratterizzazione minerope- trografica, geochimica e petrofisica di rocce utilizzate nel corso dei secoli in edilizia e statuaria nei centri stori- ci. I progetti nazionali creati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche per lo studio del Beni Culturali, e deno- minati “Strategico “prima, e “Finalizzato” poi, dettero un impulso importantissimo anche a questi studi, che si sono notevolmente moltiplicati negli ultimi tempi, incre- mentando continuamente le nostre conoscenze dei materiali lapidei, spesso con lodevoli approcci che si potrebbero definire olistici in quanto attenti a tutti gli aspetti della caratterizzazione scientifica sopracitata. Un esempio di studio monografico che si inqua- dra in tali approcci è dato proprio dal volume in ogget- to, che si presenta come un agile manualetto di 160 pagine, illustratissimo di macro e micrografie, quasi Recensione di Lorenzo Lazzarini Direttore Lab. Analisi dei Materiali Antichi - DSA, Università IUAV di Venezia, e-mail: [email protected] del volume “I materiali lapidei dell’edilizia storica di Palermo. Conoscenza per il RestauroCollana “Terra e Ambiente. 1”, Ilionbooks, Monte San Giovanni Campano (FR), 2008 160 pp., e 25 di R. ALAIMO, R. GIARRUSSO, G. MONTANA

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Recensione di Lorenzo Lazzarini Direttore Lab. Analisi dei Materiali Antichi - DSA, Università IUAV di Venezia, e-mail: [email protected]

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Page 1: I materiali lapidei dell’edilizia storica di Palermo. Conoscenza per il Restauro

NOTIZIE DI INTERESSE

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Sono passati oltre cinquant’anni dallo studio pio-neristico “Le pietre delle Città d’Italia” di FrancescoRodolico (Le Monnier, Firenze 1953), che prese inesame in maniera sistematica e mirabilmente completa,i principali litotipi utilizzati per costruzione e decorazio-ne nei monumenti, ma anche nell’edilizia corrente, dellecittà italiane, considerandone tanto la storia d’uso,quanto l’origine e la natura geologica. Non che prima diallora mancassero studi monografici su singoli materialilapidei di valore commerciale, e loro cave (basti per tuttiricordare i numerosissimi comparsi sulla gloriosa rivista

“Marmi e Graniti”), né che fosse mancato a partire dallafondazione tardo-ottocentesca del Servizio GeologicoItaliano l’interesse per le risorse lapidee italiane, ma illavoro del Rodolico fu davvero il primo e più completosull’argomento. Pressochè contemporaneamente com-parve il volume di Mario Pieri “I marmi d’Italia” (Hoepli,Milano 1954), in un certo senso complementare alprimo, anche se di indirizzo decisamente merceologico,volume che ebbe notevole fortuna specie tra gli opera-tori del mercato marmifero, come è dimostrato dallenumerose edizioni che ne vennero stampate. Dagli anniSessanta, e per alcuni decenni, invece gli studi chepotremmo definire di “marmologia” antica e moderna,scemarono notevolmente, con l’importante eccezioneper i marmi antichi data dalla comparsa del fondamen-tale “Marmora Romana” di Raniero Gnoli (L’Elefante,Roma 1971). Un parziale ritorno alla pubblicistica nelsettore si ebbe specialmente a partire dalla metà deglianni Ottanta per stimolo più o meno diretto della scien-za del restauro dei materiali lapidei che diffondendosi especializzandosi sempre di più, necessitava di cono-scenze approfondite sull’origine, natura e proprietà deimarmi e delle pietre costituenti il patrimonio storico-artistico nazionale. Si mobilitarono così molti geologiuniversitari e del CNR che si dedicarono allo studio diquella che io stesso ho definito “Petrografia Urbana” al75° Congresso della Società Italiana di Mineralogia ePetrologia (SIMP), cioè alla caratterizzazione minerope-trografica, geochimica e petrofisica di rocce utilizzatenel corso dei secoli in edilizia e statuaria nei centri stori-ci. I progetti nazionali creati dal Consiglio Nazionaledelle Ricerche per lo studio del Beni Culturali, e deno-minati “Strategico “prima, e “Finalizzato” poi, detteroun impulso importantissimo anche a questi studi, che sisono notevolmente moltiplicati negli ultimi tempi, incre-mentando continuamente le nostre conoscenze deimateriali lapidei, spesso con lodevoli approcci che sipotrebbero definire olistici in quanto attenti a tutti gliaspetti della caratterizzazione scientifica sopracitata.

Un esempio di studio monografico che si inqua-dra in tali approcci è dato proprio dal volume in ogget-to, che si presenta come un agile manualetto di 160pagine, illustratissimo di macro e micrografie, quasi

Recensione di Lorenzo LazzariniDirettore Lab. Analisi dei Materiali Antichi - DSA, Università IUAV di Venezia, e-mail: [email protected]

del volume

“I materiali lapidei dell’edilizia storica di Palermo. Conoscenza per il Restauro”Collana “Terra e Ambiente. 1”, Ilionbooks, Monte San Giovanni Campano (FR), 2008

160 pp., e 25

di R. ALAIMO, R. GIARRUSSO, G. MONTANA

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tutte a colori, di grafici e tabelle, il tutto a un costomolto contenuto e accessibile.

Gli autori sono tre geologi palermitani, ben noti alivello nazionale nel settore dei beni culturali, di cui duedell’Università di Palermo. Essi si sono occupati perdiversi anni dello studio dei materiali lapidei e litoididella loro città, e hanno deciso di mettere insieme irelativi dati accumulati e a organizzarli nel citatomanualetto. Questo è diviso in tre grandi capitoli; ilprimo è dedicato alla calcarenite, la principale pietra dacostruzione di Palermo; il secondo alle “Pietre pregiateper il decoro architettonico”, e il terzo alle “Malte daintonaco, finiture e stucchi”.

Il primo capitolo è quello relativamente più consi-stente e, a mio giudizio, più completo, trattando di tuttele calcareniti che si possono rinvenire nell’edilizia stori-ca palermitana. Dopo una breve introduzione circa lastoria degli studi e un inquadramento geo-litologico,vengono considerate e descritte le varie tipologie con irelativi utilizzi nel corso dei secoli. Quindi vengono indi-cate le ubicazioni delle cave e descritti, un po’ troppobrevemente per la verità, i metodi di estrazione e lavo-razione della pietra. Vengono poi esposte le caratteristi-che minero-petrografiche e geochimiche generali dellecalcareniti considerate, alcuni aspetti geochimici e pro-prietà fisiche. Per questi aspetti fondamentali dell’argo-mento trattato si sarebbero attesi maggiori dati, magarisottoforma di tabelle che riassumessero i tratti minero-petrografici delle rocce e dessero valori numerici chimi-coquantitativi; al proposito, e circa l’uso dei pochissimidati geochimici accumulati, sembra francamente impro-ponibile la possibilità di distinzione archeometrica dellaprovenienza dei quattro principali gruppi calcareniticibasata su diagrammi binari e analisi discriminantelineare che considerano numeri limitatissimi di campioni(3, 4, 8, 16, rispettivamente, per le quattro località),soprattutto considerando la notevole variabilità compo-sizionale del tipo di roccia.

Le proprietà fisiche si limitano alla determinazionedelle caratteristiche porosimetriche e all’assorbimen-to/evaporazione dell’acqua, certamente però le più utiliai fini di un restauro. Segue un catalogo di tutte le cal-careniti: per ciascuna è riportata una macrofoto e unamicrografia in sezione sottile, una fotografia delle cavee note sulle caratteristiche citate sopra, oltre a brevicenni sull’utilizzo nei monumenti. Questa è certamentela parte più utile del capitolo perché consente confrontied eventuali identificazioni delle specie lapidee in operaa Palermo. Concludono il capitolo un paragrafo dedica-to alle forme e meccanismi di deterioramento e unosugli esempi di applicazione di prodotti consolidanti:pur essendo alquanto succinti, saranno ambedue moltoapprezzati dagli operatori nel campo della conservazio-ne e del restauro delle calcareniti in generale, che,come è noto, sono rocce molto diffuse non solo in tuttala Sicilia, ma anche in tutta l’area mediterranea, ovun-que largamente utilizzate nei monumenti antichi.

Il secondo capitolo è, come detto dedicato allepietre e altri materiali litoidi usati nella decorazione dichiese e palazzi palermitani. Dopo una breve introdu-zione di carattere storico che andava senz’altro mag-giormente estesa, vista l’importanza dell’argomento,vengono presentate le schede di undici litotipi e dueprodotti artificiali che ricalcano nelle “voci” quelle pre-cedenti sulle calcareniti. La documentazione dei primi è

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buona, e integra opportunamente la monografia di A.Bellanca sui marmi di Sicilia. Va peraltro rilevato chemancano inspiegabilmente le schede di altre pietreornamentali siciliane importanti, e pure presenti neimonumenti di Palermo, come il rosone di Trapani, il gri-gio di Cammarata e i marmi di S.Marco d’Alunzio.Peccato non venga detta una sola parola, né eventual-mente citata la pur esistente relativa bibliografia, circa ilnotevole e diffuso uso di “marmi antichi”, colorati enon, di reimpiego in molti dei più illustri edifici cittadinicome la Cappella Palatina, la Cattedrale, la ChiesaMartorana, per citarne solo alcuni di età medievale, usoche é poi estesissimo sottoforma di specchi d’altareanche nelle più ricche chiese barocche. Vengono infinelasciate due lacune circa i materiali litoidi studiati: del-l’interessante smaltino di calcara non si dice di cosa ècomposto (e a cosa deve il suo colore), mentre vadimostrato che le mattonelle/tessere bianche dei lito-strati medievali siano effettivamente di stracotto di cal-cara, e non di palombino bianco (un calcare dolomiticodell’Appennino Centrale), come a Roma e in molte altreparti d’Italia.

Il terzo capitolo tratta delle malte e stucchi: quivengono considerati, nell’impossibilità di una trattazio-ne dell’infinita varietà di esempi esistenti a Palermo,alcuni dei materiali storici più comuni, un intonaco spe-ciale della manifattura “Li Vigni” molto diffuso in cittàagli inizi del Novecento, e i famosissimi stucchi sette-centeschi di Giacomo Serpotta. Dei primi vengonodescritti alcuni materiali di palazzi nobiliari, avanzandouno schema di classificazione basato sulla composizio-ne degli aggregati; del secondo viene svelato il “segre-to” e smascherata l’effettiva composizione degli impa-sti, non corrispondente a quella commercializzata; deiterzi si dà la complicata struttura stratigrafica e la com-posizione delle varie “mani”. Nel complesso, questocapitolo è ben fatto e ottimamente documentato.

L’opera si conclude con una utile appendice dovevengono fornite le informazioni essenziali sui metodi dianalisi applicati in laboratorio ai campioni dei vari mate-riali studiati, e con la bibliografia citata e divisa per i trecapitoli. Il mio giudizio complessivo del volume èsenz’altro positivo. Rimane comunque l’impressione dialcuni paragrafi un po’ tirati via; di una terminologiatalora inappropriata (ad es. nella confusione tra i termini“materiali lapidei” e “litoidi” usati indifferentemente; inalcune imprecise descrizioni macroscopiche di pietredecorative, come per i diaspri, e in altrettante degli into-naci dove, ad es. non si parla mai di rinzaffo, arriccio,marmorino, ecc.), di una bibliografia incompleta e unpo’ partigiana (non viene citata ad es. l’importanteopera del Bellanca di cui sopra). Una rilettura criticafinale del manoscritto avrebbe forse potuto ovviare aqueste manchevolezze.

In definitiva però, il volume qui considerato, puressendo di interesse prevalentemente locale, è un buonesempio da seguire per una migliore conoscenza deimateriali dell’edilizia monumentale costituente tutti icentri storici del nostro paese.

ISBN: 9788890362606Formato: 16,5 x 24 cmInformazioni al sito web: www.ilionbooks.com