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Settimanale di politica, cultura ed economia realizzato dal Centro di Studi e iniziative culturali “Pio La Torre” - Onlus. Anno 14 - Numero 1 - Palermo 30 aprile 2020 ISSN 2036-4865 I giovani contro le mafie

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Settimanale di politica, cultura ed economia realizzato dal Centro di Studi e iniziative culturali“Pio La Torre” - Onlus. Anno 14 - Numero 1 - Palermo 30 aprile 2020 ISSN 2036-4865

I giovanicontro le mafie

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GerenzaASud’Europa settimanale realizzato dal Centro di Studi e iniziative culturali “Pio La Torre” - Onlus. Anno 14 - Numero 1 - Palermo, 30 aprile 2020Registrazione presso il tribunale di Palermo 2615/12 - Comitato Editoriale: Mario Azzolini, Gemma Contin, Franco Garufi, Antonio La Spina, Vito Lo Monaco,Franco Nicastro, Bianca Stancanelli, Vincenzo Vasile. Direttore responsabile: Angelo Meli - In redazione: Antonella Lombardi, Davide Mancuso - Art Director: Da-vide Martorana.Redazione: Via Umberto Boccioni 206 - 90146 Palermo - tel. 091348766 - email: [email protected]. II giornale è disponibile anche sul sito internet:www.piolatorre.it. La riproduzione dei testi è possibile solo se viene citata la fonte In questo numero articoli e commenti di: Adam Asmundo, Rita Barbera, Enzo Ciconte, Alessandra Contino, Salvatore Di Piazza, Alida Federico, Melania Fe-derico, Giovanni Frazzica, Franco Garufi, Antonio La Spina, Antonella Lombardi, Concetto Prestifilippo, Salvatore Sacco, Isaia Sales, Ernesto Ugo Savona, Giu-seppina Tesauro, Alberto Vannucci.

Come cambia la percezione di studenti e detenuti, tra social e pandemiaVito Lo Monaco

La crisi da Coronavirus ci costringe a nuove forme di mobili-tazione sociale e comunicazione, sollecita un adeguamentodell’impegno antimafia anche per prevenire i tentativi delle

mafie di approfittare del disagio sociale e delle difficoltà delle im-prese causati dall’epidemia, e di parassitare la spesa pubblica perla ripresa economica e sociale.La manifestazione nazionale prevista inizialmente al Teatro Mas-simo di Palermo per il trenta aprile con la presenza degli studenti,dei rappresentanti istituzionali e politici, del Forum Operativo Eu-ropeo della Dia e delle forze di polizia dei paesi membri dell’UE,sarà sostituita da una videoconferenza stampa da remoto in di-retta streaming sui siti www.piolatorre.it e sul portale Ansa Lega-lità nella quale ricorderemo il 38°anniversario degli omicidipolitico-mafiosi di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, di PiersantiMattarella, del quale ricorre il 40°, e il20°della Convenzione Onu Palermo 2000contro la criminalità organizzata e presente-remo la 13°indagine annuale sulla perce-zione degli studenti del fenomeno mafioso. Le risposte degli studenti alle domande delquestionario, esaminate dai componenti delnostro comitato scientifico che ringrazio peril loro prezioso e volontario contributo anali-tico, sono coerenti in larga parte con gliorientamenti registrati nelle indagini degli ul-timi anni, presentando però novità rilevanti.Da esse se ne deduce una maggiore fidu-cia sull’impegno antimafia dello Stato, mascetticismo sulla sconfitta definitiva del si-stema mafioso finché potrà avvalersi di pro-tezioni politiche, di corruzione diffusa, dicollusioni con imprese, omertà e indiffe-renza sociale. Sullo sfondo di questa perce-zione si staglia netto il pericolo, già richiamato, della voglia dellemafie di partecipare al banchetto delle ricostruzioni post-epidemiautilizzando l’emergenza come un’opportunità.Inoltre, la percezione, relativamente recente di fenomeni come

bullismo, cyberbullismo, violenza di genere, mostra una crescitadella consapevolezza dei giovani, i quali sollecitano sostegno perle vittime e un azione concreta di prevenzione della violenza,madre della cultura mafiosa.Nella scala della fiducia primeggia quella riposta sugli insegnanti,le forze dell’ordine, la magistratura, i giornalisti, mentre rimane ne-gativa quella verso le classi dirigenti politiche locali e nazionali.Dall’indagine, la scuola, con tutte le sue difficoltà strutturali, di per-sonale docente e tecnico, esce come la più importante agenzia

educativa tramite la quale gli studenti apprendono e discutonodel fenomeno prevalentemente con gli insegnanti. Seguonomolto distanziati e differenziati dal livello culturale, la famiglia egli amici.Gli studenti s’informano soprattutto tramite i media on line: traquelli tradizionali primeggia la Tv, tra i social giganteggia l’usodi Instagram; sono consapevoli dei mutamenti dei metodi vio-lenti mafiosi che privilegiano oggi la corruzione, più subdola einvisibile e agevolata dalla correità del funzionario o del politicocorruttibili. Emerge dalle risposte, probabilmente influenzate dalcontesto politico e sociale, il nuovo ruolo assunto dall’area gri-gia e la debolezza del senso civico alle quali i giovani più sen-sibili reagiscono preferendo il volontariato sociale piùdell’impegno in politica per aiutare il prossimo, salvare l’am-

biente e il proprio futuro.Una novità è la prima indagine svolta dalCentro studi tra i detenuti studenti il cuicampione, seppur ristretto, segnalaorientamenti che stravolgono preconcettistorici. Infatti, gli studenti detenuti nonmostrano alcun rispetto reverenzialeverso la mafia, invocano un’azione pre-ventiva dello Stato contro la povertà e ladisuguaglianza sociale per sottrarle con-senso ed esprimono una grande ammi-razione nei confronti delle vittimeinnocenti di mafia per la loro onestà ecoraggio. Anche per loro la mafia si ali-menta del rapporto con la politica, la cor-ruzione, il clientelismo, il voto discambio.Il numero dei questionari pervenuti è in-feriore a quello degli altri anni per la

coincidente esplosione dell’epidemia da Covid19 (secondametà di febbraio) senza inficiare comunque la validità del cam-pione rappresentativo della percezione del fenomeno mafioso,fermo restando le osservazioni metodologiche dei nostriesperti.In conclusione, come ogni anno, auspichiamo che questi se-gnali siano accolti e valutati dalla classe dirigente-politica, eco-nomica, sociale - per trarne buone pratiche trasparenti edemocratiche nell’azione pubblica, nel potenziamento struttu-rale della scuola, dell’università e della ricerca valorizzandoneil capitale umano, per la ripresa economica che segni un nuovoboom. Un modello di sviluppo con la persona umana e l’am-biente al centro sicuramente rafforzerebbe la democrazia.

Per la prima volta l'inda-gine svolta dal Centrostudi arriva nelle carceri, ri-velando nuovi orienta-menti che stravolgonopreconcetti storici. Cambiaanche il modo di infor-marsi dei ragazzi, che pre-feriscono media on line esocial

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Adam Asmundo

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Il reddito di cittadinanzanon allevia il disagio sociale

Esiste una differenza nelle risposte dei giovani dovuta allafamiglia di provenienza? In base al contesto socio-econo-mico e al livello di benessere del loro nucleo familiare? La

percezione dell’attualità sociale ed economica è cambiata neltempo, e in che direzione? Il reddito di cittadinanza, le misure con-tro la povertà e per il lavoro hanno allentato la pressione dellemafie sulle classi più disagiate?Questa nota rappresenta un tentativo di dare risposta a questedomande, differenziando l’analisi delle risposte all’indagine ri-spetto a due sottogruppi, selezionati in base al titolo di studio deigenitori. I risultati per sottogruppi, come vedremo, si discostano avolte in maniera piuttosto netta rispetto alle medie generali, confi-gurando sensibilità diverse – a volte opposte – rispetto alle mafie,alle loro conseguenze sulla vita economica e sociale, alla possi-bilità e alla capacità di reazione in questi segmenti della società ci-vile.

Il contesto, l’indagine, le ipotesi di lavoro

L’anno appena trascorso rispetto alla precedente indagine è statoun anno particolare, da un punto di vista economico, sociale e po-litico, nel quale alcuni eventi salienti e le loro conseguenze sul si-stema informativo e sulla narrativa dei media, oltre che nella vitadi tutti i giorni, hanno fatto da sfondo e hanno accompagnato lepercezioni dei ragazzi intervistati. Questa premessa è resa ne-cessaria dal fatto che l’intensità e la prevalenza sui media delleinformazioni (e della comunicazione politica) relative ad alcuni fe-nomeni hanno lasciato traccia evidente nelle opinioni degli inter-vistati, sotto il profilo sia dell’analisi, sia delle prospettive a brevee medio termine.Nel 2018, infatti, al centro della cronaca e dell’attenzione deimedia si erano trovati argomenti come i fenomeni di corruzione(indagati soprattutto nel rapporto pubblico-privato) e le ondate mi-gratorie in Mediterraneo, che avrebbero prodotto una forte atten-zione da parte dell’opinione pubblica e della politica, culminandocon l’approvazione – nonostante gli ampi profili incostituzionali –del primo “decreto sicurezza” (settembre 2018). I risultati dell’in-dagine 2019 condotta dal Centro Pio La Torre segnalavano, quasicome una logica conseguenza, la mafia come fortemente correlata

alla corruzione e al fenomeno dell’immigrazione.Il passaggio al 2019 è avvenuto nel segno di una continuità nelperseguire gli obiettivi elettorali del governo e nel mese di aprileha preso avvio il tanto atteso reddito di cittadinanza, misura disostegno per i meno abbienti e di supporto al mercato del la-voro. Successivi eventi hanno prodotto una variazione di as-setto nel quadro politico e un nuovo governo (settembre 2019),che nel momento in cui scriviamo si trova a fronteggiare gli ef-fetti della pandemia Covid-19.In questo contesto, dai complessi risvolti psicologici e sociali,prima che economici, si è svolta fra i mesi di gennaio e marzola nuova rilevazione sulla percezione del fenomeno mafioso frai giovani delle scuole medie italiane.In riferimento agli scenari appena richiamati, tra le ipotesi di la-voro alla base di questa nota è dunque che – rispetto alla pre-cedente rilevazione – corruzione e immigrazione abbiano unpeso minore nelle opinioni degli intervistati e che, allo stessotempo, l’introduzione del reddito di cittadinanza possa avereavuto, in certa misura, per territori e fasce sociali, qualche im-patto – non negativo – sulla pressione esercitata dalle mafiesui soggetti più deboli.I dati attualmente disponibili (gennaio 2020) offerti dall’Osser-vatorio sul reddito e pensione di cittadinanza dell’Inps segna-lano infatti che oltre un terzo dei beneficiari del provvedimento(oltre 550 mila famiglie) risiede in Sicilia e in Campania; insiemea Calabria e Puglia, altre regioni di tradizionale radicamento eforte power syndicate delle mafie, il dato Inps appena citatosale da un terzo al 48%, con oltre 800 mila famiglie interessatea questa forma di beneficio e, potenzialmente, alla ricerca diun’opportunità di lavoro nel circuito formale. Entrato a regimenel mese di febbraio, il Patto per il lavoro (“fase 2” del redditodi cittadinanza) registra però ancora una percentuale piuttostomodesta di persone che hanno avuto un contratto di lavorodopo aver ottenuto il reddito di cittadinanza (intorno al 3,7%).Traccia di tutto questo potrebbe trovarsi nelle evidenze dell’in-dagine 2020 sulla percezione del fenomeno mafioso, soprat-tutto fra i soggetti che fanno parte dei sottoinsiemi analizzati inquesta sezione del rapporto: l’attenzione si è ancora concen-trata su due set di ragazzi del campione dell’indagine, i primiappartenenti a famiglie con i genitori entrambi con diploma diterza media, i secondi con i genitori entrambi laureati. Occa-sionalmente, si è fatto riferimento anche alle risposte offerte dairagazzi con genitori senza alcun titolo di studio, agli estremidella distribuzione statistica, con risultati a volte scontati, a voltesorprendenti.

Introduzione e premessa metodologica

Riprendendo e approfondendo un percorso analitico già speri-mentato in precedenza, l’analisi si basa su una lettura incro-ciata di tre set di risposte al questionario: quello generale,utilizzato come riferimento centrale, e due sottoinsiemi del cam-pione, su due particolari versanti della distribuzione statistica,estratti in base al titolo di studio dei genitori dei rispondenti, allaricerca di differenze significative: le risposte degli studenti figlidi genitori entrambi con titolo di licenza media inferiore (GLMe,che definiremo e commenteremo nell’ordine come primo set,

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262 persone su un totale di 1835) sono state infatti messe a con-fronto con le risposte dei figli di genitori entrambi laureati (GLa,che definiremo secondo set, 141 persone).La struttura dei sottoinsiemi è simile per classi di età dei ragazzi eper frequenza scolastica, ma fra i due set di dati emergono diffe-renze interessanti che verranno evidenziate nel corso dell’analisie, più sinteticamente, nelle conclusioni.

La percezione, fra percorsi formativi e informazione

Fra i ragazzi intervistati la percezione della diffusione del feno-meno mafioso appare piuttosto alta (risposte molto+abbastanza78 e 85%, nei due casi, alla domanda V14, il secondo set ben aldi sopra della media generale), ma a una più attenta lettura le co-noscenze dirette (risposta V15) appaiono appena sufficienti a qua-lificare il dato: rispetto a una media generale del 6%, un’ottimaconoscenza del fenomeno è dichiarata da poco più del 5% degliintervistati del primo set (genitori con licenza media), percentualeche sale all’6,4% nel secondo set. A fronte di una percezione dif-fusa ma piuttosto superficiale (“sufficiente” nella media generaleper il 68% dei casi), il dato registra un’attenzione relativamentemaggiore in un contesto familiare culturalmente più evoluto.Le informazioni sul fenomeno mafioso provengono da diversefonti: innanzi tutto dalla scuola (risposta V16), attraverso il rap-porto con i compagni e con i docenti, con significative differenzia-zioni, e dalla famiglia. Nel caso della scuola il dialogo con icompagni si mantiene vicino al 17% della media generale (al 22%per GLMe), ma quello con i docenti scende dal 63 medio generaleal 59% delle risposte per i GLMe e sale al 64% nel caso del gruppoGLa. Fortemente complementare e in certa misura speculare èl’evidenza relativa al ruolo della famiglia, nella media generale al32%, che scende al 27 (poco più un giovane su quattro) per ilprimo sottoinsieme di intervistati qui analizzato e sale al 32% peril secondo (uno su tre).Una netta variazione rispetto alle rilevazioni precedenti riguarda imezzi di informazione (domanda V19), elemento fondamentale –come vedremo più avanti – per la formazione e la sintesi delle per-

cezioni, con risposte piuttosto differenziate per classi familiari.Rispetto alla media generale, gli studenti medi del primo set ci-tano soprattutto televisione (60%, in discesa rispetto alla rile-vazione precedente) e internet (49%, +11 rispetto all’annoprecedente), seguiti sul versante opposto, a lunga distanza, dailibri (17%, -4 rispetto al 2018, contro una media generale del24%), mentre per i ragazzi del secondo set la televisionescende al 42% delle risposte (era al 45% un anno prima, già indiscesa dal precedente 49%) e internet sale al 44% (+10 dal34% precedente), a fronte di un significativo 33% (+4 dal 2019)di informazione attinta dai libri. In linea generale appare ormaievidente che per i giovani, nell’ambito dei media, i mezzi di piùagevole accesso all’informazione come programmi radio-tele-visivi e internet prevalgano su quelli più tradizionali come i gior-nali (comunque ampiamente citati, dal 37% circa degliintervistati, forse in riferimento alla loro versione online, visti ri-sultati di vendite strutturalmente cedenti di quotidiani e perio-dici) e la radio (3-4%), che hanno un ruolo relativamente piùmodesto. Sarebbe interessante, nell’ambito di una prossima ri-levazione, verificare quanto la voce “Internet” sia divisibile frafonti dirette (quotidiani e periodici online, siti istituzionali) e so-cial media, vista l’enorme capacità di influenza ormai legata aquesti ultimi. Il cinema appare più importante per i rispondentidel secondo set (23%, contro una media generale del 16). Unpanorama informativo sensibilmente differenziato, dunque, chenel secondo caso (genitori laureati) sembra privilegiare una let-tura più approfondita, saggistica e letteraria del fenomeno (librie cinema) rispetto alla più accessibile informazione generaleofferta da TV e web. Il confronto con i dati dell’indagine prece-dente conferma una certa stabilità delle osservazioni (e delledifferenze fra i due set).Il ruolo della famiglia è importante e appare molto diverso nellarisposta alla domanda V20: se ne parla in famiglia? Nell’interodatabase prevale il 52% dei “sì”, una percentuale che peròscende al 46% nelle risposte offerte dal set GLMe, mentre sulversante opposto, fra i ragazzi del set GLa, è il “si” che con-quista la posizione di testa con un elevato 59% delle risposte.È appena il caso di rilevare che a una specifica estrazione didati effettuata su un versante estremo della distribuzione (ge-nitori entrambi senza titolo di studio) la frequenza dei “no” (in fa-miglia non se ne parla) risulta massima al 75%. I ragazzi figli digenitori laureati confermano dunque una maggiore attenzione,nella sfera del privato familiare, ai più generali temi dell’etica,della moralità, della corruzione: una conferma in questo sensoviene anche alla risposta alla successiva domanda (V21), nellaquale si identifica la mafia come qualcosa da combattere (oltreil 28% nella media generale, risposta che scende al 23% per ilprimo set e balza al 35% per il secondo), da evitare (al 10%nella media generale e nei due set) disprezzare (5%, 3% e 8%,risposta debole, ma che denota comunque diverse sensibilitànei due set) o dalla quale difendersi (rispettivamente 2% e 3%degli intervistati nei due sottoinsiemi): i ragazzi con genitori lau-reati (GLa) appaiono, nel complesso, più orientati alla reazionee al contrasto. Positivamente, infine, solo lo 0,7% degli intervi-stati vede la mafia come un’organizzazione in grado di risol-vere problemi; tuttavia è di rilievo notare, in questo caso, che trai figli di genitori senza alcun titolo di studio la percentuale diquesta risposta sale, significativamente, dallo 0,7 della mediagenerale al 25%, quasi un’esplicita – anche se parziale – am-missione di qualcosa che normalmente rimane “dietro lequinte”.

La mafia nella vita di ogni giorno. Percezioni differenti

Anche nel caso della domanda V23, relativa agli indicatori di

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presenza del crimine organizzato in città, molte differenze carat-terizzano le percezioni alla base delle risposte dei ragazzi. Dopolo spaccio di droga (al 50 e 51% delle risposte, al di sopra dellamedia generale del 46%, percentuale che balza al 75% nel gruppodei figli di genitori senza titolo di studio), gli studenti del primogruppo sottolineano quanto il fenomeno mafioso possa incideresul corretto funzionamento del mercato del lavoro (lavoro nero,per tutti intorno al 20%: GLMe 25%, GLa 16%, dieci punti inmeno); seguono le rapine (al 16%, contro una media generale del12%, percentuale analoga nel secondo gruppo; sul corretto ed ef-ficiente funzionamento della pubblica amministrazione (la corru-zione dei pubblici dipendenti è per tutti intorno al 7-8%) o sullapossibilità di alterare i meccanismi del sistema politico-elettorale(lo scambio di voti, per tutti fra il 4% e il 6% delle risposte), dan-neggiare la vivibilità di ambiente e territorio (abusi edilizi e urbani-stici: il 5% del gruppo GLMe sale all’11% nelle risposte dei ragazziGLa, forse più consapevoli). Questo ultimo caso è da consideraresignificativo: la sensibilità rispetto ai temi ambientali è modesta maaumenta, ed è nelle famiglie di origine più colte e istruite che le evi-denze risultano più chiare; un altro elemento di rilievo, infatti, èche queste risposte e le differenze fra i due cluster, con minime va-riazioni, si mantengono stabili nelle ultime indagini.Per i due gruppi di studenti appare anche molto diversa la rela-zione tra le mafie e categorie delittuose quali la prostituzione(media generale 7%, minima a 6 e massima al 9% per i due sot-togruppi) e l’usura (che dalla media generale del 2% scende all’1soprattutto per il secondo gruppo). Di sensibilità del tutto diversaappare il gruppo dei più disagiati (genitori senza titolo di studio)che riporta, dopo lo spaccio di droga al 75%, soltanto rapine, trattadi immigrati e prostituzione, tutti al 25%.

Diffusione territoriale, politica e istituzioni

Circa le ragioni della diffusione territoriale del fenomeno mafiosoal centro-nord (V24), i ragazzi intervistati indicano prevalente-mente tre risposte, interessanti, su piani diversi, nella loro diversaintensità.La prima causa coinvolge fattori culturali e attiene alla sfera deivalori etici e alla loro contaminazione, e come nel 2019 è identifi-cata con la diffusione della corruzione nella classe politica locale:nella media generale intorno al 57% delle risposte, la percentualeè analoga per il gruppo GLMe e cresce al 63% nella percezionedei ragazzi con genitori laureati. La politica locale non è evidente-mente considerata sufficientemente in grado di proteggere dallemafie al Nord ma al contrario, per la sua vulnerabilità, rappresen-terebbe un fattore di più agevole accesso delle organizzazioni cri-minali alle leve del potere. La mancanza di senso civico,diffusamente indicata dai rispondenti (intorno al 24%), si confermacome generale elemento di vulnerabilità del sistema.Seconda fra le cause dell’espansione delle mafie in regioni diverseda quelle di origine, l’altra dimensione segnalata è quella econo-mico-finanziaria: circa il 30% degli studenti intervistati indica la ri-cerca di nuovi territori per il riciclaggio di denaro sporco,percentuale che sale al 32% per il set GLa.Accanto a queste ultime, compaiono cause derivanti da letture di-verse dei fenomeni in atto nella società italiana, letture di certo no-tevolmente influenzate dai media e dalla battente iniziativa politica:per il gruppo GLMe l’immigrazione (14%) ha un peso sensibil-mente maggiore rispetto alla media generale (12%, risposta chetuttavia ha perso nell’insieme cinque punti rispetto all’anno prece-dente), mentre per il gruppo GLa è decisamente meno influente(5%), così come meno rilevante appare la globalizzazione (intornoal 5% delle risposte). È appena il caso di rilevare che i ragazzi pro-venienti da famiglie disagiate segnalano la corruzione della classepolitica locale al 75% (18 punti in più rispetto alla media generale)e l’immigrazione al 25% (+13).

Anche nell’analisi di quello che permette alle organizzazioni dicontinuare a esistere (e a espandersi e prosperare, V25) i duesottoinsiemi di studenti offrono risposte caratterizzate da per-cezioni sensibilmente diverse. I bisogni sociali di base e la cor-ruzione della classe dirigente, al primo posto nella mediagenerale (51%), scendono al 47% delle risposte del primo set,associati alla mentalità dei cittadini (44%, al di sotto della lamedia generale del 39%) ma seguiti a stretto giro dalle scarseopportunità di lavoro (al 34% delle risposte). Del tutto diversaappare l’intensità delle risposte a questi tre punti offerta dal se-condo set di studenti (GLa): la corruzione della classe dirigentesale al 58%, seguita dalla mentalità dei cittadini al 39% e le dif-ficoltà occupazionali si mantengono a un più modesto 33%; ap-pare infine il clientelismo, al 21% e nettamente al di sopra dellamedia nazionale (13%) per i ragazzi del gruppo GLa, mentre ilset GLMe lo limita all’11%.La scarsa fiducia nelle istituzioni (in parte correlata alla diffu-sione della corruzione e del clientelismo), intorno al 24% nel-l’intero database, scende al 20% per il gruppo GLMe, mentreper i figli di genitori laureati sale al 26%. Seguono a distanza ledeterminanti di natura economica e i fattori legati al ritardo disviluppo (basso livello di crescita economica, 14% per tutti, 18per i GLa).L’idea che la mafia – forte nelle sue relazioni con il mondo dellapolitica, considerate molto e abbastanza forti dalla quasi tota-lità degli intervistati (85 e 89%, domanda V26, percentualemassima per il set GLa) – possa influenzare l’economia dellaregione (V27) è anch’essa netta, con risposte che si differen-ziano di poco per l’ordine di intensità del fenomeno nelle valu-tazioni degli studenti, ma che nella somma fra “molto” e“abbastanza” vanno dal 64% della media generale al 71% dellerisposte GLMe (75% per GLa).A questa linea di percezione si ascrive la risposta alla domandarelativa ai più importanti percorsi di ricerca di un lavoro (V28).Nonostante l’attivazione del reddito di cittadinanza (Aprile 2019)e quella successiva delle nuove procedure di affiancamento eindirizzo per la ricerca attiva di lavoro da parte dei centri perl’impiego (la “fase 2”, avviata in febbraio e attualmente so-spesa) abbiano favorito soprattutto le regioni del Mezzogiorno,gli intervistati offrono percentuali di risposta sorprendentementeelevate – e in notevole crescita sul 2019 – per il “rivolgersi a unmafioso”: 52% per tutti, 55% per il primo sottoinsieme e 43%

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per il secondo (le percentuali dell’anno precedente erano rispetti-vamente 21, 21 e 20%). È importante notare che per i ragazzi congenitori senza titolo di studio la percentuale sale significativamenteal 75%.Al secondo posto, sempre utile alla ricerca di un lavoro risulta “ri-volgersi a un politico”, in crescita dal 18 al 26% degli intervistati eal 28 (dal 15%) per il primo gruppo, mentre rimane al 18% per i ra-gazzi del secondo.Di minor rilievo (e in netto declino rispetto all’anno precedente) ap-paiono le opportunità offerte dalla frequenza a un corso di forma-zione professionale (scesa dal 31 al 9% degli intervistati rispettoall’anno precedente, dal 30 al 9% per il primo e all’11 per il se-condo sottogruppo). Sorprendentemente, rivolgersi a un centroper l’impiego – orientamento caldeggiato dal legislatore – scendeproprio in questa indagine dal 27 all’11% del totale delle risposte,toccando un minimo al 9% per il set GLMe).In una verifica di efficacia delle attuali misure di politica econo-mica, rimarrebbe da chiedersi, a questo punto, a cosa o a chi ser-vano, il reddito di cittadinanza e il Patto per il lavoro.Relativamente alle origini relazionali della cultura mafiosa e dellasua diffusione (domande V30-V31), l’analisi delle risposte dei di-versi sottogruppi appare particolarmente interessante, indicativa diquanto la diversa posizione sociale degli intervistati sia alla basedella loro visione delle cose.Partiamo dal basso: i figli di genitori senza alcun titolo di studio ri-spondono che si è spinti a entrare nella mafia: dalla famiglia di ori-gine, dal quartiere in cui si vive, dalla mancanza di occupazione,dall’assenza delle istituzioni sul territorio: sono le sole quattro ri-sposte, risposte “di frontiera”, tutte hanno la medesima frequenzadel 25%. Salendo di un gradino nella scala sociale, un terzo dei ra-gazzi del primo set (GLMe) considera prevalenti – più della mediagenerale – la ricerca di facili guadagni (28%) e la mancanza di oc-cupazione (16%) mentre la ricerca di potere, la famiglia di origine,l’area in cui si vive e la mancanza di una cultura della legalità ot-tengono una percentuale analoga nelle risposte (12% circa). Lamancanza di una cultura della legalità sale invece al 25% ed è laprima delle ragioni per i ragazzi del secondo set, mentre la man-canza di occupazione (23%) si attesta al secondo posto; il desi-derio di facili guadagni è al 17%, ben al di sotto della mediagenerale (26%), dove rappresenta la principale motivazione, men-tre la ricerca del potere scende all’8%. Queste motivazioni emer-gono con maggiore evidenza nelle possibili spiegazioni del perchéci si rivolga ai mafiosi (V31): fra i ragazzi del primo gruppo il desi-derio di facili guadagni sale al 39%, superando il bisogno di lavoro(al 30%), e il bisogno di protezione scende al 9%; per quelli del se-condo set è invece al primo posto il bisogno di lavoro il (38%), se-guito dal desiderio di facili guadagni al (21%); il bisogno di

protezione e la mancanza di una cultura della legalità si avvici-nano al 13%. Il gruppo dei più disagiati, dai quali eravamo par-titi in questo segmento di indagine, riporta al 50% il desiderio difacili guadagni, seguito dal bisogno di lavoro e dalla ricerca delpotere (entrambi al 25%): altre possibili risposte (come la man-canza di una cultura della legalità), per questo sottoinsieme,non esistono.Nella media generale dell’indagine lo Stato è ritenuto più fortedella mafia solo dal 20% dei rispondenti (risposta V32, ancorain crescita dal 13% del 2017 e dal 19% del 2019), ma appareancora più incoraggiante la risposta dei ragazzi con genitori lau-reati, che raggiunge nuovi valori massimi al 30%. La forza dellamafia, al contrario, a fronte di un 38% nella media generale ap-pare crescente nelle percezioni man mano che si scende perstrato sociale: dal 30% del gruppo GLa sale al 43% del setGLMe, per culminare al 75% fra i ragazzi più disagiati.Le organizzazioni mafiose sono forti perché si infiltrano nelloStato debole (media generale 75%, 76% per il set GLMe e 77%per il GLa) e soprattutto perché fanno paura (in media all’80%degli intervistati, senza grandi differenze), con il loro eserciziomonopolistico della violenza.Il coraggio dei pentiti (V35) è in genere apprezzato dai ragazzi(medie omogenee al 47%), con peso diverso (crescente dal12% generale al 16% per GLa) attribuito alla possibilità di ridu-zione di pena; solo i più disagiati citano insieme al rapporto discambio con lo Stato (25%) il tradimento della famiglia e degliamici (25%) . Il ruolo attribuito alle donne nelle organizzazioni criminali è in-vece ritenuto di rilievo dagli intervistati in maniera abbastanzaomogenea. Di segno opposto la valutazione del rapporto fra or-ganizzazioni mafiose e immigrazione (V38): un rapporto deboleo inesistente per il 40% dei ragazzi del primo set (media gene-rale 47%) e, al contrario, ben evidente e più accreditato dal55% degli studenti del secondo.

Combattere il fenomeno. Gli strumenti e gli attori

Il modo più efficace per combattere la criminalità organizzata –in via diretta – è soprattutto colpirla nei suoi interessi econo-mici (V40: 23, 21 e 25% rispettivamente, in complesso e neidue set; 50% per i disagiati); indirettamente, contrastando lacorruzione e il clientelismo (22-23% per tutti). Importante è ilcomportamento individuale (non sostenere l’economia mafiosa,V41: 39% in media generale, 39 e 29% nei due sottoinsiemi);sempre in via indiretta, coltivando la cultura della legalità, ri-vendicando i propri diritti e rispettando quelli altrui (rispettiva-mente 26, 23, 34% delle risposte). La risposta “Non essereomertosi”, nella media generale al 17%, scende al 14% nelprimo set e al 23% per il gruppo GLa.In favore di più corrette pratiche di cittadinanza (V42), i ragazzidel secondo gruppo danno preferenza ai criteri meritocratici(60%, contro una media generale del 51% e il 46% del primogruppo); quando si tratta poi di ritenere poco valida una per-sona raccomandata, le posizioni si invertono (media generale21, GLMe 27, GLa 18%). Evadere le tasse è al primo posto frai comportamenti considerati negativi (V43) da circa due terzidei giovani intervistati (61% nella media, 61 e 65 per i diversisottogruppi) e il mancato rispetto per l’ambiente sale a oltre il47% delle risposte (era al 40% un anno prima), mentre assu-mere lavoratori in nero segna un peso nettamente diverso, 43%nel set GLMe e 33% nel GLa.Le prime e principali strategie di impegno individuale a soste-gno della comunità sono dedicarsi a chi ha bisogno (69-74-67%delle risposte V44, rispettivamente intero database, GLME eGLa), difendere l’ambiente (45-42-45%) e fare volontariato (27-28-21% delle risposte); è importante notare che solo nel 2018

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la difesa dell’ambiente aveva superato per la prima volta il volon-tariato come scelta di impegno sociale e che il dato 2020 apparein ulteriore, sensibile crescita.Nella scelta dei soggetti nei quali riporre fiducia (domanda V45),la somma fra le risposte “molta” e “abbastanza” segnala che la fi-ducia dei ragazzi va soprattutto agli insegnanti (con un massimonel secondo set, 87%, media generale 86% – e segnaliamo undato che riteniamo particolarmente importante: anche per i ragazzidisagiati, la percentuale è al 75%) e alle forze dell’ordine (più nelsecondo set, 76%; media 77), seguiti da magistratura (massimoancora GLa al 72%, media 59%, minima per il primo set al 52%)e, in misura minore, giornalisti, sacerdoti e sindacalisti. Sul ver-sante opposto, quello della fiducia scarsa o nulla, coerentementecon gli indirizzi espressi in altre risposte al questionario, i politici lo-cali e nazionali raccolgono una sfiducia sistematicamente vicinaall’80%. Un diffuso malessere, sostenuto peraltro da ampie fasce dellastessa propaganda politica e alimentato dai media, spiega in partela posizione espressa dai ragazzi intervistati (non ancora con di-ritto di voto), posizione che appare molto delicata in rapporto alletante criticità che la democrazia rappresentativa – nella percezionedei giovani – non sembra in grado di risolvere.Sempre in tema di fiducia (V46), entrambi i gruppi, ma in preva-lenza il secondo, superano le medie generali nel sottolineare l’im-portanza della prudenza (88% delle risposte, fra “molto” e“abbastanza d’accordo”, 82% in entrambi i sottogruppi), perché“la gente, in genere, guarda al proprio interesse” (oltre il 90%) etende ad approfittare della buona fede (oltre l’81%, ma al 74% peril gruppo GLa).

Sintesi conclusiva. Pragmatismo, impegno e speranza

La conclusione generale dell’indagine – la possibilità di sconfig-gere per sempre la mafia (domanda V47) – offre un’efficace sin-tesi della differenza fra i due gruppi di ragazzi. Entrambimanifestano nelle loro risposte una più elevata frequenza di at-teggiamenti consapevoli (il “non so” è modesto, limitato nellamedia generale al 31%), ma la conclusione è diversa. Per i primi– i ragazzi figli di genitori entrambi con licenza media – la sconfittadella mafia è data in percentuale al 22% (il No vale invece il 45%);per i secondi – figli di genitori entrambi laureati – la possibile scon-fitta del crimine organizzato sale al 32% degli intervistati (con il Noal 40%; modesta, in questo caso, la quota di indecisi); per il 75%dei ragazzi disagiati, invece, la risposta è netta: la mafia non potràessere sconfitta.Il titolo di studio dei genitori, in base al quale sono stati estratti isottoinsiemi analizzati in questo studio, non rappresenta certo ilcriterio esaustivo di una netta differenziazione sul piano sociale;tuttavia è generalmente associato a una differente posizione oc-cupazionale, reddituale e, in termini prospettici, di possibili dina-miche di vita, di lavoro e di carriera. Si tratta di elementi cheentrano a far parte dei valori sottostanti la “rete corta” dei rapportifamiliari e dei più vicini spazi relazionali.Da un punto di vista metodologico, l’approccio interpretativo uti-lizzato si conferma positivamente stabile e coerente rispetto alleindagini degli anni precedenti, con una crescente attenzione aitemi ambientali, all’etica pubblica (corruzione) e una risposta inlarga misura ambigua rispetto al fenomeno dell’immigrazione, perquanto le mafie non possano considerarsi estranee alla sua ge-stione.Le principali differenze nell’analisi emergono, innanzi tutto, rispettoal contesto informativo e formativo: gli insegnanti e la scuola sonoimportanti e risultano e in relativa prevalenza nel primo set (GLMe)e in quello dei ragazzi disagiati (risposta sorprendentemente po-sitiva, a testimonianza del ruolo cruciale e dell’enorme potenzialedell’istruzione); il dialogo in famiglia appare più importante per il

secondo sottoinsieme (GLa); la televisione e i media sono re-lativamente più seguiti dai primi ragazzi che dai secondi, fra iquali hanno più spazio i libri e il cinema. Nel caso di questi ul-timi, l’approccio nei confronti del fenomeno mafioso parrebbemaggiormente ragionato, mediato e dunque critico, in terminicorrenti e prospettici, un dato confermato anche da una mag-giore intensità riscontrata nelle risposte relative alla reazione eal contrasto. Tale intensità è infatti più palese e manifesta nelsecondo set (genitori entrambi laureati), a fronte di una diversapercezione della pressione del crimine organizzato nelle città,maggiormente evidente nei ragazzi del primo set (e in quellodei disagiati), che comunque non attribuiscono alla mafia al-cuna valenza positiva (la sua capacità di risolvere problemi sifermerebbe allo 0,5%).Il primo gruppo stima che ci si rivolga ai mafiosi per lo più perottenere facili guadagni, il secondo attribuisce un peso mag-giore alla mancanza di una cultura della legalità e alla man-canza di occupazione. Da questo punto di vista, la nostraanalisi ha permesso di rilevare che misure governative come ilreddito di cittadinanza e il Patto per il lavoro, destinate ad alle-viare – specie nel Mezzogiorno – le condizioni di maggiore di-sagio sociale, non sembrano ancora manifestare effettisignificativi.Maggiori consapevolezze personali e sociali e un maggioreesercizio dei diritti di cittadinanza possono modificare positiva-mente percezioni, aspettative e, di conseguenza, comporta-menti, con più coraggio e minore omertà. A raccogliere ealimentare la fiducia dei giovani sono soprattutto le istituzioniscolastiche (con un insospettabile picco per i più disagiati, cheoffrono soltanto questa risposta), seguite dalle forze dell’ordinee dalla magistratura. In un quadro incerto e dinamico, la co-struzione di fiducia appare dunque ancora possibile, se fondatasu elementi relazionali forti e positivamente condivisi, al puntoda innescare, come emerge dalle risposte dei ragazzi del se-condo set, la possibile reversibilità delle tendenze in atto: lemafie possono essere sconfitte.

RiferimentiInps (2020), Osservatorio sul reddito e pensione di cittadinanza,dati cartacei, Appendice statistica aprile 2019 - gennaio 2020,disponibile all’URL https://www.Inps.it/nuovoportaleInps/default.aspx?sPa-thID=%3b0%3b46437%3b&lastMenu=52633&iMenu=1&item-Dir=51758, ultima consultazione 8 Aprile 2020 Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2020), Patto peril Lavoro e Patto per l’inclusione sociale, disponibile all’URLhttps://www.redditodicittadinanza.gov.it/schede/patti, ultimaconsultazione 9 Aprile 2020.

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Vittime di mafia “oneste e coraggiose”secondo gli studenti-detenutiRita Barbera

Le risposte date dai detenuti confermano quello che ritengosia stato il successo di questa iniziativa e cioè pensare chela popolazione detenuta abbia nel tempo (direi non più di 30

anni) fatto dei confortanti passi avanti nel processo culturale disuperamento degli schemi mafiosi ed aiutarla con questo progettoeducativo a prenderne coscienza e a confermarne il valore.Quello che infatti emerge (risposte dei punti 1, 2, 3) è che vengonoriconosciute le conseguenze sociali assolutamente negative delfenomeno mafioso: non c’è più quel riverenziale rispetto e quelconsenso che sono stati sempre la vera forza della mafia e che nehanno fatto un potente organismo di azione criminale. Se neindividuano e se ne riconoscono gli effetti deleteri. Gli studenti-detenuti infatti, pur riconoscendo talvolta la utilità praticadell’organizzazione mafiosa sul territorio, “perché dà lavoro erisolve i problemi del quartiere”, tuttavia ne hanno una lucidavisione ritenendo che sono l’assenza dello “Stato” e la mancanzadi opportunità reali che favoriscono l’attecchimento della mafia ela sua potenza. È “la fame” della gente, l’assenza di speranza per il futuro,l’ignoranza e la “mentalità sbagliata che hai acquisito nella tuainfanzia e ti porti dietro” che sostengono la mafia. Tra l’altro nonviene più riconosciuta all’organizzazione mafiosa quella forma di“assistenza” che una volta veniva assicurata a chi si trovava inuna condizione di debolezza, come appunto la condizionedetentiva, e che in un certo senso poteva favorire una positivavalutazione per l’adesione ai “valori” della mafia quali: laprotezione della famiglia, la garanzia di ristabilire giustizia neirapporti interpersonali, “risolvendo i problemi del quartiere” esostanzialmente l’attuazione immediata e di tutto questo senzafare riferimento agli organi istituzionali .Emerge poi la convinzione (Punto 3) che la mafia abbia unappoggio forte dalla politica e per tale motivo la sua sopravvivenzaè garantita da questo sodalizio. Si attribuisce il cambiamento della

mafia proprio a questo nuovo elemento: la presenza dellapolitica negli ambienti mafiosi e le si conferma, con tono distanca rassegnazione, l’invincibilità (sic!).Conseguentemente, nella maggior parte delle risposte si evinceche non ci sia una reale debolezza della mafia perché non sivedono significativi segnali di cambiamento, ma piuttosto unamodifica degli strumenti che si sono resi disponibili a causa dinuovi equilibri del mondo globalizzato e anche talvolta lapresenza degli stranieri (si legge infatti che la diminuzione degliomicidi di mafia sono dovuti al fatto che la mafia non vuoleinasprire i rapporti con forze dell’ordine o a causa di nuovemafie straniere…)La stessa rassegnazione emerge anche dall’analisi del propriofuturo e dalla utilità delle attività educative che vengonoproposte in carcere. Nessuna risposta è ottimistica (punti 8,9,10), perlopiù si fa riferimento, rispetto al proprio futuro eterminato il periodo di detenzione, ad incerte possibilità legatea competenze già acquisite nel passato o ricorrendo a“preghiere” per ottenere un lavoro: “tutti i carceri parlano dirieducazione ma alla fine non fanno niente e una volta fuori seinella stessa merda di prima …”Grande ammirazione viene espressa verso le vittime dellamafia considerate oneste e coraggiose. Affermazioni questeche dimostrano come ci sia stata un’evoluzione culturalenotevole rispetto alla lotta alla mafia. Fino a 30 anni fa nonsarebbe stato pensabile questa dichiarazione esplicita diammirazione verso uomini delle istituzioni da parte di personeche per provenienza sociale e condizionamento culturale, maiavrebbero difeso, essendo essi dall’altra parte della barricata.Infine, le risposte alla domanda conclusiva su che cosa sipotrebbe fare per rafforzare la lotta alla mafia: quasi tutte siconcludono affidando allo Stato questa impresa, ma anche“parlandone sempre di più”.

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Una versione semplificata del questionario è stata sommini-strata, per la prima volta, anche ad alcuni studenti - dete-nuti coinvolti nel Progetto educativo antimafia e

antiviolenza portato avanti dal Centro studi Pio La Torre e chestanno svolgendo all'interno delle carceri un proprio percorso distudi e formazione. Un campione ristretto, tuttavia esemplificativo,che ha seguito in streaming le videoconferenze del centro studi eche ha risposto alle seguenti domande. Un lavoro reso possibilegrazie alla preziosa collaborazione di docenti, direttori delle casecircondariali ed educatori. A questa scheda di rilevazione fa riferi-mento il saggio di Rita Barbera.

SCHEDA DI RILEVAZIONEa) Istituto; b) Sesso; c) Età; d) Tipo di reato; e) Titolo di studio; f)Eventuali precedenti attività lavorative lecite; g) Comune di pro-venienza; h) Anno di inizio detenzione; i) Condizione detentiva1) Secondo lei, quali sono gli effetti della presenza mafiosa sul ter-ritorio?2) Secondo lei cosa spinge una persona ad entrare nelle fila dellamafia?

3) Specificando a quale organizzazione mafiosa si riferiscenelle sue risposte, secondo lei, come sono cambiate le orga-nizzazioni di stampo mafioso negli ultimi dieci anni?4) Sono cambiati le modalità e i criteri di reclutamento?5) Qual è il ruolo delle donne nelle organizzazioni mafiose?6) Ci sono rapporti o collaborazioni con immigrati o con gruppicriminali stranieri?7) Secondo lei le organizzazioni mafiose si possono ritenerepiù deboli oppure no? Perché?8) Secondo lei, dovendo cercare lavoro nella sua città, cosa èpiù utile fare?9) Se sta svolgendo attività finalizzate alla rieducazione che stasvolgendo durante questo periodo, le chiediamo di indicarequali sono ed esprimere una sua valutazione su di esse?10) Come immagina il suo futuro quando uscirà dal carcere?11) Cosa pensa di coloro che hanno dedicato la loro vita allalotta contro la mafia?12) Ritiene che la mafia potrà essere definitivamente sconfitta?13) Quali sono le azioni che si potrebbero intraprende per raf-forzare ulteriormente la lotta contro le mafie?

Il questionario del progetto educativo arriva nelle carceri

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Quella sfiducia nella politicae nella forza dello StatoEnzo Ciconte

Le mie sono alcune considerazioni generali che emergonodella lettura delle risposte alle domande da parte degli stu-denti. Molte domande e molte risposte, e questo sicuramente

è un dato importante e positivo.Un dato che mi sembra di grande interesse: la conoscenza dellamafia avviene a scuola attraverso la partecipazione ad attività dieducazione alla legalità e la discussione con i compagni di classee con i docenti (V16-V17). Queste affermazioni sembrano in con-traddizione con quella di V18 che ci dice che solo metà dei do-centi tratta questi argomenti. Ma la percentuale di chi partecipa adattività di educazione antimafia è davvero imponente: 66,98% e63,49% rispettivamente per le scuole medie inferiori e scuola se-condaria superiore.A questo proposito sarebbe utile conoscere se gli studenti abbianofatto, nel corso della loro esperienza scolastica, una composizionescritta, una tesina, un tema. Questo dato potrebbe fornire infor-mazioni su come gli insegnanti abbiano affrontato l’argomento, separlandone a lezione o se impegnando i giovani ad elaborare untesto scritto, e come abbiano giudicato questa esperienza.Questo dato si può apprezzare ancor di più se si guarda alle ri-sposte di V19. Questi giovani, che sono figli del loro tempo, di-chiarano di informarsi attraverso la televisione, 54,77%, Internet,44,74%, e solo il 37% trova le informazioni sui giornali.L’altro dato interessante è il fatto che, V24, il 52,10% degli stu-denti dichiara di parlarne in famiglia e che (V21), per il 27,90%dice che se ne parla come qualcosa da combattere e il 10,84%come qualcosa da evitare con attenzione. Il totale rappresenta il38,74%, Le altre risposte che implicano un giudizio di valore po-sitivo raggiungono valori minimi, il che, probabilmente, è dovutoalla ritrosia ad ammettere che in famiglia i comportamenti nonsono poi così virtuosi al punto da avvertire la necessità di na-sconderli. E l’insieme di queste risposte si discosta di molto dalraggiungere la percentuale del 38,74% - come se gli studenti nonabbiano avuto voglia o intenzione a rispondere – mentre dovrebbeessere al contrario del 61, 26%.Che ci sia un mutamento nella percezione della presenza mafiosalo dimostra il fatto che solo il 6,43% dichiara di avvertire molto lapresenza mafiosa nella città e il 23,75 di avvertirla abbastanza(V22). E ciò forse dipende, in modo preponderante, dallo spacciodi droga che è diffuso dappertutto (V23), mentre le altre risposte,a parte le rapine (non si sa bene perché) 12,15%, hanno valori in-significanti. Nella formulazione delle domande manca l’omicidioche un tempo era considerato un elemento essenziale per con-notare il fenomeno mafioso, tanto che si faceva l’equazione mafiauguale violenza omicida.Le risposte a V24 e V25 indicano la corruzione della classe poli-tica (56,89%), della classe dirigente (50,74%) e la poca fiducianelle istituzioni (32,92%) le cause della diffusione e della soprav-vivenza delle mafie. Questo gruppo di domande hanno le rispostein termini assoluti molto alti. Ed è significativo che da una parte il19,18% indichi la sottovalutazione del fenomeno da parte delleforze dell’odine e dall’altra che il 31,99% di loro dica che la so-pravvivenza della mafie sia dovuta alle scarse opportunità di la-voro. Se a queste risposte aggiungiamo (V26) che l’l’87,57% diloro ritiene molto forte o abbastanza forte il rapporto con la politica,ne emerge un quadro desolante di sfiducia verso le classi dirigentie la politica.

Da V38 emergono due risposte che devono fare riflettere. Il23,60% dice che per cercare lavoro occorre rivolgersi ad unmafioso e il 16% ad un politico.Ci sono poi tre risposte che sono molto preoccupanti per il re-troterra culturale che esprimono: il 30,08% (V31) è convinto cheuna persona sia spinta a rivolgersi al mafioso per il bisogno dilavoro, il 37,71% (V32) è convinto che tra lo Stato e la mafia siapiù forte la mafia; il 43,38% (V47) è convinto che il fenomenomafioso non potrà essere definitivamente sconfitto.Permangono, in sostanza, convinzioni che hanno avuto lungocorso durante gli ultimi decenni; ad esempio: la mafia dà la-voro, ed è ad un mafioso che occorre rivolgersi.Fanno riflettere due altre risposte, e cioè che la mafia sia piùforte dello Stato e che non sarà mai sconfitta definitivamente.Forse vuol dire che gli studenti non hanno trovato gli strumentiadatti a far loro comprendere che, per fare l’esempio più ecla-tante, la mafia di oggi non ha la stessa forza di quella che de-cise ed eseguì le stragi che uccisero Falcone, Borsellino e ledonne e gli uomini delle loro scorte; e, ancora prima, l’omicidiodi Pio La Torre e di tanti altri uomini che hanno ricoperto ruolie incarichi rilevanti.Una riflessione storica, con un linguaggio appropriato, dalla ap-provazione della legge Rognoni-La Torre ad oggi potrebbe con-tribuire a diradare nebbie e confusioni, e forse si potrebbesuggerire agli insegnanti di seguire questa indicazione.Ci sono altre risposte che sono di particolare interesse, quellaad esempio relativa al ruolo della donna nelle organizzazionicriminali. V36 con il 58,99% indica che il ruolo della donna èmolto o abbastanza rilevante. La risposta è interessante perchésupera la convinzione consolidata che la donna non abbiaalcun ruolo nell’onorata società formata solo da uomini circon-dati da donne marginali e subalterne.Suggerimenti: porre delle domande sui figli dei mafiosi, a co-minciare da quella se ritengono possibile, o sanno, che un figliodi mafiosi possa non essere mafioso e scegliere un’altra strada,oppure se sia possibile per i minori trovare la via del riscattoabbandonando, con l’aiuto della madre o di altri familiari, ilpadre o i nonni mafiosi.Porre delle domande sulla trasmissione della cultura o dell’im-magine tramite Facebook o Instagram, e se magari conosconositi o profili particolari dove si parla dei mafiosi in termini apolo-getici.

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La visione predatoria del potere che condiziona i generiAlessandra Contino

Il quesito 49a sulla violenza di genere, posto in questa sezione,fa riferimento ad un fenomeno complesso e strutturato comequello della violenza contro le donne e verso altri soggetti

considerati per qualsiasi ragione inferiori o potenzialmente rivali,fenomeno dalle sfaccettature molteplici e dalle numeroseconcause che, seppur riconducibili al predominio di un modelloculturale dominante, assume connotazioni che necessiterebberodi approfondimenti ben lungi dal potersi dipanare in questa sede.Pur non di meno, gli elementi indicativi tratti dalle risposte fornitedagli studenti coinvolti nella ricerca sono di notevole interesse,soprattutto se si tiene conto che per questa sezione è statautilizzata la modalità risposta aperta che ha permessol’espressione di un’ampia gamma di punti di vista e di possibilicause fondanti il fenomeno esaminato.Nell’operare la classificazione delle risposte si sono distinte duemacroaree, la prima riconduce le cause della violenza contro ledonne entro uno spazio sociale, la seconda area raggruppa lecause riconducibili in un alveo personale o di coppia.La stragrande maggioranza delle risposte (67%) individua nellasfera sociale le principali cause e in particolare una mentalitàarretrata densa di stereotipi, e una generica “ignoranza”,sarebbero all’origine del permanere di comportamentidiscriminatori e molesti nei confronti delle donne (30%). Ad unlivello di maggiore specificità viene indicata la considerazionesocialmente diffusa relativa ad una presunta debolezza delledonne, che determinerebbe una discriminazione tendenzialmentebenevola, paternalista, salvo le derive che ne restringono il pienoesercizio della libertà (11%). Altrettanto significativo, anche intermini percentuali, è il tema della discriminazione causata dalpermanere di una mentalità di tipo patriarcale, dove il maschilismo,nella sua connotazione machista, si esprime con atti di prepotenzache denotano il permanere del predominio maschile su attività,

risorse e sull’esercizio di varie forme di violenza sessista (20%).Aspetto non secondario, seppure poco rappresentato in terminipercentuali, è la percezione di una tutela normativainsufficiente, dove le pene sono leggere, la cui applicazioneappare intempestiva o incostante, o dove permane la mancataconoscenza delle normative vigenti da parte delle donne stesse(4%). Infine, interessante a chiusura dell’area sociale, lacategoria di risposte che indica la scarsa considerazione dellagravità dei gesti e la minimizzazione dei danni subiti dalledonne, da parte del tessuto sociale in cui sono inserite (2%).Sul versante in cui le principali cause del permanere dicomportamenti violenti contro le donne sono principalmenteindividuate nella sfera delle relazioni personali, sono stateclassificate quasi un terzo delle risposte totali, denotando,comunque, anche nei giovani la considerazione del fenomenocome afferente l’esercizio, seppure distorto o disfunzionale,della libera scelta individuale (28%). In questa area è stataclassificata la categoria riguardante le liti fra i partner e lagelosia di entrambi i generi come causa generatrice di violenzacontro le donne, riconducendola entro una dinamica di coppia(4%), mentre ancora più sottratta all’influenza socialel’indicazione della causa nella malattia mentale o nella follia cheriguarderebbe gli abusanti, condizione che di per sé estrometteil fenomeno da una dimensione di “normalità” (4%).Interessante l’individuazione della causa nell’uso di droghe onell’abuso di alcool, che sembra contenere in nuce unagenerica indicazione alla prevenzione di entrambi icomportamenti devianti (3%). Ulteriore causa interna allacoppia ma anche dalle palesi radici sociali, l’aggressivitàconnessa alla mancanza di soldi, che tuttavia viene indicatasolo da una piccola percentuale di soggetti (2%). Infine, dinotevole interesse ai nostri fini è l’indicazione di una categoria

di risposte che individua nella considerazione delcorpo della donna come oggetto, la principale causadi violenza contro le donne (15%). Corpi consideratiad uso e consumo maschile che una volta sottratti, otentati di sottrarre, vengono reclamati con violenza,come qualsiasi altro oggetto rientrante nella sfera dellaproprietà privata.La distinzione tra le cause di carattere sociale e quelleafferenti la vita privata ha delle notevoli ricadute intermini di responsabilità, presa in carico delle vittime edei violenti così come in termini di prevenzione. Edunque palesando la distinzione tra la natura sociale epolitica del fenomeno e quella che invece riguarda lescelte di vita dei singoli soggetti.Ad osservare meglio le due distinte macroaree vi ètuttavia l’ultima categoria indicata che si pone come un

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elemento di congiunzione impossibile da relegare esclusivamentenell’una o nell’altra area: il corpo.Partire dai corpi muta i termini del confronto ed apre possibili pianidi convergenza. I corpi come luogo di violazione, il corpo violante,il corpo difeso, i corpi che manifestano la loro imperantecondizione “incarnata” nel qui e ora, che preclude qualsiasitentativo di reificazione. La pratica politica e sociale è fatta dasoggetti politici incarnati. Da un corpo, ma quale corpo?Secondo Kant la persona umana è un’entità spirituale libera erazionale, dove l’esercizio della libertà individuale, correttamenteintesa, non può entrare in conflitto con l’esercizio della ragioneche è universale. Certamente, per Kant la persona non si identificacol corpo, ma il suo modello sottolinea l’inseparabilità dellapersona dal corpo e trasferisce automaticamente a quest’ultimo ilvalore e la dignità associati alla persona. Ne deriva il divietodell’oggettivazione e della strumentalizzazione dell’individuo innome della dignità della persona.Tuttavia l’attuale modello sociale, pur attraversato dalla crisisistemica alla quale stiamo assistendo, continua a validare unsistema di capitalismo caratterizzato dalla predazione selvaggia,che invade qualsiasi campo anche quello relazionale, e dovel’uomo non ha alcun bisogno di chiedere certificati di legittimazioneetica, dal momento che esso è capace di legittimarsi da solo manmano che i corpi o parti di esso, diventano oggetto di scambionella medesima logica di mercato. La mercificazione viene spessopercepita come qualcosa che minaccia i tratti costituenti dellanatura umana. Se gli aspetti fondamentali della natura umana, chesono rappresentativi della nostra essenza profonda, vengonoreificati, cosa resta della nostra umanità?Inoltre, l’accoglimento del paradigma capitalistico e la relativacontrattazione mercantile, non dovrebbe prevedere la libera sceltae il conseguente mutuo consenso?La diffusione di una “curvatura”di tale modello dominante,caratterizzata da corruzione e metodi mafiosi, dove la predazionee la sopraffazione rendono ancor più aggressivo e inquinato loscambio umano, lo fa divenire uno spazio entro cui l’uomo puòesercitare il suo dominio, la sua signoria. Quali possibilità per isoggetti “altri” di esercitare le proprie libertà, l’autodeterminazionenell’assumere scelte che riguardano il proprio corpo?Un modello socioculturale ed economico basatosull’estremizzazione di valori quali l’egoismo, la sopraffazione, lascaltrezza, la competizione arrogante, l’uso della violenza e delpotere per imporre il proprio dominio sugli altri e sull’ambiente.Valori considerati neutri, validi per tutti, che hanno condizionatol’inconscio collettivo di uomini e donne della nostra società,divenendo prevalenti. Attraverso questi valori è stata scritta lastoria, definiti i ruoli sociali e informata l’economia e la politica.Quest’ultima perpetrando una gestione distruttiva e predatoria delpotere che, in modo sempre più distaccato dall’evoluzione socialee dal sentire femminile di ciascun essere umano, ha determinatouna condizione di squilibrio la cui crisi dei sistemi democratici, edell’ambiente nella sua globalità, ne è diretta espressione. Poterenon inteso come responsabilità generata – secondo HannahArendt – dall’azione con gli altri, ma potere come qualcosa di cuiimpossessarsi, qualcosa di oggettivo da conquistare, predare econservare, determinando una compagine sociale instabile

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fondata su chi comanda e su coloro che obbediscono, finoall’eventuale sovvertimento delle parti, con la conseguenza chel’oppressione diventa funzionale al mantenimento dellastabilità. Questo modello è messo a dura prova dall’attuale crisientropica la cui risposta richiede certamente approcci multipli edifferenziatiche consentano la ricerca e la costruzione di unnuovo senso.In questa ricerca di nuovo senso gli studenti coinvoltinell’indagine, privilegiando le interpretazioni sociali come causedella violenza di genere, sostengono questa improcrastinabileesigenza di cambiamento dove i corpi, in virtù dei propri limiti econfini, vengono definiti attraverso le relazioni che rendonopossibili vita e azione e che, dunque, possono incidere sullaconcreta conformazione dei principi di solidarietà ecorresponsabilità. Si tratta, in altri termini, di riconoscere enominare il corpo, senza annientarlo e senza reificarlo, emettendolo piuttosto al centro di una dimensione di relazionepotenzialmente trasformativa: perché altro è trovarsi di frontead una esperienza incarnata di libertà, e altro è trovarsi di frontead una esperienza di reificazione.

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12 30aprile2020 asud’europa

Come ormai da diversi anni a questa parte, ci troviamo acommentare i risultati del questionario sulla percezione delfenomeno mafioso che il Centro Pio La Torre ha

somministrato agli studenti di scuole superiori ed universitari.Come ricordiamo ogni anno, dal momento che abbiamo a che farecon un campione non rappresentativo dal punto di vista statistico,le nostre osservazioni vanno prese con cautela. E comunque –anche prendendo in considerazione e facendo un confronto con idati dello scorso anno – proveremo a trarre alcune conclusioni.Abbiamo scelto di commentare le risposte a due domandestrettamente connesse tra di loro, la V45 e la V46, nelle quali èmessa a fuoco la questione cruciale della fiducia. Piùprecisamente, nella domanda V45 gli studenti sono invitati aquantificare in “molta”, “abbastanza”, “poca” o “per nulla” la fiduciache ripongono in alcune delle principali categorie socio-professionali (banchieri, giornalisti, impiegati pubblici, insegnanti,magistrati, parroci, politici locali, politici nazionali, poliziotti,carabinieri e finanzieri, sindacalisti). Nella domanda V46, laquestione della fiducia viene riproposta chiedendo agli studenti dimanifestare il proprio grado di condivisione relativo alle seguentiaffermazioni: “gran parte della gente è degna di fiducia”, “non si èmai sufficientemente prudenti nel trattare con la gente”, “la gente,in genere, guarda al proprio interesse”, “gli altri, se ne hanno lapossibilità, approfittano della mia buona fede” e “ritengo che glialtri siano, nei miei confronti, sempre corretti”. Per quantoconcerne la prima domanda, abbiamo scelto di dividere le rispostein due macro-gruppi: da una parte la valutazione positiva (“molta”o “abbastanza” fiducia), dall’altra quella negativa (“poca” e “pernulla”, sempre relativamente fiducia). Lo scorso anno svettavanoin termini di fiducia positiva insegnanti (86,63%) e poliziotti,carabinieri e finanzieri (72,27%). Sul podio si piazzavano imagistrati (58,85%) e superavano comunque il 50% – quindi lasoglia positiva – anche banchieri (51,36%) e giornalisti (51,22%).Se guardiamo ai dati di quest’anno, si conferma la fiducia positivaassociata alle stesse categorie dell’anno scorso (insegnanti86,05%; poliziotti, carabinieri e finanzieri 77,05%; magistrati59,96%; giornalisti 53,14) e supera il 50% anche la categoria degliimpiegati pubblici (53,68%), che l’anno scorso si era fermataappena sotto la soglia positiva con il 49,96%. Si conferma, così, untrend positivo di aumento di fiducia su uno spettro più ampio dicategorie già visto lo scorso anno, tenendo conto, per esempio,che due anni fa soltanto le tre categorie di testa superavano lasoglia di fiducia positiva.

Si confermano, invece, decisamente negativi – pur mostrandoanch’essi un leggero incremento – i dati relativi alla fiduciariposta nei politici nazionali (20,31% lo scorso anno e 21,37%quest’anno), nei politici locali (23,77% lo scorso anno e 24,3%quest’anno) e nei sindacalisti (36,63% lo scorso anno e 37,71%quest’anno). I dati ribadiscono in buona sostanza un deficit intermini di fiducia nei riguardi di quelle categorie che svolgonoruoli politici e – più in generale – di rappresentanza. Già dueanni fa avevamo fatto notare che, nonostante l’ascesa politicae mediatica di partiti a forte connotazione populista, nonché dileader politici di rottura rispetto alla politica tradizionale pronti amanifestare una spiccata prossimità con il popolo, la fiduciacomplessiva nei confronti dei politici non mostrava una crescitasignificativa. Lo stesso si può dire anche in relazione ai dati diquest’anno: i politici (ma anche i sindacalisti) continuano arimanere in un cono d’ombra e lo scarto rispetto ai proprirappresentati rimane notevole. Se si considera che proprio larappresentanza, la quale costituisce la caratteristica pereccellenza della democrazia contemporanea, per funzionare inmaniera virtuosa necessariamente deve basarsi su un pattofiduciario tra rappresentante e rappresentato, allora ladebolezza di questo patto si configura come un vulnuspreoccupante del sistema politico italiano ed una potenzialeporta di ingresso a patti fiduciari deviati con “imprenditoripolitici” o sistemi di potere alternativi.Anche le risposte alla seconda domanda sono del tutto in lineacon quelle dello scorso anno e da esse emerge una sensazionedi sfiducia più ad ampio spettro nei confronti dell’altro. Come loscorso anno, la maggioranza degli studenti tende a nonconcordare (sommando “poco d’accordo” e “per nullad’accordo”) con le affermazioni “gran parte della gente è degnadi fiducia” (58,64% l’anno scorso, 57,98% quest’anno) e“ritengo che gli altri siano, nei miei confronti, sempre corretti”(67,13% l’anno scorso, 67,63% quest’anno), mentre èd’accordo (sommando “molto d’accordo” e “abbastanzad’accordo”) rispetto alle altre tre affermazioni: “non si è maisufficientemente prudenti nel trattare con la gente” (86,63%l’anno scorso, 87,85% quest’anno), “la gente, in genere, guardaal proprio interesse” (90,64% l’anno scorso, 91,61%quest’anno), “gli altri, se ne hanno la possibilità, approfittanodella mia buona fede” (80,42% l’anno scorso, 81,47%quest’anno). Presumibilmente c’è un nesso tra questi dati e ildato precedente: la relazione di fiducia su cui i rapporti sociali

si dovrebbero basare continua adessere percepita in crisi,verosimilmente a causa del fallimentodelle istituzioni tradizionali dimobilitazione e partecipazione (partitie sindacati su tutti, come visto). Ilrischio che si corre e su cui bisognavigilare, come detto, è che lacriminalità organizzata possa trovareun potenziale spazio d’azione in unasocietà caratterizzata dalla diffidenzareciproca, dove l’interesse individualediventa prevalente rispetto ad uninteresse comune, che dovrebbeinvece essere il tratto caratteristico diuna società pienamente democratica.

I giovani? Si fidano soprattuttodi insegnanti e forze dell'ordineSalvatore Di Piazza

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Meno violenza fisica, più corruzione:la strategia efficace dei bossAlida Federico

L’uso specializzato della violenza ha da sempre costituito unadelle caratteristiche distintive della mafia. Il ricorso allaviolenza quale modus operandi dei gruppi mafiosi

rappresenta, infatti, uno strumento attraverso il quale leorganizzazioni criminali e i loro sodali acquisiscono potere sullasocietà circostante, accumulano ricchezza e coltivano la lororeputazione criminale. È in virtù della violenza o della minacciacredibile del suo uso che, spesso, i mafiosi ottengono successonon soltanto all’interno del mondo criminale, ma anche al suoesterno, grazie ai processi di intimidazione e consenso che essaproduce. La violenza mafiosa è principalmente, ma non solo,una violenza fisica, che si esprime con una varietà di forme eintensità che vanno dalle “semplici” intimidazioni agli omicidi.Spesso, però, il carattere fisico dellaviolenza è accompagnato dalla valenzasimbolica che l’atto violento esprime, ossiail messaggio che gli autori di tali azioniintendono veicolare sia all’interno siaall’esterno dell’universo mafioso (a titoloesemplificativo, nel caso dell’omicidio dimafia, adempiono a questa funzionesimbolica l’incaprettamento e il metodo della“lupara bianca”). Ne consegue che laviolenza mafiosa è una violenza ragionata.Tale “razionalità”, oltre a rispondere allefinalità di potere e ricchezzadell’organizzazione e ai contenuti che lastessa intende trasmettere, fa fronte anchead un’altra esigenza: quella di trovare unequilibrio tra la necessità di limitare lavisibilità della violenza, la cui escalation aumenterebbe sia l’azionedi contrasto degli organi inquirenti sia la reazione della societàcivile, e l’esigenza di preservare la reputazione violenta. Non acaso, a titolo esemplificativo, dopo l’ondata repressiva dello Statoe il moto diffuso e spontaneo di ribellione della società civile controla violenza mafiosa a seguito della stagione delle stragi degli anni’90, cosa nostra, passata sotto il governo di Provenzano, haadottato la strategia della sommersione: meno violenza ostentata,ma sempre più affari nell’economia legale. Nel corso degli anni,quindi, la mafia ha fatto sempre meno ricorso alla violenza fisicae sempre più alla corruzione. Ha sparato sempre meno, ma haintensificato gli affari con faccendieri, imprenditori, politici,esponenti deviati delle istituzioni all’interno di un mondo in cui ivari attori che lo popolano condividono interessi comuni e per ilperseguimento dei quali non è necessario il ricorso alla violenzaagita. La minaccia credibile dell’uso della violenza è di per sésufficiente a regolare l’ordine all’interno di questi comitati, facendoassurgere gli attori criminali al ruolo di garanti degli accordi. Ilridimensionamento del ricorso alla violenza fisica da parte della

mafia sembra essere percepito anche dagli studenti dellescuole medie superiori italiane che hanno partecipato alla 13aedizione dell’indagine sulla percezione del fenomeno mafiosopromossa dal centro studi Pio La Torre nell’anno scolastico incorso. Su 1.835 giovani coinvolti, (V. 55) solo il 15,59% ritieneche la mafia fa “sempre” ricorso alla violenza fisica. Duestudenti su tre (65,83%) pensano che la mafia fa uso dellaviolenza fisica “frequentemente”. Poco più del 18%, invece,crede che la violenza fisica venga adottata “raramente”(17,93%) o “mai” (0,65%). La maggioranza dei giovani coinvoltinella ricerca – è doveroso ricordare che il campione è costituitosolo dagli studenti che hanno seguito il progetto di educazioneantimafia organizzato dal centro studi, quindi si tratta di un

campione non rappresentativo dell’interapopolazione scolastica – reputa che oggila mafia eserciti “spesso” la violenzafisica, ma non “sempre”. Il dato, se coltonella sua dimensione singola, potrebbenon essere letto come laconsapevolezza dei giovani circa il minorricorso alla violenza fisica da parte delleorganizzazioni criminali di stampomafioso. Tuttavia, se confrontato conquello delle due edizioni precedentidell’indagine, conduce verso quelladirezione interpretativa. Nel corsodell’ultimo triennio, infatti, la percentualedi coloro che ritengono che la mafiafaccia sempre ricorso alla violenza fisicasi è ridotta. Nell’indagine dell’a.s. 2017-

2018 era pari a 19,78% e in quella dell’a.s. 2018-2019 era del17,05%; mentre, come abbiamo visto, quest’anno è pari a15,59%. Non trattandosi di un campione statisticamenterappresentativo, il confronto, ovviamente, non ha una valenzaautenticamente scientifica. Serve, tuttavia, come una bussolaper cogliere il trend in atto. A sostegno di questa lettura giungeil dato riguardante la ragione che, secondo i giovani, consentealle organizzazioni di stampo mafioso di continuare ad esistere(V. 25): per il 56,89% è la corruzione. La corruzione e laviolenza, infatti, sono le due modalità attraverso cui la mafiapersegue i suoi fini. La prima, tuttavia, costituisce spesso lastrategia più efficace e, quindi preferibile, dal momento checonsente alla mafia di fare affari in maniera più protettadall’azione repressiva degli organi di contrasto e dallacondanna della società civile. Non va, comunque, dimenticatoche la corruzione è solo un’altra modalità attraverso cui siesprime la violenza mafiosa. La violenza continua ad essereun tratto identitario delle organizzazioni criminali di stampomafioso.

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La mafia si trova stretta trala necessità di limitare lavisibilità della violenza el'esigenza di preservare lareputazione violenta. Unuso meno ricorrente perce-pito dai ragazzi: solo il15,59% ritiene che la mafiafa “sempre” ricorso allaviolenza

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Se i bulli sbarcano sul webMelania Federico

Il bullismo è un concetto che implica uno schema relazionale

tra due o più protagonisti direttamente coinvolti, il bullo e la vit-

tima, e un gruppo che in vario modo osserva, partecipa ed

ignora. Numerose ricerche sociologiche mostrano come il bulli-

smo avvenga principalmente all’interno dei contesti scolastici dove

sembra essere perpetrato con maggiore frequenza dai soggetti

più giovani. Il 75,97% dei 1835 studenti della scuola secondaria di

secondo grado che hanno preso parte all’indagine del centro studi

Pio La Torre asserisce che il bullismo è un comportamento ves-

satorio tenuto continuativamente da un singolo o da un gruppo ai

danni di uno o più soggetti percepiti come più deboli. Rispetto ai

dati dell’anno precedente cresce la consapevolezza degli studenti

circa la presenza del bullismo nelle scuole. Più della metà degli

studenti intervistati rimarca, infatti, la convinzione che il fenomeno

del bullismo nelle scuole sia abbastanza diffuso (58,58%), il

26,54% pensa che lo sia molto e il 13,84% poco. Una sparuta per-

centuale di ragazzi pensa che non sia per nulla diffuso (1,04%). Il

32,37% degli studenti è venuto a conoscenza di atti di bullismo

tramite i media, il 20,33% ha assistito personalmente ad atti di bul-

lismo verso altri, il 12,37% ne è stato vittima, mentre il 4,58% ne

ha sentito parlare da persone a lui/lei vicine.

Alla domanda “Se sei al corrente di atti di bullismo, ci sono state

reazioni di persone diverse dalla vittima nei confronti dei bulli?”,

rispondono di sì il 47,14% degli intervistati, di no il 19,89%, non

so il 32,97%. Dinanzi a casi di bullismo i giovani studenti invi-

tano ad abbattere il muro dell’indifferenza e a denunciare chi

commette atti di bullismo, ma allo stesso tempo esortano al-

l’apertura di un dialogo con loro al fine di indagare sulle moti-

vazioni che stanno alla base dei loro gesti devianti. Invitano

altresì ad aiutare e a sostenere la vittima nello stesso momento

in cui è il bersaglio dei bulli, ma anche nel convincerla a chie-

dere aiuto e supporto ai genitori, agli insegnanti o comunque ad

un adulto. Alcuni studenti tuttavia invitano a prendere le di-

stanze dai bulli. Questi ultimi non agiscono quasi mai da soli,

ma sono spesso circondati da uno o più gregari che possono

avere la funzione di sostenitori o di aiutanti. Sembra, infatti, che

ricoprire questi due ruoli possa apportare ai soggetti vantaggi

di status all’interno del gruppo dei pari. Nel bullismo giocano

un ruolo importante anche i meccanismi sociali. Nella vita di

gruppo emergono sempre delle dinamiche di appartenenza e di

esclusione che durante l’età evolutiva appaiono in modo parti-

colarmente forte. In tale fenomeno queste dinamiche risultano

essere estremizzate. Col passare degli anni, il bullismo ha as-

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sunto una dimensione tale da indurre il legislatore italiano ad adot-

tare provvedimenti mirati, soprattutto in considerazione delle

nuove forme di comunicazione telematiche (come i social network)

che hanno consentito l’ulteriore espandersi di questa forma di vio-

lenza giovanile. La possibilità di agire sul web in anonimato e l’as-

senza di concreti limiti spaziali, consentita dai dispositivi

tecnologici, ha generato una nuova e pericolosa modalità di

espressione del bullismo: il bullismo cibernetico o cyberbullismo

che si esplica attraverso i comportamenti aggressivi o violenti, ti-

pici del bullismo, ma realizzandoli per il tramite di strumentazione

informatica e telematica.

Che la scuola sia un’istituzione credibile e che orienta ai valori

oltre che trasmettere conoscenze e abilità è tangibile dal fatto che

il grado maggiore di fiducia gli studenti delle scuole secondarie di

secondo grado lo ripongano negli insegnanti, seguiti dalle forze

dell’ordine e dai magistrati. Focalizzando l’attenzione sulla vio-

lenza, il 65,83% degli studenti (61,68% l’anno precedente) pensa

che la mafia fa frequentemente ricorso alla violenza fisica, il

17,93% raramente, il 15,59% sempre e lo 0,65% mai. I tipi di vio-

lenza maggiormente identificati nella società sono quella fisica e

psicologica (compresi i ricatti e le minacce), ma sono considere-

voli i rimandi al bullismo e al cyberbullismo, alle violenze di genere

e al razzismo. Secondo gli studenti si fa più ricorso alla violenza

dove c’è molta gente, come allo stadio o in discoteca (55,31%), tra

i compagni di scuola e tra gli amici (38,58%) nonché tra persone

estranee (36,73%). Solo per il 10,30% in famiglia e per l’8,07%

nell’ambiente lavorativo.

Indagando sulle relazioni sociali si è chiesto agli studenti da quali

soggetti fosse composta la loro cerchia di amici, ma nel dare la ri-

sposta non dovevano considerare i compagni di classe. I giovani

intervistati intessono relazioni privilegiate con gli amici d’infanzia,

in misura minore con gli amici conosciuti durante le attività extra-

scolastiche (centri sportivi o associazioni). Viene tuttavia rimar-

cata una certa sfiducia nelle relazioni umane: parlano, infatti, di

rapporti “basati sulla convenienza”, di non avere fiducia negli altri

dopo aver subito delle delusioni e dichiarano altresì di poter con-

siderare realmente amiche pochissime persone, due o tre al mas-

simo. Altri sostengono di non avere amici oppure che i loro unici

amici fidati sono i genitori.

I giovani si ritrovano maggiormente in luoghi di incontro all’aperto

(48,77%), nei luoghi della movida (41,14%), presso abitazioni pri-

vate (36,40%), in luoghi adibiti ad attività sportiva dunque pale-

stra, piscina, campo da tennis, campo di calcio (20,22%), al

cinema (7,52%), nelle sale giochi (3,92%), in occasione di gite

fuori porta (2,67%), o in altri luoghi quali le piazze o la parrocchia

(6,54%).

La ricerca del Centro Studi Pio La Torre focalizza, inoltre, l’at-

tenzione sui mezzi di informazione e sul loro utilizzo. I social

network sono diventati le fonti prioritarie d’informazione per il

76,08% degli studenti; seguono la televisione per il 57,49%

degli studenti e i quotidiani on line (22,67%). L’8,83% degli stu-

denti si tiene informato attraverso il passaparola, il 4,63% con

i quotidiani cartacei e il 2,02% con altro. Rispetto all’anno pre-

cedente (71,27%) si registra, seppur di pochi punti percentuali,

un incremento dell’utilizzo dei social network.

La televisione è ritenuta, tuttavia, il mezzo più affidabile

(60,54%), seguono i quotidiani cartacei (42,67%), i quotidiani

on line (23,65%), i social network (23,27%) e il passaparola

(2,78%). Il social network utilizzato dalla quasi totalità degli stu-

denti è Instagram (91,93%), seguono Facebook (23,05%) e

Twitter (6,65%). L’11,28% degli intervistati asserisce di utiliz-

zarne altri (in prevalenza WhatsApp, Youtube, TikTok e qual-

cuno anche Telegram), mentre il 5,34% dichiara di non

utilizzarne nessuno in particolare.

Cambia rispetto all’anno precedente l’utilizzo di alcuni social

network a favore di altri: si registra, infatti, un decremento del-

l’utilizzo di Facebook (da 39,64% a 23,05%) e un incremento,

seppur di pochi punti percentuali, dell’uso di Twitter (da 4,48%

a 6,65%).

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Anche quest’anno il progetto educativo antimafia promossodal centro studi “Pio La Torre”, seppur con le necessarierestrizioni previste per il contenimento della diffusione del

virus Covid-19, ha previsto la somministrazione di un questionarioagli studenti coinvolti dalle attività. In questo breve contributopresentiamo i risultati riferiti ad una delle risposte previste dallostrumento di rilevazione (quella riferita alle azioni giudicate più utilinella ricerca di un lavoro), ferme restando le raccomandazionisull’utilizzo delle evidenze, che in nessun modo devono essereriferibili alla totalità degli studenti frequentanti gli istituti diformazione superiore del territorio italiano, ma soltanto a coloroche hanno partecipato al progetto educativo. Come abbiamomesso in evidenza in altre occasioni (Frazzica 2017, 2018) glistudenti sembrano sapere come tra i fattori che facilitano ilreclutamento di quanti entrano a far parte delle organizzazionicriminali di stampo mafioso, la ricerca di facili guadagni occupi unposto di rilievo. Ne deriva che per gli stessi rispondenti agire controle mafie colpendo i loro interessi economici costituisce una dellestrategie d’intervento più efficaci, proprio perché essa indebolisceuno dei pilastri fondamentali del potere criminale: la forzaeconomica e la capacità di introdurre meccanismi distorsivinell’economia. Ciò com’è noto certamente concorre a distorcereanche le dinamiche che regolano il mercato del lavoro, specie inquei territori (non soltanto, si badi bene, in quelle aree ditradizionale insediamento delle organizzazioni criminali) e in quegliambiti oggetto degli interessi criminali. Si consideri, inoltre, che icontesti di riferimento certamente contribuiscono alla costruzionedelle valutazioni circa ciò che ragionevole attendersi dagli altri efavoriscono l’emergere di alcuni modi di adattamento alle sfidedell’ambiente, incoraggiando alcune scelte e non altre (entrodeterminate condizioni di contesto, s’intenda). In altri termini, le

aspettative sociali ricoprono un ruolo fondamentale nellavalutazione delle informazioni di cui abbiamo costantementebisogno per orientarci nell’ambiente in cui viviamo, giaccheesse ci permettono di gestire l’incertezza derivantedall’assunzione di determinate scelte, di stimare quali possibilieffetti avrà una nostra azione in un determinato tempo e in unospecifico contesto, o ancora di valutare quali possono essere lestrategie che possiamo mettere in campo per ridurre laprobabilità di una risposta indesiderata da parte degli altri,ferma restando la presenza di uno specifico obiettivo. Nellaricerca di un lavoro sembra emergere un dilemma tra ciò che vafatto, non soltanto perché rispende ad alcuni precetti giuridici,ma anche perché giudicato moralmente corretto e ciò cheinvece viene considerato dai rispondenti come più utile, perchéconsente (almeno nel sentire dei giovani) di raggiungere,appunto, l’obiettivo. Ma va sottolineato che con questaaffermazione non intendiamo descrivere come i giovani sicomporteranno, ma, seguendo un percorso di analisi aderenteai dati, ci limitiamo a restituire informazioni circa il modo (comegià rimarcato) in cui i rispondenti attribuiscono utilità alle azioniche costituiscono le opzioni di risposta, che è cosa ben diversa,ma a nostro avviso necessaria per la previsione di interventimirati a rafforzare l’architettura delle aspettative checontribuiranno a definire i percorsi di costruzione di senso allabase delle scelte da intraprendere. Fatta questa breve quantonecessaria premessa, osserviamo le risposte fornite ad unadelle domande del questionario somministrato ai giovaniquest’anno. Il quesito di cui si tratta in questo contributo è:“Secondo te, nella tua città, dovendo cercare lavoro cosa è piùutile fare?” Quest’anno la ricerca ha prodotto 1835 rispostevalide (795 maschi e 1040 femmine). Ricordiamo che i giovani

Giovanni Frazzica

Intercettare la domanda di lavoro fra utilità e rispetto delle norme

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sono stati chiamati ad attribuire il grado di importanza, da unvalore minimo ad un valore massimo, numerando, da 1, piùimportante, a 7, meno importante, le modalità di risposta. Ebbene,è alquanto chiaro che in domande formulate in questa manieraalcune modalità di risposta risultano più “attraenti”. E non è banale,come accennato sopra, supporre che alcuni giovani abbianopensato a cosa è più giusto fare per trovare una collocazione nelmondo del lavoro e non già a cosa è più utile fare. Ma, comeabbiamo ricordato altrove, se così fosse, allora lo stesso discorsovarrebbe in maniera trasversale per tutte le modalità di risposta, ameno di valutare in maniera confusa le ragioni che spingono aselezionare ora l’una, ora l’altra modalità. Al fine di non dilungarciin digressioni metodologiche funzionali soltanto a fornire rispostaa possibili quesiti che peraltro fino ad ora non sono stati sollevati,ricordiamo soltanto la non rappresentatività statistica delleinformazioni ottenute e passiamo a descrivere sinteticamente irisultati.La maggioranza assoluta dei giovani (52,21%), e questo fa bensperare, attribuisce punteggio 7 (importanza minima, loricordiamo) alla scelta di rivolgersi ad un mafioso. Ma sul totaledei rispondenti il 23,6% attribuisce valore massimo a questamodalità di azione. Ecco, andando oltre la valutazione circal’efficacia percepita da molti dei soggetti coinvolti dal progettoeducativo antimafia, guardiamo ora ad alcune delle altre scelteche i giovani ritengono più utili. Al primo posto, troviamo“frequentare un corso di formazione professionale”, individuandonell’acquisizione delle competenze una delle armi vincenti per lapropria realizzazione. Per il 22,83% dei giovani, “rivolgersi ad un

centro per l’impiego” è anche da collocare al primo posto.Anche “partecipare ad un concorso pubblico” è la scelta piùutile per il 22,83% degli studenti. Ma sono ancora molti coloroche individuano in altri comportamenti le strategie più fruttuoseper il raggiungimento dei propri obiettivi. Tra questi 305 sonocoloro che attribuiscono valore 1 alla pratica di rivolgersi ad unpolitico, 433 quanti invece riconoscono alle organizzazionicriminali il potere di collocare utilmente nel mercato del lavoro,186 i giovani che hanno sottolineato invece la scelta di avvalersidi rapporti di amicizia e 235 gli studenti che ritengono piùproficuo avvalersi di rapporti familiari. Non intendiamo in questasede soffermarci oltre ad osservare i risultati ottenuti negli anniscorsi. Ma non nascondiamo che anche quest’anno cisaremmo aspettati, a fronte dei successi raggiunti dalle azionidi contrasto alle organizzazioni criminali che hanno esitatonell’erosione del patrimonio dei mafiosi, risposte sensibilmentepiù confortanti e una maggiore efficacia percepita circa le azionivirtuose da intraprendere per rispondere in modo adeguato allerichieste del mercato del lavoro. Evidentemente siamo ancoradistanti, non solo dal rafforzamento di un clima di fiducia neiconfronti delle istituzioni, che non giocano certamente un ruolodi secondo piano, ma anche da un incremento dell’autoefficaciapercepita (per citare il noto concetto di Bandura) riferita alleproprie azioni, al proprio bagaglio di competenze e allestrategie che ciascuno può attuare per raggiungere l’obiettivodella realizzazione professionale.

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Abbiamo completato, nonostante l’emergenza coronavirus,il 13° anno del progetto educativo del centro studi Pio LaTorre. È possibile misurare il mutamento intervenuto in

questi anni nella percezione del fenomeno mafioso da parte dellemigliaia di adolescenti coinvolti? Per rispondere alla domanda èsembrato utile analizzare il questionario mettendo a confronto lerisposte fornite negli ultimi cinque anni, periodo di tempo congruoa verificare continuità e discontinuità degli atteggiamenti dei gio-vani cui è stato somministrato. Abbiamo a tal fine selezionato al-cuni quesiti particolarmente adatti, a nostro avviso, a delinearelinee di tendenze generalizzabili, pur nella limitatezza e casualitàdell’universo statistico.I primi due quesiti individuati richiedevano la valutazione dei reci-proci rapporti di forza tra Stato e mafia (si fa anche l’ipotesi che ab-biano pari forza) e una risposta esplicita sulla possibilità di unasconfitta definitiva del fenomeno mafioso. L’evoluzione nel quinquennio delle risposte alla prima questioneappare interessante.La percentuale di coloro che sono convinti della maggior forzadello Stato è costantemente cresciuta (con l’eccezione del 2017),ma non supera comunque un quinto degli intervistati. Pressochédella stessa percentuale è aumentata la quota dei “non so”. Sonoinvece diminuiti di oltre cinque punti i sostenitori della forza pre-ponderante della mafia, che tuttavia restano oltre il 37%. Som-mando anche coloro che pensano che Stato e mafia siano fortiallo stesso modo - quasi si trattasse di due entità statuali distintee contrapposte - si arriva nel 2020 al 64,30%, 9,24 punti in menorispetto a cinque anni fa; ma si tratta sempre dei due terzi del cam-

pione. Se è certamente positivo il progressivo riequilibrio a fa-vore dell’opzione “Stato”, è tuttavia necessario chiedersi per-ché sia cosi diffusa l’idea di una mafia più forte delle istituzionistatuali. È legata alla fascia d’età dei partecipanti? Ovvero c’èdietro un elemento di sfiducia nella capacità delle istituzioni ditrovare la forza per espellere definitivamente il fenomeno ma-fioso dalla nostra comunità? Eppure, com’è stato osservato loStato ha segnato in questi anni punti importanti a suo favore. Lamafia stragista dei corleonesi è stata sconfitta, il numero degliomicidi fortemente ridotto, anche se senza dubbio “Cosa no-stra” continua ad esistere e le varie forme di criminalità orga-nizzata presenti in Italia, la ‘Ndrangheta in particolare, hannosteso la loro ombra anche su pezzi dell’economia delle regionidel Centro-Nord. Sembra cresciuta, in particolare nelle nuovegenerazioni, la sfiducia negli organismi statuali intesi in sensoampio: di fronte al quesito se la mafia sarà mai definitivamentesconfitta, la curva delle risposte piega addirittura verso il pes-simismo. Nei cinque anni oggetto di analisi la percentuale dei“si”, cioè di coloro che sono convinti della non eternità dellamafia e della possibilità di eliminarla è scesa dal 33,97% al25,56 con un continuo digradare. È cresciuta proporzional-mente la percentuale dei “non so” (3,01%) e si è impennata diben 5,84 punti quella dei “no”. Con le opportune cautele, non èazzardato ipotizzare che in quest’idea di invincibilità della cri-minalità mafiosa abbia pesato anche il clima generale delpaese, per esempio l’incremento della corruzione e delle in-chieste giudiziarie che vedono insieme sul banco degli imputati,

Cresce la fiducia nello Stato, cala laconvinzione sulla sconfitta della mafiaFranco Garufi

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politici (o amministratori locali), affaristi, mafiosi, ma potrebberoanche aver influito elementi generazionali che inducono a posi-zioni di radicalità.Vediamo ora se e come è cambiato l’approccio degli intervistaticon le fonti di informazione. In questo caso, per brevità e chia-rezza ci limiteremo al confronto tra l’anno iniziale e finale del quin-quennio. Delle due domande che consentono di approfondire iltema, la prima riguarda l’approccio individuale.Il quesito è stato introdotto solo nel 2018, ma alcuni mutamentison chiaramente individuabili. Nell’arco di un biennio si è deter-minata una crescita dell’utilizzo dei social network dal 69,88% al76,08%, seguito dall’incremento dei quotidiani on line passati dal19,82% al 22,67%, a scapito della televisione, dei quotidiani car-tacei e del passaparola.L’altra richiesta impone invece unascelta attiva di carattere qualitativo,nel momento in cui propone un giudi-zio di adeguatezza su come i mediaaffrontano il fenomeno della crimina-lità organizzata. Qui torniamo al con-fronto tra i due anni estremi delquinquennio. Una semplice occhiata consente dicapire quanto rapida ed ampia è statoin questi anni la variazione del pesorelativo dei vari media. La televisioneconserva la leadership, accrescendola percentuale del 7,79%. Internet ècresciuta di oltre dieci punti. Netta è laflessione dei giornali a stampa chesono scesi di 7,44 punti e diventano laterza fonte di notizie. Com’era imma-ginabile, è in diminuzione la percen-tuale dei libri, stretti dalla nuovetecnologie informatiche e dall’e-book,

mentre scivolano verso il basso cinema e radio. Da notare chesono davvero pochi coloro che non si informano. Non sarebbesuperfluo il prossimo anno introdurre nel quesito anche un ri-ferimento all’uso degli smartphone che ormai sono diventati ildevice più diffuso anche in quella fascia d’età. Giunti a questopunto, è sembrato utile verificare se e quanto sia cambiata nelcorso degli anni la disponibilità ad impegnarsi personalmente inqualche attività utile a contrastare la mafia.È cresciuta la consapevolezza dell’importanza dei diritti. Ri-vendicare i propri diritti, a partire da quello all’istruzione ed al la-voro e rispettare i diritti degli altri appare l’impegno centrale,cresciuto nel 2020 del 4,85% rispetto a cinque anni prima. Ri-dimensionata appare, per contro, l’area della sfiducia e del di-simpegno. La somma delle ultime tre opzioni (“il singolo nonpuò fare nulla”; “non è un mio problema”; “non so”) è infatti ca-lata dal 13,30% al 11,61%.Alcune conclusioni. Negli ultimi cinque anni il progetto educa-tivo si è confrontato con i mutamenti intervenuti nella societàe nella situazione generale del paese ed ha saputo fornire aipartecipanti una lettura del fenomeno mafioso adeguata allacomplessità della realtà. Alle conferenze che hanno presen-tato, da punti di vista differenti, l’evoluzione della criminalitàorganizzata, si sono aggiunti l’approfondimento sulla violenzadi genere e una riflessione originale sul bullismo che ha tro-vato un’audience notevole tra i partecipanti. Il fatto che, pur con percentuali in decremento, una quota no-tevole di intervistati continui a sostenere che la mafia è più fortedello Stato può essere probabilmente conseguenza della tur-bolenta fase politica attraversata dal Paese e dell’impressioneche può derivarne di un indebolimento dell’azione delle istitu-zioni rappresentative. Ha pesato probabilmente anche il cre-scente numero di procedimenti giudiziari che vedono sul bancodegli imputati pubblici amministratori insieme a politici e ma-fiosi, ma anche la presa di coscienza che la corruzione è lo stru-mento oggi più usato dalle mafia per penetrare le istituzioni. Daciò deriva, probabilmente, un giudizio negativo sul ruolo delloStato, che può coinvolgere anche corpi, come la magistraturae le forze dell’ordine che, invece, in questi anni hanno condottocon costanza ed efficacia l’azione di prevenzione e contrastodella criminalità organizzata ottenendo risultati di rilievo....

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Antonio La Spina

Come negli anni precedenti, accingendomi a commentare irisultati di questa rilevazione effettuata nel 2020 devosottolineare che i 1835 questionari non vanno considerati

un campione statisticamente rappresentativo. Di conseguenza, irisultati ottenuti non sono generalizzabili. Tale non estendibilitàvale non solo rispetto alla popolazione italiana, visto che si trattadi soggetti che si concentrano in una certa fascia d’età, ma anchecon riguardo al segmento della popolazione costituito daglistudenti italiani frequentanti le stessi classi. Ciò sia perché compilasolo chi lo desidera, sia soprattutto perché gli istituti e al lorointerno le classi che aderiscono lo fanno a seguito dellapartecipazione dei docenti al progetto educativo, sicché ci siallontana molto dal campionamento casuale. Inoltre, visto chegran parte delle domande vertono su fenomeni riconducibili allemafie e questi ragazzi sono coinvolti in attività di educazione allalegalità con i loro professori, c’è da pensare e sperare che detteattività abbiano effetto, il che implica che le idee dei rispondentisul fenomeno mafioso saranno in media diverse e un po’ piùinformate rispetto a quelle dei loro coetanei che invece nonpartecipano a iniziative del genere, le quali com’è noto non sonopreviste in forma obbligatoria nelle scuole italiane.Un’incrementata sensibilità antimafia si potrebbe in linea diprincipio associare ad un’attenzione anch’essa più viva versoambiti diversi della cultura della legalità, di cui dico appresso.Ovviamente per avvalorare e stimare quantitativamente quantoappena detto sarebbe necessaria una rilevazione di controllo susoggetti che non abbiano avuto esperienza di educazione

antimafia, che purtroppo è al di fuori della nostra portata.Va poi ricordato che prima dell’emergenza coronavirus erastato stabilito che nel prossimo anno scolastico ripartissel’insegnamento dell’educazione civica che nel 2019 è statoreinserito per legge. Anche se al momento in cui scrivo non èancora chiaro quali saranno i suoi contenuti, è evidente che letematiche di cui si occupa questa nostra rilevazione e il progettoeducativo nel suo complesso hanno forte attinenza all’ambitodell’educazione civica. Peraltro, da alcuni anni a questa partenel questionario sono state inserite anche domandespecificamente riguardanti il senso civico. Si può quindipresumere che in futuro ciò che stiamo facendo da tanti annisarà da coordinare con una formazione quella sì erogata atappeto in tutte le scuole.Tornando al rapporto tra i rispondenti e i loro docenti, misoffermo sulle risposte che lo concernono. Alla domanda V16(Con chi discuti maggiormente di mafia?), il 62,51% dice che lofa appunto con i docenti (a seguire, molto distanziati, vengonoi familiari, con il 32%). Circa i due terzi dei rispondenti, poi,hanno partecipato ad attività di educazione antimafia in anniprecedenti. Nelle risposte alla domanda sul grado di fiducia neiconfronti di varie categorie di persone, la categoria degliinsegnanti ha il risultato nettamente migliore tra tutte (il 37,60%se ne fida “molto” e il 48,45% “abbastanza”).I rispondenti fanno ovviamente riferimento anche ad altre fontidi informazione “su ciò che accade nel mondo”. Assai pochi traloro ai quotidiani cartacei (4,63%), non molti ai quotidiani online(22,67%), più della metà (57,49%) alla televisione, mentre il76,08% attinge ai social network, in questa domanda evocatinel loro insieme. Guardando poi all’interno dei social, colpisceil primato schiacciante di Instagram (91,93%), che adessostacca di netto anche Facebook (usata dal 23,05%), puressendo possibile barrare fino a due alternative di risposta (nel2018 invece il 64,33% dei nostri rispondenti di allorafrequentava Facebook e l’81,60% Instagram). Com’è noto,Instagram privilegia le immagini, i video, la vita on line. Talievoluzioni sono anche interessanti in una prospettiva piùgenerale, avendo rilievo per problemi quali il pluralismo dellefonti informative, la compressione della lettura edell’approfondimento, gli antidoti a una ricezione acritica dinotizie e sollecitazioni infondate (fake news, post-verità).Con riguardo ai doveri civici, questa nostra popolazione dirispondenti (che, ribadisco, non è un campione statisticamenterappresentativo), potendo selezionare anche qui fino a duerisposte, per il 61,47% ha ritenuto il comportamento piùscorretto “evadere le tasse” e per il 47,90% “non rispettarel’ambiente”. Invece l’alternativa “assumere lavoratori in nero”ha ottenuto il 37,82 e “non andare a votare” il 20,27%.“Impegnarsi per gli altri e per la comunità in cui vivi” (di nuovo

I giovani tra mafia,civismo e social network

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massimo due risposte) per il 69,10% significa soprattutto“dedicarsi a chi ha bisogno”, per il 44,80% “difendere l’ambiente”,per il 26,98 “fare volontariato all’interno di un’associazione”. Unadomanda sulla mafia che si intreccia con il civismo è quella su ciòche “dovrebbe fare ciascuno di noi per sconfiggere la criminalitàdi stampo mafioso”. Il 38,53% ha indicato il “non sostenerel’economia mafiosa (ad esempio non acquistando droghe… mercecontraffatta etc.)”, il 26,16% il “rivendicare i propri diritti e rispettarei diritti altrui”, il 17,38% il “non essere omertoso”. Quest’ultimasarebbe la risposta in linea teorica più pertinente di tutte, ma vaanche riferita al vissuto concreto dei ragazzi, sicché andrebbeapprofondito come si distribuisce tra di essi. Per gli studenti neicui quartieri di residenza la presenza mafiosa non si avverte, ilproblema dell’omertà non si pone immediatamente al livelloindividuale, mentre è appunto possibile e importante evitare dialimentare l’economia mafiosa.Interessanti anche le risposte alla domanda V49c, inserita per laprima volta quest’anno, circa “l’aggressività e la violenza verso leminoranze e i soggetti deboli in genere” che si hanno nel nostroPaese. Ben il 47,90% crede che siano in aumento, solo il 15,48%che stiano calando. Quanto al bullismo, per il 26,54% è “molto”presente “nelle scuole”, per il 58,58% “abbastanza”, il cheunitamente alle risposte alla domanda precedente fa squillare unforte campanello d’allarme. Quest’anno sono state inserite anchedue domande a risposta aperta che richiedono una trattazione aparte: “nella nostra società le donne in particolare continuano aessere vittime di discriminazione, molestie, violenza fisica,assassinio. Secondo te quali sono le cause?”; “quali altrecategorie di soggetti deboli, oltre alle donne, secondo te sonofrequentemente vittime di aggressioni e violenza? Da parte di chi?Per quali ragioni?”.Venendo specificamente alla mafia, i rispondenti (che risiedono invarie parti d’Italia, con una prevalenza al Sud) ritengono le loroconoscenze in proposito scarse nel 30,52% dei casi, sufficienti nel62,13%, ottime nel 5,67%. Il 22,67% di loro pensa che nellapropria regione le organizzazioni mafiose siano molto presenti, il54,93% abbastanza, il 20,93% poco, l’1,47% per nulla. Hannoavvertito la presenza della mafia nella loro città per niente il20,82%, poco il 38,09%, abbastanza il 23,71%, molto il 6,43%.Per coloro che l’hanno avvertita almeno un poco (massimo duerisposte) le attività più indicative di detta presenza sono per il45,99% lo spaccio di droga, per il 20,87% il lavoro nero, perl’1,85% la tratta di immigrati. In effetti tanto la spaccio di drogaquanto il lavoro nero possono aversi anche in assenza di uncoinvolgimento delle mafie, mentre l’attività caratteristica di talisodalizi veniva considerata l’estorsione. È interessante che,rispondendo alla domanda V38, il 47,25% del campione ritengavia sia un “rapporto fra organizzazioni di stampo mafioso eimmigrazione” (a fronte dell’1,85% di cui sopra che ritieneindicativa la tratta degli immigrati). Anche in questo caso, va dettoche l’immigrazione illegale può non essere affatto gestita dallemafie. Le brutali e spietate organizzazioni criminali che gestisconolo human trafficking in genere non vengono ritenute mafiose. Ineffetti però le risposte alla V38 colgono un punto che in generaleè meritevole di approfondimento. Vi è anche una domanda V39aperta, ove non pochi ragazzi enfatizzano la condizione disfruttamento e soggezione in cui versano gli immigrati nelle loro

risposte. Queste andrebbero sottoposte ad un’apposita analisi.Quanto alla domanda V24, sulle “cause della diffusione delfenomeno mafioso nelle regioni centro-settentrionali” (max 2risposte), il 56,89% indica la “corruzione della classe politicalocale”, il 29,86% la “ricerca di nuovi territori per il riciclaggiodel denaro sporco”. Per il 18,69% la mafia incide moltosull’economia della regione in cui risiedono, per il 46,59%abbastanza, per il 19,46% poco. Fermo restando che l’analisiandrebbe arricchita tenendo conto quantomeno dei luoghi diresidenza, queste risposte denotano già in primaapprossimazione una consapevolezza dell’avvenutaestensione del problema anche al Centro-Nord. Per il 65,07%dei rispondenti “lo Stato non fa abbastanza per sconfiggere leorganizzazioni di stampo mafioso” e per il 74,55% queste ultime“sono forti perché si infiltrano nello Stato”.In definitiva, come ogni anno, seppur entro i limiti detti all’inizio,connessi a un impegno di ricerca basato essenzialmente sullavolontarietà da parte sia dei rispondenti e delle scuole, sia di chilavora al questionario, alla rilevazione e al suo commento,emergono risultati di grande interesse, che possono in qualchemisura contribuire tanto a comprendere le trasformazioni delmondo adolescenziale, le percezioni dei fenomeni criminali, leconcezioni della cittadinanza, quanto a valutare e potenziare,nonché ove opportuno arricchire, riorientare e affinare, l’attivitàformativa e i messaggi che essa trasmette.

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Solo un ragazzo su dieciha fiducia nei giornalistiConcetto Prestifilippo

Solo un ragazzo su dieci ripone molta fiducia nei giornalisti.Questo il dato emerso dal report annuale del Centro studi“Pio La Torre”. Uno striminzito undici per cento che, biz-

zarramente, accomuna giornalisti e parroci. Gli stessi giovani chenella quasi totalità, il novantadue per cento, si affidano a Insta-gram per informarsi. Il ricorso ai quotidiani cartacei non supera ilcinque per cento dei consensi. Lo sconforto di queste percentuali,tratteggia un cambiamento epocale. Numeri che infondono smar-rimento.Dunque, scrittori e giornalisti non sono più i riferimenti formativi.Siamo al cospetto di ineffabili istantanee, fotogrammi, post, link enon di Leonardo Sciascia o Vincenzo Consolo. Scrittori che hannoscosso coscienze non solo con i loro libri ma, soprattutto, con laloro scrittura di intervento nei giornali. Sappiamo quasi tutto dellaMafia, quella con la emme maiuscola. Lo sappiamo grazie alle pa-role degli eroi sciasciani, come il capitano Bellodi. Sappiamo quasitutto grazie a libri come “Cosa Loro. Mafia tra cronaca e rifles-sione”, di Vincenzo Consolo (Bompiani 2017). Una raccolta di in-terventi su quotidiani e riviste che tratteggia mezzo secolo ditragica storia italiana. Conosciamo quasi tutti i protagonisti e gliaccadimenti grazie alle cronache di guerra dei grandi cronisticome Attilio Bolzoni, Piero Melati e Francesco La Licata. Il ri-scontro era quotidiano. Era affidato alle gloriose cronache di gior-nali come “I Siciliani” e “L’Ora”. Per intere generazioni, laconsapevolezza del fenomeno mafioso portava la firma di MauroRostagno, Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Mario Francese, edi tanti giornalisti che hanno pagato con la vita la ricerca della ve-rità. Il report del Centro studi Pio La Torre dice che non è più così.La percezione di questo fenomeno ha cambiato protagonisti e me-dium. Siamo passati dai fotogrammi neorealisti in bianco e nero,alle pagine di opalina iridescenza dei social. Dalla Sicilia dei capi-

tani dei carabinieri agli eterni commissari delle fiction. Fino agiungere al cospetto del Vietnam digitale delle fake news. Quelterrificante quattro per cento di ricorso ai quotidiani cartacei èil dato dal quale partire. La mafia, quella ormai variegata, quellacon la emme minuscola, lo ha già fatto. La mafia muta come ivirus. Adesso c’è ma non si vede. Rischia di rendersi, ancorauna volta, invisibile. Ci sono voluti fiumi di inchiostro per snidarla, per sapere quasitutto. Articoli, libri, verbali di commissioni, relazioni antimafia.Questo nuovo scenario digitale, rischia di fornire alle organiz-zazioni mafiose una giungla inestricabile di approdo. Giornali-sti, scrittori, operatori sociali, intellettuali sono chiamati amisurarsi con questa nuova frontiera digitale. Una mutazionedei linguaggi e degli strumenti da intraprendere con il mondodella scuola. Già, perché i dati del report del Centro studi Pio LaTorre, indicano che la percezione del fenomeno mafioso è de-mandata, quasi interamente, alla scuola. Insegnanti e forma-tori chiamati, anche loro, ad un cambiamento epocale.Paradossalmente, con studenti che possiedono maggiori abilitàinformatiche dei formatori. La stragrande percentuale degli in-segnanti italiani (51 anni l’età media, fonte Anief), hanno fre-quentato un ciclo di formazione quando ancora non era entratoin funzione il primo personal computer e non esisteva internet.Dunque, è questa la riflessione necessaria sui dati del reportannuale del Centro studi Pio La Torre. Riflessione come il fe-nomeno fisico che indaga sulle zone opache. É la stessa sot-tile linea che separa la “Luce e l’ombra”. Per dirla con un titolodi un altro grande scrittore, Gesualdo Bufalino. É l’impercettibilelinea che separa dalla luce solare accecante delle estati sici-liane e l’ombra imperscrutabile dell’antica Mano Nera.

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Quelle icone che fanno presa sui giovani, tra mille contraddizioniSalvatore Sacco

La tredicesima indagine sulla percezione del fenomenomafioso da parte degli studenti degli istituti superiori in Italia,realizzata dal centro studi Pio La Torre, si caratterizza per

alcuni aspetti di grande interesse ed estrema attualita. Assiemeal riconfermarsi di alcune tendenze emerse nelle precedentiedizioni, infatti, emergono nuove caratteristiche per certi versianche incoraggianti. Primo tra tutti va rilevato come il messaggiodi combattere per il proprio futuro e il proprio pianeta trasmessodall’attivista svedese Greta Thunberg, icona della lottaambientalista, sembri contagiare anche gli studenti del nostroPaese, anche se con implicazioni non univoche, suscitando neigiovani talvolta sentimenti contrastanti su cui e opportuno riflettereattentamente in sede di analisi.In sintesi questo messaggio ambientalista fa da catalizzatore divettori positivi, spingendo i giovani aconsiderare importante il rivendicare i propridiritti e rispettare i diritti altrui, rafforzando laloro fiducia nella capacita dello Stato dicombattere una mafia ritenuta ancoraabbastanza forte, accrescendo laconsapevolezza dell’importanza disconfiggerla definitivamente. Al contempo,pero, risulta in sensibile rafforzamento ilfenomeno del bullismo e cio, per moti aspetti,appare in contraddizione con quantoevidenziato sopra, anche perche questadinamica sembra concentrarsi proprio nelleregioni centromeridionali e, soprattutto, inSicilia.Entrando nel merito dell’indagine, va rilevato ilfatto che il questionario e rimastosostanzialmente immutato rispetto a quellodell’anno precedente, cosi comel’impostazione complessiva; dunque, pur contutte le cautele interpretative, un confronto frale due indagini puo essere effettuato,ottenendo risultati da ritenere perlomenoindicativi.Nello specifico va evidenziata la diminuzionedelle interviste effettuate che passano a 1835-contro le 2722 dello scorso anno- per via dellapandemia da Coronavirus che ha costretto allachiusura anticipata delle scuole. Per quantoriguarda l’eta dei partecipanti, i ragazzi inseritinel campione che rientrano nella fascia fra 14e 19 anni sono circa il 98% degli intervistati,

come quelli del campione della scorsa indagine, con unamaggiore presenza degli studenti che frequentano il 3° e il 4°anno (rispettivamente il 44% e il 30% del totale campionecontro il 42 e il 27% dello scorso anno) e rispetto ai frequentantiil 5° anno (il 24% contro il 26%).Dal punto di vista territoriale, un aumento delle interviste hainteressato principalmente le regioni del Nord Italia (passandodal 24% al 29% dello scorso anno) mentre si conferma la Siciliala regione con la maggioranza delle interviste effettuate. Neldettaglio un aumento delle interviste realizzate nel Nord hariguardato il Piemonte (da 55 a 83) e la Liguria (da 24 a 39); nelCentro-Sud ha riguardato essenzialmente il Lazio (da 45 a141), mentre si registra una forte diminuzione, invece, deglistudenti intervistati in Puglia (da 150 a 65) e in Campania (da

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giovani del Centro Sud e della Sicilia.Se la maggior parte del campione ha riconfermato chele attivita illegali piu indicative della presenza mafiosanella propria citta sono spaccio di droga e rapine(passata dal 60% al 58% del campione), e diminuita lapercezione della corruzione della classe dirigentecome il fattore che permette alle organizzazioni distampo mafioso di continuare ad esistere (passatadall’8% al 7% del campione). Tale percentuale vainserita pero in un contesto secondo il quale tra lecause della diffusione del fenomeno mafioso nelleregioni centro-settentrionali vi è “La corruzione dellaclasse dirigente”, che e aumentata dal 52% al 57%secondo gli intervistati. È un aspetto interessante che

consegue alle modalita attraverso cui si attua lastrategia di espansione territoriale delle varieorganizzazioni mafiose.Rispetto all’anno precedente, invece, esensibilmente diminuita la percentuale di studentiche e d’accordo con l’affermazione che “Lo Stato ela mafia coincidono” - passando dal 30% al 25% -mentre e aumentata quella di coloro che ritengonoche “Lo Stato e piu forte perche lo Stato siamo tuttinoi” (dal 31% al 36% degli intervistati).La vera novita di questa edizione e la cresciutapercentuale di coloro che ritengono “Non rispettare

l’ambiente” un comportamento piu scorretto (il 48% deglistudenti rispetto al 42% dello scorso anno) piu di “Assumerelavoratori in nero” o “Evadere le tasse” (tavola 5).Un’altra evidenza positiva che va segnalata e come il crescenteclima di rispetto del pianeta che si e instaurato nel Paese inquest’ultimo periodo sembra contagiare in maniera significativai giovani, cosicche l’impegno per gli altri e per la comunita in

144 a 41).Sembrerebbe nel complesso lievemente diminuita la percentualedi giovani che percepiscono la mafia un fenomeno molto eabbastanza diffuso nella propria regione (il 78% contro l’82% delloscorso anno) sebbene cio non sia confermato a livello territoriale(tavola 1). Tuttavia diminuiscono le informazioni che gli studentipensano di avere sul fenomeno mafioso: il 30% degli intervistatiritiene di avere scarse conoscenze sul fenomeno mafioso (tavola2); di contro sono aumentate le occasioni didialogo con l’ambiente esterno su questo tema,soprattutto con i compagni ed i docenti (dal76% all’82% dei giovani) confermandol’importante ruolo educativo della scuola (tavola3).È rimasta poi pressoche costante, pari a circa il32%, quella di coloro che ne parla in famigliamentre e aumentata quella di chi non “parla connessuno” di questo argomento (il 10% control’8% dello scorso anno).Da notare, per quanto riguarda i mezzi dicomunicazione che informano adeguatamentesul fenomeno della mafia, come il campioneattribuisca ancora il maggior peso ad un mediatradizionale quale la televisione, anche se inlieve diminuzione (il 55% contro il 56% delloscorso anno), mentre cresce fortementeinternet che risulta ancora meno utilizzato,anche se in forte aumento (dal 38% al 45%);cio si verifica con una intensita molto alta fra i

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cui si vive che gli studenti ritengono importante e “difenderel’ambiente” (il 45% dei rispondenti rispetto al 39% dello scorsoanno) insieme a “dedicarsi a chi ha bisogno” (il 69% degliintervistati come lo scorso anno) (tavola 6).Probabilmente pero il messaggio ambientalista di Greta suscitanei giovani sentimenti contrastanti nei confronti di alcuni paradigmidi civilta evidenziati chiaramente dall’indagine. In questo scenarioambientalista e di rispetto degli altri va segnalato, come giaevidenziato in premessa, l’aumento della percezione delfenomeno del bullismo nelle scuole (concentrato proprio nelleregioni centromeridionali e, soprattutto, in Sicilia ) seppureaccompagnato dalla cresciuta l’importanza di sconfiggere lacriminalita di stampo mafioso rivendicando i propri diritti erispettando i diritti altrui (tavole 7 e 8).A conferma di cio si registra la continua diminuzione dei giovaniche ritengono utile “fare volontariato all’interno di un’associazione”(dal 28% al 27%), mentre al contempo il 69% dei rispondentipensa che impegnarsi per gli altri e per la comunita in cui vivisignifichi soprattutto “dedicarsi a chi habisogno”. Verrebbe da chiedersi se ciosignifichi identificare chi ha bisogno solocon gli stretti appartenenti alla propriacomunita o, al massimo, coi propriconcittadini o connazionali.A rendere piu cupo questo dato e ladiffidenza dei giovani: gran parte delcampione ritiene che non si e maisufficientemente prudenti nel trattarecon la gente: il 36% e molto d’accordo

con tale affermazione, insieme al 50% che eabbastanza d’accordo (erano, rispettivamente, il33% ed il 52% lo scorso anno).Premesso che la mafia oggi fa ricorso alla violenzafisica per la maggioranza del campione, propriocome lo scorso anno, a peggiorare le relazioni e laconvivenza e l’aumento di coloro che ritengono cheil contesto dove si fa piu ricorso alla violenza e “tra icompagni di scuola e tra gli amici” (con unapercentuale stabile al 38%) e non dove c’e moltagente, come allo stadio o in discoteca (con unapercentuale che passa dal 60% al 53%).Un’ulteriore analisi del tessuto relazionale confermache i giovani preferiscono incontrarsi nei luoghi dellamovida, cioè locali dove e possibile consumare cibie bevande, (dal 39% al 41%) insieme a quelli adibitiad attivita sportive (palestra, piscina, campo datennis, campo di calcio, ecc.) stabile al 20% deirispondenti. Tuttavia una percentuale piuttostoelevata sente l’obbligo di incontrare con maggiorefrequenza i propri pari “in luoghi d’incontro all’aperto”(dal 43% al 48%), probabilmente un contributo dellagiovane attivista Greta alla sensibilita ambientale deiteenager.In conclusione una riflessione di carattere piugenerale: i giovani sembrano sempre piu sensibili

alla veicolazione di messaggi trasmessi dalle iconeglobalizzate: nel caso dell’ambiente, ad esempio, si tratta divalori positivi, ma analogamente potrebbe verificarsi perdisvalori negativi. Peraltro, con specifico riferimento ai contenutivaloriali piu complessi, c’e il rischio che si trasmettano solo glislogan, senza una piena e consapevole presa di coscienzadell’intera problematica e, conseguentemente, dellaassunzione di comportamenti coerenti e non contraddittori.Sotto questo aspetto si riconferma l’importanza di attivaresempre di piu occasioni formative degli studenti, attraversoforme partecipative ed interattive, in grado di stimolarli adassumere concreti impegni sociali, sollecitando il desiderio didibattito all’interno ed all’esterno dei propri gruppi diappartenenza. Ed è proprio questa la finalita precipuadell’indagine sulla percezione qui commentata che, infatti, einserita in un progetto di creazione di cultura antimafia piuampio, portato avanti meritoriamente dal Centro Studi Pio LaTorre.

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Il lucido cinismo dei giovaniIsaia Sales

Quello che emerge da questa indagine è unaconsapevolezza forte degli intervistati rispetto al fenomenodelle mafie che non appaiono ai loro occhi secondo gli

stereotipi della criminalità violenta, ma vengono lucidamenteconsiderate come qualcosa di più subdolo, come organizzazionicapaci di infiltrarsi nell’economia, di costruire relazioni e rapporticon il mondo della politica. Emerge così un’interpretazione che glistudiosi ritengono un fatto acquisito: le mafie sono violenza che sifa potere stabile e si relaziona con i poteri istituzionali.Sono i politici locali e nazionali, coerentemente a questeindicazioni, ad essere considerati i soggetti meno degni di fiducia.Se forze dell’ordine e magistrati continuano a rappresentare unbaluardo nella difesa della giustizia, la politica appare agliintervistati quasi come “scollata” dal senso vero dello Stato, ipolitici non appaiono parti funzionali allo Stato o al suo buonandamento, ma da questa indagine sembra quasi che “reminocontro”. È un fatto positivo indubbiamente che la politica nonvenga identificata nello Stato, ma appare anche un dato che devepreoccupare: la politica sembra qualcosa di lontano se non dicontrapposto all’idea di Stato.La politica per effetto di queste considerazioni non è neppurevagamente considerata come una possibilità di impegno verso ilprossimo; l’impegno passa per “fare qualcosa per chi ha bisogno”(per il 70% del campione), fare volontariato (per il 27%), il sensocivico si rappresenta con una particolare, e probabilmente isolata,attenzione all’ambiente (45%).Gli insegnanti sono i veri punti di riferimento istituzionali deiragazzi, sono le istituzioni più vicine ovviamente ma anche quellepiù degne di fiducia. È a scuola che si parla di mafia, se ne parladi più che nelle famiglie (62% contro 32%), tuttavia non nelle orecurriculari, le mafie non risultano parte di programmi “tradizionali”ma solo argomenti specifici di progetti ad hoc. Le mafie vengonotrattate come questione criminale, non come parte della storiad’Italia. E questo è sicuramente un limite: tutto sono le mafietranne che fenomeni estranei alla storia d’Italia. Quando fenomenicriminali durano tanto a lungo, quando essi rompono facilmentel’argine entro cui si pensava fossero storicamente e socialmenteconfinati, e quando tutti i tentativi di reprimerli o di ridimensionarlisi sono dimostrati inefficaci o non definitivamente risolutivi, ciò vuol

dire che le mafie non sono riducibili solo a «storia criminale»,ma fanno parte a pieno titolo della storia italiana. Perché sefossero solo delle criminalità organizzate sarebbero state dalungo tempo sconfitte o ridimensionate, come è avvenuto nelcorso della storia per tutte le forme criminali che si sonocontrapposte alle istituzioni vigenti, appunto come è successocon i banditi, i pirati e i briganti. Se dopo due secoli dalla loronascita in Italia ciò non è ancora avvenuto, vuol dire che leragioni del loro successo non si possono rintracciare solo nelle“qualità criminali” ma nell’intreccio di queste qualità con levicende storiche delle classi dirigenti italiane e del loro concretooperare nella costruzione della nazione.La presenza della mafia sul territorio in cui si vive è tuttosommato poco avvertita (poco per circa il 38% degli intervistati,niente per quasi il 21%), sembra qualcosa che viaggiasottotraccia, un fiume invisibile di cui si percepisce la presenzasoltanto in attività apertamente criminali; le attività che vengonoconsiderate maggiormente mafiose sono quelle legate allospaccio di sostanze stupefacenti (per il 46% circa delcampione). I ragazzi, intervistati circa le cause della fortunadelle mafie, lucidamente individuano nel “sostegno esterno” adesse la loro cifra distintiva. La corruzione dei politici è per il 57%circa del campione la causa delle mafie al Nord ed è anche laragione della loro lunga perduranza storica per il 51% circa.E questa convinzione è confermata dalle risposte che i ragazzidanno circa il legame tra politica e mafia. È un legame cheviene percepito come ben presente, visto che è definito comemolto forte dal 33% del campione, abbastanza forte dal 54%.Sommando le due risposte è possibile affermare che unagrande maggioranza degli intervistati, l’87% circa, non solo nonnega i legami tra mafia e politica ma li riconosce chiaramentee ne individua un ruolo importante.Anche il legame delle mafie con l’economia è riconosciuto. Lemafie influiscono abbastanza sulla economia per il 47% circadel campione. E il 23% del campione afferma chebisognerebbe colpire la mafia nei suoi interessi economici percombatterla, contro il 21% circa che afferma sia importantecombattere la corruzione e il clientelismo come strumentoantimafia. Tuttavia il ruolo delle organizzazioni ex art. 416 bisc.p. nella vita di tutti i giorni appare più sfumato. La pericolositàappare sfumata, infatti il 20% del campione circa dichiara chele mafie non ostacolano la vita quotidiana dei cittadini normali,e il 31 % afferma che la ostacola poco. Quindi più della metàdegli intervistati, il 51% sottovaluta il fenomeno, mentre quasiil 27 % considera le mafie un grande ostacolo, 20 puntipercentuali sotto rispetto a chi non le ritiene un grave problema.Per il 43% il fenomeno mafioso non potrà esseredefinitivamente sconfitto contro un 25% di sì, d’altra parte lamafia è considerata più forte dello Stato dal 38% del campionecontro il 20% che considera lo Stato più forte. Questa sfiduciaappare essere però una costante nella vita degli intervistati, nonsoltanto in tema di mafie.In generale si percepisce una chiara sfiducia dei giovaniintervistati nei confronti degli altri che vengono ritenuti coloroche fanno il proprio interesse (per il 54%), o che ne approfittano(per il 42%), evidenziando un desolante 96% totale di sfiducianei propri simili.

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Escludere le mafie dal banchettodelle ricostruzioni post virusErnesto Ugo Savona

Intervengo quest’anno sulla traccia del commento dell’annoscorso seguendo il filo della domanda n. 47, cioè la possibilitàdi sconfiggere il fenomeno mafioso. Anche quest’anno il

43,38% risponde di no. Aumenta leggermente il pessimismorispetto all’anno scorso o meglio si tratta di un pessimismo quasistabile che riguarda l’ineluttabilità della mafia in Italia e delle sueconseguenze. Commento oggi in epoca di Corona virus questi datirilevati durante l’autunno-inverno 2019-2020.Che cosa c’entra il Corona virus? Si sta discutendo molto in questigiorni sul dopo. A epidemia conclusa e a macerie economiche,sociali e forse anche istituzionali fumanti, ci sarà bisogno diricostruire tutto e, per farlo, avremo davanti un debito pubblicoenorme, molta disperazione sociale ed istituzioni deboli. Che sonoquelle che ci hanno guidato fino a qui e che hanno permesso losviluppo dei fenomeni mafiosi.Davanti a questo scenario le organizzazioni criminali siriprenderanno dal loro silenzio e tenteranno di recuperare quantohanno perso a causa della forte azione di contrasto condotta inquesti anni contro di loro da polizie e magistratura. Lo scenariopeggiore è quello di un continuo conflitto politico su scelte estrumenti per la ricostruzione con tempi lunghi per i sussidi e aiuti.Lo scenario migliore è una nuova ed acquisita consapevolezzadella classe politica italiana verso una visione condivisa eresponsabile di che cosa fare e come per ricostruire l’Italia,intervenendo in modo massiccio sui modi di produzione normativa,semplificandola, sulla sua chiarezza e sulle procedure allocative.Con interventi massicci per fare ripartire le imprese ed aiutare icittadini veramente bisognosi, sconfiggendo il partito delle dilazionie delle macchinosità. Terreni fertili per le infiltrazioni criminali.Ritornando alla domanda ed alle risposte al questionario abbiamooggi davanti due strade. Quella di ridurre ulteriormente lapossibilità di sconfiggere il fenomeno mafioso e quindi di farlocrescere. Oppure quella di approfittare della contingenza del viruse attaccare con strumenti moderni lo sviluppo economico delleorganizzazioni criminali ed eliminare la loro diffusionenell’economia legale. Vediamo alcuni possibili linee di azione iniziando dai presupposti:Siamo e saremo nei prossimi mesi in una condizione di forte crisieconomica con la perdita ulteriore di capitale imprenditoriale edumano. Abbiamo bisogno di aiuto finanziario dall’Europa chepossa permettere la ripresa economica e sociale e lo sviluppodegli investimenti. Per fare questo abbiamo bisogno di un Paesecredibile nella spesa pubblica e nell’uso dei finanziamenti europeiche potranno arrivare;Il tessuto etico del Paese è lacerato da istituzioni fragili e regole

confuse unite ad un individualismo crescente che tollera, ed incerti casi favorisce, l’illegalità. I continui condoni, le leggi adpersonam ed il dibattito politico di questi ultimi anni polarizzato trasovranismo ed europeismo ha accresciuto il disfacimento etico delpaese compromettendone la sua modernizzazione. Fuga deicapitali, delle imprese e delle persone sono alcuni degli effettipalesi di questa miscela tra un paese ad etica bassa ed istituzionifragili;In sintesi abbiamo bisogno di ricostruire la credibilità del paeseperché solo in questo modo potremo ricevere gli aiuti che ciservono. Ci vorrebbe un lungo investimento in robustezza delleistituzioni top down ma c’è poco tempo per farlo. Dobbiamo

cominciare subito con processi bottom up a livello di istituzionilocali a cambiare velocemente le regole e rafforzare i processiche escludono le mafie dalla tentazione di partecipare albanchetto delle ricostruzioni dopo il Corona virus. Per farequesto abbiamo bisogno di escludere dai tavoli degli aiuti e deisussidi che ci arriveranno le organizzazioni criminali che sistanno preparando all’evento come hanno sempre fatto inoccasione del dopo calamità naturali.Molti di noi nell’ambito della ricerca stanno lavorando sul dopoe per noi che ci occupiamo di organizzazioni criminali leraccomandazioni relative a piani diversi, sono le seguenti:Un immediato ed intenso processo di semplificazionenormativa sul lato delle entrate e delle spese. Significa ridurree semplificare leggi e regolamenti che disciplinano le entratefiscali e tributarie e ridurre la quantità di leggi leggine eregolamenti che disciplinano le uscite. Un lavoro immenso delquale si parla da tempo e che forse il Corona virus puòstimolare ad iniziare in modo serio e sistematico. Forse questoci potrebbe rendere credibili;Una grande attenzione alla scrittura delle leggi e regolamentinecessari alla ricostruzione del dopo Corona virus. Dovrannoessere semplici, trasparenti, comprensibili con tempi definiti. Èstato provato da ricerche condotte a livello europeo che lalegislazione, dopo calamità naturali, è criminogena cioèproduce opportunità criminali. Ci sono molti esempi negativiriguardo a tutti i terremoti successi in Italia da quello di Messinadel 1909 a quello dell’Aquila del 2009. Ci sono, anche se rari,esempi positivi come la ricostruzione del ponte Morandi aGenova. Procedure di impact assessment sugli effetti dellaproduzione normativa sulla criminalità dovrebbero essere resiobbligatori come avviene oggi a livello europeo.Avviare un immediato sviluppo dell’analisi di rischio diinfiltrazioni criminali. Oggi sappiamo che questo è il processosviluppato dalle organizzazioni criminali, ma sappiamo anchemolto sui soggetti, sul modus operandi, sui settori privilegiati esulle procedure messe in essere dalle organizzazioni criminaliper iniziare, condurre e completare questo processo, sia inItalia che all’estero. Abbiamo cioè oggi la possibilità di fareanalisi dettagliate di rischio infiltrazioni per settoridell’economia, per territori, per tipo di imprese. Queste analisidi rischio, opportunamente informatizzate, permetterebbero difiltrare i casi a rischio da quelli non a rischio e dotare gliinvestigatori di strumenti analitici efficaci ed efficienti, in gradodi guidarli ad ulteriori approfondimenti investigativi. Riducendocosì il rischio che le organizzazioni criminali si siedano albanchetto della ricostruzione. Anche questo un ulterioregradino verso il recupero di credibilità etica e istituzionale delnostro Paese.In sintesi il Corona virus nel suo dopo può essere una grandeoccasione di rinnovamento istituzionale raccogliendo le migliorienergie per condurlo. Un modo per ottenere dall’Europa ibenefici che chiediamo ma anche per raccontare ai prossimistudenti del corso di formazione alla legalità del Centro Pio LaTorre che possiamo illuderci che la criminalità organizzata nonsolo non è ineluttabile ma può essere sconfitta, irrobustendo leistituzioni e modernizzando il nostro Paese.

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Quelle sottili differenze di genere nella percezione della mafia

Giunge al suo tredicesimo anno il Progetto educativoantimafia, promosso dal centro studi Pio La Torre, chevede coinvolte le ultime tre classi degli istituti superiori di

diverse regioni italiane, oltre a studenti di diversi atenei.Parallelamente a questo progetto è stato attuato uno studio sullapercezione giovanile del fenomeno mafioso. A tutti gli studentipartecipanti viene somministrato un questionario che, analizzato,fornisce un ottimo spunto di ricerca per riflettere sul come la scuolapossa essere un mezzo educativo efficace ed efficiente nellatrasmissione dei principi di legalità. Va precisato, per chi legge,che non ci si trova di fronte ad un campione probabilisticostatisticamente rappresentativo, poiché i dati acquisiti rispecchianosolo la posizione di coloro che hanno risposto volontariamente alquestionario inviato alle scuole. Il presente lavoro di analisi parteda una ipotesi di ricerca avviata da chi scrive lo scorso anno efinalizzata a verificare se la percezione del fenomeno mafiosopossa essere influenzato dalla differenza di genere: ossia se visiano differenze da parte dei giovani, rispettivamente, di sessomaschile o femminile, nel trattare un argomento come cosa nostra.Il metodo di analisi si basa su una lettura incrociata di tre set dirisposte al questionario: quello generale, utilizzato come gruppo dicontrollo, e due sottoinsiemi del campione, su due versanti oppostidella distribuzione statistica, estratti in base al sesso. I duegruppi/campione sono stati denominati con M (maschi) ed F

(femmine). Purtroppo, occorre precisare che un possibile puntodi debolezza del confronto campionario potrebbe essererappresentato dalla diversa numerosità dei sottoinsiemiprobabilistici rappresentati. Al fine di una appropriata lettura deidati statistici, bisogna, pertanto, sottolineare che fra i duesottoinsiemi esiste una differenza numerica di risposte pari an. 245 (= 13% del totale), stante che le n. 1835 risposterisultano così distribuite: gruppo F - questionari compilatin.1040; gruppo M - questionari compilati n.795.Date queste premesse, si può adesso procedere alla lettura deidati rilevati. Si è ritenuto prendere in esame solo quelledomande dalla cui analisi si è giudicato di poter otteneremaggiori spunti di riflessione: si tratta degli item V15, V16, V18e V36. Nei primi tre si è esaminato il rapporto fra l’argomento“mafia” ed i giovani, focalizzando le “persone” ed i “luoghi” in cuiil fenomeno viene affrontato; mentre, con la domanda V36 si èesaminato qual è il loro pensiero rispetto al ruolo della donnaall’interno della mafia.In relazione alla domanda V15 - Come valuti le tue attualiconoscenze sul fenomeno mafioso? - nel gruppo di controllosi legge che ben il 62,13% degli intervistati ritiene di avere unaconoscenza sufficiente del fenomeno (dato tutto sommatopositivo rispetto alla giovane età degli intervistati); al secondoposto la percentuale del 30,52% di chi ritiene le proprie

conoscenze scarse, mentre il 5,6%dichiara un’ottima conoscenza e, dicontro, il 1,69% le ritiene nulle.Confrontando i dati con i gruppicampione, notiamo che nella rispostasufficiente non sussistono significativevariazioni tra i due gruppi/campione,poiché registriamo in M il 60,75%sufficiente ed in F il 63,17% sufficiente.Stessa cosa per la risposta Nulle: M il2,52% ed F l’1,06%. I dati cheregistrano una lieve differenza sonoquelli inerenti alle risposta ottime escarse, in quanto con M pari all’8,68%ed F pari al 3,37%, la risposta ottimeconoscenze segnala come i ragazziritengano di possedere una maggioreconoscenza del fenomeno mafiosorispetto alle ragazze. Mentre, conriguardo alla risposta scarseconoscenze, i dati pari per M al 28,05%e per F al 32,40%, dimostrano che leragazze giudicano di possedere dellescarse conoscenze, avvalorando il datonumericamente inferiore riportato dalle“ottime conoscenze” e, al contempo,confermando il risultato dei ragazzi che

Giuseppina Tesauro

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ritengono di possedere unaconoscenza maggiore rispetto a loro inquesto campo. Il confronto con i datirilevati lo scorso anno (2018/19)conferma questo risultato.Alla domanda V16 - Con chi discutimaggiormente di mafia? - la rispostacon percentuale più alta è A scuola coni docenti ( 66,06%); poi, troviamo Infamiglia (33, 65%) e Fuori dalla scuolacon amici (14,62%); a questi fannoseguito A scuola con compagni (15,67%) e Nessuno (9,62%). Anche inquesta domanda le risposte dei duegruppi campioni confermano i dati delloscorso anno. Qui si evidenziano alcunesignificative differenze su talunepreferenze accordate alle risposte.Abbiamo un variare dei numeri dellepercentuali fra M ed F riguardo allarisposta: In classe con i docenti, overisulta più alta la percentuale delgruppo F ( 62,51%) rispetto ad M(57,86%). Per ciò che riguarda ildiscuterne In famiglia mantiene semprela percentuale più alta il gruppo F(32,04%) rispetto ad M (29,94%). Alcontrario, si alzano le percentuali maschili nelle risposte Fuori dallascuola con amici - M (26,16%) F (19,62%) - e A scuola con icompagni - M (19,62%) F (17,38%) -. Uguale per entrambi i gruppila risposta Nessuno M (9,94%) F (9,75%). La lettura chepossiamo dare a questi dati si ritrova ad essere non dissimile daquella dell’anno precedente. Le ragazze preferiscono parlare diun argomento come la mafia solamente quando si trovano adiscuterne in compagnia di adulti (famiglia, docenti) o quandosono in situazioni deputate a trattare il suddetto argomento (scuolae casa). Rispetto ai ragazzi, le ragazze discutono di meno delfenomeno mafioso in compagnia di coetanei (amici e compagni discuola). Si conferma ancora buona (26,16%) la percentuale deiragazzi che, oltre alle discussioni avviate in classe con i docenti eda casa con i genitori, affrontano l’argomento nel tempo libero congli amici e, pertanto, anche quando si trovano al di fuori degliambiti scolastici e familiari.Per quanto riguarda la domanda V18 - I docenti della tua classetrattano argomenti che ti aiutano a conoscere il fenomenodella criminalità organizzata? - al gruppo di controllo risulta cheil 51,01% degli intervistati ha risposto: No, mai/raramente; mentreil 48,99% ha risposto: Si, spesso. I gruppi campione alla primarisposta - No, mai/raramente - si pronunciano con: M al 48,68% edF al 52,79%. Alla seconda risposta - Si, spesso – M al 51,32% edF al 47,28%. Come si può ben notare i due gruppi non sonoconcordi nelle risposte riferite. Leggendo questo item in unaverifica di dati incrociati, possiamo affermare che i dati del gruppodi controllo subiscono l’influenza delle risposte delgruppo/campione F, secondo il quale per il 52,79% (più dellametà) gli insegnanti non parlano mai in classe di criminalitàorganizzata. Dato confermato dalla seconda risposta che vedesempre l’influenza del gruppo F rispetto al gruppo M sul datofinale. Anche questi dati rispecchiano quelli riportati lo scorso

anno.Esaminando le risposte alla domanda V36 - A tuo avvisoquanto è rilevante il ruolo della donna nelle organizzazionicriminali? - si osserva che nel gruppo di controllo le rispostecon la più alta percentuale hanno dei numeri quasi uguali aigruppi campione. Il 44,69%, pensa che il ruolo delle donne siaAbbastanza rilevante, mentre il 36,57% lo ritiene Pocorilevante; agli estremi più bassi si collocano le risposte Moltorilevante (13,30%) e Per nulla rilevante (5,45%). Nei gruppicampione non si registrano significative differenze nella letturaincrociata dei dati: Abbastanza rilevante M (44,28%) ed F(45%); Poco rilevante M (36,76%) ed F (36,44%); Moltorilevante M (12,83%) ed F (13,65%); e Per nulla rilevante M(6,16%) F (4,90%). Le risposte ci confermano i dati dello scorsoanno, cioè di una quasi speculare visione del ruolo della donnaall’interno della criminalità organizzata. Molto probabilmente gliintervistati, indipendentemente dal sesso, percepiscono ladonna come un soggetto che ha delle potenzialità criminali talida poter avere un compito ben preciso all’interno di “cosanostra”.Per concludere questa breve analisi, così come per lo scorsoanno, si è osservato come non esistano significative differenzenelle risposte fornite dai due gruppi campione M ed F,eccezione fatta per la domanda V16 - Con chi discutimaggiormente di mafia? - e V18 - I docenti della tua classetrattano argomenti che ti aiutano a conoscere il fenomeno dellacriminalità organizzata? -, ove si è evidenziato che (V16) iragazzi sembrano discutere di criminalità organizzata oltre checon docenti e familiari anche con amici, comportamento nonattuato dalle ragazze. Sono, invece, le ragazze a ritenere, innumero maggiore rispetto ai ragazzi, che a scuola i docenti nontrattano adeguatamente i temi riguardanti la criminalitàorganizzata.

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La forza delle mafie? Nella zona grigiaAlberto Vannucci

Irisultati del questionario 2019/20 in buona sostanza risultanocoerenti con il quadro che era emerso nelle rilevazioni deglianni precedenti. Non si tratta di un’immagine confortante. La

realtà rappresentata nelle percezioni degli studenti intervistatisembra coerente con il quadro descritto dall’ultima relazione 2018della Commissione parlamentare antimafia, che sottolinea larilevanza della “zona grigia” nelle strategie di espansione e diconsolidamento delle organizzazioni criminali. Corruzione,influenza opaca, utilizzo di informazioni ricattatorie sono preferibilialla coercizione, in quanto più efficaci e meno costose nel loroimpiego: “ci sono fenomeni corruttivi in cui non sono implicateorganizzazioni mafiose come, per esempio, nello scandalo delMOSE di Venezia, ma le inchieste sull’Expo di Milano, sulla sanitàin Lombardia e in Piemonte, o quelle in Emilia-Romagna (solo percitarne alcune) dimostrano sempre più che corruzione e mafie siaccompagnano con una naturalità e unaserialità che non possono lasciareindifferenti gli studiosi”. Neppure glistudenti intervistati rimangono indifferenti.La linearità delle risposte fornite,relativamente coerenti nel corso del tempoanche nelle percentuali, mostrano unaconsapevolezza ormai sedimentata daparte degli studenti – in parte imputabileanche alla qualità degli specifici percorsiformativi intrapresi –che “la forza dellemafie” sempre più spesso risiede in fattoriesterni al perimetro della attività criminaliin senso proprio. Alla domanda su qualisiano i “reati sentinella”, ossia quelleattività sintomatiche della presenzamafiosa nella propria città (V-23), dopo letradizionali attività criminali (spaccio didroga per il 46%, rapine per il 12%,estorsioni per il 3%, sostanzialmente analoghe ai valori dell’annoprecedente) gli studenti intervistati indicano il degrado ambientalee urbanistico nonché le criticità nelle attività economiche e nelcontesto sociale (lavoro nero per il 21%, abusi edilizi per l’8%,discariche abusive per il 3%, tratta di immigrati per il 2%). Lapresenza di canali di comunicazione e scambio occulto con gliamministratori pubblici è considerata condizione facilitante esegnale della probabile sussistenza di tutte le altre manifestazionidi irregolarità e illegalità. Manipolare voti e consenso, ossia pagaretangenti ai pubblici dipendenti (7% delle risposte) e tramitecompravendita del voto (4% delle risposte) sono riconosciutecome “segnali di mafia”. La sfiducia verso la politica el’amministrazione che trova conferme occasionali in inchiestegiudiziarie, ma evidentemente traggono alimento anche daesperienze quotidiane e racconti familiari, specie in quei contestiterritoriali dove le organizzazioni mafiose svolgono il ruolo dipropiziatrici, intermediarie e garanti dei relativi accordi e attivitàillecite. La domanda successiva (V-24) si concentra sulle causedi diffusione del fenomeno mafioso in regioni centro-settentrionali.Gli spunti interpretativi della domanda precedente trovano quielementi di conferma. Il fattore che più contribuisce a dare energiaespansiva alle mafie è rappresentato dalla corruzione della classepolitica locale – così risponde il 60% degli studenti, percentualealtissima e sostanzialmente stabile rispetto al 60% dell’anno

precedente. Una classe politica corruttibile diventa il magneteche attira soggetti mafiosi in aree di attività economica ad altoprofitto: l’edilizia nei lavori pubblici e privati, l’urbanistica,gestione dei rifiuti e dei servizi pubblici, etc... Non solo lapolitica, ma anche la finanza e i valori sociali contano. Secondogli intervistati le mafie migrano o “delocalizzano” attivitàcriminali anche nella ricerca di nuovi territori per il riciclaggio didenaro sporco (con il 30% delle risposte, valore identicoall’anno precedente), la mancanza di senso civico (con il 24%delle risposte, in crescita rispetto all’anno precedente), e lasottovalutazione del fenomeno da parte delle forze dell’ordine(20% delle risposte). Si tratta di fattori diversi, avente matriceeconomica, culturale, istituzionale, che convergono però nellaspiegazione della facilità con cui la presenza mafiosa favorisceprocessi di “ibridazione criminale” con realtà professionali,

economiche, finanziarie nel Centro-Nordd’Italia. Un tema che negli ultimi anni haacquisito nel discorso pubblico una grandesalienza, è indicato dal 12 per cento degliintervistati come significativo per comprenderela diffusione mafiosa: l’immigrazione. Si trattacomunque di un valore in calo significativorispetto al 17 per cento dell’anno precedente.Alla questione successiva: “cosa permette alleorganizzazioni di stampo mafioso dicontinuare ad esistere” (V-25) le risposterisultano coerenti con il quadro diinterpretazione emerso dalle precedentidomande. La corruzione della classe dirigentespicca con il 51% di risposte affermative –percentuale costante rispetto all’annoprecedente – come il fattore prevalente cuiimputare il perdurante successo delle mafie,accanto ad altri fenomeni patologici che

investono il rapporto cittadini-Stato: il 13% si concentra sulperdurare del clientelismo (anche questo caso stabile rispettoall’anno prima). Sono segnalati anche altri fattori di matriceeconomica, come la scarsità di opportunità lavorative (32%) eil basso livello di sviluppo (14%); o di ordine culturale, come lamentalità dei cittadini (40%), la poca fiducia nelle istituzioni(24%), la mancanza di coraggio dei cittadini (28%) – tutti valoriin linea con quelli dell’anno precedente. Un disincanto verso loStato e la classe politica che inevitabilmente si riflette nellerisposte all’ultima domanda, sul rapporto tra fenomeno mafiosoe mondo della politica (V-26). Anche nella rilevazione 2019-2020, come negli anni precedenti, un esito quasi plebiscitariodisegna una politica troppo spesso accondiscendente,complice od ostaggio dei poteri criminali: per l’88% degliintervistati il rapporto è molto (33%) oppure abbastanza forte(54%), per appena l’8% debole o inesistente, quest’ultimapercentuale almeno in crescita rispetto al 3% dell’anno prima.Un piccolo, quasi impercettibile segnale di speranza in unarappresentazione che vede prevalere le tinte fosche: è nelletroppe aree grigie dove si incontrano e si mescolano politica,imprenditoria e criminalità che risiede la radice più profonda evelenosa del fenomeno mafioso. Ed è in quel contesto cheoccorrerebbe dunque operare con più forza e determinazionenell’azione di prevenzione e contrasto.

Corruzione, manipola-zione dei voti, ricercadel consenso, clienteli-smo sono per i ragazzichiari segnali di mafia.Per il 51% la corruzionedella classe dirigente èciò che permette alle or-ganizzazioni mafiose diesistere

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Progetto educativo: una rete di scuole contro l’oppressione mafiosaAntonella Lombardi

Per il tredicesimo anno consecutivo il Centro Pio La Torre hapromosso il Progetto Educativo Antimafia, rivolto agli stu-denti dell’ultimo triennio della scuola media superiore. Ini-

ziative, incontri, dibattiti che hanno coinvolto migliaia di studenti intutta Italia. Lo scopo principale, come ogni anno, è quello di diffondere l’in-formazione critica sul nodo storico del rapporto mafia, affari, poli-tica. Quello del questionario, qui illustrato e commentato e di cuinelle pagine a fianco potete leggere i risultati completi, è solo unodegli aspetti su cui si sono concentrate le attività.Un lavoro possibile grazie alla collaborazione sempre attiva deidocenti e dei dirigenti scolastici che permettono, anno dopo anno,di perfezionare e arricchire proficuamente il lavoro. Di seguito tutti gli istituti coinvolti nel Progetto Educativo Antima-fia 2019-20:

Sicilia

Agrigento:ITC L. Sciascia; Liceo Classico Empedocle, Agrigento; LiceoScientifico Statale “G. B. Odierna”, Favara; Liceo ScientificoE.Fermi- Sciacca;

Caltanissetta:Liceo Majorana“, Liceo Classico “Virgilio”- Mussomeli; ITAS “LuigiRusso” Caltanissetta

Catania:Liceo artistico “M. Lazzaro”, Catania

Enna:Ist. Istr. Sup. “Gen A.Cascino”, Piazza Armerina; IIS “E. Majorana”,Piazza Armerina; ICS “Falcone-Cascino”, Piazza Armerina.

Messina:Liceo A. Manzoni-Mistretta; Liceo “Sciascia-Fermi”, S.Agata diMello; ITET “Tomasi di Lampedusa”, S. Agata di Militello; ITIS“E.Torricelli”, Sant’Agata di Militello; Istituto d’Istruzione seconda-ria superiore S. Pugliatti, Taormina

Palermo:Liceo classico “Garibaldi”, Liceo classico “Vittorio Emanuele II”,Liceo classico “Meli”; ITGo “Paraltore”; Istituto di Istruzione Su-periore “Vincenzo Ragusa e Otama Kiyohara – Filippo Parlatore”;Liceo scientifico “Benedetto Croce”; I.T.C.G. “Duca degli Abruzzi”;Istituto superiore “F.Ferrara”; ITC “Crispi”; Liceo Artistico “Al-meyda”; Itet “Pio La Torre”; Istituto tecnico “Marco Polo”; Ipssar“Cascino”; Ipssar “Paolo Borsellino”; Ipssar “Piazza”, Istituto Su-periore “Majorana”; Liceo scientifico “Galilei”; ITI Vittorio EmanuelIII; Liceo delle Scienze Umane e Linguistico “Danilo Dolci”. Ipsia“Salvo D’Acquisto”, Bagheria; ITCG J. Del Duca Cefalù; LiceoScientifico “G. D’Alessandro”, Bagheria; Liceo classico “F. Sca-duto”, Bagheria; Liceo Scientifico “N. Palmeri” Termini Imerese,Partinico; Liceo Failla Tedaldi, Castelbuono; Istituto C.A. Dalla

Chiesa Partinico;

Ragusa:IPSAR Guglielmo Marconi Vittoria; ITCG “E. FERMI” Vittoria

Siracusa: IST. SUP. “M. Raeli“ Noto; Istituto Monacda - Lentini

Istituto “Archimede”(liceo, itis, iptc),

Trapani:Ist. Tecnico “G. Caruso”, Alcamo

Italia

Basilicata:Liceo Scientifico “Pier Paolo Pasolini”, Potenza; Istituto“G.Peano”, Marsico Nuovo, Potenza; Istituto “G.Fortunato Pis-ticci”, Rionero in Vulture (Pz)

Campania:Istituto Genovesi (Na); IIS Mattei-Fortunato Eboli (SA);

Emilia Romagna:IIS “A.F. Formiggini”, Sassuolo; TAS “F.lli Navarra” Ostellato -(Fe)

Lazio:Istituto tecnico industriale “Faraday”, Ostia;; Liceo ChrisCappel, Anzio (RM); I.T.C. “Vittorio Bachelet”, Roma; .T.T. “AN-TONIO PACINOTTI” , Fondi (Latina)

Liguria:ISS “G.Falcone”, Loano (Sv); ITN A. Doria (Imperia)

Lombardia:IISS “G.Greggiati”, Mantova; Liceo “Teresa Ciceri”, Como; Liceo “ Olga Fiorini”Busto Arsizio

Piemonte:Liceo “Domenico Berti”, Torino;

Puglia:Liceo Scientifico Federico II di Svevia, Altamura; IIS Copertino,Lecce; ITC “De Viti-De Marco”, Triggiano (Ba); ITT “ModestoPanetti”, Bari; I.T.E. e Liceo Linguistico Statale “Giulio Cesare”Bari

Veneto:IIS “De Amicis”, Rovigo; Liceo “Tron”, Schio (Vi);

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Il questionario utilizzato per l’indagine

QUESTIONARIO SULLA PERCEZIONE DEL FENOMENO MAFIOSO

V1) Nome della Scuola; V2) Comune; V3) ProvinciaDATI SOCIO-ANAGRAFICIV4) Sesso; V5) Età; V6) Comune di residenza; V7) ProvinciaV8) Regione; V9) Classe 1. 3° anno2. 4° anno 3. 5° annoV10) Titolo di studio della madre: 1. scuola media inferiore2. scuola media superiore 3. laureaV11) Titolo di studio del padre:1. scuola media inferiore2. scuola media superiore 3. laurea

V12) Cosa è per te la mafia?

V13) Cosa è per te la legalità?

V14) Quanto pensi sia diffusa la mafia nella tua regione?(Scegli una risposta)22,67% Molto54,93% Abbastanza20,93% Poco1.47% Per nulla

V15) Come valuti le tue conoscenze sul fenomeno mafioso? 1,69% Nulle

30,52% Scarse62,13% Sufficienti5,67% Ottime

V16) Con chi discuti maggiormente di mafia (max 2 risposte) 17,38% A scuola con i compagni61,51% A scuola con i docenti19,62% Fuori dalla scuola con gli amici 32,04% A casa con i miei familiari9,75% Nessuno

V17) Escludendo l’anno in corso, durante la tua vita scola-stica hai partecipato ad attività di educazione antimafia?Si 37,28% No 61,14% Scuola ElementareSi 66,98% No 31,44% Scuola Media Inferiore Si 63,49% No 34,93% Scuola Secondaria Superiore

V18) I docenti della tua classe trattano argomenti che ti aiu-tano a conoscere il fenomeno della criminalità organizzata?(Scegli fino a due risposte)51,01% No, mai/raramente48,99% Sì, spesso

V19) Quali sono i mezzi di informazione che, a tuo parere,parlano adeguatamente del fenomeno della criminalità or-ganizzata? (Scegli fino a 2 risposte) 37,11% Giornali3,27% Radio

54,77% Televisione18,91% Cinema 24,31% Libri 44,74% Internet2,56% Nessuno

V20) Nella tua famiglia si parla del fenomeno della crimi-nalità organizzata? 52,10% Sì 47,90% No

V21) Se hai risposto Sì alla domanda precedente, specificain che modo viene considerata all’interno della tua fami-glia. (Scegli una sola risposta) 0,71% Come qualcosa che aiuta a risolvere i problemi 1,74% Come qualcosa con cui convivere

10,84% Come qualcosa da evitare con attenzione3,05% Come qualcosa da cui difendersi4,58% Come qualcosa da disprezzare0,93% Come qualcosa di normale

27,90% Come qualcosa da combattere1,69% Altro0,33% Non So

V22) Ti è mai capitato di avvertire concretamente la pre-senza della mafia nella tua città?20,82% Per Niente38,09% Poco 23,71% Abbastanza6,43% Molto

10,95% Non So

V23) Se alla domanda precedente hai risposto poco, ab-bastanza o molto, quali tra le sottoelencate attività ille-gali, ritieni più indicative della presenza mafiosa nella tuacittà. (Scegli fino ad un massimo di due risposte) 45,99% Spaccio di droga12,15% Rapine1,85% Tratta di immigrati0,38% Pedopornografia3,16% Gioco d’ azzardo illecito6,70% Prostituzione3,38% Racket delle estorsioni4,09% Contraffazione (mercato delle false griffe)1,47% Usura

20,87% Lavoro nero6,76% Corruzione dei pubblici dipendenti4,25% Scambio di voti3,22% Discariche abusive e attività connesse ai rifiuti7,90% Abusi edilizi e urbanistici2,67% Altro

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V24) Secondo te, quali sono le cause della diffusione del fe-nomeno mafioso nelle regioni centro-settentrionali? (fino ad un max di due risposte)5,67% La globalizzazione

12,10% L’immigrazione56,89% La corruzione della classe politica locale19,18% La sottovalutazione da parte delle forze dell’ordine10,52% La repressione nelle regioni meridionali29,86% La ricerca di nuovi territori per il riciclaggio 24,03% La mancanza di senso civico4,52% Altro

V25) Secondo il tuo parere, cosa permette alla mafia sicilianadi continuare ad esistere. (Scegli massimo tre risposte) 13,68% Il basso livello di sviluppo31,99% Le scarse opportunità di lavoro 23,92% La poca fiducia nelle istituzioni39,07% La mentalità dei cittadini 50,74% La corruzione della classe dirigente27,79% La mancanza di coraggio dei cittadini13,08% Il clientelismo6.92% Altro4.25% Non So

V26) A tuo parere, quanto è forte il rapporto mafia-politica? 33,13% Molto forte54,44% Abbastanza forte6,81% Debole1,04% Inesistente4,58% Non so

V27) Quanto incide, a tuo avviso,la presenza della crimina-lità di stampo mafioso sull’economia della tua regione?18,69% Molto46,59% Abbastanza19,46% Poco 2,23% Per niente

13,02% Non So

V28) Secondo te, nella tua città, dovendo cercare lavorocosa è più utile fare? A. Rivolgersi ad un politico B. Partecipare ad un concorso pubblicoC. Frequentare un corso di formazione professionale D. Rivolgersi ad un mafioso E. Avvalersi dei rapporti familiariF. Avvalersi dei rapporti di amiciziaG. Rivolgersi ad un centro per l’impiego

V29) Ritieni che la presenza della mafia possa ostacolartinella costruzione del tuo futuro? 27,08% Sì, molto31,66% Sì, poco19,95% No, per niente21,31% Non so

V30) Cosa spinge secondo te una persona ad entrare nellefila della mafia?13,46% La famiglia d’origine 10,19% Il quartiere in cui vive 16,57% La mancanza di una cultura della legalità 15,37% La mancanza di occupazione

4,58% L’assenza delle istituzioni sul territorio25,99% Il desiderio di facili guadagni10,30% La ricerca del potere

3,54% Non so

V31) Secondo te, tra questi motivi, cosa spinge una per-sona a rivolgersi ai mafiosi?35,64% Il desiderio di facili guadagni30,08% Il bisogno di lavoro8,39% La ricerca del potere

11,50% Il bisogno di protezione8,50% La mancanza di una cultura della legalità2,72% Altro3,16% Non So

V32) A tuo avviso, tra lo Stato e la mafia chi è più forte?20,60% Lo Stato37,71% La mafia26,59% Sono ugualmente forti15,10% Non So

V33) Per ciascuna delle seguenti affermazioni esprimi iltuo grado di accordo (SI, NO, NON SO)A. Le organizzazioni di stampo mafioso sono forti

perché utilizzano qualsiasi mezzo per i loro scopi B. Lo Stato non fa abbastanza per sconfiggere le

organizzazioni di stampo mafioso C. Le organizzazioni di stampo mafioso sono forti

perché si infiltrano nello Stato D. Lo Stato è forte perché difende i valori della democraziaE. Lo Stato è forte, perché le sue risorse sono

maggiori di quelle della mafiaF. Le organizzazioni di stampo mafioso sono forti

perché fanno pauraG. La mafia è più forte dello Stato perché continua

ad esistereH. Lo Stato e la mafia coincidono I. Lo Stato è più forte perché lo Stato siamo noi

V34) Pensi che coloro che dedicano la propria vita allalotta contro la mafia sono: 7,90% Persone che non calcolano bene i rischi3,00% Persone alla ricerca di notorietà

18,31% Persone che fanno il loro dovere67,41% Persone che difendono la loro libertà3,38% Non So

V35) Come definisci i pentiti: 1,85% Infiltrati che mirano a depistare le indagini2,94% Traditori della ‘famiglia’ e degli ‘amici’7,96% Persone che temono per la propria vita

12,21% Persone che mirano ad una riduzione di pena5,89% Persone che riconoscono la superiorità dello Stato5,99% Persone che istituiscono un rapporto di scambio

con lo Stato49,37% Persone coraggiose che hanno deciso di cambiar

vita e che hanno creduto nelle istituzioni13,79% Non So

V36) A tuo avviso, quanto è rilevante il ruolo delle donnenelle organizzazioni criminali? 13,30% Molto rilevante44,69% Abbastanza rilevante 36,57% Poco rilevante5,45% Per nulla rilevante

V37) Pensi che possano esservi delle contiguità tra al-cuni esponenti religiosi e la mafia?24,80% Sì, molte41,20% Poche 9,65% No, nessuna

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24,36% Non So

V38) Esiste, per te, un rapporto mafia-immigrazione? 47,25% Sì 52,75% No

V39) Se sì, potresti descriverlo?

V40) A tuo avviso quale di queste iniziative lo Stato do-vrebbe prendere prioritariamente per sconfiggere la mafia?13,35% Potenziare il controllo del territorio23,32% Colpire la mafia nei suoi interessi economici21,85% Combattere la corruzione e/o il clientelismo1,53% Aggiornare la sua legislazione5,23% Selezionare con più attenzione la sua classe politica

20,05% Educare i giovani alla legalità3,32% Inasprire le pene1,31% Favorire i fenomeni di collaborazione 4,36% Incrementare l’occupazione al Sud5,67% Non So

V41) Cosa dovrebbe fare ciascuno di noi per sconfiggere lamafia?17,38% Non essere omertosi38,53% Non sostenere l’economia mafiosa 6,32% Ricordare attivamente le vittime di mafia

26,16% Rivendicare i propri diritti e rispettare i diritti altrui3,76% Il singolo non può fare nulla2,62% Non è un mio problema5,23% Non So

V42) Ricorrere a una raccomandazione nella nostra societàè una pratica molto diffusa, tu ritieni che:51,44% Sarebbe più corretto seguire criteri meritocratici21,20% Una persona raccomandata in genere non è una

persona valida10,90% Una persona raccomandata può essere una

persona valida12,10% Non mi scandalizzo ci sono cose più gravi4,36% Altro

V43) Secondo te, quali sono tra questi i comportamenti piùscorretti (massimo due risposte)61,47% Evadere le tasse47,90% Non rispettare l’ambiente37,82% Assumere lavoratori in nero20,27% Non andare a votare

V44) Per te impegnarsi per gli altri e per la comunità in cuivivi, significa soprattutto (massimo due risposte):69,10% Dedicarsi a chi ha bisogno26,98% Fare volontariato all’interno di un’associazione44,80% Difendere l’ambiente

9,97% Fare politica10,41% Partecipare ai comitati cittadini

2,89% Altro

V45) Quanta fiducia riponi nei..... (indica un punteggio da 1=minimo a 4 = massimo per ciascuna categoria)A. BanchieriB. GiornalistiC. Impiegati pubblici D. Insegnanti E. MagistratiF. Parroci

G. Politici locali H. Politici nazionali I. Poliziotti e carabinieri, finanzieriL. Sindacalisti

V46) In che misura sei d’accordo con ciascuna delle se-guenti affermazioni? 1. Gran parte della gente è degna di fiducia2. Non si è mai sufficientemente prudenti nel trattare

con la gente3. La gente, in genere, guarda al proprio interesse4. Gli altri, se ne hanno la possibilità, approfittano della

mia buona fede5. Ritengo che gli altri siano, nei miei confronti,

sempre corretti

V47) La mafia potrà essere definitivamente sconfitta?25,56% Sì 43,38% No31,06% Non So

V48) Vivi in casa:83,98% Con entrambi i genitori8,66% Solo con tua madre1,47% Solo con tuo padre3,43% Affido condiviso2,45% Nessuna delle precedenti condizioni

Esistono varie forme di violenza: oltre a quella fisica, nelle suevarie modalità, ci può essere una violenza verbale, una psico-logica, e così via; oppure ci si può concentrare su alcune vittimetipiche: minori, donne, migranti, esponenti di certe etnie o reli-gioni, persone discriminate in base all'orientamento sessuale,soggetti deboli o marginali in genere.

V49a) Nella nostra società le donne in particolare conti-nuano a essere vittime di discriminazione, molestie, vio-lenza fisica, assassinio. Secondo te quali sono le cause?

V49b) Quali altre categorie di soggetti deboli, oltre alledonne, secondo te sono frequentemente vittime di ag-gressioni e violenza? Da parte di chi? Per quali ragioni?

V49c) Secondo te oggi in Italia l’aggressività e la violenzaverso le minoranze e i soggetti deboli in genere:osa tiviene in mente se pensi alla violenza?15,48% Stanno diminuendo47,90% Stanno aumentando36,62% Sono stazionarie

V50) Possiamo intendere il bullismo come un comporta-mento aggressivo o vessatorio, tenuto continuativamenteda un singolo o da un gruppo ai danni di uno o più sog-getti percepiti come più deboli?75,97% Sì24,03% No

V51) Se sì, come ne sei venuto a conoscenza:32,37% Tramite i media20,33% Hai assistito personalmente ad atti di bullismo12,37% Sei stato vittima di atti di bullismo4,58% Ne hai sentito parlare da persone a te vicine 6,21% Altro

V52) Se sei al corrente di atti di bullismo, ci sono state rea-zioni di persone diverse della vittima verso i bulli?

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47,14% Sì19,89% No32,97% Non so

V53) Secondo te, come sarebbe giusto comportarsi in casidi bullismo?

V54) Quanto credi sia diffuso il fenomeno del bullismo nellescuole?26,54% Molto58,58% Abbastanza13,84% Poco1,04% Per nulla

V55) In che misura, secondo te, la mafia oggi fa ricorso allaviolenza fisica?15,59% Sempre65,83% Frequentemente17,93% Raramente0,65% Mai

V56) Quali tipi di violenza secondo te oggi sono più diffusinella società in cui vivi?

V57) Secondo te, in quali contesti si fa più ricorso alla violenza? (max 2 risposte)38,58% Tra i compagni di scuola e tra gli amici36,73% Tra estranei8,07% In ambiente lavorativo

10,30% In famiglia55,31% Dove c'è molta gente, come stadio o discoteca 3,54% Altro

V58) Non considerando i compagni di classe, fra i coetanei,da chi è composta la tua cerchia di amici?

V59) Quante sono le persone che puoi considerare real-mente amiche?

V60) Dove vi incontrate con maggiore frequenza (max 2 ri-sposte)?20,22% In luoghi adibiti ad attività sportiva3,92% In sala giochi

41,14% Nei luoghi della movida7,52% Al cinema

36,40% Presso abitazioni private 2,67% In occasione di gite fuori porta

48,77% In luoghi d’incontro all’aperto6,54% Altro

V61) Quali sono le fonti che usi più frequentemente perinformarti su ciò che accade nel mondo (max 2 risposte)?57,49% Televisione76,08% Social network22,67% Quotidiani online4,63% Quotidiani cartacei8,83% Passaparola 2,02% Altro

V62) Quali tra questi spazi informatici secondo te sono piùaffidali (massimo due risposte)60,54% Televisione23,27% Social network23,65% Quotidiani online42,67% Quotidiani cartacei2,78% Passaparola 5,40% Altro

V63) Quali sono i social network che utilizzi normalmente(massimo due risposte)23,05% Facebook6,65% Twitter

91,93% Instagram5,34% Nessuno in particolare

11,28% Altro

V64) Nella città in cui vivi in che misura ritieni che le leggivengano rispettate?6,76% Molto

50,30% Abbastanza38,69% Poco0,00% Per nulla

V65) Potresti spiegare le ragioni della tua risposta e farequalche esempio

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