hstory strategia
TRANSCRIPT
un progetto dimedicinanarrativa
Strategia
2 Dati istituzionali
Politecnico di Milano Facoltà del Design CdLM Design della Comunicazione
C.I. Laboratorio di Sintesi Finale
docenti: Casinovi AlessandroCiuccarelli PaoloMaiocchi MarcoMandato StefanoRandone MassimoZingale Salvatore
progetto a cura di: Valentina CerutiManuela CiancillaSara Deambrosis
3 Introduzione al problema
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Nel corso dell’analisi di quel sistema complesso che è l’ospedale italiano, sono emersi diversi problemi su cui è possibile lavorare. Alcuni, di carattere organizzativo e gestionale, non sarebbero stati completamente risolti con una sola azione comunicativa, perché richiedono competenze che esulano da quelle del designer della comunicazione. Si è deciso così di operare più sul lato qualitativo della degenza ospedaliera, in quanto sappiamo come questo influisca sullo stato d’animo del paziente e possa aiutare a migliorare la sua salute, almeno dal punto di vista psicologico.
Uno dei problemi principali emersi dallo studio riguardante la qualità della degenza ospedaliera è infatti proprio la minima possibilità d’espressione consentita al paziente, e il rapporto, sempre più freddo e formale, che si instaura tra lui e il medico. Questi
Quali sono i problemi del sistema ospedaliero italiano?
Introduzione al problema
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un posto vicino alle persone, che deve offrire calore e conforto diventa così quella di un posto in cui, in cambio di un pagamento, si riceve una prestazione. Il tutto assume così una dimensione commerciale in cui il rapporto tra il malato e il medico che lo cura si riduce ad un contatto freddo e impersonale. Il paziente viene considerato un numero tra tanti, un insieme di sintomi su cui redigere una diagnosi, dimenticandosi di avere davanti una persona, con un nome, una storia e delle emozioni.
Ma come cambiare questa situazione? La mentalità aziendale, imposta dai gradi più alti dell’ospedale, non si può cambiare radicalmente, ma basterebbe poco per migliorare la situazione ed influire così sull’intero sistema. Quello che manca, attualmente, è la possibilità offerta al paziente di esprimere ciò che sente, di parlare
dati emergono chiaramente anche dai test qualitativi che molti ospedali sottopongono ai degenti, proprio per valutare il grado di soddisfazione della loro struttura, tuttavia sono davvero in pochi a cercare un modo per risolvere questo problema: non per niente, infatti, nell’immaginario comune l’ospedale è considerato un posto freddo, asettico, in cui non è per nulla piacevole andare, sebbene in realtà sia il posto in cui si viene aiutati a stare meglio. Le persone vedono infatti l’ospedale non come il posto della cura e della guarigione, quanto piuttosto quello della malattia. Questa mentalità, controproducente per la salute psichica della persona, trova adito sicuramente grazie alla mentalità aziendale che si è oramai diffusa negli ospedali del nostro Paese. Oggi, infatti, il malato non è più considerato solo un paziente, quanto piuttosto un cliente: la visione di un luogo, l’ospedale, che deve essere
Introduzione al problema
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chiaramente con il medico di quello che vive. Se ciò avvenisse, ci sarebbero sicuramente dei cambiamenti in positivo. Il medico, infatti, vedrebbe il paziente come una persona e non come un numero, e allo stesso tempo il paziente vedrebbe a sua volta nel medico una persona, anziché una fredda figura istituzionale.
Ci sono diversi modi per far sì che questo cambiamento si verifichi. Ovviamente, deve esserci la volontà da parte di entrambi i soggetti coinvolti affinché si realizzi tale evoluzione del sistema; oggi alcuni tentativi sono già stati messi in cantiere, soprattutto all’estero, in paesi come gli Stati Uniti o i Paesi Nordici Europei, in cui si è sviluppato (o si sta sviluppando) un rapporto più umano tra le figure professionali che operano in ospedale e i pazienti che vi si trovano. Prima di trarre tutte queste conclusioni sulle
problematicità del sistema ospedaliero italiano, è stata fatta una lunga analisi che ha preso in esame diversi dati provenienti da diverse strutture del nostro paese. Questi sono stati poi sintetizzati e organizzati in una mappa visiva.
Quella che alleghiamo nell’ultima pagina di questo book, è la mappa del sistema modificata in base all’azione che stiamo progettando, e che spiegheremo a breve. Attraverso appunto il progetto, crediamo di modificare il sistema ospedaliero in maniera significativa. Ed è proprio in questa mappa di scenario che è ben visualizzabile questo cambiamento.
In Italia, le iniziative verso questo orientamento sono poche, e soprattutto poco conosciute. Anche se qualcosa sembra stia cambiando. Lo scetticismo di molti
Introduzione al problema
medici e lo scarso interesse all’argomento da parte dell’opinione pubblica non aiutano certo la diffusione di idee alternative, ma la situazione potrebbe cambiare dimostrando a queste persone quanto possa essere utile una maggiore interazione con il paziente. Un solo ente pubblico si è occupato e si occupa oggi di questo tema, l’ISS (Istituto Superiore di Sanità). Gli altri progetti a riguardo, nascono dalla volontà di singoli soggetti.
Diverse sono le pratiche e le discipline che permetterebbe un cambiamento in positivo della situazione; il problema è che molto spesso vengono sottovalutate o prese con molta leggerezza. Tuttavia, di alcune di esse ci sono già documentazioni che ne evidenziano l’utilità. Una di queste vie, già molto conosciuta all’estero, ma che in Italia in pochi considerano seriamente, è quella della Medicina Narrativa.
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Marco BarbieriChiara BenedettiValentina CerutiManuela CiancillaSara DeambrosisEloisa Paola FontanaGabriele Musella
Hospital SystemThe hospital: a system suitably created for the care and the reinstatement of the user, fundamental subject about which trials are divided to more or less visibly and flows of information, materials, data and people. Therefore, the map is totally centred on the users of the system, from which some vectors - corresponding to the direct access of the users to the sectors of the structure - are diffused: the reading sense is oriented towards right this way, where the processes and actors semicircle is placed; as a matter of fact, inside it are represented the processes and the operating subjects taken back inside the structure. The different nature of the exchanges is pointed out by the different colouring of the lines: following the radial disposition, at the end of every process you reach the area dedicated to the representation of communications and of exchanges between different sectors of the hospital. At a second level, it has been placed a second semicir-
cle, a less specific representation of the system, that therefore shows - always with radial reading sense, consistently his corresponding right - in first place the flows between the departments, visible exchanges from the user and as easily deducible of type "many to many"; in second place a couple of data concerning every department: the height of the columns corre-sponds to the flow of users, while the width of them shows the amount of resources absorbed by the spe-cific department. Once finished this sense of reading, taking into consideration a vision more of set of this area, it is visible the hierarchic organization of the system, where beneath the general direction, which is resources reach and he is responsible for distribution of them, appear administrative, sanitary and management directions, disposed according to their relative compe-tence areas.
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Qual è la soluzione al problema? La Medicina Narrativa.
Ma che cos’è la Medicina Narrativa? Questa Medicina Narrativa non è tanto una disciplina, quanto piuttosto una nuova mentalità con cui vedere la situazione ospedaliera e il rapporto paziente/medico, considerandoli da un punto di vista più “umano”. Si basa, come dice il nome stesso, sulla narrazione dell’esperienza del paziente, che si rivela utile sia al medico, per comprendere meglio la persona che ha davanti e ricavare elementi utili per una diagnosi più completa anche dal punto di vista psicologico, sia dal punto di vista del paziente stesso, che trova una valvola di sfogo di paure e sentimenti e un modo per sentirsi più vicino alle figure ospedaliere, con cui si trova a vivere durante la degenza.
Ma perché la narrazione è tanto importante? Ognuno di noi ogni giorno racconta qualcosa: raccontiamo noi stessi
agli altri, raccontiamo avvenimenti del nostro passato, raccontiamo quali sono le nostre aspettative per il futuro. Il racconto fa parte della nostra vita fin dall’infanzia. È una necessità fisiologica che aiuta l’individuo a rapportarsi con il mondo: noi leggiamo storie, scriviamo il diario segreto, raccontiamo quello che ci accade ogni giorno ad amici e parenti. Insomma, la narrazione fa parte della nostra vita perché ci aiuta a confrontarci con gli altri e ad avere una visione più lucida di quello che ci accade.
Ci sono però dei momenti della nostra vita in cui la narrazione dell’esperienza personale è più necessaria che in altri: uno di questi momenti è la malattia. Se, infatti, c’è la volontà di raccontarsi sempre, durante la malattia si vorrebbe invece vivere soli il proprio dolore. Tuttavia è necessario proprio in
Introduzione al problema
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questo momento riuscire a esprimere ciò che si vive. Come abbiamo già detto, però, questa possibilità di raccontare se stessi non viene data negli ospedali italiani: questo dipende molto dalla mentalità scientifico-aziendale che ha preso piede nel corso degli anni. Questa medicina basata sull’evidenza, cioè che formula diagnosi a partire dai sintomi che il paziente manifesta, non tiene conto di tutti quegli aspetti emotivi che caratterizzano la persona ed influiscono, più o meno direttamente, sullo stato della malattia.
La Medicina Narrativa nasce proprio con il tentativo di risolvere questa mancanza, e di inserire, nella formulazione della diagnosi, gli aspetti emotivi propri di ogni paziente. Per questo si rivolge sia al malato che al medico, poiché entrambi sono persone, con delle emozioni e delle sensazioni, e come tali
si relazionano tra di loro. Oggi la medicina tradizionale è presente nella nostra vita quotidiana, e tutti abbiamo ormai familiarità con le strutture del sistema sanitario. Tuttavia, il rapporto tra medico e paziente sta andando affievolendosi e raffreddandosi: in questo senso la Medicina Narrativa si avvicina, filosoficamente parlando, agli approcci olistici tipici delle medicine non convenzionali, che a fronte di una classificazione rigida delle malattie, propongono una soggettivizzazione del paziente, visto in tutta la sua complessità e unicità psicosomatica.
La Medicina Narrativa è quindi una disciplina che permette di migliorare come prima cosa il rapporto tra paziente e medico, ma è molto utile anche nel rapporto tra il paziente e le altre figure professionali presenti in ospedale, come ad esempio gli infermieri.
La narrazione all'interno degli ospedali italiani,
per migliorare la relazione tra figure mediche
e paziente.
Introduzione al problema
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L’infermiere infatti è la figura professionale che entrerà maggiormente in contatto con il paziente durante il suo iter ospedaliero, ed è quindi per lui un importante punto di riferimento e di aiuto. Inoltre, la Medicina Narrativa, aiuta il paziente a rapportarsi con il mondo esterno. Spesso le persone vivono la malattia come un elemento di distacco dagli altri, perché si sentono diverse e incomprese, isolandosi e chiudendosi in se stesse.
Raccontare la propria storia anche agli altri, porta ad una maggiore presa di coscienza, che nella maggior parte dei casi porta il paziente a superare l’isolamento. Il paziente, attraverso l’uso della medicina narrativa, sarà in grado di prendere decisioni (relative alla sua malattia) con maggiore consapevolezza. Dopo aver scritto la propria storia, il paziente, rileggendola può guardarla con più lucidità,
comprendendo anche atteggiamenti e reazioni di sé che prima ignorava. Scrivere una storia riesce a restituire tempo e spazio al paziente, che spesso in ospedale ne perde la cognizione e allenta i suoi contatti con il mondo esterno: il raccontare lo distoglie dalla sua degenza ospedaliera, focalizzando le proprie energie su se stesso. Inoltre scrivere le proprie esperienze, ma soprattutto condividerle con altri, permette il crearsi di forti legami tra i soggetti, i quali possono quindi sostenersi a vicenda.
Da parte del medico, invece, la Medicina Narrativa aiuta nella fase di guarigione del paziente. Questo avviene perché, per prima cosa, se il medico conosce la storia del paziente riesce a instaurare con lui un rapporto empatico che permetterà al paziente si trovarsi in uno stato emotivo più sereno. In secondo luogo, il medico viene a conoscenza di elementi
Introduzione al problema
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in più su cui stilare la propria analisi e diagnosi. La Medicina Narrativa non vuole contrapporsi alla medicina tradizionale basata sull’evidenza, ma vuole senz’altro essere uno strumento di supporto ad essa. È un mezzo che permette di andare oltre la diagnosi oggettiva della malattia e alla valutazione della qualità delle cure che il paziente riceve, e che mira quindi a ridefinire la pratica clinica nel suo complesso. Tuttavia, raccogliere e portare alla luce un’esperienza da parte del paziente non è facile e richiede tempi appropriati, riflessioni adeguate ed una formazione specifica. La Medicina Narrativa necessita (oltre ovviamente alla volontà del paziente di raccontare la propria storia) sia della capacità del medico di comprendere e rileggere le storie dei pazienti, sia dalla capacità, ancora del medico, di incentivare il paziente ad esprimersi. Per raccontare la propria esperienza si possono utilizzare
anche tecniche alternative alla scrittura: si può narrare il proprio stato d’animo con delle poesie, attraverso dei disegni, con delle fotografie, insomma con tutto ciò che permette una narrazione. Se quindi qualche paziente non è in grado, o non si sente in grado, di scrivere, può disegnare, dipingere, fotografare o usare la tecnica in cui si rispecchia maggiormente. Non parliamo quindi di una disciplina vincolante, che impone regole e comportamenti da seguire. È solamente un modo nuovo di vedere la propria situazione e saperla raccontare, e quindi vivere, in modo migliore i propri problemi, per poterli superare e accettare.
La libertà che viene lasciata al paziente è significativa: poiché siamo persone, ed ognuno è diverso dagli altri, è giusto che ognuno trovi il suo modo di dire ciò che pensa, e raccontare quello che vive.
Introduzione al problema
Il progetto H.story
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Che cos'è e quali scopi ha il progetto H.story?
È sulla base delle premesse riportate nelle pagine scorse che nasce H.story, un progetto di medicina narrativa: un progetto che ha l’obiettivo di sensibilizzare il sistema ospedaliero sulla Medicina Narrativa.
nostro Paese (come abbiamo gia detto in precedenza), si è cercato di capire in che modo fosse possibile migliorare ulteriormente il sistema. In particolare, si è scelto di agire sulla qualità della degenza ospedaliera e
sui rapporti che si instaurano tra medico e paziente, aumentando così ulteriormente la soddisfazione del malato e permettendogli di vivere la sua permanenza in ospedale in modo emotivamente più agiato. H.story nasce per superare il concetto ospedaliero che vede il
paziente solo come un insieme di sintomi e di malesseri fisici. Come? Innanzitutto aiutandolo ad esprimere le proprie emozioni e la sua esperienza. Il progetto prevede la creazione e la diffusione di materiale informativo sulla Medicina Narrativa che verrà distribuito in ambito sanitario (ospedali, studi medici, asl,
Il progetto H.story
un progetto dimedicinanarrativa
Questa idea nasce da un laboratorio universitario che si occupa di studiare la complessità e il funzionamento di sistemi complessi. Dopo attenti studi del sistema ospedaliero italiano in particolare, e quindi dopo aver compreso realmente come funziona e quali sono i problemi degli ospedali nel
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facoltà e poli universitari medici) e la creazione di un sistema di circolazione e di gestione di diari scritti all’interno dell’ospedale. Nel diario, che è centro di tutto il progetto, si trovano inizialmente delle pagine dedicate ad una spiegazione più approfondita di che cos’è la Medicina Narrativa e una serie di storie che sono state scritte da pazienti, mentre il resto delle pagine è completamente libero: ognuno può quindi leggere le storie altrui e scrivere la propria, comporre poesie, disegnare, colorare, incollare fotografie o ritagli…Il diario diventa così il mezzo attraverso cui raccontarsi liberamente e condividere con gli altri l’esperienza che si sta vivendo.
Un elemento basilare di questo progetto è quindi la condivisione dell’esperienza. Le storie che verranno scritte sui diari, infatti, verranno condivise dalle persone che le
leggeranno o scriveranno in seguito. Poiché ogni diario è personale, sta al paziente scegliere se lasciarlo in ospedale o portarlo a casa. Questo può sembrare una contraddizione, ma, sebbene lo scopo per cui il diario è stato creato sia quello di creare un clima di condivisione, non si può non considerare il fatto di lavorare in un campo molto delicato, in cui le storie sono spesso private e la difficoltà nell’aprirsi agli altri, soprattutto all’inizio, è grande. Per questo, il diario è stato studiato in modo da favorire il più possibile la voglia di esprimersi del paziente, senza che questi si blocchi davanti alla pagina bianca o tema di sentirsi in qualche modo “spiato”. I fogli su cui le persone scrivono, quindi, possono essere staccati dal diario e conservati dall’autore, oppure consegnati al medico in modo che rimangano una comunicazione rivolta solo a chi sta curando il paziente. Questo diario viene però affiancato
Strumenti per la condivisione di
esperienze personali e di emozioni.
Il progetto H.story
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da tutta una serie di strumenti volti sia a sensibilizzare le persone operative in campo medico, che l’opinione pubblica, sulla Medicina Narrativa. Alcuni di questi strumenti, come manifesti e volantini, aiutano a diffondere i principi della Medicina Narrativa e avvicinano già le persone alle idee su cui si basa il diario: esprimere se stessi e condividere questi racconti con gli altri. Per questo verranno sì posizionati in ambito medico, ma soprattutto in punti dove l’affluenza di persone sia maggiore, come negli studi medici. Altri strumenti, come il blog online e i diversi articoli relativi all’argomento pubblicati su riviste di medicina aperti a tutti, permettono a chiunque di trovare informazioni sulla Medicina Narrativa e sul progetto H.story.
L’idea è infatti quella di coinvolgere il più possibile sia chi vive in prima persona la malattia, propria o dei propri pazienti, sia chi
invece la guarda da fuori, come i familiari e le istituzioni, tenendo sempre presente il fatto che tutti siamo individui che possono ammalarsi e diventare quindi pazienti. Tutti questi strumenti saranno creati seguendo un’identità visiva, che permetta una coordinazione tra questi e una facile riconoscibilità degli stessi, anche essendo supporti completamente differenti. La materialità dei supporti permette una minore estraneità da parte delle persone che andranno ad interagire con essi.
Il nome gioca sui concetti di story ed history, dove la lettera h è raffigurata attraverso una tipografia che ricorda immediatamente l’icona dei segnali indicanti una struttura ospedaliera. La sagoma a forma di balloon, inoltre rafforza questi concetti apportando un ulteriore valore aggiunto quale è il dialogo.
Il progetto H.story
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Come si sviluppa la strategia del progetto H.story?
Il progetto H.story si articola quindi in diverse fasi sia temporali che concettuali, che coinvolgono diversi soggetti. Innanzitutto, come abbiamo già detto, l’obiettivo del progetto è quello di sensibilizzare le persone sulla Medicina Narrativa, in modo da far sì che ne vengano conosciute le possibilità: si tratta quindi di un progetto di natura comunicativa; del resto è stato concepito da designer della comunicazione.
H.story coinvolge quattro differenti
target: in primo luogo, i pazienti e i medici, seguiti e spinti dalle istituzioni e dall’opinione pubblica. Va evidenziato che le prime due classi sono comunque sottogruppi delle altre due categorie: il paziente e il medico costituiscono l’opinione pubblica, e a loro volta possono essere figure istituzionali. Dividerli in target più specifici ha però permesso di orientare scelte e
strumenti verso obiettivi più mirati e specifici per ogni gruppo di persone. I target a cui il progetto si riferisce in primis sono i pazienti e i medici. Tuttavia, si è scelto di considerare anche l’opinione pubblica e le istituzioni perché, volendo effettivamente cambiare il sistema ospedaliero, si è ritenuto necessario far leva sull’opinione pubblica, in quanto è noto come un fenomeno acquisti rilievo se tutti ne sono a conoscenza, e sulle istituzioni, poiché il fine è proprio quello di far sì che la Medicina Narrativa venga introdotta negli ospedali come disciplina ufficiale.
La strategia del progetto si articola in fasi temporali: pianificando mezzi e luoghi ci si è subito resi conto del fatto che, essendo un progetto abbastanza complesso, è necessario curare ogni fase dettagliatamente, in modo che la campagna di comunicazione risulti il più utile possibile.
Il progetto H.story
17 Il progetto H.story
La strategia comunicativa
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H.storyfase#0:l'identità visiva.
La strategia comunicativa
Prima di arrivare alla progettazione fin nei dettagli di ogni singolo supporto, si è pensata tutta una serie di elementi che compongono un’identità visiva riconoscibile e coordinata.
Pantone DS 57-1 CC 0 M 80Y 100K 10
Pantone BlackC 0 M 0Y 0K 100
In primo luogo si è realizzato quindi un logo che, come gia spiegato in precedenza, riporti l’idea del dialogo e del racconto: da un lato il balloon e dall’altro il nome stesso si rifanno a tutto questo.
In secondo luogo si è posta l’attenzione sul creare una sorta di materialità ad ogni artefatto comunicativo. Per questo motivo, e per coerenza visiva rispetto all’immagine del logo, ogni supporto è stato progettato attorno ad una serie di materiali quali il cartonato, la carta riciclata, il sughero e la carta da pacco. Il tutto seguendo delle linee guida, che permettono di avere una forte coordinazione tra questi, come potete vedere dall’immagine a fianco.
la nostra immagine coordinata
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H.storyfase#1:il lancio del progetto.
La prima fase è dunque quella di apertura, che consiste nel creare un punto di riferimento e nel cercare una serie di appoggi per far sì che il messaggio di H.story non passi inosservato. Questa fase si divide in due momenti.
Il primo prevede la creazione di un blog online in cui si trovi una spiegazione di che cos’è la Medicina Narrativa e in cui sia possibile trovare link di siti che trattano lo stesso argomento, in modo da formare una rete di contenuti che sia il più possibile esauriente e a disposizione di tutti coloro che possono accedere ad internet. Su questo blog sarà inoltre possibile portare le proprie storie e leggere quelle degli altri, in modo che si entri già in quel clima di condivisione che vuole caratterizzare il progetto: infatti questo blog sarà uno strumento rivolto a tutti e quattro i target di cui abbiamo parlato nelle pagine
La strategia comunicativa
precedenti. Si è scelto di utilizzare un servizio precostituito, per permettere così una maggiore visibilità e conoscenza anche agli occhi di tutta quella comunità formata dai blogger. Il servizio di cui abbiamo usufruito è quello offerto da Wordpress.com. A questo indirizzo della rete hstory.wordpress.com saranno quindi reperibili informazioni sul tema, oltre che le storie, e un contatto e-mail per tutti coloro che trovano difficile esprimere se stessi così liberamente agli occhi ti tutto il mondo.
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Un blog per fornire contenuti all'insegna della
condivisione.
La strategia comunicativa
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Il secondo momento di questa fase prevede invece la ricerca di partner che appoggino H.story e ne aiutino la diffusione. Verrà quindi prodotto materiale informativo, sia cartaceo che digitale, che verrà inviato ad associazioni di medici, pazienti ed istituzioni, i tre target che più potrebbero essere interessati ad appoggiare un simile progetto. La possibilità di ampliare il giro di conoscenze ed informazioni, aiuta infatti il progetto ad avere più possibilità di riuscita e di efficacia.
Il materiale informativo che verrà diffuso sarà studiato e realizzato in base al target che andrà a colpire: in particolare, per medici e istituzioni verrà realizzata una cartelletta contenente materiale esplicativo redatto con un linguaggio serio e curato, che illustri la Medicina Narrativa utilizzando termini tecnici e portando testimonianze che ne dimostrino l’efficacia. Un
linguaggio diverso sarà invece utilizzato quando ci si rivolgerà ai pazienti, in modo che con parole più semplici e meno tecniche, ma comunque complete, comprendano la natura del progetto. Lo scopo di questo momento informativo è anche quello di indirizzare le persone al blog, in modo che il maggior numero di persone possibili conosca non solo la Medicina Narrativa, ma anche H.story.
Le associazioni che verranno contattate saranno quindi sia associazioni di medici (a livello istituzionale o meno) che di pazienti. Le associazioni di assistenza ai pazienti, formate più che altro da volontari, in questa fase apparterranno solo al territorio milanese. Questo perché la prima parte dello studio pilota partirà in alcuni ospedali di Milano, per poi allargarsi al territorio nazionale dopo averne verificato l’utilità del progetto e aver raccolto i
La strategia comunicativa
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fondi e gli appoggi necessari. Si contatteranno quindi associazioni come AVO - Associazione Volontari Ospedalieri, che si occupa di assicurare una presenza amichevole in ospedale offendo ai malati un aiuto per lottare contro la sofferenza, l’isolamento e la noia oppure come la Fondazione Humanitas, che vuole garantire e aumentare la qualità della vita del malato e della sua famiglia attraverso interventi pratici, economici e psicologici.
Le associazioni che si potrebbero elencare sono tante: Arpa Volontariato, Associazione Amici dei Deboli, Associazione Pro-Ammalati “Francesco Vozza”, Girandola e così via; ne verranno contattate il maggior numero possibile in modo da avere più possibilità di risposta e soprattutto più soggetti disposti ad una collaborazione molto attiva. Lo stesso per le associazioni mediche milanesi.
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H.storyfase#2:comunicare il progetto.
La seconda fase, invece, è la fase della comunicazione del progetto, che consiste nella divulgazione di materiale informativo con lo scopo di attirare il più possibile l’attenzione sul progetto stesso e qudini sulla Medicina Narrativa. Poiché le istituzioni sono già state contattate nella fase precedente, ci si rivolge qui a medici, pazienti ed opinione pubblica. Anche qui sono stati individuati due momenti.
Il primo, rivolto a medici e pazienti, prevede la creazione di una bacheca abbinata ad un volantino che si troverà accanto alla bacheca stessa. Il volantino conterrà informazioni sulla Medicina Narrativa e su H.story, e avrà una parte, a forma di balloon, che si potrà staccare facilmente. Sul balloon, che avrà staccato, la persona potrà scrivere un commento, o una sua breve storia, e attaccarlo sulla bacheca, in modo da lasciarlo a disposizione sia del medico, che
lavora nello studio, sia degli altri pazienti. Sarà questo un primo modo per creare un clima di condivisione ed introdurre allo stesso tempo il diario, di cui parleremo più avanti. L’altra parte del volantino, invece, rimarrà alla persona, che potrà conservarla sia per ricordarne i contenuti, sia per non perdere gli indirizzi utili, come quello del blog di H.story. Questo materiale verrà distribuito prevalentemente nei luoghi sanitari. Sarà, quindi, posto per lo più nelle sale d’attesa di studi medici, specialistici o generici, nelle asl, nei consultori, nelle sale d’aspetto degli ospedali. Un altro luogo in cui verrà diffuso materiale informativo cartaceo è costituito dalle facoltà di medicina: è infatti importante che i futuri medici conoscano fin da subito la Medicina Narrativa, nella speranza che la tengano presente anche in futuro finché non verrà istituzionalizzata e non sarà quindi d’obbligo nella formazione di ogni medico.
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Una bacheca per comunicarsi e condividersi.
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Il secondo momento, rivolto anche all’opinione pubblica oltre che a medici e pazienti, consiste nella diffusione di articoli redazionali su periodici del settore medico e scientifico. In particolare, si contatteranno sia riviste di settore, lette da persone che operano in questi ambiti (come Occhio Clinico, Tempo medico, I luoghi della cura) sia riviste aperte a tutti coloro che si interessano alla medicina in generale (come Ok salute, MenteCorpo, Riza Psicosomatica, Star bene, Viversani & belli). Inoltre, si invieranno lettere a giornali freepress (Metro, Leggo, City) e a trasmissioni televisive di carattere medico (Elisir, Medicina 33), proponendo la Medicina Narrativa come argomento e il caso di H.story come esempio.
Questo momento è quindi divulgativo, e vuole richiamare l’attenzione sull’azione che si andrà a compiere sui cambiamenti che si vogliono apportare al sistema ospedaliero.
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La strategia di azione
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Come portare il progetto in ospedale?
Questa fase, infine, è la fase di azione. Anche qui, sono stati pensati due momenti: il primo consiste in una vera e propria azione che permetta di portare fisicamente la Medicina Narrativa in ospedale, attirando l’attenzione dei degenti con performances che ne attirino la curiosità; il secondo è costituito dalla diffusione vera e propria del diario, cioè di quel supporto che viene fornito ad ogni paziente e che gli permette di raccontare, attraverso le sue pagine, l’esperienza che sta vivendo. È l’unica fase che si svolge solo all’interno dell’ospedale, e si concentra quindi sulle figure principali a cui il progetto si rivolge: il paziente ed il medico.
Il primo momento, come già detto, consiste in una performance artistica, avente come soggetti realizzatori, tre attori-artisti, che, nelle stanze relax dei vari reparti leggeranno
ed interpreteranno le storie scritte e messe a disposizione da altri pazienti e, anche con l’aiuto di fotografie e disegni, cercheranno di coinvolgere i malati presenti in modo che proseguano poi questo processo di espressione da soli, sul diario che gli verrà consegnato. Si porta quindi l’arte all’interno dell’ospedale: la forma di espressione per eccellenza.
Il secondo momento è il punto centrale del progetto: il diario, consegnato ai pazienti, vuole essere un aiuto affinché riescano ad aprirsi e a raccontare anche agli altri quello che vivono: una via, insomma, per evitare di chiudersi in se stessi e per capire che, anche e soprattutto durante la malattia, non si è soli. Sarà proprio questo diario a cambiare i rapporti tra medico e degente, e a far sì che l’ospedale ritorni ad essere quel luogo caldo ed accogliente che tutti vorrebbero fosse.
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L’azione: performance artistica in ospedale.
La strategia di azione
La Medicina Narrativa verrà portata in ospedale attraverso una vera e propria azione che permetta di attirare l’attenzione dei degenti stimolandone la curiosità. Vediamo in che cosa consiste concretamente questa azione.
DOVE All’interno dell’ospedale, nelle sale relax dei reparti oppure in stanze adibite a “laboratori” (se presenti), si troveranno tre attori, che “intratterranno” i pazienti che liberamente accederanno alla stanza.
QuANDO L’azione avrà luogo un giorno alla settimana, durante il pomeriggio, nelle ore in cui l’ospedale non è aperto ad esterni (cioè non nei momenti in cui si ricevono visite) per la durata complessiva di 2 ore.
COSA I pazienti seguiranno una prima parte, in gruppo, di lettura di una storia,
partecipando alla creazione di disegni associati, e una seconda parte in cui saranno più liberi di esprimersi e di confrontarsi singolarmente con gli attori. Durante tutta la performance sarà possibile appendere sull’apposita bacheca, che si troverà sempre nella stanza, fotografie, disegni e storie realizzate, con il consenso dei pazienti.
Al termine dell’azione, ai pazienti presenti sarà consegnato il diario, su cui continuare il lavoro cominciato durante la performance, cioè ad esprimere storie, pensieri ed emozioni.
Negli incontri successivi, i pazienti che hanno già un diario potranno lasciare la loro storia (tagliando le pagine del diario su cui è scritta, come già previsto) agli attori, affinché venga interpretata negli incontri successivi. La gestione delle due ore dell’azione è libera,
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quello che loro gli dicono. Non è detto che la storia che l’attore scrive debba essere reale o personale; si può anche inventare una storia con la collaborazione di più pazienti.
Attore n.2 La pittura, vestito di bianco con macchie di colore. Durante la lettura delle storie, le rappresenterà disegnando al momento quello che viene letto su una lavagnetta con fogli bianchi usa e getta, cercando di coinvolgere le persone ed invitandole a partecipare con commenti e consigli nella realizzazione del disegno. Nella seconda parte, sarà a disposizione dei pazienti e disegnerà quello che loro gli chiedono, ma cercherà anche di coinvolgerli per far sì che siano loro stessi a disegnare, colorare, ecc… Avrà quindi a disposizione una serie di fogli dello stesso tipo delle pagine del diario che offrirà ai pazienti che vogliono poter disegnare singolarmente.
a discrezione degli attori, ma si suddividerà sempre in due parti: la loro durata non è fissata, perché dipende da quante storie gli attori decidono di inscenare.
CHI Gli attori interpreteranno da due a cinque storie scritte da altri pazienti, a seconda della partecipazione e dell’interesse che i presenti dimostrano (se i pazienti interverranno attivamente, il tempo del racconto si dilungherà e il numero di storie attuate sarà minore). Ognuno dei tre attori avrà un ruolo e un compito diverso:
Attore n.1 Rappresenterà la scrittura, vestito di bianco con scritte manuali addosso. Nella prima parte si occuperà di leggere ed interpretare i racconti. Nella seconda parte parlerà con i pazienti e scriverà per loro, se lo vogliono, a mano su dei fogli o sul diario
Tre attori coinvolgono
i pazienti. Come?
Con arte!
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Attore n.3 Sarà il soggetto dedito alla fotografia, vestito di bianco con delle fotografie stampate addosso; avrà a disposizione una polaroid e delle puntine per appendere sulla bacheca gli elaborati che si stanno realizzando. Nella prima parte, parteciperà alla lettura (solo nel caso sia necessario) e scatterà fotografie dell’azione in corso. Queste fotografie verranno anch’esse attaccate alla bacheca, la quale si troverà sempre nella sala relax. Tutto ciò spingera i pazienti-spettatori a partecipare attivamente, e a voler far parte anch’egli dell’azione, magari facendosi fotografare con gli artisti o mentre è all’opera lui stesso.
Gli attori devono avere le capacità di coinvolgere il paziente e farlo sorridere, anche con battute ironiche che però tengano conto della sensibilità e della situazione delicata in cui
i pazienti si trovano, senza scadere nella presa in giro della sofferenza dei malati. Ogni azione è fine a se stessa quindi non c’è collegamento tra i vari incontri. Tuttavia, in fase iniziale si pensa di attuare queste performances con frequenza settimanale per un mese in un reparto di prova: in base ai risultati che si raccoglieranno, si deciderà se prolungare questa iniziativa e in che reparti attuarla.
Le storie che gli attori recitano saranno o lasciate dai pazienti stessi o raccolte dal database del blog o dai “vecchi” diari, cioè quelli scritti da altri pazienti che hanno deciso di lasciarli in ospedale. Queste storie saranno disponibili su un diario in possesso dell’attore: in questo modo i pazienti vedranno subito il diario, senza capire bene cosa sia. Quando lo scrittore scriverà, lo farà proprio su questo diario, in prossimità dei pazienti degenti.
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In questo modo, il diario verrà introdotto attraverso una modalità differente da quella che potrebbe essere la semplice e fredda consegna a mano. L’azione vuole coinvolgere il paziente, colpirlo, e far sì che capisca che scrivere sul diario è utile e, soprattutto, che chiunque può farlo. Se il diario venisse semplicemente consegnato al paziente, si perderebbe tutto il clima di condivisione che nasce invece da questa performance; inoltre per il paziente è utile avere un momento in cui divertirsi e svagarsi con altre persone. Infatti, quando ci si trova in ospedale per molto tempo è facile perdere la cognizione del tempo e dello spazio, e i rapporti con l’esterno sono ridotti alla lettura di giornali e alle visite dei parenti. Ma è importante che il paziente capisca che esiste anche un mondo interno all’ospedale, fatto di persone che come lui soffrono e si sentono soli. Il ritrovarsi insieme in una sala
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relax, in cui svolgere attività diverse dalla solita routine quotidiana, aiuta a dimenticare la situazione che si sta vivendo e magari anche a stringere nuove amicizie. Perchè portare l’arte in ospedale?
“Nell’atto di creazione di ciascun individuol’arte nutre l’anima, coinvolge le emozioni e libera lo spirito,e questo può incoraggiare le persone a fare qualcosasemplicemente perché vogliono farlo.L’arte può motivare tantissimo, poiché ci si riappropria,materialmente e simbolicamente,del diritto naturale di produrre un’improntache nessun altro potrebbe lasciareed attraverso la quale esprimiamo la scintilla individuale della nostra umanità”
da “Arteterapia in educazione e riabilitazione”, Bernie Warren
Performance
“Nell’atto di creazione di ciascun individuol’arte nutre l’anima, coinvolge le emozioni e libera lo spirito,e questo può incoraggiare le persone a fare qualcosa semplicemente perché vogliono farlo.”
Bernie Warren
obiettivo
tre attoricon scrittura, pittura e fotografia
nella sala relax del reparto ospedaliero
una volta a settimana, per 2 ore pomeridiane un mese per reparto
Introdurre il diario nel sistema ospedaliero, attirando l’attenzione dei pazienti.
chi? come? dove? quando? per quanto tempo? perchè?
I diari di H.story
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resto delle pagine è completamente libero: ognuno può quindi leggere le storie altrui e scrivere la propria, comporre poesie, disegnare, colorare, incollare fotografie o ritagli…Sul diario, insomma, ci si può esprimere come si vuole. Le diverse parti sono evidenziate dall’uso di carte di diverso colore e di diversa consistenza, ma tutte riciclate: la scelta di usare carte simili è dovuta alla volontà di creare un diario che fosse resistente e allo stesso tempo che desse l’idea di artigianale e di “non finito”. Questo perché il diario che viene affidato al paziente è un diario vuoto, da riempire, e che sarà finito solo quando il paziente avrà finito di raccontare ciò che ha vissuto.
Lo scopo del diario, infatti, è proprio questo: fornire ai pazienti qualcosa in cui poter esprimere liberamente ciò che si sta vivendo,
Il diario: uno strumento per paziente e medico. È il cuore del progetto H.story. Infatti, il diario è il mezzo che permette al paziente di raccontare in prima persona la sua storia e le emozioni che prova, ma allo stesso tempo contiene del materiale informativo sulla Medicina Narrativa, così che la persona si renda conto di quanto sia utile la narrazione della propria storia di malattia. Ma soprattutto per rendere le figure professionali del settori consapevoli delle potenzialità di questa nuova disciplina.
Per questo, il diario è strutturato in tre diverse parti: le prime pagine sono dedicate ad una spiegazione più approfondita di che cos’è la Medicina Narrativa, per far comprendere al meglio l’idea che è alla base di H.story; la seconda parte riporta una serie di storie che sono state scritte da altri pazienti, mentre il
I diari di H.story
Il diario:il cuore del progetto.
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casi particolari può risultare inopportuno consegnargli un diario. La speranza è che, con il passare del tempo, le persone prendano dimestichezza con questo strumento e si abituino a condividerlo con gli altri. Una volta raggiunto un certo numero di diari, si cercherà di creare un circuito di bookcrossing sia all’interno dell’ospedale stesso, tra i vari reparti, che tra più ospedali, in modo che la condivisione delle storie continui anche tra persone distanti geograficamente.
Certamente è un progetto molto complesso ed ambizioso, ma crediamo sia importante attirare l’attenzione sulla Medicina Narrativa e offrire una possibilità di espressione a chi passa molto tempo in una struttura che, da immaginario collettivo, si pone ed è vista come fredda e distaccata, quale è oggi l’ospedale.
ma anche qualcosa con cui poter condividere con altri le proprie esperienze. Le storie che i malati scriveranno su questo diario verranno condivise dalle persone che lo leggeranno o ci scriveranno in seguito, ma ogni diario sarà principalmente personale, cioè apparterrà ad un paziente solo, e starà a lui scegliere se lasciarlo in ospedale o portarlo a casa al termine della degenza.
Questo perché lo scopo per cui è stato creato è sì quello di creare un clima di condivisione, ma allo stesso tempo non si può evitare di considerare che le storie dei pazienti spesso sono molto delicate e private, e che non è sempre facile aprirsi agli altri.
Per questo, il paziente può portarsi a casa il diario, oppure lasciarlo in ospedale ma staccando i fogli che desidera e conservare
solo quelli. C’è anche una terza possibilità: il paziente vuole che la sua storia sia letta solo dal suo medico. In questo caso, può tagliare i fogli che desidera dal diario, ed imbucarli nelle apposite scatole che troverà nel reparto. In questo modo, solo il medico leggerà quei fogli, e il diario potrà essere conservato dal paziente o lasciato in ospedale, dove tutti potranno leggerlo.
Il diario verrà affidato in modi diversi, a pazienti diversi. Può venire consegnato dal medico generico o specialista a dei suoi pazienti in cura anche domiciliare, nel caso in cui lo ritenga opportuno, oppure può venire distribuito dai medici in ospedale o dagli attori in seguito alla performance. L’idea è che tutti i malati possano averne uno, ma in alcuni casi, soprattutto all’inizio, la scelta è lasciata al medico che cura il paziente, in quanto in
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Grazie! Valentina, Sara e Manuela