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Congregazione di Gesu ` Sacerdote Istituto Figlie del Cuore di Gesu ` 12013 P G iccolo regge Periodico trimestrale anno VIX n. 1 - 2013 - Poste Italiane s.p.a. - sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento In caso di mancato recapito inviare al CPO di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi Taxe perçue

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Page 1: GP iccolo 2013 - Congregazione di Gesù Sacerdote · “Ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni”: ... il falsario fin dal principio che ha ... accolto fin dal battesimo e mi accompagna

Congregazione di Gesu SacerdoteIstituto Figlie del Cuore di Gesuù

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13PG iccoloregge

Periodico trimestrale anno VIX n. 1 - 2013 - Poste Italiane s.p.a. - sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento

In caso di mancato recapito inviare al CPO di Trentoper la restituzione al mittente previo pagamento resiTaxe perçue

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Quaderni di spiritualità

Redazione

sr Chiara Curzel

fr. Antonio Lorenzi

p. Roberto Raschetti

p. Giuseppe Stegagno

p. Giovanni Mario Tirante(segretario di redazione)

Dir. e Amm.Piccolo Gregge.Congregazione

di Gesù sacerdotevia dei Giardini, 36

38122 Trentotel. 0461.983844

[email protected]

Curia Congregazionedi Gesù sacerdotec.c.p. 15352388Aut. Trib. Trento

n. 1216 del 27.07.2004Responsabile

a norma di leggeVittorio Cristelli

Grafiche ArgentariumTrento

Informativa per il trattamento dei dati personali in ottemperanza al D.Lgs 196/2003Ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. 196/2003 informiamo che i dati personali raccolti nel presente atto dalla Congregazione di Gesù Sacerdote sono utilizzati esclusivamente per il perfezionamento dello stesso e conservati a fini contabili, fiscali, e di prova. Tali dati sono trattati con modalità cartacee ed elettroniche. I dati richiesti sono soltanto quelli strettamente necessari, non vengono trasferiti, venduti o ceduti a terzi non direttamente collegati alla scrivente da contratti di prestazione d’opera ed ai quali è stata fatta firmare una dichiarazione di responsabilità per il trattamento in esterno dei dati della scrivente. La Congregazione di Gesù Sacerdote ha adottato tutte le misure di sicurezza idonee a tutelare i dati degli interessati e un Documento Programmatico sulla Sicurezza nel quale sono descritte le procedure seguite dagli incaricati per garantire la riservatezza dei dati personali e sensibili secondo le previsioni del D. Lgs. 196/2003. Chiunque sia legittimato a farlo può in ogni momento esercitare i diritti previsti dall’art. 7 del D. Lgs 196/2003 e cioè ottenere l’origine dei dati, aggiornamento, la correzione, l’integrazione, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima, il blocco dei dati trattati in violazione di legge. Titolare del trattamento dei dati è la Congregazione di Gesù Sacerdote - P.I. 00241130228. Per ogni comunicazione è possibile inviare un fax al numero (+39) 0461 237462 o spedire una raccomandata a: Congregazione di Gesù Sacerdote via dei Giardini, 36/a - 38122 Trento. Responsabile del trattamento dei dati è padre Gianluigi Pastò.

s o m m a r i oCOPIAGRATUITA

numero 1 2013

1 la lettera

4 ai lettori

5 l’argomento

12 dentro le parole

15 la voce dei padri

17 una vita per loro

25 chiesa oggi

29 seguimi

34 carisma e liturgia

37 i nostri santi

41 vita dell’opera 54 esperienze

59 e anche Dio rise

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La LetteraCarissimi,

scrivo a voi a poche ore dall’annunzio del nuovo Pontefice: Annuntio vobis gaudium magnum: habemus papam! Eminentissi-mum ac reverendissimum dominum, domi-num Georgium Marium, Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem Bergoglio, qui sibi no-men imposuit Franciscum.In questi giorni di attesa, dopo le dimissioni di Papa Benedetto XVI, ho ripreso in mano quanto il nostro Fondatore p. Mario Ventu-rini ci ha lasciato scritto nel volumetto Spiri-to della Congregazione circa quello che de-

ve essere il nostro atteggiamento nei riguardi del Papa.Dono anche a voi, che leggete questo nostro Piccolo Gregge, questo te-sto perché ci aiutiate a vivere sempre questi sentimenti, questa preghiera e questi atteggiamenti verso il “Vescovo di Roma che presiede nella cari-tà tutte le Chiese”.

Onorare il Sacerdozio nel Vicario di Gesù Cristo

57. Il Romano Pontefice non solo ha la pienezza del Sacerdozio come gli altri Vescovi, ma è anche vero Vicario di Gesù Cristo, capo di tutta la Chiesa e a lui, in S. Pietro, fu affidato da nostro Signore Gesù Cristo il pieno potere di pascere, di regge re, di governare la Chiesa universale.

Come pertanto la gloria migliore della nostra Congregazio ne è di essere fondata sulla solidissima pietra della Chiesa, così è suo no-bilissimo decoro che ciascuno dei Nostri costruisca il proprio edi-ficio spirituale sopra il fondamento apostolico, di cui è pietra an-golare lo stesso Gesù Cristo.

58. Dove vi è amore, vi è pure onore: infatti onoriamo grandemente quelli che amiamo. Perciò siccome i Nostri devono avere un

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grande amore verso Gesù Cristo, così non devono la sciarsi sor-passare da nessuno nell’amore verso il suo Vicario.

59. Uno solo e medesimo è il Cuore sacerdotale di Gesù e del suo Vicario in terra, perciò sono comuni i loro dolori. Quindi noi che desideriamo assai di essere i consolatori del Cuore sacerdo tale di Gesù, stimeremo nostro giocondo dovere di recare con solazione al Cuore del S. Padre, il Papa, nei modi permessi dalla nostra vo-cazione e condizione.

60. Disse Gesù ai discepoli: «Chi ascolta voi; ascolta me» (Lc 10, 10), queste parole in modo specialissimo si addicono al suo Vicario. Perciò i Nostri stimino le parole del Sommo Ponte fice come se uscissero dalle labbra di Cristo, le ricevano con gioia, le studino e custodiscano, né alcuna di esse la calcoli di poco valore.

61. Poiché la nostra Congregazione, in forza delle sue Costi tuzioni, dipende in modo particolarissimo dal Sommo Pontefice, così cias-cuno dei Nostri abbia per Lui una totale, interiore e amorosa sot-tomissione, in modo che il Figlio del Cuore di Gesù sia pure Figlio del Sommo Pontefice.

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62. Stimeremo la dignità del Som-mo Pontefice quanto più grande-mente sarà possibile, e questo non nella Congregazione e nel nostro cuore solamente, ma ne esaltere-mo l’autorità nella Chiesa in tutti i modi secondo la nostra vocazione, sapendo che nel l’onorare il Papa si onora il Sacerdozio di Gesù Cristo.

63. Chi tocca in qualche modo anche in piccola cosa il Vicario di Gesù Cristo, ferisce il nostro cuore. Perciò con grandissima carità, ma strenuamente, adopereremo tutti i mezzi di cui ci è dato disporre per riparare l’offesa arrecata al nostro Padre, e per guadagnare, per quanto è possibile, alla nostra causa i suoi nemici, almeno con la preghiera.

64. Per accendere sempre più nel nostro cuore l’amore verso il Som-mo Pontefice e per mostrare anche all’esterno la devozione che abbiamo per Lui, ogni anno, con grande solennità, in tutte le Chiese della Congregazione verrà celebrata la festa di S. Pietro Apostolo; in quel giorno tutti i Nostri celebreranno la S. Messa e faranno la S. Comunione secondo le intenzioni del Papa.

Con la gioia nel cuore per il dono che lo Spirito ha rinnovato alla Chiesa attra-verso il nuovo Pastore, porgo a tutti voi, fratelli e sorelle che fate parte della nostra famiglia allargata, gli auguri di Buona Pasqua.

P. Gian Luigi Pastòsuperiore generale

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Ai Lettori

C ari amici vicini e lontani,Buona Pasqua di Risurrezione! È con gioia che vi presentia-

mo il primo numero di quest’anno che, come potete notare, ha una fi-sionomia nuova. Non abbiamo so-lo la novità della copertina ma an-che del contenuto. Al termine dell’anno centenario, durante il quale abbiamo ricordato la prima Ispirazione-Idea dell’Ope-ra, la rubrica “Speciale 7 marzo” ri-torna ad essere la rubrica “Argomen-to”. Quest’anno ci focalizzeremo su un tema che ci pare interessante: l’ap-partenenza che declineremo nei quattro numeri nel modo seguente:1. Appartenenza a Dio;2. Appartenenza a una Famiglia (religiosa);3. Appartenenza a uno spazio e un tempo;4. Appartenenza alla Chiesa;La rubrica “Venturini in preghiera” lascerà il posto ad una nuova pagina: “Cari-sma e Liturgia”. Una ulteriore modifica è data dall’aggiunta della rubrica “I nostri Santi” nella quale metteremo in rilievo i testimoni importanti per la nostra spiri-tualità. Altra rubrica nuova sarà: “Dentro le parole” grazie alla quale cercheremo di cogliere l’importanza che le parole assumono nel nostro comunicare.

Cogliamo l’occasione per ricordare al Signore: Maria, sorella di suor Raffael-la, deceduta il 2 gennaio; Paola, mamma di p. Adalberto deceduta il 18 feb-braio e l’aggregato brasiliano Jerônimo Ferreira da Silva, deceduto il 2 mar-zo. Preghiamo affinché il Signore li accolga nel suo Regno e conforti le loro famiglie in lutto.

A voi tutti un caro saluto e un profondo grazie per la vostra vicinanza e ami-cizia.

La Redazione

Auguri dibuona Pasqua

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L’Argomento

Riprendiamo la rubrica “L’Argomento” con un tema di particolare interesse: l’appartenenza. In questo primo numero parleremo dell’appartenenza a Dio e riflettere-mo su questo argomento aiutati da più voci: un fratello anziano, un fratello giovane, una sorella e una aggregata.

Appartenere a Dio diventa una scelta consapevole e libera

A ppartenere a Dio: che ognuno di noi appartenga a Dio è una realtà oggettiva, non una scelta, in primo momento, poi diviene una scelta. Siamo tutti creati da Dio, a sua immagine. Io esisto perché Dio mi ha

voluto. Vengo da lui, orientato a lui, legato a lui perché ricevo l’essere solo da lui. “Egli è il nostro Dio, noi il popolo del suo pascolo”: Salmo 94,7. “Ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni”: Isaia 43,1.Dio però ci ha fatto il dono della libertà. Allora appartenere a Lui diventa una scelta consapevole e libera. Tra le creature di Dio solo gli Angeli e l’uomo so-no stati creati liberi. Gli animali, le piante, e tutta la realtà inanimata non ha libertà e consapevolezza di sé. Sono esseri viventi che seguono un istinto o esseri inanimati che seguono leggi fisiche. La libertà è il grande dono che Dio mi fa creandomi: è la dignità della per-sona, anche per questo immagine di Lui. È un dono stupendo e nello stesso tempo un dono che segna la mia fragilità.Ne ha approfittato il nemico di Dio, l’antidio, il falsario fin dal principio che ha tratto in inganno Eva e Adamo mettendoli in contrasto con Dio.Appartengo a Dio, sono suo, sono sua immagine, ma mi occorre una scel-ta consapevole, costante, continuamente confermata, perché questa mia ap-partenenza raggiunga il suo apice quando Dio mi chiamerà per ritornare a lui.In questa appartenenza si alternano vittorie e sconfitte. Per confermare il mio radicale orientamento verso Dio mi occorre quotidiana consapevolezza, rin-novata con lucidità e decisione per sfuggire alle attrattive ingannevoli di tan-te cose da cui mi trovo circondato.Così questa appartenenza è a rischio, in pericolo, se non è affidata, sostenuta e confermata continuamente dalla grazia che mi offre il Signore Gesù con la sua Parola, con i suoi sacramenti, con la presenza della comunità cristiana che mi ha accolto fin dal battesimo e mi accompagna nelle varie fasi della vita anche aiu-tandomi ad accogliere l’invito di Gesù per essere al suo servizio in una vita di con-sacrazione nel ministero. È una progressione di appartenenza dal battesimo, alla cresima. alla professione religiosa fino alla consacrazione sacerdotale.

Appartenenzaa Dio

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Gioia e sofferenza si alternano per un do-no tanto grande e per una mia risposta fragile, incostante, inadeguata. Appartenenza è anche “vicinanza”: per realizzare l’appartenenza il signore Gesù chiama, raccoglie, riunisce: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Sono soprat-

tutto i momenti della preghiera, così importanti nella mia vita! Ma sono anche momenti molto fragili. Lui c’è: ma sono io assente in tanti di quei momenti, por-tato altrove dalle tante cose che hanno riempito la mia attenzione nel tempo che precede l’incontro della preghiera o che dovranno impegnarmi nelle ore o giornate seguenti. L’appartenenza è anche dialogo. Con Gesù, con il Padre, dia-logo animato dallo Spirito. Un dialogo in cui io entro solo ora, ma che ha una lunga storia. Dialogo iniziato già con i Progenitori, Adamo ed Eva, e continuato poi in una lunga storia di proposte, promesse, parola di correzione e di incorag-giamento, il cui contenuto è arrivato fino a me e che io ritrovo nel libro santo della Parola e che a me viene quotidianamente riproposto nel momento dell’in-contro quotidiano. È Liturgia delle ore: ogni ora, ogni momento dell’arco della giornata è segnata da un messaggio che mi interroga, mi richiama, mi illumina o incoraggia o mi avverte. È soprattutto nella Eucarestia quotidiana che que-sto dialogo si ravviva e si snoda con sempre nuovi contenuti e proposte, anche sulla scia luminosa lasciata da tante figure di santi e maestri nella fede in lunga storia della salvezza e i cui riverberi sono giunti fino a me: la luce avuta da tan-te figure di testimoni, santi e martiri, e che ci è stata trasmessa.Ma appartenenza è anche partecipazione di impegno, risposta ad una richie-sta di collaborazione, fino ad arrivare ad una corresponsabilità: “Chiamati a collaborare con tutte le forze all’edificazione del suo regno” (cfr. l’orazione dopo la consacrazione sacerdotale). Una collaborazione diretta nel ministero o indiretta simile a quella opera di salvezza quando Gesù stette con Giuseppe nella officina di falegnameria a Nazareth fino a trent’anni.Mi accorgo quotidianamente che l’appartenenza ha bisogno di continua vigi-lanza per verificare se veramente è tale in tutti gli aspetti complessi della mia persona. I miei pensieri che cosa seguono, i miei progetti con cosa concorda-no, i miei desideri a che cosa si rivolgono? I miei criteri di giudizio e di valuta-zione da che cosa prendono avvio per un confronto?Così mi rendo conto che è una appartenenza che solo la grazia di Gesù può assicurare, garantire e portare al suo compimento. Così sento di dover pregare anch’io con Pio XII: Fa’ che non cerchiamo uma-no interesse, ma la tua gloria, perseverando fino all’ultimo respiro nel no-stro dovere, con retta volontà e pura coscienza. E quando verrà la morte, co-me in terra ti abbiamo avuto compagno e guida, così ti raggiungiamo quale premio eterno nello splendore dei Santi. Amen!”.

p. Mario RossiCasa Madre - Trento

L’appartenenza è anche dialogo.

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Essere tutto di Dio

M i è stato chiesto di scrivere sul tema dell’appartenenza a Dio. Non la mia opinione, non ciò che teoricamente conosco su questo ar-gomento, ma la mia esperienza di giovane consacrato a Dio. Così,

quanto cercherò di scrivere è una vera condivisione, una testimonianza di co-me io vivo e sperimento in realtà l’appartenenza a Dio nella mia vita. Per poter comunicare questa realtà personale, così interiore e così intima, voglio percorrere un itinerario partendo da alcune domande che la sfida nello scrivere questa riflessione mi impone. Utilizzerò anche alcune imma-gini e paragoni nel tentativo di condividere questa realtà avvolta nel mis-tero, che io sento e percepisco, ma che non posso rivelare nella sua com-pletezza.

Che cosa intendo per “appartenenza a Dio”?Intendo l’appertenenza a Dio come la mia risposta davanti al Dio che si rive-la a me, che mi viene incontro e mi invita alla comunione di vita con Lui. È, pertanto, la mia adesione personale a Dio, il mio sì a Lui, frutto della scoperta dell’essere stato creato per una vita di amore e comunione che so realizzar-si pienamente solo in Dio. Questa adesione non è solo una posizione razio-nale, ideologica o etica, ma è una attitudine esistenziale, che coinvolge tut-ta la vita, in tutte le sue dimensioni. Pertanto l’appartenenza a Dio dovrebbe plasmare la mia vita così che in tutto ciò che sono e faccio essa abbia un ruo-lo determinante, poiché tutto il mio essere sia rivolto a questo fine ultimo che tanto desidero: vivere in intima comunione con Lui.

Come vivo questa “appartenza”?Vivo questa appartenza soprattutto come una realtà interiore, come anelito e impulso. Come risposta al progetto amoroso di Dio; vivo questa apparte-nenza nel desiderio di rimanere sempre aperto e disponibile perché la Grazia dell’Altissimo possa fare dimora in me. Io percepisco questa realtà di appar-tenenza come un cammino, un pellegrinaggio. Sento nel cuore il desiderio di poter dire come Paolo “è Cristo che vive in me!”, sento che quello che più importa nella mia vita è stare con Lui, amarLo e lasciare che Lui mi ami. Ma constato che sono ancora lontano dal dire che già sono arrivato a questa in-timità tanto forte, di essere vicino a questa grande appartenenza. Così, vivo l’appartenza a Dio come una ricerca. Non come una ricerca pesante e solita-ria, ma come la ricerca del pellegrino che incontra nel suo cammino alcune pietre e molte meraviglie.

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Quali sono le sfide e le difficoltà che incontro in questo cammino di “appar-tenza”? In realtà, nel cammino ci sono pietre ed ostacoli. E molte volte le pietre che più disturbano sono quelle che io porto nel mio zaino. In questo cammino di essere tutto di Dio, improvvisamente, nelle curve della strada, appaiono om-bre e tempeste, con la tentazione di tornare indietro e abbandonare l’impre-sa. Quante volte percepisco in me resistenze - come la paura, l’egoismo e la superbia - che tentano di deviarmi da una vita di amore, di donazione, di inti-mità con Dio. Quante volte mi sono sorpreso e mi sono perso per aver posto fiducia solo nelle mie forze e capacità invece che confidare in Dio. L’avventu-ra di lanciarmi in Dio e per Dio esige di vincere le mie paure, esige di lasciar-mi guidare da Lui e avere il coraggio di affrontare le pietre del cammino, ave-re il coraggio di guardare dentro di me e dentro il mio zaino.

Quali sono le bellezze che sperimento in questo cammino di ricerca per es-sere tutto di Dio?È chiaro, il cammino presenta molte meraviglie. In primo luogo la gioia di sen-tire che Dio sta sempre camminando con me, mi difende e sostiene, cercan-domi con il suo amore e con la sua tenerezza. In secondo luogo la bellezza

Io percepisco questa realtà di appartenenza come un cammino, un pellegrinaggio.

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di percepire che lungo il cammino io vado crescendo, che Lui sta formando-mi, modellandomi e ad ogni passo io sto più vicino al mio desiderato obietti-vo. Il conforto di apprendere che Dio mi accoglie con il suo abbraccio di Pa-dre misericordioso e perdona le mie mancanze e deviazioni. La gioia per i fra-telli che il Signore mi dona lungo il cammino e tante altre meraviglie che qui potrei descrivere.

E, per concludere, una parola di testimonianza e di incoraggiamento ai gio-vani che vale la pena “appartenere a Dio”! Senza dubbio, scoprire nell’intimo di sé la presenza di Dio che ci presenta l’in-vito ad una vita di amore è qualcosa di meraviglioso, e ancora più meraviglio-so è sentire che Lui ci dà le forze necessarie per rispondere a questa chamata ad aprirci a Lui. Io vedo tanti giovani che si sono persi nel cammino della vita, sen-za alcuna direzione, soprattutto senza gioia, senza alcun desiderio di vivere. Io dico a questi giovani e ad ogni persona: non abbiate paura di aprire il cuore a Dio, non abbiate paura di sentire la sua voce, non abbiate paura di lasciarvi se-durre da Dio! Dio non ci toglie la nostra giovinezza, nemmeno ci toglie la libertà, ma Egli ci mostra il senso della vera vita, della vera giovinezza, della vera libertà!Non abbiate paura di appartenere a Dio!

fr. RaphaelOsasco SP (Brasile)

Appartenere a Dio: gioia, sicurezza, pace

Appartenere a Dio è la real-tà più sublime per ogni uo-mo. Ti dà una grande gio-

ia, grande sicurezza e grande pace. Noi possiamo capire fino ad un cer-to punto quello che il Signore voleva dire quando ha pronunciato: «Tu mi appartieni. Tu sei prezioso ai miei occhi. Tu sei mio».Non ci sono dubbi che nel pensiero di Dio, rivelato da Cristo, quest’appar-

tenenza non è possesso, inteso come lo intende il mondo, ma dono gratui-to. Gesù ci dà una prova molto gran-de poiché è arrivato a dare la propria vita per salvare la preziosità di que-sta appartenenza dell’umanità a Dio.Ma cosa se ne fa Dio di questa ap-partenenza? Di questo mostrarsi “geloso”? Lui sa bene che nel mo-mento in cui noi dovessimo allon-tanarci da Lui la nostra vita comin-

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cerebbe a perdere lo splendore ini-ziale; perderebbe senso; non sareb-be più vita!Quando mi rendo conto di que-sta grande verità mi viene sponta-neo pensare alle parole del Vangelo che mi e ci invitano alla comunione con Dio e con i fratelli. Cosa potreb-be essere una appartenenza di que-sta portata se non la consapevolezza che Dio vuole tenerci uniti a sé per ricevere tutto quello che viene da Lui per sentire la gioia di vivere?Appartenere a Lui è sentirmi, sentir-ci chiamati ad accostarsi a Lui per fa-re esperienza del suo grande amore; per ascoltare quello che vuole dirci; per scoprire cosa significa essere cre-ati a sua immagine e somiglianza; per sentire il desiderio e la gioia di essere inviati ad annunciare con la vita e con le parole questa esperienza profonda.Il non sentirmi degna non mi deve portare a dire a Dio che rivolga il suo sguardo verso altre creature, perché tutti Gli apparteniamo, ma a rico-

noscere che il Suo infinito amore si è abbassato sull’umanità intera che Lui vuole libera e redenta e quindi anche su di me; mi porta ad acco-gliere con umiltà questo dono, a lo-darlo e a benedirlo.Una frase di Gesù all’apostolo Filip-po mi entusiasma sempre: «Filippo, chi vede me vede il Padre». Mi sem-bra che in queste poche parole ci sia la luce per capire il comandamen-to dell’amore: Ama Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le tue forze e ama il prossimo tuo co-me te stesso. Sapermi amata da Dio mi dà fiducia e coraggio e grande ri-conoscenza a Dio, ma assieme sor-ge subito la mia fragilità, perché non sempre vedo il mio prossimo con gli stessi sentimenti. Allora mi sento po-vera creatura e prego Dio di usare con me il suo amore misericordioso e insieme domando l’intercessione della Vergine santa.

sr RaffaellaZevio VR

Appartenere a Lui è sentirmi, sentirci chiamati ad accostarsi a Lui per fare esperienza del suo grande amore. Dio è l’ Essere Infinito… il Tutto.

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Appartenergli per sempre

La mia vita è stata sempre presa dal desiderio di conoscere di più Dio. Ho iniziato con la lettura della Sacra Scrittura e poi ho verificato, con il mio vissuto, il messaggio che la Parola di Dio mi proponeva. Era evidente che

il mio cammino procedeva verso Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Era chiara la certezza che più crescevo nella conoscenza di Dio e più si faceva vi-va la risposta personale.Ho chiesto a me stessa: “Chi è Dio per me?”. Ho cominciato a pensare e ho unito la catechesi con la mia vita. La catechesi mi ha fatto rivivere la frase: “Dio è l’Essere Infinito… il Tutto”. Ho cercato Dio persona in me, con semplicità, con fede profonda e continua, senza mai stancarmi. Ho capito che sono una creatura di Dio e che Lui, donando se stesso, mi ha voluto una donna felice ed ha lasciato in me la sua impronta perché io potessi entrare nella sua Santità.Molto buono il Signore, ma la mia vita corrispondeva? Mi sono scoperta in-grata e peccatrice. Dio invece di allontanarmi, per la sua divina misericordia mi ha ritenuto figlia sua e mi ha donato pace, gioia e vera amicizia. Si è chi-nato su di me mi ha incoraggiata, mi ha sostenuta con sapienza infinita per-ché potessi vivere nella sua grazia, parlargli e servirlo negli altri.Ho pregato, e Dio mi ha chiesto di aderire al suo progetto d’amore condu-cendomi, mediante il suo Spirito, verso l’Opera Sacerdotale fondata da padre Mario Venturini, suo dono prezioso.Ho risposto a Dio con il mio sì gioioso. Appartenergli per sempre, anche se po-tevo essere trattenuta dai miei limiti. È prevalsa la generosità perché desideravo essere parte viva del suo volere ed esprimermi con la preghiera e con le opere.Preghiera personale, intesa come esperienza segreta che nel quotidiano di-

viene offerta, nasce dalla povertà si-lenziosa e si trasforma in comunione, in cammino e diventa vita e va ver-so Dio. Momenti significativi: “l’Eu-caristia e l’Adorazione”. Dio, come sempre, nel suo abisso di Bontà con-tinua a darmi luce, mi benedice, mi conduce alla prima offerta e mi co-pre d’Amore: Dio è Amore, è il Tut-to e può trasformare le opere in ser-vizio e carità.

aggr. TinaOstuni (BR)Dio è l’ Essere Infinito… il Tutto.

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Questa è una delle parole che mi prende dentro, e forse è proprio da dentro che deve

iniziare. Non posso parlare del sostantivo senza fare un accenno al verbo, all’agire. Penso che l’appartenenza non sia mai un dato di fatto ma un dinamismo, una azione che perdura nel tempo sempre in fieri, sempre in divenire. Io appartengo a qualcunoDentro le parole

Questa è una del-le parole che mi prende dentro,

e forse è proprio da den-tro che deve iniziare. Non posso parlare del sostanti-vo senza fare un accenno al verbo, all’agire. Penso che l’appartenenza non sia mai un dato di fatto ma un dinamismo, una azio-ne che perdura nel tempo sempre in fieri, sempre in divenire. Io appar-tengo a qualcuno, mai a qualcosa: appartenenza dice relazione, comu-nione, dinamicità. Tuttavia quando si pensa all’appartenenza o all’appar-tenere spesso viene in mente qual-cosa di già dato una volta per sem-pre. A me pare che il verbo apparte-nere si coniughi bene con altri ver-bi: consegnare e accogliere. In que-sto momento mi affiora alla mente la liturgia sponsale che potrebbe an-che essere letta come la liturgia di una reciproca appartenenza: “Io ac-colgo te…” che potremmo tradur-re con queste espressioni: noi ci ap-parteniamo, da ora saremo una sola carne, saremo simbolo di una appar-tenenza più profonda e vitale quella tra l’uomo e il suo Dio. Ma possiamo anche guardare un altro tipo di real-tà umana, quella della consacrazio-ne religiosa dove si è chiamati ad es-

Appartenenza, appartenere

sere manifestazione di una appartenenza tutta parti-colare: la reciproca koino-nia e familiarità delle tre persone divine, una co-munione che viene messa

in luce, anche se nella fra-gilità, da fratelli e sorelle che

sono insieme nel “Nome”. Ancora un’altra esperienza umana che spe-cifica l’appartenenza la cogliamo dal ministero sacerdotale. Il prete è in un presbiterio guidato e animato da un vescovo; in questo è chiamato a vi-vere una “intima fraternità presbite-rale” dalla quale partire e alla quale arrivare nello svolgimento del mini-stero e dell’azione pastorale. Ma ri-cordiamo, l’appartenenza è costan-temente in crescita: siamo Corpo di Cristo, ma lo diventiamo, siamo im-magine di Dio ma diveniamo sempre più somiglianti, siamo una comuni-tà ma cresciamo nella comunione…Se l’appartenenza o l’appartenere si sgancia dalla specificità del matu-rare, rischia di impoverirsi e di esse-re travisata. Vorrei concludere que-sta breve riflessione sulla parola ap-partenenza e sul verbo appartenere con un testo, un po’ datato, ma che ha sempre il suo fascino, un brano di Giorgio Gaber che così scriveva… e cantava:

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Questa è una delle parole che mi prende dentro, e forse è proprio da dentro che deve

iniziare. Non posso parlare del sostantivo senza fare un accenno al verbo, all’agire. Penso che l’appartenenza non sia mai un dato di fatto ma un dinamismo, una azione che perdura nel tempo sempre in fieri, sempre in divenire. Io appartengo a qualcuno

L’appartenenzanon è lo sforzo di un civile stare insiemenon è il conforto di un normale voler benel’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.L’appartenenzanon è un insieme casuale di personenon è il consenso a un’apparente aggregazionel’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

Uominiuomini del mio passatoche avete la misura del doveree il senso collettivo dell’amoreio non pretendo di sembrarvi amicomi piace immaginarela forza di un culto così anticoe questa strada non sarebbe disperatase in ogni uomo ci fosse un po’ della mia vitama piano piano il mio destinoè andare sempre più verso me stessoe non trovar nessuno.

L’appartenenzanon è lo sforzo di un civile stare insiemenon è il conforto di un normale voler benel’appartenenzaè avere gli altri dentro di sé.

L’appartenenzaè assai di più della salvezza personaleè la speranza di ogni uomo che sta malee non gli basta esser civile.È quel vigore che si sente se fai parte di qualcosache in sé travolge ogni egoismo personalecon quell’aria più vitale che è davvero contagiosa.

Uominiuomini del mio presentenon mi consola l’abitudinea questa mia forzata solitudineio non pretendo il mondo intero

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vorrei soltanto un luogo un posto più sincerodove magari un giorno molto prestoio finalmente possa dire questo è il mio postodove rinasca non so come e quandoil senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.

L’appartenenzanon è un insieme casuale di personenon è il consenso a un’apparente aggregazionel’appartenenzaè avere gli altri dentro di sé.

L’appartenenzaè un’esigenza che si avverte a poco a pocosi fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopoè quella forza che prepara al grande salto decisivoche ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magi-ci momentiin cui ti senti ancora vivo.

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.

p. GiòIl Cenacolo - Barcellona P. G. ME

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T u sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incal-

colabile. E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo pec-cato e la prova che tu resisti ai su-perbi. Eppure l’uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lo-di, perché ci hai fatti per te, e il no-stro cuore non ha posa finché non riposa in te. (...)Ma come invocare il mio Dio, il Dio mio Signore? Invocarlo sarà comun-que invitarlo dentro di me; ma esiste dentro di me un luogo, ove il mio Dio possa venire dentro di me, ove pos-sa venire dentro di me Dio, Dio, che creò il cielo e la terra? C’è davvero dentro di me, Signore Dio mio, qual-

Più intimo a me di me stesso

La voce dei Padri

In questo numero dedicato all’appartenenza a Dio riportiamo l’inizio del celebre libro delle Confessioni di sant’Agostino. Pochi come il ve-scovo di Ippona hanno saputo esprimere con passione e efficacia la pro-pria ricerca di Dio e la continua scoperta che Dio stesso abita nel profon-do dell’anima umana, o meglio che ogni uomo a Lui appartiene e in Lui ri-trova anche se stesso. È per noi un invito a rientrare in noi stessi, a scoprire che apparteniamo a Lui prima di ogni merito, prima di ogni sforzo personale, prima di ogni “nostra” offerta e consacrazione a Lui. L’appartenenza a Dio è un dato ori-ginario dell’uomo e per questo il cuore è inquieto finché non riposa in Lui, finché non riconosce in Lui anche la verità di se stesso.

cosa capace di comprenderti? Ti com-prendono forse il cielo e la terra, che hai creato e in cui mi hai creato? Op-pure, poiché senza di te nulla esiste-rebbe di quanto esiste, avviene che quanto esiste ti comprende? E poiché anch’io esisto così, a che chiederti di venire dentro di me, mentre io non sarei, se tu non fossi in me? Non so-no ancora nelle profondità degli infe-ri, sebbene tu sei anche là, e quando pure sarò disceso all’inferno, tu sei là. Dunque io non sarei, Dio mio, non sarei affatto, se tu non fossi in me; o meglio, non sarei, se non fossi in te, poiché tutto da te, tutto per te, tut-to in te. Sì, è così, Signore, è così. Do-ve dunque t’invoco, se sono in te? Da dove verresti in me? Dove mi ritrarrei, fuori dal cielo e dalla terra, perché di là venga in me il mio Dio, che disse: “Cielo e terra io colmo”?(...)

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Cosa sei dunque, Dio mio? Cos’al-tro, di grazia, se non il Signore Dio? Chi è invero signore all’infuori del Si-gnore, chi Dio all’infuori del nostro Dio? O sommo, ottimo, potentissi-mo, onnipotentissimo, misericordio-sissimo e giustissimo, remotissimo e presentissimo, bellissimo e fortissi-mo, stabile e inafferrabile, immuta-bile che tutto muti, mai nuovo mai decrepito, rinnovatore di ogni cosa, che a loro insaputa porti i superbi al-la decrepitezza; sempre attivo sem-pre quieto, che raccogli senza biso-gno; che porti e riempi e serbi, che crei e nutri e maturi, che cerchi men-tre nulla ti manca. Ami ma senza smaniare, sei geloso e tranquillo, ti penti ma senza soffrire, ti adiri e sei calmo, muti le opere ma non il dise-gno, ricuperi quanto trovi e mai per-desti; mai indigente, godi dei gua-dagni; mai avaro, esigi gli interessi; ti si presta per averti debitore, ma chi ha qualcosa, che non sia tua? Pa-

ghi i debiti senza dovere a nessuno, li condoni senza perdere nulla. Che ho mai detto, Dio mio, vita mia, dol-cezza mia santa? Che dice mai chi parla di te? Eppure sventurati coloro che tacciono di te, poiché sono mu-ti ciarlieri.

Chi mi farà riposare in te, chi ti fa-rà venire nel mio cuore a inebriar-lo? Allora dimenticherei i miei ma-li, e il mio unico bene abbraccerei: te. (…) Oh, dimmi, per la tua mi-sericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me. Di’ all’anima mia: la salvez-za tua io sono. Dillo, che io l’oda. Ec-co, le orecchie del mio cuore stan-no davanti alla tua bocca, Signore. Aprile e di’ all’anima mia: la salvezza tua io sono. Rincorrendo questa vo-ce io ti raggiungerò, e tu non celar-mi il tuo volto.

(Agostino, Confessioni 1.1-5.5 passim)

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Una Vita per Loro

Padre, in questo numero della nostra rivista di fami-glia vorrei parlare di un argomento diverso; lasciamo per ora il discorso che in queste interviste abbiamo

fatto, cioè il racconto della sua vita e della vita dell’O-pera, potremo continuare nei prossimi numeri. In questo

numero vorrei soffermarmi brevemente a riflettere con lei sulla vita di fede. Quest’anno il papa Benedetto XVI ha voluto dedicarlo alla fede, mi piace-rebbe sapere cosa pensa lei di tale dono di Dio, un dono che tante volte de-ve coniugarsi con le nostre fragilità e le nostre povertà.È un argomento molto bello quello che mi proponi, non sonderemo mai ab-bastanza il grande dono della fede anche perché questa non rimane fissa, ma cresce con la storia che l’uomo vive e in base alle sue esperienze. È un dono ma come tutti i doni di Dio va custodito e curato perche possa crescere e pro-gredire. La vera fiducia in Dio forma i Santi. Non sono i difetti, le mancanze, le colpe quotidiane motivo per ritirarci ed avere timore e paura di Dio, ma que-sti, potremo dire, formano invece il fondamento, l’oggetto della fiducia. Nel-la mia vita ho sentito costantemente il bisogno di questa fiducia, anzi di ab-bandono in Dio. Noi uomini abbiamo contemporaneamente questo bisogno di fiducia e di abbandono e al contempo la paura che nasce dall’osservare ciò che ci manca. Spesso ci avviliamo; se consideriamo la grande via che ci re-sta da percorrere e ci cadon le braccia. Ma a questo punto è necessario get-tarsi in Dio, abbandonarsi in lui, nel Cuore di Gesù. Sarà Gesù a distruggere ciò che non piace al Padre, a darci ciò che ci manca, a condurci nel cammino.

Il Signore ci conduce, anche nelle prove e nelle difficoltà che inevitabilmen-te riscontriamo nel nostro cammino? Gesù permette la prova! E quando siamo in essa non ci abbandona, ma la at-traversa con noi. Io ricordo il tempo in cui ci trovavamo alle strette per man-canza di mezzi materiali. La crisi che dovunque imperversava faceva diminui-re la beneficenza, e si stentava ogni giorno di più a tirare avanti. Ricordo che dicevo ai miei giovani che mi fissavano con occhi inumiditi dalle lacrime: Non ci perdiamo d’animo! Troppe volte abbiamo toccato con mano che nel mo-mento dell’estremo bisogno, in modi talora inaspettati, è venuta la Provvi-denza Divina in nostro soccorso. E sarà di nuovo così, se noi sempre avremo in lei fiducia illimitata ed in lei sola spereremo.

venticinquesima puntata

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Mi perdoni la domanda: da un lato incoraggiava i suoi, ma lei personalmen-te come viveva quei momenti difficili?Cercavo di fare coraggio ai miei fratelli, ma nel cuore anch’io facevo esperien-za della mia fragilità, che poi, al momento dell’adorazione del Santissimo Sa-cramento, presentavo a Gesù. Sentivo la responsabilità e, talvolta, il mio limi-te e questi riversavo nel Cuore di Cristo:“Signore, i Figli del tuo Cuore sacerdotale si trovano in grave necessità tem-porale. Parecchi creditori chiedono di essere pagati e non si sa che cosa da-re loro perché il momento è critico assai. Comprendo che ciò è causato dal-la mia poca fede e dalle innumerevoli mie infedeltà e resistenze alla grazia. Però, mio Signore, non abbiano a soffrire gli altri per colpa mia: io sono reo, punisci me, ma dà ancora il tuo aiuto alle povere tue creature della picco-la Opera Sacerdotale”.

Ma se concentriamo l’attenzione sulla nostra povertà e sulla fragilità della nostra fede, non rischiamo di sgomentarci ulteriormente?Noi ci sgomentiamo quando abbiamo l’attenzione solo sulla nostre fragilità, ma se guardiamo queste come “luogo” e possibilità per la crescita nella fi-ducia in Dio, anche le nostre povertà si trasfigurano. La conoscenza del mio nulla non deve sgomentarmi, piuttosto aumenta nel mio cuore la confiden-

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za in Gesù e la più illimitata fiducia nella sua grazia per corrispondere con più ardore alle divine premure che egli ha verso di me. Ti svelo un segreto che ti può aiutare nel cammino: quando si attraversano i momenti della prova è ne-cessario ricorrere a Maria, ripararsi sotto il suo manto Verginale, vivere più at-tenti alla sua scuola di semplicità ed obbedienza fiduciosa verso Gesù. Non ci ha lasciato questo testamento di fiducia: “Fate quello che lui vi dirà”? Che in altre parole significa: fidatevi di lui!

Capita spesso di percepire una dicotomia fra le opere e la fede. Già nella let-tera di Giacomo la Chiesa viveva questo problema, e a me pare che ancora non sia risolto. Come è possibile conciliare il nostro operare e la nostra vita di fede o, detto in altro modo, il nostro fare e il nostro essere?Questo si ottiene con un mezzo infallibile: cioè operare ogni cosa alla presen-za di Dio. Egli vede tutto, Egli di tutto tiene stretto conto, quantunque l’uo-mo realmente non lo veda. L’occhio della fede invece deve vederlo, deve fi-gurarselo realmente presente in tutte le cose. Ciò che facciamo, lo dobbiamo realizzare nella fiducia della sua presenza.

La ringrazio, padre, del tempo che mi ha concesso, continueremo la pros-sima volta.Certo figliolo, alla prossima. Sii contento e fatti santo!

p. GiòIl Cenacolo - Barcellona P. G. ME

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La parrocchia di S. Cleto ha le nostre suore; per intan-to sono due, la loro opera sarà certamente preziosa per quei Padri

Queste brevi parole, presenti nelle Cronache dell’Opera con data 16 dicembre 1969, segnano nella storia della Famiglia di padre Venturi-ni un momento importante, quello dell’inizio della comunità femmi-

nile delle Figlie del Cuore di Gesù presso la parrocchia di san Cleto, a Roma, dove i Padri già operavano dal 1958. Le suore avevano seguito padre Venturini già al tempo della prima esperien-za romana della Congregazione; sappiamo infatti che nel 1955 alcune sorelle si trovavano a Roma, in via Nomentana 256, a prender parte con il loro na-scosto ma importante contributo alla purtroppo breve presenza dell’Opera presso Villa Speranza. Queste “pioniere” – suor Pierina Marchiori, suor Giu-seppina Fava e suor Beatrice Girotto – ritornarono in Casa Madre nel 1956 al cessare della comunità dei Padri nella Capitale, ma una dozzina di anni do-po, nel giugno 1968, il parroco di san Cleto, padre Erminio Targa, scriveva al Superiore Generale della Congregazione e alla Superiora Generale delle Figlie del Cuore di Gesù per chiedere «che le Nostre Sorelle tornino a Roma dove già le aveva portate con tanto amore e sacrificio il venerato Padre». Padre Targa espone in una lettera le ragioni di questa richiesta: «averle accanto con la loro preghiera, con il sacrificio, con la virtù e il lavoro per la santificazione del Clero…; avere da esse una preziosa collaborazione per un culto degno…; avere un po’ di assistenza spirituale per le ragazzette e inoltre insegnare a lo-ro un po’ di cucito e di maglieria; accudire alla cucina e al guardaroba dei Pa-dri». La Superiora Generale, madre Stefania Zampieri, si mostra disponibile a questa nuova proposta e sarà il Superiore della casa di Roma, padre Valenti-

Le Sorelle a san Cleto

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no Castiglioni, a portare avanti le pratiche necessarie perché il nuovo proget-to diventi realtà. Il dicembre 1969 segna per le Sorelle una data importante: l’8 dicembre ricorda-no i 40 anni di fondazione e nel Capitolo Generale celebrato proprio in quei giorni madre Stefania Zampieri dà le dimissioni dal Suo incarico di Superiora Generale,

iniziato proprio poco meno di 40 anni prima, dopo la precoce morte di ma-dre Lorenza Di Rorai. Si apre una nuo-va stagione, sotto la guida della nuova Superiora Generale madre Margherita Colò, e il 16 dicembre di quello stes-so anno, come abbiamo ricordato all’i-nizio, le prime due sorelle arrivano a san Cleto: sono suor Caterina Svaizer e suor Bartolomea Zennaro. Vengono provvisoriamente sistemate in un ap-partamento poco distante dalla chiesa e dalla comunità maschile: due stanze, servizi e soggiorno, inquiline del signor Pietro Alessandrelli, ma la loro vita si svolge in prevalenza nella casa parroc-

Anni 70 sr Teresina - sr Gemma.

Aprile 1971 sr Raffaella.

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chiale, ricoprendo le mansioni di «cuci-na e guardaroba; sagrestia e paramen-ti; oratorio femminile con relativo cate-chismo». Dopo il primo periodo si tra-sferiscono in due stanzette costruite a sinistra della vecchia chiesa, ma in pro-getto c’è già la costruzione della nuova casa per l’intera comunità religiosa di san Cleto, con uno spazio perché an-che le sorelle possano sistemarsi in ma-niera più agevole e integrata. La “calda” comunità dei sancletesi accoglie da subito le nuove abitanti con uno spirito di «benevola osserva-zione» che diventa presto «stima e af-fetto»: già nel maggio 1970 la “Cro-

naca lampo” del giornalino dell’Opera nota: «Una parrocchiana, commentan-do il fatto della presenza delle suore a san Cleto ebbe a dire al parroco: ora la nostra parrocchia è completa… L’espressione degna di un teologo e di un litur-gista, denota una fede profonda e mette in rilievo una bella realtà: il segno e la testimonianza della verginità consacrata nella famiglia parrocchiale». Anche le sorelle sembrano trovarsi bene, si danno da fare non solo in casa, ma anche in parrocchia, soprattutto tra le ragazze, nel catechismo e nell’Azione Cattolica. Il Superiore Generale padre Francesco Soncin, a meno di un anno dall’apertura della comunità femminile, raccomanda ai Padri di inserire gradualmente le suo-re nelle attività parrocchiali e esprime il parere che «la Casa di Roma potrebbe servire alle Sorelle per un apprendistato di pastorale (apostolato) oggi ritenuta necessaria per ogni ragaz-za o donna cristiana adul-ta e perciò anche per le Sorelle. Press’a poco co-me è la Casa di Roma per i Nostri Padri giovani, se il paragone regge…». Questo slancio iniziale, con le sue motivazioni e le sue speranze, continua nell’avvicendarsi delle so-relle che sempre con en-tusiasmo e impegno vi-vono e lavorano a san Cleto. Nel 1970 arriva suor Raffaella Molinari e

1981 sr Cecilia - sr Gemma.

24 ott 83 sr Bartolomea - sr Raffaella.

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nel ’73 suor Teresina Zennaro, che a più riprese saranno presenti nella comu-nità di Roma fino a pochi anni or sono; dal ‘72 troviamo suor Gemma Belfanti e pochi anni dopo suor Gabriella Mileo; anche suor Cecilia Tordin vi soggior-na, seppur brevemente, tra 1981 e il 1982. Suor Bartolomea, dopo un perio-do trascorso in un’altra comunità, rimarrà a san Cleto fino al 1986, anno in cui arriva suor Dolores Lunelli, che vi abiterà fino al 1997. Il 1994 segna l’ini-zio della presenza di suor Assunta Tomasi, seguita nel 1996 da suor Lina Mo-relli e nel 1997 da suor Caterina Gentile e, per un breve periodo, vi lavorerà anche suor Luigia Guzzon. Nel 2007 è la volta di suor Chiara Curzel, seguita

24 ott 83 sr Bartolomea - sr Raffaella.

1995 sr Dolores - sr Teresina. 1995 sr Dolores.

28 mar 1996 sr Assunta - sr Dolores - sr Lina.

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nel 2008 da suor Marcia Gonçalves, mentre la Comunità di Roma diventa in quegli anni anche Casa di Forma-zione per l’Istituto.Sono passati 43 anni dal dicembre 1969 al dicembre 2012: con l’VIII Capitolo Generale l’Istituto delle Fi-glie del Cuore di Gesù elegge ma-dre Caterina Gentile quale Superiora Generale, prevedendo così il suo tra-sferimento da Roma in Casa Madre, a Trento. Anche suor Chiara e suor Marcia concludono nello stesso pe-riodo il corso di studi e la loro presen-za viene richiesta altrove. La famiglia

Religiosa si trova impossibilitata a continuare negli avvicendamenti presso la comunità di Roma e nel gennaio 2013 le quattro sorelle (c’è anche suor As-sunta!) lasciano la comunità di san Cleto. Da queste pagine il nostro GRAZIE, a nome dell’intera Famiglia Religiosa, per tutto quello che abbiamo ricevuto in questi 43 anni di presenza nella Capi-tale. Un grazie ai Padri che ci hanno sostenuto e accompagnato, nel comu-ne carisma, nella vicinanza fraterna, nel lavoro condiviso: in questa sede non abbiamo potuto nominarli uno per uno, ma a tutti giunga la nostra ricono-scenza. Grazie ai parrocchiani di san Cleto che sempre ci hanno accolto e ci ricordano con l’affetto degli inizi e ci hanno permesso una presenza ricca di relazioni, nel dono reciproco. Grazie a tutti quelli che ci han-no conosciuto e aiutato nella Comunità di vita fraterna, nel-la Comunità parrocchiale, ne-gli ambienti cittadini in cui sia-mo state presenti. Per ora il nostro è un saluto…ma non un addio…e con le parole di padre Targa possia-mo augurarci anche nel 2013 «che le Nostre Sorelle tornino a Roma dove già le aveva por-tate con tanto amore e sacrifi-cio il venerato Padre».

sr ChiaraCasa Madre - Trento

2001 sr Assunta.

2012 sr Assunta - sr Caterina - sr Chiara - sr Marcia.

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Chiesa oggiAlle sorgenti dei carismi

In molti Istituti re-ligiosi i carismi so-no fioriti dentro dei

contesti spirituali specifici e a volte difficili da decifrare. Dopo il Concilio Vaticano II, per noi cristiani del 2013, è sconta-to invocare e pretendere che le no-stre spiritualità abbiano solide radici bibliche. Ma i duemila anni di storia della Chiesa che hanno seguito la re-dazione del Nuovo Testamento non si possono mettere tra parentesi con troppa disinvoltura, anche se sareb-be molto comodo. Mercoledì 23 gennaio, presso la Cu-ria Generalizia dei padri Dehoniani, si è svolto il secondo incontro degli Istituti maschili legati alla Spirituali-tà del Cuore di Gesù. Su invito di p. Gian Luigi, nostro superiore genera-le, vi ho partecipato e ve ne ripor-to un resoconto. Lo scopo di que-sto gruppo di lavoro intercongrega-zionale sarebbe quello di attualizza-re quanto di buono ruota attorno alla spiritualità del Sacro Cuore, ini-ziata sia con le rivelazioni del Signo-re Gesù ricevute in Francia da san-ta Margherita Maria Alacoque nel 1600, ma presente pure nella mi-stica e negli studi dei teologi della Scuola Francese e in molti altri scrit-

ti con cui anche p. Mario Venturini ha nutrito la sua vocazione. Molte Congregazioni reli-giose maschili e femmini-

li hanno messo le radici fon-dative in questo fertile terreno del Cuore di Cristo che, in sinergia con gli studi promossi già dal Concilio Vaticano II, può portare ancora frut-to nel nostro tempo. Erano presenti all’appuntamento: - per l’Opera Don Guanella don Ni-

no Minetti; - per i Gesuiti p. Claudio Barriga;- per i Dehoniani p. José Ornelas

Carvalho (superiore generale) e p. John van den Hengel;

- per i padri Venturini fr. Antonio Lo-renzi;

- per i padri Eudisti p. Luc Crepy; - per i Missionari SS.CC. Gesù e Ma-

ria de Mallorca p. Manuel Soler.

I padri Dehoniani hanno annuncia-to che nel 2014 in Brasile verrà or-ganizzato da loro un convegno in-ternazionale sul tema: Antropolo-gia del Cuore. Inoltre al loro inter-no stanno studiando la spiritualità del Sacro Cuore tra teologia e de-vozione, la figura del loro fondatore p. Léon Dehon, e come aprire mag-

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giormente il carisma ai laici. I padri che ci ospitavano hanno ricordato che per il loro fondatore ci fu un in-treccio tra mistica e impegno socia-le; infatti egli fu autore di un im-portante manuale di dottrina socia-le. P. Dehon, riguardo alla spirituali-tà del S. Cuore, citava molto la Bib-bia. Secondo i Dehoniani presenti, il culto del S. Cuore è nato come reazione al Giansenismo, e va inte-so, oggi come allora, considerando l’integralità della persona; il Cuore per la lettera di S. Paolo ai Galati è lo sguardo nuovo e attivo per co-struire se stessi; questa devozione va studiata e poi riproposta come una forma moderna di mistica, cu-randone l’aspetto biblico e antropo-logico. Infine i sacerdoti del Sacro Cuore hanno evidenziato che c’è un risvolto pedagogico nella realtà del Cuore di Gesù: infatti l’educazione è opera del Cuore.Chi vi scrive ha presentato la mis-sione e la spiritualità del nostro Istituto dentro il contesto stori-co dell’Opera di p. Mario Ventu-rini, ispiratagli da Cristo il 7 mar-zo 1912, e che comprende, oltre la Congregazione di Gesù Sacerdote, un ramo femminile, cioè l’Istituto Figlie del Cuore di Gesù. Ho detto che lo specifico di noi Padri Ventu-rini è la santificazione dei sacerdo-ti: in finem dilexit, li amò sino al-la fine. Il Cuore sacerdotale, cioè le azioni sacerdotali del Cuore di Cri-sto, è uno dei pilastri della nostra spiritualità, insieme all’Agnello Im-molato, al sacerdozio di Cristo e al-la preghiera di Gv 17. Noi trovia-mo questa tipica espressione nel-

le nostre preghiere che recitiamo ogni giorno e pure nel testo scrit-to dal fondatore dal titolo: Spirito della Congregazione. Padre Venturini è giunto a legar-si alla devozione del Cuore di Gesù già da quando era seminarista a Pa-dova agli inizi del ‘900; anche l’in-flusso del suo padre spirituale p. Pe-tazzi S.J., il contatto con la spiritua-lità dell’Istituto fondato dalla Bea-ta Maria Deluil Martiny, nonché l’a-micizia con il certosino G. B. Simo-ni, favorirono il suo avvicinamento al contesto spirituale del Cuore di Cristo.Ho poi ricordato che padre Mario ha istituito la Giornata mondiale

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di santificazione sacerdotale pro-prio nel giorno del Sacro Cuore del 1948. Ho aggiunto che i nostri pun-ti di riferimento e approfondimen-to su questo filone del Cuore sacer-dotale sono la spiritualità francese, gli studi di p. Vanhoye sulla lettera agli Ebrei, gli studi realizzati su no-stra richiesta dal compianto sacer-dote passionista p. Costante Bro-vetto. Ho concluso affermando che per noi venturini realizzare oggi l’e-redità e lo spirito di questa devo-zione significa annunciare la mise-ricordia accogliendo con rispetto i ministri ordinati, prendendosi cura dei loro ideali e delle loro fragilità; significa anche investire in forma-zione per prevenire il loro disagio e consolidarne l’identità, annunciare il Vangelo della riconciliazione, con una maggiore condivisione del ca-risma (per es. con la forma dell’ag-gregazione) anche con i sacerdoti secolari e i laici.P. Manuel ha presentato una collana di libri edita dal suo Istituto, dedica-ta al S. Cuore (Gesù: il cuore uma-no di Dio; Una Chiesa col cuore…). Egli, circa la spiritualità del Cuore di Gesù, ha sottolineato l’importanza di evitare di usare espressioni data-te, di evitare rimpianti su S. Marghe-rita, di non diffondere stampe sdol-cinate, ma piuttosto di valorizzare le fonti del Nuovo Testamento, del-la patristica e dei mistici medioevali. Per il religioso spagnolo è importan-te interessarsi in modo integrale dei trafitti di oggi, cioè di quanti soffro-no; poi p. Soler ha detto che l’uomo d’oggi - definito post-moderno - dà enfasi più ai sentimenti che alla ra-

gione: un’occasione importante per il messaggio del Sacro Cuore. Infi-ne p. Manuel ci ha informati del fat-to che nel suo Istituto si è cercato di rinnovare le immagini riferite al Cuo-re di Gesù.Don Nino ha comunicato al gruppo riunito che nell’Opera don Guanel-la (che è nata nel secolo del Sacro Cuore), si è sviluppata più la missio-ne che la teologia, con l’attenzio-ne alle situazioni di grande soffe-renza. Lo sviluppo teologico è sta-to affidato perciò a qualche articolo pubblicato sulle riviste del loro Isti-tuto. Poi cita il fondatore: Le no-stre opere sono sgorgate dal cuo-re (fornace ardente) dell’amore di Cristo. Per don Nino il Cuore di Cri-sto è la testimonianza dell’amore di Dio Padre. Infatti si va al Padre ac-compagnati da Gesù; il cuore è la sede dell’amore di Cristo. Nella lo-ro Opera tra preti e laici che vivono il carisma c’è il vincolo della carità; infatti il nome odierno dell’Istituto è il seguente: Congregazione dei Ser-vi della Carità.Il gesuita p. Claudio ci ha illustrato la sua missione di direttore dell’A-postolato della Preghiera e del Meg (Movimento eucaristico giovani-le). Il sacerdote, di origini cilene, ci ha confessato le difficoltà di lavora-re nell’intento di presentare la realtà del Cuore di Gesù, dentro il mondo occidentale; p. Barriga ha elaborato un percorso formativo composto di otto tappe e denominato: Cammi-no del Cuore a servizio del mondo.Il religioso gesuita si è reso disponi-bile ad aiutare il nostro gruppo nella realizzazione di uno spazio web, co-

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mune agli Istituti convocati ma pu-re interessati, per mettere in comu-ne materiale teologico, grafico e di attualità sul Cuore di Cristo.P. Luc ha descritto la figura di S. Giovanni Eudes che nel 1925 è sta-to proclamato Apostolo del culto li-turgico dei Cuori di Gesù e di Maria. Una delle idee portanti è che Maria ha generato il cuore di Gesù non so-lo a livello biologico. Per Eudes l’ac-cento del Cuore era sulla misericor-dia più che sulla riparazione; una spi-ritualità questa, che si inserisce nel filone della Scuola Francese (Berul-le). S. Giovanni ha fondato e ispirato pure le fondazioni delle Suore di No-stra Signora della Carità, delle Suore del Buon pastore e delle Piccole So-relle dei poveri. Altri contenuti sono emersi a ruota libera, come ad esempio la conside-razione che il magistero del papa Be-nedetto XVI può essere valorizzato perché presenta affinità con il mes-saggio del Cuore di Gesù.Ogni Istituto si è preso l’impegno di portare al gruppo almeno tre ar-ticoli che delineino la specificità del Cuore di Cristo all’interno della pro-pria Congregazione; oltre a questo le Congregazioni cercheranno al lo-ro interno dei teologi o teologhe per un futuro seminario di studio sul

tema del Cuore di Cristo; infine sia-mo stati invitati a segnalare even-tuali convegni organizzati sul tema in esame. Il prossimo incontro sarà in maggio presso la Curia Generalizia dei pa-dri Gesuiti. Vi darò in seguito noti-zie degli sviluppi del gruppo di stu-dio.

fr. AntonioSan Cleto - Roma

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SeguimiIl noviziato a Loreto

Era il 15 settembre il giorno in cui ini-ziavo il percorso

di noviziato: si specificava ulteriormente il cammino ed il rapporto con la spiri-tualità e la Congregazione di p. Mario Venturini, mentre la mede-sima e sempre nuova Parola creatri-ce e formatrice, continuava a risuo-nare puntuale anche in quel giorno d’ingresso in noviziato.Sentirsi accarezzati dalla Parola è un’esperienza che, pur ripetuta, ri-mane sempre unica e non del tut-to comunicabile. Gli unici due testi, che durante i 7 mesi in seminario mi fu dato di commentare, Gv 19,25-27 e Gv 1,35-39 (l’uno alla nove-na dell’Immacolata Concezione il 5 dic. 2011, l’altro in Lectio Divina la II dom. del TO 15 gen. 2012), so-no stati gli stessi due testi che han-no accompagnato quel 15 settem-bre: il primo nella lettura evangeli-ca della celebrazione mattutina, me-moria della Beata Vergine Maria Ad-dolorata, in cui fr. Albi e fr. Davide hanno emesso la prima Professione, l’altro è il testo del rito d’ingresso in Noviziato. Non provo neanche a de-scrivere la gioia interiore di quel mo-mento, che tante altre volte si è pre-sentato in passato e che oggi con-

tinua ad alimentare la gio-ia interiore di questo Novi-ziato.Casa Maris Stella è insie-me un privilegio e un gio-iello di spiritualità. È un pri-

vilegio il contatto palpabile con la Santa Casa e gli effetti spiri-tuali per sé e per quanti beneficiano dell’intercessione della Madre Lau-retana. Ed è un gioiello di spiritualità per la funzione che assume a favo-re di quanti, presbiteri, religiosi e re-ligiose, trovano nutrimento spiritua-le. P. Giannantonio Fincato maestro di noviziato, il neo-professo Davide Bottinelli, l’aggregata Daniela Mar-tinelli, fra’ Gabriele Feroldi ed io sia-mo attualmente la comunità di Ma-ris Stella; insieme ad Ana, Lucica e Sabrina solerti curatrici del lavoro in cucina e dei vari ambienti della casa.Situata sulla dolce collina di Mon-torso, in una suggestiva e invidiabile cornice ornata dal Santuario di Lore-to, dal monte Conero e dal mare di Porto Recanati, Casa Maris Stella vi-ve a sua volta immersa all’interno di una comunità “più allargata”, com-posta dal Centro Giovanile “Gio-vanni Paolo II”, dal Monastero del-le monache Carmelitane e dai giova-ni di suor Elvira della comunità “Ce-nacolo”. Con tutti loro, condividia-

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mo ben più di un semplice rappor-to di vicinato.Le attività a Casa Maris Stella certo non mancano, e se ne svolgono di ogni tipo: teoriche, pratiche e spiri-tuali. Gli incontri mattutini sulle Co-stituzioni con il padre maestro, lo studio personale di Sacra Scrittura, le lezioni per rispolverare il latino con la cara insegnante Rosa, lettura perso-nale, qualche leggera manutenzione elettrica in casa (giusto per ricordar-mi qualera il mestiere d’un tempo) e le corsette fino in Santuario per tene-re allenato corpo e spirito. Compre-sa la possibilità di prendersi cura del meraviglioso giardino, che fa da cor-nice alla realtà spirituale di Casa Ma-ris Stella: richiede grande fatica, ma altrettanto grande è la piacevolezza e la soddisfazione che se ne trae nel vederlo risplendere, grazie anche e soprattutto agli interventi dell’amico Giorgio e all’apporto di fra’ Gabriele.Ora, labora atque cum Conditore Pa-tre colloquere è pertanto il motto che mi sono scelto in questo Noviziato,

vale a dire, prega, lavora e con il Pa-dre Fondatore conversa. Già, “con-versa”, perché non si tratta di una le-zione accademica, né di un dialogo o di un confronto di idee; non è una esteriorizzazione ciarliera o un contra dicere Tizio, Caio e Sempronio. Piut-tosto si tratta di una confidenziale e intima conversazione, un intrattener-si “con la persona” e “sulle cose” che più ti stanno a (in) cuore. Tu chiedi il perché e il come, ne domandi l’origi-ne e la soluzione, e lui, padre Mario, di suo pugno ti risponde con imme-diatezza e puntualità. Ti risponde con il voluminoso libro che raccoglie le sue Esortazioni e redatto nel ’63, che ti capita tra le mani mentre liberi l’ar-madio metallico della biblioteca. Una biblioteca che mai avresti consultato (per la presunzione di aver già occu-pato il tuo tempo in cose più rilevan-ti), e tuttavia ne sei obbligato perché in quella biblioteca scende l’acqua dal soffitto e per intervenire va spo-stato quell’armadio solo dopo averlo, in parte, svuotato. È là che ti accorgi

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di come la tua interiorità sia amore-volmente osservata da padre Mario, quando apri il libro, e ti ritrovi terre-no nelle domande che gli hai posto. O come quando il tuo Superiore ti di-ce di sistemare in un unico ambiente i numeri di Spirito e Vita e a saltar fuori questa volta sono i numeri del Ritiro Mensile, ignorata presenza di una ri-vista ormai estinta, seppur anch’essa uscita dalla penna di padre Mario, il quale ha, anche lì, più di un qualcosa da dirti. E tra le cose da dire ce ne sa-rebbero tante, come una delle singo-lari prospettive di p. Mario nel guar-dare al rapporto con Gesù: “Gesù de-ve stare bene, non deve in alcun mo-do sentirsi offeso; non ci poniamo di-nanzi a Lui per chiedere ma per dare; non lo adoriamo per ricevere qualco-sa noi, bensì per occuparci di Lui, del-la Sua volontà, dei Suoi disegni, dei desideri del Suo Cuore Sacerdota-le” (cfr. Esortazioni del Padre, E. VIII 10. 03. 1938, Villa S. Giuseppe – In-tra 1963, p. 20). E quasi a chiudere l’anello, Lui, Gesù, in risposta, secon-do una lettura spirituale di Gabrielle Bossis: «I beati lo sanno: riconosco-

no le mie vie in se stessi. Tu, cerca di cogliere la mia azione nelle tue atti-vità. Io ti dico spesso: “Agirò tramite te, se acconsenti”. Perché io non co-stringo…» (Barocchi Lucia ed., Lui e Gabrielle Bossis, San Paolo, Firenze 2005, p. 190). Dunque, cos’altro di-re… che le porte del nostro cuore si-ano spalancate.

Da Loreto… per adesso è tutto.

nov. PierantonioCasa Maris Stella - Loreto

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Ringraziamento di sr Alessandra al termine della S. Messa

Che cosa possiamo dire noi per dare gloria a Dio, dal

momento che Lui è l’On-nipotente ben al di sopra della nostra comprensio-ne? Per dare gloria a Dio noi possiamo dire molte cose e ancora le parole non saranno sufficienti.Così mi ricorda la preghiera del sal-mista (Cf. Sl 8):“Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, per-ché te ne curi?”. Chi sono io, Signore, perché mi ami così tanto? Tu, Signore, sempre mi hai aspettato, e questa certezza mi ha sempre accompagnato. Dio sem-pre mi aspettava, come aspetta ogni persona, e per questo rendo grazie del dono della vocazione e della sua presenza costante e infinita.Per la mia famiglia, esempio di pre-ghiera, di determinazione e di co-raggio, nella persona dei miei geni-tori e di mio fratello: qui ho speri-mentato profondamente l’essere fa-miglia, la semplicità e il conoscere Dio comunione.

Il 19 gennaio 2013, nella Chiesa di São Luiz Gonzaga a Barretos, Suor Alessandra Aparecida Custódio delle Piccole Missionarie Eucaristiche al termine della celebra-zione, durante la quale ha emesso i suoi voti perpetui, ringrazia tutti i presenti e co-loro che l’hanno sostenuta nel cammino. Auguriamo a sr Alessandra ogni bene per il suo cammino umano e religioso.

Alle mie zie, ai cugini, al-le madrine, alle comunità di Barretos e di San Pao-lo: grazie per l’incoraggia-mento, l’amore, e la pre-

senza.Alla mia famiglia religiosa,

rappresentata qui dalla nostra Ma-dre Maddalena, grazie per tutto, per l’accoglienza e l’aiuto.A tutte le mie sorelle, alla nostra Delegata, per avermi aiutato a cre-scere come sorella e scoprire la bel-lezza della vocazione e l’esperien-za fraterna. Ricordo qui la prima sorella che mi ha accompagnato, Sr. Consiglia, a lei devo il mio cam-mino e il mio discernimento: attra-verso la sua testimonianza e acco-glienza ho trovato la mia seconda famiglia.Grazie sr Eleusa, mia formatrice e amica, ti ho dato molto lavoro!!! Tuttavia, le tue parole sono la di-mostrazione della cura, dell’amore e della preoccupazione: il tuo esempio di vita e amore per la Congregazio-ne mi ha insegnato molto.Ai Padri della Congregazione di Suor Alessandra e il neosacerdote p. Nivaldo.

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Gesù Sacerdote, la mia “casa spi-rituale”, nella persona del superio-re padre Gian Luigi: grazie per far-mi sentire figlia e pregare per me. È stato con voi che ho imparato ad amare Gesù, a pregare e a cerca-re. A padre Angelo, presenza fra-terna e paterna, che molto mi ha ascoltata e mi ha trattata sempre come una figlia. Dio, nella sua ge-nerosità, mi ha dato un cuore Sa-cerdotale e la grazia di appartene-re a una Congregazione che prega e offre sacrifici per tutti i sacerdo-ti, e come PME (Piccola Missiona-ria Eucaristica) mi sento ancor più unita a voi.Grazie alla parrocchia Nostra Signo-ra Aparecida della città di Olimpia, la mia prima comunità di missione, al-la comunità Perpetuo Soccorso do-ve abbiamo lavorato così bene in

quest’ultimo anno: siete qui presen-ti…, che bello!A tutti gli amici e amiche che ten-go presenti nel profondo del mio cuore, a quelli vicini e lontani: di Mozarlãndia (vicino al Mato Gros-so), São José do Rio Preto (ospeda-le Giovanni Paolo II, e AME), ai Pa-dri del Mato Grosso, ai Frati della Casa San Francesco, a tutti i sacer-doti: grazie per l’amicizia, io vi sti-mo molto.Il mio eterno affetto alle mie comu-nità di origine, San Luigi e Rosario, p. Claudio, p. Constante e p. Mario, sono privilegiata nell’appartenere a due parrocchie; Dio nel suo amore dona tutto raddoppiato, non è pro-prio così?A voi tutti membri di entrambe le comunità parrocchiali che avete la-vorato ... Avete lavorato molto per rendere questa celebrazione tanto significativa e unica; alla corale che ha “illuminato” questa sera (siete dei professionisti), grazie!A fra’ Flaerdi, superiore dei Frati Mi-nori, che ha accettato di buon grado l’invito a celebrare oggi: le sue paro-le così profonde e convinte, fratel-lo, sono sempre un invito a metter-si al servizio del Regno di Dio; la rin-grazio per la sua presenza amica e fraterna.Bene … Continuo chiedendomi:“Che cos’è l’uomo, Signore?”.Guarda solo questa sera: può essere solo “cosa di Dio”!Grazie a tutti e pregate per noi Pic-cole Missionarie Eucaristiche.

sr AlessandraOlimpia - SPSuor Alessandra e il neosacerdote p. Nivaldo.

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Carismae liturgia

L’appartenenza a Dio dei sacri ministri

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Padre Mario Venturini, dalle Memorie dell’Ordinazione Sacerdotale, 24 agosto 1910:

Sono Sacerdote, sono Ministro di Dio! Voi siete tutto mio, io voglio essere tutto vostro e lo sarò col vostro santo aiuto.

Padre Mario Venturini, dalle Memorie dell’Ordinazione Sacerdotale, Ritiro Spirituale, Castelvecchio di Moncalieri, 17 - 24 Agosto 1918:

Riflettendo sopra la grande verità: “io sono tutto per Dio” mi hanno fatto impressione questi pensieri. - Scegliendomi per se stesso, Iddio mi eguagliò in questo agli Angeli, al suo divin Fi-gliuolo, ed oso dire a se stesso. Come Egli ha creato gli Angeli perché lo servissero, così ha fatto anche per me; mandò al mon-do il suo Figlio Divino per riparare la sua gloria, ed a questo fi-ne creò anche me; Iddio stesso nulla può operare che per la sua gloria, ed anche in questo io sono simile a Lui.

Questo numero del Piccolo Gregge è dedicato all’appartenenza a Dio e, at-traverso queste pagine, facciamo giungere qualche piccolo spunto di riflessione su cosa significhi e in co-sa consista questa appartenenza per il sacerdote, per aiutarci a vivere in pie-nezza il carisma che caratterizza tutta l’Opera di padre Venturini e la muove alla missione. Il nostro fondatore, co-me possiamo vedere dalle citazioni ri-portate sopra, teneva in somma con-siderazione il dono che gli era stato dato attraverso il sacerdozio, era per lui grazia e responsabilità, motivo di gioia e stimolo perché questo carat-

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tere sacerdotale potesse emergere e realiz-zarsi in pienezza in tutti i ministri consacrati. In particolare si è cercato di mettere in luce il legame tra il ministro e l’azione liturgica, at-tingendo in larga parte dalla bella prefazio-ne del Calendario liturgico di Trento 2009-10 che ha trattato questo argomento per via dell’indizione dell’anno sacerdotale. Queste indicazioni sono comunque sempre valide e di aiuto nel vivere il nostro carisma anche nella e attraverso la liturgia.

L’Anno Sacerdotale si intreccia con l’anno liturgico, e proprio nell’anno litur-gico può trovare la sua pienezza e trarre efficacia di grazia.La liturgia, infatti, è per eccellenza “esercizio dell’ufficio sacerdotale di Cri-sto” (SC 7); nell’anno liturgico Cristo, “vive nel tempo e prosegue il cammi-no iniziato nella sua vita mortale (At 10,28), allo scopo di mettere gli uomi-ni a contatto con i suoi misteri e farli vivere per essi” (Mediator Dei III, II). Il Figlio di Dio si è fatto uomo. L’Eterno si è inserito nel tempo; l’Infinito ha voluto racchiudersi nel limite dello spazio. Tutto questo per compiere la re-denzione dell’uomo, restaurare l’armonia del cosmo, e dimostrare l’amore e la gloria infinita di Dio. L’uomo può così incontrare l’Infinito, e pregustare in qualche modo le realtà sublimi, verso le quali tende.Dal punto di vista liturgico l’Anno Sacerdotale offre l’opportunità per il popo-lo di Dio di riscoprire il dono e la missione del ministro ordinato e di attinge-re dalla liturgia la grazia per vivere la realtà del sacerdozio ministeriale o rega-le, secondo la vocazione specifica ed in reciproca collaborazione, ricuperando una vera e illuminata comprensione del sacerdozio comune dei fedeli (LG 10).

Il sacerdozio nel prefazio della Messa Crismale.Una via “liturgica” privilegiata per riflettere sul mistero del sacerdozio, sulla di-gnità, la missione e la spiritualità del ministro ordinato può essere l’analisi del prefazio della Messa Crismale, nell’Eucaristia del Giovedì santo, concelebrata dai presbiteri con il Vescovo come segno visibile dell’unità del sacerdozio mini-steriale, Eucaristia in cui si colloca anche il rinnovo delle promesse sacerdotali e la benedizione degli Oli per la celebrazione dei Sacramenti pasquali.Il prefazio si apre esponendo il mistero centrale dell’economia della salvezza:“Con l’unzione dello Spirito Santo [o Padre] hai costituito il Cristo tuo Fi-glio Pontefice della nuova ed eterna alleanza, e hai voluto che il suo unico sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa”.L’agire di Dio Padre nel suo Unigenito con lo Spirito è rappresentato come un’Unzione che costituisce sacerdote Gesù Cristo. In tal modo il sacerdozio del Signore è rivelato nella sua origine divina e definisce l’identità e l’attività

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salvifica di Gesù come “pontefice” della nuo-va ed eterna alleanza. Da questo mistero cen-trale dell’economia salvifica nasce il mistero della Chiesa, prolungamento nel tempo e nel-lo spazio del mistero di Cristo e dello Spirito.Dio Padre stabilisce che il sacerdozio del Fi-glio sia comunicato alla Chiesa: “Hai voluto, Padre, che il suo sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa”. Questa affermazione dice an-zitutto che la Chiesa è Comunità sacerdota-

le nella sua totalità e nella sua natura; dice inoltre che tale dignità sacerdo-tale è ricevuta da Cristo. Mediante Gesù anche il sacerdozio della Chiesa è opera di Dio Padre nell’effusione dello Spirito. Come Comunità sacerdotale la Chiesa riflette non soltanto la natura del suo sposo e capo Cristo, ma tut-to il mistero di Dio.Il prefazio prosegue indicando in che modo il sacerdozio di Cristo è prolun-gato nella Chiesa:“Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei credenti e con affet-to di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione del-le mani fa partecipi dal suo ministero di salvezza”.L’agire salvifico di Cristo nella Chiesa avviene dunque con la comunicazione del suo sacerdozio sotto due forme. Anzitutto Egli partecipa a tutti i creden-ti il suo sacerdozio con i sacramenti del Battesimo e della Cresima. Questo dono è denominato “sacerdozio regale” (cf. 1 Pt 2, 4-5.9). I credenti in Cri-sto, resi a Lui conformi dai sacramenti dell’iniziazione cristiana, sono costitu-iti sacerdoti; uniti a Lui offrono a Dio se stessi e l’intero universo in sacrificio di lode (cf. Rm 12, 1). Il dono di questo sacerdozio nel Battesimo è significa-to dall’unzione con il Crisma sulla fronte del battezzando che in tal modo è “inserito in Cristo sacerdote”. Alcuni, tra i battezzati e cresimati, sono chia-mati, per divino disegno, a ricevere un’altra partecipazione del sacerdozio di Cristo, che è data con il sacramento dell’Ordine; il prefazio dice: “Con affet-to di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione del-le mani fa partecipi del suo ministero di salvezza”. L’affetto di predilezione si esprime nell’elezione e nella vocazione; il dono con cui tale affetto si con-cretizza è il conferimento del ministero di salvezza. Cristo con il sacrificio di Se stesso salva tutti gli uomini; quei fedeli che egli chiama diventano in mez-zo ai loro fratelli il segno del sacerdozio di Cristo.Le due partecipazioni al sacerdozio di Cristo, regale e ministeriale, esprimono la ricchezza del dono di Dio nella Chiesa. Il sacerdozio ministeriale è costitui-to al servizio del sacerdozio regale affinché tutta la Chiesa possa esercitare il culto esistenziale dell’offerta di sé a Dio (LG 10).

sr MariagraziaCasa Madre -Trento

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In questa nuova rubrica presenteremo le figure di santi o le festività importanti per l’Opera di p. Mario Venturini. In que-sto primo contributo p. Giuseppe ci presenterà la figura del padre putativo di Gesù: Giuseppe, il falegname.

I nostri Santi

San Giuseppe “specialissimo patrono”

Uno dei principali patroni del nostro Istituto è san Giuseppe, sposo di Maria Vergine e padre putativo di Gesù. Padre Venturini ne parla co-me specialissimo patrono, procuratore generale; il giorno a lui dedica-

to è festa patronale della Congregazione. Coloro che hanno conosciuto p. Ven-turini ricordano in modo vivo quanto fosse legato alla persona di san Giuseppe. P. Venturini sentiva questo santo come il custo-de della Congregazione, in una Esortazione del 9 maggio 1945 si legge: «Al nostro caro S. Giuseppe erigeremo invece un piccolo monumento o un’e-dicola in uno dei cortili della Casa, perché sia con-tinuo testimonio della singolare protezione che ha avuto di questo piccolo gregge del suo Gesù e in-sieme preghiera perché continui a custodire colo-ro che il Signore gli ha affidato».

Il Vangelo fa pochi accenni su san Giuseppe:

- Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Ma-ria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo (Mt 1,16).

- Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Ma-ria, essendo promessa sposa di Giuseppe, pri-ma che andassero a vivere insieme si trovò in-cinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non vo-leva accusarla pubblicamente, pensò di ripu-diarla in segreto. Mentre però stava consideran-do queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli dis-se: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; el-

Giuseppe, addestra all’umile arte del falegname il Figlio dell’Altissimo.

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la darà alla luce un figlio e tu lo chiame-rai Gesù: egli infatti salverà il suo popo-lo dai suoi peccati». Tutto questo è avve-nuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emma-nuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un fi-glio ed egli lo chiamò Gesù (Mt 1,18-25).

- Essi erano appena partiti, quando un an-gelo del Signore apparve in sogno a Giu-seppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per uc-ciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egit-to, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del pro-feta (Mt 2,13-15).

- Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Ga-lilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,26-28).

- Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e al-la famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta (Lc 2, 4-5).

- Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, ada-giato nella mangiatoia (Lc 2,16).

In altre citazioni Gesù viene chiamato “figlio di Giuseppe”.

I nostri testi di riferimento dicono:“Sono particolarmente venerati nella nostra famiglia: S. Giuseppe, uomo giu-sto, sposo di Maria e custode vigile di Cristo redentore, che accolse il progetto di Dio e si affidò totalmente alla sua paterna provvidenza…” (Direttorio 12).

“Si dovranno celebrare col debito culto le feste in onore di S. Giuseppe, af-finché il custode dei Vergini alla cui fedele custodia furono affidati la stes-

Edicola di san Giuseppe. Casa Madre, Trento.

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sa innocenza Cristo Gesù e la Vergine dei Vergini, ci aiuti a servire verginal-mente Gesù e Maria con mente incontaminata, con cuore mondo e con cor-po casto” (n. 199 del cap. 8 dello Spirito della Congregazione).

L’Esortazione 34 del nostro Fondatore, scritta nel giorno dedicato a san Giu-seppe nell’anno 1941, ci parla con entusiasmo di lui, ascoltiamo l’apertura:

«Una delle grazie più belle che Iddio benedetto si degnò di fare alla minima Opera Sacerdotale, fu senza dubbio quella di aver ispirato a scegliere S. Giuseppe a suo speciale patrono e avvo-cato e procuratore, uffici che ognuno di noi sa bene quanto si-ano stati da Lui adempiti al di là di ogni nostra aspettativa, per quanto ci è stato dato di conoscere, perché è molto maggiore il numero dei benefici suoi che solo nel Cielo ci saranno noti. È dunque assai giusto e doveroso che noi abbiamo verso questo gran Santo una specialissima devozione…».

Padre Mario parlando delle virtù di san Giuseppe sottolinea innanzitutto “il suo amore e trasporto per la vita interiore”. Questo dono è dovuto al-la speciale custodia che egli è stato chiamato a vivere nei confronti di Ge-sù e di Maria…

«Possiamo pensare che l’interiore di S. Giuseppe fosse sempre rapito nella più alta contemplazione di quel Dio che aveva sot-to gli occhi nelle fattezze di uomo, imitando in ciò la diletta sua Sposa, mentre anche all’este riore ridondava quella pienezza di cose sante che portava in cuore…».

Il nostro Fondatore si entusiasma nel pensare che ci è stata data la gioia di stare sotto lo stesso tetto e di far parte di un istituto dove «la vita interiore dev’essere coltivata al sommo grado». È importante allora approfittare della presenza reale di Gesù nel SS. Sacramento, essere sempre uniti a Lui, privile-giare la meditazione e la s. Messa. Per accrescere la vita interiore è importan-te l’unione al Sacrificio di Gesù.

«La vita di San Giuseppe, quale ci viene presentata dagli Evan-gelisti, è tutta avvolta nel più alto silenzio. Pochissimo parlano di Lui i Libri Santi, mentre nessuna parola di questo gran Santo viene riportata. Eppure egli ebbe una parte notevolissima negli avvenimenti della nascita, dell’infanzia e della fanciullezza di Gesù Cristo. Ah! la virtù del silenzio fu proprio la speciale ca-ratteristica di questo uomo santo».

Prendendo esempio da San Giuseppe padre Venturini incoraggia ad una vita di silenzio vissuta nella semplicità, questo stile porta ad una vita nel raccogli-mento, nel nascondimento e nell’umiltà, virtù necessarie anche oggi.

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«Un terzo esempio ci dà il nostro Santo Protettore con la sua il-limitata fiducia, col suo incondizionato abbandono alla Divina Provvidenza. Egli passò dei momenti veramente dolorosi, del-le prove gravissime per la sua fede in Dio, che volle tentare il suo servo fedele mettendolo al fuoco della tribolazione. Il rifiu-to dei Betlemiti a fornire un ricovero alla Sua Sposa e al Mes-sia nascituro, lo squallore della Stalla in cui Esso viene alla lu-ce, l’ordine di portarsi in Egitto per sfuggire alla persecuzione di Erode, il vedere il Figlio di Dio così umiliato e nascosto nella bottega a lavorare con lui: tutto ciò era per questo gran Santo prova dolorosa, ma la sua volontà si univa a quella di Dio, che adorava con la sot tomissione più grande, compiendone fedel-mente anche i minimi ordini. Imitiamo questo abbandono nel-le mani di Dio infinitamente buono e amante». «… San Giuseppe fu lo strumento di questa Provvidenza per i bi-sogni della Santa Famiglia, sempre per mezzo suo presenteremo i nostri bisogni a Dio, sicuri che, per la di Lui intercessione, più si-curamente e più presto saremo esauditi».«… La nostra Pia Società ha sempre considerato San Giuseppe ol-tre che suo Procuratore Generale, anche custode dei vergini «Vir-ginum Custos». Oh quale e quanto onore! La stessa innocenza Cristo Gesù, e la Vergine delle Vergini Maria SS., affidata alla cu-stodia fedele di questo Santo, così puro e amante della bella vir-tù [castità]! Certamente questa dev’essere stata ben grande in San Giu seppe, se fu scelto dal Signore per un incarico così segnalato e delicato; ma nel tempo stesso si può ritenere che la purezza illi-bata di Lui crescesse ancor più avendo sempre davanti a Sé que-sti due modelli incomparabili di candore verginale, Gesù e Maria. E chi può dire quanto lo amasse il Figlio di Dio per tale motivo, e quali compiacenze trovasse nel cuore castissimo del suo Padre putativo? Chi può dire quanto la Vergine Immacolata godesse del consorzio e dell’amore di una creatura tanto casta, ricambiandola con purissimo amore? Per questo lungo tutte le età, lo Sposo ver-ginale di Maria SS., il custode di Colui che è candore di lucentez-za, sarà pure la forte salva guardia di quanti sono da Dio chiamati a condurre vita di castità e purezza…».

Ci affidiamo tutti allora alla protezione di questo grande santo e come padre Venturini accogliamolo come patrono specialissimo, lui che ha custodito Ge-sù e Maria custodisca anche ciascuno di noi.

p. GiuseppeIl Cenacolo - Barcellona P. G. ME

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Vitadell’opera

Un tesoro in vasi di creta

Il 2 febbraio 2013 io, la mia fa-miglia, la Congregazione di Ge-sù Sacerdote e la Chiesa tutta,

popolo sacerdotale, abbiamo vissuto la festa della mia ordinazione sacer-dotale. In un clima di fede e di con-divisione, ho potuto vedere nel sorri-so di ogni persona la gioia di riceve-re un nuovo sacerdote per la Chiesa.Ci sono stati quattordici anni di for-mazione per arrivare a questo giorno così speciale, così sperato, così lumi-noso, nel giorno della Presentazione di Gesù Bambino al Tempio. La mia sensazione era quella di essere pre-sentato a Dio, alla Chiesa, ora in mo-do diverso: è stata una conferma di Dio e della Chiesa alla mia risposta: Sì, io sono qui per fare, o Dio, la tua volontà!Solo attraverso la fede si può ap-profondire il mistero del sacramen-to dell’Ordine, è un dono che supe-ra la nostra umanità, c’è sì un cam-biamento ontologico, ossia, nell’es-sere della persona. Non è una sem-plice magia, ma la grazia di Dio che opera nella fragilità umana. Ecco co-

me mi sento davanti a un così gran-de mistero: un semplice strumento nelle mani di Dio, che viene dona-to da Lui.Lentamente, pochi giorni dopo l’or-dinazione, ho iniziato a prendere la consapevolezza del fatto di esse-re un presbitero, perché, anche do-po una lunga formazione, sentia-mo che non siamo pronti al 100%. In un certo senso questo è un bene, perché penso che dichiararmi pron-to sarebbe una pura illusione. La for-mazione iniziale è solo l’avvio, il fon-damento di una vita. Ora è il mo-mento di mettere tutto in pratica: gli studi di filosofia, la teologia, la cono-scenza della vita religiosa. Ma que-sto bagaglio teorico non è tutto. Il ministero del sacerdote non è così semplice: davanti alla persona uma-na nella sua fragilità e alle sfide del mondo, mi rendo conto che ho bi-sogno di imparare molto. Imparare da chi? Imparare da Gesù che dice: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore” (cf. Mt 11,29). Io non sono nato sacerdote, ma sto im-

Padre Nivaldo in questo suo contributo ci parla della sua Or-dinazione presbiterale avvenuta il 2 febbraio di quest’anno. A lui la nostra Redazione augura un buon cammino e un pro-ficuo ministero.

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parando ad esserlo davanti al Taber-nacolo, nella mia comunità religiosa e parrocchiale e guardando a colui che è il nostro unico Maestro e mo-dello (cf. Mt 23,8).Per me, essere sacerdote non è in primo luogo “fare delle cose”, ma soprattutto essere chiamato a stare con Lui (cf. Mc 3,13-19), per poi es-sere inviato nella missione. Questa è una sapienza che la Sacra Scrittura, attraverso la Lectio Divina, mi sta in-segnando. Questa è anche la testi-monianza del nostro padre fondato-re, Mario Venturini: attraverso i suoi scritti, si vede che egli è un uomo di profonda intimità con Gesù nell’Eu-caristia.La consapevolezza di portare questo tesoro in vasi di creta è diventata an-cora più evidente quando ho presie-duto per la prima volta l’Eucaristia. Nell’invocare lo Spirito, nel pronun-ciare le parole di Gesù, anche se i miei occhi non vedono, so che attraverso la fede non è solo il pane. E questo è qualcosa di grande, che opera attra-verso una persona limitata: attraver-so il sacerdote accade il più grande

miracolo che il mondo possa presen-tare; attraverso un semplice uomo, fragile, piccolo, vediamo presente la grandezza e la gloria di Dio. Un altro momento molto speciale è nel sacra-mento della riconciliazione attraver-so il quale la persona che si presenta ferita dal peccato ne esce rinvigorita dalla misericordia di Dio: l’Eucaristia e la Riconciliazione sono due momen-ti fondamentali nella vita del sacerdo-te. In questi momenti sentiamo che è Dio che agisce attraverso di noi. Non è il sacerdote che compie queste co-se, ma è Gesù stesso, unico ed eter-no Sacerdote, che opera attraverso i suoi ministri.Quindi, condivido con voi la mia esperienza di essere oggetto del-la Grazia di Dio perché ha guarda-to a questo povero uomo: mi ha fat-to il dono di una famiglia cristiana, dove ho imparato i valori della fede, del Vangelo; come anche della mia comunità parrocchiale, e della mia congregazione religiosa, che mi in-coraggia ogni giorno ad essere mi-gliore, anzi, più santo.

p. NivaldoOsasco SP - Brasile

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Taizè nella parrocchia San Cleto

Cari lettori, vi rag-giungo nelle noti-zie di Congregazio-

ne con qualche riflesso di cronaca su quanto è accaduto a Roma duran-te le vacanze natalizie e che ha coin-volto molto da vicino noi venturini e la gente della Parrocchia a noi af-fidata: il pellegrinaggio della fede di 40.000 giovani europei amici della comunità di Taizè in Francia. Brevemente ecco un po’ di storia: Roger Schutz, giovane studente di teologia, nel 1940, lasciata la Sviz-zera, cercava casa in Francia, terra di origine della nonna paterna. In bicicletta, dopo aver valutato diver-se soluzioni incontrate in un lungo tragitto, arrivò nei pressi di Cluny, storicamente sede di un’importante esperienza monastica e in prossimi-tà della linea di demarcazione che divideva in due la Francia a causa della guerra. Nella casa di Taizé ac-colse e aiutò i profughi della guerra, soprattutto ebrei. La vita nel villag-gio non fu facile, ma permise al gio-vane Roger di esercitare la sua vo-cazione di preghiera e di attenzio-ne per gli altri. Il suo progetto era fondare una comunità ecumenica, aprire cioè delle strade che portas-sero alla guarigione delle lacerazio-ni che dividono i cristiani. Le sue

idee furono subito condivi-se dai due giovani svizzeri,

Max Thurian e Pierre Souve-rain. Fu nel 1949 che i primi frères (fratelli), diventati nel frattempo sette, si impegnarono nella comu-nità attraverso i voti monastici. A Taizé avevano bisogno di una chie-sa; la chiesetta romanica, cattolica, di Taizé faceva proprio al caso loro. L’autorizzazione pontificia non era scontata in quanto il gruppo era di fede protestante, ma fu ottenuta attraverso il nunzio apostolico a Pa-rigi, Angelo Giuseppe Roncalli (poi divenuto Papa Giovanni XXIII) che, interpellato dalla Santa Sede, si pro-nunciò favorevolmente.Nel 1951 i fratelli erano già dodi-ci ed arrivarono a trenta nel 1959. Fin dal 1957 la comunità monasti-ca che si andava costruendo fece anche dell’accoglienza e dell’ascol-to ai giovani un suo tratto distinti-vo. Questo si aggiunse al desiderio attivo verso l’unità dei cristiani, al-la ricerca di una profonda spirituali-tà che si richiamasse ai modelli an-tichi del monachesimo occidentale, alla semplicità delle proprie condi-zioni di vita, all’impegno umanita-rio nei paesi poveri del Terzo Mon-do. Per tutto questo, Taizé divenne ed è tuttora un punto di riferimen-

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to nel panorama religioso europeo, specialmente tra i giovani e i loro educatori. Ecco che la nostra comunità parroc-chiale, il gruppo giovani di S. Cle-to, alcune famiglie e altri fedeli di buona volontà sono stati coinvolti nell’ospitalità di 105 giovani sia nei locali del nostro Oratorio, sia nel-le abitazioni. Essi erano di naziona-lità tedesca, croata, polacca, ucrai-na, bosniaca, lituana; c’erano tra loro anche dei seminaristi polacchi. Gran parte dell’ospitalità è stata or-ganizzata da p. Roberto Raschet-ti con i suoi giovani: essi con entu-siasmo e impegno hanno offerto il loro servizio (facendo anche i tra-duttori) negli aspetti che riguarda-vano il pernottamento, la colazio-ne, la preghiera del mattino con la S. Messa, i lavori di gruppo e l’ac-coglienza serale.Un’altra parte importante di ospitali-tà è stata resa possibile grazie a una quindicina di volontari laici che da alcuni mesi, all’interno della nostra Parrocchia, cercano di creare tempi e luoghi di aggregazione e di incontro.Si tratta di un gruppo di vecchi ami-ci, alcuni in pensione altri ancora al lavoro - diversi per età, origine, ca-pacità - che si dedicano ad organiz-zare delle serate conviviali alla gen-te del nostro quartiere, attraverso una cucina fatta di pietanze - non comuni ma originali - e con un’ani-mazione intelligente; il tutto a costi molto contenuti e perciò accessibi-li anche a famiglie e a persone che non hanno tanti mezzi economici. Per mandato ho potuto partecipare alla nascita e allo sviluppo di questo

gruppo nelle diverse attività: dialo-go, organizzazione dei menù e del-le animazioni, ricerca del materia-le logistico, gestione delle spese e dei rifornimenti, allestimento tem-poraneo delle cucine, riassetto ordi-nato. La maggioranza quasi assolu-ta del gruppo è composta da uomi-ni, quindi l’impresa è ancora più in-teressante! Le loro mogli comunque partecipano alle operazioni di servi-zio ai tavoli.Così Alfredo, Angelo, Osvaldo, Au-gusto, Giancarlo, Gianluca, Pietro, Paolo, Liana, Isabella... con passio-ne, coraggio, generosità e sacrifi-cio hanno preparato nella notte del 31 dicembre la festa dei popoli, un evento richiesto nel pellegrinaggio della fede alle Parrocchie ospitanti: dopo una veglia di preghiera in chie-sa questi giovani sono scesi nel no-stro teatro e hanno trovato calore, cibo, allegria che hanno provocato la gioia della fraternità internazionale. Nello stesso clima, con le stesse mo-tivazioni, negli stessi locali e con tan-ta stanchezza addosso, il gruppo ap-pena descritto ha allestito il pranzo del 1° gennaio.Tutte queste esperienze di accoglien-za e di servizio dentro la Parrocchia, hanno alimentato la nostra fede, la nostra comunione e la nostra carità; grazie a Dio i giovani hanno trovato a S. Cleto dei cuori ospitali, lieti e di-sponibili durante il loro pellegrinag-gio europeo alla ricerca di senso per la loro vita e di testimoni convinti del Vangelo di Nostro Signore.

fr. AntonioSan Cleto - Roma

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EsperienzeViaggio in Brasile

Era da qualche an-no che p. Gianlu-igi ci invitava ad

accompagnarlo in Brasile in uno dei suoi viaggi di visita ai propri confratelli e alle loro comunità. Per vari motivi, prendere la decisione di partire non era facile ma quest’an-no, a un ulteriore invito, la risposta è stata un bel sì. Cogliamo questa bel-la opportunità, spezziamo il lungo e freddo mese di gennaio e mettiamo in valigia le cose estive!L’impatto con il Brasile è subito pia-cevole. Usciti dall’aeroporto, ci acco-glie un bel cielo terso, il sole riscalda, tantissime palme lungo le lunghissi-me arterie. Alla guida c’è Raphael, studente di teologia, che parla ab-bastanza bene l’italiano e ci condur-rà a Barretos attraverso un paesag-gio molto bello. Il cielo è immen-so, niente montagne che lo delimi-tino, estensioni di canna da zucche-ro, piantagioni di eucalipti, arance-ti. Il verde predomina, i colori sono riposanti. Questo ci accompagnerà per tutto il viaggio.A Barretos facciamo la conoscenza di p. Mario e di p. Costante. La ca-sa è molto accogliente. Un’ampia terrazza che guarda verso il giardi-

no ti permette di ripararti dal sole e conversare ama-bilmente.

Le giornate scorrono pia-cevoli. A Barretos dedichiamo del

tempo per conoscere l’Ospedale del Cancro, una struttura straordinaria nata nel 1962 dall’attività del dott. Prata con una grossa carica idealista, che fosse cioè un ospedale aperto anche ai poveri, loro come gli altri, nel momento di fragilità che la ma-lattia comporta. Negli anni, non sen-za difficoltà, sotto la guida del figlio Henrique e l’attenzione continua di p. Andrea Bortolameotti, grazie al-le donazioni più diverse raccolte per integrare il parziale finanziamento

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governativo, l’ospedale si è ingran-dito, strutturandosi a livelli di sicu-ra eccellenza nella cura, nella ricer-ca e nella formazione del personale sanitario. Tutto è strutturato attorno al malato e ai suoi familiari, voluti vi-cini in tutto il percorso di cura. L’o-spedale arriva ad accettare quotidia-namente tremila pazienti provenien-ti da tutto il Brasile e da altri stati li-mitrofi.Un tratto caratteristico dei brasiliani, risaputo e subito sperimentato, è la loro cordialità. Anche le celebrazioni sono partecipate e animate con gio-ia. La professione di suor Alessandra e l’ordinazione di p. Nivaldo ne sono la testimonianza. Ricordano proprio il canto che dice “popolo in festa”. Le chiese sono molto belle; sempli-ci nella loro struttura, ma affrescate da mani sapienti. Nella chiesa di Bar-retos si trova la tomba di p. Andrea Bortolameotti. I parrocchiani l’han-no voluto sepolto lì, per farlo parte-cipe del loro amore e della loro gra-titudine. Il viaggio prosegue verso Marilia. 100 anni fa c’era ancora la foresta,

ora conta circa 300 mila persone. Città industriale circondata da fa-velas. Con p. Angelo ne percorria-mo una e arriviamo alla chiesa di San Francesco d’Assisi dove ci accoglie il vulcanico sacrestano Agenor. Nien-te da fare: dobbiamo assolutamen-te conoscere tutti gli animali del suo cortile, domestici e non. Fa lui da in-terprete.Il nostro viaggio prevedeva anche la parte turistica. Con Adenilson, an-che lui studente di teologia della ca-sa di Osasco, p. Paolo e p. Giovanni partiamo alla volta di Foz do Iguaçu, nello stato del Paranà, città cresciu-ta in modo esponenziale dopo l’i-naugurazione del ponte verso il Pa-raguay (1965) che porta a Ciudad del Este, bizzarro porto franco para-guaiano, e alla mastodontica diga di Itaipu (“roccia che canta” in lingua guaranì). Le cascate hanno fatto il resto. Pos-siamo visitarle sia dal lato argentino che brasiliano. La veduta d’insieme è impressionante e vertiginosa e ar-rivando in mezzo alla “Garganta del Diablo” si viene avvolti da una nu-vola permanente di vapore acqueo, in un boato fragoroso.

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Il giro in barca sulle tranquille acque del fiume Iguaçu corona la nostra entusiasmante visita.Una puntata veloce al “Parque das Aves”, a diretto contatto con splen-didi tucani, variopinti pappagalli e la maestosa aquila arpia, prima di ri-partire per Rio.All’arrivo ci attende p. Ailton. Lui, il fratello e un amico ci accompagna-no in questi giorni al Cristo Reden-tor Do Corcovado che dall’alto dei suoi 704 metri domina Rio e apre lo sguardo a un paesaggio mozza-fiato, un susseguirsi di baie e spiag-ge. I morros, le colline aguzze a cui

s’aggrappano le favelas, attraversa-no la città fino al mare, ritagliandola in diversi quartieri. Riconosciamo la Cattedrale di San Sebastiano, patro-no della città. La visitiamo poco do-po: la forma conica, inusuale, grandi finestre colorate e un cemento che già sembra più vecchio dei suoi soli 34 anni di età.

Il Pan di Zucchero non si concede, rimane avvolto nella nebbia. Scen-diamo, passeggiamo lungo la spiag-gia di Copacabana e ci gustiamo fre-sca acqua di cocco, direttamente dal frutto. Ultima tappa ad Osasco, città atti-gua e ormai continuazione di San Paolo. Fondata da un piemonte-

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se di Osasco, città della provincia di Torino, conta oggi oltre due milio-ni di abitanti ed è sede vescovile. È qui che p. Pio e p. Carlo curano una grande parrocchia. Una visita a San Paulo dove nel 1554 i gesuiti costruirono la missione che diede il nome alla città e dove si può ancora ammirare il loro collegio. Praça da Sé con la cattedrale gotica. San Paolo ci colpisce con i suoi grat-tacieli a perdita d’occhio, i capola-vori firmati dall’architetto Oscar Ni-emeyer, morto recentemente all’e-tà di 105 anni, la metropolitana mo-dernissima. Attraversiamo l’Avenida Paulista, cuore del potere economi-co, che allinea le sue file di banche fino ad arrivare al MAPS, il museo d’arte, che ci regala inaspettatamen-te capolavori della pittura europea, da Bosch a Van Gogh.Il nostro viaggio volge alla fine, tan-ti sono stati gli stimoli, abbiamo tro-

vato una natura maestosa, una ter-ra di contrasti dove le cose più lon-tane e diverse convivono e si offrono mescolate, il tutto animato da una grande vitalità e un’ospitalità since-ra e cordiale.

Giovanna e AlbertoTrento

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Un grande libro (Cronache dei PP. Venturini)

Un grande libro

e aperto sulla mia scrivania.

Memorie di uomini e santi

storie terrene intrise di eternità

attimi impressi su pagine antiche

impronte di un uomo

afferrato da Dio

donatosi a uomini fragili

resi forti dal Figlio.

(A. Lettieri)

Un sacerdote, impegnato in una delle nostra comunità nel trascrivere le cronache dell’Opera, ha voluto “tradurre” questa sua esperienza di contatto con la Congre-gazione e la sua storia attraverso un breve componimento poetico. Un segno d’af-fetto che desideriamo condividere su queste pagine.

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E anche Dio rise

Non molto tempo fa in occasione della ordina-zione presbiterale del mio confratello p. Nival-do sono andato in Brasile; è stata una esperien-

za molto arricchente, porto molti ricordi nel cuore: acco-glienza ricca di calore, grandi spazi, colore, cultura... ma una cosa che non dimenticherò è l’inizio del mio viaggio quando ho vissuto una vicenda che mi ha fatto capire quanto importante sia conoscere le lingue straniere. Il fon-datore della mia congregazione, p. Mario Venturini, affermava che: “Un sa-cerdote è tante volte tale a seconda delle lingue che conosce”. Ahimé io co-nosco appena appena la lingua italiana, ho qualche infarinatura, ma proprio qualche spruzzo, di francese ma, in compenso, parlo bene il dialetto sicilia-no, però più in là non vado. In Olanda, all’aeroporto di Amsterdam, per una disattenzione io e padre Paolo ci siamo persi di vista; ho avuto un momento di panico anche perché l’aeroporto internazionale di quella città è proprio enorme e inoltre la lingua olandese non so neppure dove sta di casa. Grazie al telefonino, benedetto chi l’ha inventato!, siamo riusciti a metterci in contatto e ci siamo ritrovati, quin-di: tutto è bene ciò che finisce bene. Ho premesso questa introduzione per introdurre la storia realmente accadu-ta che vorrei raccontarvi e che ha come scenario proprio la terra brasiliana. Padre Lino, chiameremo così il nostro protagonista, è un prete italiano che ha deciso di vivere il suo ministero come missionario nella terra della Santa Cro-ce, conosciuta come Brasile. Nei mesi precedenti alla partenza ha cercato di compredere quella nuova cultura e i costumi di quel mondo con dei corsi in-tensivi al Centro missionario, ma un corso intensivo lo ha fatto anche per co-minciare a masticare una lingua che, sì, è vicina al suo italiano, in quanto lin-gua neolatina, ma non tanto da permettere al nostro prete una padronanza senza inconvenienti.Una Congregazione di suore, durante il periodo di quaresima, aveva chies-to a p. Lino di andare in una loro casa a tenere una meditazione su un tes-to dell’Esodo. In questa comunità c’erano delle sorelle sordomute, ma ques-to non doveva essere un problema, visto che ci sarebbe stata una sorella che, con il linguaggio dei segni, avrebbe comunicato ciò che p. Lino diceva nel suo incerto portoghese-brasiliano.

Conoscenza delle lingue

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La meditazione cominciò con una breve introduzione che in simultanea fu tradotta dalla so-rella con segni che un po’ af-fascinavano e un po’ confon-devano il nostro oratore. Ad un certo punto volendo accennare al passo dove si parla del rove-to ardente e Mosè che si accos-ta per vedere come mai questo arde ma non si consuma, p. Li-no fece una citazione a braccio: - “Não se aproxime! Tire suas calças, parque o lugar onde estás é terra santa”. Ma subito notò la confusione della suora traduttrice che cominciò a fare cen-ni sconnessi e disordinati e non più armonici come in precedenza. P. Lino evi-dentemente non comprendeva il linguaggio dei segni, ma capì che qualcosa non era andata per il verso giusto, anche perché alcune sorelle cominciarono a ridacchiare. Terminata la meditazione, timidamente il nostro p. Lino chie-se come mai le sorelle ridevano e come mai lei, mentre traduceva in segni, era andata tilt. La povera suora non voleva dire il motivo, ma pressata dalla curiosità del prete tradusse in italiano ciò che p. Lino aveva detto in portoghe-se: “Non avvicinarti oltre! Togliti i calzoni, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!”. A quel punto scoppiò in una fragorosa risata, anche p. Lino rise a motivo della sua gaffe, le suorine ridevano ancora... e anche Dio e for-se anche Mosè, lassù in alto, risero di cuore.

p. GiòIl Cenacolo - Barcellona P. G. ME

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III

Trahe me! Attirami, o Signore!

Veramente tutta la mia vita è stata una continua attrazione a te. Quanto hai fatto, o mio Dio,

per attirarmi al tuo Cuore benedetto e Sacerdotale!

Padre Mario Venturini - dalle Memorie, 6 settembre 1943

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Quaderni di spiritualità

via dei Giardini, 36/A38122 Trento